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DINO RISI
IL SORPASSO
DINO RISI
IL SORPASSO
Grazie a Francesco Casetti e a Leonardo Quaresima che hanno visiona-
to lo scritto. Per l’aiuto nel reperimento di alcuni materiali ringrazio
Aldo Grasso, Paolo D’Agostini e Fabrizio Natalini.
Prefazione
1
Si veda a questo proposito Enrico Giacovelli, La commedia all’italiana,
Gremese, Roma 1990, p. 41.
2
Gian Piero Brunetta (a cura di), Storia del cinema mondiale. L’Europa, le
cinematografie nazionali, vol. 3 (tomo 2), Einaudi, Torino 2000, pp. 943-
944.
3
Rileva Claudio Camerini – in Riccardo Napolitano (a cura di), Comme-
dia all’italiana. Angolazioni controcampi, Gangemi, Roma 1985, pp. 179-
192 –, attraverso la ricognizione delle critiche degli anni ’60, che già al-
lora Il sorpasso veniva indicato come un film di riferimento in questo
senso. Tale considerazione sembra essere un dato ormai acquisito dalla
letteratura; dice infatti Giacovelli: «C’è tutto eppure non c’è niente di
troppo in questo film che rappresenta la commedia all’italiana al suo
grado più alto» (Enrico Giacovelli, Un secolo di cinema italiano, 1900-
1999. Dalle origini agli anni Sessanta, Lindau, Torino 2002, p. 262).
4
Enrico Giacovelli, La commedia all’italiana cit., pp. 114-119.
5
Ivi, p. 117.
Il film
Titolo: Il sorpasso
Origine: Italia
Anno: 1962
Regia: Dino Risi
Soggetto e sceneggiatura: Dino Risi, Ettore Scola, Rugge-
ro Maccari
Dialoghi: Ettore Scola, Ruggero Maccari
Fotografia (b/n, 1 x 1,85): Alfio Contini
Scenografia e costumi: Ugo Pericoli
Montaggio: Maurizio Lucidi
Aiuto regista: Guglielmo Ambrosi
Operatore: Maurizio Scanzani
Segretario di edizione: Renato Rizzuto
Arredamento: Enrico Fiorentini
Musiche: Riz Ortolani
Canzoni: Guarda come dondolo e Pinne fucile ed occhiali di
Rossi e Vianello (cantate da Edoardo Vianello); Per un atti-
mo di Naddeo (cantata da Peppino di Capri); St. Tropez twi-
st di Cenci e Faiella (cantata da Peppino di Capri); Don’t
22 DINO RISI. IL SORPASSO
1
Dice Risi a questo proposito che il film «non si chiamava ancora Il sor-
passo e non finiva allo stesso modo; [...]siamo stati due giorni in giro io
e Sonego in macchina, per la campagna romana, parlando di questa co-
sa». In Franca Faldini, Goffredo Fofi (a cura di), L’avventurosa storia del
cinema italiano raccontata dai suoi protagonisti, 1960-1969, Feltrinelli, Mila-
no 1981, p. 122.
2
Valerio Caprara, Dino Risi. Maestro per caso, Gremese, Roma 1993, p. 91.
3
Tratto da un’intervista televisiva a Dino Risi, all’interno di Storie. Un
viaggio nella vita di persone non banali, programma ideato e condotto da
Gianni Minà per Rai2.
4
Tatti Sanguineti (a cura di), Il cinema secondo Sonego, Transeuropa, Bo-
logna 2000, p. 147.
5
Sulla paternità del Sorpasso le versioni sono discordanti, come rileva
Oreste De Fornari che così ricostruisce la vicenda: «C’è un piccolo gial-
lo filologico intorno al soggetto del Sorpasso, a causa di certe dichiara-
zioni di Alberto Sordi: “Ero andato da Sonego e gli avevo detto: ‘C’è un
diavolo, uno stronzo che ti batte sempre la mano sulla spalla ecc. Uno
che conosci, che ti offre l’aperitivo, che ti condiziona perché ti sta sem-
pre appresso... Bisognerebbe cercare di realizzare questo personaggio,
perché è un protagonista della vita di oggi in via Veneto, in tutti questi
posti un po’ alla moda’. Mentre stavamo in Svezia ci giunse la notizia
che Dino Risi stava realizzando Il diavolo e lo chiamava Il Sorpasso... per
noi fu molto grave, soprattutto per Sonego che era, diciamo, quello che
aveva concepito la cosa. Volevamo veramente intraprendere un’azione
legale perché Risi aveva preso l’idea e l’aveva realizzata senza dircelo”.
