di Fabio Ragonese
INTRODUZIONE pag.
1
Il Neorealismo italiano
I maestri
La memoria del tempo
CONCLUSIONI pag.
19
La musica che convisse con il Neorealismo
FILMOGRAFIA pag.
22
BIBLIOGRAFIA pag.
23
INTRODUZIONE
il Neorealismo italiano
I MAESTRI
Il 1942 è un anno di vitale importanza nella storia del cinema italiano. Escono nelle sale
le quattro opere pioneristiche che inaugurano la stagione neorealista, destinata a durare
per almeno dieci anni. Appaiono nell’ordine: Quattro passi fra le nuvole di A. Blasetti; I
bambini ci guardano di V. De Sica; con la sceneggiatura di C. Zavattini, Gente del Po di
M. Antonioni (che però non prenderà parte all’evoluzione del movimento); e infine
Ossessione di L. Visconti, che adatta il romanzo Il postino suona sempre due volte di J.
Cain. Quest’ultimo dimostrò il suo reale valore attraverso il suo eccezionale eclettismo
artistico. Già abbiamo parlato della brillante eredità artistica e culturale dalla quale trova
risorse e si sviluppa il neorealismo cinematografico. Ebbene Visconti interpreta alla
perfezione la sinergia tra teatro, musica, e cinema e in un certo senso compare
puntualmente sulla scena, quando si cominciò ad avvertire la necessità di risollevare
dalle ceneri del conflitto e dalla repressione del fascismo la ricchezza artistica dell’Italia
da liberare. Quello che più conta, infatti, nell’avviare la carriera del regista milanese, e
degli altri neorealisti è l’aver trovato un contrappunto ideologico straordinario, da
opporre ai canoni estetici che fino ad allora sembravano dover elevare la
strumentalizzazione politica del cinema a potenzialità espressiva riconosciuta della
settima arte.
Quelli che fecero la “fortuna” del movimento furono i già nominati De Sica e Visconti,
ai quali vanno aggiunti, De Santis e Rossellini. Quest’ultimo, anche se giunto in ritardo,
viene considerato il padre del Neorealismo avendo avuto il merito di aver realizzato due
opere cardine come Paisà e Roma città aperta. L’opera sulla capitale da liberare rimarrà
l’unico film neorealista ad aver avuto un riconoscimento tanto ampio quanto protratto
nel tempo, mentre la scena della Magnani mitragliata dai nazisti è ormai un manifesto
del cinema mondiale.
Lo scopo di questa ricerca è analizzare il rapporto tra immagini e sonoro che uno
dei maestri del neorealismo, Luchino Visconti, rappresentò nei suoi tre film di
quella stagione del cinema (dal 1943 al 1951) e attraverso la sua opera, risalire al
senso che ebbe la colonna sonora nei film di quell’epoca.
OSSESSIONE (1943)
La funzione espressiva del contesto musicale
Il leitmotiv del film è essenzialmente composto per archi, accompagnati spesso dalla
grancassa; sono presenti anche il piano e l’arpa nelle sequenze centrali. Ancora una
volta, anche nella scelta degli strumenti è rintraccabile a livello connotativo il tema
ideologico dell’opera. A mio avviso, infatti, gli archi e le percussioni interpretano il
dualismo conflittuale tra aspirazione ed immanenza e di conseguenza, lo stato di
eccitazione e di inquietudine che si riflettono nei personaggi. Gli archi eseguono, tra
motivo ricorrente e variazioni sul tema, un fraseggio frammentato e un movimento
marcato ma irregolare; le percussioni suggeriscono un timbro opaco e profondo e un
ritmo irregolare e gravoso. Il modo minore contribuisce a creare un’atmosfera cupa e di
spossante attesa. In realtà la musica non salirà mai di tonalità a sottolineare la linearità
prevedibile del cammino dei protagonisti. Comunque, la musica che accompagna le
scene è legata al loro stato emotivo. La sua funzione è quella di intensificare il
sentimento di angoscia espresso da Gino e Giovanna nel lottare tra l’attrazione verso la
libertà e il vincolo terreno dello stato delle cose.
