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I FRATELLI LUMIÈRE E MÉLIÈS

La storia del cinema inizia a Parigi nel 1895 con i fratelli Lumière. I Lumière, due industriali di
materiale fotografico, pensavano che il cinema fosse un'appendice del mondo della fotografia fissa.
Non immaginavano che il cinema, in quanto foto in movimento, sarebbe diventata un'espansione che
avrebbe superato la fotografia fissa. Questi ritenevano il cinema adeguato a documentare i progressi
della scienza. Erano positivisti (Comte, ne è il massimo esponente). La Francia aveva appoggiato la
Rivoluzione scientifica: la filosofia positivista era ottimistica riguardo lo sviluppo della scienza.
I Lumière non pensavano a uno sviluppo di tipo narrativo o spettacolare, ma ad una documentazione
della realtà, non solo scientifica, ma anche della realtà di tutti i giorni, della realtà di Parigi.
Quasi in contemporanea con i Lumière, intorno al 1897/98 viene fuori un altro personaggio: Méliès. È
un mago (l'attribuzione di questa qualifica è ironica). Un uomo che faceva spettacoli di
prestidigitazione, di magia. Acquista dai Lumiere una cinepresa (all'epoca i macchinari di ripresa erano
anche quelli con una manovella, la pellicola veniva svolta e ciò che era stato filmato veniva proiettato
su uno schermo).
L'ARRIVO DI UN TRENO ALLA STAZIONE DI LA CIOTAT (1896)
Gli spettatori si sono spaventati, il treno arrivava perpendicolarmente allo schermo.
I Lumière misero su un'industria grandiosa sul cinema. All'Opèra i lumiere mandavano degli operatori,
che riprendevano i passanti, i quali si chiedevano cosa fosse. È foto in movimento. A pochi minuti di
distanza, poi, potevano andare al Salon indien du Gran Cafè e vedersi sullo schermo. L'immagine in
movimento si era sperimentato ma non con la precisione della cinepresa. I Lumière si spingevano
addirittura in Cina, in Russia, in Africa. La funzione era di documentazione di paesi che nessuno
avrebbe avuto la possibilità di visitare. Curiosità esotiche che vengono soddisfatte dal cinema.
MÉLIÈS, era un mago che viveva di spettacoli di illusionismo spicciolo e prestidigitazione. Compra
una cinepresa dai Lumière, ma differenza loro, la tipologia di cinema è completamente diversa.
Inventa storie quasi favolistiche, al contrario dei Lumière che basavano il loro lavoro sulla
documentazione della realtà.
Méliès attua una rappresentazione di eventi avvenuti nel passato: la strage degli ugonotti, la vita di
Gesù Cristo. I suoi sono film fantasiosi. Vige l'elemento fantastico che si contrappone al realismo
documentato dai Lumière.
D'altro canto queste sono le direttive del cinema mondiale. Il cinema è da una parte documentazione
della realtà, realismo applicato al cinema, invenzione che segue la verità dei contesti storici o sociali, o
il cinema documentario.
Dall'altra parte c'è il cinema di fiction puro. La storia che ci gratifica sul piano della narrazione. Quindi
da un lato il cinema come elemento di studio del reale e dall'altro cinema come invenzione di storie
strampalate e fantastiche.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale il Neorealismo italiano: storie inventate ma a caldo degli eventi. A
Hollywood storie di tutti i tipi: polizieschi, epica, western.
In quel breve torno di tempo, la seconda metà dell'ultimo decennio dell'Ottocento, si definiscono le
due grandi direttive del cinema mondiale. Entrambi nella stessa città della stessa nazione, Parigi.
Nell’ultimo decennio dell’800 si definiscono le due le direttive del cinema mondiale: da una parte il
cinema è inteso come:
documentazione della realtà (realismo cinematografico, le storie sono inventate ma testimoniano la
realtà, elemento di studio della realtà); dall’altro lato c’è
il cinema della storia fantastica. Dopo la Seconda guerra mondiale, ad esempio, ci sarà il neorealismo
italiano, mentre ad Hollywood si faranno storie di fantasia estrema come i polizieschi e western.
-Stati Uniti: Edison e il kinetoscope
In contemporanea con Méliès e i Lumière, emerge la personalità di un produttore, autore, industriale
e scienziato: Thomas Alva Edison, il re dell'elettricità. Elettricità che alla fine dell'800 ha costituito
un'innovazione immensa. Prima la forza motrice era di natura meccanica. Con l'elettricità cambia
tutto, un forza invisibile ma immane e sconvolgente.
Parigi alla fine dell'800 viene chiamata la Ville Lumière.
Thomas Edison ha una potentissima industria e si rende conto che il cinema può costituire un
corollario importante di questa industria. Insieme ai suoi ingegneri crea i macchinari. Si accredita le
invenzioni degli altri (il classico atteggiamento del capitalismo accomulativo, rapace, tipico
dell'industria statunitense). Edison era il più grande capitalista dell'epoca.
Inventa il kinetoscopio: una sorta di bussolotto, un piccolo armadio. In Europa non hanno riscosso
molto successo. Negli Stati Uniti è stata la prima forma di fruizione del cinema. Si inseriva una moneta
da 25 cents e si vedeva un pezzettino di film. Una vera e propria droga degli occhi. Così nasce la
fascinazione dello spettacolo cinematografico.
Oggi siamo subissati di immagini che ci aggrediscono proprio come le immagini pubblicitarie. Un
grande sociologo canadese, Marshall McLuhan, disse nel '70: “Siamo passati da un'era le cui
fondamenta le hanno poste Edison e Méliès, in cui assistevamo a una narrazione spettacolare,
cinematograficamente, interrotta da qualche breve momento di pubblicità a una fase in cui il ciclo
pubblicitario che propaganda merci è un ciclo continuo interrotto da storie e narrazioni che tappano i
buchi tra una pubblicità e l'altra”.
Assistiamo al caos della comunicazione commerciale: prima a contare era la narrazione della scena, i
film, adesso la televisione è pubblicità e commercialità con vari inserti comunicativi. Tra l'uno e l'altro
c'è un po' di narrazione e storie strumentali.
Edison aveva posto le basi al ciclo della narrazione, dello spettacolo. Nel kinetoscopio si vedono scene
di violenza: vale a dire matches di pugilato, combattimenti di galli e cani. C'era spazio anche per l'eros
dell'epoca che non corrisponde a quello di adesso. Oggi la pornografia, l'osceno (ob scenam fuori di
scena) è facilmente accessibile. Anche il fuori scena è rientrato nel circuito. L'eros al tempo di Edison
erano due persone che si baciavano. Questi film brevi venivano reclamizzati ad esempio come la
performance de “I due migliori baciatori d'America”. Già da questo momento il cinema americano si
definisce in violenza e eros.
Siamo nel 1895 e questi elementi attraggono il pubblico. La violenza è in qualche modo connaturata al
cinema, che in greco significa movimento. Cosa c'è di più spettacolare e movimentato della violenza?
La violenza è un'accelerazione della vita quotidiana, in senso antagonistico adatto a una società
fortemente competitiva come gli Stati Uniti. Basti pensare al capitalismo americano: si ammazzavano
per la supremazia del piano economico.

Parigi: si documenta la realtà e si da spazio al fantasioso. Sulla East Cost americana (New York)
emergono eros e violenza.
Ancora una volta il cinema già si delinea nei suoi filoni fondamentali
L'USCITA DALLE OFFICINE LUMIÈRE (1895)
I fratelli Lumière riprendono gli operai alle uscite delle fabbriche a Lione. La loro è una
documentazione sociologica.
Ancora, riprendevano ambienti e costumi orientali, nasce un minimo di fiction.
L'INNAFFIATORE INNAFFIATO (1895)
Un uomo nel giardino della villa dei Lumière innaffia delle piante. Un bambino mette il piede sulla
pompa, bloccando il flusso dell'acqua. L'uomo guarda nel tubo e si schizza. È un principio di fiction.
Méliès punta sulla fantasia più sperticata.
A Jules Verne si ispirano VIAGGIO NELLA LUNA(1902) E VENTIMILA LEGHE SOTTO I MARI(1907). (Nel
manifesto della Disneyland parigina, la luna è tratta dal film Viaggio nella luna).
Méliès inventa la fantascienza. Ci sono diversi trucchi che individua (I Lumière non useranno trucchi).
Ad eccezione di un film, in cui un muro buttato giù a picconi viene creato montando la pellicola al
contrario (DEMOLIZIONE DI UN MURO (1896).
Méliès muore in miseria. Negli anni '20 i suoi trucchi non facevano più cassetta.
Nella sua autobiografia scrive di esser rimasto sorpreso quando durante una ripresa vicino all'Opèra,
riprendendo un tram ad un tratto questo sparisce, poiché ha saltato dei fotogrammi. Un errore di
ripresa cinematografica che determina un accrescimento delle facoltà di trucco.
Film dei fratelli Lumière:
L'arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat (1896) (periferia di Parigi);
L'arrivo dei fotografi al congresso di Lione (1895)
La colazione del bimbo (1895),(il bambino immortalato è il figlio di Auguste Lumière). Negli anni '90
del '900 una pubblicità della pappa riproduce questo cortometraggio, facendo si che il bambino
sporcasse di pappa con il cucchiaio i genitori.
Da porre in evidenza è l'uso scientifico del mezzo cinematografico: viene ripreso il Nilo alla fine
dell'ottocento, l'Africa, la Cina. Credevano che attraverso il cinema si potessero riprendere le
operazioni chirurgiche.
Rapporti tra pittorica e cinema
In Una partita a carte (1895) è sottile il parallelismo con I giocatori di carte di Cézanne.
Cézanne sta nel discrimine tra la grande arte dell'800 (Impressionismo) e l'arte dell'avanguardia che
Picasso a Parigi inaugura e avvia.
Cézanne, come Van Gogh, non è riuscito a vendere nemmeno un quadro. Nonostante fosse laureato
in medicina, il suo desiderio era di diventare pittore, il padre, per questo motivo gli taglia i mezzi di
sussistenza. Mentre ha con sè quattro quadri, un signore lo ferma ammirandoli, quadri contraddistinti
da una pennellata soda. Cézanne glieli regala e così la famiglia di questo signore è diventata
ricchissima per i quadri, acquisiti con un disinteressato interesse .
Méliès colorava a mano i suoi film. Con un pennellino e un procedimento chimico colorava
fotogramma per fotogramma. Un esempio è VIAGGIO NELLA LUNA(1902).
TRAMA: Il congresso di astronomi della Sorbona decide di sparare una navicella sulla Luna, a forma di
proiettile, e gli astronomi stessi s'imbarcano venendo sparati da un cannone. Mentre un gruppo di
ballerine festeggia l'evento (Méliès, quale uomo di spettacolo, ben conosceva l'importanza delle
ballerine negli spettacoli d'intrattenimento), il proiettile arriva sulla Luna, conficcandosi direttamente
nell'occhio della faccia dell'astro e provocandogli una visibile irritazione.
Una volta scesi i viaggiatori incontrano i Seleniti, vengono catturati e presentati al loro Re. Riescono a
scappare, e ripartono facendo cadere il proiettile verso il basso, verso la Terra (secondo un'intuitiva
legge di gravità), cadendo in mare e venendo poi riportati in un porto.
I “lunatici”, i nativi della luna, vengono rappresentati come se fossero selvaggi, come quelli africani o
della Cina. Si delineano i rapporti dell'uomo bianco acculturato e l'altro, come accade nei film
documentati dai Lumière o nel genere western (il rapporto con l'altro, il selvaggio).
Esempi film kinetoscopio
All'interno del kinetoscopio si mostravano brevi film. Un esempio, che aveva come tema l'eros e la
violenza, erano due giovani che si baciano, poi arrivano i parenti di lei che lo colpiscono.
Oppure: c'è un garzone di un negozio di scarpe, fa provare un paio a una ragazza. Nel mentre le tocca
la caviglia, in quel momento arriva la ragazza di lui e vede che il mascalzone tocca le gambe alla
giovane. La ragazza gli da l'ombrello in testa.
Ancora un altro: piazzano la cinepresa sulla prua di un treno, per far spettacolo. Anche la catastrofe
naturale fa cassetta.
Sesso e violenza: un ladro ruba una borsetta, le ragazze tirano su la gonna per correre meglio.
Truffaut e Godard
Per ben delineare la differenza tra realtà e invenzione poetica, consideriamo Jean-Luc Godard e
François Truffaut, due cineasti francesi tra i più famosi della storia del cinema.
-I 400 COLPI(1959) di François Truffaut:
il cui ispiratore è un italiano, Roberto Rossellini, l'inventore del Neorealismo. Godard, sulla scia dei
Lumière, esamina quasi scientificamente la realtà francese di fine anni '60. Si tratta di film politici che
analizzano la società quasi come attraverso uno strumento scientifico, il marxismo o altre visuali.
Truffaut in un suo film parla delle problematiche di un ragazzo, un giovane imbarazzato nei primi
rapporti con le ragazze. Racconta la poesia di un uomo che resta sempre bambino. È un cinema di
invenzione in cui c'è un plus valore, è basato sull'intuizione di qualche immagine.
Godard punta a documentare la realtà.
Erano molto amici, scrivono entrambi, durante gli anni '50, per la Cahiers du Cinéma, la più autorevole
rivista cinematografica francese fino agli anni '60. Collaborano anche in:
FINO ALL'ULTIMO RESPIRO(1960) a scrivere la sceneggiatura e a farne la regia è Godard, ma il
soggetto è di Truffaut.
A scatenare il litigio fra i due è la pellicola LA NUIT AMÈRICAINE(1973) di Truffaut. Si racconta l'iter
creativo di un film “classico”, con una parata di trucchi, tra i quali appunto “l'effetto notte”. L'”effetto
notteӏ una tecnica cinematografica
atografica: quando giri di giorno e hai bisogno di far capire che la scena è ambientata di notte abbassi
i valori cromatici. È un titolo metaforico: è la storia di un regista che lavora con un'attrice americana
(con cui Truffaut ha avuto anche una relazione), dunque il titolo rappresenta anche lo sbandamento
passionale ed emotivo di Trufaut.
In questo contesto Godard scrive una lettera di fuoco a Truffaut, chiedendo denaro al collega per
realizzare il suo successivo progetto “alternativo”. Ecco le parole di Godard:
“Ho visto ieri Effetto notte. Probabilmente nessuno ti dirà che sei un bugiardo, così lo faccio io. [...]Tu
dici che i film sono dei grandi treni nella notte, ma chi prende il treno, in che classe, e chi lo guida con
la spia della direzione di fianco? [...]Visto Effetto notte dovresti aiutarmi, perché gli spettatori non
credano che i film si fanno solo come i tuoi.”
Godard non apprezza l'immagine sonora del treno. Se fai cinema devi esplicare che treno è, dove si
dirige, descriverlo nelle sue caratteristiche peculiari. Per Truffaut si tratta di un elemento poetico.
Siamo agli antipodi: un cinema politico, "anonimo" e sperimentale a cospetto di un “film nel film” che
ambisce al Premio Oscar. Godard ha progressivamente dato al suo cinema una svolta sperimentale
nella forma e impegnata nei contenuti. Truffaut invece è rimasto disimpegnato, ripiegando
gradualmente verso il cinema tradizionale.
Dalla matrice dei lumiere prenderà ispirazione Godard e mentre il faro per Truffaut è Rossellini.
Un poeta del cinema come Méliés potrebbe essere Pasolini, che arriva a definire un certa fase del suo
cinema il “Cinema di poesia”.

ITALIA E CABIRIA
Il più importante dei registi italiani si chiama Giovanni Pastrone, un genio che nessuno conosce. Come
Pastrone molti registi agli esordi del cinema sono ingegneri sia in America che in Europa. Nel 1914
comincia la Prima Guerra Mondiale ma l'Italia entrerà nel conflitto solo nel 1915. A guerra italiana non
iniziata Pastrone girerà: CABIRIA(1914),:
una pietra miliare del cinema mondiale, un film muto con la musica di Ildebrando Pizzetti.
Cabiria(1914) è tratta da un racconto di Salgari, Cartagine in fiamme, in cui è narrata la storia di una
bambina, Cabiria, rapita dai Cartaginesi e portata a Cartagine. Cabiria sfugge ad un sacrificio, la
buttano dentro la bocca infuocata dell'idolo chiamato Moloch. A salvarla è un uomo molto robusto di
origine romana: è Maciste, il primo della storia del cinema. (Negli anni '50 e '60 il cinema è colmo dei
forzuti Ercole, Maciste e Sansone.)
L'attore che impersonava Maciste era un attore del porto di Genova.
Così Maciste, in combutta con un centurione romano, mettono in salvo la fanciullina e la portano a
Roma. Ci troviamo durante la Seconda guerra punica. Ci sono molte scene di guerra, come, ad
esempio, la presa di Siracusa e dove Archimede brucia le navi dei romani con gli specchi. Cartagine
viene distrutta e Cabiria va a Roma.
Questo è il primo grande film della cinematografia italiana: un colossal costoso e ben realizzato. La
produzione si svolge a Torino, dove erano presenti le piccole grandi case di produzione italiane.
Pastrone si rivolge a Gabriele D'annunzio per le sceneggiature degli intertitoli, che risultano ricolme di
enfasi e retorica.
D'annunzio che non voleva sporcarsi le mani con la cinematografia, accetta solo per pagare alcuni
debiti. D'annunzio non vuole lavorare con Pastrone, che a sua detta aveva un cognome volgare: fu
così che lo ribattezza come Giorgio Fosco.
D'annunzio dice di aver scritto le didascalie per dare qualche bistecca ai suoi cani. È questo
l'atteggiamento del letterato tradizionale di fronte alla nuova forma espressiva, il cinema, guardata
dall'alto in basso perché considerata il divertimento dei miseri.
Il film vive del contrasto tra l'aulicità, la vecchiezza di un simile apporto d'annunziano e il genio di
Pastrone che inventa nuove modalità tecniche per girare questo film.
Inizialmente si girava ponendo la cinepresa a una distanza fissa dall'oggetto. La distanza era quella di
uno spettatore di teatro verso la quinta o sesta fila di poltrone al centro, il che denota una concezione
teatrale della ripresa. Il cinema era considerato il sottordine del teatro. Pastrone abolisce questa
modalità inventando il movimento della cinepresa. Utilizza un binario su cui muove la cinepresa di 4/5
metri: è una grande novità, così facendo inventa la terza dimensione (il tempo, lo spazio e il moto
nello spazio). Mentre prima lo spettatore aveva una visuale univoca adesso è come se l'occhio dello
spettatore si muovesse e vedesse quel che c'è dietro. Si passerà nel corso del tempo allo spostamento
mediante binario, al carrello, fino ad arrivare alla steadicam attuale (una cinepresa che viene
imbracciata dall'operatore). Il primo film in cui fu utilizzata la steadicam è Rocky di Avildsen per
riprendere la corsa del protagonista nella strada e nella scalinata e successivamente in Shining di
Kubrick, per riprendere il ragazzino con la macchinina e la scena in cui il padre vuole ucciderlo.
All'epoca si truccavano solo gli attori principali con il nero fumo passato sotto gli occhi. Si utilizzavano
nero fumo di un sughero con il quale si annerivano le borse degli attori e la biacca, una crema
imbiancante.
Pastrone introduce un'altra novità: vuole che tutte le comparse siano truccate. Inventa il make-up
nel cinema.
Il film dunque è a metà tra l'arcaicità della scrittura che rileviamo nelle didascalie di D'annunzio e nella
musica vecchio stampo di Ildebrando Pizzetti e una tecnicità avanguardistica, quella di Pastrone.
Il film è a metà strada tra il vecchio e il nuovo, tra la tradizione dei letterati italiani e le intuizioni
geniali, considerate all'epoca spicciole.
All'interno de La storia dell'arte italiana di Giulio Carlo Argan si descrive come mentre nel resto
d'Europa inventavano la macchina, in Italia c'è la reinvenzione della biga. Noi eravamo attardati; la
biga è una metafora di questo. La biga metaforica nel cinema sta nelle didascalie di D'annunzio.
Tuttavia al contempo inventiamo anche la macchina attraverso invenzioni di Pastrone. Argan è severo
perché un movimento avanguardistico che esaltava la macchina lo abbiamo avuto con Marinetti e la
corrente del Futurismo. Argan, un critico e storico marxista, il futurismo che confluirà poi nel fascismo
non può che rinnegarlo essendo di matrice marxista.

AMERICA
Il più grande regista americano dell'epoca è David Wark Griffith, la seconda grande personalità
americana dopo Edison (che era un produttore e non un regista). Griffith è autore di alcuni dei film più
importanti della storia del cinema americano: Nascita di una nazione (1915) e Intollerance (1916).

NASCITA DI UNA NAZIONE (1915) è ambientato durante la guerra civile tra Nord e Sud negli Stati
Uniti. Si narra le vicende di una famiglia del Nord che si scontra con una del Sud. Un ragazzo uccide
involontariamente un giovane del Sud appartenente ad una famiglia amica.
Si tratta di un film con elementi razzisti molto forti. I neri vengono rappresentati come bestie. In una
scena viene raffigurata una ragazza bianca che per sfuggire da un nero che vuole violentarla si getta
da un dirupo. Questa scena verrà poi ripresa in Via con il vento(1939). Questo film è un emblematico
dell'esistenza di vere e proprie opere d'arte nonostante gli elementi retrogradi come il razzismo. I neri
manifestarono contro il film. Ci furono un centinaio di morti.
Il film successivo:
INTOLLERANCE(1916) è composto da cinque episodi della storia del mondo in cui si narra
l'intolleranza dell'uomo all'interno di certi periodi storici.
Il film abbraccia circa 2500 anni di storia da Babilonia (la sua caduta nel 539 a.C.) alla Giudea (la
crocifissione di Gesù), dalla Francia (la strage degli ugonotti del 1572 nella notte di san Bartolomeo)
agli USA (uno sciopero del 1914).
È presente poi un quinto episodio moderno in cui un giovane viene accusato di un omicidio che non
ha commesso. La moglie trova delle prove che lo scagionano. Si reca nella prigione dove sta per
avvenire la messa a morte dell'uomo. Griffith attraverso l'invenzione del montaggio alternato, già tra i
vari episodi, suscita grande suspense.
Nell'episodio moderno vengono alternate scene della moglie sul treno agitata dall'ansia e quelle del
direttore del carcere che porta il giovane sul luogo dell'esecuzione. Il montaggio alternato è
particolarmente efficace nelle scene in cui la moglie corre disperata alternate a quelle in cui il
carceriere tiene la mano sulla leva.
Durante la visione del film, il pubblico manifestava le proprie emozioni gridando.
-Ad Hollywood in California sta nascendo la città di Los Angeles (ex borgo messicano nell'Ottocento).
In un cinema californiano Griffith viene a sapere che stanno proiettando un film di un europeo,
Pastrone, così manda un amico a vederlo, il quale successivamente gli comunicherà le innovazioni.
Griffith si meraviglia e acquisisce questi accorgimenti. Disponendo di grandi mezzi e avendo una
mentalità all'americana, li amplifica. Ecco che il movimento della cinepresa diventa una
movimentazione portata quasi all'eccesso. In orizzontale e in verticale (per le riprese in verticale
affitta gru edili).

TORINO
A partire da Cabiria(1914) comincia il filone storico mitologico italiano (es. Gli ultimi giorni di Pompei).
Il cinema italiano delle origini vive di due filoni: quello storico-filologico e quello sentimentale-
melodrammatico.
Da una parte le raffigurazioni della Roma antica, di Cartagine, di Gerusalemme di Cristo; dall'altra le
dive del muto italiano che diventano le più conosciute del mondo come Francesca Bertini in Assunta
Spina(1915). Quest'ultima in un documentario racconta tutto del cinema dell'epoca ambientato a
Napoli.
Assunta Spina (1915) è una sceneggiata napoletana, un film muto, in cui la protagonista viene
sfregiata dal suo amate, un camorrista. Tenta di non farlo finire in carcere, inutilmente. Francesca
Bertini dirige in parte il film.
La Bertini ha girato anche film ambientati in contesti aristocratici: l'ambito del cinema alto, borghese
aristocratico, in cui le donne erano divoratrici degli uomini, li facevano innamorare e li portavano alla
distruzione.
Le donne erano melodrammatiche dalla gestualità, come nelle opere liriche. Altre dive come, Pina
Menichelli, erano conosciute in tutto il mondo per la loro capacità di distruggere la vita dei loro
amanti. Durante la scena clue arrivavano a strappare le tende per esprimere la loro carica emotiva.
Questo era l'eros.
Concorrenziale al cinema sentimentale erotico italiano era il cinema dei paesi scandinavi: il cinema
danese e in parte quello svedese, caratterizzati dalla libertà dei comportamenti erotici. Li c'erano
attrici esportate in tutto il mondo che facevano concorrenza a quelle italiane. C'era un eros più
scatenato.
Dunque in Italia erano presenti due filoni: il primo storico, mitologico, religioso in cui figurava la Roma
antica, Cartagine, e poi il cinema delle donne che facevano impazzire gli uomini. Donne che non
dormivano mai perché consumate dall'estasi amorosa.
Scoppia la Prima guerra mondiale, l'Italia vi entra nel '15; terminerà nel '18. L'epidemia spagnola fa
più morti di tutta la guerra. Molti tecnici, registi, attori, elettricisti muoiono. Alla fine della guerra il
cinema italiano è a pezzi; i soldi sono investiti nell'industria bellica.
L'America conquista i mercati esportando i suoi prodotti, tant'è che il 60% dei film che si vede in
Europa sono americani. Lo steso fenomeno si ripeterà alla fine della Seconda guerra mondiale: gli
americani seppelliscono il mercato tuttavia a valere è l'inventiva degli italiani, con il genere del
Neorealismo,
Dopo la Prima guerra mondiale l'Italia vive un gap che in parte si risolleva con Mussolini, dal '22 fino al
'42 quando viene destituito. Il fascismo attua dei provvedimenti difensivi del cinema italiano a partire
dalla metà degli anni Venti. Protegge la produzione italiana che si esporta poco. Così per ogni film
estero importato il fascismo impone la produzione di tre film italiani.
È il fascismo a creare Cinecittà negli anni '30 e il centro sperimentale di cinematografia.
Quella fascista è una dittatura a stampo nazionalista e rientra nel suo apparato il privilegiare i prodotti
italiani a discapito di quelli esteri. E poi Il cinema sarà un forte strumento di propaganda per il regime.
A.B.C.
(ALESSANDRINI, BLASETTI E CAMERINI):
trio di registi che dominavano nel ventennio fascista. Con loro si fonda il cinema italiano moderno.
Per quanto riguarda Alessandrini, bisogna ricordare un terzetto di film, girati negli anni '30:
si tratta di due commedie e di un film di ambiente militaresco.
La sua carriera si divide fra questi due aspetti: la commedia e il film eroicistico degli ideali bellici del
fascismo.
Per la commedia Alessandrini è un regista elegante, a volte raffinato, che gira film anche abbastanza
originali. Uno di questi è:
SECONDA B(1934): ambientato all'interno di un liceo milanese
LA SEGRETARIA PRIVATA(1931); entrambi sono commedie.
-Seconda B(1934) racconta la storia di un professore che insegna in un liceo classico molto elegante di
Milano. Questo professore si invaghisce di una studentessa che appartiene all'alta borghesia
milanese. Il professore non è bello, non è giovane e non è ricco. La ragazza lo prende in giro con le sue
coetanee mentre lui coglie le frasi che gli vengono rivolte dalla ragazza in modo positivo. In
conclusione il professore si metterà insieme a una professoressa, grigia come lui. Non è importante
che la ragazza sia minorenne, né che un uomo adulto aspiri ad una ragazza così giovane: allora non
era determinante. Decisiva è l'appartenenza di lei alla ricca borghesia. Il muro invalicabile all'epoca
era il classismo: il professore deve mettersi con una persona della sua stessa classe sociale.

-La segretaria privata(1931) è un esempio della delicatezza elisabettiana di Alessandrini, del suo
impostare inquadrature eleganti. Non è un gran regista ma è un professionista serio con tante frecce
al suo arco. Il film si incentra su una giovane di provincia che trova lavoro in un ufficio. Qui trova le
attenzioni da parte di un impiegato, da cui lei se ne difende. Ad intervenire è il direttore generale
accortosi della situazione. Sarà lui alla fine a fidanzarsi con la ragazza. Alessandrini ci mostra una
donna che cerca il suo destino nel lavoro. Non rappresentava la donna, la madre, la sorella che il
fascismo erigeva. La donna rappresenta una figura interessante e rara nel panorama del cinema
dell'epoca fascista. Il direttore uomo benestante e imprenditore, si fidanza e forse si sposa con lei. Da
parte dell'uomo ricco non esiste la barriera sociale. Può scegliere chi vuole. Questo fattore lo
rileviamo anche all'interno commedie di De Sica.

(Nel film Pretty woman (1990) è presente una prostituta che si innamorata del ricco e bell'uomo
d'affari di Wall Street. Quando lui chiede cosa vuole, lei risponde che vuole tutto. In fondo la storia è
quella sottesa nella La segretaria privata: l'uomo ricco la solleva dal proprio ambito sociale, per farne
sua sposa. L'uomo ricco decide tutto.)

L'altro filone di Alessandrini è quello militarista.


Il film più interessante è nominato:
LUCIANO SERRA PILOTA (1938). La sceneggiatura è di Rossellini e Alessandrini. Il protagonista
rispecchiava l'attore tipo dell'epoca del fascismo: un bell'uomo ma molto impostato; virile, con
atteggiamenti autorevoli se non autoritari. Amedeo Nazari è l'altro bello oltre a Massimo Girotti, il
quale è delicato, ha qualche tratto di effeminatezza. Visconti quando lo utilizza per Ossessione(1943)
punta proprio su questi elementi. Il maschio bello viene a cadere. All'interno del film di Alessandrini il
protagonista è tutto d'un pezzo, un ingegnere aeronautico che arriva a lasciare la famiglia e andarsene
in Sud America per seguire la sua passione. Anni dopo ritornerà nell'Italia fascista per salvare il figlio:
ci riuscirà a costo della propria vita. (La parabola di Amedeo Nazari). Il figlio è ferito ma si riprenderà,
lui non ce la fa e muore.

Altri film di questo filone saranno “CAVALLERIA DEL 1936” O “ABUNA MESSIAS DEL 39”
Durante la guerra poi oltre a “GIARABUD” ( film di propaganda sulla resistenza di un drappello
italiano all’avanzata inglese in libia) Alessandrini gira un dittico “NOI VIVI-ADDIO KIRA” del 1942.
Melodramma ambientato nella russa sovietica, invasa dai nazisti. Dopo essere stato curato in
un sanatorio in Crimea della tisi contratta durante un fallito tentativo di fuga verso l'estero, Leo torna
guarito a Pietroburgo da Kira. Egli però è profondamente cambiato dopo aver conosciuto Antonina,
amante di un alto funzionario comunista, che lo ha indotto verso attività speculative ed illegali. Con la
protezione di un alto burocrate Leo apre uno spaccio di generi alimentari in cui si fa largo uso della
"borsa nera". Con tale attività, di cui sono complici molti dirigenti del partito, Leo si arricchisce.
Intanto Andrej, ancora innamorato di Kira, indaga sull'attività di Leo e scopre la corruzione, anche
interna al partito di cui lui è onesto e leale funzionario. Quando infine arresta Leo è ancora Kira ad
intercedere presso lui ed ancora una volta i sentimenti di Andrej prevalgono sul suo senso del dovere.
Con questo comportamento dà modo ai suoi superiori corrotti, ansiosi di liberarsi di lui, di inquisirlo.
Intanto Kira rivela ad Andrej di non amarlo e di essersi concessa a lui solo per salvare Leo.
Di fronte alla delusione sia degli ideali politici che in amore, Andrej si suicida. Leo, liberato, accusa Kira
della relazione con Andrej e la lascia, senza riconoscere che lei l'abbia fatto solo per salvarlo.
Disperata e sola, Kira tenta di nuovo di espatriare, ma arrivata al confine, con la libertà ormai a
portata di mano, viene uccisa da una sentinella.
La carriera di Alessandrini si chiude sostanzialmente con la fine della guerra, in quale negli ultimi anni
crea una trita esaltazione dei garibaldini: CAMICIE ROSSE DEL 1952 di cui il secondo è ANITA
GARIBALDI, dove troviamo ANNA MAGNANI, in una delle interpretazioni più monumentalistiche.
( morte eroina- girata da Visconti)

BLASETTI
Blasetti è un ottimo regista, il migliore del terzetto. Anche se Camerini realizza Realismo ante litteram,
Blasetti è più articolato e completo. La sua carriera è molto composita.
Da ricordare sono i film Terra madre(1931) e Resurrectio(1931).
Di TERRA MADRE(1931) rimangono poche scene, per un totale di non più di 20 minuti. È un film
muto sull'epica impresa della bonifica delle Pianure Pontine. Si tratta di un film di propaganda del
regime fascista. Blasetti per realizzarlo si ispira ai grandi cineasti sovietici. Anche il tipo di inquadrature
viene deposto dal cinema epico. Le inquadrature, in cui c'è molto cielo con le nuvole o sereno, mentre
la terra è in basso, sono tipiche dell'epica cinematografica sovietica. Si costruisce l'Italia fascista.
All'interno del film ci sono i buoni e i cattivi. C'è il buono che salva una contadina che partecipa alla
bonifica da un uomo cattivo, sullo sfondo del generale contesto dell'impresa gloriosa del fascismo.
RESURRECTIO(1931) è il primo film sonoro italiano. La storia è moderna per gli anni 30. Si racconta di
un direttore d'orchestra che vuole spararsi. Sul tram c'è una fanciulla che si accorge che quest'uomo è
stravolto. Scende con lui dal tram, gli parla e lui se ne innamora. Invita lei e la madre (lui è un uomo
ricco) ad un gran concerto che lui dirige. In questo concerto ne succedono varie cose. Scoppia una
tempesta che rompe i lampadari e i muri. Torna il sereno, lui conclude il suo concerto e va via con la
ragazza che diventerà la sua sposa.
In questo film Blasetti sa usare due corde:
quella INTIMISTA: del dramma pastorale, individuale e famigliare
e quella del GRANDE SPETTACCOLO quindi grandi mezzi, tante comparse eccetera.
Tipiche di questo doppio registro sono: LA SCENA DELL’INCONTRO SUL TRAM e quella della
CHIACCHIERATA AL BAR: dove troviamo ambienti umili, ripresi con occhio svelto ed ellittico, e poi la
scena della TEMPESTA in cui Blasetti mostra che per fare spettacolo, tutto è possibile. La tempesta
non c’entra niente, ma vuole far vedere la sua bravura tecnica e vuole catturare il pubblico sul piano
tecnico, per lui è puro senso dello spettaccolo.
È un caro amico di Mussolini, che lo aiuta molto a trovare finanziamenti.
Film rilevante di Blasetti è anche LA TAVOLA DEI POVERI(1932)

1860 (1934) : racconta la storia della Spedizione dei Mille. Gli uomini di Garibaldi liberano le diverse
zone dai Borboni unificandole con il Regno d'Italia piemontese. È qui descritta la grande avventura
garibaldina. Si può notare come siano presenti all'interno del film diversi dialetti d'Italia: c'è una
sinfonia di intonazioni dialettali. Ad esempio in Sicilia osserviamo i picciotti siciliani che con gli alleati
del nord scacciano i Borboni.
All'epoca il fascismo aveva proibito i dialetti poiché l'italiano era la lingua ufficiale del regime. Il teatro
dialettale viene perseguitato. A Blasetti lo si permette, poiché lui è il regista più famoso e in più è
amico di Mussolini. Nel finale si vedono i garibaldini che si congiungono con le camicie nere. La
liberazione della Sicilia ha una naturale continuazione nel Fascismo e nella marcia su Roma.

(Paisà(1946) è superiore a 1860(1934), tuttavia Rossellini tiene presente il film del maestro Blasetti. In
Paisà(1946) viene raffigurata la liberazione d'Italia da parte delle truppe angloamericane che trovano i
loro alleati nei Partigiani come i picciotti hanno collaborato con l'esercito di Garibaldi.)

LA CONTESSA DI PARMA (1937) : è generalmente considerato un'eccezione rispetto ai temi ricorrenti


nella produzione del regista romano, che lui dichiarava essere il suo film più brutto. In realtà è una
commedia sofisticata all’americana che pone essere ascritto al filone cinematografico noto come
cinema dei telefoni bianchi. Il film tratta la storia di un giocatore di pallone che si innamora di una
ragazza che si finge contessa. È un film piacevole e regge il confronto con quelli di Camerini.

Dopo la caduta del fascismo Blasetti voleva diventare un regista impegnato, Dal 1938 inizia la serie di
spettacolari film di costume:

ETTORE FIERAMOSCA(1938) appartiene al filone dei film storici del passato. Racconta una sfida di 12
cavalieri italiani contro quelli francesi (avvenimento del '500) che vede la vittoria degli italiani. Ettore
Fieramosca era il loro capo; viene interpretato da Gino Cervi. Questo film può essere annoverato
nell'ambito della propaganda fascista.

LA CORONA DI FERRO(1941) è un fantasy in cui alcuni giovani guerrieri si contendono l'amore e il


matrimonio della figlia di un re. Vince quello che è meno accreditato, un selvaggio, non discendente
da una famiglia reale, interpretato da Massimo Girotti. Lui che viene da un contesto diverso, povero,
sbaraglia tutti e sposa la principessa. Il padre, interpretato da Gino Cervi, preferirebbe un giovane
monarca, ma poi capisce che è il migliore.

LA CENA DELLE BEFFE(1942) è una commedia ambientata nel Rinascimento italiano. Un uomo
prepotente si prende la donna di un infame e un miserabile. La donna, interpretata da Clara Calamai,
viene in seguito scritturata da Visconti per Ossessione(1942). Il film è pregno di movimento vitale. La
donna mostra per la prima volta sugli schermi il seno nudo. Amedeo Nazari, per far vedere che vuole
prendere la donna, che è una cortigiana fidanzata con un vile, le slaccia la camicia e si vede il seno
nudo, il primo del cinema italiano.

All'interno di ALDEBARAN(1935) vi erano ragazze nude, poiché la censura sosteneva che per motivi
d'arte si poteva mostrare la nudità. Si svolge tra i marinai italiani che viaggiano sulle coste africane.
Sono presenti delle ragazze nere che fanno spettacoli e danzano nude. Le donne nere si possono
mostrare nude, sono come animali esotici, la censura non se ne preoccupa. Le fanciulle non erano in
realtà nere, ma ragazze italiane truccate.

4 PASSI FRA LE NUVOLE(1942) è un film ascrivibile al gruppo del cinema prerealistico. La guerra va
male e il fascismo traballa. Blasetti comprende la nuova aria che tira.