32 DINO RISI. IL SORPASSO
Sonego conferma con qualche variante questa versione dei fatti, preci-
sando che il soggetto, da lui scritto per Sordi e Gérard Blain e intitolato
Il diavolo (“tutto uguale al film, compreso l’itinerario e il finale”) fu of-
ferto a De Laurentiis. Ma Sordi riluttava. Così decisero di partire col re-
gista Polidoro per la Svezia, dove Il diavolo divenne il titolo di un film
tra il comico e il turistico sulle disavventure di un maschio latino in li-
bera uscita, fra vichinghe disinibite, pastori luterani, premi nobel, sau-
ne miste. In seguito, prosegue Sonego, “Sordi ha protestato con De Lau-
rentiis perché gli hanno levato il più bel soggetto della sua vita. ‘Ti sta
bene’ gli ha risposto Dino. Per la cessione dei diritti sul soggetto ci sia-
mo messi d’accordo tra di noi, alla buona, come usa in questi casi”. Ri-
si dà un resoconto differente. “L’idea è mia. Avevo scritto il soggetto e
l’avevo venduto a Marcello Girosi, il quale poi l’ha ceduto a Cecchi Go-
ri. È nato da un viaggio che ho fatto con due personaggi straordinari.
[...] Avendo pensato a Sordi, mi ero rivolto a Sonego, che era il suo au-
tore. Con Sonego abbiamo chiacchierato per un paio di giorni, non di
più”. Poi si optò per Gassman e per il tandem Maccari-Scola. Dal canto
suo Cecchi Gori afferma di aver acquistato il soggetto da Girosi, accre-
ditando così la versione Risi, sebbene non sia affatto sicuro che il sog-
getto fosse stato scritto proprio dal regista». In Oreste De Fornari (a cu-
ra di), Il sorpasso: 1962-1992. I filobus sono pieni di gente onesta, Edizioni
Carte Segrete, Roma 1992, pp. 13-14. In occasione della redazione di
questo volume di De Fornari, Sonego ha recuperato il manoscritto del-
la scaletta del film, di cui De Fornari pubblica un breve stralcio. Sulla
questione Scola altrove ha dichiarato: «Il sorpasso era un soggetto di Ri-
si, nato dall’osservazione dei comportamenti di un ispettore di produ-
zione, durante un viaggio per i sopralluoghi di un film [...]. Su Il sorpas-
so ho letto qua e là strane affermazioni di Sordi e di Sonego, secondo i
quali Il sorpasso era un film che avrebbero dovuto fare loro. È vero sol-
tanto che di quella sua idea di soggetto Risi aveva parlato, prima che
con noi, con Sordi, pensando a lui come protagonista; ma poi il film non
andò avanti, forse perché non interessava a De Laurentiis, forse perché
Sordi partì per un altro film: Risi pensò a Gassman e per la sceneggia-
tura si rivolse a Maccari e a me» (Antonio Bertini, Ettore Scola. Il cinema
e io, Officina Edizioni, Roma 1996, p. 53).
6
La dichiarazione è tratta dalla terza puntata di Ciak si scrive, documen-
LA STORIA DELLA STORIA 33
tario Rai di Pino Adriano (con la consulenza di Ugo Pirro), dedicato al-
la sceneggiatura.
7
Franca Faldini, Goffredo Fofi (a cura di), L’avventurosa storia del cinema
italiano cit., pp. 122-123.
8
Antonio Bertini, Ettore Scola cit., p. 53. De Fornari rileva altre curiosità
a proposito della stesura della sceneggiatura: «Per esempio in una pri-
ma stesura le due turiste nel cimitero militare tedesco scambiavano bat-
tute tra il didascalico e l’improbabile (“Però, quanti! Ma che ci facevano
qua in Italia?”, ”Mah! Una generazione ottusa, senza fantasia. Non tro-
vavano di meglio che fare la guerra e schiattare”, “Per dar retta a quel
matto coi baffetti. Come si chiamava?”, “Hitler, Himmer, boh!”) [...]. Ma
poi quelle battute sono state cancellate con un tratto di penna; è rimasto
solo, a suggerire la memoria corta della nuova generazione, “Però,
quanti! Ma che ci facevano qua in Italia?”, a sua volta sparito in fase di
riprese», in Oreste De Fornari (a cura di), Il sorpasso: 1962-1992 cit., p. 37.
9
Risi afferma che le prime discussioni di sceneggiatura non prevedeva-
no il finale che poi ebbe il film e ipotizzavano che Trintignant si ribellas-
se a Gassman e il corruttore morisse; in Franca Faldini, Goffredo Fofi (a
cura di), L’avventurosa storia del cinema italiano cit., p. 123. Sonego sostie-
ne che «l’amore che portavo al mio film mi fece convincere Dino Risi, il
quale in un primo tempo non se l’era sentita nemmeno lui, di girare il
finale previsto, lo schianto»; in Tatti Sanguineti (a cura di), Il cinema se-
condo Sonego cit, p. 148. Sempre a proposito del finale, dice Scola che
«nelle conversazioni con Dino, una delle possibilità che valutammo per
il finale era che il “timido”, contagiato da quella cicala implacabile, tro-
vasse un migliore contatto con la realtà, con la gente, con le ragazze, ac-
quistasse una più sana vitalità: il breve viaggio serviva a maturare que-
sto giovanotto. Ci parve insufficiente e così – scartata l’idea moralistica
di far morire il corruttore – venne il finale giusto» (affermazione tratta
da Antonio Bertini, Ettore Scola cit., pp. 53-54).
