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Cinema e comunicazione audiovisiva

Lezione 1 30/9

La storia del cinema può essere:


 Geograficamente orientata, occidentale con riferimento anche a prodotti che provengono da altre
parti del mondo.
 Ideologicamente orientata, es. femminista o a vocazione ecologica… si legge la storia del cinema a
partire da tutte queste cose
Film come testo, qualcosa che si dà alla nostra lettura e che può essere letto in molti modi (interpretazione).
Capire il film come modo per orientarsi nella storia del cinema stesso.
Verso la fine dell’Ottocento si ha la nascita del cinema con i fratelli Lumiere, è un invenzione giovane che
nasce in un momento di aumento tecnologico e per questa ragione che i cinema si evolve anche molto
velocemente. Il cinema viene visto come una rivoluzione perché per la prima volta le immagini
incominciano ad essere in movimento.
Il cinema, inizialmente, si presenta come forma di avanspettacolo e solamente dopo come un’arte.
Inizialmente era un’arte minore, di strada e popolare, ma nell’arco di pochissimo tempo arriva ad essere
riconosciuta come vera e propria forma d’arte capace di far pensare e far filosofare.

Analisi breve dei film obbligatori da vedere

Georges Méliès “Viaggio nella luna” (1902)


Georges Méliès è il padre fondatore del fantastico, capisce che con il cinema si possono raccontare storie
fantastiche attraverso la messa in scena. Lavora nello spazio profilmico ovvero con tutto ciò che sta
all’interno della macchina da presa.

Giovanni Pastrone, “Cabiria” (1914)


Ambientato a Torino, è noto per essere il primo colossal della storia, si tratta di cinema delle origini che si
sviluppa prettamente a Torino.
Il film è presentato come una nuova edizione dei classici di D’Annunzio, egli infatti scrive le didascalie di
questo film e viene presentato come l’autore perché aveva più fama del regista. D’Annunzio viene usato
come nome forte che da spessore al film.
In questo film si parla di didascalie perché il cinema delle origini era muto, c’erano solo le musiche in sala o
dal vivo. Le prime pellicole non avevano una pista su cui incidere il sonoro e quindi le didascalie servivano
per poter comprendere gli snodi narrativi. Le didascalie mettevano, quindi, in luce la necessità del cinema di
sopperire alla mancanza dell’audio, era un’esperienza diversa del cinema.

Fritz Lang “Der Müde Tod” (Destino) (1921)


Fritz Lang è un regista tedesco famoso per il film di fantascienza “Metropolis”.
In questo film è presente la rappresentazione della morte come antropomorfizzata, è un viaggio che viene
fatto per cercare la morte e chiederle di far tornare in vita persone care.
Potenza figurativa del cinema, la morte viene rappresentata sottoforma di persona umana e potenza icastica,
è un film che risalta la capacità di catturare l’attenzione.

Carl Theodor Dreyer “La passione di Giovanna d’Arco” (1928)


Film danese, rappresentazione della sofferenza. Film dedicato al processo che Giovanna d’Arco subisce, è
pieno di primi piani e il suo volto è importante perché ha la capacità di trasmettere emozioni, dunque, riesce
a rappresentare la sofferenza della protagonista.
Primo piano – invenzione posteriore alla nascita del cinema perché il cinema delle origini era maggiormente
basato su figure intere.
Fuori campo – con lo sguardo rivolto al fuori campo Giovanna d’Arco ri rivolge a Dio, ha uno sguardo
disperato verso il cielo.
Sistema semisimbolico – messa in congiunzione coppie di opposizioni es. alto/basso con Dio/vita terrena.

“Martyrs” Layer 2008 – film thriller che rappresenta la passione. Il fuori campo qua diventa deposito
dell’immaginario, dell’impensabile e di tutto ciò che non si può dire o vedere.
“Susanna!” H. Hawks (1938)
Commedia degli equivoci

“La regola del gioco” J. Renoir (1932)


Film criticato ma poi fortemente rivalutato. Storia molto semplice: aviatore che attraversa l’atlantici e poi
ritorna in Francia dove ad aspettarlo c’è un’enorme folla di persone, viene accolto come un eroe solo che ad
aspettarlo manca la donna che lui ama, donna che però è pure sposata.
È una storia di amori illegittimi, passioni e tradimenti ed è un film che portato avanti come un grande
dramma (alla fine morirà uno dei personaggi).
Con questo film viene raccontata la decadenza della classe borghese francese e anche l’ombra di un’Europa
che si affaccia alla diffusione dei totalitarismi.

“Quarto potere” Orson Welles (1941)


Idea di cinema come riflessione sui mezzi di comunicazione. Esempio di metacinema, ovvero di cinema che
riflette sul cinema stesso. Viene fatto un riferimento al cinema come mezzo di comunicazione che persuade
le masse, idea che era sostenuta dalla sociologia della comunicazione delle origini (teoria dell’ago
ipodermico).

“Roma città aperta” Roberto Rossellini (1945)


Film che rappresenta al meglio quello che è il realismo italiano. Parla di resistenza in un periodo in cui in
Italia c’era l’occupazione tedesca. È uno dei primi film che testimonia questo pezzo della storia italiana.

“Sentieri selvaggi” J. Ford (1956)


Cinema western americano che però viene messo sotto accusa perché definisce fortemente i ruoli di genere.
Film che però è utile perché scandisce fasi della storia del cinema che devono essere compresi anche se
vanno contro la sensibilità e le tematiche del giorno d’oggi.

“Nazarin” L. Brunel (1958)


Regista surrealista, cinema surrealista di profonda riflessione sull’onirico e il sentimentale che ha radici
anche nel sociale. Storia di un prete che compie un pellegrinaggio perché cacciato da luogo in cui vive.
Tensione morale con forte istanza del desiderio e la pulsione sessuale. Unione di personaggi dannati che al
tempo stesso vivono per la salvezza, dimensione reale contrapposta a quella del sogno.

“La donna che visse due volte” A. Hitchcock (1958)


Orrore, messa in sena del lato oscuro dell’uomo. Cinema spionistico con ve nature sarcastiche e caustiche.
Film nel qiale compare il tema del doppelganger.

Jean-Luc Godard “A bout de souffle” (Fino All’ultimo Respiro) (1960)


Film manifesto del cinema moderno, cinema di rottura con quello classico, si eliminano diverse regole
classiche.

“La fontana della vergine” I. Bergman (1960)


Tema della trascendenza – giovane ragazza figlia di un uomo estremamente credente viene stuprata e uccisa
da dei briganti mentre stava andando a fare una commissione religiosa per il padre.
Assoluto male dell’uomo che si scontra con l’innocenza della ragazza, mondo adulto che deturpa quello
dell’infanzia. Padre accecato dalla fede che non capisce il pericolo dell’azione che ha fatto svolgere alla
figlia, viene punito dalla stesa fede (crisi della fede).

“Il coltello nell’acqua” Polanski (1962)


Regista vittima di accuse di reati gravi.

“Il laureato” M. Nichols (1967)


Epoca di messa in discussione dei precetti che hanno a che fare con il ricambio generazionale, periodo che va
incontro alle grandi proteste del ’68. Storia di un giovane laureato che non trova il suo posto nel mondo,
cerca di capire tutto da un punto di vista esistenziale.

“M*a*s*h” R. Altman (1970)


Critica della guerra del Vietnam.

“La conversazione” F.F Coppola (1974)


Ruolo importante del suono, film che dà l’idea del contrappasso. Tema dell’onniscopia, idea che siamo
sempre osservati da tutti. Film che apre all’idea della società della videosorveglianza.

“Velluto blu” Lynch (1986)

“Full metal jacket” Kubrick (1987)


Cinema bellico, film di guerra. Si colloca nel filone di film che, oltre a raccontare la guerra, la critica anche.

“Essere Jhon Malkovich” Jonze (1999)


Film di mistero.
Sceneggiatore – Charlie Kanufman

“Iron man” Favreau (2008)


Marvel studios – una delle più fiorenti industrie culturali. Film di consumo che hanno la pretesa di costruire
un paradigma estetico.

“La favorita” Lanthimos (2018)


Cinema autoriale contemporaneo. Film d’epoca vittoriana che usa le nuove tecnologie di ripresa e nel quale
sono presenti elementi del post-moderno.

Lezione 2 07/10

Immagine in movimento come requisito minimo per poter parlare di cinema. I requisiti minimi
dell’immagine in movimento sono:
 Una mediazione schermica di qualche tipo, necessario per far uscire l’immagine verso di noi
 Una disgiunzione spazio-temporale tra chi osserva l’immagine e quello che l’immagine contiene .
Eterotopia – cinema come congiunzione di due mondi spazio-temporali che altrimenti non
potrebbero toccarsi (Foucault), si mettono in comunicazione due ontologie diverse: la realtà del
fruitore e quella del contenuto stesso.
 Una possibilità tecnica di impressionare il movimento , senza la strumentazione adatta non si possono
catturare le immagini in movimento
 Un qualche set di regole formali, si segue un linguaggio e una grammatica precisa. Per dare
significato ai testi, immagini si condivide un codice, si mette in evidenza quella che è la competenza
metalinguistica. C’è sempre un set di regole alla base, nel momento in cui questo vengono meno è lo
spettatore che le crea.

Il cinema si fonda quindi su dei linguaggi (gestuale, prossemico, verbale, vestimentario…). Linguaggio come
insieme di regole condivise che rende possibile scambiarci la comunicazione.
Es. grammatica del film sempre composta da scala dei piani, prospettive, illuminazioni, colori, dentro e fuori
campo, movimenti di macchina e montaggio.

“Gli intoccabili” (Brian de Palma 1987) finale: utilizzo profondità di campo, angolazioni dal basso,
inquadrature centrali e di sbieco, primi piani e rallenty. Film stucchevole con sequenze che durano anche
troppo, costruzione del film fatto da manuale. Linguaggio troppo pieno.

Bisogna pensare il film come testo particolare, sincretico ovvero che mette insieme più linguaggi (sonoro,
montaggio, parole e immagini…) e che è costruito su dei codici generali (quelli che derivano da altri mezzi
di comunicazione come codici fotografici o teatrali) e particolari (quelli che si hanno solo nel cinema e non
in altri apparati, es. sguardo in macchina che ha una sua specificità nel film).

Semiologia del cinema


Christian Metz è uno dei più importanti semiologi di questo campo. Semiologia del cinema che nasce in seno
allo strutturalismo utilizzando il cinema come mezzo complesso da comprendere e studiare. Cinema come
qualcosa che produce riflessioni. Anche nei semiotici più importanti si ritrovano sempre riferimenti al
cinema perché esso e il grande motore dell’immaginario, comune denominatore delle scienze della
comunicazione (es. Roland Barthes ha scritto un saggio sul cinema).
La semiotica considera il film come un oggetto totemico. Anche Barthes e tutti i semiotici interpellano ad un
certo punto il cinema (non si può dire lo stesso di altre arti).

Strumenti di rilievo:
 Riflessioni sullo sguardo (vedi anzitutto: Francesco Casetti): si sviluppano nell’ambito specifico
della semiotica del cinema e ancora oggi sono considerate rilevanti
 Produzione e test di specifiche narratologie
 Scardinamento del concetto di enunciazione dalle sue fondamenta glottocentriche
 Estensione delle riflessioni sulla moving image dal film in quanto testo estetico alle immagini in
movimento tout court → semiotica dell’esperienza (dei e dai media)
 Collaborazione diretta con altre discipline (si diceva già la psicanalisi, ma pure la sociologia, nel
passaggio dal testo ai ricettori [vedi anzitutto: Gianfranco Bettetini], oggi le neuroscienze…)

La semiotica nel cinema oggi: è una materia giocoforza ibrida, memore del dibattito che l’ha animata nei
decenni precedenti, ma proiettata a un dialogo fruttifero che si pone (o che si deve porre) domande
«aggiornate», che si estende programmaticamente a uno studio estensivo dei media e che tratta il film come
un complesso artefatto culturale capace di convocare plurivocamente le tre grandi direttrici semiotiche
classiche (sintassi, semantica, pragmatica)

Funzione primaria del cinema: raccontare delle storie, cinema come macchina che produce racconti nei
quali possiamo proiettarci (idea di immedesimazione).
Cinema come macchina di racconti:
 Originali: storie pensate per diventare un film. Es. “Will Hunting” e “American Beauty”, racconti
pensati per essere subito dei film, manca così un paragone.
Ci sono anche racconti a soggetto originale ma che si ispirano a fatti veri es. “Elephant” che riguarda
i massacro della Columbine High School, fatto che suscita un clamore mediatico a tal punto da farci
un film sopra. Film che racconta una storia vera, l’evento non è modificabile ma ricostruibile, nel
film questo evento tragico assume un tenore estetico, lente puntata sugli assassini e sulla loro
condizione psicologica, interpretazione che si trova dall’altra parte dell’evento. Trasformando
l’evento in un film e come se gli attribuisse un significato. Questo differisce dal documentario per
quanto riguarda la pretesa di oggettività, un film del genere ha la necessita la pretesa di oggettività
nel documentario invece questa viene a meno perché anche il documentarista molto spesso è
all’interno del contenuto prodotto.
 Tradotti: storie che vengono riportate in film. Es. pinocchio
Traduzioni intersemiotiche: traduzione da un sistema di segni di un certo tipo (racconto scritto) ad un
altro sistema di segni (cinematografico)
 Espansi: film che attraversa le piattaforme e mezzi e si declina secondo questi mezzi (trans-cinema,
hype). Es. cinema degli smartphones, home movies, fan footage, videoarte, serie tv, web series…

Grazie a tutti questi racconti nasce la storia del cinema che è fondamentale perché il passato aiuta a capire
anche il presente. Jamson scrive “post-modernismo” in cui dice che nell’epoca post-moderna il passato si
appiattisce con il presente. Conoscere il passato, quindi, è utile per noi, ci serve per entrare nello spirito del
tempo.

Es. “Viaggio attraverso l’impossibile” è uno dei padri fondatori del cinema, sperimenta con gli effetti
speciali e fa cinema a colori (colorando la pellicola in B/N oppure imbevendo la pellicola in dei liquidi
specifici che la colorano). Questo cinema si può definire dell’integrazione narrativa, ma si punta ancora
moltissimo sullo stupire lo spettatore attraverso l’immagine più che sulla storia. Il montaggio, in questo
momento, esiste ma è minimale: ogni arco narrativo ha un taglio.. Se si guarda questo film è possibile
comprendere film attuali.
Questo film di Méliès è del 1904 dove il cinema narrativo non era ancora nato, al contrario era ancora molto
forte la componente attrazionale, stupire con la magia dell’immagine cinematografica. Montaggio che
sancisce la fine di blocchi narrativi, si procede per quadri. Attenzione alla costruzione di scenari che
sembrano posticci, sono cartonati ma per l’epoca sono interessanti.

I mezzi di comunicazione che sono in grado di creare nostalgia per epoche che non abbiamo mai vissuto (es.
stranger things che si rifà al cinema di Spielberg, video della canzone Tonight, Tonight degli Smashing
Pumpkins che ricorda il cinema di Méliès).

Stora del cinema anche come storia testimoniale, attraverso il cinema abbiamo la fonte storica di come
funzionavano epoche che non possiamo più vivere. Attraverso il cinema si costruire la ricerca storica.
es. “Shoah” film monumentale che dura nove ore ma fonte importante per capire la Shoah.
es. “Chiara Ferragni Unposted” filmini (home movies) che vengono adoperati per ricostruire la sua storia.
Storia del cinema anche come arte, come è importante fare storia dell’arte è altrettanto importante fare
quella del cinema quindi storia del cinema come storia dell’arte, del pensiero e della filosofia. Idea che il
cinema sia anche un oggetto filosofico, le idee vengono passate attraverso un altro anale e a volte anche in
maniera più efficace.
Storia del cinema come storia della tecnica e del sociale, cinema che aiuta anche a comprendere la società
es. “Ladri di biciclette” che mette in evidenza una particolare condizione sociale che si aveva in Italia.
Storia del cinema come evasione, come luogo di espletazione dell‘impossibile, è proprio la ricerca di
evasione e di nuovi mondi che giustifica quello che è stato ed è il grande successo del cinema.
Es. “La guerra e il sogno di Momi”, Segundo de Chomon, 1917: usa quella che noi oggi chiameremmo stop
motion. Gli elementi impossibili sono rappresentati dal fatto che si entra nel sogno di quant’altro e gli oggetti
inanimati si animano.
Es. “Chi ha incastrato Roger Rabbit”, Robert Zemeckis 1988, cartone animato che interagisce con il live
action. Cinema post-moderno: è stata l’apoteosi della tecnica mista prima che quest’ultima venisse inglobata
dalle nuove tecnologie del cinema. Roger Rabbit fu un crossover definitivo dove cartoni in 2d e personaggi
umani in live action interagivano effettivamente (il personaggio animato poteva prendere in mano un
martello vero). Qui c’erano personaggi Disney, Warner bros, molti non furono inseriti per problemi di
copyright.
Es. “Contact” Robert Zemeckis 1997, sbalzo prospettico usato per aumentare l’effetto drammatico, sembra
un rallenty sulla ragazzina che corre ma poi si vede lei che apre lo specchio, quindi come se corresse
specchiata. Prova della capacità del cinema di rendere visivo e pubblico qualcosa che è privato.

Lezione 3 08/10

Cinema che invita anche alla sperimentazione es. “Se mi lasci ti cancello” (Eternal Sunshine of the
spotless mind di Gondry (2004), storia di un amore finito, mondo orchestrato dove è possibile cancellare dei
ricordi. Tutto il racconto è impostato sul sogno nel quale i ricordi vengono cancellati.
Esempi degli effetti speciali analogici in questo film:
- scena dove i due impiegati vanno a fare il lavoro per togliere i ricordi a casa di Joe, ci sono prima loro due
e poi in altri momenti i sogni di joe. Inizia il sogno di Joe che va in auto per andare ad inseguire Clementine.
Intanto il mondo davanti a loro si sgretola. Torniamo poi nel mondo vero dei due impiegati.
Nel momento in cui lui corre, mentre passa dietro ad un palo, l’inquadratura rimane vuota per un momento.
Lì c’è uno stacco dove viene ribaltata l’immagine nel montaggio e si cambiano le insegne e le vetrine dei
negozi.

Accesso ai sogni: “La conversazione” Coppola, sequenza onirica che viene rappresentata con un’anemia
strana nelle orecchie e le inquadrature movimentate. Il protagonista è in paranoia perché crede di essere
spiato con delle cimici e quindi è tormentato. Abbiamo delle inquadrature molto movimentate e ricorre
subito al primissimo piano (cosa che ci disturba quasi sempre) dando l’idea di intimità del sogno all’interno
del corpo. Primo piano che dà idea di intimità come se il sogno fosse innervato nella persona che lo sta
facendo. Elemento del fumo che rende maggiormente la sensazione di sogno. Montaggio alternato:
passaggio veloce dal sogno al sognante.
Nei sogni cinematografici c’è sempre una dicotomia, ci sono sempre due modi di rappresentare il sognante
nel sogno dentro il sogno:
 sogni muti in cui il sogno è passivo, il sognante subisce
 sogni attivi, sonori, dove il sognante si confessa e si fa anche una piccola psicanalisi

Periodizzazione della storia del cinema occidentale fasi principali che definiscono la storia del cinema.
Periodizzazione che non tiene conto delle correnti cinematografiche che nascono (es. realismo italiano). È
una periodizzazione standard per poter comprendere a grandi linee le trasformazioni del cinema.
Cinema delle attrazioni (1895-1908): scarsamente narrativo, si veniva rapiti dalle immagini. Le immagini
erano fortemente movimentate per creare questa sensazione di attrazione.
Cinema come forma di avanspettacolo, impattante e travolgente. Forme di impatto e travolgimento sensoriale
che portavano ad enormi reazioni nel pubblico.
Es. corto di Louis Lumiere “L’arroseur arrose” (innaffiatore innaffiato) 1895, primissimo film di azione.
Confini dell’inquadratura che descrivono un mondo che fa per sé. Questa è una gag comica, una slapstick
comic. Vediamo il burlone scappare, sta per uscire dall’inquadratura ma il signore lo tira indietro
nell’inquadratura. Gli elementi dell’immagine cercano di uscire me vengono trascinati dentro come una
centrifuga. Non puoi uscire dai confini dell’inquadratura. Concezione del cinema come uno spettacolo
voyeuristico. Se il burlone fosse uscito dall’inquadratura noi ci saremmo chiesti: cosa accade fuori campo? E
questa domanda è inammissibile nel mondo del cinema delle attrazioni.
Es. “Un uomo di testa” Méliès 1898, molto ricorrente lo sfondo nero funzionale a creare i trucchi visivi.
Tecnica del mascherino-contro mascherino e le prime prove di zoom. Attrattività dell’immagine in
movimento e del rappresentato, i lumiere per esempio vanno volontariamente in posti esotici perché vogliono
far vedere cose esotiche al loro pubblico (es. danse egyptienne, danno accesso a un mondo che altrimenti in
questi tempi non sarebbe stato possibile vedere).
Negli stessi anni in Inghilterra si sviluppa la scuola di Brighton, scuola di cineasti che si interrogano sui
limiti e le possibilità del linguaggio cinematografico nascente, per esempio si pongono il problema della
distanza tra soggetto e cinepresa.
Es. “Il grande boccone” James Williamson 1901, fa avvicinare la macchina da presa ad un uomo in modo
tale da far vedere come anche l’operatore cinematografico, che stava riprendendo l’uomo, potesse essere
mangiato. Fuori campo attivato a tal punto da distruggerlo e crearne un altro, nel momento in cui l’uomo
mangia l’operatore si ritorna alla visione iniziale capendo che dietro tutto ciò c’è per forza un altro operatore.
Questo è un esempio totale e assoluto di meta cinema. È l’attore che si avvicina alla macchina da presa.
Viene attivato l’antecampo (o fuori campo proibito), lo spazio che sta oltre la quarta parete, dove c’è
l’operatore. Non si può mai distruggere il quarto campo, se ne crea subito un altro.
Es. “La lente di ingrandimento della nonna” George Albert Smith 1900, inquadratura soggettiva, noi
vediamo quelle cose come se fossimo nello sguardo del bambino. Dialettica tra inquadrature oggettive e
inquadrature soggettive (nei film di Méliès questo non accade perché sono tutte oggettive). L’occhio è
capace di indugiare sia a livello macroscopico e che microscopico. Abbiamo sia inquadrature oggettive che
soggettive. Il cinema come occhio capace di indugiare sia nel mondo macroscopico ma anche nel mondo
microscopico. Infatti, in questi anni si sviluppa una corrente cinematografica molto florida che è quella del
cinema scientifico, al microscopio, che riprende movimenti del sangue e dei batteri. Si parla per la prima
volta di cronofotografia. Il cinema in grado di rappresentare sia cosa grandi che piccole. Lo spettatore guarda
qualcuno che guarda, abbiamo un riflesso dello spettatore che sta guardando. L’inserimento di elementi
animali è sempre un elemento attrazionale
Es “L’incidente di Mary Jane” George Albert Smith 1903, tentativo di essere più narrativo. Inquadratura
simmetrica, c’è ancora attenzione ai codici compositivi. Mary Jane è interpretata da un uomo.
Ammiccamento allo spettatore che funzione come forma di prolessi, cioè come anticipazione. La donna sa
che sta usando un materiale estremamente infiammabile per fare le sue faccende e l’occhiolino in camera
stabilisce una complicità attiva con lo spettatore, è una forma di interpellazione, prepara lo spettatore
all’evento catastrofico che arriverà (scoppierà tutto). Il fumo è un grande effetto speciale del cinema delle
origini e qui si usa per far uscire la donna come se fosse sparata via dall’esplosione. Esce dal comignolo e
escono anche degli altri pezzi. C’è prima uno stacco quando lei prende il flacone di paraffina, abbiamo un
taglio, un montaggio sperimentale. Abbiamo un’enfasi sulla lapide, scherzosa, rest in pieces. Abbiamo la
tecnica della sovrimpressione per rendere la trasparenza che sarà poi usatissima.
Cinema dell’integrazione narrativa (1908-1918): il cinema si mobilita per diventare un’arte più nobile,
grande lavoro di integrazione narrativa. Il cinema inizia a confrontarsi con la possibilità della drammaturgia,
iniziano a nascere i veri attori. Il cinema inizia anche a volere degli autori per avvicinarlo anche alla
letteratura.
Cinema come mezzo di sedimenta e assieme al tessuto sperimentale e alle attrazioni mostrative prende piede
l’esigenza di raccontare storie vere e proprie. Due propensioni di racconto (lumiere più realismo, Méliès più
fantastico).
1915: rilascio del film “The Birth of a Nation”1915 Griffith, uno dei primi film ad aver un montaggio
analitico effettivo e primo film lungo. Dura 190 minuti, storia estremamente razzista, è ambientato durante la
guerra di secessione americana che si conclude con una parata del Ku Klux Klan che mette ordine a tutto. È
un colossal con moltissimi incassi e a noi interessa come viene raccontata la storia. Il coraggio di Griffith sta
nell’usare tutto quello che era stato creato cinematograficamente fino a quel momento. Abbiamo il primo
montaggio analitico, il montaggio alternato. Dal punto di vista linguistico è un film fondamentale. Il film fu
riempito di critiche per il razzismo anche all’epoca, tanto che poi Griffith girerà un fil l’anno dopo chiamato
Intollerance per poter rispondere alla accuse.
Es. “Intollerance” film a 4 episodi che utilizza per togliersi dalle accuse di razzismo del film precedente
Giglio infranto, racconto sul potere dell’alterità, girato nei sobborghi di Londra. Racconta la storia di un
amore impossibile tra Lucy, figlia di un alcolizzato, e Cheng un cinese arrivato in Inghilterra per portare il
buddismo. Il modo in cui questa storia viene raccontata mette in evidenza come per Griffith il tema
dell’alterità sia estremamente importante.
Es. “Giglio infranto” (1919) Griffith qui racconta la storie dell’amore impossibile tra una donna e un uomo
cinese che prova a portare a Londra la sua dottrina buddista. Il tema dell’alterità viene messo in scena con
molta delicatezza. Ha delle didascalie vocative, poetiche, come a dare il senso dell’atmosfera.

Lezione 4 14/10

“Cabiria” 1914, Giovanni Pastrone fonda propria casa di produzione (torinese) Itala. Motto della casa di
produzione: fissità, obiettivo di fare riprese fisse. Pastrone eclettico e musicista, appassionato di medicina
(medico autodidatta). Uomo attento all’aspetto artistico dei film ma anche al marketing es. usa il nome di
D’Annunzio per sponsorizzare il film. Inoltre le musiche di questo film sono affidate ad un musicista
dell’epoca che aveva una fama enorme, crea la sinfonia del fuoco, solo dieci minuti dell’intero film perché
non era convinto del tutto che il cinema fosse un’arte totale, cosa che invece voleva dimostrare lo stesso
Pastrone con questo film. Film con montaggio di 3500 metri di durata di tre ore.
Scenografia volumetrica, primo film in cui compare la carrellata per riprendere più porzioni di spazio, in
Cabiria ci sono le prime effettive carrellate.
Trama complicata vuole essere una grande trasposizione di un romanzo storico in immagini, film ambientato
nell’epoca delle guerre puniche, inizia con l’eruzione dell’Etna e segue le storie della piccola Cabiria che
viene rapita dai fenici per essere sacrificata a un dio pagano (Moloc). Cabiria è nata dal fuoco, come se fosse
la figlia dell’eruzione vulcanica con cui si apre il film. Componente attrazionale ancora forte, ma grande
impatto narrativo.
Film che viene proiettato alla Casa Bianca e ha un circolazione nazionale e internazionale fortissima.
Fonti letterarie esplicite: Salgari e Flaubert
Una delle altre cose che inventa Pastrone è lo spin off, Maciste in Cabiria è un personaggio secondario con
caratterizzazione specifica: buono e non troppo intelligente, nobiltà e purezza d’animo riflessa dai suoi
muscoli. Maciste è il forzuto per eccellenza, interpretato da Bartolomeo Pagano. Nel 1916 Pastrone fa uscire
“Maciste alpino” salvaguardando i tratti che rendono Maciste un personaggio amato e lo disloca in uno
spazio-tempo completamente diverso, non più terso secolo ma durante la grande guerra con gli alpini. Fa
un’operazione intertestuale, il Maciste alpino è uno dei tanti modi con cui il cinema parla della guerra, la
metabolizza e la interpreta, mostra la vita degli alpini, tutto secondo il filtro di Maciste.
Nei decenni Maciste diventerà poi anche un personaggio seriale un po' come Totò.
Integrazione narrativa: il cinema vuole espandersi, non essere esclusivamente una forma di avanspettacolo,
attirare i colti, benestanti e snob. Il cinema vuole solidificarsi come mezzo narrativamente autosufficiente. La
critica che spesso veniva mossa al cinema era che non si capiva quello che si guardava ed è per questo che si
è spinto tanto verso la narratività.

