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L’AVVENTURA DEL CINEMATOGRAFO

PARTE PRIMA: NASCITA DI UNA MACCHINA CHE RACCONTA


STORIE DA SOLA
1: Il cinema prima del cinema; il mondo come spettacolo
Prima del cinema: lanterne magiche e mondi nuovi
Il mondo pieno di immagini come viene visto oggi è nato alla fine dell’800, prima le
immagini erano molte di meno ed erano fruibili solo dai più ricchi, in questo contesto,
però, tutto faceva spettacolo e tutti volevano qualcosa di cui parlare. Fu così che
nacquero i primi esempi di spettacoli ottici: anzitutto la camera oscura che
permetteva, tramite l’ausilio di lastre di vetro di riprodurre immagini con una
precisione fotografica; va ricordata anche la “lanterna magica”, macchinario cinese
del 600, da utilizzare al buio e che veniva utilizzato per scopi sia attrattivi che didattici,
grazie ad esso era possibile riprodurre la figura di soggetti anche sconosciuti; Altra
macchina ottica del 600 è anche il “Mondo nuovo” che funzionava in maniera opposta
alla lanterna in quanto funzionava solo alla luce e per vedere le immagini si doveva
guardare al suo interno. Il mondo nuovo e la lanterna magica sono definibili come gli
antenati del cinema: la lanterna magica andava utilizzata al buio come il
cinematografo dei Lumiere e il mondo nuovo funzionava guardando al suo interno
come il kinetoscopio di Edison. La cosa che accomuna più di tutte queste invenzioni
era che avevano bisogno di un narratore per dare un senso alle immagini. A differenza
del cinema come lo conosciamo oggi, queste macchine, facevano parte di un periodo
storico in cui il contatto diretto e fisico è alla base della comunicazione e informazione

La Fotografia
Dal 1826 si inizia a diffondere anche la fotografia con la prima invenzione di Niepce
che sviluppava immagini in un tempo lunghissimo su lastre di vetro con gelatine poco
sensibili alla luce. Questa invenzione fu liberalizzata dal governo francese e ciò
permise una rapidissima evoluzione in quel campo. Fin dall’ inizio anche la fotografia
creò confusione tra il reale e l’immaginario , vi erano persone che utilizzavano la
fotografia come truffa, c’era chi con la sovraimpressione di due foto mostrava spiriti
di cari defunti ai clienti. Ciò mostrava che la fotografia poteva essere utilizzata per
mostrare sia immagini del mondo reale che extraterreno. Si scoprì che l’illusione del
movimento potesse essere prodotta con la successione velocissima di immagini
;Nacque il fenachetoscopio di Plateau (1833), un cerchio di carta con i disegni di una
persona che facendolo girare dava l’impressione del movimento. il primo documento
di fotografia in movimento della storia fu “L’onda” di Marrey (1888).

La città come spettacolo


Nell’ 800 , si evolveva in questo periodo l’idea della metropoli frenetica come è
conosciuta oggi , ricca di immagini in movimento. Vedeva come suo apice Parigi nella
quale i cafè si riempirono di specchi, ciò permetteva anche a chi era seduto di spalle
di guardare cosa accadesse attorno a lui e al di fuori. Si andava a prendere i caffè per
guardare ed essere guardati. Un altro evento stava spettacolizzando il mondo , Nel
1851 a Londra ci fu la prima Grande Esposizione, veri e propri spettacoli scientifici in
cui era possibile amminare i progressi della scienza. A Londra furono costruite delle
immense serre al cui interno vi erano interi viali con alberi , ciò permetteva di sognare
già spazi controllati dall’uomo, climatizzati e protetti dalle minacce naturali

L’uomo della folla


In mezzo a tutta questa folla di gente nasce una nuova figura ,descritta per la prima
volta da Edgar Allan Poe: “L’uomo della folla”, ovvero un cittadino che vaga in
continuazione nella metropoli ma in maniera passiva perché assorto nei suoi pensieri
ma che fu descritto anche da Baudelaire come il “flaneaur” osservatore solitario e
distratto.

Le vedute animate dei Lumiere


Nel 1895 Auguste e Louis Lumiere presentarono il brevetto del cinematografo,
riguardava un tipo di fotografia in movimento. Il cinematografo proiettava le figure
in movimento su un muro così da consentire una visione collettiva . Era una macchina
di piccole dimenzioni che permetteva di essere trasportata in maniera facile e che
permetteva sia la ripresa sia la riproduzione, bastava solo cambiare obiettivo . Il
primo quadro “L’arrivo di un treno alla stazione” come sappiamo fece scappare gli
spettatori dalla sala, questo grazie ad una visione diagonale ed una perfetta
profondità di campo. ( 16 fotogrammi al secondo) . Lo strumento ben oresto venne
acquistato da molte persone, e mentre questo serviva per riportare immagini
esotiche dei posti lontani, veniva utilizzato anche nel quotidiano per permettere ai
cittadini di “guardare loro stessi”. I Lumiere, per fare pubblicità alla machina chiesero
ai “cinematografisti” di andare in giro a girare la manovella anche senza pellicola
giusto per pura pubblicità. Se i primi film erano composti da un unico quadro,
successivamente si svilupparono prodotti più complessi tra cui “La passione di Cristo”.
In sintesi possiamo affermare che il cinematografo dei lumiere contribuì a trasformare
tutto il mondo in uno spettacolo .

L’idea del dominio


Il cinematografo consentiva anche a chi non aveva i mezzi di viaggiare tramite le
immagini, Albert Kahn tra il 1909 e il 1919 lui con altri 20 operatori andarono in giro
per il mondo e ottenne diecimila foto e migliaia di riprese da tutto il mondo che
raccolse in un unico atlante geo-etno-antropologico. Da ricordare sono anche alcuni
nomi italiani come Luca Comero in grado di riprendere il mondo con un occhio di
superiorità ( occhio del uomo bianco occidentale sul resto del mondo) che venne poi
riconosciuto come suprematismo e Roberto Omegna che fu il creatore del primo
documentario scientifico e che vinse anche un premio all’Esposizione del 1911 per un
documentario sulle farfalle.

Carattere delle vedute animate


Tutte le vedute dei Lumiere presentavano elementi comuni ovvero:
1. l’inquadratura unica
2. la profondità di campo data dalla messa a fuoco di oggetti vicini e lontani,
3. la molteplicità di centri e soggetti dentro ciascun’inquadratura,
4. le tracce di riconoscimento degli operatori dentro ogni immagini , in quanto
lepersone si mettevano in posa e guardavano in camera
5. la presenza di un narratore o imbonitore che raccontasse oralmente la storia
delle immagini riprese.

2: I trucchi e le prime attrazioni del cinematografo


La scoperta dei trucchi Méliès e il montaggio metamorfosi
A Melies si attribuisce l’invenzione del montaggio che utilizzava come effetto speciale
per mostrare la capacità del cinema di operare grandiose trasformazioni. Un altro
grande inventore cinematografico fu Segundo de Chomon che costruì il mascherino-
contromascherino (in grado di unire due luoghi separati e di sdoppiare un unico
soggetto) che fu utilizzato da Melies in “L’homme orchestre” (1902) in cui lui stesso si
moltiplicava per dieci copie. Altre importanti invenzioni furono l’arresto della ripresa
(che faceva sparire i soggetti) e lo scatto singolo (che muoveva le cose inanimate).
Il racconto a quadri fissi
Il cinema di Melies aveva una funzione prettamente attrattiva, i racconti si limitavano
a piccoli episodi autonomi e infatti il racconto era definito a “stazioni” o a “quadri”. Il
montaggio serviva per creare effetti di magia o per collegare due scene, è così infatti
che nascono due filoni cinematografici ben distinti:
Quello realista che fa capo ai Lumiere
Quello fantastico figlio di Melies.
A Melies va riconosciuto di aver scoperto che il cinema era in grado di creare un
mondo parallelo a quello reale, un mondo che per la prima volta viene anche
mostrato.

Gli inglesi e la nascita del racconto moralista: la “chase”


In Inghilterra si stava sviluppando un cinema assai differente, grazie anche al
kinetoscopio di Edison, qui per la prima volta si pone il problema della continuità
dell’azione tra le inquadrature definita anche “linearizzazione temporale”.
Vengono creati anche nuovi tipi di inquadrature come il primo piano di “Mary Jane’s
Mishap in cui troviamo un raccordo sull’asse (George Albert Smith, 1903) e il
primissimo piano di “Fire!” in cui vi è l’utlizzo di scene vere (il camion dei pompieri
che corre) e finte( casa che va a fuoco) (James Williamson, 1901) . Il cinema britannico
si differenzia da quello francese anche grazie al suo aspetto moralista ed educativo ,
insegna a fare attenzione per strada , ai problemi di alcolismo, che i cani salvano i
bambini eccc . Nasce un cinema che si basa sul contrasto tra male e bene e sul lieto
fine in cui troviamo quindi una storia in tre fasi : l’ordine, la trasgressione dell’ordine
ed il ripristino dell’ordine. ( simile a struttura della fiaba e cinema classico )

Porter, la lanterna magica e le prime narrazioni americane.


Il modello di racconto inglese bene-male era già diffuso in America dove Edwin Porter
utilizzava la lanterna magica e nel 1903 riprese anche i 12 momenti salienti in 12
quadri de “La capanna dello zio Tom”. Quando Porter conobbe Edison riuscì subito a
capire le potenzialità narrative del cinema proiettando anche film di cronaca come
“The Execution of Czolgsz” (1901) in cui raccontava il processo fatto all’attentatore
del presidente USA e nel 1903, in “ La grande rapina al treno” furono uniti 14 quadri
per un’unica inquadratura.

Mostrare più che raccontare, il ruolo del presentatore


L’epoca che va dal 1895 al 1915 è definita “Cinema delle attrazioni” e a sua volta si
distingue in “Sistema delle attrazioni mostrative” (SAM; 1895-1906) in cui i film erano
composti da singole vedute e “Sistema dell’integrazione narrativa” (SIN; 1906-1915)
in cui si iniziano a montare le inq. Una dopo l’altra. Per sintetizzare il cinema delle
attrazioni possiamo dire che :
1. mostrare più che raccontare
2. inquadrature fisse, autonome e lunghe
3. la presenza di un presentatore o imbonitore che raccontava la storia.

I colori
Altra attrazione fondamentale fu il colore , anche se il cinema rimase in bianco e nero
fino agli anni 30, esistevano varie tecniche: con il metodo dei viraggi, ovvero
immergendo la pellicola in un liquido colorato che poteva essere modificato tramite
l’imbibizione, oppure tramite la colorazione a mano che rendeva l’opera non
industriale ma artigianale.

Non dobbiamo considerare il cinema della attrazioni come antenato in quanto questa
non è una tappa verso un cinema più evoluto anzi con la scomparsa del presentatore
si perderà la comunicazione tra persone fisiche lasciando gli spettatori davanti ad una
macchina. Ci sarà quindi il passaggio dal cinematografo al cinema.

3 . Una macchina che racconta storie da sola


Uno spettacolo nuovo per una nuova classe sociale
Nel 1906 il cinematografo subì una grave crisi a cui l’industria rispose, visto il processo
di urbanizzazione, diventando uno strumento vicino al popolo più basso; Nacquesto
i nickelodion ( nickel 5 centesimi riferito al prezzo del biglietto che diminuì) iniziò a
narrare adottando nuovi generi come il western, il melodramma e il comico.
Cabiò anche lo stile grazie al montaggio analitico di Griffith che inseriva tante
inquadrature : frontale, laterale da vicino , più ravvicinato in una sola scena per farla
vedere da più punti di vista. Nel 1908 Paul e André Laffaire crearono la Film d’Art con
l’intenzione di mettere in scena le più importanti opere letterarie come “L’assasinat
du duc de Guisse” loro primo film(1908). Dal 1906 cambiò anche la distribuzione delle
pellicole che vennero noleggiate.
( In Francia il montaggio viene sfruttato in maniera straordinaria dal primo genere: il
cinema comico, i cui protagonisti erano spesso clown spesso venuti dal circo . Un altro
genere fu il film seriale poliziesco inventato da LOUIS FEUILLADE . In italia nascono
altri generi cinematografici ispirati alla tradizione teatrale. Quattro città diventano
sedi di produzioni : Roma Milano Torino Napoli. A Roma nacque la Cines fondata da
Alberini che aveva inaugurato un nuovo genere , il film storico. O in costume. La Cines
produsse film come Gerusalemme liberata e Quo Vadis

Pastrone: lo spettacolo visionario, a mezza strada fra visione e narrazione


Il cinema italiano ai tempi era all’avanguardia, inventando spettacoli visionari con
grandi scenografie, centinaia di comparse trucchi ed effetti. Le guerre antiche,
l’impero romano e la mitologia erano i nuovi argomenti di questi film.
Tra tutte spicca la figura di Giovanni Pastrone, direttore dell’Italia Film che nel 1911
aveva prodotto “La caduta di Troia” film che rimaneva legato al vecchio sistema delle
inquadrature lunghe e fisse. Ma la vera opera innovativa fu Cabiria (1914), innovativo
sia per la sua durata ( più di 2h30) , le sue scenografie ed il suo linguaggio , che
abbandonava le inquadrature lunghe e fisse. Ambientata nel III sec a.C. durante le
Guerre Puniche, un film che per la prima volta si distaccò dall’intenzione mostrativa
per concedersi alla narrazione anche se non fu un film narrativo, piuttosto uno
spettacolo visionario.
CABIRIA
Narra la storia di una bambina di nome Cabiria , figlia di un romano, che in Sicialia
viene rapita dai pirati cartaginesi. La bambina viene però salvata e sposata da un
uomo romano. E’ quindi una vicenda molto tradizionale da romanzo dell’ 800. Cabiria
vuole essere una “visione” storica del III sec a.c. , vision non racconto, il film infatti
rientra ancora nel cinema caratterizzato da una dominante visiva ed una debole
struttura narrativa. Cabiria è un film culturalmente ambizioso che vuole collegare
teatro cinema musica e pittura. Pastrone non solo inventa il carrello che usa in
moltissime scene per avvicinarsi ed allontanarsi dai personaggi che utilizza per per
far entrare lo spettatore nella finzione, ma utilizza una vasta scala di piani che vanno
da totali esterni a primi piani ravvicinati.
Il primo volo di Griffith: raccontare, più che mostrare
Anche altri artisti iniziarono ad inserire nei loro film piani ravvicinati, inquadrature di
oggetti singoli ecc. Queste inquadrature sono chiamate inserti che rendevano le storie
più chiare e riuscivano ed emozionare maggiormente lo spettatore.
)Tra il 1908 e il 1913) Griffith tentò di unire tutte le nuove tecniche di produzione (il
primo piano, il raccordo sull’asse e la dissolvenza) e il suo vero capolavoro arrivò nel
1915. “Nascita di una nazione” in cui riuscì ad unire tutte le tecniche delle diverse
inquadrature creando così il “sistema retorico narrativo” al solo scopo di per narrare
la guerra di secessione americana ed il razzismo .Soprattutto il primo piano diventa
fondamentale in questa tecnica , per la costruzione psicologica del personaggio. In
questo film la velocità dello svolgimento delle azioni, il dinamismo dei personaggi e la
violenza dei conflitti rappresentavano un grande cambiamento rispetto ai film
contemporanei che erano lenti e statici. Questo diventa il primo film della nuova
tendenza : quella che privilegia la narrazione rispetto alla visione .
Nel 1916 fu scritto anche il primo libro teorico del cinema (The photoplay, Hugo
Münsterberg). In cui si sosteneva che il cinema grazie al montaggio riproducesse gli
stessi atti della mente umana : attenzione, memoria ed emozione.

