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La commedia è un genere, il genere è un regolatore della narrazione e in particolare i generi del cinema
sono categorie con le quale si definiscono un gruppo di opere insieme, per temi, effetti e reazioni da parte
del pubblico. Altri generi sono ad esempio noi, crime, western, commedia; sono quindi insieme che
raggruppano in sé film simili. Il genere si caratterizza anche per ripetizioni da film in film, ma anche
innovazioni, evoluzioni.
La commedia solitamente racconta vicende di gente comune (al contrario della tragedia), alle prese con
situazioni ordinarie e quotidiani, situazioni affrontate in chiave comica. La reazione che si chiede allo
spettatore è quella della risata, della leggerezza. I temi che la commedia racconta solitamente sono quelli
del sentimento, dell’amore, dell’incontro tra due giovani che si desiderano ma la cui relazione è ostacolata,
equivoci, impedimenti, scambi di identità, talvolta posti da persone contrarie che portano questa relazione
a non vivere nella tranquillità, ma la si raggiungerà nel finale, happy ending che spesso sono nozze ma che
significano anche integrazione, inclusione sociale attraverso appunto il matrimonio ma eventualmente
anche il lavoro. Si conclude con quei abiti nunziali-biglietti di banca (Maurizio Grande) come dice lui in
questo libro. La commedia ha momenti differenti. 1.Commedia Italiana degli anni 30-40, 2. Degli anni 50, 3.
Degli anni 60.
1. Quella degli anni 30/40 è la commedia realizzata sotto il fascismo l commedia dei telefoni bianchi, del
filone collegiale scolastico, delle commedie all’ungherese, “le risate di regime” le uniche risate che il regime
acconsente e che controlla, racconta vicende sentimentali, leggere, destinati i spettatori a far evadere gli
spettatori senza alcuni richiamo alla realtà. Sono veramente poche però le commedie di questo genere e
che soprattutto vengono approvate. Commedie dei telefoni bianchi perché si vedono i protagonisti che
rispondono a questi telefoni bianchi simboli della lussuosità. Filone collegiale-scolastico perché raccontano
di turbamenti amorosi all’interno della scuola. Le commedie sono ambientati in interni. All’ungherese
perché sono delle trasposizioni, adattamenti dell’Ungheria, tutto purché parlare dell’Italia del momento.
Molti film sono però andati perduti.
2. La commedia degli anni 50 viene definita “commedie del neorealismo rosa” o “le commedie
bozzettistiche”; sono le commedie del secondo dopoguerra dove il governo degli anni 50 con Giuseppe
Andreotti inveisce contro uno di questi film attraverso un articolo sulla rivista della democrazia cristiana
all’epoca al potere, dicendo “basta con questo neorealismo che racconta della realtà italiana (povera,
disoccupati, pescatori). Non è più possibile continuare con questo cinema che mostra l’Italia in questo
modo”. Si passa dal cinema neorealista al “cinema del centrismo” dettato quindi dal partito centro-
democratico e dalla democrazia cristiana e allora si pensano a nuove produzioni e ci si orienta verso la
commedia. Si definisce quindi “commedia del neorealismo rosa” perché del neorealismo prende gli attori
non professionisti, le ambientazioni autentiche, e le vicende sentimentali che si verificano sempre tra
giovani della Roma popolare trasteverina o a province del meridione poveri dove si spera di vivere con i
soldi di speranza. “Commedie bozzettistiche” perché si tratta di bozzetti di realtà, tratti della vita
quotidiana.
3. Le commedie degli anni 60 sono più ciniche e più cattive, che rispecchiano gli anni del boom economico,
dell’industrializzazione e modernizzazione che però portò alla divisione di nord e sud portando quindi ai
flussi migratori. Sono definite “commedie del boom” o “commedie della congiuntura” cioè specchio e
riflesso del nuovo panorama italiano. Il personaggio si prefissa quindi l’obiettivo di raggiungere un florido
futuro e una buona condizione economica che lo fanno sentire più di quel che è, come avviene nel Gaucho
ad esempio ma si ispira anche ad una condizione matrimoniale e riconciliazione amorosa come in Bello
onesto immigrato. L’amore comunque in questo caso non è il tema centrale ma lo è questa nevrosi del
personaggio di dover raggiungere per forza quel benessere, che solitamente non va a buon fine ma si
converte nello scappare, nella sconfitta, perdita sociale e sconfitta identitaria. I personaggi solitamente
diventano delle maschere, fingono dal loro essere per ottenere qualcosa, e la massima espressione
dell’italiano medio è Alberto Sordi ne Il gaucho, insieme a Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman e Nino
Manfredi. Sono degli illusi, dei perdenti a cui non ne va mai bene una forse perché aspirano a qualcosa a cui
non posso arrivare e perché le aspettative che sbandierava il boom degli anni 60 erano troppo alte.
-Testo del capitolo della prof nel libro con Diadori bla bla bla. Parla dei Soliti Ignoti film in cui questi bravi
uomini si credono in grado di essere una brava banda criminale con un piano dettagliato e scientifico per
scassinare una cassaforte, ma in realtà distruggono la parete sbagliata e si trovano poi in cucina a mangiare
un piatto di pasta e ceci e poi finiranno a lavorare nel cantiere. Parlerà poi di Divorzio all’italiana. E’ Germi a
dare l’espressione “all’italiana” alla commedia, che sta a significare “tutto all’italiana”. Parla del Barone
Cefalù detto Fefé che si innamora della cugina ma non può divorziare perché in Italia al tempo non lo
permette e quindi lui organizza un piano per mandare la moglie tra le braccia di un amante per poi
commettere il luxioricidio per essersi offeso.
Vediamo quindi questi personaggi che risultano arroganti ma in realtà sono molto fragili e subiscono
sconfitte che in fin dei conti non accettano, Succede ad esempio a A Gassman nel Gaucho che sempre si
riprende dai momenti no con la sua ironia, con la battuta come quando entra nella cabina del pilota, come
quando somiglia un uomo ad Hitler. E questo succede in particolare nel Gaucho perché Marco Ravicchio
non riesce a raggiungere quel benessere e miracolo economico tanto osannati. E queste commedie per
questo sono tragicomiche perché ogni risata e poi amara ed ha dietro una sconfitta.
