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Storia del cinema

Le origini del cinema


Il pre-cinema – questo termine viene utilizzato dagli storici per indicare tutte le ricerche, gli
esperimenti, le invenzioni, le tecnologie e le pratiche spettacolari che hanno preceduto il cinema
contribuendo alla sua nascita. Le ricerche, si svilupparono in due direzioni:
1) Proiezioni di immagini ingrandite su uno schermo davanti a un pubblico di spettatori
2) Creazione dell’illusione del movimento a partire da una serie di immagini fisse
Lo strumento pre-cinematografico più antico è la LANTERNA MAGICA → le sue origini sono
sconosciute ma la prima descrizione di questo strumento risale al XVII secolo (1600) e il primo autore
a descriverla in un testo fu Athanasius Kircher. Nel 1646 Athanasius scrisse un trattato intitolato
“Ars magna lucis et umbre” nel quale venne descritta una “lanterna magica” – non è lui l’inventore,
ma il primo a descriverla.
La lanterna è uno strumento molto semplice, formata da 4 elementi: una fonte luminosa (candela
o lampada ad olio), un obiettivo dotato di lente, una serie di immagini dipinte su piccole lastre di
vetro e uno schermo/parete su cui proiettare le immagini. Gli spettacoli di lanterna magica –
XVIII/XIX secolo – venivano “gestiti” da artisti girovaghi o in luoghi chiusi con un pubblico borghese
(questo soprattutto nell’Ottocento). Successivamente, anche in grandi teatri con un pubblico
sempre più numeroso – l’immagine proiettata viene ingrandita sempre di più e sul palcoscenico si
trova un personaggio (imbonitore o commentatore = attore che illustrava le immagini proiettate
dalla lanterna) – questa figura sarà molto importante anche per le prime proiezioni
cinematografiche.
Venne utilizzata la tecnica della “retroproiezione” = la lanterna magica si trova dietro lo schermo in
modo tale da essere invisibile al pubblico; questa tecnica venne utilizzata per la prima volta da
Étienne-Gaspard Robert (“Robertson”). Robertson, brevettò nel 1799 il fantascopio; una lanterna
magica con due caratteristiche “nuove”: veniva utilizzata la retroproiezione ed era montato su ruote
in modo da poterlo avvicinare/allontanare per ingrandire/rimpicciolire le immagini. Robertson
organizzò a Parigi, alla fine del Settecento, una serie di spettacoli che vennero battezzati
“fantasmagoria” – caratterizzati dalla proiezione di immagini macabre, soprannaturali…
Gli spettacoli di lanterna magica presentano dei tratti comuni con il cinema (= proiezione su
schermo) ma si distinguono per la fissità delle immagini. Durante il XIX secolo vennero inventati dei
dispositivi ottici in grado di creare l’illusione del movimento.
FENACHISTOSCOPIO – apparecchio creato da Joseph Plateau nel 1832 (il nome deriva da un verbo
greco che significa ingannare/raggirare) – è composto da un disco circolare di cartone o di legno
sottile su cui sono applicate una serie di fessure, su una faccia del disco vengono disegnate le diverse
fasi del movimento di un personaggio. Per far funzionare il fenachistoscopio bisognava posizionarsi
davanti ad uno specchio con la parte disegnava davanti allo specchio stesso, si faceva ruotare e si
vedevano i vari movimenti proiettati sullo specchio. Successivamente venne creata una versione
con due dischi (uno con le fessure e l’altro con i disegni) e non era necessario mettersi davanti ad
uno specchio. I disegni vanno da un minimo di 8 a un massimo di 12.
Due anni dopo, William George Horner inventò un perfezionamento del fenachistoscopio che venne
chiamato “ZOOTROPIO” (1834) – è formato da un cilindro, chiuso nella parte inferiore e aperto in

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quella superiore, montato su un perno ed appoggiato a un piedistallo; nella parte esterna si trovano
le fessure e in quella interna i disegni.
Charles-Émile Reynaud viene considerato uno dei più importanti pionieri del cinema. Nel 1876
inventò il PRASSINOSCOPIO (dal greco ‘azione’) – il prassinoscopio è formato da un cilindro più
basso e privo delle fessure ma all’interno del cilindro se ne trova uno più piccolo e alto su cui sono
applicati degli specchi di vetro – quando viene azionato, le figure vengono riflesse sugli specchi. Nel
1880, Reynaud inventò il PRASSINOSCOPIO DA PROIEZIONE – univa il prassinoscopio con una
lanterna magica in modo da proiettare le immagini in movimento in forma più grande su uno
schermo → prima influenza tra la lanterna magica e gli apparecchi ottici (le due direzioni citate
all’inizio). Nel 1888, lo stesso Reynaud realizza la sua più grande ambizione – il TEATRO OTTICO. È
una derivazione del prassinoscopio con l’utilizzo della retroproiezione. Il teatro ottico prevede l’uso
di due lanterne magiche:
➢ La prima proietta direttamente sullo schermo lo sfondo fisso su cui si svolge l’azione.
➢ La seconda proietta sullo stesso schermo, mediante un gioco di specchi, le immagini dei
personaggi animate dal prassinoscopio.
Al posto delle strisce di carta con 12 immagini, il teatro ottico utilizza una lunga pellicola composta
da centinaia di piccole lastre dipinte a mano.
Dopo aver costruito il teatro ottico, inizia a realizzare dei “film” da mostrare con il teatro ottico –
“Pantomime luminose” (1892) vennero proiettati a Parigi nel museo Grévin. Per il teatro ottico ne
realizza solo 5; sono brevi film di animazione = vanno da un minimo di due/tre minuti a un massimo
di cinque/sei minuti. Dei 5 film realizzati, solo 2 sono sopravvissuti [Pauvre Pierrot e Autour d’une
cabine]. Inizialmente ebbero molto successo ma entrarono in crisi con l’apparizione del cinema (28
dicembre 1895) con la prima proiezione dei fratelli Lumière.
Il teatro ottico è la forma di spettacolo pre-cinematografico più prossima al cinema; se ne distingue
soltanto per la natura grafica e pittorica dell'immagine (Reynaud è considerato un pioniere del
disegno animato). Al contrario, il cinema, nella forma che si affermerà di lì a poco grazie al lavoro di
Edison e dei fratelli Lumière, costituisce un'evoluzione della fotografia fissa – inventata all’inizio del
XIX secolo – e prevede l’impiego di immagini fotografiche in movimento.
Con CRONOFOTOGRAFIA s’intende la registrazione delle fasi del movimento di un soggetto in
un’unica immagine o in una serie di fotogrammi distinti. Nel XIX secolo, i due grandi pionieri della
cronofotografia furono Eadweard Muybridge e Étienne-Jules Marey. Muybridge costruì un
“capannone” con una facciata piena di obiettivi di 24 macchine da presa – il soggetto fotografato in
movimento, un cavallo, veniva fatto passare di corsa davanti alle macchine fotografate, con gli
zoccoli strappava delle corde che azionavano le macchine = si ottenevano 24 scatti diversi del
soggetto in movimento. La prima serie fotografica venne chiamata “the Horse in motion” (1878).
Le ricerche di Étienne-Jules Marey furono totalmente diverse, si dedicò allo studio del movimento
con la tecnica della cronofotografia. Nel 1882 inventò il fucile fotografico, pensato e utilizzato per
fotografare ripetutamente movimenti veloci – successivamente realizza anche delle singole
cronofotografie. Queste sono diverse nell’aspetto e nelle tecniche rispetto a quelle di Muybridge.

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➢ Nelle fotografie di Muybridge le varie fasi del movimento sono fotografate singolarmente e
disposte su più colonne nella pagina.
➢ Nelle fotografie di Marey le varie fasi del movimento sono impressionate sullo stesso
fotogramma, e risultano sovrapposte parzialmente l’una all’altra.
Nel 1894, Marey scrisse “Le mouvement”, un trattato nel quale espose i risultati e le tecniche dei
suoi scatti. Le sue tecniche ebbero una grande influenza sulla pittura del primo/secondo decennio
del Novecento – si può notare nel dipinto “Nudo che scende le scale” di Marcel Duchamp che si è
ispirato alle cronofotografie di Marey. Nel 1912, il futurista Giacomo Balla dipinse “Ragazza che
corre sul balcone” – insieme di puntinismo e cronofotografie – sempre Balla dipinse “Dinamismo di
un cane al guinzaglio”.
La nascita del cinema
Il cinema può essere considerato un’invenzione internazionale, la nascita però non avviene in un
momento preciso – la tecnica delle immagini in movimento proveniva soprattutto da 4 paesi: Stati
Uniti, Francia, Germania e Gran Bretagna. Tra i personaggi che hanno contribuito maggiormente alla
nascita del cinema bisogna ricordare – Thomas Alva Edison e i fratelli Auguste e Louis Lumière.
Il merito di aver creato e diffuso negli USA le prime apparecchiature cinematografiche va diviso tra
Edison e William Dickson. Verso la fine degli anni Ottanta dell’Ottocento, Edison e Dickson per
realizzare i film crearono il KINETOGRAFO = una delle prime macchine da presa e per mostrarli al
pubblico inventano il KINETOSCOPIO = apparecchio a visione individuale che non impiega il sistema
di proiezione su schermo utilizzato da Reynaud e dai fratelli Lumière.
Il kinetoscopio risale al 1893, era una sorta di mobile/cassa di legno e al suo interno scorreva la
pellicola; nella parte superiore era presente una lente attraverso cui, un unico spettatore, poteva
vedere un breve film con un occhio solo – aveva molti limiti, tra cui, la visione individuale e
monoculare. Nonostante ciò, ebbe molto successo e Edison aprì negli Stati Uniti un “salone” pieno
di kinetoscopio – s’inseriva una moneta e iniziava il “film” = durava meno di un minuto – vennero
anche esportati nelle principali capitali. Il kinetoscopio entrò in crisi in seguito alla prima proiezione
(fine 1895) del cinematografo Lumière che utilizzò la proiezione su schermo.
Durante il periodo di splendore del kinetoscopio, Edison si trovò a creare film per la sua macchina =
nel 1893, nel New Jersey, creò il primo “studio cinematografico” nella storia del cinema; era un
grande capannone soprannominato “Black Maria” – qui, Edison girava la maggior parte dei suoi film.
Le pellicole utilizzate sono molto simili a quelle attuali. Il primo film girato da Edison e Dickson fu
“Blacksmith Scene” (1893) = mostra l’attività di tre fabbri. Un altro film fu “Fred Ott’s Sneeze” (1894)
= mostra un personaggio che starnutisce. Edison e Dickson realizzano film più ambiziosi, “Leonard-
Cushing Fight” (1894) = ripreso dal vero e ripropongono i diversi round di questo incontro.
I fratelli Lumière – Auguste e Louis – erano due industriali di Lione che possedevano una fabbrica di
materiale fotografico (pellicole). Nel 1894 brevettarono il CINEMATOGRAFO = apparecchio molto
efficiente e ben progettato; era di piccole dimensioni e poteva svolgere una doppia funzione:
macchina da presa e proiettore – la pellicola era diversa rispetto a quella usata da Edison. Nel 1894
presentarono la loro invenzione durante molti eventi e il 28 dicembre 1895 organizzarono la prima
proiezione davanti a un pubblico (Salon Indien Grand Café).

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La prima visione, a pagamento, ebbe un successo enorme così che i fratelli Lumière continuarono il
loro lavoro. I film realizzati vengono chiamati “vedute” e hanno le seguenti caratteristiche:
➢ Sono brevissime – meno di un minuto
➢ Sono riprese in assoluta continuità, senza tagli di montaggio
➢ Sono riprese con la macchina fissa da un unico punto di vista
➢ Sono riprese dal vero, in ambienti reali, senza attori né messa in scena
La prima “veduta” realizzato s’intitola “L’uscita dalle officine Lumière” (1894) = mostra gli operai
dopo la fine del lavoro. Una delle più famose è “L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat” (1895)
= si vedono i binari di una stazione e l’arrivo di un treno – secondo alcuni – gli spettatori si
spaventarono alla visione del treno che procedeva verso di loro. Un’altra “veduta” è “La colazione
del bimbo” (1895) = Auguste Lumière con la moglie e la figlia – il registra era, in questo caso, Louis
Lumière. Un’altra è “Demolizione di un muro” (1895) = operai che abbattono un muro di mattoni,
durante le prime proiezioni, questa veniva proiettata due volte e vi era un accompagnamento
musicale (la prima normale e la seconda al contrario – il primo “effetto speciale”). “L’arrivo dei
fotografi al congresso di Lione” (1895) = è interessante perché svolge una funzione
documentalistica. “L’arroseur arrosé” (1895) [L’innaffiatore innaffiato] = una delle più famose, si
discosta dalle altre poiché tratta di un soggetto comico.
Auguste si occupava della produzione mentre Louis realizzava le “vedute”.
Diffusione del mondo del Cinematografo (1896):
➢ 1° marzo – Belgio (Bruxelles)
➢ 29 marzo – Italia (Roma e Milano)
➢ 15 maggio – Spagna (Madrid)
➢ 17 maggio – Russia (San Pietroburgo)
➢ 7 luglio – India (Bombay)
➢ 8 luglio – Brasile (Rio de Janeiro)
➢ 15 agosto – Messico (Città del Messico)
Una delle proiezioni italiane avvenne a Padova nel 1897 – il programma prevedeva 10 vedute in
successione.
Con la diffusione del cinematografo, i Lumière hanno bisogno di nuove vedute per rinnovare il
proprio repertorio – formano una serie di cine-operatori, incaricati di recarsi all’estero (organizzare
delle proiezioni e riprendere nuove vedute dei paesi stranieri). Uno dei più importanti e famosi cine-
operatori ricordiamo Alexandre Promio – tra le tante vedute vi è “Panorama delle rive del Nilo”
(1896) = la ripresa è stata effettuata su un battello in movimento.
Tra il 1895 e il 1907 i Lumière mettono insieme un catalogo che comprende 1428 vedute divise per
“generi”: Scènes de genre, Voyages à l’etranger, Voyages en France, feste pubbliche, vedute militari,
Film comiques, scene marittime, danze, feste popolari. Se si escludono le vedute comiche, la totalità
di questa produzione è pressoché di tipo documentaristico (paesaggi esotici, scene di vita
quotidiana). Questo modello documentaristico domina tutta la produzione cinematografica di fine
Ottocento. Sotto l’influenza dei Lumière, negli altri paesi si affermano cineoperatori locali che
ritraggono gli stessi soggetti (in Italia i torinesi Vittorio Calcina e Roberto Omegna).

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Con l’inizio del nuovo secolo (= Novecento) si assisterà al declino del modello Lumière e
all’affermazione del cinema narrativo di finzione = comparso negli ultimi anni dell’Ottocento.
George Méliès
George Méliès non ha brevettato macchine per l’evoluzione del cinema ma è stato un’artista e
grande uomo di spettacolo = prima registra cinematografico. I suoi film sono successivi rispetto a
quelli di Edison o dei fratelli Lumière, inizia nel 1896 – i più famosi realizzati all’inizio del Novecento.
Da giovane venne mandato a Londra per imparare l’inglese e qui iniziò a frequentare l’Egyptian Hall
= teatro londinese dedicato agli spettacoli di magia/illusionismo, qui si appassiona di queste due.
Nel 1888, il padre muore e Méliès, con l’eredità, acquista il teatro Robert-Houdin – teatro parigino
molto prestigioso [fondato da Jean Eugène Robert-Houdin – illusionista francese]. Méliès cominciò
ad esibirsi con i propri numeri di magia e nel 1895 assiste a una proiezione privata dei fratelli Lumière
e ne rimase colpito – decide di dedicarsi alla proiezione di film con lo scopo di proiettarli nel teatro
Robert-Houdin; chiede ai fratelli Lumière di comprare uno dei loro apparecchi ma questi due si
rifiutarono di venderglielo.
Méliès per procurarselo si rivolse a Robert William Paul – gli cedette una delle sue macchine. Nel
1896 Méliès costruisce a Montreuil il proprio studio cinematografico – una sorta di capannone in
vetro (tipo serra) per poter sfruttare la luce naturale. Nello stesso anno, fonda la propria casa di
produzione la “Star-Film” – resterà in vita per 15 anni, fino al 1913. Apre, nel 1903 una filiale della
Star-Film negli Stati Uniti – poiché alcuni suoi film famosi erano stati “piratati” e proiettati di
nascosto – vi mise a capo suo fratello, Gaston Méliès e, oltre alla distribuzione dei film, aprì un
proprio studio nel Texas e in California – realizzò un’ottantina di film (pressoché documentari in
luoghi esotici).
La produzione cinematografica di George Méliès inizia nel 1896 – i primi film sono girati secondo il
modello delle vedute Lumière e le copia un po’. Nel corso del tempo, inizia a specializzarsi in film di
soggetto fantastico/surreale/fiabesco girati interamente in studio davanti a fondali dipinti e
caratterizzati dall’uso di trucchi (= effetti speciali).
→ Da una parte i Lumière propongono un cinema della realtà con riprese dal vero ≠ Méliès sviluppa
un cinema dell’illusione, un’estensione della sua precedente attività di mago/illusionista.
Trucchi utilizzati da Méliès:
➢ Arresto e sostituzione – s’interrompe la ripresa, si toglie o sostituisce il personaggio filmato e
si riprende a girare, ottenendo apparizioni, sparizioni e trasformazioni.
➢ Doppia/multipla esposizione – si copre una porzione dell’immagine con un mascherino e si
effettua una prima ripresa, poi si copre con un contromascherino la parte precedentemente
impressionata e si effettua una seconda ripresa.
➢ Spostamento della macchina da presa in avanti o all’indietro per ingrandire o rimpicciolire il
soggetto.
➢ Dissolvenza incrociata – sovrapposizione fra la fine di una inquadratura e l’inizio della
successiva.
Alcuni film sono: Escamotage d’une dame chez Robert-Houdin (1896) – primo film in cui venne
applicato il trucco arresto e sostituzione. L’homme à la tête de caoutchouc (1901) – doppia
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esposizione e movimenti della camera per ingrandire/rimpicciolire. L’homme-orchestre (1900) –


trucco dell’esposizione multipla, Méliès compare sette volte.
Colorazione manuale della pellicola (non presente in tutti i suoi film), veniva colorata fotogramma
per fotogramma utilizzando minuscoli pennellini = per ottenere delle inquadrature policrone – sarà
frequente anche nei cinema successivi a Méliès. Era una tecnica molto lunga e che richiedeva
un’elevata precisione – essendo i film molto brevi, il tempo non era neanche necessariamente
lungo. Il colore, nei film di Méliès, aumentava l’aspetto fiabesco, fantastico e surrealistico.
Il film più famoso di Méliès è Le voyage dans la lune (1902) – è ispirato a due famosi romanzi proto-
fantascientifici = “Dalla Terra alla Luna” (1895) di Jules Verne e “I primi uomini sulla Luna” (1901) di
H.G. Wells. Venne considerato il primo film della storia cinematografica che tratta di temi
fantascientifici. Il film dura 14 minuti ed è composto da sedici inquadrature di lunghezza variabile –
vengono utilizzati l’arresto e la sostituzione, lo spostamento della macchina e l’uso frequente di
dissolvenze incrociate con un effetto di sovraimpressione fra la fine di un’inquadratura e l’inizio
dell’altra (per renderla più fluida).
Le “attualità ricostruite” (ricreazioni finzionali di eventi di cronaca) – altra produzione di Méliès
girata in studio con attori e che tratta di eventi nazionali o internazionali contemporanei all’epoca
[risalgono ai primi anni della sua attività e i più importanti si collocano agli inizi del Novecento].
“L’affaire Dreyfus” (1899) – composto di otto quadri e mostra le fasi della vicenda giudiziaria di
Dreyfus. “La sacre d’Edouard VII” (1902) – dedicato all’incoronazione di Edoardo VII re d’Inghilterra,
venne girata in anticipo per poi mostrarla lo stesso giorno in cui avvenne ufficialmente
l’incoronazione in Inghilterra [non voleva ingannare il pubblico ma offrire un equivalente
cinematografico di questo evento].
Fra il 1896 e il 1912 Méliès ha realizzato circa 520 film – più della metà è andata perduta. Il periodo
di massimo successo e di felicità creativa, risale all’inizio del Novecento – successivamente, durante
gli anni ’10 del Novecento, la fortuna inizia a declinare rapidamente = da una parte Méliès iniziò a
perdere la vena creativa e dall’altra il cinema ha iniziato ad evolversi, diventa più maturo e
complesso [i suoi film vennero superati dalle nuove produzioni]. Nel 1913 va in bancarotta e fu
costretto a chiudere la sua casa di produzione e qualsiasi tipo di attività inerente al cinema. Muore
negli anni ’30 e non tornerà più sui suoi passi. Verrà “salutato” come uno dei più importanti pionieri
del periodo del cinema delle origini.
Il cinema delle origini (1895-1910)
Con il termine “cinema delle origini / cinema primitivo” s’intende la produzione cinematografica del
periodo compreso fra il 1895 e l’inizio degli anni ’10 del XX secolo – periodo di 15 anni. In questo
periodo si verificano due cose molto importanti:
➢ Nascita del cinema narrativo di finzione – si afferma sul modello documentaristico proposto
dalla riprese dal vero dei Lumière, dominante fino alla fine del XX secolo.
➢ Nascita dei primi elementi di un linguaggio cinematografico (il montaggio, il primo piano, la
soggettiva, il flashback…) a partire dal “grado zero” rappresentato dai film di Edison e dei
Lumière.

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La Francia è uno dei paesi più dominanti per la produzione cinematografica – Lumière e Méliès.
Léon Gaumont fonda la casa di produzione “Gaumont” – realizza numerosi film e all’interno dello
studio vi è la presenza di Alice Guy-Blaché = prima donna registra.
Un’altra casa di produzione è la “Pathé Frères” fondata da Charles Pathé – diventerà una delle case
cinematografiche più importanti a livello mondiale (verrà fondata un’omonima filiale negli Stati
Uniti). All’interno dello studio vi lavorano numerosi registri, tra cui Ferdinand Zecca – film più
famoso è “Histoire d’un crime” (1901) → primo film in cui appaiono delle immagini flashback. Il
catalogo della Pathé Frères è caratterizzato dalla presenza di numerosissimi film classificati con
“Scènes à truc” e “Feéries” = “Scene con trucchi” e “Storie di tipo fiabesco con effetti speciali
realizzati sul palcoscenico”.
I film fantastici (ispirati a quelli di Méliès) sono caratterizzati dall’uso del colore – nel 1906, la Pathé
Frères, brevetta un proprio sistema di colorazione = Pathécolor – procedimento denominato pochoir
(francese) e stencil (inglese) nel quale il colore non viene steso mediante pennelli ma utilizzando
mascherini.
Importante per la produzione di questi film è stato Segundo de Chomón – uno dei primi, dopo
Méliès, grandi tecnici degli effetti speciali per la realizzazione delle Feéries – “Les tulipes” (1907) con
l’utilizzo dell’arresto e sostituzione, scene coreografiche (= anticipano l’estetica dei musical).
Accanto alla Francia, al secondo posto ci sono gli Stati Uniti – importante l’attività di Edison. Nella
prima metà del Novecento, i film di Edison presentano un’evoluzione del linguaggio cinematografico
grazie alla figura di Edwin S. Porter = uno dei più importanti registri dell’epoca. Accanto allo studio
di Edison si affermano altre società – la più importante è – American Mutoscope and Biograph
Company fondata nel 1895 da William Dickson [da qui si separa definitivamente da Edison].
Al terzo posto troviamo il Regno Unito – fiorisce la “Scuola di Brighton”. Fra i principali esponenti di
questa scuola troviamo Robert William Paul, George Albert Smith e John Williamson – i film
realizzati sono molto brevi e “poveri” rispetto a quelli francesi/americani ma sono tecnicamente e
stilisticamente “avanzati” = contribuiscono all’evoluzione del linguaggio cinematografico.
In Germania, Max ed Emil Skladanowsky inventano nel 1895 il BIOSCOP. In Italia si formano degli
operatori documentaristici che cominciano a lavorare e ripropongono il modello dei Lumière. Alcuni
nomi sono: Vittorio Calcina e Roberta Omegna ma tra i pionieri spicca il nome di Filoteo Alberini
che:
➢ Nel 1894 inventa un apparecchio per la ripresa e la proiezione.
➢ Nel 1899 apre a Firenze la prima sala cinema-tografica italiana.
➢ Nel 1904 fonda a Roma la “Manifattura cinematografica Alberini & Santoni” – nel 1906
diventerà “Cines” (= casa di produzione italiana più importante).
➢ Nel 1905 gira “La presa di Roma” – primo film italiano a soggetto.

Caratteristiche principali del cinema delle origini → breve durata e “autarchia” dell’inquadratura.
I film realizzati in questo periodo sono molto brevi – da meno di un minuto a un massimo di
quattordici/venti minuti → si catalogano come cortometraggi.
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Il passaggio dal cinema delle origini al cinema muto maturo coincide con l’avvento del
lungometraggio – apparve all’inizio degli anni ’10 e si afferma verso la metà del decennio durante la
Prima Guerra Mondiale. “The story of the Kelly Gang” (1906) – è il primo lungometraggio (durava
quasi un’ora), realizzato in Australia. “Quo vadis?” (1913) di Enrico Guazzoni dura due ore. “Cabiria”
(1914) di Giovanni Pastrone dura più di due e quaranta. “Nascita di una nazione” (1915) di David W.
Griffith dura più di tre ore.
Caratteristiche dell’inquadratura “autarchica”:
➢ La macchina da presa riprende un’azione compiuta dall’inizio alla fine in assoluta continuità,
senza tagli di montaggio.
➢ L’operatore riprende la scena da un unico punto in assoluta fissità, senza movimenti di
macchina.
➢ La macchina da presa riprende l’azione da una certa distanza, inquadrando i personaggi in
figura intera.
Il termine “autarchico” significa auto-sufficiente.
Uno dei principali problemi era quello di “allungare” la durata dei film, per farlo bisognava utilizzare
più inquadrature, superando l’inquadratura “unica” dei Lumière = bisogna inventare il montaggio
cinematografico.
Le due fasi dell’acquisizione del montaggio:
1. Prima viene utilizzato per legare l’una all’altra una serie di inquadrature autarchiche come
quelle delle vedute Lumière, in modo da aumentare la durata.
2. Poi si incomincia a usarlo all’interno di una singola scena, scomponendo la ripresa continua e
il punto di vista unico del cinema delle origini in una pluralità di inquadrature.
La scoperta del primo piano e del dettaglio è una tappa fondamentale dell’evoluzione del
montaggio. Il primo film in cui compare un primo piano molto ravvicinato è “La grande rapina al
treno” (1903) di Edwin S. Porter – è anche il primo film western della storia.
“Sick Kitten” (1903) di George A. Smith – film molto breve ed elementare eccetto per il primo piano
che è del tutto inerente e integrale al film.
Nelle vedute Lumière e nell’inquadratura autarchica del cinema delle origini, l’azione si svolge
interamente all’interno della stessa immagine. Successivamente si scopre che è possibile istituire
rapporti di contiguità spaziale fra le immagini, mostrando l’inizio di un’azione in una prima
inquadratura, il suo proseguimento in una seconda e la conclusione in una terza – accade così nei
“film a inseguimento”. “Stop Thief!” (1901) di John Williamson è composto da tre inquadrature ma
ancora non c’è la concezione del montaggio moderno.
Scoperta della soggettiva = inquadratura in cui la macchina da presa si indentifica con lo sguardo di
un personaggio = ci mostra l’azione attraverso i suoi occhi. “Grandma’s reading glass” (1900) di
George A. Smith – alterna inquadrature oggettive e soggettive, per fare quest’ultime viene utilizzato
un mascherino circolare che allude la forma della lente. “As seen through a telescope” (1900) di
George A. Smith – viene usato anche il primo piano. “Par le trou de la serrure” (1901) di Ferdinand
Zecca – inquadratura attraverso il buco di una serratura di tipo soggettivo.

