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INTRODUZIONE

Cosa intendiamo con la parola media? Canale 5, LEspresso, Radio Deejay sono dei medium.
Cos il libro e la tv, la radio, il cinema e i manifesti sono dei media. Ma i media sono anche
delle tecniche come la stampa a carattere mobili di Gutenberg, il cinematografo ei fratelli
Lumire, il telegrafo senza fili di Marconi, i software che consentono di navigare da un sito
allaltro. I media svolgono compiti diversi: informazione, pubblicit, intrattenimento,
educazione, creazione. Nel corso degli anni i media hanno dato vita a unarte, a una forma di
espressione o a una disciplina con proprie caratteristiche: la cronaca, il reportage giornalistico,
il film, il manifesto, lo spot pubblicitario, documentario, teleromanzo, video, siti web. Tecniche,
imprese, forme di espressione, campi di attivit: i media mettono in crisi qualsiasi tentativo di
definizione. Tuttavia la parola media, qnd si imposta (anni 80) tornata al significato
etimologico. Un medium un mezzo (strumento, tecnica, intermediario) che permette agli
uomini di esprimersi e comunicare agli altri ci che vogliono trasmettere, qualunque sia
loggetto e la forma di qst messaggio. Ma il medium si definisce anche in base alluso che se ne
fa e il termine indica allo stesso tempo un ruolo determinato del mezzo che ha finito per
prevalere e il modo migliore per svolgerlo. Raramente il medium riesce a sfuggire alla propria
funzione specifica :organo di informazione; mezzo di intrattenimento, evasione o
conoscenza; supporto o vettore nel campo dellarte per far conoscere capolavori. Prima parte
del libro: analisi dei media in ordine di apparizione delle diverse tecniche (primi usi, prime
destinazioni, innovazione sociale causata); seconda parte: obiettivi dei media, finalit che i
destinatari gli assegnano (informazione, intrattenimento, comunicazione, educazione); terza
parte: interrogativi sullinfluenza dei media su singoli, politica, cultura, vita internazionale; qst
domande ci mettono davanti a prove decisive che dovremo affrontare nei primi decenni del XXI
sec.
PARTE PRIMA LE TECNICHE E I LORO USI
Un medium una tecnica perci vale solo per luso che se ne fa. La tecnica non impone nulla
anzi propone. Luomo invece dispone o compone. Il destino di un medium soggetto
a incidenti, si imbatte in biforcazioni e cambia spesso direzione. Per questo i media non
smettono mai di stupirci = il loro uso corrisponde raramente a quello che avevano immaginato
i loro inventori.
CAP. 1 LA STAMPA
La stampa il pi antico dei media. Non casuale che la parola stampa designi anche la
tecnica inventata da Gutenberg, luso che ne stato fatto, i diversi modi di impiego e gli scopi
a cui stata destinata nel tempo. Fra il 1830-1870 la stampa inventa linformazione di
attualit e definisce il compito dei giornalisti: dire ci che accade, che accaduto e che
accadr. Da quel momento la stampa sar lattore e il testimone della duplice rivoluzione
industriale e liberale.
Le nascite del giornale quotidiano
Nel VII sec. per la prima volta delle notizie di attualit vengono pubblicate con periodicit
regolare e comunicate a molti lettori. 1631 = nasce la pi longeva gazzetta informativa La
Gazzette de France fondata dal medico e letterato Renaudot su iniziativa del cardinale
Richielieu. Il settimanale (8 pagine) tirato a 1200 esemplari, offre anche supplementi mensili.
Prima di allora erano comparsi fogli di notizie, avvisi a stampa, bollettini, almanacchi, novelle,
gazzette (a Venezia diffusa la Gazeta il cuinome viene dalla moneta dargento necessaria
per acquistarla. In Italia vengono pubblicate gazzette a Firenze (1636), Genova, e riviste
letterarie. I predecessori di Renaudot difficilmente riuscivano a eludere la sorveglianza dei
censori. La stessa sorte tocc fino alla fine del XVIII sec. i gazzettieri del Rinascimento si
accontentavano di riferire nei loro fogli i fatti pi disparati e insignificanti (feste popolari,
funerali).
La stampa quotidiana nasce in Germania nel 1660 con la Leipziger Zeitung. In Italia si
afferma il giornalismo letterario: a Roma nasce il Giornale dei letterati, a Venezia il Giornale
dei letterati dItalia (1710), a Firenze le Novelle letterarie (1740). 1777: fondato il primo
quotidiano francese Le journal de Paris. 1785: nasce il quotidiano commerciale divenuto in
seguito The times. Per i veri prototipi della stampa quotidiana moderna sono stati creati
nel XIX sec. In Francia nascono la Presse ad opera di de Girardin, e Le sicle ad opera di

Dutacq (1836). In America il New York Sun e il New York Herald (1835). Sono venduti a 1
cent per copia. In Italia accanto a fogli che avevano gi una lunga tradizione (i primi quotidiani
italiani: Gazzetta di Parma, Gazzetta di Mantova) tra il 1851 e il 1891 nascono molte testate
ancora oggi in edicola: LOsservatore Romano, La Nazione, La Gazzetta piemontese (che
diventer La Stampa), il Corriere della Sera, Il Gazzettino, Il Mattino.
La conquista di una libert fondamentale
La stampa moderna nasce nel XIX sec. 1846: diventa unindustria dopo la messa a punto
della rotativa ad opera dellamericano Robert Hoe. Alcune testate si propongono di renderla
accessibile a tutti grazie al modico prezzo di vendita, alla variet delle rubriche, alla qualit e
semplicit di linguaggi. Impegnata a soddisfare le diverse richieste degli acquirenti, la stampa
moderna diventata un vero mercato. Il quotidiano il primogenito e il prototipo dei mass
media. Fino agli inizi del XX sec. la storia della stampa si identifica con la storia di una
libert fondamentale: la libert di stampa, esigenza primaria da due punti di vista: logico e
cronologico. Qst libert non solo stata conquistata prima di altre ma appare anche premessa
e condizione per tutte le libert civili o politiche, personali o pubbliche. Come recita lo slogan
dellassociazione Reporters sans frontires: non c libert senza libert di stampa.
La stampa inglese la prima a lottare per la propria emancipazione. 1695: ottiene
dalla Corona il diritto di stampare senza autorizzazione preventiva; 1762: mette in discussione
la responsabilit politica del Primo ministro; 1885: ottiene la soppressione delle imposte che la
colpivano. 1644: il poeta inglese John Milton a battersi per la libert di stampare senza
autorizzazione n censura.
1766: una legge svedese elenca per la prima volta i principi costitutivi della libert di stampa:
a) divieto di censura preventiva; b) designazione di un responsabile della pubblicazione; c)
diritto di non rivelare le fonti di informazione; d) individuazione precisa dei casi di
diffamazione.
1776: nel Bill of Rights lo Stato della Virginia indica nella libert di stampa uno dei baluardi
della libert in quanto tale. Qst principio sar ripreso nel Primo Emendamento inserito nella
Costituzione degli Stati Uniti nel 1791 = il Congresso non far alcuna legge che limiti la libert
di parola o di stampa.
1789: la Francia prevede lintervento del legislatore. Lart. 11 della Dichiarazione dei diritti
delluomo e del cittadino stabilisce che ogni cittadino pu parlare, scrivere, stampare, salvo
rispondere di eventuali abusi nei casi previsti dalla legge. 29 luglio 1881: legge sulla
stampa francese, fissa il regime amministrativo e penale (= i giornali possono essere
pubblicati senza autorizzazione preventiva e senza alcun deposito cauzionale) pur stabilendo
dei limiti alla libert di pubblicazione: spetta al legislatore definire i reati di stampa.
1848 in Italia lEditto Albertino si ispira al principio la stampa sar libera, ma la legge ne
reprimer gli abusi. Lart. 2 della a Costituzione italiana del 1948 recita: tutti hanno diritto di
manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di
diffusione. La stampa non pu essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
La stampa: attore e testimone
Quando Hegel nel 1820 afferma il giornale la laica preghiera mattutina delluomo
moderno, si rende conto che la stampa sta per diventare attore e testimone di profondi
mutamenti. Con la stessa consapevolezza, in un discorso del 1850 Victor Hugo dice: proprio
perch voglio la sovranit nazionale in tutta la sua libert, io voglio anche la stampa in tutta la
sua libert. 1835, Tocqueville diceva: credere che i giornali servano solo a garantire la
libert significherebbe sminuirne limportanza; essi mantengono la civilt. Emile Zola nel
1894 saluta lavvento di quella che lui chiama era dellinformazione.
Nel XIX sec. il processo che d luogo al giornalismo e allinformazione moderni passa spt
attraverso i quotidiani a cui viene affidata una missione: annunciare e raccontare ci che
accade, che appena accaduto e che sta per accadere. Per la prima volta (grazie alla tecnica
di Gutenberg) tante notizie sono offerte sul mercato. La stampa rompe con la tradizione dei
fogli strettamente legati a un indirizzo politico. Cos i quotidiani danno alla stampa la sua
grande legittimazione: insieme al Parlamento sono chiamati a rappresentare la democrazia e le
sue libert. Sin dallinizio del XX sec. le pubblicazioni si diversificano sempre pi. 19301970 i settimanali illustrati come Life, Look (negli Stati Uniti), Candide, Match (Francia)
vivono una sorta di et delloro (circa 10 milioni di copie, 40 milioni di lettori). Dopo gli anni
50 avverr un passaggio di testimone a favore dei settimanali di informazione generalista

come Time, Newsweek (Stati Uniti), LExpress (Francia); Panorama, 1962, Lespresso,
1955 (Italia).
Senza dubbio i periodici se confrontati coi quotidiani ci appaiono come categoria residuale. La
stampa periodica = nel suo insieme comprende tutti i giornali non quotidiani. Dopo il 1950 il
numero e la variet dei suoi titoli aumenta ancora. Prescindendo dalle pubblicazioni
professionali e dai settimanali di informazione generalista i periodici si distinguono a seconda
che abbiano scelto di I) rivolgersi a un pubblico specifico o di II) puntare a un determinato
argomento. I) La stampa che si rivolge a un solo tipo di pubblico la pi antica e la meno
diversificata (periodici femminili, argomenti religiosi). II) Quanto alle pubblicazioni
monotematiche, raggiungono lettori sparsi sul territorio e presentano molti pi titoli. A volte il
tema trattato interessa solo un pubblico circoscritto.
La stampa definita periodica, specializzata e raramente generalista, ha ormai superato i
quotidiani e gi dal 1951 svolge altre funzioni: divertimento, evasione, risposta a un bisogno di
compensazione, appartenenza sociale.
CAP. 2 IL CINEMA
Allinizio, allepoca dei fratelli Lumire il cinema una tecnica, ma in breve lEuropa ha fatto di
qst medium unindustria prima che gli Stati Uniti costruissero a Hollywood la fabbrica del pi
grande intrattenimento di massa del XX sec. Agli albori del XXI sec. tv, dvd e web aprono
nuove prospettive alla settima rete.
Dal muto al sonoro
1995: in occasione del centenario della nascita del cinema il produttore francese du Plantier
affermava: il cinema nato il giorno in cui i fratelli Lumire hanno fatto pagare alla gente, su
un marciapiede, il diritto di guardare un film in una sala, al buio. Per convenzione la nascita del
secondo mass media (il 1 la stampa) si fa risalire a qst evento: 28 dicembre 1895 i
fratelli Lumire, a Parigi, nella sala indiana del Grand Caf de la Paix, propongono il primo
spettacolo pubblico e a pagamento di cinematografo che comprende un pezzo di cronaca:
Luscita dalle fabbriche Lumire e alcuni sketch di vita familiare come Linnaffiatore
annaffiato. Invenzioni che avevano preceduto qst: a) il cilindro di Plateau (1839 detto
fenachitoscopio che dava lillusione del movimento); b) la fotografia di Daguerre che sostituiva
i disegni; c) il fucile fotografico di Marey ritenuto lantenato della cinepresa. Il cinema
allinizio uno spettacolo paragonabile al circo o una continuazione del teatro popolare. Presto
diventa unindustria e un mass media; allinizio riservato alle notizie di cronaca, poi racconta
storie (con Griffith). Il cinema, muto, ignora i condizionamenti della lingua interessando
bambini e anziani. Dal 1900, in meno di ventanni, il cinema diventa una vera e propria
industria con le sue sale di proiezione, i suoi produttori, tecnici, divi, spettatori. (es. 1910 Stati
Uniti: pi di 10.000 sale).
La fabbrica dei sogni
1927: alcuni anni prima che uscisse Il cantante di jazz primo film sonoro, gli Stati Uniti
avevano gi fatto nascere unindustria organizzata dalla tecnica cinematografica. 1915: qnd il
trust Edison dichiarato illegale dalla Corte di uno Stato federale, le sette major di Hollywood
(le grandi: Fox, Paramount, Warner, Metro Goldwin Mayer; le minori: Columbia, Universal,
United Artists) si accingono ad applicare alla produzione e alla realizzazione dei film le ferree
regole del mondo industriale. Secondo Akoun con lavvento del sonoro il cinema perde la
funzione di grande rituale popolare che lo aveva caratterizzato fino al 1929. I paesi che si
sono lanciati per primi nellavventura hanno potuto cogliere limportanza del nuovo medium
per difendere la cultura e la politica di cui erano portatori. Gli Stati Uniti escludono i film
straneri dalle loro 25.000 sale e aumentano gli stanziamenti per i singoli film. Hollywood
attinge dalle cinematografie straniere in difficolt: espressionismo tedesco, avanguardia
sovietica, surrealismo francese.
1935-1950 la fabbrica dei sogni poggia su due pilastri ovunque costruiti sul modello
hollywoodiano: a) lo star system; b) lo studio system.
I divi hanno un duplice ruolo: garantiscono quasi sicuramente il successo di un film;
favoriscono i possibili giochi di identificazione. Il cinema fatto per dar forma ai desideri di
ciascuno. Far leva sul bovarismo (= l'attitudine degli uomini a credersi e a vedere le cose
diversamente da quelle che sono, a sognare delle felicit irrealizzabili, irraggiungibili) degli