I raccordi-base del montaggio narrativo


Il montaggio analitico scompone l’inquadratura lunga e immobile in tante
inquadrature attraverso tre tipi di raccordo:
• Raccordo sull’asse: Montaggio di due inquadrature sullo stesso asse passando
da lontano a vicino e viceversa per vedere meglio. una variante che è il raccordo
di posizione in cui la stessa scena viene vista da punti vista differenti spostando
la cinepresa.
• Raccordo di sguardo e soggettiva: passa da un personaggio che guarda
all’oggetto guardato . Nascerà ben presto la soggettiva che sarà poi uno dei
punti di forza del cinema classico.
• Raccordo di movimento o di azione: con la cinepresa che segue il movimento
del soggetto. Ben presto i cineasti capirono che se un personaggio esce da
destra dovrà rientrare da sinistra
Nel frattempo Griffith crea anche :
1. il montaggio alternato in grado di raccontare due storie distinte e separate che
confluiranno poi nello stesso punto
2. il montaggio parallelo che racconta storie differenti che non si incontrano mai
ma che sono legate in parallelo da una tematica.
Questi due tipi di montaggio scandiscono anche due tipi di cinema . Il M. parallelo
servirà a portare lo spettatore a riflettere. Il M Alternato sarà per le narrazioni intense
a appassionanti ( nel cinema classico trionfa il M. Alternato)
Rissunto nascita di una nazione pag. 52

Il narratore invisibile e il regista


Griffith creò anche due nuove figure lavorative: il regista e il narratore invisibile ,
questo è un narratore nuovo ,rapido, capace di spostarsi continuamente nel tempo e
nello spazio, con la nascita di altre nuove figure nel cinema si capì che il narratore
invisibile non era una persona sola ma tutti quelli che avevano partecipato alla
realizzazione del film: Regista , sceneggiatore, montatore, attori .
All’inizio la paternità di un’opera era ragione di molti litigi come accadde a Griffith
quando all’inizio del suo lavoro gli autori erano detti cinematographer , cioè
l’operatore che teneva la cinepresa, il più famoso era Billy Bitzer con il quale litigò
aspramente visto che entrambi reclamavano la paternità dell’opera. Questa lite
produssi benefici nel cinema americano in quanto griffith battezzò che il regista
avrebbe avuto nelle sue mani la sorte del film.

Didascalie: voce simbolica del narratore


Le didascalie sostituirono il ruolo dell’imbonitore , inizialmente presentavano la
scena, dicevano quanto tempo era passato , dove si trovavano ecc,succesivamente
iniziarono a narrarla e infine contennero le parole dei personaggi fin quando nno si
arrivò al cinema sonoro in qui scomparirono.

La sequenza, dall’autonomia alla gerarchia delle riprese


La forma base del linguaggio cinematografico divenne la sequenza che consiste nella
scomposizione della vecchia inquadratura lunga, in tante inquadrature brevi che
mostrano vari punti di viste e sono dipendenti tra di loro. Le diverse inquadrature
vennero disposte in maniera gerarchica con a capo l’inquadratura classica, ampia,
immobile e lunga, detta piano d’insieme a cui facevano riferimento i piani ravvicinati,
i dettagli e i master shot. Con la sequenza nasce anche l’inquadratura che è la parte
più piccola della costruzione, tutte le inquadrature venivano unite tra di lor tramite
tagli di montaggio.
Il mondo diegetico
La sequenza ricostruisce spazio e il tempo del film, questi sono differenti da quelli reali
e sostituiscono il mondo reale con un mondo diegetico che riesce ad unire tempi e
spazi in realtà molto distanti (un’entrata di un bar a NY può portare ad un interno
costruito a LA, due attori possono guardarsi attraverso il montaggio anche se gli attori
non si incontrano mai), e nasce così il montaggio narrativo che crea l’illusione di una
continuità spazio temporale mediante inquadrature discontinue , girati in luoghi e
temi diversi, montate in una sola sequenza. Il mondo è definito diegetico e non
immaginario in quanto in realtà i luoghi sono veri, è il cinema che li rende finti.

Dal cinema di narrazione a quello sperimentale, il secondo volo di Griffith


Nascita di una nazione era apparso, contrariamente alla volontà di Griffith come un
inno al suprematismo bianco e fu così che, nell’anno successivo, 1916, Griffith realizzò
“Intolerance” un film che narrava quattro storie: la caduta di Babilonia, la Passione di
Cristo, lo sterminio degli Ugonotti in Francia nel 1572 e una storia di gangster. Questo
film può essere considerato una sintesi della violenza del mondo. Quest’opera fu
totalmente innovativa in quanto raccontò quattro storie distanti sia geograficamente
che temporalmente , narrava infatti vicende distanti due migliaia di anni tra di loro
che si intrecciano continuamente , che non cercavano di commuovere lo spettatore
ma scuotere la sua intelligenza che doveva giungere alla comprensione del male della
violenza nel mondo.
Altra novità sta nel poter entrare e uscire continuamente dai quattro mondi,
spezzando la continuità del racconto per un discorso complessivo di carattere morale
e politico. Anceh il primo piano assume un significato diverso, mentre in nascità di
una nazione serviva per mostrare la psicologia del personaggio, qui viene utilizzata
come strumento poetico, come piccole liriche all’interno di una narrazione già molto
complessa . Anche le inquadrature possono avere una durata pià lunga, proprio per
portare lo spettatore a pensare.

4: La costruzione di un linguaggio: i maestri del cinema muto


americano
Primi generi e primi divi
La ricchezza di Griffith data da “Nascita di una nazione” venne spesa in “Intolerance”
che lo trascinò al fallimento. Nacque nel frattempo Hollywood e con essa anche il
ruolo del produttore che assunse sempre più maggior importanza. Il produttore
voleva avere il controllo totale del film, emarginando il regista. Nacquero (negli anni
20) anche le prime grandi case di produzione, le “Big Three” erano la Paramount, la
MGM e la First National alle quali si accompagnavano case minori come United Artists
fondata anche da Griffith e Cheplin . Il producer system sviluppò i primi generi in
grado di orientare il rapporto produttore-spettatore, tra questi era presente il
western che vedeva come figura chiave Tom Mix e il genere drammatico in cui agì
Jesse Lasky. Negli anni 20 si sviluppò anche il divismo ( creata da un’ intensa
collaborazione tra industria cinematografica e quella dell’informazione) che vedeva
come figura chiave femminile Gloria Swanson e maschile Rodolfo Valentino. Questo
fenomeno divenne ben presto una delle ragioni dell’alienazione di massa in quanto i
divi erano portatori di una perfezione eterea e irraggiungibile.

Un magnifico giocattolo: le comiche di Senett


Il primo grande genere cinematograficofu quello delle comiche slapstick( schiaffo e
bastone) che rielaboravano la comicità da circo con la velocità del cinema.
Rappresentante di questo genere fu Mack Sennett, fondatore della Keystone e
creatore di maschere come i Keystone Cops ( poliziotti stupidi che inseguono le
persone sbagliate) e le Bathing Beauties ( ragazze sciocche in costume da bagno),
figure collettive ma anonime e prive di pensiero. Nasce così il film-giocattolo in cui
l’unico elemento davvero importante è il ritmo, non c’è messaggio , si vuole mostrare
il funzionamento della macchina cinematografica.

I padri del linguaggio moderno


Sennett contribuisce allo sviluppo del linguaggio cinematografico tanto quanto
Griffith ma in un senso molto più anarchico, trasgressivo e mutante. Allievi di Sennett
furono Charlie Chaplin e Buster Keaton che furono poi in grado di creare un cinema
comico in cui si giocava a rovesciare il senso delle cose creando un’architettura di
punti di vista che dava ad una singola immagine diversi significati grazie a delle
isotopie, il cinema comico gioca appunto su rovesciamenti di ruoli in cui chi insegue
diventa inseguito, il ridicolo diventa tragico ecc. Un altro grande autore dell’epoca,
stavolta tragico, fu Stronheim, un falsario che si trasferì da Vienna a Hollywood
cambiando anche la sua identità e che diede alla profondità di campo un’importanza
anche dal punto di vista del discorso.

Chaplin e la danza del cinema


Le comiche di Sennett apparivano come rozze, caotiche, ripetitive e banali. Fu Charlie
Chaplin a dargli grazia tramite il personaggio di Charlot, un vendicatore dei deboli e
degli oppressi dai modi altamente aggraziati che fecero apparire tutti gli elementi
(perfino la cinepresa) del cinema di Chaplin come una grande danza. Chaplin era uno
showman dalle grandi doti, era un ballerino da pantomima (spettacolo muto), un
parodista, un clown in grado di far riscattare gli apparentemente deboli, era un
personaggio molto amato dai bambini in quanto il clown prima debole ed impacciato
diventa poi il migliore , era quindi per loro come un eroe. In “The Cure” Charlot è un
alcolista che va a disintossicarsi alle terme ma che finisce per far ubriacare tutti,
questa storia è raccontata in 19 minuti attraverso 181 inquadrature differenti che
rendono Chaplin l’inventore del montaggio brevissimo che venne poi ripreso da
Ejzenstein. In seguito alla fondazione della United Artists Chaplin si inizia a dedicare
più al melodramma, in cui il suo personaggio da povero vagabondo, fa trionfare il
bene ma rimane comunque solo e triste. nel 1923 esce “Una donna di Parigi”, unico
film della sua carriera che non contiene neanche una scena comica.

Keaton e il gioco delle somiglianze


Buster Keaton produce un cinema quasi astratto che è musica dello spazio e del
tempo in cui nulla ha il senso e la funzione che dovrebbe avere. La sua maschera,
Buster, rappresenta un inetto dotato di intelligenza e fermezza morale, la sua è una
lotta per riportare le cose e l’uomo a contatto con la ragione e il sentimento . La lotta
del protagonista contro il mondo reale sono sempre basate su analogia e somiglianze
ingannevoli es: un oggetto che ha una funzione in realtà n ha un’altra ecc . Il sonoro
rovina il cinema di Keaton che si basa solo sull’immagine, Buster tornerà quindi in
brevissime scene nei ’50 e in “Film” altrui (1965) in cui interpreta sé stesso e la sua
necessità di essere lasciato in pace.

Storheim: la profondità di campo e le metafore


Storheim è invece un autore drammatico, sostenitore dello spreco e assai avverso alle
modalità di risparmio di tutte le case di produzione in cui ha lavorato.
La sua massima opera è “Greed” (1924) in cui il reale e la metafora si fondono
perfettamente. Da una parte il realismo dato da una ricostruzione della scena nei
minimi dettagli, dall’altra l’inquadratura che doveva essere ricca di metafore che
potessero unire tutto il senso della storia e lo stato d’animo dei personaggi.La
profondità di campo diventa lo strumento principale per sviluppare i contrasti interni
all’inquadratura ( se il primo piano è lieto, lo sfondo è terrificante o viceversa).
Storheim aveva una completa indifferenza verso lo spettatore comune, non pensava
che il film dovesse rilassare lo spettatore ma che anzi dovesse richiedere uno sforzo
intellettuale da parte di questo. Lui infatti è un grande provocatore sociale come
dimostrano alcuni film come “Queen Kelly” del 1928 che narra di un’educanda che
non riesce a fare le sue fortune e diventa la regina di un bordello, dimostrazione della
violenza erotica che straripa nelle sue pellicole in maniera quasi crudele.

5: Cinema come arte sovversiva: il futurismo italiano e la


rivoluzione russa
Mentre in america si diffondeva il modello narrativo, in europa nascevano degli
artisti coraggiosi ed innovativi , pr loro il cinema non era spettacolo ma arte per
scoprire nuovi mondi . Questa prospettiva abbandona il racconto per soffermarsi su
aspetti visivi . Per i futuristi italiani il montaggio è un mezzo per cambiare il mondo
seguendo i nostri capricci, per i russi il cinema incarna gli ideali della rivoluzione :
libertà modernità e rinnovamenti.

