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MICHAEL CIMINO, l'incompreso

"Lui non dorme mai. È una personalità ossessiva. È il più faraonico dei registi con i
quali ho mai lavorato. (...) Il suo sguardo è fisso sul futuro, sulla storia. Non dà
importanza alle sottigliezze". Sono le parole di Oliver Stone su Michael Cimino (USA,
1943), un cineasta scomodo come pochi, e da troppi incompreso.
Una laurea a Yale e sette film in vent'anni di carriera sono il suo biglietto da visita. Le
sue opere, per qualcuno "fastidiose", mai idolatrate, quasi sempre stroncate,
paradossalmente, non sono mai passate nell'indifferenza. Dopo alcuni lavori ad
Hollywood come sceneggiatore, negli anni settanta esordisce alla regia con un suo
soggetto "Una calibro 20 per lo specialista", film commissionatogli da Clint Eastwood
che vi ha recitato in coppia con Jeff Bridges. Il film è la storia di un ladro e un
vagabondo. Trama ben articolata con la particolarità di essere stata girata quasi tutta
all'aperto. Già in questa pellicola Cimino evidenzia alcune caratteristiche del suo
linguaggio cinematografico come la ricerca esasperata del luogo più idoneo per le sue
messe in scena: durante le riprese gira l'America con la troupe in lungo e in largo alla
ricerca di posti naturali "magici" e per alcuni aspetti ricorda il cinema di Terrence
Malick; i paesaggi filmati sono così affascinanti da evocare un surrealismo
onirico."Quando si ama un luogo, si vede dalle immagini che si danno di esso".
Con gli otto milioni di dollari incassati per questa pellicola, Cimino, avuta carta bianca
dalle majors, realizza "Il cacciatore", capolavoro planetario unico e indiscusso. Cinque
premi Oscar, miglior film, migliore regia, migliore attore non protagonista a Christopher
Walken, miglior sonoro e montaggio. Sei versioni diverse della sceneggiatura, otto mesi
per il montaggio, una fotografia pregevole e lunghe scene filmate con l'audio in presa
diretta, che hanno richiesto ai tecnici un impegno considerevole. Nella storia l'orrore della
guerra è espresso in maniera sconvolgente, soprattutto dalla memorabile sequenza della
«roulette russa». Un film strutturato in tre parti di circa un'ora ciascuna, nelle quali
Cimino ci conduce per mano in un percorso tra pace e guerra impressionante: il dualismo
violenza e suspance è straziante. Grande successo di pubblico ma insistenti (anche fuori
luogo) contestazioni da parte della critica per alcune scene definite esageratamente
violente.
Nel 1981, l'attesissimo "I cancelli del cielo", (per qualcuno il più grande film della storia
del cinema), una mega produzione che ha fatto fallire la United Artists a causa dei
quarantaquattro milioni di dollari spesi contro il milione e mezzo incassato. Produzione
faraonica con quattrocento tecnici che hanno lavorato su quattro set diversi sparsi per gli
Stati Uniti. Un sonoro a tratti difficilmente comprensibile, e il tentativo del regista di
ricreare un suono "vivo", con dialoghi continuamente immersi nel rumore di fondo
