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Nel giardino di Villa Lumière a Lione, oggi sede dell’Istitut Lumière, c’è un breve

sentiero lungo il quale sono poste delle targhe in pietra che riassumo al visitatore le
principali tappe della storia del precinema. Con questo termine indichiamo tutti
quegli esperimenti, strumenti ed intrattenimenti legati alla proiezione di immagini
e alla riproduzione del loro movimento che l’uomo andò realizzando fin
dall’antichità. La storia del precinema finisce con l’invenzione del cinematografo, lì
dove comincia quella del cinema.

La prima targa che si incontra lungo il sentiero è quella che ricorda Leonardo Da
Vinci e la camera oscura. Una camera oscura è un dispositivo ottico composto da
una scatola oscurata sulla cui parete frontale si trova un foro dotato di lente, la luce,
attraversandolo, proietta sulla parete opposta l’immagine capovolta di ciò che si
trova all’esterno. Leonardo non fu l’inventore di questo strumento, ma lo
perfezionò in modo che potesse servire per disegnare edifici e paesaggi
“copiandoli” dal vero. Nel 1515 ne descrisse il procedimento nel Codice Atlantico.
Questo strumento, di cui si serviranno numerosi artisti per dipingere panorami e
vedute, è alla base della fotografia (e quindi del cinema).

Continuando sul percorso si incontra la targa che ricorda Athanase Kircher e la


lanterna magica. Kircher non fu l’inventore di questo strumento, già noto in
Europa da diverso tempo, ma il primo a fornircene una descrizione nel suo libro
Ars Magna Lucis et Umbrae. Probabilmente importate dalla Cina e derivato
dall’antico teatro d’ombre, le lanterne magiche erano strumenti in grado di
proiettare immagini luminose.

Un’illustrazione di Athanase Kircher che mostra il funzionamento della lanterna


magica

Il funzionamento della lanterna magica è opposto a quello della camera oscura.


Anch’esse si componevano di una scatola chiusa al cui interno veniva posta una
candela ( o altra fonte luminosa) in modo che la luce filtrasse verso l’esterno
attraversando un foro a cui era applicata una lente. Ponendo un’immagine dipinta
su di una lastra di vetro, tra la sorgente luminosa e il foro, la si poteva vedere
proiettata su di uno schermo o una parete.

Proiezioni di fantasmagorie con lanterna magica

Un particolare modello di lanterna magica era lo strumento chiamato mondo


nuovo, la differenza era che qui le immagini non venivano proiettate all’esterno, lo
spettatore doveva guardarle all’interno della scatola. Entrambi questi strumenti
erano molto popolari in Europa nel XIX secolo, utilizzati per scopi didattici e,
sopratutto, per spettacoli di intrattenimento.

Cromolitografia di F. von Schlotterbeck del 1843 che illustra uno spettacolo del
mondo nuovo.

La visione delle immagini, proiettate durante lo spettacolo, veniva quasi sempre


accompagnata dal commento di un imbonitore. Questa figura resterà presente
anche nelle prime forme di spettacolo cinematografico, finché il cinema non avrà
elaborato un linguaggio in grado di raccontare storie in maniera del tutto
autonoma.
Un’opera di Adolph Glasbrenner Bambini al peep show (1835). Si noti il personaggio
dell’imbonitore
La scoperta e lo studio del fenomeno della persistenza delle immagini sulla retina
(quel fenomeno per cui l’occhio umano riesce a percepire come movimento
continuo una serie di immagini fisse, leggermente diverse tra loro, che gli vengono
proiettate in rapida successione), fu alla base degli esperimenti di molti scienziati
europei che, lungo tutto il corso del XIX secolo, misero a punto una serie di
strumenti in grado di riprodurre immagini animate.