FABIOLA (1949) è un colossal sui cristiani perseguitati dagli imperatori romani. Lo imposta in modo
differente rispetto ai film precedenti,

PECCATO CHE SIA UNA CANAGLIA(1954) lancia la coppia Mastroianni-Loren. È un anticipo della
commedia all'italiana. Parla di un tassista che si innamora di una ladra, il padre di lei, un truffatore, è
interpretato da De Sica.

Europa di notte(1958) inventa il cinema documentario sexy che andò di moda alla fine degli anni '50.
Si riprendevano i film di montaggio, con alcuni sketch comici e scene di donne che ballano.

IO, IO, IO... E GLI ALTRI (1966) è un film sull'egoismo interpretato da Walter Chiari. Un film un po'
autobiografico, ma di grande vitalità. Blasetti prende in giro le caratteristiche edonistiche dell'italiano
medio.

(In questi film al di la delle trame si impongono due elementi: LA FORZA IMPETUOSA DELL’EROE E
L’IMPULSO SENTIMENTALE DEL PERSONAGGIO FEMMINILE.
Durante la guerra l’adesione di Blasetti al regime, aspetto che inserirà nel film del 1942
“ QUATTRO PASSI TRA LE NUVOLE” il quale vedrà l’attore aggressivo Cervi vivere una crisi in un film
non più in costume ma ambientato nella piccola borghesia romana. Film che verrà definito quasi
anticipatorio dello spirito neorealista )

CAMERINI
Le commedie di Camerini sono importanti in quanto, per la prima volta, si occupa delle classi
altolocate, come accade nel cinema dei telefoni bianchi, ma anche dei piccoli borghesi e del
proletariato. In questi film descrive le vite, le storie del popolo minuto, degli umili. L'interprete
preminente è Vittorio De Sica, un attore innovativo nel cinema italiano, che non recita in modo
retorico, trombonesco e altolocato come accadeva ad altri attori. Parla normalmente, è un ragazzo
come tanti dell'Italia d'allora. La grande novità è la recitazione del giovane comune. In seguito Vittorio
de sica diventerà un grande regista del Neorealismo e non solo.

Camerini dirige alcune tra le più innovative commedie degli anni '30.
GLI UOMINI, CHE MASCALZONI..(1932)
narra la vicenda di un giovane meccanico che si fa passare per ricco per legare a se una commessa di
un elegante negozio di Milano. Nonostante viene smascherato, la vicenda si risolve favorevolmente e
il padre della giovane benedice il loro matrimonio.
C'è ancora la dimensione dello stare al proprio posto. Esistono compartimenti stagni sociali. Non si
può cambiare di classe, bisogna rimanere nell'ambito del proprio spicchio di socialità. In Camerini
questa morale è sviluppata in modo ironico, ma con uno sguardo affettivo verso la piccola borghesia e
il proletariato milanese e romano.
De Sica era inoltre un cantante che più che impostare il proprio lavoro sul timbro tenorile, era un
dicitore. La canzone è Parlami d'amore Mariù. Lui porta la giovane al lago, il Lago Maggiore di Milano.
Ci sono due anziani che hanno messo questa canzone, che viene cantata da lui. Sviluppa una tecnica
che genera unità tra il dato diegetico (lui canta) e extra diegetico (canzone messa dall'esterno su un
disco a 78 giri).
Il regista francese Jian Vigo l'ha voluta come segmento sonoro de L'atalante (1934).

IL SIGNOR MAX(1937)
racconta la storia di un giornalaio che vuole apparire un signore ricco perché si è invaghito di
un'aristocratica (ambientato nella Milano degli anni '30). Dopo tante umiliazioni che subisce dal
contesto, si fidanza con la cameriera, più intelligente, più sensibile e più carina della donna. Ognuno è
al suo posto come in tutti i film dell'epoca fascista. C'è però una particolare ironia, un modo di
scherzare sulla povertà.
C'è un'ideale triade che si conclude con

I GRANDI MAGAZZINI(1939)tra i tre film più famosi di Camerini con De Sica. Anche qui una persona
vuole fingersi quello che non è, e corona la sua vita con un successo sentimentale.

DARÒ UN MILIONE (1935)


è l'unico film di Camerini di questa fase sceneggiato da uno scrittore importante come Cesare
Zavattini, che diventerà il più noto sceneggiatore del cinema italiano. Ha una formazione da socialista.
È romagnolo e molto giovane quando scrive Darò un milione. Il suo talento si scinde due parti:
da una parte vi è il realismo attento con cui descrive la realtà italiana, tipico di un uomo che ha una
formazione socialista.
D'altra parte c'è un aspetto surreale della sua poeticità: l'invenzione di elementi fantastici che si
integra bene con il suo realismo, non sempre però in collisione con il realismo attento. Esistono
entrambi nella personalità e nell'estro di questo sceneggiatore. Zavattini lavorerà soprattutto con
Vittorio De Sica, una volta che questo passa alla regia, e per lui scriverà la trilogia neorealista.
In Darò un milione prevale l'aspetto surrealista del genio zavattiniano. È la storia di un un uomo ricco,
il quale vuole scoprire chi farà una buona azione nei suoi confronti. Si traveste da barbone e darà un
milione a chi farà una buona azione nei suoi confronti.

CONFRONTO:
Sturges dirigerà un film intitolato I dimenticati (1941) il cui titolo originale è Sullivan's Travels,
Confronto con Darò un milione. All'interno del film un uomo ricco, un regista di Hollywood, per fare
film diversi da quelli comuni, decide di travestirsi da barbone per cercare di capire che storie reali si
possono raccontare. Va incontro a molti inconvenienti: viene incarcerato, finisce ai lavori forzati, un
po' come De Sica nel film di Camerini. È utile confrontare questi due film scritti a distanza di 6 anni.
Sturges è autore di un cinema brillante, che diverte e fa pensare. Il regista viene poi riconosciuto e
torna a Hollywood. È un film sul cinema, si tratta di metacinema.

Come Blasetti e Alessandrini, Camerini svolge la sua attività anche dopo la caduta del fascismo, ma è
irrilevante.

De Sica insoddisfatto della direzione a cui lo sottoponevano i vari registi decide di passare alla regia.
Alla fine degli anni '30 dirige alcune commedie brillanti delle quali è anche interprete. De Sica scrive
insieme con Zavattini.

Rilevanti sono le commedie MADDALENA... ZERO IN CONDOTTA(1940) E TERESA VENERDÌ(1941).


Entrambi questi film trattano di ragazze molto giovani che vengono da un contesto sociale povero che
si innamorano di un direttore scolastico o di un medico, che le ricambia, innamorandosi e sposandole.
L'attore protagonista è sempre De Sica. Si tratta di commedie godibili diverse da quelle di Camerini.
De Sica va ricordato per il film drammmatico:
I BAMBINI CI GUARDANO(1943) scritto con Zavattini. De Sica non è interprete in questa fase del suo
lavoro. Qui comincia la linea del suo cinema più importante. È la storia di due coniugi; la donna ha
un'altra relazione. Il marito disperato si suicida. Il bambino viene messo in una sorta di collegio gestito
dal clero e quando la signora andrà a riprenderselo lui deciderà di rimanere con il direttore, un prete
benevolo e intelligente.
Il segreto di questo piccolo capolavoro sta nel titolo inventato da Zavattini. De sica opera come se la
visuale del film fosse determinata dallo sguardo del bambino, ciò denota la grande finezza di De Sica
regista. Gira il film ad altezza degli occhi del bambino. Assistiamo al film, alle azioni ai gesti come se
fossimo nei panni del bambino. Il neorealismo che verrà si mostra già in questo film. L'amante della
donna la va a trovare. Noi vediamo un uomo che entra e accarezza il bambino. Vediamo il busto
dell'uomo, la mamma agitata. Il bambino non capisce. È il bambino che guarda e cerca di capire, ma
non può capire. In un parco la madre incontra l'uomo, ma ancora il bambino non capisce, anche se sa
che qualcosa non va. Ecco la genialità della direzione di questo film, già molto intenso nella scrittura di
Zavattini.
Nella scena finale, la madre va nel collegio per riprendersi il bambino, che sta tra il direttore del
collegio e la madre. Deve decidere dove andare, abbraccia il direttore rifiutando la figura materna. De
Sica aveva girato due scene del finale.
- In una andava verso la madre
-in un'altra che poi è stata montata abbraccia il direttore.
Hanno dibattuto con Zavattini su quale fosse la migliore. Zavattini propendeva per la madre, poiché
era anticlericale e di sinistra (anche se è colpa della madre l'assassinio del padre). Secondo De Sica,
con lo sfascio del fascismo, e della famiglia (il fascismo si reggeva sul mito della famiglia della madre
custode del focolare) nuovi valori si ergeranno e la chiesa è l'unico di questi che permane. Non c'è il
senso dello stato perché è fascista. Sembrava la scelta giusta. De Sica era opportunista e riteneva che
la chiesa l'avrebbe sostenuto nel proseguo della sua carriera. Ad aver governato l'Italia per i futuri
quarant'anni sarà poi la Democrazia cristiana

I bambini ci guardano(1943) va inserito in un gruppetto di film che sono definiti preneorelisti, che
dunque anticipano il neorealismo che scoppierà tre anni dopo con Rossellini. Da annoverare vi è
anche il primo film di Luchino Visconti, OSSESSIONE(1943).

OSSESSIONE(1943) racconta la storia di un vagabondo, interpretato da Massimo Girotti, il bello del


cinema italiano, utilizzato da Blasetti in ruoli di eroe forte, robusto, dall'aspetto quasi nordico. Visconti
lo usa in modo antiretorico. È il protagonista di una storia di un uomo povero che vagabonda per
l'Italia del nord, in particolare nella costa romagnola. Incontra una donna, Clara Calamai, la moglie di
un uomo che possiede un distributore di benzina e una trattoria. Lei ne diventa l'amante e lo convince
uccidere il marito. Vengono però scoperti e durante la loro fuga in macchina avviene un incidente
grave in cui lei rimane sgozzata dalla sbarra del guard rail.
Il film è uno dei capolavori della cinematografia italiana e il film d'esordio di Luchino Visconti.
Il film si caratterizza per un clima realistico, però con aspetti di morbosità, di intensità sensuale. È
basato una forte attrazione sensuale in cui a dominare è la donna. La classica dark lady che convince
l'uomo a commettere l'omicidio. La dark lady del cinema americano, de genere noir, un giallo torbido
all'americana. Il film è tratto dal libro americano Il postino suona sempre due volte libro americano.
Più elementi del cinema francese.

CONFRONTO:
Girotti è noto per la sua figura in canottiera sporca, in stile macho sudicio.
In un film famoso a livello internazionale:
Un tram chiamato desiderio(1951), di Elia Kazan, emergerà un attore Marlon Brando, ancora in
canottiera. Brando si ispira a Massimo Girotti. La parte è quella di un ragazzo prevalentemente forte e
prepotente, che vive succube della moglie. La moglie lo lascia e lui diventa un uomo disperato.
Allo stesso modo in Ossessione(1943) il macho è un uomo debole e fragilissimo che viene dominato
della donna, la dark lady, dalla bellezza torbida, magra e felina, allo stesso tempo nevrotica e
ipersensibile.
Entrambi questi uomini macho sono bacati.

Ossessione è importante perché viene meno l'ideale virilistico dell'uomo. Precedentemente l'uomo
che interpretava i ruoli maschili era stato interpretato nei termini dell'uomo duro e eroico. Visconti ci
mostra come sia la donna a comandare, a distruggere l'uomo. C'è un ribaltamento degli ideali del
maschilismo fascista. Nel momento in cui l'uomo vuole allontanarsi dalla donna, ha una sorta di
relazione omosessuale e va a vivere con un altro uomo. Nel film non si dice che costituiscono una
coppia omosessuale. Ha una relazione con una donna che fa la prostituta a Ravenna, ma la donna va a
riprenderselo; ancora ha una relazione con il ragazzo ma ritorna ancora la donna.
Il film si apre con una macchina che percorre la strada e si chiude con la stessa macchina che ha un
tragico finale. Lei aspetta un bambino da lui, è incinta, sperano di scamparla.
Analisi: Il gesto della mano del poliziotto, un commissario di zona che gli mette la mano sulla spalla,
vale a dire solidarietà perché la donna è morta, ma ha il dovere di arrestarlo.
Nel cinema italiano il gesto della mano sulla spalla indica la duplicità di questo atto comune.

I registi risolvono certe particolari scene tragiche e drammatiche attraverso vari espedienti.
L'incidente automobilistico è tra i più facili e risolutivi, pero bisogna caricare il momento.
Dino Risi con IL SORPASSO (1962) non è all'altezza di Visconti.
È la storia di un personaggio che vive di esteriorità, l'italiano rumoroso appariscente, gallista, a cui
piacciono le donne solo per trarne interessi sessuali. Incontra un altro studente di legge, lo porta
lungo l'Aurelia a visitare la sua famiglia con l'ex moglie, ha una figlia. Il ragazzo passa una giornata
diversa. Mentre il primo è estroverso, chiacchierone, di destra lui invece è il suo opposto, introverso e
timido.
Quando il primo sorpassa le altre automobili, il secondo si spaventa, gli dice di stare attento. Alla fine
si apre; si è divertito. È lui che lo provoca alla velocità, al sorpasso. C'è un camion e un incidente in cui
il ragazzo muore.
A distanza di vent'anni vi è un altro film che si conclude con un incidente: è un'opera di Godard,
IL DISPREZZO(1963). È la storia di uno sceneggiatore che ha come moglie Brigitte Bardot. Sono a Capri
insieme, eppure lei lo disprezza perché ha avuto l'impressione che lui avesse voluto buttarla fra le
braccia di un produttore per fare un film. Lei inizia un flirt con questo produttore cinematografico. Il
tutto si conclude con un incidente stradale che in cui muoiono la donna e il produttore. L'incidente è
stato trasformato, il produttore ha messo immagini fisse laddove Godard aveva girato scene in
movimento molto interessanti. L'acme del dramma è costituito dall'incidente automobilistico.

Accident(1967) è un capolavoro inglese di Joseph Losey, scritto da un drammaturgo che poi ha


ricevuto il premio nobel, Harold Pinter. L'incidente c'è all'inizio, si vede poco ma si sente rumore (al
contrario dei film precedenti che vedono l'incidente concludere drammi). Questa è la storia di una
studentessa francese, bella e intelligente che studia in un college inglese. Il suo ragazzo inglese muore
nell'incidente. La ragazza rimane scioccata dalla morte del giovane e due professori, due uomini
interessanti e intelligenti, affascinati da questa fanciulla, cercano di sedurla. Esempio del grande
cinema inglese. Uno è un uomo brusco, un po' violento, l'altro è delicato, sensibile. Si scoprirà che il
più infame è il secondo. Riesce ad avere una relazione contando sulle sue caratteristiche di cui la
ragazza ha bisogno.

Torniamo in Italia
GENTE DEL PO(1967) è un documentario girato nel '43 da Michelangelo Antononi (nativo di Ferrara)
giovanissimo. Riguarda la vita dei pescatori del delta del Po, luogo dov'è ambientato Ossessione. C'è il
fiume, il mare, la foce del fiume.
Nel '43 si viveva male, quasi al pari degli indigeni africani. C'era una povertà terribile, camminavano
scalzi, vivevano del pesce e abitavano in capanne. Antonioni documenta la povertà ricca di bellezza
(Bucoliche di Virgilio) e i sentimenti provati. Il film è poi andato in parte distrutto a Cinecittà durante la
guerra a causa dei bombardamenti. (I tedeschi prima di andarsene da Roma hanno saccheggiato le
cineprese e le pellicole.) Del film rimangono poco più di 20 minuti. Antonioni diceva di aver
cominciato il neorealismo con quel film.
In seguito si occuperà di altri temi.
Blasetti ha inventato molti generi, è stato un artista di cinema poliedrico anche se a livello qualitativo
non ha raggiunto i vertici dei registi della seconda metà del Novecento.
Di Blasetti rimane da trattare un film che rientra nel gruppo delle opere preneorealiste:
4 PASSI TRA LE NUVOLE(1942).
Si possono definire tali perché non rientrano nel cinema dei telefoni bianchi, non parlano dei rapporti
amorosi, delle classi alte, del periodo fascista, ne di soldati, militari. Il film tratta di un commesso
viaggiatore, che vende cioccolatini, merce in una valigetta. Nel cinema americano era diventato un
personaggio tipico che va di casa in casa nella provincia americana: una figura emblematica è il
venditore di Bibbie. Il protagonista delle piece più nota della drammaturgia americana è un
commesso viaggiatore, Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller. Nel film di Blasetti il
protagonista del film di Blasetti non muore alla fine della narrazione, ma ha una crisi violentissima.
Durante il suo percorso nel Lazio del sud, (parte da Roma dove vive con la moglie e con i figli, che non
vediamo mai), in Sabina incontra una bella ragazza, mite, affascinante che sta tornando a casa. Lei gli
chiede un favore imprevedibile: siccome lei è rimasta incinta di un mascalzone che l'ha abbandonata a
se stessa, deve tornare dal padre, un contadino benestante, e avendo paura delle reazioni dei
genitori, chiede al commesso viaggiatore di far finta che lui sia suo marito, di accompagnarla e poi
andarsene via. Inizialmente rifiuta, poi però ha pietà della ragazza e acconsente. Il film narra la
giornata e la nottata che passano nella casa paterna di lei. È stato allestito il letto matrimoniale che lui
si guarda bene dall'occupare. Il padre della ragazza ha capito il gioco che stanno conducendo i due,
senza dire niente stringe la mano all'uomo come per ringraziarlo. Il commesso viaggiatore torna a
casa, a Roma, e sentiamo la voce furente della moglie. Lui sta riscaldando il latte nel bricco e ha un
moto di disperazione. Su questo suono stridulo, su lui che porta il braccio alla fronte disperato si
conclude il film.
L'interprete protagonista del film è Gino Cervi, uno degli attori maschili più duri, più attinente al
modello virilistico che il fascismo aveva imposto. La sua durezza la si mostra quando si mostra
indignato di fronte alla proposta della giovane di fingersi suo marito. Poi però lui si dispera, si incrina
profondamente questa durezza, questa capacità di essere solido di fronte agli eventi. Con il moto di
crisi che lo prende, lasciando cascare il coperchio della pentola, viene messo in crisi tutto un modello
di famiglia, come si era visto durante il fascismo. L'uomo incarnato nel modello eroicistico e militare,
anche nella commedia era sempre sicuro di sé, la donna era briosa, affascinante, ma alla fine cedevole
tutto sommato, anche se maliziosa. Il ministro della cultura, Bottai, era un uomo abbastanza
intelligente, che ha concesso discreta libertà ai giovani scrittori, ai ragazzi del Centro Sperimentale. Il
capo della cultura e della propaganda tedesca, un certo Goebbels, era invece un personaggio
assolutamente autoritario e prepotente.
Con questo film, girato nel '42, quando la guerra è già persa, quando il fascismo sta per cadere,
Blasetti sente l'aria che tira e decide di fare un film vero, sincero, basato sulla realtà. Anche Gino
Cervi, rispecchia questo cambiamento: è un uomo in crisi, fa una vita da bestia, la vita da commesso
viaggiatore, ha una moglie che lo rimprovera continuamente. Ha però una parentesi fantastica:
incontra una ragazza bella, gentile, un modello di sentimento, e per un giorno e una notte,
nonostante molto limitata, ha incrociato la possibile vita che avrebbe potuto essere la sua. Invece è
dovuto tornare a casa della moglie e dai figli urlanti.
I registi cominciano a descrivere la crisi dell'assetto familiare in modo autentico, come De Sica e
Zavattini con I bambini ci guardano(1944).
Il titolo potrebbe riferirsi al momento di grande felicità che vive l'uomo, anche se lo vive un po'
drammaticamente perché non si deve far scoprire dal padre di lei, perché è vicino ad una giovane
ragazza bella e dolce. Il titolo accentua l'aspetto di commedia di carattere giocoso, tuttavia vi è molto
di dramma.

CINEMA NEOREALISTA
Il cinema, con la guerra ancora in corso, comincia a svilupparsi su altri binari, su quelli della realtà
vera.
Il primo nome da fare è quello di Roberto Rossellini. Rossellini e il regista russo Sergej Michajlovič
Ėjzenštejn, sono i più grandi innovatori. Non sono i più grandi sul piano qualitativo, ma sono coloro
che hanno avuto l'idea più grande su quello che il cinema è o potrebbe essere. Sono coloro che hanno
cambiato il modo di fare cinema. Lo stesso Godard aveva un mito e un dio, chiamato Roberto
Rossellini.
La bellezza dei film di Rossellini è la bellezza di un'innovazione del cinema. Un regista come Ingar
Bergman qualitativamente è superiore a Rossellini, tuttavia lui non ha un'idea del cinema pari a quella
di Rossellini. Rossellini era un rivoluzionario, mentre Bergman agisce nei canoni di un estetica
tradizionale, è un grande epigono del lavoro svoltosi nel cinema prima di lui all'estremo di una
parabola. Rossellini invece interrompe il corso di questa parabola, lo modifica.

Per capirne di più su Rossellini bisogna indagare la sua attività durante il fascismo.
Importanti sono le trilogie di film che appartengono a periodi diversi della sua attività.
La prima è costituita da LA NAVE BIANCA(1941), UN PILOTA RITORNA(1942) E L'UOMO DALLA
CROCE(1943) .
Sono film di propaganda bellica. Sono stati commissionati a Rossellini per incentivare il favore del
pubblico nei confronti della guerra nazi-fascista.
La nave bianca(1941) tratta dell'acqua, della marina.
Un pilota ritorna(1942) tratta dell'aria, del cielo.
L'uomo dalla croce(1943) parla della fanteria, dell'esercito. Sono insomma le tre armi in cui si divide
l'esercito nazionale.

LA NAVE BIANCA(1941)
è il migliore dei tre. Il titolo rappresenta una nave ormeggiata in un porto, che reca il simbolo della
croce rossa, così che gli aerei nemici non la bombardino, poiché è una nave-ospedale con dei feriti. Il
film è molto interessante, sarebbe quasi da mettere nel novero dei film preneorealisti. Lo gira con
attori trovati sulle navi bianche, erano marinai, in particolare un marinaio, che si finge ferito e una
giovane infermiera che lavorava proprio in quell'ambito. All'epoca i ragazzi delle tre armi ricevevano
lettere da giovani donne, che avevano questa funzione di crocerossine, che scrivevano loro per
rincuorarli. Succedeva che talvolta si inviavano foto e dunque si conoscevano, altre volte il rapporto
epistolare si chiudeva lì. Il giovane manda una crocetta a questa ragazza, con cui ha uno scambio
epistolare. Quando si ritrova ferito in una nave bianca, da una delle infermiere, per cui prova una
certa simpatia, ricambiata, vede pendere dal collo quella stessa croce che aveva inviato alla giovane
anonima che gli scriveva. C'è il riconoscimento tra i due. È un film realista, ante litteram, senza
sbavature, con due interpreti ammirevoli. Lui fu chiamato a sostituire un regista più ligio ai dettami
del fascismo.

In un pilota ritorna(1942)
è presente Massimo Girotti, che impersona un giovane pilota italiano fatto prigioniero dagli inglesi sui
Balcani. Attraverso una fuga memorabile, attraverso un paesaggio aspro e duro, riesce a impossessarsi
di un aereo in Albania e torna in Italia.

L'UOMO DALLA CROCE(1943)


è il film più scadente ed il film in cui Rossellini più si piega ai dettami del regime, pur conservando il
suo estro, il suo talento. Siamo all'epoca dell'aggressione nazi-fascista all'esercito sovietico. La storia,
una vicenda propagandistica, è incentrata intorno ad una fattoria russa che viene presa dalla fanteria
italiana. All'interno trovano due comunisti russi, uno dei quali malvagio, l'altro una persona a modo,
un brav'uomo. Questi due sono innamorati di una bionda russa. Alla fine ci sarà un contrattacco russo,
poi uno italiano. Muoiono sia soldati russi che italiani. La scena finale ci mostra un prete, l'uomo dalla
croce, il parroco dell'esercito, che benedice il corpo del russo, un commisario bolscevico, poiché sa
che è un brav'uomo. Questo gesto, la benedizione di un prete cattolico ad un militante comunista
ritorna nel film più famoso di RosseLlini, Roma città aperta(1945). In un film propagandistico, a tratti
odioso, così mediocre sul piano estetico e morale, c'è il gesto finale che esula dal contesto del film, e
rappresenta il rapporto tra due uomini completamente diversi, un cristiano cattolico e un comunista
materialista, ateo. È il rapporto tra due uomini veri, sinceri. Questo tornerà sempre nell'estetica e
nell'etica di Rossellini, aldilà delle divisioni ideologici. Ogni distinzione cade di fronte a due persone
che provano gli stessi sentimenti, come accade in Roma città aperta(1945) in merito al prete cattolico
e al partigiano comunista che viene torturato dai nazi-fascisti.

ROMA CITTÀ APERTA(1945)


è il primo film neorealista. È girato poco dopo la liberazione della città, alla fine del'44, agli inizi del
'45. Gli angloamericani liberano Roma, tuttavia la guerra continua fino al '45. Roma è tuttavia una città
libera. In questa città in cui non c'è quasi più niente, Rossellini gira il suo film.( Un giorno Rossellini
mentre girava questo film incontra De Sica seduto sui gradini di una chiesa di Roma, mentre girava il
film Sciuscià(1946), un altro capolavoro del neorealismo. Se l'aneddoto è vero, quel giorno si
incrociano gli autori e i film più importanti del cinema mondiale) Rossellini trova i
mezzi alla disperata. Non c'è la pellicola, e Rossellini va in giro a comprare la pellicola dei cosiddetti
scattini (i fotografi di strada che ti scattavano un'immagine che andavi a comprare nell'agenzia
fotografica) e la fa poi cucire insieme. Rossellini ha sempre detto che le scene brevi di cui si compone
il suo film sono stati determinati dalla necessità, perché disponeva di piccoli pezzi di pellicola, da poi
mettere insieme. Rossellini tendeva a deprimere l'aspetto estetico del suo film, egli pensava fare un
film valido sul piano etico. Per le luci, per l'illuminazione, poiché non si potevano usare i teatri di posa
di Cinecittà, depredata dai tedeschi in fuga, poiché erano occupati dagli sfollati dei bombardamenti
(bisognava lavorare in luoghi che si trovavano nella città, come saloni, case da gioco), non disponeva
di lampade professionali, ma utilizzava lampadine di 50 watt, che il direttore di fotografia, Arata,
disponeva tutt'intorno ai personaggi. Rossellini lavorava con i mezzi che aveva a disposizione, ma c'era
un criterio di bella immagine che apparteneva, non tanto a Rossellini, ma ad Arata e d altri tecnici.
Per quanto riguarda gli attori non si serve di Nazari, di Gino Cervi o di Girotti, gli attori tipi dell'epoca
fascista. Rossellini utilizza attori presi dai teatri di varietà. All'epoca, negli anni '30 fino ai '50, vi era il
teatro di varietà, fatto di sketch comici, di siparietti. Era un po' la tradizione latina dei fescennini, degli
insulti, delle parolacce, dei doppi sensi, del turpiloquio. Dopo, quando il cinema è tornato fortemente
in auge dopo la guerra, dopo il film vi erano 15 minuti di varietà, con ballerine che intrattenevano. Gli
attori più importanti del teatro di varietà erano ANNA MAGNANI E ALDO FABRIZI. Due attori comici
che Rossellini ha ingaggiato.
Roma città aperta si dice sia costato due milioni e mezzo di lire, cifra irrisoria per quanto riguarda le
grandi produzione, ma consistente, e si crede che quasi la metà sia andata a Aldo Fabrizi. Questo mito
è stato poi smentito.
Ingaggiare un attore che aveva la sua celebrità nel mondo popolare non è stato facile, La Magnani e
Fabrizi avevano già fatto un film insieme, intitolato Campo de' fiori(1943) film modesto ma molto
simpatico, in cui la Magnani impersona una fioraia con il suo banco a Campo dei fiori, mentre Fabrizi
ricopre il ruolo di un pescivendolo. Era una commediola dove si parlava in romanesco.

Rossellini spiega che li ha scelti poiché erano attori veri, che parlavano con il pubblico, che talvolta
lanciava delle proposte, degli insulti ai quali gli attori rispondevano a tono. Rossellini voleva attori che
dialogassero, non attori che stessero lì sullo schermo a rappresentare ideali.

La storia tratta di un gruppetto di antifascisti, a cui a capo vi è un ingegnere comunista, i quali


svolgono operazioni antifasciste, nel '44, anno più buio della guerra italiana e romana in particolare. A
dar loro sostegno vi è un prete, che li aiuta per quanto riguarda i volantini propagandistici. All'interno
del film vi è anche una storia sentimentale: una proletaria, interpretata da Anna Magnani, ha un
rapporto amoroso con un giovane, che fa parte di questo gruppo, ma marginalmente. Una ragazza
pariolina, dell'alta società, ex fidanzata dell'ingegnere, viene presa in giro di droga messo su dalla
polizia nazista, che aveva il suo ufficio e luogo di tortura in Via Tasso. La donna viene invischiata da
parte di una poliziotta tedesco, con cui ha un rapporto lesbico che viene soltanto alluso.
La droga all'epoca in voga era la morfina. La donna nei fiumi della droga, rivela il nome dell'ingegnere
comunista, che viene catturato insieme agli altri, compreso il prete. Il prete non viene torturato, ma
assiste alla morte del capo comunista, e dopo infinite torture gli dice che non ha parlato. L'uomo
muore con la consapevolezza di non aver tradito i suoi compagni. Il prete viene invece fucilato, scena
con cui si conclude il film. I ragazzini della sua parrocchia assistono alla fucilazione e si allontanano
verso Roma. Il film si conclude con l'immagine di tragedia ma anche di speranza (i ragazzini mogi che
si dirigono verso il centro di Roma, si scorge infatti anche la cupola).

Tutti e tre i film della trilogia neorealista si concludono con una tragedia. Potremmo definirla
apocope, la figura retorica per cui la narrazione finisce all'improvviso, bruscamente. Rossellini non
vuole commuovere, ne suscitare pathos, ma solo raccontare gli eventi. È una tragedia che prelude a
una condizione diversa, in cui il nazismo e il fascismo siano superati, e ci sia solidarietà tra gli uomini e
le donne, tra gli esseri umani che debbano coalizzarsi contro le difficoltà. Si tratta di vincere la
barbarie, ciò che è anti-umano.
Il prete e il comunista sono su due sponde diverse, ma sono esseri umani.
All'interno della scena della tortura sono mostrati tutti gli strumenti di tortura, non ci mostra molto.
Gli fanno addirittura un'iniezione per svegliarlo, per farlo parlare e continuare le torture.

Le vite degli altri(2006) è un film tedesco d'esordio di un regista vincitore dell'Oscar per il miglior film
straniero. All'interno di questo film si descrive la situazione della Germania divisa nella zona di
influenza comunista e in quella di influenza democratica e capitalistica. Nel regime comunista, la
polizia segreta spiava molti uomini. Il comunismo nella Germania Est si rivela quasi al pari del livello
della Germania Nazista. Il film tratta di un agente della Stasi che spia la vita degli uomini, degli
intellettuali e in particolare osserva la vita di un'attrice, che per mantenersi a galla ha delle relazioni
con alcuni degli uomini più rilevanti del regime. L'agente viene a scoprire il piacere dell'essere libero,
attraverso le poesie di Bertolt Brecht. C'è una resa dei conti: la donna fidanzata con un regista, alle
strette, scappa dalla sua casa, viene investita da un furgone e rimane agonizzante sull'asfalto. L'agente
la raggiunge e le dice di stare tranquilla, di aver messo tutto a tacere. Una scena che cita Roma città
aperta, quando il prete rivolgendosi all'ingegnere lo conforta dicendogli che non ha tradito i suoi
compagni.

PAISÀ(1946) È IL CAPOLAVORO DEL CINEMA NEOREALISTA ITALIANO.


Con questo film comincia il cinema moderno.
(Aneddoto, probabilmente veridico contenuto all'interno del libro di Ugo Pirro, sul making di Roma
città aperta, sul quale è stato fatto un film: Pirro racconta come Rossellini ha girato la scena in cui
Anna muore mitragliata dai tedeschi, mentre corre dietro al camion dove viene contenuto il fidanzato.
Suo figlio, un bambino corre sul corpo di lei insieme al prete. Ci sono degli errori di grammatica, ma a
Rossellini non importa, lui punta sulla morale, gli uomini e le donne che devono combattere contro
l'anti-umano. Pirro racconta mentre giravano la Magnani gira la scena della perquisizione, viene a
trovarla il suo amante. Discusse con lei, ed essendo lei una donna molto problematica e a tratti
isterica, corse dietro alla jeep su cui era salito, chiamandolo e insultandolo. Rossellini, l'ha fermata,
chiedendole di riprodurre quella scenata in una scena del film.
Pirro racconta anche che nel luogo delle scene della prigione, girate in un'attuale sala giochi, ex teatro
di posa dismesso, vi è una piccola lapide che commemora il film stesso e un nuovo modo di fare
cinema in Italia e nel mondo. In quello stesso luogo, un ufficiale americano stava per andare nel vicino
bordello, ubriaco entra nel teatro, e quello stesso assiste alla lavorazione del film. Finite le scene, lui si
dirige verso il regista e gli dice di non aver mai visto un qualcosa del genere e che ne parlerà ad un suo
parente, un produttore. Il film Paisà(1946) è infatti prodotto all'80% dalla United Artist, importante
casa di produzione americana. Comincia un connubio tra Rossellini e l'America, il cui germe è proprio
in questo episodio raccontato da Pirro.)

Paisà è un termine dialettale utilizzato nel Sud Italia per indicare l'appartenenza allo stesso paese.
Il film è diviso in sei episodi che rappresentano la liberazione dell'Italia da parte dell'esercito
angloamericano.
Il 19 luglio del '43 gli americani sbarcano in Sicilia, da lì salgono attraverso l'Italia, liberandola dai
nazisti. Il film descrive il percorso degli angloamericani dalla Sicilia al Veneto.
Un episodio è ambientato in Sicilia, uno a Napoli, uno a Roma, un altro a Firenze, un altro ancora
nell'Appennino tosco-emiliano, e l'ultimo alle foci del Veneto (stesso luogo dove Antonioni ha girato
Gente del po'(1947) e dove Visconti ha girato Ossessione(1943)).
Nell'episodio siciliano :
gli americani entrano in un borghetto. Tra loro ci sono giovani che hanno parenti siciliani, per cui
qualche parola la conoscevano. Quando i siciliani, riuniti in una chiesa, li sentono li definiscono paisà.
Si crea una cerca consonanza tra loro. Il film viene girato in inglese con gli americani e in italiano con
gli uomini del luogo. Paisà assurge a un significato simbolico più generale: fare parte di uno stesso
ambito umano, combattere insieme contro gli anti-umani, lottare per lo stesso obbiettivo, la libertà.
Capa, un fotografo, ha seguito le truppe angloamericane mentre liberavano l'Italia. All'interno di una
foto è mostrato un pastore siciliano che sta insegnando a un soldato americano la strada.
Nell'episodio siciliano, c'è una giovane che accompagna gli americani in un luogo strategicamente
importante. Con lei rimane un soldato che ci prova con lei, ma la giovane lo tiene a bada (gli da uno
schiaffetto sulla mano). Arrivano improvvisamente i tedeschi che uccidono il soldato e la giovane,
buttandola nelle rocce sottostanti, perché pensano che abbia rivelato qualcosa. Quando i soldati
tornano osservano i corpi dei giovani.
Loro pensano che la giovane abbia tradito il loro commilitone.
Episodio napoletano:
A Napoli nei primi del '46, si viveva per strada poiché le case erano distrutte, nelle caverne del
Vomero, la gente aveva fame. Era in questo contesto che Rossellini gira. Rossellini in mezzo alla folla,
coglieva le idee che gli balenavano. Rossellini, uomo molto deciso e prepotente, aveva una sorta di
pudore, di tenerezza. Mandava Fellini, ancora più timido, suo aiuto-regista e sceneggiatore, a
chiamare le persone. In questo episodio c'era un attore americano, un uomo di colore, che era
realmente un ufficiale, a cui Rossellini fa girare questo episodio. La sera prima gli danno la parte da
imparare, la mattina dopo tramite Fellini, Rossellini invia lui un pezzo di carta in cui aveva cambiato
completamente la sceneggiatura. Quando gli attori vedevano Fellini che si dirigeva verso di loro con
un pezzetto di carta poiché quel che avevano imparato durante la notte sarebbe stato vano.
Il motus operandi di Rossellini è stato schiarito da Fellini all'interno del libro Fare un film. Rossellini è
l'unico vero neorealista nel cinema, poiché sapeva cogliere il momento esistenziale tra progettazione
e realizzazione di una scena. Rossellini è l'unico che quando era sul set riusciva a trovare il punto
intermedio, giusto tra scena scritta, prevista dalla sceneggiatura e realizzazione concreta,
improvvisazione. Bisognava mantenere qualcosa del progetto originale, non vi era la totale
improvvisazione. Con momento esistenziale si intende l'esistenza nel momento in cui deflagra, la
nostra esistenza concreta, materiale.
Fellini dice che gli altri cosiddetti neorealisti non erano altro che epigoni letterari del verismo e
naturalismo dell'Ottocento. Trasponevano insomma nel cinema la letteratura del realismo
Ottocentesco.