peraltro sempre assordante. Ritirato dopo la stroncatura totale da parte della critica, più
per essere il film dopo "Il cacciatore", che per colpe proprie, Cimino è stato costretto a
rimontare completamente la pellicola, portandola dai 245 minuti della versione originale
a i 149 minuti per quella distribuita nelle sale. Immigrazione e colonizzazione
dell'America sono i temi scomodi di questa, nel bene e nel male, fondamentale opera
cinematografica. Cinque anni dopo, con "L'anno del dragone", da una sceneggiatura
dello stesso Cimino e di Oliver Stone, è di nuovo contestazione, questa volta da parte
della comunità cinese che lo ha accusato di razzismo. Girato tutto a Chinatown, il regista
ha avuto non pochi problemi nel tentare di conoscere a fondo la comunità cinese sempre
molto schiva.
Nel 1987 "Il siciliano", la storia del bandito Giuliano da un romanzo di Mario Puzo, con
il magnetico Christopher Lambert nel ruolo del protagonista. A Cimino interessa più il
mito del bandito che non la storia e in molte sequenze ha sconfinato in situazioni del tutto
inventate; la rinuncia alla biografia del bandito e alcune scelte tecniche provocatorie ne
hanno fatto, come i lavori precedenti secondo la critica, un totale disastro. Come sempre
la produzione ha avuto la mano pesante e ha preteso il taglio di circa trenta minuti dalla
versione voluta dal regista. Il successivo "Ore disperate", è una co-produzione tra Dino
De Laurentiis e lo stesso cineasta che si è riservato il controllo finale del film. In questa
opera più che mai il cinema di Michael Cimino respira delle sue montagne. Girato nel
Parco Nazionale dello Utah, si presenta come un poliziesco ma mano a mano si perde tra
paesaggi mozzafiato degni del vecchio West di John Ford.
Dopo altri cinque anni realizza "Verso il sole", che nonostante gli applausi a scena
aperta avuti al Festival di Cannes, è stato, come sempre, snobbato negli Stati Uniti forse a
causa di un ridicolo se non inesistente lancio pubblicitario seguito da una misera
distribuzione in piccole sale. Per la prima volta il regista è riuscito a lavorare in tempi
brevi e con investimenti limitati (solo cinque milioni di dollari); la sceneggiatura scritta
da lui è stata firmata però da Charles Leavitt a causa di problemi con il sindacato scrittori
(Cimino non è iscritto come sceneggiatore). Il regista completamente assorto dal
progetto, ha girato su di una montagna alta quattromila metri e l'attore Jon Seda in un
primo momento si è rifiutato di salirci. Quattro elicotteri sono stati impiegati per portare
su e giù la troupe dal campo base. Tutto il film si evolve lentamente partendo dalla
metropoli claustrofobica e violenta fino ad arrivare al favoloso paesaggio delle montagne
selvagge. I due protagonisti, che si odiano profondamente nella prima parte (in città
quindi), vivendo situazioni sempre più "cattive", alla vista di paesaggi affascinanti pieni
di laghi e montagne fantastiche arriveranno a volersi bene, rapiti dalla purezza indicibile
del luogo.