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Storia del cinema

Per rendere comprensibile il contenuto dei film, inizialmente si utilizzava la figura del commentatore
(= persona che si trovava in sala e il suo compito era quello di descrivere/raccontare l’azione
narrativa).
Invenzione delle didascalie – nel corso del Novecento, si cominciano ad usarle per comprendere
meglio il film senza avvalersi della figura del commentatore. Tra i primi film che contengono le
didascalie troviamo “Ali Baba et les quarante voleurs” (1902) di Ferdinand Zecca e “La capanna dello
zio Tom” (1903) di Edwin S. Porter.
➢ I due film sono composti da una successione di quadri girati in continuità di ripresa. In entrambi
i casi gli intertitoli sono collocati fra un quadro e l’altro, e descrivono anticipatamente il
contenuto dell’episodio che segue, combinando la funzione dei titoli di capitolo in un romanzo
con quella delle didascalie esplicative che accompagnano le illustrazioni sulla carta stampata.
➢ Quando si incomincia a frammentare il quadro unico in una pluralità di inquadrature riprese
da posizioni e da distanze differenti, si inizia anche a inserire i cartelli all’interno di ogni singola
scena.
Il cinema muto italiano (1895-1918)
1895 – nascita del cinema / 1918 – anno con cui si conclude l’epoca d’oro del cinema muto italiano
(coincide con gli anni ’10).
Dopo la Prima guerra mondiale il cinema italiano attraversa una terribile crisi di tipo produttivo =
chiusura di case cinematografiche e riduzione di film prodotti di anno in anno.
Il cinema in Italia arriva per la prima volta con il kinetoscopio di Edison – 1895 a Torino – eclissato
dall’arrivo del cinematografo dei Lumière (presentato in Italia nel 1896).
Prime proiezioni del cinematografo Lumière in Italia:
➢ Roma – 13 marzo 1896
➢ Milano – 29 marzo 1896
➢ Torino – 7 novembre 1896
Vengono accolte con entusiasmo – dato importante poiché l’Italia è il secondo paese (dopo Belgio)
in cui viene presentato il cinematografo dei Lumière. In seguito all’apparizione del cinematografo,
emergono alcune figure di cine-operatori locali (= precedentemente erano dei fotografi) – operatori
di riprese dal vero – il primo e più importante è Vittorio Calcina (1847-1916). Nel 1896 diviene il
rappresentante italiano dei fratelli Lumière – riesce a ottenere l’autorizzazione a utilizzare le loro
apparecchiature. Gira una serie di vedute – le prime due risalgono al 1896 – “Sua Santità papa Leone
XIII” (1896) e “Sua Maestà il Re Umberto e Sua Maestà la Regina Margherita a passeggio per il parco
a Monza” (1896) [quest’ultima è composta da un’unica inquadratura]. Calcina divenne l’operatore
ufficiale della casa regnante e nel 1900 fu ammesso ai funerali del re Umberto I con l’autorizzazione
a riprenderli e fu l’unico a potervi accedere.
Accanto a Calcina, bisogna citare Giuseppe Filippi (1896-1956) – riuscì a contattare i Lumière ed
ottenne l’autorizzazione per utilizzare le loro apparecchiature. Utilizzando il cinematografo, girò
delle vedute – risale al 1896 e presentate nelle produzioni dei cinematografi – “Il bagno di Diana”

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Storia del cinema

(girato a Milano). Questi sono sì italiani ma realizzati con le apparecchiature dei Lumière – sia Calcina
che Filippi sono dunque operatori dei Lumière.
Filoteo Alberini (1865-1937) è il più importante pioniere del cinema italiano – figura fondamentale
per il passaggio dalla fase iniziale dalle riprese dal vero al cinema più articolato e complesso, di tipo
narrativo e di finzione.
➢ Nel 1895 brevetta il Kinetografo Alberini, un apparecchio per la ripresa cinematografica.
➢ Nel 1899 apre a Firenze il Reale Cinematografo Lumière, una delle prime sale
cinematografiche italiane.
➢ Nel 1904 fonda a Roma la Manifattura cinematografica Alberini & Santoni, nel 1906
cambierà nome in Cines e diventerà la più importante casa di produzione italiana.
➢ Nel 1905 gira “La presa di Roma”, considerato il primo film italiano a soggetto = film non
ripreso dal vero in modo documentaristico ma era un film realizzato in studio e con attori –
è un film storico.

“La presa di Roma” (1905) – il film ricostruisce la conquista di Roma e la sua annessione al Regno
d’Italia, in particolare l’episodio del 20 settembre 1870 = breccia di Porta Pia. È composto
originariamente di 7 quadri preceduti da didascalie esplicative e durava 10 minuti. Nella copia
lacunosa che si è conservata restano solo 4 quadri per una durata di 5 minuti – il film si chiudeva
con i padri del Risorgimento = Mazzini, Cavour, Garibaldi e Vittorio Emanuele II. Venne
rappresentato il 20 settembre del 1905 nei pressi di Porta Pia.
A partire dal 1905 – i centri principali della produzione cinematografica italiana sono 4 = Roma,
Torino, Milano e Napoli.

A Roma la casa di produzione più importante è la Cines (1906). A Torino c’è l’Ambrosio Film (1906
– in questa città nascono le maggiori case di produzione durante il cinema muto) – altra casa
torinese importante è l’Itala Film (1907). A Milano nasce la Milano Films – i precedenti risalgono ai
lavori di Luca Comerio. A Napoli c’è la Partenope Film (1909) fondata da Roberto Troncone – meno
importante rispetto alle altre ma comunque significativa e la Dora Film (1906) che venne fondata
da Elvira Notari (= attrice e produttrice del periodo del muto e una delle prime donne registe)
insieme al marito Nicola Notari. Gustavo Lombardo, uno dei maggiori distributori cinematografici e
nel 1919 passa alla produzione cinematografica fondando la Lombardo Film a Napoli.

Generi principali del cinema muto italiano:


FILM STORICO IN COSTUME – negli anni ’10 ne vennero prodotti tantissimi – spesso di epoca greco-
romana o biblico. Questi film erano rinomati in tutto il mondo ed esportanti in moltissimi paesi =
influenza sulle produzione estere. Erano film di grande impegno produttivo e di grande impatto
spettacolare = vaste scenografie, ricchi costumi e centinaia di comparse – questo si riflette anche
nella durata del film (= lungometraggio).

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Storia del cinema

“Gli ultimi giorni di Pompei” (1908) di Arturo Ambrosio e Luigi Maggi (Ambrosio film, 15 minuti).
“L’Odissea” (1911) di Francesco Bertolini, Giuseppe de Liguoro e Adolfo Padovan (Milano Films, 34
minuti). “La caduta di Troia” (1911) di Giovanni Pastrone, Luigi Romano Borgnetto (Itala Film, 33
minuti). “L’inferno” (1911) di Francesco Bertolini, Giuseppe de Liguoro e Adolfo Padovan (Milano
Films, 68 minuti). “Gli ultimi giorni di Pompei” (1913) di Eleuterio Rodolfi (Ambrosio Film, 88 minuti).
“Quo vadis?” (1913) di Enrico Guazzoni (Cines, 120 minuti). “Cabiria” (1914) di Giovanni Pastrone
(Itala Film, 168 minuti).
“Cabiria” è diretto dal piemontese Giovanni Pastrone (1882-1959) – uno dei fondatori della Itala
Film e successivamente è diventato uno dei più importanti e innovati registri del cinema muto
italiano. Il film si distingue dai precedenti elencati poiché è il film storico in costume con maggior
impegno produttivo. Mirava ad attirare nelle sale di produzione un pubblico borghese e acculturato
attraverso diverse collaborazioni = Gabriele d’Annunzio (= partecipò alla scrittura della scenografia
e scrisse il testo delle varie didascalie). Un’altra collaborazione fu quella del musicista Ildebrando
Pizzetti che compose una parte della musica di accompagnamento per il film. Il film si compone di 5
episodi ed è ambientato a Cartagine nel III secolo a.C. all’epoca della seconda guerra punica. La
sequenza più famosa è la sequenza che mostra il tempio di Moloch dove vengono eseguiti dei
sacrifici umani. È un film importante per l’evoluzione tecnica dei film – Pastrone è uno dei primi a
utilizzare la carrellata (= per ottenere dei movimenti della macchina da presa in avanti o indietro,
Méliès lo utilizzava pressoché come effetto speciale).
Molti film del periodo del muto erano a colori – bisogna distinguere il tipo di colori – i film delle
origini erano colorati a mano (fotogramma per fotogramma). Quando i film si allungano si utilizza
una soluzione più pratica = colorare con un unico colore delle porzioni piuttosto lunghe di pellicola.
Le tecniche utilizzate erano due = tintura (= immergere la pellicola in una bacinella piena del colore
sciolto), la seconda è il viraggio (= procedimento chimico, i sali d’argento diventano di un diverso
colore – scelte limitate = seppia e il blu). È possibile distinguere una colorazione mediante tintura e
viraggio anche a occhio nudo = nella tintura la colorazione era uniforme e senza eliminare i grigi e i
neri – il viraggio cambia i colori solo alle parti scure che diventano seppia o blu.
David Wark Griffith (1875-1948)
David Wark Griffith è stato uno dei più grandi registri americani degli anni ’10. Nasce da una famiglia
molto religiosa di fede metodista – il padre era considerato un eroe della Guerra di Secessione
Americana.
Griffith abbandonerà molto presto gli studi per appassionarsi, inizialmente, al teatro e nel 1809
tenta la strada del cinema → propone una sua sceneggiatura a Edwin Stanton Porter. Quest’ultimo
rifiuta ma gli offre una parte in un cortometraggio del 1908 – “Rescued from an Eagle’s Net”. Nello
stesso anno Griffith viene assunto dalla “Biograph” (rivale della casa cinematografica di Edison). Qui,
gli viene affidata la regia di un cortometraggio “The adventures of Dollie” (1908) – sarà il suo primo
film.
Tra il 1908 e il 1913 Griffith dirige per la Biograph circa 450 cortometraggi che rivestono una grande
importanza per l’evoluzione del linguaggio cinematografico. In passato, gli storici consideravano
Griffith il padre del linguaggio cinematografico e gli attribuivano l’invenzione delle tecniche
narrative più importanti – come il primo piano, il montaggio analitico, la dissolvenza o la soggettiva.

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Storia del cinema

In seguito, una maggiore conoscenza del cinema delle origini ha portato a ridimensionare almeno
in parte la sua importanza, mostrando che le stesse tecniche erano già state usate precedentemente
da altri registri.
MONTAGGIO ALTERNATO (crosscutting) – due azioni che si svolgono contemporaneamente in due
luoghi diversi, invece di essere messe in scena singolarmente, vengono segmentate e montate in
alternanza regolare secondo uno schema A-B-A-B-A-B-A-B… (le azioni possono essere anche più di
tre). È diventato un procedimento abituale, usato molto nel cinema classico e moderno – all’epoca
di Griffith era una novità. Le due azioni possono scorrere parallelamente senza mai incontrarsi
oppure possono convergere in un unico punto, come accade nello schema dell’inseguimento
(alternanza fra inseguitori e inseguiti) e in quello del last minute rescue (salvataggio all’ultimo
minuto) di Griffith, basato sull’alternanza fra personaggi in pericolo e “spedizione di soccorso”.
Uno dei primi film in cui Griffith utilizza il montaggio alternato è “The lonely Villa” (1909) – la prima
parte si svolge all’interno della villa e successivamente ci vengono mostrate le due situazioni con
questa tecnica. “Judith of Bethulia” (1914) – ultimo film diretto da Griffith per la Biograph, ispirato
ai film muti italiani di quello stesso periodo. Nel 1915 dirige il suo film più importante “Nascita di
una nazione/The birth of a nation” – uno dei grandi classici della storia del cinema e anche il primo
ad essere proiettato all’interno della Casa Bianca davanti al presidente americano. La sceneggiatura
del film è tratta dal romanzo “L’uomo del clan/The clansman” (1905) di Thomas Dixon Jr. – autore
dichiaratamente razzista. “Nascita di una nazione” si conclude con uno spettacolare last minute
rescue in montaggio alternato.
È un film “imbarazzante” poiché è caratterizzato da un’ideologia razzista ma a livello di tecnica e
linguaggio cinematografico è “straordinario”. Ebbe un enorme successo di pubblico ma divise
l’opinione pubblica – venne contestato aspramente dalle associazioni antirazziste e la sua proiezione
fu proibita in alcune città americane.
Dopo “Nascita di una nazione” – per “scusarsi” Griffith realizza “Intolerance” (1916), è composto da
quattro episodi ambientati in epoche diverse e incentrati sul tema dell’intolleranza politica e
religiosa. Tali episodi non sono presentati in successione ma montati in parallelo (= continuo
passaggio da un episodio all’altro). I quattro episodi sono:
1. La caduta di Babilonia (539 a.C.)
2. La passione di Cristo
3. La notte di San Bartolomeo (1572)
4. La madre e la legge (1914)
La parte più famosa è quella dedicata alla caduta di Babilonia – utilizzo di grandiose scenografie,
centinaia di comparse, costumi d’epoca… Le cose che colpiscono maggiormente sono le enormi
dimensioni della scenografia e l’uso della macchina da presa = movimenti molto più insistiti e grandi
riprese dall’alto (= la macchina da presa era montata su una gru). Questo film fu un enorme
insuccesso – Griffith si riprese con i film successivi.
Nell 1919 fondò – insieme ad altri tre personaggi di Hollywood – una casa di produzione
cinematografica indipendente “United Artists”. Gli altri tre personaggi furono: Mary Pickford,
Charlie Chaplin e Douglas Fairbanks. Lo scopo della “United Artists” era di rendersi totalmente

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Storia del cinema

indipendenti rispetto alle altre case cinematografiche e di poter realizzare i propri film in totale
libertà.
Nel 1919 Griffith dirige “Broken Blossoms” – racconta una storia completamente diversa rispetto
agli film, è un film “intimistico” (vicenda melodrammatica e con pochi personaggi). È ambientato a
Londra e racconta l’amicizia fra Lucy Burrows e Cheng Huan. Quando lei fugge di casa, lui si offre di
ospitarla ma il padre riesce a trovarla e la percuote fino alla morte. Cheng uccide il padre e poi si
suicida. Il personaggio femminile è interpretato da Lillian Gish. È uno dei capolavori girati da Griffith
ed è il film con cui conclude il suo decennio cinematografico (anni ’10).
Negli anni ’30 dirige il suo primo film sonoro “Abraham Lincoln” – sarà il suo penultimo film. Nel
1931 ne dirige un altro ma con scarso successo e decide di ritirarsi dal mondo del cinema.

Il genere comico
La commedia tipica del periodo del muto è chiamata “Slapstick Comedy” ed è incentrata sulle
trovate visive (gag) e sulle capacità mimico-gestuali dell’attore. Il termine “slap stick” deriva da uno
strumento a percussioni (= batacchio) – è composto da due asticelle di legno legate mediante una
cerniera e percosse l’una con l’altra produce un rumore secco. Veniva utilizzato nel teatro comico –
fin dall’epoca della commedia dell’arte – per sonorizzare le botte, gli schiaffi, i colpi…
La slapstick comedy raggiunge il suo massimo splendore in America fra la metà degli anni ’10 e
l’avvento del sonoro – ma deve essere considerata un’invenzione europea. Prima di esplodere negli
USA, nasce e si sviluppa in Francia e in Italia fra la seconda metà del primo decennio del ‘900 e l’inizio
degli anni ’10.
Il prototipo della slapstick comedy è rappresentato dal cortometraggio del 1895 “L’arroseur arrosé”
dei fratelli Lumière.
Il primo grande attore comico è il francese Max Linder (= Gabriel-Maximilien Leuvielle) – dal 1905
lavora come attore presso la casa cinematografica “Pathé”. Nel 1907 inizia a interpretare – per la
Pathé – una serie di cortometraggi comici nei quali interpreta il personaggio fisso di Max.
Uno dei tratti distintivi della slapstick comedy è il suo carattere seriale, o comunque la tendenza
dell’attore a interpretare un personaggio fisso, con caratteristiche che si ripetono in tutti i film in cui
compare. Altrettanto tipica è l’identificazione-confusione fra l’interprete e il personaggio che spesso
viene ufficialmente designato con lo stesso nome dell’attore (Max, Mabel, Charlie…). “Le chapeau
de Max” (1913).
All’inizio degli anni ’10 Max Linder diviene uno degli attori cinematografici più famosi del mondo;
dal 1910/1911 comincia a dirigere personalmente i propri film e nel 1919 dirige e interpreta il suo
primo lungometraggio. All’inizio degli anni ’20 si trasferisce negli USA e qui stringe una grande
amicizia con Charlie Chaplin. Negli Stati Uniti Linder realizza tre lungometraggi – sono considerati i
più “maturi” della sua carriera, in particolare “Seven year bad luck” (1921). Questi film non hanno
successo al botteghino – la sua carriera americana s’interrompe e ritorna in patria.

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Storia del cinema

Tra il 1923 e il 1924 realizza altri film – ormai la sua “stella” è tramontata e non riscuote più successo.
Nel 1925 muore prematuramente e tragicamente – viene trovato nel suo appartamento insieme
alla moglie.
Accanto a Max Linder, bisogna ricordare un altro attore comico francese – André Deed. Diviene
famoso in Francia interpretando (sempre per la Pathé) Boireau – alla fine del primo decennio, si
trasferisce in Italia dove firma un contratto con la “Itala Film di Torino” e inizia a interpretare
Cretinetti.
Ferdinand Guillaume, altro comico francese che ha lavorato prevalentemente in Italia. Inizia ad
avere successo alla “Cines” con il ruolo di Tontolini. Nel 1912, passa alla “Pasquali Film” con il ruolo
di Polidor.
Marcel Fabre, attore spagnolo che nel 1910 firma un contratto con la “Ambrosio Film”
interpretando Robinet.
Il fatto che molti attori francesi/spagnoli si trasferiscano in Italia per continuare la loro carriera
cinematografica dimostra come il nostro paese ebbe un ruolo fondamentale per il genere comico.
Negli Stati Uniti, la figura più importante per la nascita del cinema comico è Mack Sennett – attore,
registra, sceneggiatore e produttore – viene considerato il padre della slapstick comedy
statunitense. Nel 1908 esordisce nel cinema recitando all’interno dei primi cortometraggi girati da
Griffith per la Biograph – inizialmente vi lavora come attore e poi come registra; gli viene affidata la
direzione del settore comico dello studio. Nel 1912 si mette in proprio creando la “Keystone” –
fondamentale per l’evoluzione del genere comico americano. I cortometraggi della Keystone sono
caratterizzati da una comicità elementare, grossolana e violenta, che sfrutta il linguaggio del corpo
e il dinamismo dell’azione, con violente scazzottate, rovinose cadute e rocamboleschi inseguimenti.
I “Keystone Cops” – gruppo di famosi personaggi presenti nei cortometraggi della Keystone –
poliziotti maldestri e inetti che ne combinavano di tutti i colori. Ugualmente famose erano le
“Bathing Beauties” – ragazze in costume da bagni, presenti in cortometraggi comici, pubblicità dello
studio e nelle manifestazioni promozionali. Lo studio di Sennett è stato importante poiché al suo
interno si sono formati famosi attori degli anni ’10 – Roscoe “Fatty” Arbuckle (formato all’inizio nei
Keystone Cops e successivamente diventa titolare in alcuni cortometraggi), Mabel Normand (prima
attrice comica americana e registra).
Il personaggio più importante che si è formato all’interno della Keystone è Charles Spencer Chaplin
– nato a Londra da una famiglia di attori. Insieme al fratello Sydney, trascorrono un’infanzia molto
difficile. Nel 1906, Sydney Chaplin riesce a trovare lavoro presso la compagnia di Fred Karno (=
impresario teatrale comico) – Sydney in poco tempo diventa uno dei principali attori della
compagnia e riesce a raccomandare il fratello Charles che in poco tempo diventa uno degli attori
più brillanti all’interno della compagnia superando il fratello. Chaplin, nella compagnia di Karno,
interpretava delle pantomime = azioni comiche prive di dialogo, basate esclusivamente sulla
gestualità e sulla mimica (questo rendeva il suo stile di recitazione particolarmente adatto al cinema
muto). Nel 1913, Chaplin va negli USA con la sua compagnia – enorme successo – e riceve una
proposta di contratto da parte della Keystone di M. Sennett, decide così di accettare e restare negli
USA – passando così dal teatro al cinema.

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Storia del cinema

Chaplin rimase alla Keystone per tutto il 1914 e interpreta ben 36 cortometraggi, il primo è “Making
a living” (1914) girato da Henry Lehrman. Molto importante è “Mabel strange predicament” (1914)
girato da Mabel Normand – primo cortometraggio in cui Chaplin interpreta il personaggi “The
Tramp” (vagabondo). “Twenty minutes of love” (1914) – primo film diretto e interpretato dallo
stesso Chaplin – da qui, anche i successivi film verranno diretti da lui stesso.
Nel 1915 passa alla casa cinematografica “Essenay” interpretando 15 cortometraggi – “Il
vagabondo” (1915) è il primo film in cui viene delineato il personaggio del vagabondo (the tramp).
Nel 1916 Chaplin passa alla “Mutual” interpretando 12 film (= i più maturi interpretati da Chaplin).
“Charlot emigrante” (1917) è uno dei più famosi e qui Chaplin recita accanto a Edna Purviance (=
partner fissa di Chaplin nei suoi cortometraggi muti). In questi cortometraggi sono già presenti
argomenti di satira politica e sociale.
Nel 1918 Chaplin passa alla quarta casa di produzione cinematografica “First National” [l’attuale
Warner Bros] – dirige e interpreta solo 9 film.
Nel corso degli anni si assiste a un aumento progressivo della durata dei film – quelli prodotti dalla
Keystone nel 1914 sono composti da un’unica bobina (10 minuti circa), nei cortometraggi della
Essenay e della Mutual i rulli diventano 2 (20 minuti circa). Nel periodo First National, Chaplin dirige
e interpreta alcuni mediometraggi di 3 o 4 bobine (30-40 minuti) come “Vita da cani” (1918) o
“Charlot soldato” (1918) ed esordisce nel lungometraggio con “Il monello” (1921).
Questo fenomeno relativo all’allungamento della durata riflette l’evoluzione complessiva del
cinema comico muto, che si mantiene fedele alla forma breve del cortometraggio durante tutti gli
anni ’10 e arriva al lungometraggio soltanto all’inizio degli anni ’20 – con un notevole ritardo rispetto
agli altri generi.
“Charlot soldato” (1918) – una delle opere più famose perché Chaplin, con finalità di propaganda
politica, affronta il tema della Prima Guerra Mondiale (in modo satirico e comico). “Il monello”
(1921) – primo lungometraggio di Chaplin, caratterizzato dalla lunghezza di 6 bobine – dura circa
un’ora e dieci. Chaplin, in questo periodo, è la “star” cinematografica più famosa e popolare del
mondo.
Nel 1923 Chaplin passa all’ultima casa di produzione – “United Artists” per la quale dirige e
interpreta 8 lungometraggi. È una società indipendente fondata nel 1919 da Chaplin insieme a D.W.
Griffith, M. Pickford, D. Fairbanks. Il primo film è “La donna di Parigi” (1923) – è un eccezione poiché
è un film drammatico e nel quale Chaplin non è presente come attore, si occupa solo della
sceneggiatura e della regia.
Il primo film comico da lui interpretato – prodotto dalla United Artists – è “La febbre dell’oro”
(1925). È il film comico più “costoso” realizzato negli Stati Uniti fino a questo momento – nasce da
due spunti:
1. Dalla visione di una serie di fotografie scattate durante la corsa dell’oro del Klondike (1896-
1899) – in questa regione canadese vennero scoperti dei giacimenti d’oro.
2. Dalla spedizione Donner – spedizione di pionieri che tra il 1846 e il 1847 intrapresero un
viaggio per trasferirsi dalla costa orientale degli Stati Uniti alla California. Durante l’inverno,

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Storia del cinema

tentarono di attraversare la Sierra Nevada ma rimasero bloccati e molti pionieri morirono.