spettatori non impedisce alla nuova industria di tendere sempre pi alla concentrazione e alla
gerarchizzazione. 1940: le major coprono il 90 % del fatturato di Hollywood. Anche gli europei
obbediscono alle regole dello studio system: in Italia Mussolini inaugura gli studi di Cinecitt
(1937) e controlla la produzione; in Francia Pat e Gaumont monopolizzano la produzione; in
Germania lo Stato controlla lindustria cinematografica mediante pochi produttori.
Il film: prodotto, mezzo di propaganda o opera dellingegno?
A girl and a gun (= una ragazza e una pistola) per gli americani la chiave del successo di
un film. Accanto alle grandi produzioni (da I dieci comandamenti a Harry Potter) si fanno
film meno costosi, come quelli che quando ancora non cera la tv, precedevano il film in
programma come secondo spettacolo (B movies = film di serie B), fino ai telefilm e ai serial
per il piccolo schermo. Alcuni hanno visto nella fabbrica dei sogni di Hollywood il cavallo di
Troia della cultura americana e delle imprese al di l dellAtlantico, ma hanno preferito
dimenticare lavvertimento di Lenin nel 1922: per la Russia il cinema la pi importante di
tutte le arti; o quello di Stalin del 1924: il cinema il pi grande mezzo per muovere le
masse. Durante le trattative per il piano di Marshall i negoziatori americani ottennero da alcune
nazioni europee di allentare i vincoli allimportazione dei film hollywoodiani; es. Francia, 1946
alle quote di importazione si sostituiva una quota schermo che riservava ai film francesi
quattro settimane ogni trimestre. Lanno seguente la presenza dei film francesi sugli schermi
scendeva dal 50 al 30 %. Alla fine del 1948 la quota schermo passava da quattro a cinque
settimane e le quote di importazione ritornavano ai vecchi valori: su 186 film autorizzati a
entrare in Francia 121 provenivano dagli Stati Uniti. Nel 1946 fu creato il Centre National de la
cinmatographie (Cnc), destinato a sostenere i film francesi e a reinvestire nella produzione
nazionale una parte degli incassi realizzati in Francia da film stranieri.
In Italia, dopo il protezionismo e il ritiro di molti film hollywoodiani durante il regime fascista,
alla fine della guerra termina anche il boicottaggio e ricominciano massicce importazioni di film
americani. Con la caduta del fascismo gli Stati Uniti dominano il mercato e alcune piccole
case di produzione devono ridimensionarsi. Nel 1948 i film americani sono il 74,1% delle
novit proiettate sugli schermi cinematografici italiani.
Anche il cinema neorealista, che si impone come forza di rinnovamento, non riesce a
contrastare il successo di pubblico del cinema americano.
Agli inizi degli anni Cinquanta larrivo della televisione sconvolge in tutto il mondo
leconomia del cinema. Ren Clair: la settima arte diventa lammiraglia di una flotta che
annovera fra i suoi vascelli le videocassette, i telefilm e i prodotti multimediali su disco o
accessibili in internet.
Anzich decretarne la scomparsa, la televisione salva il cinema. Gli rid fiato spingendolo, a
innovare e a rinnovarsi grazie alla presenza di registi di punta attivi in Italia, in Francia e anche
negli Stati Uniti. La tv offre al cinema sbocchi inattesi e sempre pi numerosi: i film attirano il
grande pubblico sia sui canali generalisti sia su quelli a pagamento. La televisione partecipa in
misura sempre maggiore al loro finanziamento e ne assume in proprio anche la promozione
pubblicitaria e i prodotti derivati. Il cinema resta la pietra angolare di ci che ha inventato:
lintrattenimento di massa.
Per queste ragioni nessuno Stato rinuncia alla possibilit di intervenire per aiutare o
promuovere il cinema e talvolta per controllarne i contenuti. Certo le modalit dellintervento
variano notevolmente: dalle quote di diffusione sui canali nazionali, i vincoli di produzione ai
quali i film sono soggetti, agli anticipi sugli incassi, passando per la successione cronologica
delle sedi di proiezione (prima nei circuiti di sala, poi nelle videoteche e infine sui canali
televisivi). Del resto lo scarto fra i bei discorsi e la realt dei fatti aumenta ulteriormente
quando occorre giustificare o camuffare sovvenzioni o controlli di ogni tipo. Quando si invoca
leccezione culturale, si mira a evitare che vengano applicate in modo generalizzato e
incondizionato al settore audiovisivo e al cinema, le regole del mercato e del commercio
internazionale. A qst punto nasce un interrogativo: il cinema pu sfuggire allapplicazione del
principio di libero scambio previsto dallOrganizzazione mondiale del commercio (Omc)
succeduta nel 1994 al Gatt (General Agreement in Tariffs and Trade, Accordo generale sui dazi
e sul commercio?) per giustificare gli interventi dello Stato sul cinema Malraux, ministro della
Cultura in Francia affermava: il cinema unarte ma anche unindustria. Quello che allinizio
era stato una tecnica, offre oggi alcuni dei suoi prodotti su un mercato unico di dimensioni

mondiali. Presentarlo come una merce diversa dalle altre rischioso; spt unopera
dellingegno, di intrattenimento o di cultura.
CAP 3 LA RADIO (o radiodiffusione sonora)
Anche se questo mezzo non pu vantare alcuna invenzione per quanto riguarda linformazione
e lintrattenimento, ha cambiato le regole del gioco in questi campi delle comunicazione. Da
quando si affermata come mezzo di informazione di massa, fino al 194, la sua evoluzione si
intrecciata con quanto di pi incivile il XX sec. ha prodotto. Per questo stata accusata di
propaganda. Dal 1945 il suo contenzioso con il potere (es. stazioni periferiche a stento
tollerate, emittenti locali tardivamente legalizzate, radio libere o pirata) indica ai media il
cammino della libert. Perch sono state applicate alla radio (o tv) regole diverse da quelle
riservate alla carta stampata? Perch ci che costituisce vantaggio per questultima
(concorrenza, imprenditori privati) uno svantaggio per la radio?
La radio come segno distintivo
Pianoforte e fotografia sono segni distintivi di una borghesia in ascesa. Grazie al pianoforte la
musica pu uscire dalla cerchia ristretta dellaristocrazia; la fotografia sostituisce i ritratti sulle
pareti dei luoghi privilegiati. Praticamente entrambe concorrono ad aprire la strada ai media
audiovisivi che domineranno il XX sec di cui la radio sar il loro capofila.
Marzo 1899 = Guglielmo Marconi trasmette dei messaggi sonori sulle onde hertziane:
partono dallInghilterra e raggiungono la Francia. 1896 = aveva gi fatto una trasmissione
analoga su tre km depositando il brevetto della telegrafia senza fili. La telegrafia senza fili
rappresenta il punto dincontro di alcune scoperte che lhanno preceduta: leggi di Maxwell
sullelettromagnetismo, trasmissione onde radioelettriche di Hertz.
Per solo durante la I guerra mondiale che la radio fa il suo ingresso nella storia in quanto
mezzo, medium: novembre 1917 una radio annuncia che il Soviet di Pietrogrado si messo a
guidare la resistenza al governo in carica (governo che solo qualche ora prima aveva fatto
demolire le macchine dei giornali che gli erano rimasti fedeli). Cos la radio batte la stampa sul
suo stesso terreno e si impone dove nessuno se lo aspettava (era infatti opinione diffusa che la
sua funzione fosse solo permettere ai militari di scambiarsi messaggi in segreto).
In pochi anni la radio diventa il primo supporto accessibile a tutti basato solo sul suono:
rappresenta per i messaggi sonori ci che stampa e cinema sono per la parola scritta e
limmagine. 1920: i radioascoltatori americani possono seguire per radio la campagna
presidenziale. 1921: in Francia diffuso il primo giornale radio (lo Stato ha il monopolio ma
concede delle autorizzazioni ad alcune trasmittenti private); creata la Bbc (British Broadcasting
Corporation), fondata da ditte produttrici di apparecchiature, con struttura privatistica e il
controllo governativo. Italia 1924: lUri (unione radiofonica italiana) = associazione di
produttori radiofonici e di societ di radiodiffusione, riceve la concessione delle trasmissioni
radio sul territorio nazionale; modello di sviluppo simile alla Bbc.
Ma in Italia lo Stato, allinizio, si interessa poco della radio. 1927: lUri si trasforma in un ente
di Stato vero e proprio (Eiar, ente italiano audizioni radiofoniche). La radio si impone fra il
1918 e il 1925. Dal telefono mutua una perfetta ubiquit: a) i messaggi sono ricevuti nello
stesso istante in cui vengono emessi senza il minimo scarto temporale; b) raggiungono in
tempo reale tutti i membri di una popolazione ovunque si trovino. Funzione intermedia tra
posta o telefono: da un lato produce messaggi che propone a un pubblico libero di non
riceverli, dallaltro offre a tutti in ogni momento la possibilit di mettersi sulla stessa
lunghezza donda.
La radio e il potere
La radio il primo mezzo nella storia capace di raggiungere in diretta un uditorio disperso e
numeroso. Stampa e cinema non sono mezzi di diffusione. Con la radio la diretta sostituisce la
differita. Limmaterialit delle onde lelemento costitutivo della sua potenza, confrontata alla
materialit della carta di giornale o della sala cinematografica.
I vantaggi della radio non sfuggono al potere politico. Da quando nasce in Urss (1917), i
dirigenti politici del paese la utilizzano per diffondere la loro buona novella: 1929: Radio
Mosca trasmette programmi in varie lingue in molti stati esteri. Dopo qualche anno Goebbels
(uno dei pi importanti gerarchi nazisti) esorta i suoi concittadini ad aprire le finestre per farvi
entrare il pensiero nazista mediante la radio. In un suo libro Ciacotin paragona limpatto della

radio ai meccanismi di condizionamento pavloviano parlando di stupro delle folle attraverso