10
Pietro Pintus (a cura di), Commedia all’Italiana, parlano i protagonisti,
Gangemi, Roma 1985, p. 127.
11
Anche in questo caso le versioni non collimano perfettamente, poiché
Sordi ha dichiarato che «quando hanno fatto Il sorpasso, io e Sonego era-
vamo in Svezia a fare Il diavolo. Peccato, è un film molto bello, mi è dispia-
ciuto non farlo, soprattutto per Sonego. Al ritorno dalla Svezia ci fu l’idea
34 DINO RISI. IL SORPASSO
Sequenza 1
Ore 12.00. L’incontro: Roma Balduina.
Un uomo percorre – su una rombante Lancia Aurelia
Sport supercompressa – le strade della periferia romana
deserta e assolata cercando un telefono pubblico che non
riesce a trovare; si ferma a bere a una fontanella e alzando
lo sguardo nota un ragazzo che timidamente l’osserva da
una finestra; gli chiede di usare il telefono, sale in casa, si
presenta: così Bruno Cortona finisce nell’appartamento di
Roberto Mariani, studente fuori sede di legge impegnato
nella preparazione degli esami. Bruno si informa distratta-
mente degli studi di Roberto (apprende che è di Rieti, pro-
voca con qualche svogliata domanda notizie sulla famiglia
del ragazzo, intuisce l’interesse di Roberto per la vicina di
casa) mentre inveisce contro gli amici che non l’hanno
aspettato all’appuntamento convenuto (per le undici ed è
mezzogiorno) e manifesta un certo nervosismo per la pro-
spettiva di un ferragosto solitario o ancor peggio in com-
pagnia della madre. Poi Bruno saluta, esce dall’apparta-
36 DINO RISI. IL SORPASSO
Sequenza 2
Ore 13.00. L’inizio del viaggio: da Roma a Civitavecchia.
La proposta dell’aperitivo si trasforma in invito a pran-
zo fuori porta (essendo quasi l’una), cui Roberto seppur
controvoglia non riesce a sottrarsi. I suoi pensieri vengono
sempre contraddetti dalle sue parole. Cortona guida speri-
colatamente per le strade del centro di Roma e viene mul-
tato dal sonoro fischio di un vigile senza neppure accor-
gersene; Roberto si sente «nelle mani di un pazzo» ma non
manifesta esplicitamente la propria preoccupazione. I due
iniziano il viaggio alla ricerca di un ristorante che non tro-
vano e nel mentre Bruno racconta di sé («a me la poesia
mica me convince tanto, me piace la musica, questo per
esempio... questo è forte... è mistico sa’… è ’na cosa che te
fa pensà... eh... la musica... a me Modugno me piace sem-
pre... quest’Uomo in frac me fa impazzì... perché... pare una
cosa da gnente e invece... ahò... c’è tutto la solitudine, l’in-
comunicabilità e poi quell’altra cosa quella che vada di
moda oggi l’a... l’alienazione») strombazzando il clacson,
salutando o insultando passanti, ciclisti e automobilisti che
supera. Nel frattempo sono fermati da un prete mentre in-
seguono due ragazze tedesche in macchina; nel tentativo
di adescare le due straniere, rinunciano alla sosta in una
trattoria fuori porta e finiscono in un cimitero, che scam-
biano per un’abitazione privata: Roberto cerca di dissua-
SINOSSI 37
Sequenza 3
Ore 14.00. La sosta: il distributore di benzina.
La sosta al distributore di benzina si trasforma per Ro-
berto in nuove occasioni di disagio: è incapace di rifiutare
i soldi che Bruno con disinvoltura gli chiede in prestito,
inoltre resta inavvertitamente chiuso dentro il bagno del-
l’autogrill e ne esce, grazie a Bruno, con grande imbaraz-
zo. La spavalderia di Bruno fa vacillare le sue scelte (chie-
de all’amico: «Senti... perché hai detto che sto sbagliando
tutto?»). Ma, nonostante la sua irruenza, anche Bruno è co-
stretto a frustrare molte delle sue ambizioni: la cassiera lo
disdegna, le sigarette non si riescono a trovare.
Sequenza 4
Ora di pranzo. La prima meta: il ristorante a Civitavecchia.
Sulla strada verso Civitavecchia, a causa del pestilen-
ziale fumo del sigaro di un contadino a cui hanno dato un
passaggio, Roberto si sente male. Arrivati a Civitavecchia
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Sequenza 5
Pomeriggio. La seconda meta: verso Grosseto, dagli zii di Rober-
to.