Per sopravvivere, alcuni si nutrirono della carne dei compagni morti.
Il film è ispirato a due avvenimenti per niente comici.
Chaplin non utilizzava una sceneggiatura scritta dettagliata, iniziava le riprese con in mente una serie
di gag e una vaga idea della trama. L’intreccio si delineava a poco a poco durante le riprese e ciò
allungava i tempi di lavorazione perché lo costringeva a rigirare molte scene. Chaplin, inoltre, sul set
era affetto da un “perfezionismo maniacale” e rigirava infinite volte la stessa sequenza finché non
otteneva il risultato desiderato. Le riprese de “La febbre dell’oro” sono state effettuate in parte in
studio a Hollywood con ricostruzioni scenografiche e neve artificiale, in parte in location sulla Sierra
Nevada negli stessi luoghi dove era rimasta bloccata la spedizione di Donner.
Ci sono due riferimenti precisi alla spedizione Donner (sono le scene comiche più esilaranti del film)
= Chaplin, in preda alla fame, cuoce e mangia uno dei suoi scarponi – il compagno di avventure, in
preda alla fame, vede Chaplin sotto forma di una grossa gallina (= realizzato al momento stesso della
produzione e non in post-produzione).
“Il circo” (1928) è l’ultimo film muto girato e interpretato da Chaplin.
Altre figure importanti della slapstick comedy americana – Buster Keaton, famoso per la sua
espressione impassibile. Inizia la sua carriera nel 1917 interpretando una serie di cortometraggi
comici in cui faceva da spalla a Roscoe Arbuckle. Successivamente si mette in proprio – tra la fine
degli anni ’10 e l’inizio degli anni ’20 – interpretando cortometraggi in cui è il protagonista assoluto.
All’inizio degli anni ’20, passa dal cortometraggio al lungometraggio – ne interpreta una dozzina. “La
palla n. 13” (1924), diretto e interpretato da Keaton – il protagonista è un proiezionista che durante
la produzione di un film si addormenta e immagina di entrare nello schermo.
Il terzo grande comico del cinema muto degli anni ’20 è Harold Lloyd. Inizia la sua carriera nel 1915
e diventa famoso interpretando una serie di cortometraggi comici – il suo personaggio fisso era
Lonesome Luke (= fortemente ispirato e imitativo del personaggio del vagabondo di Chaplin). La sua
fortuna inizia nel 1917 quando l’attore inizia ad assumere una personalità originale e non imitativa
– “The Boy” o “Glasses”. La fortuna di Lloyd è anche legata al produttore cinematografico Hal Roach
– dopo Sennett, è il più importante produttore di slapstick comedy. Verso il 1913/1914 Roach fonda
un proprio studio cinematografico e ha contribuito alla notorietà di alcuni attori comici = Stan Laurel
e Oliver Hardy (Stanlio e Ollio). Lloyd inizia a definire il proprio personaggio alla fine degli anni ’10 e
all’inizio degli anni ’20 inizia ad interpretare una serie di lungometraggi. Il più famoso di questi è
“Preferisco l’ascensore!” (1923) diretto da Fred C. Newmeyer e Sam Taylor.
Il cinema muto sovietico
Si sviluppa nella seconda metà degli anni ’20 e costituisce uno dei momenti fondamentali all’interno
della storia del cinema muto.
Il 16 maggio 1896 avviene la prima proiezione a San Pietroburgo del Cinematografo dei fratelli
Lumière. Negli anni successivi si sviluppa una produzione locale di tipo documentaristico – rispetto
agli paesi, la Russia arriva con grande ritardo all’affermazione del cinema narrativo di finzione. Il
primo film a soggetto è “Sten’ka Razin” (1908) di Vladimir Romaskov – dura solo 10 minuti.

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Storia del cinema

Successivamente, negli anni ’10 l’industria cinematografica russa comincia a svilupparsi – nel 1911
viene prodotto il primo lungometraggio “La difesa di Sebastopoli” di Vasilij Goncarov, è il film russo
del periodo zarista più importante.
Personaggi importanti del cinema muto russo degli anni ’10 – Jakov Protazanov (1881-1945) è il più
importante regista russo di questo periodo – dopo il 1917 emigra in Francia e negli anni ’20 ritorna
in Russia per dirigere nuovi film. Altro regista è Evgenij Bauer (1895-1917), dirige sia cortometraggi
che lungometraggi e nel 1917 si trasferisce in Crimea ma muore. Ivan Mozžuchin (1889-1939) è il
più importante e famoso attore del cinema muto russo zarista – dopo la Rivoluzione emigra in
Francia per continuare la sua carriera. Ladislas Starevich (1882-1965) ha diretto molti film con attori
in carne ed ossa, è ricordato come uno dei pionieri del cinema d’animazione e regista d’animazione
russo. Dal 1910 Starevich realizza dei cortometraggi con l’uso della stop-motion per animare dei
pupazzi.
Nel 1917 scoppia la Rivoluzione russa:
➢ Rivoluzione di febbraio – la monarchia viene abolita e sostituita da un governo democratico
dominato dalla sinistra moderata e guidato da Karenskij.
➢ Rivoluzione d’ottobre – prendono il potere i bolscevichi guidati da Lenin.
Il periodo successivo alla Rivoluzione viene diviso in due periodi importanti per l’evoluzione del
cinema:
1. Guerra civile (1918-1920) – alcune province dell’Impero approfittano della rivoluzione per
ottenere l’indipendenza e formare degli stati autonomi. Alcuni ex generali zaristi formano
degli eserciti controrivoluzionari che occupano una parte del territorio e tentano di
rovesciare il governo bolscevico, appoggiati dalle principali potenze europee (Francia e Gran
Bretagna), le quali però non partecipano direttamente al conflitto. Nel 1919 avviene la
nazionalizzazione dell’industria cinematografica e la fondazione a Mosca dell’Istituto statale
di cinematografia (VGIK).
2. Nuova politica economica (NEP, 1921-1929) – la grande industria, le banche e il commercio
con l’estero restano nelle mani dello stato. Vengono liberalizzati la compravendita dei
prodotti agricoli nelle campagne e l’artigianato, le piccole aziende e gli esercizi commerciali
nelle città. È durante questo periodo che fiorisce il cinema muto sovietico (1924-1929).
Negli anni ’10 le principali correnti artistiche d’avanguardia nate nell’Europa occidentale si erano
diffuse anche in Russia. In particolare, avevano preso piede il Cubismo e il Futurismo. Negli anni ’20
le acquisizioni tecnico-stilistiche e le concezioni estetiche delle avanguardie vengono poste al
servizio del nuovo stato sovietico. In ambito cinematografico questo fenomeno assume una tale
importanza che si parla comunemente di “cinema d’avanguardia sovietico”. Nella Russia dei primi
anni ’20 si assiste a una straordinaria fioritura delle arti. Nell’ambito del teatro nascono gruppi
d’avanguardia come il Proletkul’t di Mosca o la FEKS (Fabbrica dell’attore eccentrico). In ambito
letterario è attivo il poeta V. Majakovskij, che fonda il Fronte di sinistra delle arti (LEF). Nelle arti
visive la tendenza dominante è il Costruttivismo a cui aderiscono artisti come A. Rodcenko o E.
Lissitzky.
Il cinema sovietico di questo periodo risente di questo clima culturale e i principali registi sono
pressoché influenzati dalla tendenze artistiche d’avanguardia.
17
Storia del cinema

I principali registi del muto sovietico uniscono la prassi alla teoria; infatti, sono autori di saggi estetici
e teorici sul cinema. Alla base della teoria e della prassi di questi cineasti è il concetto di montaggio,
considerato il procedimento fondamentale del linguaggio cinematografico. Lev Kulešov è il primo
importante regista che opera nel periodo della NEP – inizia a insegnare nel 1919 all’Istituto statale
di cinematografia dove crea un laboratori sperimentale per studiare il funzionamento del
montaggio. “Effetto Kulešov” = trova una pellicola di un film con l’attore Mozžuchin, ritaglia il primo
piano e le monta con immagini di oggetti (Mozžuchin + bara con una bambina morta, Mozžuchin +
piatto di minestra, Mozžuchin + donna sul divano = espressione triste nella prima, affamata nella
seconda e desiderio sessuale nella terza).
Il film muto più importante di Kulešov è “Dura lex” (1926) – porta all’estreme conseguenze il
principio del montaggio analitico, attribuito a Griffith ma anticipato già da alcuni film all’inizio del
‘900, consiste nelle scomporre una scena in più inquadrature introducendo piano ravvicinati.
Vsevolod Pudovkin realizza nel 1926 il suo primo lungometraggio “La madre” – è il primo capitolo
di una trilogia (“La fine di San Pietroburgo” – 1927, “Il discendente di Gengis Kahn” – 1928).
Il più importante cineasta attivo nel periodo della NEP è Sergej M. Ėjzenštejn. Nel 1920 inizia a
lavorare per il teatro del Proletkul’t di Mosca, dapprima come scenografo. Nel 1923 esordisce nella
regia teatrale con una messa in scena della commedia “Anche il più saggio sbaglia” di A. Ostrovskij,
per la quale gira il cortometraggio “Il diario di Glumov”. Nel 1925 esordisce nel lungometraggio con
“Sciopero” interpretato da attori del Proletkul’t. “La corrazzata Potemkin” (1926) è il film muto più
famoso di Ėjzenštejn. “Ottobre” (1928) è un film storico che ricostruisce la Rivoluzione d’ottobre.
Montaggio intellettuale:
➢ L’accostamento attraverso il montaggio di due inquadrature che mostrano oggetti concreti
genera un concetto astratto.
➢ Ėjzenštejn utilizza figure retoriche analoghe a quelle del linguaggio poetico, prima fra tutte
la similitudine.
“Ottobre” è il film più sperimentale e complesso realizzato nel periodo del muto – il montaggio
intellettuale viene usato più frequentemente.
Dziga Vertov a differenza dei precedenti, è un grande documentarista. Inizia la sua carriera prima
degli altri cineasti – tra il 1918-1919 – realizzando un cine-giornale “Kino-Nedelya”. Dal 1922 al 1924
realizza una serie di cine-giornali intitolati “Kino-Pravda” – molto più originale sul piano formale. Nel
1924 realizza il suo primo documentario “Il cineocchio”. Nel 1926 dirige “La sesta parte del mondo”.
Nel 1929 realizza il suo capolavoro “L’uomo con la macchina da presa”. Vertov rifiuta il film narrativo
di finzione basato su una sceneggiatura scritta e sulla recitazione degli attori, a cui contrappone un
tipo di documentario fondato sull’osservazione minuziosa del mondo reale (la teoria del
“cineocchio”, enunciata nel 1922 nel manifesto Noi). Nei suoi film e nei suoi scritti teorici
l’operazione del montaggio assume un’importanza perfino maggiore a quella che viene a esso
attribuita dagli altri registi sovietici in quanto diviene l’unico mezzo a disposizione del regista per
organizzare il materiale girato.
“L’uomo con la macchina da presa” – capolavoro di Vertov – è al tempo stesso un documentario
sulla vita in Unione Sovietica negli anni della NEP e una riflessione metalinguistica sulla tecnica e sul

18
Storia del cinema

linguaggio del cinema. Infatti, nel corso del film vengono mostrati ripetutamente la cinepresa, il
tavolo da montaggio, lo schermo e l’operatore al lavoro.
La corazzata Potëmkin
La corazzata Potëmkin (1926), nonostante la sua grande notorietà, gode di una cattiva reputazione
in Italia per via di una battuta di Paolo Villaggio ne “Il secondo tragico Fantozzi” (1976): “la corazzata
Potëmkin è una cagata pazzesca”. Questa battuta in realtà era già presenta nel libro di Paolo
Villaggio del 1974.
In seguito alla battuta di P. Villaggio, il film è passato alla storia come il prototipo del film muto
“lungo, noioso e capace di addormentare anche gli spettatori più appassionati”. In realtà, il film è
molto breve (= un’ora e dieci) e soprattutto molto movimentato, con molte sequenze di azione e
soprattutto con una grande qualità dell’immagine e del montaggio – insomma, è tutt’altro che
“lungo e noioso”.
La satira di Paolo Villaggio non ha come obbiettivo il film in sé stesso, ma il mondo dei circoli del
cinema, molto diffusi in quegli anni, dove la proiezioni di classici della storia del cinema talora
noiosissimi erano seguiti da dibattiti ancora più tediosi.
In tale contesto la corazzata Potëmkin era particolarmente apprezzato perché univa alla qualità
artistica l’impegno politico-sociale, in conformità con l’ideologia di sinistra che animava solitamente
i cineclub, ed era quindi riproposto troppo spesso agli spettatori. Ciò spiega la battuta liberatoria di
Villaggio.
La corazzata Potëmkin racconta un episodio realmente accaduto nell’ambito della Rivoluzione
Russa del 1905 – è un film storico. Nel 1905 in Russia scoppiarono dei moti rivoluzionari che furono
suscitati dalla “domenica di sangue – 9 gennaio 1905” = a San Pietroburgo, una manifestazione
pacifica di operai e cittadini venne placata dall’esercito dello Zar che spararono sulla folla. Come
protesta, scoppiarono dei moti insurrezionali nelle principali città russe ai quali presero parte sia la
popolazione civile che parte dell’esercito zarista che si ribellò ai suoi superiori.
Questi moti erano spontanei e disorganizzati = vennero facilmente repressi dal governo zarista. Lo
Zar, per la prima volta, concesse la costituzione e si passò dalla monarchia assoluta a quella
costituzionale – nel 1905 nasce la Duma (Parlamento con scarsi poteri).
La corazzata Potëmkin venne commissionato dallo Stato per celebrare il ventesimo anniversario
della Rivoluzione Russa del 1905.
Secondo il progetto originale il film doveva essere un vasto affresco storico, intitolato “L’anno 1905”,
di cui l’ammutinamento del Potëmkin costituiva solo un episodio. Il regista iniziò le riprese a
Leningrado, ma il clima era troppo rigido e si trasferì in Crimea, dove sviluppò l’episodio del
Potëmkin trasformandolo in un lungometraggio di circa 75 minuti ed eliminando tutto il resto.
La sceneggiatura del film iniziale “L’anno 1905” venne scritta da Nina Agadžanova-Šutko – scrittrice,
regista e sceneggiatrice sovietica – risulta la sceneggiatrice anche nel film “La corazzata Potëmkin”
nonostante ci siano pochissime scene del film iniziale.

19
Storia del cinema

Il film è suddiviso in cinque atti:


1. Uomini e vermi
2. Dramma sul ponte
3. Il morto chiama
4. La scalinata di Odessa
5. Una contro tutte

Il film è ambientato sulla corazzata Potëmkin – nave da guerra della marina russa – ormeggiata al
largo del porto di Odessa (Mar Nero).
Primo atto – all’equipaggio della nave viene somministrato della carne avariata contenente vermi;
i marinari protestano e si rifiutano di mangiarla. Il comandante chiama il medico, il quale sostiene
che è del tutto commestibile. Il comandante ordina ai marinari di mangiarla minacciandoli di
fucilarli.
Secondo atto – la maggior parte dei marinari cede davanti alle minacce di morte, alcuni però
proseguono nella rivolta. Il comandante li porta sul ponte della nave per fucilarli – i soldati però si
rifiutano di sparare verso i loro compagni. Scoppia sul ponte della nave una vera e propria rivolta, i
marinari uccidono gli ufficiali della nave e ne prendono il controllo.
Terzo atto – durante la battaglia sul ponte, il capo della rivolta Grigorij Vakulenčuk viene ferito
gravemente e successivamente muore. I marinari caricano il cadavere su una scialuppa e lo portano
a terra e lo espongono in una tenda nel porto di Odessa.
[Il film di Ėjzenštejn è fedele alla storia, gli avvenimenti corrispondono circa a quelli reali – vi sono
alcune modifiche dovute a ragioni politiche e spettacolari. Non è vero che Grigorij Vakulenčuk era
il capo della rivolta ma uno degli insorti che morì – il vero capo della rivolta era Afanasij
Matušenko]
Quarto atto – contiene la sequenza più famosa del film. Mentre i cittadini di Odessa rendono
omaggio alla salma di Vakulenčuk, l’esercito zarista interviene e inizia a sparare sulla folla. La
sequenza avviene lungo una scalinata monumentale che si trova realmente a Odessa. Questo atto
si conclude con i marinari del Potëmkin che sparano con i cannoni contro le truppe zariste. [Nella
realtà, questa sparatoria non avvenne a Odessa]
Quinto atto – gli ufficiali della marina zarista, mandano contro la corazzata Potëmkin l’intera flotta
ormeggiata sul Mar Nero. I marinari del Potëmkin cercano di scappare prendendo il mare aperto.
Grande momento di suspence = i marinari del Potëmkin si avvicinano sempre di più alla flotta zarista.
I marinari zaristi solidarizzano con i marinari del Potëmkin e li lasciano liberi senza ucciderli.
Il film ha un “happy ending” – è anche un finale aperto poiché non sappiamo cosa succede ai
marinari del Potëmkin.
Le riprese furono effettuate in location con attori non professionisti (= cittadini di Odessa e studenti
del Proletkul’t). Grigorij Vakulenčuk è interpretato da Aleksandr Antonov, già presente in “Il diario
di Glumov” e in “Sciopero”. Il regista ottenne di poter usare per il film la corazzata Dodici Apostoli,
gemella del Potëmkin. È un film “corale” poiché i protagonisti non sono gli individui ma le masse (=
impronta marxista).
20
Storia del cinema

Eduard Tissé fu il direttore della fotografia del film – grande direttore dei film sovietici.
Ėjzenštejn nel film utilizza il “montaggio intellettuale” = tipo di montaggio nel quale l’accostamento
tra le inquadrature non ha una funzione narrativa ma ha una funzione simbolica (=
metafora/similitudine del linguaggio verbale).
Montaggio intellettuale = scena dei tre leoni – momento in cui dopo la repressione dell’esercito, i
marinari del Potëmkin sparano delle cannonate contro il quartier generale zarista.
Questa successione dei tre leoni, diversi tra loro, viene interpretata come l’idea della sollevazione
del popolo contro il potere zarista = prima è inerte, poi si desta e alla fine entra in azione / potrebbe
essere una semplice notazione ironica da parte del regista.
Altro frammento interessante è quello della bandiera rossa – venne issata sull’albero maestro della
corazzata Potëmkin. Il film venne distribuito in bianco e nero eccetto questa scena dove la bandiera
è rappresentata a colori.
La sequenza più famosa è quella della scalinata di Odessa – sequenza che per le qualità tecniche del
montaggio è passata alla storia come uno dei momenti fondamentali del cinema muto sovietico. È
una delle sequenze più famose del cinema in generale e spesso citata e omaggiata in film successivi.
Questa sequenza porta un’estrema perfezione alla tecnica del montaggio elaborata nel cinema
muto durante gli anni ’20 – dura circa 7 minuti ed è composta di 150 inquadrature circa. La sequenza
è stata girata su una grande scalinata monumentale che si trova a Odessa – ora si chiama “La
scalinata Potëmkin”.
Alternanza di campi lunghi e piani molto ravvicinati (primi piani, primissimi piani, dettagli). Frequenti
cambiamenti di angolazione (inquadrature “ad altezza d’uomo” alternate a inquadrature in plongée
o più raramente in contre-plongée). Alternanza fra inquadrature fisse e in movimento (panoramiche
o carrellate d’accompagnamento). Variazioni del ritmo del montaggio (alternanza fra momenti più
veloci con inquadrature molto brevi e passaggi più lenti con inquadrature più lunghe).
Ėjzenštejn all’interno delle sequenza utilizza tre tipi diversi di movimento:
➢ Movimenti interni all’inquadratura
➢ Movimenti della macchina da presa
➢ Movimento delle inquadrature (= montaggio)

La violenza è soltanto suggerita, non mostrata, infatti non vediamo quasi mai il momento in cui un
manifestante è colpito da un proiettile o da un colpo di sciabola: ci vengono mostrati solo l’attimo
precedente e quello immediatamente successivo. Tecnica usata da Ėjzenštejn anche in altri film.
➢ Il 21 dicembre 1925 “La corazzata Potëmkin” viene proiettato in anteprima al teatro Bol’šoj
di Mosca. Il 18 gennaio 1926 viene distribuito nelle sale dell’Unione Sovietica.
➢ Il 29 aprile 1926 viene presentato a Berlino con un accompagnamento musicale composto
dal musicista tedesco Edmund Meisel.
➢ A causa del suo messaggio rivoluzionario, antimilitarista e antiautoritario, il film viene
proibito in alcuni paesi (Italia, Francia, Gran Bretagna), mentre in altri (Stati Uniti) è
distribuito in versioni fortemente tagliate.

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Storia del cinema

Josef Goebbels – era un grande conoscitore del cinema che non apprezzò il film “La corazzata
Potëmkin” dal punto di vista ideologico e politico ma lo apprezzò per le sue qualità formali e per la
sua efficacia come film di propaganda. Goebbels disse: “La corazzata Potëmkin” è un film
meraviglioso senza eguali nel cinema. La ragione è la sua forza di convinzione. Chi non abbia una
fede politica salda, dopo aver visto il film, potrebbe diventare un bolscevico”.
Il cinema muto tedesco
Nel periodo delle origini (1895-1909) la Germania non offre un contributo particolarmente
significativo all’evoluzione del cinema. La produzione tedesca comincia a svilupparsi soltanto dopo
l’inizio degli anni ’10. Il primo fenomeno che si verifica all’interno del cinema muto tedesco è
“Autorenfilm” (= film d’autore) – non si riferiva al regista del film ma al fatto che la sceneggiatura
era stata scritta da un autore prestigiosa o era stata tratta da un testo letterario di una certa
importanza. Si tenta di nobilitare il cinema, rendendolo più adatto a un pubblico borghese
attraverso il riferimento alla cultura “alta”, fenomeno che si verifica contemporaneamente anche
negli altri paesi.
In Francia, alla fine del primo decennio del Novecento, viene creata una casa di produzione – Le Film
D’Art – specializzata in film tratti da opere letterarie prestigiose (romanzi o testi teatrali) e
interpretati da attori teatrali prestigiosi. Il primo film di questa casa di produzione è “L’assassinat
du Duc de Guise” (1908). In Italia, sulla base di questo modello, venne realizzato “Lucrezia Borgia”
(1909).
Il film più famoso appartenente all’Autorenfilm tedesco è “Lo studente di Praga” (1913) di S. Rye e
interpretato da Paul Wegener (= Balduin, studente povero, vende per una grossa somma a un
misterioso personaggio la propria immagine riflessa. Il suo doppio comincia a perseguitarlo finché,
incontratolo a casa, Balduin gli spara, ma ferisce a morte sé stesso).
L’epoca d’oro del cinema muto tedesco coincide con la Repubblica di Weimar (1918-1933) = regime
democratico-parlamentare in vigore in Germania fra la fine della Prima Guerra Mondiale e l’avvento
del nazismo. Prende il nome dalla città tedesca dove si tenne l’Assemblea nazionale che elaborò la
nuova costituzione repubblicana dopo l’abdicazione del kaiser Guglielmo II e la fine della monarchia.
La fioritura del cinema durante la Repubblica di Weimar dipende da tre fattori:
1. Fondazione dell’UFA – il 18 dicembre 1917, viene fondata a Berlino la Universum Film AG
(UFA), una grande casa di produzione nata dalla fusione di diverse società private e sostenuta
dalla Stato attraverso la Deutsche Bank. Il principale artefice dell’iniziativa è il generale Erich
Ludendorff, capo di stato maggiore dell’esercito tedesco, che aspira a unificare l’industria
cinematografica tedesca ponendola sotto il controllo statale. Gli studi dell’UFA erano a
Babelsberg.
2. Divieto di importazione dei film stranieri – nel 1916, viene emesso un decreto governativo
che vieta quasi totalmente l’importazione dei film stranieri. Il divieto rimane in vigore fino al
31 dicembre 1920, consentendo all’industria cinematografica tedesca di operare in
condizioni di minima concorrenza.
3. Iperinflazione – nel periodo 1921-1923 si verifica in Germania una gravissima iperinflazione,
consistente in un aumento vertiginoso dei prezzi e in una conseguente diminuzione,

22
Storia del cinema

altrettanto vertiginosa, del valore del denaro (un dollaro vale 4.210.500.000.000 marchi
tedeschi e lo Stato è costretto a stampare banconote da centomila miliardi di marchi).
Dato l’elevato tasso di inflazione, non aveva senso risparmiare il denaro guadagnato, così i salariato
preferivano spenderlo finché valeva ancora e i film erano tra i prodotti più accessibili.
L’iperinflazione scoraggiava l’importazione ma incoraggiava l’esportazione. Infatti, gli esportatori
tedeschi potevano vendere i propri prodotti a prezzi particolarmente competitivi e anche le case
cinematografiche approfittarono di questa situazione.
Questi tre fattori favorirono l’industria cinematografica tedesca che divenne una delle più potenti
d’Europa.
Generi/filoni del cinema tedesco di questo periodo:
➢ Film storico-spettacolare – si afferma alla fine degli anni ’10 sulla base di quelli italiani.
“Madame Dubarry” (1919) di E. Lubitsch – uno dei registi più importanti del cinema muto
tedesco che si traferirà negli USA (= commedia classica americana). Il film racconta la vita di
Marie-Jeanne Bécu, nota come Madame du Barry, potente favorita di Luigi XV che finì sulla
ghigliottina durante il periodo del Terrore.
➢ Film fantastico – il film “Lo studente di Praga” che anticipa questo filone, il genere horror è
nato grazie al cinema muto tedesco. “Nosferatu” (1922) di Friedrich W. Murnau – alla fine
degli anni ’20 si trasferirà negli USA. “Nosferatu” è il primo adattamento cinematografico
(non autorizzato) del romanzo Dracula (1897) di Bram Stoker – il film venne ritirato dal
commercio per fortunatamente alcune copie rimasero.
➢ Cinema espressionista – in passato gli storici del cinema hanno esagerato l’importanza della
tendenza espressionista fino al punto di identificarla con il cinema muto tedesco. In realtà
solo un numero ridotto di film prodotti in Germania negli anni ’20 appartiene
all’espressionismo in senso stretto, anche se la sua estetica ha influenzato indirettamente le
opere di molti registi del periodo.
L’espressionismo si afferma in Germania verso la metà del primo decennio del Novecento, corrente
pittorica che successivamente si diffonde anche nell’architettura, letteratura, teatro e cinema.
Pittura espressionista (stilizzazione e deformazione dei corpi, uso di linee dure e spezzate, assenza
di prospettiva e uso di colori violenti e innaturali). Il primo gruppo di artisti espressionisti è Die
Brücke (Dresda, 1905) – il principale esponente del gruppo era il pittore Ernst Ludwig Kirchner.
Il film tedesco “Il gabinetto del Dottor Caligari” (1920) di R. Wiene – viene considerato l’esempio e
il simbolo del cinema espressionista tedesco (trama = il dottor Caligari si esibisce nelle fiere di paese
insieme a Cesare, sonnambulo in grado di predire il futuro. In realtà Caligari è un pericoloso
criminale che si serve dell’ipnosi per guidare le azioni di Cesare, l’inconsapevole esecutore dei suoi
delitti). Si collega all’espressionismo per via delle scenografie/architetture/trucco degli attori e non
per la trama.
Film realistico di ambientazione contemporanea
All’interno di questo filone bisogna includere il Kammerspielfilm = cinema/teatro da camera –
venne coniato intorno al 1906 dal regista teatrale Max Reinhardt per indicare un dramma intimistico
con pochi personaggi messo in scena in una sala di piccole dimensioni.