Cinema classico (1918-1955): fase del cinema hollywoodiano classico, industria che si solidifica perché
l’industria cinematografica esisteva già. Nasce il divismo e lo star system, si moltiplicano gli autori e questo
vale anche per le cinematografie europee. Nasce l’idea di cinema come macchina dei sogni. Obiettivo del
cinema di trasportare e proiettare nei film come se ci si dovesse dimenticare anche di essere nella sala.
Cinema totalmente avvolgente che accompagna lo spettatore dentro di sé e lo culla, il mondo esterno viene
completamente annullato quando si è al cinema.
Vengono fondati i generi in questo momento, nell’occidente inizia per davvero una produzione seriale di
film marcatamente di genere (es. film romantico, horror, thriller avventura).
Il codice Hays: entra in vigore nel 1934 e definisce l’ideologia del cinema classico, codice molto severo e
ideologicamente orientato. Secondo questo codice i film devono promulgare rispetto delle leggi degli uomini
e della natura, il male deve perdere contro il bene o non presentare e condannare ogni forma fi vita dissoluta.
No erotismo, no blasfemia, violenza…
Ovviamente c’è chi si oppone a questo codice es. Tod Browning “Freaks” 1932, campionario di diversità
umane che nel film sono rappresentati come lavoratori di un circo ambulante. La capa di questo circo sfrutta
le persone in malo modo. Film che subisce censura, finale tragico perché la capa viene esposta alle stesse
violenze che lei commetteva verso queste persone. Film crudo, storia di vendetta e di punizione e molto
spietato, che usa la strategia dell’attrazione verso il freak, verso la diversità e la mostruosità.
l freak ci attrae, siamo attratti dall’alterità, dalla mostruosità. Questo è un revenge movie→ la capa parte da
una presunzione tipica: presume con le persone data la disabilità fisica ne abbiano anche una mentale.
Il tema del freak con lo stesso sostrato ideologico, traslitterato nell’era dei social media es. “Tusk” Kevin
Smith 2014 podcast sui fenomeni da baraccone, commenta e prende in giro persone che lui considera
fenomeni da baraccone. Paragone stretto con il film di Browning quando incontra un tizio strano in Canada
lui va per intervistarlo ma viene trasformato in un tricheco umano. Film che è un dramma nel quale il
protagonista accetta di perdere la propria umanità.
Il film ti prende e ti deve catturare senza farti rendere conto che stai guardando un film, il film attiva con il
suo spettatore la sospensione dell’incredulità, bisogna dar per buono che quello che si sta guardando sia vero.
Nel cinema classico si sviluppa anche il montaggio invisibile (decoupage classico) es. “Colazione da
Tiffany”.
Charlie Chaplin: grande autore del cinema classico Hollywoodiano ha creato il personaggio di Charlotte
che è un vagabondo che si caccia nei guai. Nascita degli attori bambino. Film muti comici ma con forte vena
melodrammatica. Film sonoro 1940 “Il grande dittatore” film nel quale parodizza il monologo di Hitler,
monologo che ha una forte vocazione interpellativa anche se nel cinema classico questo non avveniva.
Accusa profonda alla guerra che lo porta a non rispettare quelle che erano le regole linguistiche. Decide di
utilizzare la voce per fare un discorso contestualmente riferito ma di portata globale.

Cinema della modernità (1955-1975): cinema che vuole fare tutto il contrario rispetto a quello classico,
vuole mettere lo spettatore in una posizione scomoda, cinema di rottura con la fase classica, cinema che ha
assimilato e compreso la fase classica ma la vuole distruggere. “Macchina degli incubi”, cinema che mira a
generare fratture, a rompere sogni, a rivelare finzione e a confondere i piani.
Fase della nouvelle vague in cui si intensifica anche il lavoro critico nei confronti del cinema, sorge l’analisi
del cinema (cahiers du cinéma).
Ripresa di elementi linguistici prima proibiti come l’interpretazione diretta.
Fase della “New Hollywood”: fra gli anni ’70 e ’80, discussione degli statuti estetici e ed etici la risposta
rispetto alla crisi dei generi, che si aveva nella nouvelle vague, è una messa in discussione dei generi
attraverso la loro mescolanza.
Luis Bunel “La via lattea” 1968, lavora tra i cortocircuiti tra reale e immaginario, non si riesce mai a capire
quando la protagonista sogna e quando è, invece, nella realtà. Mescola i piani dell’onirico e del reale es. il
protagonista si immagina la fucilazione di un papa ma quello accanto a lui sente i colpi di pistola che erano
solo nella sua mente. Critica feroce alla chiesa cattolica, feroce nei confronti della morale cattolica es.
“Viridiana” protagonista che sogna di diventare suora ma che poi non lo farà ma si dedicherà all’aiuto delle
persone più povere, ospita dei clochard che però si approfittano della sua bontà e fanno di tutto in casa sua,
imitano anche l’ultima cena facendosi una foto a tavola. Un dipinto che celebra uno dei momenti più sacri
prima della passione di cristo viene desacralizzato, atto di blasfemia.

1993 (già fuori dall’era del cinema moderno) “Helas pour moi” Godard, elementi distruttivi al massimo:
 campo/controcampo distrutto
 utilizzo del fuori sync, sposta volontariamente l’audio rispetto al labiale
 film diviso in capitoli che però non significano e non indicano nulla
 long shot
 generale tendenza alla rarefazione del linguaggio filmico precedente
 si rifà al mito classico dell’anfitrione e lo sovverte con un atto linguisticamente eversivo

Il film manifesto del cinema moderno è “Fino all’ultimo respiro” (1960), jump cut e inquadrature con
angolazioni strane.
Es. “L’anno scorso a Marienbad” Resnais 1961 visione radicale del cinema, tentativo di rinobilitazione di
un’arte che il cinema moderno ritiene ormai svenduta a linguaggi e narrazioni semplici.
“L’avventura” Michelangelo Antonioni 1960, frantumazione della forma narrativa classica, emarginazione
dello spettatore, spaesamento continuo dello spettatore.

Ci sono anche delle vie di mezzo, non vi è mai una cesura netta tra un’era e un’altra del cinema a meno che
non si tratti di avanguardie con specifici manifesti che operano volontariamente tagli netti es. dogma 95
sorta di rispolvero di temi moderni in età post-moderna.

Lezione 5 15/10

Dogma 95
Movimento fortemente regolamentato, chi sottoscriveva questo manifesto doveva giurare di sottostare ad un
elenco di regole ben precise:
1. Le riprese vanno girate sulle location. Non devono essere portate scenografie ed oggetti di scena (Se
esistono delle necessità specifiche per la storia, va scelta una location adeguata alle esigenze).
2. Il suono non deve mai essere prodotto a parte dalle immagini e viceversa. (La musica non deve essere
usata a meno che non sia presente quando il film venga girato).
3. La macchina da presa deve essere portata a mano. Ogni movimento o immobilità ottenibile con le riprese a
mano è permesso. (Il film non deve svolgersi davanti alla macchina da presa; le riprese devono essere girate
dove il film si svolge).
4. Il film deve essere a colori. Luci speciali non sono permesse. (Se c'è troppa poca luce per l'esposizione
della scena, la scena va tagliata o si può fissare una sola luce alla macchina da presa stessa). Il bianco e nero
e anacronistico.
5. Lavori ottici e filtri non sono permessi.
6. Il film non deve contenere azione superficiale. (Omicidi, armi, etc. non devono accadere). Movimento
come critica al cinema postmoderno di azione.
7. L'alienazione temporale e geografica non è permessa. (Questo per dire che il film ha luogo qui ed ora). Il
film deve rappresentare il presente
8. Non sono accettabili film di genere.
9. L'opera finale va trasferita su pellicola Academy 35mm, con il formato 4:3, non widescreen. (N.B.
Originariamente si richiedeva di girare direttamente in Academy 35mm, ma la regola è stata cambiata per
facilitare le produzioni a basso costo).
10. Il regista non deve essere accreditato, tutto quello che viene detto deve essere fatto dal regista, non si
ammette altro. Inoltre giuro come regista di astenermi dal gusto personale! Non sono più un artista. Giuro di
astenermi dal creare un'"opera", perché considero l'istante più importante del complesso. Il mio obiettivo
supremo è di trarre fuori la verità dai miei personaggi e dalle mie ambientazioni. Io giuro di far ciò con tutti i
mezzi possibili ed al costo di ogni buon gusto ed ogni considerazione estetica. Così io esprimo il mio VOTO
DI CASTITÀ – idea che il cinema sia un mezzo di espressione della verità, utopia, il cinema è un mezzo di
mediazione del reale e non pretende di raccontare il vero.

Manifesto che nasce con forte intento provocatorio, ci sono diversi film che sono usciti partendo da questi
principi, è un cinema che vuole essere di contrasto anche per le tematiche. Es. “Festen” (festa in famiglia)
Thomas Vinterberg 1995. Messa in scena una situazione archetipica, festa di compleanno del padre, contesto
borghese, discorso di compleanno fatto dal figlio per il padre. Ribaltamento: il tema che viene affrontato è
quello di una violenza del padre sul figlio ma poi si ritorna alle forme di genere, effetto disturbante.

Montaggio emozionale Von Trier: non montaggio formale e frenetico ma privilegia le emozioni che vede
nell’attore e poi monta tutto, questo può infrangere le regole del decoupage del cinema classico.

Cinema postmoderno-contemporaneo: cinema ipercinetico e molto movimentato, cinema che ricopre una
componente attrazionale molto forte. Cinema giocoso e del pastiche, cinema che rimescola i generi ed è
profondamente citazionista e intertestuale (nei film ci sono riferimenti ad altri film e ad altre opere). Cinema
che poi diventa la comunicazione audiovisiva contemporanea.
Post-modernità: Lyotard, fine della grandi narrazioni, postmoderno come era dell’eterno presente dove
emerge una dimensione ludica, trionfo del pastiche, mescolamento totale di codici, generi, tempi – ritorno
all’attrazionalità. Era dell’ipercitazionismo, si frammenta la realtà e si gioca con i codici, era ritmata nella
quale si sperimentano nuovi montaggi, terreno fertile per film di consumo.
Nel postmoderno emerge molto una dimensione ludica acritica→ non è più il gioco per capire il mondo, ma
è il gioco perché sì, perché non c’è altro. Questa cosa ci diverte ma ha anche dei risvolti negativi.
Si mescolano i generi, si cita moltissimo, si frammenta la realtà, si gioca con i codici, è un’epoca fortemente
meta filmica. C’è un ritorno forte alla dimensione attrazionale del cinema. È un’era ritmata, ritmica, si
sperimentano i montaggi cinematicamente convulsi, spiralici. È terrena fertile per un sacco di ottimo cinema
di consumo ma rischia di diventare un’istituzione totale che ingloba tutto.

Quentin Tarantino – nome che si cita quando si parla di post modernismo, rinobilita una certa cultura bassa
per quanto riguarda la cinematografia. Costruisce un gran spettacolo di riscatto per una cultura bassa che
però è stata importante per milioni di persone nel mondo.
Mescolanza di generi che fa nascere anche le parodie (meta genere, genere che nasce per prendere le regole
di un altro genere e ribaltarle. la parodia ha senso se si riferisce ad un terreno culturalmente condiviso). La
parodia vive il suo acme in fase postmoderna in quanto questa è una fase di rielaborazione es. l’inseguimento
in “6 Underground o il test di “Men in black” (fantascienza degli anni Cinquanta contestualizzata e con una
vena parodica). Inserzioni di elementi grafici messi in post produzione per rappresentare i personaggi sono
una cosa tipica del postmoderno, unione di codici della pubblicità e dei videogame.
In 6 Underground di Michael Bay 2019, anche se succedono cose assurde c’è sempre l’ironia di mezzo,
l’aspetto ludico. Facciamo attenzione ai rallenti, a come sono usati per enfatizzare quello che sta succedendo.
Abbiamo un’inserzione di elementi grafici in post-produzione a presentare i personaggi. Utilizzo frenetico
della camera a mano. C’è una dialettica tra montaggio frenetico e rallenti.
In Man in black di Sonnenfeld 1997 si fa la parodia del personaggio perfetto, ma paradossalmente lui rimane
il candidato migliore, perché ha fatto un pensiero laterale. Il personaggio che risponde alzandosi sarebbe il
personaggio protagonista di un film classico. Qui invece viene deriso.
“Tropic Thunder” – parodia evidente della guerra in Vietnam che però oi si straforma proprio in essa
“This is the end” – parodia dei film catastrofici
“Grosso guaio a China Town” – parodia dei classici film di arti marziali
L’horror è uno dei generi più parodizzati es. “Scary Movie”, “Invito a cena con delitto”, “Horror movie”.
Momento in cui l’horror stesso si auto parodizza.
Incipit Scream 4 Wes Craven 2011– dieci anni dopo l’uscita della prima trilogia, cambio di contesto
mediatico, inizio subito con la menzione di un altro film (intertestualità). Film che subito parla di altri film,
vena comica. Riferimento anche extralinguistico ad un personaggio che è fuori dal film (deittico, crea unione
tra film e realtà, questo porta a chiederci quanto di quello che stiamo vedendo e parassitario rispetto al nostro
mondo e quanto è prodotto dal nulla). Il testo non racconta tutto, molto del lavoro lo facciamo noi:
operazione interpretativa, testo e lettore come film e spettatore stipulano un patto e lavorano insieme.
Scream racconta sempre la stessa storia, in epoche diverse, evidenziando così anche le trasformazioni del
potere mediatico. Dopo quattro minuti si capisce che è un film nel film.

“Quella casa nel bosco” Drew Goddard 2012


Locandina che mostra una casa puzzle che dà l’idea di che cosa si sta per guardare, decostruzione totale si
prende un topo lo si smonta e lo si rivolta in tutti gli aspetti che lo coinvolgono: personaggi es. belloccio,
fattone, ragazza taciturna…Premessa narrativa consolidata (raro caso di felice traduzione à «quella»),
immediatamente abbiamo un sistema di attese, i film possono confermare o tradire il nostro sistema di attese.
Ribaltamenti (il belloccio che si schianta, il fattone che si dimostra più furbo)
Focus sulla scopofilia, sul piacere di guardare perché questi ragazzi che si sono ritrovati in questa casa dove
vengono osservati (riflesso poi di quello che fa lo spettatore).
Cornucopia di riferimenti

I film possono anche essere studiati attraverso il pubblico: audience studies. I testi non lavorano mai da soli,
si attiva sempre una cooperazione interpretativa fra testo e lettore. Così vale per il cinema: il ruolo del
pubblico è fondamentale. Il cinema è un’esperienza anzitutto sociale, che si attua (o si attuava?) in un luogo
specifico, a determinate condizioni, coinvolgendo le persone.
Queste condizioni sono:
 Proiezione su un grande schermo, oggi con l’appiattimento de costi molto spesso si simula il grande
schermo nelle nostre abitazioni. Dalle sue origini fino ad oggi nel cinema è rimasto questo mito della
grandezza.
 Spazio pubblico collettivo, rimane tale anche nelle visioni contemporanee su Netflix e altre
piattaforme.
 Pagamento di un biglietto e adesso tradotto anche nell’abbonamento che si paga per le piattaforme di
streaming
 Definizione ottimale del segnale visivo/sonoro
 Esperienza immersiva (inglobante, avvolgente, totalizzante): sala buia, condizioni di semi-
immobilità, avvolgimento visivo-acustico
 Standard medio di durata che è molto relativo, nei primi film era di uno/tre minuti spostandosi poi
vero le due ore, oggi con la serialità la durata media diminuisce.

Il pubblico di un film si può studiare con una serie di approcci:


 Approccio sociologico – studiare se il target per cui è stato presentato il film corrisponde al pubblico
che lo guarda, si usano registri anagrafici (molto più facile ora con le piattaforme)
 Approccio socioeconomico – lavorare sugli effettivi incassi dei film, sia recenti che antichi
 Approccio algoritmico – sistemi di raccomandazione
 Approccio tecnologico – es. eye tracking, catturare le zone dell’immagine che sono maggiormente
rilevanti per il nostro sguardo
 Approccio neuroscientifico – guardare le aree del cervello che il film mette in azione
 Approccio storico archivistico – tutti i film producono materiali che diventano automaticamente
storia.

Con questi tipi di metodi si possono trovare diversi tipi di modelli di spettatori:
spettatore che vede nel cinema un rifugio, cinema come via di evasione per scappare dalla realtà es. “Il
seme della follia” Jhon Carpenter, il mondo sta finendo e lui capisce che la sua vita è tutta una menzogna, lui
è un personaggio di un libro, impazzisce e va a trovare rifugio in un cinema quello che però vede proiettato
sullo schermo è il film della sua vita. Nel film proiettano al cinema lo stesso film che noi stiamo guardando
ovvero the mouth of madness, lui si vede sulla locandina del film.
Spettatore emersivo-aggressivo es. “L’arrivo di un treno alla stazione” dei fratelli Lumière. Cinema come
esperienza che aggredisce lo sguardo (Fantozzi cista questa scena in “Super Fantozzi”). Lo spettatore subisce
l’immagine cinematografica.

Lezione 6 21/10
Spettatore onirico-immersivo – tipico del cinema classico, proietta lo spettatore in una dimensione di
sogno. Es. “Psyco” Hitchcock 1960, scena della doccia, ripresa dal basso verso l’alto perpendicolare al
terreno sul soffione della doccia (alimenta un certo tipo di tensione nello spettatore), si è totalmente catturati
dalla scena. Transizione analogica, sul piano delle forme e sullo schermo c’è una perfetta corrispondenza,
buco dello scarico della doccia forma perfetta come l’occhio della tipa che muore. Dialettica tra luci e ombre,
la sagoma è in controluce e non si vede il volto. Quando si guarda questa sequenza si è avvolti e si è preda
del film stesso. l’atto della vestizione è già un atto erotico, il film ha anche una dimensione erotica repressa.
Abbiamo una ripresa contro plongee quando abbiamo il soffione della doccia inquadrata. L’atto della doccia
è ripreso da moltissimi punti di vista. In termini di codici compositivi questa è un’inquadratura strana, lei è in
basso a destra e molto dello spazio profilmico è lasciato libero→ si lascia il telo della doccia con un vedo
non vedo, trasparenza ed opacità (cosa che si usa anche per i contenuti erotici). Abbiamo un caso di
fuoricampo-campo. Questa è una sequenza importante che ha fatto scuola. Transizione analogica con fade in
e fade out dal buco della doccia fino all’occhio della donna→ il buco è tondo come l’occhio e questi due
elementi vengono sovrapposti(si mira a stabilire dei nessi semantici tra le due forme→ l’occhio è morto
perché la vita se n’è andata come il sangue nella doccia). Questo è il film che consideriamo il padre dello
slasher movie. L’elemento sonoro è fondamentale. Da notare è la dialettica tra luci ed ombre, quando lui
sposta la tenda noi ci aspettiamo di vederlo ma lui è in controluce, e la sagoma ci suggerisce che in realtà sia
una donna. Quando noi guardiamo questa sequenza siamo immersi in quest’ultima0000
Spettatore disorientante-critico – tipico del cinema moderno e contemporaneo, porta lo spettatore anche al
tentennamento. Es. Il laureato di Nichols ha in alcune sue sequenze dei rimpalli della luce (la luce si riflette
sulla lente della cinepresa e noi vediamo sia l’immagine ripresa che il riflesso). In questa scena abbiamo la
famosa canzone sound of silence. Quelli che vediamo nell’acqua sono tutti rimpalli delle luci del set

I prodromi del cinema sono l’immagine animata e la proiezione. Le radici del cinema si ritrovano i diverse
invenzioni come la camera oscura, luogo in cui cn particolari luci si possono armeggiare e sviluppare le
pellicole fotosensibili. Altre invenzioni sono anche:
Taumatropio: idea di moving image in sé
Fenachistoscopio: disco messo su un perno, facendo ruotare il disco si creava un effetto di animazione
Kinetoscopio: attivazione meccanica, a manovella. Visione monoculare del cinema. Invenzione di Edison più
o meno concomitante con il fonografo. Fil “Edison” fil biografico (biopic) mette in luce alcune componenti
della vita di Edison.

28 dicembre 1895 – prima proiezione animata, idea dello spettacolo cinematografico come evento. Cinema
dei fratelli Lumiere che è il cinema del vedutismo – sfruttamento della profondità di campo (sfruttamento
massimo della volumetria dell’immagine). Consapevolezza di chi è interno all’immagine d’essere ripreso.
Film come non bastante a se stesso (necessario imbonitore, scaletta con altre forme di avanspettacolo).
“Uscita degli operai dalle fabbriche” s vede che gli operai sapevano di essere ripresi perché sono vestiti bene
e perché alcuni di questi osservano anche la camera mentre escono. Il grande spettacolo qua risiede proprio
nel movimento di queste persone
“La battaglia a palle di neve” tutto organizzato allo scopo di essere ripreso, operazione di messa in scena.
“Niagara” spettacolo nella visione della cascate del Niagara in movimento, se non si fosse visto al cinema,
questo al tempo sarebbe stato impossibile da vedere.

Strumenti con i quali si possono analizzare i film


L’unità minima del linguaggio cinematografico è l’inquadratura. «In senso stretto, l’inquadratura è
un’unità tecnica, vale a dire un segmento di pellicola girato in continuità; a livello di riprese esso è delimitato
da due arresti di motore della macchina da presa, e a livello di montaggio esso è delimitato da due tagli di
forbice. I limiti delle inquadrature, dunque, sono legati alla presenza di uno stacco». (Francesco Casetti,
Federico Di Chio, Analisi del film, Milano, Bompiani, 1994).
In un certo senso l’inquadratura è l’unità minima perché si possa parlare di film. L’inquadratura richiede la
selezione di una porzione di mondo, cioè la proiezione di una discontinuità in un asse continuo.
L’inquadratura è l’unità minima della comunicazione filmica. Dal punto di vista temporale è un frammento
di tempo continuo; da quello spaziale è lo spazio compreso all’interno del frammento temporale continuo.
Sul piano spaziale l’inquadratura è definita dal campo (lo spazio visibile al suo interno) e dal quadro (la
cornice che delimita questo spazio, cornice che il suo formato specifico).
L’inquadratura fissa uno spazio, fisico ma anche mentale, mind screen. Ne emerge il concetto di
Allospazio/Allotopia, uno spazio altro che mediante il medium cinematografico si fa accessibile: es. il
sogno, la paranoia, il ricordo…

Es. “Il posto delle fragole”, Road Movie alternativo, dove le strade percorse sono non solo quelle reali, ma
anche quelle della memoria, le inquadrature portano spesso dentro i suoi sogni, isolano, quindi, spazi
mentali. Mentre lui cammina noi siamo dentro il suo sogno, quindi non abbiamo uno spazio fisico. Abbiamo
orologi senza lancette→ tempo fermo. Abbiamo un campo lungo che rende il personaggio piccolo dandoci
un senso di oppressione.

Sovraimpressione messa insieme di due o più inquadrature ma nello stesso quadro. La sovraimpressione
viene anche chiamata doppia esposizione: in una singola immagine vengono fatte convivere due o più
inquadrature. L’effetto è quello di una immagine mista, con conseguenze in termini di efficacia simbolica
(effetto onirico o di rievocazione, ad esempio, o ancora effetto anticipatorio).
Dissolvenze incrociate: prevedono una fase di sovraimpressione, effetto di dissolvenza che crea un effetto di
fluidità.
Sovraimpressione nascosta: es. “Sherlock jr” Buster Keaton, due inquadratura nello stesso quadro
realizzate in maniera analogica.

Il trasparente: Schermo posto sullo sfondo con immagini proiettate che simulano determinati ambienti o
movimenti. Particolarmente utilizzato prima dell’incursione del green screen e del digitale.
Possibili utilizzi: girare in set scene altrimenti troppo dispendiose da girare in esterno. Quello che avveniva
prima della nascita del digitale e del green screen.
“La vita è meravigliosa” Frank Capra 1946, susseguirsi di inquadrature. Il film inizia con le preghiere, il
protagonista è sparito perché vuole ammazzarsi e chi lo conosce prega per lui. Le preghiere arrivano
direttamente a Dio, infatti si sente la sua voce.

Green screen o chroma key: Anche detto blue screen. Si tratta di uno sfondo monocromatico sostituito in
post-produzione. Riduzione delle possibilità di colorazione scenografiche (onde evitare effetti glitch).
Illuminazione deve essere la stessa. Attenzione alle ombre. Col digitale molte cose si risolvono dopo la
ripresa.
Split screen: Sezionamento dell’inquadratura in due o più parti, in modo che nello stesso quadro convivano
diverse riprese. Particolarmente usato oggi in ambito videoludico o di online streaming. È una forma di
montaggio interno al quadro, fatta per generare effetti diversi es. simultaneità.
Es. “Kill Bill” effetto simultaneità, la sposa dorme e nello stesso momento qualcuno si appresta ad attentare
alla sua vita, disgiunzione spaziale e simultaneità temporale. Col progredire della sequenza gli spazi
andranno a ricongiungersi e non ci sarà più bisogno del green screen
Es. “Vestito per uccidere” si delinea che cosa stanno facendo vittima e carnefice nello stesso momento
Es. “Requiem for a dream” i due personaggi, mamma e figlio, quasi condividono lo stesso spazio ma lo split
screen dà l’idea di separazione netta perché lui parla da fuori casa, ci sono due prospettive diverse.
Es. “ Carrie – lo sguardo di satana”, scena del ballo, diverse colorazioni, split screen usato per aumentare
l’effetto drammatico.
Split screen poliscopico digitale: forma di split screen che divide lo schermo creando una molteplicità di
punti di vista: esempio il fan footage.

Il mascherino: tecnica usata nel cinema delle origini e non solo per oscurare alcune parti dello schermo
mediante un oggetto sagomato posto sulla lente della cinepresa, così da ottenere particolari effetti.
Pan and scan usato fino agli anni ’90 quando c’era discrasia tra formato della televisione e quello
cinematografico, si tagliava l’immagine cinematografica. Il pan and scan sottintende una meta regia, il taglio
non può essere fisso ma seleziona immagini che sono più rilevanti di altri, quasi come dover ridirigere il
film.
Open matte: strategia opposta al pan and scan, al posto che tagliare i lati si va a vedere se nella ripresa
originale si può allargare l’immagine.
Questo succede dagli anni 50 fino ai 90. Il pan and scan sottintende una regia sulla regia: il taglio seleziona
porzioni di immagine che sembrano più rilevanti di altre.
Si cercano poi delle alternative, come per esempio l’open matte. Invece che tagliare i lati, si va a vedere se
nella ripresa originale non sono stati tagliati sopra e sotto, e se è così si aggiungono quei pezzi sopra e sotto
e si aggiungono per avere di nuovo il formato quadrato.

Tipi di inquadrature:
 Inquadratura autarchica mira a dire tutto quello che va detto al loro interno, senza richiedere
attivazione di fuori campo o montaggio. E cioè sono di inquadrature che «si esauriscono» nel loro
farsi. Esempio: il vedutismo dei Lumière, le inquadrature di Méliès, inquadrature dove convivono
sognante e sognato. Non c’è nulla da immaginare perché viene tutto ripreso, l’inquadratura non ha
bisogno di integrazione. Oggi queste inquadrature sono più difficili da applicare
 Inquadratura oggettiva: Nobody’s Shot – simula il punto di vista di nessuno, o un punto di vista
impersonale. Rappresentazione distaccata (semioticamente un’operazione di debrayage). Lo
spettatore vede come fosse davanti a una invisibile quarta parete, appropriandosi di uno sguardo
neutro. Selezione delle componenti diegetiche rilevanti, ci mostra qualcosa simulando un punto di
vista neutrale perché lo ritiene utile per lo sviluppo della storia, inquadrature più diffuse della storia
del cinema. Con il montaggi si capisce se l’inquadratura è oggettiva o soggettiva. L’unica cosa che
dà senso a questa opposizione è un montaggio che generi questa dialettica
Es. “The wolf of wall street”→ inquadratura oggettiva nel tribunale, ci descrive la sensazione
dell’imputato. Nel momento in cui si inquadrano i suoi diventa soggettiva, perché immaginiamo che
sia Di Caprio che guarda i suoi genitori.
 Inquadratura soggettiva: la macchina da presa si pone come fosse gli occhi di un personaggio,
impressione di vedere ciò che vede un personaggio. Inquadratura tipica di molti videogiochi.
Impressione di immedesimazione (ma non è per forza così, anzi…) – --> l’immedesimazione si ha
nella dialettica fra soggettive e oggettive, funziona grazie a questa dialettica. Oggettive e soggettive
necessitano l’un dell’altra

Lezione 7 28/10

Mockumentary – falso documentario, film che si presenta con la pretesa di essere un documentario, con la
pretesa di raccontarci il vero ma che invece è frutto di una finzione narrativa. Si pone come unna narrativa
naturale ma raccontando il falso (videocamera come attore). Es “Rec” o “Paranormal activity” si guardano
delle riprese che sono state prodotte per documentare determinate cose, nel mockumentary c’è sempre un
pretesto narrativo che giustifica la soggettiva e attorializza la macchina da presa che viene proiettata nel
tessuto diegetico del film.
In “Rec” tutto fa presumere che non sia un film ma la ripresa come servizio giornalistico, riprese che
racconteranno poi una storia horror. La cinepresa è parte attiva del film e delle riprese. . La ragazza parla
anche con il cameramen che oltre che a registrare diventa anche un elemento attivo. Abbiamo fuorionda,
prove di messa a fuoco ecc. come se questo nastro non avesse avuto nessun montaggio. In questo tipo di film
è diffuso il fatto che chi ci dà le riprese siano delle reti minore, dei piccoli broadcaster. Si sviluppano delle
nuove estetiche linguistiche
Elemento molto diffuso: chi condivide queste riprese sono reti minori e emittenti minori, tipico in diversi
film mockumentary. Nuovo modo di pensare la regia.

