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La cultura cinefila si costruisce in Europa a partire dagli anni 50, ovvero si ha l’individuazione delle tendenze di certi autori
attraverso la filmografia. Prima questo mondo era prettamente industriale e la figura centrale era quella del produttore.
- Il cinema americano mira all’intrattenimento e al rendere incredulo il pubblico
- Il cinema europeo mette in dubbio le credenze dello spettatore e lo porta a farsi domande
Scheda tecnica di un film:
- Paese di produzione
- Anno
- Durata
- Regia (raramente il regista filma)
- Soggetto (di chi è l’idea di partenza)
- Sceneggiatura
- Produttore (chi trova i finanziamenti)
- Distribuzione (promozione e posizionamento)
- Fotografia
- Montaggio (punto di vista critico)
- Musiche
- Scenografia
- Costumi
- Trucco
- Interpreti
“La dolce vita” è il maggior esempio di cinema d’autore italiano.
Nelle sale di prima visione passa il film in anteprima (per medio-alta borghesia).
Nelle sale di seconda visione passa il film dopo essere passato in quelle di prima visione.
Osservando i box office, dal 59 al 2019 i maggiori incassi si sono spostati verso un cinema d’intrattenimento americano, mentre
prima si aveva un’idea più contemplativa del cinema. L’ordine in questi box office è dato dall’incasso, anche se magari film più
bassi in classifica hanno avuto più spettatori di quelli più alti (Bug economico).
Una differenza importante nel mondo del cinema è quella del cinema popolare rispetto al cinema d’autore/di nicchia.
PRECINEMA (1658-1895)
-Nel 1832 nasce il fenachistoscopio di Plateau e Stampfer, un disco rotante di figure che lo spettatore vede tramite una fessura
offrendo l’illusione del movimento
-Nel 1833 nasce lo zootropio, ovvero un cilindro rotante inventato da Horner contenente una serie di disegni su una striscia di
carta che danno l’illusione del movimento.
L’occhio umano percepisce il movimento alla velocità di almeno 16 fotogrammi al secondo. Si trattava di immagini
d’animazione.
Il primo presupposto per la nascita del cinema è infatti la presenza di uno spettatore: solo attraverso la percezione dell’occhio
umano è possibile pensare al cinema.
-Si sviluppano poi le lanterne magiche per permettere di proiettare le immagini con spesso un imbonitore, ovvero un narratore
che commenta le proiezioni, e a volte avevano la funzione non solo di intrattenimento ma anche didattico. (Vd. Mito della caverna
di Platone)
-Nascita fotografia nel 1839
-Niepce scatta la prima fotografia su lastra di vetro con tempo di esposizione di 8 ore senza l’uso del negativo (quindi non più di
una copia per singola immagine)
-Talbot introduce i negativi su carta permettendo la stampa di immagini su lastre di vetro per lanterne e proiettarle
-Nel 1877 viene inventato il prassinoscopio di Reynaud ovvero un miglioramento dello zootropio applicandoci la tecnica della
lanterna magica.
-Nel 1878 Muybridge fu pioniere della fotografia in movimento, fotografando un cavallo in corsa con 12 macchine fotografiche a
intervalli di 1,5 secondi. Le macchine fotografiche multiple rappresentano l’archetipo della macchina da presa.
-Nel 1882 Marey col fucile fotografico imprime una serie di fotografie su pellicola di carta a venti fotogrammi al secondo.
-Nel 1887 si diffondono serie di proiezioni pubbliche chiamate pantomie luminose (o teatro ottico)
-Nel 1888 Eastman inventa la Kodak (il rullino di celluloide trasparente per macchine fotografiche) in modo tale da
impressionare le immagini su una base flessibile per uno scorrimento più rapido nella macchina da presa.
-Le Prince nello stesso anno realizza alcuni brevi film a circa 16 fotogrammi al secondo, ma era necessario stampare fotogrammi
su nastro trasparente per proiettarli. Non avendo rulli di celluloide flessibile, fu incapace di ideare un proiettore utilizzabile.
Scomparve con una valigia di invenzioni brevettate.
La fine dell’800 significa anche la prima colorazione delle pellicole a mano con inchiostro e alcol o gelatina colorata, creando
abitudini di colori diversi per ogni situazione (es. Giallo per scene diurne, blu per le notturne, rosso per il pericolo ecc.)
Il colore scomparirà di nuovo negli anni 50 con la trasformazione delle pellicole dall’uso del nitrato all’acetato per motivi di
infiammabilità=non si riescono a trasferire anche i colori.
Ricompariranno negli anni 80 grazie a un nuovo sistema analogico che permise il suo ripristino.
Il cinema nei primi del 900 inizia a industrializzarsi, quindi entra nelle logiche di mercato e nascono cinematografie nazionali. Si
capisce quindi che si possono fare soldi col cinema dato il suo alto potenziale di mercato (lo avevano già capito i Lumière).
La classe media possedeva ora strumenti ottici, si ha ora la possibilità di stampare le fotografie e ci sono molte forme di
divertimento per il pubblico, itineranti o teatrali.
Il cinema in questo contesto si sviluppa soprattutto attraverso temi come le vedute o panorami e brevi resoconti di viaggio,
assieme alle attualità. Si aveva spesso l’accompagnamento musicale, o gli stessi gestori riproducevano suoni sincronizzati + uso
imbonitori che a volte si limitavano solo ad annunciare i titoli o per descrivere ambienti e ed eventi.
Notevole lo sviluppo in Francia, USA e Regno Unito.
Gaumont iniziò con la produzione e vendita di proiettori e materiali fotografici, e fu celebre soprattutto per la figura di Alice Guy,
la prima regista femmina che produsse il primo film della società: “La Fee aux Choux”. Essa realizzò più di 1000 film (molti
perduti) e spiccò in una società maschilista venendo spesso dimenticata, dato che la storia del cinema è fatta soprattutto da uomini.
La Guy sperimentò il cronografo, ovvero il precursore del film sonoro che comparirà solo nel 1927. Si tratta del primo tentativo
di registrazione contemporanea alla parte visiva con un meccanismo di sincronizzazione di 2 supporti diversi, per esempio
giradischi+macchina da presa.
2) LA SCUOLA DI BRIGHTON
In Inghilterra si diffuse la visione di film alle fiere o nei music-hall (equivalente dei varietà italiani), e divenne popolare il
phantom ride così come in USA per dare allo spettatore l’illusione di viaggiare.
Nel 1896 Acres e William Paul presentano il film “Rough Sea at Dover”, ovvero la prima proiezione pubblica in Inghilterra.
Si hanno ancora le vedute tipiche dei Lumière. Essi si riunivano con altri professionisti al primo cineclub: Old Camera Club, per
discutere di cinema e guardare film.
Gli effetti speciali iniziano a venire intesi per ragioni di funzionalità più che per stupire, come farà Melies. Si ha inoltre più
attenzione nei confronti del reale rispetto che all’illusione.
Primo utilizzo del primo piano e della scomposizione delle scene in più inquadrature.
Prime tecniche di montaggio nella scena stessa: Melies invece agiva solo fra una scena e l’altra.
Il lavoro della scuola di Brighton è indipendente e artigianale, e i registi (che sono anche produttori, sceneggiatori e montatori dei
propri film) sono liberi di sperimentare. Inizia anche il declino mentre le cinematografie nazionali francesi e americane si
strutturano in un sistema industriale molto solido producendo film più competitivi sul mercato.
Dal 1905 in poi si passa piano piano da “cinema delle attrazioni mostrative” a “cinema dell’integrazione narrativa”.
1908:
-Le film d’art
Società con l’obiettivo di intercettare i gusti delle elite culturali ed elevare culturalmente il pubblico.
Ristrutturazione sale e aumento dei prezzi + prime regole di comportamento
Continuano le rivalità fra Biograph ed Edison: gli esercenti avevano bisogno di film ma i produttori erano impegnati a farsi
guerra.
Alla fine decidono di creare una nuova società assieme in modo da possedere tutti i brevetti:
-Motion Picture Patents Company
Nascita di un’associazione di produttori come metodo di risoluzione per le dispute dei brevetti, che diventerà poi un oligopolio
con l’obiettivo di monopolizzare il mercato andando contro il principio di libero mercato.
Ne facevano parte la Edison e Dickson, altri pochi americani e la Pathè + Star Film (le uniche straniere permesse).
Ne consegue la nascita degli indipendenti, che attuano un cinema senza licenza come ribellione all’oligopolio.
ANNI 10: le principali case di produzione lasciano NY (le sedi principali rimangono ma si sposta l’industria) e costruiscono a
Hollywood (sobborgo di LA) per allontanarsi dalla MPPC e perché nella West Coast c’è un clima più favorevole e più varietà di
paesaggi. Si svilupperà totalmente negli anni 20 diventando la sede di studi più attrezzata al mondo.
Ci si inizia ad orientare verso più chiarezza narrativa, rendendo comprensibili i rapporti di causa ed effetto e la gestione di tempi
e spazi (uso di didascalie per i cambi di setting sia descrittive che narrative per i dialoghi). I film sono più lunghi ma con
inquadrature più spezzettate.
Si sviluppa il piano americano: è la macchina che ora si avvicina all’attore + uso di teste girevoli per muovere le macchine e
permettere panoramiche in verticale o orizzontale (prima si spostava la macchina con mezzi di trasporto e poi verrà introdotto il
carrello da Eugene Promio. Egli inventò non tanto il sistema quanto l’idea di esso, ponendo la cinepresa su una gondola per girare
una panoramica in movimento del Canal Grande).
1912: nascono i lungometraggi con Zukor: 3 rulli per la realizzazione di “Gli amori della regina Elisabetta”. Si trattava di 45
minuti con Sarah Bernardt (diva del tempo). (Un esempio di lungometraggio in America sarà Vanity Fair).
I lungometraggi hanno durata superiore a un rullo.
Il cinema è ora ufficialmente un’industria, e la narrazione è centrale rispetto all’attrattività. Nascono i primi veri sistemi di
montaggio e la Francia e l’Italia sono i maggiori produttori.
Avanzano molto le società americane, essendo più stabili rispetto ai paesi europei coinvolti nella guerra, diventando i maggiori
produttori e distributori fino ad oggi.