la propaganda politica.
La Gran Bretagna inventa il canone di abbonamento, permettendo alla Bbc (istituita in
monopolio), di vivere senza ricorrere alla pubblicit; gli Stati Uniti modellano il regime della
radio su quello della stampa.
1927 = si affida a unagenzia federale (Federal Radio Commission Frc) il compito di dare alle
diverse stazioni-radio lautorizzazione a trasmettere (= diritto di utilizzare lo spazio pubblico
delle onde hertziane). Negli stessi anni quasi tutti i paesi europei scelgono una terza via, a
met tra la libera concorrenza allamericana e il monopolio pubblico allinglese. Es. Francia:
numerose emittenti private (1945 annullate le concessioni private, riconosciuto il monopolio
alla Rtf - radiodiffusion televisioni franaise -; 1982: monopolio abrogato per legge. Cos si
sviluppano circa 1500 stazioni autorizzate. Italia: lEiar viene finanziata dal canone e dalla
pubblicit (a differenza della Bbc che non prevedeva pubblicit); 1926 nasce la concessionaria
di pubblicit radiofonica Sipra (Societ Italiana Pubblicit Rradiofonica Anonima). Nel 1944
lEiar diventa Rai (= societ per azioni a totale partecipazione pubblica). La Corte costituzionale
emana dei principi per la Rai: a) deve dipendere dal Parlamento (non + dal governo) che la
controlla mediante la Commissione parlamentare per lindirizzo e la vigilanza dei servizi
radiotelevisivi (20 deputati e 20 senatori che rappresentano i gruppi del parlamento) istituita
con la legge 103/1975; b) deve rispettare i criteri di obiettivit e completezza dellinfo. La
Rai mantiene il monopolio fino al 1976 quando la Corte costituzionale dichiara legittime le
emittenti private a copertura locale. Tra le prime emittenti private abbiamo Radio Milano
International (radio 101);
La diversificazione dellaudience
Dagli anni 50 in poi la tv conquista il primato appartenuto alla radio e trionfa ovunque. Nulla
per toglie alla radio il merito di aver aperto la strada ai grandi media del XX sec (tv e
strumenti multimediali). 1964: in Gli strumenti del comunicare, McLuhan evidenzia i pregi
della radio: 1) tocca personalmente lascoltatore; 2) rapporto da individuo a individuo che
presenta un mondo di comunicazioni sottintese tra speaker e ascoltatore. La radio indica alla tv
la strada da seguire. A essa il merito di aver inventato programmi in grado di piacere e sedurre
i pubblici pi svariati. Dopo il 1960 gli altri media cresceranno applicando lo stesso criterio
della radio: la diversificazione dei programmi. Si annuncia la nuova era: dei pubblici mirati, dei
temi circoscritti, di richiamo meno vasto ma pi intenso. La radio continua oggi con questa
logica moltiplicando i programmi e rivolgendosi a fasce di ascolto pi ristrette. Oggi il sistema
digitale permette alla radio di progredire sulla via gi intrapresa = rivolgersi a gruppi di
ascoltatori particolari tuttavia col tempo, lusura e la difficolt dinnovazione la rendono banale
rispetto ad altri media.
CAP. 4 LA TELEVISIONE
La tv ha improntato su di s il XX sec pi di qualsiasi altro medium. Dalla stampa ha reclutato i
professionisti per condurre i telegiornali; del cinema e della radio ha seguito i passi per dare
programmi ai propri schermi e arrivare a ogni tipo di pubblico. Tra il 1950 e il 2000 il percorso
della tv procede in parallelo ci progressi della tecnica e si intreccia con le lotte per la libert di
espressione.
Grazie a cavi e satelliti la tv diventa una finestra sul mondo, si fa sempre pi estesa e
diversificata e diventa locale, regionale, planetaria. Potere dinfluenza notevolissimo, incide in
modo diverso in realt diverse (es. minor influenza sulle elezioni, maggior influenza sulla
tendenza dellopinione). Essa gareggia con la stampa nel campo dellinformazione.
La televisione dal 1950 ad oggi
La parola televisione nasce prima delloggetto a cui si riferisce. Usata per la prima volta in
occasione dellEsposizione universale di Parigi per indicare la trasmissione a distanza di
immagini animate e dotate del sonoro. Questa tecnica risale al 1923. I primi esperimenti di
trasmissione di immagini a distanza in Italia iniziano nel 1929; nel 1949 iniziano alcune
trasmissioni d Torino e Milano, ma il giorno del battesimo vero e proprio della televisione
italiana 3 gennaio 1954 (= iniziano ufficialmente le trasmissioni, prima era). In Francia la
prima trasmissione viene diffusa dalla Tour Eiffel (1935).

Tuttavia la storia della tv inizia a met del secolo. In Italia gli abbonati sono circa 80.000 nel
1954; arrivano a 4.000.000 nel 1963. In Francia le prime grandi vendite di apparecchi
televisivi coincidono con la trasmissione da Londra (1952) dellincoronazione della regina
Elisabetta II. Negli Stati Uniti, 1960 John Kennedy eletto presidente; la maggioranza di
giornalisti e politici convinta che abbia vinto grazie alle sue prestazioni televisive = si
attribuisce alla tv il potere di determinare gli esiti elettorali, costruire o distruggere la
credibilit dei politici.
In meno di un decennio la tv diventa un mezzo di comunicazione di massa; prima del 1950
era ritenuta una curiosit tecnica, poi conquista la maggioranza del pubblico e impone le
proprie regole nel campo dellinformazione, intrattenimento e animazione. Nei paesi sviluppati
segue le regole delloligopolio = due o tre reti coesistono in regime di concorrenza anche se il
monopolio dello Stato a dominare sulle onde e sui programmi.
Con la nascita di Hbo (Home box Office = una delle emittenti televisive via cavo pi popolari
degli Stati Uniti. Di propriet della Time Warner, la sua programmazione basata sul cinema e
sulle serie televisive di sua produzione per cui conosciuta in tutto il mondo. Negli USA ha
oltre 38 milioni di abbonati. Trasmette in oltre 150 Paesi) negli Stati Uniti, nel 1975, la
televisione entra nella sua seconda era: accessibile grazie ai cavi coassiali che hanno sostituito
le tradizionali onde hertziane e collegata da est a ovest per vie satellitari, la nuova rete (a
pagamento) diffonde solo fil girati per il cinema. Novit: da un lato abbandona il sistema che
implica lintervento di un terzo pagante perch il telespettatore sottoscrive direttamente un
abbonamento in favore dellente che trasmette i programmi; dallaltro rompe i vincoli posti
dalla scarsezza delle onde hertziane (= era dellabbondanza e della diversificazione con 5 assi:
cinema, sport, informazione, musica, programmi per infanzia). I canali tematici allinizio
considerati superflui si rivelano presto complementi indispensabili dei canali generalisti.
Grazie al sistema digitale (= traduzione dei suoni e delle immagini nel linguaggio informatico
basato sulla successione di 0 e di 1) la televisione entra nella sua terza era (= pochi anni
prima della fine del XX sec). La famiglia dei compact disc (cd) aumentata: ai Cd audio si
aggiungono i Cd-Rom, i Dvd-Video e i Dvd-Rom. Con lavvento della televisione digitale via
satellite (= Direct tv) inaugurata negli Stati Uniti nel 1994, linterattivit offre nuove
opportunit alla televisione = il televisore rene accessibile ogni cosa (film, info, servizi fino a
poco tempo fa riservati ai computer). Cos alle soglie del 2000, dopo labbondanza (20, 50,
100 canali) la televisione scopre linterattivit = nello scambio comunicativo con la tv
liniziativa dunque passata al telespettatore.
Regime pubblico e regime privato: due statuti diversi e controversi
Le reti emittenti possono essere: pubbliche o private, locali o planetarie, generaliste o
tematiche, gratuite o a pagamento, convenzionali o interattive, hertziane, via cavo o via
satellite. A causa di ci non si possono classificare. Per ci sono tre strade che permettono di
distinguere i criteri che le distinguono: 1. Chi crea le imprese che propongono al pubblico i
programmi televisivi? Lo Stato? Le imprese private? Societ di diritto privato a capitale
pubblico? O le associazioni? Queste sono tutte formule che esistono dalle origini della
televisione. quindi riduttivo opporre monopoli pubblici europei alle emittenti private
americane soggette a leggi concorrenziali. 2. Chi finanzia queste imprese? Lo Stato? Un
canone? Coloro ch epagano per far trasmettere pubblicit? I telespettatori mediante
abbonamento (Sky) o pagando specifiche trasmissioni (film, partita)? Anche per questo
argomento le diverse forme coesistono. 3. Quali sono i margini di libert che hanno le diverse
emittenti nel decidere i loro palinsesti? O quando devono decidere i contenuti dei programmi?
O quando devono aprire i propri spazi a tutte le correnti (religiose, politiche..). anche qui le
regole sono diverse, idem per le modalit di controllo delle emittenti e per i tipi di sanzioni in
cui possono incorrere.
Solo lanalisi della storia della tv nei diversi paesi consente equivalenti paragoni. In America la
tv apparsa dallinizio come modello positivo e negativo. Gli Europei invece si pensa di non
dover lasciare la tv alla merc delliniziativa o degli interessi privati, perci hanno affidato agli
Stati il compito di creare gli organismi a svolgere tali funzioni; gli Stati infatti, applicavano
verso i monopoli che andavano costituendo (Bbc, Rtf, Rai) formule diverse come legislatori,
amministratori, regolamenta tori, finanziatori, gestori. Questa scelta era opposta a quella fatta
per la stampa fondata appunto dagli imprenditori privati.

Lanalisi dello sviluppo delle televisioni europee rivela un importante fenomeno degli anni 7080: la fine dei monopoli pubblici e laffermarsi delle emittenti private. I primi segni di
disgregazione dei monopoli sono dovuti ai progressi della tecnica che favoriscono la creazione
di una seconda rete (1961 in Italia) e dopo il 1975 segnano linizio della seconda era
televisiva grazie allintroduzione dei sistemi via cavo e satellitari. Ci si chiedeva perch non
estendere alla tv le regole che avevano reso la stampa uno strumento di libert. In questo
campo lItalia d lesempio allEuropa: la Corte costituzionale emette due sentenze (19741976) con cui dichiara incostituzionale il monopolio della Rai. cos che Berlusconi inizia
lavventura della televisione via cavo sul territorio milanese per diffondere i suoi programmi
utilizzando ponti hertziani.
In Europa lavanzata delle emittenti privati inarrestabile: Francia (1984, Canal+); Inghilterra
(1982, Channel4); Germania (1985, Sat1 e Rtl-TV); Italia: le prime emittenti private iniziano
nei primi anni 70 (Telebiella) e sono locali via cavo, in pochi anni sostituite da quelle via etere.
Inizio anni 80: nascono le reti che faranno parte della Fininvest di Berlusconi (1980: Canale 5;
1982: Retequattro e Italia1).
Lascesa delle televisioni private ha seguito strade diverse nei vari paesi europei.
Francia: con la legge 29 luglio 1982 abolisce (almeno formalmente) il monopolio pubblico della
programmazione e garantisce a emittenti private la possibilit di ottenere concessioni per le
proprie reti, previa autorizzazione. Anche Spagna e Grecia mettono fine al monopolio (198889). Svezia: autorizza un canale in lingua svedese trasmesso da Londra (mediante il satellite
lussemburghese Astra) finanziato da un miliardario con domicilio a New York. LOlanda d via
libera a Rtl4 ma mantiene inalterata la legge. Svizzera: il Parlamento apre un varco alle
emittenti private con una legge federale (1 aprile 1992). Italia: dopo labolizione del monopolio
(1976), proliferano le emittenti private anche per la mancanza di legislazione sufficiente
(deregulation) fino alla legge Mamm del 1990. Nonostante le tante tv private (spt locali),
negli anni 80 si consolida un duopolio televisivo Rai-Fininvest solo in parte scalfito da reti
nazionali (1974: Telemontecarlo poi diventata La7; 1987: Odeon). 1990: viene regolamentato
il sistema affidando compiti di garanzia e controllo nel settore audiovisivo al Garante per la
Radiodiffusione e lEditoria (sostituisce il Garante dellEditoria creato nel 1981).
Attualmente sul settore radiotelevisivo italiano vigila lAutorit per le garanzie nelle
comunicazioni (Agcom) istituita con la legge 249 del 1997; compito = assicurare la corretta
competizione degli operatori sul mercato e tutelare le libert fondamentali dei cittadini.
LAgcom unautorit convergente = a un unico organismo spettano funzioni di vigilanza e
controllo nei settori delle telecomunicazioni, dellaudiovisivo, delleditoria (primo caso in Europa
dovuto ai cambiamenti scaturiti dallavvento della tecnologia digitale e dallarrivo dei media in
questo settore.
Il processo alle intenzioni
Prima della tv, nessun media aveva suscitato timori e perplessit a partire dagli anni 60; a
questo dovuto laccumulo di regole a riguardo. Jean Cazeneuve elenca 7 problemi, capi
daccusa contro la televisione: 1) indipendenza limitata; 2) gusto della spettacolarizzazione;
3) demagogia; 4) tendenza a far leva sulle emozioni del pubblico; 5) disprezzo per la cultura;
6) violenze di ogni genere; 7) netta preferenza per i programmi di svago e intrattenimento.
Queste accuse sottendono i dubbi di unopinione pubblica allarmata: quali regole devono
rispettare le emittenti? Quali limiti vanno messi alle loro libert? In America i docenti
universitari denunciano la tendenza a mescolare in una stessa trasmissione pubblicit,
informazione e show-business; queste recriminazioni costringono il governo a creare nel 1967
una rete pubblica, la Pbs (= Public Broadcasting System), la quale visto essendo finanziata da
donazioni (e non dalla pubblcit) pu sottrarsi ai condizionamenti di sondaggi e dellaudience.
Nei quindici anni successivi le televisioni europee si convertono alla formula americana della
regulation mediante agenzia indipendente. In Francia: il Csa (1989) nasce per rispondere alle
stesse necessit che negli Stati Uniti hanno portato alla creazione della Frc e Fcc per la radio.
In pratica occorre trovare un altro modo per dar vita a un nuovo diritto, di tipo contrattuale,
elaborato in funzione dellinteresse comune. Scopo: stabilire un terzo tipo di regolamentazione
intermedio rispetto ai due esistenti: I) basato su leggi e regolamenti in cui lo Stato
strumento o agente; II) fondato sul mercato in cui regnano transazioni e concorrenza.
CAP. 5 INTERNET