23
Storia del cinema

Il film più importante di questo filone è “L’ultima risata” (1924) di Friedrich W. Murnau – la
sceneggiatura è stata scritta da Carl Mayer (= figura più importante del cinema muto tedesco). Carl
Mayer era un gran sostenitore del Titellose Film (= film senza didascalie) poiché riteneva che il film
muto dovesse esprimere tutti i suoi significati solo attraverso le immagini. Il protagonista del film è
un vecchio portiere di un albergo di lusso a Berlino viene declassato a inserviente della toilette e
perde il diritto di indossare la livrea gallonata che gli dava prestigio e potere. In questa sequenza,
sia gli interni che gli esterni sono ricostruiti in studio – il cinema tedesco degli anni ’20 aveva
raggiunto un alto grado di complessità e perfezione nella costruzione delle scenografie.
Un secondo gruppo di film realistici di ambientazione contemporanea è quello rappresentato dalle
opere che si ispirano alla tendenza artistica della Neue Sachlichkei (= nuova oggettività). È una
tendenza artistica di impostazione realista che si diffonde in Germania all’inizio degli anni ’20 in
reazione all’espressionismo. Il film più famoso appartenente a questa tendenza non è un film di
finzione ma un documentario “Berlino – sinfonia di una grande città” (1927) di Walter Ruttmann (=
prevalentemente regista di documentari). Il film è un documentario privo di un intreccio narrativo
che descrive in ordine cronologico le attività lavorative e gli svaghi dei berlinesi dalla mattina alla
sera. Al centro del film l’estetica della metropoli moderna, della civiltà industriale e della macchina.
È suddiviso in cinque atti – il primo comincia con un treno che entra nella città di Berlino e
successivamente avviene il “risveglio” della città. La musica, che segue il ritmo delle immagine è
scritta da Edmund Meisel.
George Wilhelm Pabst è uno dei registi più importanti della tendenza della nuova oggettività – ha
diretto diversi film importanti, sia nel periodo del muto che del sonoro, il più famoso è “Lulu o Il
vaso di Pandora” (1929). Il film è tratto da due famosi drammi di Frank Wedekind “Lo spirito della
terra” (1896) e “Il vaso di Pandora” (1904). Lulu è una femme fatale che fa innamorare di sé tutti gli
uomini e li conduce involontariamente alla rovina, provocando omicidi e suicidi. Alla fine, ridotta in
miseria, è costretta a prostituirsi e viene uccisa da un maniaco sessuale. Il film è famoso anche per
la presenza dell’attrice Louise Brooks che interpreta la protagonista.
Fritz Lang (1890-1976) – regista più importante attivo in Germania in quel periodo e il suo cinema
non appartiene a nessuno dei tre filoni (storico-spettacolare, fantastico, realistico di ambientazione
contemporanea). Nasce a Vienna da una famiglia appartenente alla media-borghesia, si iscrive alla
facoltà di Architettura e successivamente si dedica alla pittura – vive a Parigi e con la Prima Guerra
Mondiale viene chiamato alle armi (austro-ungarico). Durante una licenza scrive la sua prima
sceneggiatura cinematografica – si dedica al cinema e per farlo si trasferisce a Berlino. Inizia a
lavorare prima come sceneggiatore e poi come regista – il primo film è del 1919 “Mezzosangue” che
è andato perduto. Dopo questo, dirige altri film – il momento di svolta della sua vita coincide con
l’incontro con Thea Von Harbou = scrittrice e sceneggiatrice che diventerà la sua principale
collaboratrice. Il primo film importante di Lang è “Destino” (1921) – film più vicino all’estetica
dell’espressionismo sia nell’uso delle scenografie che nell’uso del soggetto del film che è di tipo
fantastico. “Il dottor Mabuse” (1922) – fondamentale per la sua carriera, film monumentale che
dura più di quattro ore – diviso in due parti. È caratterizzato da una sceneggiatura basata su una
commissione fra film avventuroso-poliziesco, film gangsteristico e horror parapsicologico.
Lang dirige un altro film monumentale che supera le quattro ore di proiezione – “I Nibelunghi”
(1924), la sceneggiatura è stata scritta da Thea Von Harbou ed è tratta da un poema epico-

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Storia del cinema

cavalleresco-medievale tedesco “La canzone dei Nibelunghi” che costituisce la fonte della
sceneggiatura. Si tratta di un film storico-spettacolare in costume anche se la narrazione è basata
su vicende leggendarie.
Il film più importante e famoso diretto da Lang è “Metropolis” (1927) – è tratto dall’omonimo
romanzo di Thea Von Harbou del 1925, appartenente al filone della fantascienza distopica. Il film è
ambientato in una metropoli del futuro in cui il divario fra le classi sociali si è accentuato fino al
punto che i figli dei ricchi abitano la parte alta della città dediti all’ozio e ai piaceri, mentre gli operai
vivono e lavorano come schiavi nel sottosuolo. All’interno di questo scenario distopico la
sceneggiatura introduce il tema della fabbricazione di una creatura artificiale, che costituisce un
archetipo della narrativa fantascientifica dal Frankenstein (1816) di Mary Shelley o, prima ancora,
dal racconto di E.T.A. Hoffman “L’uomo della sabbia” (1815). Infatti, lo scienziato Rotwang crea un
robot di sesso femminile e lo rende del tutto simile a un essere umano.
Prodotto da Erich Pommer, “Metropolis” fu il film più costoso realizzato dall’UFA fino a quel
momento. Sul piano degli incassi si rivelò un insuccesso commerciale e portò lo studio sull’orlo del
fallimento. Erich Pommer, dopo la realizzazione del film, non credette fosse opportuno rinnovare il
contratto con lo studio.
“Metropolis” ha avuto una vicenda distributiva molto complicata e fin dal 1927 ne sono circolate
diverse versioni di lunghezza diversa – la versione originale del 1927 durava 153 minuti mentre
quella completa del 2010 dura 148 minuti. Enno Patalas è colui che si è maggiormente sforzato a
ricostruire Metropolis.
Le scenografie del film sono state realizzate con modellini di diverse misure – dai più grandi ai più
piccoli. Si tratta di un film innovativo e tecnologicamente avanzato oltre che costoso a livello
economico per la sua produzione.
Un altro centro di interesse del film è il personaggio del robot – interpretato da Brigitte Helm.
Riferimenti artistici e cinematografici presenti in Metropolis – è caratterizzato da una mescolanza
di stili e accostati all’interno della stessa inquadratura o sequenza:
1. Modernismo – estetica della macchina e della civiltà industriale, presente in “Berlino –
sinfonia di una grande città”, nel cinema muto sovietico e in molti altri film d’avanguardia
realizzati negli anni ’20.
2. Espressionismo – per le forme delle abitazioni/interni che si vedono all’interno del film.
3. Art déco – riguardante l’architettura e l’abbigliamento dei costumi. È una tendenza artistica
diffusa in Europa e negli Stati Uniti nel corso degli anni ’20 nell’ambito delle arti decorative,
della grafica, dell’architettura, della moda e dell’arredamento.
4. Surrealismo – con riferimenti alla poetica e pittura del surrealismo, inquadrature particolari.
5. Gotico – riferimenti all’arte gotica in contrapposizione con lo stile modernista delle vicende
rappresentate.
6. Film storico-mitologico – film italiano degli anni ’10, viene citato l’ingresso del tempio di
Moloch del film italiano “Cabiria”.
Metropolis è uno dei film più famosi del periodo del muto e la sua influenza si può notare sia sul
cinema che sulla cultura popolare; “Blade Runner” (1982) di Ridley Scott è un chiaro esempio di

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Storia del cinema

questa influenza. Riedizione di Metropolis del 1984 – colonna sonora rock di Giorgio Moroder con
canzoni di cantanti famosi.
Fritz Lang dopo “Metropolis” dirige altri quattro film in Germania – due muti e due sonori. Nel 1933,
con l’ascesa del nazismo, Hitler lo convoca e gli propone un ruolo importante per il mondo del
cinema ma questo rifiuta per via delle sue idee politiche (Lang era antinazista). Si trasferisce prima
in Francia e poi negli Stati Uniti. La sua carriera si divide in due fasi – periodo tedesco (1919 – inizio
anni ’30) e il periodo americano (fino agli anni ’50).
L’avvento del sonoro
È un fenomeno/evento di importanza capitale nella storia del cinema, un’innovazione tecnologica
che divide la storia del cinema in due parti = periodo del muto e periodo del sonoro. C’è un’altra
differenza fra l’avvento del sonoro e il passaggio dal bianco e nero al colore = nel caso del colore
l’introduzione del colore fotografico ha potenziato la fedeltà riproduttiva dell’immagine. Al
contrario, l’avvento del sonoro ha introdotto un nuovo canale sensoriale nel cinema (visivo e
sonoro/uditivo).
Le proiezioni dell’epoca del muto non erano del tutto mute poiché prevedevano un
accompagnamento sonoro di vario genere – il concetto di cinema muto è un’astrazione che non
corrisponde alla realtà.
Nel cinema muto – durante le proiezioni – potevano essere presenti tutte e tre queste componenti
= parole (presenza di un commentatore o di attori che recitavano il testo delle didascalie), rumori
(ricorso a effetti sonori realizzati da rumoristi) e musiche (accompagnamento musicale dal vivo).
Non abbiamo nessuna testimonianza riguardo alla presenza di un accompagnamento musicale
durante la prima proiezione del cinematografo Lumière del 1895 – nel 1896 il Programma di sala di
una proiezione al Grand Café dei Lumière citava la presenza di un accompagnamento musicale =
pianista Emile Maraval.
L’accompagnamento musicale poteva essere eseguito da un pianista nelle sale medio-piccole, da un
organista nei cinema di maggiori dimensioni o da un’orchestra sinfonica nei grandi teatri delle città
più importanti.
Il musicista o il direttore d’orchestra poteva:

➢ Improvvisare l’accompagnamento musicale durante la proiezione.


➢ Servirsi dei cue sheets, fogli di indicazioni musicali forniti dai produttori insieme alle pellicole
a partire dal 1909 – erano dei consigli da parte della casa di produzione di quale brano
utilizzare in base a determinate scene.
➢ Utilizzare le “selezioni musicali”, ovvero delle raccolte di brani d’atmosfera che potevano
adattarsi a diversi film.
➢ Eseguire la partitura “ufficiale” composta appositamente per il film, che però non sempre
esisteva.

Fra i repertori di suggerimenti musicale vi è la Kinothek (Germania, 1919-1929) di Giuseppe Becce


= brani di atmosfera che potevano adattarsi a diverse scene. Giuseppe Becce era un
musicista/compositore italiano che visse in Germania e compose numerose partiture originale per

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Storia del cinema

film tedeschi degli anni ’20. Il primo caso di una collaborazione fra un musicista importante e un
cinema avviene in Francia nel 1909 – Camille Saint-Saëns compose le musiche per il film “L’assassinio
del Duca di Guisa” (1909) di André Calmettes e Charles Le Bargy. Edmund Meisel compose per “La
corazzata Potëmkin” e scrisse anche le musiche per “Berlino – sinfonia di una grande città”.

Il cinema muto non è mai esistito, è sempre stato sonoro per via degli accompagnamenti musicali =
la musica era presente ma era eseguita dal vivo e poteva essere diversa da una proiezione all’altra.
Era instabile il rapporto tra l’accompagnamento musicale e la proiezione del film.

La musica così come gli elementi sonori non faceva parte in senso stretto del film! Il grande apporto
dell’avvento del sonoro = la colonna sonora fa parte della pellicola.

L’introduzione del sonoro – l’avvento del sonoro si verifica alla fine degli anni ’20 del Novecento (=
1927). L’introduzione del suono nel cinema nasce a partire da una serie di esperimenti che sono più
antichi e risalgono agli anni della nascita del cinema = questi esperimenti si muovono in due diverse
direzioni:

1. SISTEMA FONOGRAFICO (sound-on-disc) – musica registrata su disco e diffusa nella sala


attraverso un fonografo sincronizzato con il proiettore. I primi inventori che tentarono di
sincronizzare le immagini con la musica/suoni registrati furono Edison e Dickson che inventò il
Kinetofono/Fonokinetoscopio (1894-1895). Il fonografo di Edison (1878) utilizzava dei cilindri
di cera – girarono un piccolo film “Dickson Experimental Sound Film” (1895). Questo sistema
venne sfruttato commercialmente e arrivò in Francia – la casa di produzione Gaumont brevettò
il Chronophone Gaumont (1902). L’apparecchio era nascosto dietro lo schermo. Tra il 1912 e
1917 la Gaumont produce alcune centinaia di phonoscènes, brevi cortometraggi sonori
contenenti canzoni, arie d’opera o d’operetta e, più raramente, scene parlate (monologhi o
dialoghi comici). La prima regista fu Alice Guy e lavorò per la Gaumont; prima veniva registrata
la parte sonora e poi trasmessa sul set – gli attori fingevano di cantare muovendo le labbra.
Nel primo decennio del Novecento vengono messi in commercio sistemi analoghi, come lo
statunitense Cameraphone (1907) e il britannico Cinephone (1909). Negli anni ’10 questi
esperimenti, che sembrano preludere alla nascita del cinema sonoro, vengono abbandonati
totalmente.
2. SISTEMA FOTOGRAFICO (sound-on-film) – la colonna sonora viene impressionata
direttamente sulla pellicola sotto forma di una traccia grafica detta pista ottica e riconvertita
in suoni da una cellula fotoelettrica posta all’interno del proiettore. È una tecnica più
complessa dal punto di vista tecnologico ma più soddisfacente = il suono è collocato sulla stessa
pellicola dove sono presenti le immagini = il sincronismo è stabile e perfetto. Eugène Lauste
(1904) – ricercatore francese che fece i primi esperimenti con questo sistema. Lee De Forest –
pioniere del suono ottico che nel 1922 realizzò dei cortometraggi sonori per la De Forest
Phonfilm Company.

Il passaggio dal muto al sonoro avviene alla fine degli anni ’20.

Warner Bros fu la prima casa di produzione a realizzare film sonori, per farli utilizzò il Sistema
Vitaphone (1926) di sincronizzazione – non è un sistema che utilizza la tecnica più avanzata del
suono su pellicola (sound-on-film) ma un perfezionamento del suono inciso su disco (sound-on-
disc). Il 5 agosto 1926 – venne presentato per la prima volta il Sistema Vitaphone davanti a un
pubblico pagante presso il Warner Theatre di New York. Questa proiezione sonora può essere presa
come la prima proiezione sonora del cinema – anche se tecnicamente non è vero. Il 6 ottobre del
27
Storia del cinema

1927 ci fu la proiezione del “Il cantante di Jazz” – insieme all’altra è una delle prime proiezioni di
film sonoro.

5 AGOSTO 1926 – il programma della proiezione si divideva in due parti – la seconda parte era
dedicata alla proiezione di un lungometraggio “Don Juan” di A. Crosland (= era un film muto con le
classiche didascalie che venne proiettato con un accompagnamento sonoro – orchestra ed effetti
sonori – inciso sul disco). La prima parte dello spettacolo era composta da un programma di otto
cortometraggi della durata di 5/6 minuti ciascuno – in questo caso il suono era registrato
simultaneamente all’esecuzione musicale = il cantante cantava davanti all’apparecchio e il suono
era registrato e il pubblico poteva verificare il sincronismo perfetto fra il movimento della bocca del
cantante/mani del pianista.

➢ Will H. Hays – discorso introduttivo


➢ New York Philharmonic – Ouverture del Tannhäuser
➢ Mischa Elman – Humoresque e Gavotte
➢ Roy Smeck – His Pastimes
➢ Marion Talley – Caro nome dal Rigoletto
➢ Efrem Zimbalist, Harold Bauer – Tema e variazioni dalla Kreutzer Sonata
➢ Giovanni Martinelli – Vesti la giubba
➢ Anna Case con The Casinos e il Metropolitan Opera Chorus – La fiesta

Will H. Hays, presidente dell’associazione dei produttori cinematografici americani – si rivolgeva al


pubblico descrivendo la nuova invenzione e l’importanza/potenzialità del cinema sonoro.

Il lungometraggio “Don Juan” non suscitò un grande interesse poiché il pubblico era già abituato
all’accompagnamento musicale eseguito in sala (= qualità migliore rispetto a quello registrato su
disco). Suscitò grande interesse la prima parte della serata – ottimo sincronismo tra suono e
immagini.

Dopo questo primo spettacolo, la Warner ne promosse altri simili a questo che prevedevano un
programma misto – lungometraggio sonorizzato e una serie di cortometraggi musicali con
esecuzione di cantanti/strumentisti.

Durante la serata del 6 OTTOBRE 1927 non erano presenti i cortometraggi di apertura ma l’intera
proiezione era occupata da un lungometraggio “Il cantante di Jazz” di A. Crosland. Questo film era
interpretato da Al Jolson – importantissimo cantante americano di origine ebraica e star della musica
leggera degli Stati Uniti di quell’epoca. Il film racconta la vicenda di Jackie Rabinowitz, un giovane
ebreo newyorchese figlio di un cantore di inni sacri, si rifiuta di seguire le orme del padre e diviene
una star della musica leggera. Questo film è particolarmente interessante perché alterna sequenze
mute con musiche di accompagnamento e didascalie che riportano i dialoghi a sequenze sonore che
mostrano i numeri musicali eseguiti dal protagonista – il dialogo è quasi assente.

Si tratta di uno dei primi “musical” della storia del cinema. Cosa aveva di nuovo? “Don Juan” era
stato registrato interamente muto e postsincronizzato con una colonna sonora incisa su disco – “Il
cantante di Jazz” passa da parti mute postsincronizzate a parti registrate in presa diretta = le canzoni
eseguite dal cantante. Il successo di quest’ultimo film deriva anche dalla grande disinvoltura che
l’attore possedeva davanti al pubblico, si sentiva a proprio agio.

28
Storia del cinema

Sistema Movietone (1927) – accanto al Sistema Vitaphone – viene brevettato un sistema di suono
su pellicola che viene utilizzato da un’altra casa di produzione americana = Fox. Venne utilizzato in
un film muto postsincronizzato “Aurora” (1927) di F. W. Murnau. Nel 1928 la Fox Film Corporation
comincia a produrre i “Fox Movietone News” = i primi cinegiornali sonori.

Sistema Photophone (1927) – suono su pellicola. I primi film girati con questo sistema sono “Ali”
(1927) di William A. Wellman e “Streamboat Willie” (1928) di Walt Disney e Ub Iwerks = quest’ultimo
passò alla storia come il primo cortometraggio d’animazione sonoro che utilizza il sistema
Cinephone del produttore Pat Powers, una derivazione del Phonofilm di De Forest.
Il sistema Vitaphone presenta dei gravi inconvenienti. I dischi sono ingombranti, si consumano
velocemente e devono quindi essere forniti agli esercenti in più copie, aumentando le spese di
distribuzione. Inoltre, è difficile mantenere il sincronismo. I sistemi sound-on-film, più pratici ed
efficienti, si impongono rapidamente. All’inizio degli anni ’30 anche la Warner Bros si converte al
suono ottico adottando la variante Movietone.
Avvento del sonoro – passaggio dal muto al sonoro:
➢ Presa diretta – il suono è registrato contemporaneamente alle riprese.
➢ Postsincronizzazione – il suono è registrato separatamente e sincronizzato alle immagini in
un secondo tempo.
Negli USA, nel periodo di passaggio dal muto al sonoro incontriamo tre tipi di prodotti di film:
1. Synchronized (film muto sincronizzato) = film muti con didascalie che riportano le battute e
postsincronizzati con musiche di accompagnamento
2. Part-talking (film parzialmente parlato) = erano film iniziati muti e successivamente durante
la produzione venivano trasformati in film sonori
3. All-talking (film interamente parlato) = le sequenze mute erano totalmente assenti e tutto il
film era girato con la presa diretta del suono
Il primo film in assoluto parzialmente parlato è “Tenderloin” (1928) di M. Curtiz – film perduto. Il
primo film interamente parlato è “Lights of New York” (1928) di B. Foy.
Negli Stati Uniti la transizione si compie fra il 1926 e il 1929 – nel 1930 la produzione americana è
interamente sonora. Soltanto Charlie Chaplin, che rifiuta la nuova invenzione, continua a girare film
muti nel nuovo decennio. Gli unici due film degli anni ’30 che interpreta Chaplin sono due film muti
= privi di dialogo e caratterizzati dalla presenza di un accompagnamento musicale e orchestrale –
“Luci della città” (1931) e “Tempi moderni” (1936).
In Europa, rispetto agli Stati Uniti, il passaggio dal muto al sonoro inizia con un certo ritardo,
maggiore o minore a seconda del paese, ma si compie più rapidamente. In Germania, in Francia e
in Gran Bretagna i primi film sonoro appaiono nel 1929 – tre anni dopo l’apparizione del primo film
sonoro negli Stati Uniti.
I sistemi sonori utilizzati – vengono impiegati dei sistemi alternati locali, di origine europea = Tri-
Ergon inventato da Joseph Massolle, Hans Vogt e Joseph Engel – sistema di tipo ottico-fotografico
del 1919.
“Ricatto” (1929) di A. Hitchcock – pioniere del cinema sonoro britannico.

29
Storia del cinema

Contesto italiano – la prima proiezione sonora si svolge al Supercinema di Roma il 19 aprile del 1929
= film “Il cantante di Jazz”.
Stefano Pittaluga – figura più importante per l’avvento del sonoro in Italia. Nel 1929 acquista gli
studi della Cines a Roma – inattivi dal 1919 – e inizia a produrre i primi film sonori utilizzando il
sistema americano. In questo studio viene prodotto il primo film sonoro italiano “La canzone
dell’amore” (1930) di G. Righelli. Il film è tratto da una novella di Pirandello “In silenzio” e conteneva
una canzone – cantata all’inizio – “Solo per te Lucia”. Il sonoro fa la sua apparizione nel 1930 – con
un certo ritardo rispetto agli altri paesi europei.
In Unione Sovietica non esisteva la possibilità di importare sistemi di sincronizzazione stranieri ed è
costretta ad inventare un sistema sonoro locale; il primo film sonoro è del 1931 “Il cammino verso
la vita” di N. Ekk – colonna sonora molto rudimentale.
LIMITAZIONI TECNOLOGICHE:
➢ Le apparecchiature per la registrazione del suono sono pesanti e poco sensibili, quindi
inadatte per le riprese in esterni.
➢ La macchina da presa deve essere chiusa insieme all’operatore in una cabina insonorizzata
per evitare che il suo rumore venga registrato sulla colonna sonora.
➢ Non esistono microfoni direzionali, in grado di ignorare i rumori indesiderati, e neppure
microfoni mobili, capace di seguire i personaggi sul set.
➢ Non esiste il missaggio e quindi non è possibile combinare in un’unica colonna sonora suoni
registrati in luoghi e momenti diversi.
“Cantando sotto la pioggia” (1952) di G. Kelly e S. Donen – commedia musicale hollywoodiana, è
ambientata nel periodo di passaggio dal muto al sonoro e per questo contiene una serie di sequenze
divertenti ed esatte che mostrano i difetti e le imitazioni delle prime produzioni sonore.
Le versioni multiple – con l’avvento del sonoro si pone il problema delle differenze linguistiche.
Prima dell’affermazione della pratica del doppiaggio si assiste al fenomeno delle versioni multiple =
alcuni film vengono girati in due o più lingue diverse utilizzando attori diversi per ciascuna versione.
Uno dei primi esempi di film prodotti in più versioni è “Atlantic” (1929) di E. A. Dupont – prodotto
in Gran Bretagna e prodotto in tre versioni di tre lingue diverse e con attori sempre diversi in ogni
versione. La grande casa di produzione hollywoodiana Paramount aprì uno studio cinematografico
a Joinville (Parigi) destinato esclusivamente alla produzione di versioni multiple.
Il cinema classico hollywoodiano
David Bordwell colloca il cinema classico hollywoodiano in un arco di tempo compreso fra il 1917 e
il 1960.
Il cinema classico hollywoodiano si regge su tre pilastri:
➢ Studio system
➢ Star system
➢ Sistema dei generi

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Storia del cinema

Lo studio system – s’intende un sistema produttivo basato sullo studio = grandi case di produzione
hollywoodiana. Negli anni ’30 le case di produzione americane più importanti erano otto – divise in
due gruppi = le cinque majors e le tre minors.
LE 5 MAJORS:
1. Warner Bros – fondata nel 1923 dai fratelli Warner, rimane una casa di produzione di
secondaria importanza fino al 1926, quando adotta il sistema Vitaphone e dà inizio
all’avvento del sonoro.
2. Paramount Pictures – fondata nel 1912 dal produttore Adolph Zukor con il nome di Famous
Players Film Company, nel 1916 diviene la Famous Players-Lasky Corporation e prende
soltanto nel 1927 la denominazione attuale.
3. Metro Goldwyn Mayer (MGM) – nata nel 1924 dalla fusione della Metro Pictures
Corporation, fondata nel 1915, della Goldwyn Pictures, fondata nel 1916, e della Louis B.
Mayer Productions, fondata nel 1918.
4. 20th Century Fox – nata nel 1935 dalla fusione della Fox Film Corporation, fondata nel 1915
dal produttore William Fox, e della 20th Century Pictures, creata nel 1933 dai produttori
Joseph M. Schenck e Darryl F. Zanuck.
5. Radio Keith Orpheum (RKO) – fondata nel 1928 e controllata dalla Radio Corporation of
America (RCA), continuerà a produrre fino al 1957 e chiuderà i battenti nel 1959.
LE 3 MINORS:
1. Universal Pictures – fondata nel 1909 dal produttore Carl Laemmle come Independent
Moving Pictures Company, nel 1912 diviene la Universal Film Manufacturing Company e
prende nel 1923 la denominazione attuale.
2. Columbia – fondata nel 1918 dal produttore Harry Cohn, prende soltanto nel 1924 la sua
denominazione attuale.
3. United Artists – fondata nel 1919 da Charlie Chaplin, David W. Griffith, Douglas Fairbanks e
Mary Pickford, non possiede degli studi e si occupa esclusivamente del finanziamento e della
distribuzione dei film.
Queste otto società monopolizzavano quasi interamente il mercato e l’industria cinematografica
americana dell’epoca. Accanto a queste otto, abbiamo altri soggetti attivi nella realizzazione dei
film.
Gli indipendenti – produttori che finanziavano personalmente i propri film al di fuori delle grandi
società hollywoodiane e possedevano grandi studi o li noleggiavano per le occasioni. Producevano
un numero limitato di film – ad alto costo e prestigiosi – con attori conosciuti. Il più famoso di questi
produttori indipendenti è David O. Selznick – possedeva una propria società la Selznick International
Picture e possedeva anche dei propri studi. Il suo film più famoso è “Via col vento” (1939) di V.
Fleming. Altro produttore indipendente è Samuel Goldwyn.
Oltre ad Hollywood, negli anni ‘30/’40 esistevano dei piccoli studi che si dedicavano alla
realizzazione di film a basso costo (= film di serie b) – “Poverty Row” è l’insieme di queste piccole e
povere società. La più importante di queste società era “Republic Production” – specializzata in film
western. Accanto a questa vi erano altri piccoli studi come la Monogram Pictures o la PRC.