IL GAUCHO- 1964 DINO RISI
Marco Risi il figlio del regista scrive un romanzo uscito nel 202 “Forte respiro rapido” che ci racconta come
è nato Il Gaucho. Ricorda come l’Argentino amava Dino Risi e Vittorio Gassman grazie al successo de “Il
Sorpasso-1962” (altro film di Dino Risi). Gli argenti però, due anni dopo, non apprezzarono il Gaucho poiché
si sentirono trattati da “provincialotti” e sostenevano che anche gli immigrati italiani non ci facevano una
gran bella figura. Gli argentini in particolare non perdonarono la scena in cui Vittorio Gassman spuntava
schifato il mate, una bevanda tipica argentina a cui tengono molto. Addirittura un giornale argentino dedicò
un articolo a questo gesto. Anche in Italia il film non riscosse grande successo riscuotendo una brutta critica
cinematografia, anche Morando Morandini lo criticò. Nonostante il gaucho sia uno dei film di meno
successo della commedia all’italiana, fu poi nel futuro riconsiderato, anche se Risi stesso ammise che la
realizzazione è nata in maniera un po’ casuale e cialtronesca. Il modo un po’ improvvisata avviene perché
l’idea è di approfittare di una vacanza in argentina, per partecipare ad un festival del cinema con l’intento di
omaggiare la cinematografia italiana, abbiamo quindi un film nel film. Risi accetta quindi seriamente l’invito
di questa vacanza e poi scrivere alcuni momenti della sceneggiatura. Il fatto che il film nasce un po’ così lo
racconta sempre Marco Risi, dicendo che gli sceneggiatori si inventarono di sana pianta un personaggio
strano, il personaggio era quello di un vecchio amico di Marco Ravicchio, che in precedenza si era trasferito
in Argentina e che Marco, dall’Italia si era inventato che lui trasferendosi ce l’aveva fatta, si era realizzato
mentre invece aveva fallito su tutti i fronti. L’idea venne da un cugino del regista stesso che da Milano si era
trasferito a Buenos Aires e che non aveva avuto successo, ma l’idea nacque anche dalla coincidenza di
avere Nino Manfredi in Argentina. Loro decisero quindi tra una pausa e l’altra di coinvolgere Nino Manfredi
per fargli interpretare appunto Stefano questo amico. Fu Ettore Scola a scrivere questo incontro dando vita
ad una scena molto tragicomica, vale a dire quella di Stefano Liberati che si nasconde dall’amico per non
farsi vedere che vive nella miseria, per poi far ritrovare i due amici al tavolo che si rivelano le loro misere
vite. Marco Risi definisce questa scena uno dei momenti più belli dei film di suo padre e non solo.
Qua abbiamo in realtà due facce dell’emigrazione, e ce ne parla sempre Marco Risi:-l’italiano che non ce
l’ha fatta, l’emigrazione perdente, Stefano Liberati( Nino Manfredi), fallito; -L’italiano che ce l’ha fatta,
l’emigrazione vincente, milionario, l’Imprenditore L’ingegnere Maruchelli (Amedeo Nazzari). Vedremo però
che anche se cos ingenuo e entusiasta che sicuramente ce l’ha fatta, l’ingegnere è un emigrante egoista,
privilegiato che si dimentica degli altri emigranti italiani poveri.
Quello su cui ci soffermiamo però è che nell’incontro tra Ravicchio e Stefano, emerge il loro mascherare gli
insuccessi, dicono che va tutto bene, giocano a fare i burloni, gli imitatori ma poi getteranno la maschera
nel loro confronto, diranno tutti i loro fallimenti, fallisce il sogno del boom economico (di Ravicchio) e
fallisce il sogno dell’emigrazione (di Stefano). Doppia faccia: fallimento boom e fallimento emigrazione.
Questa sequenza non prevista dona al film una tonalità più profonda, drammatica e meno cialtronesca. E’
come un asso della manica che svolta tutto. La specularità tra i due è data anche dal dialogo: “MARUCHELLI:
Ma se fossi partito nel ’55? LIBERATI: Ma se fossi rimasto nel ’55? Le cose sarebbero andate diversamente?
MARUCHELLI: Magari avrei fatto bene ad emigrare nel 55 quando tu mi hai chiamato di venire qua;
LIBERATI: Magari avrei fatto bene io a rimanere in Italia nel ’55 in cui c’è il boom e si sta bene”; e si
spalleggiano e cercano una risposta positiva l’uno nell’altro e nella scelta dell’altro ma non la trovano. Poi in
verità si daranno poi la colpa l’uno sull’altro dicendo che “sono loro che non ci sanno fare” quando in realtà
la colpa è delle condizioni sociali e del paese.
Già dalla recitazione capiamo che qualcosa non va, Stefano scappa, poi dice che la sistemazione è
provvisoria, ecc.
Poi quando Maruchelli chiede “ma qua si può fare sempre fortuna? E Liberati risponde “Se ci sai fare…”, lì
poi gettano la spugna; Liberati dice che la sua donna non è ricca, che quando è arrivato sembrava andare
tutto bene ma poi non ha ingranato, che non riusciva a fare neanche l’impiegato.
Ci sono anche parole e inflessioni caratteristiche: ansomma, ammazza (con la z marcata), illoco, società
pezzentoni. Questa frasi e questo modo di dialogare sono enfatizzate da un italiano scolastico, di un italiano
di due universitari ma anche dei due attori che hanno frequentato la scuola di arte drammatica. La
recitazione è cadenzata dal ritmo e dai tempi di battuta, ma anche le improvvisazioni come le risate a
crepapelle. Gassman quindi oltre a inventare la “società pezzentoni” trasforma il quartiere l’Olivos in “Olive
Dolci”. In una tipica mescolanza italiana dialettica, regionale, emerge come Stefano si rivolge poi alla moglie
in uno spagnolo molto corretto. Liberati mischiando nell’italiano un po’ di termini spagnoli, descrive sé
stesso, dicendo che non è riuscito ad integrarsi.
La seconda faccia dell’emigrazione è qui rappresentata dall’ingegnere. L’emigrazione con due facce
l’abbiamo in realtà già vista nei Magliari, entrambe le facce perdenti in realtà, ma di diverso tipo; e doppia
faccia che vedremo anche in Pane e Cioccolata.
Sia nei Magliari che in Pane il successo si deve all’illegalità dei sistemi (magliaro ed evasore fiscale), ed
entrambi coinvolgono un individuo dell’altra faccia: TotonnoBalducci, DorelliGarofoli.
Contrariamente a questi due però, l’ingegnere Maruchelli non è un truffatore, è semplicemente un
imprenditore che però ha un esito vincente sull’emigrazione anche se vedremo i suoi lati negativi relativi
all’aiuto agli altri. Lui però a differenza degli altri 2 personaggi degli altri 2 film non promette nulla agli altri,
anzi non se ne interessa proprio, che come dice Liberati i connazionali come loro hanno l’Italia in bocca ma
poi se ne vergogna o non li vede affatto. Infatti questo personaggio li vede poco, o meglio li vede solo
quando sono una proiezione di sé stesso, del suo immaginario, del suo desiderio ma anche della sua
malinconia dell’Italia. Lui infatti accoglie subito questi personaggi del cinema arrivati in Argentina mentre al
finale con una mano si asciuga la lacrima del saluto e con l’altra saluta il personaggio arrivato da un altro
aereo, Adriano Celentano, e corre subito da lui. Non ha riguardo nei confronti della moglie che non si
accorge che l’ha tradito, chiama la figlia Italia che dell’Italia non sa proprio niente, non ascolta Ravicchio e le
conversazioni in cui lui si chiede se può sistemarsi in Argentina, e quando Ravicchio gli chiede un prestito lui
sicuramente non si fa prendere in giro. C’è pure una scena in cui lui parla da solo, spiega quanto si senta
solo lì nonostante abbia tutto, che l’amore che ha lui verso l’Italia è talmente forte che viene ricoverato per
la psicosi della bandiera e amore per cui la moglie sempre lo rimprovera. In questa scena Ravicchio ad un
certo punto si addormenta per quanto lui stia parlando, e lui neanche se ne accorge talmente straparla.