Gli strumenti multimediali permettono di restituire su uno schermo di un pc, televisore o


telefono, diversi documenti (testi, grafici, brani audio, immagini fisse o mobili,, mute o sonore)
ai quali si pu accedere liberamente secondo le proprie necessit. Peculiarit: possibilit di
mescolare diverse forme di espressione, rappresentazione o comunicazione e di navigare
dalluna allaltra come e quando si vuole. Ai testi multimediali possiamo accedere in due modi:
a) fuori linea (off line) su un supporto autonomo (Cd-Rom, Dvd) grazie a un lettore portatile,
a un pc o allattrezzatura di un ufficio; b) in linea (on line) quando lo schermo del terminale
connesso a una rete che permette di accedere a provider di informazioni, di intrattenimento o
di transazioni economiche.
In principio fu la digitalizzazione dei segnali
1980: diverse innovazioni segnano nel campo dei mass media linizio di una nuova avventura
e ciascuna di esse ha origine in un nuovo utilizzo dellinformatica. Inizialmente qst avviene
quando linformativa viene applicata alle telecomunicazioni (es. Videotel italiano). Fin dalla
met degli anni 60 i sistemi di computer di banche, compagnie assicurative, comunicavano tra
loro mediante reti telematiche specializzate. Ma la telematica va oltre perch offre a tutti ci
che prima era riservato a pochi. Cos vengono messi in linea servizi di info accessibili a
chiunque ne faccia richiesta.
La diffusione della telematica precede di poco la vendita al pubblico negli Stati Uniti, dei primi
personal computer (1981): Pc fabbricati dallIbm. Ma solo quando sul mercato appare il suo
concorrente, il Mac (pi facile da usare e pi conviviale) la microinformatica raggiunge il
grande pubblico. Il computer non pi usato solo in ufficio, ma anche a casa e a scuola. Passo
decisivo per linformatizzazione della societ. Nello stesso anno in cui il Macintosh intacca il
monopolio di Ibm (1984), la Philips e la Sony si lanciano nella vendita di compact-disc audio, i
famosi Cd, che in soli quattro anni hanno sostituito i dischi. I suoni e le immagini sono tradotti
nel linguaggio digitale che gi aveva permesso ai testi e ai disegni di circolare da un computer
allaltro mediante rete telefonica. Cos la famiglia dei Cd si estesa: Cd-Rom con testi e
immagini fisse (1985); Cd-RomXa con in pi lelemento video (1988); Cd-Video per vedere
film sul televisore (1992); Dvd, digital versatile disc, cd multifunzionale connesso a un
televisore o a un computer (1997).
I supporti multimediali sono nati durante queste innovazioni che rappresentano tre aspetti
della rivoluzione digitale: a) applicazione dellinformatica alle telecomunicazioni; b) diffusione
dei Pc; c) estensione della famiglia dei cd e successo dei suoi membri.
Prima di essere on line, il multimediale stato off line ma la distinzione si attenuata grazie al
personal computer col quale possibile far interagire le info accessibili in rete con quelle date
da supporti autonomi.
Internet e la multimedialit
Il Cd del 1984 segna la digitalizzazione del suono. In seguito il linguaggio dellinformatica si
integra al processo della comunicazione (dalla trasmissione alla ricezione). Cos il digitale
aggrega gli scritti, i suoni, le immagini e i dati sugli stessi supporti (es. dischi, reti). Senza il
digitale (= linformatica di cui il digitale il linguaggio), il sistema multimediale non sarebbe
mai esistito. Lapplicazione dei media nel mondo dei media ha causato un duplice
sconvolgimento: I) ununica tecnica accomuna e mischia varie forme di espressione (=
categorie di segnali), ciascuna delle quali dotata di un proprio medium: finisce lera in cui
scritto, immagine, suono e dati informatici avevano i propri strumenti di elezione. II)
mischiando qst elementi in uno stesso disco il digitale permette di passare da una forma di
espressione a unaltra mediante un click di mouse (grazie allipertesto e allipermedialit).
Comunque i Cd-Rom e i Cd-I (leggibili da un televisore) sono solo unanticipazione del
multimediale, anche se mutando radicalmente le nostre abitudini mentali e pratiche. La
rivoluzione dei multimedia infatti non si limita ai progressi del digitale, alla generalizzazione del
linguaggio informatico, al sodalizio tra informatica e gli editori di contenuti fino ad allora legati
ai media tradizionali (stampa, radio, tv, cinema). Il digitale era la condizione necessaria
allavvento dei multimedia ma non la condizione sufficiente. Internet intorno al 1992-93 a
dar loro il grande impulso e a metterne in risalto le loro potenzialit. Da quegli anni in poi i
server multimediali saranno accessibili da qualsiasi computer collegato a internet grazie ai link
ipertestuali e ipermediali. 1989: il britannico Timothy Bernes-Lee e il belga Robert Caillau,
entrambi appartenenti al Centro europeo di ricerca nucleare di Ginevra (Cern), utilizzando il

procedimento di consultazione di internet, creano il World Wide Web (web) = rete mondiale. Il
mondo immaginato da McLuhan (inizio anni 60) realizzato dal Web grazie a browser come
Mosaic: possibile accedere a distanza, dal video del proprio Pc, a qualsiasi programma o
servizio multimediale con testi, parole, musica, immagini. Con la posta elettronica e i gruppi di
discussione (forum), Internet (= rete di reti che permette di collegare tra loro i computer di
tutto il mondo grazie a due protocolli [Tcp: un linguaggio che consente ai computer di capirsi;
Ip: un sistema che opera linvio reciproco dei messaggi; inventati nel 1974]) non pi un
mezzo di comunicazione e espressione. Con il Web diventa il pi grande giornale del mondo, la
biblioteca dotata del maggior numero di libri, lipermercato pi fornito. Tutti i servizi web
possono essere multimediali: dalle info meteorologiche ai giochi in rete, alle info su misura (es.
banche dati). Internet mondiale, decentralizzato e multimediale. Trasforma la telematica e
d un senso alle alleanze tra laudiovisivo, linformatica e le telecomunicazioni.
I supporti e le reti multimediali a confronto con gli altri media
Il multimediale (on line o off line, in versione autonoma [Cd-Rom, Dvd] o in versione connessa
[via internet]) associa mediante il linguaggio digitale i mondi dello scritto, dellaudiovisivo, e i
dati informatici. Esso per non la somma di questi elementi; n pu essere considerato un
medium onnicomprensivo, un tutto in uno, anche se i media tradizionali si coniugano e si
sovrappongono al suo interno. Il multimediale d ai media tradizionali la possibilit di superare
i propri limiti. Con lipertesto libera il testo scritto dalla sua linearit. Libera radio e tv dai
vincoli del palinsesto e degli orari prestabiliti, dai condizionamenti delle emittenti. A partire dal
1995 si parla di convergenza tra televisore, computer, telefono. Sarebbe pi giusto parlare di
emancipazione dei tre universi e la scoperta da parte di ciascuno di essi, dei vantaggi e delle
possibilit degli altri due. Dagli inizi degli anni 90 linformatica entra in contatto con
laudiovisivo grazie a nuovi algoritmi come Mpeg 1: sugli schermi dei computer appaiono
immagini. Le telecomunicazioni vanno oltre la telefonia tradizionale. Grazie allinformatica,
laudiovisivo scopre linterattivit, gli effetti speciali e le immagini virtuali. Alain Staron,
inventore dei servizi interattivi di Tps (televisione via satellite) in Francia, inaugur nel 2002
larrivo dei telenauti. Allinizio del XXI sec. il multimediale on line non ha ancora trovato le
applicazioni di una sua specifica competenza. Si limita a prolungare o completare i vecchi
media catalizzandone le prestazioni. Riconcilia le forme di espressione dello scritto e
dellimmagine, mescolandole. Il multimediale ci impedisce di ignorare la realt: sono semplici
strumenti, utili, indispensabili a patto che siano impiegati solo quando le loro prestazioni lo
giustifichino e non a qualunque scopo.
II parte: OBIETTIVI E FINALIT DEI MEDIA
I media sfuggono sempre ai loro inventori. Durante gli anni man mano che si diffondono
trovano nuovi obiettivi e si scoprono in essi nuove potenzialit e finalit. Quando nascono non
hanno un foglio di viaggio e spesso accade che, raggiunto il grande pubblico, cambino
direzione di marcia. I media quindi sono strumenti e allo stesso tempo luso che di tali
strumenti si pu fare. Col passare del tempo si affidato loro un ruolo che: organo di
informazione, strumento di relazioni pubbliche, mezzo di evasione o supporto di opere capaci
di suscitare sentimenti ed emozioni.

CAP. 6 - LINFORMAZIONE
Le news sono uninvenzione della stampa quotidiana. Linformazione moderna nata nel XIX
sec quando sono state offerte delle notizie sul mercato, grazie alla nascita delle rotative (=
macchina per la stampa nella quale le immagini da stampare sono incurvate intorno ad un
cilindro) e alla proclamazione delle libert personali e politiche. Proprio questo tipo di info ha
trovato nella radio, nella tv e in internet nuovi territori da esplorare che, nella loro specificit,
hanno costituito per linformazione moderna una sfida.
Dalle notizie allinformazione
I giornali quotidiani hanno inventato le news (informazione) nel XIX sec segnato dalla
rivoluzione industriale e dalla lotta per le libert. Sono questi organi di informazione (Times
fondato a Londra nel 1785, Wall Street Journal a New York nel 1889) che assegneranno ai
giornalisti il loro compito: raccontare ci che accade nellattualit. Per i quotidiani

linformazione non solo il fine ma una vera istituzione che comporta tecniche, professionisti,
discipline. Il Times svolge un ruolo decisivo in questo compito perch dispone di margini di
libert pi ampi rispetto agli altri quotidiani. Il quotidiano d prova della sua indipendenza dal
governo quando si schiera (1821) dalla parte della regina Carolina, trascinata dal marito
Giorgio VI in un processo per adulterio; il quotidiano crea una rete di corrispondenti e cerca di
dare lo stesso spazio tanto alle piccole notizie locali quanto a quelle nazionali ed estere. Il
Times innova anche nella forma: d sempre pi importanza alla presentazione delle notizie e
allimpaginazione, introducendo sottotitoli per facilitare la lettura. Alcuni anni dopo nascono
agenzie di stampa che iniziano a creare reti di corrispondenti in tutto il mondo: la Havas
(1835) allorigine dellAgence France Presse, la Wolff tedesca (1849), la Reuters britannica
(1851). Nel 1853 nasce lagenzia italiana Stefani allinizio limitata ai comunicati del governo
piemontese.
Il processo di professionalizzazione del giornalismo (= avviato in Inghilterra) prosegue negli
Stati Uniti fino alla fine del XIX sec. Durante la guerra di secessione(1861-1865) i difetti di
funzionamento del telegrafo impongono ai corrispondenti le prime regole del giornalismo: a)
innanzitutto si invertono le priorit affermando il principio di esporre prima la sintesi e poi i
dettagli per ovviare alle interruzioni del telegrafo; b) si auspica il rispetto delle cinque W:
Who? What? When? Where? Why? per costruire un racconto esauriente; c) si raccomanda uno
stile spoglio e impersonale accessibile a tutti i lettori.
Il successo dei giornali porta nuove regole al giornalismo americano conformi allideale di
obiettivit; qst norme seguono il movimento che tende al raggruppamento degli organi di
stampa. La logica dei grandi numeri obbliga a offrire numerose rubriche evitando di dare
sospetto di parzialit. Dal XIX sec. le scuole di giornalismo e le associazioni di categoria
garantivano stabilit e continuit alle regole che i corrispondenti della guerra di Secessione si
impegnavano a rispettare spontaneamente. Quindi competenza e rispetto dei codici avevano
fatto del reportage il modello del giornalismo anglosassone. E cos questa nuova pratica
collocava le gazzette e i primi quotidiani nella preistoria del giornalismo e aveva fatto
dellinformazione unistituzione alla base delle democrazie moderne. Camus diceva: la stampa
scrive la storia al presente.
Due modelli: il reportage e la cronaca
Il giornalismo dellEuropa continentale agli inizi del XX sec (dopo essersi emancipato con
difficolt dalla politica e dalla politica) fa proprie le tecniche del reportage. Emile Zola
denuncia il cambiamento che linformazione ha portato nel mondo del giornalismo, deplora la
fine dei grandi articoli a vantaggio dei comunicati di agenzia. Invece Hugues de Roux
(giornalista del Temps) era entusiasta del fatto che i suoi colleghi avessero scelto le tecniche e
le regole del reportage e diceva: il vecchio cronista, mente brillante, pronto alla battuta di
spirito, ai commenti a briglia sciolta, spodestato da uno scrittore meno preoccupato di
mettersi in mostra, ma meglio informato sugli argomenti che tratta: il reporter. Secondo
Pierre Albert la cronaca (= articolo di commento agli eventi) mirava pi a spiegare e a
convincere che ad esporre, tendeva a commentare i fatti piuttosto che a narrarli. In Europa il
reportage non riesce a occupare lo spazio che invece conquista nellAmerica del Nord (accanto
ai comunicati ufficiali, ai pezzi umoristici o di evasione, ai commenti sui fatti del giorno). In
Francia il reportage si afferma spt nellambito dei fatti di cronaca, dei resoconti sulla vita
parigina e sullarte e la letteratura. Lo spazio riservato ai reportage nella stampa europea
aumenta nel XX sec, contemporaneamente allautorevolezza delle agenzie, alla crescita dei
giornali regionali e al successo dei news magazines (negli anni 50-60). Lo scopo: andare
sempre pi a fondo, fare il punto delle situazioni; sulla base di queste formule si diffonde un
giornalismo praticato in nome del dovere di inchiesta di cui lAmerica (dopo lo scandalo del
Watergate, 1972) rivendicava i vantaggi.
Nonostante alcune convergenze, il giornalismo continentale resta molto diverso dal suo
omologo anglosassone. Il reporter e il cronista, modelli di virt professionali, sono investiti di
ruoli e significati diversi. Il reporter si adatta meglio al lavoro collettivo e alle gerarchie; il
cronista, consapevole della relativit delle proprie analisi, fa un lavoro solitario. Diversi anche
i rapporti con le fonti di informazione: per il reporter meno fiduciosi e pi frequenti; per il
cronista meno numerosi ma meno diffidenti. Dove prevale la cronaca si valorizza il coraggio,
lonest, la perspicacia. La virt cardinale del giornalista di inchiesta risiede in una sorta di
neutralit vigile, guidata dal rispetto di un codice di comportamento condiviso da tutti i