Poi il cinema inizia a nazionalizzarsi, assumendo caratteristiche specifiche in base alla zona di produzione. Le storie dovevano
essere adattate al modo di pensare del pubblico.
IL CINEMA ITALIANO
Prima degli anni 10 subì lo stesso processo del resto dei paesi, con ispirazione francese.
Si formano le società Cines a Roma, Ambrosio e Itala Film a Torino. Quest’ultima grazie alla sua fama di polo industriale divenne
la città del cinema fino agli anni 30.
All’inizio si producevano copie o remake francesi assumendo anche personale francese a questo scopo.
In Italia il cinema viene considerato per la prima volta una forma d’arte, tramite soprattutto film storici. Ciò era ispirato dalla
corrente francese di “Le film d’art”, e significava investire molto su ricostruzioni o costumi.
1905: La presa di Roma: PRIMO FILM ITALIANO di Alberini con 7 inquadrature fisse di 10 minuti, ambientato di fronte a
Porta Pia con linguaggio semplice e didascalico, scene in interni ed esterni e fondali dipinti.
1913: Ultimi giorni di Pompei: PRIMO LUNGOMETRAGGIO ITALIANO di Bonnard di +90 minuti. Soprattutto coi
lungometraggi finisce l’era itinerante a favore delle sale. In Italia precisamente questo passaggio non avvenne perché i film
entrano direttamente a teatro Non a caso l’Italia sarà infatti il luogo di maggior sviluppo dell’opera.
Questo primo lungometraggio iniziava inoltre con la presentazione dei personaggi e si aveva una divisione in atti proprio come a
teatro.
Si producono inoltre serie comiche in modo tale da raccogliere fondi per produrre film storici. Erano brevi, di circa 10 minuti (es.
“Cretinetti”).
Col nuovo sistema di distribuzione di Goffredo Lombardo non si aveva la vendita o il noleggio delle copie, ma venivano venduti
direttamente i diritti d’autore in modo tale che gli esercenti potessero gestire come preferivano la distribuzione in quel dato
paese.
Si producono poi film come la prima versione di “Quo Vadis” o “Inferno” del 1911 di Bertolini, de Liguoro e Padovan, il primo
film a 5 bobine. La messa in scena è curata con effetti realistici e didascalie coerenti (ogni scena è introdotta da versi di Dante). Il
tema della Divina Commedia è una scusa per avere un pretesto per mostrare i virtuosismi dei tecnicismi. Vi sono molte scene di
massa e comparse, inquadrature che sembrano quadri in movimento e pochi e leggeri movimenti di macchina.
Siamo ancora in una fase ibrida fra l’attrattività e la narratività.
1914: Cabiria di Pastrone: il più grande colossal, quindi film costoso fino ad allora (1 milione di lire mentre la media era di
50.000), prodotto da Itala Film per 125 minuti e più di 3000 metri di pellicola.
Il nome di Gabriele d’Annunzio qua viene utilizzato nei manifesti come strategia di vendita, facendo finta fosse una sua opera. In
realtà egli contribuì scrivendo e correggendo le didascalie che poi vennero modificate per il linguaggio troppo aulico. Si tratta
della prima operazione di marketing cinematografico.
Vi sono anche qui scene di massa e l’invenzione del personaggio di Maciste, nome inventato da D’Annunzio e soprannome di
Ercole, a rappresentanza dell’uomo forzuto. Sarà un vero e proprio divo dal 15 al 26 in ben 17 film, rappresentando anche
l’immaginistica di Mussolini nei primi anni 20.
E’ ambientato durante le guerre puniche, in cui una bambina siciliana viene rapita dai pirati e deve venir liberata grazie ai romani.
Le ricostruzioni sono reali, usando inoltre 12 tonalità di colore mixate anche fra loro, e impiegando la luce con lampade elettriche.
Diventa ora quindi fondamentale la figura del direttore della fotografia, creando un effetto di luce contrastata dell’ambiente
rispetto ai personaggi. Inoltre si ha il sezionamento della stessa scena in più inquadrature per immortalare dei dettagli, assieme a
rapporti di causa-effetto e alternanza fra interni ed esterni. Si ha inoltre il primo utilizzo del carrello che crea effetti di zoom.
Aveva la funzione di far capire cosa succedeva in un dato spazio, il quale altrimenti sarebbe spesso stato scoperto da altri elementi
dell’ambiente (funzione conoscitiva degli spazi in maniera profonda= effetto Cabiria).
Fu il PRIMO FILM PROIETTATO ALLA CASA BIANCA.
Nasce il concetto di diva-film con per esempio la Bertini, Duse e Borelli. La percezione del film si sposta ora dal regista a queste
figure, usando sceneggiature che possano risaltarne la bellezza assieme a piani larghi e pochi stacchi di montaggio.
Questo tipo di cinema è detto anche “cinema in frack”.
Con la guerra i soldi vengono impiegati per questioni più urgenti rispetto al cinema e si ha anche meno voglia di visionarlo.
EUROPA
In Francia nascono i serial, con un unico protagonista e abbandonando la comicità con inoltre l’introduzione del cliffhanger,
ovvero la modalità di lasciare in sospeso la fine dell’episodio, caratterizzato da un notevole intreccio narrativo.
Rilevante il personaggio di Fantomas, protagonista di 5 film dal 13 al 14 (alto sfruttamento commerciale) sotto direzione di
Feuilliade. Egli incarnava il criminale per eccellenza, sempre in grado di fuggire dal detective Juve.
La Pathè aveva troppi costi, quindi abbandonò la produzione dedicandosi solo a distribuzione ed esercizio.
Nasce il cinema svedese nel 1907 con Svenska Biografteatern, una piccola casa produttrice che assunse registi, attori e
sceneggiatori. Si ha molta varietà di inquadrature, naturalismo e profondità di campo, con attenzione ai paesaggi e alle luci. La
relazione fra paesaggio e personaggio del cinema svedese crea un tipo di cinema manieristico.
Griffith è considerabile come il padre del cinema americano e regista maggiore degli anni 10. Applica le regole di base e le
rivendica, prendendosi molte libertà nei suoi film.
Fonda la Mutual, girando The Birth of Nation da 190 minuti con 12 rulli nel 1915, mostrando la guerra civile. Qui le vicende
sono correlate, mentre in un altro esempio, “Intolerance” (14 rulli da 210 minuti) si hanno 4 storie separate e persino in epoche
diverse svolte in parallelo. Si ha quindi una narrazione a incastro, e il passaggio da una scena all’altra veniva segnata da
didascalie e dall’immagine allegorica di una donna che dondola una culla.
In TBON si ha innanzitutto la suspense (es. legata all’uccisione di Lincoln) ma anche un grande problema: l’ideologia razzista.
Questo provocò degli scontri fuori dai cinema di Brooklyn da parte della comunità nera che non si sentiva rappresentata. Ancora
oggi si discute sulla legittimità o meno dell’esistenza di questo film che permane sul mercato. In quel periodo inoltre, data la
segregazione razziale, i neri spesso non potevano nemmeno entrare al cinema, e questo film evidenzia notevolmente la figura del
Ku Klux Clan.
Nel 2018 è uscito un film di Spake Lee chiamato “Blackklansman” che vuole rendere ridicolo questo clan.
DeMille utilizzerà un sistema di illuminazione artificiale che si concentra nel mostrare solo una porzione di scena utilizzando
delle lampade ad arco molto comuni nei teatri. Un suo esempio è “I prevaricatori”.
Chaplin e Griffith, assieme a Pickford e Fairbanks, si uniscono nella United Artists: casa di distribuzione dei film prodotti e girati
da loro (contro il verticalismo).
LE AVANGUARDIE
Si tratta di tendenze europee degli ANNI 20 in contrapposizione produttiva e creativa al sistema di HW. Nascono dopo la crisi
della guerra e fanno nascere le prime teorie del cinema: intellettuali che ricercano e parlano del senso e degli effetti del cinema,
andando oltre alle questioni legate ai puri tecnicismi.
La situazione del dopoguerra è caratterizzata da frammentazione dell’industria, mancanza di capitali, indifferenza del governo,
limitate risorse tecniche e concorrenza straniera.
La Francia è ormai superata da HW, e la Pathè e la Gaumont limitano gli investimenti e iniziano a puntare solo alla distribuzione e
all’esercizio, producendo sempre meno film e quindi riducendo i costi.
In questo periodo vengono prodotti soprattutto serial popolari, film comici e fantastici, e ha luogo il primo ricambio
generazionale di nativi digitali. I film è assestato sulla misura del lungometraggio di 75 minuti.
Nasce il MOVIMENTO IMPRESSIONISTA: l’ideologo fu Delluc, un intellettuale che scriveva trattati e introduce il concetto
di photogenie assieme ad Epstein, Herblen e Gance. Il concetto è che la qualità delle cose e delle persone si può spesso cogliere
solamente con la loro trasformazione in immagine filmica: il cinema non deve quindi limitarsi, ma andare oltre alla percezione del
reale. Manipolare l’immagine (quindi il montaggio) serve a esprimere la soggettività dei personaggi, e l’attore, in quanto artista,
non è un ingranaggio, ma deve essere libero di esprimersi. Tutto ciò era caratterizzato da un lavoro soprattutto con luce naturale e
dall’attenzione rivolta verso la bellezza pittorica dell’immagine e un’approfondita indagine psicologica.
Ciò è ovviamente destinato ad un pubblico di nicchia.
Gance fu il principale sperimentatore dei montaggi utilizzando movimenti di macchina e modalità molto ritmate.
Nel 19 esce “La decima sinfonia”, il primo film impressionista.
In “la rosa sulle rotaie” si può notare un montaggio di una serie di immagini lunghe meno di un secondo.
Nel 1927 esce Napoleon:
250 minuti con tecniche di avanguardia, come lo split screen (divisione dello schermo in più parti), e lo schermo panoramico
(soprattutto per le scene di battaglia) con una messa in scena maestosa + uso campo/controcampo.
Si ha la sensazione di un tumulto interiore tramite la sovrimpressione.