Illustrazione del funzionamento di un taumatropio

Uno di questi strumenti, la cui invenzione risale al 1824, fu il taumatropio. Si


trattava di un disco di cartone rigido sulle cui facce venivano disegnati due soggetti
che potevano integrarsi tra loro, ad esempio, un uccellino e una gabbia. Facendo
ruotare il disco velocemente, grazie ad uno spago fissato ai bordi, lo spettatore
poteva ricevere l’impressione di visualizzare una sola immagine. Uno strumento
ben più complesso fu il fenachitoscopio di Joseph Plateau.
Illustrazione del funzionamento di un fenachitoscopio.

Affascinato dal fenomeno della persistenza delle immagini sulla retina, il fisico
belga inventò, nel 1832, questo strumento che consentiva di visualizzare immagini
animate. Era costituito da due dischi, uno dei quali con finestre radiali equidistanti
attraverso le quali l’osservatore poteva guardare il secondo disco che conteneva una
sequenza di immagini. Quando i due dischi ruotavano alla velocità corretta
l’osservatore poteva osservare l’animazione.
Animazione di un disco per fenachitoscopi

Un altro passo avanti, nel tentativo di animare immagini, fu l’invenzione dello


zootropio ideato da William George Horner nel 1834. Questo strumento si compone
di un cilindro rotante dotato di feritoie poste ad intervalli regolari. Lungo la
superficie cilindrica interna venivano poste delle strisce di carte sulle quali era
disegnata una successione di immagini. Facendo ruotare il cilindro e guardando
attraverso le feritoie, lo spettatore poteva assistere alla loro animazione.
Illustrazione rappresentante un particolare tipo di zootropio, in cui non venivano
inserite strisce di carta ma modellini tridimensionali.

Tutti questi strumenti, nati per essere utilizzati nella ricerca scientifica, divennero
presto giocattoli di uso comune. Oggetti atti a stimolare la curiosità di grandi e
piccini il cui atteggiamento, verso queste novità tecniche, anticipava quello che il
pubblico avrebbe avuto innanzi ai primi spettacoli del cinematografo.
Locandina pubblicitaria di uno zootropio

Una figura più isolata, ma ben più affascinante, è quella di Émile Reynaud, che nel
1876 aveva messo a punto il prassinoscopio, evoluzione dello zootropio dove le
immagini venivano inevitabilmente distorte perché posizionate sulle pareti circolari
del tamburo. Nel prassinoscopio di Reynaud le immagini non venivano visualizzate
da una fessura, ma riflesse all’esterno attraverso una serie di specchi senza subire
alcuna deformazione.
Illustrazione del prassinoscopio di Émile Reynaud apparsa sul numero 296 della
rivista La Nature nel 1879.

La vera grande idea di Reynaud fu quella di applicare al prassinoscopio il più antico


sistema di proiezione di immagini conosciuto, ovvero la lanterna magica. Unendo il
prassinoscopio alla lanterna magica creò il teatro ottico. Questo nuovo strumento
era dotato di un sistema di nastri mobili che permettevano a delle lastre di vetro di
scorrere innanzi alla luce del proiettore. Su queste lastre erano dipinti a mano, dallo
stesso Reynaud, fondali e personaggi. La prima dimostrazione pubblica del teatro
ottico avvenne nel 1892 presso il museo Grévin a Parigi.

Il teatro ottico riscosse subito un enorme successo, ma l’avvento della fotografia e


successivamente della pellicola fotografica, come vedremo nel prossimo capitolo,
determinarono la sua fine: fotografando si potevano produrre senza sforzo molte
più immagini che disegnandole e la pellicola poteva scorrere nei proiettori molto
più facilmente rispetto a delle fragile lastre di vetro. Nuovi e più pratici sistemi di
riproduzione e proiezioni delle immagini cominciavano ad apparire sul mercato.
Reynaud, disperato, distrusse tutti i suoi apparecchi. Dei suoi lavori non è stato
possibile ricostruire altro che Pauvre Pierrot(1892) e Autour d’un cabine | ►|(1894).
Reynaud merita, però, un posto di prim’ordine nella storia del cinema di
animazione e il suo teatro ottico, come vedremo tra poco, ispirò lo spettacolo
cinematografico ideato dai fratelli Lumiére.

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