AVANGUARDIE ITALIANE
Il secolo della tecnica
Non c’era solo il cinema a cambiare la cultura ma anche i nuovi mezzi come: auto treni
aerei che trasformavano il mondo , un paesaggio visto da un treno era ben diverso
da una veduta da una montagna. Primi fra tutti furono i futuristi italiani a lanciare il
sogno di rivoluzionare la vita attraverso le macchine, seguiti poi dalle avanguardie
francesi che con il cubismo e dadaismo scompongono il mondo e il linguaggio secondo
forme geometriche e meccaniche, ed infine dai russi che vedevano nelle macchine e
nell’elettricità un equivalente della rivoluzione socialista. Per le avanguardie tedesche
le macchine assumono un significato più tenebroso , che sugerisce una mescolanza
tra vita e morte.
Le avanguardie propongono un cinema che trasgredisce e scandalizza, immagini
proibite e censurate che spezzano la frontiera del perbenismo e del mondo comune.
Ls modernità si annuncia con la distruzione di ogni forma e modello tradizionale.

I futuristi italiani e la comicità


Il “Manifesto futurista” fu scritto da Marinetti nel 1909 e fu seguito da tanti altri
manifesti tra cui quello del cinema futurista del 1916. Il cinema futurista era da
considerare arte futura per natura in quanto si dichiarava “ priva di passato e libera
dalle tradizioni” e raccontava viaggi, guerre e caccie in maniera cruda. I registi
comprendono da subito il potenziale dei trucchi e lo sfruttano per esaltare il
movimento delle cose. Il cinema futurista si ispira anche al teatro di varietà , unico in
grado di esprimere la comicità del mondo mediante caricature possenti. I primi
esperimenti filmici arrivano nel 1911 con il lavoro dei Corradini. Molto importante era
anche il cinema comico che presenta comici provenienti dal circo.

L’influenza del futurismo in Europa


Il futurismo italiano venne ripreso sia in tutte le avanguardie europee successive (tra
tutte quella tedesca con “Il gabinetto del dottor Caligari” (1919)) sia dallo stesso
cinema classico americano come dimostrato da alcuni lavori di Hitchcock proprio
perché i trucchi nel cinema futurista diventano poesia. Il futurismo è la prima corrente
artistica che si interessa al cinema come linguaggio e come monimento di linguaggio
.Il futurismo contribuisce quindi anche all’evoluzione del linguaggio cinematografico
con un nuovo genere, il diva-film.

Un altro genere del cinema italiano, il diva-film e la scoperta del primo


piano
Tra il 1915 e il 1921 in Italia si sviluppa il genere del diva-film che riprende il dramma
aristocratico elegante ed inserisce delle dive dalla bellezza etera esaltata da dei primi
piani molto lunghi in cui le attrici recitano in maniera differente (naturalistica e
minimale o eccessiva ed esasperata). I lunghi primi piani vennero poi ripresi dal
cinema tedesco e da quello francese

AVANGUARDIE RUSSE
Il futurismo russo e la rivoluzione come festa
Per parlare del futurismo russo si deve anzitutto evidenziare l’importanza sociale che
ebbe la Presa del Palazzo d’Inverno del 1918 che causò un’esplosione artistica e
intellettuale a tal punto da essere identificata come una festa. La scena della presa
del palazzo venne ripresa anche negli anni successivi ma così smise di essere festa in
senso puro e divenne spettacolo. Così la rivoluzione perse tutto il suo potenziale
creativo. In quegli anni era nata la rivista LEF del fonte unitario delle arti che costituiva
un centro di azzeramento della tradizione, si voleva eliminare tutta la letteratura e
pittura figurativa del passato per crearne una nuova. Nacque anche la FEKS , fabbrica
dell’attore eccentrico, che voleva creare attori- acrobati.
E’ soprattutto con la figura di Viktor Sklovskij che si hanno i grandi cambiamenti,
secondo la rivista LEF , era l’ispiratore della ricerca del nuovo , creò la teoria dello
“straniamento” secondo cui questo è un cambiamento del punto di vista, lui la chiama
anche la mossa del cavallo perché come negli scacchi è una mossa trasversale non
prevedibile. Un’altra sua grande teoria è “la forma” : una poesia, una pittura sono
importanti non per il contenuto ma per la forma, da qui nasce il formalismo .

Il montaggio sovversivo
Tante furono le teorie che si susseguirono in quegli anni di splendore, la teoria del
“cine-occhio” di Vertov secondo cui anche ciò che appare più banale, se visto dalla
cinepresa diventa avvincente come avviene in “L’uomo con la macchina da presa” del
1929 , in questo film non c’è storia , è il funzionamento della città che diventa trama
, non si tratta neanch di un documentario perché vertov non ci spiega niente è solo
poesia . il risveglio della città viene paragonato al risveglio di una giovane donna , le
finestre che si aprono alle palpebre . Vertov non usa il cinema per mostrare il mondo
, ma usa il mondo per mostrare il cinema.
Un’altra grande figura fu quella di Kulesov che creò l’”effetto Kulesov” che consisteva
nel riprodurre tre volte la stessa inquadratura e legarla con tre immagini differenti, in
tal modo l’inquadratura uguale assume significati diversi. Questo effetto fu ripreso da
Pudovkin che riconobbe nel montaggio lo specifico filmico riconoscendo al montaggio
una forza metaforica che lo distingue dlle altre arti e comprendendo che i raccordi
sbagliati potevano essere utilizzati come nuove forme di linguaggio ( uomo che va a
destra e poi sinistra)

Il montaggio di Ejzenstein
Il più grande regista della scuola Russa fu però Ejzestein che creò il montaggio delle
attrazioni, un montaggio che deve scuotere lo spettatore dal letargo tradizionale della
sala buia , in cui venivano unite inquadrature brevissime di elementi eterogenei come
avviene nel montaggio di Griffith ma con una struttura ribaltata, tutto è caos,
disordine, nulla è facilmente intuibile e tutto deve portare lo spettatore alla
riflessione e al completamento dell’immagine come accade in “Sciopero” del 1924
che racconta gli scontri durante la rivoluzione con gli occhi di un rivoluzionario.
( a differenza del montaggio parallelo o alternato di griffith in cui la storia è chiara ,
nel montaggio delle attrazioni tutto è disordinato, scomposto e ricomposto).
Ejzenstein è anche contrario all’inquadratura d’insieme, se l’inquadratura mostra
tutto lo spettatore non ha niente da pensare , Ejzenstein formula quindi la teoria degli
stimoli , il montaggio non deve fornire la storia completa ma deve stimolare il lavoro
intellettuale. Lui è anche contrario alla linearità temporale, se una sequenza è :
pistola, sparo , uomo colpito, il montaggio delle attrazioni ribalta tutto e diventa
quindi : caduta , sparo, grilletto in modo da suscitare domande ansie e paure nello
spettatore.
“La corazzata Potemkin” del 1925 è l’applicazione per eccellenza del montaggio delle
attrazioni, soprattutto nella scena della scalinata di odissea, in cui l’arrivo dei soltati
che sparano sul popolo diventa evento di straordinaria e terribile violenza.
In Ottobre (1928) racconta la presa di palazzo d’inverno proprio come una festa, un
caos, Il film non racconta niente è una violenza senza fine.
Con il Manisfersto dell’asincronismo Ejzenstein e pudovkin sostengono che il sonoro
non deve semplicemnte adeguarsi alle immagini ma deve essere autonomo e anzi
andare in conflitto con le immagini
Tutte le teorie di Ejzenstein vennero raccolte in un unico libro, pubblicato nel 1929:”
Oltre l’inquadratura” in cui venne inserita anche la teoria del montaggio intellettuale
secondo la quale il film può indurre al ragionamento filosofico partendo da concetti
astratti esattamente come un libro. Nel 1929 Ejzenstein venne costretto da Stalin a
realizzare un film sui contadini e creò così “La linea generale” in cui i pensieri utopici
di rivoluzione si scontrano con la realtà in cui suggerisce che forse anche la rivoluzione
è stato solo un grande sogno

Ejzenstein, Barnet e il realismo socialista


Le ricerche di Ejzenstein continuarono negli USA, quando poi il regista tornò in Russia
fu relegato alla cattedra della scuola di cinema di Mosca, il VIGK e nel 1938 mise in
scena “Aleksnder Nevskij” che celebra l’eroe medievale. In questo ambiente gli ideali
rivoluzionari si scontrarono con la durezza del regime e solo Boris Barnet riuscì a
mantenere la sua libertà di linguaggio. Nei 40 Ejzenstein diresse “Ivan il Terribile” che
racconta la storia di uno zar tiranno del XV secolo ed è la rappresentazione di Stalin,
infatti le gesta dello zar vennero esaltate dal punto di vista contenutistico ma
schiacciate per quello stilistico.

6: Le avanguardie francesi: il felice matrimonio di soggettività e


oggettività
Comicità, automatismi e trasgressione
La Francia grazie alla vittoria della prima guerra mondiale e lo sviluppo industriale,
viveva un periodo di particolare benessere e la cultura del 900 , muove gli artisti alla
ricerca di un nuovo modo di guardare. Il cinema francese ha una legame con pittura
e movimenti artistici che cercano di cogliere la percezione del movimento. Cubismo e
dadaismo saranno i punti di riferimento.
Dal punto di vista industriale, il cinema francese era più indipendente di quello
americano e permetteva all’autore di produrre liberamente mentre le industrie
cinematografiche si occupavano di distribuzione ed esercizio.

La fotogenia e il volto umano


La scoperta che solleva il cinema francese è la FOTOGENIA. Tutto ebbe inizio con un
film americano “The Cheat” del 1915. L’attore protagonista interpretava la parte di
un uomo ricco che dopo aver fatto un prestito ad una donna giovane e bella la
marchia a fuoco su una spalla come i suoi oggetti. Scrittori , filosovi e musicisti si
esaltarono per il volto dell’attore nel quale coglievano un numero infinito di
espressioni ( dalla minaccia alla protezione, dalla violenza alla sicurezza)
Questo film e i suoi primi piani scatenano la questione di cos’è la fotogenia ed il
fautore della teoria più importante fu Béla Balàsz il quale paragona il volto umano ad
un paesaggio che cambia con il mutare delle ore e dei sentimenti così come la natura
cambia aspetto secondo il tempo e la luce. Ogni volto per lui è un mondo intero ed
anche una pluralità di mondi . Balàsz fu il primo a capire che : con il primo piano,
l’animo umano diventa visibile . Ecco che il primo piano , da prima utilizzato per
curiosità o attenzione diventa strumento per mostrare un’arte nuova e mostrare
l’invisibile.
Questa scoperta diede anche un forte impulso al cinema documentaristico ed
antropologico , vendo sempre al suo interno un animo poetico (Jean Epstein)
(In america invece il primo piano è utilizzato per mostrare chi parla e chi ascolta, con
piani e contro piani )

La passione di Giovanna d’Arco: Dreyer e l’apoteosi del primo piano pag97


A dimostrazione del fatto che le teorie sul primo piano si diffusero in tutta Europa, la
più grande applicazione di questo tipo di inquadratura venne fatta dal danese Carl
Theodore Dreyer che nel 1928 diresse “La passione di Giovanna d’Arco”, film che
riesce tramite il primo piano sia sulla protagonista che su tutti gli accusatori a
trasmettere tutte le emozioni dei diversi personaggi creando nello spettatore un vero
e proprio shock.

L’arrivo del cubismo nel cinema


Il cubismo è una corrente artistica che nasce con la mostra dedicata a Cézanne del
1907. Il cubismo scompone lo spazio e gli oggetti in forme geometriche ponendosi il
problema di restituire la tridimensionalità , il movimento , l’energia delle cose
rappresentate. La sua principale applicazione cinematografica fu compiuta da “Ballet
mècanique” di Léger del 1924, questo film abbandona lo scopo narrativo e crea una
vera e propria sinfonia di oggetti, colori e musica. Una donna sale le scale un numero
infinito di volte , questo gesto banale diventa un gesto mitico . Nel film è sempre
presente una lunga inquadratura- manifesto , un enorme primo piano dell’occhio. E’
proprio l’occhio infatti, che le avanguardie francesi vogliono provocare, aprendolo e
portandolo ad un nuovo modo di guardare ( fino ad arrivare al taglio con Brunel) si
tratta di mostrare quello che i nostri occhi non hanno ancora visto.

La forza sovversiva del dadaismo: René Clair


Dada era una parola priva di senso che i dadaisti dicevano di aver trovato aprendo il
vocabolario, forse si collega ad una parola inglese il cui significato è “un passatempo
ozioso”. Il dadaismo è un movimento di grnade forza liberatori , l’arte per il dadaismo
è libera e così non potrebbe essere se fosse subordinata a messaggi sociali o morali .
Alcuni slogan di questo movimento sono:
“Il pensiero si fa nella bocca” , che rovescia il percorso tradizionale dal pensiero alla
parola e propone di parlare a caso per poi capire cosa abbiamo detto, è forse la prima
esposizione della psicoanalisi all’interno della letteratura
“Chiunque è direttore di dada” è un attacco a tutte le gerarchie
“I veri dadaisti odiano dada” che fa capire quanto questa corrente non volesse paletti
e non dovesse essere perfettamente identificata.
L’incontro del dadaismo coni l cinema lo abbiamo con “Entr’acte” Intervallo di René
Clair, la parola intervallo indica nache la poetica del dadaismo : un cinema senza un
posto preciso .
Questa corrente però iniziò a stancare perché ciò che è senza significato può
diventare noioso.

