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Laboratorio di regia e scrittura documentaria

TENK piattaforma dedicata al documentario

Programma d’esame: Bertozzi e prime 60 pagine del testo del critico dei Cahiers du Cinema
(Lindot) + filmografia obbligatoria Nanook l’eschimese e L’uomo con la macchina da presa + 3
documentari a scelta (no fiction) basandosi su quanto detto a lezione o “filmografia bertozzi”. I testi
sul drive non sono obbligatori, sono da comprare.

Lezione 1
Il documentario nasce da subito come qualcosa di ambiguo. Due grandi gruppi di documentario:
• il documentario didattico (biografie, documentario animali, storia, ecc.) sfrutta il mezzo
cinematografico per raccontare attraverso le immagini e sfrutta anche la capacità di
diffusione e ricezione del cinema, capace di parlare a masse di persone. Vedi l'uso del
cinema da parte dei grandi totalitarismi.
• Il documentario sperimentale si distingue dal cinema di fiction. La fiction è la traduzione in
immagini di un testo scritto, mentre il documentario ha un rapporto con la materia prima
molto più libero e sperimentale. Il nutrimento principale del cinema è il reale che sia un film
storico o di fantascienza. Il cinema è fatto da qualcosa di reale che si trova davanti la
macchina da presa e che viene registrato. Il cinema è l'unica arte che registra un momento
esistente della realtà sottraendolo allo scorrere del tempo. D'altra parte il reale viene riscritto
grazie alla macchina da presa.
Il cinema è considerato da molti filosofi un modo per creare concetti, uno strumento estetico ma
anche etico. È un'arte ibrida e indefinita.
Ronald Burt prende dei fotogrammi di Ivan il terribile e cerca di analizzarli, ma qualcosa sfugge
sempre: quel qualcosa di ininterpretabile è la potenza del film.
Dicotomia fiction e documentario
1895 prima proiezione dei corti Lumiére.
Confronto tra l'Innaffiatore innaffiato e L'arrivo del treno. L'innaffiatore è di fiction perché è una
gag organizzata, mentre il treno è un documentario. Tuttavia, il regista arriva alla stazione con
l'intenzione di riprende l'arrivo programmato del treno. La scelta del punto di vista è fondamentale
per la scrittura filmica: valorizza la prospettiva e la tridimensionalità del treno, ma permette di avere
nelle stesse inquadrature primissimi piani e campi lunghi. Ma al tempo stesso l'inquadratura del
giardiniere veicola una serie di informazioni sul contesto. In entrambi i casi il reale deborda dalle
riprese e in entrambi i casi c'è un'idea di scrittura.

L'intervista è uno stilema del documentario, ma manipolabile.


Errol Morris mette un piccolo schermo sotto l'obiettivo così da poter guardare l'intervistato senza
metterlo in soggezione. È un documentario didattico perché parla in maniera veritiera di eventi e
persone reali. Morris dichiara l'operazione di montaggio (neri, tagli evidenti) e le ricostruzioni
(lettera, elicottero): la fiction entra nel documentario.

Visione spezzone Herzog


L'attore si fa prendere dai suoi ricordi e improvvisa sulla base dei propri ricordi. Eva asseconda
Bruno e anche Herzog improvvisa seguendo con la camera i movimenti di Bruno. Anche qui la
realtà arricchisce la fiction.

Nel caso dei documentari su una persona o un animale viene scelto un cast per costruire le ellissi.

