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Massimo Puliani
Eroi e Bastardi
senza Gloria
La visione della guerra al Nazi-Fascismo nel cinema e nel
documentario (da Rossellini a Tarantino da Spielberg a Lanzmann)
Introduzione
5
Morando Morandini, op.cit.
6
Il Messaggero, 24 febbraio 1988.
16
luce bianca (è l’atomica su Nagasaki), poi perde un coetaneo
con cui ha fraternizzato, ed esulta per l’arrivo dei parà
americani. Fuori di senno per quanto ha visto e patito, il ragazzo
finisce col ritrovare i genitori, ma il suo abbraccio alla mamma
è senza sorrisi benché la città sia in festa per la liberazione.
Chissà da quante cicatrici è rimasto segnato […]
Il largo consenso ottenuto dall’Impero del Sole negli Stati Uniti
è comprensibile, data la prestanza spettacolare del film e la
soddisfazione di un certo pubblico nel vedere che Spielberg,
raggiunti i quarant’anni, vuole consolidare la propria immagine
di autore impegnato in temi severi: nel caso quella che chiama
la morte dell’innocenza, colta nel traumatico passaggio di Jim
all’età adulta. Meno giustificato ci sembra il cadere in estasi per
le qualità drammaturgiche del film. Il quale è per tanti versi
partecipe del genere “avventura”, zeppo di peripezie, ma spesso
noiosetto nonostante l’eccezionalità degli eventi,
paradossalmente convenzionale in vari luoghi, più lento e lungo
del giusto (oltre due ore e mezzo). Le grandi masse a cui fa
ricorso, la musica di John Williams, l’encomiabile sforzo
produttivo compiuto per ricostruire la vecchia Shanghai o i
superbombardieri d’epoca sono insomma ancora una volta le
funi portanti d’un cinema di largo consumo il quale inventa
ormai poco o niente, nonostante che la sceneggiatura di Tom
Stoppard conferisca al personaggio di Jim e a quelli di Basie e
Frank (i due americani) buon numero di sfaccettature, e
certamente non manchino le conferme della bravura tecnica con
cui Spielberg rappresenta momenti epici di suggestiva
visionarietà e affolla di colori il suo colosso.
Per la parte di Jim il regista (anche coproduttore) ha avuta la
mano felice rivolgendosi al ragazzo Christian Bale, proveniente
dalla Tv inglese, né Spielberg ha compiuto errori nell’affidare a
John Malkovich e Joe Pantoliano i ruoli di Basie e Frank, e a
Miranda Richardson quello della signora Victor, l’amica di
famiglia che protegge e turba il nostro piccolo eroe. Cos’è
allora che, tutto sommato, rincresce?
Forse il modo con cui il maestro di Cincinnati celebra quella
riconsacrazione del racconto scritto al quale proclamò di voler
tornare per riscoprire il valore della parola. Quel velo di
17
polvere, quell’ombra di neoclassicismo [...]
7
Il Sole 24 Ore, 3 aprile 1988.
18
film dopo film, Spielberg ha fatto i conti con quella immobilità,
sperimentando fino in fondo l’eccesso narrativo.
Con la poetica degli effetti speciali ha cercato di reinventare la
narratività: il cinema non conosceva più favole ingenue, e
dunque lui ha esplorato la suggestione propria della finzione, la
magia astratta delle immagini che esplodono in parossistici
ritmi di montaggio. La velocità è stata il senso nuovo e
artificiale di un tempo (narrativo) senza più senso naturale. Nel
cinema “dal vero” ha portato così alcune caratteristiche di
quello “di animazione”. Provate a ripensare alla fuga attraverso
il bosco della Biancaneve di Disney: la troverete decisamente
spielberghiana. Del resto, il suo cinema ha privilegiato spesso il
pubblico di bambini e adolescenti, o di adulti che – come lo
stesso Spielberg – non sanno rinunciare ai privilegi di
un’adolescenza che non vuol finire.
19
Tom Lantos (sopravvissuto all’Olocausto), Katsugo Miho
(esercito americano a Dachau), Hans Münch (medico nazista ad
Auschwitz), Paul Parks (esercito americano a Dachau), Irene
Zisblatt (sopravvissuta all’Olocausto), Robin Zisblatt (sua
figlia). Scrive Jonny Costantino su questo documentario:11
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Tom Lantos (sopravvissuto all’Olocausto), Katsugo Miho
(esercito americano a Dachau), Hans Münch (medico nazista ad
Auschwitz), Paul Parks (esercito americano a Dachau), Irene
Zisblatt (sopravvissuta all’Olocausto), Robin Zisblatt (sua
figlia). Scrive Jonny Costantino su questo documentario:11
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III. LA FICTION TV
TAGLIATA
IV. IL DOCUMENTARIO
133
133
Il genere
La suddivisione del genere tra documentario e fiction non pone
problemi interpretativi se è palese l’uso dei materiali video
utilizzati. Ma non sempre si ha una demarcazione netta quando
ci troviamo di fronte ad un’opera d’autore che riutilizza sì
materiali storici, documentazioni e riprese reali, ma con un suo
punto di vista narrativo.
Secondo la definizione ricavata dall’Enciclopedia Treccani il
documentario è un film su avvenimenti, luoghi, attività, senza
aggiunta di elementi inventivi o fantas
133
filmati (d’archivio o originali), una ricostruzione con
commento, il documentario s’apparenta con il film: nasce così
il docu-film. Facciamo alcuni esempi: La Rabbia (1963) di
Pasolini, Chung Kuo, Cina (1972) di Antonioni (e Barbato),
Buena Vista Social Club di Wenders (1999),
profondo (2005) di Herzog120, Fahrenheit 9/11 (2004) di Moore
o La Paura (2009) di Pippo Delbono ecc.
La tipologia (o categoria) invece più riconoscibile che possiamo
denominare come “documentario” tout court riguarda le
produzioni video o filmiche di carattere scientifico, didattico,
storico, sociologico oppure quelle sulla natura o sugli animali o
quelle turistico-culturali ecc. Questi documentari sono trattati
con diverse modalità o format, e la loro funzione principale
nella televisione generalista (oggi sempre più inseriti in un
canale satellitare o digitale tematico) è quella d’intrattenimento
seppur con finalità informative e istruttive. Questi prodotti
rappresentano l’aspetto più diffuso dell’idea che ha la gente del
documentario.
Registriamo anche varie forme di documentario-intervista. Così
come diverse sono le modalità di produzione dei documentari
giornalistici.
In questo capitolo concentreremo la nostra attenzione sul
documentario d’autore
120
Ma come non citare gli altri di Wenders e di Herzog, fra cui
Bokassa Echi da un regno oscuro (1990) che narra le efferatezze
del dittatore e di chi è stato imprigionato per le sue idee avverse.
121
Nella foto a pagina precedente la fucilazione di Pietro Caruso.
134
Ardeatine), con il coordinamento di Giuseppe De Santis e
Mario Serandrei. “Questo documentario inaugura il quadro
culturale del rinascente cinema italiano, esprimendo una ferma
adesione al pensiero progressista”.122 Giorni di gloria rievoca il
massacro delle Fosse Ardeatine, riprodotto nella sua cruda
atrocità, il processo contro l’ex questore di Roma Pietro Caruso
e la sua fucilazione avvenuta il 21 settembre ‘44, il linciaggio di
Donato Carretta, direttore delle carceri di Regina Coeli, del
delegato Scarpato e di Pietro Koch, responsabile della Pensione
Jaccarino, famigerata prigione fascista dedita a torture e sevizie,
dove lo stesso Visconti era stato imprigionato.
Di seguito riportiamo alcuni titoli di una produzione
documentaristica molto ampia, difficile da reperire e da
catalogare.
La nostra guerra di Alberto Lattuada (1945, 15') con il
commento di Antonio Pietrangeli, documenta l’8 settembre
1943 e le azioni del Corpo di Liberazione Nazionale.
Molti i documentari realizzati sui massacri nazifascisti in Italia.
(1954) è la matrice realizzata dai fratelli
Paolo e Vittorio Taviani (qui insieme a Valentino Orsini e a
Zavattini) che verrà poi ripresa ne La notte di San Lorenzo
(1982). I sette contadini (1958) di Elio Petri è incentrato sulla
vicenda dei sette fratelli Cervi, fucilati dai tedeschi il 28
dicembre ‘43 nel poligono del tiro a segno di Reggio Emilia. La
, di Carlo Di Carlo (1961, 20')
possiamo considerarlo come la matrice del film di Giorgio
Diritti, mo che verrà (2010). La linea seguita dal
documentario è quella di analizzare l’azione del maggiore
Walter Reder, responsabile del massacro di 1830 civili
sull’Appennino emiliano. Questo tema ha trovato posto nel
Cinegiornale della pace (1963, 67') realizzato da Zavattini,
Luigi Di Gianni, Giuseppe Ferrara, Ansano Giannarelli.
122
Mario Serandrei, Giorni di gloria. Gli scritti. Un film, Il Castoro,
1999.
135
16 ottobre 1943 di Ansano Giannarellli (1960, 13') e Via Tasso
di Luigi Di Gianni (1960, 15'), trattano i fatti che hanno
drammaticamente coinvolto la comunità israelita di Roma e il
palazzone di Via Tasso, sede nazista dell’SS Kommandantur,
da dove Kappler coordinava tutte le azioni contro i partigiani
nonché sede di strazianti torture. Liliana Cavani realizza nel
1965 una serie di interviste ne La donna nella Resistenza,
portando l’attenzione sul ruolo che hanno avuto appunto le
donne. Il documentario rivela che la liberazione di Pertini da
Regina Coeli venne organizzata da Marcella Monaco, moglie
del medico del carcere.
Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana di
Fausto Fornari (1953, 12'), tratto dall’omonimo libro pubblicato
nel 1952 da Einaudi, ripercorre le strade che i condannati
attraversavano sul camion che li conduceva alla fucilazione
(Premio miglior cortometraggio al Festival di Venezia). Fossoli
di Carlo Di Carlo (1965, 10') raccoglie varie testimonianze di
ex deportati per ricordare il campo di smistamento di Fossoli (a
pochi chilometri da Carpi), dolorosamente noto come tappa
preliminare per l’invio dei prigionieri verso la Germania.
Il volto della guerra di Libero Bizzarri (1960, 7') è uno
straordinario ritratto del pittore satirico George Grosz e della
sua opera dedicata ai deportati, ai campi di concentramento,
all’ipocrisia grassa e cieca del mondo borghese. I suoi quadri
illustrano meglio di qualsiasi testo la Germania del 1918, la
Repubblica di Weimar, fino all’avvento di Hitler, quando Grosz
è costretto a fuggire negli USA.
Lo storico e critico cinematografico Lino Micciché nel 1962 ha
diretto con Lino Del Fra e Cecilia Mangini il documentario
, che racconta la genesi, il
consolidamento e la caduta del regime di Mussolini. In
quell’anno sono stati realizzati altri due documentari: Anatomia
di un dittatore di Mino Loy e Benito Mussolini di Pasquale
Prunas. Il documentario di Prunas è il ritratto di un uomo più
136
che la storia di un popolo. Privilegia i discorsi, i dialoghi con la
folla che Mussolini tenne durante il ventennio fascista.
Appoggiato a un sapido commento di Enzo Biagi e Sergio
Zavoli, si affida alle carte dell’ironia più che a quelle della
polemica, alle ragioni del costume più che a quelle della storia.
Nella seconda parte, quando si avvicina alla tragica resa dei
conti della guerra, quest’impostazione provoca più di uno
squilibrio, quasi un disagio. Scrive Adelio Ferrero123 che con
Anatomia di un dittatore di Mino Loy questo film di Prunas:
123
Adelio Ferrero, Recensioni e saggi 1956-1977, Edizioni
Falsopiano, 2005.
137
essere la reazione di un giovane dinanzi a questo vorticoso
e grottesco susseguirsi di parate, di atteggiamenti
“marziali”, di grinte dure e volitive, di piegamenti e
flessioni del duce tra una furibonda e nazionalistica tirata e
l’altra sulle belle piazze d’Italia, dinanzi a folle osannanti.
È probabile che egli colga il ridicolo della situazione e si
vergogni dei suoi padri, ma invano chiederà poi a Loy e a
Prunas la risposta ai suoi assillanti interrogativi sul come e
sul perché; eppure è quello un ridicolo che suggella
venticinque anni di storia italiana tragica e cruenta e le
responsabilità dei padri non si inscrivono in una storia di
errori individuali o di follie collettive, ma rimandano a una
situazione complessa che chiama in causa certe forze
economiche e sociali ben determinate, certi orientamenti
dell’opinione pubblica, i partiti e le istituzioni. Che è
appunto il discorso che i due film lasciano sostanzialmente
eluso. Il merito dei due registi (Loy e Prunas), che non si
vuole pregiudizialmente misconoscere, consiste quasi
esclusivamente nell’essersi mossi per primi in una così
stimolante direzione, nell’aver pazientemente ricercato
negli archivi e nelle cineteche il materiale non a caso
dimenticato per tanto tempo dei cinegiornali e delle
“attualità” che componevano l’agiografia cinematografica
del fascismo, nell’averne tentato una prima sistemazione
intorno alla figura del “capo”. Talune di quelle immagini,
alludiamo soprattutto ai discorsi del duce, vengono ad
assumere oggi una straordinaria forza d’urto e di
provocazione proprio in quanto la loro apparente assurdità
richiede perentoriamente risposte e chiarificazioni
razionali. Come si determinò un tale carnevale
permanente, quali le forze che lo inscenarono e lo tennero
in piedi per tanto tempo, come esso si insinuò nel cuore e
nella ragione delle folle: interrogativi a cui i due film non
rispondono, oscillando fra un superficiale sarcasmo e un
138
accorato e moralistico stupore, non toccando mai l’acume
della satira e la violenza della indignazione.
Loy e Prunas sembrano ignorare nella loro ricerca le
indagini e i risultati a cui è pervenuta la più consapevole e
matura storiografia antifascista, né partecipano della
passione militante che ha indotto i promotori delle
“lezioni” a ricostruire il volto del passato alla luce del loro
attivo e consapevole antifascismo di oggi. La loro
dimensione ideale non è la profondità e perspicuità della
ricerca, ma la superficiale curiosità del rotocalco:
riportano alla luce immagini e volti di cui non sanno darci
il senso e la portata. La loro opera, utile nei limiti ben
precisi che abbiamo indicato, risulta pertanto priva di
nerbo critico e di efficacia formativa. L’incertezza, la
superficialità, l’assenza di prospettive dei loro tentativi
collocano purtroppo il cinema alla retroguardia della
ripresa antifascista della cultura italiana e lasciano aperto
il campo a una ricerca di cui
costituisce la prima prova veramente avanzata e
consapevole.
139
di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che
tutto è successo perché non ne avete più voluto sapere».
La tragedia di Cefalonia (1973), per la regia di Domenico
Bernabei, propone attraverso le testimonianze di alcuni
superstiti la ricostruzione dell’eccidio della Divisione di
Fanteria da Montagna “Acqui” nelle isole joniche di Cefalonia
e di Corfù, nel settembre del 1943. Una pagina di storia che si
presta a diverse interpretazioni.
Piazzale Loreto di Damiano Damiani (1981) è una lucida
riflessione sul concetto di “memoria storica”. Su questa strage
esistono vari documenti audiovisivi, ma che cosa riescono a
mostrarci? Solo vittime. Che, purtroppo, somigliano a tante
altre vittime. I cinegiornali, i documentari, sono ormai divenuti
pezzi da museo: rimangono ammassati negli archivi, per essere
tirati fuori di tanto in tanto. Ma essi per noi non costituiscono
mai delle “presenze quotidiane”, non sono in grado di
resuscitare a pieno il senso di una tragedia storica. Alla
fotografia, registrata e fissata per sempre, riproducibile
all’infinito, ottima soltanto per le celebrazioni, Piazzale Loreto
tenta di opporre una memoria “attuale”, vivace, capace di
muoversi in avanti.
(1993) di Massimo Sani124 mostra al suo
interno in esclusiva le immagini realizzate dai piloti americani
mentre bombardavano Torino. Il rumore dell’aereo copre quello
delle esplosioni. Lo scenario che si vede dall’alto è una
costellazione di luci che purtroppo non erano stelle, ma
esplosioni di morte. Il successivo documentario di Massimo
Sani, Prigionieri italiani (1998, 110') è incentrato sulla lunga e
dolorosa vicenda di quasi un milione e mezzo di soldati e
124
Massimo Sani ha realizzato film-inchiesta per la Rai tra il 1965 ed
il 1999 (Il crollo di un impero, Persia, anniversario di un impero,
Italia in guerra, Prigionieri, Prigionieri italiani, andato in onda nel
1999 su Raitre per il ciclo La Grande storia, ecc) e sceneggiati
televisivi come La guerra al tavolo della pace, del 1975.
140
ufficiali italiani disseminati in tutto il mondo – nei campi di
prigionia francesi, greci, inglesi, russi, americani, tedeschi –
durante la Seconda guerra mondiale. Di Massimo Sani
elenchiamo di seguito una parte della sua corposa filmografia:
141
sanno quasi nulla.125
1993. Film-inchiesta (Rai1, 5 puntate)
I puntata: “La guerra in casa” (66')
II puntata: “La fame e il dolore” (63')
III puntata: “Gli italiani senza il Duce” (62')
IV puntata: “La chimera della pace” (62')
V puntata: “L’armistizio” (62')
1994. R Film-inchiesta
(56') realizzato dal Circolo Romano del Cinema “Riccardo
Napolitano”: Lucrezia Lo Bianco, Luigi Pompili, Cristina
Pasqua, Rita Montanari, Vincenzo Bianchi , Paolo Conti,
Luigi Rinaldi. Coordinamento testi e regia Massimo Sani.
1995. La guerra dimenticata Viaggio tra i partigia
dal Sangro alla libertà. Film-inchiesta (Rai3, 2 puntate)
I puntata: “Terra bruciata (57')
II puntata: “Verso il nord con la Brigata Maiella” (63')
1997. Un futuro per la memoria. Film-inchiesta (70').
1998. Prigionieri italiani. Serie “La grande storia in prima serata”
Film inchiesta (Rai Ed.-Rai3, 110')
1999. Una serie di episodi nell’ambito del progetto “Mosaico
Storia”.
125
Un altro documento di grande interesse è il film realizzato nel
1979 dal regista Mustapha Akkad, Il leone del deserto (Lion of the
desert) sulla figura di Omar al-Mukhtàr, leggendario capo della
resistenza libica per oltre vent’anni, che venne impiccato dai fascisti
del generale Graziani nel 1931. Il film si avvale di un cast
internazionale (Antony Quinn, Irene Papas, Oliver Reed, Michele
Placido, Gastone Moschin, Raf Vallone, Rod Steiger, John Gielgud)
ma in Italia non è mai stato distribuito nel normale circuito
cinematografico, subendo una vera e propria censura preventiva per
l’argomento trattato.
126
Libero Bizzarri (Montalto delle Marche, 1926-San Benedetto del
Tronto 1986). Oltre al documentario Il Volto della guerra già citato,
142
San Benedetto del Tronto. Sul sito web della Fondazione
Bizzarri127, sezione “Mediateca”, sono presenti le schede dei
documentari sul tema della deportazione e della resistenza degli
autori che sono stati premiati al festival. Fra questi i già citati
Alessandro Amaducci, Massimo Sani, Paolo Bertola ma anche
giovani videomaker come Daniele Gaglianone (autore del
documentario Chicchero, 1995), Daniela Giacometti (Il fiore e
il passero Storie di lager, 1995), Damiano Bardelloni (I
pensieri da Mauthausen, 1995), Matteo Belli (Pianoro strada
statale 65, 1995), Francesco Lucrezio Monticelli
( , 2001) Luca Gasparini (Passano i soldati, 2001,
con un’intervista a Mario Rigoni Stern), Maurizio Orlandi
(Quei ragazzi del borgo del fumo, 2001).