Diciamo quindi che per Maruchelli l’amore per il paese prescinde dall’amore per gli italiani, il suo amore è
fatto di proverbi romani, di termini romani, di pensieri tanto che lui si arrabbia con appunto questi del
cinema perché hanno portato nel loro film la miseria (motivo per ui hanno vinto il gaucho piccolo, un
premio) e non hanno portato la bella Italia, la bella Roma (rimarca il tema della democrazia cristiana “i
panni sporchi si lavano a casa”). Lui che si attacca a tanti stereotipi viene invitato ad esibirsi a “Santa Lucia”,
e come dice Ravicchio, lui che è ricco e realizzato può permettersi quella malinconia che invece un emigrato
come Stefano Liberati non può fare, uno come lui che non può proclamare quella terra che lo ha
allontanato.
Come ricorda Marco Risi non solo l’Argentina ma anche la comunità italiana non accetta questa visione
denigratoria dell’Italia portata nel film, sia dell’Italia lontana che attuale. E’ una critica trovata anche in
Pane e cioccolata. In molte circostanze i toni si fanno accesi per quanto riguardo il film, tanto che molte
presentazioni e promozioni del film vennero cancellate. Risi stesso rammenta come gli italo argentini al
tempo si arrabbiarono, ma lui dice che la verità nel film c’è. Maruchelli è un po’ anche fascista.
L’emigrazione italiana Argentina è la prima con la quale siamo partiti, la prima fase, dura un secolo dal 1876
al 1976. L’11.5% degli italiani sono emigrati in Argentina.
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Anche gli immigrati in Italia spesso per conoscere il paese ospite ricorrono al cinema, al cinema neorealista
e in particolare alla commedia all’italiana, che racconta dell’italiano medio che si arrangia in nuova vita.
“Scontro di civiltà in un ascensore a Piazza Vittorio” è un racconto di Amara Lakhous dove l’autore si
sofferma sul suo arrivo a Roma e sull’amore per l’Italia che passa attraverso il cinema italiano.
L’autore sostiene che il neorealismo è la parte del cinema di Hollywood che più preferisce. Il neorealismo
rappresentò all’epoca infatti un cambiamento, una ventata d’aria rispetto al cinema classico. E’ vero però
che quel cinema significò anche altro: il racconto d’Italia sotto il fascismo, il cinema fuori cinecittà
considerato il più importante stabilimento perché rappresentativo della Warner Bros, Fox, ecc.
Roma città aperta di Roberto Rossellini e Ladri di biciclette di De Sica vengono considerati da Lakhous i film
migliori del cinema italiano e del cinema in assoluto. Alcune scene sono state girate a Piazza Vittorio che si
trova anche nel titolo del suo racconto.
Lakhous racconta di aver visto un amico uscire dal palazzo con il film (la pellicola credo) sottobraccio di
Divorzio all’italiana di Pietro Germi, film che insieme ai Soliti ignoti e rappresenta il più grande esempio di
commedia all’italiana e il suo modo di dire stesso. Parlando con l’amico Amedeo quest’ultimo sostiene che
quel film è superiore al neorealismo perché appartiene alla commedia all’italiana che mischia tragedia e
commedia, che mostra un mondo reale, ironia, propone antieroi, personaggi perdenti, con fondo amaro+
risate, ironia+critica. Lakhous racconta anche di aver visto Bello onesto ecce cc paragonando che gli
immigrati proposti nel film dall’Italia all’estero sono molto simili agli immigrati che arrivano in Italia, cambia
solo il colore della pelle a volte e la provenienza.
La commedia e il comico riescono a rappresentare in maniera efficace che è possibile ridere anche di un
tema come quello dell’emigrazione, della diversità culturale, della difficoltosa integrazione dell’immigrato.
Il connubio commedia+ tema dell’immigrazione è possibile dal momento in cui all’origine della commedia
c’è qualcosa che porta ad un movimento, c’è chi di colpo si sposta dal proprio contesto ordinario e si trova
in un nuovo spazio che lo affascina e lo inquieta (dice Canova).
Anche gli antieroi della commedia all’italiana vengono catapultati fori dal loro territorio, si mettono a
contatto con codici comportamentali, linguistici ecc diversi dai lori, ed è proprio questo che poi li porterà in
una condizione di spaesamento difficile.

BELLO ONESTO IMMIGRATO SPOSEREBBE COMPAESANA ILLIBATA-1971 LUIGI ZAMPA


Il soggetto ha il titolo iniziale di “Carmela” il nome del personaggio interpretato da Claudia Cardinale.
L’idea iniziale di questo film si deve però a Rodolfo Sonego (1921, sceneggiatore) perché lui ha un passato
autobiografico familiare che lo lega a questo filone migratorio. Prima il padre e poi la sorella di Sonego
emigrano in Australia, e ricorda in particolare le lettere che gli arrivavano a casa. “Il cervello di Alberto
Sordi. Rodolfo Sonego e il suo cinema” questo è un libro che racconta proprio il lavoro di Sonego che è
stato lo sceneggiatore per quasi tutti i film di Alberto Sordi. Per quanto riguarda le lettere, Sonego racconta
che l’idea di Bello onesto si ricollega a quando lui aveva circa 7 anni, quando la madre leggeva a voce alta le
lettere che il padre scriveva dall’Australia, di deserti, di vigneti d’uva da chicchi enormi (anche qua
immagine di terra di abbondanza), lettere che facevano galoppare la fantasia di un bambino. Racconta in
particolare di una lettera che scrisse la sorella di quando andò al porto a prendere un’amica calabrese, e
parla di questa nave messa in quarantena e di tantissimi ragazzi meridionali che si buttavano in acqua per
raggiungere la terra a nuoto. E racconta di uomini che aspettavano queste donne che non conoscevano per
sposarle. E quindi anche uomini, come Amedeo Battipaglia il protagonista del film che attendono l’arrivo di
navi, aerei che portano a bordo compaesane disposte a unirsi a matrimonio anche senza averle mai
incontrate ma tramite una fotografia e una lettera, per corrispondenza e per procura. Questi ricordi vivono
tanto nella mente di Sonego che ad un certo punto decide di andare a verificare in prima persona questo
continente e quindi parte nel maggio del 1970 e si reca in Australia dove si prende 3 mesi per capire la vita
degli italiani che si trovano li, anche se lui arrivò con privilegi da cinematografaro. Incontrò però delle
persone che gli raccontarono di quel viaggio di emigrazione. E’ un viaggio che svolge alla scoperta non tanto
del suo passato ma alla volta della sua curiosità legata a quei racconti che per anni hanno vagato la sua
mente. Lui incontra figli di immigrati che si trovano lì da decenni e figli di immigrati di seconda generazione.