La rivoluzione surrealista
Al fallimento del dadaismo corrispose la nascita, grazie all’operato di André Breton
del surrealismo, corrente che si propone di analizzare l’ignoto e l’inconscio. Il
“Manifesto del surrealismo” venne pubblicato nel 1924, momento in cui la
psicoanalisi era conosciuta ma ripudiata e fu proprio il surrealismo a vedere in Freud
un punto di riferimento. Invenzione del surrealismo , collegata alla psicanalisi, è la
scrittura automatica che consiste nello scrivere in uno stato semi-addormentato, per
lasciare emergere i pensieri profondi e repressi. Il maggior film surrealista è “Un chien
andalouse” del 1929 in cui si comprese che il surrealismo trovava la sua comfort zone
a cavallo tra sogno e veglia e tra tutti i mondi umani e inumani, un altro grande tema
ripreso dal surrealismo fu il folle amore, un’amore che si spinge fino alla follia che
viene ritrovato anche ne “L’age d’or” del 1930. Bunuel riuscì a dimostrare che il
surrealismo era anche osservazione della realtà nel modo più crudo possibile con il
documentario Las Hurdes in cui mostra la povertà di un paese di pastori.
Con il surrealismo nasce anche il cinema lirico in cui si presenta un canto di immagini,
un esempio è “L’étoile de mer” di Man Ray che fa comprendere che il mondo esiste
ma è al di là di ciò che l’uomo può conoscere.

Eredità del surrealismo


Il primo erede del surrealismo fu il cinema realista poetico francese che vede come
tratto distintivo l’uso poetico della soggettiva per evidenziare lo stato d’animo dei
personaggi. Nasce così una soggettiva psicologica . una soggettiva di un personaggio
ubriaco non sarà mai come le altre, ma sarà traballante e fuori fuoco . Come accade
in “Napoléon” di Abel Gance del 1927, la scena della battaglia al collegio, lo schermo
si divide in 12 quadrati che mostrano tutti un’azione diversa per esaltare il pensiero
di napoleone che le segue tutte .
Una giusta sintesi tra soggettiva e oggettiva venne poi applicata nei film di Jean
Epstein, fondatore dell’impressionismo cinematografico che sfrutta il montaggio di
soggettive.

Vigo e la sintesi di avanguardia e tradizione


Colui che meglio di tutti riuscì ad unire realismo della narrazione e soggettività delle
avanguardie fu Jean Vigo, ogni sua inquadratura è sia realistica (oggettiva) che
fantastica (soggettiva). Lui è anche il primo esempio di autore cinematografico che
produce da solo i propri film e lo fa con pochissimi mezzi: una cinepresa, senza
scenografia girando sempre in ambienti reali ( a lui si ispireranno De Sica e Zavattini).
Di lui si ricordano due cine-poemi “Zero de condute” del 32 e “L’Atlante” del 34, in
questi due film lavora per sottrazione in cui il massimo pregio è la semplicità delle
immagini. Vigo riesce a dare un’aria fantastica anche ad immagini della vita
quotidiana . Il suo insegnamento sta nell’equilibrio tra avanguardie e tradizione, tra
poesia e narrazione.

Renoir, poesia della vita comune e piano-sequenza


Altro autore del realismo poetico fu Jean Renoir, figlio di Auguste, che ebbe il suo
periodo d’oro negli anni 30 in cui realizzò due film: uno considerato una delle più
grandi storie mai realizzate dal cinema ed è “La grande illusione” del 37 in cui un
gruppo di soldati della prima guerra mondiale dialogano ed alcuni sono fieri altri
delusi e distaccati alcuni ricchi ed altri poveri ma tutti ,vinti e vincitori, hanno in
comune l’essere stati sopraffatti dalla violenza . l’altro è “La regola del gioco” 1939,
una tragica commedia degli equivoci ambientato in una ricca villa dove i sogni di
eguaglianza, libertà amore e amicizia si mescolano in un caos comico-tragico che
porta alla morte del più debole, proprio come succede nella vita reale.
Anche gli attori ora non sono più divi ma vengono mostrati come esseri umani ora
forti ora deboli.
Renoir filmava con lunghe inquadrature sneza stacchi di montaggio e usava vecchi
obiettivi come quelli dei fratelli lumiere ,con una grande profondità di campo, così
che si potevano avere a fuoco contemporaneamente sia le cose vicine che lontane.
Con Renoir nacque il piano-sequenza , questo a differenza dell’ inquadratura
autonoma del cinema delle origini non è fissa ma è arricchito da movimenti della
cinepresa dati da carrelli e panoramiche . La durata dell’inquadratura senza stacchi
permette di rappresentare l’intera durata temporale di una scnea, come se accadesse
davanti a noi mentre il movimento della cinepresa presenta meglio lo spazio in cui ci
sembra di entrare

Il documentario moderno: Poesia del reale


Pochi documentaristi raggiunsero la fama durante gli anni 20, tra questo : Robert
Flaherty che viene considerato il padre del documentario poetico e semi-narrativo. Il
suo primo film “Nanook del nord” è ancora oggi un film-manifesto per la moderna
docu-fiction al suo interno in cui persone comuni interpretano la loro stessa vita.

7: Le finestre dell’incubo, le avanguardie tedesche e il cinema


scandinavo
L’astrattismo nella pittura e nel cinema
Negli anni 20 la germania appariva come un paese devastato dalla sconfitta della
prima guerra mondiale, dei debiti di guerra un periodo quindi caos e smarrimwnto in
cui la disoccupazione aumentava e le famiglie erano ridotte alla fame. I generi di
prima necessità aumentavano sempre di più ed il tutto era controllato dal mercato
nero , anche le sorti delle ragazze per bene. Il quadro sociale quindi non potè che
riflettersi nell’arte contemporanea tedesca , ma già prima della guerra erano iniziati
movimenti artistici interessati alla distruzione e alla deformazione dello spazio e della
figura umana come : astrattismo e l’espressionismo
L’astrattismo nasce nel 1912 con “Lo spirituale nell’arte” di Kandinskij, l’arte
astrattista rinuncia alla riproduzione di figure reali in favore della creazione di ombre
e forze dinamiche. Il cinema astratto ricerca un ritmo visivo non fatto di immagini e lo
ritrova nelle opere di Viking Eggeling, Marcel Duchamp e, soprattutto Walter
Ruttmann che in “Berlino – sinfonia di una grande città” del 1927 , un film interamente
di montaggio crea un’armonia tra tutti gli elementi della metropoli anche grazie al
ritmo del montaggio e alla geometria delle luci. Il cinema astrattista si dirama in tre
correnti: l’espressionismo, il Kammerspiel e la Nuova oggettività.

Cinema espressionista
Molti critici sostengono che esista un solo film espressionista in senso stretto “Il
gabinetto del dottor Caligari” (1919) caratterizzato, come tutta la cinematografia
espressionista da una forte distorsione del segno. Una delle tecniche riconosciute
all’espressionismo cinematografico è l’Effetto Schüfftan che permette la creazione di
luoghi immaginari e si propone come antenato del blue screen, altra tecnica molto
usata dagli espressionisti è il primo piano che diventa demoniaco e persecutorio. La
caratteristica principale di Caligari è che tutto appare deformato, le luci, la recitazione
accentuata, le inquadrature fisse e lunghe in contrapposizione con il cinema sovietico
ma soprattutto la chiusura dell’inquadratura su sé stessa.

Il Kammerspiel
Il Kammerspiel, il termine significa “teatro da camera” o film da camera è l’opposto
dell’espressionismo, un genere basato sulla mobilità della cinepresa, che segue
sempre da vicino i personaggi, questo richiede anche un nuovo modi di recitare degli
attori , la mimica va ridotta. Il Kammerspiel celebra il volto umano, i sentimenti muti.
Si pone come antenato del cinema moderno e che vede come massimo esponente
Lupu Pick, rumeno emigrato in Germania che realizzò “La rotaia” (1921) e “La notte
di San Silvestro” (1923).
Chi collega questi due stili è Friederich Murnau, con lui la cinepresa raggiunge la sua
massima agilità diventando occhio che si muove nello spazio, tutto il suo film infatti
può essere definito come un’infinita soggettiva dal punto di vista della cinepresa.
Nel 1922 realizza Nosferatu , film di vampiri apparentemente espressionista ma
girato in esterni dal vero e con grande profondità di campo. La cinepresa segue
sempre i movimenti lentissimi del vampiro con attenzione e paura allo stesso tempo
, lo vede entrare ed uscire dall’inquadratura , il fuoricampo quindi diventa il regno
dell’ombra .
Nel film “l’ultimo uomo” , l storia narra di un vecchio portiere d’albergo il cui unico
orgoglio è la sua divisa, ma ne viene improvvisamente privato e relegato a fare il
custode dei gabinetti. Nel film tutto è soggettivo, ma tutto è anche deforme e
distorto. Murnau ci mostra ambienti che da normali diventano improvvisamente
paurosi e schiaccianti , le strade sicure e le cose solide diventano incerte e vacillanti .
Murnau sfrutta tutte le possibilità della panoramica , della carrellata e della ripresa
dall’alto , in questo film il regista incrocia i piani , muta direzione grazie al montaggio,
gioca con le proporzioni fino a che la vertigine dell’eroe non coninvolge anche noi . E’
la nascita del cinema dello sguardo , la cinepresa diviene infatti un essere vivente che
si muove autonomamente sul set perché curioso di capire cosa accade
In questo periodo si sviluppa anche la figura dello sceneggiatore, primo dei quali fu
Carl Mayer che riuscì ad unire stili e generi molto diversi.

La nuova oggettività
Questo è il genere documentaristico dell’avanguardia tedesca, un genere che unisce
vere immagini della Germania anni 20 a racconti di fantasia, i maggiori autori furono
Phil Jutzi e Pabst, quest’ultimo mise al centro del suo racconto la donna collaborando
con Louise Brooks nella trilogia della donna perduta composta da “Lulu” 1928, “La via
senza gloria “1925 e “Diario di una donna perduta” 1929.

Un maestro solitario: Lang e le immagini simboliche


Il più importante regista del periodo fu Fritz Lang che si avvicinò all’espressionismo
con “Destino” del 1921 e approfondì la sua visione cinematografica nell’1922 con “Il
dottor Mabuse” che raccontò la criminalità organizzata tedesca. La sua opera più
importante arriva nel 1926 “metropolis” . Ponendo come questione principale del
cinema la composizione dell’inquadratura Lang fu il primo ad unire lo scopo narrativo
e quello dimostrativo, il regista fu richiesto come direttore della cinematografia
nazista e scappò nel 1924 prima in Francia e poi negli USA.

Problemi e prospettive
La depressione del primo dopoguerra si portò, anche nella cinematografia ad un
abbandono della razionalità e ad un interesse verso le figure oscure, così, secondo
Sigfried Kacauer il cinema tedesco dei ’20 di pone come antenato del cinema nazista.
Ciò è vero solo da punto di vista contenutistico visto che lo stile nazista era totalmente
differente, ricordando le due opere più importanti “Olympia” ed “il trionfo della
volontà “ questi film esaltavano il corpo umano creando una nuova mitologia della
razza e mostrano un montaggio perfetto grazie all’onnipresenza della cinepresa che
dava allo spettatore l’euforica sensazione di essere ovunque nello stesso tempo e di
identificarsi con lo sguardo del Fuhrer, facendo di ogni spettatore un’incarnazione di
dio. e quindi si discostava totalmente dalle avanguardie che invece possono essere
considerate come origine del cinema contemporaneo.

Il paesaggio nel cinema scandinavo


Nella filmografia scandinava l’elemento più importante è il paesaggio sfruttato in
maniera eccelsa da Victor Sjöström, questo diviene il protagonista

8: Lo spettatore al centro del mondo, il cinema narrativo


classico
Che cosa è il film classico?
“Classico” è tutto ciò che ha un valore fuori dal tempo, che fa parlare di se anche in
altre generazioni . Il cinema classico hollywoodiano va dal 1927 (primo film sonoro) al
1960 perché in questi anni si sfruttano tutte le invenzioni linguistiche precedenti per
realizzare film narrativi di alto stile , che siano tradizionali ma anche innovativi. Vede
come sua figura chiave il produttore che controlla tutte le fasi di produzione del film.
Lo stile del cinema classico americano non era da ricondurre agli autori ma ad un
sistema/mondo di produzione che tracciava modelli comuni per moltissimi film :
modo di produrre quindi significa anche stile del film. Il Cinema diventa sempre di più
un lavoro collettivo e nascono nuove figure.

Un bagno di ottimismo
La crisi del 29 venne risolta dagli USA tramite due metodi di produzione: il fordismo (
prevede aumento dei salri) e il taylorismo ( prevede che le persone si formino in un
settore specifico). Il cinema a quel punto serviva per una ripresa ideologia e
psicologica ,per dare speranza nel futuro, gioia e di restituire umnità alla vita sociale
distrutta dalla fame e dalla miseria. Il cinema necessitava dunque di essere fruibile
per tutti indifferentemente dall’età e dall’astrazione sociale e così inizia a proporre
racconti sullo stile del romanzo popolare dell’800. Si crea così uno studio system in
cui tutte le fasi della produzione fanno capo al produttore.
Il cinema in questo periodo diventa strumento per interpretare il mondo che aiuta lo
spettatore a muoversi nella vita, quindi lo stile adesso non è più uno stile individuale
come volevano Chaplin ecc ma è invece una marca collettiva
Azione e parola
Prima del 27 nessuna major avrebbe prodotto un film sonoro in quanto troppo
costoso e dal guadagno incerto, fu così che la prima opera sonora fu prodotta da
quella che al tempo era una piccola etichetta, la Warner Bros che produsse “The Jazz
singer”, si racconta la storia di un ragazzo ebreo che costretto dai genitori a cantare
nella sinagoga, scappa perhè ama il jazz ma successivamente fa pace e farà entrambe
le cose, è un film musicale in cui venne proposta per la prima volta la tematica della
trasgressione delle norme. Con il sonoro diventa così fondamentale la narrazione
della storia.