C’è sempre un pretesto narrativo che giustifica la soggettiva, che attorializza la macchina da presa. La
macchina da presa è proiettata nel tessuto diegetico del film. In questi film, infatti, muoiono tutti ma di rado
muore quello con la camera in mano, o muore per ultimo, o la telecamera viene passata a chi è vivo. Senza
telecamera il film non sussiste. È come se la macchina da presa non solo fosse fondamentale ma attira anche
la violenza (sembra che la violenza voglia essere ripresa e documentata, il male per veicolarsi ha bisogno di
una mediazione).

“Chronicle”: riprese motivate subito all’inizio, più film di supereroi che horror. Mosaico di riprese che
diventa poi ciò che noi vediamo.
Project x: anche qui abbiamo un personaggio un po’ più strano che fa video a tutti. Anche qui rimane
dominante la riflessione meta cinematografica.
What we do in the shadows: mockumentary che ci racconta la vita dei vampiri in Nuova Zelda, è un film
comico. Parliamo con dei vampiri che raccontano le loro abitudini. Anche qui il trailer ci fornisce degli
elementi per far davvero sembrare il documentario vero.

 Inquadratura semi soggettiva: «Una semi soggettiva è un’inquadratura che pur rappresentando lo
sguardo di un personaggio non ne rispetta sino in fondo la posizione» (Rondolino e Tomasi 1995).
Questo tipo di inquadratura si ottiene mettendo la macchina da presa dietro il personaggio che
guarda qualcosa. La semi soggettiva è considerata come inquadratura ansiogena perché prevede
sempre che ci sia qualcuno dietro.
Nei videogiochi cosiddetti FPS (First-person shooter) si ha una visuale soggettiva che, alle volte, si
può mutare in una semi soggettiva
Es. “Il figlio di Saul” Laszlo Nemes 2015 ripresa che segue in modo ostinato il personaggio
(ansiogena). L’inquadratura semi soggettiva in questo film riproduce la direzione dello sguardo ma
pone il cadavere fuori campo, si ha accesso alla gravità e tensione del momento ma non si ha
immediato accesso scopico alla sua visione.
Es. “Shining” Kubrick 1980: Abbiamo Denny che con il suo triciclo viene ripreso da dietro mentre
pedala per i corridoi. Incontra poi i fantasmi delle due gemelline che furono uccise in hotel prima. La
ripresa mostra Denny sull’avampiano ripreso di spalle, abbiamo un’inquadratura semi-soggettiva. Lo
sguardo dell’inquadratura si avvicina e si allontana da Denny, non lo segue in maniera regolare. Ciò
suggerisce la presenza di uno sguardo vivo che osserva. Lo sguardo poi quando incontra le bambine
si alza dalla prospettiva visiva di Denny. Per farla hanno usato la steadycam.
 Inquadratura oggettiva irreali: Inquadratura oggettiva che «mostra una porzione di realtà in modo
anomalo o apparentemente ingiustificato, segno di un'intenzionalità comunicativa che va
esplicitamente oltre la semplice raffigurazione» (Casetti e di Chio)
Rispetto all’oggettiva classica lo spettatore non «si dimentica» della cinepresa, ma viene assorbito
dalla sua proposta scopica, che ha sempre un valore anche metalinguistico (pone cioè in essere una
riflessione sul linguaggio filmico stesso).
La ballata di Buster Scruggs, fratelli Coen 2018: la sequenza inizia con un campo lunghissimo.
Quando si vede lui che suona la chitarra dall’interno della chitarra stessa allora abbiamo un oggettiva
irreale. Non si pretende che noi consideriamo normale questa scelta ma che attribuiamo a questa
scelta un valore estetico preciso.
Es. “Quarto potere” inquadratura interna della chitarra, il suono diventa ovattato come se fosse
dentro. Inquadrature che non riproducono lo sguardo di nessuno, irreale perché simula un super
sguardo che è metafisico e fuori dal sistema dei personaggi.
Es. La carrellata degli sbadigli gag comica formale, carrellata che con effetto comico riprende gli
impiegati annoiati, uno di loro salta lo sbadiglio e quindi la cine presa come se fosse viva torna
indietro a riprendere di nuovo il lavoratore che poi sbadiglia. Effetto destinale, come se il
personaggio fosse destinato a compiere duna determinata azione.
 Interpellazione: chiedono la complicità dello sguardo in faccia dello spettatore, posizione scomoda
di essere co partecipi.
Es. “Funny games” scena che si presenta come oggettiva ma poi l’inquadratura da al personaggio la
possibilità di girarsi e convocare lo spettatore. Autorità di controllo forti che decidono le sorti della
narrazione es. mandano indietro le scene.

La pellicola: Prima del digitale i film venivano girati su pellicola, composta inizialmente di nitrocellulosa,
poi in triacetato di cellulosa, poi in poliestere.
Emulsione = Substrato di gelatina + Sali d’argento, parte della pellicola che reagisce alla luce
Strato protettivo antialone
Sensibilità della pellicola: Le pellicole hanno diverse sensibilità, cioè diverse capacità di impressionarsi
maggiormente o minormente in rispondenza alle condizioni di luce. Questa sensibilità comporta dei bisogni
visivi e produttivi. Es. “Berry Lyndon” scena girata solo a lume di candela, si ha una luce più al naturale
possibile.
Il contrasto è la gradazione di tonalità, le pellicole più sensibili sono meno contrastate.
La grana: dipende dal numero di alogenuri d'argento presenti nella pellicola. La grana nella pellicola è più
grossa nelle pellicole più sensibili.
La risoluzione è la capacità di rendere visibili particolari molto piccoli. Più è alta la sensibilità, minore sarà
la risoluzione.

La pellicola ha delle dimensioni/formato. Esistono diversi tipi di pellicola e quindi di formato:


- 35 mm. (dal 1889) (i mm sono la larghezza della pellicola) formato standard che aveva iniziato ad usare la
Kodak.
- 16 mm (dal 1923) (poi usata perlopiù a scopi «casalinghi» o per film industriali)
- 8 mm. e Super 8 mm à Abraham Zapruder
- 70 mm. Raddoppiamento del formato che permette di avere immagini più ampie

Sulla base della tipologia di pellicola si definiscono i formati:


 Academy aperture: standard tv 1.33
 European standard 1.66
 Academy standard flat 1.85
 Cinemascope 2.35
 Panavision 2.48 – apertura verso l’infinito, si perde anche il soggetto umano

Formati digitali: si taglia la cornice come si vuole. Es. “Mommy” (Xavier Dolan 2014) film girato in
formato 1:1 (quadrato), nonostante ciò, è stato pensato per il cinema. Inoltre cambia anche la cornice in corso
d’opera. Digitalmente si può lavorare dando alla cornice un aspetto semantico.
“Il grande e potente Oz” 2013 film che inizia in bianco e nero seguendo i formato standard del film uscito
nel 1939 e poi si ha il cambio cornice, come se si volesse dire che si è nella nuova versione del film.
Con il digitale diventano quadro e cornice anche una videochiamata attraverso una webcam es. “Unfriended”
l’intero occhio è quello di una webcam e di una videochiamata. Cinema che diventa una riflessione profonda
sulle tecnologie, riflette sull’inquietudine che porta la tecnologia. È la storia di una ragazza cyber bullizzata
che si ammazza e torna nel mondo terreno sotto forma di fantasma digitale per punire i corresponsabili della
sua morte. Abbiamo quadri nel quadro che intervengono, l’intero occhio è quello di una webcam
(controcampo) e di una videochiamata Skype (campo).
Anche i cellulari diventano in grado di poter girare film, anche qualsiasi cosa sia in grado di riprendere es.
“Unsanfe” Steven Soderbergh 2018 ripresa con un grandangolo
Es. “Taxi Teheran” telecamera posta nel taxi e riprende i racconti dei passeggeri che ci salgono su. Ripresa
motivata da esigenze sociologiche. Il tassista riprende da una telecamera che è messa sul suo taxi, anche se
non potrebbe. Noi accettiamo questo tipo di ripresa strampalata perché capiamo che è una necessità
produttiva e sociale.

Videocamere di sorveglianza→ vero oggetto simbolico della società panottica.


87 ore→ storia di Francesco Mastrogiovanni, ricoverato per un TSO, detenuto in un ospedale, e morto dopo
87 ore di detenzione in circostanze poco chiare. Le telecamere di sorveglianza hanno rivelato delle riprese
della sua degenza, dalle quali è stato tratto il film.

Lezione 8 29/10
Ruolo del volto nel cinema dell’orrore
Il perturbante: Freud, questione della unheimliche, concetto che deriva dallo psicologo Jentsch. Secondo
lui abbiamo una manifestazione del perturbante che si genera nel momento in cui siamo di fronte ad un
oggetto o soggetto che ci sembra vivo e morto allo stesso tempo, impossibilità categoriale di dividere due
posizioni ontologiche opposte, si sviluppa questa sensazione di inquietudine e timore. Disagio psichico che si
tramuta anche in disagio fisico. La condizione del perturbante è una condizione che poi si declina nel terrore
o nel sollievo, sollievo che si ha quando in questa categoria di ambivalenza si riesce a dare una risposta. Il
perturbante c’è nasce anche dai casi di incertezza, quando non si riesce apprendere una decisione es. sono
vivi o non vivi gli oggetti che mi stanno intorno. Anche il doppio ci porta a questa sensazione di perturbante
(doppelganger)

Alla base del doppelganger c’è il tradimento del presupposto di singolarità


“Us” Pelle 2019 storia di un famiglia che si trova assediata da sé stessa, non è più un protocollo classico del
cinema dell’orrore perché il mostro viene da dentro, dal perturbante che esce nel momento in cui ci
guardiamo dentro.

Eisoptrofobia – fobia di guardarsi allo specchio

Il doppio malefico – “Lo studente di Praga” Stellan Rye, 1913 storia rifatta molte volte. Studente dandy che
vuole guadagnare qualche soldo e incontra uno che gli propone un patto (archetipo del patto con il diavolo)
con il quale, in cambio di soldi, deve dare la sua immagine riflessa nello specchio. Quello che succede e che
l’usurario prenderà la sua immagine e disseminerà in giro disgrazie. Lo specchio apre al dietro, ad una
sensazione di perturbante perché noi non vediamo ciò che ci sta dietro.

“Plus one” 2103, Dennis Iliadis→: meteora che gener degli sdoppiamenti nel mondo che però mirano
all’integrità delle persone e generano egli strani effetti. Idea di fondo che vedere la propria faccia sia sempre
qualcosa di perturbante.

Il volto è qualcosa di interessante perché il tema del doppio è legato al volto. Ciò che ci inquieta del volto lo
si vede in quello che si chiama jumpscare che vuol dire letteralmente salto per la paura. In gergo filmico è
un tecnica che si adopera, non tanto per far paura ma per incutere una certa tensione nello spettatore. C’è un
modo specifico per crearlo, si ha bisogno di una sintesi preparatoria, si hanno sempre elementi utili
all’inferenza, cioè alla creazione di ipotesi dotate di senso. I jumpscare sono costruiti sia in tema narrativo sia
in quello scenico e si inseriscono in un sistema di attese. Il jumpscare si verifica quando un volto compare
dal nulla, si attiva quindi quando si ha una dialettica tra campo e fuori campo (il jumpscare è uno strumento
cinematografico che serve sia per comprendere le dinamiche filmiche che quello suscitato nello spettatore).
“Lights out” corto che mette in atto il jumpscare, nonostante si sappia dove ci voglia portare il film, dal
punto di vista emotivo, non si riesce a disattivare questo meccanismo.

Ci possono essere jumpscare anche più articolati, introdotti in paradigmi narrativi complessi.
Es. “The conjuring 2” jumpscare che è profondamente motivato da un punto di vista diegetico, sintesi
preparatoria creata in una cornice simmetrica. Utilizzo della porta come dispositivo che preclude alla visione
di ciò che c’è dietro. Qui il jumpscare non è più un meccanismo di stimolo e risposta, ma è fortemente
motivata da un motivo diegetico. Abbiamo la sintesi preparatoria costruita in un modo molto simmetrico e
sullo stile di Kubrick. Abbiamo un discorso di fuori campo in campo→ la porta è aperta ma non fa vedere
quello che c’è dentro la stanza. Utilizzo dei chiaroscuri→ stanza buia ma con raggi di luce che entrano e
dividono il campo in zone di visibile e non visibile. Il dipinto del demone sta dietro la nuca del personaggio,
e cambia un pochino il dipinto dalla luce all’ombra (gli occhi luccicano nel buio). Noi accettiamo anche dei
comportamenti dei protagonisti che sono posticci ma che servono a mandare avanti il film. Entra in gioco
anche la teoria dei neuroni specchio→ meccanismo di immedesimazione che ci fanno spaventare o divertire.

Jumpscare d’autore – “Mulholland Drive” scena ambientata in un american diner, il personaggio racconta
ad un conoscente uno strano sogno che ha fatto. Non è un film d’horror e quindi il jumpscare che viene fatto
viene definito di autore proprio perché non rientra nei canoni di quello che è il film dell’orrore.
“Sinister” Scott Derrickson 2012– considerato come l’horror più pauroso perché è stato misurato sulle
pulsazioni di spettatori che si sono sottoposti a questo test. Mezzo di comunicazione come veicolo del male
(nastri nelle videocassette)
Jumpscare come specifico filmico: in semiotica della traduzione il jumpscare configura un problema
stimolante, dal momento che pare non essere del tutto traducibile intersemioticamente data la sua dipendenza
da due componenti specificamente filmiche: il visivo e il montaggio (visivo e sonoro) È molto difficile
tradurre ad esempio un jumpscare filmico in un libro, non sappiamo come scrivere il jumpscare.

Un tema fondamentale del cinema horror è che molto spesso deriva e prende spunto da leggende urbane che
sono costruite con uno schema ben preciso. Ci sono spesso elementi di fascino per la cultura a cui si
rivolgono es. esoterico e paranormale. Sono storie imprecise, trasmesse oralmente e quindi soggette alla
modificazione di chi le racconta. Storie capaci di costruire comunità identitarie. Storie che, per la loro
costruzione, è improbabile e rivelano immaginari non conoscibili e diversi. Sono transazionali, ogni cultura
ha le sue leggende urbane.
Creepypasta→ leggende urbane che toccano alcuni nervi delle culture a cui si riferiscono, create dal basso,
costruiscono delle comunità intorno a queste cose. Le leggende urbane sono delle bugie, ma nelle narrazioni
naturali→ bugie che fingono di non esserlo. Le leggende urbane sono delle storie che non hanno delle
ambizioni estetiche particolari→ noi non siamo interessati al plot, ma al fatto narrato. Sono terreni
previlegiati ad essere popolati da mostri, killer ecc. Sono inoltre transnazionali, ogni cultura ha le sue (ci
sono alcuni punti in contatto tra le leggende, ma possono anche non esserci
Es. Slenderman – uno dei personaggi più famosi delle creepypasta (narrazioni horror urbane create dal
basso). Creatura che nasce su internet e che è stata capace di contaminare l’immaginario tanto che due
ragazze in America, in atto di psicosi, sono portate anche ad uccidere giustificando il loro gesto attraverso la
figura dello Slenderman, rispondono infatti che era stato lui a dire loro di uccidere una ragazza.
Es. “Poltergeist” Tom Hopper 1982 – visone dell’idea della perdita del sé che passa attraverso la perdita
della faccia

Kuchisake onna – donna bellissima che viene sfigurata, leggenda secondo la quale questa donna si
aggirerebbe nelle città giapponesi chiedendo agli uomini se effettivamente è bella per poi divorarli quando
vedono la sua bocca enorme.

Testo e paratesto es: The frighteners (film) è il testo Poi abbiamo degli altri paratesti che si riferiscono a
the frighteners: ad esempio la locandina, il titolo, l’intervista, l’articolo sul giornale ecc.
Quando noi andiamo a vedere il film non andiamo a tabula rasa ma andiamo già con delle aspettative che
abbiamo raccolto prima di iniziare a guardare il film.
Semiotica dei colori nel cinema→ uso del colore verde nel cinema horror. Al verde si associa molto il
disgusto. Abbiamo una simbologia del colore che giustifica l’uso del colore.

Storia della zucca – jack o lantern, uomo irlandese che vive una vita dissoluta, un giorno il diavolo si
presenta alla sua porta. Imprigiona il diavolo ma alla fine la sua vita finisce e quando accade ciò il diavolo
torna ma viene di nuovo intrappolato. Quando muore cerca di entrare in paradiso ma non viene fatto entrare e
nell’inferno il diavolo lo condanna a vivere sempre in un limbo, si aggira lungo le strade della terra con un
tizzone in mano e una rapa (visione primitiva della zucca con la candela dentro).
Costruzione iconologica, figurativa e sfigurativa (gli occhi e la bocca sono sempre deformati). Dimensione
rituale dietro alla zucca, definita come apotropaica e catartica, ritualmente questa zucca porta buona fortuna
ed è anche un’esperienza della morte ma senza morire. La zucca è intertestuale, visita i film e anche i testi, è
una figura intetrantestuale.

Halloween John Carpenter (78) – l’elemento della zucca serve ad introdurci alla dimensione di Halloween
ma poi non avrà nessuna rilevanza all’interno della storia. Il cattivo attraverso la maschera ottiene una specie
di metà faccia→ maschera che oscura gli occhi, è una maschera mono espressiva con un colore cadaverico.
Abbiamo rivisitazioni più contemporanee come in Trick or treat (dolcetto o scherzetto) del 2007.
The house with a clock in its walls, Eli Roth (2018)→dando un volto alla zucca si possono fare molte cose
interessanti, ma bisogna ricordare che nell’horror il volto è molto spesso coperto dalla maschera. Non aprite
quella porta: non abbiamo solo una meta faccia, ma una para faccia: la maschera è fatta con la pelle delle
vittime dell’assassino (una faccia vera su una faccia vera).

Volto nel cinema horror è sempre una maschera, attraverso la maschera si assume una metafaccia (faccia
nella faccia). Maschera mono espressiva che rimanda al perturbante.
Maschera di pelle, faccia fatta con la pelle delle vittime delle persone assassinate.
Antifaccia di Freddy Krueger.
Maschera come obbligo – It
Maschera come gioco – ghostface di Scream

Lezione 9 04/11

87 ore Costanza Quatriglio – reso possibile grazie alle telecamere di sorveglianza. Immagini a bassa
definizione perché sono pensate per essere immagini funzionali allo scopo di sorvegliare, acquisiscono un
valore estetico nel momento in cui, nell’era contemporanea del r4miz e del remake, vengono prese e
riadattate, rimediate. Nella rimediazione c’è un passaggio di medium è un estetizzazione delle immagini. In
questo caso immagini drammatiche (l’uomo sorvegliato alla fine viene ripreso pure mentre muore).
Nel film 87 ore dal punto di vista tecnico abbiamo delle immagini a bassissima risoluzione, perché sono
immagini pensate per uno scopo di sorveglianza e non per un fattore estetico. Assumono un valore estetico
quando vengono prese e ri-mediate, sono prese dalla tv di sorveglianza e messe al cinema: abbiamo un
passaggio di medium. Vedendo questo film noi soffriamo, ma comunque abbiamo un’estetica, anche se
drammatica.

Snuff movies – estetiche della bassa definizione. Da un lato la società spinge al miglioramento tecnologico e
al progresso in campo grafico (mito della definizione), dall’altro alto si è ancora attratti dalla bassa
definizione e dall’idea di amatorialità.
Oggi nel mondo della pornografia si usa molto l’amatorialità. C’è un format pornografico specifico che fa
del suo punto di forza l’amatorialità, con una ripresa fatta con una fotocamera a caso trovata lì. Questo ci fa
sembrare che questo film sia più vero di un film pornografico che viene girato in alta definizione.

Estetiche low fi
“Inland Empire” – David Lynch 2006. Diegesi fragile e regia inconsueta (piani ravvicinati che appaiono
«insensati»). fil che attraverso la telecamera ci proietta in una strana dimensione dove però la qualità delle
immagini sembra estremamente bassa.
Low-fi: girato con telecamerina Sony PD- 150 (non con grandi mezzi produttivi). Gioco di sovrapposizioni
(realtà/finzione.

Culturizzazione dello sgranato – effetto nostalgia che porta alla retromania. Es. stranger things riconduce
ad epoche che non si sono mai vissute, ripropone un tipo di atmosfera ma non è evidente l’effetto sgranato
Ribalta dei b-movie, si prende il basso e lo si estetizza, lo si trasforma in nobile.
Fenomeni che si rivolgono spesso a nicchie di fan che poi sono capaci di rivivificare determinate porzioni
dimenticate della storia del cinema e dei media.
Es. videoclip “Comunque” – Ministri 2013 si apre con lo schermo blu come se si stesse guardando una
videocassetta, retorica che ha a che fare con la sostanza del contenuto, presenza di oggetti che riconducono
ad una dimensione culturale e temporale lontana.

Mondo movie – deriva da “Mondo cane” (Gualtiero Jacopetti), 1962, primo film che dà il via a questo
filone. Nuova modalità di fare cinema destinata poi a rimanere di nicchia e che ha a che fare con la
culturizzazione dello sgranato.
Origine ‘unofficial’ del moderno mockumentary (si parla anche di shockumentary). Derivazione
dall’exploitation movie (film che non ha ambizione artistica diretta, e mira allo shock, a sua volta diviso in
sottofiloni à nazisploitation) . Scarsa attenzione alle componenti narrative, si predilige un montaggio di
contenuti crudi (lasciando il montaggio alla mente dello spettatore). Film che fingevano di raccontare il vero
ma in realtà mentivano, pretesa etnologico-etnografica,
Amatorialità / autenticità stabiliscono un rapporto specifico, immagini sempre presentate facendo presumere
allo spettatore che dietro non ci fosse una regia ma che qualcun capitato, per caso, avesse ripreso ciò che
vedeva, immagini documentali.

“Cannibal Holocaust” (Ruggiero Deodato) 1980 - «Quattro giovani telereporter americani, con una salda
esperienza di lavoro nelle zone di guerra, si avventurano nella remota foresta dell'Amazzonia, per girare un
documentario sulle tribù indigene che vivono lontane anni luce dalla civiltà. A finanziarli è una stazione
televisiva di New York. Sono passati alcuni mesi dalla partenza, ma i quattro sembrano scomparsi. Il
professor Harold Monroe, antropologo, viene allora incaricato di mettersi sulle tracce dei reporter.
Accompagnato da una guida locale, il docente si spinge anche lui nella foresta amazzonica. Le insidie sono a
ogni angolo, tra belve feroci e indigeni dediti al cannibalismo. È in mezzo a questo inferno in Terra che
l'antropologo trova le pellicole girate dai reporter e scopre che fine hanno fatto. È con l'espediente del
documentario, in realtà falso, che il regista italiano Ruggero Deodato dà vita a uno dei film più agghiaccianti
e controversi della storia del cinema. Non un horror né un semplice mockumentary, ma una spietata
catalogazione di ogni genere di aberrazione. Stupri, squartamenti, decapitazioni, evirazioni e impalamenti.
Niente è risparmiato alla visione. Tutto è ripreso con accanimento sui dettagli. Un film per stomaci forti,
certo, ma che suscita riflessioni che vanno al di là del genere cannibal movie, nato nel 1972 con Il paese del
sesso selvaggio di Umberto Lenzi, in un'Italia sconvolta dalle immagini del terrorismo di piombo sparate
ogni giorno dai telegiornali. Deodato, ribattezzato "Monsieur Cannibal" con la sua trilogia dei cannibali
(Ultimo mondo cannibale, Cannibal Holocaust e Inferno in diretta), punta chiaramente a un facile
sensazionalismo. E ci riesce bene, visto che questo secondo capitolo della trilogia è uno dei film più
censurati della storia del cinema, bandito e tagliato in oltre cinquanta paesi del mondo. Protagonista di
controverse vicende giudiziarie per le violenze reali inflitte agli animali durante le riprese nella foresta
amazzonica, giustificate con la volontà di ricercare la massima aderenza stilistica alla realtà. Un realismo
così crudo ed estremo da far pensare che ci si potesse trovare di fronte a uno snuff movie. Accusa alimentata
dalla scomparsa, per un certo periodo dopo le riprese, dei quattro attori che hanno impersonato i reporter
spariti nel film. Un'astuta trovata pubblicitaria che diverrà un caso di scuola, seguito di pari passo, diversi
anni dopo, dal mockumentary horror The Blair Witch Project. La freddezza chirurgica - stemperata solo
dagli accenni di umana pietà suscitati dalla musica che accompagna alcune sequenze - con cui il regista
mette in scena una violenza così efferata, al di là del disgustoso sensazionalismo, implica una riflessione sui
metodi e le leggi della società dello spettacolo, di cui il film rappresenta una critica profonda. Il realismo
impietoso perseguito da Deodato è lo stesso, estremizzato, con cui i mass media rimandano immagini e
sequenze dell'orrore provenienti da ogni parte del mondo. Un realismo perseguito in modo cinico, senza
alcuno scrupolo o pietà nei confronti delle vittime. Proprio come fanno i quattro reporter autori del finto
documentario rilanciato da Cannibal Holocaust, avvoltoi che inseguono lo scoop a tutti i costi, persino con
l'intervento diretto - e barbaro - sulla realtà che dovrebbero limitarsi a filmare. Non possiamo, allora, non
domandarci chi siano i veri cannibali, se gli uomini che vivono nella natura selvaggia o i cosiddetti "civili" di
cui siamo circondati. Una riflessione, quella imbastita da Deodato, che anticipa la critica ai mass media
tratteggiata diversi anni dopo da Oliver Stone in Assassini nati. Dunque un film precursore su più fronti,
questo Cannibal Holocaust, ma comunque reo di quello stesso uso spregiudicato e insopportabile della
violenza che vorrebbe denunciare». (Annalice Furfari).

Mito dello snuff – mito attorno al quale si crea moltissimo cinema. Film in cui compare questa mitologia:
es. “Vacancy” (coppia che finisce in un motel e si accorge di essere ripresa, luogo in cui le persone vengono
torturate e i filmini venduti), “Nella rete del serial killer” (introduzione del dark web, l’agente della polizia
postale viene a contatto di un sito nel dark web in cui le persone vengono torturate proporzionalmente a
quante persone guardano il sito), “L’occhio che uccide” (regista che gira film e senza dirlo alle attrici alla
fine le uccide).

Un altro degli elementi che concorrono alla definizione di immagine in movimento è la velocità di
scorrimento della pellicola, ovvero la quantità di fotogrammi al secondo a disposizione.
Velocità di ripresa e di proiezione:
– Nel muto 18 f/s
– Nel sonoro 24 f/s
– Il ralenti (slow motion): se riprendo a 24 f/s e proietto a 12 f/s, 1 secondo di proiezione equivale a 2
secondi di riprese, quindi si ha un effetto di rallentamento.
– L’accelerato (fast motion): Se riprendo a 12 f/s e proietto a 24 f/s, 1 secondo di proiezione equivale a 0.5
secondi di riprese, quindi si ha un effetto di accelerazione.
Estetizzazione del rallenti: rallenti spesso aumenta la drammaticità della scena. Es. “Watchmen” titoli di
testa rallentati, eventi proiettati con un poderoso slow motion che conferisce alle forme una certa plasticità.
Estetizzazione dell’accelerato – anche l’accelerato scaturisce effetti come quello comico es. gag
dell’inseguimento “Benny Hill Show”, l’accelerato da ritmo alla scena. Emblematico di un accelerato, ritma
la fuga e dà il tono di una fuga forsennata. Il tempo viene compresso in una sequenza di azione specifica. La
gag viene fatta per tre minuti ininterrotti di inquadratura e ci dà l’idea di ripetitività del tempo.
Effetto comico che costituisce una compressione del tempo, il tempo viene compresso in una sequenza
dazione precisa, l’accelerato diminuisce il tempo di proiezioni es. “Arancia meccanica”, scena resa comica
dall’accelerato ma anche di riassunto e di ripetizione dell’insensatezza di quell’atto. nella scena in cui lui fa
sesso con delle ragazze incontrate prima si usa il fast motion per far capire quanto l’amplesso sia per lui
svuotato da tutti i sentimenti. Alex ha una visione distorta del mondo e della donna; quindi, molte azioni
sono sessualizzate per far capire come vede lui il mondo.
Accelerato che costituisce anche una mimesi, imitazione, qualcosa che ha a che fare con la sostanza
dell’espressione, si può applicare a qualsiasi immagine e spesso imita il raptus e la frenesia (von l’accelerato
si può anche rendere un tempo interiore).
Time lapse massimo dell’accelerato, quasi muovere l’immobile, fa sì che con l’ausilio tecnico si catturi un
movimento che all’occhio umano non è permesso.

Rapporto tra intelligenze artificiali e simulazioni visive


Sistema del divismo – star system. L’immagine genera le star, non si possono avere star senza una loro
immagine dietro. Ciò è dimostrato dal fatto che una star senza immagine non può esistere, e che invece ci
sono immagini che godono di celebrità, status senza star umane che appaiono in loro. E queste immagini non
necessariamente rimangono le stesse col tempo. Questa è la logica che sta dietro anche a tutti i brand
esistenti. Parlando di cinema molte sono le star iconiche che non hanno una persona al loro interno es.
dinosauro di Jurassic Park. Le immagini sono manipolabili.