Durante il viaggio annota tutto su un diario che verrà poi intitolato “Diario australiano” edito poi da Adelfi
nel 2007. In particolare racconta che lì conobbe un tassinaro italiano che gli fece pensare che lui sarebbe
stato il pilastro di tutto il soggetto del film e ci costruì subito l’intreccio basato sull’equivoco della freccia
sulla foto e sullo scambio di persona tipico del Cyrano che parla di uno spadaccino dal naso pronunciato che
consapevole di non essere bello si fa sostituire di un amico e gli chiede di incontrare la Bella di cui è
innamorato alla quale lui non è il coraggio di farsi vedere, ma che in realtà parla con la sua voce recitando i
suoi versi. L’equivoco nel film di Zampa ha quindi a che fare anche con il tema della bellezza, dello scambio
di persona e con l’equivoco che è un elemento tipico della commedia. Questo incontro che ha poi alla fine
un happy ending e in questo caso il matrimonio, ha nel mezzo una serie di equivoci dove qua il principale è
lo scambio di persona, e il dichiarare un’identità falsa. Questo meccanismo è dato all’equivoco di quella
foto, perché Sonego nella baracca di quel tassinaro trova sul frigorifero una foto come quella poi proposta
nel film, infatti quella del tassinaro stesso raffigurava 3 meridionali legati insieme attorno alle teste da un
serpente. Quella foto è quella che Amedeo invia sempre per posta con la frase che corrisponde al titolo del
film. E’ una foto di cui lui è orgoglioso ma che qualunque donna la veda, nota l’amico Giuseppe
interessandosi a lui e declinando Amedeo. E’ proprio il parroco che suggerisce di spostare la freccia su di lui
e che quindi darà il via a quell’equivoco, e Amadeo spera che la donna essendo bella si innamori del suo
aspetto interiore. Il serpente della foto lo hanno veramente catturato per fare la foto. Il viaggio fatto poi da
Amedeo e Carmela quando si trovano insieme è un “viaggio pellegrinaggio”, un viaggio sulle tracce
dell’emigrazione australiana, un viaggio paesaggistico. Anche Carmela mentirà perché si presenterà in
quanto illibata ma in realtà è stata un prostituta che vuole cambiare vita. Le cerca e non troveràricco e
bello; Lui cerca e non troveràillibata.
Scrive ancora Sonego che Sordi non sarà reso bello per l’acconciatura ai capelli con la banana in testa. La
capigliatura così come i costumi definiscono i personaggi. Carmela stessa si toglierà in aereo la parrucca, i
vestiti e gli stivali tipici da “marciapiede” e la capigliatura di Sordi sarà poi ridicolizzata e ripresa da un altro
personaggio di Sordi nel film “Mamma mia che impressione!” quando Amedeo presenterà una criniera a
spazzola. L’equivoco genera una suspense che porterà alla fine ai due che dovranno accettare di essere
poveri e soli. Un film popolare con il quale non è possibile generare successo. Il successo in effetti il film lo
riscuote, tanto che viene richiesto a Zampa e Sonego un sequel da Celentano e da un altro tizio e da Walter
Chiari. Sonego su un altro quadernino fa dei disegnini, una sorta di storyboard. I disegni solo utilizzi a
Zampa che si fotocopia tutto, appunti, disegni che porta con sé quando lui, regista, va a fare il sopralluogo
in Australia. Sonego racconta che Zampa si innamorò di alcuni elementi precedentemente visti da Sonego
in Australia tanto che Zampa cercò proprio alcuni luoghi annotati da Sonego. Zampa fa molte concessioni
agli elementi Australiani, ma Pezzotta sostiene che crea un intreccio relativo all’emigrazione frivolo,
ritenendo il viaggio come una vacanza. In parte è vero, perché ci sono alcuni momenti in cui il film rallenta,
probabilmente data la fascinazione paesaggistica, Zampa si fa prendere troppo la mano dando risalto a
questi elementi, ma è vero anche che ci sono scene che esaltano il tema dell’emigrazione e i profili degli
emigranti. Pezzotta sostiene anche che l’umorismo si vede alla fine quando Carmela si ritrova in un
quartiere a luci rosse e ha un bivio: o tornare a fare la prostituta o fuggire. E’ quindi Carmela l’antieroe della
commedia italiana presentata in questo film, perché scapa da una vita per andare in una vita che
ugualmente non le piace. Insolitamente l’antieroe è una donna e non è maschile. Il tenero Amedeo invece
realizza almeno in parte il suo sogno, non ha trovato una donna illibata, ma alla fine accetta una donna non
illibata ma almeno bella. E quindi oltre al paesaggio, al deserto, all’aspetto selvaggio, ma anche Australia
moderna, metropolitana che vediamo attraverso il viaggio, c’è anche l’emigrazione in commedia.
Struttura circolare: il film inizia e finisce allo stesso modo. Inizia con le luci dell’alba e poi del giorno, e con il
treno, mezzo tipico dei migranti.
Amedeo Battipaglia è emigrato in Australia da più di 20 anni, lavora presso la centrale elettrica. Vive in una
baracca di lamiera, a Bun Bun Ga, come il tassinaro incontrato da Sonego. Amedeo torna a casa, stira l’abito
blu e si reca al ballo degli emigranti e lo scopriamo quando parla con i compaesani sul treno. Un altro
aspetto importante è la capacità di Alberto sordi, di combinare l’inglese maccheronico, con l’italiano
standard e il suo dialetto romanesco. Si reca alla Balera e alla parrocchia per cercare moglie, desideroso di
non continuare il resto della sua vita da solo. Le donne del ballo non sono belle, basse, baffute, bruttine,
presuntuose, che nonostante siano così sono loro a rifiutare gli uomini. La parrocchia è proprio un luogo di
ritrovo, e questo parroco in particolare dice di avere “molto lavoro” che consiste nel cercare mogli e lo
dimostrano tutte quelle foto alla parete osservate da Amedeo appena entra in canonica. E proprio in questa
scena il parroco comunica un nuovo rifiuto ad Amedeo. Segue poi la scena in cui il parroco esce questa
fotografia di Carmela rifiutata da un altro italiano perché di troppa bella presenza, ed è quiche Amedeo
decide di attuare l’inganno della freccia.
Segue poi la scena in aereo in cui si vede Carmela che viaggia per l’Australia insieme ad altri migranti stipati,
sono riservati a loro un biglietto speciale scontato, che li costringe a viaggiare un po’ stretti, non solo
italiani, ma felici, spensierati, cantano e si rimarca con lo scambio di dialoghi il viaggio per via di lettere;
scene: Carmela che si cambia in aereo, scalo, incontro delle coppie.
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Si evidenzia l'analfabetismo, in particolare delle donne, si nostra infatti che non sanno leggere quelle lettere
che hanno in mano. Si vede all'aeroporto la scena della macchina, Carmela scambia una grande machina
per quella di Amedeo/Giuseppe ma in relata Amedeo ne ha una piccina e un po’ vecchia, che poi durante il
viaggio paesaggistico ha un guasto. Il viaggio dall'aeroporto di Brisbane fino all’aeroporto di Bun Bun Ga che
ha una decina di cittadini locali.
Il viaggio si combina con il genere della commedia, ha degli equivoci, ma è anche un processo di iniziazione,
di metamorfosi dei personaggi che alla fine del percorso saranno diversi rispetto alla partenza.
Durante il viaggio vediamo sia l'Australia più primitiva con i serpenti, e poi anche un'Australia più moderna
con i grattacieli.