I tre principi
Il sonoro impose che la narrazione delle storie doveva avvenire seguendo tre regole:
la leggibilità del contenuto narrativo, l’importante non sono più i nuovi effetti
la gerarchizzazione degli elementi di scena, deve essere chiara la differenza tra figura
e sfondo, ciò che sta davanti è di norma più importante di ciò che è sullo sfondo ed il
rapporto tra i personaggi.
la drammatizzazione dell’atmosfera, i contrasti di luce i piani ecc devono fornire info
chiare : buoni e cattivi , bene e male

Studio system e codice Hays


Nella Hollywood dei primi anni 20 esistevano cinque compagnie dette Majors
(Paramount, Goldwyn-Mayer, FOX, Warner e RKO) che venivano accompagnate da
altre tre case produttrici dette Minors (Columbia, Universal e United Artists) creando
cosi la MPPDA Motion pictures producers and distributors association . La produzione
indipendente era impossibile e quella dello studio system si basava su un asse
orizzontale che si occupava di tutta la fase di creazione del film e un’asse verticale
impegnata nella produzione e distribuzione, dapprima solo cinematografica e poi
anche attraverso altri canali; nasce così il block-booking, ovvero la vendita di paccheti
indivisibili di film, ad un film famoso erano legati altri meno riusciti . Frutto dello studio
system è anche il codice di autocensura creato da William Hays che inseriva tra le cose
proibite la sessualità esplicita, la sconfitta della legge in favore della criminalità e gli
amori illeciti. Lo scopo era quello di creare prodotti fruibili da tutti grandi e piccoli,
così non sprecare girato e quindi soldi che sarebbero stati cancellati dal ministero.
Venne proprio creato un ufficio incaricato di controllare le sceneggiature.
Star system: schiavi a Hollywood
Il divismo è una forma di promozione dell’immagine legata al rapporto tra
spettacolo e mezzi di comunicazione di massa . La parola divo segnala un processi di
sottrazione dell’attore al mondo dei comuni mortali.
Nella Hollywood degli anni 30 si afferma il divismo, molto spesso la costruzione di
quest’immagine portava all’ uso di chirurgia , i divi cedevano il proprio corpo alle
case di produzione per potersi legare ad un ruolo ed apparire sempre una bellezza
eterea. I film venivano creati proprio per il loro ruolo I divi si legavano anche ai
fotografi.

L’illusione di realtà: continuità narrativa e primato dell’azione


Se il divo trionfava sullo schermo, lo spettatore in sala doveva identificarsi con lui o
sentirsi superiore. Per questo Hollywood elabora dei modelli narrativi su cui i film
dovevano basarsi:
Continuità narrativa: che pretende che tutto il superfluo venga eliminato, da qui la
massima di Richard Walsh secondo cui “ogni inquadratura deve durare giusto il
tempo di passare alla successiva”
• Trasparenza del linguaggio cinematografico: il montaggio deve essere invisibile
così come la fotografia e l’illuminazione che devono rappresentare perfettamente
la realtà. Realtà che deve essere presente anche nella recitazione.
• Spazio continuo e prospettico: lo spettatore deve essere sempre al centro
dell’inquadratura quindi, se in un’inquadratura precedente il personaggio uscirà a
destra, nella successiva dovrà entrare a sinistra.
• Linearità temporale, il tempo nel racconto va solo in avanti e per andare indietro
ha bisogno di un personaggio che racconti il passato
L’insieme di queste regole deve permettere allo spettatore di inserirsi in un nuovo
mondo in cui è onnipresente, onnisciente e invisibile.

Norma e trasgressione nello stile classico


Tutto il cinema classico è un continuo di norme dettate dalla casa di produzione e
trasgressioni date dall’affermazione individuale degli autori nonostante la case di
produzione hollywoodiane fossero molto rigide. L’effetto speciale in questo contesto
acquista un nuovo valore vista la sua rarità.
Il modello narrativo: anche qui la legge e la trasgressione
Il film hollywoodiano tipico doveva durare 90 minuti e in esso si dovevano susseguire
tre fasi: l’ordine, la trasgressione e il ripristino dell’ordine e della sicurezza (SAS’).
Fondamentale è l’happy ending che permette allo spettatore di non uscire dalla sala
destabilizzato.

Generi
I generi sono strutture di forme e contenuti codificati che determinano gli orizzonti di
attesa dello spettatore e guidano la loro scelta. Non è necessario che trattino lo stesso
soggetto per essere considerati dello stesso genere ma occorre che lo trattino allo
stesso modo.
Un film di guerra presuppone:un combattimento in nome di un valore da difendere,
dei nemici e presuppone anche dei luoghi ben definiti come la caserma, le navi , il
campo di battaglia.
Il western ad esempio presuppone determinate figure: i coloni, gli indiani i cowboy i
banditi , grandi pianure fiumi montagne.
Il musical : predilige scenografie teatrali , l’utilizzo di coreografie ( e tantissimi
movimenti della cinepresa soprattutto carrelli)
Durante gli anni 30 alcune majors si specializzarono nella produzione di un
determinato genere: la RKO e i musical e la Universal e gli horror per esempio.

Un genere per tutti: la commedia


Il genere più apprezzato fu però quello della commedia, in grado di raccontare e
dissacrare l’attualità. Negli anni 10 vennero raccontate le crisi coniugali dopo un
grandissimo numero di divorzi che si verificò in quegli anni ma fu dai 20 in poi che la
commedia ottenne un altro linguaggio tramite la “commedia sofisticata” in grado di
fare satira su tutti i problemi alto borghesi. Maestro di questo movimento fu Ernst
Lubitsch il cui sarcasmo sulla stupidità dell’uomo iniziò gia nel cinema muto .Alcuni
suoi film sono “Il ventaglio fi Lady Windermere” che non è solo una satira
dell’aristocrazia ma anche una filosofia della vita costruita attraverso il cinema , basta
cambiare punto di vista perché una persona appaia onesta o traditrice. Vide il suo
apice con “Vogliamo vivere” (1942) film satirico, in grado di criticare Hitler e tutta la
guerra di quegli anni. La vera elite venne però toccata nei film di Howard Hawks che
trattava il tema dell’escalation femminile in film come “Susanna” del 1938. Gli ultimi
anni della commedia classica ne mostrarono i tratti più dark, grazie al lavoro di registi
come Billy Wilder in grado di combinare black humour e psicanalisi freudiana.
9: Dentro e fuori Hollywood: gli autori, la poetica, lo stile
Lo stile personale: dialettica fra tradizione e innovazione
L’autore serve nel cinema classico hollywoodiano per trovare delle novità pur
rispettando tutte le regole di quel cinema.

Sceneggiatore, regista e produttore, tre autori


Lo studio system era basato su una divisione del lavoro tra sceneggiatore, regista e
produttore che non permetteva al regista di liberare totalmente la sua creatività
grazie alla “sceneggiatura di ferro” che il regista non poteva tradire

Poetica e stile come parametri del cinema d’autore


Se il regista doveva rispettare totalmente ciò che la sceneggiatura di ferro imponeva
allora gli unici due modi che aveva per esprimersi erano la poetica e lo stile. La poetica
è l’insieme delle storie che il regista sceglieva di raccontare, ad esempio John Ford si
proponeva principalmente come regista di film western. Lo stile, invece, è la somma
delle scelte espressive ,l’insieme dei metodi con cui il regista racconta le sue storie
(recitazione, inquadrature, luci, montaggio etc.).

Tre esempi
Lo spazio dell’autore nel cinema classico: John Ford
Ford si impone principalmente come regista western e facendo ciò rende il genere
una ragione di unificazione culturale di tutto il popolo americano. ll western era
dunque uno dei maggiori strumenti di definizione dell’identità nazionale. Tutte le sue
figure : grandi o piccole, umili o povere , di eroi famosi o sconosciuti sono eroi del
sacrifico e con questa poetica Ford poteva permettersi tutte le trasgressioni che
voleva perché le sue opere erano troppo importanti sul piano culturale per essere
censurate. Infatti Ford non sempre esalta la cultura americana, anzi aveva dei dubbi
che i buoni fossero realmente buoni. Il linguaggio di Ford non accetta di scendere a
compromessi con le scelte dei produttori e propone sempre la sua visione del mondo,
gli indiani infatti che di solito sono nemici per lui sono amici e le scene di azione non
presentano inquadrature frammentate ma sono girate tutte in profondità di campo
Via da Hollywood: Orson Welles pag 179 riassunto film
Welles rompe totalmente gli schemi del cinema classico partendo dal suo primo film
“Quarto Potere” del 1941 e intensificando il suo linguaggio terrificante fino a
“L’infernale Qunlan”del 1958. Il suo linguaggio era in grado di cambiare in ogni
inquadratura, proponendo prima inquadrature canoniche, poi primi piani lunghissimi
e infine inquadrature con una profondità di campo che riesce a far deformare i suoi
personaggi, il tutto accompagnato dal caos sonoro di tutte le voci che parlano
contemporaneamente.
Un perfetto equilibrio fra studio system e autore: Alfred Hitchcock pag 182
Chi invece si stabilizzò perfettamente nello studio system fu Alfred Hitchcock che si
concesse al genere giallo al quale aggiunse una forte poetica che vedeva come suo
epicentro la “paura” che viene analizzata in tutte le sue sfaccettature. Questa
tematica freudiana supera lo stesso Freud perché viene accompagnata da un humor
inconfondibile. Anche lo stile ricorda Freud, le inquadrature inconfondibili hanno un
utilizzo espressionista della luce che permette un gioco di punti di vista in grado di
creare una dimensione apparentemente tranquilla ma che nasconde una grande
paranoia. I dettagli acquisiscono un enorme importanza e vengono utilizzati per la
prima volta la suspense (Sabotaggio, 1936) e l’effetto sorpresa (L’uomo che sapeva
troppo, 1935).

La lingua franca: gli europei a Hollywood


Molti autori europei tra gli anni 20 e 30 si spostarono ad Hollywood per scappare dalla
tirannia europea creando così il “cinema franco hollywoodiano” un cinema che riesce
a guardare allo studio system con gli occhi dell’Europa e viceversa, distaccandosi da
entrambi e creando un nuovo linguaggio. I registi principali furono Lubitsch che creò
la commedia moderna, Fritz Lang che si dedicò al genere poliziesco e al noir, Joseph
von Strenberg che esaltò la figura femminile di Marlene Dietrich e Douglas Sirk che si
dedicò al melodramma in opere come “Come le foglie al vento” che narra
l’autodistruzione di una famiglia.

I registi in guerra, la lista nera e il crepuscolo di Hollywood


Durante la seconda guerra mondiale i registi si proposero per scendere sul campo di
battaglia e raccontare gli scontri come John Ford con la battaglia di Midway, John
Houston con quella di Cassino mentre Frank Capra e Anatole Livrak crearono il
documentario “Why we fight”. Questo impegno sociale si trasformò in polizia con
l’avvento della guerra fredda e del maccartismo. ( con la cosidetta caccia alle streghe-
comunisti)
Primi albori di un nuovo cinema moderno: Kazan e Ray
Con l’avvento del maccartismo molti comunisti confessarono e altri denunciarono i
compagni, come capitò a Elia Kazan che però, visti i suoi sensi di colpa, cambiò
totalmente il linguaggio narrativo raccontando storie crude di abbandono e violenza
come “Fronte del porto” (1954) con Marlon Brando. Fondamentali per il cinema di
Kazan furono gli attori, tutte nuove figure che provenivano dal Group Theatre dove
Lee Strasberg raccolse l’eredità di Stanislavskij. Altro autore fondamentale per la
nascita del cinema moderno fu Nicholas Ray che propose un cinema quasi
“crepuscolare” ma che si dimostrò invece essere l’inizio della Nouvelle Vague.

PARTE SECONDA: LA SVOLTA DELLA MODERNITÀ. DAL CINEMA-


NARRAZIONE AL CINEMA DELLO SGUARDO
10: Neorealismo: la rottura dei codici
Il neorealismo nel cinema rappresenta uno stravolgimento visivo, dopo la guerra
nasce una nuova percezione del mondo, la narrazione diventa frettolosa confusa e
incerta.

Il cinema italiano degli anni trenta


La stereografia recente ci ha mostrato come la rivoluzione neorealista fosse nata già
prima della guerra e già durante la guerra abbondavano storie realiste ambientate tra
gente povera. Il regime fascista aveva fatto grandi investimenti per la ricostruzione
dell’industria cinematografica : Cinecittà che è il principale polo cinematografico
europeo viene creata nel 37, stesso anno il CSC, la Mostra di Venezia nel 32 e altro
ancora. A differenza dei film di guerra Americani, quelli italiani non parlavano di
vittoria , di trionfo ma di una guerra dura e ingrata, Il cinema di quei tempi si
proponeva quindi di raccontare la vita così com’era, con tutta la sua sofferenza.
C’erano però dei paletti che ostacolavano l’affermazione del realismo, il cinema era
troppo importante come strumento di controllo per essere lasciato libero e mostrare
tutta la disperazione sociale. Questi paletti porteranno ad un nuovo modo di
raccontare una volta finita la guerra.