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Storia del cinema

Gli studi di animazione – i film di animazione era prodotti dal dipartimento animazione delle grandi
società hollywoodiane – per esempio i famosi Cartoon della Warner Bros, i Looney Tunes.
Accanto ai dipartimenti di animazioni, abbiamo degli studi indipendenti finalizzati esclusivamente
per la realizzazione di cartoni animati – il più importante è lo Studio Disney fondato negli anni ’20 e
nello stesso anno viene fondato il Fleischer Studios (= concorrente del primo).
Caratteristiche dello Studio System Hollywoodiano:
➢ Divisione del lavoro – il film è il prodotto della collaborazione di diversi soggetti ciascuno dei
quali ha un ruolo preciso e circoscritto: sceneggiatore, direttore della fotografia, montatore,
compositore musicale… Lo stesso regista, pur essendo la figura più importante, ha un potere
limitato e non può esercitare un controllo su molti aspetti della realizzazione del film.
➢ Centralità del produttore – il producer segue tutte le fasi della produzione di un film ed è il
solo responsabile del final cut, il montaggio definitivo.
➢ Integrazione verticale – controllo da parte dei grandi studios hollywoodiani dei tre settori
chiave dell’industria cinematografica – i tre settori chiave sono = produzione, distribuzione,
esercizio.
Le grandi case di produzione hollywoodiane, nella maggior parte dei casi gestivano tutti e tre questi
settori – produzione, distribuzione, esercizio. Le majors possedevano oltre alle società di produzione
anche le catene di sale dove proiettare i propri film – le minors non possedevano le catene di sale.
Lo Star System – negli Stati Uniti il fenomeno divistico nasce all’inizio degli anni ’10 e raggiunge il
suo culmine dopo la fine della Prima Guerra Mondiale.
Il cinema muto hollywoodiano è dominato da un numero ristretto di star, queste hanno un enorme
potere contrattuale = la loro presenza dei film ne garantisce il successo e possono richiedere alle
case compensi altissimi. Mary Pickford è stata la prima e grande star – inizia a lavorare nella seconda
metà del primo decennio del Novecento e raggiunge l’apice durante la seconda metà degli anni ’10
e la prima metà degli anni ’20. Gloria Swanson, diva e protagonista durante i primi anni degli anni
’10 e ’20. Greta Garbo, attrice svedese che inizia la sua carriera nel 1926 e diventa una grandissima
star fino all’avvento del sonoro – non perderà la sua fama durante il sonoro a differenza di altre.
Douglas Fairbanks famoso come interprete di film avventurosi in costume – nel 1920 si sposa con
Mary Pickford. Rudolph Valentino divenne la più grande star degli anni ’20 ma purtroppo muore
presto, nel 1926.
Durante il periodo del muto le star più importanti:
➢ Ricevevano compensi altissimi e una percentuale sugli incassi.
➢ Avevano voce in capitolo sulla scelta del film, del regista e degli altri interpreti.
➢ Talora scrivevano la sceneggiatura o addirittura firmavano la regia dei propri film.
➢ Talora si mettevano in proprio diventando produttori indipendenti.
Con l’avvento del sonoro molte grandi star del muto si ritirano dagli schermi e sono sostituite da
attrici e da attori più giovane provenienti prevalentemente dal teatro. I produttori hollywoodiani
approfittano di questo ricambio per riprendere il controllo dell’industria, limitando lo strapotere
delle star. Gli attori conservano un ruolo di primaria importanza ma perdono le loro prerogative,

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Storia del cinema

diventando dei semplici interpreti. Sia nel periodo del muto che nel periodo del sonoro, la star
costituisce comunque il principale fattore di attrazione di un film.

“Scandalo a Filadelfia” (1940) di G. Cukor – i nomi dei tre interpreti principali, nel poster, sono scritti
con caratteri più evidenti e di dimensioni grandi rispetto al titolo del film = la presenza degli attori
era più importante a livello pubblicitario. Sempre nel poster, in basso si trovano i nomi degli attori
secondari scritti in caratteri più piccolo – e sempre in carattere ancora più piccolo è scritto il nome
del regista. In un altro poster, del film “Io ti salverò” (1945) di A. Hitchcock il nome del regista è
scritto in maniera più evidente rispetto al primo film citato – il nome degli interpreti è scritto
comunque con caratteri più grandi rispetto a quelli del regista.
Il regista Frank Capra – uno dei più importanti e famosi del cinema americano degli anni ‘30/’40 –
ha scritto un’autobiografia “The name above the title” per indicare il fatto che è stato il primo regista
a ottenere il privilegio di vedere il proprio nome nei manifesti pubblicitari stampato sopra al nome
del film. Negli anni ’30 era diventato famosissimo e il suo nome veniva associato come “garanzia” di
un bel film.
Il cinema classico hollywoodiano pt 2
Il sistema dei generi – la maggior parte dei film della Hollywood classica appartiene a un
determinato genere cinematografico (= western, commedia, musical…). Alcuni registi, alcuni attori
e alcune case di produzione si specializzano in un determinato genere (Universal per l’horror,
Warner Bros per i gangster film…). Il genere crea precise aspettative nello spettatore e orienta le
sue scelte.
Nel periodo del muto i generi erano meno numerosi e differenziati, i più importanti erano:
➢ SLAPSTICK COMEDY
➢ WESTERN
➢ SWASHBUCKLER FILM
➢ MELODRAMMA DIVISTICO
Western – è uno dei generi più antichi del cinema americano, il primo esemplare è “La grande rapina
al treno” (1903) di Edwin S. Porter. La storia del western è abbastanza simile a quella della slapstick
comedy – fino agli anni ’20, il genere western è limitato a film brevi, a basso costo e di tipo seriale =
incentrati su un eroe fisso. Le figure più importanti di questo genere sono tre – William S. Hart, Tom
Mix e Gilbert M. Anderson. Solo negli anni ’20 vengono realizzati dei lungometraggi appartenenti al
genere western; “I pionieri” (1923) di James Cruze – dedicato all’epopea dei pionieri o “Il cavallo
d’acciaio” (1924) di John Ford – dedicato alla costruzione delle prime ferrovie, è uno dei film muti
più importanti di J. Ford.
Swashbuckler Film – termine utilizzato negli Stati Uniti per indicare “film di cappa e spada” = film
d’avventura in costume. L’attore più famoso di questo genere è Douglas Fairbanks – interpreta una
serie di film in costume – “Il segno di Zorro” (1920) di Fred Niblo, “I tre moschettieri” (1921) di Fred
Niblo, “Robin Hood” (1922) di Allan Dwan, “Il ladro di Baghdad” (1924) di Raoul Walsh, “Il pirata
nero” (1926) di Albert Parker. Il genere Swashbuckler sarà molto diffuso anche negli anni ’30 – molti

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Storia del cinema

di questi film di avventura verranno interpretati dalla star Erroll Flynn (“erede” di Douglas Fairbanks)
“La leggenda di Robin Hood” (1938) di Michael Curtiz.
Melodramma divistico – tipo di film melodrammatico di soggetto amoroso in costume di
ambientazione contemporanea, creato come veicolo per i divi o per le dive.
Dopo l’avvento del sonoro i generi diventano più numerosi e definiti, tra i più importanti bisogna
ricordare:
➢ HORROR
➢ GANGSTER FILM
➢ MUSICAL
➢ COMMEDIA ROMANTICA
Horror – i primi film vengono prodotti in Germania nella prima metà degli anni ’20. Negli stessi anni
anche a Hollywood vengono prodotti alcuni film dell’orrore. Nell’ambito dell’horror americano i film
verranno interpretati dall’attore Lon Chaney – primo vero divo dell’horror americano – è conosciuto
come “l’uomo dai mille volti”. Alcuni film sono: “Il fantasma dell’opera” (1925) di Rupert Julian.
L’horror nasce come genere vero e proprio negli anni ’30 grazie a una serie di film prodotti dalla
Universal Pictures = “Dracula” (1931) di Tod Browning – il conte Dracula era interpretato da Bela
Lugosi e “Frankenstein” (1931) di James Whale – nel ruolo della creatura troviamo Boris Karloff.
Frankenstein ebbe un enorme successo e nel 1935 la Universal produsse un sequel “La moglie di
Frankenstein” di James Whale – ebbe un successo maggiore rispetto al primo. La Universal, negli
anni successivi, produsse altri sequel di Frankenstein e una serie di sequel “meno interessanti” di
Dracula. Negli anni ’30 e ’40 la Universal si impone come la casa per eccellenza del genere horror.
Gangster Film – genere che può vantare di alcuni antecedenti del periodo del muto ma raggiunge
la sua massima fioritura all’inizio degli anni ’30 con il sonoro – può essere definito come un
sottogenere del genere poliziesco incentrato sul gangsterismo urbano (proibizionismo alcolico). Fra
il 1931 e 1932, vengono prodotti tre film che costituiscono gli archetipi di questo genere: “Piccolo
Cesare” (1931) di Mervyn Le Roy, “Nemico pubblico” (1931) di William Wellman e “Scarface” (1932)
di Howard Hawks – tutti e tre incentrati su tre figure gangster = Robin G. Robinson (“Piccolo Cesare”),
James Cagney (“Nemico pubblico”) e Paul Muni (“Scarface”).
Musical – uno dei generi più diffusi negli anni ’30 e anche l’unico nato con l’avvento del sonoro. Si
apre nel 1927 con “Il cantante di jazz” che può essere considerato il primo film di questo genere. La
musica e il canto svolgono una grandissima importanza nel periodo di passaggio dal muto al sonoro
– la prima ondata di musical si verifica dal 1929-1930 = tutte le case di produzione hollywoodiane
producono del musical ad alto costo, attori prestigiosi e che adottano il modello della “musical
review” = caratterizzati dalla successione di una serie di numeri musicali. “La canzone di Broadway”
(1929) di Harry Beaumont, “Hollywood che canta” (1929) di Charles Reisner, “La rivista delle nazioni”
(1929) di John Adolfi, “Gold Diggers od Broadway” (1929) di Roy Del Ruth, “Paramount on Parade”
(1930). Questa moda del film musicale raggiunge il culmine nel 1930 e tende a scomparire nel 1931-
1932. Nel 1933 vi è una seconda ondata di musical più “moderni” rispetto ai primi e più
“soddisfacenti”. I musical prodotti dalla Warner Bros e coreografati da Busby Berkeley – grande
regista e coreografo, curava spesso la parte visiva – il più famoso è “Quarantaduesima strada”
(1933) di Lloyd Bacon. Busby Berkeley non valorizzava tanto la bravura individuale dei ballerini. Un

34
Storia del cinema

secondo gruppo di musical importanti sono quelli realizzati dalla RKO – questi musical sono
caratterizzati quasi tutti dalla presenza della coppia di ballerini/cantanti Fred Astaire e Ginger Rogers
– valorizzavano la bravura dei balli individuali a differenza di quelli di Busby Berkeley. Uno dei più
importanti musical in cui si esibisce la coppia è “Cappello a cilindro” (1935) di Mark Sandrich.

Commedia romantica – genere popolare del cinema americano degli anni ’20. Gli studiosi di lingua
inglese di genere cinematografico hanno effettuato una distinzione tra = comedian comedy e
romantic comedy.

Principali differenze tra queste due commedie:

➢ La comedian comedy è caratterizzata da una comicità molto esplicita, che si esprime


attraverso una serie ininterrotta di gag.
➢ La romantic comedy è caratterizzata da una comicità più sofistica e raffinata, che si esprime
soprattutto attraverso il dialogo.
➢ La comedian comedy è caratterizzata da una sceneggiatura “debole”, con un intreccio poco
strutturato, usato come pretesto per introdurre le gag e le battute.
➢ La romantic comedy si regge su una sceneggiatura “forte”, dotata di un intreccio narrativo
unitario e coerente.
➢ Nella comedian comedy il comico interpreta un personaggio fisso, con caratteristiche che si
ripetono in tutti i film in cui compare.
➢ Gli attori della romantic comedy interpretano personaggi ogni volta diversi.
➢ Nella comedian comedy il comico, oltre a essere protagonista assoluto dei film in cui
compare, è spesso anche autore delle gag, sceneggiatore e talora regista.
➢ Nella romantic comedy l’attore è solo un interprete e non svolge altri ruoli nella creazione
del film.
➢ Nella comedian comedy il corpo dell’attore comico è al centro delle gag e viene
continuamente messo in ridicolo.
➢ La romantic comedy deve mantenere intatto il fascino dei protagonisti e quindi preferisce
affidare le gag ai personaggi secondari.

gag – termine di origine inglese che indica una trovata comica che mira a suscitare una risata tra il
pubblico. Per chiarezza è meglio distinguere la gag (= di tipo visivo) dalle battute di dialogo (= di tipo
orale).

La comedian comedy raggiunge il suo massimo splendore nel periodo del muto con la slapstick
comedy, ma prosegue dopo l’avvento del sonoro con i film della coppia Laurel e Hardy (= Stanlio e
Olio) e dei fratelli Marx.

Stan Laurel e Oliver Hardy – dopo l’avvento del sonoro raggiungono il massimo successo, faranno
parte di una serie di lungometraggi; uno dei più famosi è “I figli del deserto” (1933). Altri
rappresentati della comedian comedy sono i Marx Brothers – i fratelli Marx, iniziano la loro carriera
inizialmente a teatro e successivamente al cinema. Importante ricordare il loro film “La guerra
lampo dei fratelli Marx” (1933).

La romantic comedy esiste già nel periodo del muto ma raggiungo il suo massimo splendore solo
negli anni ’30 grazie all’introduzione del dialogo.

35
Storia del cinema

L’epoca d’ora della commedia romantica hollywoodiana si colloca fra l’avvento del sonoro e lo
scoppio della Seconda Guerra Mondiale, più precisamente fra il 1934 e il 1940.

Sophisticated comedy – commedia romantica dalla comicità raffinata, caratterizzata dalla


preminenza del dialogo sull’azione visiva e ambientata nell’alta società.

Screwball comedy – commedia romantica dalla comicità più esplicita, caratterizzata da un intreccio
movimentato e dinamico e dalla presenza di gag visive di derivazione slapstick.

Come si evince dall’aggettivo “romantico”, la romantic comedy è sempre basata su una trama di
argomento amoroso e quindi pone al centro del racconto il rapporto di coppia

➢ Comedy of commitment – commedia che descrive la formazione di una nuova coppia.


➢ Comedy of reaffirmation (o remarriage comedy) – commedia che è incentrata sulla
riconciliazione di una coppia che si è separata all’inizio del film.

Ernst Lubitsch – regista tedesco che durante gli anni ’20 emigra negli USA dove dirigerà molti film
muti. Durante gli anni ’30 diventa uno dei grandi maestri della commedia hollywoodiana – tra le sue
commedie è importante ricordare “Mancia competente” (1932) e “Ninotchka” (1939).

George Cukor – regista hollywoodiano che ha diretto importanti commedie negli anni ’30, ’40 e ’50.
Una delle più importanti è “Scandalo a Filadelfia” (1940).

Howard Hawks – ha diretto film di tutti i generi, ha coltivato con risultati eccezionali la commedia,
tra le quali è importante “Susanna” (1938) = esempio tipico e più riuscito di screwball comedy.

Frank Capra – grande regista di commedie degli anni ’30. Nel 1922 dirige il suo primo
cortometraggio e nel 1926 esordisce nel lungometraggio dirigendo il film “The strong man” = film
comico interpretato da Harry Langdon – alla Columbia Pictures inizia a collaborare insieme a Robert
Riskin. Il punto di svolta per la carriera di Frank Capra coincide con il 1934 con la produzione del film
“Accadde una notte” = film di enorme successo. Il film ottenne cinque premi oscar nel 1935 = miglior
film, miglior regista, migliore sceneggiatura non originale, miglior attore protagonista e miglior
attrice protagonista. I due personaggi – maschile e femminile – principali del film sono Clark Gable
e Claudette Colbert.

È una tipica comedy of commitment e si basa su uno schema narrativo in quattro fasi molto
frequente nella romantic comedy:

1. I due protagonisti si incontrano e all’inizio non si piacciono


2. Ben presto la repulsione si trasforma in attenzione reciproca
3. Un incidente o un malinteso rischia di impedire la formazione della coppia
4. Superato l’ostacolo, i due protagonisti si sposano.

Sinossi del film – dopo una lite con il padre la ricca ereditiera Ellie Andrews fugge dallo yacht di
famiglia, ormeggiato a Miami, e sale su una corriera diretta a New York. Qui la ragazza incontra Peter
Warne, un giornalista squattrinato che la riconosce e pensa di sfruttarla per uno scoop. Durante il
viaggio tra i due nasce un contrastato rapporto che sfocerà in un amore reciproco.

Di solito le commedie romantiche hollywoodiane sono girate prevalentemente in interni eleganti e


si svolgono negli ambienti dell’alta società, ovvero in un mondo distante dall’esperienza quotidiana
36
Storia del cinema

del pubblico. Al contrario “Accadde una notte” è un road movie girato prevalentemente in esterni
che mostra l’America popolare degli anni della Grande depressione (i protagonisti viaggiano su
pullman della compagnia Greyhound o in autostop e dormono in modesti motel per automobilisti o
addirittura all’addiaccio). Inizialmente non ebbe successo.

Grande depressione (1929-1932) – il passaggio dal muto al sonoro negli USA coincide con gli anni
della Grande depressione. La terribile crisi economica provocata nel 1929 dal crollo della Borsa di
Wall Street.

New Deal – piano di riforme economiche e sociali promosso dal presidente democratico Roosevelt,
eletto nel 1933, allo scopo di risollevare il Paese dalla grande depressione.
Frank Capra con “Accadde una notte” diviene il regista più famoso della Columbia Pictures. Nel 1936
dirige un’altra commedia di grande successo “È arrivata la felicità” (1936) con la quale vince il suo
secondo oscar per la miglior regia. Nel 1938 dirige “L’eterna illusione” con la quale vince il suo terzo
oscar. Nel 1939 dirige “Mr. Smith va a Washington”. Nel 1947 vince il quarto oscar con “La vita è
meravigliosa”.
Il cinema italiano degli anni ‘30
Il cinema italiano nel periodo del muto attraversa un periodo di straordinaria fioritura negli anni ’10.
Alla fine del decennio – dopo la Prima Guerra Mondiale – inizia una terribile crisi e negli anni ’20 si
assiste alla chiusura di molte case di produzione italiane (= vengono ridotti i numeri di film prodotti
annualmente). La produzione degli anni ’20 diminuisce sul piano quantitativo = pochi film prodotti
– e di scarso rilievo.
Mentre negli altri paesi europei e negli Stati Uniti il cinema muto degli anni ’20 attraversa il suo
momento di massima fioritura – in Italia il cinema declina.
La rinascita del cinema italiano avviene dopo l’inizio degli anni ’30 con l’avvento del sonoro – avviene
grazie a due principali fattori:
1. Il produttore Stefano Pittaluga rileva gli stabilimenti della Cines e inizia la produzione di film
sonori.
2. Il regime fascista mette in atto una serie di importanti iniziative volte a controllare e a
sostenere l’industria cinematografica.
Stefano Pittaluga (1887-1932) – produttore che all’inizio degli anni ’30 rileva gli stabilimenti romani
della Cines, firma un contratto con la RCA americana proprietaria del sistema sonoro sound-on-film
e inizia a produrre film sonori italiani. Il primo film prodotto è “La canzone dell’amore” (1930) di
Gennaro Righelli = passato alla storia come il primo film sonoro italiano.
La politica cinematografica del fascismo – il fascismo attribuiva una grandissima importanza al
cinema come mezzo di propaganda. “La cinematografia è l’arma più forte” = questo motto, a firma
di Mussolini, fu posto su una parete nel cantiere degli studi di Cinecittà, in occasione della posa della
prima pietra, il 26 gennaio 1936.

37
Storia del cinema

Principali iniziative messe in atto dal regime fascista:


➢ Fondazione dell’Istituto LUCE nel 1934 – società di produzione appartenente allo Stato e
finalizzata alla realizzazione di prodotti non-fiction (= documentari, cinegiornali e notiziari).
L’Istituto è importante soprattutto per la produzione dei cinegiornali luce = notiziari di
attualità e la loro proiezione era obbligatoria = strumento di propaganda. La produzione dei
cinegiornali inizia nel 1927 e finisce nel 1945 – viene suddivisa in tre gruppi = Cinegiornali
Luce A (1927-1931) 1037 numeri muti, Cinegiornale Luce B (1931-1940) 1694 numeri sonori,
Cinegiornale Luce C (1940-1945) 430 numeri sonori.
➢ MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA (1932)
➢ DIREZIONE GENERALE PER LA CINEMATOGRAFIA (1934) – ufficio che si occupava per conto
del Regime della gestione della politica cinematografica. A capo della direzione generale vi
era Luigi Freddi = prima di assumere il ruolo di direttore generale per la cinematografia era
stato in America e aveva studiato il sistema produttivo hollywoodiano che cercava di
riprodurlo nel sistema italiano. La prima azione importante di Freddi fu la fondazione nel
1935 del Centro Sperimentale di Cinematografia = una delle prime ad essere di gestione
statale.
➢ STUDI DI CINECITTÀ (1937) – erano dei grandi studi cinematografici, tecnologicamente
avanzati e costruiti sul modello delle major americane o dell’UFA tedesca. Gli studi furono
inaugurati nel 1937 e vennero usati dalla Cines – dopo il 1937 vennero girati a cinecittà i film
italiani più famosi e prestigiosi. Nel 1939 vennero rilevati dallo Stato.
La politica cinematografica del fascismo distingue nettamente intrattenimento e propaganda. Di
norma la propaganda politica è affidata alla produzione non-fiction (e in particolare ai cinegiornali
Luce), mentre la funzione del cinema di fiction è di puro intrattenimento.
Film sul fascismo – trattano direttamente il tema del regime, i titoli più importanti sono: “Camicia
nera” (1933) di Giovacchino Forzano = prodotto per celebrare il decennale della presa al potere del
fascismo. Altro film è “Vecchia guardia” (1934) di Alessandro Blasetti = rievoca gli anni dello
squadrismo ma, nonostante ciò, non piacque molto al regime.
Alessandro Blasetti – viene considerato uno dei più importanti registi italiani degli anni ’30. Inizia la
sua carriera negli anni ’20 con il periodo del muto. È l’autore di uno dei primi film sonori
“Resurrectio” (1930) – negli anni ’30 gira film di diversi generi.
Film storici – altro gruppo in cui l’istanza politica e la propaganda sono presenti. “1860” (1934) di
Alessandro Blasetti = ricostruzione della spedizione dei Mille. “Scipione l’Africano” (1937) di Carmine
Gallone = film di grande impegno produttivo e uno dei primi film girato all’interno di cinecittà; si rifà
al film storico in costume italiano degli anni ’10 e celebra il mito della romanità di cui era impregnato
il regime fascista.
Film coloniali – hanno per oggetto il colonialismo italiano in Africa. I più famosi sono: “Lo squadrone
bianco” (1936) di Augusto Genina = ambientato in Libia. “Luciano Serra pilota” (1938) di Goffredo
Alessandrini = ambientato in Eritrea – Alessandrini è autore di film con elementi di propaganda
politica e ideologica. Amedeo Nazzari è il protagonista del film “Luciano Serra pilota” – star maschile
del cinema italiano degli anni ’30.