Utilizza 3 cineprese affiancate montate su 3 proiettori (montaggio sperimentale)
Epstein lavorò molto sul montaggio, accostando spesso immagini di natura diversa per generare nuovi significati. Esordisce nel 23
con L’alberge Rouge e Coeur fidele:
in quest’ultimo esempio si ha Jean che attende Marie guardando il mare: il volto di lei con la sovrimpressione appare fra le onde,
mostrando la sua ossessione e l’ansia che non arrivi (funzione emotiva del montaggio).
Egli fu il teorico della fotogenia del movimento: elabora un rapporto fra l’immagine e la percezione del reale attraverso
movimenti di macchina e il ritmo narrativo. Altri espedienti saranno il flashback, la visione dei desideri, lo stato di ubriachezza, il
tutto per raffigurare il ricordo di un personaggio. L’intreccio è ora subordinato alle motivazioni psicologiche.
L’ultimo capolavoro impressionista fu il suo “La chute de la Maison Husher”, in cui si hanno dalle 2 alle 4 sovrimpressioni e
tecniche innovative, quali la macchina da presa che durante la scena funerea viene trasportata come una vera e propria bara,
facendo sembrare allo spettatore di esservi effettivamente dentro.
Va sottolineato come però, nonostante le scene di approfondimento sulle reazioni psicologiche ed emotive, gran parte del film
procedeva in maniera usuale.
Il cinema in Francia è ora quindi una forma d’arte espressa da saggi, manifesti e le prime riviste di critica (= NASCITA
CRITICA).
Il cinema si allontana dal teatro avendo le proprie specificità (come il montaggio), e nasce il cinema alternativo, quindi fuori dal
concetto di industria commerciale e standard nel modello americano.
Si afferma inoltre un circuito di cineclub (sale indipendenti con opere anche di nicchia) assieme a mostre e conferenze.
Ferdinand Léger: La storia dei film d’avanguardia è molto semplice. E’ una reazione diretta contro i film fondati sulla
sceneggiatura e sul divo.
Quando si parla di avanguardie storiche si fa riferimento a dei movimenti che richiamano a loro volta delle correnti artistiche che
iniziano a prevedere anche l’utilizzo del cinema in funzione artistica.
Si tratta di film che si configurano in una dimensione quasi di dialogo, rifiutando di raccontare storie o narrare.
Già nel 1917 Anton Giulio Bragaglia aveva sperimentato dei tentativi di “cinema futurista”.
Successivamente allo sviluppo in Europa dell’astrattismo, alcuni artisti tedeschi girano i primi film astratti (Hans Richter, Walter
Ruttmann, Eggeling..). Attraverso il cinema il movimento astrattista individua questo mondo come un’opportunità per astrarre
ancora di più.
A questi film si ispira Marcel Duchamp, uno dei dadaisti principali, che nel 1926 assieme a Man Ray gira un curioso esperimento:
Anémic Cinèma.
Si fa tornare il cinema alle sue forme base, ragionando sui movimenti delle forme dando luce agli esperimenti artistici più
disparati. Il cinema esce dalla sala ed entra in una dimensione espositiva simile a quella museale.
Anche il cubismo si avvicina al cinema, facendo danzare forme ed oggetti nell’inquadratura. Come l’arte si andava liberando dal
vincolo del modello della riproduzione degli oggetti reali, allo stesso modo il cinema dimostra questo approccio artistico,
mostrando immagini sovrapposte, accelerazioni e accostamenti che generano un significato che autonomamente non hanno. Tutto
ciò si distacca totalmente dal cinema classico. Nasce l’idea di cinèma pur.
Nell’ambito del surrealismo in Francia, il regista Bunuel e l’artista spagnolo Dalì realizzano nel 1928 “Un Chien Andalou”, il
film simbolo del movimento.
A tratti è incomprensibile, e si presta a un’infinità di letture e interpretazioni attraverso gli strumenti della psicanalisi.
Rispetto alle altre avanguardie qua si utilizzano tradizionali forme di montaggio narrativo per confondere e disorientare lo
spettatore. Il loro secondo film L’age d’or permette di rintracciare una sottile trama narrativa.
Reale e simbolico si intrecciano sempre di più, e questo movimento in generale presenta un reale che sfuma fra l’inconscio
facendo perdere lo spettatore. Quest’ultimo si lascia trasportare e rimane affascinato da questa dimensione simbolica e di
intercessione di significati.
Bunuel inizia il film tagliando l’occhio di una donna, volendo simbolicamente censurare il passato e invitare lo spettatore a
guardare il film con un occhio diverso, rigettando la tradizione. Il film non ha un andamento coerente ma procede per flussi, con
una concatenazione non continua fra le scene. I due registi costruiscono il film sulla base dei propri sogni. L’idea è quella di
ricercarne il senso attraverso una chiave di lettura psicanalitica e simbolica col cinema. Non vi è quindi una storia avvincente, ma
si vuole coinvolgere lo spettatore in una dimensione onirica.
Questa dimensione si contrappone al cinema industriale popolano, fondato sulla sceneggiatura; esso è invece un cinema di nicchia
rivolto ai borghesi, scritto tramite flussi di coscienza, in maniera automatica e non procedurale.
GERMANIA
Il cinema tedesco è la terza cinematografia per importanza dopo quella italiana e francese, e segue percorsi molto simili agli altri
paesi europei.
Nel 1913 anche qui nasce l’Autorenfilm, quindi film tratti da opere letterarie o teatrali che servono a innalzare il cinema a una
forma d’arte.
Tre anni dopo il Paese capisce che l’unico modo per favorire la diffusione dei film tedeschi è quella di vietare l’importazione di
film esteri, incentivando la produzione nazionale. Dalla fusione di diverse società nascerà poi la UFA, Universum Film
Aktiengesellschaft, specializzandosi su film storico-spettacolari sul modello italiano (da ricordare il regista Lubitsch).
Alla fine della guerra si sviluppa un movimento ispirato da quello artistico del 1908, ovvero l’espressionismo. Esso propone la
distorsione delle figure in chiave grottesca e anti prospettica.
I film sono quasi tutti girati in studio e presentano scenografie riprese dai dipinti espressionisti, i quali presentano quasi una vita
propria, basati su distorsioni prospettiche molto grottesche ed evocative.
Lo spettatore non deve essere coinvolto per la storia raccontata ma per ciò che sta vedendo, quindi scenografia e attori hanno un
ruolo fondamentale e il montaggio offre molta semplicità dal punto di vista narrativo. Non ha importanza l’uso artistico della
macchina da presa come in Francia, ma si guarda alla scenografia come a un organismo vivente e al corpo dell’attore come
elemento visivo.
Nel 1920 esce il prototipo del film espressionista: Das Cabinet des Dr. Caligari di Robert Wiene.
Diventa subito un’opera cardine non solo per l’evoluzione del movimento ma anche per il genere horror e fantastico. Tutte le
scenografie si basano su una costante deformazione, con ambienti e oggetti dipinti su tela in modo da accrescere la dimensione
bidimensionale. Abbiamo quindi l’arte che entra dentro la scenografia. Il tutto è finalizzato ad angosciare lo spettatore e farlo
sentire oppresso, come se queste scenografie lo predominassero. Le luci vengono posizionate in punti strategici che tendono a
definire la “mostruosità” di alcuni personaggi, deformando le figure. Si estremizzano le ombre dei personaggi sui fondali, e le
linee irregolari conferiscono un senso di angoscia psicologica.
Dal punto di vista tematico vi è una convergenza col gotico letterario, con una recitazione molto caricata e teatrale. La MDP non
fa grandi movimenti, i tempi sono molto lenti, il montaggio quasi elementare e un risalto alla prospettiva e alla costruzione
dell’inquadratura. Le didascalie sono lunghe con matrice letteraria.
Francis racconta a un conoscente una sua storia attraverso un lungo flashback di omicidi cruenti avvenuti durante una fiera.
L’artefice è il sonnambulo Cesare, soggiogato attraverso l’ipnosi dall’illusionista Caligari.
Francis riesce a smascherare quest’ultimo, il quale è un direttore di un ospedale psichiatrico. Alla fine si capovolge la prospettiva,
in quanto il narratore è in realtà un malato di mente ricoverato con altri pazienti in un manicomio diretto da Caligari.
L’ultimo sguardo del dottore lascia però aperti numerosi interrogativi.
Nel 1922 il regista tedesco Murnau gira “Nosferatu”, “Eine Symphonie Des Grauens”. E’ ispirato al romanzo di Dracula,
modificando il titolo non avendo i diritti legali dell’opera. Rappresenta un vero e proprio modello del cinema horror successivo,
ed è esplicitamente narrativo, utilizzando però attori e scenografie inquietanti e angoscianti. Diciamo che infatti di solito i film
espressionisti presentano una storia che fa da cornice o episodi autonomi.
La casa di produzione del film, la Prana-Film, dichiarerà bancarotta in seguito alla causa con gli eredi di Stoker, l’autore del
romanzo originale.
Si ha una grande dimensione della messa in scena soprattutto per l’utilizzo delle luci, con l’utilizzo del montaggio alternato per
conferire suspense. Vi è un grande lavoro sulle ombre e i colori, e il tutto fa in modo che si vada oltre il significato
apparentemente testuale.
Metropolis di Fritz Lang è considerato l’ultimo capolavoro dell’espressionismo tedesco (1927). E’ ambientato in un futuro
distopico (100 anni di distanza) con l’obiettivo di lavorare sulle allegorie, riferendosi alla lotta di classe, il rapporto uomo-
macchina ecc.
L’impianto narrativo è molto solido, sotto il quale scorrono molteplici significati e sottotesti appunto allegorici che possono essere
colti o meno. Ebbe successo soprattutto negli USA e rappresenta una dimensione di dialogo fra il visibile e l’invisibile. Si ha
inoltre una magnificenza degli apparati scenografici e una perfezione in merito agli effetti speciali. Si ha il tema di una città divisa
in due, in cui una elite di cittadini prospera riducendo altri in schiavitù. Ciò diventa un mito nell’immaginario cinematografico
globale. Si ha quindi questo richiamo alla politica nazionale, nel periodo in cui Hitler stava diventando cancelliere (egli stesso
adorava questo film). Si utilizza sia un’inquadratura perfetta dal punto di vista stilistico, creando quindi un universo visionario,
senza però ostacolare la narrazione della storia. Queste scene sembrano prefigurare la società hitleriana degli anni dopo.