Gli ultimi testimoni, un filmato di Andrea Guerrini (2007)
affronta il tema della trasmissione della memoria della
deportazione nazi-fascista attraverso le parole dell'ex deportato
Italo Tibaldi di Vico Canadese (To) e di Robert Bob Persinger,
un sergente americano che nel maggio 1945 liberò il campo di
concentramento di Ebeensee in Austria dove Italo fu impiegato
come schiavo per oltre un anno e mezzo. Italo Tibaldi è un
deportato speciale, è colui che ha curato la ricerca di oltre
40.000 identità di donne e uomini fatti prigionieri dai nazi-
fascisti e deportati nei lager nazisti dal settembre 1943 al
maggio 1945. Le interviste sono state realizzate a Ebensee nel
sessantesimo della liberazione.
Nel 2006 è stato presentato al premio Bizzarri il documentario
di Gianni Bissaca, Se questo è un uomo (se questa è una
fabbrica) che narra le vicende di Primo Levi direttore tecnico
alla SIVA, fabbrica di vernici di Settimo Torinese, negli anni
tra il 1947 e il 1985, attraverso il racconto di alcuni ex
dipendenti e colleghi di lavoro. Viene restituita la memoria
143
della fabbrica in un periodo storico connotato da elementi a
volte contradditori, a cavallo tra dure lotte sindacali e clima di
grande collaborazione tra imprenditori e classe operaia. Sullo
sfondo, la memoria di Auschwitz, restituita da spezzoni tratti
dallo spettacolo Sul fondo che lo stesso Bissaca ha
rappresentato nei locali della SIVA ormai dismessi. Il racconto
è contrappuntato dai contributi di Margherita Hack, Erri De
Luca, Sebastiano Vassalli, Giuliano Scabia e Remo Rostagno,
ai quali Bissaca ha chiesto di raccontare il loro incontro con
Levi e di scegliere, tra le sue pagine memorabili, alcuni brani da
riproporre attraverso la lettura.
Per ignota destinazione (1995) di Piero Farina è prodotto dalla
Rai e trasmesso da Rai3 nel cinquantesimo della liberazione dei
campi. Il documentario segue il ritorno – per la prima volta
dalla fine della guerra, di Piero Terracina ad Auschwitz-
Birkenau, il campo di sterminio dove fu deportato, e dove
venne sterminata gran parte della sua famiglia.
La fondazione dell’ANED Associazione Nazionale ex Deportati
politici nei campi nazisti, ha patrocinato alcuni documentari fra
cui Testimoni (1995) di Anna Missoni con interviste a Lodovico
Barbiano di Belgiojoso, Arianna Szorenyi e Ferruccio Maruffi;
Le rose di Ravensbrück Storia di deportate italiane (2006) di
Ambra Laurenzi che intende ricordare le oltre 900 donne
italiane deportate a Ranvensbrück.
Memoria (1997) di Ruggero Gabbai, Marcello Pezzetti, Liliana
Picciotto nasce da una ricerca storica e conoscenza del tema).
E’ anche questo un viaggio nella memoria e nei luoghi della
prigionia (Birkenau) con riprese aeree e un uso simbolico
dell’acqua come scansione cronologica.
144
Paletto, poi nel 1985 fonda insieme a lui la West Front Video,
cui fanno riferimento altri videomakers come il fratello del
regista, Beppe, e gli amici Marco Bonvino, Peter Freeman,
Massimo Gea. I suoi primi lavori, spesso firmati
collettivamente, sono presentati e premiati nei festival “storici”
del cinema indipendente, da Salsomaggiore a Torino, a Bellaria,
per poi passare in alcuni festival stranieri: Madrid, Stoccarda,
Monaco, Barcellona.
Per l’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e
Democratico realizza nel 1985 il video A proposito di sbavature
che vince il primo premio al Festival Cinema Giovani di
Torino; nel 1993-‘94 due ampi documentari video sulle lotte
operaie negli anni della guerra: 1943 – La scelta e Pane pace e
libertà: 1943-1945. Nel 1991 gira per la Rai Paolo ha un lavoro
e l’anno dopo Paco e Francesca; nel 1994 vince il Premio
Solinas per la migliore sceneggiatura con La seconda volta,
lungometraggio che realizza l’anno successivo, prodotto e
interpretato da Nanni Moretti. È attivo con ruoli diversi anche
nel campo della produzione, specie con la Bianca Film, e
interpreta come attore diversi film, diretti sia da lui, sia da altri,
come Francesca Comencini (Le parole di mio padre) e Laura
Betti (Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno).
Nel 2003 viene nominato direttore dell’Archivio Audiovisivo
del Movimento Operaio.
Il suo cortometraggio 1943 La scelta (durata 43') ha un
supporto di immagini storiche e la testimonianza dell’ex
partigiano Nuto Revelli. Il documentario narra avvenimenti
europei ed italiani dal 1942 alla lotta italiana contro il Nazi-
Fascismo. Calopresti è autore di altre opere sulla storia dei
movimenti operai, fra cui l’interessante film-documentario La
fabbrica dei tedeschi (2008), incentrato sulla tragedia della
ThyssenKrupp di Torino in cui, nella notte tra il 5 e il 6
dicembre 2007, divampò un incendio e sette operai persero la
vita; la pellicola dà voce alla rabbia, alle domande senza
145
risposta, al dolore dei parenti delle vittime, alle accuse ai
responsabili dell’azienda. La struttura narrativa del film è
costituita da un prologo in bianco e nero con attori.
Il documentario Dov è Auschwitz è realizzato da Mimmo
Calopresti nel 2004 (durata 110') durante la visita nel campo di
concentramento fatta il 16 ottobre 2004 insieme al sindaco di
Roma Walter Veltroni, a un gruppo di studenti della Capitale e
ad alcuni dei sopravvissuti italiani all’Olocausto. Le loro
testimonianze sono la parte più preziosa del documentario.
Calopresti non utilizza immagini di repertorio. I sopravvissuti
italiani parlano camminando negli stessi posti in cui sono stati
quando erano ancora dei ragazzini: uno di essi, Shlomo
Venezia, ad Auschwitz si occupava dei cadaveri che uscivano
dalle camere a gas. Per lui sarà terribile parlare di questo. Ma lo
farà. Sullo stesso argomento nel 2006 Calopresti farà un
secondo documentario dal titolo Volevo solo vivere, presentato
dalla USC Shoah Foundation Institute di S.Spielberg. Il docu-
film inizia con le immagini di Mussolini che nel 1938 decise di
introdurre in Italia la legislazione antisemita.
Anche Saverio Costanzo proporrà nel 2007 Auschwitz 2006,
reportage tratto anche questo (come decine di video che si
possono scaricare sui siti segnalati in questa pubblicazione) da
una visita degli alunni di 250 scuole romane. Costanzo fa
parlare alcuni sopravvissuti al campo di sterminio e i loro
racconti sono accompagnati da materiale di repertorio. Fra le
testimonianze ci sono quelle delle sorelle Bucci che raccontano
la storia del loro cuginetto Sergio fatto morire da Mengele
146
della guerra per documentare i crimini del Nazismo. Un
interesse questo manifestato anche successivamente alla
Liberazione, con documentari che assemblavano variamente
materiale di provenienza eterogenea, con per lo più l’intento di
mostrare la natura criminale del regime nazista, a partire dal
sistema concentrazionario.
Come sappiamo anche il documentario rientra nell’esercizio
“soggettivo” della ripresa della realtà pur nella massima
obiettività di chi pensa di muoversi nell’ambito oggettivo delle
cose (il dibattito è sempre aperto su queste tematiche). Esistono
infatti documentari più o meno fedeli, più o meno
corrispondenti alla realtà. Dobbiamo sempre tenere a memoria
le manipolazioni e le strumentalizzazioni che il potere ha
operato nella comunicazione dei fatti e degli avvenimenti.
Occorre una certa dose di “cinismo critico” di fronte alle
immagini proposte e una attenzione alle denunce di chi ha
ravvisato finalità propagandistiche di alcuni documentari.
Ma sull’Olocausto e sulla barbarie nazi-fascista i dubbi non ci
sono. Quelle immagini di alcuni documentari storici (pur
edulcorati a volte dai registi che spesso non sono dei
professionisti) corrispondono alle testimonianze orali e scritte
che abbiamo anche noi constatato personalmente.
Iniziamo dal documentario storico che porta la data del 1945:
Nazi Concentration Camps128 realizzato dal National Archives
di College Park, Maryland (USA), il cui dominio è pubblico. Si
tratta di una compilation di filmati realizzati dagli americani nel
1945 al momento della liberazione dei campi di concentramento
nazisti. La visione di questo documentario è estremamente
dolorosa in quanto svela il massacro nazista e la sofferenza
umana.
Sei i rulli di pellicola archiviati (la descrizione è ricavata dal
sito web citato in nota).
128
http://www.archive.org/details/nazi_concentration_camps.
147
Nel rullo 1: il tenente colonnello dell’esercito George C.
Stevens, il tenente della Marina E. Ray Kellogg e il Chief
Counsel Robert H. Jackson leggono le dichiarazioni giurate, che
attestano l’autenticità delle scene nel film. Una mappa d’Europa
mostra i luoghi dei campi di concentramento in Austria, Belgio,
Bulgaria, Cecoslovacchia, Danimarca, Francia, Germania, Isola
di Jersey, Lettonia, Paesi Bassi, Polonia e Jugoslavia. A Lipsia
nel campo di concentramento ci sono mucchi di cadaveri, e
molti sopravvissuti russi, cecoslovacchi, polacchi e francesi.
