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La commedia è un genere, il genere è un regolatore della narrazione e in particolare i generi del cinema
sono categorie con le quale si definiscono un gruppo di opere insieme, per temi, effetti e reazioni da parte
del pubblico. Altri generi sono ad esempio noi, crime, western, commedia; sono quindi insieme che
raggruppano in sé film simili. Il genere si caratterizza anche per ripetizioni da film in film, ma anche
innovazioni, evoluzioni.
La commedia solitamente racconta vicende di gente comune (al contrario della tragedia), alle prese con
situazioni ordinarie e quotidiani, situazioni affrontate in chiave comica. La reazione che si chiede allo
spettatore è quella della risata, della leggerezza. I temi che la commedia racconta solitamente sono quelli
del sentimento, dell’amore, dell’incontro tra due giovani che si desiderano ma la cui relazione è ostacolata,
equivoci, impedimenti, scambi di identità, talvolta posti da persone contrarie che portano questa relazione
a non vivere nella tranquillità, ma la si raggiungerà nel finale, happy ending che spesso sono nozze ma che
significano anche integrazione, inclusione sociale attraverso appunto il matrimonio ma eventualmente
anche il lavoro. Si conclude con quei abiti nunziali-biglietti di banca (Maurizio Grande) come dice lui in
questo libro. La commedia ha momenti differenti. 1.Commedia Italiana degli anni 30-40, 2. Degli anni 50, 3.
Degli anni 60.
1. Quella degli anni 30/40 è la commedia realizzata sotto il fascismo l commedia dei telefoni bianchi, del
filone collegiale scolastico, delle commedie all’ungherese, “le risate di regime” le uniche risate che il regime
acconsente e che controlla, racconta vicende sentimentali, leggere, destinati i spettatori a far evadere gli
spettatori senza alcuni richiamo alla realtà. Sono veramente poche però le commedie di questo genere e
che soprattutto vengono approvate. Commedie dei telefoni bianchi perché si vedono i protagonisti che
rispondono a questi telefoni bianchi simboli della lussuosità. Filone collegiale-scolastico perché raccontano
di turbamenti amorosi all’interno della scuola. Le commedie sono ambientati in interni. All’ungherese
perché sono delle trasposizioni, adattamenti dell’Ungheria, tutto purché parlare dell’Italia del momento.
Molti film sono però andati perduti.
2. La commedia degli anni 50 viene definita “commedie del neorealismo rosa” o “le commedie
bozzettistiche”; sono le commedie del secondo dopoguerra dove il governo degli anni 50 con Giuseppe
Andreotti inveisce contro uno di questi film attraverso un articolo sulla rivista della democrazia cristiana
all’epoca al potere, dicendo “basta con questo neorealismo che racconta della realtà italiana (povera,
disoccupati, pescatori). Non è più possibile continuare con questo cinema che mostra l’Italia in questo
modo”. Si passa dal cinema neorealista al “cinema del centrismo” dettato quindi dal partito centro-
democratico e dalla democrazia cristiana e allora si pensano a nuove produzioni e ci si orienta verso la
commedia. Si definisce quindi “commedia del neorealismo rosa” perché del neorealismo prende gli attori
non professionisti, le ambientazioni autentiche, e le vicende sentimentali che si verificano sempre tra
giovani della Roma popolare trasteverina o a province del meridione poveri dove si spera di vivere con i
soldi di speranza. “Commedie bozzettistiche” perché si tratta di bozzetti di realtà, tratti della vita
quotidiana.
3. Le commedie degli anni 60 sono più ciniche e più cattive, che rispecchiano gli anni del boom economico,
dell’industrializzazione e modernizzazione che però portò alla divisione di nord e sud portando quindi ai
flussi migratori. Sono definite “commedie del boom” o “commedie della congiuntura” cioè specchio e
riflesso del nuovo panorama italiano. Il personaggio si prefissa quindi l’obiettivo di raggiungere un florido
futuro e una buona condizione economica che lo fanno sentire più di quel che è, come avviene nel Gaucho
ad esempio ma si ispira anche ad una condizione matrimoniale e riconciliazione amorosa come in Bello
onesto immigrato. L’amore comunque in questo caso non è il tema centrale ma lo è questa nevrosi del
personaggio di dover raggiungere per forza quel benessere, che solitamente non va a buon fine ma si
converte nello scappare, nella sconfitta, perdita sociale e sconfitta identitaria. I personaggi solitamente
diventano delle maschere, fingono dal loro essere per ottenere qualcosa, e la massima espressione
dell’italiano medio è Alberto Sordi ne Il gaucho, insieme a Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman e Nino
Manfredi. Sono degli illusi, dei perdenti a cui non ne va mai bene una forse perché aspirano a qualcosa a cui
non posso arrivare e perché le aspettative che sbandierava il boom degli anni 60 erano troppo alte.