Filmografia:

"Una calibro 20 per lo specialista", 1974;


"Il cacciatore", 1978;
"I cancelli del cielo", 1981;
"L'anno del dragone", 1985;
"Il siciliano", 1987;
"Ore disperate", 1990;
"Verso il sole", 1996.

FRANCIS FORD COPPOLA, la scommessa

Tutta la carriera cinematografica di Francis Ford Coppola (USA, 1939) è stata una
scommessa contro tutto e tutti. Con il padre Carmine, musicista in tutti i suoi film, la
figlia Sofia, sceneggiatrice ed attrice e il figlio Roman, aiuto regista, ha creato uno staff
che con l'ausilio di due case di produzione (l'American Zoetrope e la Directors Company)
di sua proprietà, pretendeva di sbarazzarsi delle grandi majors di Hollywood. Ma così
non è stato ed il progetto è naufragato più volte nei debiti. Tutto ciò comunque lo ha
messo in condizione di lavorare all'eccesso, sia produttivo che artistico.
Il risultato ad oggi è di due Palme d'Oro a Cannes e di una decina di Oscar, senza parlare
del controllo che esercita personalmente, per quanto riguarda la produzione, su cineasti
come George Lucas, Akira Kurosawa, William Friedkin e Wim Wenders, che riescono a
realizzare le loro opere grazie a lui. Insomma un genio! Snobbato dalla critica perché nel
bisogno di finanziare autonomamente i suoi progetti non ha mai disdegnato le pellicole
da
botteghino, anzi, le ha sapientemente inframezzate alle grandi opere col fine di risollevare
le sue sempre tragiche finanze. Nella sua carriera registica ci sono lavori fondamentali
per la storia di tutta la cinematografia come: "Il Padrino", entrato di forza nella
memoria collettiva. Della saga completa, in tutto tre film, si è detto e ridetto senza
focalizzare mai che negli ultimi due il regista si è discostato dal classico genere sul
banditismo americano, affrontando delle tematiche per lui più interessanti e originali.
Laureato in drammaturgia, inizia la carriera alla corte di Roger Corman il re del bmovie,
che lo seguirà nei primi lavori. Il primissimo film "Questa notte di sicuro", è un erotico,
seguito a ruota da "Terrore alla tredicesima ora", horror a basso costo ma dall'alta
qualità in perfetto stile Corman. È poi la volta della riuscita commedia: "Buttati
Bernardo". A termine del primo periodo, quello dell'apprendistato e della ricerca della
notorietà, realizza il quarto film, un musical poco riuscito: "Sulle ali dell'arcobaleno". Il
successivo "Non torno a casa stasera", è la svolta che segna il taglio definitivo con le
majors. È finalmente un film d'autore, personale e libero, una storia altamente tragica e
struggente attraverso l'America degli anni sessanta. Nel 1972, "Il Padrino", premio Oscar
come miglior film, migliore sceneggiatura non originale e migliore attore protagonista a
Marlon Brando. Tratto da un romanzo, tra i maggiori best-seller di tutti i tempi, di Mario
Puzo, "Il Padrino" è una pellicola stupenda, epica, grandiosa e romantica; il film ha
incassato allora duecento milioni di dollari e ha spedito Francis Ford Coppola nell'olimpo
dei migliori cineasti mondiali. Caso pressoché unico nel mondo della celluloide la
pellicola seguente, "La Conversazione", non solo conferma il genio di Coppola, ma lo
rivela compiutamente; premiata con la Palma d'Oro al Festival di Cannes, quasi a
completare un inizio carriera (!) già glorificata dai precedenti Oscar per "Il Padrino", "La
Conversazione" è un film stupendo con un irrefrenabile Gene Hackman.
È del 1974 "Il Padrino Parte II", ben sei premi Oscar: miglior film, miglior regia,
migliore attore non protagonista a Robert De Niro, migliore sceneggiatura non originale,