Il cambiamento nella forma della narrazione


Il neorealismo che nasce nel 1945 abbandona lo stile classico e accetta anche gli errori
pur di raccontare la realtà dei fatti, non ci sono più sceneggiature scritte a tavolino.
Con il neorealismo dirà Andrè Bazar l’unità base del racconto non è più l’inquadratura
e quindi neanche il montaggio ma “il fatto, l’evento bruto e caotico” davanti al quale
la cinepresa rimane ad osservare cercando di capire cosa accade. l’elemento
caratterizzante di questi film è il caos che modifica anche il rapporto con lo spettatore
che viene chiamato in causa direttamente tramite la voce fuori campo o lo sguardo in
macchina. Diversamente dal cinema classico in cui le soggettive erano inquadrature
brevi utilizzate per mostrare cosa vedeva lo spettatore , con il neorealismo la
cinepresa si muove sempre in soggettiva , coinvolta dentro i fatti che ci mostra, spesso
non sa neanche dove guardare , ignara da dove venga il pericolo , sensazione che
restituisce anche allo spettatore. Lo spettatore ed il narratore non sono più al posto
di Dio ma sono uguali a tutti gli altri esseri umani presenti sullo schermo. Il
neorealismo è una pulizia degli occhi, un bagno nella realtà. I vari registi del Neo
hanno poco in comune . (Le Donne che vediamo in questi film, sono le prime donne
in carne e ossa non create dallo studio system)
Rossellini
Il padre del neorealismo italiano fu Roberto Rossellini che, con la sua “trilogia della
guerra” racconta in maniera cruda il secondo dopoguerra, i tre film sono “Roma città
aperta” del 1945 che avvierà il genere, qui si raccontano le lotte tra partigiani e fascisti
, l’uccisone di una giovane donna nel giorno del suo matrimonio e quella di un
sacerdote. Il regista disse che questo è un “film della paura” infatti non troviamo la
contrapposizione tra bene e male, o stereotipi dei film di guerra ma la novità sta nel
fatto che il caos e il disordine vengono trasportati a livello della forma e dello stile. Il
montaggio è piano di eclissi e salti improvvisi , i movimenti della cinepresa sono
troppo veloci , il modi di raccontare è frettoloso e impaurito ,come se il narratore
fosse sempre in pericolo.
Il secondo film è “Paisà” del 46, il titolo si riferisce ad un grido di fratellanza tra i
napoletani che si incontrano in terra straniera, ma in questo film la fratellanza è
scomparsa, tutti sono soli ed estranei. Anche in questo film la novità sta nello stile
rozzo, la cinepresa salta da un posto all’altro senza terminare la scena in maniera
regolare , Rossellini taglia la scena prima che l’azione finisca ci lascia vedere solo
quello che basta capire, poi passa ad altro .
Il terzo film “Germania anno zero” del 48, un bambino avvelena il padre invalido per
togliere un peso alla famiglia, la novità sta nel modo in cui il bambino vaga per una
Berlino ridotta in macerie per cercare del cibo , persone, compagni di gioco, di lavoro
o di spiegazioni che mancano. Il bambino cammina sempre a testa bassa ( diverso dal
cinema classico in cui il volto era importante per capire di più) . Per Rossellini il
realismo non spiega niente, mostra solo.
Visconti
Il realismo di Visconti è un realismo cupo e tragico che si incentra sui corpi fisici, il suo
primo film “Ossessione” 1943 narra la storia di due amanti che uccidono il marito di
lei per stare insieme e dopo si rendono conto di non avere futuro, questo film diventa
un occasione per guardare due esseri umani con le proprie colpe è quasi un noir in cui
però tutto è vero (scenografia, recitazione) e tutto è nuovo come il modo di
inquadrare i personaggi standogli addosso in maniera asfissiante , la donna è un
personaggio sempre in movimento, non in posa come nel cinema classico, non si
lascia guardare, con l’uomo la cinepresa si sofferma sulla canottiera sudicia , sui peli
del torace che disturbano lo spettatore tradizionale. Nel 48 esce il suo secondo film:
“La terra trema” che è tratto da un racconto dei “Malavoglia” di Verga, una coesione
tra realtà e mito: i pescatori cercano di migliorare le loro vite ,rappresentano se stessi
ma anche la lotta dell’uomo contro lo sfruttamento la povertà e la fame. Visconti
cambia anche i tempi delle inquadrature allungandole infinitamente, in questo modo
lo spettatore era costretto a guardare al di la della storia i luoghi le persone e le cose
. non chiedeva solo di essere letto , ma di essere guardato

Zavattini e De Sica
Il terzo film neorealista di Visconti: “Bellissima” è in collaborazione con il più
innovativo dei teorici neorealisti: Cesare Zavattini a cui si devono le sceneggiature più
adaci e le idee più estreme. Zavattini si affermò grazie alle collaborazioni con Vittorio
De Sica in film come “Sciuscià” del 1946, storia di due ragazzi di strada di Roma con
sogni più grandi di loro, come avere un vacallo e galoppare per il mondo con lui.
“Ladri di biciclette” del 1948, loro capolavoro in cui padre e figlio ( 2 attori non
professionisti) che nella ricerca di una bicicletta rubata percorrono e scoprono Roma
del doppguerra. La bicicletta diventa una simbolo della vita stessa rubata ai due
personaggi.
“Miracolo a Milano” del 1951

Il senso tragico come elemento comune


Ciò che accomuna questi autori è il senso tragico della realtà che riprende alcuni
poemi classici come l’Iliade in Roma città aperta in cui a combattere e morire non ci
sono più eroi ma donne e uomini comuni , la Divina Commedia in Ladri di biciclette e
l’Odissea in Paisà. I personaggi del neorealismo sono tutti reali ma allo stesso tempo
fortemente simbolici. Il tragico per Rossellini investe la società, per Visconti si tratta
di una condanna dell’uomo ed un eterna sconfitta, per Zavattini nel rapporto tra
uomo e mondo

Gli altri
Altri grandi registi neorealisti furono in grado di unire lo stile neorealista ai generi
classici, tra tutti si ricorda Giuseppe de Santis che lavorò su storie quasi-gangster
ambientate nella pianura padana ma anche Lattuada e Germi.

Rossellini oltre il neorealismo


Il successo di “Roma città aperta” diede a Rossellini una visibilità internazionale e gli
permise di lavorare con Ingrid Bergman che sposò. Il progetto di Rossellini era quello
di abbattere lo star system facendo uscire il ruolo della donna oltre la diva, si articolò
in quattro film: Stromboli (49), Europa ’51 (51), Viaggio in Italia (54) e La paura (54),
l’ultimo film fu quello con il minor successo visto anche che “Viaggio in Italia”, uscito
nello stesso anno, si rivelò un capolavoro e il manifesto del cinema moderno con il
quale impariamo a guardare il mondo con l’attrice.

11: Le nuove correnti del cinema moderno. Il cinema è cinema


Se il neorealismo è uno sconvolgimento visivo, la nouvele vouge è uno
sconvolgimento narrativo

Una generazione europea. Il cinema diventa cultura


Da un consumo spasmodico del cinema americano nasce la necessità di un cinema
che permetta il dialogo e il ragionamento, che sia strumento di comunicazione e
conoscenza. Si cercano produttori più colti e meno legati al denaro, anche le nuove
tecnologie permettono questo cambiamento, adesso le cineprese erano più leggere
e a spalla, le lampade più semplici e più forti. Compaiono sullo schermo le città, le
case i giovani che non sono più divi ma persone in cui chiunque può identificarsi. Così
si ha un’esplosione di idee in tutta Europa, su tutte la Novelle vague francese.

La critica come punto di partenza: la politica degli autori


Il nuovo cinema nasce dalla critica cinematografica, tutti sono cresciuti nelle sale e
tutti scrivono sulle riviste per una nuova idea del cinema. I registi principali
provengono tutti dalla rivista “Chaiers du cinéma”, i principali sono Godard, Truffaut,
Rohmer e Rivette e sono detti per il loro fanatismo “i giovani turchi” che propongono
una difesa del cinema classico pur distaccandosi da esso e avvicinandosi al
neorealismo. I registi della nouvelle vague sfruttano la profondità di campo e il piano-
sequenza si tratta di guardare il mondo così come appare , un cinema che sia lo
sguardo dell’uomo sull’uomo. L’autore acquisisce una nuova importanza, non sono
pù il produttore e lo studio system a fare il cinema ma gli autori, e ogni maestro
doveva essere in grado di inserire nei film il proprio stile e di trasmetterlo, loro si
occupano della realizzazione del film dall’inizio alla fine. I grandi maestri europei sono
Vigo che unifica realtà e poesia, Renoir che è un elogio alla vita e soprattutto Rossellini
che distrugge il mito e lo sostituisce con uomini e donne veri. Nel 1959 viene
presentato a Cannes il primo film di Truffaut, “I quattrocento colpi” che permetterà
nell’anno successivo la nascita della Nouvelle vague.

Tradizione e innovazione: i miti americani


I nuovi registi francesi sostengono di dover trarre molto dal cinema classico
americano ma di doverlo guardare con gli occhi della modernità e viceversa in un
continuo rapporto tra sogno e realtà come avviene in “Fino all’ultimo respiro” (1960)
di Godard. Il cinema classico viene comunque visto come finito, così come finiti sono
i suoi eroi, “Fino all’ultimo respiro” propone per la prima volta un antieroe, un uomo
fisicamente debole che sogna di essere come i grandi gangster americani ma sa di non
poter riuscirci e così la nouvelle vague sostituisce il divo con l’uomo vero.
Il cinema americano dai giovani della nouvelle vogue viene visto come un cinema di
grandi eroi, di azioni e passioni travolgenti. Il mito americano serve per distingue fra
le due età del cinema : se il cinema classico è l’infanzia, quello moderno è la giovinezza
o la fase adulta, in cui si passa dalle favole alle realtà senza dimenticare che le prime
che sono una preziosa ricchezza del passato

Tradizione e innovazione: il racconto che cambia


La Nouvelle vague dà una maggior importanza all’osservazione piuttosto che alla
narrazione classica che viene anche modificata: ( spesso i personaggi vagano incerti)
la drammaturgia si complica non si riesce a distinguere tra i buoni e i cattivi , la
leggibilità è diversa con molte inquadrature ricche di profondità di campo in cui
succedono sempre tante cose, la gerarchizzazione predilige i luoghi ai primi piani.
Godard pone la sua attenzione non più sulle azioni ma su tutto ciò che c’è tra le azioni
: i silenzi , le attese, le tensioni le cose non dette e fatte. il suo capolavoro “Fino
all’ultimo respiro” è pieno di ragionamenti sulla vita e sui suoi temi dell’amore , i viaggi
pag 226
Trauffaut invece cambia totalmente il modo di reinterpretare i romanzi affermando
che si debba rispettare la pagina del romanzo per avere autonomia, diventa quindi
più importante l’atto del raccontare della storia stessa, nei suoi film i narratori
leggono intere pagine di libri originali. I suoi personaggi sono misteriosi e
incomprensibili o si contraddicono come in un suo film in cui il personaggio racconta
delle cose ma le immagini mostrano altro, a volte troviamo anche la linearità
temporali invertita come in “Jules e Jim” in cui vediamo prima il destinatario che legge
la lettera e successivamente chi la scrive. La grande peculiarità tecnica dei film di
Truffaut e l’arresto del fotogramma per fissare una determinata scena.
il cinema di Rohmer esalta totalmente ciò che Godard aveva proposto, tutti i suoi film
sono un insieme di tentativi falliti, f dei film in cui non c’è azione ma solo ciò che c’è
tra un’azione e l’altra, è il trionfo del non detto e del non visibile.

Lo stile. Il metalinguaggio. La copia originale


La narrazione nella Nouvelle Vague è discontinua, accelera con jump cut e rallenta a
suo piacimento, fondamentale diventa l’atto del raccontare e non la storia raccontata,
si mescolano fiction e documentario in quanto storie finte sono girate in interni ed
esterni veri. L’evoluzione tecnologica permette la nascita delle cineprese leggere e il
sonoro in presa diretta che riprenderà, così, anche i rumori confusi della città. Si
abbandona la sceneggiatura di ferro in cambio di un copione fatto al massimo di
dialoghi e azioni ma che poteva anche essere modificato in base alle esigenze. Si
riporta così una copia della realtà che è consapevole di esserlo e non è interessata a
presentare una nuova realtà.

Accanto alla Nouvelle Vague


Altri registi francesi del periodo ma non totalmente appartenenti alla nouvelle vague
sono: Jean Eustache che spinge al massimo l’estetica del piano sequenza e Garrel che
tentano l’utopistica impresa di raccontare la vita e lo scorrere del tempo , Louis Malle
e Jean Pierre Melville. A quest’ultimo si deve la nascita del “polar” o “poliziesco
freddo” che racconta tramite falsi documentari la vita dei criminali.

I padri del documentario moderno: Chirs Marker e Jean Rouch


Tre furono i registi di documentari dell’epoca: Jean Rouch e Edgar Morin che lanciano
il cinema-verità con “cronache di un’estate” , fatto di interviste vere a persone comuni
in cui anche loro entrano nel film e sono personaggi. Ma Rouch è consapevole che
l’uomo davanti alla cinepresa è destinato a fingere e per questo motivo non ci sarà
mai una verità assoluta. Il cinema verità richiede che anche il regista entri nello
schermo e si faccia vedere . infine troviamo , Chris Marker, in grado di riprendere tutti
i principali eventi in giro per il mondo che sono poi accompagnati da una voce fuori
campo

Il free cinema e il cinema inglese


Alle prese con i fermenti che poi sfoceranno nella rivoluzione del 68, il cinema inglese
propone il “free cinema” un cinema sporco, di emarginati che racconta prima la storia
dei giovani delle periferie e poi tutte le realtà disagiate della nazione. Il film manifesto
è “I giovani arrabbiati” di Tony Richardson (1959).

Il giovane cinema tedesco


Anche in Germania c’è una nuova corrente , in cui con il“Manifesto di Oberhausen” si
rifiutava lo spettacolo e l’intrattenimento per diventare strumento di conoscenza e
cultura, per cui propone aromenti fino all’ora rimossi: amore, sesso, morte
emigrazione.