La tessitura musicale tende a trasmettere un effetto realtà, attraverso il gancio empatico
con le vicende degli amanti. Possiamo dire che il Rosati compone un sottotesto musicale
che rafforza il copione centrale del film, e più che accompagnare le sequenze, sublima il
contatto emotivo tra occhio esterno e protagonisti. Vuole rivelare la forza interiore delle
interpretazioni, il “realismo lirico” della composizione scenica.
Visconti, per colmare il vuoto lasciato dall’”aura” cinematografica:
“…fond les images avec la musique, mais ainsi pour atteindre
une grande expressivité…1”
Nel far questo, Visconti si affida alla tradizione del melodramma e dell’opera lirica, nel
lasciare alla musica un compito di edulcoratrice dell’atmosfera scenica che accresce la
portata espressiva perchè:
“…la musique a également pour fonction, d’exprimer ce qui
n’est pas transportable au niveau des gestes et de la visibilité:
l’intériorité, le moment de la reminescence et de l’aspiration…2”
Un contributo piu efficace nel definire l’effetto realtà prodotto dalla musica c’è dato da
M. Chion:
“… la función dramática de la música es la sugestión material
de una realidad sensible…3”
1
Le sense et l’image di Y. Ishagpour
2
Le sense et l’image di Y. Ishagpour
3
L’ audiovision di M. Chion
entender que la copia petrificada de la realidad parezca confirmar
de repente esa espontaneidad de la que se había visto privada por
su fijación. En este movimiento interviene la música, que en
cierto modo restituye la fuerza de gravedad, la energía
muscular y la sensación de corporeidad…4”
Che ne sarebbe infatti, del momento in cui Gino chiude dietro di sè la porta del locale,
non appena uscito il Bragana, per avvicinarsi a Giovanna, se mancassero i colpi della
grancassa intervallati dalle graffianti note di violino, che marcano la passione e l’ardore
con il quale è definito l’incontro degli amanti? Non avrebbe certo la stessa efficacia
espressiva anche se fosse accompagnato dal rumore reale.
In definitiva, possiamo affermare che tutti gli interventi di musica non diegetica centrano
l’attenzione sul commento della scena presente, accrescendo il valore drammatico. Gli
interventi di musica diegetica, invece, possiedono, quasi tutti, una connotazione
premonitrice. Ribadiscono, in maniera più o meno esplicita, l’esito scontato
dell’avventura patita. In realtà, a tale intuizione. pare conducano anche alcuni attacchi di
fiati (tromba o oboe?) all’interno del leitmotiv del Rosati.
Tra le sequenze maggiormante caratterizzate dalla presenza di musica diegetica va
senz’altro menzionata quella del concorso canoro al quale partecipa il Bragana, poco
prima che i due amanti prendano la decisione critica di provocare la sua morte.
Si tratta della sequenza seguente a quella del nuovo incontro dei tre ad Ancona, dopo la
prima fuga di Gino. Bragana invita generosamente Gino ad entrare nel locale dove si
svolgerà la manifestazione e Gino accetta per ovvi motivi. Qui, Visconti indugia su di un
parallelismo: Bragana si esibirà sul palco con l’Andante della Traviata. Nell’opera di G.
Verdi i protagonisti, Violeta e Alfredo, si amano dopo essersi conosciuti ad una festa
presentati da un loro amico (così come Gino chiama il Bragana quando spiega allo
Spagnolo la sua fretta di andarsene) e la “Taverna degli amici” è il nome della locale,
nel film. Gino seduto ad un tavolo con Giovanna, le dichiara inequivocabilmente il suo
4
El montaje di S. M. Eisenstein, estratto da El cine y la música di Eisler, Adorno
amore e Giovanna contraccambia. Alle loro spalle, Bragana si esibisce fiero nel brano da
lui scelto.
La sequenza del concorso canoro ribalta, in Ossessione, la consueta architettonica del
testo narrativo adottata da Visconti. Se infatti, la struttura dei rapporti FIGURA-
SFONDO è tipica del film viscontiano quanto del teatro operistico, in queste scene, il
protagonista che canta il brano della Traviata occupa un’importanza subalterna allo
svolgimento del dialogo tra Gino e Giovanna. Ciò può essere chiaramente considerata
una presa di posizione identitaria dell’opera filmica sull’opera teatrale, ma è certamente,
anche, la dichiarazione d’identità del cinema neorealista in senso verbocentrista.