Al termine del viaggio abbiamo un pre-finale e un finale. Nel pre finale abbiamo questa trasformazione dei
personaggi, lo svelamento dell'identità di Amedeo, Carmela che accetta inizialmente di continuare a stare
accanto a Giuseppe e non Amedeo, in quanto anche Giuseppe rimane abbagliato dalla sua bellezza che si
presenta anche con un abito da sposa. Poi però l'alternativa per lei è stare accanto a Giuseppe e tornare
sulla prostituzione convertendo Giuseppe non in un suo marito ma protettore, oppure accettare Amedeo
non bello, povero e che vive in una baracca. Pezzotta su questo fa una critica dicendo che questo è un
argomento di tragicomicità sia divertente che amara, e quando Carmela conosce la vera identità di
Amedeo, quando si trovano sul treno lui è pronto a pagare, pronto ad accettare la situazione e tira fuori i
soldi messi da parte proponendole di farla tornare a casa visto che quello che lui le offrirà non è quello che
lei si aspettava dietro inganno. Lei risponde però che se torna a casa torna sulla strada. È lì che Amedeo
scopre chr Carmela non è illibata. L'inganno è quindi reciproco, si ritrovano sullo stesso piano, presa di
coscienza della realtà costituita da personaggi poveri, soli e finti, la fine del loro desiderio e l'accettazione.
Pezzotta dice quindi che il personaggio perdente di questa commedia è Carmela, un personaggio femminile.
Il personaggio di Amedeo è particolarmente ridicolizzato ma il sogno è parzialmente realizzato, anche se lei
non è illibata lei è bellissima e se ne è innamorato. Arriviamo poi al finale effettivo, con struttura circolare,
finale dedicato sia al paesaggio australiano visto del treno, il treno è anche una metafora del cinema perché
il cinema ha tante inquadrature che si infila di lato con una sorta di scorrimento, simile all'andamento di un
treno che fa scorrere le immagini dai finestrini. Finisce con i 2 migranti che Amedeo incontra prima di
andare al ballo dei migranti, che rincontra quando scendono dal treno e Carmela dà a uno dei 2 la sua foto
poiché anche lei cerca qualcuno che la sposi. Decade così lo stereotipo che si trova nella mente di Amedeo
della illibata italiana e dell'emancipazione non presente in Italia visto che Carmela, Calabrese è emancipata.
L'unica possibilità di lieto fine è che i due personaggi si adattino. Vengono superati anche pregiudizi come
quello di bellezza e bruttezza, ma l'importante è non stare soli. È quello che sogna l'amico di Amedeo che
riceve la foto della amica di Carmela, che con voce fuoricampo e guardando la foto scrive una lettera e dice
"io sento già di volervi bene", rimarcando che il tema dell'immigrazione non è solo di sottofondo. Finisce
come è iniziato,il paesaggio, e il paesaggio desertico è anche una metafora che rappresenta la solitudine
che i migranti provano. Dell'Australia degli anni 50 Di Clemente scrive che l'immigrazione Australiana
raccoglie 12.000 lavoratori l'anno. L'ingresso avveniva a scaglioni, inizialmente maschi celebi tra i 18 e i 35,
poi le donne, e poi le famiglie. L'Australia non apprezza molto l ospitalità alle famiglie senza coniugi e lo
consideravano un soggiorno temporaneo. Anche qua erano soggetti a controlli igienico sanitari. L'Australia
non sembrava suscitare molto entusiasmo, le condizioni di vita non erano il massimo come vediamo
Amedeo che vive in una baracca di lamiera. Amedeo è emigrato negli anni 50 e Carmela lo raggiunge nel 70.
Gli italiani avevano l'impressione di essere trattati dagli australiani da rifugiati. Molti rimpatriano. Ai
migranti italiano venivano lasciati lavori sottopagati e venivano sfruttati e molti non riusciamo ad imparare
l'inglese, anzi molti australiani davano la disoccupazione piuttosto che inserirli a lavorare. Gli emigranti
quindi non si spiegavano perché l'Australia fece questi accordi bilaterali con l'Italia se poi li deridevano. Gli
anni 50 sono anche gli anni della Catastrofa. Emigrazione in commedia (preso dal libro)
Come dicono Corrado e Mariottini, la commedia all'italiana narra il fenomeno migratorio in modo
tragicomico soffermandosi su partenza e arrivi scontri con altre civiltà mondi estranei all'emigrante italiano.
La commedia Il comico suggeriscono una rappresentazione tale da rendere il tema divertente, da rendere
divertente la ricerca di integrazione del migrante che spesso si trova davanti a una crisi identitaria. Questo
accade ad esempio nel film di Sordi dove il protagonista si spinge fino in Australia. Spesso all'origine della
commedia C'è chi si trova spostato dal proprio territorio e che viene catapultato è messo a contatto con
codici di vario tipo diversi dai propri e ciò non è facile. Questo accade altro protagonista di Pane e
cioccolata di Franco Brusati in cui si Narra di un emigrazione sottoproletaria Italo-elvetica. La Svizzera Infatti
è sempre stato un paese meta prediletta dell'emigrazione italiana in quanto paese confinante fin dalla
prima fase della grande emigrazione posto unitaria. Se durante la seconda e terza fase l'esodo si attenua,
aumenta durante la Resistenza italiana con molti antifascisti perseguitati che vanno in Svizzera e ciò
continua fino al decennio 70/80 del Novecento. Nel 1950 si stima che ci siano 140.000 italiani, inizialmente
settentrionali ma nel 1965 aumenteranno i meridionali. È proprio in questo decennio che la Svizzera
aumenta le misure di controllo in termini migratori, Infatti è impossibile il ricongiungimento familiare, per
non parlare dei bambini proibiti vi erano Infatti molte infanzia e vissute al buio o all'ombra.
PANE E CIOCCOLATA- 1974 FRANCO BRUSATI
Franco Brusati nasce a Milano e il 4 agosto 1922. La sua famiglia benestante è amante della cultura studia
in Italia Svizzera e Inghilterra laureandosi in scienze politiche e in giurisprudenza. La sua filmografia conta di
solo otto pellicole tra cui la trilogia della vita e delle passioni. Metà austriaco metà italiana Franco Brusati è
un regista cinematografico e teatrale di formazione mitteleuropea. In vita ha vissuto solitudini profonde e a
distanza di decenni dalla sua scomparsa avvenuta nel 1993 è ancora soggetto a rimozione obli di non essere
mai stato abbastanza studiato. Non è mai stato un regista di tanto successo è spesso messo anche
all'angolo probabilmente per paura dell'incanto e del disincanto. Pane cioccolata rappresenta uno dei suoi
maggiori successi cinematografici è l'unico di commedia all'italiana nel suo repertorio in cui negli altri film
affronta il malinconico esistenzialismo e il tema migratorio autobiografico. Nonostante Pane e cioccolata fu
definito oggettiva e distaccato come film, ha una matrice autobiografica tanto che Brusati lo considera un
film più personale rispetto agli altri. L'autobiografismo non riguarda il fattore economico ma riguarda
l'espatrio politico tanto che è Brusati si ripara in Svizzera da esule in fuga dall'Italia per evitare l'arresto
della fucilazione nazifascista durante l'occupazione, questo perché aveva aiutato degli amici ebrei a fuggire
in Svizzera. Debitore nei confronti della Svizzera Brusati decide di costruire questo film, come omaggio, con
protagonista Nino Garofoli interpretato da Nino Manfredi, che spera di trovare un lavoro che in Italia è
assente. Si incontreranno migranti di altre nazioni e altri italiani di altre regioni. L'altro connazionale
miliardario evasore fiscale Johnny Dorelli invece, in Svizzera trasferisce occulta il suo denaro per non pagare
le tasse. Bruciati non risparmia una feroce critica nei confronti dell'Italia che sul paese confinante fa
ricadere le proprie responsabilità politiche sociali ed economiche.