Bruno, arrivati a destinazione, sovverte le convinzioni e
i ricordi dello studente, guardando alle cose in modo di-
sincantato e smascherando certe realtà percepite diversa-
mente da Roberto; gli fa notare l’omosessualità del came-
riere «Occhifino»(e l’evidenza del soprannome, che capo-
volto suona come «Finocchio») e la paternità del fattore
dello spocchioso cugino Alfredo (non figlio dello zio Mi-
SINOSSI 39
Sequenza 6
Sera. La terza meta: Castiglioncello e il Cormorano Night Club.
Arrivati a Castiglioncello, al Cormorano Night Club,
Bruno incontra un commendatore con cui è in affari, ma
l’imbarazzo per un prestito non onorato lo porta a cercare
di rappezzare la situazione andando a cena col commen-
datore e i suoi amici. Liquida sbrigativamente Roberto il
quale va in stazione per prendere un treno per Roma, ma
non trovandolo (l’orologio della stazione segna le 22.30 e il
40 DINO RISI. IL SORPASSO
Sequenza 7
La notte e il giorno dopo. La quarta meta: Versilia, dalla ex mo-
glie di Bruno.
Roberto ubriaco guida l’Aurelia indossando un naso
posticcio verso la casa di Gianna, ex moglie di Bruno; arri-
vano a tarda notte, accolti con materna e caustica indiffe-
renza dalla donna. Bruno, incapace di un ruolo paterno
tradizionale (che pure improvvisa stigmatizzando l’anzia-
no fidanzato Bibì della figlia Lilly, la quale rientra a tarda
ora: «All’una di notte sta ancora in giro?», dice Bruno) e re-
spinto in una patetica avance dalla moglie, decide di non
accettare l’ospitalità della sua ex famiglia e di trascorrere la
notte in spiaggia con Roberto, scambiandosi confidenze in-
time (dice Roberto: «Prima di buttarmi mi chiedo sempre
dove andrò a cadere, così non mi butto mai, sono un creti-
no» e risponde Bruno: «Noooo, che cretino, anzi sei in
gamba, so’ io che sono un balordo, bé ne riparliamo doma-
ni»). Al mattino successivo i due vengono svegliati dai ru-
mori festosi dei bagnanti, da un pallone, dalle canzoni da
spiaggia. La giornata trascorre tra le spacconate di Bruno
SINOSSI 41
(fa sci d’acqua, cerca una puerile rivalsa con Bibì in una
forsennata gara a ping pong, sperando di spillargli qual-
che soldo) e le sue incapacità paterne, e le deboli pressioni
di Roberto che vorrebbe ripartire (ma il suo orologio è fer-
mo, crede siano le nove e invece è già l’una passata); infi-
ne Roberto telefona a Valeria ma non la trova; i due deci-
dono di andare a Viareggio a cercare la ragazza.
Sequenza 8
L’ultimo viaggio: verso Viareggio.
In un ultimo folle duello stradale sulla strada, Roberto
appare ormai galvanizzato (dice all’amico: «Bruno ho pas-
sato con te i due giorni più belli della mia vita»): incita al
sorpasso e alla corsa forsennata; e mentre Bruno è impe-
gnato in una serie di sorpassi temerari, tra l’urlo degli
pneumatici sull’asfalto e il clacson impazzito, Roberto
guarda con un ultimo lampo di preoccupata prudenza il
contachilometri, sfiora il corno portafortuna che penzola
dal cruscotto e saluta con gesto chiaroveggente un bimbo
seduto su un Ape che si allontana. Dietro a una curva, sul-
la scogliera di Calafuria, l’Aurelia esce di strada: Bruno rie-
sce miracolosamente a saltare fuori dalla macchina e a sal-
varsi ma l’auto precipita giù dalla scogliera e per Roberto
non c’è speranza. Ai poliziotti accorsi che chiedono notizie
della vittima, Bruno risponde che si chiamava Roberto ma
che non ne conosceva il cognome.
Viaggio nel film.
Come Lucignolo e Pollicino, come Huck e Jim,
prima di Billy e Wyatt
Viaggio contro
Viaggio a rischio
1
La concezione del viaggio come re-azione (psicologica, emotiva) di
personaggi ad avvenimenti, anziché come azione di personaggi sugli
ambienti, evidenzia tutta la modernità ideologica del Sorpasso. D’altron-
de la distribuzione assiologica sui due personaggi subisce continui ri-
baltamenti (Bruno, in un primo momento incarnazione della vacua su-
perficialità, coglie con acume la verità di certe situazioni, come la vera
paternità del cugino Michele; d’altro canto la solidità di Roberto ben
presto scivola nell’indeterminazione e nell’inadeguatezza a vivere).