Questo è uno dei casi di utilizzo contrappuntistico del copione musicale nel senso di una
trasgressione puntuale e significativa del rapporto prospettico tra musica ed immagini
nell’ambito della finzione.
Altre occasioni relative all’uso di commento musicale anempatico sono rintracciabili
nelle sequenze della festa nel bar dopo la morte del Bragana: c’è un’orchestra che suona
ritmi popolari da danza, mentre Gino e Giovanna vivono conflittualmente il peso del
rimorso. L’altra è presente nella scena nella quale Giovanna informa Gino di aver
riscosso i soldi dell’assicurazione sulla vita del marito. Gino rifiuta seccamente di
accettare il denaro. I due litigano e sullo sfondo va una canzonetta allegra emessa da una
radio nella piazza. Rimane da tener presente, che questi ultimi esempi analizzati si
distinguono dagli altri casi di musica diegetica, oltre che per il valore contrappuntistico,
anche nel lasciar percepire un amaro commento umoristico da parte del regista, sulla
penosa situazione vissuta dai protagonisti.
LA TERRA TREMA (1948)
La diegesi sonora del destino
Con Roma città aperta, Rossellini aveva dato avvio a una doppia linea di ricerca,
tra democrazia ideologica e democraticità di linguaggio, rottura delle convenzioni
spettacolari e apertura al dialogo con il pubblico popolare. Tale processo giunse a un
punto di sviluppo massimo con La terra trema di Luchino Visconti.
Proiettato nel 1948-1949, il film tende a presentarsi come una summa dell’esperienza
neorealista: dopo cinque anni di silenzio (Ossessione, 1943), il regista vuole tornare ad
assumere un ruolo guida, mostrandosi capace di fornire un’indicazione esemplare per lo
sviluppo e il superamento della fase attraversata dal cinema postbellico italiano.
La terra trema segna un avvicinamento deciso all’ottica marxista: si tratta di un apologo
sul sorgere della coscienza di classe negli sfruttati, che fuoriescono dall’orizzonte
individualistico attraverso la lotta comune contro l’oppressione economica. Quello che
fa Visconti è riprendere la tradizione dell’arte e del pensiero borghesi nei suoi risultati
più avanzati e inverarli nella prospettiva di un ribaltamento del dominio di classe. Il suo
obiettivo è adottare i procedimenti neorealisti ed estremizzarli per potenziarne le
capacità di presa.
Così La terra trema viene diretto senza sceneggiatura prefissata, nei luoghi stessi in cui
è ambientato il racconto ed ha per interpreti i pescatori siciliani di Acitrezza, i quali si
esprimono in dialetto. A questo parossismo veristico che ostenta di dare il massimo
valore documentario alle immagini, fa però riscontro una studiatissima elaborazione del
materiale: da ciò, il preziosismo delle inquadrature, i parallelismi e gli effetti
contrappuntistici.
La terra trema è condotto su di una varietà di temi e piani che vanno dal dramma
all’idillio, dalla coralità di piazza al raccoglimento domestico e che nell’insieme
compongono un’opera intellettualmente complessa, affascinante ma di ardua
comprensione.
Dal punto di vista della colonna sonora, risulta interessante, soprattutto, analizzare il
geniale lavoro svolto dal solo Visconti sui dialoghi tra i pescatori. Sovrapposti uno
sull’altro, risultano veri e propri brani polifonici, incisi in presa diretta. Dunque alle
musiche di repertorio (sulle quali lavorò Willy Ferrero) si alternavano quelle create da
Visconti attraverso quei dialoghi serrati, coronati da concertati che possiamo definire
operistici nelle scene di massa dei pescatori.