Gan – generative adversarial networks, reti neurali che si mettono a lottare con alte reti neurali, e insieme
riescono a capire come definire un’immagine e lo fanno da sole.
Es. clip dei Lumiere chiaramente manipolata da tecnologie di intelligenza artificiale
Rapporto fra immagine e persona, stretto e spesso pensiamo che sia la persona a generare l’immagine ma
nello star system quello che accade è il contrario. In questa ascesa della manipolabilità abbiamo una fase di
crisi dell’autentico. L’autenticità non esiste, l’autentico è un invenzione semiotica. Quella che Benjamin
chiamava aura non c’è più, tutto vale tutto ma questo non vuol dire che si può fare quello che si vuole con le
immagini.
Come si gestiscono le conseguenze della manipolazione automatica delle immagini?
Deep fake – tecnologia basata sulla sostituzione di una viso con un altro tanto da sembrare indistinguibile,
questo accade soprattutto nella pornografia. Molte star di Hollywood sono finite nei porno con dei video di
deep fake, il loro volto era sul corpo di un’altra donna. In molti casi diventa praticamente impossibile
distinguere il montaggio, ci sembra assolutamente vero. Pur potendo dimostrare che il corpo non era il loro,
comunque loro l’hanno sentito come un abuso.

Cinema delle origini – preproduzione, avveniva prima di fare azione. Quello che usciva fuori era poi quello
che andava in sala, tutto quello che si vedeva era stato preparato in anticipo.
Dal cinema dell’integrazione narrativa inizia ad imporsi un criterio di post produzione, succede qualcosa
davanti alla lente ma poi quel materiale viene lavorato, tagliato e corretto.
Oggi si ha anche la in-between production, c’è una manipolazione dell’immagine nel momento stesso in cui
viene manipolata es. filtri delle storie di Instagram. Aumento di senso di trasparenza e immediatezza (deep
fake istantanei).
Si è molto vicini a realizzare umani con immagini generate al computer che sono irriconoscibili, sviluppo
anche dell’industria olografica con nuove forme di truffe.

Fino a qualche anno fa il deep fake era per pochi, oggi è per quasi tutti. Ciò che prima era prerogativa delle
persone formate in computer grafica oggi può essere dato al deep learning.
Hao Li (ex capo di Industrial Light & Magic, CEO di Pinscreen, società di costruzione di AI-Drivenavatars)
dice che noi siamo vicini a superare la Uncanny valley per gli esseri umani CGI-generati
Secondo lui in meno di un anno si arriverà a applicazioni di deep learning in grado di garantire un accurato
effetto fotorealistico.

Lilmiquela- influencer finta, artificiale.

Lezione 10 5/11
Incontro con Gabriele Marino
Che cos’è un video musicale? Il termine videoclip viene usato solo in Italia. Music video prodotto
audiovisivo che si accompagna ad una canzone. In tutto il mondo si chiama video musicale, in Italia è
videoclip.
Strategie dei videoclip musicali, dall’inizio fino a quelle utilizzate nell’era digitale

Domanda principale: che cosa stiamo guardando quando abbiamo davanti un videoclip musicale, che tipo di
audiovisivo è e che rapporto ha con la musica.
Fine anni Settanta per pubblicizzare una canzone ci si confezionava sopra una pubblicità, ovvero il videoclip,
ora questo è cambiato e le cose sono molto diverse.

Sting, Seven days 1993 impressione che abbiamo: registrazione audio video di una performance, si vedono i
musicisti he sonano e Sting che canta. Tipologia di video che vuole farci rendere l’esperienza di star
assistendo ad una performance in cui si è compresenti ai musicisti. Simulazione del concerto dal vivo.

Phil Collins, In the air tonight 1981 tipologia diversa, volto e figura che canta con una duplicazione del volto
attraverso gioco di sovraimpressioni. Video trattato con gusto tipico degli anni ’80. Brano studiato dal punto
di vista del sound design perché c’è una spazializzazione del suono molto raffinata che ha dettato un modo di
produrre la musica degli anni Ottanta, atmosfera claustrofobica che da indizi sul perché della modalità di
creazione del video.

Peter Gabriel, Sledgehammer 1986 immagini che non sono così datate, tecnica dello stop motion in cui non
si vede in flusso di immagini ma una sequenza di fotografie. Tecnica che in incide molto sulle immagini,
tecnica che lasci una traccia in quello che noi vediamo. Video considerato come uno dei grandi capolavori
della storia dei videoclip musicali.

Godley e Creme, Cry 1985 tipologia sempre più diffusa con il passare del tempo. Video con una serie di
caratteristiche, all’inizio si apre con il cantante della band che canata come se si presentassi davanti a noi e
poi abbiamo il morfing, la trasformazione di un volto nell’altro (dissolvenze incrociate). Da un certo punto in
poi sono una serie di persone comuni a cantare il testo della musica. Tipologia usata soprattutto da canzoni
coinvolte tipicamente nel sociale.

Donald Fagen, New Frontier 1982 personaggi che si calano dentro in bunker e poi ci sono tutta una serie di
riferimenti dell’America degli anni ’50. Video di queto tipo sono diffusi e quello che ci si domanda è che
relazione hanno con la canzone, è come se il video ci costringesse a porci il problema del significato della
canzone.

Alessio Bonomo, La croce 2000 video girato da Oliviero Toscani, importante pubblicitario degli anni ’80 e
’90, lavoro strettamente legato a Benetton. Suo tratto particolare come pubblicitario e fotografo=immagine in
primo piano e sfondo bianco. Genere di video molto diffuso come video alla lettera in cui il cantante dice
una cosa e le immagini raffigurano quello che dice, corrispondenza puntuale tra parole della canzoni e
immagini.

Jovanotti, Tutto l’amore che ho 2011 video che fa pensare molto alla relazione tra canzone e immagini.
Canzone d’amore strana e triste che non ha reazione con il video in cui lui è solo in mezzo al mondo e
cercano di ucciderlo. C’è una sorta di sovrapposizione del suono di quello che vediamo con la musica,
confusione tra questi due suoni. Sincronizzazione forte tra come la storia viene raccontata e il suono, lui
viene investito dall’autobus nel momento di pausa tra strofa e ritornello.

Quando stiamo guardando un video musicale possiamo vedere:


 La performance dei musicisti come nel video di Sting, può essere dal vivo o no
 Musicista che è presente ma che non sta suonando, come oggetto di scena oppure personaggio della
storia come nel video idi Jovanotti
 La storia che viene raccontata dal testo della canzone come nel video di Alessio Bonomo o di
Donald Fagen dove il video aiutata ad interpretare la canzone
 Il sostituto del musicista che diventa l’avatar es cartoon che stanno al posto dei musicisti
 Il videoclip che prova a tradurre il gusto o l’atmosfera della canzone. Ci sono video che sono
sincronizzati, orientati a fare avere lo stesso respiro al suono e alle immagini. Un altro tentativo di
traduzione di canzone e immagini è il video che racconta lo spirito del musicista o del cantante.

Rapporto tra suono del video e suono del commento musicale, ci sono tanti videoclip che giocano sul confine
di queste due dimensioni.
Incorniciatura – situazione rappresentata dei personaggi che è la stessa situazione in cui si trovano

Fatboy slim, Praise you 1998 regia di Spike Jones, video costato pochissimo e considerato come uno dei più
belli e divertenti. All’interno del video troviamo sia musica diegetica che extradiegetica. Si sentono rumori
ambientali. Le modalità usate per questo video sono quelle del flashmob.

Missy Elliot, The rain (supa dupa fly) 1997 video più lungo della canzone, intro dove la musica non c’è ma
serve per presentare il cantante. Il balletto dà il movimento della musica che si sta sentendo.

Le vibrazione, Giulia, 2003 video in cui all’inizio c’è una ragazza che si sveglia e la canzone che sta
ascoltando è quella del video. Alla fine del videoclip la ragazza arriva in un locale dove c’è una band che
suona ed è quella che canta la canzone. Videoclip di Domenico Liggeri tutto su un solo piano sequenza,
video che ha creato un micro genere.

Videoclip come prodotto audiovisivo: formato breve che porta con sé caratteristiche che fanno sì che il
formato stesso abbia un’influenza sul contenuto. Componente metalinguistica e autoriflessiva.
Forma breve→ formato e vocazione sperimentale: componente metalinguistica, autoriflessiva. Questa cosa
è stata studiata molto bene dai semiotici: vedere libri→ il videoclip (2004) di Peverini (pensare che qui si
studiava il videoclip televisivo, YouTube ancora non esisteva)
Il videoclip si è diffuso a livello di massa con la nascita di MTV ma c’è già tutta una tradizione in cui la
musica e le immagini sono insieme. Es. dal film muto a quello sonoro, a metà degli anni ’20 si passa al sono
anche con il cinema per la musica, i musical es. Singing in the rain. Inoltre anche i primi cartoni della Disney
erano sinfonie. I cartoni della Disney inizialmente venivano fatti al contrario dei videoclip, si rendeva un
compositore di musica folle, futurista e gli si faceva scrivere la musica, sulla base della musica veniva
disegnata la storia. Prima il suono e poi l’immagine (Mickeymousing), ancora oggi viene utilizzata questa
tecnica.

Nel momento in cui il videoclip prende la sua autonomia arrivano casi in cui si cerca di forzare la forma
breve es. videoclip di Thriller di Michael Jackson. Film in cui lui sta guardando un horror e quando esce
inizia il vero e proprio video con la canzone.
Es. Happy Pharrell Williams 24 ore in cui si sente in loop happy, altro concept del videoclip musicale.

MTV nasce nel 1981 ed è la televisione che crea il formato videoclip, le cose sono cambiate con il digitale
perché il prodotto viene pensato già con l’audiovisivo. Fandom e remix culture, si prende qualcosa che già
esiste e lo si modifica. Logiche wiki: quelli che una volta sono consumatori diventano anche produttori
(prosumer).
Il primo videoclip proiettato è di una canzone che si chiama “Video killed the radio star”, quasi come
manifesto della consapevolezza che la musica sta cambiando. La musica non è soltanto suono ma anche
immagine.
1975 - Lucio Battisti, Ancora tu, videoclip che nasce prima di quando esce la canzone e l’intero album.

Visual album – 2010 disco dei Chemical Brothers che è un dvd


Beyoncé – id, non pubblica più dischi ma sempre visual album, filo narrativo che lega tutte le canzoni

Myspace – posto in cui nascono anche musicisti e generi musicali.


Jack Conte nel 2008 inventa un nuovo formato i video, modalità di produzione di una canzone già pensata
come video. Modalità che traduce e fa vedere quello che fa il musicista, video in cui ti moltiplichi e fai di te
stesso una collezione di frammenti in cui ti riprendi mentre suoni.
Aggiunge dei pezzi di arrangiamento e quando subentra un nuovo strumento compare anche sullo schermo.
Si chiama Self-splintering video.

Es. take on me – videoclip realizzato con la tecnica del rotoscopio e mostra l’interazione tra mondo reale e
mondo fantastico

Girls just wanna have fun→ La cantante fa sé stessa che canta e balla. È lei stessa dentro la storia che sta
raccontando

Windowlicker → non è banale che ci sia un videoclip per una cosa senza parole. È una presa in giro dei
brani pop. Le facce deformate sono fatte con maschere di gomma e poi post-produzione
Videoclip di musica elettronica: presa in giro dei cliché della musica pop, strano come ci sia un videoclip
dove la canzone non ha le parole.

Kylie Minogue, Come into my world – video che cerca di tradurre visivamente il loop infinito di parole della
canzone. Piano sequenza con forte editing digitale. Meccanismo di ripetizione.

Pink Guy – George Miller, youtuber e poi musicista, inventore dell’ Harlem shake 2013, musica che nasce
come puro file audio. Formato dove si ha un audiovisivo che si sovrappone in maniera perfetta alla musica.
È il tipo che ha lanciato l’Harlem Shake→ il video di una canzone è diventato il fenomeno virale più
grande di sempre. Questa canzone nasce in realtà solo come file audio su soundcloud: l’Harlem shake non è
altro che una parodia della canzone.
Lo youtuber si riprende con un reaction video e nel giro di qualche giorno molti altri youtuber prendono
questa formula e si definisce un formato molto rigido.

Lezione 11 11/11

Immersive lip sync , il doppiaggio può essere migliorato attraverso tecniche di intelligenza artificiale che fa
si che si possano adattare ad ogni tipi di labiale ogni lingua. Si fa in modo che il doppiaggio faccia
corrispondere ciò che viene emesso da un punto di vita sonoro con il labiale.
Deep fake che avviene anche tramite l’immersive lip sync.
Sito thispersondoesnotexist ogni volta che si aggiorna la pagina vengono fatte vedere immagini di persone
diverse che sono state create da intelligenza artificiale.

Deep perché si basa sulle strategie di deep learning che funzionano con sistemi di confronto, le intelligenze
artificiali vengono addestrate con dataset enormi di dati cominciando a capire come poter ricreare le cose che
vedono. Idea di deep che mostra il falso sempre più difficile da distinguere in quanto falso verosimile. Falsità
che si innerva nella profondità degli oggetti.
Deep nostalgia: applicare tecnologie che animano foto dei cari defunti, dimensione fantasmatica
dell’immagine in movimento.
Resurrezioni digitali: rianimare l’immagine di personaggi morti per poter creare una simulazione visiva di
un attore che ormai è defunto.

Deep fake come motore delle fake news


Gpt3 – sistema sviluppato da OpenAi, sistema basato su algoritmi di deep learning che è in grado di
rispondere, chatbot molto evoluto. Per costruire questo sistema bisogna allenare il sistema e questo ha avuto
più di cento miliardi di dati per diventare un sistema intelligente. Questo sistema è stato allenato da
Wikipedia.

Umberto Eco diceva che la semiotica studia tutto ciò che serve per mentire, tutto ciò che ha un’alternativa.
Nel momento in cui un software complesso sembra riuscire a mentire significa che sta acquisendo una
grande potenza semiotica. Ci sono aziende che producono volti avatar per i moderni chatbot es. synthesua.

Uncanny valley: Sensazione di disagio che abbiamo di fronte a rappresentazioni e oggetti che ci sembrano
sia finiti che molto umani es. in alcuni videogiochi il volto ha elementi molto vitrei. Zona di soglia =
avvallamento dove si vie una discrasia, si p di fronte ad una cos che è sia viva che non viva es. cadavere,
zombie, protesi di una mano, qui abbiamo la valle del perturbante che si porta ad una percezione diversa.
Questa cosa vale molto per i volti es. “Final fantasy” da molti è sato accusato, proprio per la qualità dei volti,
di essere un film che generava Uncanny valley. Stessa cosa accaduta con “Le avventure di Tintin”.
L’uncanny valley non c’è quando non si fanno rappresentazioni fotorealistiche es. nei cartoni non c’è la
pretesa di somiglianza agli umani
Samsung neo – una delle ultime frontiere dell’assistenza digitale, idea di dare un volto a questi assistenze.
Prova del fatto che l’uncanny valley va morendo perché si è in grado di creare un fotorealismo.

“Matrix” 1999,Wachowskis film che diventa una pietra miliare sulla riflessine filosofica e cinematografica
del rapporto tra umanità e macchina. Film basato sulla singolarità tecnologica ovvero il momento in cui le
macchine prenderanno il controllo di loro stesse, quando le macchine arriveranno ad un punto in cui
agiscono in modi che non possiamo prevedere. La singolarità tecnologia in Matrix è vista in maniera
negativa ovvero che porterebbe l’umanità alla distruzione.
Wanda Vision – serie in cui l’intelligenza artificiale è vista in maniera positiva, singolarità tecnologica che
ha una sua intenzionalità.

Rappresentazione del potere prometeico e divino – “Simon” Niccol 2002, il regista genera artificialmente
un’attrice, lui diventa un po' un dio perché ha il controllo totale su questo simulato umano. Simon non è
nient’altro che un burattino nelle sue mani.
Sophia – prima macchina ad ottenere la cittadinanza in uno stato, fenomeno mediatico. Chatbot normale a
cui sono state date delle sembianze umane, non ha i capelli per mettere in risalto la sua natura tecnologica.
Social robot con intelligenza artificiale.

Social roboting
Alize – robot che ha integrato un software di chatbot, viene adoperato in campo clinico per aiutare
determinati bambini a socializzare e guarire più in fretta. Capacità della macchina di impattare socialmente
in maniera profonda.

Codici compositivi: l’immagine cinematografica è sempre costruita su delle strategie di messa in scena.
Codici che gestiscono i rapporti dello spazio profilmico delineando specifiche geometrie fondate su un
olismo di fondo. Codici condizionati delle aspettative latenti es. normalmente le culture occidentali leggono
e guardano un’immagine da sinistra a destra ma questo non è sempre così, ci sono delle culture dello sguardo
di cui il cinema tiene conto.
Concetto semiotico di sistema semisimbolico (a una correlazione sul piano dell’espressione corrisponde una
correlazione sul piano del contenuto). Sistema semisimbolico che ha a che fare con il modo in cui le
opposizioni formali in un immagine veicolano delle opposizioni semantiche. Questo può riguardare l’intera
strutturazione degli spazi di un film.

- Codici della figurazione – riguardano le forme della superficie dell’immagine, riguardano l’immagine
nella su valenza bidimensionale. Geometrizzazione evidente dei contorni dell’immagine, nella figurazione
forte l’immagine appare come palesemente geometrizzata e spicca mediante contorni e sagome nette.
Es. “A Scanner Darkly” – geometrie rese evidenti perché c’è un discorso di animazione che privilegia i
contorni.
Molti modi per generare la figurazione forte, attraverso:
 bilanciamento destra/sinistra
 bilanciamento differenziato
es. “The Aviator” Scorsese, scena bagno: abbiamo una simmetria in cui vengono stravolti anche i piano
volumetrici (a sx è più profondo e a dx di meno)
figurazione dispersa: sfocatura, scarsa intellegibilità del contorno, che comunque è studiato in quanto tale.
Geometrizzazione opaca. La più o meno evidente geometrizzazione (così come ogni operazione sullo spazio
profilmico) ha delle ricadute semantiche.
Es. “Brazil” (Terry Gilliam) effetto velamento che ulteriormente contribuisce a rendere il contorno
scarsamente visibile, gioco che racconta la tensione tra opacità e trasparenza. Racconto del sogno utopico.
Geometria che non esiste, non ci sono punti di riferimento diretti per capire le immagini
Figurazione sequenziale ibrida: All’interno di una singola sequenza si ha uno slittamento in termini di
figurazione (da forte a debole o viceversa), ad esempio con giochi di messa a fuoco.
Es. “Seven” (David Fincher) 1995 primo piano a figurazione forte con contorni visibili, dopo il movimento
di controcampo riscrive la figurazione, la figurazione si disperde perché il contro luce rende visibile le forme
ma non il volto. camera a mano che traduce il movimento concitato con il suo movimento. L’immagine così
diventa meno intellegibile, disperde la figurazione forte. Abbiamo prima un primo piano che è
raffigurazione forte. Dopo il movimento di controcampo riscrive la figurazione che diventa così dispersa. Il
controluce rende mediamente visibili le sagome ma non vediamo il volto in questo caso. Primo piano di
Brad Pitt è una figurazione ibrida: non si mette a fuoco la pistola ma metà del suo volto.
Figurazione integrata: Co-presenza nella stessa inquadratura di figurazione forte e figurazione debole.
Es. “Harry a pezzi” (Woody Allen) 1997, unico personaggio sfocato in un mondo a fuoco.
L’immagine inoltre può essere molto saturata e de saturata. Se il campo viene svuotato, privo di elemento
umano, si parla di immagine estremamente de saturata.
Es. “Una notte all’opera” (fratelli Marx) inizio immagine non satura, c’è un singolo elemento umano poi
progressivamente la stanza si riempie di persone aumentando la saturazione dell’immagine. Saturazione
come effetto comico, immagine fitta di elementi (saturata).
Es. “The Truman show” (Peter Weir), scena in cui l’immagine è estremamente de saturata, il cielo crea del
vuoto introno a lui, immagine di un uomo solo.
“Dogville” (Lars Von Trier), film interamente girato i uno sfondo nero e le abitazioni sono soltanto le
sagome degli edifici per terra, estremo dell’immagine de saturata. Togliendo la scenografi in qualche modo
mostra la vera anima degli abitanti di una piccola cittadina che si dimostrano poi essere brutali.

- Codici della plasticità: si integrano a quelli figurativi e permettono di creare una profondità, una
volumetria. L’immagine ha una sua profondità che è suggerita dai rapporti prospettici fra i vari «piani», i
quali vicendevolmente instaurano una dialettica (avampiano-fondo / piccolo-grande / fuoco-fuori fuoco).
All’interno del campo non solo si possono effettuare movimenti orizzontalmente, ma anche in profondità.
Corpi e oggetti in movimento consentono ulteriormente di enfatizzare la profondità di campo.
La profondità di campo può consentire forme di montaggio interno, cioè di montaggio generato senza
stacchi, ma solo dislocando su vari piani diverse unità d’azione. Fare in modo che in una singola
inquadratura vengano riprese azioni differenti.
Es “Quarto potere” utilizzo della profondità di campo, c’è un bambino che gioca e poi il campo si allunga e
diventa sempre più profondo. Fa in modo che le due azioni simultanee siano rappresentate nello stesso
omento attraverso l’utilizzo del montaggio interno.
La profondità di campo è un dato estetico, stilistico, ma che dipende (come sempre) da condizioni tecniche.
Nello specifico per ottenere maggiore profondità di campo bisogna stringere il diaframma in modo che passi
meno luce, l’obiettivo delle cineprese deve essere ristretto.
Dialettica dei fuochi, si articola una messa a fuoco diversa su diversi piani, si rende opacità e trasparenza e
si enfatizza certe zone per direzionare la nostra attenzione
Es. “12 anni schiavo” Steve McQueen, 2013 Tre piani in questa scena, man mano che si retrocede
diminuisce la messa a fuoco per far capire che il personaggio principale è inserito in un gruppo.
Distanza focale: La distanza focale è la distanza, espressa in millimetri, che divide il piano-pellicola (piano
focale) dal centro ottico dell’obiettivo (per convenzione, nel centro della lente frontale).

Tipi di obiettivi:
Obiettivo grandangolare: Minore di 50mm, consente una maggiore apertura del campo, una maggiore
profondità di campo, un maggiore rilievo prospettico, una maggiore velocità dei movimenti e una maggiore
deformazione prospettica.
Es. fisheye usato soprattutto per riprendere sport come lo skateboard o snowboard
Es. “La favorita” film pieno di riprese grandangolari, denuncia all’obbligo di avere una determinata estetica
per quelli che sono i film d’epoca. Il registra Yorgos Lanthimos prende un tipo di deformazione
dell’immagine tipica di una certa estetica cinematografica e la applica in un genere che non gli appartiene.
Fa riflettere su come si possono usare mezzi di ripresa contemporanei anche per parlare di epoche passate. Il
grandangolo contribuisce, quindi, a contemporaneizzare lo sguardo anche su una vicenda che riguarda un
tempo antico.

Lezione 12 12/11

Obiettivo normale: di 50 mm, quello che più si avvicina ad avere uno sguardo umano su quello che viene
rappresentato. Non opera particolari deformazioni dell’immagine.
Teleobbiettivo: sopra i 70 mm , funzione di messa a fuoco di elementi molto piccoli e molto distanti. Per
fare questo tipo di vicinanza si opera una riduzione drastica della profondità di campo, si ha un effetto di
appiattimento. Effetto corsa fa fermo, tipico del teleobbiettivo, sembra che la persona stia correndo da ferma
perché tutta la volumetria dell’immagine viene schiacciata.
Es. “Il posto” (Emanno Olmi) ripresa che crea un campo medio, piattezza di fondo, non sembra che le
persone siano sulla stessa strada. Tutte le persone che passano intorno a loro sembrano molto vicine e ci
sembra tutto molto piatto, non ci sembra che loro siano su una lunga strada. La macchina sembra quasi che
gli passi sopra.

Il fuoricampo
Ciò che si trova oltre il campo – la macchina cinematografica attiva un grande deposito dell’immaginazione
che si trova tutto in ciò che sta fuori dal campo e ha un ruolo fondamentale per quella che è la produzione
audiovisiva. L’idea alla base del fuori campo e che la cornice filmica sia una sorte di prigione.
Sul potere confinante dei bordi dell’inquadratura ha riflettuto Woody Allen con “La rosa purpurea del Cairo”
1985 in cui c’è una donna che tutti giorni va al cinema per vedere sempre lo stesso film di avventura perché
trova in questo film accesso ad un modo incredibile senza noia e routine. Durante una di queste proiezioni un
personaggio del film la interpella e intrattengono un dialogo fino a quando lui decide di uscire dallo schermo
per porre fine alla stessa vita che ad ogni ripetizione del film. Paradossalmente nella sala cinematografica lei
trova una via di fuga nella vita di lui e lui anche ma nel mondo di lei. Reiterazione dell’idea della
rappresentazione come qualcosa che ha dei confini e che alle volte chiede di essere liberata.
Abbiamo un esempio di quadro nel quadro. Lei è assorta nel film come una tipica spettatrice del cinema
classico. Il personaggio si avvede di essere un personaggio. È un tipico espediente metanarrativo. Esce
dallo schermo attivando il fuoricampo proibito, quello che sta dietro alla macchina da presa. Gli altri
personaggi gli dicono di tornare indietro, lui gli dice di aspettare.

L’immagine cinematografica può avere due tipi di condizioni:


 Condizione centrifuga
 Condizione centripeta – fuori campo e poi rientro nel campo
C’è sempre una relazione fra ciò che sta dentro e ciò che sta fuori l’immagine (anche, almeno idealmente,
per le inquadrature autarchiche).
Questa capacità dell’immagine di attivare sempre un fuori campo è dovuta a sei posizioni che possono essere
attivate o no in base al film. C’è anche la possibilità di avere del fuori campo in campo es. dietro la testa del
padrino c’è qualcosa che noi non vediamo ma rientra nell’inquadratura.

Tipi di fuori campo:


 Reversibile: un fuori campo che a qualche punto si fa visibile. Es.: cinema classico.
 Irreversibile: un fuori campo a cui non potremo mai accedere in termini scopici. Il film decide di
non farci mai vedere quel tipo di cosa lasciando il dubbio o lasciando in ognuno un’interpretazione
soggettiva Es.: cinema moderno.
La presenzializzazione, momento i cui viene fatto vedere il fuori campo attivo, di ciò che sta nel fuori campo
ha effetto consolatorio, di conferma, ci fa vedere quello che immaginavamo fuori dal campo. Ecco perché nel
cinema classico tendenzialmente il fuoricampo è reversibile perché era un cinema che non voleva creare
tanta ansia. Rendere visibile il fuori campo da un informazione specifica allo spettatore, senza la
presenzializzazione l’azione sarebbe rimasta semplicemente nella propria immaginazione.
“Santa Claus”, Smith, 1898→ ci rende visibile il fuoricampo in campo “bucando” la parte e facendoci
vedere cosa sta al di fuori del muro, ovvero Babbo Natale che arriva a portare i regali. Poi lui entra
nell’abitazione, mette i regalini e se ne va. Questo buco nel muro ci permette di capire il modo in cui arriva
Babbo Natale, altrimenti noi avremmo dovuto immaginarlo.
Tre modi in cui si può attivare l’uscita dal campo, in cui si può attivare il fuori campo:
1. Fuori campo di impronta – si attiva perché noi abbiamo nel campo degli elementi che sono i
mediatamente riferiti e fisicamente connessi a qualcosa che è nel fuoricampo. Ciò che è fuori campo
è legato a doppia mandata con ciò che è in campo (questo viene fatto con termini corporei,
vocalmente, ombre, immagini riflesse etc)
Es. Nosferatu (Friedrich Wilhelm Murnau 1922) Sta arrivando il vampiro e quello che noi vediamo è
la sua ombra che sta arrivando, il odo per alimentare la tensione dello spettatore è quello di mettere il
mostro fuori campo e lasciare di lui solo una traccia. Utilizzo dell’ombra che ha la sua materialità,
come se l’ombra fosse capace di toccare la vittima.
Es. “La morte ti fa bella” (Robert Zemeckis 1992) uso dello specchio come attivatore, rende visibile
in campo ciò che è nel fuori campo. Due donne stanno invecchiando e si rivolgono ad una strega che
le renderà immortali. Ma il loro corpo comunque decade e sono costrette a ricorrere ad altri elementi
per mantenersi giovani, tipo l’imbalsamazione. Lo specchio rende visibile ciò che è fuoricampo, che
sta dietro di noi.
Es. “Profondo rosso” (Dario Argento 1975) specchio utile come valore indiziario, attiva il fuori
campo e mostra informazioni utili a capire chi è l’assassino del film.
Es. “Scream 2 (Wes Craven 1997) uso della telefonata che attiva un fuori campo vocale. L’atto
violento viene confinate in un fuori campo in campo e lo spettatore ha accesso a questa scena
attraverso lo specchietto del van, l’accoltellata infatti non si vede ma si sente solo. L’assassino è un
fuori campo in campo perché è travestito e noi non sappiamo chi sia.
Es “Lazzaro felice” (Alice Rohrwacher 2018) ululati del lupo che rimanda all’animale che però non
ci è reso visibile.
2. Fuori campo di indirizzo – fuori campo attivato mediante un segno indicale che ci indirizza al fuori
campo, a cui accediamo solo mediante l’indice (in quanto segno peirciano: sguardo, gesti…), si
attiva un fuoricampo che rimandano ad un fuori campo che indica che lì c’è qualcosa.
Es. Picnic a Hanging Rock (Peter Weir 1975) sguardo come fuori campo di indirizzo che poi ci porta
a vedere quello a cui effettivamente la ragazza si riferiva.
3. Fuori campo di passaggio – attivato ogni volta che qualcosa che si in trova i campo esce
dall’inquadratura.
“La caduta di Troia” (Giovanni Pastrone 1911) personaggio che si tuffa in mare e se ne va, lo stacco
ci mostra poi dove stava andando, fuori campo reso dal montaggio. Breve panoramica che poi
mostra e rende visibile pezzi di fuoricampo.