colleghi. Pi di un quarto di secolo prima del Monicagate che ha coinvolto Clinton, il Watergate
diventato il simbolo die poteri della stampa; alla fine di uninchiesta lunga e difficile condotta
da due redattori del Washington Post, il presidente Nixon fu costretto a dimettersi. Portata
sullo schermo (= trasfigurata nellopinione della gente) lavventura di Bernstein e Woodward si
imposta come esempio del giornalismo di inchiesta, del reportage che vuole il giornalista solo
al servizio della verit e del bene comune. Significa che alla fine ha prevalso il modello
anglosassone? Dopo il Watergate possiamo ancora parlare di due modelli, ciascuno con valori,
codici di comportamento e ideali propri? Da un lato Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna,
dallaltro Francia, Germania, Italia? Tutto si svolge ancora come se il giornalismo anglosassone
e il suo omologo europeo si richiamassero a principi diversi. In America sembra valere il
principio: i fatti sono i fatti e a nulla serve negarne levidenza materiale; i fatti sono sacri, il
commento libero. In Europa sembra prevalere il principio: gli avvenimenti sono inseparabili
dal significato che assumono agli occhi di chi ne parte attiva e agli occhi di chi ne testimone
diretto o indiretto. Oggi ci che unisce i due modi di praticare il giornalismo prevale su ci che
li divide. Per entrambi lessenziale sta nel delimitare il campo in cui si deve intervenire:
linformazione sullattualit (= lannuncio e il racconto in forma di notizie, di ci che accade, del
passato recentissimo e dellavvenire prevedibile del presente) destinata a persone o a cittadini
che si vorrebbero il pi possibile numerosi e interessati. Cos il giornalismo al tempo stesso
un mestiere (con le sue pratiche e tecniche), una professione legittimata e riconosciuta e una
vocazione al servizio del bene comune e di valori unificanti. Il giornalista deve sempre
mantenere le distanze dai propri interlocutori: del redattore capo (che difende l alinea
editoriale), degli esperti (a cui pu ricorrere quando il caso lo richiede), dei colleghi (allo stesso
tempo solidali e rivali), dei testimoni e degli attori degli eventi che deve raccontare.
I due modelli del giornalismo
Modello ANGLOSASSONE
I fatti sono i fatti
Obiettivit: distinguere i fatti
dai commenti

Principi
Dogmi

Principali rappresentanti della


categoria
Codice di comportamento

Reporter

Relazioni
con
informative
Organizzazione
Virt cardinali

Indispensabili, Prudenti

le

fonti

Autonomo, Emancipato

Lavoro collettivo
Neutralit, codice di
comportam. condiviso,
solidariet con i pari grado

Modello LATINO-EUROPEO
Lobiettivit impossibile
Onest
del
giornalista:
ammettere
la
propria
soggettivit
Cronista
Ancora legato alla letteratura
e alla politica
Meno
frequenti
ma
improntate alla fiducia
Lavoro individuale
Perspicacia, individualismo,
coraggio

Linformazione dopo il Watergate


Nel 1974 il Watergate ha consacrato definitivamente i ruoli dellinformazione, del giornale
quotidiani e del giornalismo di inchiesta fondato sulle indagini e sui reportage. Allora perch
sembra impossibile che al di fuori degli Stati Uniti (= nelle zone continentali) possa nascere
uninchiesta come quella del Watergate? I giornalisti europei (spt italiani e francesi) restano
scettici sulla reale indipendenza di organi di informazione soggetti alle stesse leggi che
regolano le altre imprese capitalistiche. Circa un secolo dopo essere stata inventata
linformazione ha dovuto affrontare varie sfide. Il cinema e la radio, poi la televisione e internet
hanno messo in crisi il monopolio dei giornali sullinformazione. Fino agli anni 60 la stampa e
spt i quotidiani avevano esercitato unegemonia sullopinione, sulle idee e la politica. Anche se
il cinema gi dal 189 aveva cercato di misurarsi con i reportage girati in diretta o ricostruiti in
studio, le prime brecce nel monopolio della stampa sullinformazione sono state realmente
aperte soltanto negli anni 1950-1960 ad opera della radio e della televisione. Due esempi per
illustrare la svolta: a) 1960: lelezione di Kennedy alla presidenza degli Stati Uniti ritenuta
vinta alla televisione; b) 1961-62: limportanza dei radio-ricettori a transistor usati dal
generale De Gaulle per rivolgersi direttamente ai soldati francesi dispersi nelle montagne
algerine.

Linformazione lascia la stampa, su carattere natale, per migrare verso altri media. Dopo il
1995 internet dilaga attraverso la breccia aperta dai predecessori (tv, radio). Nel 1976
linformazione deve affrontare una seconda sfida lanciata dai paesi del Terzo Mondo che,
durante la conferenza generale dellUnesco hanno modo di farsi sentire per chiedere che
venisse creato un nuovo ordine mondiale dellinformazione. I capi di accusa contro i paesi
occidentali ribaditi fino alla fine degli anni 80: a) silenzio sui paesi del Terzo Mondo, sulle loro
difficolt, sui loro progressi, b) deformazione sistematica da parte degli Stati del Nord delle
informazioni che riguardano i paesi terzi, c) propaganda culturale univoca del Nord nei
confronti del Sud. Lapertura politica di Gorbav nellex Unione Sovietica dopo il 1985
contribuisce a rivelare che la rivendicazione di un equilibrio tra notizie di agenzia, film e
programmi televisivi, se condotta con metodi autoritari, incompatibile con lideale di libert a
cui vorrebbe richiamarsi essa stessa. Alla fine del XX sec. con la disgregazione dellUrss e
linatteso sviluppo di Internet, linformazione riscopre allimprovviso le sfide e i limiti con cui
deve misurarsi. I connotati e i contenuti dellinformazione sono sicuramente cambiati quando
la televisione diventato un medium di massa. E cambieranno ancora quando entreranno in
scena le reti multimediali. I nuovi medium hanno modificato alcune regole che gi
governavano il giornalismo, quindi non hanno definito compiti e sfide che restano immutati
anche in futuro rispetto a quelli dei primi quotidiani del passato. Non esiste libert senza libert
dei media. Non c libert per linformazione se le imprese del settore sono soggette ad
autorizzazione preventiva. Linformazione nata il giorno in cui le notizie sono state
liberamente offerte su un mercato. Ma la concorrenza, pur necessaria, non sufficiente.
Occorre dunque che la legge fissi dei limiti per la libert di espressione. La libert senza limiti
non pi libert, ma solo licenza. La responsabilit individuale dei giornalisti la contropartita
delle libert di cui godono. I giornalisti non sono gli unici responsabili della qualit di
uninformazione offerta a tutti; non spetta solo a loro contrastare i conformismi. Linformazione
allo stesso tempo mercato e industria, soggetta anche alla vigilanza dei suoi destinatari ai
quali, in virt dlela logica di mercato, spetta comunque lultima parola.

CAP. 7 LINTRATTENIMENTO
1927: prima di diventare sonoro, il cinema aveva inventato lintrattenimento di massa
accessibile a un pubblico pi vasto di quello dei teatri. Ma solo la tv rivoluziona lo showbusiness. Dopo il 1950, divenuta medium di massa, la tv d origine alle industri
dellentertainment. Entrando con le proprie cineprese negli stadi e nelle sale da concerto, essa
reinventa il calcio e lo spettacolo musicale. Ecco la magia della tv: portare nelle case di tutti i
pi svariati spettacoli di intrattenimento: film, variet, talk-show, concerti, video, commedie,
musical.
Dallo show-business allentertainment
Prima della fine del XIX sec molti teatri offrono spettacoli inediti al popolo. Negli Stati Uniti
si chiamano vaudeville o burlesque; nelle citt europee caf-concerto, cabaret, music-hall, caf
chantant o variet. Caratteristica che li accomuna: formati da numeri brevi che li rendono pi
simili agli spettacoli circensi che a quelli dei teatri tradizionali. La parola variet indica questi
nuovi tipi di intrattenimento: nei teatri che li ospitano si pu ascoltare una romanza, una
canzone, unaria; si pu vedere una scenetta, un numero di un acrobata o di un prestigiatore.
Il teatro di variet diventa in pochi anni il grande emporio del divertimento. Simbolo della vita
urbana, cerca di far in modo che ogni spettatore trovi sempre qualcosa di suo godimento. Per
il suo successo non oltrepassa il confine che lo separa da una borghesia sempre pronta a
distinguersi dal popolo, a difendere il buon gusto e il decoro del teatro tradizionale.
Con larrivo del cinema (seguito da radio e tv) lo show-business si sostituisce subito al variet
di inizio secolo i nuovi media del suono e dellimmagine creano unindustria attenta a
soddisfare il grande pubblico rispondendo alla sua domanda di divertimento. Il fine quello di
piacere e sedurre puntando sulla capacit di suscitare emozioni universali. Far applaudire,
ridere o piangere diventa una tecnica e unarte. Divertire lossessione di nuovi industriali
desiderosi di numerosi consensi.
Lo show-business lerede legittimo dei variet e dei media audiovisivi: cinema, radio, tv. Il
cinema diventa la pi grande fabbrica dei sogni del XX sec., la radio e la tv invadono gli stadi e
i luoghi dei concerti trasformando sport e musica leggera in spettacoli collettivi. Trasmessi in

diretta da radio e TV questi spettacoli diventano le forme pi grandi di divertimento. Cmq a