38
Storia del cinema

Film bellici – ultimi che vengono prodotti (= a partire dagli anni ’40 e in concomitanza con lo scoppio
della Seconda Guerra Mondiale). Tra i film ricordiamo “L’assedio dell’Alcazar” (1940) di Augusto
Genina = fa riferimento alla guerra civile spagnola. Dopo l’entrata in guerra dell’Italia, vengono
prodotti una serie di film su questo tema – “La nave bianca” (1941), “Un pilota ritorna” (1942) e
“L’uomo della croce” (1943) di Roberto Rossellini = questi tre compongono la “trilogia fascista”.
I film di intrattenimento, la commedia – le commedie italiane degli anni ’30 sono state definite
commedie:
➢ “dei telefoni bianchi” – all’interno delle scenografie dei film erano spesso presenti dei
telefoni bianchi = simbolo di lusso e raffinatezza.
➢ “ungheresi” – molti di questi film erano tratti da commedie teatrali di autori ungheresi.
Molte commedie iniziano ad essere prodotte subito dopo l’avvento del sonoro – una delle prime è
“La segretaria privata” (1931) di Goffredo Alessandrini = film a metà strada tra la commedia e il
musical, ebbe un enorme successo e fu uno dei primi film sonori della Cines. “Gli uomini che
mascalzoni!” (1932) di Mario Camerini – quest’ultimo fu uno dei registi più importanti del cinema
degli anni ’30. Inizia la sua carriera negli anni ’20 ma i suoi film più famosi risalgono agli anni ’30 – il
suo genere è la commedia = “Il signor Max” (1937). In entrambi i film, il ruolo maschile è interpretato
da Vittorio De Sica. “Maddalena: zero in condotta” (1940) diretto da Vittorio De Sica. “Mille lire al
mese” (1938) di Max Neufeld.
Quarto Potere + Orson Welles
Orson Welles (1915-1985) – fin da piccolo dimostra un interesse per il teatro e per la recitazione,
all’inizio degli anni ’30 si reca in Irlanda e – all’età di 16 anni – debutta come attore al Gate Theatre
di Dublino. Tornato negli Stati Uniti continua a recitare e nel 1934 ha luogo la sua prima esperienza
cinematografica (= gira il suo primo film, cortometraggio di otto minuti) “The Hearts of Age” – usa
un linguaggio e uno stile simile a quello delle avanguardie degli anni ’20.
Nel 1935 Welles comincia a lavorare per il Federal Theatre = rete di compagnie teatrali –
politicamente di sinistra – e finanziate dallo stato. Per il Federal Theatre nel 1936 cura la regia di
una versione originale di “Macbeth” di Shakespeare – interpretato da una compagnia di
afroamericani. Lo spettacolo ebbe un grande successo e Welles continuò a lavorare per il Federal
Theatre. Nel 1937 si mette in proprio e crea una propria compagnia teatrale = Mercury Theatre e
per lo stesso anno cura la produzione di “Giulio Cesare” di Shakespeare. La caratteristica principale
è che la vicenda viene spostata in ambientazione contemporanea e i romani portano delle divise
simili a quelle dei fascisti italiani.
A partire dal 1938, Welles inizia a dedicarsi alla radio – tra il 1938-1940 – cura due serie radiofoniche
molto importanti → The Mercury Theatre on the Air (1938) e The Campbell Playhouse (1938-1940).
Erano due programmi radiofonici in 22 e 56 puntate trasmessi dal 1938 al 1940 dall’emittente CBS.
Gli episodi, di circa 60 minuti ciascuno, erano adattamenti di opere letterarie famose (Dracula,
L’isola del tesoro, Oliver Twist, Cuore in Tenebra, Jane Eyre, Il conte di Montecristo…). Il dramma
radiofonico più famoso è “La guerra dei mondi” (30 ottobre 1938) – adattamento dell’omonimo
romanzo del 1889 di Herbert George Wells. Orson Welles mette in scena l’omonimo romanzo
fantascientifico, incentrato sull’invasione della Terra da parte dei marziani, come la radiocronaca in
diretta di un avvenimento reale, con interviste a finti esperti, collegamenti con il luogo
39
Storia del cinema

dell’atterraggio, comunicati del governo. Alla fine, il regista avvertiva il pubblico che si trattava di
uno scherzo per celebrare la notte di Halloween. Nel corso degli anni, questo episodio è stato
l’evento con cui Welles venne ricordato.
Nel 1939 Orson Welles firma con la RKO un contratto senza precedenti che gli concede, oltre a un
grosso compenso, un’assoluta libertà artistica e un completo controllo su film da lui diretti. Nel 1940
dirige il suo film d’esordio “QUARTO POTERE” che esce nel 1941. È considerato uno dei film più
importanti e geniali di tutta la storia del cinema. La sceneggiatura del film viene scritta da Welles in
collaborazione con lo sceneggiatore professionista Herman J. Mankiewicz. “Citizen Kane” (titolo
originale) è un film biografico che racconta la vita professionale e privata di Charles Foster Kane, un
grande imprenditore della stampa. Pur essendo un personaggio immaginario, il protagonista
(interpretato dallo stesso Welles) presenta alcuni tratti in comune con il milionario William
Randolph Hearst, che tentò di impedire l’uscita del film. Tuttavia “Citizen Kane” non è un film
polemico e neppure un film politico, ma il ritratto psicologico di un personaggio sfaccettato e
complesso, dotato di tratti positivi accanto ad altri fortemente negativi. È rimasto famoso nella
storia del cinema per le sue innovazione narrative e tecnico-stilistiche.
INNOVAZIONI NARRATIVE – costruzione in flashback. “Quarto potere” inizia con la morte di Charles
Foster Kane e rievoca gli eventi principali della sua vita attraverso le testimonianze, visualizzate in
flashback, di cinque personaggi che lo hanno conosciuto. Per giustificare la costruzione in flashback,
il film adotta lo schema narrativo dell’indagine = le testimonianze dei cinque narratori sono raccolte
da un giornalista che conduce un’inchiesta sull’imprenditore scomparso. I cinque narratori sono:
1. Walter Parks Thatcher – banchiere che era stato tutore del protagonista da piccolo
2. Mr. Bernstein – dipendente e collaboratore del protagonista
3. Jedediah Leland – migliore amico del protagonista
4. Susan Alexander Kane – seconda moglie
5. Raymond – maggiordomo
I flashback sono preceduti da un finto documentario, intitolato News on the March, che sintetizza i
momenti salienti della vita di Kane.
INNOVAZIONI TECNICO-STILISTICHE – queste innovazioni che pressoché riguardano l’uso della
macchina da presa, vengono elaborate attraverso la collaborazione con Gregg Toland – direttore
della fotografia del film. Profondità di campo (deep focus) = tendenza a mantenere a fuoco tutto lo
spazio dell’immagine – elementi in primo e sullo sfondo. Obbiettivo grandangolare = possiede una
fortissima profondità di campo in quanto permette di mantenere a fuoco un luogo molto profondo
– presenta un’altra caratteristica di deformare e alterare lo spazio e le linee prospettiche =
ingrandisce i personaggi in primo piano e rimpicciolisce quelli sullo sfondo. Inquadrature in plongée
e in contre-plongée = espressioni francesi che indicano le inquadrature dall’alto verso il basso e le
inquadrature dal basso verso l’alto.
Un’altra caratteristica è la TECNICA DEL PIANO-SEQUENZA = inquadrature lunghe girate in
continuità di ripresa, senza tagli di montaggio. SEQUENZE A EPISODI = passaggi che sintetizzano in
pochi minuti, attraverso un montaggio veloce, avvenimenti di lunga durata.

40
Storia del cinema

Il Neorealismo pt 1
Il termine “neorealismo”, entrato nel dibattito italiano all’inizio del 1948, proviene dalla critica
cinematografica francese. Negli anni ’20 era stato usato a proposito del cinema muto sovietico e
negli anni ’30 era stato ripreso in relazione ai film francesi del cosiddetto “realismo poetico”.
Nell’ambito della critica letteraria era stato applicato a diverse tendenze della narrativa
novecentesca, come la Nuova Oggettività tedesca o il romanzo americano di Hemingway, Steinbeck,
Dos Passos o Faulkner… Il termine “neorealismo” viene usato dalla critica cinematografica italiana a
partire dal 1948 per indicare una serie di film apparsi nell’immediato dopoguerra. Il termine non
viene creato ex novo nella seconda metà degli anni ’40 – veniva già usato dalla critica per indicare
tendenze cinematografiche presenze (cinema muto sovietico o per il realismo poetico francese) –
in Francia e in altri paesi.
Nel contesto italiano del dopoguerra, il termine “neorealismo” non viene utilizzato solo per il cinema
ma anche in ambito letterario = letteratura neorealista che tratta soprattutto del tema della guerra
e della situazione che l’Italia ha vissuto nel suo immediato dopoguerra (Vittorini, Fenoglio, Calvino,
Pavese…). Il termine viene comunque coniato dalla critica e non dai principali registi neorealisti,
come Rossellini o Visconti, che lo accettano con qualche riserva e talora ne prendono le distanze.
Soltanto lo sceneggiatore Cesare Zavattini ne fa una bandiera e lo teorizza ancora nei primi anni ’50,
quando la tendenza è in via di esaurimento. Il neorealismo è una tendenza spontanea e non un
movimento organizzato e consapevole. È una categoria critica che viene applicata da parte della
critica italiana a proposito di una serie di film italiani che presentano caratteristiche comuni.
Il concetto di neorealismo in senso stretto è applicabile a un numero ridotto di film (poco più di una
trentina) prodotti fra il 1945 e il 1952. Tuttavia, la tendenza è anticipata da alcune opere girate nella
prima metà degli anni ’40, durante la Seconda Guerra Mondiale, ed eserciterà un’influenza durevole
sui registi italiani del dopoguerra.
La politica cinematografica del fascismo conteneva in sé una contraddizione = da una parte il regime
esercitava una forte censura sul contenuto del film e sulla stampa, dall’altra la creazione di istituzioni
come la Mostra di Venezia, il Centro Sperimentale di Cinematografia o i Cineguf (cine-club
universitari) aveva dato vita a un intenso dibattito critico sul cinema che si svolgeva su alcune riviste
specializzate. Tra queste riviste ricordiamo “Bianco e Nero” (1937-1943) – negli anni ’30 venne
diretta da Luigi Chiarini e Umberto Barbaro / la seconda rivista era “Cinema” (1936-1943) – diretta
da Vittorio Mussolini.
La prima formulazione dell’estetica del neorealismo avviene sulle pagine di “Cinema” fra la fine degli
anni ’30 e l’inizio degli anni ’40. Chi era i giovani critici della rivista “Cinema”? Michelangelo
Antonioni – il suo articolo più importante è “Per un film sul fiume Po” (1939) e successivamente gira
il cortometraggio “Gente del Po” (1943-1947) – primo esempio del neorealismo italiano. Un altro
importante personaggio è Cesare Zavattini – il suo articolo più famoso è “I sogni migliori” (1940)
che anticipa la sua concezione del neorealismo che enuncerà nei suoi contribuiti nella seconda metà
degli anni ’40. Il più importante collaboratore di “Cinema” è Giuseppe De Santis – pubblica nel 1941
“Per un paesaggio italiano” nel quale si pronuncia per un cinema di tipo realista in contrapposizione
con la produzione d’evasione del cinema del periodo fascista. Altra figura importante è Mario
Alicata – scrive insieme a De Santis nel 1941 due articoli molto importanti = “Verità e poesia: Verga
nel cinema italiano” e “Ancora di Verga e del cinema italiano” – entrambi sostengono che il cinema
41
Storia del cinema

italiano dovrebbe prendere come modello i romanzi veristi di Verga. Vittoria De Sica – nel 1942
pubblica “Volti nuovi nel cinema”. Altro giovane intellettuale è Luchino Visconti – nel 1942 pubblica
“Cinema antropomorfico”.
Luchino Visconti nel 1936 si reca in Francia – soprattutto a Parigi – dove si avvicina al mondo del
cinema e prende posizioni antifasciste. Qui fece l’assistente alla regia per due film del grande regista
Jean Renoir (= figura importante del cinema francese degli anni ’30, figlio dell’omonimo pittore
impressionista). Tornato in Italia, Visconti entra in contatto con la rivista “Cinema” – De Santis e
Alicata vedono in lui la possibilità di mettere in pratica le concezioni estetiche enunciate nei vari
articoli precedenti attraverso un film da loro sceneggiato e diretto da Visconti = “Ossessione” (1943).
“Ossessione” è un “film-manifesto”, concepito dalla redazione di “Cinema”, coinvolta quasi al
completo nella sua realizzazione, per mettere in pratica le idee sul realismo enunciate sulla rivista
negli anni precedenti. La sceneggiatura viene scritta da Visconti, Alicata, De Santis e Puccini.
“Ossessione” è un adattamento cinematografico del romanzo “Il postino suona sempre due volte”
(1934) di James M. Cain. Di questo romanzo sono stati tratti quattro adattamenti cinematografici
= “Le dernier tournant” (1939) di Pierre Chenal, “Ossessione” (1943), “Il postino suona sempre due
volte” (1946) di Tay Garnett e “Il postino suona sempre due volte” (1981) di Bob Rafelson. Sinossi =
una donna sposata a un uomo molto più vecchio di lei induce un giovane vagabondo di cui è
diventata l’amante a uccidere il marito in un incidente stradale simulato. I due interpreti principali
= Clara Calamai e Massimo Girotti. Il romanzo di Cain è ambientato negli Stati Uniti –
nell’adattamento di Visconti la vicenda viene spostata in Italia, nella provincia di Ferrara e Rovigo.
Prima dell’uscita del film, nel 1942 viene pubblicato un articolo sulla rivista “Cinema” che lo anticipa
entusiasmante firmato da Antonio Pietrangeli = collaboratore della rivista e che partecipò come
assistente alla regia nel film “Ossessione”. Caratteristiche principali di “Ossessione”:
➢ È girato quasi interamente in location in provincia di Rovigo, Ferrara ed Ancona
➢ Descrive un’Italia povera e provinciale con un realismo del tutto insolito nel cinema italiano
del periodo fascista
➢ Racconta una vicenda scabrosa incentrata sull’adulterio e sul delitto che si conclude in modo
tragico
A questi elementi, Visconti aggiunge una sensualità e una morbosità nella rappresentazione della
relazione amorosa fra i due protagonista che lasciò perplessa perfino la redazione di “Cinema”. Il
film ebbe una distribuzione molto limitata – venne proiettato in poche sale – rimase in proiezione
per pochi giorni. Venne conosciuto come un “classico” solo nel secondo dopoguerra – non piacque
a Vittorio Mussolini e venne attaccato per l’intreccio scabroso dalla stampa cattolica.
Successivamente, Visconti continuò la carriera di regista fino a diventare uno degli esponenti del
cinema d’autore italiano – il suo secondo film “La terra trema” (1948), altro importante classico del
cinema neorealista. È liberamente ispirato al romanzo di G. Verga “I Malavoglia” ed è girato ad Aci
Trezza, utilizzando esclusivamente come interpreti gli abitanti della cittadina siciliana, che si
esprimono nel loro dialetto. Nel 1951, Visconti dirige il suo terzo film “Bellissima” – interpretato per
la prima volta da attori professionisti = Anna Magnani e Walter Chiari – film considerato “distante”
dal neorealismo.

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Storia del cinema

Il Neorealismo pt 2
Roberto Rossellini nasce a Roma nel 1906 da una famiglia borghese. Inizia a lavorare nel cinema nel
1938 come aiuto regista di Goffredo Alessandrini per il film “Luciano Serra pilota”. Importante per
la sua formazione cinematografica è l’incontro con Francesco De Robertis – Rossellini svolge per lui
il ruolo di assistente alla regia nel film “Uomini sul fondo” (1941) – film bellico, considerato uno dei
precedenti del cinema neorealista realizzati prima della fine della guerra perché è realizzato da
attori non professionisti.
Successivamente, dirige la “trilogia della guerra fascista” = “Nave bianca”, “Un pilota ritorna” e
“L’uomo della croce”.
Nell’immediato dopoguerra Rossellini dirige “trilogia della guerra antifascista” = “Roma città
aperta” (1945) – girato nel gennaio del 1945, pochi mesi dopo la liberazione di Roma, è il film che
inaugura la stagione del neorealismo postbellico. Venne distribuito nel settembre dello stesso anno,
non viene accolto inizialmente con grande entusiasmo da parte della critica italiana e la sua
consacrazione avviene all’estero = in Francia e negli Stati Uniti. Gli interpreti principali sono due
attori già attivi prima della fine della guerra: Anna Magnani e Aldo Fabrizi.
Sinossi = il film si svolge a Roma durante l’occupazione nazista e racconta un episodio della
Resistenza che si conclude tragicamente, ovvero con la morte di Pina, una donna romana legata
sentimentalmente a Francesco, tipografo antifascista, e di Don Pietro, un parroco che aiuta i
partigiani (ispirato a un personaggio realmente esistito, il sacerdote Giuseppe Morosini).
Nonostante il tema della Resistenza sia trattato con qualche cedimento alla retorica, l’episodio più
celebre del film, quello dell’uccisione di Pina, rivela un profondo pessimismo tipico della concezione
del mondo di Rossellini. Infatti, la sua morte si presenta come un sacrificio gratuito, causato da un
impulso contrario all’istinto di conservazione. La successiva sequenza in cui Francesco e gli altri
prigionieri vengono liberati dai partigiani rende ancora più inutile il gesto di Pina.
Il secondo film della trilogia è “Paisà” (1946) – è una coproduzione italo-americana: Rod Geiger per
F.F.P. (Foreign Film Productions) e Mario Conti per O.F.I. (Organizzazione Film Internazionali). La
sceneggiatura è incentrata sul rapporto fra i soldati americani e la popolazione italiana negli ultimi
anni della Seconda Guerra Mondiale. Il film non racconta una storia unitaria ma è suddiviso in 6
diversi episodi, ordinati al tempo stesso in una successione cronologica e secondo un itinerario
geografico che segue l’avanzata degli Alleati = dall’estate del ’43 all’inverno del ’44 e dal Sud al Nord
d’Italia. Ogni episodio è introdotto da una breve sequenza documentaristica con immagini di
repertorio accompagnate da una voice-over (= voce narrante che introduce la situazione). Gli episodi
sono = Sicilia, Napoli, Roma, Firenze, Savignano di Romagna, Porto Tolle. La sceneggiatura, a cui
hanno contribuito numerosi autori (Sergio Amidei e Federico Fellini) venne completamente riscritta
durante le riprese. Gli attori sono tutti sconosciuti e non professionisti a eccezione di Maria Michi.
Il film viene girato con la presa diretta del suono ma deve essere in gran parte ridoppiato a causa
della cattiva qualità. I personaggi si esprimono nei loro dialetti o con forti inflessioni regionali,
mentre quelli stranieri parlano la loro lingua nazionale.
Un critico francese – André Bazin – ha scritto nel 1948 un importante saggio sul neorealismo italiano
“Il realismo cinematografico e la scuola italiana della liberazione” pubblicato su “Esprit” = rimane
tuttora uno degli scritti più penetranti di questo argomento. Per capire bene i ragionamenti di Bazin

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Storia del cinema

bisogna tener conto del concetto di ellissi narrativa = porzione di tempo che non ci viene mostrata
o raccontata. Rossellini e gli altri registi neorealisti utilizzano spesso un montaggio molto ellittico,
che richiede un certo sforzo interpretativo da parte dello spettatore. Rossellini cita una sequenza
dell’ultimo episodio di “Paisà” = una famiglia di pescatori che vive in un casone isolato in mezzo al
Delta del Po rifornisce di viveri un gruppo di partigiani italiani e di soldati alleati / un ufficiale
americano e un partigiano sentono degli spari in lontananza mentre camminano fra le paludi al
crepuscolo / un bambino piange incessantemente accanto a dei cadaveri stesi a terra. L’ultimo
episodio di “Paisà” è girato a Porto Tolle nel cuore del Delta del Po e racconta le vicende di un
gruppo di partigiani che combattono contro i tedeschi insieme a soldati anglo-americani. Alla fine,
vengono tutti catturati ma gli alleati sono trattati come prigionieri di guerra, mentre i partigiani
vengono giustiziati. Il finale assomiglia all’episodio della morte di Pina = Dale, l’ufficiale americano,
condivide la fine dei partigiani con un gesto impulsivo simile a quello della protagonista di “Roma
città aperta”. “Paisà” si conclude con l’immagine dei corpi dei partigiani che affondano nell’acqua
del Po, mentre la voice-over commenta: “Questo accadeva nell’inverno del ’44. All’inizio della
primavera la guerra era finita”. De-enfatizzazione – le sequenze più importanti e drammatiche
vengono messe in scena come se si trattasse di episodi insignificanti, senza alcuna sottolineatura
tecnico-stilistica (scelta delle inquadrature, movimento di macchina, montaggio, accompagnamento
musicale…).
L’ultimo film della trilogia è “Germania anno zero” (1948) – Rossellini cambia completamente
ambientazione = girata interamente nella Berlino del dopoguerra. Il fascino del film è legato alla
presenza dell’autentico set “composto” dalle – vere – rovine berlinesi.
La coppia Vittorio De Sica e Cesare Zavattini – il primo film nato dalla collaborazione dei due (De
Sica come regista e Zavattini come sceneggiatore) è “I bambini ci guardano” (1943) – racconta la
dissoluzione di una famiglia vista attraverso gli occhi di un bambino di sei anni. I film più importanti
della poetica neorealistica della coppia sono tre = “Sciuscià” (1946), “Ladri di biciclette” (1948) e
“Umberto D.” (1952).
“Sciuscià” è ambientato nel 1945 e racconta le disavventure di due adolescenti romani che fanno i
lustrascarpe, a un certo punto vengono accusati di un furto di cui non sono responsabili e vengono
arrestati – presenta situazioni tipiche del cinema carcerario.
“Ladri di biciclette” – il disoccupato Antonio Ricci trova lavoro come attacchino ma si fa rubare la
bicicletta, indispensabile per il suo nuovo impiego. Allora si mette alla ricerca del ladro per le vie di
Roma accompagnato da Bruno, il figlio di otto anni. Il film è interpretato da attori non professionisti
– Enzo Staiola e Lamberto Maggiorani.
“Umberto D.” – Umberto Domenico Ferrari, un impiegato in pensione sfrattato dalla padrona di casa
perché non è più in grado di pagare l’affitto, rinuncia al suicidio per non abbandonare il proprio
cane. L’interprete principale è Carlo Battisti – attore non professionista e questo è l’unico film a cui
partecipò. Maria Pia Casilio – altra attrice non professionista che interpreta il ruolo della cameriera
della padrona di casa del protagonista. All’inizio degli anni ’50 Cesare Zavattini enuncia in una serie
di interventi la teoria del pedinamento: “Il tempo è maturo per buttare via i copioni e per pedinare
gli uomini con la macchina da presa” / “In sostanza oggi non si tratta più di far diventare realtà le
cose immaginate, ma di far diventare significative al massimo le cose quali sono, raccontate quasi
da sole. Perché la vita non è quella raccontata nelle storie, la vita è un’altra cosa”. Un caso esemplare
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Storia del cinema

di questa micro-rappresentazione della vita quotidiana è il celebre episodio di “Umberto D.” che
mostra il risveglio della cameriera Maria. Come osservano Bordwell e Thompson, nella sequenza è
presente però anche l’elemento drammatico. Infatti, Maria ha appena scoperto di essere incinta.
Tuttavia, secondo la critica più recente, questi film rappresentano un compromesso fra la teoria
zavattiniana del pedinamento – che tende all’abolizione della “storia” intera in senso classico – e lo
stile cinematografico di Vittorio De Sica, legato a una concezione drammaturgica più tradizionale.
Oltre a non riscuotere nessun successo sul piano commerciale, “Umberto D.” venne criticato dal
politico Giulio Andreotti (sottosegretario allo spettacolo).
Giuseppe De Santis (1917-1997) – inizia la sua carriera di regista nel dopoguerra, in particolare nel
1947. Il critico Alberto Farassino ha definito il neorealismo di De Santis “fiammeggiante” perché
caratterizzato da un uso raffinato e virtuosistico della tecnica cinematografica. Un altro tratto
distintivo della produzione di De Santis è la commistione fra la poetica del neorealismo e le
convenzioni del cinema di genere (gangster film e mélo), fra impegno politico-sociale, azione e
passione amorosa, con precisi riferimenti al cinema hollywoodiano.
Il primo lungometraggio di De Santis è “Caccia tragica” (1947) – unisce tematiche tipiche del
neorealismo ed elementi tipici del cinema di genere (poliziesco e gangster).
“Riso amaro” (1949) – è il capolavoro di De Santis, uno dei pochissimi film neorealisti che ha
ottenuto un enorme successo. Sinossi = per sfuggire dalla polizia, Francesca, la complice di un ladro,
si unisce a un gruppo di mondine in partenza per le risaie del Vercellese. Qui viene raggiunta
dall’amante Walter; che però si invaghisce di Silvana, un’altra mondina legata sentimentalmente a
Marco, un sergente dell’esercito. I quattro interpreti principali sono = Silvana Mangano, Raf Vallone,
Doris Dowling, Vittorio Gassman. Dopo questo film, De Santis dirige altri due film appartenenti al
neorealismo “Non c’è pace tra gli ulivi” (1950) e “Roma ore undici” (1952) – nel periodo successivo
dirige altri film ma la sua produzione diventa meno significativa.
Negli anni ’50 si afferma il cosiddetto “neorealismo rosa”, che conserva in parte la scelta di
ambientazioni autentiche e l’uso di attori non professionisti ma abbandona l’impegno politico-
sociale e i soggetti drammatici a favore della commedia leggera. “Due soldi di speranza” (1952) di
Renato Castellani è il primo film di questo genere – interpretato da attori non professionisti e girato
in un piccolo paese napoletano; la trama è più “leggera” rispetto ai primi film neorealisti. “Pane,
amore e fantasia” (1953) di Luigi Comencini – uno dei film di enorme successo commerciale. “Poveri
ma belli” (1956) di Dino Risi.
Principali caratteristiche del cinema neorealista:
➢ Predilezione per storie di vita quotidiana ambientate durante la guerra o nel dopoguerra,
incentrate su personaggi di bassa estrazione sociale
➢ Narrazione di tipo “corale” (collettiva), ovvero caratterizzata dalla presenza di numerosi
personaggi
➢ Sceneggiatura “debole” e poco strutturata che lascia spazio all’improvvisazione durante le
riprese
➢ Allentamento della linearità della trama che si manifesta nell’uso frequente di ellissi
narrative e nei finali volutamente irrisolti (= “Ladri di biciclette” e “Umberto D.”)

45
Storia del cinema

➢ Riprese effettuate quasi esclusivamente fuori dagli studi cinematografici, in esterni ed interni
reali – per i registi neorealisti questa era una necessità; nel dopoguerra quasi tutti gli studi
cinematografici erano stati distrutti o comunque inagibili
➢ Uso di attori non professionisti o di una mescolanza di interpreti presi dalla strada e attori
professionisti di grande fama (“tecnica dell’amalgama”)
➢ Dialogo con inflessioni dialettali o comunque vicino alla lingua parlata
➢ Uso di uno stile cinematografico semplice e diretto, che rifugge qualsiasi virtuosismo o
preziosismo di tipo formale

Il cinema hollywoodiano nel dopoguerra pt 1


Inquisizione a Hollywood = negli anni ’30 molte personalità del mondo del cinema avevano
manifestato idee di sinistra e alcune si erano iscritte al Partito Comunista Americano; durante la
Seconda Guerra Mondiale l’alleanza degli Stati Uniti con l’Unione Sovietica aveva rafforzato questa
tendenza. Dopo la fine del conflitto, sotto la presidenza Truman, inizia il periodo della Guerra
Fredda, caratterizzato dalla contrapposizione fra americani e sovietici; il clima anticomunista che si
afferma negli Stati Uniti mette molti progressisti hollywoodiani in una posizione compromettente.
Maccartismo = campagna lanciata negli USA fra la fine degli anni ’40 e la metà degli anni ’50 per
estirpare il comunismo dalla società americana. I principali bersagli erano:
1. L’amministrazione statale
2. L’industria dello spettacolo
3. L’insegnamento
4. Le organizzazioni sindacali
Durante questo periodo molti comunisti o presunti tali persero il lavoro, ebbero la carriera distrutta
e in alcuni casi vennero imprigionati. Il nome di questa campagna deriva dal nome di Joseph
McCarthy – politico repubblicano.
Commissione per le attività antiamericane – nel 1947 l’House Committee on Un-American
Activities (HUAC), presieduto dal deputato repubblicano J. Parnell Thomas, comincia a indagare sulle
presunte infiltrazione comuniste all’interno dell’industria cinematografica hollywoodiana = “I dieci
di Hollywood”, erano pressoché sceneggiatori cinematografici e solo uno era un regista. Questi
vennero incriminati dalla commissione e di conseguenza incarcerati. Molte personalità
hollywoodiane di “spicco” formano il Comitato per il Primo Emendamento e successivamente, molti,
si tireranno indietro per paura.
Lista nera = pratica adottata dalle case di produzione hollywoodiane negli anni ’50 consistente nel
negare il lavoro a sceneggiatori, registi, attori e altri professionisti del cinema accusati di avere o
aver avuto legami con il Partito Comunista degli USA – le persone presenti in queste liste perdono il
lavoro.
Edward Dmytryk nel 1951 accettò di collaborare con la HUAC, facendo altri nomi, e venne
reintegrato nell’industria hollywoodiana. Per essere esclusi dalla “lista nera”, i personaggi sospettati
o accusati doveva dimostrare la loro buona volontà facendo altri nomi.