È possibile fare a meno del fuori campo?


Il campo totale come tentativo: Tutti i soggetti e gli oggetti rilevanti vengono ripresi (elusione
programmatica dello spazio fuori campo) . Efficace sul piano narrativo perché si ha accesso a tutto quanto
Fallimentare sul piano metafisico perché qualcosa fuori dall’inquadratura bisogna immaginarselo.
“The tree of life, Malick”, 2011→ abbiamo delle immagini che vogliono rappresentare il tutto. È una
interpretazione che però è discutibile, non è mai una rappresentazione del tutto ma sempre parziale. Per il
regista non è importante in questo momento porsi la domanda di “da dove arriva il fumo?”. In queste
inquadrature il troppo piccolo ed il troppo grande si mescolano, potremmo vedere delle cellule come degli
astri. Vorrebbe metterci in condizione di non porci il problema di quello che sta fuoricampo soddisfandoci
con quello che c’è nel campo. L’immagine che vediamo dovrebbe bastare a sé stessa.
Fuori campo sonoro
Suoni acusmatici – suoni che si sentono ma di cui non si riesce a capire la fonte, definizione di Michel
Chion.
Off-screen sound – acusmatico e diegetico (l’urlo di una donna in lontananza, colpita dall’assassino). Es.
“Flashdance” Andrian Lyne 1983 → scena dove lei entra e balla davanti alla giuria. Enfasi sulle gambe
perché è una ballerina, ma c’è comunque un rimando sessuale. Inizia l’aggancio diegetico che ci dice che la
musica che sta per partire ha ragione di esistere nella storia che viene raccontata. La musica ad un certo
punto per tenore diventa soundtrack e non più diegetica.
Voice-over – extradiegetico ma anche cortocircuitale. Es. “Stranger than Fiction” (Marc Foster 2006)→ vero
come la finzione parte come extradiegetica la voce fuori campo e poi diventa intradiegetica. C’è la voce di
una narratrice tipica. Nel film ad un certo punto si genera un cortocircuito, il personaggio guarda verso l’alto
come se sentisse la voce narrante. Ad un certo punto la voce fuoricampo parla di un imminente decesso del
personaggio che comincia ad urlare: perché? Quanto imminente?

Extradiegetic – acusmatico e non diegetico (soundtrack) effetti sonori che capiamo non essere legati alla
narrazione. Es. “Il buono, il brutto, il cattivo” (Sergio Leone 1966)→ lo scopo della colonna sonora è di
dettare il ritmo e di accompagnare emotivamente determinate sequenze. L’elemento musicale qui è
fondamentale per questo scambio di sguardi. Gli attori recitano senza una musica, noi invece la sentiamo.
C’è quindi una asimmetria tra il momento in cui si registra e quello in cui si fruisce.

Fuori campo in campo


Dal momento che l’immagine presuppone una volumetria, ogni oggetto o soggetto che la popoli idealmente
nasconde alla vista porzioni di spazio dietro di esso, così attivando un «fuori campo in campo», che se da un
lato è fisiologico dall’altro può essere sfruttato per sortire particolari effetti.
Es. “La finestra sul cortile” (Hitchcock 1954) inquadratura con due aperture scopiche ma buona parte di ciò
che contiene l’abitazione è preclusa, non lo vediamo. Diminuzione del grado di visibilità. Molte scene del
film si basano su questo presupposto. Un uomo invalido non può muoversi e guarda sempre dalla finestra,
un giorno scopre che vedendo nelle finestre degli altri alcuni suoi vicini commettono omicidio. Ma lui non
può vedere oltre il muto, vede solo lo spazio della finestra. Inquadratura sostanziale soggettiva. Da subito
vediamo una inquadratura costruita con due aperture scopiche, ma una parte dell’abitazione è preclusa. Il
fuoricampo in campo è attivato da degli sguardi di lui che osserva intorno a sé.
Es. “Rosmary’s baby” (Roman Polanski 1968) una giovane coppia si trasferisce a New York in un
appartamento e lei rimane incinta. Inizia a soffrire durante la gravidanza di una strana paranoia, ovvero che i
suoi vicini di casa siano dei satanisti. Inizia a dubitare poi anche del marito. Capisce che tutti i successi suoi
e del marito sono frutto di un patto col diavolo che il marito ha stretto tramite la setta satanica e che il figlio
che lei ha in grembo è il figlio del demonio. Il bambino nasce, noi non abbiamo accesso alla figura del
bambino ma a quella del passeggino coperto, che genera un fuoricampo in campo ma passivo (non avremo
mai la conferma che il bambino si un diavolo o no). Il film si può leggere in modo psicanalitico come
depressione post partum ecc. Non si sa quanto la protagonista sia pazza o abbia ragione, il bambino viene
coperto dal passeggino e quindi lo spettatore non capisce se è effettivamente figlio del demonio come
racconta lei oppure no, non abbiamo accesso alla visione del bambino.
Es. “Pulp fiction” (Tarantino 1994) Valigetta che viene sempre passata ma di cui il contenuto non si vede
mai, nasconde determinate di porzioni di interesse, aumentando così il mistero.
Valigetta che viene chiamata macguffin, termine coniato da Hitchcock. Invenzione narrativa che ha a che
fare con l’inserzione nel film di elementi che sembrano importanti alla narrazione ma che poi sono solo dei
piccoli motori che spingono la narrazione a muoversi.

Il macguffin: Inserzione all’interno del film di elementi che sembrano essere molto importanti per la trama
ma che poi in realtà sono solo dei piccoli motori che spingono la narrazioni a muoversi. È un Gancio che ci
depista ma c porta anche avanti nella storia.

Fuori campo proibito – tutto quello che si trova dietro alla macchina da presa. Lo spazio fuori campo
situato di fronte all’inquadratura, proibito nel cinema classico poiché avrebbe rilevato il dispositivo
finzionale dietro il film. L’interpellazione attiva il fuori campo proibito.
Es operatore che viene mangiato dalla cinepresa e sguardo in macchina di Funny games.
Es. “Io e Annie (Woody Allen 1977) fila al cinema, c’è un situazione archetipica, davanti a loro c’è un
intellettuale di turno che fa discorsi sul cinema. Quello che viene fatto e che il protagonista, non sopportando
più questo intellettualone, prende dal fori campo Marshall McLuhan, Woody Allen non parla più con il
personaggio e basta ma con gli spettatori. Viene fatta un’interpellazione.
Anche l’arretramento dell’inquadratura fino a riprendere la cinepresa attiva il fuori campo proibito,
rendendolo visibile, ma ne genera immediatamente un altro à generazione di una mise en abyme (un sistema
di scatole cinesi, cioè di meta livelli, tortuoso, dove non è più capire su che piano rappresentazionale si trova.
In semiotica ciò si può fare con le enunciazioni enunciate, ad esempio).
Es. E la nave va (Federico Fellini 1983) vengono mostrati gli operatori, i microfoni e il set di quella che era
la nave oggetto del film, una delle più grandi attivazioni del fuori campo proibito di sempre.
Mise en abyme: existenz (David Cronenberg 1999) Lucien Dällenbach: caso di inserto testuale che
intrattiene con il testo con le contiene una relazione di analogia.
Mise en abyme in letteratura: «"Amore e Psiche": Anche la posizione centrale della favola nel testo
originale aiuta a capire lo stretto legame che lega questo racconto nel racconto con l'opera principale; è
infatti facile scorgervi una "versione in miniatura" dell'intero romanzo: come Lucio, protagonista de Le
Metamorfosi, anche Psiche è una persona simplex et curiosa; inoltre, entrambi compiono un'infrazione, alla
quale seguirà una dura punizione. Solo in seguito a molte peripezie potranno raggiungere la salvezza»
Es. “Synecdoche, New York” (Charlie Kaufman 2008) il protagonista vuole scrivere uno spettacolo teatrale
che racconti la storia della sua vita. Inizia ad assumere degli attori che interpretino sé stesso. Questi attori a
loro volta assumono attori che interpretano sé stessi ecc.

Antecampo e soggettiva
Es. Halloween (John Carpenter 1978) Incipit scene in soggettiva che attivano un ante campo perché non
sappiamo di chi sia lo sguardo, collocato nel fuori campo dietro la macchina da presa. Si capisce che è una
soggettiva a causa dell’andamento che ci suggerisce qualcuno che osserva camminando. Il fuoricampo
d’impronta è reversibile. Sappiamo che è lo sguardo di qualcuno ma non sappiamo di chi, gli unici indizi ci
vengono dati dall’altezza dello sguardo. La figura si aggira per la casa dopo ver preso un coltello e questo
aumenta la nostra curiosità. Abbiamo un indizio: la soggettiva ha una manina che si mette una maschera da
clown per aumentare l’enigmaticità. La donna viene freddata ma ancora non abbiamo idea di chi sia
fisicamente l’assassino, fino a quando non viene rivelato il suo volto con una oggettiva.
Es. La casa (Sam Raimi 1981) film che inizia con strani movimenti dentro un bosco, soggettiva molto chiara
ma non umana. Entità malefica che si aggira nei pressi della casa maledetta, soggettiva che attiva un fuori
campo, ci immaginiamo qualcosa dietro quel tipo di sguardo.

Lezione 13 02/12
Visione in classe del film Matrix

Lezione 14 03/12
Riflessione sul film Matrix con il professor Gianmarco Giuliana, esperto di videogame, realtà virtuale e
realtà estese.
Matrix del 1999 come iniziatore di una trilogia che prosegue poi con due pellicole: Matrix Reloaded e Matrix
Revolution. A gennaio uscirà poi un quarto capitolo, quasi vent’anni dopo i primi.
Il primo film è stato una pietra miliare perché ha posto le basi per tutta una serie di discorsi fantascientifici e
filosofici che si sono poi sviluppati più avanti. Sicuramente è stato il film che più di altri si è radicato in un
immaginario ben preciso, quello della realtà virtuale.
Dal punto di vista filosofico Matrix segue la tesi secondo la quale noi viviamo dentro una simulazione, tesi
che non è nata con il film ma che era già presente prima es. il lavoro di Hilary Putnam che scrisse negli anni
Ottanta un articolo chiamato “cervelli in una vasca” in cui metteva in luce la possibilità che l’umanità si sia
in realtà convinta di vivere in un modo che però gli è trasmesso elettronicamente. Secondo questa teoria gli
esseri umani non sarebbero altro che cervelli collegati dentro delle vasche che fanno esperienza di ciò che
vivono perché viene dato qualche tipo di segnale nel cervello.
Negli anni 2000 questa teoria viene ripresa da un filosofo chiamato Nick Bostrom che scrive “Are you
living in a computer simulation” in cui riprende le teorie di Putnam (che possono essere ulteriormente
ricondotte a quelle di Platone del mito della caverna in cui ci sarebbe potenzialmente un’umanità rinchiusa
dentro la caverna che avrebbe accesso a delle immagini che vengono scambiate per la realtà oppure anche
legate alla teoria di Shopenahuer del velo di Maya). Il punto su cui si focalizza lui e anche il film e che c’è
qualcosa che separa noi dal resto, in termini percettivi che per Matrix è una complessa simulazione
informatica.
Teoria della simulazione alla quale vengono poi anche affiancate teorie cospirazioniste e del complotto.

Nel film viene enfatizzata la tematica del corpo, Matrix infatti da un lato parla della mente che viene
proiettata in un mondo virtuale ma, dall’altro lato, ci parla anche di corpi che vengono bucati e traforati, usati
per essere sfruttati come energia e che quando vengono liberati devono subire diverse operazioni. Il ruolo
della corporeità rimane centrale in Matrix.
Un altro tema forte del film è la singolarità: momento in cui la macchina che noi creiamo sfugge al nostro
controllo, entra in un ordine di imprevedibilità.

Cyper tradisce perché non si pone il problema di una presunta verità totale ma accetta la sua esperienza
sensibile in Matrix che è molto meglio della verità dolorosa, accetta l’illusione e gli basta sapere di non
sapere. Discorso che chiama in causa molte riflessioni anche molto contemporanee – metaverso.

Film che ha saputo prevedere una serie di tematiche e tecnologie che si sono realizzate, per questa ragione ha
ancora un valore contemporaneo.

SemioMatrix – tre grandi temi:


 mentalità del corpo
 codice del digitale
 realtà virtuale.

Mente, corpo ed esperienza nella virtualità – modo in cui noi concepiamo oggi la realtà virtuale come
tecnologia.
Es. pubblicità dell’Oculus rift di quattro anni fa, idea di realtà virtuale differente rispetto a quella utilizzata in
Matrix. Differenze trovate: Il visore e il gioco, uno può entrare e uscire a libero piacere. Uso di joystick che
implicano la mobilità, diverso da Matrix perché Neo quando è in Matrix dorme. La realtà virtuale che
concepiamo oggi dipende anche molto dalla corporeità.
Matrix arriva in un periodo in cui c’erano diversi studi sulla relazione tra corpo e mente es. quando Neo si
allena lui non muove un muscolo ma viene fatto tutto mentre dorme, solo con l’utilizzo della mente.
Le realtà virtuali di oggi si basano molto sull’esperienza fisica che si ha del mondo. Queste tecnologie
traducono un esperienza in un'altra, in semiotica si dice trasdurre. Il software traduce i movimenti nel modo
più realistico possibile però deve essere presente una certa esperienza del mondo per poter muoversi nella
realtà virtuale. Es. se giochiamo ad un gioco di auto e non abbiamo conoscenze sulle macchine ci risulta
difficile comprendere come giocare, in Matrix c’è un idea di esperienza virtuale totale, tutto ciò che si
conosce in modo teorico permette di agire es. quando Trinity si fa dire in modo teorico come guidare
l’elicottero e lo impara subito.
Matrix arriva alla fine degli anni vanta che sono tempi importanti per lo studio della mente e del cervello
umano. Un primo filone di studi si basava sul capire gli esseri umani come dei computer, teorie
computazionali. Dall’altro lato ci sono teorie della mente che non potevano vedere solo la mente come un
computer ma anche la capacità di interagire con gli oggetti, la teoria del computer non vale più perché il
computer non ha un corpo e un modo per mediare con il mondo. Sono poi sorte anche altre teorie come le
teorie della mente estesa si rifanno anche a qualcosa che c’è fuori dalla mente quindi anche attraverso l’uso
di device esterni.
Idea di immersione principale in Matrix, in alcuni studi fatti sulla realtà virtuali hanno fatto notare come le
persone che hanno una percezione del proprio corpo maggiore nella realtà virtuale tenderanno a perderla.
Matrix è un ponte tra una visione della realtà virtuale come mondo altro, come mondo finto, qualcosa che
non esiste e che ha le sue regole e vale per se. Dall’altro lato realtà virtuale uguale al nostro mondo visto che
siamo noi che agiamo e che percepiamo il mondo, si ricostruisce un mondo a partire da me stesso sulle stesse
basi del mondo reale. Le realtà virtuali sono quindi mediazioni che ricontestualizzano le esperienze che noi
abbiamo fatto del mondo utilizzando nuovi mezzi.
Opposizione tra reale e virtuale una volta era fatta tra virtuale e attuale, c’è stato un passaggio ontologico nel
soggetto.

La nuova era digitale – millenium bug, i primi computer non avevano molto spazio per immaginare i dati
quindi, per risparmiare, molti programmi rappresentavano gli anni solamente con le ultime due cifre. Con
l’avvicinarsi degli anni 2000 però in molti ipotizzarono che i computer non fossero in grado di capire 00 per
l’inizio di un nuovo secolo e quindi avrebbero ricominciato il conteggio del 1900. Apriva un problema nuovo
ovvero che tutti i sistemi su cui si basa la nostra società erano già nel dominio dell’informatica.

Antecedente di Matrix – Tron 1982, film che anticipa il mondo dei computer. Sistema informatico simile al
mondo reale.

L’eroe nella nuova era digitale è l’Hacker, Neo è un eroe hacker così come Trinity.
Es. finale di Matrix dove Neo vede il mondo di Matrix come lo vede un software e non con gli occhi umani.
Momento in cui Neo smette di essere umano. Neo abbandona la sua umanità e agisce come un software
pirata in Matrix che a sua volta è un software.

1997 intelligenza artificiale batte un umano negli scacchi – evento che socialmente ha un peso molto grande,
questo cambiò molto l’opposizione che si aveva tra l’umano e non umano. La macchina ha vinto perché è
riuscita a calcolare momento per momento una singola mossa, riesce a capire quale sia la migliore,
superiorità matematica e probabilistica che ha la macchina.
Più di recente ci sono dei giochi ancora più complessi es. dota, sport elettronici. In giochi più complessi degli
scacchi la macchina non può più avere soltanto capacità probabilistiche ma devono essere programmate
come reti neurali ovvero prendendo spunto da tutte le strategie possibili degli umani, quello che accade con
dota.
L’eroe gamer – i videogiochi nascono come fenomeno hacker, cultura di persone che si divertivano a
manipolare i software.
Cheat engine – modo per barare nei videogiochi, tutte le azioni che si fanno nel gioco sono legate ad azioni e
dati matematici. Nel mondo degli sport vengono usate soprattutto le capacità cognitive degli umani.
Idea di videogioco che si sposa molto bene con quella di film, infatti, sono stati prodotti anche tanti di
videogiochi di Matrix, alcuni nei quali c’erano anche scene indite che permettevano di guardare poi anche i
film successivi e capirli. Inoltre nella scena del film del combattimento all’interno del palazzo tutto viene
messo in atto simulando un vero e proprio combattimento di quelli che accadono nei videogiochi.
Matrix non soltanto da vita a questi videogiochi ma ad un immaginario specifico di quello che è lo slow
motion, nel mondo dei videogiochi ne viene creato uno che dal punto di vista del gioco diventa famoso
proprio per aver copiato la tecnologia dello slow motion di Matrix dei proiettili della pistola.
Matrix ha la capacità di essere storicamente attuale, nell’anno in cui esce Matrix viene anche rilasciato quello
che è uno dei primi mondi virtuali online in tre dimensioni, everquest. Questo fa vedere come culturalmente,
prima dell’uscita di Matrix, questi mondi online fossero molto nell’immaginario di produzione delle nuove
tecnologie.

La realtà virtuale come estetica – Matrix sfrutta tutte le possibilità del cinema e dell’audiovisivo per darci
un esperienza soggettiva e sensoriale di qualcosa di virtuale che è la computer grafics e gli effetti virtuali.
Protesi: capacità del linguaggio audiovisivo di estendere le nostre capacità.
Es. scena del combattimento tra Neo e Morpheus, telecamera che crea l’effetto di immersione finzionale per
lo spettatore, la telecamera passa dal punto di vista di Neo a quello di Morpheus.
Il bullet time si fa prendendo una serie variabile di fotocamere che scattano sequenzialmente una foto attorno
all’attore che fa il movimento e sono disposte secondo una curva che simula il movimento della ripresa che
poi uscirà, si genera artificialmente un movimento di macchina.
Nella scena del proiettile ci sono dei fotogrammi che noi vediamo ma che non sono stati ripresi e che si
creano a partire da due fotogrammi e ne si crea uno artificiale che allunga la scena.
La orza e il significato di questo film e anche dato dal fatto che per la prima volta si era creato il realismo di
fronte al virtuale, quando si vedono le scene molto spesso non si capisce che molti frame sono virtuali.
Matrix introduce visivamente qualcosa che perturba, un virtuale che sembra reale.
Idea di avatar – residual self image. L’avatar in Matrix è la stessa persona di Neo, non c’è possibilità di
confonderlo. Idea di virtuale vero.
Es. il primo jumanji sovverte la regola che si è sempre la stessa persona sia nel mondo virtuale che in quello
reale. In questo film nel mondo virtuale i personaggi sono diversi. Uno dei film che ha re interpretato il gioco
e ha puntato molto su questo aspetto.

Matrix rimane dentro quello che in semiotica si chiama assiologia, mondo di contrapposizioni. Conflitto tra
vero visto come giusto e vero visto come brutto. In Matrix la verità è brutta, il mondo che loro dicono sia
reale e quindi vero, è brutto. Matrix riesce a prendere tutti i discorsi delle scienze cognitive e le riassume
dimostrandone tutta la complessità.

Lezione 15 09/12
Il metacinema: il metacinema è il cinema che, in qualche misura, riflette su sé stesso.
La mise en abyme è una formula meta cinematografica, così come l’interpellazione e in generale ogni
rivelazione dell’antecampo. Spesso il metacinema si definisce attraverso le interpellazione che sono sguardi
in macchina che mettono in atto l’antecampo.
Es. “Effetto notte” Francois Truffaut – grande esponente della nouvelle vague francese, in questo film
impersona l’alter ego di ste stesso, un regista che è alle prese della regia di un film che però sembra non farsi
e sgretolarsi da solo. È un film sulla realizzazione di un film, si ha la palesazione del fuori campo proibito: è
il trailer stesso ad usare la componente meta cinematografica.

Fuori campo assoluto: non si definisce tecnicamente ma filosoficamente, si parla di fuori campo assoluto
quando si riferisce all’attivazione del fuori campo che rimanda a qualcosa che non si rivolge solamente a uno
spazio non visibile, ma propriamente a uno spazio (ontologicamente) altro, metafisico, trascendente,
irraggiungibile, non filmabile.
La categoria del non filmabile definisce i limiti del concepibile dal punto di vista cinematografico. Ci si
rivolge ad un oggetto teoretico che per sua natura non ha una sua propria definizione visiva standard es. lo
sguardo di Giovanna D’Arco a Dio. Il fuori campo diventa il luogo del non filmabile, ci si riferisce alla non
trascendenza senza per forza doverla rappresentare e raffigurare cinematograficamente.
Il fuori campo e sempre un deposito di qualsiasi tipo: spaziale, dell’immaginario es. mostro, dell’impossibile,
del divino e di ogni forma di trascendenza.
Es. Martyrs, Pascal Laugier 2008 il soggetto si rivolge al divino trascendente che è rappresentato con uno
sguardo che si dirige vero il fiori campo, quello che lei vede possiamo solo presumerlo e non vederlo del
tutto.

Organizzazione spaziale dell’inquadratura, si ritorna nel campo


L’inquadratura come selezione di frammenti di realtà oltre a essere organizzata secondo codici compositivi e
istituendo una più o meno esplicita dialettica fra campo e fuori campo si organizza secondo ulteriori
categorie:
 Angolazione es. Il discorso di Kane (Quarto Potere, Orson Welles 1941), il regista non si limita a
riprendere Kane frontalmente ma da alcune angolazioni che modificano la percezione e la
prospettiva del personaggio. Presentatore in una prospettiva molto strana, personaggio che viene reso
piccolino ai nostri occhi, al contrario poi appare un gigantografia di Kane che occupa la maggior
parte dell’inquadratura. In questo sdoppiamento in cui l’immagine di Kane dialoga con lui stesso, è
reso tale con una carrellata verticale, si verifica un inquadratura strana perché Kane viene ripreso
dall’alto. Questo tipo di ripresa rende visibile la platea che ascolta il discorso. Con il montaggio si ha
poi un campo lunghissimo e quello che domina, in termini di composizione, è la gigantografia di
Kane perché il personaggio è ridotto in quanto si trova in un campo lunghissimo.
 Illuminazione: nell’esempio di prima, citato sopra, viene usata l’illuminazione per far vedere, nel
campo lunghissimo in cui il personaggio di Kane è piccolo, la gigantografia di Kane che rimane
sempre
 Dimensioni scalari - scala dei piani
Scala dei piani – particolare e dettaglio: inquadrature molto ravvicinata, che seleziona solo piccole porzioni
di spazio, enfatizzandone il contenuto.
Il particolare è nello specifico una selezione ravvicinata di una parte di corpo umano (ivi compreso il volto).
Si possono avere inquadrature particolare di ogni parte del corpo
Il dettaglio è il piano ravvicinato di un oggetto. es. Django Unchained (Quentin Tarantino 2012), viene fatta
un’inquadratura a dettaglio sull’atto di preparazione della birra, atto che viene reso particolarmente
significativo. Traduzione di un passaggio descrittivo in termini letterari che vuole enfatizzare sull’assurdità
dell’atto che stanno compiendo. Dopo che hanno fatto scapare il proprietario del saloon si stanno facendo
una birra. Dettagli che, anche sonoramente, sono molto intensi
La selezione è minima e quindi, secondo un’inversione proporzionale, l’attenzione è massima, vengono
scelte queste inquadrature per porre maggiormente l’attenzione dello spettatore.
Il particolare può assolvere ad altre funzioni:
il particolare sineddoche – la parte sta per il tutto es. inquadratura di una mano con il pugnale, si immagina
una mano che sta per una persona non che la mano sia staccata dal braccio.
Es. 2001 odissea nello spazio (Kubrick 1968) all’interno del singolo film si ha un’epopea dall’inizio
dell’umanità al futuro dell’umanità. All’inizio abbiamo la preistoria in cui gli umani ancora non esistono, poi
una parte ambientata nel presente e un’altra ambientata nel futuro. Nella preistoria le scimmie dobbiamo
immaginarle come punto di partenza dell’umanità e quindi non aspettarci che sappiano fare chissà che cosa.
Attenzione posta su un monolite, la scimmia prova a capire cosa sia quell’oggetto. La scimmia prende un
osso che per lei assomiglia ad un bastone e incomincia ad usarlo come strumento, come un’arma. Quello che
viene rappresentato da Kubrick è il passaggio dalla scimmia allo stato brado alla scimmia che per un gioco di
fortuna trova qualcosa che diventa strumento, salto evoluzionistico fondamentale. Il primo modo i cui
l’umanità si evolve è concepire lo strumento come uno strumento di offesa. Il particolare sineddoche si
ritrova nell’inquadratura sul braccio della scimmia che brandisce l’osso, qui si racchiude la storia intera
dell’evoluzione umana basata sulla violenza e sugli strumenti.
il particolare ideologico – es. la corazzata Potemkin (Sergej Michajlovič Ejzenštejn 1925) scena famosa
della carrozzina che cade dalle scale. Una mamma nel mezzo delle rivolte vede cadere la sua carrozzina.
Bambino che porta l’ideologia della responsabilità per il futuro, tutti si aspettano dalle nuove generazioni di
migliorare quelli che sono stati gli errori delle precedenti. Inquadratura del ventre che la donna tiene e si
stringe, particolare reso più forte con un inquadratura di massa, della folla.
Durante le rivolte una mamma vede cadere la sua carrozzina. Ci sono tante persone, tanti fucili, inizialmente
non c’è molta attenzione al singolo. Poi questo bambino (che già in quanto bambino porta su di sé il peso del
futuro) diventa oggetto dell’attenzione. La madre cerca di tenerlo in salvo, e c’è il suo primo piano. Lei è da
sola contro l’orda di inarrestabili soldati. Abbiamo un particolare sulla pancia della donna che lei si tiene e si
stringe. C’è anche un dettaglio perché ha una cintura. Il particolare è reso ancora più forte dal fatto che dopo
c’è subito una inquadratura della folla. Lei viene colpita e viene inquadrato prima il ventre e poi il volto che
è l’immagine del dolore.

Dissezione concettuale del corpo: trasformare il corpo in una serie di parti componenziali che non hanno
tutte lo stesso valore es. tipica inquadratura dal basso verso l’alto del corpo femminile.
Es. Not another Teen Movie (Joel Gallen 2001) procedimento di dissezione del corpo che viene disinnescato.
Inquadratura che parte sul piede e che poi segue la discesa sulle scale della ragazza, la stessa inquadratura in
diversi time frame evidenza diverse parti del corpo. Incursione meta cinematografica, noi vediamo il film in
slow motion ma non pensiamo che i personaggi lo vivano invece alla ragazza viene detto che ha fatto la sua
prima discesa in slow motion. Il secondo disinnesco è l’eleganza che viene disturbata quando la ragazza si
inciampa sullo scalino, lo slow motion finisce e lei è in tempo reale e poi cade, la musica si interrompe di
botto e si ha una parodia proprio sull’utilizzo di inquadrature che lavorano sulle proporzioni scalari e che
sono legate ad uno sguardo maschile ed oggettivante nei confronti della donna.