-Testo del capitolo della prof nel libro con Diadori bla bla bla. Parla dei Soliti Ignoti film in cui questi bravi
uomini si credono in grado di essere una brava banda criminale con un piano dettagliato e scientifico per
scassinare una cassaforte, ma in realtà distruggono la parete sbagliata e si trovano poi in cucina a mangiare
un piatto di pasta e ceci e poi finiranno a lavorare nel cantiere. Parlerà poi di Divorzio all’italiana. E’ Germi a
dare l’espressione “all’italiana” alla commedia, che sta a significare “tutto all’italiana”. Parla del Barone
Cefalù detto Fefé che si innamora della cugina ma non può divorziare perché in Italia al tempo non lo
permette e quindi lui organizza un piano per mandare la moglie tra le braccia di un amante per poi
commettere il luxioricidio per essersi offeso.
Vediamo quindi questi personaggi che risultano arroganti ma in realtà sono molto fragili e subiscono
sconfitte che in fin dei conti non accettano, Succede ad esempio a A Gassman nel Gaucho che sempre si
riprende dai momenti no con la sua ironia, con la battuta come quando entra nella cabina del pilota, come
quando somiglia un uomo ad Hitler. E questo succede in particolare nel Gaucho perché Marco Ravicchio
non riesce a raggiungere quel benessere e miracolo economico tanto osannati. E queste commedie per
questo sono tragicomiche perché ogni risata e poi amara ed ha dietro una sconfitta.
IL GAUCHO- 1964 DINO RISI
Marco Risi il figlio del regista scrive un romanzo uscito nel 202 “Forte respiro rapido” che ci racconta come
è nato Il Gaucho. Ricorda come l’Argentino amava Dino Risi e Vittorio Gassman grazie al successo de “Il
Sorpasso-1962” (altro film di Dino Risi). Gli argenti però, due anni dopo, non apprezzarono il Gaucho poiché
si sentirono trattati da “provincialotti” e sostenevano che anche gli immigrati italiani non ci facevano una
gran bella figura. Gli argentini in particolare non perdonarono la scena in cui Vittorio Gassman spuntava
schifato il mate, una bevanda tipica argentina a cui tengono molto. Addirittura un giornale argentino dedicò
un articolo a questo gesto. Anche in Italia il film non riscosse grande successo riscuotendo una brutta critica
cinematografia, anche Morando Morandini lo criticò. Nonostante il gaucho sia uno dei film di meno
successo della commedia all’italiana, fu poi nel futuro riconsiderato, anche se Risi stesso ammise che la
realizzazione è nata in maniera un po’ casuale e cialtronesca. Il modo un po’ improvvisata avviene perché
l’idea è di approfittare di una vacanza in argentina, per partecipare ad un festival del cinema con l’intento di
omaggiare la cinematografia italiana, abbiamo quindi un film nel film. Risi accetta quindi seriamente l’invito
di questa vacanza e poi scrivere alcuni momenti della sceneggiatura. Il fatto che il film nasce un po’ così lo
racconta sempre Marco Risi, dicendo che gli sceneggiatori si inventarono di sana pianta un personaggio
strano, il personaggio era quello di un vecchio amico di Marco Ravicchio, che in precedenza si era trasferito
in Argentina e che Marco, dall’Italia si era inventato che lui trasferendosi ce l’aveva fatta, si era realizzato
mentre invece aveva fallito su tutti i fronti. L’idea venne da un cugino del regista stesso che da Milano si era
trasferito a Buenos Aires e che non aveva avuto successo, ma l’idea nacque anche dalla coincidenza di
avere Nino Manfredi in Argentina. Loro decisero quindi tra una pausa e l’altra di coinvolgere Nino Manfredi
per fargli interpretare appunto Stefano questo amico. Fu Ettore Scola a scrivere questo incontro dando vita
ad una scena molto tragicomica, vale a dire quella di Stefano Liberati che si nasconde dall’amico per non
farsi vedere che vive nella miseria, per poi far ritrovare i due amici al tavolo che si rivelano le loro misere
vite. Marco Risi definisce questa scena uno dei momenti più belli dei film di suo padre e non solo.
Qua abbiamo in realtà due facce dell’emigrazione, e ce ne parla sempre Marco Risi:-l’italiano che non ce
l’ha fatta, l’emigrazione perdente, Stefano Liberati( Nino Manfredi), fallito; -L’italiano che ce l’ha fatta,
l’emigrazione vincente, milionario, l’Imprenditore L’ingegnere Maruchelli (Amedeo Nazzari). Vedremo però
che anche se cos ingenuo e entusiasta che sicuramente ce l’ha fatta, l’ingegnere è un emigrante egoista,
privilegiato che si dimentica degli altri emigranti italiani poveri.