Immediatamente a latere del cinema nasce il cosiddetto “cinema scientifico”. Il cinema nasce alla
fine dell'Ottocento, in quel momento di crisi che coinvolge il sistema delle arti, senza avere un
linguaggio a cui appoggiarsi. L'elemento dominante all'inizio è l'intrattenimento: il cinema può
raccontare storie e quindi si appoggia al teatro e alla letteratura. All'inizio c'è un bisogno di
raccontare storie, ma non è questo lo specifico filmico. Molte cose vengono semplicemente dal fare,
quasi per gioco con la macchina (es. carrello). Quindi da un lato il cinema va verso la letteratura
(Pastrone, Griffith), da un lato il cinema che cerca di andare verso il suo specifico (surrealisti,
dadaisti, Epstein, russi, avanguardie), dall'altro il cinema si meraviglia del reale senza averne
coscienza (vedute Lumiére e simili) da cui nasce il documentario e infine il cinema scientifico.
Le vedute conducono ai travelog: riprese di viaggio dallo spirito colonialista, esotici, muti (e poi
con voci fuoricampo). Non esistendo la presa diretta, il documentario per molto tempo avrà come
unico supporto alle immagini la voce fuori campo. Il temine “documentario” nasce nel '29
(Grierson, autore di Drifters) e nasce sulla base di tre motivazioni: avere una testimonianza dei
contrasti sociali, il mostrarlo a un vasto pubblico e la sperimentazione. Tutto questo nasce negli anni
Venti con Flaherty, che inventa il film antropologico (Nanook l’eschimese), convinto che la fiction
debba far parte del documentario (trame avventurose, i personaggi interpretano sé stessi, mette in
scena abitudini desuete, costruzioni funzionali alle riprese), e Vertov realizza L'uomo con la
macchina da presa (1929), in cui riprende la realtà e la manipola con il montaggio, mettendo il
documentario al servizio della rivoluzione. Joris Ivens, grande documentarista politico legato alla
città di Amsterdam, inizia anche lui riflettendo sul linguaggio. Il documentario non dimentica mai lo
sperimentalismo più estremo e neanche l'aspetto di fiction.
Note: Fitzcarraldo (Herzog), film di Scorsese
Lezione 2