La transizione analogica: transizione che cambia gli oggetti in campo ma preserva le forme. Es. scena della
doccia di Psycho. Abbiamo il passaggio dal dettaglio (scarico della doccia) Ad un particolare (l’occhio
morto). La transizione cambia gli oggetti in campo ma mantiene le forme.
Il dettaglio-metafora: processi di risemantizzazione suggeriti dalle dimensioni scalari es. il signore degli
anelli (Peter Jackson 2001) viene enfatizzato l’anello attirando l’attenzione sull’elemento che sarà poi
fondamentale per tutto il film.
Il primissimo piano: Rispetto al primo piano si ha uno stringimento sul volto, evitando di inquadrare le
spalle. Alle volte segue a un primo piano, con ulteriore avvicinamento, così da enfatizzare il portato emotivo
di un volto, potenziare il carico semantico di ciò che sta pronunziando…
Es. il silenzio degli innocenti (Jonathan Demme 1992) incontro tra una giovanissima ambiziosa detective e
un super criminale intelligentissimo. Incontro con potenza emotiva tale che vengono usati dei primissimi
piani frontali. Aggressione che si gioca sul piano di una violenza psicologica
Il primo piano: Dalle spalle in su. È senz’altro in termini quantitativi la modalità di sezionamento
cinematografico del corpo umano maggiormente adoperata.
“Il silenzio degli innocenti” (Demme 1992)→ qui Clarice va a interrogare il professore Lecter in un carcere
di massima sicurezza. Lui è un criminologo estremamente colto e intelligente (ma si mangia le persone). Il
loro incontro è di una potenza tale che Demme decide di riprenderlo con primissimi piani con campo e
controcampo frontali. Si produce una interpellazione dello spettatore. L’aggressione si gioca su un piano
della violenza psicologica visto che sono separati da un vetro antiproiettile. La violenza passa attraverso i
volti, i giochi di sguardi.

Approfondimento: il volto nel cinema. Es. Faces (Jhon Cassavetes 1968),inquadrature quasi tattili che danno
la sensazione di toccare la pelle. Primo piano totalizzante portato ad un livello di degenerazione, film che
sembra uscire fuori da un codice condiviso. Primissimo piano come figura retorica dominante e assoluta,
come se ci fosse un tentativo di entrare nell’intimità attraverso i volti.
Es. Visages, villages (Jr e Agnès Varda 2017) giro per la Francia in località amene ad incontrare la gente del
luogo e a fare foto di volti per tappezzare poi i paesi. Attraverso questa esperienza esplorano la psiche delle
persone che incontrano e anche loro stessi.
Coeur Fidèle (Jean Epstein) concetto di fotogenia, convinto che certi volti fossero capaci di avere una
potenza attrattiva intrinseca e quasi innata. Inquadrature sul volto per evocare il sentimento di lei.

Primo piano come principio di perturbante es. The Ring, es. Inland Empire (David Lynch)
Media e orrore:
 Il telefono: The Ring; Cell: il male passa attraverso il canale telefonico
 La TV: The Ring, Poltergeist
 Il pc: Unfriended
 La radio: Pontypool radio come mezzo attraverso il quale si trasmette un virus
 Il cinema/I libri: Il seme della follia
 I videogiochi: Stay Alive, Jumanji, Ready Player One

Mezza figura: inquadratura che è un po' più di un primo piano, dal busto in su
Piano americano: inquadratura dalle ginocchia in su
Figura intera: come dice la parola si tratta dell’inquadratura della figura intera
Campo medio: si allarga il campo e si rende pertinente anche l’ambiente in cui il soggetto rappresentato è
inserito, il soggetto rappresentato scalarmente diventa più piccolo
Campo lungo: l’ambiente diventa quasi più rilevante rispetto ai personaggi. Visivamente fa si che i soggetti
siano ridimensionati, si percepisce la loro piccolezza.
Campo lunghissimo: i soggetti umani sono ridotti a dei puntini e sono scarsamente riconoscibili, estetica del
paesaggio.
Campo totale: Non descrive necessariamente una relazione fra soggetto e ambiente nell’inquadratura,
quanto piuttosto una relazione fra inquadratura e diegesi (essendo il campo che rileva tutto quanto è
«necessario» ai fini della narrazione). (La vita è meravigliosa)
Pillow Shot: inquadrature cuscino, senza particolare rilevanza narrativa, ma con doppia - e in qualche misura
antitetica – funzione:
1. Introduzione in un ambiente (nuovo o visto in precedenza, tipico delle sitcom ad esempio)
2. Estetizzazione del mezzo filmico e della sua capacità di catturare gli spazi, senza la mediazione di
componenti narratologiche
Es. Tutto in famiglia, serie tv – Pillow shot come forma di interpunzione filmica
Le dimensioni scalari sono la base del linguaggio cinematografico sono sia funzionali che estetiche.
Es. Gangs of New York (Martin Scorsese 2020) film nel quale sono presenti e funzionali le dimensioni
scalari. Dal campo lungo si passa ad un primo piano sui piedi e poi anche ad una dissezione concettuale del
corpo per poi passare ad un primo piano e così via.

Pillow Shot di YASIJIRO OZU → tè che bolle, donne sulle scale, passanti in strada. Queste inquadrature
non sono fegatelli, hanno una loro composizione, una loro armonia. Può anche assolvere una finzione di
fegatello ma non si riduce solo a quello. C’è una poetica dell’immagine dentro a questi Pillow shot. Spesso
sono dei campi vuoti senza persone.

Nel linguaggio delle sitcom abbiamo invece i fegatelli che ci aiutano a fare delle transizioni in modi meno
distaccati. Abbiamo delle riprese magari dell’esterno del luogo in cui il personaggio si sta recando, cose del
genere.

Codici fotografici: l’illuminazione


Gioca un ruolo fondamentale sin dal cinema delle origini. La luce del cinema delle origini era
un’illuminazione diffusa attraverso l’impiego della luce solare.
Lente di Fresnel creata da Augustin-Jean Fresnel 1827. Lente di Fresnel (più sottile) vs Lente standard (con
stesso potenziale diottrico) lanterna particolare adoperata nei fari, ma anche in cinema e fotografia. Ancora
oggi il principio della lente di Fresnel è utilizzato.

Lezione 16 10/12

Ogni era del cinema e ogni corrente ha elaborato le proprie strutture di luce specifiche.
Anni Dieci/Venti: introduzione delle luci elettriche; nasce un codice articolato di luci direzionali.

Cinema espressionista tedesco: contrasti netti, ombre. Due esigenze: che l’immagine fosse immediatamente
intellegibile e che l’immagine potesse meravigliare e stupire il pubblico trasportandolo in dei mondi
inquietanti e allucinatori, popolati di creature paranormali e mostruose.
Es. Ombre ammonitrici (Arthur Robinson 1923) film che capisce le potenzialità della luce artificiale e viene
messo su pellicola l’antica tradizione del teatro delle ombre (ombre cinesi). Attenzione del cinema nei
confronti dei dispositivi di visione (specchio), riflessione sull’idea di doppio. Anche le ombre sono
un’impronta che ci sdoppia esattamente come lo specchio. Faro che proietta la luce rendendo molto ben
contrastata la sagoma della donna su una tenda.
Es. Il gabinetto del dottor Caligari (Robert Wiene 1920)messa in scena dei giochi di luce, anche l’architettura
delle scene serve proprio per mettere in evidenza determinati fasci di luce. Chiaro scuri evidenti, anche il
vestiario dei personaggi contribuisce a sezionare l’inquadratura rispetto a zone visibili e non.

Cinema classico: obiettivo che l’immagine si veda bene e che la luce sia estremamente morbida e funzionale
al tessuti diegetico. La luce sottostà a tre parametri:
 leggibilità della scena: la scena deve essere sempre leggibile possono e devono comunque esserci
luce ed ombre
 gerarchia del visibile: gli elementi più importanti dal punto di vista cinematografico devono essere
più visibili e così via tutti gli altri
 simbolizzazione narrativa: l’elemento più rilevante che ci conduce a comprendere meglio la storia
deve essere enfatizzato nella maniera migliore

es. Casablanca (Michael Curtiz 1942) luci non realistiche che però mettono sempre bene in evidenza i
personaggi. questa scena è ambientata di notte, ma siamo in degli interni. C’è una lampada, supporto di luce
intradiegetico. Ma la luce arriva da un set disposto in un certo modo. Nonostante ci siamo luci ed ombre
nulla è poco visibile. Nella scena di esterno abbiamo di nuovo delle luci ma non sono quelle le luci vere, c’è
un effetto di grigiore ottenuto da una variazione della scala di grigi. Le lacrime sono realizzate con una
sostanza a base di glicerina.
Riassumendo quindi la luce nel cinema classico: la leggibilità à morbidezza, piattezza, nessuna particolare
connotazione – oppure una connotazione diretta dei sentimenti o delle situazioni dei personaggi, in maniera
da inglobarsi al generale «tenore» della scena.
Es. Il monello (Charlie Chaplin 1921) vicolo urbano, momento diurno che si capisce dal biancore del cielo.
Non c’è nulla dal punto di vista della luce che ci fa porre domande, la situazione è resa visibile e pulita. Le
luci di set sono state costruite in modo tale da non avere punti più scuri e zone in cui fasci di luci erano
differenti da altri.

Cinema moderno: il principi di leggibilità dell’immagine viene distrutto e si vuole lavorare su luci
realistiche. Un film moderno preserva il realismo, si punta ad un effetto realistico anche attraverso l’utilizzo
di luci artificiali.
Es. Germania anno zero (Roberto Rossellini 1948) neorealismo italiano, film post bellico. Bambino
(Edmund) che si ritrova ad abitare in un paese pieno di macerie, dove la sua vita non ha più senso, questo
bambino deciderà proprio alla fine del film di uccidersi davanti alla madre
Rossellini non sceglie di connotare questo suicidio come atto gigantesco e di libertà ma sceglie di dargli il
senso di crudezza, non traspare speranza dal film, le luci rimangono come sono.
Riassumendo quindi la luce nel cinema moderno: luci diffuse o contrastate, ma “sporche”, non “costruite”.
Es. Due o tre cose che so di lei (Jean Luc Godard 1967) sovvertimento, personaggio che è visibile soltanto
nella sua sagoma e parzialmente nella sua capigliatura. Scelta realistica perché la ragazza è in controluce
visto che lei è rivolta alla finestra.
Es. Desideri nel sole (Jacques Rozier 1962) luce naturale, macchina che segue delle stradine di montagna.
Interno dell’abitacolo, in maniera realistica si hanno ombre e luci diverse rispetto a quello che accadeva nel
cinema classico dove c’era sempre la stessa luce.

Cinema contemporaneo: luce come parte dello spettacolo, barocca e che riprende una dimensione
attrazionale. Luce che mescola visibile e non visibile, cinema di luci artificiali e colori pieni.
Es. Guilty of romance (Koi no tsumi) luci e colori, luci della città che si intersecano. Luce come
protagonista, ogni scena ha una sua fotografia.
Es. Solo Dio perdona (Nicolas Winding Refn 2013) estetica della luce al neon, gioco di trasparenza ed
opacità generata da scelte luministiche e led fotografici
Es. Smetto quando voglio (Sydney Sibilia 2014) film estremamente acidato, tutti i colori sono saturati quasi
al limite. Presenza di toni innaturali, si vuole raccontare di un mondo a sua volta inacidito e inasprito proprio
attraverso la luce. Prevalenza di viraggio sul verde.

Il color grading digitale: l’immagine si ricolora digitalmente, in partenza ogni obiettivo e dispositivo di
ripresa cattura l’immagine secondo una determinata colorazione, dopodiché queste immagini passano alla
post produzione e possono essere ricolorate in vari modi e attraverso diverse palette fotocromatiche.
Fare color grading significa rendere calda o fredda l’immagine (filtri).

Teal and orange: filtro o preset che va a far virare rispettivamente i toni del blu sul turchese e i toni del
giallo/rosso sull’arancio.

L’illuminazione: le sorgenti – distinzione tra:


 luce diegetica: la sorgente luminosa è interna al mondo narrativo
 luce extra-diegetica: la sorgente luminosa è esterna al mondo narrativo

Sorgenti luministiche: I tre punti luce del set “classico”:


1. Key light (luce chiave) – Proiettori a fascio monodirezionale (Spot). Luci che hanno il compito di
provvedere all’illuminazione del soggetto o dell’oggetto principale.
2. Fill light (luce di riempimento) – Diffusori/riflettori (Floods), luce con scopo di diffusione che
elimina lo scontornamento che crea la luce principale.
3. Back light (controluce)

Qualità di luci:
 Soft light: luce morbida, si diffonde uniformemente nel campo, quasi “annullandosi”, o comunque
integrandosi all’immagine senza produrre effetti “sezionamento”.
Es. La notte del giudizio (James DeMonaco 2013)
 Hard light: Luce tipica, ad esempio, del cinema noir (classico) e neo-noir (contemporaneo), marcata,
visibile nei suoi fasci, netta.
Es. Sin City (Frank Miller, Robert Rodriguez e Quentin Tarantino 2005)

Luci online: anche una singola camera può diventare un set con la sua capacità produttiva.

La direzione della luce: la direzione della luce può essere:


 Frontale: elimina le ombre e appiattisce l’immagine
 Laterale o di taglio: sottolinea la materialità dei corpi e degli oggetti, drammatizza
 Controluce: crea effetto sagoma

I movimenti di macchina – Il movimento costituisce lo specifico filmico: il cinema è «motion pictures».


Oggi questo dato si dà per scontato, ma un tempo no.
Il cinema non è solo immagine in movimento, ma anche e soprattutto immagine-movimento: «Il cinema non
ci dà un’immagine cui si aggiungerebbe il movimento, ci dà immediatamente un’immagine movimento»
(Gilles Deleuze), qualche cosa di più che una semplice immagine in movimento.

Il movimento del cinema – il movimento è:


 Traslazione di oggetti nello spazio (movimenti all’interno del quadro)
Es. clip: Ok Go, A Million Ways, 2005. All’interno dell’immagine i personaggi si muovono
 Traslazione del Quadro es. Shining, è la cinepresa che inquadra e si muove in avanti o in altre
direzioni
 Traslazione degli oggetti nello spazio profilmico e del Quadro al contempo . Trasformazione
dell’insieme, trasformazione progressiva dell’insieme. Es. Atomica bionda (David Leitch 2017)
abbiamo movimento di macchina, movimento di quadro, movimento dei personaggi. Abbiamo un
movimento tipico di macchina a mano.

Il movimento di macchina come operatore linguistico «predicativo»


«Il carrello è una questione di morale» Jean-Luc Godard
C’è un’etica dietro al movimento di macchina e dietro ad ogni componente scenico.
Il caso Kapò (Gillo Pontecorvo) film accusato di essere un film non accurato, molto patinato in cui la
drammatizzazione della deportazione sembra posticcia e falso.
In articolo il critico Rivette accuserà Pontecorvo di aver fatto una carrellata, movimento di macchina, che
costituiva un’oscenità morale, più che prendersela con la storia raccontata se la prenderà con uno specifico
movimento di macchina percepito come abietto ovvero secondo cui il regista avrebbe spettacolarizzato la
morte nel campo di concentramento.

Le origini del movimento di macchina: Uno dei primi ad utilizzare la macchina da presa è stato Pastrone
ma già prima di lui alcuni movimenti di macchina erano già stati fatti utilizzando la macchina da presa su
mezzi di locomozione, due di questi ad utilizzarli erano Alexandre Promio (monta la cinepresa su una
gondola) e Luca Comerio.

Il primo movimento di macchina è la panoramica: ripresa realizzata mediante l’inclinazione della macchina
da presa sul proprio asse: più frequentemente orizzontalmente, ma anche verticalmente o obliquamente. Le
fotografie panoramiche sono realizzate con lo stesso principio, ma «cristallizzano quel movimento» in
un’immagine fissa.
Panoramica orizzontale: la cinepresa segue il movimento es. Fino all’ultimo respiro, per evitare che la
macchina esca dall’inquadratura la cinepresa segue la macchina. Es. Shining per enfatizzare il movimento
dell’ascia contro la porta viene utilizzata una panoramica orizzontale
Panoramica verticale: movimento della cinepresa dall’alto verso il basso o viceversa
es. La ballata di Buster Scruggs (Fratelli Coen 2018) per rappresentare l’impiccagione all’albero di un
personaggio viene usata la panoramica verticale
Panoramica obliqua: più rara, usata per mostrare l‘ampiezza delle cose es. Senso (Luchino Visconti 1954)
viene usata per mostrare l’ampiezza del pubblico in sala.
Panoramica a schiaffo: panoramica velocissima chiamata anche swish pain es. Grand Budapest Hotel (Wes
Anderson 2014) panoramica che riarticola completamente lo spazio.
Panoramica a 360°: es. Clownise (Viktor Taus 2013), panoramica che mostra tutto lo spazio e anche i
movimenti del personaggio all’interno dello spazio.
Panoramica fake: tipico soprattutto nei contenuti online, tutte cose che si fanno in post produzione. Es.
L’alba dei morti dementi (Edgar Wright 2004) transizione che sembra una finta panoramica.

Panoramica e cinema muto – la panoramica viene sperimentata già nel cinema muto, anzitutto per la sua
funzione di «montaggio», dotata di un elevato potere informativo e di una capacità di riconfigurazione del
visibile. Es. clip la caduta di Troia (Pastrone 1911)
Non ha tuttavia solo un ruolo mostrativo (es. scenografie, in La caduta di Troia) ma anche narrativo in
quanto operatore della diegesi. Es. clip la grande rapina al treno (E.S. Porter 1903) con la panoramica si
segue la figa dei ladri scesi dal treno.

Panoramica e cinema moderno – la panoramica nel cinema della modernità è un operatore di “montaggio
interno", dà maggior senso di immediatezza e di realtà .
Es. Clip Le mépris (Il disprezzo) di Jean-Luc Godard 1963

Carrellata: Ripresa in movimento in cui la macchina da presa è montata su un binario oppure su ruote, si
sposta nello spazio, a sx, dx, avanti, indietro, diagonalmente, circolarmente. L’intero corpo macchina si
muove a differenza della panoramica dove il corpo macchina è fisso.
Nascita della carrellata (travelling)
 Funzione mostrativo-esplorativa: far sentire la volumetria e la materialità degli spazi scenografici
Es. Clip Shining, finale (funzione mostrativa, ma pure esplorativa di qualcosa di profondo e
interiore) un carrello che non corrisponde alo sguardo di nessuno ci porta all’interno dell’hotel,
sguardo che ci rende onniscienti, sguardo mostrativo che fa capire che c’è qualcosa di più in questo
hotel. Esplorazione interiore, carrello lento, movimento di macchina rivelatore.
Es. Clip Rocky II (Sylvester Stallone 1979) Rocky si allena a Philadelfia, allenamento mostrato
attraverso una carrellata che lo segue per la città raccontando anche la sua forza fisica e la città stessa
Es. Clip Lulù (Georg Wilhelm Pabst, 1929) à carrello verticale a funzione mostrativa. Viene
mostrato cosa succede, da un punto di vista verticale, all’interno dell’edificio.
 Funzione connettiva: raccordare in continuità due parti della scena. Connettere due mini blocchi.
 Appropriazione tensiva dello spazio scenico.

Lezione 17 16/12
Carrellata e cinema moderno: cogliere il divenire nel suo farsi
Es. clip A bout de souffle, finale

La carrellata degli sbadigli: utilizzo della carrellata con finalità comiche

Plongée e contre-plongée – movimento con zoom (dolly zoom): Movimenti di macchina che
presuppongono che la cinepresa sia perpendicolare rispetto agli oggetti o ai soggetti ripresi.
Es. La donna che visse due volte (Hitchcock 1958): senso di avanzamento insieme ad arretramento, effetto
straniamento, l’occhio fatica a mettere insieme avanzamento e arretramento, crea un effetto vertigine.
Es. Le iene (Tarantino 1992)

Dolly zoom: stessa cosa del Vertigo effect, ma quando abbiamo allo stesso tempo un movimento di
macchina e un movimento di zoom quindi di ottica
Es. Lo squalo (Spielberg 1975) particolare distaccamento tra la figura in primo piano e lo sfondo, zoom
movimento ottico che porta ad un avvicinamento virtuale. Il soggetto rimane fermo ma lo sfondo dietro di lui
si muove in maniera vertiginosa. Enfasi sulla psiche del personaggio
Dolly: la macchina da presa è collegata ad un braccio mobile snodabile, può muoversi fino ad alcuni metri di
altezza.
La gru: maggiori possibilità di elevazione (40-50 metri) c’è però una minore libertà di movimenti della
macchina da presa.

Funzioni narrative di dolly e gru


 Funzione estensiva che consentono di muoversi dal particolare al generale. Se il movimento e
estensivo ci sarà un sentimento di allargamento, l’oggetto perde il suo valore e viene assorbito dal
contesto.
Es. Harry ti presento Sally (Rob Reiner 1989) dolly a salire che ricontestualizza l’automobile
nell’inquadratura
 Funzione selettiva, muoversi dal generale al particolare, se si parte da un campo lungo e si arriva al
dettaglio si illumina la sua importanza e mettendo in secondo piano l’importanza dell’ambiente.
es. Notorius (Hitchcock 1946), film spionistico, il campo lungo del salone diventa progressivamente
un altro tipo di campo. Dolly che arriva a mostrare una mano che ha una chiave. Piano
dell’espressione che si riverbera su quello del contenuto.

Macchina a mano: non si hanno supporti tecnici ma la mano dell’operatore, movimento di macchina
ampiamente utilizzata oggi soprattutto per dare effetti drammatici e anche il suggerimento di una certa
immedesimazione.
Es. Melancholia (Lars Von Trier 2011) uso evidente degli zoom e non c’è nessun tipo di supporto, macchina
a mano che fi prende quello che vede. Movimento che non è facile da replicare. Effetto di drammatizzazione
specifico
Es. Mulholland Drive (Lynch 2001) effetto onirico allucinatorio, fotografia con una luce bianca quasi
obitoriale e movimento di macchina ondeggiante che richiamano le sfumature tra mondo reale e mondo
onirico.

Steadicam: Introdotta a metà degli anni Settanta da Garrett Brown. È un corpetto che imbraca la cinepresa al
torace dell’operatore e ne «attutisce» i movimenti grazie a dei sistemi di pistoni. Consente una grande libertà
di movimento, e dà un effetto fluido, che si ripercuote sul versante espressivo del film.

Movimento di macchina a mano particolarmente vistoso è la Shaky cam.


Es. The Blair Witch Project (Daniel Myrick 1999)
Es. 28 settimane dopo (Jean Carlos Fresnadillo 2007) movimento di macchina funzionale per la censura delle
cose più cruente perché è un movimento di macchina che gioca sulla soglia tra visibile e non visibile. sequel
di 28 giorni dopo. Siamo nel contesto di una pandemia causata da delle scimmie liberate da degli animalisti.
La gente si trasforma in Zombie pazzerelli che corrono superveloce. Vediamo nella sequenza della gente
scappare da alcuni zombie. Il tipo di movimento di macchina è funzionale perché censura le cose più cruente,
perché si gioca sulla soglia tra visibile e non visibile. Il tizio lascia pure sua moglie e figlio a morire
mangiata dagli zombie e scappa come un codardo. Poi lascia pure il suo amico a morire affogato per
scappare con la sua barca.
Es. ESP fenomeni paranormali (The Vicious Brothers 2011) loro sono dei cercatori del paranormale. Oltre
alla shaky cam vediamo l’estetica del glitch.

Remote motion control: La louma (inventata da Jean-Marie Lavalou e Alain Masseron, da cui LavaLOU +
MAsseron) à gru snodata e telescopica con controllo remoto

Spidercam: utilizzata soprattutto negli stadi, è attaccata a dei fili. Macchine da presa appese a dei fili che
consentono di fare dei tipi di ripresa dall’alto

Movimenti virtuali: movimenti di macchina in cui noi percepiamo la macchina da presa come in
movimento sebbene, non necessariamente, questa nostra percezione sia vera. Frantumazione/collasso delle
soglie temporali e spaziali: la cinepresa può spostarsi ovunque (ubiquità) e a velocità elevatissime
(ipercinesi).
Es. Blackhat (Michael Mann 2015) movimento di macchina che fa vedere tutti i meccanismi dei computer e
della computazione
Es. Hugo Cabret (Martin Scorsese 2011) movimento di macchina che fa attraversare gli ingranaggi di un
orologio
Es. Sausage party (Greg Tiernan 2016) anche nei film animati c’è una regia e ci sono dei movimenti di
macchina, in questo caso si parla strettamente di movimenti di macchina virtuali perché vengono ricreati dei
movimenti di macchina.

Cinema natalizio: buoni sentimenti e mostri schifosi


Cinema natalizio che non ha un canone preciso, ci sono film che hanno il natale come elemento di pretesto e
non incentrato su quello. Natale come fatto semiotico perché è una festa estremamente codificata, natale
periodo dell’anno nella quale noi ci concediamo pratiche e passaporti semiosferici per i quali facciamo cose
che non faremo in altri periodi. Natale spesso come concezione al cattivo gusto.

Molto dell’immaginario natalizio deriva dal cinema, alcuni film sono riconosciuti all’interno di determinati
canoni es. Miracolo sulla novantaquattresima strada (1994), natale che è in pericolo e che è geneticamente in
crisi, che va salvato. Natale come festa che si vive nella sua sintesi preparatoria che si consuma molto in
fretta, spesso il giorno di Natale e la Vigilia non vengono considerati importanti ma più che altri i giorni
precedenti al natale.

Cinema natalizio poco studiato, si possono però immaginare tre filoni di cinema natalizio:
 cinema natalizio tradizionale, traduzione come fatto contestuale, ci sono film che si fondano spesso
su fonti lodate, es. traduzione del cantico di natale. Tengono stessi schemi archetipici che poi si
sviluppano anche nel tempo.
 cinema natalizio moderno
 cinema contro natalizio: natale negativizzato, horror natalizio, tutto il cinema che riguarda il natale
degli ultimi e anche il porn Christmas

Coerenze di fondo che accomunano i film in cui il natale è centrale e film in cui il natale è solo il contesto:
1. il 25 dicembre come intorno diegetico, attorno a cui si articolano le vicende. Il 25 dicembre è una
sorta di lasciapassare aspettuale televisivo: la notte di natale è un momento di sospensione in cui c’è
un evento talmente forte attorno al quale tutto gravità, soprattutto prima. Natale che agisce come una
forza destinale, come qualcosa che risolve tutto. Le storie di Natale infatti vengono raccontate
maggiormente nei giorni prima di natale, tutto ciò che accade, accade in funzione del Natale.
2. Retorica dei buoni sentimenti che delinea una ideologia più marcata: a Natale si è tuti più buoni, a
natale agisce una specifica pedagogia sociale condivisa. Natale è considerata come la chiusura di un
ciclo e quindi apre a un orizzonte di possibilità alternative. Natale, inoltre, è sempre luogo di
espletazione di una catarsi.
3. Tematizzazione molto forte per quanto riguarda quegli elementi che creano l’atmosfera natalizia.
Es. a Natale nevica, la notte prevale sul giorno, a Natale il freddo è bello, i bambini sono felici e i
grandi tornano bambini…
4. Innesco: Natale come evento composto da una serie di elementi, quello che consegue e che essendo
così decodificato, per fare un film contro natalizio è molto facile perché basta stravolgere e ribaltare i
protocolli ideologici di partenza. Babbo natale come costrutto e agglomerato di valori.

Contro natale: se in un film ambientato a Natale accadono cose brutte, queste sono ancora più brutte proprio
perché è Natale, si tradisce una pratica condivisa. Ci sono una serie di film che si basano sulla crudeltà in un
periodo in cui essere cattivi è molto peggio del normale.
Es. Silent night, Evil night (1974) è un film molto crudele. Abbiamo un doppio scenario, un pillow shot del
fuori della casa con la canzoncina natalizia, e dentro la casa un delitto che viene commesso.

Krampus: sono la tematizzazione del ribaltamento, sono dei demoni legati a San Nicola, sono la sua ombra
oscura, picchiano i bambini a frustate, se li mangiano a piacimento, sono la catarsi opposta, violenta e
liberatoria dei classici.
Lezione 18 07/01

Multiplane camera – innovazione della Walt Disney, sistema per cui si genera il movimento attraverso una
ripresa su piú livelli, i vari livelli vengono messi uno sopra l’altro e poi quello che noi vedremo è
un’immagine normale.
Scena di topolino che si muove, idea che noi vediamo un carrello che lo segue, in realtà la virtualità del
movimento sta nel fatto che la camera è fissa ed è lo sfondo che viene mosso.
Si è partiti da inquadratura con tenore bidimensionale ma poi topolino ci dà l’impressione di profondità di
campo, diventa quindi tridimensionale. Prime prove di realtà virtuale. La cinepresa sta ferma, quello che si
muove sono i pannelli che portano all’effetto di avvicinamento che sembra suggerito dalla cinepresa che va
in avanti ma, invece, è l’immagine che è sempre più vicino a noi.

“Toy Story 19962 – prende un immaginario dei cartoni reindirizzandolo nella computer grafica, cartone
realizzato totalmente in computer grafica. Gli ambienti vengono ricostruiti interamente in 3D. Attorialità che
si ritrova anche nella costruzione e nell’espressione dei personaggi.
Design facciale e del corpo ancora primitivo che si prova verso il bambino, cosa che non accade nei
confronti dei giocattoli. Cine presa virtuale che simula la spazialità e una panoramica.

“Attack on titan” – anime giapponesi, anche qui si sviluppa un estetica dell’immagine che deriva dai manga
e che viene trasportata negli anime, ma anche una regia molto fine. Ambiente tutt’altro che statico, si
intrecciano immagini in 2d e sfondi in 3D. Viene fatta una ricostruzione del movimento, attraverso il
montaggio. Attenzione costante al dinamismo, immagini dinamiche che devono suggerire una tensione
crescente. Movimento a sinistra della ripresa che suggerisce tre dimensioni, ci sono più frame sovrapposti
che creano l’illusione della distanza.