migliore scenografia, migliore colonna sonora; considerato il capolavoro indiscusso di
Coppola, è uno dei primi sequel ad aver avuto più successo, sia di critica, che di pubblico
del capitolo originale, nonostante questo sia considerato una pietra miliare della
cinematografia. Sono questi gli anni del migliore Francis Ford Coppola che passa da un
capolavoro all'altro in maniera del tutto disarmante. "Apocalypse Now", è brillante e
stravagante; eccesso cinematografico in tutto, anche nell'attore protagonista Marlon
Brando; premiato contemporaneamente a Cannes con la Palma d'Oro ed a Hollywood con
due Oscar: migliore fotografia a Vittorio Storaro e migliore suono. In questa opera
l'autore italoamericano non ha girato un film sulla guerra del Vietnam, ma sul Vietnam
stesso. Tre anni di riprese in cui ha costretto tutto il cast a girovagare nella giungla
vietnamita tra alluvioni, malattie e fughe di attori come si vedono "solo nei film". Il
trasporto dei mezzi e degli elicotteri sul set è stata una vera e propria avventura e lo
stesso Coppola ha commissionato alla moglie Eleanor un documentario dell'avvenimento
(il film), che è uscito (incredibile!) dopo tredici anni nelle sale cinematografiche con il
titolo "Viaggio all'inferno". Con questo ha voluto dimostrare che la finzione
cinematografica, in alcuni casi, non è altro che la realtà.
Nel 1980, "Un sogno lungo un giorno" è un fiasco commerciale colossale più per essere
arrivato dopo quattro film "troppo importanti" che per demerito proprio e nonostante le
due Nominations ad Hollywood ha fatto quasi fallire Coppola; il film è una commedia
musicale girata a Las Vegas, dalle incredibili scenografie fatte ricostruire interamente in
studio. Per "I Ragazzi della 56ma Strada" del 1983, Coppola lancia un gruppo di baby
attori (C. Thomas Howell, Matt Dillon, Ralph Macchio, Patrick Swayze, Rob Lowe,
Diane Lane, Tom Cruise e il meno giovane Tom Waits), che grazie a lui ma soprattutto
ad una stupefacente fotografia, poi sono diventati interpreti apprezzati. Dello stesso anno
è il più affascinante "Rusty il Selvaggio", un bel film d'autore, un capolavoro poco
compreso, girato interamente in un efficace bianco e nero.
Nonostante la perdita dei favori della critica, "Cotton Club" dell'84 è un bellissimo
lavoro sul grande ed unico Jazz, quello americano di colore. Un Coppola decisamente in
tono minore è per "Peggy Sue si è sposata" a cui seguiranno due grandi ed originali
pellicole: "Giardini di Pietra", piccolo e struggente capolavoro, realizzato dal cineasta
con pochissimi mezzi, e "Tucker, un uomo e il suo sogno", un bel film commerciale
carico delle solite immagini straordinarie (fotografia di Vittorio Storaro).
Nel 1990 chiude la saga della famiglia Corleone con "Il Padrino Parte III", sei
Nomination ad Hollywood ma nessun Oscar. Successo commerciale stupefacente è un
film perfetto che, per la critica, ha il torto di aver risolto tutti i problemi economici di
Coppola. "Dracula di Bram Stoker", il centossessantunesimo film dedicato ai vampiri;
è forse il più bel film mai realizzato su Dracula, premiato purtroppo solo con due Oscar
tecnici (costumi e trucco); affascinante e tecnologico, è un tributo a Coppola cineasta, a
tutto il cinema e ai film horror. Da ricordare il prologo ed il finale girati con eccezionale
virtuosismo. "Jack", è una delicata storia di emozioni realizzata con poco, come solo un
grande cineasta può permettersi. Per ultimo "L'uomo della pioggia" tratto da un
romanzo di John Grisham, un pregevole lavoro con Matt Damon e Danny DeVito.