Il cinema nasce documentario (Lumière). Poi le avanguardie. Deluc e Epstein fondano il concetto di
fotogenia. Nel frattempo, in America nascono il cinema di finzione e il linguaggio classico, a partire
da Griffith. Il reale è sempre nutrimento del cinema, più o meno coscientemente e in modi diversi.
Flaherty e Vertov. Grierson apre la strada al documentario sociale, come ad es. Misére au Borinage
di Stork e Ivens. Il cinema ha sempre un forte valore denotativo che è sempre presente; ad esso poi
si possono aggiungere vari livelli connotativi. Quindi il cinema si piega bene a raccontare situazioni
politiche e sociali. Nascono però anche le sinfonie cittadine, come Uomini alla domenica e Berlino
sinfonia di una grande città. Ispirandosi alle avanguardie (Vertov) e alla fiction, esse seguono i
personaggi e cercano i segni dell’alienazione nella città contemporanea.
Nel ’27 arriva il sonoro: i dialoghi venivano registrati dopo le riprese (gli attori doppiavano sé
stessi). Al documentario rimane la voce fuoricampo, la musica e il rumore d’ambiente per dare
l’impressione di realtà. Il commento off è quasi sempre extradiegetico (es. documentario
naturalistico) e si usa ancora adesso (Herzog). In questo periodo Mussolini e Hitler capiscono le
potenzialità del cinema come mezzo di propaganda. Nasce l’Istituto Luce e nascono i cinegiornali
(telegiornali creati con materiale di repertorio). Es: L’avanzata degli italiani in Etiopia: materiale
girato dal vero, a cui si aggiungono la musica e il testo di retorica colonialista come commento off.
The Spanish Earth di Ivens parla della guerra civile contro Franco finanziata dagli Stati Uniti. Il
commento è scritto e letto da Hemingway e non è l’unico caso di commenti di poeti e scrittori che
comprendono l’importanza di questi lavori. Si tratta anche in questo caso di guerra e degli stessi
anni, tuttavia maggiore spazio viene lasciato al silenzio tra una frase e l’altra pronunciata da
Hemingway, il quale lascia che le immagini parlino da sole della fatica dei soldati. Ci sono alcuni
tentativi goffi di doppiare la parlata dei soldati, giusto per mantenere l’attenzione degli spettatori e
intervallare le immagini di combattimento.
The blood of the beasts di Georges Franju è il racconto di due mattatoi a Parigi. La voce di donna fa
il commento fuori campo: parte dal pretesto di un mercatino e riprende immagini surreali alle
periferie delle città (fiction del bacio). La voce cessa e si passa al mattatoio, raccontato con
freddezza. Siamo nel periodo post-bellico: il film è polisemico, sceglie immagini surreali e
indefinibili e parla della crudeltà sugli animali. Franju dopo passerà alla fiction e agli horror un po’
metafisici.
I critofilm di Ragghianti, critico d’arte e regista, sono documentari accademici che uniscono il lato
divulgativo a quello scientifico. Nascono documentari che guardano ad altre arti.
Il cinema diretto, o cinema verità, è soprattutto l’avvento di una cinepresa a mano leggera e un
registratore in presa diretta a sincrono. In questo modo si può davvero registrare quanto accade.
Americani (fratelli Maysles, F. Wiseman), francesi e canadesi sono i primi a sfruttare queste nuove
possibilità. Gli americani, attraverso il documentario, indagano e raccontano la società americani (le
grandi istituzioni, le elezioni politiche, i personaggi della società). Wiseman entra in ospedali,
scuole, ecc. gira per ore e osserva per mettere a nudo i meccanismi sociali. Il Canada è da sempre
attento al documentario (Pierrault, Brault). Rouch, francese, lavora in Africa e inizia a filmare con
sguardo antropologico un rito. Le persone sanno di essere riprese e il rito diventa estremamente
grottesco; fanno capolino spiriti col nome degli europei che li governano, tutti vanno in trance e
sacrificano addirittura un cane. È proprio la presenza della telecamera a mano ad accendere la
messa in scena. Rouch con questo metodo realizza diversi film, tra cui il capolavoro Moi, un noir,
riprende i ragazzi neri che si svagano scimmiottando i divi del cinema e poi Rouch sottopone agli