Un soldato nero americano, conosce uno dei ragazzetti napoletani che vivono di espedienti, che fa lo
sciuscià, anche se questo termine non viene usato nel film. Sciuscià deriva da Shoe shine, indica il far
brillare le scarpe. Sui marciapiedi delle città italiane, principalmente Roma e Napoli, pulivano le scarpe
agli americani. Su un monticello di rovine l'americano e il napoletano parlano. Lo scugnizzo parla in
napoletano, l'americano addirittura intona i canti tipici dei neri del sud degli Stati Uniti. L'uomo di
colore sogna un trionfo una volta tornato per sé e per gli altri giovani che hanno combattuto contro i
fascisti e nazisti. Quando la sbronza sta per passare, capisce che essendo nero tornerà alla sua vita
misera di sempre e si accorge che il ragazzino e sparito e gli ha rubato gli stivali. In un momento
successivo lo trova con le sue scarpe, lo acciuffa e gli dice di portarlo dai suoi genitori. Il ragazzino lo
conduce in una sorta di grotta, dove ci sono tanti altri sfollati. I suoi genitori sono morti. Il nero ha un
moto di disperazione. Lascia cadere le scarpe al suolo, scappa sulla jeep e va via. Rossellini interrompe
in quel modo la commozione profonda scatenata nello spettatore. Fellini al contrario allunga i suoi
finali, mirerà al pathos, a suscitare la più viva delle commozioni nel cuore e nella mente degli
spettatori.
La musica, scritta dal fratello di Rossellini, cambia, prima era allegra, ora ci mostra la condizione
disperata di vita dei napoletani.
L'episodio romano
è quello più sentimentale del film. In tutti gli episodi è presente il rapporto fra uno straniero e un
locale, un italiano. L'episodio romano è stato definito come una caduta sentimentale, mielosa da
parte di Rossellini. Non è affatto vero, è un episodio sentimentale commovente che si inserisce
perfettamente nel film, gli americani entrano a Roma, dove come nelle altre città si soffre la fame.
Molte ragazze per trovare da mangiare si dedicano alla prostituzione. Una ragazza della borghesia,
aiuta un americano a prendere l'acqua. Conosce l'inglese. Un po' di tempo dopo rivede il soldato
completamente ubriaco in un bar frequentato da giovani costrette a esercitare la prostituzione per un
breve periodo di tempo per necessità. Non si riconoscono. Questa attrice è la stessa che interpreta il
ruolo della fidanzata dell'ingegnere in Roma città aperta(1945). Lei lo porta a casa sua per spillargli dei
soldi. Il soldato dice che a Roma ci sono solo prostitute, le chiama “signorine”, mentre quando è
entrato nella città ha conosciuto una ragazza per bene. Lei capisce perché il soldato rievoca quel
momento, lui no. Anche qui c'è un riconoscimento come in La nave bianca(1941).
L'episodio fiorentino
è l'episodio cardine tra la prima e la seconda parte del film. Gli angloamericani nella loro avanzata
liberatoria verso il nord si fermano a Firenze, luogo dove la resistenza dei nazisti è stata
particolarmente dura. I nazisti hanno fatto saltare in aria tutti i ponti, tranne quello sull'Arno. Si è
scoperto che l'avevano minato, ma l'esplosivo non è saltato. Il ponte rimasto è il punto di raccordo del
film, perchè i due protagonisti di questo episodio lo attraverseranno andando dalla parte sud di
Firenze, quella liberata, a quella Nord, ancora popolata dai nazisti. Su quel ponte si incardina il
passaggio da una fase all'altra, sia del film, che della liberazione dell'Italia, che il film incarna.
Un fiorentino, un intellettuale, insieme ad un'amica, un'infermiera inglese, deve oltrepassare il ponte.
Lui con il braccio rotto, vuole sapere cosa ne è della moglie e del figlio, la donna vuole scoprire le sorti
del fidanzato fiorentino, capo dei partigiani. L'episodio si basa sulla loro fuga in una Firenze semi
distrutta e sul passaggio su Ponte vecchio per andare dall'altra parte, che assume quasi un valore
simbolico, dove c'è il nemico. Si separano, sono aiutati da alcuni uomini della Resistenza. Lei scopre
che il suo ragazzo è stato ucciso nei combattimenti. Lo scopre poiché dei cecchini nazisti hanno colpito
un ragazzo, che la giovane porta in salvo dentro un portone. L'uomo che sta morendo dice che è in
quella giornata era andato tutto male da quando Lupo, il nome in codice del suo fidanzato, è morto.
L'uomo riesce invece a ricongiungersi con la sua famiglia.
In questo episodio fiorentino esordisce Fellini come regista, poiché Rossellini si assenta. Questa è la
scena in cui dei fiorentini portano un barile d'acqua, messo su un carrellino e mosso da funi, da un
marciapiede all'altro della strada, poiché sulle case ci sono i cecchini nazisti che sparano a bruciapelo.
È una scena che dura pochi minuti ma Fellini impiega mezza giornata per girarla. Fellini chiede al
direttore di fotografia di riprendere il barilotto dal basso verso l'alto, appoggiata al suolo. Il direttore
di fotografia si rifiuta, perchè Rossellini dice che le riprese devono essere effettuate ad altezza
d'uomo. All'interno del suo libro Fellini dice che alla fine il direttore di fotografia ha accondisceso. In
realtà non è vero perchè la scena è ripresa ad altezza d'uomo, dunque o Fellini ricorda male o
mistifica, poiché i grandi artisti sono anche grandi bugiardi.
Se la cinepresa fosse stata messa al livello del suolo, il barilotto, nelle intenzioni estetiche di Fellini
avrebbe acquistato una valenza simbolica (acqua come simbolo della vita). Già da allora Fellini
lavorerà attraverso simboli. Riprendere ad altezza d'uomo invece rappresenta riprendere la realtà,
così come è mostrata all'uomo. Rossellini registrava una realtà a misura d'uomo, fatta di cose
concrete.
Gli attori non erano professionisti, ma amici di Rossellini o passanti.
Nonostante gli avvenimenti si concludono tragicamente, c'è un senso catarsi, un andare avanti, come
va a avanti l'avanzata angloamericana che libera, insieme ai partigiani, l'Italia.
Episodio toscano
L'episodio successivo riguarda dei fraticelli di un convento dell'appennino tosco emiliano. È un
episodio di quiete, non c'è la guerra. Tre preti dell'esercito alleato, un cattolico americano, un
protestante inglese e un ebreo americano capitano in un convento di fraticelli francescani, i quali li
ospitano. Offrono una cena a questi tre religiosi. I frati non mangiano, osservano il digiuno. L'unico dei
tre che parla Italiano, il prete cattolico, e chiede il perché non stiano mangiando. L'abate gli dice
dell'osservanza di un fioretto: digiunano perché l'ebreo e il protestante si convertano al cattolicesimo.
Il prete cattolico, più moderno e civilizzato di loro non fa loro nessun rimprovero. Dice invece di aver
trovato la pace in quel convento, poichè la loro semplicità e la loro ingenuità lo consolano e lo
gratificano di tante barbarie e violenze viste nella guerra.
È interessante la scrittura di questo episodio perchè Rossellini ci mostra l'essere fuori del mondo,
questo primitivo agire ed essere dei frati in rapporto con il prete cattolico, che proviene da un luogo
più moderno, che sceglie di non rimproverarli.
Rossellini talvolta si diverte, anche in questo film così lucido, ad impostare l'immagine dei frati come
all'interno dei quadri del Rinascimento (Beato angelico nel convento di San Marco a Firenze).
Non ci sono in genere questi compiacimenti, questi riferimenti nel suo cinema, come fa invece
Pasolini all'inizio della sua carriera (Masaccio). Rossellini mostrava le immagini come ad altezze ad
occhi uomini. Fa un'autopsia della realtà.
Ultimo episodio
L'ultimo episodio è molto duro, è ambientato alla foce del Po. Ci viene presentata una terra arida, che
può simboleggiare una devastazione dell'Europa dopo la seconda guerra mondiale. (rapporto The
waste lande di Eliot con l'opera di Rossellini). In Eliot il paesaggio è ideale, in Rossellini è concreto,
materiale.
L'immagine del partigiano con il cartello è interessante, poiché Rossellini, sempre in moto, facendo un
viaggio in quei luoghi aveva visto dei contadini del Po che raccoglievano il cadavere consunto di un
partigiano ucciso dai tedeschi che galleggiava sull'acqua. Rossellini dice che l'idea di Paisà deriva da
questa immagine.
Anche Visconti lavorava sulle immagini, a proposito del finale di Ossessione(1943). Visconti aveva
visto una donna agonizzante sull'asfalto con la gonna che le scendeva e le gambe scoperte. Quella
immagine lo folgorò. Una vita giovane che si sta spegnendo dinanzi a tutti i presenti che gli trasmette
l'immagine clue del suo film. Senso(1954) invece scaturisce da un'immagine di una donna in un
ristorante offesa da un uomo, il cui volto era segnato dalle lacrime mentre rimaneva in silenzio
Per recuperare il cadavere del partigiano, altri partigiani, compagni dell'uomo ucciso e alcuni
americani, avranno una fine tragica. Il corpo militare degli americani, l'OSS (attuale CIA), i servizi
segreti americani, operavano in combutta con i partigiani per favorire l'esercito.
Lo scopo era dare una degna sepoltura al giovane. Questo è un elemento tipicamente classico, si rifà
alla classicità delle opere classiche del passato (Omero, Ariosto, Virgilio). Si rischia molto e talvolta ci si
rimette la pelle.
I tedeschi li catturano. C'è un intermezzo in cui si vede una strage che i tedeschi hanno compiuto una
strage nei confronti dei pescatori che vivono lì, per vendicarsi dei partigiani. L'unico superstite è un
bambino, che piange disperatamente tra le capanne in cui vivevano. Lì si osserva l'orrore del nazismo
e del fascismo allo stato bruto.
Si assiste poi alla prigionia dei partigiani, che vengono tenuti fuori dalla casupola dove vi si trovano i
tedeschi, insieme agli americani. I tedeschi si ripromettono la mattina dopo di ammazzare i partigiani
italiani e di imprigionare gli americani. C'è il discorso di un tenente tedesco che dice che sia i tedeschi
che gli americani appartengono a genti più civili rispetto agli italiani. Si chiede perchè non collaborino
nel sottomettere e nel massacrare i civili. L'ufficiale americano lo ascolta, ma appartiene a tutto un
altro mondo.
Il discorso di questo tedesco assomiglia a quello compiuto nel finale di Roma città aperta(1945) in cui
l'ufficiale tedesco, l'uomo che ha fatto uccidere sotto tortura l'ingegnere, rimane stranito perchè non
ha saputo i nomi dei compagni del comunista. Un altro compagno tedesco gli dice che le hanno
provate tutte, hanno ucciso tante persone, loro non diranno mai nulla. È come una presa di coscienza
della sua condizione di assassino.
All'alba i partigiani vengono messi su un'imbarcazione, e vengono uccisi mediante delle pietre legate
ai loro corpi, che verranno poi gettati in acqua e affogati. Gli americani non resistono a
quest'immagine, corrono verso di loro e i tedeschi li uccidono.
Di questa scena rapidissima, aldilà della terribilità della forma di morte, va indagato come è scandito il
tempo. È ben scandito il tempo tra un corpo gettato in acqua e il successivo.
Rossellini disse che quando assistette al giornaliero (le scene girate ogni giorno) della fucilazione del
prete si è detto che non c'era nessun pathos. Il fischio del bambino che richiama l'attenzione del prete
gli è sembrato banale. Per dargli un po' di suggestione, di pathos, ha cominciato a picchiettare sul
legno della sedia, per dare un ritmo alla scena per quanto riguarda l'emozione. Quel picchiettio gli da
quel certo movimento interno. Rossellini diceva tante cose, è un mistificatore. I suoi film erano carichi
di pathos, ma giocava a deprimere l'estetica di quel film, a lui interessava la morale.
Il finale di Paisà l'ha girato al tramonto (nel film i partigiani vengono uccisi all'alba) in grande velocità
per il breve tempo a disposizione, e poi Rossellini va via a Roma. Anche la morte di Edmund in
Germania anno zero è frettolosa.

Terzo e ultimo film della trilogia neorealista è


GERMANIA ANNO ZERO(1948).
La fotografia, tipicamente rosselliniana, cronachistica, non è dell'italiano Martelli, ma è di un francese,
poiché il film è una coproduzione. L'autore della musica è sempre il fratello, Renzo Rossellini, che
musica l'intera trilogia. La musica è calda, ricca di passione, veemente. In effetti nel finale del film
diventa una musica diversa, è più scandita, più metallica, percussiva ricorda quasi certi stilemi di
Stravinsky, fondata sul battito, sulla sincopatura.
La storia è ambientata a Berlino, nel cuore del nazismo simbolo della distruzione, della devastazione
barbarica dell'Europa. Rossellini va a fare un film nella tana della belva, modo in cui i russi definivano il
bunker di Hitler, sotto il palazzo della Cancelleria.
Tratta di un ragazzino, Edmund, la cui famiglia è composta dal padre malato, dalla madre, dalla sorella
che per sopravvivere si vende ai militari americani, anche se non è mostrato nelle scene, e un fratello
soldato, che si tiene nascosto. Il ragazzo ha paura che venga fuori qualcosa che ha commesso quando
militava nell'esercito. Il ragazzino deve procurare le medicine per il padre, altrimenti morirà. Il
ragazzino ha un professore che si circonda di alunni perchè è un perverso, un pedofilo probabilmente,
(li accarezza in modo improprio) ed è un nazista. Quest'uomo, con slogan nazischeggianti, chiede al
ragazzino il perchè si ostina a tenere in vita il padre, una vita non meritevole di essere vissuta, come
diceva Hitler degli ebrei e delle altre razze inferiori. Convince così il ragazzino a non dare la medicina
al padre. Il padre così muore. Il ragazzino ha poi una crisi di coscienza, si chiede se quello che ha fatto
è giusto.
Il neorealismo di Rossellini è questo: un uomo, in questo caso un adolescente, dinanzi a una
situazione estrema.
La crisi di Edmund Rossellini ce la mostra con una lunga camminata per le strade di Berlino. Ci sono
dei bambini che giocano a palla, lui non partecipa. Questo ci mostra la sua estraneità all'ambiente che
lo circonda. Passa davanti ad una chiesa semidistrutta e sente il suono di un organo, che accentua la
stranezza del suo stato d'animo. Il bambino non è cosciente della propria crisi, sente che ha fatto
qualcosa di sbagliato. Sente in modo diverso la musica rispetto ai nazisti, assume un significato di
apertura al mondo, non di chiusura ostile. Entra nel caseggiato, compie gesti insoliti e prova a sparare
contro se stesso. La musica segue il dubbio, l'evoluzione del percorso psichico, emotivo del ragazzino.
É la crisi di coscienza della Germania intera. Edmund si uccide. Osserva il corpo del padre nella bara, e
si getta da un caseggiato devastato dai bombardamenti, di fronte casa sua. La sorella vede poi il corpo
del fratello e corre verso di lui. Le scene in cui si butta sembrano quasi improvvisate. Il ragazzino si
ammazza, ma è come se uccidesse la parte maligna di sé, il nazista che era in lui. Non è un finale
totalmente tragico, ma prelude a una rinascita.

Rossellini mostra persone in una situazione estrema, il modo in cui agiscono e reagiscono. Nella terza
parte della sua carriera affermerà come tutta l'umanità si trova di fronte ad una situazione estrema: le
risorse naturali si stanno esaurendo. Rossellini girerà dei documentari su come l'umanità era andata
avanti superando dei momenti di crisi. La resilienza dell'umanità a quello che sta avvenendo. In fondo
ce la faremo insieme, se coordiniamo gli sforzi. C'è il senso della tragedia che può essere superata.
Una regista russa, Larisa Sepit'ko, ha girato film straordinari negli anni '70. i suoi due capolavori sono
intitolati Le ali(1966) e L'ascesa(1977).
Il primo è la storia di una pilota dell'aviazione russa che ha combattuto durante la Seconda guerra
mondiale. Da pensionata vive a Mosca da sola e ha una crisi ripensando al suo invecchiamento. Il suo
fidanzato, che era stato con lei nell'aviazione, è stato ucciso durante un'azione di guerra. Lei con il suo
aereo gli gira intorno, mentre l'aereo dell'uomo precipita.
Il secondo film si ambienta durante l'occupazione nazista della Russia. I tedeschi catturano un capo
partigiano e lo impiccano, insieme ad alcune povere donne e uomini. C'è un bambino che assiste, e al
quale il partigiano comunica la sua forza, la sua vitalità. Il bambino piange ma capisce. Anche qui la
tragedia non è fine a se stessa, ma preannuncia una rinascita.
Il film è girato in luoghi con temperature bassissime. Nel partigiano Larisa Sepit'ko ha voluto
congiungere due identità: quella di Cristo e quella del combattente comunista. (Da confrontare con
Roma città aperta(1945): stesse situazioni in contesti filmici differenti).
C'è una progressione nella commozione, un ispirazione che è di tipo religioso: assistiamo a una vera e
propria crocifissione. Il partigiano si sceglie un testimone fra gli spettatori. L'espressione dell'uomo
muta dalla serietà al sorriso, simbolo di speranza che va al di là del momento tragico.

A Hollywood Ingrid Bergman vedendo Roma città aperta(1945) rimane folgorata. Scrive la famosa
lettera a Rossellini presentandosi e dicendo di voler venire a Roma per fare un film con lui e sposarlo.
Rossellini ha poi girato dei film con lei, l'ha sposata e ha avuto figli con lei. Anna Magnani ha avuto per
questi motivi una crisi gravissima, avendo avuto una relazione con il regista. La Magnani ha poi
cercato di esemplare la sua carriera ma al contrario: come la Bergman è andata in Italia per girare con
Rossellini, la Magnani si è diretta in America per girare con alcuni registi rilevanti e ha poi vinto
l'Oscar. Il suo Rossellini in America è stato Tennessee Williams (omosessuale innamorato della
Magnani, hanno avuto una splendida amicizia, come Pasolini e la Callas.)

Il primo film che la Bergman gira con Rossellini è:


STROMBOLI (TERRA DI DIO) (1950). Cambia la struttura del cinema di Rossellini, lui stesso lo dice.
Mentre nel neorealismo utilizzava il telescopio, si puntava l'attenzione sulle masse (l'intera nazione
come l'Italia o la Germania), sulla lotta contro il nazi-fascismo, nei film successivi utilizza il
microscopio, perché ci si concentra sul singolo, una donna, Ingrid Bergman, che gira con Rossellini 4
film (uno va considerato meno degli altri, La paura(1954) , l'ultimo che girano insieme).

La paura(1954) è una storia di una moglie di un industriale tedesco che viene ricattata da un
malfattore per una relazione precedente. Paura è il sentimento di angoscia che attanaglia questa
donna, ma poi tutto si risolve. Il film è ambientato a Berlino.

Escludendo La paura(1954) abbiamo una trilogia con la Bergman composta da:


STROMBOLI(TERRA DI DIO) (1950), EUROPA '51 (1952) E VIAGGIO IN ITALIA (1954).
Tre trilogie: la prima, la trilogia della propaganda bellica,
la seconda, la trilogia del neorealismo e l'ultima,
la trilogia con la Bergman.

Stromboli(Terra di Dio) (1950):


racconta di una ragazza, la Bergman, proveniente dai paesi baltici, devastati dalla guerra, i cui abitanti
sposavano gli italiani pur di andarsene da lì. Lei sposa su commissione (nelle scene iniziali si vede una
sorta di ufficio in cui si mostrano uomini disponibili da sposare per emigrare). Lei si sposa con un
pescatore siciliano di Stromboli. È uno dei capolavori di Rossellini. Troviamo dunque un individuo di
fronte all'estremo, costituito dalla differenza abissale di cultura. Ingrid è una donna del nord che va a
vivere in un'isola sperduta del mediterraneo, sposata ad un ragazzo per bene, ma completamente agli
antipodi mentali e culturali di lei. Ciò causa una crisi violentissima della donna, che tenta una fuga che
si svolge sul vulcano Stromboli. La scena si svolge al porto ai piedi del vulcano, mentre questo erutta,
nel tentativo della donna di andarsene dall'isola (gestualità molto scabra ma estremamente
significativa). In un documentario Ingrid spiega come Rossellini muoveva tramite spaghi gli abitanti del
luogo, che non comprendevano le indicazioni, parlavano un dialetto stretto. Ancora in altri
documentari come lo Stromboli di oggi sia cambiato insieme ai suoi abitanti.
A proposito dei film che Rossellini ha girato con la Bergman, il regista afferma come il suo modo di
girare sia differente da quello degli americani, con i quali l'attrice era abituata. Ad Hollywood perlopiù
si vede un'inquadratura complessiva, che costituisce lo spazio. I registi poi mettono il protagonista o i
protagonisti all'interno di questo spazio. Rossellini invece scopre lo spazio insieme al protagonista. Nel
modo di girare degli americani lo spazio diventa una prigione, un qualcosa di già determinato,
Rossellini vuole che il film sia libero, aperto, dunque lo spazio viene scoperto dall'attore. Ciò implica
che lo spettatore sia immesso in un ambito di coscienza che non è chiuso entro dettami del cinema
americano. Rossellini, in polemica con il cinema hollywoodiano estremizza certi fattori reali. I film che
gira a partire da Paisà sono prodotti in larga parte dagli americani. Poi a partire da Europa '51 gli
americani si tagliano fuori, ma non solo: Ingrid Bergman viene considerata una traditrice, poiché
lavora in Italia (quando si separerà da Rossellini tornerà in America).
I film degli americani sono dei dogmi determinati dalla produzione che ha particolari esigenze e che
specula sulla elementarità della recezione del pubblico (Rossellini vuol far evolvere, ragionare il
pubblico).
A pochi chilometri da Stromboli c'è un altra isola che si chiama Vulcano. Anna Magnani, fuori di sé per
il rapporto sentimentale e lavorativo tra la Bergman e Rossellini, fa in modo che un regista americano,
William Wellman giri un film intitolato Vulcano, in cui lei ricopre il ruolo di protagonista. Il regista
segnala la difficoltà di lavorare con la Magnani, che viveva un momento di grande crisi. Due critici
descrivono la storia parallela di questi due film intitolato Le due isole.

Ci sono molti episodi all'interno di Stromboli (Terra di Dio) (1950):


in una scena la Bergman si offre al prete purché l'aiuti ad andarsene. Lei è una donna libera, anche
sessualmente, immessa in un contesto in cui le donne erano pudiche, si vestono di nero. Il prete la
scansa. Invece, ha proprio una relazione, appena accennata, con un pescatore, perché spiritualistica
questo con la barca la porti in Sicilia.
La critica marxista ha considerato questo film come una svolta di Rossellini: dai problemi materiali del
neorealismo, mostra la storia di una donna che si mette nelle mani di Dio. In realtà la stessa
invocazione a Dio che fa potrebbe essere una bestemmia. C'è un senso panico della natura, tutto le
appare bello. Dopo l'eruzione si vede questa scena della natura che torna a brillare. Anche la sua
infelicità, la sua disperazione appare mitigato.

(CONFRONTO)
Film americano che è il riassunto del cinema hollywoodiano: Via col vento(1939).
- La protagonista Scarlett O'Hara, interpretata da Vivien Leight, in una situazione di grande crisi, soffre
la fame dopo la vittoria del nord contro il sud nella guerra di secessione. Si getta a terra e mangia una
radice, la sputa, schifata, poi si rialza e si ripromette che non avrebbe mai più patito la fame. La
donna afferma la propria individualità nei confronti della natura e della società. Per non mostrare una
ragazza, l'eroina, in una situazione di tale imbarazzo e disagio la scena viene girata controluce. Questa
è la scena con cui si conclude la prima parte del film. Si può paragonare questa scena a quella della
Bergman in Stromboli (Terra di Dio).
-All'interno de La passione di Giovanna d'arco(1928) ,un grande capolavoro del muto, l'attrice che
interpreta la protagonista, la Falconetti, viene bruciata sul rogo. Nella scena finale, la donna legata al
rogo, ha una sorta di trascendimento, guarda le colombe nel cielo, come la Bergman all'interno di
Stromboli (Terra di Dio).
Dreyer, il regista, in anticipo su Rossellini, usava il caso. C'è una famosa scena in cui la mosca si posa
sul volto della Falconetti, e lui decide di continuare a girare. Questa scena, poi tagliata, è stata
ritrovata negli anni '70 in un istituto psichiatrico, poiché i mediti curavano i loro pazienti con il cinema
nell'edizione integrale.
Ancora un'altra scena in cui al boia cade la corda con cui la deve legare, lei si piega, la raccoglie e gliela
porge. La vittima aiuta il boia ad ucciderla. È un gesto irriflesso capitato sul set, ed è rimasto così.
Il Rinascimento italiano del Novecento è il cinema e in particolare il neorealismo.

EUROPA '51(1952)
Girato nel '50 all'inizio della metà del secolo. Il film tratta una vicenda di una ricca borghese di Roma,
interpretata da Ingrid Bergman, i cui impegni mondani le fanno trascurare l'educazione e la
personalità del figlio, un ragazzino quasi adolescente. Questo nel vivo di una crisi che sembra senza
soluzione si uccide. La madre è distrutta da questo evento. Entrano in campo due uomini che cercano
di aiutarla: un sacerdote ed un intellettuale di stampo marxista. Questi sono due personaggi topici,
apparentemente antitetiche, del primo Rossellini (L'uomo dalla croce(1943), Roma città
aperta(1945)). Questi uomini non cooperano. Il sacerdote prospetta alla donna, così devastantemente
colpita dalla morte del figlio, la possibilità di abbandonarsi al volere di Dio. Questa è la soluzione
Cristiana: questo è stato il volere di Dio. La soluzione dell'uomo impegnato politicamente e
socialmente è quella di lavorare perchè l'umanità si migliori. Far sì dunque che la donna prima presa
dagli impegni mondani si dedichi alla cura dei più poveri. I due non cooperano più, ognuno persegue
quello che ritiene essere il bene dell'uomo.

(La società è cambiata: il mondo post bellico sta evolvendo. I due filoni, trovatisi uniti per combattere
contro la barbarie nazista, si sono ora separati. La guerra fredda che vede i due blocchi, quello
occidentale, capitalista con la leadership statunitense, quello orientale comunista, con la guida
sovietica, si contrappongono. In Italia prima vi era un governo di unità nazionale, guidato da De
Gasperi, al quale si affiancava il leader del partito comunista Togliatti. Nel '48 ci sono le elezioni, che il
partito comunista unito con quello socialista sono convinti di vincere. A vincere sarà la democrazia
cristiana. I comunisti vengono espulsi dal governo. Si parla di bilateralismo imperfetto poiché i
comunisti non hanno mai avuto la possibilità di andare al governo, costituendo il partito di
opposizione, poiché l'Italia si trovava in un punto strategico del globo e gli Stati Uniti premevano
perché la situazione rimanesse a favore della democrazia cristiana. Tuttavia il grande lavoro al
governo e all'opposizione ha portato al grande sviluppo industriale dell'Italia negli anni '60.
Il film fotografa la crisi. La donna è più portata ad abbracciare la soluzione dell'uomo politico, per
operare in modo concreto. Aiuta le persone della borgata. C'è un caso particolare, assiste una
poverissima famiglia di una città di borgata, in cui è presente un figlio, sbandato, che commette dei
furti e altri reati. Poi però si rende conto che nemmeno questo può aiutarla. Volontariamente lei si
auto reclude in un istituto psichiatrico. Interessanti sono le scene in cui lei parla con un dottore, uno
psichiatra. La donna è come se andasse alla deriva, psichica, senza speranza di recupero.
Lei manda via i parenti. La si vede dietro ad una grata. Sotto l'ospedale arriva la famiglia di borgata,
disperati, perché perdono una persona meravigliosa sotto l'aspetto umano.
L'apocope non apre verso una prospettiva positiva post tragedia).

Nel '54 gira il suo capolavoro post realista:


VIAGGIO IN ITALIA(1954)
Tutti i critici, in particolar modo quelli francesi, lo valorizzano molto. La critica italiana, anche quella di
matrice marxista, non capisce questo film. Credono che non sappia di rinnovarsi nel giusto modo,
dopo la denuncia del dopoguerra: descrive il film con i termini di decadenza, svolta regressiva.
Rossellini è un uomo di cinema che ha sperimentato tante modalità espressive: la sua vitalità è in
questa sua ricerca costante. Un regista come Bergman lo supera sul piano estetico, ma dietro
Rossellini c'è una grande ricerca sulla realtà materiale, del suo paese, dell'Europa e del mondo. In
Bergman è più ristretta la sua visuale ideologica ma degna di nota è la sua capacità estetica, al
contrario di Rossellini. I registi sul piano di Rossellini sono il russo sovietico Ėjzenštejn e il francese
Godard.
Bazin, il fondatore dei Cahiers du cinema, chiede ad Orson Welles quale sia il regista che preferisce,
risponde De Sica, mentre Bazin immaginava fosse Rossellini. Welles si basa sul trasporto della
sensibilità estetica, della poesia. Dino De Laurentis, un grande produttore, dotato di grande intuito
che compensava la sua ignoranza, ritiene invece che sia Rossellini.
In Viaggio di Italia(1954) Rossellini delega la narrazione a due coniugi inglesi che vengono in Italia per
vendere una loro proprietà nel napoletano. Scoppia una crisi coniugale, latente in Inghilterra. I due
non si trovano più bene insieme. Rossellini ha l'abilità di mostrarci le due personalità separatamente.
La donna è una classica inglese puritana, formatasi in una dimensione in cui bisogna mostrarsi sicuri di
sé, la sessualità non deve mai trasparire nel comportamento quotidiano (No sex, we are british). A
Napoli la corazza è quasi sul punto di sgretolarsi a causa la sensualità della zona intorno a Napoli, dove
visita il museo archeologico internazionale (le statue greche, i nudi pieni di pathos e di emotività). C'è
una scena in cui visita la grotta di Cuma, in cui si davano i responsi del destino, dove un vecchio
custode la tocca, le prende la mano. Prova repulsione, ma al contempo avverte l'atmosfera magica,
sensuale del luogo nella quale si smarrisce. Si dirige verso i fuochi di Pozzuoli. Un poeta inglese,
Forster, è colui che descrive gli inglesi all'estero in particolar modo la donna, che vedendo la vitalità
dei giovani italiani scoprono i loro limiti. Un altro scrittore è Lawrenz che mostra figure femminili in
Italia, in Francia che si liberano.
L'uomo, interpretato da George Sanders, si sente insoddisfatto, vorrebbe avere una storia diversa da
quella che ha con la moglie. A Capri corteggia una ragazza ad una festa. Lei non lo fa entrare nella
stanza e lui con grande eleganza va via. Sul lungomare di Napoli, a Posillipo, fa salire sulla sua auto
una prostituta, la quale gli racconta di un'amica che è finita male. Alla fine la riaccompagna senza
accoppiarsi con lei. La prostituta è interpretata da Anna Proclemer, un'attrice teatrale molto famosa,
all'ora giovane moglie di uno scrittore italiano, Vitaliano Brancati, che scrive la sceneggiatura di
Viaggio in Italia. Quest'ultimo chiede a Rossellini di costruire un cammeo per la moglie.
(La Bergman non è un'attrice eccezionale, ma diretta da Rossellini rende tantissimo. Cominciava
all'epoca anche una crisi tra il regista e l'attrice.)
I due stanno andando verso Roma dove prenderanno l'aereo verso Londra. Capitano in una
processione in cui viene portata a spalla la statua della Madonna. La Bergman si perde travolta dalla
folla, cerca l'uomo e lo trova vicino all'auto. Si abbracciano. Lei chiede lui di dirle “Ti amo”. Lui
acconsente dicendo di non approfittarsene. Con questa possibilità, questa speranza di recupero del
rapporto reciproco si chiude il film.
I due vengono travolti dall'empito mistico, religioso, irrazionale del culto della Madonna. Anche il
marito viene toccato dall'aria di sensualità, di emotività.

Scena rilevante: agli scavi di Pompei, essendo loro persone di una certa importanza, il direttore li fa
assistere al ritrovamento di due corpi, seppelliti dalla lava. Due corpi di un uomo e di una donna, che
si abbracciano nella fine. La Bergman ha una crisi di pianto, mentre lei ed il marito vivono una
situazione di crisi, i due corpi nel momento dalla morte si abbracciano.
Una crisi moderna è ambientata in un luogo antico.
Nella scena finale riprende il direttore d'orchestra, un suo amico. Rossellini era un uomo molto
socievole, anche un Don Giovanni, addirittura fidanzato con Miss America.
Godard ha dichiarato che senza questo film non sarebbe stato possibile il cinema moderno della
Nouvelle Vague. Rossellini è caratterizzato da dispersioni, da accessori che rientrano nel corpo
dell'opera d'arte, diverticoli in cui la realtà si insinua nel narrato del film, questo personalismo che in
qualche misura incrina l'unità dell'opera estetica ma ci fa sentire la personalità dell'autore vengono
poi ripresi all'interno della Nouvelle Vague.
Nel proseguo della sua carriera Rossellini dirige piccole opere che rappresentano soggetti di fronte a
una situazione estrema, a una crisi. Rossellini lavora su film-documentari, ritenendo il cinema come
morto, sostituito dalla televisione. Questi si basano sull'età del ferro, attraverso il quale l'uomo ha
potuto combattere contro le avversità della natura. I documentari trattano la condizione dell'umanità
di fronte al problema della sopravvivenza. Negli ultimi film Rossellini si dirige in Texas, a Houston,
dove avvengono lunghe disquisizioni con gli scienziati sui viaggi interspaziali (primi anni '70), che il
regista interroga. Allo stesso tempo, al microscopio, si guarda all'atomo. Punta l'attenzione sulla terra
che si sta impoverendo. Il suo interesse guarda ad un'umanità Paisà (etica del cinema rosselliniano)
che opera per la sua sopravvivenza, rimanendo in un ambito di socialità che leghi gli uomini
(un'umanità che deve combattere insieme contro il degrado e sopravvivere).

Correlatamente gira dei film per la televisione sui grandi personaggi della storia. Ne ha fatti diversi,
circa una decina:
Socrate(1970), tratto perlopiù dal Fedone di Platone, mostra gli ultimi giorni della vita di Socrate
(l'uomo è condannato a morte e, attraverso i flashback, vengono raffigurati i momenti essenziali della
sua attività filosofica).
Altri episodi sono incentrati su Agostino d'Ippona, Cartesio, Pascal e i Medici.
Così come l'umanità paisà si unisce per la comune sopravvivenza, vengono mostrate le vite di individui
che contribuiscono, seguendo la stessa dinamica, alla collettività. Questi ultimi si impegnano per
promuovere la cultura e la civiltà.
Di Agostino d'Ippona ( inizialmente pagano poi successivamente filosofo del cristianesimo) vengono
mostrati gli ultimi trent'anni di vita. Il momento clou raffigura il filosofo al Colosseo mentre osserva
uno spettacolo in cui i gladiatori combattono, dove lui stesso, all'idea del sangue incita alla morte.
Uscendo si rende conto di essere una bestia come tutti quelli che lo circondano. Rossellini analizza poi
un altro dato relativo alla sua vita: il suo combattere contro alcuni eretici del cristianesimo.
Rossellini nel tentativo di spendere il meno possibile per girare questi film inventa un nuovo
strumentario tecnico. Per Socrate utilizza un sistema di specchi di sua invenzione per riflettere un
modellino dell'acropoli, posizionato sul set. Lo spettatore, infatti, vede Socrate muoversi nell'acropoli,
proiettata sullo sfondo. Sarebbe stato troppo costoso ricostruirla: non si può lavorare per la tv come si
lavora per il cinema e Rossellini lo capisce. Ancora, inventa un supporto di cinepresa che avanza e si
muove su delle rotelle: lo chiama pacinor. Si tratta di una sorta di Lambretta, sul quale manubrio è
montata la cinepresa. É un meccanismo di movimento della cinepresa più rapido, veloce ed
economico da adoperare all'interno degli studi televisivi.
La recitazione utilizzata è didattica, gli attori non esprimono particolari emozioni: devono venir fuori le
idee, più che le azioni e le intenzioni. L'attore è estraniato, portatore di idee, è un dicitore. Rossellini
fa muovere e parlare i suoi attori (perlopiù sconosciuti, non noti) dicendo loro di stare parchi,
semplici, elementari. Vuole insegnare agli spettatori della televisione.
-Il film destinato alla televisione La presa di potere da parte di Luigi XIV(1966) viene prodotto dai
francesi. Rappresenta un modello di cinema televisivo nello stile didattico, tuttavia è molto efficace sul
piano espressivo. Un film stranissimo.
Con Luigi XIV nasce l'idea di fare della Francia il più grande paese del mondo. Rossellini non ci mostra
il pensiero del Re Sole (che si esprimeva in discorsi retorici), ma una giornata tipo in cui l'intento di
dominio viene fuori per vie traverse. Il re è come un automa divino. A Versailles c'era addirittura un
pubblico, aldilà di una cordicella, che poteva assistere alle varie fasi della vita del re, il quale aveva dei
gesti ritualizzati.
La scena del banchetto dura molti minuti. Vengono preparate una trentina di portate, prima provate
dagli assaggiatori, e al contempo i suonatori proponevano i concerti dei musicisti dell'epoca. Rossellini
descrive questo rituale, un vero e proprio processo di divinizzazione, in modo freddo, quasi glaciale.

Alla metà degli anni '50, Rossellini si stanca di stare in Italia, avendo questa superato il fronteggiare
crisi e difficoltà (lotta con il nazi-fascismo, la povertà e la fame del dopoguerra) e assestandosi verso
un periodo di benessere.
In India girerà un film in 10 episodi intitolato:
India(1959) in cui un ingegnere indiano si trasferisce per costruire la più grande diga indiana. Ancora
viene mostrato un venditore ambulante con la sua scimmietta. L'uomo muore, mentre la scimmia che
deve sopravvivere continua a fare i suoi spettacolini in strada. Rossellini raffigura un paese che si sta
sviluppando.
Rossellini va con Neru, il presidente che li porta sulla via del progresso, in aereo al luogo dove stanno
costruendo la grande diga. Rossellini all'inaugurazione, mette la mano sulla spalla di Neru, che lo
guarda con un'espressione di feroce ostilità, poiché gli induisti non amano il contatto.
Rossellini in un salotto, con un giornalista che lo sta intervistando, e lui spiega le immagini iniziali,
parlando delle cooperazioni, le piccole industrie che stanno nascendo, il problema della caste. Mostra
l'India nel momento in cui non solo deve sopravvivere, ma deve diventare una società equa. Non
segue un testo, ma lo commenta al momento.

Antonioni nei primi anni '70 gira alcuni documentari sulla Cina.
La Bergman scrive una lettera ad Anna Magnani in cui afferma di conoscere il tedesco, lo svedese (la
Bergaman gira anche un fil con il regista Bergman, Sinfonia d'autunno(1978) ).