Filmografia:

"Questa notte di sicuro", 1962;


"Terrore alla tredicesima ora", 1963;
"Buttati Bernardo", 1967;
"Sulle ali dell'arcobaleno", 1968;
"Non torno a casa stasera", 1969;
"Il Padrino", 1972;
"La Conversazione", 1974;
"Il Padrino II", 1974;
"Apocalypse Now", 1979;
"Un sogno lungo un giorno", 1987;
"I Ragazzi della 56ma Strada", 1982;
"Rusty il Selvaggio", 1982;
"Cotton Club", 1983;
"Peggy Sue si è sposata", 1986;
"Giardini di Pietra", 1987;
"New York Stories - Una città, tre grandi storie", regia dell'episodio "La vita senza Zoe",
1988;
"Tucker, un uomo e il suo sogno", 1989;
"Il Padrino Parte III", 1990;
"Dracula di Bram Stoker", 1992;
"Jack", 1996;
"L'uomo della pioggia - The Rainmaker", 1996.

BRIAN DE PALMA, l'artigiano delle immagini


"Mi piace soprattutto prendere il pubblico alla sprovvista"

Pur ispirandosi spudoratamente al mago del brivido Alfred Hitchcock, Brian De Palma
(USA, 1940) si è ormai inserito prepotentemente nella cinematografia contemporanea
costruendosi sapientemente quello stile "alla De Palma" che lo scosta anni luce da quello
che fu il suo ispiratore prediletto.
Nella già interminabile filmografia ha affrontato in maniera sapiente diverse tematiche
dirigendo, manco a dirlo, i migliori attori che Hollywood ha espresso. Interessatosi
giovanissimo al teatro e al cinema, ha rinunciato alla carriera di fisico (ha vinto un
premio in cibernetica). Il suo primo lungometraggio "Oggi sposi", è un bizzarro film in
bianco e nero pieno di sperimentazioni tecniche. Dopo aver lavorato come
documentarista il secondo lavoro, "Delitto à la Mod", è il suo primo thriller di stampo
hitchocchiano.
Si rivela però al mondo della celluloide con il terzo lavoro: "Ciao America!", Orso
d'Argento al festival di Berlino, per: "L'allegro anticonformismo e per l'inappuntabile
lavoro di gruppo dei suoi attori e del suo regista". Per il successivo "Dioniso nel '69",
De Palma utilizza e perfeziona come nessun cineasta fino ad allora, la tecnica dello "split-
screen" (una sorta di montaggio contemporaneo di due scene nella stessa inquadratura, in
pratica lo schermo diviso in due finestre con l'azione descritta contemporaneamente da
angolazioni diverse). Dopo "Hi, Mom!" (seguito ideale di "Ciao America!") anch'esso
del '69, è la volta di "Impara a conoscere il tuo coniglio", una commedia sul sistema
cinematografico, dove compare Orson Welles come attore, pellicola putroppo travagliata
da enormi problemi di produzione.
Dunque, Alfred Hitchcock è stato il suo primo grande amore e per "Le due sorelle" e
"Complesso di colpa", De Palma ha girato ben confezionate imitazioni, lasciando
intendere comunque una classe, che è prepotentemente emersa con "Il fantasma del
palcoscenico", Gran Premio al Festival di Avoriaz nel 1975; una pellicola altamente
sofisticata, un rock-horror vero cult-movie nel suo genere, unico, in quanto non esisteva
precedentemente niente di simile. Con questa opera termina la cosiddetta ispirazione
Hitchcocchiana, sostituita da una originale, sofisticata e personale cinematografia, "alla
De Palma" appunto, ad identificazione di uno stile unico, tutto dedito alla suspance, con
una tecnica filmica stupefacente.
Primo grande successo, "Il fantasma del palcoscenico" si caratterizza inoltre per l'uso
dell'obiettivo come parte integrante della narrazione, una disarmante fotografia sempre
perfetta e una abilità tecnica dimostrata dietro la macchina da presa, per una regia
visionaria e stravolgente da infiniti punti di vista. Da questo momento in poi il pubblico si
è abituato a prestazioni viscerali e generose. "Carrie lo sguardo di Satana", da un
romanzo di Stephen King, è primo successo al botteghino, ma film mai privo di
originalità; una storia horror con finale da brivido. Il successivo "Fury" è una bibbia di
perizie tecniche per una storia ricca di emozioni, in definitiva la summa di tutto il lavoro
già svolto; per una scena chiave ha usato dieci telecamere diverse con trucchi sempre più
sofisticati. Segue "Home movies-vizietti famigliari", una commedia indipendente che
De Palma ha girato con la collaborazione registica e produttiva di una quindicina di suoi
allievi, un episodio secondario nella carriera.
Il successivo "Vestito per uccidere", è pieno di sequenze da antologia, il maggior
successo fino ad allora, grazie soprattutto alla continua crescita artistica a cui il cineasta