stessi il materiale ripreso. In Francia realizza Cronaca di un’estate: l’intento del documentario viene
dichiarato all’intervistata fin da subito. Più che cinema è una ricerca sociologica. Tuttavia la ricerca
di oggettività attraverso la macchina da presa è fallimentare in partenza: inevitabilmente
l’atteggiamento della signora è condizionato dal fatto di essere a conoscenza di quanto sta
accadendo. Però la finzione del racconto montato sulle immagini della donna che cammina è
dichiaratamente un artificio.
Il concetto di camera-stylo (Astruc) pretende di scrivere la realtà senza avere nemmeno una
sceneggiatura.
Robert Frank si è cimentato nel cinema con Pull my daisy. Shirley Clark mette in film uno
spettacolo del Living Theatre. John Cassavetes inizia con Faces a cogliere l’improvvisazione degli
attori. Brakhage, Mekas, Deren, Warhol rientrano nel New American Cinema. Mekas rielabora la
propria storia di emigrato e la sua vita quotidiana. Brakhage ricerca con l’immagine in casa propria
e il montaggio (es. Window water baby moving). Warhol, al lato opposto, lavora sul piano sequenza
con Sleep, Blow Job, Empire.
Il commento off e la presa diretta sono le due variabili fondamentali entro cui si muove il cinema
documentario. In generale il documentario rimane tra il denotativo e il connotativo: ha quella
capacità basica di vedere da vicino le persone e le cose e raccontarne le cose in modo più
accattivante (fiction) e più vero (interviste), almeno in apparenza.
Juris Podnieks in It is easy to be young? documenta una storia: in URSS dei giovani usciti da un
concerto punk rompono un vetro e vengono inviati in un campo di lavoro e poi in guerra. Il regista
chiede le interviste a posteriori dell’esperienza. Podnieks utilizza tutti gli strumenti del
documentario (le interviste, il racconto, il montaggio di immagini) a scopo di denuncia.
Lezione 3
La storia del documentario è molto più frammentaria a partire dagli anni Settanta. Ci sono
evoluzioni tecniche importanti, come la nascita del video (mentre la pellicola rimane prediletta dal
film di fiction) che permette di registrare a basso costo e rivedere subito il materiale. Oggi la
tecnologia procede in direzione di una sempre maggiore definizione (8k), una sempre maggiore
qualità. Negli anni Settanta alcuni registi hanno realizzato film-saggi che riflettono sul cinema,
come già Vertov del resto, e si mettono “ad altezza operario” facendo un discorso politico sulle
classi sociali svantaggiate.
La televisione permette fin da subito (anni ’50) l’entrata del documentario divulgativo. La
televisione ha un potere enorme. Ad es. Rossellini gira film divulgativi storici in costume con un
linguaggio vicino al documentario (piano sequenza). La tv piano piano sostituisce il cinema, ne
occupa il mercato. Passare un film in televisione non è comunque un’operazione facile. Nasce negli
anni ’80 la tv commerciale con Berlusconi che entra in competizione con la tv di Stato della Rai che
aveva una forte impronta divulgativa e culturale. Rai 3 nasce negli anni ’70 e crea programmi legati
all’antropologia e alla scienza e dunque crea documentari. La rai mantiene una parte dedicata alla
sperimentazione e al documentario, ad es. “Fuori orario” in tarda serata proponeva e propone
tutt’ora documentari d’autore. Non c’è pubblico, nel senso che il pubblico non è educato
all’audiovisivo, non lo percepisce come un’occasione per arricchirsi di una visione nuova/diversa
delle cose. Del resto, nei documentari divulgativi non c’è un linguaggio perché comprendere il
linguaggio è faticoso e il pubblico non è abituato. Il documentario sperimentale fatica a trovare
finanziamenti che possono essere trovati da fonti alternative: il Ministero italiano, film commission
(rimborsano le spese per girare all’interno della regione in cui è ambientato il documentario e
talvolta concedono piccoli finanziamenti. Spesso però bisogna essere residenti in quella regione o
ambientare totalmente il film lì, ovviamente per scopi promozionali), bandi.