Prima della crisi della Magnani, Rossellini quasi a congedo le dedica un film. C'è una dedica in cui dice
“alla grande arte di recitazione di Anna Magnani”. Il film è intitolato:
L'AMORE(1948).
Anna recita in due situazioni drammatiche: nella prima impersona una signora borghese
abbandonata dal suo amante (la situazione classica della Magnani, lasciata dal suo amante-attore che
va via da Roma città aperta, poi lasciata da Rossellini), tratto da un testo teatrale di Jean Cocteau
(autore omosessuale, lasciato dall' attore francese Jean Marais, che traspone in una figura femminile)
La voce umana. La Magnani parla al telefono esponendo tutta la gamma di sentimenti di una donna
innamorata, non vediamo mai l'amante, ma solo un cagnolino sul letto. La sua voce al telefono
diventa quasi emblema di una situazione umana. La sua voce è differente rispetto ai film nei quali
siamo abituati a vederla, in cui interpreta una popolana. Lei inizialmente è affettuosa con l'uomo,
concessiva poi diventa rabbiosa, vendicativa, e alla fine quando capisce che lui sta per riattaccare la
donna subito torna indietro. Il telefono squilla nuovamente perché l'uomo riattacca però la richiama.
Il cinema ha in questo caso una funzione catartica, lo spettatore si identifica con la donna.
La seconda parte del film viene scritta da Fellini, che si ispira ad un'opera di uno scrittore spagnolo,
tratta di un vagabondo che mette incinta una caprara che vive nella Costiera Amalfitana. La Magnani
interpreta due personaggi in situazioni sociali ed esistenziali diversissime tra loro. La caprara mette al
mondo un bambino e si sente come la Madonna, aveva visto quest'uomo come una sorta di San
Giuseppe, interpretato da Federico Fellini.
VITTORIO DE SICA
Vittorio De Sica attore presente in diversi film di Camerini. Recitava con la sua voce, non
modificandola, senza finzione e cantava anche in questo modo, parlando, è il dicitore (the crowner).
Nel cinema ciò che appare naturale è sempre elaborato. Charlie Chaplin diceva che per fare del
realismo nel cinema bisogna uccidere la realtà. La realtà va quasi negata per fare qualcosa che risulti
realistico, soprattutto nel cinema.
De Sica ha quasi sempre lavorato con Cesare Zavattini, che abbiamo visto al lavoro nel film
preneorealista: I bambini ci guardano(1944).
De Sica come regista è geniale perché mette la visuale dei suoi film ad altezza dei suoi personaggi. Il
che significa adeguarsi alla mentalità del personaggio di cui si narra la vicenda. Ne I bambini ci
guardano(1944) il bambino pativa la crisi dei genitori (il padre si suicida e la madre non può
prenderselo con sé perchè il bambino sceglie di restare in collegio). Il modo in cui scopre l'adulterio
della madre è tipico di un bambino, non mediante una visuale dall'alto (vediamo talvolta le gambe di
un uomo; questo che lo carezza, ma lui è diffidente). Con De Sica ci immergiamo nella visuale del
bambino, quel che vede, quel che sente. Qui entra in campo l'attitudine di De Sica a girare in tal
modo. Le musiche sono di Renzo Rossellini.
Dopo questo film De Sica gira una trilogia neorealista composta da:
Sciuscià(1946), Ladri di bicicletta(1948), Umberto D.(1952).

SCIUSCIÀ(1946)
E’ la storia di due ragazzini lustrascarpe (sciuscià= shoes shine) che lavoravano a Via Veneto dove
passeggiavano i soldati stranieri (Roma era occupata, siamo nel '45/'46 la guerra era finita da
pochissimo), questi mettevano i piedi su un trespolo di legno si facevano lustrare le scarpe.
Interessante è l'origine documentale del cinema neorealista. De Sica fa una ricerca documentaria sugli
sciuscià di Via Veneto, un vero e proprio servizio giornalistico: vuole informarsi per documentare le
condizioni di vita dei ragazzini.
Ne sceglie due, li prende dalla strada, non avevano lavorato prima come attori. La vicenda ci racconta
di questi due sciuscià che vivono in condizione di miseria con i loro parenti, che lavorano al mercato
nero, operano furti, azioni di contrabbando. Il loro moto di libertà mentale e fisica è la proprietà di un
cavallo bianco, che tengono in una stalla a Villa Borghese. Loro galoppano in due in sella al cavallo
bianco, è il momento dell'infanzia: quest'ultimo costituisce la loro libertà e la loro felicità. Un
elemento, il cavallo, di fragilità poetica sin allora, quasi convenzionale. La debolezza di De Sica è il suo
indulgere al sentimentalismo, l'esagerare in certi toni.
I due ragazzi vengono accusati di un furto, commesso da altri, e vengono rinchiusi in un carcere
correzionale. C'è stata una forte polemica determinata anche da un film di Pasolini
Mamma Roma(1962), in cui un ragazzo muore in questo luogo, in seguito alla quale il carcere è stato
chiuso.
Il regista descrive le dinamiche psicologiche tra i ragazzi. Vengono messi l'uno contro l'altro. Il
maggiore crede che l'altro lo abbia tradito con un gruppetto di altri detenuti e nasce in lui
un'inimicizia ingiustificata. Il direttore del carcere e il medico sono persone umane ma è la struttura
ad essere disumana, in cui la normalità viene distolta. C'è un'evasione che avviene durante una
proiezione di un film documentario nell'atrio del carcere. La pellicola prende improvvisamente fuoco
e i ragazzini approfittano della confusione generale, in cui altri ragazzini fuggono per il fuoco, per
evadere. Il maggiore si ritrova con il minore e il cavallo bianco. Dice di doverlo punire, si toglie la cinta,
l'altro arretra (si trovano su un ponticello su un corrente), cade nel fiume, batte la testa e muore.
La cinepresa va apparentemente verso l'omicida e poi verso il corpo dell'altro. C'è un misto nel
montaggio tra scene girate nel teatro di posa e altre girate in natura. Il film si conclude con il direttore
e i poliziotti che giungono lì, il ragazzo disperato che urla il nome dell'amico morto, il cavallo bianco
passa sul ponticello e scappa. Il cavallo viene ripreso come se capisse tutto, gira su ponte e va via.
È un plus valore emotivo della scena che De Sica ha voluto attribuire al film.
(A differenza di Rossellini in De Sica (come anche nel cinema di Fellini) c'è grande enfasi nel finale
delle narrazioni.)
(Il capolavoro di De Sica è:
ladri di biciclette(1948). Manuel De Sica, figlio di Vittorio, disse che il padre considerava Umberto D.
(1952) il suo miglior film, tuttavia sul piano della poesia e della tecnica Ladri di biciclette lo supera. In
America hanno inventato l'oscar per il miglio film straniero proprio per premiarlo. Orson Welles
affermava che il regista che preferiva era De Sica.)

LADRI DI BICICLETTE(1948)
racconta le vicende di un attacchino (colui che attacca i manifesti), lavoro con il quale quest'ultimo
mantiene la famiglia. L'uomo svolge il suo mestiere grazie alla sua bicicletta, che ha attrezzato per far
sì che trasporti gli strumenti necessari. La bicicletta gli viene rubata in Via del tritone. L'uomo corre nel
traforo dietro ai ladri, nel tentativo di acciuffarli, ma invano. Assistiamo ad un dramma intenso, poiché
l'uomo perderà il lavoro se non troverà la sua bicicletta. La giornata successiva, in compagnia del
figlioletto, va in giro per Roma a cercarla. All'interno del film possiamo individuare le due unità di
tempo e di luogo (un'intera giornata e la città di Roma) applicate alla narrazione cinematografica.
(All'interno di Paisà(1946) gli episodi si svolgono invece in luoghi differenti come la Sicilia, Napoli,
Roma, Firenze, l'Appennino tosco-emiliano e le foci del Veneto).
Il percorso dell'uomo è una sorta di via crucis dove vengono scandite le diverse tappe alla ricerca della
bicicletta.
Cominciano dirigendosi a Piazza Vittorio, luogo nel quale si vendevano tutti i tipi di biciclette e i vari
ricambi, nella speranza di trovare la bicicletta o qualche suo pezzo. Successivamente, si fermano in
una trattoria dove l'uomo spende le ultime 200 lire per dar da mangiare al figlio. Mentre l'uomo vede
la propria vita precipitare nella miseria, al tavolo vicino una famiglia borghese, mangia di tutto punto.
C'è uno scambio di sguardi tra il bambino ricco e quello povero.
Disperato com'è, l'uomo si affida ad una fattucchiera, il cui compenso è di 100 lire. La maga pronuncia
la seguente sentenza: “O la trovi subito o non la trovi più”, ripetendola più volte.
Un'altra tappa è un bordello o casa chiusa, dove l'attacchino scorge un complice dei possibili ladri. Il
protagonista tenta di scoprire qualcosa da qualche ragazza, ma viene cacciato via.
Si spostano poi a Porta Portese, luogo del mercato (di fianco si vede il San Michele, la prigione dei
ragazzini protagonisti di Sciuscià(1946)).
A Trastevere il padre e il bambino individuano il ladro della bicicletta ma si intromettono gli amici del
malandrino. Chiamata la polizia, una guardia porta con sé il ladro dicendo però di non poter far nulla
senza avere le prove. La madre del ladro strilla, disperata, alla finestra.
(Aneddoto di come De Sica girava: trattandosi di persone del luogo, non professionisti, la donna è una
signora che viveva nel caseggiato. Pare che De Sica (un uomo tenero per quanto riguardava
l'attitudine dei personaggi, ma severo e duro quando girava) per far recitare la signora in un certo
modo, le abbia dato dei cazzotti in testa. Addirittura i figli volevano picchiarlo. Lo stesso ragazzino
viene cercato per settimane, tant'è che De Sica comincia il film senza il figlio del protagonista. Mentre
girano vede un ragazzino (non proseguirà la carriera da attore, nella vita farà il tranviere). Si capisce
subito che era un cicchettaro (bambini che per arrangiarsi raccoglievano le sigarette buttate per
strada dalle quali si ricavava il tabacco per fare nuove sigarette).
Nella scena finale il bambino non riesce a piangere. De Sica per girare la scena gli riempie le tasche di
cicche dicendogli: “Vedi che sei, un cicchettaro, un misero cicchettaro.”, facendolo alla fine piangere.
Un regista americano, Nicholas Ray, diceva che il regista deve avere una caratteristica: deve essere un
figlio di puttana. Vittorio De Sica lo era)
Verso la fine del film la bicicletta ancora non è stata trovata. Il padre da qualche spicciolo al figlio,
dicendogli di andare a casa: ha in mente qualcosa. Si trovano nella zona Prati, nel quartiere di
Testaccio, è domenica e c'è una partita della Roma. Il protagonista vede un uomo d'età con il cappello
che ha lasciato la bicicletta accanto al portone. Ci sono alcuni instanti in cui nella sua mente nasce
l'idea di rubarla. Il bambino ha perso il tram, torna verso suo padre. Quest'ultimo sale sul sellino della
bicicletta e scappa. Tutti i giovani uomini spettatori della partita di pallone lo rincorrono, fermandolo.
Il bambino assiste alla scena e piange disperatamente. Vogliono portare il padre al commissariato. In
un'inquadratura collettiva notiamo il proprietario della bicicletta, un contadino, un burino,
proveniente da Roma nord, che indossa un cappello di tipo rurale. L'uomo abbassa la testa e guarda il
ragazzino. L'uomo con il cappello fa sì che il protagonista venga lasciato. La scena finale è terribile. Il
bambino e il padre sono mano nella mano. Il padre si vergogna, si è mostrato come ladro a suo figlio;
il bambino lo capisce e gli stringe la mano. Il padre è commosso, sta per piangere.
Quasi in modo impercettibile l'attacchino viene urtato da un camion, non era previsto, ma De Sica
lascia la scena. I due vengono inquadrati da dietro mentre camminano mano nella mano per la strada.
Torneranno a casa senza bicicletta. Questa scena, drammatica e speranzosa, mostra come tra padre e
figlio si sia creata una solidarietà.

(Ancora una volta De Sica mostra il suo lato duro da regista, questa volta nei confronti del
protagonista (anche lui un attore preso dalla strada). Gli dice che dopo questo film tornerà per strada,
a lavorare di nuovo in fabbrica. Non era adatto per una carriera cinematografica. La produzione
americana, dopo aver visto Sciuscià(1946) voleva finanziare il film volendo però un attore americano
nel ruolo di protagonista, Cary Grant. Ancora il regista colpisce Lamberto Maggiorani, che aveva un
figlio handicappato. De sica per farlo commuovere nella scena finale, gli dice: “Non hai i soldi per
mantenere tuo figlio”.
Rossellini aveva pudore nel rapportare la gente. De sica era più timido di Fellini, che proprio per
l'ordine del regista ci riusciva, probabilmente in prima persona avrebbe esitato).

De Sica probabilmente è il più poetico dei registi italiani, il più artista di tutti.
All'interno de I bambini ci guardano(1944) ci mostrava la visuale mentale del protagonista: l'adulterio
della madre era vissuto ad altezza di occhi da bambino, sia fisicamente ma anche di spirito, come
un'anima che non capiva gli eventi.
In Sciuscià(1946) invece la visuale del film è all'altezza dei due ragazzini. Interessante è il personaggio
del direttore del carcere, un uomo balestrato, un po' come i protagonisti. De sica sta dentro il corpo e
l'anima dell'uno e dell'altro: c'è sia la visuale dell'adulto che del bambino. Seguiamo il film in questa
binarietà a volte conflittuale. La visuale è coordinata dal regista anche se la scrittura è di Zavattini. La
teoria cinematografica di quest'ultimo è quella del pedinamento. Bisogna fare film come se si stesse
pedinando il protagonista. Lo si osserva nella sua abitazione, all'interno della sua classe sociale, nel
suo posto di lavoro, un po' come se l'autore del cinema fosse un detective.
Rossellini dice di non fare cinema come si fa in America, dove si crea lo spazio e al suo interno si
posizionano poi i personaggi. Lo spazio diventa una gabbia e il comportamento dei personaggi è
predeterminato. Rossellini segue il personaggio, scopre con lui lo spazio in cui si muove, similmente a
Zavattini. Seguire un personaggio e scoprire in flagrante la sua realtà, non seguendo schemi o concetti
fissi, raffigura perfettamente il neorealismo.
Secondo Fellini, Rossellini è l'unico neorealista poiché sa cogliere il momento esistenziale tra
progettazione e realizzazione. Il punto intermedio tra sceneggiatura predeterminata e
l'improvvisazione. Un altro improvviserebbe male o baserebbe tutto sulla sceneggiatura. Ad
Hollywood, ad esempio, le sceneggiature sono scritte con il filo di ferro.

Nella scena de I ladri di biciclette(1948) in cui il padre e il figlio vengono mandati via dalla folla degli
amici del malandrino, De sica filma la zona di luce che si crea tra l'ombra del palazzo e quello
antistante. L'uomo cammina nella zona di luce, il ragazzino invece è a metà strada tra ombra e luce.
Mentre loro camminano gli amici del ladro li insultano. De Sica diceva che non si occupava della
cinepresa, lasciando il lavoro al direttore della fotografia. In realtà era lui stesso che impostava il
lavoro, gli altri rispettavano la sua volontà artistica.
-(COLLEGAMENTO )
L'inquadratura nella quale si siedono sul marciapiede ricorda una scena di Accattone(1961)
il film d'esordio di Pasolini. Il bambino stanco sta lì seduto con un espressione senza significato. Aldilà
dello spigolo del muro, che ne impedisce la visuale, c'è una bicicletta (osservazione dal punto di vista
del bambino). La cinepresa poi si sposta e la vediamo.
L'uomo supera lo spigolo. Vive la tentazione, se cede sarà un ladro. Chi ha rubato la bicicletta
probabilmente era un disperato come lui. Cosa c'è dietro il ladro di bici? Il palo della luce divide in due
l'immagine. Lui è a destra, e appena si sposterà sulla sinistra diventerà un ladro. Il bambino, che ha
perso il tram, lo vede e capisce tutto. Ecco le due visuali. L'uomo prende la bicicletta, viene fermato. Il
bambino gli spazzola il cappello. Il derubato abbassa la testa ,guarda il bambino e prende la sua
decisione.
(Quando giravano queste scene, negli anni '40, '50, davano alle comparse i biglietti per il cinema per
vedere il film stesso o altri film.)

Il film d'esordio Accattone(1961) di Pasolini non è neorealista. Assistiamo ad un momento storico e


espressivo diverso. Come un grande regista cita un proprio collega all'interno del suo cinema. Lo fa
perché quel modo di riprendere è insito alla sua persona, poiché questi film appartenevano alla sua
cultura. Nell'epoca post moderna, anni '70 e '80, la citazione è volutamente caricata. L'estetica del
post moderno è basata sulla reiterazione di moduli, sui cliché.
Pasolini voleva che la fotografia del suo film ricordasse la pittura di Masaccio, così fornisce a Delli Colli,
il direttore della fotografia, il libro di Masaccio.
Pasolini viene influenzato dal cinema neorealista di De Sica e da un regista cult giapponese Mizoguchi.
In Accattone(1961) i protagonisti sono seduti su un marciapiede. Accattone è un magnaccia, uno
sfruttatore di donne. Si innamora però di una ragazza e non vuole mandarla per strada. Per lei vuole
diventare un uomo. Prova a lavorare come operaio ma non ce la fa. Sceglie di rubare poiché è meglio
rubare che essere un pappone. Durante un furto, lui e i suoi amici vengono arrestati, lui fugge su una
motocicletta.
La citazione di De Sica è come incorporata, come se non se ne rendesse conto. Sono seduti sul
marciapiede (un momento di distensione, si stanno riposando, ridono) quando decidono di compiere
il furto. In sottofondo suona la musica di Bach (La passione secondo Matteo) che stride con le azioni di
questi uomini che rubano salumi e formaggi dall'interno di un furgone.
La musica cessa, arrivano i poliziotti e li catturano. La musica si fa grave. Il magnaccia ruba una
motocicletta e fugge. L'elemento del furto della motocicletta ricorda il furto della bicicletta nel film
di De Sica. L'uomo inseguito cade, i due amici lo raggiungono. La scena mostra accattone che muore
al fianco dei due compagni, uno dei quali fa il segno della croce alla rovescia, allegoria di un povero
cristo che sta morendo tra i due ladroni.

Miracolo a Milano(1951) non è un film neorealista in senso stretto.


È un film diverso dai due precedenti del neorealismo, ricco di elementi surreali che provengono dalla
scrittura di Zavattini (un socialista con una forte vena surreale). Zavattini aveva scritto qualcosa del
genere prima della guerra, voleva dirigersela da solo ma non ebbe mai il coraggio di diventare regista.
Si intitolava Totò il buono e pensava di farla interpretare a Totò. Passano diversi anni: Totò diventa un
attore ormai famoso che non si presta più ai film che avrebbe girato negli anni '30. In più è adulto
mentre Zavattini cercava un attore giovane. Propone così il film a De Sica, che ne fa il soggetto di
Miracolo a Milano(1951).
Il film narra di un gruppo di barboni che vivono nelle baracche nella periferia di Milano. I proprietari
del terreno li mandano via perché devono costruire su quel suolo. (Questo passaggio ricorda Il ragazzo
della via Gluck, anni '60, scritta da Paolo Conte e cantata da Celentano sulla quale Pasolini avrebbe
voluto girare un film). Il tema è quello della campagna che diventa città.
ANALISI: Si susseguono episodi lirici e surreali.
La vita dei barboni viene descritta non in modo neorealista: la povertà è raccontata in modo poetico
(libro di Zavattini “I poveri sono matti”.)
I barboni non sanno dove andare, sono a piazza del Duomo a Milano. A quel punto si impossessano
delle scope dei netturbini e, a cavallo di queste, volano verso l'alto, verso il cielo. Si sancisce con
questo film la fine del neorealismo. È un film magico, la poesia è liberata dagli impedimenti della
materia. Zavattini per introdurre un minimo di questione sociale fa sì che i barboni non possano più
scendere, poiché nei terreni sottostanti compare la scritta proprietà privata. Oramai tutto è proprietà
privata e niente appartiene al popolo.
-(Spielberg ha fatto diversi omaggi a De Sica, in E.T. È presente la celeberrima immagine del bambino
sulla bicicletta. Spielberg, De Sica e Frank Capra sono registi sentimentali.)

A partire da questo film verrà definito il genere del NEOREALISMO ROSA.


Un neorealismo magico, annacquato. Si compie una parabola che parte con preneorealismo degli anni
della guerra
(4 passi fra le nuvole(1942), Ossessione(1943), I bambini ci guardano(1944), Gente del Po(1947) ),
arriva al neorealismo pieno con Rossellini, De sica e La terra trema(1948) di Luchino Visconti (ultimo
film neorealista); successivamente il rosso della critica sociale si annacqua e si fa strada il neorealismo
rosa. L'Italia sta cambiando, non è più quella della fame e delle distruzioni belliche.
L'altro grande film del neorealismo rosa è Riso amaro(1949). Il regista è Giuseppe De Sanctis, un
ragazzo di Fondi, molto talentuoso, tra i giovani che scrivevano sulla rivista cinematografica “Cinema”.
La rivista ufficiale era invece “Bianco e nero” sulla quale scrivevano i professori del centro
sperimentale.

Riso amaro(1949)
è interpretato da un'attrice esordiente: Silvana Mangano. La giovane interpreta una delle ragazze
cosiddette mondine, le quali raccolgono il riso nella risaia del nord e vengono pagate con la raccolta.
Queste hanno una stagionalità lavorativa. In questo ambito accadono diversi eventi drammatici. La
donna diventa partner di un delinquente, un mascalzone, in contrapposizione con un giovane uomo
innamorato di un'altra mondina che difende l'intero gruppo dall'uomo. C'è una sorta di duello (buono
vs cattivo esemplificativo di un manicheismo popolaresco) nel quale il cattivo muore in modo atroce
(trafitto da un gancio di macelleria). La donna si suicida buttandosi da una torre. Sul suo corpo le altre
mondine gettano ognuna un pugno di riso.
Il film non è capolavoro sul piano artistico ma ha grande valore per quanto riguarda la fascinazione
popolare. All'estero viene apprezzato soprattutto nelle zone povere. In America i film del neorealismo
vengono apprezzati su grande scala e dagli intellettuali, questo film invece riscosse grandi consensi
nell'America del sud.
-De Sanctis scopre la giovane, che prima del film lavorava come commessa. Aveva visto decine e
decine di ragazze, ma non riusciva a trovare quella giusta. Una sera, andando al suo studio, scorge una
ragazza che si riparava dalla pioggia in un portone. La giovane era di una bellezza prorompente e la
pioggia le metteva in risalto il corpo. Il regista, rimasto colpito da questa presenza, la sceglie
nonostante precedentemente l'avesse eliminata nel corso dei provini.
Le cinematografie nazionali sono rappresentate da personaggi femminili. Silvana Mangano è una delle
icone italiane, pubblicizzate e diffuse in tutto il mondo grazie a Riso amaro(1949), rappresentativa di
un'Italia povera ma bella.
Icone del cinema italiano
Immagini di grandi attrici italiane per la correlazione dell'iconicità con lo sviluppo della società
italiana.
Anna Magnani nella scena in cui cade mitragliata dai tedeschi in Roma città aperta (1945). Viene
mostrata la gamba dell'attrice con la calza in evidenza. Ci vuole sempre un pizzico di corporalità
fisicità.
-La Magnani in questo film è simbolo dell'Italia degli anni Quaranta durante gli anni di guerra e la
resistenza.
-Anita Ekberg ne La dolce vita(1960) è l'immagine del boom economico, del benessere.
-Sofia Loren in Ieri, oggi e domani(1963) celebre per il famoso spogliarello. La componente della
fisicità è rappresentata ancora una volta dalla gamba con la calza.
Questo film di De Sica è appartenente al genere della commedia all'italiana.
Iconica è anche la Loren in La ciociara (1960), sempre di De Sica, film con il quale la Loren vinse
l'Oscar.
Sono tre immagini dell'anno cardine del passaggio dall'Italia povera a Paese industializzato.
Anita è la Roma dello spettacolo e turismo internazionale.
Sofia in Ieri, oggi e domani(1963) impersona una prostituta, dalla quale si reca un industriale
(Marcello Mastroianni) da Bologna che vorrebbe accoppiarsi con lei. Siccome un prete si innamora di
lei, si fanno una promessa: se lui prende i voti, lei non potrà fare l'amore per un po' di tempo. Così
intrattiene Mastroianni con lo strip, dicendo alla fine di essere indisposta.
La ciociara(1960)
è tratto da un romanzo di Moravia. Si punta l'attenzione sulle donne violentate dai marocchini, che
facevano parte dell'esercito angloamericano. Erano loro a cui accollavano le azioni più pericolose. Il
libro parla di uno stupro immondo, di cui era responsabile l'esercito francese. Il film vede da vicino la
vicenda di una donna violentata insieme con la figlia. Viene girato nel 1960, secondo criteri
profondamente innovativi. De Sica non gira secondo i moduli artigianali, ma industriali. È una
rivisitazione di quell'epoca in cui la Magnani ha girato Roma città aperta(1945), tuttavia è specchio di
una nuova fase del cinema italiano. Nel 1960 De Sica gira il film La ciociara(1960): artisticamente non
al livello della produzione neorealista, ma importante su piano produttivo.
Durante la liberazione, nel passaggio da nord al centro, i francesi che pure facevano parte dell'esercito
alleato, in particolar modo i soldati marocchini, operavano prepotenze ai danni della popolazione,
violentano molte donne della Ciociaria. Una donna che scappa dai bombardamenti e sua figlia
vengono entrambe violentate. Il libro di Moravia, da cui è tratto il film, suscitò una forte polemica.
De Sica inizialmente pensa che la protagonista ideale sia Anna Magnani. Il produttore Carlo Ponti,
marito di Sofia Loren, gli dice però di impiegare nel ruolo la moglie. Sofia è troppo giovane, ha solo 27
anni, ma interviene il trucco. De Sica in prima persona addestra la Loren per recitare in questo film
molto drammatico. La Loren è molto professionale, ma ha qualche difetto. Arriva sul set con la Rolls
Royce, quando comparse erano contadine.
De Sica inventa un nuovo modo di girare un tema all'antica: lo ristruttura. Non fa un film come lo
avrebbe fatto se ci fosse stata Anna Magnani. Lo scrive in funzione della Loren. Il film segna il
passaggio dalla produzione artigianale a quella industriale il cinema diventa un'industria a tutti gli
effetti. L'Italia in quegli anni è tra i primi paesi europei per industrializzazione. Questo film documenta
il miracolo economico. Il film è non solo il prodotto di artisti e autori, ma ora diventa anche simbolo
della produttività a livelli industriali. Il film vince l'Oscar, come anche la Loren (fanno un'eccezione). La
scena della violenza si pensava di girarla in una chiesa sconsacrata ma il vescovato non concede il
consenso così lo scenografo Gastone Medin (lavora solitamente con Camerini) la costruisce da sé.
Alla fine del film viene mostrata la crisi delle due donne. Sofia si abbatte al suolo, è sconvolta ma deve
tornare a Roma. Arrivano gli alleati. È un'icona.

Nel terzo film della trilogia troviamo:


UMBERTO D.(1952)
De Sica pensava a suo padre. Viene raffigurato un vecchio pensionato molto dignitoso in grandi
difficoltà economiche. Ha un cagnolino, l'unico suo amico, e non sa come tirare avanti. Vive in una
stanza d'affitto, dove stringe un rapporto di amicizia con la cameriera che fa le pulizie. La donna è
incinta e ha due fidanzati, non sa di chi è il bambino che porta in grembo.
L'uomo decide di uccidersi. Ha tentato di lasciare il cagnolino in qualche pensione ma ha desistito
perchè lo trattavano male. Si dirige allora in compagnia del cagnolino in un parco dove passa un treno.
Quando sta per gettarsi nel treno, il cane scappa dalle sue braccia e gli abbaia contro. L'anziano non si
butta più. Il cagnolino ha paura, non si fida, non vuole più tornare tra le sue braccia. L'uomo gli lancia
una pigna, cominciano a giocare e si avvicinano nuovamente. Di spalle si allontanano, mentre un
gruppo di bambini gioiosi e ridenti viene verso lo spettatore, simbolo di speranza per l'Italia che verrà.
ANALISI:L'attore protagonista è Carlo Battisti, professore di filologia dell'università di Firenze. De Sica
per mesi cerca l'attore, quando a Sant'Eustachio mentre prende il caffè con i suoi assistenti, vede
questo uomo anziano che passa dalla porta del caffè. Lo guarda e i suoi assistenti gli corrono dietro.
Vittorio arriva per convincerlo, l'uomo appena vede De Sica si toglie il cappello e di fronte un artista
come lui acconsente.
La binarietà della visuale avviene in modo straordinario. Noi vediamo la storia sia dal punto di vista
del cagnolino che dell'uomo anziano.
Vi è un rapporto di simbiosi con il cane, svolto in ambienti funzionali allo stesso rapporto. Questo è un
film molto strano per quanto concerne le inquadrature. La vicenda viene ripresa da angoli particolari
della stanza in cui vive. Il che si può spiegare con il fatto che la binarietà è sempre presente. Le
inquadrature angolatissime, laterali, sono date dalla particolarità del criterio binario e dialettico tra
l'uomo e il cane, tra un uomo e la natura.
-In una scena Umberto non ce la fa più e pensa di chiedere l'elemosina. Prova a muovere la mano, da
un incarico al cagnolino che tiene il cappello. C'è un uomo disposto a dargli una monetina ma lui
rifiuta e fa finta di testare se sta per piovere.
CONFRONTO:
Un film comparabile è A dogs' life(1918) di Charlie Chapli, in cui il protagonista ha come unico amico
un cagnolino. Fondamentale nella carriera di Chaplin è il passaggio tra cortometraggi muti e
lungometraggi. Questo è il film in cui testa la poetica successiva; sperimenta quello che sarà il cinema
successivo nel rapporto con il cane.
Il vecchio cerca di separarsi dal cane, cercando di lasciarlo ad una bambina ricca, allontanandosi e
nascondendosi. Non vuole uccidersi con lui. Potremmo scorgere un'analogia tra il padre che non vuole
farsi vedere dal figlio mentre ruba la bicicletta, perchè penserebbe che è un ladro e il vecchio omicida
che non vuole morire con il cane.
La cinepresa è bassa, il cane ha paura di lui.

De Sica è un elemento fondamentale all'interno del panorama del cinema italiano. Non solo è un
grande artista di cinema, ma è anche grande diplomatico. Non si è mai schierato politicamente,
nonostante fosse democratico e cattolico. Ha un ottimo rapporto con la chiesa, mentre Zavattini è
marxisteggiante. De Sica si è saputo barcamenare nel periodo del partito democristiano dal '48 fino ai
primi anni '60.
Zavattini dice ad Andreotti, un politico sempre in mezzo alle questioni del suo partito: “Onorevole lei
ha sgarrettato il cinema italiano.” Andreotti è responsabile della vendita ai privati dei cinema italiani,
proprietà pubblica a partire dal fascismo: li svende alla fine degli anni '40. Andreotti non vuole che si
faccia film d'autore; secondo il politico “i panni sporchi si lavano in famiglia" mentre i film italiani,
quelli che secondo loro mostravano un'Italia povera, stracciona, misera erano noti in tutto il mondo
(in realtà non fecero altro che dare lustro al paese).
Negli anni '50 emanò una legge in cui difendeva il cinema italiano: contingentava l'importazione dei
film stranieri, similmente a quella del fascismo. Per ogni prodotto straniero importato, vengono messi
in cantiere due film italiani.
De Sica non mandava giù il fatto che i registi dopo Rossellini non erano veri neorealisti ma meri cine-
continuatori del discorso naturalista di fine '800 (a Visconti invece non interessava). De Sica scrisse un
libro, nei primi anni '60: Lettere dal set. Erano indirizzate alla figlia, ma esprimevano il manifesto del
suo cinema. Fellini affermava anche che il merito dei film di De Sica era di Zavattini. Così De sica,
citando il caso di Ennio Flaiano, sceneggiatore di Fellini, si chiede se anche in quella situazione ad
avere le idee fosse il suo sceneggiatore.
Nel suo genio, De Sica sapeva guardarsi intorno, vedere il meglio del cinema passato e
contemporaneo, e riprendere momenti che poi trasponeva nel suo cinema.
Ad esempio De sica riprende alcune scene dal film muto The Crowd(1928) di King Vidor.
È la storia di un uomo che non sa adattarsi alla società, alla realtà in cui vive. È uno spirito
indipendente, un uomo giocoso che non sa essere professionalmente serio. Lui e la sua compagna
hanno un bambino, che muore. Hanno poi un'altra bimba. Lui lavoricchia, attraverso i fratelli della
donna che lavorano in banca, gli viene procurato un lavoro, che rifiuta. Un giorno decide di
ammazzarsi. Va con la bambina che tiene per mano. Con una scusa si dirige sul parapetto di un ponte
che si affaccia su una ferrovia, si vuole buttare di sotto. La bambina non capisce ma intuisce. Lui
desiste, prende la mano della bambina e si allontana mano nella mano con lei.
Due finali di De sica si rifanno a questa scena, la trasvalutano :
(Umberto D.(1952) e Ladri di biciclette(1948)). Ma non solo, vi è anche il richiamo della scena del
treno che sembra ripetersi in Umberto D.(1952).
-De sica esordisce nel cinema come attore nei film di camerini all'interno de
Gli uomini, che mascalzoni...(1932) e I grandi magazzini(1939)
Ha cominciato poi a dirigersi da sè, all'interno di commedie molto piacevoli come Un garibaldino al
convento(1942). De Sica poi dirige il primo film preneorealista I bambini ci guardano(1944). Seguono
poi i tre film neorealisti Sciuscià(1946), Ladri di biciclette(1948) e Umberto D.(1952). Una parentesi
interessante è Miracolo a Milano(1951), fondativo di un filone essenziale, il neorealismo rosa, insieme
al film di De Sanctis Riso amaro(1949).
De sica prosegue la sua carriera come attore. È un uomo di mezza età, che interpreta ruoli divertenti
in film popolari.
In Pane, amore e fantasia(1953), grande successo commerciale nella metà degli anni '50 interpreta il
ruolo di un maresciallo anziano che si innamora di una giovane ragazza. Lui è un maresciallo. La bella
ragazza, Gina Lollobrigida, si sposa con un altro aitante carabiniere, mentre De Sica si fidanza con una
donna della sue età.
C'è di fondo una morale come in Seconda B(1934) di Alessandrini, dove la barriera era di classe. In
questo caso la differenza tra i due non è di classe, ma strutturata sull'età. Non è decente che un uomo
anziano aspiri ad una donna giovane e così bella. C'è l'elemento di classe, ma nascosto sotto il
problema dell'età. Questa è di fondo la differenza tra il fascismo e la società in cui viviamo.
Il secondo film Pane, amore e...(1955) vede De Sica in un ruolo simpatico, affascinante, ironico e auto
ironico. Prima di questi due film, De sica aveva sempre bisogno di soldi. Si divideva fra due famiglie e
in più aveva il vizio del gioco, il più distruttivo che ci sia. Anche se guadagnava benissimo, i soldi non
bastavano mai.
Verso la metà d'anni '50 nel film intitolato Peccato che sia una canaglia (1954) di Blasetti gli interpreti
sono la Loren, Mastroianni e De Sica. Mastroianni ricopre il ruolo di un tassista che conosce una
ragazza molto bella e se ne innamora. Questa giovane è un'imbrogliona, una truffatrice. A farne le
spese sarà poi il tassista. Il padre è un imbroglione simpatico, ma da cui stare alla larga, De Sica. Nel
finale il tassista convolerà a nozze con la giovane. Il triangolo De Sica, Loren e Mastroianni sarà
quello tipico della commedia all'italiana degli anni '60 (tuttavia con De Sica come regista e
Mastroianni e la Loren come protagonisti). Inizia tutto con questo film.
L'elemento topico della commedia americana è invece l'uomo imbambolato e la donna
scatenatissima, che dinamizza il film, con le sue vivaci giravolte mentali e di azione (come i film
interpretati da Katharine Hepburn, la tipica commedia svitata nella quale ne succedono di cotte e di
crude, ed è tipicamente la donna che trascina l'uomo in avventure rocambolesche). È una commedia
sofisticata, dalla scrittura pulita, i rapporti ben scritti, tratta dai teatri di Broadway. (attrici non
depilate in America)
Dopo il neorealismo rosa, lungo gli anni '50, ci si avvia verso la commedia all'italiana. Le cose
socialmente ed economicamente migliorano. La commedia all'italiana è il filone dominante nel
cinema italiano: è un cinema commerciale, non al livello del neorealismo, ma che tuttavia finanzia il
cinema d'autore. I produttori incassavano con la commedia all'italiana, e parte dei soldi venivano
destinati ai grandi autori.
C'è una fascia di registi da definire autori di seconda fascia, che si muovono in modo intermedio fra
l'autorialità dei maestri e la produzione contigua della commedia all'italiana:
Francesco Rosi, Elio Petri, Mauro Bolognini e Renato Castellani.
Dopo la commedia all'italiana ci sarà la grande crisi del cinema, in particolare quello italiano.
De Sica si muove bene sia nell'ambito dell'autorialità che in quello della commedia all'italiana.
I film più importanti di quest'ultimo filone sono:
Ieri, oggi e domani (1963) che vince l'Oscar, è diviso in tre episodi ambientati rispettivamente a
Napoli, Roma e Milano;
Matrimonio all'italiana (1964) tratto da una commedia di De Filippo,
I girasoli(1970), film mediocre, in cui una donna italiana va in Russia e scopre che lì ha un'altra
famiglia.
Il miglior film della coppia Loren/Mastroianni è di Ettore Scola:
Una giornata particolare(1977).
Il film si svolge durante il giorno in cui Hitler visita Roma. La Loren interpreta una casalinga popolare,
mentre Mastroianni un uomo omosessuale, speaker della radio, che il giorno seguente andrà al
confino. C'è un trasporto anche sessuale fra i due, due marginali in fondo.
Gli apporti si coniugano in modo mirabile; la fotografia è di Pasqualino De Sanctis, fratello del regista,
a colori ma ombrata, scurita. Tutto funziona e si incastra bene.
COLLEGAMENTO:
Robert Altman ha scherzato nel film Prêt-à-Porter(1994) sulla scena notissima e iconica di Ieri, oggi e
domani, con Marcello Mastroianni e Sophia Loren che riproducono la celebre scena dello spogliarello.
In Ieri, oggi e domani(1963)
-Nell'episodio ambientato a Napoli c'è la donna, la Loren, che vende le sigarette di contrabbando. Per
non finire in prigione fa molti figli poiché le donne incinte non potevano essere incarcerate.
-Nell'episodio milanese la Loren è una donna d'alto borgo, guida una Rolls Royce, e intrattiene una
relazione con un uomo di modeste condizioni, Mastroianni, per evadere dal suo arido mondo.
-Quello romano, è il più piccante e il più noto. La Loren è una escort che vive in un appartamento che
affaccia su Piazza Navona. Il prete dirimpettaio si innamora di lei, così si promettono che lei non farà
l'amore finchè quello non prenderà i voti. Un suo cliente, un industriale di Genova, viene a Roma solo
per avere un rapporto con lei. Fa lo strip e poi gli dice di essere indisposta e di non poter fare l'amore.
(Prototipo della scena sexy all'italiana).

Rapporto cinema americano: i due cinema novecenteschi più importanti.