Nel campo di concentramento di Penig ci sono le donne
ungheresi. I medici curano i pazienti e gli americani della Croce
Rossa li trasportano all’ospedale Tedesco Air Force dove i loro
massacratori sono costretti a prendersi cura di loro.
Nel rullo 2: gli ufficiali degli Stati Uniti arrivano al campo di
concentramento di Hadamar, dove polacchi, russi e tedeschi
dissidenti politici e religiosi sono stati assassinati. I corpi sono
riesumati dalle fosse comuni per l’esame, l’identificazione e la
sepoltura. Interviste al direttore Dr. Waldman e capo infermiere
Karl Wille.
Nel rullo 3: al campo di concentramento di Breendonck, Belgio,
dimostrazione dei metodi di tortura. Ad Harlan, campo di
concentramento presso Hannover, americani e collaboratori
della Croce Rossa accolgono i sopravvissuti polacchi. Truppe
alleate e uomini sopravvissuti seppelliscono i morti. Al campo
di concentramento di Arnstadt gli abitanti dei villaggi tedeschi
sono costretti a riesumare i corpi delle polacche e russe dalle
tombe di massa.
Nel rullo 4: a Nordhausen ci sono pile di corpi. Le truppe
portano via i sopravvissuti che sono principalmente polacchi,
russi e francesi. Al campo di concentramento di Mauthausen il
tenente della Marina Jack H. Taylor sta in piedi con i
sopravvissuti e i colleghi e descrive la detenzione e le
condizioni del campo.
Nel rullo 5: al campo di concentramento di Buchenwald arriva
148
un camion dell’esercito USA con gli aiuti per i sopravvissuti.
Mucchi di morti, mutilati e corpi emaciati. Enormi forni e
mucchi di cenere e di ossa nel forno crematorio. Civili
provenienti dalla vicina città di Weimar, vedendo immagini
mostruose (brandelli di pelle umana e teste rimpicciolite) non
riescono a stare in quei luoghi di morte.
Nel rullo 6: il comandante britannico della Royal Artillery
descrive le condizioni a Bergen-Belsen. I prigionieri tedeschi
della Schutzstaffel (SS) sono costretti a seppellire i morti. Un
medico delle donne, ex detenuto, descrive le condizioni nella
sezione femminile del campo. Un bulldozer spinge mucchi di
corpi in fosse comuni. Le riprese sono state raccolte dal
Dipartimento della Difesa USA, come testimonianza per
condurre i processi per crimini di guerra.
Altri titoli storici ricorrenti negli elenchi dei documentari (ma
siamo già nel genere docu-film) sono: (Ostatni
etap) di Wanda Jakubowska (Polonia 1948, 100'): una
“ricostruzione” della sezione femminile di Auschwitz che si
propone di descrivere in cadenze di cronaca l'atroce vita
quotidiana delle detenute nel campo.
Il processo di Norimberga (Der Nürnberger Prozess) di Félix
Podmaniczky (Germania 1958, 78') fotografa il processo
tenutosi a Norimberga dal 20 novembre 1945 al 1° ottobre del
1946 nei confronti dei nazisti coinvolti nell’Olocausto. L’opera
contiene anche documenti video-originali, ripresi durante e
dopo la guerra.
Memories of the Camps (Gran Bretagna-Usa 1985, 56') di
Sidney Bernstein ripropone l’arrivo di inglesi e americani nel
campo di Bergen-Belsen. Bernstein ebbe la consulenza di
Alfred Hitchcock, specialmente per quel che riguarda la scelta
decisiva di fare riprese in campi lunghissimi, a testimoniare la
veridicità dei luoghi e dei tempi.
Nel documentario il regista porta i cittadini tedeschi del luogo a
vedere quello che era accaduto nel campo (a scopo punitivo o a
149
rafforzare un’aura di autenticità?)
Dagli anni Ottanta, come approfondiremo in seguito, si
svilupperà in modo prevalente, e non solo nel cinema,
testimone: interviste e immagini di memoria emergeranno con
forza fino a costituire un genere codificato.
Il documentario giornalistico
Apocalyps in Berlin 1945, di Jorg Mullner e Anja Greulich,
creato da Guido Knopp nel 2003, è un documentario che alterna
immagine storiche dell’avanzata russa a Berlino a
testimonianze dei protagonisti di quelle vicende. Molto efficace
è l’incontro di due militari, uno russo (Mikhail Petrovich
Minin) che rivendica di essere stato il primo ad issare la
bandiera russa sul Reichstag (rispetto alla foto storica del
fotografo Eugenj Chaldej presa a simbolo dalla propaganda
150
sovietica129) e un militare tedesco (Jo brettschneider) che si
arrese proprio dentro il Reichstag. I due nel filmato si
incontrano a distanza di oltre 60 anni nello stesso luogo di
allora e si danno la mano e si baciano (Davvero toccante e
simbolica questa documentazione).
Sulla foto della bandiera issata sul Reichstag ci sono infatti
molte versioni e molti fotomontaggi che sono finiti in diverse
mostre organizzate recentemente in Germania. La bandiera
innalzata quel giorno a Berlino – secondo il fotografo russo
Yevgeni Khaldei, che raccontò la sua “verità” dopo la morte di
Stalin – in realtà era una tovaglia rossa, con incollata una falce
e un martello di cartone. E quella foto – secondo Khaldei –
venne scattata alle sette di mattina del 2 maggio 1945, in ritardo
sulla conquista di Berlino avvenuta il 30 aprile. Si tratta quindi
di un fotomontaggio. Dai cambiamenti operati sull’immagine
ufficiale si notano infatti nubi di fumo che drammatizzano la
scena e inoltre (dicono gli esperti) è ben visibile la
cancellazione del secondo orologio al polso destro del soldato,
orologio probabilmente strappato a un morto.
Un altro fotografo russo, Victor Tomin, scattò la foto della
bandiera sul Reichstag, forse da un aereo, e subito la portò a
Mosca per farla pubblicare sul numero della Pravda del 3
maggio.
War Children (I figli della vergogna), è un documentario
incentrato sul progetto per la razza ariana che Adolf Hitler volle
legittimare nel 1935. Denominato progetto dei Lebensborn,
“fabbriche della vita”, il piano concepito dal gerarca Heinrich
Himmler prevedeva l’accoppiamento di militari tedeschi con
donne scandinave, in particolare norvegesi, considerate di “alto
valore razziale”. Lebensborn era ritenuto così essenziale da
essere gestito dal Führer in persona, che avocava a sé la ratifica
dei matrimoni tra i suoi militari e le donne del Nord Europa. Il
129
Nella foto a pagina precedente lo scatto che Stalin volle come foto
ufficiale della conquista di Berlino.
151
disegno nazista trovò la sua prima applicazione in Germania,
per poi subire un impulso decisivo dopo la dichiarazione di
guerra all’Urss nel 1941. La tragedia dei “figli della vergogna”
si consumò sia durante il regime che a guerra terminata: le
donne, furono crudelmente disprezzate in quanto “identificate
con il nemico”, mentre i bambini furono discriminati e non
ebbero alcun risarcimento dal governo norvegese.
Paradossalmente la Norvegia fu il primo stato, nel 1985, a
istituire il difensore civico dei bambini, ma ora dovrà comparire
davanti alla corte di Strasburgo per rispondere dei gravi abusi
nei confronti dei war children.
130
http://www.lastoriasiamonoi.rai.it.
131
Da segnalare inoltre http://www.teche.rai.it.
152
un ottimo format che mette insieme filmati storici d’archivio e
inediti, testimonianze dei protagonisti, interventi di storici, un
racconto giornalistico con voce fuori campo, immagini
fotografiche in movimento, citiamo quello andato in onda di
recente: Liberate il Duce!
Quercia (2010), il nuovo documentario di Fabio Toncelli che
racconta gli incredibili retroscena di una delle operazioni
militari più famose della storia: la liberazione di Benito
Mussolini dalla sua prigione di Campo Imperatore, nel
settembre del 1943. A quasi settant’anni di distanza nuovi
documenti e testimonianze ci mettono di fronte a domande
inquietanti: quali erano i veri ordini impartiti agli uomini che
dovevano custodire il duce? Perché nessuno sparò un colpo?
Perché la propaganda nazista diffuse una versione del blitz in
buona parte falsa? Perché il vero comandante dell’operazione fu
successivamente trasferito sul fronte russo senza spiegazioni?
Perché il maresciallo Badoglio, che si era impegnato a
consegnare Mussolini agli angloamericani, non lo fece? E
soprattutto: chi prese le decisioni fatali sulla prigionia di
Mussolini, poteva immaginare che l’ex-duce avrebbe dato vita
alla Repubblica di Salò? Il documentario propone anche la voce
di Benito Mussolini attraverso una preziosissima registrazione
audio ritrovata in un archivio tedesco. Il Duce racconta con un
tono assai inconsueto, quasi giornalistico, gli eventi che vanno
dal 25 luglio ’43 al giorno del blitz tedesco a Campo
Imperatore.
La docu-fiction (docu-drama)
Su Mussolini di recente anche il canale satellitare History
Channel ha proposto tre episodi che ripercorrono la vita del
Duce: Obiettivo Mussolini, produzione Wilder per Fox
Channels Italy, scritta da Cosimo Calamini e Davide Savelli
con la regia di Graziano Conversano. Si tratta di una
153
ricostruzione storica interpretata da attori che innesta nel
racconto cinematografico immagini d’epoca, abilmente
rappresentate nell’ opera di Carlo Lizzani Mussolini: Ultimo
atto, film del 1974. La narrazione di questo film parte da prima
della morte di Benito Mussolini, avvenuta il 28 aprile del 1945.