Anche in questo film, sono presenti elementi delle sue radici teatrali, ma questa volta
manca un evidente rapporto SFONDO-FIGURA, se si considera che le vicende della
famiglia Valastro sono sempre legate a quelle di tutto il paese. Visconti rappresenta una
coralità oggettiva, il cui insieme sembra scaturire dall’emergere di una coscienza
collettiva che anima l’azione. La scena paradigmatica di questo principio è quella della
rivolta dei pescatori contro i grossisti durante la contrattazione del pesce; lo stesso valore
ha, anche , la precedente scena nella piazza del mercato di fronte al mare. Il vero
protagonista della sequenza è la voce umana, con le sue modulazioni: l’urlo, che esprime
il richiamo all’attenzione; il dialogo serrato, incomprensibile e concitato; infine il canto,
nelle cui parole è contenuta la sapienza del luogo, il viscerale legame tra destino
dell’uomo e destino dell’opera.
Le stesse campane del paese, paiono assumere le vesti di diegesi del fato annunciando
l’imminente pericolo della burrasca, e cadenzando l’angosciosa e solenne attesa l’attesa
del verdetto del mare: il ritorno o il non ritorno dei pescatori.
Più tardi, suoneranno ancora una volta a sentenziare il triste destino piombato sulla
famiglia Valstro, e poco dopo rintoccheranno, questa volta a festa, per celebrare il
battesimo delle nuove barche di Acitrezza pronte a salpare.
Anche il silenzio, inteso come assenza di sonoro “recitato”, svolge un ruolo importante
nell’ambientare la vicenda in un luogo e tra persone che non conoscono altra voce che
quella del mare. Il loro rapporto con la natura è di rassegnazione e di rispettosa
dipendenza. La loro visione del mondo lascia poco spazio alla fantasia. Così, quando
‘Ntoni ed altri giovani pescatori decidono di prendere il posto degli anziani per porre
fine alla tolleranza del sopruso, la scena si lascia ritmare dalle tre risatacce consecutive
provenienti dalle barche vicine, che commentano con disprezzo l’irruenza dei rivoltosi.
Quando ‘Ntoni si troverà nella miseria a causa del fallimento della sua iniziativa, diventa
un disgraziato. Gironzola tutte le notti, ubriaco, con i vagabondi del paese, ma quella
non è la vita che gli si addice. Così, mentre si ode un’armonica di uno dei suoi amici
suonare, in casa Valastro si parla di come sia cambiato il loro ‘Ntoni e del dramma della
povertà. Questo è l’unico esempio di musica diegetica che pone dei dubbi sulla fedeltà
alla presa diretta del sonoro. Sembra, infatti, che la musica si riproduca nella casa per
simboleggiare la risonanza tematica della discussione in atto.
BELLISSIMA (1951)
La musica in funzione anti-neorealista
5
tratto da L’elisir d’amore di G. Donizetti
anempatica vuol dire imporre una scelta del piano diegetico che impedisce il
raggiungimento del congiunto espressivo tra sonoro e immagini. In altre parole, si
provoca un distacco inevitabile dal dramma cosciente e il sorgere di una suggestione
simbolica del piano sonoro in contrasto con quello delle immagini. La musica viene,
così, a perdere la sua funzione di finestra sullo “spazio interiore della soggettività” dei
personggi, per assumere un senso prevalentemente simbolico di una chiave di lettura
sottestuale al film. Nel momento in cui la musica conquista un suo discorso autonomo,
oltre a far perdere, in parte, di significato al sentimento di immedesimazione (quindi al
livellamento narrazione-vissuto) realizza il disimpegno dalla rappresentazione della
coscienza collettiva che riporta l’opera filmica ad un grado di accessibilità di volta in
volta determinato dall’autore.
Con Bellissima, Visconti chiude la sua stagione neorealistica rinnegando l’utopia di un
linguaggio cinematografico democratico e denunciando la fine di un’epoca nella quale il
cinema aveva voluto trasmettere una visione unniversale dell’uomo.