tutti questi la televisione impone le proprie leggi, i propri artifizi e le proprie tecniche di messe
in scena.
Le industrie dellintrattenimento
Pian piano i media del suono e dellimmagine inglobano uno dopo laltro altri spettacoli
collettivi: cinema, sport, canzoni per adattarli alle leggi del piccolo schermo ne alterano i
connotati tradizionali. E inoltre i nuovi media rovesciano i rapporti di forza in proprio favore. I
film sono finanziati da coloro che li diffondono per poi essere proposti ai telespettatori prima su
canali a pagamento poi su canali gratuiti e infine nel circuito delle cassette.
Nella prima met del XX sec. lo show-business era costituito dal vecchio variet e dal
cinema di Hollywood. Con larrivo della tv lindustria dello spettacolo conosce un grande
sviluppo fino a diventare entertainment = imprese diversificate che producono sia film di
successo, serie televisive, spettacoli musicali, video-musiche, trasmissioni in diretta, cerimonie
di consegna di premi. Lentertainment quindi non legato ad alcun medium in particolare e si
rapporta con ciascuno di essi anche se la TV diventato il suo partner privilegiato. Esso
contiene programmi di flusso e programmi di stock: trasmissioni che si guardano una volta
sola o opere eccezionali (annoverate tra i capolavori). Peculiarit dellentertainment: capacit
di imporre il proprio stile, i propri modi di fare e pensare ad attivit che si pensava dovessero
essergli estranee: informazione, educazione, pubblicit. Da questo processo nascono diversi
neologismi derivati dalla contrazione di due termini: infotainment (information-entertainment),
advertorials
(advertising-editorials),
informercials
(information-commercials).
Questi
neologismi indicano lo sviluppo eccezionale di industrie la cui attivit mira solo al divertimento
popolare di massa. Anche questa (come Hollywood) uninvenzione americana. La parola
divertimento in Pascal ha unaccezione negativa: ci alletta e ci fa insensibilmente arrivare alla
morte. Gli uomini non avendo potuto guarire la morte, la miseria, lignoranza, hanno pensato
per essere felici, di non pensarci affatto. Tuttavia importante ma tralasciato un suo pensiero:
un re privo di distrazioni non che un uomo pieno di miserie. In questo caso siamo pi vicini
allidea di svago (una delle tre finalit che si proponeva la vecchia Rai: informare, educare,
divertire) ma lontani da ci che designa lentertainment. Qst termine infatti diventato
traducibile da quando negli anni 50 le major di Hollywood (in piena crisi cinematografica), si
sono convertite alle serie televisive. Le industrie dellentertainment vanno di pari passo con
una societ in cui il lavotro non pi faticoso e monopolizzante come nel passato, in cui
sempre pi uomini non devono pi impiegare tutta la sera per recuperare le forze da spendere
il giorno dopo. Il problema di queste industrie quindi uno solo: lesigenza quasi ossessiva di
ottenere il pi alto numero di consensi (in un sol colpo per un programma di flusso; pi spesso
e pi a lungo per un programma di stock). In entrambi i casi lobiettivo raggiunto quando la
mescolanza fra realt e finzione riesce a ottenere il massimo gradimento presso pubblici
diversi: si tratti di una confessine rassicurante, di unidentificazione salvifica, di unevasione
riparatrice o della compensazione di frustrazioni quotidiane.
CAP 8 LA COMUNICAZIONE
Con la comparsa dei media la comunicazione diventata utilitaristica. Comunicare non pi
solo scambiare, instaurare un dialogo, stabilire un rapporto continuativo tra persone.
influenzare gli altri per vendere un prodotto, per inculcare unidea, per proporre unimmagine
(di un politico, di unistituzione) capace di suscitare benevolenza o apprezzamento. La
comunicazione moderna figlia della politica e della religione. Entrambe hanno sempre cercato
di convincere, convertire, ottenere un assenso. Oggi larte di chi pratica la comunicazione ha
assunto una finalit opposta: preferiscono parlare di informazione per ottenere un
supplemento di fiducia da parte delle persone alle quali si rivolgono e per esercitare su di loro
un potere di persuasione sempre maggiore. La comunicazione, emancipata dai vincoli che
lavevano condizionata, pervade la cultura delle societ democratiche rischiando di deludere i
propri fruitori esponendo la societ alle disavventure derivanti dalla confusione tra mezzi e fini.
Dagli annunci economici alla pubblicit
La pubblicit nata coi primi giornali. Dal 1631 su La Gazette di Renaudot si fa della
rclame (pubblicazione di piccoli annunci quotidiani). 1836: mile de Girardin, fondatore del
quotidiano La Presse afferma per primo che un giornale si paga con gli annunci 8quattro anni

dopo la nascita del suo giornale gli introiti derivanti dalla pubblicit superano quelli dovuti agli
abbonamenti). 1870: in Italia viene pubblicato il Giornale di Torino e delle Province in cui
appaiono per la prima volta veri e propri avvisi pubblicitari; prima di allora cerano state forme
di pubblicit redazionale (es. annunci inseriti nei racconti della Gazzetta veneta, 1760). Ovvio
che la pubblicit intesa come forma di discorso persuasivo esisteva prima che nascesse la
stampa moderna: quando nellagor i governanti e gli uomini colti di Atene discutevano gli
affari dello Stato coi loro concittadini o si misuravano nellarte retorica, facevano in qualche
senso pubblicit. Gli apostoli per diffondere in vangelo propagandavano gli insegnamenti di
Cristo. Allepoca di Carlo Magno i dotti provenienti dalla Scozia e dallIrlanda attraversavano le
citt gridando siamo mercanti di scienza, chi vuole comprare la scienza?. Nel 1482 per la
prima volta a Parigi si affigge un manifesto che invita i fedeli a partecipare a una festa
religiosa. Questi es. testimoniano che dallagor della citt greca ai manifesti del XIX sec la
pubblicit stata uno strumento nelle mani della politica e della religione. Sono i primi media
in seguito (i giornali) a destinarla ad altri scopi; cos dopo la rivoluzione industriale, grazie al
diffondersi della stampa quotidiana, la pubblicit si integra alleconomia di mercato. Nel
passaggio tra il XIX e il XX sec essa perde parte del suo prestigio per diventare utilitaria. La
pubblicit, figlia della propaganda, passata dal servizio dei principi a quello dei mercanti
continua a usare le stesse ricette e le loro strategie principali:seduzione e argomentazione. La
pubblicit entra nella sua fase matura allinizio degli anni Trenta grazie al convergere di due
eventi: I) irruzione dei media nel mondo della comunicazione; II) nuove acquisizioni nel
campo delle scienze umane. Mass media e pubblicit procedono con lo stesso ritmo; si
sostengono a vicenda per conquistare nuove posizioni, puntano sugli stessi argomenti e
invocano gli stessi valori di fronte a chi contesta la loro azione mettendo in discussione la loro
esistenza. 1789 il sindaco di Parigi, Bailly definisce la pubblicit come salvaguardia del
popolo: infatti copre il finanziamento di alcun i giornali distribuiti nelle cassette postali come
volantini pubblicitari. Fino ai primi anni 80 la pubblicit si arricchisce entrando in contatto
con altre discipline (relazioni pubbliche, marketing) e si nutre degli insegnamenti della
psicologia e della psicologia sociale che le offrono supporti teorici e strumenti (es. sondaggi).
Prima della grande crisi del 1929 che vede nascere il marketing (= tecniche basate sulle
ricerche e sulle previsioni, finalizzate a garantire un migliore adeguamento tra domanda e
offerta), la pubblicit era stata presente e attiva in modo spontaneo: simparava praticandola.
Era pi arte che tecnica, pratica senza teoria, improvvisazione pi che applicazione di un
sapere o un saper fare; nello stesso tempo in cui psicologia e scienze sociali diventano
popolari, la pubblicit acquisisce la dignit di una vera disciplina con fondamenti verificati,
professionisti accreditati e buon sistema di autocontrollo.
La pubblicit si trasforma in comunicazione
Negli anni doro di stampa, cinema, radio e televisione (1930-1980) la pubblicit partecipa a
tutte le battaglie (sia a quelle in favore delleconomia di mercato, sia a quelle in favore della
societ industriale). Vuole essere mestiere e vocazione, fondata su un sapere accertato e allo
stesso tempo dedita al servizio della comunit. La triplice alleanza di media + pubblicit +
economia non risponde solo a una necessit funzionale (quasi scientifica) ma si nasconde
anche dietro ad attrattive ingannevoli di un ideale ben preciso: felicit condivisa e consumi i
cui vantaggi si estendono a un numero di persone sempre maggiore. In ci risiede il segreto
della trasformazione della pubblicit in comunicazione: la pubblicit (che allinizio era una
tecnica per far valere i meriti, le qualit di un bene di consumo), estende il suo dominio al di l
di ci che si vende e diventa unaspirazione collettiva, una chiave per la felicit, un ideale di
societ. senza i media e la loro ascesa non sarebbe stato possibile un cos grande
cambiamento. Dal 1945 si sono moltiplicate le inchieste e le ricerche volte a perfezionare i
procedimenti della pubblicit e a valutarne gli effetti con metodi sempre pi rigorosi. Fino ai
primi anni 70 gli studi si sono ispirati a schemi desunti dalle teorie dellinformazione o ai
primi saggi sulla propaganda. I padri fondatori da ricordare; Ciacotin (Tecnica della
propaganda politica, 1939); Shannon (modello di comunicazione elaborato in base alle sue
ricerche sul telefono, 1947); Lasswell, sociologo famoso per il suo detto Chi dice cosa,
attraverso quale canale, a chi, con quali effetti?. La pubblicit di quegli anni era meccanicista
o diretta: puntava sui meccanismi dei riflessi condizionati di Pavlov: qst linea era molto seguita
anche perch rispondeva a un pregiudizio radicato: possibile far credere o far fare qualsiasi
cosa a chiunque purch ci si attenga a regole semplici o a ricette ben note. Gli insuccessi di qst

tipo di pubblicit hanno causato diversi studi sulle motivazioni di acquisto che hanno poi aperto
la strada a una pubblicit pi raffinata, suggestiva che viene definita indiretta. Marcus-Steiff,
legato al fondatore dellagenzia di comunicazione Publicis diceva che non si vendono arance ma
salute, non un mezzo di trasporto ma lappartenenza a una classe sociale privilegiata. Il
sociologo Akoun afferma: la pubblicit non pu ignorare il mondo irrazionale, ludico e
fantasmatico delle motivazioni. Un annuncio pubblicitario deve saper giocare sui processi del
desiderio. Dopo gli anni 70-75 la pubblicit ha continuato a trarre profitto dalla tesi di Ren
Girard del 1961 in Menzogna romantica e verit romanzesca: le nostre scelte sono meno
libere di quanto crediamo, si tratti di scegliere una cravatta o una moglie. In realt noi
scegliamo oggetti gi desiderati da un altro perch vogliamo, pur senza ammettere questa
debolezza, assomigliargli. Siamo circondati da opinion makers a cui ci affidiamo senza riserve
quando non sappiamo che fare, e da modelli a cui vogliamo conformarci, spinti da quei
sentimenti moderni che sono, per Stendhal, il frutto della vanit umana, cio linvidia, la
gelosia e lodio impotente.
La societ della comunicazione
Verso la fine del XX sec. la comunicazione divenuta il segno distintivo della societ
moderna; in qst senso ha preso il posto dellindustria. Durante quegli anni le ragioni che
inducono a comunicare si sono moltiplicate come i media: per vendere un prodotto, vantare i
meriti di una persona o di un politico, dare unimmagine lusinghiera di unazienda o di
unistituzione. Gli atti del comunicare sono simili alle strategie e alle tecniche della pubblicit o
delle pubbliche relazioni ma assumono significati diversi a seconda degli obiettivi che si
prefiggono. Quindi distinguiamo la comunicazione dimpresa, quella politica, quella deventi (=
quella che attira lattenzione amplificando limportanza di un avvenimento costruito), la
comunicazione scientifica e quella istituzionale. Un altro elemento di novit: la comunicazione
diventata un valore in s, un ideale, una vera utopia: pi si comunica meglio . Quando
Watzlawick , fondatore della Scuola di Palo Alto dice Non si pu non comunicare non
intende valorizzare la comunicazione in s, ma vuole constatare una realt. La comunicazione
un mezzo per risolvere conflitti, una modalit per raggiungere pienezza e felicit, ma anche
un fine: la possibilit per luomo di realizzare la propria umanit. A partire dal fallimento del
nazismo e dal crollo del sistema comunista, fino alla fine del XX sec. si sono esaltate le virt
della comunicazione: quella buona avrebbe cacciato quella cattiva visto che i totalitarismi si
fondano sulla manipolazione dellinfo e lalterazione della comunicazione. Per una simile
valorizzazione non poteva non causare una reazione altrettanto radicale. Alcuni filosofi infatti
identificano nella comunicazione una delle fonti di infelicit delluomo moderno, perduto nella
follia solitaria, e una delle cause dellincalzare di mode diverse che ci trascinano nellera del
vuoto, nel regno delleffimero.
CAP. 9 LEDUCAZIONE
Tutti i regimi autoritari si servono dei media per edificare il popolo, rieducarlo e trasmettere ai
cittadini la loro propaganda. Dove invece regna la libert, i media sono emancipati e
leducazione conserva il senso originario attribuito dai greci: possesso ed esercizio dei linguaggi
del pensiero, iniziazione ai saperi e ad alcune applicazioni e pratiche, formazione civile e
politica dei cittadini. A partire dallinvenzione di Gutenberg il libro lausilio privilegiato del
maestro e dellallievo. Durante gli anni di primato (1960-70) la tv era entrata nelle scuole ma
in modo maldestro forzando la serratura e non ha mantenuto le sue promesse. Grazie al
multimediale i prof riusciranno, liberati dalle mansioni pi ripetitive e meccaniche, a praticare
coi propri allievi il metodo maieutico di cui Socrate ci aveva dato lesempio?
La televisione: una sfida per gli insegnanti e i genitori
Per molto tempo la scuola, la famiglia, la chiesa si sono divise i compiti delleducazione. Dopo
decenni di rivalit e diffidenze reciproche qst istituzioni avevano trovato un modus vivendi.
Genitori, maestri e preti sembravano certi del loro diritto di esercitare quel ruolo e concordi nel
riconoscere le rispettive vocazioni, tutti attenti a non sconfinare nel terreno del vicino, in bilico
tra competizione e collaborazione. Dalla fine del XIX sec. fino alla met del XX sec. nessuno dei
grandi medi aveva osato avventurarsi nel campo delleducazione. Solo i regimi totalitari
(sovietico, nazista, fascista) li avevano costretti a farlo per usarli come strumenti di
propaganda. In tutti gli altri paesi (nelle democrazie) i grandi media evitavano di attribuire