ci ha abituato, film dopo film. Ancora un giallo di pregevole fattura è il seguente "Blow
out", realizzato tutto nel mondo del cinema e più precisamente nel settore del montaggio
audio. Nel 1983, con "Scarface", cambia genere passando dal thriller al gangster-movie;
una grande produzione su di una sceneggiatura di Oliver Stone, fotografia di John A.
Alonzo, musica di Giorgio Moroder e un cast impegnativo pieno di star. Con questa
opera De Palma si dimostra regista poliedrico e universale in grado di affrontare qualsiasi
tematica. Di nuovo la riconferma quale cineasta di culto è "Omicidio a luci rosse"
ancora un thriller quasi per rafforzare e ricordare la sua origine. "Cadaveri & compari",
del 1986, è una commedia tendente al grottesco con al solito tantissime stravaganze
tecniche.
Nel 1987 arriva "The Untouchables-Gli Intoccabili", un capolavoro, un'opera sul
banditismo, talmente affascinante da sembrare un western; costumi di Giorgio Armani,
musiche di Ennio Morricone, cast da fantascienza: Sean Connery (premio Oscar per la
parte), Kevin Kostner, Robert De Niro e Andy Garcia. Grazie al questo successo
interplanetario, Il regista si dedica ad un progetto delicato ed originale sulla guerra del
Vietnam: "Vittime di guerra", storia impostata tutta su termini morali, tanto che il
cineasta ha limitato al minimo gli interventi tecnico-virtuosi, pur lasciandoci però alcune
sequenze da cineteca (come quella in cui Michael J. Fox cade solo con le gambe in un
cunicolo sotterraneo nemico). Nel 1990 "Il falò delle vanità", quarantacinque milioni di
dollari di produzione, un cast di pregio per un interessante ed originale commedia ma
dall'enorme insuccesso che riporterà De Palma al thriller di: "Doppia personalità", in
cui un incredibile John Lithgow interpreta più parti con maestria stupefacente. Per
"Carlito's Way", del '93, Il regista realizza un'antologia di "sue" situazioni, summa di
tutta la sua opera cinematografia. In esso vi ritroviamo tutti gli elementi che, anche se già
visti, sono perfezionati fino all'inverosimile. Le scene di azione sono preparate e filmate
con una cultura tecnica e coinvolgitiva così perfezionata che, successivamente, l'attore
nonché produttore Tom Cruise lo ha voluto alla regia di "Mission: Impossible-Missione
impossibile"; ispirato alla serie tv è un action-movie al cardiopalma non progettato da
De Palma, ma altamente personalizzato e caratterizzato dallo stesso, da sembrare un
opera totalmente personale come invece non è.
"Omicidio in diretta" è un vero e proprio esercizio di stile! I primi straordinari venti
minuti sono stati filmati con un unico piano sequenza girato con la Steadicam che segue i
movimenti di Rick Santoro alias Nicolas Cage, in un palasport gremito di spettatori
durante un incontro di boxe. Qui succede di tutto! Il film è un enciclopedia del cinema e
De Palma nonostante la complessità della messa in scena ha terminato le riprese
addirittura due settimane prima del previsto!
La maniacalità e il narcisismo tecnico a cui ci ha abituato nei suoi lavori, gli hanno
conferito quindi una originale personalità stilistica. Secondo la rivista "Variety" nessuno
meglio di Brian De Palma è attualmente capace di ottenere il massimo della tensione e
della suspance. L'enorme talento di artigiano delle immagini, l'uso disinvolto dello "split-
movie", la capacità disarmante nell'uso del "rallenti" senza annoiare, anzi col fine di
aumentare il coinvolgimento, fa di De Palma uno dei registi più originali ma soprattutto
più emozionanti degli ultimi vent'anni.

Filmografia:

"Oggi sposi", 1963-66;


"Delitto à la Mod", 1967;
"Ciao America!", 1968;
"Dioniso nel '69", 1969;
"Hi, Mom!", 1969;
"Impara a conoscere il tuo coniglio", 1970;
"Le due sorelle", 1972;
"Il fantasma del palcoscenico", 1974;
"Complesso di colpa", 1976;
"Carrie lo sguardo di Satana", 1976;
"Fury", 1978;
"Home movies-vizietti famigliari", 1978-79;
"Vestito per uccidere", 1980;
"Blow out", 1981;
"Scarface", 1983;
"Omicidio a luci rosse", 1984;
"Cadaveri & compari", 1986;
"The Untouchables-Gli Intoccabili", 1987;
"Vittime di guerra", 1989;
"Il falò delle vanità", 1990;
"Doppia personalità", 1992;
"Carlito's Way", 1993;
"Mission: Impossible-Missione impossibile", 1996;
"Omicidio in diretta", 1998;
"Mission to Mars", 2000.

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