Anche durante la scena di Annovazzi e Maddalena in riva al fiume, nella quale si
riconosce la vocazione neorealista di Visconti, nel far arrivare il dialogo all’intimità,
senza passare per l’idillio, è presente un elemento discordante. Ancora una volta è la
scelta del commento musicale ad essere determinante: quando, infatti, Annovazzi attacca
disinvolto e sicuro con la sua sdolcinata e languida dichiarazione:
“…la vita è bella,…
…cosa crede, io lo so che lei vuole bene a suo marito…”
6
L’elisir d’amore di G. Donizetti
“…che ‘nze po’ scherza’?…7”
CONCLUSIONI
La musica che convisse con il Neorealismo
7
Trad: “que te pego, eh!”…”¿es que no se puede bromear?
Il fallimento, dal punto divista del pubblico, e quindi commerciale, fu dovuto, secondo
me, al fatto che all’uscita da una crisi, il neorealismo non seppe interpretare l’esigenza di
una distensione di pensiero che la popolazione civile reclamava in luogo di una dolorosa
risonanza delle sofferenze patite. Per questo, probabilmente, solo i circoli di intellettuali
borghesi, rimasero attratti da quest’ottica rivoluzionaria. Non avevano pagato con il
sangue il prezzo della storia. Più tardi, quel cinema che al principio era stato
sopravanzato dall’entusiasmo neorealista seppe riorganizzarsi raccogliendo la sfida
culturale di quest’ultimo ma con i contenuti blandi e pittoreschi della narrativa rosa e
della commedia farsesca. Nacque il neorealismo rosa.
Quando, però, Visconti prenderà le distanze dal movimento, ammettendo il fallimento
della missione anche sotto l’aspetto culturale (che era poi lo stesso riconoscimento del
pubblico non borghese), lo fa non come De santis e Rossellini, che si ripiegarono in una
sorta di “pessimismo storico”, bensì realizzando un’opera meta-neorealistica che parla
con serenità e schiettezza del mancato idillio tra realtà popolare e cinema. Bellissima
diventa la “scatola nera” della corrente neorealista.
I suoi commenti contrappuntistici, in particolar modo, quelli musicali, sono rivolti a
trasmettere il senso dell’incomunicabilità tra i due mondi. La musica impiegata nei suoi
film, rappresentativa di indiscutibili successi popolari che dovevano suscitare l’empatia
con i personaggi, si trasformano per l’equivoco della mancata predilezione del pubblico,
in veicoli di un intellettualismo e di una raffinatezza espressiva, accessibili solo a partire
dalla comprensione del lirismo figurativo dell’autore. A mio avviso, la musica dei film
neorealisti, che non è stata ancora studiata come tale, è stata dimenticata perchè ha
rappresentato soltanto un complemento, seppure indispensabile, del complesso
drammatico delle sequenze. Non ha mai conosciuto un discorso autonomo,
un’indipendenza di giudizio, che se, però, avesse ottenuto, avrebbe aggiunto qualcosa di
difficilmente inquadrabile nell’ottica neorealista. È rimasta ottenebrata dal mancato
raggiungimento di quello che oggi chiamerebbero target, e non ha goduto della
rivalutazione critica che ora si fa del neorealismo nell’insieme, come corrente
cinematografica. L’utilizzo, d’altro canto, di musica diegetica, non è servito allo scopo
appena detto, per il fatto che i brani inseriti nei film, in genere canzoni, avevano un
successo indipendente dalla loro vetrina cinematografica. Al contrario, oggi, si possono
costruire successi discografici, partendo dall’introduzione di brani in successi
cinematografici, tanto che si possono vedere i primi superare i secondi.
Quello che è successo alla musica neorealista può essere definito processo di
“neutralizzazione”:
“…el estilo musical en el sentido ordinario, es decir,el
material empleado, se hace en gran medida indiferente.
Esta es la función precisa de la composición planificada…8”
che corrisponde anche al processo di fusione tra musica e immagini che dà luogo al
valore aggiunto di un testo audiovisuale. Ciò fa sì che si perda di vista l’effetto di
riempimento dei limiti realisti, che si realizza prolungando l’emozione di una frase o di
uno sguardo un po’ più in là del tempo che concede un immagine.
Questa è la sfortuna toccata alla musica del cinema neorealista: essere ignorata; tanto da
poter dire, che ci fu una musica che convisse con il cinema neorealista, ma non ci fu una
musica neorealista.
8
El cine y la musica di Eisler, Adorno