alleducazione un ruolo prioritario sia per motivi ideali sia per ragioni di interesse. La loro
vocazione si riassumeva in due parole: informare o divertire. Quando le trasmissioni avevano
qualcosa di educativo (= insegnare qualcosa, formare una mentalit critica) avveniva sempre
come se si trattasse di un sovrappi, senza una decisione prestabilita. Negli anni 50 (epoca
dei primi successi) la tv cambia le carte in tavola. Per la prima volta un medium sfida le
istituzioni cui leducazione era stata affidata. Cos scuola, famiglia e chiese, allo stesso tempo
allarmate e attratte, si interrogano sullinfluenza della televisione, sul ruolo che devono
assumere v/ il nuovo mezzo, sulla missione educativa da assegnargli. Sono gli insegnanti i
primi a temere che la tv possa mettere in crisi la loro autorit, il loro prestigio agli occhi degli
allievi. Un maestro di un paese bretone intervistato da Claude Brmond (1964): io non posso
dare soddisfazioni immediate, sono il maestro di scuola, con il mio grembiule grigio, con il
gesso in mano, come posso entrare in concorrenza con la televisione, che fatta apposta per
attirare, per sedurre, per soddisfare immediatamente? Questa ammissione di impotenza non
lascia indifferente lopinione pubblica raggiunta da esperti che tentano un processo contro la
tv: cultura ridotta in briciole, superficialit, prevalenza dellappello allemozione sul richiamo
alla ragione. Mentre insegnanti e genitori cadono dal piedistallo, la tv sembra spodestare lo
scritto al punto che McLuhan annuncia la vittoria di Marconi su Gutenberg.
I governi sono contrari a privare leducazione di uno strumento prodigioso. Alla Rai e a molte
pubbliche in altri paesi (Francia, Regno Unito) assegnato il compito di informare, educare,
divertire. La finestra sul mondo si incarica di alleggerire genitori e insegnanti di parte del loro
fardello. Viene dichiarata: scuola parallela = il nuovo medium divide con la scuola il suo
compito. Le delusioni provocate da una scuola che riuscita solo in parte un fattore di
uguaglianza (perch continua a riprodurre le disuguaglianze sociali di partenza) contribuiscono
ad esaltare le virt attribuite alla tv. Le TV scolastiche o educative sono nate tra il 1960 e il
1970, da una domanda: perch la tv non sarebbe dovuta riuscire dove scuola e famiglia si
erano gi rivelate fallimentari? Nei paesi ricchi i nuovi canali hanno mantenuto le promesse;
es. Sesame Street ha insegnato lalfabeto a migliaia di bambini di tutto il mondo; nei paesi
in via di sviluppo sono stati diffusi programmi per promuovere leducazione sanitaria o la
formazione professionale. La televisione educativa per ha sempre fallito quando ha voluto
prendere il posto dellinsegnante o quando si limitata a seguirlo con la telecamera nella sua
attivit. Innegabile che a volte si tentato di far fare la scuola alla televisione = sostituire la
scuola con la tv.
Il multimediale: unopportunit per listruzione
La tv non sostituisce la scuola pi di quanto lo scritto non abbia preso il posto della parola.
Prima che arrivasse il multimediale: per linsegnante i media sono strumenti, sussidi utili,
a volte indispensabili, purch usati con cognizione di causa. Per pensare, studiare, creare
spesso si deve ricorrere ad essi e bisogna imparare a usarli con discernimento.
Dopo il 1990 il multimediale prende il sopravvento sulla tv nel campo dellistruzione e cerca di
trarre profitto dagli errori del passato. Indipendentemente dal suo modo di accesso (supporto
autonomo [cd, dvd] o connessione a una rete [web, programmi via satellite]) utilizzabile
agevolmente da chiunque qualunque sia la sua et. Vantaggio: rendere possibile
lindividualizzazione del percorso di apprendimento = lallievo pu lavorare secondo i propri
ritmi, quando e dove vuole. Per gli insegnanti quindi il multimediale il multimediale pi di un
semplice sussidio didattico, elemento di stimolo e supporto operativo insostituibile; infatti
rende disponibile ogni tipo di documento, dando accesso a biblioteche, enciclopedie, musei e
mostre virtuali, e consente (grazie allinterattivit) di praticare una pedagogia attiva: es. il
docente pu avere una scheda personalizzata con le difficolt di ogni allievo che sar messo
nelle condizioni di superarle coi propri mezzi. Il multimediale sta diventando ovunque lo
strumento privilegiato dellinsegnamento a distanza. Per molto tempo qst approccio didattico
stato riservato a coloro che non potevano spostarsi per frequentare le scuole (elementari e
superiori). Ma oggi il sapere ad andare verso lallievo = linsegnamento a distanza non pi
un ripiego, un espediente riservato a poche persone provvisoriamente o definitivamente
lontane dai loro insegnanti; diventato un nuovo modo di acquisire dei saperi e delle
competenze, una nuova forma di accesso alla conoscenza. Prima del multimediale
insegnanti e sapere non erano mai stati cos vicini ai discenti n altrettanto facilmente
accessibili. Fra tutti i mezzi di istruzione il multimediale quello che offre il rendimento pi
alto; non solo per la vastit del sapere di cui tutti possono disporre e per linterattivit, non

solo per la possibilit di accedere a ci che si desidera e nei modi pi diversi, ma anche per la
variet delle forme di espressione che mette a disposizione del discente (suono, testo,
immagini, video, dati); permette allinsegnante e allallievo di passare facilmente dalluna
allaltra di queste forme, consentendo un migliore uso delle risorse. Per listruzione i media
costituiscono in ogni caso una sfida, un invito pressante a chiarire i propri obiettivi, condizione
essenziale perch lattivit educativa possa ritrovare il suo significato profondo. Insegnare,
educare = portare a compimento la missione che il filosofo Weil assegnava alla propria
disciplina: agire per rendere ragionevole lumanit. Limpulso innovatore portato dai media nel
campo dellistruzione ha avuto una conseguenza positiva: ha ridato valore alle diverse forme di
paideia (= formazione) elencate da Platone in La Repubblica, libro che Rousseau definiva il
pi bel trattato sulleducazione che sia mai stato scritto. Il filosofo dellantica Grecia attribuiva
alleducazione molte funzioni: a) insegnare luso del linguaggio, saper leggere, scrivere e
descrivere (= definiti chiavi di accesso al sapere = strumenti che permettono di definire
correttamente ci che abbiamo nella mente); b) insegnamento enciclopedico circa le varie
discipline: saperi e saper fare; c) formazione del cittadino (nel senso pi vasto del termine,
che riguarda tanto la scoperta e la frequentazione di capolavori, quanto lesperienza del vivere
in societ).
Rievocare queste tre finalit significa sottolineare la loro complementarit anche se ciascuna
assume diversa importanza nelle varie tappe del processo educativo, dalla scuola dellinfanzia
alluniversit. Significa dire che il multimediale ha usi e significati diversi a seconda che si tratti
di imparare a esprimersi o di iniziarsi ai saperi e alle tecniche necessarie per praticare un
mestiere, o di esercitarsi a partecipare alle attivit della citt e a vivere in armonia con gli altri.
Non dobbiamo confondere i media tra loro. Per leducatore non tutti i media hanno uguale
efficacia o vantaggi. Grazie allinterattivit il multimediale on-line d accesso a una miriade di
documenti. Per bisogna essere capaci di trovarli, selezionarli. In altre parole indispensabile
imparare a navigare nel Web. Una cosa andare a cercare nel posto giusto ci che desiderate
trovare, altra cosa ricevere ci che altri scelgono per voi solo perch vi fidate di loro.
Nel primo caso il navigatore attivo davanti allo schermo trova solo quello che cerca; nel
secondo passivo e scopre spesso cose di cui non aveva idea. Per questi motivi gli ingegneri
informatici oppongono la pull technology alla push technology a seconda che il navigatore
utilizzi il sistema per estrarne i contenuti e portarli a s o si limiti a ricevere quelli che altri
hanno indirizzato verso il suo computer. Il successo e la diffusione del multimediale avvalorano
la lezione che la tv ci ha dato: il docente insostituibile. Solo lui pu insegnare agli allievi a
esprimersi, giudicare, imparare e vivere insieme. Siccome la macchina (cd, dvd, banche dati)
lo libera dagli obblighi pi banali e ripetitivi del suo lavoro egli si dedicher di pi a coltivare
negli allievi lo spirito critico e risvegliare il loro senso civico. I media grazie ai progressi
compiuti (espansione quantitativa, miglioramento prestazioni) hanno riacquisito il loro statuto
originario di ausili, sussidi, strumenti e NON quello di maestri. Negli anni 60 Jean Schwoebel
scrive: i maestri nel XX sec. siamo noi, i giornalisti. In una societ democratica infatti i media
hanno il compito di stimolare la curiosit per problemi o per eventi che spesso possibile
capire solo grazie a ci che stato appreso a scuola. Per luso dei media solo facoltativo.
Jobs, cofondatore di Apple, nel 1999 circa i cd-rom afferma: si pu mettere su cd tutto lo
scibile umano; installare internet in ogni classe; nulla di tutto ci negativo a meno che non ci
induca a cullarci nellillusione che in tal modo si possa rimediare ai mali che affliggono
listruzione.
Secondo Platone per poter veramente educare occorrerebbe che la societ mantenesse in s
la possibilit di moralit (= no corruzione).

III parte: LA CRITICA AI MEDIA


Sin dalle riflessioni di Platone sulla scrittura, i media (per i timori che suscitano) sono
considerati un rivelatore della societ che in essi rispecchia le proprie angosce e le proprie
speranze. Dominiamo o subiamo la tecnica? la buona informazione quella che risponde alle
nostre aspettative o invece quella che non vorremmo sentirci raccontare? E la cultura non
messa a repentaglio da una societ spt allo svago e al tempo libero? La globalizzazione
economica permetter allumanit di evitare il dilemma fra omologazione e frammentazione? O
annuncia lavvento del villaggio globale e della pace universale?

Qst domande impongono una riflessione sui media, sulle loro applicazioni e la loro influenza.
Quando pretendiamo che i media assumono un ruolo che non compete loro rischiamo di
impedirgli di svolgere il loro compito specifico. Non si pu pensare che siano in grado di
risolvere tutti i problemi: vincere le nostre ignoranze, le ns indifferenze e intolleranze.
CAP. 10 VECCHI E NUOVI MEDIA
I media sono protesi del pensiero e della riflessione, uno strumento che permette di
comunicarlo a uno o pi destinatari in forme diverse. Dal momento in cui nata la stampa
hanno di continuo prodotto nuove forme di espressione che sono altrettanti mezzi a
disposizione delluomo per creare opere nuove, di grande valore o nessun conto.
I media: un processo permanente
Nel Fedro Platone fa dire a Socrate che la scrittura un pharmakon = una droga pericolosa
dagli effetti imprevedibili e allo stesso tempo un medicamento capace di rimediare alle carenze
o ai cedimenti del pensiero. Nella scena immaginata da Socrate il piccolo dio Thoth presenta la
sua invenzione al faraone dEgitto Thamus in questi termini: Questa conoscenza render gli
egizi pi sapienti e pi capaci di ricordare: stata inventata come medicina per la memoria e
la sapienza. Thoth ne deduce che la scrittura amplier la portata dei messaggi. Thamus non
condivide lottimismo del suo interlocutore: essa produrra dimenticanza nelle anime di chi
lavr appresa perch non fa esercitare la memoria. Facendo affidamento alla scrittura essi
trarranno i ricordi dallesterno, da segni estranei e non dallinterno, da se stessi. Socrate rivolto
a Fedro rincara la dose: una volta scritto il discorso corre dappertutto insultato ingiustamente,
ha sempre bisogno che il padre venga in suo aiuto perch non capace di difendersi da s. Il
filosofo parla in difesa dellorale contro lo scritto. Solo la parola pronunciata pu servire il
pensiero. Dopo il Fedro di Platone gli stessi argomenti verranno ripresi ogni volta che apparir
un nuovo medium o che una nuova tecnica cercher di imporsi su quelle che lhanno
preceduta. Ecco perch con lavvento della tv si subito aperta la polemica fra scritto e
audiovisivo. Ma allora si dovrebbe condannare la tv a non pensare e a non far pesare? Perch
mai lemozione che molti ritengono privilegiata dalla tv non dovrebbe essere riconosciuta come
una forma di pensiero, punto di partenza per una riflessione? Larrivo del Web riavvia il
dibattito. Le immagini virtuali sono o non sono in grado di aprire nuove vie allazione, alla
creazione, alla conoscenza? In ogni caso la nascita di un medium rappresenta sempre una
sfida perch: a) il nuovo venuto entra in concorrenza con quelli che gi esistono; b) mette in
questione lordine che gli altri media hanno imposto allinformazione, al divertimento, ai saperi
e alle condizioni di divulgazione dei contenuti. Gli uomini preferiscono denigrare i media
piuttosto che riconoscere quanto questi strumenti li aiutino a giudicare o a sognfare, a
imparare o a creare.
Il medium il messaggio
Dopo la seconda guerra mondiale linteresse e lattenzione erano rivolti principalmente ai
messaggi trasmessi dai media. Nel saggio di Ciacotin Tecnica della propaganda politica si
dava importanza spt al contenuto dei messaggi e al modo in cui venivano formulati e ordinati
con lo scopo di attirare, influenzare. Inizio anni 60: Marshall McLuhan sposta lattenzione
dai messaggi ai media. Mentre la tv progredisce egemone, la riflessione degli esperti si
allontana dai contenuti per concentrarsi sui contenenti. The medium is the message:
limportante non il contenuto dei messaggi ma il mezzo che lo trasmette. Leffetto dei media
non quello che si crede: consiste nel messaggio cui i media sottopongono nel tempo i ns
modi di pensare, agire, sentire. Lungi dallessere mezzi o tecniche neutri, i media agiscono
sulla cultura e sullordine sociale dopo aver esercitato la loro influenza occulta e irresistibile sui
ns modi di percepire e capire il mondo sensibile. Procedendo in qst direzione lo studioso divide
i media in due categorie:
I) i media caldi (= hot) che mobilitano un solo senso (stampa, radio) e quindi favoriscono
molto limitatamente la partecipazione dei destinatari;
II) i media freddi (= cool) come telefono o televisione, meno espressivi e pi suggestivi in
qunto sollecitano maggiormente la partecipazione di chi li utilizza.
Anche se i media condizionano i nostri modi di percepire e pensare, altrettanto vero che non
siamo insensibili o indifferenti ai contenuti dei messaggi che essi ci trasmettono. Nonostante
ci il pensiero di McLuhan stato molto influente: ha legittimato la tesi secondo cui i media