Le nuove correnti nei paesi europei: Cecoslovacchia e Polonia


Terminato nel 56 il mito di Stalin, i Paesi sovietici provarono a esporre idee fresche e
rivoluzionarie grazie anche al cinema di Jiri Menzel e Milos Forman ma vennero
repressi nella “Primavera di Praga”. In Polonia, invece Andrzej Wajda e Andrzej Munk
tentarono di combattere il realismo socialista, i loro sono film in cui si piange per un
sogno mai realizzato : fratellanza ed uguaglianza

Il surrealismo messicano di Bunel e il “cinema novo” in America latina


Sull’onda della decolonizzazione in quasi tutti i paesi dell’America latina si verificarono
dei tentativi per innalzare la cultura del popolo sudamericano. Tutti i prodotti del
periodo vengono indicati nel genere del “Real maravilloso” da cui nacque il “Cinema
novo”. L’autore principale di questo genere fu il brasiliano Glauber Rocha che mescolò
le leggende popolari antiche con la nuova realtà colonialista e lo stile della Nouvelle
Vague, questo stile si diffuse ance in Argentina con le opere di Fernando Solanas e in
Cile grazie a Raoul Ruiz che provò a riprendere lo stile di Orson Welles.

Le strutture cambiano: i nuovi produttori, lo stato, il cineclub


Tutti questi cambiamenti si devono ad un cambiamento anche a livello produttivo in
cui i produttori sono anche disposti a richinare per opere di un certo spessore
culturale e creano nuovi nomi come :De Laurentiis e Carlo Ponti. Negli anni 60 nei
paesi interviene anche lo stato ad aiutare il cinema con fondi di garanzia per la tutela
del cinema di qualità. In molti paesi nascono i cineclub e cineforum importantissimi
per la diffusione della cultura , così come i festival che permette di conoscere la
cinematografia straniera. Più tardi anche la tv si farà produttrice di film che avrà però
uno stile molto diverso che si basa principalmente sui dialoghi.

12: Il rinascimento cinematografico italiano


In italia l’eredità del neorealismo va in due direzioni: Nasce la commedia all’italiana
ed un cinema d’autore tutto nuovo con due generazioni , la prima con : rossellini,
fellini, visconti e antonioni che avevano iniziato in epoca neoralista , la seconda con
:Pasolini, Bertolucci Bellocchio che si trovano in un situazione sociale felice grazie al
passaggio dell’ italia in paese industrializzato , in cui c’è un pubblico più colto
interessato ed il cinema l’arte più importante.

L’eredità neorealista e la sua estensione. Commedia all’italiana


Inizialmente il neorealismo non ottenne un grande successo(fatta eccezione per
Roma città aperta) , per riuscire ad esportare la neonata cultura era necessario
contaminare i generi più diffusi, il primo fui quello comico in cui una nuova
generazioni di attori come Sordi, Gassman, Tognazzi e Manfredi reinterpretarono in
chiave moderna le maschere della commedia dell’arte guidati da registi con un
enorme bagaglio culturale, tra cui Ettore Maria Maragadonna che creò il neorealismo
rosa con “Due soldi di speranza” del 19521 in cui ritorna l’ottimismo e l’happy ending
classici ma il regista più celebrato di tutti fu Ennio Flaiano. La seconda generazione di
comici, arrivata nel 1955, allargò i temi trattati facendo satira sul miracolo economico
italiano, del consumismo e delle facili fortune e creando così l’indistinguibile
commedia all’italiana che ha come massimo regista Ettore Scola. Grazie al
neorealismo nasce anche il cinema dello sguardo.

I grandi maestri
Fellini inizialmente descrisse i suoi personaggi e i suoi mondi come sospesi tra realtà
e magia in opere come “La strada” o “I vitelloni”. Il primo ritratto della Roma felliniana
risale a “La dolce vita” del 1960 che lo consacra all’apice del cinema italiano in cui
mette in scena tutto il mondo del cinema,il fanatismo della religione, le feste insulse,
!
l’ignoranza dei ricchi , posizione confermatasi con 8 ", riflessione sull’artista e sulla
sua solitudine ,questi film sono accomunati dalla soppressione dell’azione del
protagonista in favore di un susseguirsi continuo di personaggi. A Fellini va
riconosciuta una rivoluzione anche in ambito sonoro viste le diverse fonti da cui
paiono provenire le voci fuori campo e l’invenzione dei paesaggi sonori. Visconti si
afferma invece come regista in grado di creare dei poemi melodrammatici su
tematiche differenti come l’emigrazione da sud a nord trattata in “Rocco e i suoi
fratelli” del 1960, la sua cinepresa si muove continuamente per osservare i suoi
personaggi , vede lo splendore ma anche lo squallore , il suo cinema potrebbe essere
sintetizzati con scena e sguardo. La vera rivoluzione viene però attribuita da Antonioni
che in tutte le sue opera esalta il paesaggio al livello del personaggio , i luoghi sono
testimoni di avventure mancate o finite e il protagonista ha il solo compito di guidarci
al suo interno , i protagonisti scoprono di non essere più tali, ma solo comparse di
storie che accadono agli altri, stessa cosa accade allo spettatore. (Per lui fare cinema
e l’atto di guardare sono la stessa cosa) Per quanto riguarda lo stile, spesso nei suoi
film gli indizi si rivelano falsi ed il mistero rimane tale, Antonioni sperimenta anche il
colore artificiale .

Pasolini e Ferreri, il cinema della crudeltà


Nel frattempo esordisce Pier Paolo Pasolini che nei suoi primi due film racconta i
delinquenti delle borgate romane (“Accattone” e “Mamma Roma” 1962) per poi
rielaborare i miti classici e infine dedicarsi alla rielaborazione di tre romanzi “Il
Decameron”, “I racconti di Canterbury” e “Il fiore delle mille e una notte”) dando alla
luce la “trilogia della vita” a cui sarebbe dovuta seguire quella della “morte” ma della
quale trilogia venne realizzato solo “le 120 giornate di Sodoma” 1975 in cui un gruppo
di nazisti abusa sessualmente di un gruppo di 10 ragazzi e dieci ragazze fino ad
ucciderli . Estremamente importanti nelle inquadrature di Pasolini sono i richiami
all’arte pittorica. Un altro grande regista dell’epoca fu Marco Ferreri ( la grande
abbuffata) che si distinse perché fu l’unico ad inserire nel neorealismo una nota di
surrealismo, ci mostra la realtà fino in fondo, che da bellezza diventa orrore.

Olmi poeta dei poveri, il documentario antropologico


Altro erede del neorealismo fu Ermanno Olmi definito il poeta del silenzio e dei timidi,
iniziò come documentarista. Questo genere era estremamente vicino al neorealismo
e si ricordano autori come Vittorio de Seta che ha filmato il meridione italiano , il la
oro dei pastori ,Ernesto de Martino e Gianfranco Mingozzi che ritrassero i riti della
Puglia e del sud.

Il tormento dei giovani


I due maggiori giovani autori degli anni 60 furono Bellocchio e Bertolucci, il primo con
“I pugni in tasca” in cui un giovane uccide la mamma provocò uno scandalo mostrando
la famiglia come covo di mostri e modificò totalmente il modo di girare avvicinandosi
estremamente ai personaggi quasi come nel Kammerspiel e per il modo di ripresa
come se si trattasse di un fatto in caso, osservato da un membro della loro famiglia.
l’altro invece si impegna nel ritrarre le orribilità dell’alta borghesia e delle sue
istituzioni. Bertolucci fu anche molto vicino al cinema di Godard e Renoir con il film
“Prima della rivoluzione” del 1964 in cui un giovane borghese si crede rivoluzionario
ma cade alle comodità del sistema quando si innamora di una donna ricca. Importante
fu anche il fratello di Bertolucci, Giuseppe, che, in collaborazione con Roberto Benigni
realizzò nel 1979 “Berlinguer ti voglio bene” un capolavoro di arte colta e popolare.
Un altro fondamentale autore fu Sergio Leone, creatore del western all’italiana in cui
i tempi sono estremamente diluiti in cui i personaggi si guardano fissi a lungo prima
di agire e con una forte dilatazione dello spazio con una profondità di campo davvero
insolita. Leone fu anche il padre artistico di grandi registi americani come Clint
Eastwood e Quentin Tarantino. L’ultimo regista da citare è Nanni Moretti che nasce
come moralista nel senso alto del termine con film come “Bianca” del 1984 e “Caro
diario” del 93 ma che poi si dedica alla satira diventando per alcuni un erede di Alberto
Sordi.

13: La nascita e la diffusione del cinema moderno. L’abbandono


delle forme mimetiche
Modernità e soggettività
Negli anni 50 nasce il cinema moderno che si basa sullo sguardo sulla realtà e sulla
riflessione sull’atto stesso del guardare.
Il narratore debole: frammenti, voci, storie possibili
Il narratore di questo cinema è una voce fuori campo, spesso anche più voci che si
contrastano tra di loro facendo chiedere allo spettatore quale sia la verità. Le voci
fuori campo possono essere di personaggi sconosciuti o che raccontano la loro storia
(già finita ed in passato remoto ) e in questo caso sono definite acusmatiche (suono
senza origine) . Le inquadrature del cinema moderno sono spesso lunghe e fisse,
definite da Pascal come disinquadrature anche perché sia oggetti che personaggi
restano spesso fuori dall’inquadratura.
Cinema di poesia
Il cinema moderno è anche definito “della poesia” (pasolini ) in cui si sente la presenza
della macchina da presa, trasgredisce attraverso nuove tecniche come: il fuori fuoco,
il controluce e lo sguardo in macchina, tutte tecniche che fanno sentire lo spettatore
come chiamato in causa direttamente. L’inquadratura è spesso lunga e si sofferma sui
volti e sui luoghi dai quali traspariscono tutte le emozioni
Una storia e un protagonista che a volte si smarriscono
Il cinema moderno impara a scomporre la storia sotto vari punti di vista , scoprendo
che esistono molte verità. Il protagonista non è più un eroe è il cosiddetto
personaggio-guida, non è un uomo di azione. Come nel film lo sguardo di ulisse in cui
un regista è all ricerca di vecchie pellicole del cinema greco, la missione è ostacolata
e fallimentare in quanto le pellicole non hanno nessun valore all’interno, ma anche se
la missione è fallita, vista da un altro punto di vista c’è la crescita del personaggio.
Spazio, tempo e personaggi
In alcuni film come quelli di Kean Cocteau i protagonisti diventano il tempo e lo spazio.

I maestri dello sguardo


Dreyer: la lentezza del gesto
Dreyer è il primo autore del cinema moderno, nasce in pieno periodo classico ma con
“Dias Irae” (1942) che anche se ha un soggetto storica: la stregoneria, ha uno stile
moderno , l’atmosfera da incubo è data dalla lentezza dei movimenti che tratta il tema
della stregoneria condannando le ipocrisie di tutti i personaggi fuorché della strega
stessa. Tutto il cinema di Dreyer dal punto di vista contenutistico esalta la sensibilità
femminile mentre da quello stilistico esalta la sensibilità della cinepresa.
Ozu, la poetica della sottrazione
Ozu inizia a dirigere film nel periodo in cui il cinema è ancora muto del quale ne
riprende la povertà dei mezzi trovando però in esso un’immensa ricchezza. Ozu
riprende gente comune nella vita di tutti i giorni, non sono mai le azioni a raccontare
le storie dei personaggi ma le parole stesse, i discorsi. Lo stile ritorna ad essere quello
del cinema delle origini ideando però una nuova inquadratura molto bassa, quasi a
terra, ovvero l’altezza tatami.
Il padre dei <<carrelli moderni>>: Ophulus
Il cinema di Max Ophulus è tutto bassato sui movimenti della macchina da presa che
riescono a dare la stessa atmosfera drammatica di Murnau ma con una grazia
maggiore. Il carrello diventa protagonista come nella scena di “Liebelet” 1933 in cui
la cinepresa si avvicina al volto di una donna mentre fuori campo le raccontano la
morte del marito in battaglia.
Bresson: il dettaglio
Il cinema di Bresson separa immagine e parola dando ad entrambi autonomia, la
cinepresa riprende verso il basso e i dettagli utilizzati come delle sineddochi: due
scarpe che battono sulla strada, stanno per un uomo che cammina , una mano che
ruba rappresenta tutti i ladri del mondo . Il montaggio è pieno di tagli che fermano le
azioni appena esse iniziano.
Resnais: la crisi della memoria 273
Anche il cinema di Resnais scompone il rapporto immagine-suono, il regista pone al
centro della sua poetica l’incertezza della realtà ( cos’è accaduto?)riproponendo
tramite il montaggio un mondo in cui il caos e la paura delle verità padroneggiano.
Bunuel: il rifiuto delle immagini 273
Bunuel fu uno dei padri del cinema nazionale messicano grazie ad opere come “Los
Olivados” 1950 che raccontano il male nascosto in chiunque, tematica affrontata
anche nei suoi film spagnoli (“Viridiana” 1961 e altri) e francesi (“Bella di giorno”
1966).
Bergman: il volto
Erede del cinema muto svedese e di Dreyer, Bergman realizza una riflessione sul
mondo contemporaneo, sull’uomo moderno e sul crollo delle certezze messe in scena
tramite degli intensi contrasti di luce accompagnati da sonate di musica classica.
Molto importante nella poetica di Bergman è anche il tema della solitudine, specie
quella femminile realizzata tramite uno stile che indaga sul personaggio fino alle sue
nudità.
Tati: il gioco dei punti di vista
Unico vero erede di Keaton, Jacques Tati basa tutta la sua cinematografia sui punti di
vista che riescono a trasformare qualsiasi cosa in qualcos’altro, il Buster di Tati prende
il nome di Hulot ed è un protagonista muto.
Kubrick: l’occhio siderale 279 + film
Stanley Kubrick nacque in America ma visse tutta la sua vita in Europa per far sì di non
sentirsi appartenente a nessun posto e di poter quindi analizzare il mondo con
distanza definendolo una congrega di folli in cui ognuno ha il suo doppio malvagio. I
movimenti di macchina riprendono quelli di Ophulus ma con maggior freddezza e
precisione in modo tale da smontare anche i generi classici.
Tarkovskij: la visione del tempo
Andrej Tarkovskij propone in quattro film dal 1974 (“Lo specchio”) al 1986
(“Sacrificio”) un nuovo stile che rende tempo e spazio i protagonisti del cinema.
Oliveira: la rappresentazione come gioco
Il cinema di Oliveira viene prima preso per neorealista ma si comprende poi quanto
aderisca alle idee di Vigo e di Meliés con uno stile nuovo che si vede fin dalle sue prime
opere che sono degli adattamenti di dei romanzi. I personaggi parlano non tra di loro
ma rivolgendosi verso lo spettatore e i movimenti di camera sono davvero minimi e
fatti solo di zoom.
Straub-Huller, ritorno a Lumiere
Jean Marie Straub e Daniele Huller hanno sempre lavorato assieme dal 1962 creando
opere come “Non riconciliati” del 1965 in cui i personaggi sono appartenenti a
momenti diversi degli ultimi 50 anni di storia tedesca, nei loro film la narrazione viene
eliminata e c’è un ritorno alla volontà di mostrare del cinema dei Lumiere
Le caratteristiche del cinema moderno sono quindi: il carattere antimimetico che non
vuole creare nessuna illusione di realtà, l’emergere del linguaggio cinematografico,
narratore debole, soggettivo e limitato, spettatore on più al centro del mondo,
durata, personaggi e spazi reali, e una significazione aperta a interpretazioni.