Il regista d'autore Robert Altman, in Prêt-à-Porter(1994), film sulla moda girato a Parigi, chiama la
Loren e Mastroianni per girare la stessa scena, la musica è uguale, viene però girata in controluce, nel
finale Mastroianni si addormenta. Cita il momento, seguendo la tendenza del Postmoderno
Scena simile è presente in 9 settimane e ½(1986), con Mickey Rourke e Kim Basinger. Anche questa
scena finisce con la frustrazione, non consumano. Lo strip è fine a se stesso(è un fine non un mezzo). È
già di per sè un rapporto sessuale. La differenza tra Cinecittà e Hollywood sta nella sessualità era più
casereccia e naturale del film di De Sica contrapposta ad elementi di artificialità (le gambe mostrate
dall'attrice americana che non sono le sue e le smorfiette da piacione di Mickey).
Il '60 è l'anno cardine del cinema italiano. È l'anno di cerniera per la storia d'Italia: l'anno in cui
avvengono le Olimpiadi a Roma che si internazionalizza (cambia il volto della città, il tessuto urbano si
rimoderna). Nel 1961 ricorre il centenario d'Italia. Nel '61 buttano giù le baracche dell'interland
romano: non si poteva mostrare la Capitale ai turisti se al suo interno vi erano luoghi fatiscenti. L'Italia
cambia, si trasforma in modo epocale. Politicamente finisce il monopotere della democrazia cristiana:
nel '62 si forma il primo governo di centrosinistra. Negli anni '60 assistiamo al passaggio dal
feudalesimo all'industria.

LUCHINO VISCONTI
Luchino Visconti, autore del film preneorealistico Ossessione (1943) si ispira al realismo poetico dei
francesi che negli anni Trenta era stato molto in auge. Il più famoso di loro Jean Renoir, figlio del
pittore impressionista Renoir, attivo negli anni '30, è autore di film come:
La grande illusione(1937). I suoi film denotano grande critica sociale. Ad esempio all'interno del film
intitolato :
Toni(1935),il protagonista, un italiano che lavora in Francia, è molto più saggio e positivo dei padroni
francesi. Uno di questi sta per violentare una sua immigrata spagnola, la spagnola lo ammazza, e Toni
se ne prende la responsabilità. Avviene nei suoi film la critica al capitalismo francese; il regista
appartiene al fronte popolare, l'unione del partito comunista e socialista. È un momento di grande
vivacità culturale. Visconti, giovane rampollo di una ricca famiglia, comincia proprio come aiuto
regista di Renoir. Visconti lavorando con Renoir, in quel contesto culturale, diviene marxista. Renoir,
figlio di artisti, è sprezzante nei confronti di Luchino perché è un aristocratico, proviene da una ricca
famiglia industriale.
Visconti è stato una personalità essenziale nel cinema italiano. Tornato in Italia gira Ossessione(1943),
la storia di un vagabondo che viene convinto da una donna a uccidere il marito, proprietario di una
trattoria e di un distributore di benzina alla foce del Po.

Luchino, regista omosessuale, descrive il protagonista, interpretato da Massimo Girotti, come un


uomo fragilissimo che si fa manovrare dalla donna, una dark lady. Nel film c'è un'enigmatica parentesi
in cui il protagonista, per sottrarsi all'influsso nefasto della donna, convive con uno spagnolo in
apparente amicizia. Visconti con alcuni accorgimenti narrativi ci fa capire che fra loro c'è una
relazione. Si sgretola in tal modo l'ideale dell'uomo fascista, mostrato anche all'interno dei film
dell'epoca.
È il film preneorealista più poetico. Non si rifà alla realtà, bensì è un film sognato, dagli atteggiamenti
decadentistici.
In Ultimo tango a Parigi(1972) Bertolucci chiama i due belli del cinema, Brando e Girotti.
Il film di Visconti è più decadente che realista, nello stile dei registi francesi e del film poetico. Prévert
era lo sceneggiatore di quei film, sempre attento alle psicologie che guardano i sentimenti.
Passano molti anni dal secondo film, di matrice neorealista: LA TERRA TREMA (1948).
Visconti pensava ad una trilogia di film: un film incentrato sui minatori siciliani, un altro sui pescatori e
l'ultimo sui contadini. Un progetto complesso a cui successivamente rinuncia. Alla fine dei tre film, che
si sarebbero articolati in un unico impianto, le diverse categorie sociali sarebbero dovute confluire al
centro dell'isola a cavallo. Gli zoccoli dei cavalli avrebbero fatto tremare la terra. In sella a questi
ultimi vi si sarebbero trovate le persone che avrebbero cambiato il mondo, contro i ricchi.
Visconti gira un solo film, quello sui pescatori. A ispirarlo è la letteratura di Verga, in particolare a I
Malavoglia dove viene descritta la sconfitta di un giovane pescatore, Ntoni(uno sconfitto). I Malavoglia
doveva essere parte di un ciclo che Verga si riprometteva di scrivere: I vinti. Scrive solo due romanzi.
Ntoni vuole mettersi in proprio; è sfruttato dagli imprenditori della pesca, gente che lucra sul lavoro
altrui, che costituirà un'organizzazione detta mafia. Non si nomina mai la mafia nemmeno nel film di
Luchino Visconti. Ntoni non riesce nel suo proposito. Deve ritornare sotto padrone. La sua famiglia si
sfalda, si disgrega: la sorella diventa una prostituta; la madre sta per morire.
Il film viene girato in sette, otto mesi. In parte è finanziato dal partito comunista italiano, in parte
dall'industria farmaceutica dei suoi familiari, la Carlo Erba.
Sono coniugati un'industria capitalistica e il partito comunista. D'altronde Visconti è un regista
marxista ricco.
Nella poetica artistica di Visconti si esprimono due filoni concettuali:
1 il conflitto di classe (si punta alla rivoluzione oppure per avere migliori condizioni di vita). Visconti
era un comunista tradizionale.
2 il corpo dell'essere umano (il corpo dell'uomo e della donna). Viene preferito quello maschile (in
questo vi era la sua sensualità di omosessuale). Gli attori amanti da Visconti sono Alain Delon e
Helmut Belger.
Dunque fondamentali sono le dinamiche del contrasto fra ricchi e poveri e la valutazione e
apprezzamento della capacità di sprigionare sensualità da parte del corpo umano.
-Ossessione(1944) è di gran parte di natura sessuale. L'uomo, ad esempio, trova riparo in un rapporto
omosessuale. Il corpo vive una crisi, quella del decadere e dell'andare verso la fine, tant'è che man
mano che il regista invecchia, il secondo elemento diventa più forte.
-La terra trema(1948), viene girato con pescatori originari di Acitrezza.
Luchino nel '46/'47 di Catania (ricostruita dopo l'eruzione), apprezza particolarmente le cupole.
Visconti vuole girare un film in cui i gruppi umani stanno insieme come le cupolette si compattano fra
loro.Si tratta di cupolette appartenenti al barocco siciliano, angolari, ristrette, come ogive dei missili.
In effetti ci riesce: nel film i pescatori sulla riva si aggruppano come le cupolette di Catania. È
un'ispirazione artistico-architettonico.

I familiari di Ntoni nel film camminano scalzi, come accade nella realtà. Il protagonista non riusciva a
parlare e a pronunciare certe frasi borghesi, dunque Visconti, un letterato finissimo, ha adattato i
dialoghi e la sceneggiatura. L'uomo è in crisi come i pesci che appena pescati si dimenano.
Del film sono presenti tre versioni: una adattata in italiano, una media e una in siciliano con i
sottotitoli.
La fotografia è di Aldo Graziati, che all'epoca viveva in Francia. Era tra i più grandi del mondo. Aldò, si
dimostra un genio per come riesce ad organizzare i movimenti di macchina sulla riva, della folla. È una
fotografia ricca, di tipo artistico, che gioca sui chiaro scuri, nei contrasti di luce.
L'elemento da ricordare è che l'ispirazione di Visconti è letteraria. Il film è scisso tra la cultura
letteraria e l'intento di descrivere le condizioni reali della gente poverissima. Il realismo viene deviato
dall'ipoteca letteraria.
Vi è una contraddizione, all'interno del film: la voce fuori campo che commenta gli eventi. Il testo
della voce fuori campo, che vuole inquadrare gli eventi è un testo letterario che stride, in modo
creativo, con il dialogato del film. L'assistente di Visconti, Pietrangeli, adatta il parlato dello speaker.
È un limite ma è nell'ambito di un capolavoro. Documenta la matrice culturale e letteraria del regista e
una concezione del sociale che vede la questione dei poveri guidata dagli intellettuali. C'è
l'intellettuale che deve illuminare una situazione sociale. La visuale dall'alto della sua cultura lo porta
a pensare che solo un intellettuale può inquadrare un certo contesto, un autore non può fare
diversamente. In lui il controllo è smaccato, è aristocratico. C'è un distacco che si determina, quasi
inevitabile.

Vi è un rapporto tra intellettuale, la voce fuori campo, e la leadership del partito comunista. Togliatti
comandava tutto. Vi erano gli intellettuali all'interno del partito che dicevano cosa bisognava fare.
Cogliamo dunque una corrispondenza con il cinema di Visconti, un comunista di tipo tradizionale.
L'intellettuale deve guidare il popolo. Questo aspetto sarà molto criticato da Pasolini. “Basta con la
leadership degli intellettuali, il popolo deve dare libero sfogo alla capacità di dovere, deve
autodeterminarsi”. Questo discorso è mostrato all'interno del film:
Uccellacci, uccellini (1966).
Visconti esagera nel pathos, cerca di uscire dal limite del giusto, quasi il contrario di Rossellini che
voleva mostrare la realtà così com'era.
In Visconti si fondono due elementi: il binomio tra la lotta di classe in senso marxista e la
contemplazione del corpo umano, soprattutto dell'uomo (e la valutazione del fatto che questo
perisce). La decadenza assume un simbolo materiale attraverso l'immagine del corpo dell'uomo che
perisce. Visconti si rifà alla tradizione della valutazione estetica della corporeità.
Nel '46/'47 mise in scena per la prima volta alcune rappresentazioni teatrali, tuttavia del teatro di
Visconti rimane poco.
La teatralità e la passione di Visconti per la lirica si riscontra nei film drammatici.
Luchino alterna una grande produzione, costosa, ad un piccolo film.
La terra trema(1948), ad esempio, è una grande produzione, Ossessione(1944) invece no.
I piccoli film non sono tuttavia minori dei colossal. È quasi la differenza trasposta in cinematografia tra
il racconto e il romanzo. È una questione di mentalità rispetto alla lunghezza.
Nelle piccole pellicole c'è la mentalità di far un piccolo racconto ma geniale.

Bellissima (1951) è un film sul cinema, tra i migliori di questo genere in Italia. Si tratta di meta-cinema
o meta-film: quando il cinema parla di sé stesso, in cui svela le proprie leggi.
Il più grande film meta-cinematografico è 8 ½(1963) di Fellini, ma impostato sulla crisi di un regista,
di genere psicologico.
Bellissima(1951) viene girato a Cinecittà. Racconta di una madre, interpretata dalla Magnani, che
vuole che sua figlia diventi una piccola attrice. C'è un concorso a cui partecipano le diverse bambine.
Visconti descrive magistralmente questo mondo. A recitare nel ruolo di regista è Blasetti, che se la
prende quando vede il film. Crede che con la musica di Rossini, Visconti voglia prenderlo in giro. In
realtà Visconti prende in giro la funzione del regista stesso, del suo essere autorevole, come erano
Blasetti e lo stesso Visconti. Durante una ripresa de Il gattopardo(1963) un tecnico è passato davanti
ad una cinepresa e Visconti l'ha fatto licenziare in tronco.
Il regista deve scegliere una bambina. La figlia della Magnani non è bella, è un po' buffa. Anna spende
dei soldi per cercare di farla prendere, comprando addirittura una vespa ad una sorta di aiuto regista.
C'è una scena in cui dopo essere stati al ristorante, sul Tevere, lui ci prova, ma lei scappa. La scena
clou corrisponde al momento in la Magnani, da una feritoia in alto nello stabilimento di Cinecittà,
assiste al provino della bimba. In questo provino la bimba deve spegnere le candeline su una torta, ma
piange a dirotto. Tutti i collaboratori di Blasetti scoppiano a ridere e fanno battute cattive, in particolar
modo l'uomo che avrebbe dovuto aiutarla.
La Magnani ha una crisi di pianto e scende giù a parlare con Blasetti.
Ad aiutare Anna ad accedere alla feritoia è una ragazza che lavora come tecnica a Cinecittà e cura la
pulizia delle pellicole. La donna lavorava al cinema, ma poi non ha avuto successo. È la stessa che
ricopre il ruolo della domestica in Umberto D. (1952).Visconti la sceglie per interpretare quel ruolo,
inserendo un cammeo in cui la donna interpreta sé stessa. Il cinema è come una macchina che stritola
tutto, gli esseri umani e le loro ambizioni, la volontà e le aspirazioni.
Blasetti, tuttavia, vede la verità nella bambina e la richiama. Anna rifiuta. Lei è moglie di un operaio,
un meccanico che non voleva fin dall'inizio che la bambina partecipasse al provino, era fortemente
contrario. L'uomo è lì con lei, e vede il contratto e acconsente. Lei però è ferma e rinuncia.
Il palazzone popolare in cui è ambientata la vicenda da sul cinema Arena e da questo si sentono le
voci ovattate degli attori. La Magnani in sottoveste dice al marito di ascoltare la voce di Burt Lancaster
e comincia a sognare e a ricascarci di nuovo. Il marito la minaccia scherzosamente di darle uno
schiaffo.
La piccola produzione serviva a raccontare storie in cui non esorbitare con il pathos.
Discorso di tipo comparativo del cinema americano. (le due più grandi filmografie dell'occidente nel
Novecento sono l'italiana e l'americana).
(CONFRONTO)
Sunset Boulevard(1950) (Viale del tramonto) di Billy Wilder potrebbe essere comparato al film di
Visconti. La protagonista, Gloria Swanson, un'attrice sulla cinquantina, vive nel mito di quello che è
stato. Un giovane sceneggiatore arriva alla sua villa hollywoodiana, seguito dai creditori. Gli chiede di
scrivere un'interpretazione di Salomè, una giovane principessa giudaica di 16 anni. Lui la scrive e ne
diventa l'amante.
La donna riguarda dei film che aveva girato da giovane con Erich von Stroheim, un grande regista
austriaco ma naturalizzato statunitense. Non ha più potuto lavorare nel cinema, i suoi temi erano
scottanti, sulla sessualità. L'ultimo film, muto, non era stato neanche messo sul mercato. Il regista nel
film interpreta il cameriere dell'attrice. A Gloria arriva un telegramma che le comunica di recarsi ad
Hollywood, da parte di Cecil B. DeMille, con cui aveva girato dei film in passato. Lei va sul set dove
DeMille sta lavorando, quando la vede però non capisce perché l'abbiano chiamata. In realtà si scopre
che è stata convocata per la sua macchina, una Rolls Royce, necessaria per un film.
Lo sceneggiatore si stufa di stare con Gloria Swanson, si innamora invece di una ragazza giovane. Lei
gli corre dietro disperata e gli spara. Il film si apre proprio con il cadavere del giovane nella piscina
inquadrato dal basso, con la sua voce fuori campo che si propone di raccontare la storia.
Billy Wilder aveva girato una scena in cui un'ambulanza lo portava all'obitorio. I morti all'interno si
siedono ed ognuno di loro racconta la propria storia. Lo hanno tagliato perché in America vi è
l'abitudine nelle cittadine di provincia di vedere in anteprima i film. Molti lo hanno apprezzato ma non
la scena dei morti che parlano.
Lo sceneggiatore casca nella piscina, arriva la polizia. Lei è impazzita. Il cameriere, Erich von Stroheim,
che aveva lavorato nel cinema nella realtà con lei, mentre lei scende la scala della villa, dice: “Luci”,
facendole credere di interpretare un film, come se fosse il suo regista. Lei guarda la cinepresa e viene
quasi verso di noi. Così si conclude il film, simbolo del tramonto di Gloria e di un certo modo di fare
cinema.

Ancora una volta analizziamo le differenze tra Cinecittà e Hollywood.


Viene mostrata la diversità nel modo di lavorare: Italia è tutto più umano, in America più artificiale.
Secondo Chaplin per dare origine ad un prodotto realistico nel cinema bisogna uccidere la realtà,
bisogna trasformare il reale nell'artificiale. Rossellini invece voleva non passare attraverso l'artificio, o
perlomeno ridurlo ai minimi termini.
La feritoia dalla quale Anna Magnani assiste sembra un piccolo schermo per sé. La scelta di regia, che
introduce suoni e musiche, vuole indicare il mondo dello spettacolo che aleggia, a cui vorremmo
appartenere. Nel viso di Anna c'è il passaggio dall'illusione alla comprensione della realtà, a cui segue
la crisi, la catarsi.
Gloria parla al regista come se dovesse realizzare dei progetti, e lui gli mente spudoratamente. Lei è
disgustata dai microfoni, poiché con il sonoro è andato a decadere il film muto e la sua stessa carriera.
Lei si dimostra commossa dall'atteggiamento di quelli che l'hanno riconosciuta.
La situazione è un po' la stessa, ma il modo di girare è differente. Nel film italiano Visconti, che pure è
un regista molto teatrale, ci rende uno squarcio di realtà, vuole raccontare il retroscena, ma uscendo
dai canoni. La gestualità di Anna Magnani è realista. Visconti vuole renderci il mondo del cinema come
una fabbrica di sogni e di cose irreali nel contatto della madre dell'aspirante attrice con il regista.
Nel contatto della protagonista con il regista la donna piange; è commossa perché la ricordano, non
ha una crisi come Anna. Billy Wilder usa gli strumenti artificiosi del cinema, che dovrebbe squarciare il
velo sull'inganno, per mostrare che il cinema ammazza le persone, le usa. La musica è malinconica, c'è
il carrello iniziale, quando Cecil B. DeMille entra a braccetto con l'attrice.
Visconti non si sarebbe mai sognato di utilizzare un carrello in una scena meta-filmica. Visconti cerca
di separarsi dagli strumenti artificiali, vuole ridurre al minimo l'artificiosità.

Matti da slegare (1975) (all'epoca Basaglia ha liberato i matti dal manicomio, facendoli chiudere) e La
macchina cinema(1978), un documentario sugli aspetti meno edificanti dell'industria cinematografica.

Il più famoso dramma di Tennese Williams, Un tram che si chiama desiderio(1951), che esiste a New
Orleans è il simbolo del desiderio che come un tram travolge tutto.
Stella Kovalski, la moglie nel dramma di Marlon Brando, è succube di come il marito va a letto con lei,
di come selvaggiamente lo fa. La sorella di questa ragazza va a New Orleans, ha un'età intermedia,
non è ne giovane ne vecchia, interpretata da Vivien Leigh, anche lei è incantata dal bruto che è
Marlon Brando. La donna è un ex insegnante di francese che è stata mandata via dalla scuola, per un
rapporto con un minore. Viene violentata da Marlon Brando, che allo stesso tempo la disprezza e
l'ammira per il suo essere una donna colta, che con violenza la butta contro uno specchio, che si
infrange. Questo le fa perdere la ragione. Vengono a prenderla per portarla al manicomio. Il direttore
del manicomio, un uomo gentile, le dice di andare a fare una passeggiata, la prende sottobraccio e la
porta all'ambulanza, un po' come accade per Sunset boulevard(1950). Kovalsky rimane solo con la
moglie che non vuole più vederlo. Lui urla, chiama il nome della moglie, quasi piange, ma lei è andata
via. Tutti gli attori vincono l'Oscar tranne Marlon Brando.

Sono tre capolavori con stili diversi di recitazione e di regia.


Anna Magnani persegue la strada del realismo interpretativo. È un'immedesimazione che nasce
dell'emotività, che deve disciplinare. Visconti mentre da dei consigli alla Magnani sulla recitazione, lei
non gli presta attenzione intenta a spulciare alcuni gattini. Visconti lancia un gatto, lei lo riprende e
con tono calmo gli dice che lo avrebbe graffiato proprio come un gatto.
Gloria Swanson è diventata giornalista cinematografica da anziana. Era una donna che amava il
cinema. Fa questa parte interpretando il suoi ruolo con le stesse movenze e il pathos delle attrici del
muto. Si crede ancora la diva che era all'epoca. Cerca di farlo criticamente, ha accettato questo ruolo
in cui ricalca la propria vita.
Vivian viene addomesticata dell'uomo del manicomio che la illude. Vivian si cala in una donna colta
fuori dalle righe in un contesto di ignoranti. Vive nel sogno della follia, generato dalla violenza bruta di
Kovalski. Il dramma si basa sul contrasto tra la violenza e la delicatezza.

Anna Magnani interpreta un film di Pasolini intitolato Mamma Roma(1962) in cui ricopre il ruolo di
un'ex prostituta il cui figlio adolescente viene chiuso in prigione per un piccolo furto e muore come un
Cristo in croce.
Lei disperata si acquieta in una cupola di una chiesa che rappresenta il grembo materno.
È una grande interpretazione di cui Pasolini, però, non era contento. La Magnani lo sapeva. Lo stesso
è successo a Elia Kazan, non era contento dell'interpretazione di Vivian Leight in Un tram che si
chiama desiderio(1951). Avrebbe preferito un'attrice con cui aveva precedentemente lavorato in
teatro. Pasolini e Kazan sono due gradi registi non contenti delle loro attrici, nonostante le
interpretazioni fossero eccezionali.
La Magnani viene costretta a tornare sulla strada, minacciata da parte del suo protettore che intende
dire chi realmente lei sia al figlio. Era una donna del popolo che aveva bisogno di soldi. Diventa
successivamente una piccola borghese. Pasolini disse ad alcuni amici che l'interpretazione di Anna era
tutta sul piccolo borghese, mentre lui voleva l'Anna neorealista. Pasolini era legato al mito, la
Magnani probabilmente invece aveva capito il ruolo più di lui (una sceneggiatura che lui stesso aveva
scritto).

Siamo donne(1953) è un film a cui più registi lavorano, diviso in cinque parti, un prologo e quattro
episodi della vita di attrici famose. Due di questi contano in particolar modo: il primo è quello di
Rossellini e di sua moglie Ingrid Bergman, il secondo è girato da Visconti su Anna Magnani.
-In quello di Rossellini, Ingrid è se stessa, parla un italiano rudimentale. L'episodio documenta la vita
di Ingrid, mentre Rossellini era sul set a girare film. Ancora un volta si calca il neorealismo
rosselliniano: è un episodio di vita vissuta.
-Nell'episodio che riguarda Anna Magnani, girato da Visconti, la donna è un'attrice di varietà che deve
andare al teatro. Siamo dentro la costruzione di un film. Ha un cane con sé e il tassista vuole farle
pagare il prezzo doppio. È un cane da grembo. Accorrono i carabinieri a guardare i codici. Il
maresciallo infine da ragione alla signora. Arriva in ritardo in teatro, è nervosa, ma sul palcoscenico si
calma cantando una canzone d'amore per Roma.
La tonalità va salendo man mano che si arrabbia. È una questione di principio, i soldi glieli darebbe,
ma come mancia. La bella ballerina, cacciata da Anna viene messa in scena appositamente da Visconti
perché Anna non è bella come lei.
La scena in cui canta è stata doppiata. La voce è identica, ma non è la sua voce. C'è una leggenda
secondo la quale a doppiarla è stato un attore.
Luchino Visconti alterna sempre una grande produzione a una piccola produzione.
SENSO (1954):
è ambientato nel 1866. Il contesto storico è quello della terza guerra di indipendenza. L'Italia viene
sconfitta dall'Austria in due importanti battaglie: quella di Custoza e quella navale di Lizza. Sulla nave
ammiraglia, l'unica rimasta a galla venne asserito: “Siamo rimasti padroni delle acque”. Questo è
emblematico del ridicolo della conduzione dell'esercito e della flotta italiana. La battaglia di Custoza
viene persa perché i soldati italiani non riuscivano a comunicare tra loro per via dei dialetti. L'Italia
alleata con la Prussia di Bismarck ebbe dei vantaggi notevoli, si prese Venezia e il Veneto.

Il film è tratto da un racconto di Camillo Boito. Senso significa passione, il desiderio che ti fa passare
sopra ai doveri di patriota: è la storia di una nobildonna milanese, interpretata da Aida Valli, dal
vecchio marito ricco, che si innamora di un ufficiale austriaco, Farley Granger. Per lui lei tradisce i suoi
connazionali, tra cui suo cugino (Massimo Girotti) che gli da dei soldi per pagare dei medici per non
fare andare il giovane a combattere nella battaglia di Custoza.
Quando lo va a trovare a Verona, dove gli austriaci festeggiano la vittoria, lui le getta in faccia il
disprezzo che prova verso di lei e se stesso. Così lei lo va a denunciare e l'uomo viene fucilato.
Inizialmente nella scena finale, lei va a parlare con i soldati austriaci e questi portano il ragazzo alla
fucilazione. Lei lancia un urlo di disperazione e il film termina.
Osservando questa scena finale Visconti e suoi collaboratori credono che non abbia pathos. Girano
una scena supplementare: la fucilazione del giovane. Viene girato a Trastevere. Visconti dirige questa
fucilazione molto generica in modo molto preciso.

Come Rossellini è colpito dall'immagine del '45 di un partigiano corroso nell'acqua e decide di
trasporre la vicenda nel finale di Paisà(1946), così Visconti afferma che ci sono state immagini di vita
reale che lo hanno folgorato. Una volta assiste ad un incidente stradale in cui una donna giace
sull'asfalto con le calze calate, o ancora osserva una donna che ascolta gli insulti di un uomo, le
lacrime le scendono sul suo volto ma non dice niente.
All'interno di Senso(1954) replica quest'ultima immagine nella scena in cui la protagonista va
dall'austriaco e lo trova in compagnia di un'altra donna. Lui le getta in faccia il suo disprezzo.
Senso(1954) il primo film a colori. La fotografia è di Aldo Graziati, detto Aldò, lo stesso autore della
raffinata fotografia de La terra trema(1948). Muore in un incidente stradale e la fotografia del film
viene terminato da Krasker. Non tutti i direttori di fotografia sapevano lavorare con quel tipo di
fotografia. I centri del tecnicolor sono Hollywood, Roma e Londra: qui si ottiene il colore migliore al
mondo. Si nota la differenza tra la parte di Graziani e quella di Krasker.
Il film ha un prologo, ambientato alla Scala di Milano, in cui la platea è occupata dagli austriaci,
mentre la piccionaia dagli italiani. Questi compiono un'azione patriottica: buttano dai loro posti dei
manifestini tricolori. Vi è un tripudio coloristico, dato dal contrasto delle divise bianche degli austriaci
e i manifesti tricolori. In sottofondo c'è la musica di Verdi. Visconti vuole creare un opera artistica
nazionale e popolare, seguendo la formula di Gramsci. Visconti pur dall'alto della sua cultura
aristocratica cerca di creare un arte nazional-popolare.
Anche in questo film c'è l'idea di qualcuno che guidi il popolo. L'amico Togliatti era un uomo di grande
intelligenza e dalla formazione culturale alto-borghese.
Dal punto di vista visivo si rifà alla pittura dei macchiaioli, gli impressionisti d'Italia: sono artisti
dell'Ottocento, il più rilevante è Giovanni Fattori. Fattori dipinge degli episodi di combattimenti
precedenti a questa battaglia. Ritrae i soldati in momenti di stasi, non in azione, o zone agricole con
paglia. Visconti dice ad Aldò di lavorare rifacendosi a Fattori, come nel film d'esordio Pasolini dice al
suo direttore della fotografia di lavorare su Masaccio.
Krasker gira una scena del film in cui la protagonista passeggia per Venezia con il giovane austriaco
sulla laguna. Interessante è il luccichio delle luci sull'acqua, una fantasmagoria di riflessi. La donna è
come stordita dai riflessi e dalla vicinanza del giovane. Intanto un austriaco viene ammazzato da un
patriota e lui la porta via per proteggerla.

Krasker aveva girato un film con Orsol Welles: Il terzo uomo(1949), ambientato a Vienna subito dopo
la Seconda Guerra Mondiale. Interessante è come viene ripresa la città dal basso, i san pietrini, le
rovine e i palazzi. È un cult movie.

Riprendere Venezia non è facile, si corre il rischio di replicare una cartolina olografica. Tempo
d'estate(1955) è ambientato a Venezia, di giorno, caratterizzato da colori vivaci che spiccano. È la
storia di una zitella che va in vacanza a Venezia, qui si innamora di un antiquario sposato e con figli.
La luce inserita è quasi accecante, è la passione di lei per quest'uomo, come un ultimo bagliore
d'estate che la donna vive. In Anonimo veneziano(1970) la fotografia di Marcello Gatti ritrae una
tavolozza di colori spenti. Il film racconta la storia di un uomo che va a Venezia con un cancro
terminale, e invita lì la moglie, da cui è ormai separato. Il rapporto non ha futuro, non ha speranza e si
riflette sui i toni dei colori, che sono smorzati.

A Venezia... un dicembre rosso shocking (1973) racconta la vicenda di una coppia di inglesi a Venezia
ai quali viene rapita la figlia. La bambina viene cercata dalla polizia, ma niente. Il padre nel finale vede
una persona minuta con una sorta di cappottino rosso, lo stesso della figlia. È un nano che in una
chiesa taglia la gola al padre della bambina. La fotografia è in funzione della tensione, viene mostrata
una Venezia minacciosa e pericolosa.

Senso(1954) vince il Leone d'oro a Venezia. All'epoca vi erano tanti registi geniali in Italia tra cui
Fellini che partecipa allo stesso festival con La strada(1954).
Il film racconta la storia di una piccola donna serva, anche sessuale, di un uomo che fa l'artista di
strada. La piccola donna muore di consunzione. L'uomo è un violento anche se non è malvagio. Alla
morte di lui si dispera per aver perso l'unica persona al mondo che poteva capirlo.
La critica marxista afferma che il film di Visconti era di un valore assoluto (racconta la storia d'Italia nel
suo farsi), invece quello di Fellini era un ripiegamento, parlava di temi marginali.

Fellini scrive una lettera a Rinascita, la rivista del partito comunista. Dice: “Cari compagni voi pensate
di fare la rivoluzione sociale, ma il cambiamento nasce dentro l'anima, nel singolo. Lo stesso concetto
di classe e di gruppo generico è fatto di singoli. Se non capite che la società è fatta di individui i vostri
ideali non si realizzeranno.” Fellini capisce il limite del partito comunista: il singolo viene
sottovalutato.
La strada(1954) è un film su un individuo, Senso(1954) parla di grandi eventi, della guerra non analizza
il trionfo ma anche il marcio, il tradimento. Sono questi due modi di concepire il mondo e la vita.
Carlo Salinari disse nel 1954 con il film Senso(1954) e un romanzo di Vasco Pratolini, Metello, sulle
lotte operaie di fine Ottocento, avviene il salto dal neorealismo al grande realismo europeo.

È esagerato quello che afferma Salinari: l'Itala, con il boom economico, successivamente si metterà sul
piano europeo. Anche sul piano della letteratura, nella prima metà degli anni '50, scrittori come
Gadda e Calvino, metteranno l'Italia sul piano degli altri scrittori europei.
Il primo finale dell'opera termina con la musica operistica di Bruckner, allievo di Wagner, summa
dell'arte Ottocentesca e Novecentesca. La trucidazione è organizzata da Visconti quasi come una
coreografia. Il geometrismo con il quale vuole chiudere il film si contrappone al significato e al titolo
stesso del film: senso ovvero il venir meno delle resistenze morali e intellettuali a causa di una
passione, un amore.
La fucilazione che avviene in questo film è quanto di più diverso dalla fucilazione del prete in Roma
città aperta (1945). Rossellini racconta che quando ha visto la scena nel montaggio gli è sembrata
priva di pathos, così ha cominciato a tamburellare sul legno e a dargli il tempo. In realtà era quello il
suo modo di girare, con estrema sobrietà. Anche qui alla parola fine scoppia la musica. I ragazzini poi
si allontanano dalla recinzione dalla quale hanno assistito alla scena, dirigendosi verso la città.
All'interno di una poesia di Pasolini è raccontata la visione di Roma città aperta al cinema Olimpia.
Afferma che la scena in cui i bambini dopo la barbarie fascista corrono verso Roma è piena di
speranza.

Orizzonti di gloria (1957), di Stanley Kubrick, è il più grande film contro la guerra che sia stato fatto.
Parla di un episodio durante la Prima guerra mondiale, che avviene sul fronte franco-tedesco. Un
reggimento francese è costretto a dare l'assalto ad una fortezza imprendibile tedesca. I giovani soldati
correndo vengono falciati dalle mitragliatrici. I pochi che rimangono tornano indietro. Il caporale
ordina di sparare su coloro che retrocedono perchè tacciati di vigliaccheria e codardia, ma il
mitragliere si rifiuta. Lo stesso generale ordina la decimazione per vigliaccheria di fronte al nemico, un
colonnello del reggimento si oppone e ne vengono fucilati solo tre, scelti dai caporali.
Uno di questi, scelto da un caporale che ce l'ha con lui, è medagliato, è un eroe e viene ucciso;
uno è ferito gravemente dall'azione con i tedeschi.
Vengono legati ad un palo e vengono fucilati dai loro stessi commilitoni. Sono tre, una chiara
simbologia che rimanda alla crocifissione, a Cristo e i due lazzari.
La visuale si avvicina ai tre pali. Il protagonista, il colonnello che ha tentato di salvarli, è l'unico
positivo rispetto alle canaglie degli altri ufficiali. Quando viene ripreso il movimento è sempre dritto,
quando riprende gli altri il carrello compie una traiettoria serpentina. Con i carrelli esemplifica le
serpentine dei loro pensieri.
Il geometrismo, che in Visconti è concentrato nelle ultimissime immagini, viene aggiunto al film in un
secondo momento per dare una chiusa più significativa (l'elemento atroce della storia che schiaccia gli
uomini, che sono entità fragili nelle fauci della guerra).
Il film di Kubrick è un atto d'accusa contro la guerra. È un film che parla degli eserciti del mondo. Non
può girarlo sull'esercito americano: è un film che diffama. Sembrerà strano ma è stato vietato in
Francia fino al 1965.
Il film è basato sull'orrore della strategia militare. La morte riguarda i loro soldati, avrebbero
addirittura voluto ne fossero ammazzati uno su dieci. Anche qui il geometrismo dei movimenti militari
viene a simboleggiare la macchina che uccide ogni sentimento, ogni volontà.
Quando l'ufficiale legge la sentenza di codardia davanti al nemico, e c'è un'eroe per essere ucciso, si
sente in imbarazzo.

Kubrick coglie gli atteggiamenti di questi uomini davanti alla morte. Nel carcere vi è anche
l'atteggiamento di fronte alla religione.
Uomini contro(1970) di Francesco Rosi è tratto da un libro di Lussu sulla Prima guerra mondiale, Un
anno sull'altipiano. È un film antimilitarista che non è sul piano di quello di Kubrick. È troppo gridato,
troppo veemente. Ci mostra la bestialità della guerra. Anche qui c'è un ufficiale giusto che cerca di
salvaguardare i suoi uomini, anche da azioni belliche a cui gli altri ufficiali li costringono. Viene
condannato alla fucilazione, così termina il film, nonostante il libro abbia un finale diverso.
La scena viene girata in una cava. È molto diretta. Rosi non ha voluto inserirvi estetiche all'interno. La
scena è buttata lì per volontà del regista, ma non raggiunge lo scopo che si prefigge.
Rosi è l'assistente di Visconti e la chiusa di questo film è simile a quella di Senso(1954).
Il meccanismo presente nel film di Kubrick e di Visconti si vede principalmente nell'elemeneto
ambientale, la cava, la natura squadrata in un modo assolutamente antinaturale. La guerra stessa è
contro la natura degli uomini.
Nel film di Kubrick dopo la fucilazione dei tre giovani cristi, il colonnello va verso l'osteria dove ci sono
dei soldati francesi che stanno ascoltando una cameriera tedesca che viene costretta a cantare per
loro. Lei è intimorita, poi canta con una vocina sensibile e le facce dei soldati si acquietano. La
musichetta rimanda al tempo di pace, quando gli uomini sono tali e non belve che fanno parte di
questo geometrismo che uccide la carne umana. Quelli dei soldati sono i visi di contadini dall'età
avanzata di 30/35 anni.
La donna che interpreta la cameriera tedesca è diventata la seconda moglie di Kubrick. Il colonnello
viene ripreso attraverso i primi piani: guarda questa scena e osserva come sarebbero gli uomini in
pace. Lui va verso il comando e torna la musica opprimente, come quella del momento della
fucilazione.
Il canto della ragazza è il canto della pace.
Luchino Visconti amava l'opera lirica, era un aristocratico che aveva una concezione dirigistica
dell'ideologia marxista. Il suo modo di girare era estremamente colto. Vi è un concetto di superiorità
dell'intellettuale. Amava l'arte della letteratura francese, come lo scrittore Marcel Proust, e
mitteleuropea, Thomas Mann e Richter.
Amando questa prospettiva culturale talvolta è portato ad esagerare. Se si inserisce l'amore per
l'opera lirica in un film si può esorbitare, si può eccedere. In alcuni capolavori ci sono degli errori, ad
esempio il doppio finale di Senso(1954), è un voler eccedere con un finale coreografico e geometrico.
Il film poteva terminare con la donna che grida il suo dolore, ma viene aggiunta la scena della
fucilazione, che per alcuni potrebbe aver aggiunto un valore estetico, per altri potrebbe aver superato
il limite.
Le notti bianche (1957) è tratto da un libro di Dostoevskij, ambientato a San Pietroburgo, una città sul
Baltico, una città di acqua, di terra e di ponti. D'estate di notte può esserci la luce del sole fino alle 4
del mattino. Un impiegato, un sognatore, che passeggia incontra una ragazza che piange e singhiozza
su un ponte. Parla con lei, diventano amici e se ne innamora. La ragazza soffre per amore, ama un
uomo diverso da lui, che invece è fragile, sensibile e debole. L'altro era sicuro di sé anche se a tratti
prepotente. Nel momento in cui lei ha un trasporto per l'impiegato ricompare l'altro e lei non può
fare nient'altro che rimettersi con lui.
Il film è girato in parte a Livorno e in parte a Roma. Il direttore di fotografia Rotunno (che collabora
anche alla fotografia di Senso(1954)) costituiva il punto di mediazione fra la fotografia semplice
dimessa e quella ricca, barocca e smagliante di Storaro, il direttore di Bertolucci.
Lavorava con il giusto mezzo; la sua era una fotografia precisa. Visconti dopo Aldò continua la
collaborazione con lui. Anche Fellini trova in Rotunno il punto intermedio.
La fotografia di Rotunno era in bianco e nero, i riflessi dei canali di Livorno vengono ricostruiti in parte
a Cinecittà con delle tele celate e dei pannelli illuministici.
Il protagonista è interpretato da Mastroianni, mentre la giovane ragazza da Maria Schell, un'attrice
tedesca che ricorda un po' le ragazze di San Pietroburgo. È una ragazza intensa che vive con la nonna,
molto appassionata.
Insieme una sera vanno in una balera in cui si balla il rock'n roll. Questa scena riguarda i quadri di
Guttuso sul rock'n roll. Guttuso è un pittore realista quando andava di moda l'astrattismo; fu molto
legato al partito comunista italiano e amico intimo di Visconti.
L'uomo tende ad aprirsi. Questa sua liberazione si manifesta con un ballo assurdo, che Mastroianni
probabilmente inventa lì per lì. Marcello si scatena in modo ridicolo, quasi grottesco. Qui si osserva il
filone della fisicità del corpo umano.
Dopo il dancing, c'è un momento in cui una ragazza apre la porta e poi va via. È Visconti che dice alla
comparsa di muoversi in quel modo, di osservare a destra e a sinistra, come se stesse cercando
qualcuno. È una microperformance che l'attrice ha improvvisato. Ritorna ancora, cercava l'aviatore. È
l'esempio di come in un film si inseriscono microstorie intessute nella storia principale.
Nei dancing si intrecciano rapporti di cuore e di corpo. È il momento in cui tra i due si instaura una
sintonia. Lui è convinto che potranno stare insieme. Visconti passa ai primi piani.
Successivamente una prostituta vuole convincerlo ad avere un rapporto con lei.
Nella conclusione del libro alla donna arriva una lettera dell'ex, e nonostante il forte trasporto
emotivo, lei capitola. Va per le lunghe, l'uomo non ci viene mai presentato, solo per comunicazioni
epistolari. Pur volendogli bene è legata a quell'uomo; l'impiegato ritorna alla sua solitudine.
Visconti ha stretto in un due, tre scene il finale. Lei è contenta sta passeggiando con Marcello, quando
ad un tratto sul ponticello compare la sagoma dell'uomo amato dalla donna. Una soluzione scenica e
antirealista. La giovane vede quella sagoma e ha un moto di felicità e al contempo di disperazione, è
scioccata. L'impostazione è scenografica e teatrale: i due e l'altro.
La ragazza corre verso di lui, prima abbraccia disperatamente Marcello, piange e gli fa capire che deve
rimettersi con lui. Mastroianni rimane solo. Lei si muove come un pendolo dall'ex a Marcello. A metà
strada tra loro le cade il cappotto.
Nell'ultima scena un cane abbandonato si avvicina a Marcello e lui lo carezza. Probabilmente un in più
che si poteva evitare. La metafora “solo come un cane”.
Drammaturgicamente apre le mani sulla giacca per coprirsi dal freddo, il cappotto lo aveva dato alla
ragazza.
Si crea un triangolo fra i tre, dove a indicare la spazialità c'è il cappotto. Come lo scialle della
protagonista di Senso(1954). I due si abbracciano e sullo sfondo c'è Marcello. Si baciano. Lui è solo. Va
a recuperare il cappotto e vi sono le campane. Il film poteva finire lì. Termina invece con la scena del
cagnolino. È quel che un artista come Visconti vuole aggiungere per pathos, ma può incrinare
l'insieme.
Rossellini utilizzava la tecnica della apocope, il taglio. Finali del genere, con l'allungamento del pathos
conclusivo, quasi sempre riusciti molto bene ci sono in Fellini.
L'uomo amato dalla giovane ragazza è l'attore francese Jean Marais, l'amante di Jean Cocteau.
Quest'ultimo scrive per l'amante La voce umana, interpretato dalla Magnani, trasposto in chiave
eterosessuale. Jean Marais fu anche amante di Visconti. A Tangeri in Marocco vi era l'élite degli artisti
omosessuali ( Tennesse Williams, Paul Bowles). Williams era innamorato di Anna Magnani e la voleva
sposare, ma Anna non l'avrebbe accettato.