In una Repubblica di Salò ormai in disfacimento vengono
rappresentati i pensieri e gli stati d’animo del Duce in viaggio
verso la morte: numerosi i flashback in cui il dittatore italiano
ricorda la sua gloria passata e il popolo che lo osannava.
Mussolini, che si trova a Milano sotto la protezione dei
tedeschi, rifiuta la resa con i partigiani del CLN Alta Italia che
gli viene offerta dal cardinale Schuster e fugge verso la
Svizzera, perché gli anglo-americani sono già penetrati nel
Nord Italia. Decide di seguirlo l’amante Claretta Petacci e i
gerarchi che vogliono salvarsi la pelle. Durante il tragitto però
incontreranno dei partigiani che lasceranno fuggire la colonna
tedesca che scorta Mussolini in cambio della consegna dei
gerarchi fascisti. Il duce si travestirà da soldato e si mescolerà ai
tedeschi, ma verrà riconosciuto in un altro blocco partigiano nel
paesino di Dongo, sul lago di Como. Arrestato, verrà trasportato
in varie ed improvvisate prigioni tra cui un casolare contadino.
Alla fine verrà portato a Giulino di Mezzegra e lì fucilato;
insieme a lui verrà giustiziata per errore Claretta Petacci, che al
primo sparo si era frapposta tra il proiettile e l’amante. La trama
si basa sulla versione ufficiale della fucilazione di Mussolini e
della Petacci. Oggi risultano accreditate anche altre verità, tra le
quali quella che vuole il capo del Fascismo ucciso presso casa
De Maria e non davanti all’ingresso di Villa Belmonte132.
132
W. Audisio, In nome del popolo italiano, Edizioni Teti, 1975. G.
Pisanò, Gli ultimi cinque secondi di Mussolini, Il Saggiatore, 2004.
M. Viganò, Un istintivo gesto di riparo: nuovi documenti
ussolini (28 aprile 1945), Palomar, n. 2, 2001. -
P.L. Baima Bollone, Le ultime ore di Mussolini, Mondadori, 2005.
154
Olocausto (Holocaust) film per la TV di Marvin Chomsky, del
1978, è un pantografico riassunto, attraverso la storia di una
famiglia ebraica tedesca, di quel che ha subìto il popolo ebraico
nel periodo 1933-45, dalle Leggi di Norimberga all’imbarco di
tanti sopravvissuti per la Palestina. Attraverso il mezzo
popolare per eccellenza il regista propone una ricostruzione
narrativamente sapiente dell’intera vicissitudine di un popolo
vittima designata, ma debole sul piano storico, tanto da ricevere
aspre critiche dallo scrittore sopravvissuto all’Olocausto -
premio Nobel per la pace nel 1986 - Elie Wiesel, il quale
affermò che lo sceneggiato aveva trasformato in soap-opera un
problema ontologico. Lo scrittore sicuramente aveva le sue
motivazioni per scrivere che quel film per la Tv era “falso,
hollywoodiano, offensivo…”. Lui aveva scritto ben più potenti
ed emblematiche parole sul suo tragico arrivo al campo di
Auschwitz:
Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo,
che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte
sprangata.
Mai dimenticherò quel fumo.
Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo
visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo
muto.
Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre
la mia Fede.
Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per
l'eternità il desiderio di vivere.
Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio
e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del
deserto.
Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a
vivere quanto Dio stesso. Mai.133
155
tacolarizzazione del dolore sono così riportate al centro del
dibattito.
Da registrare che con questo drama series come lo
definiscono gli americani – Chomsky ebbe un vasto successo di
pubblico e vinse tre Emmy Awards come migliore regia.
134
Nella foto un’immagine del docu-film.
135
Claude Lanzmann, nato a Parigi nel 1925, nipote di ebrei russi,
entrato giovanissimo nella Resistenza, saggista e giornalista (è
direttore della prestigiosa rivista Les temps modernes), inizia a
occuparsi di cinema attraverso dei reportages televisivi
156
per il montaggio delle oltre 350 ore di materiale girato). L’idea
di un film intitolato Shoah, dal termine ebraico che significa
“distruzione” e che viene usato in alternativa a Olocausto, nasce
in Claude Lanzmann all’inizio del 1973. Oggi questo film è una
pietra miliare della testimonianza filmica che non smette di
stupire e turbare.
La produzione francese è riuscita a consegnarci nove ore e
mezza di proiezione136 per raccontare lo sterminio di sei milioni
di ebrei. Un fiume in piena che travolge, con le sue sconcertanti
verità, lo spettatore.
Nel film (in forma di intervista) si susseguono i volti dei
sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti, intervallati
dal rumore insopportabile dei treni della morte. Ogni
testimonianza conferma l’altra ma i protagonisti non si
incontrano mai tra loro.
Lanzmann non ha raccolto solo le testimonianze delle vittime
ma anche quelle dei nazisti che hanno assistito o che sono stati
esecutori del massacro e dei polacchi che vivevano, indifferenti,
nei dintorni dei campi.
Il film-documentario si apre con il canto di un uomo in barca
che risale un fiume. Siamo a Chelmno, in Polonia, località del
primo sterminio di ebrei col gas nel 1941. C’è un silenzio rotto
dal canto degli uccelli. La natura è meravigliosa. Ma «gli alberi
nascondono il segreto di un campo di sterminio».137
«C’è qualche cosa di magico in questo film – osservava Simone
de Beauvoir su Le Monde nel 1985, subito dopo la prima della
monumentale opera di Lanzmann – e la magia non si può
136
Claude Lanzmann, Shoah, Einaudi 2007. Il cofanetto contiene un
volume con i dialoghi del film, compatti come un poema, scritti dallo
stesso Claude Lanzmann, un’intervista all’autore del 1998, a cura di
Serge Kaganski e Frédéric Bonnaud. Introduzione di Frediano Sessi e
prefazione di Simone de Beauvoir, La memoria . 4 DVD e
un’extra video con un intervento di Moni Ovadia.
137
Dal testo pubblicato nel cofanetto Shoah.
157
spiegare […] Né romanzo né documentario, Shoah realizza
questa ri-creazione del passato con una stupefacente economia
di mezzi: dei luoghi, nel risuscitarli attraverso le voci, e – al di
là delle parole – nell’esprimere l’indicibile attraverso i volti».138
138
Dalla prefazione di Simone de Beauvoir in Claude Lanzmann,
op.cit.
139
Paolo Mereghetti, Shoah, film-ricerca ciclopico sulla radicalità
della morte, Corriere della Sera, 12 novembre 2007.
158
L’analisi del film della De Beauvoir, nell’articolo già citato:
159
Osserva Giovanni De Martis sul sito web “Olokaustos, saggi e
idee”140 (che propone anche diversi documenti storici fra cui
quelli sulle leggi razziali in Italia e in Germania, e percorsi e
schede tematiche dall’Eugenetica alla Omosessualità nel
Nazismo ecc):
140
http://www.olokaustos.org. Si può trovare anche una sezione
Cinema e Nazismo con recensioni di altri film sulla deportazione
ebraica, fra cui Monsieur Batignol (2001) per la regia di Gérard
Jugnot, o sul negazionismo, Il signor Morte (Mr.Death: the Rise and
Fall of Fred A. Leuchter), per la regia e sceneggiatura di Errol Morris
(USA, 1999, 91'), oppure sulle strategie dello sterminio, affrontate in
Conspiracy, per la regia di Frank Pierson, sceneggiatura di Loring
Mandel, con Kenneth Branagh (USA 2001, 96').
160
rivolta di ebrei reclusi nei campi di concentramento. A
Sobibor, dove i prigionieri venivano sterminati quasi
immediatamente dopo il loro arrivo, un piccolo gruppo di
internati, sotto la guida di un soldato esperto, un capitano ebreo
dell’Armata Rossa, decise di uccidere i pochi tedeschi che
presidiavano il campo.
Il docu-film, girato a telecamera fissa, è sostanzialmente una
drammatica intervista del regista a Yehuda Lerner, la persona
che capeggiò la rivolta. Lerner racconta con modestia
disarmante la sua fuga, all’età di appena 16 anni, da vari campi
di sterminio e in particolare da quello di Sobibor, campo che fu
teatro di questa importante rivolta di prigionieri ebrei contro i
carcerieri nazisti. L’episodio aveva ispirato anche un film tv,
Escape from Sobibor, diretto da Jack Gold.
Il docu-film di Lanzmann è sui campi di sterminio di cui Lerner
spiega il funzionamento, e più precisamente i tentativi di
resistere e sfuggire a un destino che la maggior parte degli ebrei
e delle altre vittime ritenevano troppo orrendo perché accadesse
davvero. E Lerner fu tra i pochi a trovare la forza, la lucidità e
la fortuna per scappare.
161
Notte e nebbia141 di Alain Resnais142 (Francia 1956, 32')
141
Nella foto la locandina del film
142
Alain Resnais (1922) fu uno degli ispiratori teorici della Nouvelle
Vague anche se non vi aderì mai ufficialmente. Autore di oltre una
ventina documentari, tra i quali Van Gogh, con il quale vince l'Oscar
per il commento scritto da Gaston Diehl e Robert Hessens, e
Guernica che accosta le opere di Picasso all'orrore del
bombardamento della cittadina basca, nel 1961 dirige L'anno scorso a
Marienbad, scritto da Alain Robbe-Grillet. Il film, punto di
riferimento dell’ école du regard, è un complesso esperimento di
decostruzione narrativa con evidenti rimandi al contemporaneo
Nouveau Roman, di cui Robbe-Grillet è l'esponente principale. Come
già in Hiroshima mon amour, i film successivi sono segnati da un
forte impegno politico: Muriel, il tempo di un ritorno (1963) racconta
gli effetti traumatici della guerra d'Algeria su un giovane soldato; La
guerra è finita (1966) è la storia di un tormentato militante
antifranchista spagnolo interpretato da Yves Montand. Fra i film
diretti: Stavisky il grande truffatore (1974), Providence (1977),
Mio zio d'America (1980) La vita è un romanzo (1983). Il più recente
è Cuori (2006), sconsolata commedia sulla solitudine premiata alla
Mostra di Venezia con un Leone d'argento alla regia.