C’è molta libertà creativa e di mezzi, ma ci sono anche due problemi: i festival garantivano ai film
una vita, seppur breve, ma dall’altra parte il festival ha bisogno di un film che lo valorizzi (do ut des
tra film e festival). Oltre ai tre grandi festival di Cannes, Venezia e Berlino che propongono generi
diversi ma sempre di qualità, ci sono festival divisi in varie categorie di genere e sperimentali.
Tranne alcuni che hanno scelto una linea estrema, i festival hanno bisogno di film che riescano a
girare e ad avere un pubblico. Quindi per i documentari diventa davvero difficile avere una
diffusione. In più c’è una sovraproduzione di documentari e inevitabilmente molti di questi, anche
di buona qualità e di talento, rimangono nell’ombra.
Il cinema documentario va sempre più verso lo sperimentale, diventa un mezzo per interrogare la
realtà e riflettervi. Anche moltissimi filosofi si interessano alle possibilità dell’audiovisivo. Il
documentario rimane sempre lo strumento privilegiato per raccontare qualcosa da vicino con pochi
filtri (funzione sociale). Nel frattempo, si diffonde l’uso del foundfootage che può avere moltissime
ramificazioni. Principalmente il materiale viene rielaborato e piegato a nuovi significati. È il caso di
All’armi siam fascisti (1962) prende il materiale di repertorio e, manipolandolo col montaggio e il
commento fuoricampo, fa un discorso critico sul fascismo del passato e quello che tutt’oggi perdura
nella società. È un film a tesi, il commento esprime una presa di posizione forte, come accade in
Pasolini. Bill Morrison in Decasia lavora in modo completamente diverso col documentario: senza
commento con un’attenzione più metacinematografica.
Bill Nichols tenta una tassonomia del documentario, individuandone sei modalità:
1. Poetica, trova nel gusto puro delle immagini la propria essenza (Pioggia Ivens);
2. Descrittiva, propria del documentario educativo;
3. Osservativa, ma non esiste un’osservazione neutra e dunque questa modalità si unisce a
quella partecipativa;
4. Partecipativa in cui il soggetto viene coinvolto nello sviluppo e nella realizzazione del film
(Flaherty);
5. Riflessiva, ovvero tutto quanto è metacinema (foundfootage);
6. Rappresentativa, in cui si fa preponderante la presenza dell’autore (All’armi siam fascisti).
Il documentario ha sempre gli stessi pochi strumenti, tra cui l’intervista che rimane sempre una
modalità accattivante capace di attirare l’attenzione del pubblico e non viene utilizzata solo dal
documentario.
La presenza dell’autore (voce, stile, ecc), il dispositivo che veicola il modo di porsi dell’autore
rispetto al mondo e l’equilibrio tra fiction e documentario sono gli ingredienti base che fanno
funzionare un documentario.
Herzog
In Encounters at the en of the world Herzog si reca in un centro di ricerca al polo sud e intervista gli
studiosi. Herzog segue un pinguino che si allontana dalla colonia e ne fa una drammatica metafora
universale che viene accompagnata da una musica a tema. Herzog ignora le regole del cinema
descrivendo l’uomo intervistato e orienta il discorso sulla pazzia dei pinguini. Herzog voleva,
attraverso le immagini e il commento off, fare di quel pinguino una metafora. Dopo l’intervista di
una classicità spiazzante inserisce una ripresa a mano, incurante della continuità filmica, per inserire
immagini di un pinguino che non è necessariamente sempre lo stesso. Herzog fa un documentario
naturalistico, ma ne fa un discorso che riguarda anche l’uomo. Precedono delle inquadrature
“lunari” del polo sud che invece rientrano pienamente nella poetica della meraviglia herzogiana.
Sans soleil. Chris Marker è stato uno dei grandi sperimentatori del documentario, ma non solo.
Famoso è il suo commento off. In Sans soleil il commento off di donna legge le lettere di un
operatore che si rivolge ad un tu. L’operatore racconta delle sue esperienze in giro per il mondo,
mentre le immagini introducono frammenti di vita già passata. Il lavoro sul sonoro è molto diverso
da quello di Herzog: Marker gioca sullo straniamento (rumori reali ma senza un corrispettivo
diegetico).