ROCCO E I SUOI FRATELLI (1960) È CONSIDERATO DA MOLTI IL CAPOLAVORO DI VISCONTI.


Il 1960 è anno eccezionale per il cinema, letteratura, l'economia; è l'anno del boom economico.
L'Italia da paese povero e agricolo, diventa benestante e industriale.
Il film vede protagonista una famiglia di lucani che si trasferisce a Milano, uno dei grandi centri
industriali d'Italia. Fanno gli operai, svolgono lavori vari, ma ci sono molte tentazioni a cui si può
corrispondere con i soldi.
Rocco è quello più corretto ed equilibrato, e anche molto bello. Viene interpretato da Alain Delon, per
il quale Visconti si è preso una sbandata. Rocco è il bello e il buono, kalós kaì agathós il criterio
occidentale che riunisce in sé le due caratteristiche fondamentali, la bellezza fisica e l'interiorità
dell'anima, la bontà.
Renato Salvatori è il fratello di Alain, dal viso più torvo e più cupo. Nell'immagine di Visconti
rappresenta Caino, mentre Alain è Abele.
Visconti passa per la lezione di Dostoevskij. Ne L'idiota il principe Myskin, un ragazzo bello e buono, è
considerato da lui un idiota, nel senso che non comprende la realtà a causa della sua bontà; bisogna
essere maliziosi. La realtà sfugge e il male fiorisce.
Rocco è un pugile dilettante che sia avvia verso una carriera professionistica. Il fratello, al contrario,
vive di espedienti. Ha un rapporto con una prostituta (Annie Girardot, la moglie di Renato Salvatori)
che ad un tratto smette di fare la puttana proprio perché toccata dalla bellezza, dalla positività del
fratello dell'ex, Rocco. Si innamora di lui. L'altro, Caino, la uccide, accoltellandola. La famiglia piomba
nella catastrofe, l'uomo finisce in galera. Di Rocco non si sa nulla. L'unico che si salva è un operaio che
lavora all'Alfa Romeo. Il film si conclude con il bambino che gli prepara la colazione.
Il bambino si potrebbe mettere in rapporto con i tanti bambini che chiudono i film del cinema
d'autore: Roma città aperta(1945), Umberto D.(1952), Ladri di biciclette(1948). Schema del film con
qualche eccesso melodrammatico che corre il rischio di rovinarlo.
Nella scena in cui Renato Salvatori uccide la prostituta da notare è la simbologia fallica del coltello.
La donna quasi accetta di essere uccisa, ma quando viene colpita si dispera. La scena viene alternata
con alcune scene di pugilato di Rocco. Si spezza la continuità dal momento in cui apre le braccia e
subisce il primo colpo. Ancora in un'altra scena lui si rende conto di quello che ha fatto, ma viene
tagliata dalla censura. Quando termina la scena della donna colpita dal coltello ritorniamo al match.
Si alternano immagini della violenza dello sport e della violenza di un crimine efferato.
(CONFRONTO ROCCO.E.I.S.F. E SPYCO)
Lo stesso anno a Hollywood Hitchcock gira un capolavoro: Psyco(1960). Una ragazza della provincia
americana ruba nell'ufficio in cui lavora un venerdì e si allontana in macchina. Capita in un albergo in
cui uno psicopatico la ammazza sotto la doccia. La ragazza viene uccisa quando prende la decisione di
riportare i soldi rubati. La doccia ha la funzione di un lavaggio purificatore.
In Rocco e i suoi fratelli(1960) L'ex prostituta che quando sceglie di cambiare viene uccisa. Entrambe
muoiono nel momento in cui hanno preso la decisione. C'è un fiume: anche in questo caso l'acqua ha
una funzione purificatrice.
Il protagonista, lo psyco, si traveste da sua madre, che ha ammazzato e tiene nella cantina
dell'albergo. Vi è un rapporto incestuoso tra i due. Ha un moto di sentimento nei confronti della
ragazza. Si mette nei panni della madre morta per punirla perchè lo ha fatto innamorare di lei, mentre
deve rimanere fedele alla madre.
La prostituta mima con le braccia il gesto della croce. Accetta il sacrificio come Cristo sulla croce, ma
ben presto si rende conto che morire è doloroso. La croce è il simbolo del sacrificio cristiano; il
coltello, simbolo fallico, viene aperto all'altezza del ventre.
La scena di Psyco(1960) in cui dal soffione della doccia scorre l'acqua simboleggia il momento in cui la
vita diventa frenetica, raggiunge una sorta di culmine. Il sangue che cola nello scolo della doccia
unisce il rosso scarlatto all'acqua trasparente. Il film è in bianco e nero per diminuire l'impatto del
rosso del sangue. Hitchcock ha girato questa scena con sei o sette cineprese, da varie angolazioni, per
non mostrare scene cruente, per diminuire la violenza. La ragazza allunga il braccio e il suo occhio
fisso che guarda lo spettatore viene ripreso come se la stanza fosse osservata dallo stesso occhio
senza vita.
Dressed to kill (1980) di De Palma cita Psyco(1960) nella scena dell'uccisione in ascensore con un
rasoio da parte dello psicanalista nei confronti della donna che ha in cura (anche lui vestito da donna).
In Rocco e i suoi fratelli(1960) l'assassino torna a casa e la madre, disperata, (vi è un'esagerazione di
pathos, Visconti aggiunge un surplus di pathos) lo schiaffeggia.
Rocco ha deciso di tornare al paese perché a Milano non si integra bene. Abbraccia il fratello e
Visconti riprende da Rocco di spalle mostrandoci il viso del fratello disperato (probabilmente non si
fidava dell'espressività di Alain Delon).
Fracchia e la belva umana di Paolo villaggio è una parodia di questa scena in cui c'è un uomo vestito
da donna interpreta la madre. Un comico si serve della drammaticità di un capolavoro per farne una
scena comica. Oscald Wilde diceva che il senso dell'umorismo è l'altra faccia della disperazione.

IL VERO CAPOLAVORO DI VISCONTI È IL GATTOPARDO (1963).


Il film è tratto dal best-seller letterario dell'inizio anni '60 di Tomasi di Lampedusa. Il libro raccoglie un
immenso successo e il film rappresenta al meglio la struttura industriale della cinematografia italiana.
È ambientato nella Sicilia del 1870.
Il principe di Salina è un uomo all'antica, un possidente nobile che si trova in un momento particolare
della sua vita. Entrano in gioco nuovamente i filoni ricorrenti della cinematografia di Visconti: la lotta
di classe e l'individuo nella sua corporeità. L'uomo, interpretato da Burt Lancaster (l'attore che Anna
Magnani nel finale di Bellissima(1951) sente in sottofondo), vive questi due momenti.
Nel 1870, i garibaldini arrivano in Sicilia, mentre i Borbone vengono scacciati (il contesto è simile a
quello di 1860(1934) di Blasetti).
Oltre al cambiamento nella società che lo circonda, avviene un cambiamento nella sua persona.
Capisce che sta diventando vecchio e tra poco morirà.
In questo colossal, a differenza degli altri capolavori di Visconti non ci sono sbavature di pathos.
La scena clou è straordinaria: raffigura un ballo che il principe dà nella sua residenza di campagna.
Si balla sull'onda di un valzer di Verdi. Gli amici intellettuali di Luchino trovano per il film un valzer
inedito. Visconti voleva tutto originale.
Alla festa il principe prende atto del fatto che il suo corpo sta decadendo e tra poco se ne andrà, tanto
più in rapporto a due bellissimi giovani: il primo, suo nipote Tancredi, interpretato da Alain Delon, la
seconda, la figlia del sindaco del paese Angelica, Claudia Cardinale.
La danza è il momento della fisicità, il principe danza con Angelica e a contatto con la bellezza della
giovane capisce che è destinato a perire.
Nel cinema di Visconti i due archetipi della corporeità sono Claudia Cardinale e Alain Delon, poi
successivamente Helmut Berger.

Il rapporto fra zio e nipote va oltre il confronto tra un corpo che sfiorisce e un corpo nel massimo del
suo splendore. Il principe di Salina è un uomo all'antica e non vuole immischiarsi con le faccende
politiche (gli viene proposto di diventare senatore ma rifiuta). Bisogna che tutto cambi perchè niente
cambi. Il nipote è un imprenditore, vuole fare i soldi con la nuova realtà nazionale.
(CONFRONTO GATTOPARDO- VIA CON IL VENTO)
Il film viene messo in rapporto con Via con il vento(1939). La situazione è la stessa, vi è una guerra
civile tra nord (antischiavisti) e sud (dove i neri sono al pari degli schiavi, lavorano nei campi). Viene
eliminata la schiavitù ma gli industriali del nord vogliono accaparrarsi la ricchezza, vince il nord. I
Borbone non ci sono più. Non c'è un sistema feudale. Vince il nord, l'industria deve crescere e anche
qui ci sono gli accaparratori, come il giovane Tancredi.
Confronto Via con il vento(1939) e Il Gattopardo(1963). Il primo è ambientato durante la guerra di
secessione americana, il secondo nella seconda guerra di indipendenza italiana.
Il direttore della fotografia, Rotunno, rappresenta il punto intermedio della ricerca estetica di Aldò e
Krasker, dallo stile neogotico a cui si rifà Il terzo uomo(1949).
Dopo Il Gattopardo(1963) Visconti dirige:
VAGHE STELLE DELL'ORSA...(1965)
il cui titolo richiama alcuni versi della poesia di Leopardi. Luchino fa sempre riferimenti colti. Nelle
piccole produzioni Visconti lavora meglio che nelle grandi. Claudia Cardinale, rappresenta per Luchino
la bellezza al femminile, un modello della bellezza incarnato da una giovane donna. Al maschile
troviamo Mastroianni e Alain Delon. La donna, interpretata dalla Cardinale, torna a nella sua città
natale, Volterra, per inaugurare la statua che hanno dedicato al padre, un intellettuale ebreo che
combatte la resistenza fascista. A casa trova il fratello, ancora una volta un bellissimo ragazzo, Jean
Sorel. La donna pian piano si rende conto della corruzione sorta nella cittadina che coinvolge politici,
imprenditori e commercianti. Anche la statua in onore del padre è una copertura per gli imbrogli del
dopoguerra.
Il fratello che vive lì è uno psicotico, probabilmente innamorato della sorella. Tra i due si legge un
legame semi-incestuoso. Il film è concentrato sullo squarcio di provincia, un verminaio della
corruzione politica e della devianza sentimentale sessuale.
La fisicità dei giovani è a contrasto con la decadenza e la corruzione del contesto della cittadina.
In questo piccolo film ci sono due direttive del cinema di Visconti: la direttiva nazional-popolare,
ovvero l'ispirarsi a un romanzo di D'Annunzio, Forse che sì forse che no (nel quale è presente un
legame incestuoso tra fratello e sorella), e la suggestione dell'Europa, dell'occidente. Dunque una
matrice italiana e una più ampia europea: la tragedia greca, nella quale c'è il tema dell'incesto.
La matrice italiana di Rocco e i suoi fratelli (1960) sono i romanzi dello scrittore milanese Testori,
mentre la suggestione europea è costituita da L'idiota di Dostoevskij.
L'aspetto della statua ritorna anche in un film di Bertolucci: Strategia del ragno (1970). È la storia,
tratta da un racconto di Jorge Luis Borges, di una città del nord Italia in cui vi si inaugura la statua di un
partigiano. Il protagonista, attraverso un'inchiesta, scopre che non era un eroe bensì un traditore,
ucciso dai suoi stessi compagni,
L'uomo di marmo (1977) di Andrzej Wajda. Ambientato durante gli anni di demistificazione della
storia passata, racconta di una giornalista del regime comunista. Le viene chiesto di fare un inchiesta
su l'uomo di marmo, un operaio stacanovista, anche lei scoprirà un verminaio.
Luci della città (1931) di Charlie Chaplin. Un vagabondo vive sotto il telone di una statua ancora da
inaugurare, quando la inaugurano l'uomo viene scoperto.
La società è ben diversa dalla retorica dei monumenti.
Lo straniero(1967) è un film sbagliato, tratto da Camus, scrittore e filosofo esistenzialista. Se per
Sartre il vuoto deve essere combattuto con impegno nella società, quello di Camus è un
esistenzialismo disperato.
Camus propone un'immagine disperata e disperante del mondo. Il protagonista è un francese che vive
in Algeria (possedimenti coloniali francesi). Lo stesso Camus era un pied-noirs (figlio di padre francese
e madre spagnola, emigrati in Algeria). L'uomo uccide quasi senza motivo un giovane arabo in
spiaggia. Viene giudicato da una giuria di francesi. Basterebbe poco per salvarsi la vita, dire che
l'arabo lo ha insultato, lo ha provocato etc. Non fa nulla per difendersi e viene condannato a morte.
Dal punto di vista letterario è scarno. L'elemento che ha deviato il tutto è il fatto che la vedova
avrebbe venduto i diritti solo se a dirigerlo fosse stato Visconti e a interpretarlo Mastroianni.
Dovrebbe essere un piccolo film, con pochi personaggi. Visconti non riesce. Ci sono silenzi prolungati,
non è un film che ha sentito.
La caduta degli dei(1969) è un film su un evento particolare, ambientato nel periodo del nazismo al
potere in Germania nel '33. Hitler è appoggiato da una formazione paramilitare, le S.A., comandate da
Röhm, un suo fedelissimo. L'anno successivo, nel '34, prendono il potere le S.S di Himmler.
Le S.S. attaccano le S.A, uccidono tutti gli uomini per prendere il potere. Le S.A. erano legate alla terra,
alle tradizioni agricole, alla cultura terriera, al ritorno alla natura. Le S.S., al contrario, si rifacevano alla
potenza industriale della Germani nazista, che guardava verso gli armamenti.
Un conflitto sempre presente nel cinema di Visconti è quello fra una cultura di tipo industriale e di
tipo guerriero ed un'altra di natura agricola e terriera:
La terra trema(1948), Rocco e i suoi fratelli(1960), Il gattopardo(1963).
Visconti, con i suoi colleghi registi, si trova ad operare nel periodo di industrializzazione dell'Italia, che
da paese feudale, fermo da secoli, diventa grande potenza industriale.
È un film importante, non senza qualche sbavatura estetica, il difetto di Visconti. C'è uno spettacolo
che cattura l'attenzione del pubblico. Helmut Berger compare sulla scena del cinema viscontiano,
vestito da donna, imitando Marlene Dietrich (che nel 1930 è presente in L'angelo azzurro). Questo
giovane, un perverso, imita Marlene, ma non lo capiamo immediatamente.
Helmut è uno dei giovani componenti di una grande famiglia tedesca industriale molto ricca. È un
pervertito: stupra e uccide una ragazzina. Aderisce alle S.S. e ne diventa ufficiale. È uno degli uomini
che partecipano al massacro delle S.A. Sono mostrate immagini di depravazione individuale e
negatività sociale: un depravato che farà carriera nella Germania nazista, un uomo al di là del bene e
del male; viene mostrata una scena in cui stupra la madre.
Il gruppo delle S.A. organizza una grande orgia omosessuale e eterosessuale nelle vicinanze di un lago.
Di soprassalto giungono le S.S. e uccidono tutti. Vediamo arrivare un camion, si sente il rombo
leggero. I camion si spengono e irrompono le S.S.
Il legame incestuoso con la madre avviene in modo spettacolare rispetto al film precedente. Anche qui
vi è un richiamo alla tragedia greca.
Il quadro del nazismo mostrato da Visconti è veridico: il nazismo corrisponde alla peggiore
perversione della storia. Il silenzio degli uccisori che si preparano ad entrare stride con la baldoria
delle vittime ignare. L'irruzione delle S.S. negli alberghi è emblematico del subentrare di una cultura
industriale su una cultura di tipo agricolo.
In un angolo un ragazzo è con una prostituta nuda e le bacia il seno, mentre gli altri fanno baldoria.
Visconti ha voluto indicare una regressione di tipo materno da parte del giovane come se fosse una
sorta di nota al margine della storia di incesto tra Helmut e la madre.

Quando Visconti si recò in America a presentare Il gattopardo(1963), il regista si lamenta della


stupidità delle domande che gli vengono poste. Gli dice: “Non capite niente. Basti pensare che la mia
famiglia lavorava a Milano con Da Vinci, mentre voi eravate ancora nelle canne”. Martin Scorzese ha
curato le restaurazione del film in America.
Morte a Venezia(1971),
è un film che molti elogiano, tratto da un racconto di Thomas Mann. Il protagonista, un direttore
d'orchestra di area tedesca, è stanco di vivere nell'ambiente familiare. Decide di partire da solo alla
volta di Venezia, dove scoppia il colera. Vede un bellissimo giovinetto, Tadzio, un efebo, un ragazzino
di 13 o 14 anni. Vede in lui l'ideale della bellezza, quello di cui parla Socrate nel Convivio. Si innamora
di questa immagine di bellezza, e contemporaneamente a Venezia prende il colera. La città è malata e
l'uomo va sempre più decadendo. È un film fatto di gesti.
Lo vediamo sulla spiaggia con Tadzio. Questo alza il braccio, in un gesto di indicazione. L'uomo guarda
quel gesto. Nel romanzo viene citato Hermes che nell'atto di portare i morti nell'aldilà, compiva un
gesto per indicare la via a chi stava morendo o chi era già morto. In sottofondo ascoltiamo la musica di
Wagner, emblema del decadentismo europeo. L'uomo si è truccato, vuole apparire più giovane per il
ragazzino. Tuttavia è un trucco di cera che quando si scioglie rende l'immagine più grottesca.
Come ne Il gattopardo(1963) c'è l'uomo anziano in contrapposizione al ragazzino, il quale rappresenta
la giovinezza e la bellezza.
Anche qui c'è qualcosa di affettato ed esagerato. C'è una macchina fotografica di lato. È una nota. La
realtà è mediata dalle fotografia, la sua in questo film.
Dopo il gesto del giovane, l'uomo fa per alzarsi e seguire l'indicazione, ma casca e muore (questo forse
è il di più).
Il film è un po' stiracchiato, se fosse stato più concentrato magari sarebbe stato migliore.
Decadenza di un grande artista.
Il suo amante è Helmut Berger, che lo spinge verso la cultura germanica. Visconti conosceva le lingue,
era un uomo di cultura. Voleva concludere la sua filmografia con una trasposizione cinematografica de
Alla ricerca del tempo perduto di Proust. Invece Helmut lo spinge verso altre direttive: Wagner,
Thomas Mann.
Ludwig(1973) è la storia di un re, un personaggio fragile che non sa governare. Protettore di Wagner,
lo finanzia, e per lui inaugura un festival (ci troviamo nella seconda metà dell'Ottocento). Era un po'
folle, credeva di essere uno tra i personaggi dei drammi di Wagner, che lo ha sfruttato molto. È
Helmut, invasato della musicalità wagneriana, a spingere Visconti a girare il film su Ludwing, che lui
stesso interpreta.
Scene con Wagner: il protagonista su un cigno naviga su un lago e ed entra in una caverna fatata.
Visconti per Gruppo di famiglia in un interno(1974) si rifà a Mario Praz, un professore esperto di arte,
la sua è una casa museo ricca di quadri del neoclassicismo (interessante è un particolare genere
denominato convertation piece). Di Praz ne fa uno scrittore americano, interpretato da Burt
Lancaster. Il film è girato in un appartamento al penultimo piano. Sopra di lui vive una famiglia ricca,
ma composta da persone volgari. La donna è arricchita, i figli sono dei parassiti. Le facce dei giovani
sono facce bellocce, ma non si tratta di bellezza ideale. È un piacevolezza estetica con un che di
torbido. Sono ragazzi fascistoidi appartenenti all'alta borghesia consumista.
La situazione simile a quella presentata ne Il gattopardo(1963). I giovani non solo non sono
rappresentanti dell'ideale di bellezza, ma oltre ad essere consumisti, politicamente sono reazionari
beceri.
In una scena Lancaster si sveglia perché loro fanno rumore. L'uomo cerca di venire a patti con loro; li
conosce per tentare di addomesticarli. Si crea un rapporto di quasi amicizia. Si evidenzia la
dimensione del titolo. Lui raccoglie i quadri, ma poi entra nella realtà all'interno di una convertation
piece, di una famiglia con cui tenta di entrare a patti.
Verso la fine della sua carriera si percepisce un Visconti debole, che perde la potenza effettiva degli
anni '60.
Ne L'innocente(1976) lui è malato, su una sedia a rotelle. Il film è tratto da un'opera di D'Annunzio, un
romanzo sul superomismo. D'Annunzio riprende a Nietzche, il quale ipotizza un uomo al di sopra delle
convenzioni e della morale. L'estrema destra si impadronisce del miti del super uomo, adattandoli ai
valori del Fascismo. D'annunzio scrive pensando al culto di un uomo superiore.
Nel film il protagonista si ritiene al di sopra delle norme sociali e fa morire il suo bambino,
esponendolo fuori alla finestra, quest'ultimo muore assiderato.
Il titolo si rifà alla morte del bambino. Il film si conclude con il suicidio dell'uomo. L'amore nei
confronti della moglie è allo stesso tempo sacro e profano, di carattere sessuale, utilitario.
De Sanctis, il direttore della fotografia, è un allievo di Rotunno.
Visconti ci mostra la sua visuale, come se vedesse l'umanità in modo paralizzato come la sua stessa
condizione.
Maurizio Grande in un suo saggio definisce questo film un capolavoro. È come se visconti andasse al di
la della vita verso la prospettiva della morte. Uno scrittore austriaco, Hugo von Hofmannsthal, scrisse
un saggio su D'Annunzio definendolo scrittore della morte: scrive i suoi libri con parole morte, che non
esistevano nel linguaggio, ne parlato ne letterario.
Le immagini ci comunicano l'immobilità, la lentezza che va a di là della dinamica fisica di un corpo
umano. Nel film precedente Tadzio indicava ai morti il cammino.

FEDERICO FELLINI
Fellini è il regista più famoso della storia del cinema italiano all'estero. Tanto è vero che viene coniato
l'aggettivo “felliniano”. Fellini esordisce con la scena della botticella in Paisà(1946) , oggetto che
voleva fosse ripreso dal basso. Otello Martelli, il direttore della fotografia, si rifiuta perché Rossellini
gli ha insegnato a girare ad altezza occhi d'uomo. Fellini racconta di averlo convinto. Tuttavia la scena
viene girata ad altezza d'uomo. O Fellini non ricorda bene oppure è un ottimo bugiardo, il grande
mistificatore.
Fellini era un uomo che inizialmente era molto fragile. Lui racconta che a vent'anni appena arrivato a
Cinecittà vede Blasetti all'opera, che portava giacca di cuoio, cappello, frustino, stivali (anche questa
può essere un'invenzione di Fellini). Quando lo vede crede di non poter riuscire a diventare un regista.
Fellini lavorava al teatro di Cinecittà, in un ufficio. Egli non rispondeva mai personalmente al telefono.
Un giorno risponde con una voce femminile, il suo interlocutore non lo riconosce e così Fellini finge di
essere una segretaria. Lo stesso interlocutore telefonava spesso con l'intento di parlare con la
segretaria di Fellini.
Fellini era uno che inventava le storie, un mistificatore come dice Pasolini.
Il primo film felliniano è:
LO SCEICCO BIANCO(1952).
Prima ancora abbiamo una co-regia con Lattuada: Luci del varietà(1950).
Lo sceicco bianco (1952)
Racconta di una coppia di sposini siciliani che vengono a Roma in viaggio di nozze. Lei è invasata di un
divo di fotoromanzi (giornaletti in cui degli attori di serie B interpretavano delle storie fotografate). Si
vendevano milioni e milioni di fotoromanzi nell'Italia degli anni '40 e '50, un'Italia semi analfabeta.
Alberto Sordi interpreta il ruolo di uno sceicco, protagonista di un fotoromanzo. La sposina va sul set,
è incantata da lui, che cerca di sedurla. Il legno della barca gli va sulla testa e non riesce a toccarla.
Arriva poi la compagna del divo, una donna grassa, non piacente, che lo picchia. Il marito, d'altro
canto, l'ultimo giorno viene irretito da una coppia di prostitute, una grossa e una piccolina. La
piccolina si chiama Cabiria, interpretata dalla moglie di Federico Fellini, Giulietta Masina. L'uomo un
po' stordito si ritrova a letto con quella grossa. Il giorno dopo, stordito, cerca la moglie e l'uno non
dice all'altro cosa è successo.
Il film si conclude con i due in un gruppo di turisti che vanno in visita al papa; l'ultima scena li vede
entrare nella basilica di San Pietro.
Qui vi è tutto Fellini. Un elemento rilevante è la critica alla cultura di massa, impersonata nel '52 dal
fotoromanzo, che rendeva gli ignoranti ancora più ignoranti (lo osserviamo nel divo).
Fellini nel corso degli anni e dei decenni porterà avanti questa critica arrivando a Berlusconi che
introduce le televisioni commerciali private nell'Italia negli anni '70.
La voce della luna non si sente più a causa delle televisioni. La voce della ragione, della cultura
scompare a per favorire gli ignoranti che guadagnano.
A fare il divo c'è un attore come Alberto Sordi. In lui Fellini ci mostra il peggiore italiano, interessato
solo a procurarsi piacere sessuale, sfruttando ragazzine. È un vile, per difendersi dalle accuse della
moglie da la colpa alla ragazza. È presuntuoso, un guitto, un attore da quattro soldi.
È caratterizzato da vigliaccheria, presunzione. provincialismo e don giovannismo.
Sordi viene ripreso dal basso verso l'alto (si sfoga in rapporto alla scena con cui aveva esordito),
mettendo in risalto il viso paffuto di Sordi (vengono scavate delle fosse nella sabbia per realizzare
questo tipo di riprese). Fellini è un regista che comunica attraverso simboli. Riprendendo dal basso la
botticella di Paisà(1945) vuole attribuirgli il simbolo della vita. Rossellini, al contrario, interessa la
cruda cronaca della vita. Sono agli antipodi.
I problemi della coppia si determinano dal viaggio di nozze. Lei è infatuata del divo, che si rivela un
farabutto. Lui va con una prostituta.
I problemi delle coppie, i misfatti, vengono accolti dal colonnato di San Pietro. Tutti entrano in Chiesa
e tutto si risolve. San Pietro è il verminaio. Fellini ci mostra l'Italia nei suoi piccoli e grandi peccati.
Questa è la funzione della religione: funge da copertura della grande problematicità della società.
La critica di Fellini non è una critica feroce, devastante e disperata: questa tipologia appartiene a
Pasolini. In Fellini c'è affetto e tenerezza per i suoi personaggi. Loro sono imbarazzati non si parlano.
In lei c'è la disillusione, è finito il mito e sopraggiunge il senso di colpa.
Il film si chiude su San Pietro e sull'angelo.
(CONFRONTO)
Luis Buñuel, un regista spagnolo, in una scena de L'angelo sterminatore(1962) ci mostra le schifezze
della società borghese e allo stesso tempo una messa di riparazione, in cui ad entrare all'interno I
vitelloni (1954) è un film sulla provincia. Fellini è originario di Rimini. Sceglie di girare il film a partire
dal contesto geografico. Rimini non è la stessa degli anni '30, è distrutta dai bombardamenti della
Seconda guerra mondiale.
Nel mosaico di località, che vengono mostrate, Rimini non viene citata.
Fellini si sposta di città in città, seguendo un attore che recita nel film, Alberto Sordi che intanto si
esibisce in spettacoli di varietà. Pasolini diceva che Fellini era un mistificatore, creava un perfetto
mosaico prendendo le tessere dove gli pareva.
Un regista che lavora in questo modo è Orson Welles. Al contrario di Fellini, ha avuto problematiche
produttive: aveva troppi soldi nelle prime produzioni, successivamente, allontanato dalle società
americane, lavorava con i soldi che riusciva a ottenere nei luoghi in cui li travava.
I piani di Otello(1952) sono girati in Tunisia, i contropiani a Marsiglia o Pistoia.

Altro film importante di Fellini è


I VITELLONI(1953):
il titolo allude a cinque ragazzi di provincia, eterni ragazzi che non si decidono a diventare grandi che
ammazzano il tempo rincorrendo donne, sogni e goliardate.
Il primo è un autore teatrale mancato. Scrive i suoi copioni ma non sa a chi darli. Quando incontra
alcuni attori, si rivolge al capocomico. I due vanno sulla spiaggia e l'uomo si rende conto che il
capocomico ha delle mire su di lui. Lo vorrebbe quasi accarezzare, così scappa sulla spiaggia. (Questa
ricorda la scena della seduzione dello sceicco nei confronti della sposina siciliana). Finiscono in tal
modo le sue ambizioni di essere riconosciuto come autore.
Ancora tra i vitelloni vi è un ladro, un donnaiolo, interpretato da Franco Fabrizi. Siccome la sua ragazza
rimane incinta è costretto a sposarla. Cerca di sedurre l'anziana moglie di un uomo che gli ha trovato
un lavoro.
C'è poi la persona pulita e matura, Moraldo, interpretato da Franco Interlenghi, (ha interpretato il
ragazzino più alto, che commette l'assassinio non voluto dell'amico in Sciuscià(1946) ).
Riccardo Fellini, il fratello musicista del regista, è un altro componente del gruppo.
Il personaggio emblematico dell'italiano medio secondo Fellini è interpretato da Alberto Sordi, che lui
chiamava Albertone. Era un personaggio vile, che voleva sedurre le ragazzotte di provincia e le
incolpava se arrivava la moglie. Continua questa scia, cominciata nel film precedente. La scena in cui
Alberto sulla macchina fa il gesto dell'ombrello, scatenando la reazione degli operai che danno le
botte, era trovata volgare da Fellini, che non voleva inserirla.
Alberto mostra il suo sprezzo verso la gente che lavora. Il personaggio vive del lavoro della sorella, la
quale è un'impiegata e mantiene lui e la madre. Il clou drammatico del film, avviene durante una festa
di carnevale, caratterizzata da un'allegria smodata. Alberto è vestito e truccato da donna e
gioca con un pupazzo che è un suo alter ego. Nel dopo-festa la stanza è vuota. Alberto gioca con il
pupazzo, è ubriaco. Moraldo con la sua ragazza lo porta a casa.
Alberto si comporta da istrione, vede tutto alterato. La scena si conclude con lui che osserva la sorella
con un uomo con un cappello, il suo amante, con un cane lupo.
La sorella è in procinto di andar via. Va verso il fratello, gli dice di dire alla madre che la vuole bene e
che deve andare via.
L'uomo è disperato per la partenza, vengono così a mancare i suoi mezzi di sussistenza.
Dopo la festa si scontra con la dura realtà. Lui che ha sempre vissuto come un bamboccio deve
crescere. Carnevale è un apice di divertimento che precede la caduta, ci si ubriaca gli amici se ne
vanno.
Un altro capolavoro in cui dopo il carnevale subentra la tristezza dell'autore è Una delle ultime sere di
Carnovale di Goldoni.
Nel film A qualcuno piace caldo(1959) insieme alla Monroe ci sono due attore Tony Curtis e Jack
Lemmon che si travestono da donna. Succede che Curtis si mette con Merilyn mentre l'altro viene
circuito da un vecchiotto che lo crede donna. Quando gli rivelerà di essere un uomo, il miliardario gli
risponderà: “Nessuno è perfetto!”
Billy Wilder chiede a Diamond una battuta fulminante per chiudere il film.
Il trucco di Jack e di Tony ricorda l'abbigliamento e il trucco di Sordi, dove la figura mascherata è scissa
in due. Sordi gioca con il suo pupazzo, è molto interessante.
La classica coppia si compone dal serioso e bello, mentre l'altro è pauroso, timoroso, stranito e più
bruttino. La scissione viene realizzata in con Sordi e il suo pupazzo.
Un'altra scena clou vede Moraldo indotto da Franco a sottrarre un angelo dorato dalla chiesa di una
cittadina. Cercano di venderlo in campagna ma vengono scoperti e per un pelo non vengono arrestati.
Il padre di franco lo prende a cinghiate.
Moraldo decide di andare via. Alla stazione c'è un ragazzino, (ancora un finale con i bambini) il figlio
del capostazione. Gli chiede cosa va a fare a Roma. Subito dopo è come se Moraldo vedesse tutti
vitelloni mentre dormono, con il sottofondo di una musica di Nino Rota, tenera e malinconica.
Il film si conclude con il ragazzino che cammina sui binari.
DIFFERENZA FINALI ROSSELLINI E FELLINI
I finali di Fellini sono agli antipodi del maestro Rossellini.
C'è un plus di pathos. Nel finale de Le notti bianche(1957) l'uomo ricorda un po' l'amante misterioso
della sorella di Alberto. Sono uomini con dei problemi, forse ammogliati, dall'alone torbido che li
circonda. Anche ne I bambini ci guardano(1944) l'amante della mamma del bambino è un uomo dai
contorni enigmatici.
Visconti deborda, eccede; Fellini nei suoi finali è equilibrato, come il bambino che cammina sui binari.
Il direttore di fotografia è Otello Martelli. Fellini si serve di lui per la maggio parte degli anni '50 fino a
La dolce vita(1960).

LA STRADA (1954)
gli da la dimensione internazionale. Sua moglie, Giulietta Masina, interpreta il ruolo di Gelsomina,
donna che viene quasi comprata da Zampanò (doppiato da Arnoldo Foà), uno showman di strada, un
mangiafuoco, uno di quei forzuti che rompevano le catene. Tratta la donna come una serva e la usa
sessualmente. Non è un uomo cattivo, ma è un primitivo, un bestione.
Sulla sua strada arriva il Matto, un equilibrista che cammina sulla fune. Un uomo agli antipodi di
Zampanò: acculturato, spiritoso, dotato di un senso dell'humor basato sull'assurdo. Gelsomina è
affascinata da quest'uomo. Zampanò uccide con un cazzotto il Matto, non vuole ma succede.
Gelsomina quasi impazzisce e il forzuto la lascia in una cittadina. Quando questo vi ricapita domanda
di lei. Viene a sapere che se andava in giro cantando, come impazzita. La scena finale ci mostra
Zampanò sulla spiaggia, è solo non ha più niente. Lancia un grido e giunge una voce: il tema di
Gelsomina, il leit motiv che accompagnava la figura della ragazza (scritto da Nino Rota).
Il rapporto di Fellini con Sordi si chiude su questo film, dopo aver girato insieme:
Lo sceicco bianco(1952) e I vitelloni(1953). Sordi è una personalità straripante, prende troppo spazio:
Fellini sta per diventare famoso internazionalmente e non vuole un attore che ingombra i suoi film.
Alberto ha una vena satirico-grottesca che Fellini cerca di limitare: ha la sua personalità di autore che
deve curare fino alle estreme vette a cui arriva.
La produzione fa un provino ad Alberto Sordi, a sua detta, lo hanno ridicolizzato facendogli indossare
un cappellaccio da matto, con rotelle sonanti. Non viene scelto, al suo posto ad impersonare il Matto
è un attore americano Richard Basehart, un attore dal tono debole, tranquillo, che non prende tanto
spazio: un professionista serio. Sordi ci teneva a girare il film: qui termina il loro rapporto.
L'unico referente artistico a cui può essere riportato il film potrebbe essere Picasso durante il suo
periodo blu: dipinge acrobati, artisti di strada, girovaghi e figure clownesche.
-Fondamentale è come i due film Senso(1954) di Visconti e La strada(1954) di Fellini vengono
candidati al Festival di Venezia. La critica più importante, quella marxista, (L'unità, La rinascita, la
rivista ufficiale del partito comunista) affermava come Senso(1954) supera La strada(1954).
Fellini scrive una lettera a Rinascita, dicendo: “Cari compagni, voi parlate delle classi, delle masse.
Tuttavia queste sono formate da individui, come quelli di cui parlo io, in cui le problematiche della
società si mettono a nudo. Anche le rivoluzioni nascono dai piccoli problemi individuali. “

Senso(1954) vince il Leone d'oro. La strada(1954) è un'opera di poesia, Senso(1954) è un affresco


storico della nazione.