Quello su cui ci soffermiamo però è che nell’incontro tra Ravicchio e Stefano, emerge il loro mascherare gli
insuccessi, dicono che va tutto bene, giocano a fare i burloni, gli imitatori ma poi getteranno la maschera
nel loro confronto, diranno tutti i loro fallimenti, fallisce il sogno del boom economico (di Ravicchio) e
fallisce il sogno dell’emigrazione (di Stefano). Doppia faccia: fallimento boom e fallimento emigrazione.
Questa sequenza non prevista dona al film una tonalità più profonda, drammatica e meno cialtronesca. E’
come un asso della manica che svolta tutto. La specularità tra i due è data anche dal dialogo: “MARUCHELLI:
Ma se fossi partito nel ’55? LIBERATI: Ma se fossi rimasto nel ’55? Le cose sarebbero andate diversamente?
MARUCHELLI: Magari avrei fatto bene ad emigrare nel 55 quando tu mi hai chiamato di venire qua;
LIBERATI: Magari avrei fatto bene io a rimanere in Italia nel ’55 in cui c’è il boom e si sta bene”; e si
spalleggiano e cercano una risposta positiva l’uno nell’altro e nella scelta dell’altro ma non la trovano. Poi in
verità si daranno poi la colpa l’uno sull’altro dicendo che “sono loro che non ci sanno fare” quando in realtà
la colpa è delle condizioni sociali e del paese.
Già dalla recitazione capiamo che qualcosa non va, Stefano scappa, poi dice che la sistemazione è
provvisoria, ecc.
Poi quando Maruchelli chiede “ma qua si può fare sempre fortuna? E Liberati risponde “Se ci sai fare…”, lì
poi gettano la spugna; Liberati dice che la sua donna non è ricca, che quando è arrivato sembrava andare
tutto bene ma poi non ha ingranato, che non riusciva a fare neanche l’impiegato.
Ci sono anche parole e inflessioni caratteristiche: ansomma, ammazza (con la z marcata), illoco, società
pezzentoni. Questa frasi e questo modo di dialogare sono enfatizzate da un italiano scolastico, di un italiano
di due universitari ma anche dei due attori che hanno frequentato la scuola di arte drammatica. La
recitazione è cadenzata dal ritmo e dai tempi di battuta, ma anche le improvvisazioni come le risate a
crepapelle. Gassman quindi oltre a inventare la “società pezzentoni” trasforma il quartiere l’Olivos in “Olive
Dolci”. In una tipica mescolanza italiana dialettica, regionale, emerge come Stefano si rivolge poi alla moglie
in uno spagnolo molto corretto. Liberati mischiando nell’italiano un po’ di termini spagnoli, descrive sé
stesso, dicendo che non è riuscito ad integrarsi.
La seconda faccia dell’emigrazione è qui rappresentata dall’ingegnere. L’emigrazione con due facce
l’abbiamo in realtà già vista nei Magliari, entrambe le facce perdenti in realtà, ma di diverso tipo; e doppia
faccia che vedremo anche in Pane e Cioccolata.
Sia nei Magliari che in Pane il successo si deve all’illegalità dei sistemi (magliaro ed evasore fiscale), ed
entrambi coinvolgono un individuo dell’altra faccia: TotonnoBalducci, DorelliGarofoli.
Contrariamente a questi due però, l’ingegnere Maruchelli non è un truffatore, è semplicemente un
imprenditore che però ha un esito vincente sull’emigrazione anche se vedremo i suoi lati negativi relativi
all’aiuto agli altri. Lui però a differenza degli altri 2 personaggi degli altri 2 film non promette nulla agli altri,
anzi non se ne interessa proprio, che come dice Liberati i connazionali come loro hanno l’Italia in bocca ma
poi se ne vergogna o non li vede affatto. Infatti questo personaggio li vede poco, o meglio li vede solo
quando sono una proiezione di sé stesso, del suo immaginario, del suo desiderio ma anche della sua
malinconia dell’Italia. Lui infatti accoglie subito questi personaggi del cinema arrivati in Argentina mentre al
finale con una mano si asciuga la lacrima del saluto e con l’altra saluta il personaggio arrivato da un altro
aereo, Adriano Celentano, e corre subito da lui. Non ha riguardo nei confronti della moglie che non si
accorge che l’ha tradito, chiama la figlia Italia che dell’Italia non sa proprio niente, non ascolta Ravicchio e le
conversazioni in cui lui si chiede se può sistemarsi in Argentina, e quando Ravicchio gli chiede un prestito lui
sicuramente non si fa prendere in giro. C’è pure una scena in cui lui parla da solo, spiega quanto si senta
solo lì nonostante abbia tutto, che l’amore che ha lui verso l’Italia è talmente forte che viene ricoverato per
la psicosi della bandiera e amore per cui la moglie sempre lo rimprovera. In questa scena Ravicchio ad un
certo punto si addormenta per quanto lui stia parlando, e lui neanche se ne accorge talmente straparla.