Implicò dei costi di produzione elevatissimi, dando il colpo di grazia alla UFA.
Nella seconda metà degli anni 20 molti autori abbandonano l’espressionismo per rifugiarsi nel ritorno al realismo, e gli autori
della nuova oggettività girano film di ambientazione urbana, con protagonisti borghesi agiati.
Verso la fine degli anni 20 si sviluppa uno stile internazionale che mescola le influenze delle varie avanguardie del decennio.
I registi si spostano nei vari Paesi a girare i film, creando una circolazione di influenze e di approcci.
In maniera simile nel film di Epstein “La Chute de la Maison Usher” si aveva un uso della cinepresa impressionista unita a una
messa in scena espressionista.
IL CINEMA SOVIETICO
(1918-1933) Il film diventa uno strumento di propaganda, facendosi seguire poi dal fascismo italiano e nazismo tedesco. Ora il
film oltre a essere un’espressione artistica e un prodotto commerciale può servire anche per adunare le masse per orientare il
pensiero politico, generando basi di consenso.
Nel 1917 l’industria nazionale aveva prodotti film semplici e melanconici, con ritmi lenti e il tutto molto poco esportabile.
Fra il 18 e il 20, dopo la fase di comunismo di guerra (i prodotti agricoli diventano statali), il Narkompros acquisisce il controllo
totale della produzione, distribuzione ed esercizio (verticalismo di proprietà statale).
Si producono cinegiornali (kino pravda), l’avo più diretto del telegiornale, che gli spettatori visionavano in sala prima del film
scoprendo cosa accadeva nel mondo e nel Paese. Pravda è l’organo statale che se ne occupava e significa “verità.
e agitki, ovvero brevi filmati di propaganda a favore del nuovo governo bolscevico.
Nel 1919 avviene la nazionalizzazione del cinema: in Unione Sovietica si possono vedere soltanto film russi. Vengono quindi
recuperati vecchi film degli anni dieci e allo stesso tempo aumenta la produzione dagli anni 20. Per fare ciò è necessario creare dei
professionisti da impiegare, quindi viene fondata la Scuola statale di cinematografia. Vengono formati in questo modo giovani
cineasti, attori e intellettuali che si radunano attorno a Lev Kulesov.
Egli nasce come regista teatrale per poi diventare un innovatore del montaggio:
• Effetto Kulesov: raccordare sullo sguardo lo stesso primo piano di un attore con immagini sempre diverse in modo tale
da suscitare nell’attore un effetto sempre diverso, nonostante l’espressione dell’attore sia in realtà sempre uguale. Non
conta tanto la mimica facciale, ma ciò che genera significato è il montaggio.
• Mostra dettagli del volto di donne diverse facendo pensare di vedere un unico personaggio.
Nel 1922 Lenin emana la NEP ed emana due comunicati ufficiali:
La programmazione cinematografica si sarebbe bilanciata tra intrattenimento e istruzione. La sola propaganda poteva essere
controproducente.
Dichiara inoltre che il cinema è l’arte più importante e non solo in ambito politico.
La propaganda in ogni caso deve ora penetrare con messaggi semplici ed efficaci fra le masse analfabete (differentemente
all’esperienza del cinema d’avanguardia, per un pubblico di nicchia)
Nel 1924 avviene l’esordio al lungometraggio del gruppo del laboratorio di Kulesov: “Le straordinarie avventure di Mr.West
nel paese dei bolscevichi”, che ironizzava sulle false concezioni del mondo occidentale nei confronti dell’URSS, con sia
immagini di finzione che documentarie. Mr.West è il personaggio di riferimento del mondo occidentale.
Nascono una serie di società di produzione controllate dallo Stato→ Goskino, Sovkino e Mezhrabpom (controllata anche dalla
Germania). Si iniziano ad aprire nuove sale cinematografiche con l’obbligo di distribuire tutti i film prodotti in tutto il territorio.
Si sviluppano una serie di proiezioni portatili e itineranti per giungere nei villaggi più remoti, come treni, automezzi, battelli a
vapore ecc.
Si iniziano lentamente anche a distribuire film stranieri, che vengono tagliati e adattati in base alle esigenze (censura).
Di pari passo aumenta la produzione interna.
Il primo film sovietico a ricevere successo all’estero è “La Corazzata Potemkin” del 1926 di Ejzenstejn.
E’ il suo secondo lungometraggio, legato alla ricorrenza del ventennale della rivoluzione “mancata” del 1905. E’ un film
patriottico diviso in 5 atti che assume le forme di una cronaca di una serie di avvenimenti, in cui lo spettatore viene trascinato in
uno stato di estasi dovuto a un utilizzo unico del montaggio. Il montaggio è per lui infatti il centro nevralgico del film, da costruire
in una prospettiva dialettica e conflittuale. (Affiancamento di immagini sganciate fra loro che possono trovare nell’atto del
montaggio un significato, senza la photogenie dell’impressionismo, che qua muta nel fare in modo che lo spettatore possa
ragionare sulla potenza politica).
Il montaggio non può limitarsi alla componente narrativa o attrattiva, ma deve assumere connotazioni intellettuali, deve far
pensare lo spettatore. L’unione fra immagini diverse deve generare un significato metaforico che lo spettatore deve cogliere
attraverso un percorso, deve arrivare a compiere analogie di significato e individuare messaggi nascosti. Similmente, un popolo
deve attraversare un processo di coscienza politica. Palesare questo processo immediatamente nel film sarebbe stato
controproducente, con possibili censure.
I suoi primi tre film con questa tecnica sono Sciopero, Potemkin ed Ottobre. Non c’è bisogno di avere una cultura intellettuale per
capirli, ma basta lasciarsi trasportare dalle immagini e arrivare a svolgere processi mentali con fini politici.
In sintesi i film d’avanguardia sovietici sono dedicati alla storia del movimento rivoluzionario che hanno come obiettivo la
creazione di pathos ed emozioni di fronte alle gesta della rivoluzione bolscevica.
Il ruolo dell’individuo e personaggio singolo si ridimensiona, ogni azione è diretta conseguenza infatti delle masse.
Ognuno esprime in modo esplicito la propria appartenenza a una classe sociale attraverso una recitazione molto stilizzata e
simbolica. La tensione narrativa è sostituita da una tensione dinamica attraverso varie tecniche di montaggio.
Al continuity system di HW si contrappone la frammentazione in più inquadrature della stessa azione, sotto angoli di ripresa
diversi e vari punti di vista.
I tagli generano relazioni temporali e significati simbolici, con ripetizioni di azioni già viste (montaggio sovrapposto),
eliminazioni di parti di un evento creando discontinuità (montaggio ellittico) o dimensioni spaziali inconsuete ma che esprimono
un concetto (montaggio analogico.)
Alla fine degli anni 20 i film si rivelano troppo complessi per essere compresi dalle masse. I film di avanguardia circolano di più
in ambito internazionale fra pubblici borghesi ed elite intellettuali.
Di tutti i movimenti d’avanguardia, solo quello sovietico sopravviverà alla fine del cinema muto.
Ejzenstejn studia all’estero a HW e Sudamerica, e scopre nuove possibilità di sperimentazione offerte dal sonoro, iniziando a
girare con questa novità.
Negli anni 20 si afferma definitivamente lo studio system, attorno a tre grandi catene di produzione: First National, MGM e
Paramount (Big three). Le loro sale ospitano migliaia di spettatori, proiettano in prima visione ad elevati prezzi e utilizzano
ovviamente l’integrazione verticale.
Accanto ad esse si sviluppano società minori, come la Universal, Fox, Producers Distributing Corporations, Film Booking Office
e Warner Bros (Little five).
La United Artists non possiede sale e si limita alla distribuzione.
Col tempo alcune società scompaiono, altre smettono di far parte dei Little five e assumono importanza ecc.
Sono gli anni del proibizionismo ma vengono portati sullo schermo soggetti scabrosi, e la stampa inizia a raccontare di una serie
di scandali a sfondo sessuale da parte di registi e attori.
Nel 1922, per restituire un’immagine accettabile a HW, viene creata la Motion Picture Producers and Distributors Association, un
organismo di controllo censorio con a capo Will Hays, presidente del Partito Repubblicano (i più conservatori).
Vengono stabiliti un elenco di soggetti non ammessi: droghe, alcol, nudità, anti-clericalismo, violenze esplicite…
Il risultato sono opere molto standardizzate.
HW si specializza per la produzione di film ad alto budget: la prima pellicola costata un milione di dollari è Foolish Wives del
1922 (Universal), di Erich Von Stroehim (attore e regista austriaco).
Egli in generale si concentra su seduzioni di donne da parte di biechi personaggi maschili con jazz, liquori illegali e festini (il tutto
andava censurato). Si inizia a sostenere che ciò che caratterizza i film accade veramente, quindi tutti vogliono parteciparvi. Il
regista inoltre diventa noto per superare budget e durate previste, e lo faceva consapevolmente.
Il suo capolavoro sarà “The Wedding March”.
Si iniziano a codificare i generi. Fanno successo soprattutto i western, l’horror e i gangster movie.
“The Covered Wagon” del 23 di Cruze da il via al genere dei lungometraggi western, ed esordisce alla regia John Ford, il padre
dell’evoluzione del cinema western.
Dopo il successo di Caligari, la Universal investe sull’horror, utilizzando come protagonista Lon Chaney, per ad esempio “The
Unknown”.
Iniziano a crearsi delle tendenze legate alle case di produzione.
Dato il proibizionismo vi è anche molta criminalità organizzata ed è un periodo di forti immigrazioni. Ciò porta al gangster
movie.
Es. “Underworld” (1927, Von Sternberg): come molti film del genere, è ambientato in questi luoghi dove era facile poter bere
quegli alcolici che erano proibiti, e vi sono le dinamiche dei comportamenti da bulli, il modo in cui trattano le donne e il puntare le
donne degli altri.