162
richiama alla mente il già citato La Rabbia di Pasolini. Il docu-
film è strutturato con un montaggio di natura poetica. La
scrittura filmica è di denuncia e ammonimento al tempo stesso
(a volte anche ironica, come nella descrizione delle torrette dei
campi di sterminio). Girato nel sito di Auschwitz ha il
dominante commento del poeta partigiano, deportato a Gusen in
Germania, Jean Cayrol, letto da Michel Bouquet.
Un docu-film quello del regista dell’École du regard (autore fra
l’altro di Hiroshima mon amour del 1959, soggetto e
sceneggiatura della scrittrice Marguerite Duras, altro
capolavoro di genere, con un inizio davvero sconvolgente che
propone le immagini di un rapporto amoroso con quelle di
morte girate in un sanatorio della città colpita dalle radiazioni
nucleari) che possiamo sicuramente indicare come uno dei
docu-film più emblematici e citati. Si pensi al film di Godard
Une femme mariée (1964) e alla scena di Anni di piombo (1981)
di Margarethe von Trotta, nella quale giovani tedeschi, alcuni
dei quali destinati a intraprendere la strada del terrorismo,
vedono il film, ne restano scioccati e ne discutono, soprattutto
per quel che riguarda “le colpe dei padri”.
Il titolo del film è ispirato al nome dato dai nazisti ai deportati
nei campi di sterminio: NN (iniziali di Nacht und Nebel),
simbolo del silenzio gettato sulla loro sorte. E’ anche il nome
con il quale è noto il decreto del 7 dicembre 1941 (si noti la
coincidenza con l’attacco giapponese a Pearl Harbor), firmato
dal maresciallo Wilhelm Keitel, che ordinava la deportazione
per tutti i nemici e gli oppositori del III Reich. In seguito al
decreto, tutti coloro che rappresentavano un pericolo per la
sicurezza delle forze armate tedesche (sabotatori, resistenti,
intellettuali ecc., ma anche diversi e malati) dovevano essere
internati nei lager. Con il decreto veniva stabilita
l’inapplicabilità di tutte le convenzioni internazionali, a partire
da quella di Ginevra del 1929 sul trattamento dei prigionieri di
guerra. La notte e la nebbia alle quali si fa riferimento sono un
163
richiamo al destino di coloro che vengono catturati: nessuno
avrebbe più potuto sapere nulla del loro destino ed i prigionieri
sarebbero scomparsi, appunto, nella notte e nella nebbia.
L’espressione Nacht und Nebel è presente anche nell’opera di
Richard Wagner , nella quale Alberico,
indossato l’elmo magico, si trasforma in colonna di fumo e
sparisce cantando
Il film mostra un lavoro di documentazione che potremmo
definire calmo, sereno e determinato. Questo movimento della
macchina da presa, con morbide carrellate in direzione alternate
e con immagini ora a colori per le riprese del 1955, ora in
bianco e nero per i filmati originali seguenti la liberazione, da
apparentemente neutrale si fa quasi inquisitore. Il film
propone l’attività di sterminio come se il suo procedimento
fosse una cosa ordinaria; come se lo sterminio fosse organizzato
con un metodo razionale e senza alcuno stato d’animo (in una
parola: in modo tecnico). Anche le condizioni in cui i luoghi
dello sterminio sono stati conservati è ben lungi dal mostrare
appieno ciò che una volta vi si perpetrava.
Osserva Flavio Vergerio143:
Più che una ricostruzione storica organica della realtà dei campi
di concentramento il film nella sua sceneggiatura e nella
partizione del testo obbedisce, come altri film di Resnais, al
procedimento del pensiero, suggerendo analogie, accu-
mulazioni, una complessa dialettica di affermazioni e del loro
opposto. Così vengono selezionati e sottolineati, con una sorta
di freddo umorismo che ce ne fa cogliere appieno l’aspetto
agghiacciante, certi aspetti della follia nazista, il loro tentativo
di dare un ordine senza senso, assurdo, a un mondo infernale.
Probabilmente sono più efficaci di qualsiasi ricostruzione
storica le immagini che rivelano la ricerca dello “stile” nella
costruzione delle torrette per le sentinelle, la rievocazione dei
riti che accompagnavano i lavori forzati, l’orchestra che
143
Flavio Vergerio I film di Alain Resnais, Gremese editore, 1994
164
suonava brani di musica classica nel fango del cortile centrale e
soprattutto le terrificanti collezioni di occhiali, di capelli, di
orologi dei deportati, delle loro povere membra o delle pelli
umane. Resnais sviluppa qui uno dei suoi temi preferiti: le
ossessioni della conservazione, dell’accumulo e della
catalogazione (facile pensare ad un rapporto con la biblioteca
museificata di Toute la mémoire du monde144) che si compiono
attraverso la distribuzione e la morte. In Anche le statue
muoiono145 il colonialismo uccide e museifica l’africano, qui il
nazismo uccide i suoi nemici razziali e politici.
144
documentario di Resnais del 1956 girato nel labirinto
dell’architettura della Biblioteca Nazionale di Parigi
145
documentario di Resnais del 1953
165
dal nostro
Da qualche parte o in mezzo a noi nascono e vivono i nuovi
aguzzini, le spie di domani
Noi guardiamo queste rovine come se il mostro fosse morto
sotto le macerie.
Fingiamo di riprendere speranza davanti a queste immagini
che si allontanano, come se questa peste non potesse più
colpirci soltanto perché fingiamo di credere che tutto ciò è
appartenuto ad una sola epoca e a un solo Paese,
e non pensiamo invece a guardare intorno a noi
to.
166
IV. FILMOGRAFIA
167
L’elenco che segue contiene sia la rassegna dei film e dei
documentari analizzati all’interno di questo volume che una
serie di titoli che hanno affrontato anche in modo indiretto
l’argomento della deportazione, del lager e soprattutto della
questione ebraica, pur se con piccoli – ma importanti –
riferimenti. In questa seconda rassegna non sono stati inseriti i
film relativi alle varie operazioni di guerra pro o contro il
Nazismo, e non ci sono (salvo qualche titolo) i film del
Neorealismo né la cinematografia sulla Resistenza italiana e in
Europa o sui genocidi e gli eccidi.
168
Film
169
Il portiere di notte (1974) di L.Cavani - p.78
Cognome e nome: Lacombe Lucien (1974) di L.Malle - p.64
Mussolini: Ultimo atto (1974) di C.Lizzani - p.154
Cabaret (1972) di B.Fosse - p.88
La caduta degli dei (1969) di L.Visconti - p.82
Andremo in città (1966) di N.Risi - p.68
La strada più lunga (1965) di N.Risi. Film per la TV - p.128
La grande fuga (1963) di J.Sturges - p.35
Le strane licenze del caporale Dupont (1962) di J.Renoir - p.37
Tutti a casa (1960) di L.Comencini - p.46
Kapò (1959) di G.Pontecorvo - p.28
Un condannato a morte è fuggito (1956) di R.Bresson - p.37
Il generale della Rovere (1959) di R.Rossellini - p.15
Stalag 17 - L'inferno dei vivi (1953) di B.Wilder - p.62
Paisà (1946) di R.Rossellini - p.15
Germania anno zero (1948) di R.Rossellini - p.62
Roma città aperta (1945) di R.Rossellini - p.15
Tiefland (1941) di L.Riefenstahl - p.75
Il grande dittatore (1940) di C.Chaplin - p.49
(altri film)
Shutter Island (2010) di M.Scorsese
Dall altra parte del mare (2009) di J.Sarto
Definance I giorni del coraggio (2008) di E.Zwick
Pizza in Auschwitz (2008) di M.Zimerman
Hotel Meina (2008) di C.Lizzani
The Reader A voce alta (2007) di S.Daldry
Katyn La tragedia Polacca (2007) di A.Wajda
Black book - Il libro nero (2006) di P.Verhoeven
Senza destino (2006) di L.Koltai
Freedom Writers (2006) di R.Lagravenese
Ogni cosa è illuminata (2005) di L.Schreiber
Senza destino (2005) di L.Koltai
La fuga degli innocenti (2004) di L.Pompucci
Camminando sull acqua (2004) di E.Fox
Il Servo ungherese (2003) di M.Piesco, G.Molteni
La zona grigia (2002) di T.B.Nelson
L ultimo treno (2002) di Y.Bogayevicz
La finestra di fronte (2002) di F.Ozpetek
Amen (2002) di C.Gavras
The Believer (2001) di H. Bean
170
Monsieur Batignole (2001) di G.Jugnot
Conspiracy Soluzione finale (2001) di F.Pierson
A torto o a ragione (2001) di I.Szabo
Concorrenza sleale (2001) di E.Scola
Il cielo cade (2000) di A. e A.Frazzi
Jakob il bugiardo (1999) di P.Kassovitz
L allievo(1998) di B.Singer
L isola in via degli uccelli (1997) di S.K.Jacobsen
La settima stanza (1996) di M.Meszaros
Never forget (1994) di J.Sargent
18.000 giorni fa (1993) di G.Gabrielli
Alan & Naomi (1991) di S.Van Wagenen
Europa Europa (1991) di A.Holland
Dottor Korczak (1990) di A.Wajda
Max e Helen (1990) di P.Saville
L orologiaio (1990) di K.M.Brandauer
Marta ed io (1990) di J.Weiss
Oltre la vittoria (1989) di R.M.Young
Music Box Prova d accusa (1989) di C.Costa-Gavras
Nemici, una storia d amore (1989) di P.Mazursky
Le due croci (1988) di S.Maestranzi
L amico ritrovato (1988) di J.Schatzberg
Non dire falsa testimonianza Il Decalogo Otto (1988) di K.Kieslowski
Fuga da Sobibor (1987) di J.Gold
Gli occhiali d oro (1987) di G.Montaldo
Il prezzo della vittoria (1986) di A.De Jong
Tornare per rivivere (1985) di C.Lelouch
In nome dei miei (1983) di R.Enrico.