Diciamo quindi che per Maruchelli l’amore per il paese prescinde dall’amore per gli italiani, il suo amore è
fatto di proverbi romani, di termini romani, di pensieri tanto che lui si arrabbia con appunto questi del
cinema perché hanno portato nel loro film la miseria (motivo per ui hanno vinto il gaucho piccolo, un
premio) e non hanno portato la bella Italia, la bella Roma (rimarca il tema della democrazia cristiana “i
panni sporchi si lavano a casa”). Lui che si attacca a tanti stereotipi viene invitato ad esibirsi a “Santa Lucia”,
e come dice Ravicchio, lui che è ricco e realizzato può permettersi quella malinconia che invece un emigrato
come Stefano Liberati non può fare, uno come lui che non può proclamare quella terra che lo ha
allontanato.
Come ricorda Marco Risi non solo l’Argentina ma anche la comunità italiana non accetta questa visione
denigratoria dell’Italia portata nel film, sia dell’Italia lontana che attuale. E’ una critica trovata anche in
Pane e cioccolata. In molte circostanze i toni si fanno accesi per quanto riguardo il film, tanto che molte
presentazioni e promozioni del film vennero cancellate. Risi stesso rammenta come gli italo argentini al
tempo si arrabbiarono, ma lui dice che la verità nel film c’è. Maruchelli è un po’ anche fascista.
L’emigrazione italiana Argentina è la prima con la quale siamo partiti, la prima fase, dura un secolo dal 1876
al 1976. L’11.5% degli italiani sono emigrati in Argentina.
11/01
Anche gli immigrati in Italia spesso per conoscere il paese ospite ricorrono al cinema, al cinema neorealista
e in particolare alla commedia all’italiana, che racconta dell’italiano medio che si arrangia in nuova vita.
“Scontro di civiltà in un ascensore a Piazza Vittorio” è un racconto di Amara Lakhous dove l’autore si
sofferma sul suo arrivo a Roma e sull’amore per l’Italia che passa attraverso il cinema italiano.
L’autore sostiene che il neorealismo è la parte del cinema di Hollywood che più preferisce. Il neorealismo
rappresentò all’epoca infatti un cambiamento, una ventata d’aria rispetto al cinema classico. E’ vero però
che quel cinema significò anche altro: il racconto d’Italia sotto il fascismo, il cinema fuori cinecittà
considerato il più importante stabilimento perché rappresentativo della Warner Bros, Fox, ecc.
Roma città aperta di Roberto Rossellini e Ladri di biciclette di De Sica vengono considerati da Lakhous i film
migliori del cinema italiano e del cinema in assoluto. Alcune scene sono state girate a Piazza Vittorio che si
trova anche nel titolo del suo racconto.
Lakhous racconta di aver visto un amico uscire dal palazzo con il film (la pellicola credo) sottobraccio di
Divorzio all’italiana di Pietro Germi, film che insieme ai Soliti ignoti e rappresenta il più grande esempio di
commedia all’italiana e il suo modo di dire stesso. Parlando con l’amico Amedeo quest’ultimo sostiene che
quel film è superiore al neorealismo perché appartiene alla commedia all’italiana che mischia tragedia e
commedia, che mostra un mondo reale, ironia, propone antieroi, personaggi perdenti, con fondo amaro+
risate, ironia+critica. Lakhous racconta anche di aver visto Bello onesto ecce cc paragonando che gli
immigrati proposti nel film dall’Italia all’estero sono molto simili agli immigrati che arrivano in Italia, cambia
solo il colore della pelle a volte e la provenienza.
La commedia e il comico riescono a rappresentare in maniera efficace che è possibile ridere anche di un
tema come quello dell’emigrazione, della diversità culturale, della difficoltosa integrazione dell’immigrato.
Il connubio commedia+ tema dell’immigrazione è possibile dal momento in cui all’origine della commedia
c’è qualcosa che porta ad un movimento, c’è chi di colpo si sposta dal proprio contesto ordinario e si trova
in un nuovo spazio che lo affascina e lo inquieta (dice Canova).
Anche gli antieroi della commedia all’italiana vengono catapultati fori dal loro territorio, si mettono a
contatto con codici comportamentali, linguistici ecc diversi dai lori, ed è proprio questo che poi li porterà in
una condizione di spaesamento difficile.