Più i film erano lunghi e più erano complesse le trame e le sceneggiature. Iniziano a essere scritte quindi le vere commedie.
Nel 1921 finisce la commedia di Arbuckle, e viene processato e arrestato per aver stuprato un’attrice.
Buster Keaton si rende noto con Sherlock Jr, il suo capolavoro in assoluto.
Emergono poi Stan Laurel e Oliver Hardy (Stanlio e Ollio), che a differenza di Chaplin e Keaton riusciranno ad adattarsi al
sonoro.
Keaton spinge la sua comicità ai limiti del surreale, e unisce alla performance molto fisica una regia molto curata. Ci sono molti
movimenti di macchina e sguardi in macchina (interrogazione dello spettatore), ed egli è famoso per avere un’espressione glaciale
anche quando gliene succedono di tutti i colori.
In Sherlock Jr usa sovrimpressioni e l’idea del personaggio che si addormenta ed esce dal suo corpo entrando nel cinema
(metalinguismo).
Negli anni 20 si trasferiscono molti stranieri a HW, fra cui alcuni reduci delle esperienze d’avanguardia. Le case di produzione
americane iniziano a cercare talenti in Europa cui possono offrire contratti e budget superiori rispetto alle altre industrie nazionali.
In questi anni si trasferisce la famosa Greta Garvo per la MGM e la Universal accresce il prestigio con registi europei soprattutto
horror o realisti.
La Warner si concentra con Curtiz e Lubitsch, i quali definiranno lo stile classico di HW degli anni 30.
Lubitsch è fra i primi a tentare un’armonizzazione fra stile tedesco e classico hollywoodiano, in maniera precisa e seria. Si
specializza in commedie sofisticate che analizzano la società americana in modo cinico ma mai troppo esplicito.
Nasce il Lubitsch’s touch, ovvero la capacità di saper suggerire gli stati d’animo dei personaggi nella fluidità del racconto.
Il più prestigioso europeo chiamato a HW è Murnau, sotto la Fox, per cui gira Sunrise. (1927)
Influenzò tantissimi registi e fu una pietra miliare del cinema dal punto di vista della messa in scena e della struttura narrativa.
Fu il primo film a essere distribuito con una colonna sonora sincronizzata alle immagini.
Narra la vicenda di un pescatore sedotto da una turista, che quindi tenta di sbarazzarsi della moglie annegandola. Egli però
fallisce, la donna scappa in città e il pescatore la insegue pieno di rimorsi. Si riconciliano, e tornando a casa in barca vengono
sorpresi da una tempesta dove la moglie rischia di morire. Arrivano poi sani e salvi a casa, appunto all’alba.
Si nota molto il rapporto fra campagna e città, e si hanno molti movimenti di macchina. L’apparato cinematografico viene messo a
servizio della componente emotiva, tramite anche sovrimpressioni molto impressioniste. Per configurare la rappresentazione della
città sembra avvicinarsi addirittura all’approccio documentaristico di Vertov, oltre il fatto che propone anche inquadrature
apparentemente espressioniste, e quindi gotiche.
L’inventore Lee De Forest presenta in una proiezione pubblica i suoi cortometraggi sonori nel 1923 a NY. Il suo sistema si chiama
Phonofilm e sfrutta la registrazione, sotto forma di impulsi luminosi, della colonna sonora sulla pellicola stessa. E’ necessario
quindi anche un grammofono.
In parallelo la Warner Bros usa il sistema Vitaphone di registrazione della colonna sonora su disco: il grammofono è qui incluso
alla macchina da presa e la riproduzione restituisce un sincronismo diciamo accettabile.
Nel 1926 produce il primo lungometraggio sonoro, Don Joan di Crosland, con colonna sonora composta da sola musica.
Nel 1927 lo stesso regista produce The Jazz Singer, considerato il primo film non solo sonoro, ma anche parlato. Nasce
convenzionalmente il cinema sonoro. Vi sono ancora alcune didascalie e le scene dialogate duravano una manciata di minuti,
mentre il resto era tutto musicale.
Nel 1928 la Warner produce Lights of New York di Brian Foy, primo film interamente parlato.
Nel frattempo le case di produzione siglano un accordo per adottare un unico sistema per la registrazione e produzione del sonoro,
ovvero una pellicola sonora messa in commercio dalla Western Electric.
Il sonoro crea dei problemi tecnici:
- Non esistono microfoni direzionali o supporti per collocarli
- Non si può effettuare il missaggio, quindi l’unione di diverse tracce audio registrate separatamente in un’unica traccia
Bisogna quindi chiudere le MDP in cabine insonorizzate, affinchè il rumore di esse non venga registrato.
Bisogna inoltre ricorrere alle cineprese multiple, quindi la stessa scena viene registrata per intero da punti di vista diversi.
La commedia slapsteek con la transizione al sonoro entra in crisi, e solo Chaplin riesce a produrre ancora per qualche anno film
muti.
City Lights è un suo film muto con colonna sonora e musiche sincronizzate.
In Modern Times nel 1936 per la prima volta si sente la voce di Charlot (ultimo film in cui egli veste i panni del personaggio). Si
distingue per la satira sociale nei confronti di finanza, economia e sistema di catena montaggio come simbolo del progresso
industriale, capace di annichilire l’uomo. E’ quindi anche una forma di riflessione sul cinema di quegli anni, il quale segue il
modello dei sistemi automatici.
Montaggio analogico iniziale: maiali che camminano – transizione con sovrimpressione – esercito di uomini che entra in fabbrica
(uomini visti come un branco di maiali che non pensano più e fanno quel che gli viene detto in fabbrica, oppure visti come carne
da macello per la fabbrica).
Nel 1929 l’industria è sconvolta dalla Grande Depressione, ovvero una crisi economico-finanziaria che intaccò tutto il mondo. E’
il primo momento di crisi del capitalismo attraverso il crollo di Wall Street.
Si ribaltano i rapporti di forza, avendo 5 majors, ovvero grandi case di produzione (Paramount, MGM, 20th century fox, Warner
Bros, RKO) e 3 minors (Universal, Columbia, United Artists). Queste ultime quindi non attuavano il sistema di integrazione
verticale.
Le major impongono ritmi e metodi di produzione industriale per la necessità di rifornire costantemente le sale dei loro circuiti. Si
afferma quindi un modo di produzione pianificato e serializzato, infatti ogni società organizza un palinsesto di film che ne facilita
la distribuzione e fruizione nelle sale, accelerando e favorendo lo sviluppo del sistema dei generi. Si svolgono quindi piani di
lavoro annuali, sapendo cosa devono fare, in che quantità e di che genere. Il sistema dei generi trova una perfetta integrazione in
tutti i livelli, dalla produzione all’esercizio.
Ogni casa di produzione associa il suo nome allo specifico sviluppo di un genere. I più importanti ora sono il musical, la
commedia, il western, l’horror, il gangster movie e i film di guerra.
Ora si afferma propriamente lo star system, quindi la promozione e lo sfruttamento del divismo cinematografico, come
meccanismo fondamentale del sistema di produzione e distribuzione del film.
Ogni casa di produzione possiede un insieme di divi che lega a sé con contratti esclusivi a lungo termine.
Ora il film, prima che un’opera artistica, si considera un prodotto industriale, il cui unico obiettivo è generare profitto.
Il produttore ha più autonomia di decisione rispetto al regista o allo sceneggiatore.
In questo sistema standardizzato si vengono a notare però alcune linee comuni in alcuni registi.
Si ha l’introduzione di apparecchiature di ripresa, come dolly e gru, assieme a mixer e microfoni direzionali, facendo acquistare
dinamismo.
Viene inoltre trasmesso il sistema Technicolor, che consentiva di girare film a colori, usato unicamente per film fantastici e molto
costoso (tripla pellicola con tre spettri di luce differenti)
Si diffondono più sistematicamente gli effetti speciali, come la retroproiezione (non serve più dover tagliare la pellicola, ma è
possibile proiettare su un fondale delle immagini nel momento in cui se ne stanno girando altre davanti).
Nel 1935 nasce un vero e proprio codice interno di censura preventiva cinematografica, noto come codice Hays, e consiste in una
serie di divieti che i produttori devono rispettare.
Es: i coniugi devono dormire in letti separati, i baci non devono durare più di dieci secondi, la perversione sessuale e
l’omosessualità sono vietati. Si sviluppa quindi un cinema fortemente codificato.
Nasce quindi lo STILE CLASSICO non solo dal punto di vista dei contenuti, ma anche per messa in scena e narrazione.
• E’ necessaria la chiarezza espositiva: lo spettatore deve comprendere la storia
• La cinepresa assume sempre punti di vista naturali, quindi i personaggi sono filmati alla stessa loro altezza. Si evita
inoltre la profondità di campo
• I movimenti di macchina sono essenziali e calcolati con precisione, e tutto ciò che può distrarlo va rimosso (tempi morti,
abbellimenti, sperimentazioni). La MDP non deve muoversi per far mostrare la bravura di un regista. Lo spettatore deve
poter osservare la scena dal miglior punto di vista
• Ogni scena deve essere utile all’avanzamento del racconto e durare quanto basta, in modo da trascinare la curiosità verso
il finale (Happy ending).
• Il confine fra bene e male deve essere reso in maniera univoca e facilmente intelligibile
• Il messaggio morale è: uniformarsi alla norma è bene, trasgredirla è male
• Struttura in tre atti, con 90/95 minuti circa (30 minuti per atto)
PRIMO: presentazione dei protagonisti, antagonisti e personaggi secondari
SECONDO: sviluppo dei fattori che porteranno allo scatenarsi del conflitto (momentanea sconfitta del protagonista)
TERZO: il conflitto trova risoluzione (happy ending)
MUSICAL: nasce negli anni 30 e assume un ruolo di primo piano con l’introduzione del sonoro, con la MGM in prima linea. Si
divide in alcuni sottogeneri e fra i principali registi abbiamo Lloyd Bacon, George Stevens e Vincent Minnelli.
I film vedono la partecipazione di ballerini e attori teatrali che diventano star di HW, come Fred Astaire o Gene Kelly.
Anche i coreografi assumono un ruolo di primo piano, come Busby Berkeley, il vero e proprio inventore di coreografie articolate
nelle inquadrature del cinema.