La scelta di Sophie (1982) di A.J.Pakula
Mephisto (1981) di I.Szabó
Diritto d offesa (1981) di H.Wise
Playing for Time (1981) di D.Mann
La barca è piena (1980) di M.Imhoof
I ragazzi venuti dal Brasile (1978) di F.J.Schnaffner
Giulia (1977) di F.Zinnemann
La vita davanti a sé (1977) di M.Mizrahi
Le deportate della sezione speciale SS (1976) di R.Di Silvestro
Il maratoneta (1976) di J.Schlesinger
La linea del fiume (1976) di A.Scavarda
Mr. Klein (1976) di J.Losey
Diario di un italiano (1973) di S.Capogna
171
I Girasoli (1970) di V.De Sica
Paesaggio dopo la battaglia (1970) di A.Wajda
Il giardino dei Finzi Contini (1970) di V.De Sica
Judith (1965) di D.Mann
L uomo del banco dei pegni (1965) di S.Lumet
Fuga da Mauthausen (1963) di E.Zbonek
La passeggera (1963) di A.Munk, W.Lesiewicz
La ragazza di Bube (1963) di L.Comencini
Il falso traditore (1962) di G.Seaton
I due marescialli (1962) di S.Corbucci
Le quattro giornate di Napoli (1962) di N.Loy
Tiro al piccione (1961) di G.Montaldo
Vincitori e vinti (1961) di S.Kramer
L oro di Roma (1961) di C.Lizzani
Vincitori alla sbarra (1961) di F.Rossif
Exodus (1960) di O.Preminger
La lunga notte del 43 (1960) di F.Vancini
Giulietta, Romeo e le tenebre (1959) di J.Weiss
Il diario di Anna Frank (1959) di G.Stevens
La stella di David (1959) di K.Wolff
Hiroshima mon amour (1959) di A.Resnais
I perseguitati (1953) di E.Dmytryk
Odissea tragica (1948) di F.Zinnemann
L ebreo errante (1948) di G.Alessandrini
La settima croce (1944) di F.Zinnemann
Vogliamo vivere! (1942) di E.Lubitsch
Così finisce la nostra notte (1941) di J.Cromwell
Süss l Ebreo (1940) di V.Harlan
Documentari e Docu-Film
172
Apocalyps in Berlin 1945 (2003) di J.Mullner, A.Greulich - p.150
Broken silence (2002) di P.Chukhrai, V.Jasny, J.Szasz, L.Puenzo, A.Wajda
– p.120
Sobibor 14 ottobre 1943, ore 16.00 (2001) di C.Lanzmann - p.160
Gli ultimi giorni (1998) di J.Moll - p.119
Prigionieri italiani (1998) di M.Sani - p.145
Memoria (1997) di R.Gabbai, M.Pezzetti, L. Picciotto- p.144
Testimoni (1995) di A.Missoni - p.144
1943 La scelta (1993) di M.Calopresti - p.145
Pane pace e libertà: 1943-1945 (1993) di M.Calopresti - p.145
(1993) di M.Sani - p.140
Shoah Olocausto (1985) di C.Lanzmann - p.156
Memories of the Camps (1985) di S.Bernstein - p.149
Tempo del silenzio e della tenebra (1982) di N.Gladitz - p.75
Piazzale Loreto (1981) di D.Damiani - p.140
Il leone del deserto (1979) di M.Akkad - p.142
Nascita di una formazione partigiana (1973) di E.Olmi, C.Stajano - p.139
La tragedia di Cefalonia (1973) di D.Bernabei - p.140
Notte e Nebbia (1955) di A.Resnais - p.162
Il processo di Norimberga (1958) di F.Podmaniczky - p.149
L ultima tappa (1948) di W.Jakubowska - p.149
Nazi Concentration Camps (Usa 1945) di G.Stevens - p.147
Fossoli (1965) di C.Di Carlo - p.136
(1962) di L.Micciché, L.Del Fra, C.Mangini - p.136
Anatomia di un dittatore (1962) di M.Loy - p.136
Benito Mussolini (1962) di P.Prunas. - p.136
(1961) di C.Di Carlo - p.135
Il volto della guerra (1960) di L.Bizzarri - p.136
I sette contadini (1958) di E.Petri - p.135
(1954) di P. e V.Taviani - p.135
Lettere di condannati a morte della Resistenza (1953) di F.Fornari- p.136
Giorni di gloria (1945) di L.Visconti e M.Pagliero - p.134
La nostra guerra (1945) di A.Lattuada - p.135
(altri documentari)
La strada di Levi (2006) di D. Ferrario
Shlomo: un testimone (2003) di G.Sormani
La fuga degli angeli Storie del kindertransport (2000) di M.J.Harris
Uno specialista - Ritratto di un criminale moderno (1999) di E.Sivan
Il signor morte (1999) di E.Morris
Memoria (1997) di R.Gabbai
173
I ragazzi dell Olocausto (1995) di M.Gordon
Terezín Diary Il diario di Terezín (1989) di D.Weissman
L 81° colpo (1974) di H.Gouri, D.Bergman
Note aggiunte
(alcuni titoli con note, con l'intento di segnalare solo alcune opere e
non tutta la produzione fatta nel 2011 e 2012)
146
6,44% di share per 1.709.000 telespettatori
174
da decifrare di continuo, da sviscerare nel loro senso più
profondo. Per non dimenticare.
Uno dei momenti più toccanti è quando Paolini racconta la
storia di Ernest Lossa. Un bambino che resiste alle “cure”,
resiste alla fame. Ruba mele e le distribuisce agli altri. È così
simpatico che gli infermieri del reparto non riescono a fargli la
“puntura”. Dovranno chiamare un’esterna...
"Ausmerzen", ha un suono dolce: è una parola dolce che
nasconde un senso atroce. "Ausmerzen", secondo Paolini,
significa «sradicare», «sopprimere» e ha una sua origine
contadina: nel mese di marzo i pastori sopprimevano tutte
quelle bestie, le più gracili le più inferme, che non sarebbero
state in grado di sopportare la transumanza. Così il Nazismo.
Nel nome dell’eugenetica, Hitler decise di «ripulire il sangue»
della nazione. (Ma questa tesi come sappiamo era per il
messaggio "significante". C'era ben altro "significato" nel
pensiero Nazista!). I manicomi speciali sono la fase precedente
ai campi di sterminio.
Ma questi manicomi sono solo esistiti durante il Nazismo?
175
a loro modo gli ex deportati. Altri studenti hanno realizzato
"corti" su queste tematiche, con risultati originali e creativi.
Ma quello che ancor più è emerso in questo continuo dibattito
sulle tematiche proposte è l'attenzione per ciò che accade oggi.
Come fatto emblematico abbiamo dedicato una lezione al
regista Jafar Panahi condannato dal regime iraniano alla
inattività artistica ed espressiva:
NON E' LIBERO DI SCRIVERE UNA SCENEGGIATURA!
NON E' LIBERO DI SCRIVERE!
NON E' LIBERO!
NON E'!
O come riferimento ai "lager dei nostri giorni" abbiamo posto
l'attenzione su ciò che di recente un gruppo di politici (il
presidente della Commissione d'inchiesta del Senato è Ignazio
Marino) ha filmato durante una visita "a sorpresa" (passata su
RAI3 "Presa Diretta"147) fatta a Barcellona Pozzo di Gotto. In
questo comune di 40 mila abitanti in provincia di Messina c'è
uno dei sei Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Vi sono 284
internati in un edificio di fine Ottocento. Ecco cosa scrive
Claudia Fusani148: "Hanno trovato Giovanni, chiuso da 22 anni
nell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario Barcellona Pozzo di
Gotto legato ad una rete metallica, senza materasso e piena di
ruggine, con un buco in mezzo a mo' di latrina". Il giornalista
tv, Riccardo Jacona, che commenta le immagini dice: "nel buco
dello scarico di una latrina è calata una bottiglia d'acqua,
d'estate perché stia al fresco d'inverno perché non risalgano i
topi...". Una denuncia che non può non essere rivelata. La realtà
documentata dimostra che il rispetto per l'uomo viene negato
ancora oggi.
147
http://www.youtube.com/watch?v=A535K-IjVjg parte della trasmissione
andata in onda il 23 marzo 2011
148
"Unità" del 26.1.2012, articolo riprodotto
in:www.zeroviolenzadonne.it/rassegna/pdfs/79db8d1724c1a4fe34d8a47425
2258b5.pdf
176
Note d’autore tratte da http://www.jolefilm.it:
"Nel territorio del Reich, tra il 1939 e il 1945 centinaia di migliaia di
persone disabili e malati di mente, sono state uccise da medici e persone
impiegate in servizi che dovevano essere di cura: chi dice 200.000, chi di
più. Cittadini tedeschi: prima degli Ebrei, prima degli Zingari, prima degli
omosessuali, prima dei comunisti: prima di tutti, furono passati per il
camino i propri figli mal riusciti, in un mescolio di ragioni razziali
pseudoscientifiche ed economiche, non apertamente dette ma sapientemente
indotte per cui ciò che accadde per mano di pochi, accadde sotto gli occhi di
tutti.
Questa storia non ha testimoni c 'I sommersi' e i
salvati non hanno avuto parola e per molto tempo non hanno avuto rivolte
hé alla domanda di Primo Levi
protagonisti di questa storia una risposta era stata data molti anni prima,
nel 1920, con un piccolo libro che si intitolava così: 'Die Freigabe der
Vernichtung lebensunwerten Lebens' («Il permesso di annientare vite
indegne di vita»). Una storia che è stata schiacciata dai grandi numeri, per
anni è stata tenuta nascosta, la sua conoscenza e divulgazione sono state
scientemente rimosse.