Note: Immagini malgrado tutto di Huberman da cui esce un film monumentale sull’Olocausto
(Shoah, 1985)

Lezione 4
Intervento su Man kind man di Iacopo Patierno e La distanza del collettivo Enece
Si ha un’idea, qualcosa di affascinante che ci colpisce. Poi bisogna scrivere un soggetto e farlo
leggere. Un modo per scrivere è partire dalle immagini. Il percorso di scrittura può essere diverso e,
per quanto riguarda il documentario, il percorso di scrittura è molto vincolato al montaggio. Non è
detto che tutto vada come era previsto all’inizio. Ad es. in Man kind Man il regista aveva previsto
solo una tartaruga, non due e nemmeno doveva morire, ma la storia ha acquisito più potenza da
tutto questo. Prima di iniziare le riprese il regista ha realizzato ore e ore se di interviste non inserite
nel film e le idee nascono anche in quel momento. Le persone-personaggi vanno “addestrate” a
muoversi in un certo modo, a parlare di cose funzionali alla storia, anche perché possono accadere
imprevisti.
La distanza è stata girata da diverse troupe contemporaneamente. Per fare questo i registi si sono
imposti delle regole visive comuni e rigide: inquadrature lunghe e fisse e, dunque, l’importanza del
fuoricampo, di cui viene comunque sempre registrato l’audio. L’approccio è quello del film
etnografico puro. Se l’inquadratura è immobile e molto lunga si può tagliare e montare con processi
di dissolvenza per contrarre il tempo.
Non è una fiction quindi gli eventi non si possono ripetere; quindi, talvolta bisogna mantenere la
calma e saper cogliere quanto offerto dal caso.
L’obiettivo è la storia: che cosa si vuole raccontare, qual è l’obiettivo. La tecnica è al servizio della
storia, non la predomina. Più importante che seguire la tecnica è fare un lavoro di scelte personali su
quale è la visione del mondo attraverso le ottiche e le scelte di inquadratura.
Un documentario deve intrattenere?? Ci sono pubblici diversi e visioni diverse. Bisogna tenere
conto anche della storia e delle potenzialità del film. Quale stile lo valorizza maggiormente. In La
distanza il film è maggiormente valorizzato da inquadrature lunghe che fanno del film
un’esperienza anarrativa.