SCREWBALL COMEDY: si distingue dalla slapstick per essere meno fisica e molto più scritta: si tratta di una commedia
sofisticata, incentrata sull’incontro e scontro fra un personaggio maschile e uno femminile, provenienti da classi sociali diverse ma
che finiscono per innamorarsi.
Il filone si apre con Happened One Night del 34 di Hawks. Altri registi importanti saranno Frank Capra ed Ernst Lubitsch.
Quest’ultimo svolge To be or not to be, una feroce satira sul nazismo ambientata a Varsavia durante la guerra. Il tutto è
combinato con un dosato umorismo e un sottile erotismo, e alla sua uscita il film sconvolse il pubblico per l’imbarazzo nel ridere
del regime nazista in pieno conflitto. Questo dosaggio sofisticato è detto Lubitsch’s touch. Fino alla sua morte, non fu in realtà
mai considerato fra i grandi registi del cinema. Fu riscoperto solo successivamente da Trauffaut.
NOIR: nasce convenzionalmente col film di John Houston “The Maltese Falcon”. Più che un genere è una tendenza che riprende
la letteratura poliziesca americana, con luci soffuse, angolazioni dall’alto al basso, giochi di ombre, riprese notturne e in
esterne. I protagonisti sono sempre uomini, criminali o investigatori, accompagnati da dark lady pericolose.
Importante l’attore Humphrey Bogart e i registi Otto Preminger e Robert Siodmak.
La Universal si specializza in HORROR, con film ispirati a racconti gotici come Dracula o Frankenstein, ricordando interpreti
come Boris Karloff.
Il cinema gangster si sviluppa a partire dal successo di Underworld di Von Stenberg, seguito da film come Scarface di Hawks o
Little Ceasar di Leroy.
Dopo una prima fase di war movie pacifisti, con l’ingresso degli USA in guerra il cinema americano sostiene la causa bellica, con
film velatamente di propaganda tesi a mistificare il nemico sullo schermo.
Es: Casablanca di Curtiz
E’ il film simbolo del classicismo di HW, incorporando il tema bellico all’interno di una trama melodrammatica, con tendenze
noir. Appartiene alla Warner Bros, decidendo di coinvolgere star come Humphrey Bogart e Ingrid Bergman. La colonna sonora è
di Max Steiner, uno dei compositori di punta.
Un avventuriero newyorkese a Casablanca incontra una donna che aveva conosciuto a Parigi un anno prima. Rinasce la scintilla e
la dimensione amorosa si mescola con quella politica. Il bar di Ric è infatti un luogo dove si ritrovano eroi della resistenza e spie.
Si nota che ogni volta che quando un personaggio prende la parola non viene quasi mai inquadrato da solo.
Show don’t tell: gli sceneggiatori devono mostrare ma non dire. Prima di palesare qualcosa bisogna controllare se sia possibile
farlo intendere (es. mostrare che due si sono innamorati senza che i due personaggi se lo dicano, come quando per esempio lei fa
suonare a lui la loro canzone di quando stavano a Parigi. Attraverso il volto di lui, in un’inquadratura che pare lunghissima,
capiamo che fra loro è successo qualcosa.)
Orson Welles è il regista americano che più di altri si contraddice e rimette in gioco tutti gli elementi dello stile narrativo classico.
Fa nascere la modernità cinematografica, poiché rinnega completamente i canoni usuali.
Partecipa a un programma radiofonico dove recita un adattamento di War of the Worlds di Wells, e la trasmissione getta nel
panico la costa atlantica convincendo gli ascoltatori che i marziani sono sbarcati sulla Terra. I giorni successivi molto articoli di
giornali riportano questo caso ed egli diventa famoso.
Nato come attore teatrale, gli viene offerto a questo punto un contratto dalla RKO per un film all’anno, e la sua prima opera è
Citizen Kane (Quarto potere), (1941) una storia romanzata di Hearst, il magnate dell’editoria americana.
In questo film Welles lavora con libertà creativa, giocando con profondità di campo ed effetti speciali.
Viene usata per la prima volta la stampante ottica, che permette di saldare in un’unica inquadratura cose e persone riprese in
tempi diversi.
Elabora sofisticati piani di sequenza, quindi intere unità narrative girate senza mai staccare la cinepresa (in opposizione agli
stacchi del montaggio classico).
Vengono utilizzate angolazioni particolari ed inedite, tramite grandangoli e inquadrature dal basso all’alto e viceversa.
Il gioco della messa in scena diviene esplicito, in opposizione alla regola della camera invisibile.
Di non convenzionale notiamo anche un primissimo piano all’inizio, un montaggio veloce e la negazione dell’impossibilità di
entrare nel film con la scena d’inizio del cartello.
Tutto il film è costruito sul tentativo di comprendere cosa significasse “Rosebud”, l’ultima parola detta dall’editore prima di
morire. A tutti si chiede cosa significhi nonostante solo noi l’abbiamo veramente sentita (lo spettatore onnisciente). Al finale del
film Welles mostra la risoluzione infatti solamente allo spettatore (si tratta del nome dello slittino che utilizzava durante
l’infanzia).
La scena ambientata negli interni del castello subisce uno stacco violento passando a un finto cinegiornale che racconta la storia
del protagonista. Subito dopo un gruppo di giornalisti sta guardando come noi il cinegiornale e discutono fra loro per condurre
un’indagine per capire la storia di Kane. La narrazione prosegue in maniera frammentaria, ogni testimone racconta il proprio
punto di vista (a volte anche divergenti) e si usano flashback. Ognuno ha un proprio ricordo dell’uomo, e lo spettatore deve farsi
quindi una propria idea e mettere in dubbio ciò che ha visto.
Grazie alla profondità di campo, scene intere sono girate senza interruzione, a volte anche con la MDP immobile. Gli effetti
drammatici derivano non più solo dal montaggio, ma anche dagli spostamenti degli attori nell’inquadratura.
La struttura è più realistica grazie al fatto che lo spettatore ha un rapporto con l’immagine più vicino a quello che ha con la realtà.
Di conseguenza si ha un atteggiamento mentale più attivo.
In Russia con Stalin la produzione si nazionalizza, con un rigidissimo sistema di censura senza avanguardie e sperimentazioni,
con uno stile profondamente realista. Rilevanti i drammi storici sugli eroi della rivoluzione (realismo socialista). Si esaltano le
figure del passato per esaltare i leader del presente.
Es. Alexander Nevskij di Ejzenstein, che vuole con la figura di quest’eroe del passato implicitamente innalzare l’attuale Stalin.
Vertov gira il celebrativo Tre canti su Lenin, un documentario di propaganda.
In Unione Sovietica viene firmata la dichiarazione sul sonoro: le prime esperienze di fonofilm devono essere dirette con una non
coincidenza fra immagine visiva e immagine sonora. Bisogna generare quindi una sorta di distorsione, far vedere una cosa ma
farne sentire un’altra.
In Germania si supera la fase dell’espressionismo e nel 1930 esce uno dei primi musical europei, ovvero L’Angelo Azzurro,
con Marlene Dietrich. Lang gira poi M, il suo primo film sonoro, con poi anche l’esordio di Ophuls (regista che diventa un
maestro della profondità di campo, prima di Welles, con movimenti di macchina molto articolati e ultra sperimentazioni).
Il regime nazista non nazionalizza l’industria, ma acquista quote di maggioranza di società private, quindi non vengono creati enti
nazionali. C’è molta censura governativa sotto il controllo di Goebbels, ministro della propaganda, vietando l’affronto di
argomenti politicamente sensibili. Gli ebrei non possono per legge lavorare nel cinema e vengono eliminati film a cui avevano
preso parte. Molti registi emigrano ora negli USA per continuare la loro politica per motivi razziali o politici.
Si producono film di intrattenimento per farsi gioco dei nemici e in minima parte film di propaganda esplicita (es. esaltazione
della razza ariana), perché questi ultimi possono essere contro producenti. E’ meglio piuttosto inserire messaggi più o meno velati
in film in cui si parla maggiormente di altro (propaganda indiretta).
In Francia si ha una singolare autonomia dei registi rispetto all’apparato produttivo, e continua la propensione al fantastico e
surrealismo.
In una prima fase registi tedeschi si trasferiscono in Francia prima di approdare a HW.
Fra i registi maggiori del cinema sonoro degli anni 30 abbiamo Clair (surrealismo all’interno di narrazioni canoniche) e Vigo
(realizza due film capolavori del surrealismo: Zero de condite e L’Atalante).
Si afferma il realismo poetico, ovvero una tendenza che vede protagonisti operai, disoccupati e altre figure emarginate. Sarà
centrale nell’influenzare le tendenze italiane, e il regista maggiore sarà Renoir (padre del cinema moderno francese).
Jean Gabin si afferma come attore simbolo del realismo poetico, mentre come regista si ha Carnè con film dalle atmosfere cupe e
ambienti notturni.
Renoir è figlio del celebre pittore impressionista, e con i suoi film introduce molti elementi del suo stile, come virtuosismi della
MDP, forte utilizzo della profondità di campo, improvvisi cambiamenti di tono (dal dramma alla commedia) e il tutto in maniera
realistica.
Svolge il film La Grande Illusione, film pacifista ambientato in un campo di prigionia tedesco durante la guerra.
“La regola del gioco” è il suo capolavoro, anticipando alcune tendenze del cinema moderno assieme a Quarto Potere, con una
sceneggiatura che viene adattata ai personaggi, improvvisazioni sul set, inquadrature larghe e mescolanza di registri narrativi ed
espressioni.
Nasce nel 1935 il Centro sperimentale di cinematografia con l’obiettivo di formare professionisti con una forte preparazione
anche teorico-culturale. E’ una scuola finanziata dallo Stato, con le prime lezioni non solo tecniche ma anche di storia del cinema,
estetica, storia dell’arte, letteratura, musica…I formati esordiranno soprattutto nel secondo dopoguerra, con uno stampo realista e
una progressiva verticalizzazione del processo produttivo. Si ha quindi un cinema educativo, un cinema fascista, unendo
l’attenzione della forma a quello del contenuto.