Questo continuo confondere le acque adottando sul piano delle strate-
gie narrative punti di vista differenti, quello «dell’Eroe e quello dell’An-
tieroe, in un vai e vieni che porta a dissolvere il senso di un fronte net-
to, di una divisione di campo» dove non si capisce «se il bene sia vera-
mente bene e il male veramente male», è uno degli elementi tipici del
regime della «narrazione debole» proprio della modernità cinematogra-
fica, come scritto in Francesco Casetti, Federico di Chio, Analisi del film,
Bompiani, Milano 1990, p. 208.
52 DINO RISI. IL SORPASSO
2
Ovviamente il riferimento imprescindibile in questo senso è a Vladimir
Jakovlevicˇ Propp e al suo Morfologija skazi, coll. Voprosi poetiki, n.12,
Gosudarstvennij Insitut Istorii Iskusstva, Leningrad 1928 (trad. it.,
Morfologia della fiaba, Torino, Einaudi 1966). Propp ha utilizzato le fiabe
russe come repertorio per la costituzione di una grammatica del raccon-
to (in una cultura data e storicamente determinata), in cui elementi ar-
chetipici – che possono superficialmente assumere forme diverse nelle
singole favole – seguono in realtà, e nell’architettura testuale soggiacen-
te, le medesime logiche narrative.
3
Oreste De Fornari (a cura di), Il sorpasso: 1962-1992. I filobus sono pieni
di gente onesta, Edizioni Carte Segrete, Roma 1992, p. 36.
4
Nel trattamento Bruno afferma: «Io senza l’agendina dei telefoni, mi
sento perduto. Potrei telefonare a mamma e fargliela cercare...» (facen-
doci intuire che vive ancora con la madre) ma poi desiste per il timore
di dover passare il ferragosto con lei. Nel film la battuta è stata sacrifi-
cata (ed è rimasto solo: «Mi sa che mi tocca passà il ferragosto con mam-
ma!»), ma l’evocazione della madre resta comunque forte (per convin-
cere Roberto a seguirlo: «Mamma dice che il lavoro dei giorni festivi
non rende!»).
5
Oreste De Fornari, (a cura di), Il sorpasso: 1962-1992 cit., p. 36.
6
Frasca osserva che «la coppia serve solitamente al narratore (letterario
o cinematografico) per fornire un ritratto sfaccettato e profondo dei per-
sonaggi attraverso il loro dialettico interagire, in modo che essi formino
due personalità molto differenti, suscettibili di completarsi dall’unione
che ne scaturisce. In base ai dialoghi, ai diversi atteggiamenti, alle anti-
tetiche reazioni di fronte ad eventi improvvisi e in relazione al vario mo-
do di intendere pensieri, esistenza e situazioni, il narratore ha sempre
l’intenzione di offrire uno spaccato di personalità pronte ad integrarsi,
compenetrarsi e anche trasformarsi strutturalmente» (in Giampiero Fra-
sca, Road movie. Immaginario, genesi, struttura e forma del cinema america-
no on the road, UTET, Torino 2001, p. 17).
7
Ivi, p. 15
8
Ivi, p. 109
9
Oreste De Fornari, (a cura di), Il sorpasso: 1962-1992 cit., p. 51.
10
La camera-car, che consente le riprese di oggetti in movimento, è «quel-
l’automezzo dotato di sospensioni morbide e di un sistema di ammor-
VIAGGIO NEL FILM 53
tizzatori che attutiscono i sussulti che il congegno incontra nel suo spo-
stamento. Questo dispositivo può essere considerato la cifra stilistica
per eccellenza dei film sulla strada perché con il suo movimento fluido
permette spostamenti di considerevole entità a una velocità variabile,
utilissimi nelle occasioni in cui è necessario illustrare i movimenti di
personaggi dotati di auto, motociclette, camion, o di qualunque altro
mezzo si muova sulla strada», in Giampiero Frasca, Road movie cit., p.
92.
11
Sulla posizione, sul ruolo e il percorso che lo «spettatore modello» è in-
dotto a compiere (in relazione alle scelte enunciazionali operate) all’in-
terno di un testo filmico dato, si veda Francesco Casetti, Dentro lo sguar-
do. Il film e il suo spettatore, Bompiani, Milano 1986.
12
Secondo Metz perché lo spettatore possa calarsi nella realtà del testo
filmico è necessario che si inneschino dei processi simbolici di identifi-
cazione. La prima forma di identificazione (identificazione primaria)
operata dallo spettatore è con il proprio sguardo e dunque, con la mac-
china da presa; l’identificazione primaria si produce innanzitutto sul
piano dell’enunciazione linguistica. Su un piano narrativo invece lo
spettatore si immedesima con uno o più personaggi diegetici (attuando
l’identificazione secondaria). Si veda Christian Metz, Le signifiant imagi-
naire, UGE, Paris 1977 (trad. it. Cinema e psicanalisi, Marsilio, Venezia
1980).