Da chi e perché, sono domande aperte
Come è potuto succedere che medici, infermieri, personale di cura, abbiano
compiuto con fredd
sfrenata brama di uccidere e nello stesso tempo organizzato tutto in modo
neutrale e burocratico, al punto che nessuno riesce a leggere queste cose
Mitscherlich, nel suo
Medicina Disumana, Feltrinelli, 1967. Una storia che molti hanno sentito,
moltissimi ignorano, pochi conoscono. La shoa è stata raccontata a partire
177
dichiarata al mondo, ma dichiarata prima al proprio interno, per pulire la
razza, per eliminare i mangiatori inutili.
Le prime uccisioni ebbero luogo intorno all'ottobre del 1939, poco prima un
decreto ordinava alle ostetriche e ai medici di dichiarare tutti i neonati che
evidenziavano specifiche malformazioni o patologie e i bambini al di sotto
dei tre anni affetti da simili condizioni. I moduli con cui si dichiaravano i
bambini venivano compilati da ostetriche e medici, che li consegnavano agli
uffici sanitari locali; per evitare confusioni, gli uffici provinciali e statali
tenevano registri e controllavano che i moduli venissero trasmessi al
numero, per migliaia di omicidi. E anche qui, forse per ironia della sorte, i
nomi delle cose nascondono
La
macchina funziona ma bisogna fare attenzione alla gente, che non è
cia con
una campagna di manifesti, molto eloquenti, ma si sviluppa anche una ricca
sono clamorosamente c
Poi nel 1941 esce Ich Klage an (Io accuso). Serve per giustificare le misure
prese e mettere a tacere le critiche che, nonostante il lavoro
propagandistico fatto, erano ancora numerose.
Tra il 1939 e il 1941 sono più di 70.000 le persone disabili e malate di
178
mente uccise. Tra di esse, oltre 5.000 bambini, sottratti alle famiglie con
dopo la fine della guerra, con un numero di uccisioni che superò di gran
lunga la cifra del biennio precedente, fino a portare complessivamente
179
La chiave di Sara (Elle s'appelait sarah) (2011) di Gilles Paquet-Brenner
Basato su alcuni fatti accaduti nella Francia sotto l'occupazione tedesca
ebree tra cui quella di Joseph, 10 anni. Nella notte tra il 15 e il 16 Luglio,
oltre 13.000 ebrei furono arrestati a Parigi. Vennero divisi in 2 categorie: le
famiglie con figli e le persone nubili. Le prime, radunate nello stadio del
di
Drancy, alla periferia della capitale francese, in attesa di essere deportati
ad Auschwitz. Ma un mattino Joseph e gli altri bambini vengono separati
dai genitori
180
This Must Be the Place (2011) di Paolo Sorrentino
"Una storia basata su una rockstar del passato che all'età di 50 anni si veste
e si trucca come quando saliva sul palcoscenico. Cheyenne vive agiatamente
a Dublino. La morte del padre, con il quale non aveva più alcun rapporto, lo
spinge a tornare a New York. Scopre così che l'uomo aveva un'ossessione:
vendicarsi per un'umiliazione subita in campo di concentramento. Cheyenne
decide di proseguire la ricerca dal punto in cui il genitore è stato costretto
ad abbandonarla e inizia un viaggio attraverso gli Stati Uniti.
standing here beside me/I love the passing of time/Never for money/Always
for love /Cover up and say goodnight . . . say goodnight/Home - is where I
want to be/But I guess I'm already there/I come home - she lifted up her
wings/Guess that this must be the place".
181
Sorrentino, di ritrovare colui che perseguì il padre è quella di
ritrovare la propria storia. Cioè quella storia che per un tratto
dell'esistenza della rockstar era stata cancellata.
Per il regista la scelta finale di impartire al gerarca nazista la
stessa pena di milioni di internati (camminare nudo e al freddo)
crediamo che sia comunque una scelta sofferta. In quanto porta
con sé una vendetta, un'azione "equivalente" che difficilmente
noi possiamo tollerare. Ci sarebbe bastato come Cheyenne
guarda quell'uomo che la storia non ha assolto: è uno sguardo
che porta con sé il non perdono, il disprezzo per quel vecchio,
anche lui in fuga dal proprio passato, nel deserto di neve che il
regista ha magnificamente filmato.
The Reader - A voce alta (The Reader) (2007) diretto da Stephen Daldry
Partiamo dalla seconda parte del film: Michael è studente di
giurisprudenza all'università di Heidelberg e nell'ambito di un corso di
specializzazione assiste nel 1966, con il suo docente a un processo di ex
guardie delle SS nei campi di concentramento: con sorpresa riconosce
Hanna (che è stata la sua amante) tra le sei donne imputate di aver lasciato
morire, durante la grande marcia di spostamento dei prigionieri dai campi,
nel 1945. Erano oltre trecento donne ebree in una chiesa, dove queste si
erano rifugiate per passare la notte, che fu avvolta dalle fiamme a causa di
un bombardamento alleato. Durante il processo, viene inoltre a scoprire che
la donna aveva l'abitudine, durante il suo lavoro come guardia, di
costringere le prigioniere, specialmente le più deboli, a leggere per lei ad
alta voce prima che venissero mandate alla camera a gas: era quindi
sembrata volerle proteggere, ma infine non le risparmiava dalla loro tragica
sorte. Le altre imputate inoltre, indifferenti durante il processo, accusano
Hanna d'essere l'unica responsabile della strage sulla base di un
documento, che la donna avrebbe redatto all'epoca come rapporto ai suoi
superiori: nonostante che Hanna riconosca tale responsabilità e venga
condannata a vita, mentre le altre donne ebbero una pena risibile, Michael
sa che ciò non poteva essere vero, in quanto, e se ne rende conto solo allora,
la donna durante la loro breve relazione aveva dimostrato più volte di non
saper né leggere né scrivere. Capisce tuttavia che ciò che la spinge al
silenzio è la vergogna del proprio analfabetismo: Michael non lo sa, ma lo
spettatore intuisce che è la stessa vergogna che l'aveva portata, anni prima,
182
a far perdere le sue tracce dopo la promozione ad impiegata di ufficio, e
forse, ancora prima, ad arruolarsi con il ruolo di sorvegliante nelle SS, per
sfuggire ad una meritata promozione nelle industrie Siemens.
Passano ancora gli anni e Michael, ormai già sposato, divorziato e padre di
una figlia, ricordandosi della sua giovanile storia d'amore e conoscendo la
sorte di Hanna, decide di inviarle periodicamente delle registrazioni nelle
quali egli legge ad alta voce dei romanzi, come aveva fatto tanti anni prima
durante la loro relazione. La donna, ormai invecchiata, si procura i testi
scritti di ciò che riceve registrato a voce ed impara in questo modo a
leggere e a scrivere.
Alcuni anni dopo, un'assistente del carcere contatta Michael in quanto
Hanna, prossima a uscire dal carcere, non ha contatti con altre persone se
non con lui. Egli si reca a trovarla una settimana prima della scarcerazione
ma alla domanda di lui, se abbia mai pensato al suo passato di carceriera e
criminale di guerra, Hanna risponde con durezza: «che cosa sarebbe
cambiato? i morti sono morti». Michael si irrigidisce e conclude
freddamente l'incontro, senza peraltro comprendere un'altra frase
pronunciata dalla donna: «...che cosa ho imparato? Ho imparato a
leggere», che riassume la tragicità della sua esperienza e offre una parziale
ma impietosa rilettura di sé. Il giorno prima della data prefissata Hanna si
suicida nella sua cella.
183
184
SITOGRAFIA
www.massimopuliani.blogspot.com
www.facebook.com/massimopuliani
http://it.wikipedia.org/wiki/Massimo_Puliani
e.mail: massimopuliani@tin.it
Intensa l
cinema e Tv. Si occupa di eventi multimediali e promuove festival
tematici: ha diretto fino al 1993 TeatrOrizzonti di Urbino (sulla
nuova scrittura scenica); ha promosso la celebrazione del
centenario beckettiano a Macerata, a Cagli e al DAMS di Bologna .
Come regista ha realizzato oltre 20 produzioni teatrali (fra cui opere
di Beckett, Genet e Majakovskij), e multimediali televisive (fra cui la
Sanguineti e Stefano
185
.
Teatro
della
Memoria
Samuel Beckett, Thomas
Bernhard, Renato Sarti,
Giorgio Strehler, Moni
Ovadia, Arnoldo Foà,
Ascanio Celestini, Marco
Paolini - Il caso
Fo/Albertazzi
di Massimo Puliani
ISBN 978-88-97045-
01-4
alle stor
186
Sergente di Rigoni Stern e Paolini.
La Memoria
Garanzia di
Libertà
Storie di deportazioni
raccontate dagli Internati
Militari Italiani e altre storie
di prigionia nelle Marche
(docu-interviste, diari di
guerra e mappatura degli
archivi on-line)
di Massimo Puliani
ISBN 978-88-97045-05-2
187
interessato potrà richiedere il DVD
Report
Paolini
Informazione/Spettacolo
Verità/Finzione
di Massimo Puliani
Alessandro Forlani
ISBN 978-88-97045-02-1
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Marini Marco Paolini
Applicazioni
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nell'era del
Web 2.0
I nuovi modi di gestire le
informazioni e le relazioni in
internet
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di Massimo Puliani
ISBN 978-88-97045-07-6
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come un piccolo manuale, le basi che i nuovi utenti del web 2.0
dovrebbero necessariamente conoscere.
Il Sipario
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La conversione
multimediale del teatro in
tv: De Filippo, Carmelo
Bene, Ronconi, Beckett,
Barberio Corsetti, Paolini.
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delle nuove tecnologie.
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delle opere video di Beckett
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Krypton: punto di ri-partenza Beckett, Omaggio a Carlo
Quartucci: Beckett Primo Amore, ecc.
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