Virtual movement online es. video degli space valley, c’è una sola macchina da presa, immagine che ha del
montaggio interno e del virtual movement. Campo totale e raccordo in avanti su cesare, non è una seconda
cinepresa che fa quel movimento ma è un operazione di montaggio, da una sorta di dinamismo al video che
in altri modi non avrebbe. Montaggio che rende il video cognitivamente migliore. Si lavora molto con tagli
veloci e una dialettica tra leggeri zoom in e zoom out e veloci zoom in e zoom out, tutto ciò viene creato in
post produzione.

Gopro/lightweicht camera – macchine da presa molto piccole che possono anche dare effetti grandangolari
che vengono a volte anche utilizzati nel cinema mainstream.
Gopro cinepresa che segue i movimenti di chi la indossa.
Es. ”Face 2 face” Matt Toronto (2016), non è una GoPro che si palesa al pubblico ma è una Gopro che
simula altre macchine da presa, qui la GoPro sta per la webcam.

Miniaturizzazione delle tecnologie di riprese es handycam (telecamere da tenere a mano, basso costo e
grande qualità visiva) e minicam. Tutto ciò è poi passato anche agli smartphone che permettono l’utilizzo
della telecamera.

Riprese droniche – i droni hanno incominciato a svilupparsi nel 2010 e sono entrati in molte delle
produzioni audiovisive. Immagini efficaci che vengono fatte ad un costo contenuto es. ripresa di una città.
Tecnologie che per la loro disponibilità e piccolezza mettono on difficoltà la nostra sfera del pubblico e del
privato, rispetto ai droni c’è un grande problema di privacy, ci sono una serie di nuovi problemi legati agli
usi e ai nuovi scenari tecnologici.
Drone dispositivo funzionale ad una nuova forma di controllo e senz’altro certi problemi si pongono in
questo caso.
Es. album dei muse chiamato drohne rappresentano il punto di vista del drone, soggettive del drone, tra lo
sguardo del drone e il drone c’è un interfaccia fatta di grafici e numeri, tipica interfaccia che ci fa capire che
è uno sguardo che perde in empatia perché vede la realtà come un grande insieme di numeri e dati.
Drone: un’etimologia: L'etimologia della parola drone ha radici nel tedesco drohne (ma pare innanzitutto
nel greco threnos), poi assorbito dall'inglese drone = maschio dell'ape, fuco. Un’altra accezione individua
sempre l'inglese drone nel significato di ronzìo.
Nell'uso moderno comune, per drone intendiamo un aereo guidato a distanza privo di pilota che viene
utilizzato in ambito militare dalle aviazioni moderne per missioni ricognitive e/o offensive ad alto rischio per
evitare possibili perdite umane oppure in ambito civile, per effettuare riprese o foto dall'alto o anche a scopo
puramente ludico.

Esperienze pre-droniche nel cinema – il cinema aveva già immaginato i droni ma questo era avvenuto già
prima nelle immaginazioni scientifiche, nelle esperienze potenziali del futuro e delle tecnologie
sperimentate.
Es “Essi vivono” John Carpenter 1988, film che co racconta di una cospirazione per mano di alieni che si
camuffano da umani, per trovare questi alieni vengono trovati degli occhiali che fanno vedere ciò che c’è
veramente nella realtà. Prima esperienza del drone, oggetto piccolo che vola e che guarda. Inquadratura in
cui si ha la visione dronica, interfaccia non diretta che dataizza la realtà, spia, osserva e vola.
Il drone è un oggetto che vola, ma anche un oggetto che guarda. Questa sua doppia natura ne fa un oggetto
segnato da un sentore, voyeuristico, panottico e da una presunta onniscopia. Questa idea è, nuovamente,
veicolata dal cinema e dai mezzi di comunicazione in genere (principalmente, almeno fino ad oggi, quelli
audiovisivi).
Es. ”Oblivion” Joseph Kosinski 2013 drone come elemento visto con un certo sospetto, sospetto fondato dal
fatto che in questo mondo distrutto i droni servono per controllare e scannerizzare la realtà in dati, inoltre
sono anche armati e sono incapaci di fare diversamente dalla loro funzione, ovvero eliminare gli umani.
Drone come occhio che si attiva, dittatura tecnocratica che passa attraverso i droni.
Es. “The Bourne Legacy” Tony Gilroy 2012, film in cui c’è una spia alle prese con un drone che è un
elemento nemico, il drone non è mai un elemento positivo, viene sempre valorizzato come qualcosa di
alieno, pericoloso e come una minaccia. In questo caso il protagonista se la prende con un drone bellico.
L’unico modo per poter andare contro il drone è che l’umano riesca ad avere una vista simile a quella del
drone.
Es. “Fast and Furious 7” 2015, scena in cui arriva un drone e incomincia a sparare e ad seminare disgrazie.
Es. “Il professor Cenerentolo” Pieraccioni 2015, lavora sull’immaginario dronico, viene inserita
l’inquietudine della funzione panottica del drone in un contesto ironico e di commedia. Personaggio che
pilota il drone e vediamo il suo sguardo.

Il montaggio
Montaggio nasce con il cinema, anche i film hanno un loro montaggio.
Uno egli elementi costitutivi del linguaggio cinematografico, quello che più di altri definisce il cinema.

Il montaggio è il risultato di una serie di operazioni di decomposizione e ricomposizione del Reale.


Reale (set): continuità
Riprese (inquadrature): discontinuità
Montaggio: ricomposizione artificiale della continuità

Tecnicamente il montaggio si opera per fasi


1. Selezione delle inquadrature
2. Determinazione della durata delle inquadrature, il montaggio è un’operazione temporale
3. Assemblaggio delle inquadrature
4. Ricomposizione della continuità

NB: Una sequenza che ci sembra particolarmente fluida è spesso il risultato di vari «take», da cui si
prelevano le inquadrature migliori.
Un dialogo in campo/controcampo, con riprese anche totali, è girato almeno due volte, tendenzialmente.
Es. “Vi presento Joe Black” Martin Brest 1998, campo contro campo classico, sono seduti su due sedili
adiacenti. Ci sono tre inquadrature diverse: primo piano su di lui, primo piano su di lei e campo totale.
Stacco che ci fa intendere che l’immagine può essere stata presa da dieci diversi take.

Montatore come figura fondamentale ma spesso sconosciuta, montatore che coopera a stratto contatto con il
regista, è una figura importante perché il film si basa proprio sul montaggio.
Es. “The editor” 2014, film parodico che mette l’enfasi sulla figura del montatore.

Montaggio online ad inquadratura singola – es. space valley

Quando si parla di montaggio si parla anche dell’effetto Kulesov (guardare libricino piccolo).
Due o piú immagini montate in sequenza acquisiscono senso in un tutto organico, le immagini che vedo
dopo retro determinano la mia percezione e sensazione di quelle prima.

Lezione 19 13/01

Le origini del montaggio


Il cinema delle origini presenta già delle forme di montaggio. Inizialmente si tratta di montaggio mono
puntuale, solo successivamente si passerà a un montaggio al pluripuntuale.
Mono puntuale – nel cinema delle origini ogni quadro assolve ad ogni episodio narrativo. Il montaggio
sancisce il passaggio ad una nuova scena, ad una nuova situazione che evolve l’arco narrativo iniziato in
precedenza.
Pluripuntuale – più punti di vista
Es. “Le Royaume des Fées” (Georges Méliès1903), esempio di montaggio monopuntuale. Stanchezza
dell’inquadratura, tutta la situazione è contenuta all’interno di un’inquadratura che si configura come aut
artica. Alla fine dell’episodio lo stacco di montaggio aggiunge un ulteriore quadro, dal punto di vista
cognitivo chi guarda non viene coinvolto come nel cinema contemporaneo, qui è tutto costruito all’interno di
un conglomerato che si risolve all’interno dell’inquadratura.
Inizialmente c’è l'aggregazione di “quadri-scena” che esauriscono un blocco narrativo e un’azione (es. i film
di Georges Méliès o di Pastrone); al contempo la «scuola di Brighton» già sperimenta il sezionamento della
scena e dell'azione, iniziano ad esserci i primi esperimenti di montaggio pluripuntuale.
Es. Sick Kitten (George Albert Smith 1903), mostra una situazione attrazionale, una bambina gioca con un
animaletto. Attrazione che nasce dall’immagine in movimento e dalla presenza del gattino, ‘animale in
movimento ha una sua particolare forza icastica, ha la particolarità di catalizzare in maniera forte lo sguardo
degli spettatori. Raccordo sull’asse, il montaggio fa si che si passi da un’inquadratura a campo totale ad una
ravvicinata, cambio di dimensioni scalari, primo piano sul gatto.
Es. “The kiss in the tunnel” George Albert Smith, attraverso il montaggio ci costruisce il passaggio
dall’interno all’esterno del treno. Con lo stacco si passa dall’esterno all’interno, il film ci suggerisce che
l’interno che si vede fa parte o del treno che si vede passare prima oppure del treno stesso che è entrato nella
galleria, quindi una situazione buia per i personaggi. Nel buio della galleria i due personaggi si baciano. Si è
all’interno di una narrazione onnisciente, si deve presumere che i due personaggi siano al buio anche se noi li
vediamo. Col montaggio viene fatto uno stacco dall’interno all’esterno e viene fatto vedere il treno che esce
dalla galleria per confermare l’apparato interpretativo dello spettatore. Si era capito che con il montaggio si
potevano creare dei collegamenti tra le scene.

David Wark Griffith ha sancito il montaggio come qualcosa di fondativo, per primo ha sfruttato a pieno le
capacità del montaggio. È a Griffith che si imputa la «sistemazione» della linearizzazione narrativa: Il cross
cutting (montaggio alternato: simultaneità temporale / disgiunzione spaziale): tecnica di alternare due o più
scene che capitano simultaneamente, ma in luoghi diversi, per poi culminare nello stesso posto.
Meccanismo narrativo per cui la linearità percettiva si fa carico di significare la simultaneità cognitiva à
ottenimento di diversi effetti fra cui suspense e Il Last Minute Rescue (il “salvataggio all'ultimo minuto”).
Focalizzazione che fa tener conto di due momenti che poi andranno a congiungersi.
Es. “L’arrivo dei salvatori: i cavalieri del KKK” i cavalieri arrivano come salvatori e il loro arrivo è reso con
il montaggio alternato.
Montaggio che serve a creare attese e una convergenza che non sempre ci sarà
Es. incipit di “Get out” Jordan Peele 2017, cambio di location che sposta l’attenzione su un altro personaggio
(lei) per poi tornare di nuovo all’interno (lui) e così via. Convergenza, l’orizzonte di attesa viene confermato,
i due sono una coppia e si uniscono di fronte alla porta di casa.
Es. “Il silenzio degli innocenti” rovesciamento dell’orizzonte di attesa, divergenze. Montaggio alternato
insistente, lei è in pericolo e lui sta diventando instabile, anche in termini temporali la distanza si fa più
sottile e sempre più vicina l’idea di congiungimento. Montaggio alternato che ci ha ingannato, ci ha fatto
pensare che l’esterno e ‘interno coincidessero ma non è stato così, ha distrutto un sistema di aspettative. Lei è
entrata nella casa del killer mentre tutta la squadra ha seguito una falsa pista, con il montaggio alternato si
pensava che la squadra entrasse nella casa del killer.

Montaggio parallelo, la congiuntura non si avvera e spesso non si ha una disgiunzione spaziale ma anche di
diversi tipi perché il montaggio parallelo mette in dialogo due diverse scene dal punto di vista simbolico e
metaforico, opera su un piano diverso.
Es. “Get out”, montaggio parallelo. Si è a casa di lei, lui è stato presentato ai genitori. I due hanno una
conversazione, lui pensa che ci sia qualcosa di strano nella famiglia di lei. Si va nell’esterno dai due e si
torna nell’interno, nella prossimità della casa. Mentre loro parlano c’è un’asta. Dalla foto si capisce che l’asta
riguarda lui, stanno battendo in un asta muta una persona a sua insaputa a cui faranno poi delle cose orribili.
Il ragazzo nero è ridotto ad un oggetto e i bianchi pensano di poterne disporre a loro piacimento. Non si ha
nessuna convergenza, solo la messa a dialogo di due situazioni che accadono nello stesso tempo ma in
luoghi diversi, asimmetria informativa, stanno facendo qualcosa intorno al personaggio e lui non sta
capendo.

Montaggio parallelo che viene usato spesso negli Action movie. Es “Jason Bourne”, montaggio alternato o
parallelo, fuga del personaggio da un lato e dall’altro si vede cosa stanno facendo quelli che lo cercano e
indagano sulla sua fuga. Si segue l’azione da due prospettive diverse: una ravvicinata e una più distanziata
seguendo due orizzonti diversi, il montaggio alternato agisce quindi come dispositivo della focalizzazione. Si
passa da fuori e dentro l’azione in un sistema di sguardi concentrici, uno sull’altro.

Una cosa che si fa moltissimo oggi è usare il montaggio alternato come tecnica per costruire un rapporto tra
passato e presente, da un lato si spiegano determinate cose es. un piano e dall’altro lato vediamo quelle cose
messe in atto, si ha sia una disgiunzione spaziale che temporale.
Es. “La casa di carta”, il professore spiega il piano Aikido e con il montaggio alternato vediamo il piano
messo in atto, molto tempo dopo. Aumento della tensione e del ritmo attraverso la musica che contribuisce
ad enfatizzare il piano. Prova che il cinema prende un racconto lineare e lo spacchetta e lo ricompone nei
modi che gli sono più funzionali per determinare effetti precisi.

Il montaggio parallelo è quindi da distinguere rispetto a quello alternato (diverso dal montaggio alternato, no
simultaneità temporale, il nesso tra le inquadrature è metaforico/simbolico).
Es. “Il padrino” Coppola 1972, ambiente sacrale che si oppone a quello brutale del protagonista , legame
metaforico e simbolico, vuole mostrare la doppiezza del personaggio e la sua ipocrisia. Mentre lui è al
battesimo del figlio, nello stesso momento, con il montaggio parallelo si vedono tutte le persone che lui ha
ordinato di uccidere. Enfasi sugli atti del battesimo per mettere in luce come il padrino stia , allo stesso
tempo, gestendo un uccisione di tante persone e partecipando ad un atto sacro.
Lui giura di credere e di non fare mai male alle persone invece, nello stesso momento, sta ordinando di
compiere il peccato maggiore, ovvero l’uccisione di persone.

Anche il montaggio parallelo è già teorizzato da Griffith es. “A corner in Wheat” 1909, con il montaggio si
ha una situazione che non è legata direttamente a quella precedente, la relazione è una di tipo
consequenziale, si vuole far capire che le azioni di questi hanno dei riscontri sugli altri.

Funzioni del montaggio


1. Funzione descrittiva: Le inquadrature sono messe «a sistema» prevalentemente a sancire una omogeneità
spaziale e con un’assenza (o una presenza del tutto marginale) dei nessi narrativi
Es. “La grande bellezza” Paolo Sorrentino scena della festa, mostra e descrive tutto ciò che sta accadendo.
Inquadrature che vogliono dare l’idea dell’estensione di questa festa, del tipo di persone che vi partecipano.

2. Funzione ritmica: Relazioni programmate di durata, di scala e di contenuto (tempi di visione della
singola inquadratura, presenza o meno di azione al suo interno ecc.).
Fondamentale, ad esempio, nel contesto del videoclip o dei video online.
Es. Bad guy di Billie Ellish Si può usare il montaggio come una sorta di strumento musicale
aggiunto, i tagli di montaggio seguono la struttura ritmica della canzone.
Piano sequenza es. L’infernale Quinlan
Es. “Annette” Leos Carax, piano sequenza che ha una funzione mista, da un alto è l’idea di non togliere gli
occhi di dosso, dall’altro simula la teatralità. Piano sequenza che introduce i personaggi del film, loro
arrivano in qualità di attori e alla fine del piano sequenza saranno diventati personaggi .

3. Funzione narrativa: Es. Il montaggio invisibile (découpage) del cinema classico, funzione narrativa che
organizza lo sviluppo dell’azione nello spazio e nel tempo.
Es. “Gli uomini preferiscono le bionde” Howard Hawks, campo contro campo, commedia degli equivoci,
film responsabile di aver diffuso lo stereotipo della donna bionda stupida.
Questo tipo di montaggi segue una regola classica, la regola di 180 gradi – il principio chiave del découpage
classico: stabilito un asse dell'azione tra due soggetti, le posizioni di ripresa della macchina da presa devono
trovarsi tutte dallo stesso lato rispetto all'asse stesso dell'azione.
Tre raccordi legati alla regola dei 180°:
 raccordo di posizione: nello stacco da un’inquadratura all’altra personaggi e/o oggetti mantengono
le stesse posizioni sullo schermo
 raccordo di direzione: un personaggio che esce di campo a destra, nell’inquadratura successiva
dovrà rientrare a sinistra.
 raccordo di (direzione di) sguardi: tipico del campo/controcampo: se il personaggio
dell’inquadratura A guarda in una certa direzione, il personaggio dell’inquadratura B deve guardare
in direzione opposta

Altri raccordi
 Raccordo sull’asse: nella seconda inquadratura l’azione ripresa è più vicina o più lontana che
nell’inquadratura precedente, ma è filmata mantenendo lo stesso asse di ripresa.
Es: Colazione da Tiffany
 Raccordo di sguardo (soggettiva): Le inquadrature consecutive A e B sono legate dallo sguardo di
un personaggio. Raccordo per cui un personaggio guarda una cosa e nell’inquadratura successiva
vediamo quello che guarda, entriamo nella soggettiva del personaggio.
Es. “Loro” (Paolo Sorrentino 2018), Arcore, villa di Berlusconi, agnellino ripreso in oggettiva che
sta guardando un televisore, soggettiva dell’agnellino che si può intendere come raccordo di sguardo.
Si accende il condizionatore e l’agnellino gira la testa così noi capiamo quello che sta guardando.
 Raccordo sull’azione: Il raccordo sull’azione o sul movimento (match on action). Quando l’azione
o il movimento iniziati dal personaggio nell’inquadratura A proseguono o si concludono
nell’inquadratura B.
Es. Friends, il personaggio (Chandler) caccia le persone dalla porta e si gira per andarsene, lo stacco
mostra lui finire l’azione.
 Raccordo sonoro: il legame tra due inquadrature è assicurato dalla continuità di una battuta di
dialogo, un rumore o una musica.
Es. “Full Metal Jacket”, sequenza del generale che cammina in mezzo ai militari, l’azione si svolge
in un altro spazio della camerata, lo stacco mostra le reclute intimorite e per mantenere la continuità
si continua a sentire il sergente che sbraita, quello che avevamo nell’inquadratura precedente.

Nel cinema postmoderno abbiamo


→ Ipofluidità – frantumazione dei raccordi classici, scavalcamenti di campo, lacune, ellissi, strappi,
hard cut, flash cut…
→ Iperfluidità – uso ricorsivo dei raccordi sul movimento, creazione di “corridoi temporali “con
indebolimento delle soglie di demarcazione, forte riaffermazione del montaggio ritmico-musicale...
Es. Project x
Es. American Ultra
4. Funzione concettuale, fornisce una pista interpretativa, montaggio non come addizione di significati ma
come moltiplicazione del senso finalizzata alla produzione di concetti. Sperimentato in chiave ideologica nel
cinema sovietico degli anni Venti (in particolare da Sergej M. Eisenstein).
es. Ottobre Eisenstein 1928
«Con la combinazione di due «figurabili» si riesce a delineare ciò che graficamente figurabile non è.
Facciamo un esempio: la raffigurazione dell’acqua e di un occhio significa «piangere»; la raffigurazione
d’un orecchio vicino al disegno d’una porta = «ascoltare»; un coltello e un cuore = «dolore», e così via. Ma
questo è montaggio! Sì. È esattamente quello che facciamo nel cinema comparando inquadrature figurative
neutrali e univoche da un punto di vista semantico, entro contesti e serie costruite sulla base d’un
significato.” S. M. Eisenstein, Il principio cinematografico e l'ideogramma, 1929.

Smash cut: Tagli abbastanza brutali, di solito in punti inaspettati, allo scopo di ottenere particolari effetti
estetici, narrativi o emotivi.
Es. “Vanilla Sky” Cameron Crowe 2001

Tagli invisibili: modi per nascondere il montaggio


Es. Stranger Things, taglio invisibile che avviene nel momento in cui l’inquadratura va a nero e quindi viene
nascosto.
Es. “Nodo alla gola” Hitchcock 1948, film che appare come un intero piano sequenza ma in realtà vengono
inserite le transizioni attraverso dei quadri neri.

Montaggio televisivo: nel caso di una trasmissione televisiva si simula una diretta anche nel momento in cui
non si è in diretta. In questo caso il regista controlla una serie di operatori televisivi, ognuno dei quali ha una
singola macchina da presa con il compito di riprendere una singola parte del set. Il regista è come un
direttore d’orchestra che gestisce le macchine da presa. I tagli sono gestiti da un regista che sta in una regia
separata. Il regista può scegliere di attivare qualsiasi macchina da presa che si trova nello studio.

Lezione 20 14/01

Incontro con la professoressa Martina Federico, dottorato in scienze del linguaggio della
comunicazione. Specialista di trailer.

Testo trailer – qualcosa a cui viene data poca importanza


Trailer come oggetto di natura paratestuale

Tesi: adattamento cinematografico, traduzione dal film al trailer, come il trailer riesce a tradurre il film.

Definizione di paratesto – Genette, si occupa degli oggetti che definisce paratesti, decide di focalizzare la sua
attenzione sui paratesti di natura letteraria. Il paratesto è tutto ciò che accompagna e che è attorno al testo.
Due caratteristiche del paratesto:
 Peritesto – quello che è spazialmente vicino al libro
 Epitesto – spazialmente lontano dal libro ma che fa apprezzare il libro stesso es. interviste fatte allo
scrittore sul testo, coinvolgono il fruitore alla fruizione dell’opera.
Il trailer si va ad inserire nell’epitesto perché è spazialmente lontano dal film, si diffonde in tempo e spazi
differenti da quello del film

Trailer 1 – “Le mépris” Godard 1964, adattamento del libro Il disprezzo di Moravia
Trailer 2 – “Arancia Meccanica” Stanley Kubrick 1971
Trailer 3 – “The Shining” Stanley Kubrick 1980

Durata differente, il primo entra molto nel vivo, in maniera chiara, sulla storia che verrà raccontata nel film.
Mentre per gli altri due non si capisce di cosa parerà il film e questo potrebbe essere uno strumento utile per
genare la curiosità negli spettatori.
Teaser trailer – clip di film che vengono rese e diffuse per generare la curiosità, spesso sono scene
decontestualizzate. Nelle serie tv i teaser vengono messi all’inizio della serie e mettono in luce delle scene
che lo spettatore vedrà più avanti. Il trailer di Shining fa parte di questi teaser trailer.

Trailer narrativi e antinarrativi. Le mépris trailer narrativo, arancia meccanica trailer antinarrativo.
Hanno cercato di trattare i trailer come se fossero delle piccole opere d’arte, le mépris decide di mostrare
molta parte della storia, quindi, presenta un struttura quasi a fotoromanzo che seziona il contenuto del film
attraverso le sei articolazioni fondamentali della narrazione: sappiamo chi sono i protagonisti, dove e quando
si svolgono gli eventi, sappiamo più o meno di cosa si parlerà e anche come verranno raccontati i fatti
narrati.
Nel caso di arancia meccanica la strategia è antitetica, c’è l’intenzione dichiarata di non voler far capire allo
spettatore di cosa si sta parlando. Non solo l’accelerazione del ritmo delle immagini e della musica non
permettono una reale identificazione di quello che noi vediamo ma anche le scritte agiscono per contraddire
le immagini, infatti, le scritte parlano di un film comico, vengono messi in luce una serie di aggettivi che
vanno a delineare un universo un po' contradditorio, rispetto poi a quello che si vede nel film.

In termini semiotici bisogna capire che tipo di situazione spettatoriale si può creare, come il testo riesce a
delineare una determinata situazione nello spettatore. Traile volto a portare gli spettatori al cinema, ha due
possibilità:
 Di mostrare una stori chiara e coerente
 Negazione della storia, non mostrare niente, negarla

Il trailer, dal punto di vista semiotico, è quindi una manipolazione.

Nel trailer di “Le mépris” non abbiamo nessun motivo interno al testo per dubitare di quello che vediamo,
chi ha operato la manipolazione di taglio e montaggio sta restituendo una storia di cui non si può dubitare
perché non abbiamo elementi interni per poterlo fare.

Nel caso di arancia meccanica l’istanza responsabile della manipolazione si sta dichiarando in quanto tale,
mostra una versione dei fatti che è frutto della manipolazione e lo dichiara, messa a nudo dell’operazione di
montaggio.

Legame aspettativa e delusione tra trailer e film.


relazione trailer e film

Il trailer narrativo e quello antinarrativo non sono sufficienti per comprendere la varietà di trailer realmente
presenti sul mercato, esigenza di creare e di parlare di una terza categoria: testi che sono una via di mezzo tra
narrativi e antinarrativi, testi che sono narrativi con dell’antinarrativo all’interno. In questo caso si può
parlare di trailer che, all’interno di una narrazione chiara e comprensibile, mettono dei frammenti che
possono destabilizzare la narrazione.

Trailer 5 – “Mommy” Xavier Dolan 2014 in questo trailer quello che è presenta è una domanda che si
sposta sul finale, sull’esito del finale della narrazione. Più la narrazione va avanti più le cose sembrano
complicarsi, il trailer porta a porci una domanda sul finale, su come questa mamma riuscirà a crescere suo
figlio.

Trailer 6 – “Joi” David O.Russel 2015 qui abbiamo esattamente l’inverso rispetto al trailer precedente. In
questo caso il trailer si apre con la voce della non a della protagonista che anticipa la persona che diventerà
Joi in futuro, quello manca nel trailer è quindi tutto ciò che ci fa capire come le cose sono andate, come la
ragazza è riuscita ad arrivare a quella vita di successo che la nonna tanto decantava.

La domanda narrativa in un primo caso potrebbe essere come va a finire, nell’altro caso è che cosa è
successo affinché le cose siano andate in questo modo. Nella nova categoria che emersa c’è, quindi, una
storia più o meno chiara nella quale vengono lasciati dei buchi che fungono da esca per la curiosità narrativa
dello spettatore.
In alcuni casi il rapporto tra trailer e film funziona mentre in altri casi no
Caso in cui l’omissione di una parte della narrativa non funziona una volta che si va al cinema – Trailer 7
“Irrational man” Woody Allen 2015, si comporta come il trailer di Joi, a un certo punto il protagonista
dice qualcosa che nel trailer è mancante. Al cinema si va per capire quale sia la parte mancante. Tutto il
trailer ruota attorno all’elemento misterioso che ad un certo punto entra nella vita del protagonista.
In questo caso questo, l’evento non era all’altezza delle aspettative, se il trailer fa tanto leva su qualcosa che
si rivela poi deludente e quindi possibile che il film poi ne risenta.
Orizzonte di attesa che viene tradito.

Trailer 8 – “Lapazza gioia” Paolo Virzì 2016 si comporta come quello del “Le mépris”, mostra a grandi
linee tutto il film dall’inizio alla fine e funziona. Non produce una particolare aspettativa però è un trailer che
funziona. Trailer che presenta una narrazione completa, c’è una situazione iniziale (set up) che viene infranta
dal succedere di qualcosa. Si riesce a ricostruire facilmente una storia, il film si conclude con loro che
ritornano nella comunità ma forti della loro amicizia, si fanno forza da sole.
Le due protagoniste, pur desiderando di uscire dalla comunità alla fine rientrano ma forti della oro amicizia.
Cambia molto l’interiorità delle protagoniste. No ci troviamo di fronte ad una sceneggiatura hollywoodiana,
narrazione forte dove il protagonista vuole ottenere qualcosa e la ottiene.

Che bisogno c’è di omettere dal trailer una possibile svolta che non è poi presente nel film, perché fare leva
su qualcosa che poi nel film non c’è?
Trailer 9 – “Whiplash”, Damien Chazelle 2014 trailer in cui

Greimas: schema narrativo canonico (derivato dalle funzioni di Propp)


 Manipolazione – motivazione che spinge all’azione
 Competenza – capacità necessario al compimento dell’azione
 Perfomanza – azione stessa
 Sanzione – fase finale che giudica i risultati dell’agire
Nel trailer sono presenti tutte e quattro le fasi ma lascia fuori tutto lo sviluppo. Guardando il film ci si rende
conto che tutta la narrazione sta in mano al ragazzo solo che questo dal trailer non si capisce perché viene
messo un sacco in risalto la figura del padre che non è così evidente nel film. Spinta evolutiva che il trailer
non lascia immaginare, il film quindi in questo senso ne ricava, il trailer agevola e lascia fiorire il film in
termini di apprezzamento positivo.

Trailer 10 – “Brooklyn” John Crowley 2015 trailer che fa molto leva sulla nostalgia di casa, sulle
difficoltà che ha una persona a lasciare la propria casa. Protagonista che da sola raggiunge un obiettivo che
viene giudicato e valorizzato in maniera positiva dallo spettatore. Regime narrativo di appartenenza identico
al trailer precedente.