Pur mostrando una maggiore simpatia per la Svizzera, Brusati non risparmia nessuno, Dunque ce n'è una
per tutti, nel senso che critica un po' entrambi i Paesi. La Svizzera viene infatti criticata anche perché non
permette il ricongiungimento familiare, per il razzismo praticato contro gli italiani e per i lavori offerti
unicamente stagionali. I flussi migratori per la Svizzera sono iniziati già nella prima fase migratoria. Fin dal
1898 la manodopera italiana viene indirizzata in Svizzera per il lavoro edile e impiegata per la costruzione
del Traforo del Sempione. Nella seconda fase migratoria 1900-15 e nella terza 1918-45 la migrazione in
Svizzera si attenua per poi riprendere durante la Resistenza. E riprende soprattutto dopo la seconda guerra,
dal 45 al 60, 160.000 sono gli italiani che si trovano in Svizzera nel 1960, formando la più grande comunità
di immigrati in Svizzera. Nel ’55 gli italiani sono maggiormente settentrionali, nel ’65 meridionali. Nel 1975
la popolazione italiana in Svizzera (dopo pane e cioccolata) 573.000 italiani, che vede aumentare in maniera
sostanziale la presenza di stranieri, costituendo il 16% di italiani sulla popolazione totale. Il problema che
ancora la Svizzera propone è la clandestinità e di conseguenza la difficoltà di ricongiungimento familiare,
quindi rispetto a quanto proiettato nel film per quanto riguarda questo problema, anche anni dopo non è
cambiato nulla. Anche Nino Manfredi si fa portavoce di un autobiografismo portando l'emigrazione
familiare di sua madre e soprattutto del nonno materno anche se non in merito alla Svizzera bensì
all'America. Lo dice lui in un’intervista del 1984.
A rammentare la genesi del film è Jaja Fiastri collaboratrice sceneggiatrice di Brusati considerato per lei
amico di famiglia da cui riceve la proposta di ideazione del film. Brusati descrive l’idea molto brevemente
“un emigrante italiano va a lavorare in Svizzera”, poi i due insieme al produttore Turi si recheranno in
Svizzera per intervistare gli italiani che vivono nelle baracche. Il copione si comporrà di due scalette e una
sceneggiatura. La scaletta è un primo elenco che delinea lo scheletro del film costituito dalle scene La prima
scaletta riporta il titolo provvisorio di le porte del Paradiso mentre il protagonista si chiama Ugo
interpretato da Tognazzi. Già inizialmente si delineano le prime sequenze del film:
1 pomeriggio nel bosco. Italiano solo. Scopre delitto. Fugge
2 sulla strada: Chiede passaggio non si fermano. Vede arrivare la polizia con sirene, si nasconde. Sollievo
pericolo passato, si sfoga con pipì, purtroppo in posto dove fotografi.
3 di nuovo sulla strada, autostop, macchina si ferma e lo accoglie. Ma è quella della polizia.
4 Ugo protesta con commissario, che lo rilascia. Stupefatto gesto civile e rispettoso. Ugo fa grande elogio
Svizzera. Non sa che hanno già arrestato l'assassino.
Quanto a Ugo Tognazzi, lo vediamo ne “I Mostri” di Mario Moricelli. Il primo spezzone è tratto dall’episodio
“L’educazione sentimentale” in cui Tognazzi educa suo figlio (il vero suo figlio) ad essere un mostro del
futuro, più furbo e più bravo degli altri, e il secondo spezzone si chiama “Il Mostro”, che mostra mostruosità
fisica e morale.
La seconda scaletta intitolata Pane e cioccolata, è una scaletta ideata per Manfredi pertanto il protagonista
ora si chiama Nino, e la progettazione delle scene adesso appare meno numerica e schematica della prima
(pag 237 se vuoi leggerla). Sono appunti elaborazione, infatti non sono scritti perfettamente, senza articoli
ad esempio, non serve.
Con il confronto tra la prima e la seconda scaletta vediamo che la seconda scaletta è più arricchita, ad
esempio nella prima scena da" pomeriggio nel bosco" diventa "domenica nel bosco". Si arricchisce anche il
profilo del personaggio definendone il cognome, il nome, l'età, la nazionalità, la professione e alcuni segni
fisici. Si descrive anche ironicamente l'abbigliamento. Si dice infatti che si vede lontano un miglio che Nino
Garofoli è un lavoratore manuale ed italiano, già solo da come è vestito. Nino Infatti stona in
quell'ambiente, anche se vorrebbe convincere se stesso che lui lega benissimo. Anche se lui sa di non
essere come loro e definisce il quartetto dei Dilettanti con l'espressione "Ma guarda un po' sti stronzi".
Come abbiamo appena visto da quest'ultima parola la sceneggiatura è in forma letteraria e viene poi
aggiustata e perfezionata. A fare da trait d'union è il tema della solitudine espressa nei tre passaggi: da
quella dell'italiano solo della prima scaletta, alla solitudine dell'italiano della seconda fino alla
comparazione di chi si trova solo come un cane in chiesa, che si legge in sceneggiatura. Solitudine e disagio
riguardano personaggio attore e autore. Secondo quanto detto da Fiastri la stesura della sceneggiatura
richiede molti mesi, quasi 10. Si impiegò molto tempo anche perché Brusati scriveva a mano e da solo e non
accettava alcuna intromissione. Si rivela un lavoro lungo e sfibrante al termine del quale viene coinvolto
anche Manfredi per la revisione dei dialoghi. Dopo la prima stesura della sceneggiatura infatti, essa venne
fatta vedere a Manfredi che approvò, modificò qualcosina ma non servì un’altra battitura della
sceneggiatura. Manfredi collaborò ai dialoghi tanto che viene accreditato sotto la voce sceneggiatura nei
titoli di testa a fianco a Brusati e Fiastri; questo inserimento però causò l'espulsione di altri sceneggiatori
professionisti come Ugo Pirro, Leo Benvenuti e Piero De Bernardi coinvolti in prima battuta; ad esempio
Pirro suggerì il titolo definitivo mentre gli altri collaborarono al copione per qualche mese. Poi vennero
invitati a farsi da parte per evitare il sovraffollamento. Pirro, scrive una lettera di protesta, per lamentare il
fatto che gli venne tolto il ruolo di sceneggiatore, e in questa lettera disse anche che il protagonista
inizialmente avrebbe dovuto interpretarlo Tognazzi ma ebbe delle grandi divergenze con Brusati, e quindi
Tognazzi si ritirò. A parte questo, Pirro racconta di come Brusati una volta ultimato il film si recò da lui e gli
chiese di non firmarlo; inizialmente disse perché erano in tanti, e poi disse perché c'è anche la firma di
Manfredi nella sceneggiatura. Pirro rispose che se firmava Manfredi lui non avrebbe avuto intenzione di
firmare. Benvenuti invece sostiene che nonostante l'incredulità iniziale della richiesta di non mettere la
firma, dice che il binomio Manfredi-Brusati ha funzionato soprattutto nel finale del film.