46
Storia del cinema

Nel dopoguerra Charlie Chaplin fu accusato di comunismo e quando nel 1952 si recò a Londra, gli
fu negati il visto per rientrare negli Stati Uniti. Decise di abbandonare definitivamente gli Stati Uniti
e si traferì in Europa.
Dalton Trumbo venne inserito nella “lista nera”, continuò fino al 1960 a lavorare come
sceneggiatore sotto pseudonimo o utilizzando un prestanome – scrisse in questo periodo “Vacanze
romane” che vinse il premio Oscar per la migliore sceneggiatura e venne premiato il suo
prestanome. Continuò a lavorare sotto pseudonimo per tutti gli anni ’50, all’inizio degli anni ’60
venne reintegrato nell’industria hollywoodiana e poté tornare a lavorare con il proprio nome –
questo per merito di due registi = Otto Preminger che nel 1960 dirige il film “Exodus” e per la prima
volta Dalton Trumbo viene citato – nello stesso periodo l’attore Kirk Douglas decise di indicare
apertamente il nome di Dalton Trumbo nei titoli di coda del film “Spartacus”.
Declino dello studio system – era basato su otto grandi case di produzione (cinque majors e tre
minors). Il sistema produttivo hollywoodiano era basato sull’integrazione verticale = le case di
produzione gestivano tutti i tre settori = produzione, distribuzione ed esercizio. Le case di
produzione hollywoodiane utilizzavano delle pratiche scorrette per imporre i loro prodotti agli
esercenti indipendenti e ai proprietari di sale indipendenti. Una di queste pratiche era il “block
booking” = utilizzata dalle case negli anni ’30 e ’40 consistente nel vendere i film in pacchetti. In tal
modo gli esercenti indipendenti, per poter proiettare un singolo film, erano costretti a noleggiarne
altri che non avevano visto (blind bidding). Le 5 majors e le 3 minors esercitavano un sistema che
possiamo definire di “oligopolio” = escludevano dal mercato eventuali altri soggetti.
Caso Paramount – nel 1948 la Corte Suprema degli USA dichiara le 8 più importanti case di
produzione colpevoli di condotta monopolistica, ordinando alle majors di rinunciare alle sale e
diffidando tutte le società dall’insistere nella politica delle vendite a pacchetti. La decisione della
Corte Suprema provoca da una parte una diminuzione degli introiti della majors e delle minors (che
tuttavia continuano a dominare il mercato), dall’altra un incremento delle produzioni indipendenti.
Avvento della televisione – i 98 milioni di spettatori del 1946 calano fino ai 47 milioni del 1957. Una
delle cause principali è l’avvento della televisione, che comincia a diffondersi alla fine degli anni ’40
e fra il 1947 e il 1960 attraversa la sua Golden Age.
Strategie messe in atto per contrastare la concorrenza della televisione:
➢ Poiché l’immagine televisiva è piccola, in bianco e nero e a bassa definizione, si punta
sull’innovazione tecnologica (colore, schermo panoramico, 3D, suono stereofonico) per
rendere lo spettacolo cinematografico più coinvolgente.
Diffusione del colore – negli USA il cinema a colori viene introdotto attraverso il sistema technicolor
che inizialmente era l’unico disponibile – il primo sistema per il cinema a colori viene brevettato
dalla società technicolor nel 1922 e venne chiamato “Two-Strip Technicolor” = si basava sulla
sovrapposizione di due pellicole di due diversi colori. Il primo film girato con questo sistema fu “The
Toll of the Sea” (1922) – nel corso degli anni ’20 ci sono numerosi film come “Il fantasma dell’opera”
(1925) che vengono girati in bianco e nero ma con sequenze in technicolor. Un altro film del periodo
del muto girato interamente con technicolor è “Il pirata nero” (1926). Nel 1932 venne brevettato il
sistema “Three-Strip Technicolor” = basato sulla sovrapposizione di tre diverse pellicole di tre
diversi colori. Il primo lungometraggio che utilizza il nuovo sistema a colori è “Becky Sharp” (1935).
47
Storia del cinema

Nella seconda degli anni ’30 vengono prodotti numerosi film con il nuovo sistema = “La leggenda di
Robin Hood” (1938), “Via col vento” (1939), “Il mago di Oz” (1939). Il technicolor durante la seconda
metà degli anni ’30/40 non si afferma nel cinema americano in maniera generalizzata = fino all’inizio
degli anni ’50, i film a colori sono una netta minoranza per una questi di costi.
L’affermazione del cinema a colori è legata all’impiego di un nuovo sistema – più economico –
Eastman color (1950).
Diffusione del formato panoramico – fino agli anni ’50 l’unico formato per l’immagine
cinematografica era l’Academy Standard = schermo poco più che quadrato. Per rapporto d’aspetto
s’intende il rapporto fra l’altezza e la larghezza dello schermo – quello dell’Academy Standard era
1,37:1. Il primo e più importante formato panoramico introdotto è il Cinemascope – rapporto è
2,35:1. Quest’ultimo sistema venne utilizzato dalla 20th Century-Fox e venne usato per la prima
volta nel 1953 per il film “La tunica” di Henry Koster. Vennero inventati altri sistemi utilizzati da altre
case come ad esempio = Vistavision usato soprattutto dalla Paramount e il suo rapporto era 1,66:1
– usato per “La donna che visse due volte” (1958). Todd-ao usato per il musical “Oklahoma!” (1955),
rapporto 2,21:1. Il sistema che prevedeva lo schermo più imponente era = Cinerama con un
rapporto di 3,00:1. Il film più noto è “La conquista del West” (1962) girato con il sistema Cinerama.
Diffusione del suono stereofonico – l’unico altoparlante situato dietro lo schermo non era più
sufficiente per i sistemi di schermo panoramico. Era necessario collocare diversi altoparlanti nel
resto della sala e dietro lo schermo.
Film in 3D – per ottenere l’effetto, gli spettatori dovevano indossare i famosi occhiali con le lenti
rosse e verdi. Nella prima metà degli anni ’50 vennero distribuiti numerosi film in 3D tra cui: “La
maschera di cera” (1953) o “Baciami Kate” (1953).
Poiché le fiction televisive sono a basso costo, si punta sulle superproduzioni spettacoli (tipica degli
anni ’50 è la diffusione del film storico in costume con monumentali scenografie e centinaia di
comparse). “I dieci comandamenti” (1956), “Ben Hur” (1959), “Cleopatra” (1963).
Poiché in televisione la censura è più forte che nel cinema, si punta su film più “maturi”, basati su
soggetti scabrosi e destinati a un pubblico adulto (= questa esigenza entra però in conflitto con le
restrizioni imposte dal Codice Hays, ancora fortemente vincolante).
Production Code o Codice Hays (1929) = negli USA, a differenza di altri paesi, non è mai esistita una
censura governativa sul contenuto dei film. Negli anni ’20, per prevenire l’offensiva dei moralisti e
delle organizzazioni religiose, che chiedevano l’istituzione di un ufficio di censura, le case di
produzione hollywoodiane decisero di darsi un codice morale di autocensura e di rispettarlo. Della
stesura venne incaricato William H. Hays che dal 1922 al 1945 fu presidente della Motion Picture
Producers and Distributors of America (MPPDA). Nonostante abbia preso il suo nome, William Hays
non fu l’autore materiale del codice poiché venne redatto da Martin J. Quigley – giornalista cattolico.
Il codice venne istituito nel 1929 ma rimase “nullo” poiché venne ignorato da molti.
Azioni, parole o situazione totalmente proibite:
➢ Nudità totale o parziale
➢ Linguaggio esplicito o blasfemo
➢ Perversioni sessuali
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Storia del cinema

➢ Relazioni sessuale interrazziali


➢ Traffico e consumo di stupefacenti
➢ Malattie veneree
➢ Offese verso qualsiasi nazione, razza o religione
Argomenti da trattare con cautela = uso di armi da fuoco, furti/rapine e attentati, atti brutali e
raccapriccianti, religione e cerimonie religiose, adulterio, stupro, prostituzione.
Production Code Administration (1934) – ufficio incaricato di sorvegliare sulla produzione
cinematografica hollywoodiana e che venissero rispettate le regole del codice. A capo venne posto
Joseph I. Breen, responsabile fino al 1954 – definito il “grande censore”.
Il codice Hays, applicato rigorosamente negli anni ’30 e ’40, nel decennio successivo comincia ad
apparire superato e alcuni registi cominciano a violarlo, contribuendo alla sua abolizione definitiva,
che avverrà alla fine degli anni ’60 – tra questi registi svolge un ruolo importante Otto Preminger.
Nel 1953 decide di dirigere una commedia dal titolo “La vergine sotto il tetto” = la commedia venne
sottoposta alla Production Code Administration, la quale la bocciò. Otto Preminger decise di girare
il film in ogni caso, nonostante il “no” ricevuto – ottenne un notevole successo. Il secondo “attacco”
al codice Hays avvenne nel 1955 con “L’uomo dal braccio d’oro” di Otto Preminger – primo film che
affronta il tema della tossicodipendenza, venne distribuito nella sale senza aver ottenuto il visto.
Crisi del cinema hollywoodiana = a partire dagli anni ’50 l’industria cinematografica americana
attraversa una crisi profonda, causata dal “caso Paramount”, dall’avvento della televisione e da altri
fattori, che raggiunge il suo culmine nel corso degli anni ’60.
1. Incremento delle produzioni indipendenti
2. Riduzione degli studios a semplici finanziatori e distributori di film
3. Drastica diminuzione del numero dei film prodotti annualmente
4. Aumento delle superproduzioni spettacoli ad alto budget
Il cinema hollywoodiano nel dopoguerra pt 2
Fino alla fine degli anni ’30 i film hollywoodiani non contengono alcun riferimento alla politica
internazionale contemporanea. I primi film apertamente antinazisti vengono prodotti fra il 1939 e
il 1940.
Il primo film antinazista prodotto a Hollywood è “Confessioni di una spia nazista” (1939) di A. Litvak
– film di spionaggio che denuncia l’infiltrazione di spie tedesche all’interno della comunità
americana tedesca. Il film antinazista più famoso è “Il grande dittatore” (1940) di C. Chaplin – l’attore
e regista scende direttamente in “campo” e attacca esplicitamente, con una satira pazzesca, Hitler
e la Germania. Chaplin non parla veramente in tedesco nella scena del discorso ma lo imita. Il film
venne proibito in Germania.
Hollywood in guerra – dopo l’attacco di Pearl Harbor e la conseguente entrata in guerra degli USA
(1941), il cinema sostiene la causa bellica fino in fondo. La propaganda antinazista (e antinipponica)
è limitata ai documentari e ad alcuni generi cinematografici, come il film di spionaggio e soprattutto
il film bellico, mentre la maggior parte della produzione hollywoodiana rimane di puro
intrattenimento. Durante la guerra alcuni registi dirigono per il governo degli USA dei documentari

49
Storia del cinema

di propaganda bellica. In particolare, Frank Capra cura la celebre serie “Why we fight” (1942-1945),
composta da 7 episodi diretti da vari registi.
Film bellici – il war film si afferma come genere autonomo soltanto dopo lo scoppio della Seconda
Guerra Mondiale. Nel periodo del muto e nel primo decennio del sonoro la produzione di film bellici
è limitata a una serie (non troppo numerosa) di pellicole sulla Prima Guerra Mondiale. Durante la
Seconda Guerra Mondiale vengono girati numerosi film bellici e la produzione prosegue dopo la fine
del conflitto. “Arcipelago in fiamme” (1943) di H. Hawks, “Destinazione Tokyo” (1943) di D. Daves,
“I sacrificati di Bataan” (1945) di J. Ford e “Obiettivo Burma!” (1945) di R. Walsh – alcuni esempi di
film bellici girati durante la Seconda Guerra Mondiale.
I generi del dopoguerra – dopo il 1945, accanto a quelli già consolidati, si affermano nuovi generi
cinematografici, tra i quali bisogna ricordare il film noir, che fiorisce nell’immediato dopoguerra e il
film di fantascienza che appare agli inizi degli anni ’50.
IL FILM NOIR – termine usato per la prima volta nel 1946 dal critico francese Nino Frank nell’articolo
“Un nuovo genere poliziesco: l’avventura criminale” a proposito di alcuni film americani prodotti
durante la Seconda Guerra Mondiale e nell’immediato dopoguerra. In Francia il termine noir è
divenuto sinonimo di “poliziesco” con la nascita della Série Noir, pubblicata dalla casa editrice
Gallimard a partire dal 1945 (= lo stesso è accaduto in Italia con la collana “Il Giallo Mondadori”).
Attualmente viene usato dalla critica e dalla storiografia cinematografica per indicare un tipo
particolare di film poliziesco fiorito in America fra il 1944 e il 1949.
Principali influenze = narrativa “Hard-boiled” – genere della letteratura popolare nato negli USA
alla fine degli anni ’20 che si distingue dal “giallo classico” perché introduce nello schema della
detection una forte dose d’azione. L’eroe tipico della narrativa hard-boiled è il detective privato,
figura di “duro” profondamente diversa dall’investigatore classico, che risolve i casi a tavolino grazie
alle sue capacità deduttive. La narrativa hard-boiled è strettamente legata alla rivista “Black Mask”
(1920-1951) – i principali autori sono: Dashiel Hammett (il suo romanzo più famoso è “Il falco
maltese” del 1931) e Raymond Chandler (autore di numerosi racconti e di sette racconti incentrati
sul detective privato Philip Marlowe – il suo romanzo più importanti è “Il grande sonno” del 1939).
Gangster film – il film noir eredita da “Scarface”, “Nemico pubblico”, “Piccolo Cesare” e dagli altri
gangster film degli anni ’30 l’ambientazione urbana e la descrizione del mondo del crimine
organizzato. Un’altra importante influenza è quella del cinema espressionista tedesco – dopo il
1933, anno in cui Hitler diviene Cancellerie, molti registi importanti attivi in Germania abbandonano
il paese e si trasferiscono negli USA, dove riescono a inserirsi nell’industria hollywoodiana e dirigono
spesso film noir, introducendovi le atmosfere e lo stile visivo del cinema muto tedesco.
Tra i più importanti registi di origine tedesca/austriaca:
➢ Fritz Lang dirige molti film appartenenti a diversi generi ma il “grosso” della sua carriera sono
perlopiù i film noir.
➢ Billy Wilder diviene uno dei registi hollywoodiani di maggior successo e si specializza nella
commedia – dirige un noir importantissimo “La fiamma del peccato”.
➢ Robert Siodmak diventa un regista specializzato nel thriller, poliziesco, gangster e noir.
➢ Otto Preminger si segnala per la regia di una serie di importantissimi film noir.

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Storia del cinema

Un’altra influenza importante è quella della psicoanalisi – dopo la presa del potere di Hitler anche
molti psicoanalisti austriaci o tedeschi emigrano negli USA, dove iniziano a esercitare, s’inseriscono
nelle università e diffondono le loro teorie nella società americana, influenzando anche il cinema.
Pur non essendo un noir in senso stretto, il film “Spellbound” (1945) di Alfred Hitchcock introduce
la psicoanalisi freudiana all’interno di un soggetto criminale. Nei film noir sono spesso presenti
personaggi dalla mente turbata e compaiono di frequente sequenze oniriche.
“Io ti salverò/Spellbound” (1945) – vuole esplicitamente offrire un’immagine divulgativa della
psicoanalisi freudiana; all’interno del film è presente una sequenza onirica la cui scenografia è stata
disegnata da Salvador Dalì.
Caratteristiche tematiche e formali del film noir:
➢ Detective privato – figura presente soltanto in alcuni film che sono quasi sempre
adattamenti di romanzi dei due principali esponenti della “scuola” hard-boiled = Dashiell
Hammett e Raymond Chandler. L’attore hollywoodiano che ha interpretato nel miglior modo
la figura del detective privato è Humphrey Bogart – “Il mistero del falco” (1941) di J. Huston
e “Il grande sonno” (1946) di H. Hawks.
➢ Dark lady – versione moderna della vamp del cinema muto, è una donna fatale che fa
innamorare di sé il protagonista maschile e lo conduce alla rovina, spingendolo a partecipare
a delle rapine o ad organizzare l’assassinio del marito. Le dark lady più famose sono tre =
Barbara Stanwyck nel film “La fiamma del peccato” (1944), Ava Gardner nel film “I
gangster” (1946) e Rita Hayworth nel film “La signora di Shanghai” (1947).
➢ Centralità dello spazio urbano – la città è il luogo noir per eccellenza, al punto che c’è chi
tende a considerarla una condizione sine qua non del ciclo. La sua centralità deriva dalla
doppia matrice del gangster film degli anni Trenta e della tradizione letteraria dell’hard-
boiled. Nel primo caso si tratta della città come luogo di perdizione e di violenza, in cui
trionfano le merci e il denaro. Nel secondo caso la città è vista soprattutto come labirinto
notturno, costellazione di spazi seducenti e minacciosi, luogo di inganni e di corruzione in cui
perdersi. Alcuni film noir sono girati in studio con scenografie stilizzate che ricordano quelle
del cinema muto tedesco, mentre altri utilizzano location autentiche sotto l’influenza del
neorealismo italiano. Come esempio di film che utilizza location autentiche dobbiamo citare
“La città nuda” (1948) di J. Dassin.
➢ Uso della voice-over – molto spesso l’azione è accompagnata dalla voce narrante del
protagonista che racconta la propria storia in prima persona = mira a tradurre la tecnica
narrativa tipica del romanzo hard-boiled. Un esempio è il film “Vertigine” (1944) di O.
Preminger.
➢ Costruzione in flashback – molto spesso nel film noir l’azione inizia dalla fine e gli eventi
precedenti vengono rievocati in flashback (può trattarsi di un unico lungo flashback o delle
rievocazioni di più personaggi, secondo il modello proposto da “Quarto Potere”).
➢ Uso frequente della soggettiva – i film noir contengono numerose inquadrature soggettive
e in alcuni casi l’intera vicenda è mostrata dal punto di vista del personaggio principale. Un
esempio è il film “Una donna nel lago” (1947) di R. Montgomery.
➢ Sequenze oniriche – i film noir contengono spesso immagini oniriche o sequenze che
visualizzano le allucinazioni di un personaggio. In “La donna del ritratto” (1944) di Fritz Lang,
alla fine si scopre che l’intera vicenda narrata nel film era un sogno del protagonista.
51
Storia del cinema

Il genere noir raggiunge il suo massimo splendore fra il 1944 e il 1949 – successivamente a
Hollywood vengono girati altri film polizieschi che non presentano più le caratteristiche dei film noir
precedenti (= prevalgono le narrazioni realistiche e oggettive, scompare la voice-over e le
costruzioni in flashback e le lunghe riprese in soggettiva – scompaiono anche le sequenze oniriche).
Film classico del genero noir è “La fiamma del peccato” (1944) di Billy Wilder. È un film che
esemplifica alcune delle principali caratteristiche del film noir hollywoodiano ed è tratto dal
romanzo “Double Indemnity” di James M. Cain.
Billy Wilder – uno dei maggiori registi hollywoodiani degli anni ‘50/’60 nonostante non sia
americano; nasce nel 1906 in una cittadina dell’attuale Polonia centrale. Nasce da una famiglia
ebrea non molto benestante – decide di dedicarsi al giornalismo a Vienna e a Berlino. In quest’ultima
città, capitale del cinema, Wilder entra in contatto con il mondo cinematografico = diventa
sceneggiatore e all’inizio degli anni ’30 scrive diverse sceneggiature. Nel 1933, dopo la vittoria di
Hitler al potere, Wilder abbandona la Germania e si trasferisce in Francia – nel 1944 s’imbarca per
gli Stati Uniti. Qui, riesce a integrarsi all’interno dell’industria hollywoodiana come sceneggiatore –
il suo successo inizia con la Paramount Picture = inizia a lavorare come sceneggiatore in coppia con
Charles Brackett – insieme scrivono una serie di sceneggiature appartenenti alla commedia
romantica = “Ninotchka” (1939).
“Frutto proibito” (1942) – Wilder esordisce nella regia, non scriverà più sceneggiature ma continuerà
a scrivere da solo o in coppia per i suoi film. Successivamente, Wilder diviene famoso per il genere
della commedia hollywoodiana degli anni ’50 e ’60.
Wilder si afferma anche grazie a una serie di film basati su soggetti drammatici = “La fiamma del
peccato”, “Giorni perduti”, “Viale del tramonto”.
“La fiamma del peccato” – sceneggiatura tratta dal romanzo di James M. Cain “Double Indemnity”
(“La morte paga doppio”) pubblicato a puntate su una rivista nel 1936 e in volume nel 1943. Sinossi
= l’agente assicurativo Walter Huff diviene l’amante di Phillis Nirdlinger, la moglie di un suo cliente,
che lo induce ad assassinare il marito in un incidente simulato allo scopo di intascare la sua
assicurazione sulla vita. Il romanzo riprende la trama di “Il postino suona sempre due volte” e s’ispira
a un fatto di cronaca nera avvenuto realmente negli USA alla fine degli anni ’20 = Ruth Snyder,
moglie di un ricco, incontra Judd Gray e insieme uccidono il marito di lei – i due vennero condannati
a morte nel 1928 con la sedia elettrica.
La sceneggiatura del film venne scritta da Wilder insieme a Raymond Chandler – autore di una serie
di racconti/romanzi incentrati sul personaggio fisso Detective Philip Marlowe = il più famoso è “Il
grande sonno” del 1939.
Attori principali del film “La fiamma del peccato” = Barbara Stanwyck nel ruolo di Phillis Dietrichson,
Fred MacMurray nel ruolo di Walter Neff e Edward G. Robinson nel ruolo di Barton Keyes. Wilder
decise di concludere il film con la condanna a morte dei protagonisti in una camera a gas.
La Nouvelle Vague pt 1
Tendenza cinematografica che si afferma in Francia fra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60
– eserciterà un’influenza enorme su tutto il cinema europeo ed extraeuropeo.

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Storia del cinema

Il termine Nouvelle Vague viene usato per la prima volta dalla rivista “L’Express” per un’inchiesta
sociologica sulla gioventù francese pubblicata nel 1957 con il titolo “La Nouvelle Vague arrive!”.
L’espressione viene ripresa dalla stampa a partire dal 1959 a proposito di una serie di film innovativi
diretti da un gruppo di giovani registi esordienti fra il 1958 e il 1960.
“Le beau Serge” (1958) di Claude Chabrol e “I cugini” (1959) di Claude Chabrol – due lungometraggi
che possono essere considerati come i primi della tendenza della Nouvelle Vague. “I quattrocento
colpi” (1959) di François Truffaut e “Hiroshima mon amour” (1959) di Alain Resnais – vengono
presentati al festival di Cannes ottenendo un notevole successo commerciale. “Fino all’ultimo
respiro” (1960) di Jean-Luc Godard – notevole successo sia di critica che di pubblico. “Parigi ci
appartiene” (1961) di Jacques Rivette – lungometraggio di esordio del regista Rivette.
Si può datare la fine dell’epoca d’oro della Nouvelle Vague al 1962, anno in cui vengono distribuiti
gli ultimi film importanti e dopo il quale i suoi principali esponenti prendono strade diverse.
“Jules et Jim” (1962) di François Truffaut – terzo lungometraggio del regista, interpretato dall’attrice
Jeanne Moreau. “Questa è la mia vita” (1962) di Jean-Luc Godard, “Il segno del leone” (1962) di Eric
Rohmer – lungometraggio più famoso del regista Rohmer.
Per trovare le origini della Nouvelle Vague bisogna soffermarci sui “Cahiers du Cinéma” = riviste
fondate nel 1951 dal critico André Bazin. Bazin si pronuncia nettamente per un cinema di tipo
realista, ma individua il realismo di un film non tanto nel suo contenuto, quanto nelle scelte tecnico-
stilistiche adottate dal regista. Secondo Bazin uno stile di vita realista è quello che pone lo spettatore
il più vicino possibile alla percezione di un evento reale. Bazin rifiuta il montaggio analitico perché
offre allo spettatore un’interpretazione prestabilita degli avvenimenti mostrati, ed enuncia la regola
del “montaggio proibito”.
Bazin apprezza l’uso del piano-sequenza in profondità di campo da parte di Orson Welles in “Quarto
Potere” perché mostra tutta l’azione in un’unica inquadratura, lasciando allo spettatore il compito
di selezionare gli elementi importanti della scena. Per lo stesso motivo Bazin apprezza il montaggio
ellittico dei film neorealisti, che impone al pubblico uno sforzo attivo per collegare e interpretare gli
avvenimenti mostrati, colmando le numerose lacune.
Intorno a Bazin si raccoglie un gruppo di giovani critici, detti GIOVANI TURCHI = termine politico,
erano un movimento politico molto radicale dell’Impero Ottomano alla fine dell’Ottocento. Tra i
nomi spiccano François Truffaut, Jean-Luc Godard, Claude Chabrol, Eric Rohmer e Jacques Rivette –
alla fine degli anni ’50 lasceranno i “Cahiers du Cinéma” per dedicarsi alla regia. Elementi comuni:
➢ Passione per il cinema (cinefilia) vissuta come esperienza totalizzante
➢ Atteggiamento fortemente polemico nei confronti del cinema francese contemporaneo
La figura più importante è quella di François Truffaut – pubblica nel 1954 “Una certa tendenza del
cinema francese”. Critica aspramente il cinema francese dell’epoca, definito della “tradizione di
qualità” o del “realismo psicologico”. Secondo l’autore si tratta di adattamenti di romanzi classici o
contemporanei in cui è più importanti lo sceneggiatore del regista. Truffaut se la prende soprattutto
con Jean Aurenche e Pierre Bost = due famosi sceneggiatori accusandoli di essere dei letterati che
disprezzano il cinema. A suo avviso, un adattamento valido non può essere scritto che da un uomo
di cinema.

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Storia del cinema

La “politica degli autori” = il regista è il solo autore di un film e non si può attribuire allo
sceneggiatore nessuna paternità o autonomia creativa. La qualità e l’originalità di un autore
cinematografico non dipendono dai temi trattati e dagli eventi narrati ma dalla mise e scène, ovvero
dal suo stile di regia.
Questo approccio consente ai “giovani turchi” di considerare autori a pieno titolo anche i registi
della Hollywood classica, che non partecipavano alla stesura della sceneggiatura e spesso non
sceglievano neppure il soggetto dei loro film. La “politica degli autori” ha contribuito in modo
decisivo alla rivalutazione critica dei registi hollywoodiani e in particolare di Alfred Hitchcock,
considerato all’epoca un abile confezionatore di prodotti di intrattenimento.
“Hitchcock” (1957) di Claude Chabrol ed Eric Rohmer – una delle primissime monografie di tipo
critico-estetico. “Il cinema secondo Hitchcock” (1966) di François Truffaut – libro intervista che
ripercorre la carriera del regista in ordine cronologico.
Fra gli autori promossi ed apprezzati dai giovani critici dei “Cahiers du Cinéma” vi sono i registi
hollywoodiani (sia degli anni ’30 che ’50) e alcuni registi europei – per la Francia il regista Jean Renoir
e per l’Italia il regista Roberto Rossellini (= il cinema della Nouvelle Vague è più “rosselliano” che
“hitchcokiano”).
Dalla critica alla regia – nella seconda metà degli anni ’50, i principali giovani critici dei “Cahiers du
Cinéma” passano dalla critica cinematografica alla regia di cortometraggi e successivamente di
lungometraggi.
“Naissance d’une nouvelle avant-gard: la caméra-stylo” (1948) – articolo scritto dal critico e regista
Alexandre Astruc, è una sorta di manifesto programmatico che anticipa di una decina d’anni la
poetica della Nouvelle Vague.