Lezione 5
La scrittura filmica si può fare con le tecnologie leggere, da usare come una penna (camera-stylo).
Quella del documentario è una scrittura più che altro visiva, ma occorre sempre scrivere:
 Il film è complesso e bisogna che sia chiaro lo sviluppo
 Il film va esposto a finanziatori e presentato ai collaboratori
 Bisogna quantificare il tempo e i mezzi necessari a realizzare il film
Le fasi della scrittura:
1. Idea
2. Soggetto sia nella fiction che nel documentario. Nel documentario si è più liberi
3. Scaletta della fiction, ovvero lo sviluppo del soggetto per scene fondamentali messe
nell’ordine. Strutturazione narrativa per scene (uso delle ellissi). Può essere utile anche nel
documentario per ordinare le scene e le interviste.
4. Trattamento è la messa in romanzo della scaletta. Si mette tutto quello che si pensa debba
essere nel film, cioè quello che si vede e si sente, ma anche quello che non compare nel film,
come le biografie dei personaggi e le motivazioni delle azioni. Questo permette di
raccontare i personaggi in modo più ambiguo e credibile. Nel documentario il trattamento
corrisponde pressocché alla fine della fase di preproduzione.
Le note di fattibilità servono a rendersi conto dei problemi circa i permessi.
Le note di regia contengono le motivazioni del racconto e come verrà raccontato formalmente e
perché. Lo stile delle inquadrature emerge dal racconto, è il film che parla.
5. Sceneggiatura della fiction, ovvero il racconto per immagini filmiche (luogo,
interno/esterno, giorno/notte/alba/tramonto). Si succedono descrizioni visive e dialoghi.
Anche un documentario può essere in parte sceneggiato.
Le sceneggiature possono distinguersi in:
 Sceneggiatura programma, la struttura audiovisiva va dietro al racconto
 Sceneggiatura dispositivo (es. autori della Nouvelle Vague, Rossellini, New American
Cinema)
Una delle maggiori preoccupazioni del documentarista è tenere insieme la troupe e soprattutto gli
“attori”.

Lezione 6

Il punto di vista
L’inizio di “Ritorno al futuro” è ben orchestrato in un piano sequenza, studiato per fornire
informazioni: il tempo è il tema del film, c’è uno scienziato, è successo qualcosa che si capirà in
seguito (prolessi), dettagli strampalati che definiscono meglio il personaggio. Anche quando arriva
il protagonista non stacca: ha un rapporto di confidenza con il padrone di casa, ama lo skateboard
(prolessi), svelamento del furto di plutonio. Nel cinema in narratore è sempre ambiguo. La presenza
del narratore in letteratura inevitabilmente media, mentre nel cinema c’è sempre un triangolo tra
attore, narratore e camera. Il punto di vista viene guidato dall’intreccio (esempio suspense di
Hitchcock), cioè dalle esigenze della narrazione. Quando il cinema si allontana dalla letteratura e va
verso la sua purezza viene meno questa triangolazione. Ad esempio, nella scena dell’incendio di Lo
specchio di Tarkovskij la macchina di svincola dal reale e sembra suggerire elementi surreali e
labirintici della realtà e questo è qualcosa che può solo il cinema. Il cinema tende all’analogia, cioè
attraverso i segni del mondo vuole suggerire qualcos’altro. È il caso della brocca che cade, del
bambino che esce dal corridoio vicino allo specchio. Le scelte filmiche del regista sono molto
autoriali. L’ambiguità del cinema può essere sfruttata ed essere la forza stessa del film.
Il cinema permette di sintetizzare con i propri mezzi le informazioni, ma al tempo stesso permette
moltissime dilatazioni del senso.
Nel documentario Oceans la macchina adotta il decoupage classico (montaggio alternato) per
costruire un racconto, quello della lotta tra due gruppi di granchi. E questo montaggio permette
anche le microellissi. Costruire un racconto in riprese.
Africa addio di Iacopetti racconta il colonialismo europeo, immaginando cosa farebbero gli africani
se gli inglesi abbandonassero le colonie. Gli africani non sono collocati in un luogo definito e
riconoscibile, ciò che li accomuna è la voglia di ribellione e la confusione dei festeggiamenti
(montaggio veloce, inquadrature sghembe, dettagli deformanti e squallidi ripresi col grandangolo,
riprese a mano). Al contrario le riprese degli inglesi sono ambientate in una chiesa, sono ordinate e
con una colorazione neutra, uso del teleobiettivo. La grammatica filmica è funzionale a veicolare
l’idea del regista. Il punto di vista nelle riprese africane è volutamente ambiguo.
Note: Scolpire il tempo
Ogni inquadratura vive in relazione a quella che viene prima e quella che viene dopo e così nasce il
montaggio. Ogni stacco presuppone una ellissi o comunque una microellissi.
Il rapporto tra campo e fuori campo è narrativo, prima di tutto, nel senso che ogni inquadratura
chiama un cambio di ripresa (ad esempio in Predator gli spari dei personaggi necessitano di far
vedere il controcampo, cioè a che cosa i personaggi stanno sparando). Ma nel film di Tarkovskij
invece il cambio di inquadratura non ha sempre una motivazione diegetica e questo aumenta il
senso di mistero, permette al film di cogliere l’ineffabile (la donna del controcampo che piange per
una motivazione che non conosciamo presuppone un’ellissi nel montaggio).
Non serve raccontare tutto, alcune cose si possono semplicemente intuire attraverso l’ellissi (il
bambino di Brightburne, 2001 Odissea nello spazio, gli omicidi di L’argent di Robert Bresson
risultano molto più potenti perché si vedono una volta già avvenuti o in fuoricampo, così anche il
corpo dell’assassino viene smembrato dalle inquadrature).