Jaja Frasti racconta di come in un primo momento fece lei da intermediaria tra Manfredi e Brusati in quanto
Brusati non voleva lavorare con l'attore poiché lo considerava troppo primitivo, e inizialmente Manfredi
disse che considerava il regista troppo intellettuale. Brusati però ridimensionò le parole della stampa
dicendo che si trovò molto bene con Manfredi, che collaborò con lui e che lo trovava un attore capace ad
entrare in tutto.Bis Nel frattempo il film in Italia riscontrava molto successo, mentre per la distribuzione
all'estero fu anche Brusati che si occupò della diffusione tanto che girava con la pellicola sotto braccio,
come ricorda l'amico produttore Andrea Occhipinti. Il film è suddiviso in due parti, ed è scandito da 6 nuclei
narrativi. A una prima parte in cui il protagonista è fiducioso di poter avere la meglio sull'altro emigrante di
nazionalità turca con il quale si contende il posto al ristorante Beau Rivage. Quando viene licenziato a
seguito di una denuncia per atti osceni in luogo pubblico, diviene il maggiordomo del miliardario italiano
Johnny Dorelli che in seguito allo scandalo della bancarotta e del fallimento familiare, si suicida, facendo
così iniziare il percorso discensionale di Garofoli che si ritrova via via in condizioni sempre peggiori rispetto
a quelle di partenza. Lo sfondo tragico nella commedia amaro in questo caso, è il suicidio.
Abbiamo quindi tre scenari migratori diversi: Brusati che emigra per ragioni politiche, Garofoli che emigra
per condizioni lavorative, e Dorelli per evasione fiscale.
In merito ai sei nuclei narrativi, si potrebbero riassumere così:
A. Colazione al parco, fermo al commissariato e licenziamento dal ristorante;
B. Elena, l’esule greca, e il miliardario italiano.
C. Le baracche-operaie e lo spettacolo di varietà;
D. Il pollaio e gli uomini-pollo;
E. La tintura per capelli e la negazione identitaria;
F. Rassegnazione e rifiuto del rimpatrio.
Già dalla prima scena vediamo due luoghi 1.il parco e 2.il commissariato corrispondenti a una
contrapposizione Italia/Svizzera e quindi l'appartenenza a due culture differenti. In apertura mentre
scorrono i titoli di testa la cinepresa si muove in un movimento misto di panoramiche a destra sinistra e
carrello indietro per seguire prima la gita in barca di una coppia, sovrapposta alla scena di due ragazze a
cavallo che attraversano il campo, con un commento musicale di un quartetto di Archi che esegue la
serenata di Haydn, davanti alla quale si ferma anche Garofoli e questo denota il suo status di emigrante
italiano in maniera non verbale. Dall'inquadratura successiva e per le 10 che seguono quel che emerge è
anzitutto la distanza che vi è fra il protagonista e il quartetto. Si evidenzia anche la differenza che vi è fra le
altre famiglie sedute a fare il picnic e lui da solo ai piedi di un albero che mangia pane con cioccolata, del
titolo. Oltre alla solitudine altri fattori comportamentali evidenziano le differenze che vi sono fra il
protagonista e l'ambiente circostante accentuando la difficile integrazione. Ad iniziare è quel gesto della
carta gettata a terra che subito raccoglie sperando di non essere colto in flagrante. Segue poi un iperbole
sonora che evidenzia la masticazione del panino con conseguente sguardo di rimprovero della violinista,
della donna con la torta in mano, e addirittura dell'uccellino che lo mettono in primo piano il che non fa che
accentuare il senso di inadeguatezza del protagonista. Dopodiché il protagonista inizia a giocare con una
bambina ma la donna che è con lei parla solo tedesco e anche se comprende l’Italiano dà risposte secche e
non lo guarda nemmeno. Da qui inizia un monologo che Manfredi fa riguardante il fatto che lui non parla
altre lingue, che è giusto che la donna non parli italiano, e di come ama il paese che lo ospita, di come
questo sia pulito ma nega ciò che dice buttando la sigaretta a terra. Il disagio per il protagonista prosegue
quando scopre il cadavere della bambina, ma fugge invece di dare l'allarme e si imbatte in una macchina
della polizia che lo conduce al commissariato. Qui nonostante il breve interrogatorio dice di essere
contento di lavorare in un paese dove un uomo è creduto sulla parola solo perché è un uomo,
inconsapevole del fatto che l'assassino è già stato trovato. Parlando con il commissario riterrà che essere
italiani è una colpa. Un particolare è che per tutto l'interrogatorio starà in piedi, mentre l'assassino svizzero
sarà invitato a sedere. In ogni caso durante questo interrogatorio parla dell'iter di emigrante Italo svizzero
che ha fatto: cameriere stagionale nel ristorante, ma prima aveva fatto vari lavori come sguattero,
lavapiatti, manovale, stradino, carpentiere, e per questa occupazione ha alloggiato almeno un paio di anni
nelle baracche operaie.
Ci sarà il confronto tra il protagonista e altri esuli di diversa nazionalità e non, e di diverse estrazione
sociale, culturale linguistica. Lo scontro è innanzitutto con il turco rivale che si contrappone a Nino, in
quanto il turco è caratterizzato da un vincente mutismo. Vi è poi il breve dialogo italo-spagnolo con il bel
Miguel che ruba cibo dal ristorante, il maître del ristorante francese, e il gruppo inglese collegato a Dorelli
(scena al ristorante con sedia), ma c’è anche il confronto delle diverse inflessioni regionali e dialettali con gli
altri due italiani esuli: Gianni il giovane aiutante Veneto, e il miliardario Dorelli, lombardo. Garofoli è
sempre un po' paternalistico con Gianni, che dopo aver ritardato per aver difeso l'Italia con degli Svizzeri,
impartisce una lezione in merito alla rivalità che l'emigrazione da sempre provoca nonostante la stessa
nazionalità. Il dialogo si svolge sulla terrazza del retro del ristorante mentre Nino, Gianni e il turco sono in
pausa lavoro, e il turco ha le mani fasciate. Segue quindi il dialogo tra Gianni e Garofoli, dove Gianni chiede
come mai gli svizzeri ce l'abbiano così tanto con gli italiani e Giovanni risponde che non deve preoccuparsi
solo di questo, ma vedere come al Nord Italia trattano i meridionali. Dice anche che gli italiani hanno troppe
pretese nel lavorare facendo come esempio il turco che lavora anche con le mani fasciate. Nasce poi
l'incontro tra Nino e Dorelli, per la prima volta al ristorante. In quella circostanza Nino si distrae sottraendo
la sedia a una donna e Dorelli lo difenderà dicendo che è necessario aiutarsi tra italiani. In verità più che
aiutarlo Dorelli rovina Garofoli, rifilandogli una doppia fregatura facendogli prima mettere in banca sul suo
conto i soldi invece di farglieli tenere nella fodera dei pantaloni, e poi a causa di Dorelli perderà quei soldi.