Poetica e stile negli autori moderni


Con le nuove correnti gli autori ottengono una maggior libertà e sviluppano così sia
un cinema spettacolare per distrarre lo spettatore che un cinema critico-espressivo
che inviata alla riflessione. Per quanto riguarda lo stile i nuovi autori svecchiano i
vecchi modelli di narrazione e inseriscono la potenza dello sguardo. La poetica del
cinema moderno propone temi che trattino i problemi della nuova società che si sta
venendo a creare come le minoranze oppresse degli anni 80 ponendo quindi il
problema del rapporto individuo-società. Lo stile viene aggiornato e gli autori
diventano così più visibili utilizzando profondità di campo, movimenti della cinepresa,
carrello, panoramica, primo piano e soggettiva.

I grandi maestri giapponesi


Il cinema giapponese mescola realtà e immaginazione fin dal cinema muto, il più
importante autore è Akira Kurosawa che demolisce i concetti di azione ed evento in
film come “I sette samurai” del 1954 in cui la realtà guerriera diventa leggenda. Lo
stile dei “giovani arrabbiati” emerge nei film di Nagisha Oshima che si interessa ai
reietti e alle istituzioni che li opprimono.

Il nuovo cinema inglese


In UK dal Free Cinema nasce Ken Loach che si dedicherà poi al docu-drama in cui
racconta conflitti sociali e di classe in film come “Poor Cow” 1967, “Family life” 71 e
“Riff Raff” 91. Il maggior autore del cinema inglese è però Joseph Losey che osserva i
personaggi e le loro storie con distacco. Negli 80 inizia il British Renassaince che tratta
i temi metropolitani e industriali. Importanti sono anche i pittori-registi Derek Jarman
che dirige “Sebastiane” (1976), film in latino sul martirio di San Sebastiano che utilizza
nella sua fotografia solo il colore azzurro e Peter Greenway, maestro del pastiche
postmoderno.

Il nuovo cinema tedesco


Gli autori moderni principali del cinema tedesco sono Herzog che pone come
protagonisti dei suoi film i paesaggi, Wenders che lega strettamente realtà e mito
tramite la sua cinematografia, Fassbinder che nelle sue opere unisce il documentario
e lo stile teatrale ed Edgar Reitz che, con le tre serie di Heimat realizza il più grande
poema epico della storia cinematografica in cui racconta tutta la storia del paese a
partire dalla fine della prima guerra mondiale.

Il cinema moderno in Europa


Con il ritorno di Bunuel in Spagna negli anni 50 il cinema spagnolo assorbe una nuova
linfa vitale interpretata da Juan Bardem, Luis Berlonga e Pedro Almodovar: i primi due
raccontano i drammi della nazione mentre l’ultimo reinterpreta il folle amore dei
surrealisti. In Belgio si afferma un altro surrealista: André Delvaux mentre in Polonia
nasce Roman Polanski che si traferì poi negli USA dove realizzò “Il pianista” 2002 con
cui racconta la persecuzione degli ebrei a Varsavia.

L’Oriente si desta: India, Cina


Il cinema indiano deve la sua nascita a Renoir e Rossellini che hanno girato “Il fiume”
e “India” proprio nel paese mediorientale. Il principale regista fu Stayajit Ray che
sfruttò molto le inquadrature lunghe e semplici, la sua opera più famosa è “la trilogia
di Apu2 che racconta il sogno e la vita della classe popolare indiana. In Cina il partito
comunista di Mao propose un cinema di propaganda molto teatrale che solo alla
morte del dittatore riuscì ad assorbire dell’estro creativo che però rimase sempre
controllato.

Africa
Il cinema africano mescola surrealismo e neorealismo creando uno stile nuovo grazie
alle opere del senegalese Senghor.

Paesi balcanici e Medio Oriente


Nei Balcani va evidenziato l’operato di Milcho Manchevski che intrecci passato e
presente raccontando la cruda realtà macedone in “Prima della pioggia” (1994). In
Iran il cinema ebbe un’impennata dopo la morte dell’Ayatollah Komeini, il maggior
regista è Abbas Kiarostami.

14: Il rinnovamento americano


Autori-produttori e nuovi autori
Una delle figure che svecchiarono Hollywood fu Roger Corman che si autoprodusse
quasi tutta la filmografia a partire dai suoi inizi e in tal modo fecce rivalutare i Bmovies
a tal punto da rendere Corman idolo di una Hollywood che disprezzò il bel cinema
rifugiandosi in storie dall’aspetto rozzo come “Gangster Story” (1967) di Arthur Penn
oppure “Il Laureato” (1967) di Mike Nichols che trattò i conflitti familiari
generazionali. Venne rielaborato anche l’happy ending in favore di una conclusione
amara. Eaasy Rider inaugura i “road movie”, film dalla capacità narrativa debole
(viaggi) ma accompagnati da immagini spettacolari. Un altro grande autore del genere
moderno hollywoodiano fu Francis Ford Coppola che diede vita a capolavori come la
trilogia de “Il Padrino” e “Apocalypse now” la quale spesa esorbitante ne decretarono
il fallimento ad Hoollywood nonostante Coppola avesse creato la figura dell’autore
produttore.

Antieroi
Il filone degli antieroi nasce con Marlon Brando e con “Fronte del porto” (1954) che
fu poi seguito da Jack Nicholson che creò un altro tipo di antieroe, più asociale, quasi
schizofrenico per poi superare questo limite e diventare la maschera di Torrance in
Shining (1980) e di Joker nel “Batman” del 1989. Più solare fu Robert de Niro che
debuttò con Scorsese e diventò presto il mitico gangster catapultato però nella realtà
e costretto a farci i conti come in “C’era una volta in America” (1984), più malinconici
furono Gene Hackman e Al Pacino che diventò poi la figura del mafioso cupo e triste
condannato alla solitudine. Molti di questi attori uscivano dalla Actor’s Studio di NY e
crearono dei nuovi miti, non erano più antieroi, uomini normali della modernità, ma
erano diventati degli eroi negativi, dei veri e propri simboli del male.

I neogeneri e la contaminazione
Quando i generi classici entrano a contatto con le visioni europeiste nascono i
neogeneri, uno dei registi più importanti in tal senso è Robert Altman che riesce a
inserire personaggi atipici in film di guerra come “M.A.S.H” del 1970 che ha una novità
immensa proprio nello stile che utilizza il CinemaScope. Altman riesce ad innovarsi in
questo modo perché fonda la sua casa di produzione, la Lyon’s Gate. Creatore del
neo-western è Sam Peckinpah che ritrae degli eroi ormai invecchiati e stanchi, il suo
genere si mischierà presto con l’horror grazie all’intervento di Sergio Leone che ha la
sua opera massima nel neo-gangster “C’era una volta in America”, nella stessa
direzione Clint Eastwood crea il neo-poliziesco. Anche Brian de Palma, come Leone
cerca di dare un’impronta horror al poliziesco, così l’horror entra in tutti i generi
realizzando anche il capolavoro fantascienza-horror “Blade Runner” (Scott, 1982),
infine l’horror fu consacrato negli anni 80 e 90. A dare un tono di leggerezza ci fu il
nuovo filone musical che iniziò con “Jesus Christ Superstar”.

L’altro lato dell’America: New York, il NAC, Allen, Scorsese


Fondamentale fu anche la rivoluzione che apportò al cinema New York grazie al NAC
fondato da Jonas Mekas che creerà Stan Brakhage, fondamentale fu anche il rapporto
che si venne ad instaurare con l’arte con artisti come Andy Warhol che continuò la
sua pop art nel cinema e Maya Deen. Autore innovativo fu John Cassavettes, autore
di film che appaiono come home-made ma che sono estremamente studiati e
complessi, anche il montaggio che appare pieno di errori volontari fu ereditato da
Martin Scorsese che fece un uso della cinepresa inquieto e tormentato alternando
soggettive e oggettive. Altro newyorkese rivoluzionario ma appartenente alla
comicità ebraica, Woody Allen presenta film in cui il protagonista, interpretato da lui
stesso, prima è un personaggio impacciato e divertente ma poi diventa un
intellettuale distaccato dalle mode, apprezzato da tutti, America e Europa, un
“outsider-in”.

15: L’impressione d’irrealtà come cifra del contemporaneo


La terza Hollywood e il ritorno alla fiaba
Le esagerate spese del cinema moderno americano portarono alla terza età di
Hollywood in cui tornò in auge la favola tramite il genere fantasy. I due principali
motivi di questo ritorno alla favola furono Spielberg e George Lucas, autori
rispettivamente di “Indiana Jones” e “Star Wars”, imitati da tanti altri come Godzilla
e la trilogia de “L’Esorcista” etc. lo spettatore di fronte a questi film diventa
consumatore passivo. Le case di produzione si rafforzano e nascono così i primi
Blockbuster, film di produzione pseudocolossale e al merchandaising ovvero vendita
di oggetti legati ai film .

La citazione come testo


La modernità di questo stile è però fittizia in quanto il postmoderno inaugura
l’estetica del remake che enfatizza trucchi ed effetti speciali. La base in questo cinema
è la citazione che sostiene l’intero film secondo la composizione pastiche, il
capolavoro del genere è “Blade Runner” 1982, che fonde l’uso moderno della
citazione come spunto di riflessione e quello postmoderno come nostalgia e
concezione del mondo in cui tutto è replica.

Il cinema postmoderno e il ritorno alle attrazioni


Il cinema postmoderno considera tutta la storia del cinema come un deposito di
effetti speciali così che lo spettatore smetta di credere alle immagini che vede sullo
schermo e il cinema falsifica così ogni realtà, anche quella vera. Principale regista
postmoderno è Quentin Tarantino che sfrutta le citazioni su tre livelli: in “Reservoire
Dogs” (Le Iene, 1992) la citazione è esplicita, in “Pulp Fiction” (1994) è esplicita e in
“Kill Bill” (2004) il senso del film sta nel riconoscere più citazioni possibili. Nei film dei
fratelli Wachowski, tra tutti la trilogia di “Matrix” (1999, 2003, 2003), inverte il
rapporto postmoderno tra immagine e senso. Le caratteristiche principali del cinema
postmoderno sono:
il continuo citazionismo metalinguistico, l
a cancellazione della continuità spazio-temporale
l’immersività dello spettatore e il recupero della forma narrativa classica.

Contro l’euforia postmoderna: la narrazione problematica


In questo mondo solo due sono gli autori che raccontano ancora storie ma in modo
sconnesso, oscuro e tenebroso: David Lynch e Abel Ferrara.

Al di là del cinema. Verso l’irreale: il digitale sostituisce il mondo


Nella storia del cinema possiamo trovare tre immagini: quella sintetica in cui l’autore
riunisce gli aspetti più importanti di un evento, l’analogica che riproduce in maniera
soggettiva un evento realmente accaduto e quella digitale virtuale che ricostruisce
oggettivamente un evento mai accaduto distruggendo l’illusione di realtà che aveva
sempre accompagnato il film, l’immagine digitale permette di entrare in un nuovo
mondo. L’attore non deve più recitare, deve essere un corpo puro e semplice e a
muoversi non deve essere lui ma la sua immagine. Gli effetti speciali dominano la
scena anche più della storia. Vengono eliminati anche i concetti di sguardo e
inquadratura perché l’immagine virtuale non si forma tagliando uno spazio reale
pieno ma riempiendo un quadro digitale vuoto, le immagini diventano solo immagini.

Il digitale d’autore: apoteosi dello sguardo, Von Trier, Sokurov


Glu ultimi autori del cinema moderno sono due europei: Lars Von Trier, fondatore del
Dogma, nato in Danimarca nel 1995, che spinge all’estremo le tendenze del cinema
moderno con una cinepresa instabile che compie movimenti bruschi e impreviste e
segue i personaggi ovunque. L’autore “estremista” del cinema moderno è Aleksndr
Sokurov, che rende il cinema apoteosi dello sguardo con la cinepresa che estremizza
ciò che già il gruppo Dogma aveva realizzato come avviene in “Arca russa”, un film
girato con camera digitale che è un unico piano-sequenza creando un nuovo livello
dello sguardo: lo sguardo infinito.

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