IL BIDONE(1955)
è una piccola produzione. Tratta di una banda di malfattori che fa finta di trovare un tesoro,
composto di oggetti d'oro falso, nel podere di qualche contadino. Lasciano in deposito al contadino il
tesoro, che dicono essere del Vaticano, e gli chiedono dei soldi che poi gli ridaranno.
Il bidonista è colui che si traveste da prete per convincere i contadini che sia un tesoro del Vaticano. Il
bidonista ha una figlia, una ragazza molto giovane di quindici anni, che ha trascurato. Un giorno la
porta al cinema, il Metropolitan, le chiede di prendere due gelati, ma quando rientra trova il bidonista
in mezzo ai due poliziotti. Un uomo che è stato truffato ha infatti chiamato le guardie.
L'uomo grida alla ragazza di andare a casa.
In una scena l'uomo va a fare un bidone ad alcuni contadini che hanno una figlia storpia. Lei, che
pensa sia un brav'uomo, gli fa un discorso e gli si attacca ad un braccio. Dice “Io non posso ritornare
con la gamba sana”, lui rimane sconvolto e pensa alla propria figlia.
Vanno via e gli altri bidonisti dicono di dargli la parte dei soldi, ma non li ha. Avrebbe dovuto
custodirli lui, ma li ha lasciati alla ragazza, forse commosso dal suo discorso. Loro lo percuotono e alla
fine gli trovano i soldi.
Il regista ti trae in inganno.
Il film si chiude con la sua agonia sullo sfondo delle montagne dell'Appennino del centro nord.
L'ultima immagine che vede in lontananza sono delle contadine.
Il bidone(1955) è un film considerato minore ma di grande livello.

LE NOTTI DI CABIRIA(1957)
Ha per protagonista ancora la moglie di Fellini. È come se ritornasse la piccola prostituta che irretisce
lo sposino siciliano ne Lo sceicco bianco(1952). Il film si apre con Cabiria che viene ripescata dopo
esser stata buttata nel fiume. Era accaduto che qualche imbroglione, con la promessa di sposarsela, le
aveva rubato i soldi.
La donna è innamorata di un divo del cinema, Amedeo Nazzari (Luciano Serra pilota(1938)). L'uomo la
porta a casa, più che per andare a letto con lei, per parlare. Arriva la sua donna, una bionda
spettacolosa e nasconde Cabiria in un armadietto.
Cabiria va al santuario della Madonna del Divino Amore con altre prostitute. Lei chiede una grazia,
quella di cambiare vita. All'uscita del santuario, urla alle altre ragazze: “Nun semo cambiate!”.
Da prostituta vuole diventare una ragazza normale. Il punto è che è già una ragazza di buon cuore, che
faccia la puttana è irrilevante, non deve cambiare il suo comportamento.
La scena decisiva vede Giulietta ad uno spettacolo di varietà. Il mago la chiama dalla platea, la
ipnotizza e le fa dire cosa vorrebbe dalla vita. Cabiria mima una bimba che coglie delle margherite.
Man mano che la bolla che si determina, il mago capisce che sta andando troppo in la, la sveglia e
vede il pubblico che ride a crepapelle e la donna se ne vergogna.
Trova un uomo bene vestito che dice di apprezzare quello che aveva detto. Lei se ne innamora e si
fidanzano. Lei vende la sua casa e prende tutti i risparmi per sposarsi con l'uomo. Presto capisce che
vuole ammazzarla per i suoi soldi: lui non la uccide, le prende la borsa e scappa. La donna è disperata.
Si ritrova al lago, tutto si chiude in maniera circolare.
Queste scene sono scritte da Pasolini. Giulietta Masina dice che Pasolini si circonda di canaglie, di
magnaccia, di cattivi uomini. Pierpaolo aveva fatto in modo che Cabiria fosse uccisa, è Federico a
salvarla. Vuole dare al film un altro finale, mentre Pasolini mostra la sua visione tragica della vita.
Nelle ultime scene lei pensa, segue un primissimo piano di lui. Cabiria capisce che la vuole
ammazzare, c'è uno scontro tra i due. Le musiche sono realizzate ancora una volta da Nino Rota.
La donna non ha più niente, ha anche venduto la casa.
Lo sguardo in camera di Giulietta, avviene come se guardasse lo spettatore, ma anche il regista suo
marito: è un gesto di accorgimento. Ricorda il finale dell'Ulisse di Joyce.
COLLEGAMENTI
Summer with Monika(1961) di Bergman vede Harriet Anderson rivolgere i suoi famosi sguardi in
camera, che ricordano lo sguardo della Masina. Harriet era la moglie di Bergman: veniva considerata
delle generazione dell'epoca una bomba sexy.
Nel primo film di Truffaut, I 400 colpi(1969), il ragazzino finisce in riformatorio poichè ruba una
macchina da scrivere e il manifesto di Harriet Anderson.
Harriet è a una festa con un ragazzo ma non hanno soldi. Si fa accendere una sigaretta da un altro
uomo, che vuole diventi il suo amante. Segue uno sguardo in camera molto prolungato
-Fellini conclude il suo film come a tirare dentro lo spettatore. Il suo è un finale diverso dagli altri:
è tutto perfetto.

LA DOLCE VITA (1960)


è un film spartiacque, è un mosaico pieno di elementi vari. Il film è sulla città di Roma. Fellini sembra
proseguire il discorso dello spostamento dalla provincia alla capitale (una sorta la continuazione del
racconto dalla storia del personaggio di Moraldo che è andato in città), che rispecchia il suo percorso
biografico.
Un giovane, interpretato da Marcello Mastroianni si è corrotto nella città. Ha abbandonato i suoi
ideali, quelli di diventare uno scrittore, un artista. Diventa, invece, un cronista che parla di questioni
irrisorie della vita civile.
Marcello è fidanzato con una ragazza perbene, tuttavia è affascinato da una presenza che rappresenta
la bellezza in assoluto, un'attrice americana venuta a girare a Cinecittà. La donna rappresenta il
desiderio, l'obbiettivo della felicità degli uomini, e in particolare, di Marcello stesso.
Anita Ekberg è l'immagine di bellezza pura, la moderna venere.
La scena decisiva del film viene girata nella fontana di Trevi: è un icona del cinema italiano. Marcello
vagheggia la figura di questa donna, che quasi lo battezza come San Giovanni Battista che battezza
Cristo. È un battesimo profano, laico.
In quel momento si sente arrivato alla meta della felicità, dei sentimenti del corpo. Questa zona
d'incanto si infrange e presto appare la realtà (come nella scena di Cabiria messa nella bolla magica
del prestigiatore).
Dopo la bolla della scena della fontana di Trevi lui la accompagna all'alba all'albergo. Il marito di lei, un
attore americano, la tratta da sgualdrina, la schiaffeggia. Lo stesso Marcello si becca un cazzotto nello
stomaco. La scena è importante perché ci sono i fotografi che la riprendono: Roma era popolata da
paparazzi. È Fellini a battezzarli paparazzi: conia lui questo termine.
Gran parte del film ci mostra questo aspetto della vita in pubblico. Roma capitale, è il più grande
centro del cinema dopo Hollywood.
Un'altra scena importante è quella in cui alcuni bambini dicono di aver visto la Madonna. La
televisione (la Rai), che all'epoca era solo pubblica, vuole riprendere l'apparizione della Madonna. I
bambini sono dei mistificatori, tutti sono intenti a riprendere però non appare. Anche Marcello con la
sua fidanzata assistono. La scena si conclude con uno dei malati che muore e il prete che gli fa
l'estrema unzione. È il cosiddetto tema del miracolo mancato in Fellini.
Fellini pensa che i miracoli avvengano finché qualcuno vi ci crede. Prima gli italiani erano contadini
ingenui ed i miracoli avvenivano. Nel momento in cui viene a mancare la fede nel divino, i miracoli
non si identificano. Questo è uno dei grandi cambiamenti dall'Italia agricola a quella industriale.
Pasolini afferma che venendo meno il senso religioso del divino vengono meno anche sentimenti puri
come l'amicizia, il vero amore (Fellini mostra anche questo).
Un altro nodo importante del film sono le braccia aperte di Cristo, che non hanno più significato. La
Chiesa diventa una vera e propria istituzione politica.
Marcello ha un riferimento intellettuale, Steiner, un uomo sensato quello che lo stesso Marcello
avrebbe voluto diventare, un uomo di cultura che scrive saggi o romanzo.
Il faro di Marcello ammazza i suoi due figli e si suicida.
Marcello si lascia andare, è un uomo perduto, ad una festa si accenna ad un inizio di orgia della gente
bene. Una ragazza viene umiliata, le viene buttata della colla addosso e poi delle piume.
Marcello esce, va verso la spiaggia: simbolismo felliniano al massimo grado. Sulla spiaggia i pescatori
hanno pescato un pesce mostruoso. Marcello sta da una parte del fiume, dall'altra c'è una ragazzina
che rappresenta la purezza. Questa gli fa segno, però c'è vento e lui non sente niente. Una ragazza del
suo gruppo lo viene a prendere, la saluta e va via. È ormai un uomo perduto.
La ragazza rappresenta l'amore sacro, mentre la bellezza completa, totale, profana era Anita Ekberg
nella fontana.
La ragazza saluta Marcello e guarda in camera: il film si conclude in tal modo.
-Pasolini ha scritto varie scene di questo film, le più dure e aspre. Ad esempio scrive la scena dell'orgia
in cui si umilia la ragazza, alla quale sono presenti due transessuali e si fa uso di cocaina; e la scena
dell'andata verso la riva.
Questo è l'ultimo film che gira con Otello Martelli. È il film spartiacque della carriera felliniana.
Dopo quest'ultimo assistiamo ad un altro capolavoro, forse il più grande:
8½ (1963).
8½ è il numero delle opere girate da Fellini: 8 film e un episodio. Il film è uno dei più grandi
capolavori della storia del cinema e allo stesso tempo rappresenta la santificazione del grande
autore.
Fondamentali è il passaggio dal fuori al dentro: mentre prima descriveva le storie di un Italietta ancora
povera, popolata da provinciali e piccoli imbroglioni adesso racconta sè stesso. Racconta il modo in
cui un artista di cinema, quale lui stesso, vede la realtà esterna, filtrata dalla sua immaginazione e
dalla sua ispirazione. Il suo marchio stravolge la realtà in base a come l'artista la vede.
Passa del mettere sulla scena la vita degli imbroglioni e delle puttane, mistificatori, a mettere sè stesso
in scena: il grande mistificatore. Racconta le finzioni (fiction nel senso cinematografico e letterario del
tempo).
8½ (1963) racconta la vicenda di un regista, Mastroianni, che deve fare un film, ha qualche idea, ma
non riesce a elaborarne la storia.
Il regista vuole rinunciare, il produttore lo vuole denunciare. Ha solo una costruzione gigantesca ma
non sa come usarla. Alla fine il capolavoro tratta la storia di come si fa un film. Fellini fa un film su un
regista che non trova l'ispirazione, che è preso dalle sue nevrosi.
L'idea geniale del film è raccontare la sua vita: fa scendere dalla passerella le persone della sua vita.
Il regista del film ha la moglie e l'amante, interpretata da Sandra Milo, la reale amante di Fellini.
Il cuore di un essere umano è la sua infanzia, quella di Federico è il circo che vede a Rimini.
Marcello per lui diventa Marcellino, il suo alter ego, sia ne La dolce vita(1960) che in 8½ (1963).

In INTERVISTA (1987) Fellini, sul set, compare e racconta di sé. Va a trovare Anita Ekberg, sfasciata
dall'alcol, e Marcello Mastroianni vestito da Mandrake. Fellini fa una magia: i due si rivedono alla
fontana di Trevi. Anita in lacrime ricorda il passato e se stessa. Si rompe la bolla e ci si scontra con la
realtà.
Fellini si autocita. In Intervista(1987) Fellini a Cinecittà spiega il cinema ad una troupe di studenti
giapponesi. Osserviamo Mastroianni vestito da Mandrake per una pubblicità. Fellini porta Marcello e i
giapponesi alla villa di Anita Ekberg. Marcello fa una magia: cala la tela e si vede la sequenza della
fontana di Trevi, che li vede protagonisti.
Ritornano a Cinecittà: segue un momento simbolico in cui piove e i macchinisti si mettono sotto un
telone; arrivano gli indiani che al posto delle lance sono armati di antenne della televisione. Il cinema
viene ammazzato dalla televisione.

La seconda metà dell'attività di Fellini non è importante come la prima. Alcuni film sono veramente
poco ispirati.
8½ (1963) è una vetta insuperata e insuperabile, che da il via a una scia di film sull'introspezione
articolata all'interno dell'artista e di come questo osserva la realtà. Il film segna il passaggio dal fuori
al dentro, dall'Italietta agricola che diventa una grande potenza industriale.

GIULIETTA DEGLI SPIRITI(1965)


descrive la crisi della moglie del regista (è sua moglie a recitare). La protagonista del film non è
sposata con un regista, ma con un imprenditore che non è mai a casa. Il film è girato in una sua villa a
Fregene.
All'interno del film vi è anche l'amante (amor sacro e profano) interpretata della donna che era
l'amante di Fellini: Sandra Milo.
Giulietta vive di esperienze medianiche, crede nei medium e pensa di risolvere i suoi problemi in
questo modo metafisico.
Fellini aveva una passione per questi personaggi. La psicoanalisi si articola nei due filoni di Freud e
Yung. Freud ha una mentalità di tipo scientifico, fa emergere l'elemento rimosso (morbosità e
patologie che nascono nel profondo dell'essere umano) e da questo dipende la possibile guarigione.
Yung, suo allievo, ha una prospettiva diversa, lavora più sul sogno, sul fantastico, sugli archetipi:
simboli che stanno dentro ogni uomo e donna e appartengono al patrimonio inconscio dell'umanità.
Fellini era uno yunghiano: punta l'attenzione sullo spiritismo, l'evocazioni di entità che sono oltre la
realtà materiale.
In film è fatto dei sogni e degli incubi di Giulietta, che derivano dalla formazione in un collegio
cattolico. È il primo film a colori di Fellini. Tutti i film che seguiranno saranno grandi produzioni.

FELLINI SATYRICON(1969)
descrive la decadenza della Roma latina con riferimento alla Roma attuale.
Il film è liberamente tratto dall'omonima opera dello scrittore latino Petronio Arbitro.
ROMA(1972)
è il ritratto della città vista da un provinciale che vi giunge negli anni '30. Viene ricostruita la Roma di
quegli anni puntando l'attenzione su luoghi come le case chiuse, i bordelli popolari: luoghi infernali,
con prostitute becere che cercavano i clienti, i quali si accalcavano in corridoi tentacolari. Viene
mostrato anche teatro di varietà, l'Alma Jovinelli, un luogo infernale, popolato dai comici con le loro
macchiette, che gettano i gatti morti sulla scena.
La Festa de' Noantri a Trastevere e la festa delle lumache a San Giovanni sono occasioni per mostrare
questa umanità convulsa ed oscena.
È un film costruito come un mosaico. Alcuni studiosi scoprono una casa romana con alcuni affreschi.
Appena portato alla luce l'affresco si dissolve e l'archeologa tenta di fermarlo invano.
AMARCORD (1973),
Viene scritto con Tonino Guerra: racconta la vita a Rimini negli anni '30. È una ricostruzione molto
pittoresca. Il titolo è l'univerbazione della frase romagnola “a m'arcord” (io mi ricordo). È una grande
produzione, viene girata per lo più a Cinecittà.
La vicenda narra la vita che si svolge nell'antico borgo di Rimini da una primavera all'altra, nei primi
anni Trenta. Un anno esatto di storia, dove si assiste ai miti, ai valori e al quotidiano di quel tempo
attraverso gli abitanti della provinciale cittadina: la provocante parrucchiera Gradisca, la lussuriosa
Volpina, una tabaccaia formosa, un ampolloso avvocato dalla facile retorica, un emiro dalle cento
mogli, il matto Giudizio e un motociclista esibizionista.
Ad esempio mostra il matto che si arrampica su un grande albero e urla di volere una donna. Lancia
pigne finché una monachella sale su e non lo fa scendere.
Sono tutti episodi basati su desiderio e la sensualità.
IL CASANOVA DI FEDERICO FELLINI(1976)
tratta un don Giovanni, un libertino del 700. Fellini ricostruisce la vita di Giacomo Casanova. È un film
molto freddo, fatto di silenzi, di personaggi immobili.
Come L'innocente(1976) di Visconti, Il Casanova di Federico Fellini(1976) è il film della morte di Fellini.
Fellini dirige questo film in modo immobile, inerziale e fisso. Ci descrive un aspetto della vita di
Casanova, quando questo è prossimo alla morte e ricorda il suo passato e tutti i rapporti d'amore che
aveva avuto (più con le cameriere che con le nobildonne).
Il rapporto che lui ricorda più vividamente è quello con un automa, il più appagante che abbia avuto.
Nella sua personalità è subentrata la freddezza, l'impossibilità di avere un rapporto umano.
Alla fine della sua vita si rende conto di essere stato solo.
Nel Don Giovanni di Mozart si dice “In Spagna son già 1003” tuttavia la solitudine ci viene mostrata
dallo stesso Mozart nell'overture espressione della vecchiaia e della morte.
Il film termina con gli occhi di Casanova e il suo ansimo, quasi il ricordo di quello durante l'atto
dell'amore, ma in realtà è l'ansimo di un uomo che sta morendo.
PROVE D'ORCHESTRA(1979)
è piccolo film destinato alla televisione. Mostra una piccola orchestra che lavora in una sala vuota.
Ogni orchestrale parla del proprio strumento ed ognuno degli strumenti ha una propria personalità
psicologica. Vogliono primeggiare l'uno sull'altro e si azzuffano finchè arriva il direttore d'orchestra, un
tedesco, che sale sul podio. Tutti i musicisti sono sporchi. Fuori incombe una palla d'acciaio che oscilla
e sta per buttare giù la sala. Il direttore con la bacchetta impone il silenzio, poi quasi urla, in silenzio,
così comincia il concerto. Se c'è un'anarchia arriva poi il cosiddetto uomo forte (che si potrebbe
identificare anche con il fascismo) a portare l'ordine.
È un film semplice e schematico ma molto efficace.
LA CITTÀ DELLE DONNE(1980)
è il film meno riuscito, prova della sua mancanza di ispirazione. Un uomo, interpretato da
Mastroianni, che si ritrova su treno verso una campagna. Si inoltra così in una zona popolata dalle
donne. Sono trovate che Fellini non riesce a mettere insieme.
E LA NAVE VA(1983)
è un film mediocre, racconta di una nave al tempo dello scoppio della Prima guerra mondiale, che ha
il compito di spargere i resti di una cantante lirica deceduta in mare. Il corso della storia irrompe con
la forza. Salvano alcuni serbi dispersi in mare, dopo l'attentato al duca Francesco Ferdinando. Intanto
la nave viene affondata dagli austriaci che la bombardano. È un anticipo di quello che sarà la Prima
guerra mondiale.
GINGER E FRED(1986)
due ex ballerini, ormai attempati, di tip tap che imitavano la famosa coppia americana composta da
Fred Astaire e Ginger Rogers, interpretati da Mastroianni e Giulietta Masina. Vengono coinvolti in da
un TV privata dove, per produrre un ciclo di pubblicità continua, inseriscono spettacolini di piccoli
artisti, trai i quali intervengono anche Ginger e Fred.
È un film contro la televisione privata e commerciale. È una critica contro quel che istupidisce il
pubblico (negli anni '40 erano i fotoromanzi). Con la televisione capisce che è arrivato il trionfo delle
scempiaggini e la fine degli affetti.
LA VOCE DELLA LUNA(1990)
ci mostra un Fellini stanco. I due personaggi, interpretati da Benigni e Paolo Villaggio, vagano in
un'Italia di provincia. In campagna in un pozzo il riflesso della luna si poteva tirare su con il secchio (si
dice “Prendi la luna nel pozzo”). La voce della luna non si esprime più nel vicino villaggio le
apparecchiature televisive interferiscono. La luna è caduta accerchiata dai televisori.
Fellini ha sempre ritenuto che l'identità personale sia scissa in due. Questa idea si appoggiava
all'elemento circense della divisione del clown in bianco (il trucco ne richiama la tristezza e la
melanconia: è furbo e onesto) e Augusto (il mattoide, stravagante, ingenuo e disonesto): le due
identità psichiche sono presenti all'interno di ogni essere umano.
I CLOWN (1970)
è un documentario televisivo in cui Fellini con la troupe a Parigi cerca le traccie della grande tradizione
circense. Si rivolge ai discendenti dei grandi circensi, che sono per di più italiani. Ricostruisce in tal
modo gli spettacolini dei clown. È come se ritornasse alla sua infanzia intervistando questi uomini
vecchissimi in Francia. Nelle scene finali, un clown muore e l'altro rimane solo. Viene celebrato un
funerale del tutto strampalato. L'altro clown, solo, suona la tromba e si allontana andando oltre la
scena del circo.

PIERPAOLO PASOLINI
Pasolini fu un artista poliedrico: scrittore, poeta, drammaturgo. regista cinematografico, giornalista e
anche attore per scherzo. La sua persona e la sua fama da poeta e artista maledetto è nota in tutto il
mondo.
Pasolini viveva a Casarsa nel Friuli. Nasce all'inizio degli anni '20. Si laurea a Bologna con una tesi su
Caravaggio con il professore Longhi, questa viene persa a causa della guerra.
È tanta la rabbia e il dolore per la perdita della tesi, che si laureerà su Pascoli.
Era un piccolo esponente del Partito comunista ed omosessuale. Insegnava in una scuola, inventava
metodi nuovi per trasmettere il sapere ai suoi studenti, dai quali era adorato. A causa di alcuni
scandali con altri ragazzi, viene cacciato via dalla scuola e condannato dalla Chiesa. Lo stesso partito
comunista lo ha stigmatizzato, trattandolo come persona immorale. Quando Pasolini in una lettera
chiede il perché proprio loro lo accusavano, la risposta dei comunisti è stata che scaricarlo era un
modo per permettergli di difendersi meglio.
Il fratello era stato partigiano bianco (cattolico) durante la fine della guerra. In quella zona al confine
con Jugoslavi, i partigiani cattolici si confrontavano con i rossi, i comunisti. Ci furono numerosi scontri
a fuoco sia con i partigiani rossi che con Tito. I bianchi furono catturati e uccisi per motivazioni
politiche dai comunisti, e tra questi vi era il fratello di Pierpaolo.
Questa vicenda non ha intralciato i pensieri ideologici e politici di Pasolini.
Nel processo degli anni '50 contro questi comunisti, assassini del fratello, per non piegarsi alla
propaganda chiericale, si schiera dalla loro parte.
Nel 1950 arriva a Roma con la madre. Abitavano a Ponte Mammolo, dal quale per raggiungere
Cinecittà prendeva 3 tram, per uno stipendio misero (30000 lire).
Comincia a scrivere sceneggiature e due romanzi (Ragazzi di vita e Una vita violenta) diventando noto
come scrittore.
In Ragazzi di vita, si descrivono i ragazzi di borgata e i loro piccoli furti; gli stessi che danno fastidio
alle prostitute romane o derubano i “froci”. È un libro che fece scandalo, questi ragazzi erano perlopiù
fascistelli, seguaci del Movimento sociale italiano.
Una vita violenta racconta la storia di un neofascista, un ragazzo che compie azioni teppistiche, furti ai
benzinai pestandoli. C'è una parabola di tipo ideologico: il protagonista si avvicina alla chiesa, deve
sposarsi, il prete gli fa dei favori, diventa addirittura comunista. Il ragazzo è tisico, e per salvare una
vecchia prostituta da un'ondata la trasporta sulle braccia, morendo.
Già all'interno dei suoi testi è documentata la cinematograficità della sua opera, come se descrivesse
una scena di un film.
Le ceneri di Gramsci raffigura l'Italia degli anni '50 che sta cambiando; lo stesso partito comunista non
rappresenta più la volontà di cambiare, si è un po' burocratizzato.
Pasolini si pone in polemica con la neoavanguardia, una letteratura adeguata all'era industriale.
Pasolini è un tradizionalista. I neo-avanguardisti distruggevano scrittori bravi definendoli di tipo
ottocentesco (Bassani, Pratolini, Cassola). Un marchio di infamia che rimane tutt'oggi.
Fellini aveva da poco fondato, insieme ad Angelo Rizzoli e Clemente Fracassi, la Federiz, con l’intento
di produrre film di nuovi autori che avessero trovato difficoltà a realizzare i loro progetti, e si era
dichiarato disponibile a produrre anche il film dello scrittore. Fellini vede alcune scene, lo convoca e
gli dice che queste sono rudimentali, mal girate. Pasolini vive un trauma sulla soglia della porta: gli
dice “Io non posso girare come giri tu”. Pierpaolo aveva scritto alcune scene delle sceneggiature di
Fellini, lo conosceva bene. Non si sente solo qualitativamente al di sotto del regista, ma sa bene che
sono due personalità differenti. Federico lo rincuora.
FILM ESORDIO PASOLINIANO:
ACCATTONE (1961)
Racconta la storia di un magnaccia che vive sfruttando alcune ragazze. Questo si innamora di una
povera ragazza di borgata, Stella, che non vuole più mandare a lavorare per strada.
Decide di cambiare per lei, cerca di lavorare come operaio ma non riesce. Finisce a rubare salumi e
formaggi. Per sfuggire dalla polizia ruba una motocicletta, ha un incidente. Sull'asfalto mentre sta
morendo dice “Ah mo sto bene”. In questa scena è al centro di due complici, che fungono da ladroni.
Uno di questi fa il segno della croce alla rovescia con le manette.
Una delle fissazioni del primo Pasolini è l'immagine di Cristo sulla croce. Nessuno prima di lui aveva
portato questi personaggi sul grande schermo.
La rissa tra Accattone e il cognato(la moglie era andata via), due poveracci, che si dibattono in una
lotta particolare, quasi un abbraccio, (forse a indicare come dietro l'odio ci sia la possibilità
dell'amore), in cui quest'ultimo lo minaccia chiamandolo pappone, avrà come sottofondo la musica di
Bach (La passione secondo San Matteo).
Stride il confronto tra le baracche povere della periferia romana e la musica della cultura più sublime:
la poesia del cinema di Pasolini deriva da questo stesso stridore.
Nei personaggi c'è un umanità che corrisponde ai concetti di pietas e caritas cristiana, come accade
nel romanzo Una vita violenta (dove un neofascista diventa democristiano poi comunista seguendo
una parabola salvifica).
Accattone è una bestia, un pappone, e vuole diventare un essere umano. Quando saluta il figlio gli
ruba la catenina d'oro. Un vecchio va a prendere il coltello, lui fugge. Nel momento in cui Accattone
tocca il fondo, il cognato glielo grida. Lo chiama “pappone” : è il mestiere più schifoso che un uomo
possa fare. Da quel momento comincia la sua redenzione.

MAMMA ROMA (1962)


è la storia di un ex prostituta, interpretata da Anna Magnani, che manda suo figlio in campagna a
studiare perché non voleva sapesse del suo passato. La donna adesso ha un banco al mercato. Il suo
magnaccia va a ricattarla: le chiede una certa somma di denaro per non rivelarlo al figlio. Lei torna per
strada per necessità. Franco Citti, l'attore che interpretava Accattone, fa il magnaccia che la minaccia.
Il ragazzo lo viene a sapere e comincia a rubare. Viene rinchiuso in un carcere minorile, simile a quello
mostrato in Sciuscià (1946).
Pasolini si ispira ad un episodio riportato da una notizia di cronaca (in cui si descrive un ragazzo morto
su un tavolo di contenzione come un cristo in croce) per girare la scena della morte del giovane.
La madre ha un preannuncio, sente la morte del figlio. Corre verso la casa, fa per buttarsi, tutti la
trattengono e poi vede la cupola, che le fa acquisire una sorta di calma. La cupola è l'immagine del
grembo della Madonna che si è dovuta rassegnare al destino del figlio che è morto in croce.

Pasolini non fu contento dell'interpretazione di Anna Magnani: la voleva più popolana degli anni '50,
dallo stile neorealista. Anna interpreta il ruolo di una donna piccolo borghese, come se lo avesse
capito meglio del regista che lo aveva scritto.
C'è un piano sequenza importante. Anna sta battendo; fa un discorso straordinario mentre la
avvicinano militari, omosessuali. Non c'è stacco, la cinepresa la riprende frontalmente, la precede
(piano sequenza a precedere). Racconta che da bambina era stata sposata ad un vecchio ricco e
sperava di ereditare i suoi possedimenti alla morte, ma non fu così.
Pasolini diceva che la vita di un uomo è un piano sequenza che parte dalla nascita fino alla morte. A
dargli significato sono il finale e il montaggio. Dunque solo quando si muore si può carpire il senso
della vita.
Pasolini dice di non amare il piano sequenza come forma tecnico espressiva. Ama il cinema fatto a
stacchi di immagine. Lui è un feticista: vuole strappare al flusso del tempo, che trascina tutto verso la
morte, i corpi e le cose, salvandoli attraverso gli stacchi.
Quando Biancofiore, il nome d'arte di Anna, si affaccia al balcone è come la madonna davanti alla
croce dove suo figlio è morto. È un'immagine ossessiva in Pasolini, che la riporta in più film.
Rossellini, Godard, Gregoretti e Pasolini girano un film composto di quattro episodi RO.GO.PA.G.
(1943).
L'episodio di Pasolini fu considerato scandaloso e condannato per vilipendio della religione.
La ricotta, tratta di un regista che gira un film sulla passione di Cristo, interpretato da OrsonWelles.
Il protagonista Stracci, un nomignolo, è un poveraccio che fa la comparsa di uno dei ladroni crocifissi
accanto a Cristo ( è lo stesso attore che fa il segno della croce in Accattone(1961).
Quelli della troupe gli danno un monte di ricotta e lui muore di indigestione sulla croce mentre il
regista partecipa ad una conferenza dove riceve le massime personalità religiose e laiche.
La Maddalena si toglie qualche indumento, ciò scatena una critica da parte della Chiesa.
Il povero Stracci doveva morire per farci capire che è esistito: è solo la morte che da il senso alla vita
di un essere umano (accade anche ad Accattone). È come se solo nella morte questi uomini possano
avere un qualche risarcimento del non aver avuto niente in vita.
Pasolini era cristiano e marxista. Le scene a colori sono quelle immortalate dal regista, ci indicano che
quello che vediamo sono scene della passione di Cristo. La rappresentazione più alta, la morte di
Cristo, viene inserita in un contesto vile e volgare.
COMIZI D'AMORE (1964)
Per conoscere le opinioni degli italiani sulla sessualità, l'amore e il buon costume e vedere come sia
cambiata negli ultimi anni la morale del suo paese Pasolini intervista non solo i cittadini italiani, ma
anche personalità autorevoli.
IL VANGELO SECONDO MATTEO(1964)
vede come protagonista un ragazzo spagnolo, non attore di professione, Enrique Irazoqui. Il film è
ambientato nella Matera di quegli anni, luogo dove gli uomini vivevano con i maiali nelle caverne.
Durante la scena della passione di Cristo Pasolini chiede a sua madre, che interpreta Maria, di provare
le stesse emozioni e sensazioni sentite dinanzi al cadavere del figlio(il fratello di Pasolini) morto
partigiano. La cinepresa è mobile, come se un cronista riprendesse la scena. Cristo è assoggettato al
supplizio di uno schiavo. È un film dalla forte ispirazione. Secondo Matteo non ci sono santi ma
uomini: i santi li fanno le istituzioni.
Dopo questo film cambia tutto. Pasolini passa a quello che lui definisce un cinema di poesia, un
cinema libero da Cristo. (Cristo e Marx sono le due figure di riferimento di Pasolini).
A metà degli anni '60 il cinema cambia: Godard, Truffaut, Tarkovskij filmano l'interno della loro
personalità.
Pasolini non cita Fellini: nonostante lui l'abbia cominciato il cinema di poesia, è un ambito ristretto
rispetto alle grandi produzioni di Fellini.
In UCCELLACCI E UCCELLINI(1966)
Marcello "Totò" e suo figlio Ninetto vagano per le periferie e le campagne circostanti la città di Roma.
Ninetto Davoli è legato sentimentalmente a Pasolini. Durante il loro cammino incontrano un corvo
parlante (la voce è simile a quella di Pasolini). Come viene precisato durante il film da una didascalia:
«Per chi avesse dei dubbi o si fosse distratto, ricordiamo che il corvo è un intellettuale di sinistra -
diciamo così - di prima della morte di Palmiro Togliatti». Il corvo narra loro il racconto di Ciccillo e
Ninetto (anch'essi interpretati da Totò e Ninetto), due frati francescani cui san Francesco ordina
d'evangelizzare i falchi e i passeri. Non è un dialogo in cui cinguettano, secondo l'intuizione poetica
essi zampettano in modo da comprendere il loro dire. I due frati non riusciranno a raggiungere il loro
obiettivo, perché, pur essendo riusciti a evangelizzare le due "classi" di uccelli, non avranno posto fine
alla loro feroce rivalità: per questa mancanza saranno rimproverati da san Francesco e invitati a
intraprendere nuovamente il cammino d'evangelizzazione. Alla fine Totò e Ninetto, stanchi delle
chiacchiere fastidiosamente saccenti e moraleggianti del corvo, lo uccidono lo spennano e lo
mangiano.
La scena è preceduta dai funerali di Toglietti; le immagini sono tratte da un documentario di Visconti.
È finito il tempo dell'intellettuale che guida il popolo. Quest'ultimo deve guidarsi da sé, deve dare
libero sfogo alle sue volontà di vita e di godimento (deve godere delle pulsioni del corpo).
si deve godere la vita, godere delle pulsioni del corpo.
Pasolini si libera di Cristo e di Marx.
I titoli d'inizio sono musicati da Morricone con la voce di Modugno.

La trilogia della vita è composta da tre film tratti da grandi capolavori dell'Occidente e dell'Oriente:
Il Decameron(1971),
I racconti di Canterbury(1972) tratti da Geoffrey Chaucer,
Il fiore delle mille e una notte (1974).
Sono grandi produzioni molto osé.
IL DECAMERON(1971)
è quello più fantasioso dove c'è il sesso, il corpo e il popolo. Facendo questi film Pasolini si rende
conto che non è così semplice realizzare l'utopia del popolo che si guida da sé. Quest'ultimo non può
esprimersi liberamente. Il popolo è diventato una massa piccolo-borghese, gli uomini sono
consumisti, non più in senso tradizionale.
Vi è una grande critica da parte di Pasolini contro la modernità. Negli anni precedenti c'era il senso
della religione, del rispetto, della spontaneità. In parte ha ragione, ma allo stesso tempo è il naturale
corso di un'Italia che si evolve. Si assiste ad un tracollo di valori.
In Pasolini vi è la più virulenta delle polemiche. Il regista non è contro il progresso, ma contro lo
sviluppo, che è diverso. Il progresso è l'andare avanti culturalmente mentre lo sviluppo produce solo
consumismo.
La trilogia della morte è un ciclo incompleto di film, di cui ne viene realizzato solo uno:
Salò o le 120 giornate di Sodoma(1975) a causa della prematura scomparsa del regista.
È un film insostenibile, tratto da un libro del marchese de Sade. Viene ambientato nella Repubblica di
Salò. Pasolini mostra quattro rappresentanti del potere ( il Duca (potere di casta), il Vescovo (potere
ecclesiastico), il Presidente della Corte d'Appello (potere giudiziario), e il Presidente della Banca
Centrale (potere economico) che riuniscono un gruppo di giovani maschi e femmine antifascisti.
Il film è suddiviso in quattro parti, i cui titoli si rifanno alla geografia dantesca: Antinferno, Girone
delle Manie, Girone della Merda e Girone del Sangue.
Nel Girone delle Manie: i Signori, eccitati dai racconti feticisti della Signora Vaccari, ex prostituta,
seviziano ripetutamente i ragazzi, fino a farli stare nudi a quattro zampe, latranti come cani, dando
loro in pasto polenta riempita di chiodi.
Nel Girone della Merda: affidato alle perversioni anali della Signora Maggi, le vittime apprendono
l'arte di farsi sodomizzare con gratitudine e partecipano a un pantagruelico pranzo la cui portata
principale è costituita dalle proprie feci. La coprofagia è la perversione su cui l'autore del libro si
dilunga maggiormente. Si celebra un matrimonio in dei catini colmi di merda: si profana il sacramento
su cui si basa la famiglia.
Nel Girone del Sangue: in una sequenza di efferatezze e riti profani, tra torture, sevizie, amputazioni e
uccisioni perpetrate sulla base di una sorta di dantesca pena del contrappasso, Signori e
collaborazionisti si cimentano in balletti isterici e atti di sesso necrofilo. Mentre la carneficina è in
corso, due giovani guardie, sulle note d'una canzonetta trasmessa dalla radio, accennano timidamente
qualche passo di valzer.
Il film è una metafora del consumismo neocapitalista che distrugge e deturpa i corpi dei giovani del
globo, deviando verso altre abitudini.
Andare al di là vorrebbe dire distruggere il senso stesso di fare metafora, anche il suo film
diventerebbe oggetto di consumo. Deve fare un film che non significa niente, definibile dadaista, una
critica contro il linguaggio. Pasolini costruisce una metafora e poi la vuole distruggere. È così estremo
che non ti fa pensare. È un film che è solo orrore.
È ascrivibile a questo film l'elemento biografico: Pasolini viene lasciato da Ninetto Davoli, che doveva
sposarsi. Si è rinchiuso in una camera d'albergo e ha distrutto tutto: quello è stato il suo sfogo. Fare
questo film è come distruggere tutto.
I registi precedenti hanno il rimpianto dell’Italia agricola e feudale, rispetto all’Italia con un’economia
fortemente avanzata, quella a cavallo tra il ’50 e il ’60. Vengono meno le situazioni di povertà, ma
anche uno stile di vita più accettabile (per Pasolini l’Italia provinciale era un paese in cui i rapporti
umani erano più autentici).