E’ l'inizio della fine per il protagonista che entrerà in contatto con gli uomini-pollo e inizierà una rimozione
identitaria resa simbolica dalla tintura dei capelli. Intercettato da un mediatore piemontese Nino accetta
l'inaccettabile: la condizione degli emigranti meridionali ridotti a vivere come bestia in un pollaio, dove
finiscono ad assumere le stesse sembianze degli animali che allevano. La trovata per quanto sprezzante
degli umani che si dimenano come polli esprimendosi più a versi che a parole, ha un'ispirazione autentica:
regista e collaboratori infatti si imbattono davvero durante alcuni sopralluoghi per il film, in un gruppo di
migranti calabresi che nel Lazio, vicino il lago di Bracciano vivono in un porcile. Modificato quindi in un
pollaio viene riprodotto questo ambiente, con soffitto basso e cubicoli protetti da misere tende. Questa
ricostruzione complica molto la vita sul set in quanto la troupe è costretta a girare e recitare sempre
piegata. Durante una cena Nino si alza in piedi dando una testata contro il soffitto basso, che provoca
l'ilarità generale. Da qui inizia a chiedersi come lo vedono gli altri, e i pollai risponderanno che lo vedono
come loro. In un primo momento lui infatti sarà scioccato dall'ipotesi di una tale identificazione ma poi
vedrà i figli del capo giovani belli e biondi che vanno a cavallo, e costa tanto di voler somigliare più a loro,
svizzeri, che agli italiani da cui è circondato, vediamo con una sovrimpressione paesaggistica Nino uscire
con i capelli appena tinti di biondo, una trasformazione che per i primi momenti sembra vincente visto che
una bambina lo rispetta raccogliendogli il giornale e gli svizzeri lo salutano per strada. Ma gli elementi
estetici dureranno poco in quanto quando si unisce a un gruppo di tifosi che assiste alla partita di calcio
trasmessa in TV tra Italia e Spagna, la fede calcistica ha la meglio e Nino non riesce a trattenersi
dall’esultare al gol della sua squadra. Fallita anche questa metamorfosi identitaria, specchiandosi nello
specchio del bar con un colpo di fronte manda in frantumi il vetro: ultimo gesto autolesionista con il quale
tenta definitivamente di cancellare se stesso.
Segue poi il rimpatrio, che qui è il terzo tentativo, durante il quale è scortato da un funzionario pubblico.
Nino compie alcuni liberatori gesti di ribellione alle rigide regole della società che lo espelle che fin
dall'inizio non ha mai sopportato. Strappa un manifesto pubblicitario da un muro che poi getta in un cestino
dei rifiuti, Ma che poi a sua volta rovescia con un calcio, mostrando tutta l'italianità. Palpa il sedere di una
passante anziana, simula il gesto di far pipì contro un pilone della banchina ferroviaria da cui tutto è
cominciato, e si mostra affettuoso con il brigadiere che tenta in ogni modo di abbracciare baciare al
momento dei saluti. Il tutto è accompagnato da battute che sono fatte per rimarcare il suo essere italiano.
Anche in questo caso come nel primo tentativo di ripartenza, sopraggiunge in suo aiuto Elena, è lei che
tenta di soccorrerlo offrendogli il permesso di soggiorno così come ha già fatto dando gli ospitalità dopo
essere stato licenziato dal ristorante. In quella circostanza così come è tipico del genere commedia
all'italiana, argomenti seri, toni drammatici ma anche comici e grotteschi vengono mischiati. Infatti dopo il
primo salvataggio di Elena viene fuori la questione dei figli dell'ombra e dei bambini proibiti ovvero
dell'infanzia costretta a vivere in clandestinità, al buio, reclusi in case, appartamenti, mansarde e armadi. La
madre è costretta a tenere il figlio chiuso tutto il giorno e gli permetterà la sera di stare con la luce accesa e
di suonare il pianoforte. Si verifica (durante il primo salvataggio di Elena) l'unico Intermezzo lieto
dell'Odissea migratoria di Nino: il romantico idillio con Elena, preceduto dalla gag del pediluvio e alla fine ha
commentato Dalla risata fragorosa della donna. La storia tra di loro però non ha un seguito, perché Nino è
sposato e perché Elena sposa Rudiger il poliziotto svizzero. Nella scena finale è Elena a offrire un
ripensamento a Nino sulla permanenza Svizzera essendo riuscita a procurargli un permesso attraverso il
marito. Sulle prime Nino rifiuta perché ormai è stanco di lottare ma alla fine scende dal treno provando per
l'ennesima volta ad uscire dal tunnel della propria esistenza. Questo quindi accade alla sua terza e ultima
volta con sottofondo ancora le canzonette che gli emigranti italiani intonano vagamente scendendo quindi
dal treno ancor prima di partire.
Quindi ripercorriamo le tre volte in cui lui sta per partire e poi se ne pente:
1.la prima volta dopo il licenziamento al ristorante quando Nino risale da solo con la valigia di cartone in
mano e li incontra un toscano che sia in che off Voice parla male degli Svizzeri dicendo che non si lavano
mai e che non hanno il mare.
2. La seconda volta si apre con Nino che viene prima intercettato dal mediatore reclutatore piemontese che
gli offre il lavoro nel pollaio, si convince poi di tornare indietro quando si trova davanti all'ingresso del
vagone, quando un giovane cantante intona odor di nebbia, di Brusati e Daniele Patucchi autore delle
musiche del film da lui stesso diretto. Notiamo qui nell’ elaborata successione di inquadrature in campo
controcampo nel cantante. Nino sconsolato ma anche indispettito e rabbioso chiude con forza lo sportello
del treno rinunciando a salirvi. (Il terzo rimpatrio è stato detto sopra).
Alla terza e ultima scena e quando dopo aver detto No ad Elena Nino si risveglia in carrozza come da un
incubo ancora in soggettiva osserva due passeggeri che nel suo stesso vagone giocano a carte ma vi sono
tre improvvisati musicisti che come apparsi dal nulla intonano Sim ‘e Napule paisà. Brusati critica come gli
italiani cantano con la chitarra sui propri problemi anziché tentare di risolverli. E metterà in scena questo
pensiero quando Nino andrà a trovare l'amico Gigi e i due insieme a un terzo ragazzo più giovane, si
svestiranno dando via a un teatrino. Il più giovane però Renzo si arrabbierà e andrà via e anche Nino poi lo
appoggerà dicendo che non è il ragazzo ad esser strano ed isterico Ma le cose anche Nino poi lo appoggerà
dicendo che non è lui strano non è lui isterico ma che le cose bisogna risolverle e non cantarci sopra. Renzo
andrà quindi nel corridoio della Baracca, molto simile a un vagone ferroviario.

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