13
Il doppio ruolo – di personaggio e di narratore – attraverso cui si de-
finisce Roberto (fino alla sequenza in casa della ex moglie di Bruno),
rafforza la sua presenza e il suo peso all’interno degli equilibri enuncia-
zionali del testo filmico, offrendo allo spettatore implicito un punto di
vista (emotivo-psicologico) assai marcato al quale ancorarsi.
14
Interessante il ruolo – in senso diacronico – assunto dalla voce del nar-
ratore over nel Sorpasso, poiché, come ricostruisce Federica Villa, «con i
primi anni ’60 i narratori in voce over si fanno presenza sporadica e
sprofondano sempre più nel mondo rappresentato. È il caso di Il sorpas-
so […], dove la voce che si sente non è più strettamente over, ma è quel-
la chiaramente di un monologo interiore, precisamente la verbalizzazio-
ne del pensiero di Roberto. Da “Forse era meglio se telefonavo io, non
so neanche chi è, non lo conosco… magari con la scusa, ma no” a “Ades-
so ci lascia soli e che le dico a questa”, tutti gli interventi di Roberto rap-
54 DINO RISI. IL SORPASSO
Inquadratura 2
Campo lungo della periferia romana deserta; da dietro
un’angolo, sulla destra, sbuca l’Aurelia che si avvicina alla
macchina da presa e, seguita in panoramica, imbocca
sgommando un senso vietato.
Inquadratura 3
Campo medio di una strada desolata; da sinistra com-
pare l’Aurelia, percorre qualche metro e si ferma; l’auto-
56 DINO RISI. IL SORPASSO
Inquadratura 4
Panoramica in soggettiva delle saracinesche abbassate
dei negozi, sopra a cui sono affissi una serie di avvisi com-
merciali.
Inquadratura 5
Campo medio dell’Aurelia; l’uomo si risiede in auto, in-
grana la retromarcia riparte a tutta velocità e si allontana
sul fondo del campo.
Inquadratura 6
Campo lungo della strada periferica, sullo sfondo di pa-
lazzoni e di esercizi chiusi; da sinistra si vede arrivare, die-
tro una nuvola di polvere, l’automobile che percorre il
campo da destra a sinistra, compie una curva a «U» e af-
fianca un negozio che, proprio in quel momento sta abbas-
sando l’ultima saracinesca ancora semiaperta; l’auto ripar-
te, riattraversa la strada, poi rallenta e si ferma davanti al-
l’insegna di un telefono pubblico; l’uomo scende, cerca
uno spicciolo nella tasca, si avvicina alla saracinesca che
protegge il telefono e infila una mano tra le maglie, sfor-
zandosi di raggiungerlo.
Inquadratura 7
Dettaglio della mano che si sforza spasmodicamente
ma inutilmente di raggiungere il telefono a muro per infi-
larvi un gettone.
L’INIZIO DEL VIAGGIO 57
Inquadratura 8
Mezza figura dell’uomo che si guarda intorno pensan-
do al da farsi e con passo baldanzoso ritorna alla macchi-
na, sale, si rimette alla guida e riparte con rabbiosa alle-
gria.
Inquadratura 9
Campo medio dell’Aurelia che arriva dal fondo della
strada, attraversa il campo seguito in panoramica, si fer-
ma; l’uomo scende scavalcando la portiera e si avvicina a
una fontanella, seguito da una brevissima zoomata.
Inquadratura 11
Soggettiva in controcampo: contreplongée in campo
lungo di un palazzo con persiane totalmente abbassate;
dietro all’unica tapparella sollevata, s’intravede la sagoma
seminascosta di qualcuno che guarda fuori dalla finestra.
Inquadratura 12
Controcampo dell’uomo (in piano americano) che beve
alla fontanella mentre si discosta dal rubinetto rivolgendo-
si all’estraneo che lo osserva dalla finestra: «Ehi lei, dica un
po’…».
58 DINO RISI. IL SORPASSO
Inquadratura 13
Controcampo del ragazzo in mezza figura alla finestra,
che istintivamente sentendosi scoperto, si ritrae dalla fine-
stra.
Inquadratura 14
Soggettiva in controcampo dell’automobilista alla fon-
tanella: plongée in campo lungo dell’uomo che si stacca
dalla fontanella e si avvicina allo stabile.
Inquadratura 15
Mezza figura dell’automobilista che guardando verso
l’alto dice: «Aò, ma che fa, scappa?».
Inquadratura 16
Controcampo del ragazzo in mezza figura alla finestra
che, imbarazzato, si riavvicina al davanzale negando con
un cenno della testa.
Inquadratura 17
Contocampo dell’uomo in mezza figura che guardando
verso l’altro, chiede al ragazzo: «Senta qui è tutto chiuso,
che c’ha il telefono?».