Viene istituita una biblioteca, cineteca e la rivista di critica “Bianco e nero”, la più antica in Italia che viene ancora pubblicata.
I film precedenti fino ad allora non venivano riproiettati, mentre con la nascita di una cineteca si potevano rivedere i film del
passato.
La biblioteca più famosa è quella di Chiarini, dove iniziano a venir catalogate le riviste.
Il festival di cinema più antico del mondo è quello di Venezia, che è anche il più longevo. Nasce nel 1932 col nome di
Esposizione internazionale d’arte cinematografica, diventando poi “Mostra”. Si configura come un evento internazionale
promosso dal regime fascista, in modo tale da mettere anche in vetrina il cinema italiano e creare una battaglia contro le altre
cinematografie nazionali, soprattutto l’America.
Nasce a Venezia anche per valorizzare la città, essendoci l’idea di non dover concentrare tutto nel contesto romano. Nasce inoltre
nell’ambito della celebre Biennale d’Arte.
Inizierà poi a subire pressioni politiche per le quali i vincitori venivano imposti da Mussolini, come nel 1938 con le vincite di
Olympia e Serra pilota, che vinsero la Coppa Mussolini.
Inoltre, le varie cinematografie si recano a Venezia proprio per imporre i propri lavori, vedendo quindi l’arrivo anche di tecnici
stranieri che vogliono appunto visionare il meglio. Si ha poi l’idea di portare i divi in Italia.
Nel 1939 la mostra viene disertata dagli USA per ragioni diplomatiche dato lo stato di guerra. L’anno dopo si ritirano anche GB e
Francia, quindi Italia e Germania sono gli unici due paesi ad avere film premiati.
Le varie interruzioni fanno in modo che, nonostante stiamo arrivando alla novantesima edizione, le effettive siano di meno.
Nasce poi Cinecittà nel 1937 per mano di Mussolini, ed è un complesso di studios in cui è possibile gestire l’intera vita del film
(ripresa della verticalità della Pathè senza però possedere sale).
Viene fondata successivamente ad un incendio che bruciò la Cines, pensato come doloso per far concentrare tutta la lavorazione
del film in nuovi studi. Dalla partecipazione statale successivamente Cinecittà diventa completamente di proprietà statale.
Le fiction sono sempre di stampo propagandistico e si hanno gli esordi di personalità come Camerini, Gallone e soprattutto
Blasetti.
Il fascismo vuole contrapporre il cinema italiano dal punto di vista produttivo ma Cinecittà deve rappresentare anche l’anti
Hollywood. Molti dirigenti si recano in visita in America per vedere come funziona l’industria e poi creare una HW europea ma
controllata dallo Stato (che ha meno risorse di un privato che vuole investire).
Nel cinegiornale dell’inaugurazione di Cinecittà esso viene mostrato come un centro all’avanguardia dal punto di vista tecnico. Si
utilizza lo slogan “la cinematografia è l’arma più forte” facendola passare per una strada inventata da Mussolini ma realmente di
Lenin.
E’ un progetto ambizioso con la necessità di dover formare dei professionisti che sostengano il sistema.
Alla fine degli anni 30 vi è il trasferimento del Centro sperimentale all’interno di Cinecittà, con inoltre la sede dell’istituto Luce.
Vi è quindi l’idea di creare una città del cinema, una struttura industriale unica in tutta Europa.
Si investe molto sulla quantità più che sulla qualità, e i film di finzione si dividono nelle categorie di propaganda diretta e
indiretta.
Solo 100 film di circa 700 sono considerati film di finzione di propaganda dal 30 al 43, con una prevalenza dell’indiretta.
Famoso “Camicia nera” di Gorzano, film corale di propaganda diretta realizzato per il decennale del partito fascista.
Esce poi “Vecchia guardia” di Blasetti dove si esalta il valore militare e lo spirito patriottico (origini della marcia su Roma, con un
messaggio che esalta i valori del fascismo, con però un grande lavoro sulla rappresentazione dello spazio geografico che
influenzerà molto l’affermazione di alcune tendenze neorealiste).
La produzione si concentra soprattutto sui documentari, strumento maggiore di propaganda.
La propaganda indiretta vede film in costume ambientati in contesti storici, in cui pesa una rilettura in chiave metaforica (es. il
fascismo che vuole rifarsi a un principio dell’Impero Romano). Un esempio è “Scipione l’Africano” di Gallone, dove Scipione
sembra assumere la personalità di Mussolini quando compie i suoi discorsi. Un altro esempio è 1860 di Blasetti, parlando
Risorgimento.
Ci sono poi film di costume, ovvero “commedie dei telefoni bianchi”, dove si rappresentano ambienti borghesi interni, offrendo
l’immagine di un Paese ottimista che punta all’industrializzazione, senza mostrare cosa sta succedendo in realtà politicamente,
puntando sul benessere.
All’inizio degli anni 40 le tendenze realiste puntano a film girati in esterni, con attori non professionisti e in dialetto.
I tre autori maggiori sono Rossellini, De Sica e Visconti, opponendosi al “calligrafismo”, rifuggendo quindi il presente, le
decorazioni…Si vuole raccontare la realtà, senza filtri e costruzioni.
“Ossessione” di Visconti vede influenze del cinema classico HW di base, con però un forte realismo (ibrido). La MDP si muove
costantemente, e il regista punta anche sull’improvvisazione dei suoi movimenti in base a quel che viene filmato e alla sensazione
che si vuole suscitare in chi guarda. Lo spettatore si chiede spesso cosa voleva far capire il regista.
Il neorealismo letterario (es. Calvino) fu fonte di ispirazione, e si raccontano ora problemi attuali a scapito dei film di finzione.
E’ quindi un fenomeno di rottura, non soltanto del cinema classico ma anche rispetto al passato nazionale con le politiche
repressive del fascismo o i film costruiti troppo a tavolino. Si ha quindi una nuova generazione di registi con uno stile di ripresa
documentaristico. Si raccontano classi disagiate, lavoratrici, alle prese con le situazioni difficili del dopoguerra. Si ha un obiettivo
politico non ideologico, ma con uno sguardo sul sociale, facendo emergere le disuguaglianze.
Ci si riferisce principalmente al realismo poetico francese, grazie soprattutto a Renoir.
Vengono prodotti film a bassissimo budget con l’uso della macchina a mano, sceneggiature poco articolate e molto spazio per
l’improvvisazione, come già detto del regista ma anche dell’attore.
Es. Rossellini: “Mi rifiuto di sapere come finirà il mio film il giorno in cui comincio le riprese(…) Parto da un’idea, senza sapere
dove mi porterà”
Diventa noto per lunghe sequenze in cui segue i personaggi senza capire dove stiano andando, mostrando il percorso. Il regista
deve calarsi nella realtà e rendersi invisibile, con un cinema che descrive e non che racconta storie. Ciò è una vera e propria
urgenza, e il cinema diventa una forma espressiva antispettacolare che vuole avere la funzione di mezzo di conoscenza del
mondo. Il realismo è la forma artistica della verità.
Esordisce con lungometraggi di finzione, creando poi “Roma città aperta” nel 1945, il manifesto del neorealismo.
Successivamente crea “Paisà” e “Germania Anno Zero”, la cosiddetta trilogia della guerra.
Bergman, la regista di Casablanca, chiede a Rossellini di collaborare e si metteranno assieme.
Vittorio de Sica
Gira tre film propriamente neorealisti: Sciuscià, ladri di biciclette (entrambi vincitori di Oscar) e Miracolo a Milano, collaborando
con lo scrittore e intellettuale Zavattini, anticipatore del neorealismo.
“Ladri di biciclette” ha un avvenimento scatenante con nessuna rilevanza drammatica, ma prende senso grazie alle congiunture
sociali in cui si ritrova coinvolta la vittima del furto. Non è importante chi è stato o come andrà a finire, questo avvenimento è una
scusa per concentrarsi sulle circostanze, quindi disoccupazione, povertà…
Il film viene girato completamente in strada e si tratta di un vero e proprio messaggio sociale senza prendere forme politiche,
dando l’illusione della casualità degli eventi. Quindi si fa finta che sia un caso il fatto che tutti questi eventi vadano poi a creare un
messaggio, ma è così che d’altronde funziona la vita.
Con la vittoria della Democrazia cristiana del 1948 inizia una censura rigidissima creando un clima ostile al neorealismo, il quale
conferiva un’immagine inaccettabile all’estero.
Iniziano a proporsi melodrammi, storie d’amore e commedie (neorealismo rosa che diventerà poi la celebre commedia italiana).
EUROPA
La guerra aveva ridotto la circolazione dei film americani in Europa aprendo spazio alle varie cinematografie nazionali, ma nel
dopoguerra la penetrazione riprende. Di fronte a questa invasione si attuano varie forme di resistenza e aumentano le co-
produzioni europee (soprattutto fra Italia e Francia) ottenendo sussidi da entrambi i paesi per sostenere produzioni ambiziose al
pari di HW.
Vengono introdotte MDP leggere permettendo un movimento ancora maggiore, con poi un forte utilizzo di piani sequenza,
profondità di campo e attenzione alla soggettività dei personaggi. Lo spettatore usa il suo spirito critico e si interroga
sull’interpretazione.
A supporto di questo nuovo sistema, sorgono diversi festival, come Cannes, Berlino o San Francisco…
Gli “Academy Awards” creano una sezione destinata al miglior film straniero facendo vincere Sciuscià nel 1947.
Nasce poi la Federazione Internazionale dei Cineclub, per unire le sale più indipendenti in Europa e i film europei grazie allo
sviluppo di questi circuiti indipendenti e arthouse (circuiti chiamate come “case dell’arte”, diffondendo il cinema d’arte e
d’autore anche in America) acquisiscono prestigio.
Il cinema francese prende le tendenze neorealiste e le istituzionalizza, con vere e proprie politiche culturali a supporto del cinema
d’autore. Nasce il Centro Nazionale Cinematografico per incoraggiare queste produzioni, assieme a scuole di formazione per
tecnici e professionisti.
Nasce qui anche una cultura cinematografica programmando vecchi film da tutto il mondo e le prime riviste di cinema.