Caratteristiche del film della Nouvelle Vague:


➢ Film a basso costo, autoprodotti o prodotti da piccole società indipendenti, in grado di essere
fortemente redditizi al botteghino.
➢ Sceneggiature “aperte” e poco definite che lasciano spazio all’improvvisazione degli attori
durante le riprese.
➢ Uso di interpreti non professionisti o di attori giovani e non ancora affermati.
➢ Riprese effettuate in esterni e in interni reali con una troupe “leggera” composta da poche
persone.
➢ Registrazione del suono in presa diretta.
➢ Predilezione per storie di ambientazione contemporanea incentrate spesso su personaggi di
giovane età e caratterizzate talora dalla presenza di implicazioni autobiografiche.
➢ Presenza di riferimenti al cinema di genere americano degli anni ’30, ’40 e ’50, in particolare
al film gangsteristico e al noir.
➢ Adozione di soluzioni stilistiche innovative (riscontrabili soprattutto in Godard), come la
tecnica del piano-sequenza o l’uso del jump- cut.

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Storia del cinema

La Nouvelle Vague pt 2
François Truffaut nasce a Parigi nel 1932 – sviluppa una grande passione per la letteratura e per il
cinema. Nel periodo dell’occupazione nazista, organizza un piccolo cine-club – si mette nei guai e
s’indebita, per risolvere tenta un furto e successivamente verrà rinchiuso in un riformatorio. Qui,
scrive per chiedere aiuto ad André Bazin – uomo generoso che riesce a farlo uscire.
Uscito dal riformatorio, Truffaut continua a frequentare le sale cinematografiche e decide di
arruolarsi nell’esercito = alla fine della prima licenza, non fa ritorno nella caserma – viene
incarcerato. Nuovamente, interviene Bazin – lo libera e lo accoglie a casa sua = Bazin e la moglie
diventano i suoi “nuovi genitori”. Nel 1951, Truffaut inizia a scrivere delle inserzioni su “Cahiers du
Cinéma” finché non si afferma come il critico più noto della rivista.
Nel 1957 scrive sui “Cahiers du Cinéma” un articolo che sembra anticipare il suo abbandono della
critica e il suo esordio come regista. Nello stesso anno, sposa Madeleine Morgenstern – figlia del
produttore e distributore cinematografico. Con l’appoggio del suocero, fonda la società “Les Films
du Carrosse” che produrrà tutti i suoi film.
Nel 1957 Truffaut dirige il suo primo cortometraggio “L’età difficile” – storia di adolescenti che si
innamorano di una bella ragazza, più grande, e cominciano a pedinarla.
“I quattrocento colpi” (1959) – primo lungometraggio di Truffaut, il titolo si riferisce all’espressione
francese che significa “fare il diavolo a quattro/combinarle di tutti i colori”. Il film racconta la storia
in parte autobiografica di Antoine Doinel, un dodicenne trascurato dai genitori che marina la scuola
per andare al cinema, scappa di casa due volte e dopo avere commesso un piccolo furto viene
rinchiuso in un riformatorio. Scappa dal riformatorio per arrivare al mare, che non aveva mai visto.
“I quattrocento colpi” era stato pensato inizialmente come un cortometraggio dal titolo “La fuite
d’Antoine”, ambientato durante l’occupazione nazista. Quando decide di trasformarlo in un
lungometraggio Truffaut per la sceneggiatura si avvale della collaborazione di Marcel Moussy, uno
dei curatori di “Si c’etait vous”, trasmissione televisiva sul rapporto tra genitori e figli.
Per trovare il protagonista Truffaut pubblica un annuncio su un giornale e dopo un provino sceglie
il tredicenne Jean-Pierre Léaud. Successivamente Léaud diviene uno dei volti più noti della Nouvelle
Vague e recita in altri sette film del regista. Il personaggio di Antoine Doinel diviene il protagonista
di un ciclo che comprende in totale cinque film.
Il ciclo di Antoine Doinel:
➢ “I quattrocento colpi”, 1959
➢ “Antoine e Colette, episodio di L’amore a vent’anni”, 1962
➢ “Baci rubati”, 1968
➢ “Non drammatizziamo… è solo questione di corna”, 1970
➢ “L’amore fugge”, 1978
Il film “I quattrocento colpi” è dedicato ad André Bazin, che muore di leucemia l’11 novembre 1958,
giorno dell’inizio della lavorazione. Le riprese sono state effettuate interamente in luoghi reali. Il
suono è interamente post-sincronizzato. Lo stile visivo è semplice e a tratti quasi documentaristico;
l’azione è ripresa in maniera oggettiva e mancano quasi totalmente le inquadrature soggettive.

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Storia del cinema

Nella celebre sequenza del colloquio con la psicologa al riformatorio Truffaut usa una tecnica
documentaristica di derivazione televisiva: Antoine è inquadrato sempre in primo piano, mentre la
dottoressa-intervistatrice rimane fuori campo. Si tratta dell’unica sequenza del film girata con la
presa diretta del suono, che consente a Léaud di improvvisare parzialmente le sue risposte.
Nella sequenza finale la macchina da presa segue la corsa di Antoine con lunghissime carrellate
laterali. Il film si conclude con un fermo-fotogramma sul volto del protagonista, che guarda con
espressione smarrita verso lo spettatore.
Il film viene presentato in concorso al Festival di Cannes del 1959 – vince il premio per la miglior
regia e alla sua uscita nelle sale ottiene un notevole successo commerciale. Truffaut è stato uno
degli autori più importanti del cinema francese degli anni ’60 e ’70. Ha diretto 21 lungometraggio
fra il 1959 e il 1983.
Jean-Luc Godard – nasce nel 1930 e all’inizio degli anni ’50 diventa un critico presso la rivista
“Cahiers du Cinéma”. Nella seconda metà degli anni ’50, passa alla regia – dirige quattro
cortometraggio e nel 1960 esordisce nel lungometraggio.
“Fino all’ultimo respiro” (1960) è il primo lungometraggio di Godard. Il film racconta la breve
relazione fra Patricia, una ragazza americana che studia a Parigi, e Michel Poiccard, un ladro di
automobili che uccide un agente e viene ucciso a sua volta dalla polizia. È il primo lungometraggio
di Jean-Luc Godard che aveva già diretto quattro cortometraggio negli anni ’50. Il film è prodotto da
Georges de Beauregard, che produrrà numerosi film di Godard e di altri registi della Nouvelle Vague.
La sceneggiatura è basata su un soggetto originale di Truffaut ispirato a un episodio di cronaca nera
realmente accaduto. Gli attori sono Jean Seberg e Jean-Paul Belmondo.
Cinema di genere – il soggetto di Truffaut voleva rifarsi alla tradizione del gangster film americano
e soprattutto a Scarface. Godard fa soprattutto riferimento a “un altro universo, quello del cinema
americano minore, detto comunemente di serie B, che viveva ai margini delle grandi case di
produzione e che pure svolgeva una funzione importante e rivelava di tanto in tanto autori cari al
cinéphiles. Così “Á bout de souffle” e dedicato ha una casa di produzione minore degli anni ’50, la
Monogram Pictures, nota per i suoi film di serie”.
Nonostante i riferimenti al poliziesco, nel film i “tempi morti” occupano molto più spazio dei
momenti d’azione. Esemplare la lunga sequenza nella stanza d’albergo, in cui i due protagonisti
sembrano recitare a ruota libera, compiendo gesti e pronunciando parole del tutto insignificanti sul
piano dell’intreccio. Come Truffaut, ma in maniera più insistita, Godard introduce nel film numerose
citazione con funzione di omaggio: cinematografiche (I “Cahiers du Cinéma”, Humphrey Bogart, le
locandine dei film), letterarie (William Faulkner), pittoriche (Renoir), musicali (Mozart).
Innovazioni stilistiche:
➢ Uso del piano-sequenza
➢ Montaggio frammentato con ellissi molto brusche tra un’inquadratura e l’altra
➢ Impiego del jump-cut
➢ Sguardo in macchina
➢ Recupero della chiusura a iride, tipica del cinema muto

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Storia del cinema

Il jump-cut è un taglio di montaggio fra due inquadrature in cui la macchina da presa riprende il
soggetto dalla stessa identica posizione, o comunque da un’angolazione e una distanza troppo simili
perché lo spettatore possa percepire la differenza.
Nei film successivi Godard si discosta ancor più radicalmente dalle regole narrative e tecnico-
stilistiche del cinema tradizionale, che Truffaut invece rispetta, e nel 1966 aderisce alla dottrina
marxista. Regista estremamente prolifico, ha diretto da solo o in collaborazione più di una
cinquantina di film fra lungometraggi e cortometraggi (il più recente risale al 2018).
Alain Resnais è più vecchio di Truffaut e di Godard, non proviene dalla critica cinematografica e non
è un regista esordiente. La sua carriera inizia nell’immediato dopoguerra con una serie di
documentari incentrati prevalentemente sull’arte, come “Van Gogh” (1948) e “Gauguin” (1950).
Nel 1955 Resnais dirige il primo film che lo rende celebre = “Notte e nebbia”, documentario che
tratta il tema dell’Olocausto. Film che lascia una forte traccia agli spettatori dell’epoca visto il tema
di cui tratta = Resnais utilizza filmati che non erano mai stati mostrati risalenti a quell’epoca.

“Hiroshima mon amour” (1959) – è il primo lungometraggio narrativo di finzione di Resnais. Il film
racconta la storia d’amore tra un’attrice francese e un architetto giapponese entrambi segnati dalla
guerra: lui è traumatizzato dal bombardamento atomico di Hiroshima, mentre lei durante
l’occupazione si era innamorata di un giovane soldato tedesco che era stato ucciso sotto i suoi occhi.
I due protagonisti sono interpretati da Emanuelle Riva ed Eiji Okada. La sceneggiatura è stata scritta
da una famosa scrittrice francese = Marguerite Duras.
Il film è caratterizzato da un dialogo fortemente letterario e da un uso raffinato della tecnica
cinematografica, lontano dall’immediatezza degli altri film della Nouvelle Vague. Basato
sull’alternanza fra presente e passato, “Hiroshima mon amour” prosegue la riflessione sulla
memoria iniziata con “Notte e nebbia”. Sul piano tecnico-stilistico il film si segnala soprattutto per
l’uso innovativo dei flashback, che non sono più lunghe sequenze narrative accompagnate dalla
voice-over e delimitate da dissolvenze incrociate, come nel cinema classico, ma brevi e improvvisi
frammenti di memoria che affiorano a poco a poco nella mente della protagonista.
La formazione documentaristica di Resnais è percepibile nel prologo del film, composto da immagini
di repertorio della tragedia di Hiroshima a cui fa da contrappunto il commento letterario di
Marguerite Duras.
Nel corso degli anni ’60, sotto l’influenza della Nouvelle Vague, appaiono in altri paesi non solo
europei nuove tendenze cinematografiche con caratteristiche analoghe, come il Free cinema
inglese, il Nuovo cinema tedesco, la Nová vlna cecoslovacca, il Cinema nuovo brasiliano o, più tardi,
la New Hollywood.

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Storia del cinema

Tendenze che si sviluppano in Europa a partire dagli anni ’60 e sotto l’influenza della Nouvelle
Vague francese.
Free cinema è una delle prime tendenze – nasce nel Regno Unito con largo anticipo rispetto alla
Nouvelle Vague francese. L’espressione “free cinema” viene usata per la prima volta come titolo di
una rassegna di cortometraggi di giovani registi indipendenti presentata al National Film Theatre di
Londra nel febbraio del 1956. Questa rassegna era composta da tre film = “O Dreamland” di L.
Anderson (1953), “Momma don’t allow” di K. Reisz e T. Richardson (1955), “Together” di L. Mazzetti
(1956).
Il programma conteneva un breve testo che si può considerare come una vera e propria
dichiarazione di poetica, sorta di manifesto del nuovo cinema inglese. Il “free cinema” inglese
s’inserisce in una corrente estetica/culturale più ampia che si sviluppa sia nel teatro che nel romanzo
e cinema fra gli anni ’50 e ’60 e che viene chiamata Kitchen Sink Realism. Corrente letteraria,
teatrale e cinematografica orientata verso il realismo sociale che si afferma nel Regno Unito fra gli
anni ’50 e ’60. Il termine, traducibile letteralmente con “realismo del lavello da cucina”, si riferisce
alla tendenza di queste opere a descrivere la vita quotidiana di persone appartenenti alla classe
operaia o comunque di bassa estrazione sociale.
In ambito letterario gli esponenti principali di questa corrente venivano chiamato i “giovani
arrabbiati” (Angry Young Men) = espressione giornalistica usata per indicare un gruppo di giovani
drammaturghi e romanzieri di tendenza realista che si affermano nel Regno Unito verso la metà
degli anni ’60. L’esponente più importante è John Osborne – autore di un’opera teatrale “Ricorda
con rabbia” (1956) = primo testo appartenente a questa corrente.
Gli esponenti principali del free cinema inglese sono:
1. Tony Richardson – esordisce nel lungometraggio dirigendo un adattamento dell’opera di
John Osborne intitolato “I giovani arrabbiati” (1958). Il film più significativo di Richardson è
“Gioventù, amore e rabbia” (1962) tratto dall’opera letteraria di Alan Sillitoe (“La solitudine
del maratoneta” del 1959).
2. Karel Reisz – dirige un documentario “We are the lambeth boys” (1959). Nel 1960 esordisce
nel lungometraggio con “Sabato sera, domenica mattina” tratto dal romanzo di Alan Sillitoe.
3. Lindsay Anderson – il suo film più rappresentativo e vicino all’estetica del free cinema è “Io
sono un campione” (1963).
Un’altra tendenza è quella del nuovo cinema tedesco tra gli anni ’60 e ’70. Questa tendenza nasce
come movimento organizzato nel 1962 = il 28 febbraio venne pubblicato il “Manifesto di
Oberhausen”. Influenzato dalla Nouvelle Vague francese e si pronuncia per un tipo di cinema
originale e libero sia dal punto di vista estetico che commerciale. I principali firmatari del manifesto
sono Alexander Kluge e Edgar Reitz.
Alexander Kluge esordisce nel 1966 con “La ragazza senza storia” – film molto influenzato dalla
Nouvelle Vague francese e caratterizzato da uno stile “difficile e sperimentale”.
Edgar Reitz è diventato famoso soltanto nel 1984 con il film “Heimat” – saga cinematografica in
undici episodi.

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Storia del cinema

Quando si parla di nuovo cinema tedesco si fa riferimento anche a una serie di giovani registi =
Volker Schlöndorff, Werner Herzog, Rainer Werner Fassbinder, Wim Wenders.
Un’ultima tendenza è new Hollywood – New American Cinema Group = Gruppo di cineasti
indipendenti fondato a New York all’inizio degli anni ’60 il cui principale animatore era il regista di
origine lituana Jonas Mekas, autore del manifesto del New American Cinema. Il manifesto era
caratterizzato da un’aperta opposizione all’estetica del cinema hollywoodiano e dalla volontà di
creare una rete produttiva e distributiva totalmente indipendente. È un fenomeno ristretto e
limitato per quanto riguarda il numero degli autori e delle opere – caratterizzato da un approccio
sperimentale ed estraneo a qualsiasi logica di mercato.
Estremamente diverso e di dimensioni più consistenti (= più importante) è la Hollywood
Renaissance (New Hollywood) – fenomeno esploso alla fine degli anni ’60, momento in cui la crisi
del cinema classico hollywoodiano raggiunge il suo culmine. Viene storicamente indicato il 1967 =
anno in cui compaiono due film importantissimi = “Il laureato” di Mike Nichols e “Gangster Story”
di Arthur Penn. Il film simbolo della Hollywood Renaissance è “Easy Rider” (1969) di Dennis Hopper.
Questi film, presentano delle caratteristiche comuni = diretti da registi giovani, realizzati con budget
estremamente ridotti, di produzione indipendente (ma non sempre) e con tematiche incentrate
sulla condizione giovanile.
Il cinema come arte e l’idea d’autore – Antonioni
Il panorama cinematografico mondiale della fine degli anni ’50 – e per tutti gli anni ’60 – è
caratterizzato dalla presenza di due fenomeni:
1. Nouvelle Vague
2. Cinema d’autore = assistiamo all’apparizione e affermazione internazionale di una serie di
figure isolate di grandi registi dotati di una propria poetica personale e di un proprio stile.
Nella maggior parte dei casi sono più “anziani” dei registi della Nouvelle Vague.
Questi due fenomeni, si sovrappongono e si confondono perché gli esponenti della Nouvelle Vague
– una volta finita la fase iniziale del movimento – proseguono autonomamente la propria carriera
sviluppando una poetica personale.
Alcuni tra i nomi più importanti del cinema d’autore:
➢ Luis Buñuel – inizia la sua carriera alla fine del periodo del muto, realizza insieme a Dalí un
film surrealista.
➢ Ingmar Bergman – regista svedese, figura fondamentale del cinema d’autore. Inizia la sua
carriera nella seconda metà degli anni ’40.
➢ Akira Kurosawa
➢ Federico Fellini e Michelangelo Antonioni – i due grandi rappresentanti dell’Italia.
Michelangelo Antonioni (1912-2007) – nasce a Ferrara da una famiglia della middle-class. Dopo le
scuole medie si iscrive al liceo classico Ariosto – cambia scuola e si trasferisce in un istituto tecnico.
Si iscrive all’università di Bologna e si laurea in economia e commercio. Già nell’adolescenza sviluppa
grandi interessi artistici = impara a suonare il violino, si diletta con la pittura, frequenta giovani
intellettuali tra cui Giorgio Bassani.

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Storia del cinema

Il primo interesse a cui si dedica Antonioni è quello per il teatro = nel periodo dell’università mette
insieme – ad altri studenti – una compagnia teatrale di dilettanti (= recita, disegna le scenografie,
cura la regia e scrive dei drammi).
Non sappiamo esattamente quando Antonioni sviluppi la passione per il cinema – a partire dal 1936
inizia a collaborare come critico cinematografico = scrive recensioni sul Corriere Padano (=
quotidiano ferrarese fondato nel 1925 da Balbo – diretto da Nello Quilici e lasciava un grande spazio
alla cultura).
Nel 1939, Antonioni abbandona Ferrara e si trasferisce a Roma – qui inizia a collaborare come critico
cinematografico per la rivista “Cinema” di V. Mussolini. Antonioni inizia a collaborare con questa
rivista in un periodo precedente a quello della teorizzazione del neorealismo.
Contemporaneamente, Antonioni frequenta il Centro Sperimentale di Cinematografia – collabora
alla sceneggiatura del film di Rossellini “Il pilota ritorna”. Nel 1942 si trasferisce per un breve periodo
in Francia dove lavora come assistente alla regia per il regista Marcel Carné per il film “Les visiteurs
du soir”.
Tornato in Italia, nel 1943, realizza il suo primo film = “Gente del Po” – breve documentario che
descrive la vita e le attività degli abitanti della valle del Po. Nell’immediato dopoguerra, Antonioni
riesce a recuperare il materiale registrato ma risulta danneggiato ed inutilizzabile – con il materiale
“buono” riesce a montare il suo primo cortometraggio che verrà completato nel 1947.
Nel 1948 dirige una serie di brevi documentari tra cui “Nettezza urbana” e “L’amorosa menzogna”
(1949). Dopo aver girato altri brevi documentari, Antonioni esordisce nel lungometraggio narrativo
di finzione, nel 1950 con “Cronaca di un amore” – all’epoca non ottenne successo. Il film racconta
la storia di una ragazza ferrarese (Paola Molon) che dopo il liceo abbandona la città per trasferirsi a
Milano dove sposa un ricco industriale. Un giorno, incontra una sua vecchia conoscenza (Guido
Garroni) e rinasce l’amore tra i due – decidono di uccidere il marito di lei. Ci troviamo davanti a un
film noir. Antonioni, riesce a trasformare la protagonista in un’affascinante dark lady.
Nonostante i riferimenti a “Ossessione”, il film si discosta dalla tradizione neorealista per la scelta di
un’ambientazione alto borghese (che si ritrova nella maggior parte dei film successivi) e per il ricorso
a tecniche di ripresa elaborate (Antonioni è uno dei pochi registi italiani dell’immediato dopoguerra
che utilizza sistematicamente il piano-sequenza). Il film di Antonioni si apre con un breve prologo
ambientato a Ferrara – ci vengono mostrati tre luoghi significativi di questa città che si intrecciano
con la biografia di Antonioni = liceo classico L. Ariosto, Tennis Club Marfisa, Quadrivio degli Angeli.
Dopo “Cronaca di un amore” Antonioni dirige tre film interessanti ma “meno riusciti”:
1. “I vinti” (1953) – film diviso in tre episodi e incentrati sulla criminalità giovanile (= verrà
massacrato di censure e otterrà poco successo).
2. “La signora senza camelie” (1953) – dramma ambientato a Roma, totale insuccesso.
3. “Le amiche” (1955) – tratto dal romanzo breve di Cesare Pavese “Tra donne sole”, ottiene
un successo maggiore. In alcune sequenze di questo film si anticipa l’Antonioni successivo.

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Storia del cinema

Nel 1957 Antonioni dirige il suo secondo capolavoro “Il grido” = racconta la storia di un operaio che
lavora in uno zuccherificio in provincia di Ferrara (interpretato da Steve Cochran). Il protagonista,
Aldo, vive con una donna (Alida Valli) senza essere sposati – un giorno la donna comunica la
relazione con un altro uomo. Aldo decide così di andarsene con la figlia per poi riportarla alla madre.
Alla fine, Aldo si suicida sulla torre del suo zuccherificio. Il film viene girato nello stesso momento in
cui Antonioni viene lasciato dalla sua prima moglie.
Location – la vicenda inizia e si conclude nella cittadina immaginaria di Goriano. Le riprese sono state
effettuate in località situate nelle province di Ferrara, Rovigo e Ravenna.
“Il grido” si inserisce apparentemente ancor più di “Cronaca di un amore” nel filone neorealista, per
la scelta di un’ambientazione popolare e per il riferimento preciso a specifici film (il paesaggio
padano e alcune situazione narrative rinviano ancora a “Ossessione”, la relazione fra il protagonista
e la figlia riecheggia quella fra Antonio e Bruno in “Ladri di biciclette”). Al tempo stesso Antonioni si
discosta radicalmente dal Neorealismo nella scelta di porre al centro del racconto la crisi esistenziale
e psicologica di un operaio, ignorando totalmente la dimensione politico-sociale. Il film, proprio per
queste ragioni, venne stroncato dalla critica cinematografica dell’epoca che era politicamente di
sinistra. Il film venne apprezzato molto dalla critica francese. Sul piano narrativo, Antonioni si
allontana dalle strutture tradizionali dell’intreccio “per mostrarci una serie di eventi privi di nessi
drammatici convenzionalmente intesi, un racconto in cui non succede nulla, o succedono cose che
non hanno più l’apparenza di un fatto narrato, ma di un fatto accaduto per caso” (Umberto Eco). La
dissoluzione della narrazione classica, a cui ancora si assoggettavano i film precedenti, procede di
pari passo con un aumento dell’importanza del paesaggio, che in alcune sequenze tende ad
acquistare una forte autonomia, anticipando le opere del decennio successivo. Il paesaggio diventa
quasi il personaggio principale.
“Grande tetralogia” (Seymour Chatman, critico) – dopo “Il grido” inizia il periodo più importante e
più maturo della carriera di Antonioni. Periodo rappresentato dalla “grande tetralogia” = è
composta da quattro film consecutivi:
1. “L’avventura” (1960) – architettura barocca della città di Noto e paesaggio naturale delle
isole Eolie
2. “La notte” (1961) – architettura moderna e città moderna di Milano (ascensore all’inizio)
3. “L’eclisse” (1962) – architettura moderna della città di Roma (quartiere periferico dell’EUR)
4. “Deserto rosso” (1964) – ambientato nella zona industriale di Ravenna
Questi quattro film presentano una serie di caratteristiche comuni e di elementi ricorrenti =
➢ Sono tutti interpretati dall’attrice Monica Vitti – lavora anche alla realizzazione del film “Il
grido” come doppiatrice dell’attrice americana.
➢ Descrivono la crisi dei rapporti di coppia tra personaggi borghesi sullo sfondo del boom
economico italiano dei primi anni ’60.
➢ Adottano una struttura narrativa “debole” e aperta, con episodi digressivi, sparizioni di
personaggi e finali sospesi.
➢ Sono caratterizzati da un dialogo scarno e rarefatto, interrotto da silenzi o rumori.
➢ Attribuiscono un ruolo centrale al paesaggio (= naturale ma anche artificiale – Antonioni è
considerato un cantore della civiltà industriale e dell’architettura moderna).

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Storia del cinema

“Malattia dei sentimenti” – Antonioni descrive gli effetti della modernizzazione e della crisi dei
modelli tradizionali sui rapporti interpersonali e in particolare sulla coppia. I suoi personaggi sono
affetti dalla “malattia dei sentimenti” = patologia causata secondo il regista dalla doppia incapacità
di aderire ai valori della tradizione e di inventarne di nuovi.
→ “Deserto rosso” è l’unico film della grande tetralogia a essere a colori ed è anche quello più
“sperimentale”. Le caratteristiche = uso di immagini parzialmente o interamente sfuocate (o gli
elementi in primo piano o lo sfondo), manipolazione espressiva del colore (colorazione di oggetti e
edifici – ricolora secondo il proprio gusto le varie location) e accompagnamento musicale elettronico
(composizioni di Vittorio Gelmetti).
“Tetralogia internazionale” – dopo la conclusione del film “Deserto rosso”, Antonioni gira quattro
film completamente diversi = abbandona l’ambientazione italiana per girare all’estero:
1. “Blow-Up” (1966) – girato a Londra
2. “Zabriskie Point” (1970) – girato negli Stati Uniti
3. “Chung kuo – Cina” (1972) – girato in Cina
4. “Professione:reporter” (1975) – girato in Nord-Africa, Germania, Regno Unito e Andalusia
Dopo “Professione:reporter”, Antonioni ritorna a raccontare una storia italiana nel film
“Identificazione di una donna” (1982) – il film si svolge a Roma ed è l’ultimo lungometraggio del
regista.
Tornerà dietro la macchina da presa nel 1995 con “Al di là delle nuvole” = ultimo lungometraggio,
parzialmente girato a Ferrara. Antonioni dirige il film insieme a Wim Wenders – visto che per colpa
di un ictus ha perso la parola. Antonioni muore nel 2007 a Roma.

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