Inquadratura 18
Controcampo del ragazzo in mezza figura alla finestra
che esitante risponde: «Sì...»; e poi rispondendo all’uomo
in fuori campo che gli chiede: «Me lo fa un piacere?», con-
tinua: «Sì… certo...».
L’INIZIO DEL VIAGGIO 59
Inquadratura 19
Soggettiva in controcampo: plongée dell’uomo che re-
plica: «Mi fa il 1326624 chiede di Marcella grazie eh!».
Inquadratura 20
Controcampo del ragazzo in mezza figura alla finestra
che ascolta le richieste dell’uomo, la cui voce in fuoricam-
po insiste: «Le dica che arrivo subito... aspetti... così passia-
mo a prendere gli altri…».
Inquadratura 21
Controcampo dell’uomo in mezza figura che continua,
rivolgendosi verso la finestra e gesticolando: «Se lo ricorda
il numero, è facile no? 13 raddoppia 26 inverte 62…».
Inquadratura 22
Controcampo del ragazzo alla finestra che ascolta le ul-
time indicazioni della voce dell’uomo in fuoricampo «... e
c’ammolla il 4», e poi si ritira verso l’interno della stanza.
Inquadratura 23
Interno della stanza. In sottofondo una musica classica.
Il ragazzo in piano americano si allontana dalla finestra e
avvicinandosi al telefono sulla scrivania, ripete mental-
mente: «1326624 chiedo di Marcella... le dica che…».
Inquadratura 24
Esterno della strada. Contre-plongée dell’uomo che di
spalle si allontana, andandosi a sedere sulla fontanella.
60 DINO RISI. IL SORPASSO
Inquadratura 25
Interno della stanza. Piano americano del ragazzo alla
scrivania, che sollevato il ricevitore, esita, si ferma e riflet-
te, tra sé e sé: «Chi arrivano... non mi ha neanche detto il
suo nome?…», indicando l’uomo fuori dalla finestra.
Quindi posa il telefono, si dirige verso la finestra e prima
di affacciarsi spegne il giradischi.
Inquadratura 26
Mezza figura del ragazzo che sporgendosi dal davanza-
le, propone con voce strozzata all’uomo in strada:
«Sent...».
Inquadratura 27
Esterno della strada. Contre-plongée dell’uomo che se-
duto sulla fontanella si sistema le scarpe; in fuori campo il
ragazzo schiarendosi la voce, gli grida: «Se... senta?» e l’au-
tomobilista chiede svogliato: «Ha già chiamato?».
Inquadratura 28
Mezza figura del giovane che affacciato al balcone, ri-
sponde: «No pensavo che... se vuole salire su così chiama
lei stesso».
Inquadratura 29
Esterno della strada. Contre-plongée dell’uomo che se-
duto, replica: «Buona idea, che interno è?»; «Quattro» spie-
ga in fuori campo il ragazzo; l’uomo avvicinandosi alla
macchina ammonisce: «Arivo! Senta dia un po’ un’occhia-
ta alla macchina che qui a ferragosto con tutta ’sta gente in
L’INIZIO DEL VIAGGIO 61
giro…».
Inquadratura 30
Esterno della strada. Campo medio dell’uomo che si ac-
costa all’Aurelia, da cui prende le chiavi e poi sempre ri-
volgendosi al ragazzo: «Che ha detto, interno quattro?
Vengo volando», e poi andando verso il portone saltellan-
do e canticchiando: «Con le pinne, il fucil gli occhiali …
Arivoo» ed entra nel portone.
Inquadratura 31
Interno della stanza. Mezza figura del ragazzo alla scri-
vania che pensa a voce alta: «Forse era meglio se telefona-
vo io... non so neanche chi è... non lo conosco... magari con
la scusa... ma no!», ma i suoi pensieri sono interrotti da uno
scampanellio vivace, quindi prudentemente prende i soldi
sul tavolo, se li mette in tasca ed esce di campo.
Inquadratura 32
Interno della stanza. Totale dell’ingresso. Il ragazzo si
avvicina alla porta d’ingresso mentre il campanello conti-
nua a strepitare e apre la porta all’uomo che entrando in
casa, chiede: «Ma che non funziona il campanello? Scusi
tanto eh... ma è mezz’ora che giro è tutto chiuso... Roma
sembra un cimitero... Permette? Bruno Cortona» e gli strin-
ge la mano avviandosi al telefono; «Roberto Mariani» si
presenta il ragazzo.
Analisi della prima sequenza.
Spaziando nei luoghi (comuni),
perennemente sulla soglia del Miracolo (economico)
sto del film, già contenendolo tutto in nuce, il suo senso ri-
posto o nascosto, la ricerca infruttuosa e fallita in partenza
di un proprio spazio vitale.