MICHELANGELO ANTONIONI
Michelangelo Antonioni, contrariamente a Pasolini, Visconti e Fellini, accetta questo cambiamento.
Nel suo libro Fare un film è per me vivere (il titolo del libro di Fellini è invece Fare un film) Antonioni
spiega come egli accettava l'Italia che cambiava, che si industrializzava, era un'avventura del nuovo
che recepiva e accettava intrinsecamente il cambiamento.
Nel suo cinema, la fotografia e il montaggio rispecchiano una situazione in cui l’industria è al centro.
Già ne La ciociara(1960) di De Sica l'organizzazione produttiva era di tipo industriale.
Il design è una delle industrie italiane che rispettava i criteri dell’artisticità. L’arte del design è l’arte di
una società fortemente industrializzata. La forma del cinema di Antonioni rispecchia questa struttura
tecnologica basata sul design. Il disegno dei prodotti industriali rispecchia il criterio della funzionalità.
La linearità, il tagliare una linea dritta diventano essenziali. Ad esempio la linea dell’autostrada del
Sole è il segno della nuova dimensione espressiva e artistica.
La linearità del design funzionale è uno dei segni del cinema di Antonioni.
Prima, tutto era a forma di semicerchio, per esempio con le vespe, con le macchine, che poi diventano
squadrate, lineari.
Per esempio, le donne, prima erano “maggiorate fisiche”, poi si passa alla linearità della struttura
fisica.
Antonioni è il più innovativo dei registi. Il tema è la mancata intesa tra uomo e donna, tra esseri
umani: l’incomunicabilità. Pasolini scrive che i dialoghi di Antonioni a volte sono imbarazzanti.
È un regista molto affascinante. Come in Fellini, De Sica e lo stesso Rossellini, c’è un cambiamento tra
anni ’50 e ’60. I film degli anni ’50 non rispecchiano ancora a pieno questo criterio della linearità
tecnologica: l’Italia è ancora povera. Tuttavia Antonioni ha sempre frequentato artisticamente
ambienti borghesi e alto-borghesi, più ricchi.
Il film preneorealista di Antonioni è:
GENTE DEL PO(1947),
di cui rimangono solo 20 minuti. Inserisce in sottofondo una musica moderna, quasi jazz.
Fa poi un documentario sui netturbini di Roma (N.U. - Nettezza urbana (1948)) e ci mette musica jazz
che stride con le immagini degli .
CRONACA DI UN AMORE(1950)
è un film interessante, con Massimo Girotti e Lucia Bosé, la madre del cantante. La Bosé era la
fidanzata di Antonioni, di grande bellezza, ma non era una grande attrice.
Il film racconta di una coppia si ritrova nella città dove il loro amore era fiorito: Milano. Un
commissario sta facendo un’inchiesta sulla morte di una loro amica, precipitata nella tromba
dell’ascensore. La polizia ha il sospetto, dopo diversi anni, che si tratti di omicidio.
Il mistero non si sblocca e loro rimangono in quest’ansia terribile che possano essere incriminati. È
una specie di giallo che parla di altro, di rapporti interpersonali.
Già Antonioni ci introduce al suo cinema: c’è qualcuno che scompare, in genere una ragazza, e
un'inchiesta.
I VINTI (1953)
è diviso in 3 episodi: ambientati rispettivamente a Parigi, Roma, Londra.
Episodio francese: due fratelli dell'alta borghesia parigina pianificano di uccidere un loro compagno
ricco per derubarlo dei soldi frutto di un affare concluso; lo fanno durante una gita in campagna.
Episodio italiano: un cocainomane di ricca famiglia pariolina (interpretato da Franco Interlenghi) che
fa lo spacciatore, in un conflitto a fuoco uccide un poliziotto e rimane ferito .
Episodio inglese: Aubrey, un giovane aspirante poeta, telefona ad un giornale dicendo di aver trovato
il cadavere di una donna. Propone di rivelarne l'ubicazione dietro ricompensa, chiedendo anche di
poter scrivere egli stesso l'articolo sul fatto e che la sua foto venga messa in prima pagina. Dopo
qualche giorno, in cerca di ulteriore fama, confessa di essere stato l'autore dell'omicidio e di aver
creduto di aver compiuto un delitto perfetto e quindi di potersi scagionare facilmente; invece
vengono trovate le prove della sua colpevolezza e il giovane viene condannato a morte.
Di lato, c’è una partita a tennis. Antonioni era stato un campione di tennis da giovane, a Ferrara:
venderà le coppe d’oro che ha vinto per finanziarsi i documentari.
LA SIGNORA SENZA CAMELIE(1953)
è un film rapido in cui un imprenditore che ha sposato una bella attrice, cerca di farla diventare una
diva, ma non sa recitare (Lucia Bosé).
C’è la metafora del suo rapporto con la Bosé. Il produttore cerca di farle girare un film su Giovanna
d’Arco, ma il film, portato a Venezia, è un fiasco. C’è la delusione di lei e il rammarico di lui.
LE AMICHE(1955)
è tratto da un racconto di Cesare Pavese, ambientato a Torino. Le protagoniste sono alcune ragazze
che entrano in crisi a causa del suicidio di una di loro. Ancora una volta c'è una sparizione.
IL GRIDO (1957):
un film importante di ambiente operaio. Un operaio vive una situazione di difficoltà, è disoccupato, e
litiga con la donna con cui sta (Alida Valli, l’attrice di Senso(1954)).
Lui dà uno schiaffo alla donna all’inizio del film e va via con la figlioletta. Va in campagna e incontra la
sua precedente amante. È un film silenzioso: il grido è un grido silenzioso, è la crisi dell’operaio.
La bambina si allontana da lui e incontra dei malati psichici che sono portati in campagna a fare una
passeggiata. Loro la guardano come se fosse una marziana.
L’operaio arriva in una cittadina dove c’è uno sciopero. Sale su una torre e accorre la sua ex donna alla
base della torre, lui oscilla sulla ringhiera e si lascia andare. Lei va sul corpo di lui, lancia un grido (ma il
titolo fa riferimento al grido di orrore silenzioso perché lui non parla mai).

Trilogia: L’avventura(1960), La notte(1961), L'eclisse(1962), a cui si può annettere Il deserto rosso


(1964), primo film a colori di Antonioni.

L’AVVENTURA(1960)
vede Gabriele Ferzetti nei panni di architetto, e Lea Massari, un’attrice formosa e sensuale, che
rappresenta la bellezza classica. Insieme a loro ci sono vari personaggi, che fanno una gita su una
barca. Tra questi vi è un’altra ragazza, Monica Vitti (il feticcio di Antonioni), una biondina che è il
contrario di Lea, è longilinea. È un confronto tra la vecchia e la nuova Italia.
Il tipo di bellezza antico è Lea; il tipo di bellezza nuovo, lineare, è Monica, con un’astrazione quasi al
posto del viso, con il naso schiacciato e gli occhi freddi.
La Vitti è la compagna di Antonioni per molti anni e fa questi film straordinari. Quando lascia
Antonioni ha voluto cambiare: gira alcuni film con Alberto Sordi, un comico brillante, nei panni di
attrice comica, perché oppressa da questa estetica dell’incomunicabilità per anni.
Con lo yacht approdano su un’isola vulcanica e Lea sparisce. Arriva la polizia coi motoscafi ma non la
trovano. L’architetto ha una nuova amante che è Monica: vanno in Sicilia, c’è la ricerca disperata della
scomparsa ma non si sa che fine abbia fatto.
Il film si costruisce sul vuoto che è il vuoto della sparizione. È un film molto intenso e particolare,
costruito su dialoghi strani e molti silenzi.
Poi questo Antonioni cambia nei film successivi.
L'architetto va a fare una passeggiata dopo aver messo a letto la sua donna ubriaca.
Trova una prostituta bellissima che gli ricorda il corpo di Lea, ha un rapporto con lei sul divano e la
donna poi gli chiede dei soldi.
Ma Monica si è svegliata e lo vede: lui ha un moto di vergogna, esce dall’albergo perché ha schifo di
sé. Lei ha una rabbia dentro.
La scena centrale del film è il manifesto di Antonioni: l’architetto passeggia per Noto, in Sicilia.
Un ragazzo disegna a china il portale barocco della cattedrale. L’architetto lo vede e passando davanti
al tavolino, con le chiavi rovescia la boccetta dell’inchiostro sul disegno.
Lui si alza per picchiarlo, ma altri lo trattengono.
L’architetto ha un moto di insofferenza verso quel disegno che rappresenta un tipo d’arte che aborra:
lo stile barocco. Lui è un architetto moderno. C’è tutto un significato dentro il film: in fondo anche la
donna di prima era l’arte del passato.
Qui è come se lui avesse una ricaduta, quando va con la prostituta, che rappresenta il modello
classico.
In Una donna in carriera(1988) c’è un episodio simile.
In un grande silenzio si avvertono le tracce dell'antico attraverso la chiesa diroccata. Abbiamo
un'inquadratura classica: i capelli di Monica e le fronde degli alberi. Spesso riprende le donne da
dietro. Ne Il deserto rosso(1964) c'è una battuta, su cui è stata fatta ironia: “Mi fanno male i capelli”.
Ultima inquadratura: la casa sulla destra e l’Etna sulla sinistra e i due al centro.
Lui è sulla panchina, la donna è in piedi, la sua mano è reticente, poi gli accarezza la testa.
Il loro rapporto è nella disperazione e nella solitudine; però bisogna andare avanti.
Il titolo è molto significativo: indica il bisogno di gettarsi nell’avventura della nuova Italia, della nuova
società.
Nel libro Fare un film è per me vivere si distacca dai piagnoni (De Sica, Visconti, Pasolini, ma non li
cita), a lui piace questa Italia.
Tuttavia la chiesa diroccata è il residuo dell’antico; l’Etna è il pericolo, la natura, a cui il Barocco si
ispira; e poi la dritta linea della casa e della panchina.

Ne LA NOTTE (1961),
Mastroianni è sposato con una donna, l’attrice della Nouvelle vague francese Jeanne Moreau, bassina
e mora, molto espressiva che nei film di Truffaud appare una dea. Sono sposati ma in crisi.
Di sera sono andati a trovare un amico malato terminale di cancro. Ancora, un'uomo che sparisce e va
via. Poi si dirigono ad un party, ma prima ci sono varie scene slegate tra loro: lei assiste ad una rissa,
lui conosce una biondina che è la Vitti ed è conquistato da lei.
C’è un dialogo a tre in cui la biondina si fa da parte e lascia l’uomo alla sua consorte.
Il party è popolato da gente ricca, con industriali che parlano di come si fanno i soldi e del boom
economico. Marito e moglie escono. Sono nella periferia a Milano, è notte e sull'erba fanno l’amore in
modo disperato (ricorda il finale de L’avventura(1960) in cui Monica tocca la testa del suo uomo).

L’ECLISSE(1962)
è un film figlio di una modernità strabiliante, quasi incomprensibile nella sua struttura e narrazione; è
l’equivalente dell’arte astratta in voga di quei tempi. C’è Alain Delon con la Vitti. Alain è un giovane
agente di borsa spregiudicato a Roma. Lei si innamora di lui, ma lui è un giovane in carriera distratto e
stranito dal suo lavoro anche se lei gli piace.
In una scena all'uomo viene rubata la Spider da un ubriaco, macchina che poi viene tirata su dalla
polizia la mattina dopo. È la macchina che sparisce, però non ha nessun significato apparente.
Antonioni gira questo film durante un’eclissi di sole che ci fu nel ’62. Le scene sono girate all’Eur
mentre tutto ritorna buio. Il film si dimentica della vicenda dei protagonisti per mostrarci l’eclisse: è
l’eclisse del vecchio mondo su cui deve nascere il nuovo.
La notte prelude al nuovo giorno. L’eclisse è la fine improvvisa del vecchio mondo.
Il rapporto tra i due è stranito, si dicono “ci vediamo domani” ma c’è qualcosa che li divide, non in
modo drammatico, ma come se ci fosse una distrazione di fondo: questa è la barriera.
Però poi i due personaggi vengono abbandonati quando comincia l’eclisse: ci sono scene che non
c’entrano niente (un autobus, un uomo con il giornale, un irrigatore, palazzi squadrati: è arte
astratta). C’è una ragazza bionda inquadrata di spalle, ma poi si gira e non è Monica.
In sottofondo vi è una musica elettronica. È evidente in questo film il senso di estraneità tipico di
Antonioni.

IL DESERTO ROSSO(1964)
ha vinto il Leone d’oro. Racconta della moglie di industriale ha un incidente automobilistico, va in
clinica. Esce ma dice: “Non sono guarita!” (non si riferisce ad un malanno fisico, ma psichico), quasi
come Cabiria urla “Nun semo cambiate” dopo la visita al santuario.
Per questo film dipinge le fabbriche alla foce del Po e dipinge un bosco di bianco (che non utilizzerà
perchè dice che non gli va più di girare quelle scene).È un regista totalizzante.
Antonioni presso si stufa di stare in Italia perché ha l’impressione che questa industrializzazione non
sia andata bene. Alla fine la pensa come gli altri e va via come aveva fatto Rossellini.
A lui interessano però i paesi ricchi, non va in India come Rossellini.

BLOW-UP(1966)
E’ ambientato nella Londra degli anni ’60 (un paese benestante ma grigio per lo smog) e vede come
protagonista un fotografo di moda. L’Inghilterra era
Come Antonioni in cerca di spunti per i suoi film, il fotografo va in giro per la città a fare foto.
Quest'ultimo fotografa in un giardino un episodio che può essere un delitto: dietro un cespuglio c’è un
corpo. Capisce che c’è stato un delitto ma più si ingrandisce più non si capisce cosa c’è realmente.
Una ragazza, Vanessa Redgrave, va nel suo studio, gli sottrae i negativi e si concede a lui. A Londra
andava di moda il topless, città trasgressiva. Lei si presenta in topless e lui non riesce più a capire
niente.
Il film si conclude con la famosa partita a tennis, giocata senza palline. C’è lo sforzo antico di capire la
realtà partendo dalla sparizione che si esaurisce nella presa d’atto che la realtà è talmente frantumata
che non la si può capire. Bisogna solo vivere in questo modo: questa è la postmodernità. La realtò è
ormai incomprensibile. I colpi della palla da tennis che rimbalza si sentono: Antonioni è entrato nella
illogica. La solitudine del protagonista viene mostrata nella scena del campo da tennis.
C’è una scena in cui torna a casa e c’è la sua donna a letto con un altro. Lei lo guarda e gli fa segno con
gli occhi come a dire “esci”. Lui senza dire niente esce. Anche lui si concede dei tradimenti, che non
sono neanche più tradimenti.
Nei film precedenti, ambientati in Italia, c’era il tradimento dell’architetto. Qui c’è il corrispettivo
maschile. Qui non esiste proprio la coppia e se esiste ha accettato la problematicità dello stare
insieme. È un giallo in cui spariscono i segni. Blow up significa ingrandimento.

Gira in America un film non riuscito, però con delle parti eccezionali:
Zabriskie Point(1970).
Uno studente contestatore ruba un piccolo aereo verde in California e va sul deserto della Death
Valley. Incontra una studentessa americana che sta andando a trovare il suo amante, che è un uomo
d’affari più grande di lei, che possiede una villa favolosa su una piccola montagna (che viene costruita
per il film). Il giovane atterra col suo aereo, hanno una storia e quando sta per riprendere il volo la
polizia lo ammazza.
A lei viene una disperazione rabbiosa. Va sotto la montagnola dove abita l’amante e sogna che la villa
esploda e con quella esplosione finisca il mondo dei ricchi e dei contestatori. C’è la ripresa da tanti
punti di vista dell’esplosione.
Gli oggetti nella villa si disperdono espressione del capitalismo consumistico. C’è la musica dei Pink
Floyd in sottofondo, con cui Antonioni non fu d’accordo. Arte astratta: nell’esplosione vediamo gli
oggetti che si disperdono nel vuoto.
Zabriskie Point: è il punto di maggiore depressione termica della Death Valley.
È il centro della valle della morte, luogo dove avviene la vicenda.
Un'altra scena con la musica dei Pink Floyd avviene nel deserto dove si vedono dei corpi di ragazzi
nudi: è la scena d’amore tra i due protagonisti. Sono mostrate coppie che si abbracciano e
amoreggiano nella sabbia: siamo al tempo degli hippie.
La musica è leggera e soft. Antonioni ha fatto anche degli spot per Madonna.
PROFESSIONE: REPORTER (1975)
è con Jack Nicholson. È un film cult molto importante.
Parla di un reporter che in Marocco vuole perdere la propria identità. Prende la carta d’identità di un
morto, va in Spagna e qui coloro che volevano uccidere l’uomo di cui ha preso l’identità vanno ad
ammazzare lui. La scena dell’uccisione è una delle più famose della storia del cinema.
Lui sta sul letto in albergo. La cinepresa esce dalla stanza in un piano sequenza memorabile, gira nella
piazza e si sentono i rumori della gente che guarda il torero. Arriva una macchina, escono i killer e la
cinepresa rientra nella stanza, per cui vediamo il corpo esangue. È un piano sequenza che dura 15-20
minuti.
Il film tuttavia non è completamente riuscito. Qui la tecnologia diventa narcisismo, estetismo stilistico:
non è più consustanziale al film, come nel piano sequenza.
Infine, gira:
LO SGUARDO DI MICHELANGELO(2004)
Un documentario, prima di morire. Va nella chiesa di San Pietro in Vincoli dove è presente la statua di
Michelangelo Buonarroti di Mosé che guarda il sole. Antonioni si avvicina, vecchio e cadente, e tocca
la statua. Lo sguardo di Michelangelo si mette in rapporto con l’altro Michelangelo (un po’
megalomane)

CINEMA TEDESCO: PABS, LANG E MURNAU


Lo studente di Praga (1913) apre la strada all’espressionismo. Oltre ad avere temi romantici e
decadenti, come il tema del doppio, ci sono elementi espressionisti, come l’angoscia soffocante e un
desino di ribellione tanto esagitata quanto impotente.
ESPRESSIONISMO: - urlo e geometria, linee sghembe, ambienti scuri e tetri, distorsione del segno che
rompeva gli schemi, davano alla realtà una percezione soggettiva, temi misteriosi, soprannaturale,
prese dal regno delle ombre, creature del male.
-Elementi tipici del cinema espressionista, erano: maghi, doppi, bambole-automi, demiurgo-persona
che si fa controllare il pensiero. l’espressionismo, al contrario dell’impressionismo, non lascia spazi
alla fantasia dello spettatore. Le numerose tendenze cinematografiche di quel periodo arrivarono ad
individuare almeno tre tipologie principali:
l'espressionismo vero e proprio, il Kammerspiel e la Nuova oggettività. Secondo questa impostazione
arriva a esistere un solo film espressionista puro, vero e proprio manifesto paradigmatico:
IL GABINETTO DEL DOTTOR CALIGARI DI ROBERT WIENE (1919).
Tratti espressionisti si ritroverebbero poi, più o meno evidenti, in una serie di altri film.
Il gabinetto del dottor Caligari (1920, Robert Wiene) fu il film simbolo dell'espressionismo, il film in cui
si ritrovano tutte le caratteristiche fondamentali del movimento.
C’è il ruolo di un demiurgo manipolatore di coscienze e colui che viene dotato di abilità quasi
disumana per obbedire al comando del primo.
IL GABINETTO DELLE FIGURE DI CERA (1924, PAUL LENI), secondo Kracauer, è il film che conclude il
cine-espressionismo. Rispondendo all'inserzione di un giornale, un giovane poeta si reca in un museo
delle cere, il cui padrone desidera dei racconti con cui illustrare i personaggi rappresentati.
-Nel primo episodio, lo sceicco Harun al-Rashid, intrigato dalla descrizione che ne ha fatto il suo Visir,
vuole aggiungere alla sua collezione di conquiste la bella e capricciosa moglie di un fornaio. In
incognito si reca da lei, proprio mentre il marito, per soddisfare l'ennesimo capriccio della moglie si è
introdotto a corte per rubare il prodigioso anello dei desideri dello sceicco. Ma, per ottenere il suo
scopo, deve mozzare nel sonno il braccio del possessore. In realtà si tratta del braccio di un fantoccio
che sostituisce il sovrano per occultare le sue scappatelle. Inseguito dalle guardie e credendo di aver
ucciso Harun, fugge a casa, dove lo sceicco sta, nel frattempo, corteggiando sua moglie. Per evitare
uno scandalo, il sovrano è costretto a nascondersi all'interno del forno. La furba moglie, fingendo di
utilizzare i poteri dell'anello, fa apparire dal forno lo sceicco salvando la sua reputazione e la vita del
marito, raggiunto nel frattempo dalle guardie, e ottenendogli la carica di fornaio di corte.
-Nel secondo episodio, il sanguinario Ivan il terribile, nel timore di essere avvelenato dal suo
fabbricante di veleni, ne ordina l'eliminazione. Intuendo il proprio destino, l'alchimista scrive il nome
dello zar su una clessidra dai magici poteri, strumento di morte con il quale il tiranno si compiaceva di
mostrare alle sue vittime i loro ultimi istanti. Credendo così di essere stato avvelenato, per il resto
della sua vita, il crudele e sospettoso Ivan, divenuto folle, continuerà a girare la clessidra per impedire
che l'ultimo granello di sabbia segni la sua morte.
- Il terzo racconto è un incubo dello scrittore, ormai esausto, che, in una disperata corsa attraverso le
attrazioni della fiera in cui si trova il Panoptikum delle cere, cerca di fuggire con la bella Eva, figlia del
proprietario, alla caccia di Jack lo squartatore.
OMBRE AMMONITRICI (1923, ARTHUR ROBINSON)
è un film in cui un artista di ombre cinesi capita in una casa dove si è sviluppato il tipico triangolo
uomo-donna-amante e proietta su uno schermo la vicenda del loro inconscio. Il marito vorrebbe
anche uccidere la moglie, ma poi finisce bene.
FRITZ LANG
Fritz Lang è stato un regista austriaco. Ha diretto diversi film, tra i quali:
- DESTINO (1921), in cui la Morte offre a una ragazza la possibilità di riportare in vita il fidanzato
morto. È diviso in tre parti, perché la Morte le propone di salvare la vita ad una tra tre persone. Non
riesce a superare la prova, quindi la morte le dice che può morire anche lei per ricongiungersi con il
suo amato. Nell’ultima scena, la morte si piega su di lei e la solleva insieme all’altro avviandoli
nell’aldilà. Quest’immagine di un’entità negativa che si china su una vittima diviene un emblema di
una prepotenza ai danni di un indifeso capro espiatorio.
- LA TRILOGIA DI MABUSE. I tre film corrispondono a tre periodi difficili della storia tedesca: gli anni
di crisi economica della Repubblica di Weimar, l'ascesa del Nazismo al governo del paese, la Guerra
Fredda. Il Dottor Mabuse, medico psicoanalista, è l'incarnazione del male: capace di impadronirsi di
immense fortune condizionando la borsa con mezzi illeciti, dedito al gioco d'azzardo e alla
fabbricazione di denaro falso, ha come fine ultimo delle sue azioni la manipolazione degli individui e
della realtà.
- METROPOLIS (1926).
Nel futuro 2026 un gruppo di ricchi industriali governa la città di Metropolis dai loro grattacieli e
costringe al continuo lavoro la classe proletaria relegata nel sottosuolo cittadino. L'imprenditore-
dittatore è Joh Fredersen, che vive in cima al grattacielo più alto. Suo figlio si innamora di Maria,
l’angelo degli operai. Secondo le indicazioni del capo Fredersen, Rotwang, uno scienziato pazzo,
rapisce Maria, per attribuire le sue sembianze ad un robot e predisporlo a discorsi che spingano gli
operai ad una passività autodistruttiva

- M, IL MOSTRO DI DUSSELDORF (1931)


La popolazione è terrorizzata da un maniaco che ha adescato e ucciso otto bambine. La popolazione
cade nel panico, e molti arrivano ad accusarsi a vicenda. I poliziotti organizzano numerose retate nei
quartieri frequentati dalla malavita, creando gravi problemi alle associazioni criminali della città. Le
maggiori organizzazioni criminali decidono quindi, per ridurre la pressione della polizia nella città, di
trovare il "Mostro", chiamando un capo originario del luogo ma ricercato dalla polizia di molte
nazioni, che organizza la ricerca usando anche i mendicanti come spie per le strade. Polizia e criminali
giungono quasi contemporaneamente a scoprire l'identità del criminale, ma questi ultimi lo scovano
prima, grazie all'aiuto di un mendicante cieco che ne riconosce il fischio, e per seguirlo gli tracciano
sulla giacca una M. di gesso (M. è l'iniziale della parola tedesca Mörder, "assassino"). Vistosi scoperto,
si nasconde in un palazzo di uffici. Alla fine i criminali riescono a catturare il mostro poco prima
dell'arrivo della polizia, e lo processano. Al cospetto di un originale tribunale fatto di ladri, assassini e
prostitute, il mostro che aveva scosso la città rivela la sua pazzia, una forza malvagia che lo spinge a
tali crimini; il processo, dopo un acceso dibattito, sta per chiudersi con un verdetto di morte, quando è
interrotto dall'arrivo della polizia, che ha scoperto il covo dei criminali grazie alla confessione di un
malvivente rimasto intrappolato nell'edificio dove si nascondeva il mostro. La polizia arresta anche i
capi del crimine locale e consegna il Mostro alla giustizia ordinaria.
- I NIBELUNGHI (1924)
è composto da due film che raccontano la vicenda dell’epopea medievale, e rappresentano due
popolazioni, i burgundi e gli Unni. L’atto più esemplare è l’uccisione del drago da parte dell’eroe.
Secondo Kracauer, nella seconda parte, il fato si sviluppa nello scatenamento assoluto degli istinti
selvaggi, e Lang si ripromette la diffusione nel mondo di questo aspetto della cultura tedesca,
ripercorrendo la propaganda di Goebbels.

MAX SCHRECK fu uno dei principali attori in Germania nel cinema di Murnau. Egli fu l’interprete di
Nosferatu (1922), un vampiro, in cui rappresenta una figura metà umana e metà soprannaturale. Una
ragazza, Ellen, si sacrifica per la salvezza del suo amato, lasciandosi aspirare il sangue dalla gola tutta
la notte fino all’alba. Questo film segnala l’omosessualità di Murnau
EMIL JANNINGS fu un altro attore importante tedesco de cinema di Murnau. Egli interpretò di un
portiere di Berlino nel film “L’ultima risata” (1924), che prima era rispettato, ma in un secondo
momento viene confinato a sorvegliare i gabinetti nel sottosuolo. Il portiere si sente crollare il mondo
addosso anche perché l'ambiente in cui vive impietosamente lo deride. Ma il destino, e l'autore, sono
benevoli e grazie ad una eredità dell'immancabile zio d'America, il protagonista ritorna nell'albergo,
questa volta, come ricco cliente. L’uniforme rappresenta il collante che tiene assieme i due livelli
sociali. Il secondo finale di questo film, secondo Kracauer, è una presa in giro all’happy end
hollywoodiano. Egli interpretò anche nel film “L’angelo azzurro” di Stenberg la parte di un professore
che si innamora di Lola, una ballerina. Il professore decide di abbandonare l’insegnamento per
sposare Lola, ma è sempre più deluso da questa vita e vorrebbe ritornare a quello che era prima,
anche se è incapace di compiere il suo proposito. Esaurite nel giro di qualche tempo le sue
disponibilità economiche, Rath è costretto a diventare clown nella compagnia, che dopo qualche anno
riapproda nella città natale del protagonista, proprio all'Angelo azzurro. Il professore si accorge che un
altro artista, Mazeppa, ha gioco facile con la moglie Lola e nel mezzo del numero li scopre appartati:
sopraffatto dall'ira, cerca di strangolare la showgirl ma viene fermato e rinchiuso in una camicia di
forza. Dopo esserne stato liberato, il professor Rath fugge dall'Angelo azzurro e si rifugia nella sua
vecchia scuola, dove muore aggrappato alla cattedra della sua classe. L’attore costruisce questo
capolavoro recitativo sull’equilibrio tra due elementi: la stilizzazione del personaggio e l’umanità che
emerge dalla sofferenza
l cinema tedesco delle origini importa vari attori dai paesi scandinavi. Una di essi è Alsa Nielsen, che fu
per diversi anni la regina dell’eros sullo schermo. La chiarezza con cui tratta la sessualità contribuisce
a definire quel tipo di “innocenza”. Quella stessa chiarezza, è il segnale di un approccio alla
rappresentazione che prevede una gestualità essenziale ed efficiente basata sugli occhi. Nel film
l’ammaliatrice (Pabst, 1925), Asta accompagna Greta Garbo in una macelleria dove, in un ambiente
tra realista e simbolico, un macellaio offre un pezzo di carne in cambio di altra carne. Non Asta, ma
Greta.

PABST
Pabst è stato un regista austriaco. (nuova oggettività che si concentra su temi più borghesi/
realistico/sociali, è un grande narratore. Tra i suoi film più importanti:
- IL TESORO (1923), dove un giovane cerca un tesoro per ottenere la fanciulla che ama, si nota subito
la trasformazione di un dato favoloso in un sodo naturalismo.
- I MISTERI DI UN’ANIMA (1926)
che racconta la storia di un chimico che, rientrato a casa dalla moglie, apprende che suo cugino Erich,
suo amico d'infanzia, è di ritorno da un viaggio in India, e che è intenzionato di venirli a trovare.
Tramite un telegramma gli annuncia di avergli inviato la statuetta di un dio e un'antica spada indiana.
Fellman cade in una crisi depressiva, e durante la notte è tormentato dagli incubi. Scopre di avere
l'ossessione per le armi da taglio, dopo aver sognato di tentare di accoltellare la moglie. Gli impulsi
aggressivi contro la moglie, si concretizzano alla cena di benvenuto del cugino, dove tenta di ucciderla
a tavola. L'uomo, inorridito dal suo comportamento, fugge da casa e va a vivere dalla madre. Si rivolge
a uno psichiatra, il dottor Orth. Al medico, Fellmann parla dei suoi incubi. Lo psichiatra scopre che è la
gelosia, che ha già portato dalla sua infanzia, cioè da quando sua moglie, Eric e lui erano compagni di
gioco, il matrimonio senza figli, e quindi un complesso di inferiorità, a causare in Fellman la fobia dei
coltelli. Con la conoscenza sulle cause, il Dr. Orth spiega che la fobia può essere guarita lentamente.
Fellmann si trasferisce in campagna, dove si dedica alla pesca. Viene a trovarlo sua moglie, che è
accompagnata da un bambino. È importante nel film la psicanalisi, e Pabst aveva chiesto a Freud di
collaborare alla scrittura della sceneggiatura.
- IL GIGLIO DELLE TENEBRE
è molto importante l’attrice Edith Jehanne, innamorata di un giovane bolscevico e insidiata da un
malvagio reazionario. L’abilità pabstiana si nota nel movimento della mdp. È importante lo sguardo in
macchina.
- CRISI (1928), la protagonista Brigitte Helm, guarda nella mdp. C’è la protagonista sposata con un
avvocato sempre al lavoro; una sua amica la porta in un giro mondano, e divorzia dal marito, ma
all’uscita dal tribunale i due coniugi si abbracciano.
- L’OPERA DA TRE SOLDI (1931) fu una trasposizione da Brecht, dove il gangster Mackie Messer sposa
Polly, la figlia del capo dei mendicanti che cerca di farlo imprigionare dal capo della polizia. Durante la
latitanza di Mackie Messer, Polly lo sostituisce e intreccia rapporti con il mondo della finanza, finche il
marito non torna da lei “legalizzato”. Pabst mostra la guerra come macchina totalizzante della
violenza.
-LA TRAGEDIA DI PIZZO PALÙ (1929)
fu girato con Leni Riefenstahl. Il dottor Johannes Krafft è morbosamente attratto dal massiccio del
Pizzo Palù, sul quale, dieci anni prima, a causa di una sua leggerezza, ha trovato la morte la moglie
Maria. Per due volte ha effettuato la pericolosa scalata solitaria della parete nord della montagna. Un
giorno, in un rifugio situato sul versante opposto, incontra Karl e Maria, recenti sposi, che insistono
per accompagnarlo, l'indomani, in una nuova ascesa. Alle insistenze di Karl non è estraneo l'istinto di
competizione destato dalle premurose attenzioni della donna, toccata dalla sua triste vicenda, per
Johannes. Per di più, durante l'ascesa, il giovane pretende di prendere la testa della cordata. Ma le
condizioni del tempo sono mutate. Le calde correnti del Föhn rendono instabili i ghiacci. Mentre più a
valle, una valanga travolge un gruppo di studenti che, per superare i tre, avevano affrontato una
insidiosa scorciatoia, anche Karl è travolto dalla neve, restando sospeso sul vuoto e seriamente ferito
al capo. Nel tentativo di salvarlo, Johannes si frattura una gamba. Impossibilitati a proseguire, i tre
trovano rifugio in una cengia, mentre infuria la tormenta. Quella stessa notte, dal villaggio sottostante
partono le ricerche, guidate da Otto, antico compagno di escursioni di Johannes. Nel bianco inferno
della montagna (richiamato dal titolo originale), alla vivida luce delle torce, vengono presto
recuperati, in un crepaccio, i cadaveri dei cinque studenti. Degli altri nessuna traccia. Senza cibo ed
esposti al gelo e al dolore insopportabile dei traumi subiti, costretti a legare Karl, che ha perso il
controllo, restano bloccati nell'angusto anfratto per più di tre giorni. Solo l'intervento dell'asso
dell'aviazione tedesca Ernst Udet permette ai soccorritori di localizzarli. Ma quando arrivano, non
trovano traccia di Johannes. Dopo essere rimasto in maniche di camicia per proteggere dal gelo i suoi
compagni, ormai privi di conoscenza, raccogliendo le ultime energie si è appartato altrove, nella
grande montagna. Salvi, al caldo del rifugio, Maria e Hans apprendono da Otto le ultime volontà di
Johannes, vergate su di un taccuino trovato vicino a loro: "Non mi cercare. Lasciami andare ai luoghi ai
quali appartengo.” La Riefenstahl diverrà la massima regista del nazismo. Si nota il segno di Pabst
proprio dai primi piani e gli sguardi in macchina dei personaggi.

IL VIAGGIO DI MAMMA KRAUSE VERSO LA FELICITÀ (1929)


è un film muto del 1929 diretto da Phil Jutzi. Mamma Krause è una giornalaia che, negli anni venti,
vive nel suo modesto appartamento berlinese insieme ai due figli, Erna e Paul. Per tirare avanti, ha
subaffittato parte della casa a un altro inquilino. Questi è un truffatore la cui compagna è una
prostituta. L'uomo non solo seduce Erna, ma spinge Paul - che ha rubato l'incasso della vendita dei
giornali della madre - sulla cattiva strada, una strada che finirà per portare il ragazzo in prigione. Il
viaggio di mamma Krause sarà quello verso la morte, suicida insieme alla bambina della prostituta. Il
film è girato in una voluta incidenza di mdp mossa, quasi oscillante. Il suicidio è un exit favoriti del
cinema di Weimar, a conclusione della sventurata parabola di vari personaggi. Quello di mamma
Krause è l’indizio di una invisibilità sociale delle classi povere tedesche.
KUHLE WAMPE È UN FILM DEL 1932 DIRETTO DA SLATAN DUDOW. La pellicola è inerente al tema
della disoccupazione e della sinistra politica nella Repubblica di Weimar. Tra i primi film sonori
tedeschi, mostra la differenza di potenzialità del cinema sonoro e del cinema muto. L’inizio mostra un
ambiente abitativo proletario. Un giovane torna a casa, senza aver trovato lavoro, si toglie l’orologio e
si lascia cadere dalla finestra. Dopo “Il viaggio di mamma Krause verso la felicità” è il secondo suicidio,
e in entrambi i casi per la pressione degli eventi che portarono ad Hitler. C’è una componente
criticamente realista di una condizione storico-sociale.
-HERTA THIELE, una dei personaggi di Kuhle Wampe, interpretò anche una ragazza adolescente in
Ragazze in uniforme che si innamora della sua istitutrice, creando scandalo e approvazione
soprattutto nel pubblico femminile. Il film finirebbe con uno dei suicidi che sanciscono disperate
condizioni di vita narrate in certi film di “sinistra”. Ma le collegiali strappano la loro compagna alla
ringhiera mettendola in salvo. Un altro film lesbico fu “La calunnia” (1936), in cui due insegnanti
(interpretate da Audrey Hepburn e Shirley MacLaine) vivono un rapporto lesbico. Il nazismo vietò tutti
questi film.
-LENI RIEFENSTAHL fu un’attrice e regista tedesca. Fu celebre soprattutto come autrice di film e
documentari che esaltarono il regime nazista e che le assicurarono una posizione di primo piano nella
cinematografia tedesca del suo tempo. Lei disse di aver separato da Hitler l’ideologia dalla persona.
Non approvava il nazismo, ma apprezzava il “socialismo” che avrebbe risolto il problema dei
disoccupati. Disse di essere stata al cospetto di Hitler come trascinata, senza quasi volere. Girò tre
documentari con Hitler: il trionfo della fede, il trionfo della volontà, il giorno della libertà - la nostra
Wehrmacht. Mediante la Riefenstahl, Hitler voleva una propaganda come parte integrante del proprio
programma. Leni, non rispecchia soltanto, ma contribuisce all’evento mentre si produce. Girando
sulle Alpi, la Riefenstahl chiese delle comparse con tratti più “mediterranei”, quindi vennero mandati
alcuni rom, che si dice che dopo furono mandati nei campi di concentramento. Bassopiano è un film
del 1954 di Leni Riefenstahl. La storia della vorticosa e lunga produzione inizia nel 1934, quando la
Riefenstahl scrive le prime bozze di sceneggiatura e riesce a procedere con la lavorazione tra il 1940 e
il 1944, ma è costretta a sospenderla e rinviarla a causa del conflitto in corso. Nel 1954, con la fine
della guerra e la possibilità di ultimare il film, la Riefenstahl riprende il materiale girato e procede col
montaggio riuscendo a pubblicare la pellicola.
MALEDETTI & ANOMALI. PIER PAOLO PASOLINI
Eros, delinquenza, scrittura
PARTE I
LO SCEMPIO. PRIMO TEMPO
IN CUI ANALIZZA L’ADATTAMENTO

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