Sadoul scrive la prima storia del cinema, con poi le prime teorie del film per opera per esempio del critico Bazin.
Nasce il concetto di autore poiché si rileggono film del passato a partire dagli autori coinvolti nel loro processo creativo,
intendendo il regista.
La politica degli autori fa nascere un metodo di critica e storiografia del cinema facendo in modo che si recuperino i grandi
registi alla luce di un proprio stile caratteristico. Si individuano quindi gli elementi ricorrenti nei film dello stesso autore e ciò
potrebbe aiutare nella comprensione. Ciò contribuisce a conferire al cinema la legittimità rispetto alle altre arti.
Non ci si oppone al cinema classico, ma si riconosce in esso l’autorialità.
Trauffaut scrive “Il cinema secondo Hitchcock” con lunghe interviste e chiaccherate.
Renoir è ancora il maggiore regista francese, e Cocteau gira “Orfeo”, trasposizione contemporanea dell’omonimo mito in chiave
simbolica.
Si ha una nuova generazione di registi che esordisce direttamente nel dopoguerra, e con “Les enfants terrible” di Melville il film
dialoga apertamente con lo spettatore. Girerà poi una serie di gangster movie d’ispirazione americana, con sperimentazioni però
mai testate da HW.
Il cinema britannico: si affermano i “quota quickies”, ovvero dei prodotti senza pretese destinati al mercato interno, che devono
servire per raggiungere una quota stabilita dal mercato britannico di un minimo di distribuzione dei film nazionali. Ciò serviva alla
sopravvivenza rispetto al cinema di HW.
Sono quindi prodotti commerciali che dopo la guerra si riducono a favore dell’aumento dei film ad alto budget.
La “Archers” è una società di Powell e Pressburger, i registi britannici più importanti del dopoguerra. La “Ealing” praticò invece
una produzione più modesta che concedeva però molta indipendenza ai registi. Si hanno poi produzioni di adattamenti letterari o
teatrali, o influenze americane→ Es. “Il terzo uomo” di Carol Reed con Welles attore.
Si ha un pubblico di nicchia e il successo di questi film avviene di conseguenza nelle grandi città e nelle cittadine europee.
Limited release: i film europei, prima di essere distribuiti in USA, vengono distribuiti prima nelle grandi 5 città (NY, LA;
Chicago, Boston, Washington), e se i film riscuotono successo vengono allora distribuiti in altre città minori.
I primi esperimenti di televisione iniziano negli anni 20, riprendendo con forza nel dopoguerra.
Nel 1946 gli incassi in sala raggiungono il numero più alto nella storia americana, con 98 milioni di spettatori a settimana.
Il mercato internazionale raggiunge il 50% di tutti i guadagni di HW, ma a causa dell’aumento della vendita della tv, a metà degli
anni 50 gli spettatori calano e chiudono migliaia di sale.
Molte case diminuiscono i numeri di film distribuiti e investono nella produzione di serie televisive a basso costo o alla vendita
dei diritti di distribuzione dei film in tv.
Gli spettacoli televisivi sono visionati soprattutto dai più anziani, mentre la cultura giovanile riguarda il cinema, e gli spettatori in
questi anni iniziano anche a scegliere i film più interessanti.
Il colore diventa lo strumento più ovvio per differenziare il cinema dalla tv, usando il Technicolor (tripla pellicola con tre diversi
spettri di luce) e il sistema Monopack (una sola pellicola).
Alla fine degli anni 60 i film a colori sono la quasi totalità della produzione, e si ricorre ad immagini più ampie (da 4/3, quindi
quasi quadrato, a 16/9, quindi più rettangolare).
Appaiono gli schermi panoramici, come il Cinerama (3 obiettivi con 3 proiettori e una sola pellicola) e soprattutto il
Cinemascope, ovvero l’applicazione alla camera di una lente anamorfica che riesce a catturare un’inquadratura molto ampia su
una normale pellicola da 35 mm (basta applicare una lente sulle MDP per ampliare l’inquadratura e registrarla sull’unica pellicola,
non servono più 3 macchine). Viene introdotto dalla 20th century fox, poco costoso e facile da usare (primo: The Robe di Joster
nel 1953).
I registi applicano al nuovo formato lo stile classico, diventando lo standard hollywoodiano. Sono richiesti di conseguenza
schermi più larghi, una proiezione più luminosa e modifiche nella progettazione delle sale. Si ha anche il sonoro stereoscopico,
quindi i movimenti sono percepiti non solo esclusivamente dal centro.
Si iniziano a sperimentare i primi film in 3D, tentativi di arricchire i film con gli odori…
Negli anni 50 è molto in voga il drive-in, alternativa per gli esercenti in crisi, in quanto si tratta di una struttura a basso costo
(terra, schermo e 2 altoparlanti per ogni posto macchina).
Il biglietto è a buon mercato, dando diritto a film di seconda o terza visione, e negli anni ne nascono a migliaia (più di 4000, stessa
quantità delle sale che avevano chiuso precedentemente) diventando anche luogo di appuntamento e luogo di formazione di
immaginario cinematografico.
Le case di produzione indipendente continuano ad acquisire valore. Inoltre, se nello studio system le case di produzione hanno
contratti per vari anni, le indipendenti assumono il personale di volta in volta (oggi ciò è la norma). Non ci sono quindi dipendenti,
ma si formano delle professionalità che lavorano con varie case.
Molti dei film vengono distribuiti dalle major e minor, e si ha la produzione di film a basso costo (B movie) con grande ritorno
economico (film d’exploitation, ovvero di sfruttamento commerciale). Le distribuzioni di film indipendenti avvengono a tappeto,
anche in estate e con pubblicità televisiva, e usano molto i drive-in, e si tratta principalmente di horror, fantascienza o argomento
erotico.
GENERI
Nonostante il classicismo, molti registi introducono le innovazioni di Welles, e in generale la costruzione narrativa risulta più
complicata, con molte trame investigative (es. Sunset Boulevard di Wilder).
Noir e gangster movie vengono girati per le strade e con faretti portatili (es. The naked city di Dassin,: mescola lo stile classico
nella narrazione e l’approccio semi-documentaristico nell’estetica.)
John Cassavetes fu anche attore ma è il più importante autore della cosiddetta New York School, un gruppo di giovani artisti fra
gli anni 50 e 60.
Fonda l’Actor’s Workshop, un laboratorio di recitazione a Broadway, da cui nasce l’idea di un saggio collettivo di recitazione e
regia (Shadows, uno dei primi esempi di cinema realmente improvvisato). Si notano raccordi non sull’asse, rapporti disorientanti
e il non utilizzo della regola dei 180°. Questi americani girano per la città in maniera casuale, toccando anche temi come
l’ideologia razziale e quindi temi giovanili.
Il western si sviluppa con il colore, durate maggiori e trame che vanno a toccare anche la psicologia e il sociale..
Ora il genere vede molti più investimenti e non viene più visto solamente come un elemento di sfruttamento commerciale.
Il più importante regista è John Ford: il lato eroico del west e il tema del superamento della frontiera (anche in senso metaforico,
nel senso di superare i propri limiti e non solo quelli territoriali) prendono sempre forma in maniera semplice, come una favola.
Dal punto di vista del musical esce Singin in the Rain nel 1952 di Gene Kelly.
Minnelli troduce i long takes, movimenti di macchina, inquadrature più ampie che sottolineano l’interazione dei personaggi con
l’ambiente. Si concentra anche sulla dimensione onirica, collaborando con impressionisti e surrealisti francesi.
Si nota come a differenza dei primi musical la MDP si muova molto di più.
Billy Wilder fu un grande autore delle screwball, unendo la drammaturgia noir alla commedia con però toni sociali e dark.
La sua costante è il racconto di figure di vinti ed emarginati in situazioni paradossali, girando film anche con Marylin Monroe.
Hawks è molto versatile, passando dal gangster, alla screwball, western e noir. Era solito rivedere e riscrivere le battute sul set e i
suoi film sono caratterizzati da lunghissime conversazioni, spesso sovrapposte. A prescindere dal genere vi è sempre una vena di
comicità.
Hitchcock lavora prima in Inghilterra e poi a Hollywood. Rappresenta qui il modello di autore assieme a Welles. E’ considerato
fortemente commerciale e verrà recuperato come un vero autore negli anni 60.
Sperimenta molto sia sul piano visivo che nella forma del racconto, e ciò lo si nota con “Rebecca”, di genere noir. E’ uno dei
primi a utilizzare lo storyboard (rappresentazione grafica di come si vuole svolgere una scena). Punta molto sul coinvolgere lo
spettatore, capendo che la suspense non dipende solo dalla trama ma anche dalla messa in scena.
Il suo capolavoro in assoluto è forse Rear Window con la Paramount, ma lavorò anche per la Warner e la Universal. Si sente lui
stesso un vero e proprio artigiano che si mette al servizio del pubblico.
Diventa celebre per la creazione di Alfred Hitchcock Presents, una serie a sfondo giallo nella quale non fu regista per tutti gli
episodi (gli altri registi devono però fare riferimento al suo stile).
STILE
• Soggettive, manipolazioni del sonoro, suspense nel montaggio e colonna sonora
• Rilevanti la gestione dei tempi narrativi, dilatazioni temporali e dettagli apparentemente insignificanti
E’ uno dei pochi AUTORI di HW secondo la critica di oggi (ai tempi oltre a essere definito commerciale non fu pienamente
capito), grazie alla continuità dello stile, delle trame e dei soggetti, e fu uno dei più amati dal pubblico europeo e americano.
Rear Window (1954) - Paramount
E’ tratto dal racconto di Woolrich, ed è fondato sull’effetto Kulesov: un invalido che guarda fuori dalla finestra alternato a ciò che
succede fuori.
Viene girato interamente in un seminterrato in un teatro di posa dove viene ricostruito il giardino e il palazzo con gli interni.
Psycho (1960) – Paramount
E’ il suo maggior successo commerciale ed è in bianco e nero. Generò spin-off, serie tv, remake ed è noto anche per la colonna
sonora di soli archi di Hermann (lo stesso di Quarto Potere). I titoli di testa riprendono le linee verticali e orizzontali in cui sono
costantemente divise le inquadrature.