Nella prima sequenza un uomo percorre con spavalde-
ria nervosa il quartiere romano della Balduina alla ricerca
di un telefono pubblico e di un pacchetto di sigarette. Da-
vanti a lui si «srotolano» solamente luoghi desolati, abban-
donati dalla frenesia festaiola del ferragosto: con lo sguar-
do percorre in successione una serie di esercizi chiusi so-
pra a cui compaiono piccole affissioni (presumibilmente
con le indicazioni del periodo di vacanza), disegnando in
soggettiva una lunga simbolica teoria di insegne listate a
lutto (dirà infatti, Bruno Cortona, nel primo dialogo con
Roberto Mariani, che «Roma pare un cimitero!»). Perché è
attraverso il racconto delle ferie – una sorta di metafora fe-
rale della civiltà dei consumi – che nel Sorpasso si intrave-
dono da subito, in filigrana, i germi della malattia, i sinto-
mi patologici di quel mondo del boom, apparentemente
così appetibile e luminoso. Anche gli emblemi del boom –
ad esempio il telefono pubblico, medium di una massa de-
siderosa di celebrare collettivamente il favoloso benessere
economico – sono in realtà irraggiungibili, protetti dietro
alle maglie di una saracinesca, una specie di tabernacolo
che imprigiona religiosamente gli oggetti di culto, renden-
doli inaccessibili e trasformandoli in reliquie del Miracolo
(economico). L’incipit del film potrebbe virtualmente rap-
presentare allora l’epitaffio di una società dell’oro che an-
cora impegnata a officiare in allegorici rituali pagani il pro-
prio apologo, è incapace di vedere il proprio declino. L’ini-
zio del Sorpasso, costellato com’è da un insieme di allusio-
ANALISI DELLA PRIMA SEQUENZA 65
Un inizio «periodico»
1
Dice Magrelli: «Il viaggio è, da subito, movimento attraverso lo spazio
nel testo e movimento del testo stesso, movimento dell’autore e del let-
tore nel testo e, infine, in alcuni casi, di quest’ultimo verso i propri prin-
cipi organizzativi. […] Il viaggio consente allo spazio di farsi testo e al
testo di raccontare lo spazio, e a entrambi di assumere, a loro volta, i
tempi e i rischi di un percorso da seguire, una collocazione mitica da
svelare». Enrico Magrelli, Ad ovest di nessun Est, in Giorgio Simonelli,
Paolo Taggi (a cura di), L’altrove perduto. Il viaggio nel cinema e nei mass
media, Gremese, Roma 1987, p. 25.
2
Come osserva Villa, è l’intero film che è «teso tra un’entrata e un’usci-
ta di strada». Federica Villa, L’inventio del quotidiano in Leonardo Quare-
sima (a cura di), Il cinema e le altre arti, Marsilio, Venezia 1996, p. 282.
3
Maurizio Grande, Abiti nuziali e biglietti di banca, Bulzoni, Roma 1986,
p. 69.
4
Noël Burch, Praxis du cinéma, Gallimard, Paris 1969 (trad. it. Prassi del
cinema, Il Castoro, Milano 2000).
5
Ivi, p. 30.
6
Ivi.
7
Ivi.
8
Federica Villa, L’inventio del quotidiano cit.
9
Ivi, p. 282.
10
Ivi.
11
Ivi.
12
Ivi.
13
Ivi.
14
Ivi.
Antologia critica
In tutta la serie di film che trova forse nel Sorpasso di Risi una
delle opere iniziali più significative, i motivi del viaggio, la mol-
teplicità degli incontri, l’accumulazione dei tipi, se consentono
di estendere lo sguardo alle stratificazioni sociali ed alla tipicità
dei fenomeni di massa, non consentono di produrre individual-
mente un senso assai relativo. Il senso nasce più per accumula-
zione che da un discorso diretto e i simboli fluttuanti dell’evasio-
ne di massa (automobili, feste, alberghi e pensioni familiari, in-
contri sotto l’ombrellone, colonne sonore di canzoni di successo)
consentono di registrare, come un termometro sensibilissimo,
tutte le trasformazioni più massicce ed evidenti dei modelli so-
ciali e culturali degli italiani inebriati dalla scoperta del consumi-
smo. Si giunge al boom, lo si rappresenta, ed è subito crisi.
Valerio Caprara, Dino Risi. Maestro per caso, Gremese, Roma 1993.
boom. In lui Risi scopre un tipo di italiano che, pur vivendo ven-
tiquattr’ore su ventiquattro in maschera, in perpetuo movimen-
to, inventando nuovi riti, celebrando nuovi miti, è completa-
mente svuotato di ogni profondità umana. Al di là della masche-
ra (all’inizio divertente, poi grottescha e funerea) c’è tutto un iti-
nerario di comportamenti obbligati, di condizionamenti.
Gian Piero Brunetta, Storia del cinema italiano, vol. 4, Editori Riuniti, Ro-
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