Lezione 7
Programma DaVinci, Première, Avid, FinalCut.
In DaVinci c’è una cartella d’importazione con le riprese. I video non devono essere copiati nel
software e non devono quindi essere riconvertiti. Ci sono varie sezioni: per gli effetti “speciali”
sulle immagini, la color correction e color grading (dare continuità in temperatura e colori e dare
una certa atmosfera al girato), il montaggio visivo e il montaggio audio.
I file Ro e Log permettono di intervenire come se fossimo in fase di produzione, senza perdere la
qualità delle immagini. Le immagini in questo formato vengono “appiattite” così da raccogliere più
informazioni possibili durante le riprese e rendere possibile poi le modifiche col programma.
Si sceglie una ripresa e su di essa un punto di inizio e fine che viene trasferito sulla timeline.
L’audio ha di solito 7/8 tracce (parlato, ambiente, effetti, ecc.). Overwrite e Insert. Treem serve a
trovare il punto di giunzione tra due in quadrature, allungando la prima e accorciando la seconda o
viceversa. Lo stesso si può fare con l’audio.

Lezione 8
Teoria del montaggio
Note: Il manuale del montaggio di Cassani
In Il conte (1916) Chaplin si finge un conte per sedurre una donna, suscitando l’ira degli altri
uomini. Tutte le inquadrature hanno un’impostazione teatrale (bidimensionalità, frontalità), ma
nascono i primi esperimenti sui raccordi. In questo caso il raccordo è raffinato perché si basa sullo
sguardo dei personaggi e sul movimento (della torta e dei personaggi che escono da un’inquadratura
per entrare nell’altra). Il montaggio garantisce la continuità tra i luoghi, dove i personaggi tornano
più volte.
Il cameraman di Buster Keaton dichiara un passo avanti nel montaggio: il montaggio non serve solo
a vedere meglio ma ha già un linguaggio. Durante il dialogo tra la ragazza e il cameraman la camera
alterna i volti dei due personaggi per seguire l’andamento del dialogo e la loro emotività. Il
montaggio inoltre crea lo spazio, nel senso che la camera si muove e alterna i piani per dichiarare la
spazialità della scena, superando la bidimensionalità di Chaplin. Già alcuni tagli di montaggio
mostrano microellissi (es. quando il cameraman si siede e si muove) e si fondono con raccordi
raffinatissimi sullo sguardo.
Regola del 30%: “Lo spettatore si aspetta che il taglio di montaggio lo porti ad un punto di vista
significativamente differente”, ovvero tra un’inquadratura e l’altra ci deve essere una differenza
almeno del 30%.
L’inizio di Sentieri selvaggi. La donna esce di casa e guarda la Red Valley, stacco sul primo piano di
lui che guarda, stacco su Ethan che arriva da distante (microellissi). Il tempo viene dilatato per
presentare i personaggi: il marito e i figli sul portico. Il cane che abbaia giustifica la focalizzazione
della protagonista in maniera prolettica. Ethan arriva con un’altra ellissi. Il controcampo sulla casa
c’è solo quando i personaggi entrano in casa. Con una dissolvenza si passa all’interno. Piccolo
piano sequenza. Piano americano dal basso che pone sulla testa di Ethan delle travi a forma di
croce. Il decoupage è classico ma con accortezze particolari. Ford insiste sulla teatralità delle scene
invece che andare sui primi piani.
A White Shade of Pale di Scorsese usa tutto per veicolare la complessità rabbiosa della creazione
artistica del protagonista.
Economie du couple piega l’uso dello spazio alla storia a significare la distanza tra i due genitori: i
figli sono pressocché inesisti e l’ultimo litigio della coppia viene relegato al fuoricampo. Dopo il
viaggio in macchina c’è un’inquadratura non contestualizzata nel tempo che scruta un gesto
d’affetto (la stretta di mano) perdurante nel tempo che illude di una riconciliazione tra i due, come
la scena al bar, ma la voce fuori campo del giudice legge le condizioni del divorzio.
Il montaggio nel documentario
In Lu tempu di li pisci spada Vittorio De Seta racconta la pesca del pesce spada e dichiara una
ricostruzione (primi piani) alternata a immagini reali. Oppure De Seta potrebbe aver preso le
immagini seguendo più di una caccia al pesce spada. Il montaggio frenetico alterna primi piani,
dettagli, inquadrature della barca da diverse angolazioni e dà dinamismo alla caccia. Tutto è molto
costruito in modo un po’ romanzesco ma avvincente.
Levihatan (2012) è un documentario sulla pesca d’altura girato con gopro e adottando un punto di
vista che rompa l’antropocentrismo. I registi insistono su inquadrature lunghe e sporche con un
punto di vista inedito, senza l’uomo, e questo è totalmente sperimentale.
James Benning lavora in maniera strutturalista (inquadrature fisse di una durata fissa) con le
immagini, riprendendo la realtà in maniera puramente audio-visiva. Il documentario è quanto del
cinema più si avvicina allo sperimentalismo.
L’intervista
Prima di tutto si decidono le domande che devono essere aperte per asciare spazio al soggetto di
parlare, ricordando di ripetere la domanda nella risposta così da tagliare la voce dell’intervistatore.
Bisogna scegliere il luogo, disporre le luci di supporto. Alternare i piani. I microfonini isolano la
voce. Le interviste poi si montano per creare una narrazione attraverso le loro parole.
Un’altra soluzione è lasciare libero spazio al racconto dei testimoni, senza alcun tipo di intervento.
La scelta dei piani, del suono e delle domande/racconto fanno lo stile di un’intervista, rendendolo
un mezzo assolutamente degno del documentario.
L’intervista da reportage invece ferma una persona “a caso” per farle un’unica domanda. In realtà è
una piccola messa in scena.

Lezione 9
Il documentario è un ambito vastissimo e sfaccettato. Ad es. Anna Franceschini ha preso il modus
operandi del documentario e lo ha portato nella videoarte. E così anche Sergej Lonisza. Ci sono poi
la docufiction, il foundfootage e mille altre declinazioni.
Fasi realizzazione di un documentario:
1. Trovare una produzione
2. Scrittura
3. Trovare fondi
Parlando di dossiers di presentazione, bisogna essere accattivanti, bisogna piacere. Foto e
trailer per dimostrare l’esistenza del progetto. Logline, sinossi, trattamento (racconto per
immagini di quanto accade nel film), note di regia, biofilmografia dell’autore. È necessario
sia che si tratti di un documentario narrativo, sia di un’esperienza percettivo-audiovisiva.
Almeno in questa fase bisogna essere accattivanti, soprattutto se si tratta di un prodotto per
la tv
4. Fase di ricerca e di studio, anche attraverso i socialnetwork, sopralluoghi
Dall’ideazione a questa fase sono necessari da 1 a 6 anni
5. Le riprese durano poco tempo 15/20 giorni, un mese. Come porsi nei confronti del soggetto
è importantissimo e va stabilito a priori.
6. Il montaggio è la fase più complessa e fondamentale perché il montatore deve sviluppare
l’idea attraverso le immagini. Il grande lavoro, nel documentario, è del montatore.
7. La produzione si occupa di distribuire il film. Senza avere una produzione bisogna spedirlo
e dare risonanza al film perché altrimenti non lo guarderà nessuno, perché non c’è mercato
per il documentario sperimentale e c’è un’overproduzione di qualità eccezionale.

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