Trailer 11 – “La comune”, Thomas Vinterberg 2016 film che appartiene ad un regime autoriale con finale
triste. Rapporto trailer film che ha un triplo problema :
1. il film ha una variazione di tema, vedendo il film si perde di vista il fatto che è un film sulla comune
perché per tre quarti del film, il film parla del problema di depressione della protagonista
2. scambio di valorizzazione del protagonista, la moglie si fa promotrice dell’esperimento, nel
passaggio tra trailer e film lei è co protagonista ma esce di scena perché il marito si trova un’amante
e condivide la comune con una donna più giovane, quella che era la protagonista lascia la scena ad
altri, il film fa passare la protagonista in secondo piano rispetto a ciò che faceva il trailer
3. non happy ending, così facendo le aspettative dello spettatore sono inattese

Trailer 12 – “The Dressmaker”, Jocelyn Moorhouse 2015 film che viene venduto con un tema frivolo ma
in realtà è una trama drammatica dove la ragazza che torna al suo paese cerca il suo riscatto.
Dialogo trailer e film che funziona bene.

Lezione 21 20/01
Incontro con Cristina Voto – cinema delle minoranze e cinema gender

Gender – riferito all’identità


Genre – riferito ai generi in senso cinematografico

Come i femminismi hanno ripensato la mimesi, il genere e la narrativa del sé


Riflessione sulle strategie messe in atto in un insieme di produzioni cinematografiche che ci permettono di
riflettere sul cinema e sul il cinema sperimentale e come possano essere considerati un dispositivo
tecnologico semio-sessuale. Come il cinema è capace di intervenire sulle relazioni identitarie e sulla
costruzione dell’identità sessuale generica.

Dispositivo tecnologico semio-sessuale: Serie di sviluppi teorici proposti da Teresa De Lauretis e Paul
Presiado che riconoscono nel cinema e nelle altre tecniche audiovisive una serie di codici semio-tecnici
capaci di produttore corpi, identità e generi sessuo-politici. Linguaggio cinematografico come strumento per
riflettere su questioni più particolari. Al centro di queste riflessioni troviamo l’inquietudine comune, diffusa
a partire dagli anni ’60, che porta a riconoscere nel cinema e nel suo linguaggio uno strumento capace di
perpetrare lo sguardo maschile, il male gaze come lo definì Laura Mulvey (pioniera del cinema femminista)
nel suo testo emblematico “Visual pleasure and narrative cinema”. Tesi secondo la quale la figura femminile
costruita in maniera accorda allo sguardo maschile. Introduce la categoria dell’essere vista che è poi una
spinta fondamentale del cinema femminista e del cinema queer.

Da un punto di vista storiografico sono esistiti vari posizionamenti che hanno cercato di riflettere sulla
relazione tra cinema, estetica e rappresentazione dell’identità di genere.
Si possono riconoscere due grandi posizionamenti:
 Mulvey – propone di pensare bei termini di un contro cinema caratterizzato da un’anti narratività
programmatica e da un’estetica che cerca du allontanare lo spettatore modello dal piacere visivo
 de Lauretis propone la nozione di des-estetica, con l’obbiettivo di costruire un progetto di
cambiamento radicale in cui la rappresentazione/riproduzione del mondo funziona come un
meccanismo che indica il potenziale del cinema per produrre un’altra vision per costruire altri
soggetti e oggetti di visione
Entrambe forniscono delle teorie estetiche con le quali riflettere sulle influenze del cinema nella
rappresentazione e nella costruzione dell’identità affettivo-sentimentale
A partire dalle tensioni tra queste due nozioni proviamo a definire alcune strategie si decentramento e di
sovversione del linguaggio cinematografico:
1. In primo luogo, quello della radicalità antimimetica di certe proposte del cinema sperimentale.
2. In secondo luogo, lavoreremo sulle articolazioni generiche (gender/genre) come spazio per la
produzione di discorsi sull’identità;
3. Infine, recupereremo i modi in cui la svolta soggettiva si è inscritta nella produzione
cinematografica.

1. Torsioni mimetiche che i femminismi hanno introdotto nel linguaggio cinematografico


Usato sin dai tempi della Grecia per descrivere la relazione tra arte e natura sotto il segno dell’imitazione, il
concetto di mimesis occupa un posto chiave nella tradizione occidentale. Attraverso i secoli, il concetto non
è rimasto statico ma nel dibattito culturale, ma è sicuramente nella seconda metà del ventesimo secolo e sotto
i colpi i forti del post strutturalismo che l’idea di una mimesi è stata decostruita perché ad essere messa in
discussione è stata l’idea stessa per cui è possibile perseguire un principio di imitazione (Auerbach). Sulla
scia di questi colpi si diffonde la consapevolezza che ogni visione, ogni scrittura, in breve ogni enunciazione
è sempre accompagnata da un'interpretazione mettendo in scacco l’idea di una naturalità dello sguardo, un
meccanismo piuttosto sempre situato da determinate griglie socio-culturali.
Es.“Sanctus” Barbara Hammer 1990 – pioniera del cinema lesbico, opera sperimentale.
Rifacimento elettronico del Sanctus di Bach, immagini che hanno un chiaro riferimento all’universo medico,
opera che si può pensare come fan footage di certi esperimenti fatti su delle tecniche a raggi x animate che
venivano fatte soprattutto su corpi di donne. Barbara Hammer recupera questi filmati e ne dà una versione
pop, si appropria delle immagini mediche. Riflessione sull’immagine medica, il corpo penetrato dal
dispositivo medico inizia a sfogliare un’enciclopedia dove vengono sottolineate parole come cancro e
metastasi che fanno un grido al sensazionalismo medico. Torsione anitimimetica perché l’autrice per poter
farci conoscere un posizionamento rispetto alla penetrabilità oggettivante della medicina sui corpi femminili,
recupera filmati di carattere medico ma senza spiegare come questi esperimenti abbaino poi portato le sue
pazienti ad avere il cancro ma lo presenta come una moderna danza macabra dal sapore pop.

Es. “Scar Tissue” Sue Friedrich 1979, opera nella quale sono i corpi ad attraversare gli spazi pubblici.
Estetica tra il fantasmatico e il funebre. Montaggio ritmato che passa attraverso i neri che portano ad un
ritmo funebre. Le strade sono attraversate, quello che vediamo è tutto ciò che c’è dal bacino in giù, vediamo
molto gambe e pance. Tipi caratterizzati da accessori, aspetti, maniere di posizionarsi che non costruiscono
dei percorsi di individuazione, non ci sono facce. Assenza dei volti molto significativa, anti narratività non è
una costruzione dei personaggi ma un utilizzo del dispositivo cinematografico affinché sia lo stesso
linguaggio capace di trasmettere un inquietudine, una proposta, una separata e distinta maniera di vivere la
città.
Assenza di contatto tra tacchi a spillo e mocassini – assenza di contatto tra le soggettività maschili e
femminili che attraversano lo spazio.

2. Torsioni generiche (gender/genre)


Se il cinema nasce come frutto di una serie di indagini derivate dalla spinta a vedere di più e vedere meglio,
spinte dirette verso il piacere di osservare un corpo in movimento, in questo scenario i generi narrativi
cinematografici verrebbero a funzionare come un ulteriore ingranaggio di piacere scopico.
Rick Altman definisce il genere cinematografico come un artefatto transistorico polivalente e versatile,
ovvero una complessa rete di interrelazioni tra pubblico, industria e tradizione testuale.

Cosa vuol dire abitare questo artefatto, una produzione, un genere in chiave femminista e/o queer?
Un punto di partenza è quello che ci offre de Lauretis al ripensare il genere cinematografico come una
tecnologia di mediazione e di produzione della soggettività. Riflessione sull’aporia tra genre e gender dove
sempre si può individuare l’esistenza di una griglia di lettura per la costruzione di un universo fatto di
iscrizioni e riscritture socio-culturali.

Judith Butler invece sottolinea che il genere può essere visto come una matrice, un quadro di intelligibilità e
produzione di significato che legge e codifica corpi, desideri e identità.
Es. tre genere diversi come pornografia, melodramma e horror hanno diversi modi di rappresentare le
aspettative identitarie e anche modi diversi per mettere in luce il corpo.

Per fare una breve analisi dei modi in cui alcuni meccanismi generici possono essere costitutivi della
costruzione sesso-affettiva. L’autrice afferma che il melodramma, la pornografia e l’horror costituiscono un
sistema di eccessi destinati a rappresentare il corpo in forme considerate eccessive e la cui messa in scena
supera le identità narrative. È l’eccessiva codificazione di questi generi che permette la loro decostruzione: le
griglie di genere (genre) diventano così territori su cui intervenire per riflettere sulla costruzione dell’identità
(gender).
I cosiddetti generi corporei articolano una logica dell’eccesso, fanno appello alla presentazione dello
spettacolo corporeo sotto il dominio di un’intesa sensazione o emozione: la presentazione dell’orgasmo nella
pornografia, la rappresentazione della violenza nell’horror e la rappresentazione delle lacrime nel
melodramma.

Trailer che si rifanno molto alla teoria di Butler


Melodramma – Es. “Safe” Todd Haynes 1995 protagonista che entra a contatto con un gruppo di persone
che si definiscono allergiche al 21esimo secolo, allontanandosi poi da quella che era la sua vera famiglia.
Inizia ad ammalarsi del ventunesimo secolo. Difficoltà ad immedesimarsi con i personaggi, effetto straniante
nella costruzione di una personalità femminile paradossale. Storia che, per quanto ripeta luoghi comuni tipici
del genere, diventa impossibile identificarsi come in un melodramma.
In questa messa in scena che si vede una buona riuscita della riscrittura delle aspettative generiche in chiave
femminista. Di fronte al genere del melodramma la soluzione messa in campo e non farci piangere ma farci
trovare un senso di straniamento.
Horror – Es. “Sick Girl” Lucky McKee 2006 topos del genere horror: polarità mostruosità e normalità.
Coppia lesbica, una di loro è un entomologa che riceve un pacco con un insetto mai studiato che infetta
l’altra donna. Contaminazione dell’insetto che porta la ragazza a trasformarsi in un ibrido insetto-donna che
è in grado di riprodursi. Effetto di straniamento rispetto alle aspettative del genere horror.
Pornografia – “The Raspberry Reich” Bruce LaBruce 2004 film che racconta la storia di un gruppo
terrorista tedesco, in questo contesto narrativo si crea una trama pornografica perché questo gruppo terrorista
ha come obiettivo principale la liberazione sessale. Si riprendono anche qua i topos del genere pornografico
ma con un effetto di straniamento.

3. Torsioni autobiografiche
Questa terza torsione riflette sulle coordinate di iscrizione delle soggettività femminili e nomadi, che
prendono come spunto di partenza una riflessine sulle potenzialità enunciative favorite dal dispositivo
cinematografico.
Rosi Braidotti nel suo “Il postumo” propone la categoria nomade come una figura che esprime il desiderio
di un’identità fatta di spostamenti successivi, di cambiamenti prodotti senza un’unità essenziale e/o contro di
essa. Il soggetto nomade intraprende, infatti, transizioni identitarie senza uno scopo teleologico.

Motivo del viaggio e della distanza che esso stabilisce, non tanto come innesco narrativo ma come un
elemento he incide direttamente sui modi di rappresentare spazi e tempi, voci e suoni, persone e ambienti,
che si presentano come una dimensione significativa su cui iscrivere la propria soggettività.
Il dispositivo audiovisivo oscilla tra una vocazione nomade e una cartografica ma in entrambi i casi
riscontriamo una necessità situazionale in cui gli itinerari del sé non sono più sorvegliati da un cogito
unificante. Il nomadismo impone così diverse figurazioni che possono operare come spazi di transito
attraverso una città o interrogare lo sguardo sull’alterità.

Es. “News from home” Chantal Akerman 1977 dimensione nomade dell’identità

Es. “Reassemblage” Trinh T. Minh-ha regista che propone un serie di audio senza la traduzione della lingua,
quasi a voler riproporre la dimensione sonora nella quale si trovava durante il suo periodo di ricerca in
Senegal.

Il percorso che abbiamo svolto mette in dialogo con due nozioni classiche del cinema e degli studi di genere
per situarci in una tensione tra de-estetica e contro cinema.
Mentre per Mulvey il counter-cinema era caratterizzato da un'anti-narratività e da un'estetica che cercava di
allontanare lo spettatore dal piacere visivo, per de Lauretis era necessario recuperare la risorsa della
narratività e deviarla dai suoi usi convenzionali.

Le produzioni che abbiamo analizzato ci permettono di tracciare un arco delle varie forme di
destabilizzazione che attraversano il linguaggio cinematografico.
Se produzioni come quelle di Su Friederich e Barbara Hammer, manifestano il carattere anti narrativo del
linguaggio cinematografico, sia i film analizzati nell’asse delle strategie di deviazione generica
(gender/genre) che quelli attenti alle narrative autobiografiche e le diverse modulazioni del sé, convocano
grammatiche differenti.

Nel caso del film di Todd Haynes, Bruce LaBruce e Lucky Mckee s i mette in gioco una tensione con i
generi di massa che, attraverso l’eccesso di segni, diventano siti di possibili enunciati differenziali. Questi
approcci hanno un impatto diretto sui generi che mettono in scena e permettono l’immagine di soggettività
altre rispetto alle tradizionali.
Assistiamo così ad un passaggio da uno spettatore modello il cui sguardo è guidato dalla dimensione scopica
e a uno spettatore per il quale l’identificazione è diventata impossibile o scomoda. Per mezzo di operazioni
formali e narrative, come i piani lenti o la parodia, i modelli generici sono destabilizzati attraverso l’uso del
linguaggio audiovisivo.

Infine, la terza strategia analizzata non ha a che vedere potenzialità sperimentali del dispositivo audiovisivo
né con gli usi devianti che esso consente, ma con la possibilità di riflettere sul funzionamento della
costruzione identitaria. ci troviamo immersi in un'esperienza sensoriale, somatica, il cui significato non è
determinato da una narrazione, ma piuttosto è l'immagine stessa che si mostra in un avvenimento ambiguo e
instabile. Questi tipi di costruzioni ostacolano le modalità tradizionali del realismo narrativo.
Lezione 22 21/01

Il destino impresso – teoria della destinalità nel cinema


In che modo attraverso il cinema, si ricava l’aspetto del destino

Tesi: attraverso i film, come con tutti i testi, facciamo esperienze mediali e arricchiamo la nostra cultura,
quella che Eco avrebbe chiamato enciclopedia. Ma, il cinema dà anche delle istruzioni precise per capire e
avere un’idea su come funzionano le cose del mondo, ci dà dei protocolli destinali.

Non c’è un’unica idea di destino, ognuno di noi oscilla su tutta una serie di istanze destinali possibili.
Es. l’idea di amore e modo in cui lo viviamo, non è un modo fisso sempre uguale a sé stesso, ma varia ed è
anche fortemente influenzato dai media.

Cesare Pavese – “Il mestiere di vivere” 1948, scrive che il nostro modo di dare senso all’accadimento delle
cose innesca il destino, il destino parte da noi più che dall’accadimento delle cose. Idea destinale per cui
sono gli esseri umani che danno senso all’ordinamento delle cose questo perché ci sono delle strutture di
pensiero che ci portano a fare determinate cose (strutture di pensiero che dipendono molto anche dalla
cultura e dalle tendenze, frutto di processi culturali che passano attraverso delle dominanti definite dai mezzi
di comunicazione).

Analisi del film come culturologia – storia del cinema come storia della cultura. Film come oggetti che ci
raccontano fatti culturali dai quali è possibile trarre dei modelli.
Approccio Interstiziale della teoria del cinema: interstizio come spazio che si trova tra i soggetti e gli
oggetti mediali, spazio di descrizione reciproca attraverso i film, i film raccontano qualcosa di noi e noi ci
raccontiamo anche attraverso i film.
Francesco Casetti – il cinema ha una sua significatività, cinema che racconta tutti. Studio del cinema socio-
semiotico e strutturalista. Idea fenomenologica che noi, prima di essere qualcosa che guarda, siamo qualcosa
che è guardato.

Cinema come oggetto che dialoga con altre comunità disciplinari


Libro del prof – analisi 500 film, tanti più film accumulava secondo il criterio di pertinenza tanto più,
secondo lui, la mappatura di una cultura tende a una rappresentazione prossima al reale. Tramite ogni pezzo
di film riusciva ad andare avanti nella sua teoria – metodologia dell’accumulazione.

Destinante: motore narrativo, ruolo da cui si diparte la storia, che imprime il movimento al film ma anche
l’orientamento di tale movimento. Colui che dà il mandato, l’obiettivo all’eroe (Greimas). Ruolo che può
essere attribuito anche a più personaggi.

Nel cinema, la destinalità e l’idea del destino non passa solo attraverso ruoli narrativi ma anche attraverso
altri elementi perché il cinema non è solo storia ma storie su immagini. Le immagini, quindi, raccontano la
storia in un modo anziché in un altro. Es. il montaggio ha in sé la capacità di modificare completamente
l’effetto di senso della sequenza, instillando una causalità piuttosto che un’altra, stabilendo ruoli di causa ed
effetto, suturando diversi eventi. Anche la durata di un’inquadratura ci racconta un evento in un modo
diverso, tutto dipende da quanto si fa durare l’inquadratura. Tutto questo flusso di elementi diversi, quindi,
messi assieme sono un grande sistema che racconta una specifica destinalità.

- La morte come destinante – morte antropomorfizzata


Es. “La madre e la morte” Arrigo Frusta 1911 poetica degli oggetti, oggetti con valenza simbolica precisa es.
orologi con valore del tempo che passa. Storia di un bambino che non ha una storia, infatti la storia è
mostrata con un flashfoard, ci mostra cosa sarebbe successo se. Idea che la morte volesse far scegliere alla
madre cosa fare, morte che le fa capire che piuttosto che far viere al figlio una vita di disonore, preferisce la
morte e le dice di prendersi il figlio.
Protocollo destinale: idea che siamo tutti desinati, il destino si intreccia come scrittura al futuro, il bambino
era destinato a diventare un uomo immorale. La destinazione ha connotati morali. Destinante segno di un
destino che non è a priori ma sa già tutto.
Presa di coscienza dell’ineluttabilità della morte, come se dentro il testo si prendesse l’istante prima di
morire e lo si allarga.

Due tipi di destinante


Destinante tautologico – destinante che fa succedere le cose senza nessuna motivazione, è lì soltanto per far
succedere le cose, non c’è nessuno dietro di lui agisce. Il destinante agisce così perché è così che deve agire,
nel film la morte è impassibile, fa quella cosa perché sa che va fatta, destinante massimo. Dal film non
traspare la pretesa di libero arbitrio, non c’è speranza per il bambino perché c’è una scrittura sopra di lui che
sa già cosa farà, eterodirezione del destino.
Destinane destinato – da avvio alla narrazione perché dà una motivazione, destinante che a sua volta ha una
mandato dietro. Le cose succedono perché il destinante vuole e ha bisogno che succedano in quel modo.

Profezie utili a configurare un discorso sul destino, lotta che però molto spesso porta alla conferma della
profezia sebbene i personaggi non volessero essere schiavi di questo destino già imposto. Ci sono anche casi
più rari in cui si riesce a sfuggire dal destino.

Der Mude Tod – Destino Fritz Lang 1921 la n morta qua da una missione alla moglie del signore che è stato
preso per morire. Ma lei non riesce a compiere la missione che la morte dà perché dovrebbe cambiare le cose
del passato già successe. Anche in questo caso c’è l’accettazione. Qui abbiamo una morte che sembra un
destinante destinato, dà una possibilità ma non lo fa realmente credendo che la donna riuscirà a compiere la
missione.
Morte forse destinato da dio, morte stanca. Messa in scena che fa capire che contribuisce a definire la
destinalità. Qui c’è anche la negoziazione, si prevede un illusione di potersela giocare.

Destinante tautologico vs destinante destinato es. con il grillo parlante


Il grillo parlante assume per pinocchio il ruolo di coscienza, egli cioè deve guidare il burattino per la retta via
(è, in altri termini, il destinante) - [sopra di lui la fata, sopra di lei la morale]. Eppure mostra tentennamenti,
ansie, timori di sbagliare.
Si tratta di un destinante destinato, che risponde a una destinazione più alta presente nel testo (fatina,
morale), ma pure che si pone il problema della metacoscienza, di una coscienza nella sua propria coscienza
(chiaramente il grillo è l’incarnazione della crescita interiore di pinocchio).
L’inserzione di una crisi di coscienza della coscienza costituisce una sorta di cuspide destinale, mettendo in
dubbio l’ideologia sin qui delineata dal testo:
 Lo spettatore pensa che il Grillo agisca con un piano preciso, e invece qui l’ordine degli eventi lo
sconvolge, facendogli mettere in dubbio il suo ruolo («Perché mai debbo determinare Pinocchio,
quando si determina benissimo da solo?»)
 Il grillo non sa che Pinocchio non è consapevole, che Mangiafuoco ha preso il suo posto
 Questo tipo di svolta narrativa sancisce un cambiamento non tanto nella motilità interna alla
narrazione (Pinocchio poteva benissimo cacciarsi nei guai senza che il grillo mettesse in discussione
il suo ruolo) quanto nella destinalità

Es. Il settimo sigillo Ingmar Bergman 1957 partita a scacchi a puntate, il cavaliere capisce che è una partita
che non può vincere. Il cavaliere gioca a scacchi con la morte in persona. Alla morte non serve sapere,
massimo della tautologia.

Es. “Final destination” James Wong 2000 scena della morte che comanda, ossessione per il destino. Temi
che rimangono forti sebbene siano gestiti in modi diversi rispetto ai film precedenti. Patto con la morte
tradito perché i ragazzi con delle visioni capiscono che devono scampare alla morte.
Qui la morte è disincarnata, morte che agisce come sistema di coincidenze. Tutto quello che è deviante dal
percorso stabilito deve essere soggetto a regimi di aggiustamento, la morte infatti non concede la variazione
e cercherà in tutti i modi di far morire i ragazzi.
Quello che interessa guardando il film è il finale, sul finale abbiamo la conferma o meno di sistemi di attese
che hanno a che fare con la destinalità. Le soddisfazioni e le delusioni più grandi arrivano proprio sul finale.
Idea del finale non degno.

- Dio come istanza destinale


Es. “Dogma” Kevin Smith 1999 storia di un nuovo messia interpretato da una donna, film ironico in cui
questo novo messia ha lo scopo di impedire la fine del mondo che dovrebbe giungere per via di due angeli. Il
mondo finisce, si genera un’apocalisse finché dio in persona non si presenta sulla terra. Dio con la sua voce
inudibile punisce l’angelo distruggendolo. Semplicemente con la volontà di dio viene ricostruire la realtà e
cambiato un destino che è già avvenuto.

Lezione 23 27/01

Es. “Verdi pascoli” film che racconta di un folklore black, film ad episodio dove ogni episodio della bibbia
viene raccontata. Episodio in cui Noè dialoga con dio su come costruire l’arca. Inizio dell’Antico testamento,
nella genesi. Episodio tradotto non nel contesto biblico tradizionale, Noè è rappresentato in abiti moderni e
dio anche è un uomo moderno, fuma il sigaro. Con il fulmine che cade Noè capisce di essere di fronte a Dio,
prima non sapeva chi fosse.
Istanza destinale forte: dio dice a Noè che ha il potere di distruggere il mondo e quindi chiede a Noè di
costruire l’arca.
Traduzione interculturale: si passa dalla cultura arcaica della bibbia a quella intrisa di folklore del film, qui
Noè infatti prova a negoziare, non cerca subito di sottostare agli ordini di Dio.
Dio inappellabile che decide tutto.
Es. “Un’impresa da Dio” – altra versione di Dio, cambiano le culture di riferimento e gli stilemi.
Personaggio che ha una chiamata e incomincia a costruire un’arca, viene deriso da tutti anche dai suoi stessi
famigliari. Ribaltamento del paradigma, Dio che dirà alla moglie dell’uomo come interpretare se stesso e
come leggere la storia dell’arca. Dio come istanza rivelatrice.

Intorno al cinema mainstream si creano altri film in cui torna la presenza di Dio es. “The Toxic Avengers”,
saga della casa produttiva Troma specializzata nella produzione di film a basso costo e politically uncorret.
Qui dio è rappresentato da una persona affetta da nanismo, Dio che ha perso ogni alone di sacralità, dio
mondano e terreno che si vede nel modo in cui è abbigliato, dalle persone che lo circondano e anche da come
parla. Dio profano e contraddittorio: dice le parolacce, palpeggia gli angeli che ha intorno a lui.

- Istanza destinale dell’idea dello stato sopra di noi, stato distopico (mondo che sta finendo e che viene
distrutto cove bisogna costruire delle nuove forme di esistenza) o dispotico.
Stato che controlla i destini – es. “Fantozzi” racconto delle progressive umiliazioni, del ragionier Fantozzi
che rappresenta l’impiegato medio che subisce il sistema aziendale. Sul finale del primo Fantozzi, lui, prova
a ribellarsi al sistema che lo tiene imprigionato lanciando un sasso sulla vetrina. Il capo però lo mette in
ordine e gli dice che non può essere qualcosa di diverso.
Mega presidente galattico che nel film è come un Dio – è sopra i destini

Es. “The Lobster” Lanthimos distopia in piena regola, c’è o stato mondo che controlla. In questo mondo una
delle leggi fondamentali è che ognuno deve avere un compagno di vita. Se non lo si trova si viene costretti ad
andare in una struttura in cui trovarne uno. Se non si riesce a trovare il partner si viene trasformati in
animale, un animale a scelta del personaggio.

Es. “Z la Formica” – metafora della società umana ridotta ad un formicaio. Storia della formica che non è
fatta per stare nella logica della colonia che si fonda su regole prettamente lavoratrice. Distopia. Film molto
più adulto di quello che si possa pensare.
Prato come metafora della grane metropoli.

- Istanza destinale metacinematografica: autore che dentro il film stesso palesa sé stesso, fa capire che i
personaggi sono sotto il suo controllo.
Es. “Stand by me” Rob Reiner 1986 Racconto di uno sguardo specifico, è il protagonista che racconta la sua
storia quindi sappiamo che è vissuto. Fine della stesura del romanzo che corrisponde alla fine del film.

Strutture destinali
- il cinema di loop cinema che mette in scena delle strutture ricorsive e ripetitive che hanno lo scopo di
raccontarci di personaggi che sono intrappolati nel loro destino e devono compiere lo stesso ruolo in loop.
Molto spesso questo serve per dare una lezione morale. Il loop di solito è temporale (es. si ripete sempre lo
stesso giorno/anno) più raramente anche spaziale (il tempo scorre in avanti la lo spazio è sempre lo stesso).

Es. “1408” Mikael Hafstrom – presenta un altro tipo di loop


Protagonista che è uno sfatatore di misteri che va in luoghi infestati e dimostra che non è vero e poi ci scrive
dei libri. Va però in una stanza infestata e capisce che c’è del paranormale. Cerca di aprire la finestra ma si
accorge che

“Vivarium” Lorcan Finnegan – giovane coppia che vanno a cercare una casa da comprare e un ambiguo
agente immobiliare li porta in un quartiere residenziale, quando cercano di andare via dalla casa capiscono
che non riescono ad uscire. Tempo che va avanti ma lo spazio diventa una sorta di gabbia.

“Auguri per la tua morte” Christopher Landon presupposto morale de loop. Ragazza che sta in un college
americano, è la più bella, molto egoista sfrutta gli altri. Il giorno del suo compleanno muore e vivrà questo
loop fin quando non risolverà il mistero dietro il loop che la porteranno a diventare una persona migliore.
Meccanismo con presupposto morale.
“Donald Duck stuck on Christmas” ogni giorno è natale, qui, quo e qua che desiderano che ogni giorno sia
natale, questo avviene per la magia del natale. Loro però sono molto egoisti e quindi si godono la giornata di
natale rovinandola agli altri. All’inizio sono contenti del loop ma poi incominciano a trovare stancante la
routine e capiscono che devono incominciare a comportarsi meglio con la famiglia a natale. Nel momento in
cui avviene finisce il loop.

Film con protocollo specifico: prima si gode del loop e si fa quello che vuole poi si sviluppa il processo
interiore

“One minute time machine” – corto del 2014

Versione alternativa del loop: cinema che mette in scena la proliferazione di mondi alternativi a partire da
specifici snodi – cosa sarebbe successo se…
Es. “Destino cieco” Krystof Kieslowski film che racconta della storia di un uomo che ad un certo punto si
triforca, nel momento n cui va a prendere il treno: possono succedere tre opzioni diverse, tre percorsi diversi
che alla fine si congiungono e sono tutti e tre negativi per il personaggio.

Es. “Sliding doors” – non si sa se lei riesce o no a prendere la metropolitana, anche effetto rewind che le
permette di prendere la metro ma poi di lì la storia si biforca in due e sarà anche questo un film drammatico.

Es. “Mister Nobody” – discorsi su illusione e realtà e cosa succederebbe se…tema centrale della scelta.

Es. Avengers Endgame

Mise en abyme – surcadrage


Surcadrage versione possibile di mise en abyme,
Dolly zoom – Vertigo effect stessa cosa

Long take – long shot sono sinonimi


Long take inquadratura unga protratta che non esaurisce un blocco narrativo cosa che invece fa un piano
sequenza

Dialettica tra forza centrifuga e centripeta c’è sempre, questione dialettica.


Montaggio pluripuntuale come tipologia del montaggio analitico

Deittico – sinonimo di extralinguistico, all’interno di un film succedono delle cose che per essere capite è
necessario conoscere cose fuori dal film es. citazioni

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