influiscono in modo occulto sulle attivit degli uomini e sulla natura del legame che li unisce: in
una parola sulla loro storia. Nei media e in tutto ci che va sotto il nome di nuove tecnologie
dellinformazione e della comunicazione, McLuhan identifica il segno distintivo del mondo
moderno e la panacea dei mali che lo affliggono. Con le sue provocazioni il pensiero dello
studioso favorisce la nascita di una nuova disciplina battezzata nel 1991 da Debray: la
mediologia = studio di tutti gli apparati tecnologici di cui il pensiero si avvale e per mezzo dei
quali si esprime, dei loro effetti sui soggetti, sui mutamenti cui sono soggette le loro idee e le
loro credenze quando essi passano dal libro alla radio, dal Parlamento allo studio televisivo.
CAP. 11 IL DISAGIO DELLINFORMAZIONE
Le accuse rivolte agli organi di informazione non sono state mai cos pesanti come nel periodo
che segue i primi anni 90. Il caso delle false stragi di Timisoara (= il massacro di Timisoara
raccontato dai media di tutto il mondo stato uno dei casi di disinformazione pi eclatanti
degli ultimi ventanni. A pochi giorni dal Natale del 1989 gli spettatori del mondo intero si
commossero di fronte al vero volto delloppressione comunista del regime di Ceausescu
vedendo i corpi dei ribelli torturati e poi uccisi dalla polizia del dittatore. Ancora oggi,
nonostante la certezza che si tratt di una messa in scena, difficile dimenticare limpatto
emotivo di quelle immagini toccanti che diventarono parte della nostra memoria storica)
inaugura una lunga serie di eventi analoghi: il cormorano bretone per mostrare le devastazioni
petrolifere del Kuwait; le manifestazioni pro Iraq ad Algeri illustrate con immagini di Beirut;
gennaio 1991: il numero delle vittime del ciclone Mitch viene gonfiato per dare risalto al
racconto degli inviati speciali in Honduras. 1895, in Columbia, caso oltre ogni limite: nessun
macchinario arrivato in tempo per salvare una ragazza imprigionata fra i detriti di
uneruzione vulcanica, mentre nellattesa, lagonia della giovane veniva filmata da macchine da
presa. Allapice di questa serie di comportamenti uno degli ultimi eventi del XX sec.: parte
dellopinione pubblica ritiene responsabili i paparazzi, dellincidente che caus la morte della
principessa Diana.
Immagini occultate, reportage pi o meno manipolati, falsi scoop, inadempienze colpevoli,
voyeurismo indecente e ricorso agli effetti sensazionali: le denunce di questi episodi di
malcostume coincidono con la fine della guerra fredda e proseguono mentre si annuncia una
nuova era per i media, inaugurata (1992) con larrivo e la diffusione di internet.
Il tempo del sospetto
Dopo il Watergate (= scandalo politico scoppiato negli Stati Uniti nel 1972, che port alle
dimissioni dell'allora Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon; lo scandalo prese il nome dal
Watergate Complex, il complesso edilizio di Washington che ospita l'albergo in cui furono
effettuate le intercettazioni che diedero il via allo scandalo), lIrangate (= scandalo politico del
1986, scoppiato negli Stati Uniti in seguito alla scoperta che la vendita di armi a gruppi
moderati iraniani tramite Israele era stata utilizzata dall'amministrazione Reagan per trattare
la liberazione degli ostaggi americani prigionieri in Libano, e che parte dei proventi del traffico
d'armi era stata segretamente dirottata per finanziare i Contras, controrivoluzionari, in
Nicaragua e Salvador aggirando i divieti posti dal Congresso) e altri scandali linformazione
gi vittima dei propri successi? Cos tanto sicura di s da dimenticare a volte le leggi
professionali o morali che si data? In ogni caso pare che certi limiti siano stati oltrepassati.
Sicuramente la legittimit dei giornalisti non pi in discussione e tutti condividono che
democrazia e libert di stampa sono inseparabili, per a volte i giornalisti vengono accusati di
abusare della propria libert = usarla come giustificazione per comportamenti irresponsabili. Ci
sono buone ragioni per ritenere che il giornalismo possa degenerare in un corporativismo
dellirresponsabilit (Schreiber). Inizia cos il tempo del sospetto: riappare la parola
disinformazione a indicare ci che in passato si chiamava propaganda. Ma stavolta non si tratta
per es. delle manovre speciali di Lenin per destabilizzare (1921) i paesi capitalisti, n delle
orchestrazioni naziste smascherate troppo tardi da Ciacotin, ma si tratta di una somma di
cedimenti e trasgressioni deontologiche destinate a influire negativamente sullopinione, sulla
mentalit delle persone, pur restando impunite. Ci son fatti che sembrano presentati in modo
parziale, altri trascurati o dimenticati, altri esibiti e amplificati al di l della loro reale
importanza. Si accusano i media di voler inculcare nel pubblico unopinione fingendo di
informarlo con la max obiettivit. In tal senso disinformazione come sinonimo di propaganda;
non dimentichiamo per la differenza tra le due: la disinformazione nasconde la sua vera

identit e per non destare sospetti e provocare resistenze sostiene di fare il contrario di ci che
fa. Tuttavia le sbandate di certi resoconti giornalistici sono una cosa, tuttaltro il processo alle
intenzioni istruito contro tutti gli organi di informazione. Denunciare gli errori salutare e
legittimo; il processo per disinformazione, invece, trasforma i giornalisti in veri capri espiatori
ed espone la democrazia a una minaccia. Il passaggio dalla denuncia al processo non
inevitabile. Forse poco probabile. Resta cmq possibile
Linformazione in pericolo?
Perch oggi linformazione vive questo disagio? Perch la sua credibilit viene messa in dubbio
proprio adesso che i media non sono mai stati cos vari ed efficaci? Probabilmente perch
linformazione ne risente dellegemonia televisiva. La carta stampata sembra aver perso la
partita e anzich precedere la tv, la segue. I giornali che avevano segnato linizio dellera dei
media, avrebbero dovuto continuare a essere lo strumento privilegiato dellinformazione. Ma la
stampa troppo insidiata dalla tv: superata, soverchiata, soppiantata. Lo scritto non
superiore allimmagine. A ciascuno i sui limiti e i suoi meriti. Scritto e immagini non sono
antitetici ma complementari; sono una garanzia, una difesa reciproca (= non tutto passa
attraverso lo scritto come non tutto passa per limmagine). Quanto allinformazione essa
procede in modo affrettato. La corsa allo scoop spesso ha prevalso su altre esigenze: a) il
dovere di essere rigorosi; b) la necessit di verificare le notizie c) la necessit di mettere gli
eventi in una giusta prospettiva. Lossessione della rapidit espone linformazione a gravi rischi
e produce sui destinatari un effetto di siderazione (= morte causata da una scarica di corrente
elettrica ad alta tensione) nel senso medico del termine. Vi un ultimo pericolo: linformazione
a volte tende a conformare i propri metodi a quelli dellintrattenimento. Il ricorso sistematico
allimmagine e la gara di velocit tra i media rispondono alla stessa esigenza: piacere e
sedurre a costo di favoritismi o concessioni in netto contrasto con le leggi del giornalismo.
Il dibattito sulla deontologia
Egemonia della tv, gara di velocit fra i media, tendenza crescente a mescolare informazione e
show-business sono pericoli che hanno fatto riaprire il dibattito sulla deontologia dei giornalisti.
Per far s che questo codice sia definito con maggiore precisione e per garantirne il rispetto
sono sorte delle istituzioni apposite: I) consigli di categoria (sulles. britannico); II) mediatori
(allinterno delle redazioni, sulles. svedese); III) riviste e trasmissioni radiofoniche o televisive
destinate a denunciare le derive dellinformazione. Nel 1987 Jean Daniel: il miglior modo di
proteggere i giornalisti contro la tentazione di abusare del proprio potere mantenere un
dibattito permanete sulle loro responsabilit. La legge non basta: fissa solo dei limiti al di l
dei quali interviene la sanzione di un giudice. E nemmeno il mercato da solo basta, visto che
presenta un solo vantaggio: permette al pubblico di esprimere le proprie preferenze scegliendo
fra i giornali o le trasmissioni offerte. La deontologia (= insieme di regole che una professione
d a se stessa e che i suoi membri devono rispettare) aiuta i giornalisti nellesercizio delle loro
responsabilit; utile supporto per la responsabilit individuale, non pu identificarsi con essa; e
spt non deve diventare un alibi per lirresponsabilit personale).
La libert di informazione non in pericolo ogni volta che si mette in discussione un giornale o
il modo di condurre uninchiesta. Linformazione invece minacciata quando un giornalista di
propria volont o per pressioni esterne, assume un compito che non gli spetta e non agisce in
conformit con la missione che la democrazia gli attribuisce: a) essere uno spettatore e non
un attore; b) un osservatore e non una guida; c) un cancelliere (= organo ausiliario del
giudice, il cui compito principale documentarne gli atti) e non un avvocato o un giudice; d)
un mediatore e non un censore. Pu capitare che in democrazia linformazione non assolva alla
propria funzione perch pretende di rappresentare una parte non sua, cio quella della Pizia di
Delfi che trasmette agli uomini gli oracoli (= predizioni del futuro dispensate dagli di
attraverso oggetti o forme di vita) degli di anzich riservarsi il ruolo in apparenza meno
prestigioso, della vedetta incaricata di sorvegliare lorizzonte dallalto dellalbero maestro o
dallestremit della prua di un veliero.
CAP. 12 I MEDIA: UN QUARTO POTERE?
Edmund Burke, uomo politico e scrittore britannico, us per la prima volta (1790)
lespressione quarto potere per formulare la sua condanna della Rivoluzione francese. Balzac
(1840) riprese la sua definizione e la inser nellarticolo apparso sulla Revue parisienne in cui

apriva un dibattito con la provocazione: se la stampa non esistesse, non si dovrebbe


inventarla. Solenicyn, parlando agli studenti di Harvard (1978) lanciava un avvertimento
alle democrazie occidentali: la stampa diventata la forza pi importante degli Stati Uniti; la
sua potenza supera quella degli altri tre poteri. Franois-Henri de Virieu (1984), giornalista
francese che intervist gran parte dei politici francesi nella trasmissione Lheure de verit
pubblica il libro la mdiacratie dove si schiera a difesa di un regime che invece da buon
democratico dovrebbe condannare: in esso sono gli organi di informazione (spt tv) a esercitare
il dominio eslcusivo sul potere e sul suo funzionamento. Negli stessi anni la parola
mediaklatura (modellata su nomenklatura) usata per stigmatizzare dirigenti e giornalisti che
usano i media allo scopo di manipolare lopinione e teleguidare i poteri istituzionali. Quindici
anni dopo Halimi (discepolo del sociologo Bordieu), alludendo a un famoso pamphlet (= un
genere letterario che frutto di uno scritto polemico) di Nizan, vede nei giornalisti i nuovi cani
da guardia = i complici e allo stesso tempo i propagandisti zelanti del potere. Unespressione
simile, watchdog stata usata nel mondo anglosassone per indicare (al contrario) il ruolo
positivo che i giornalisti dovrebbero avere come custodi, guardiani del cittadino, posti a tutela
dei suoi interessi (= cani da guardia della democrazia).
Gli opinion leader
Il processo contro i mezzi dinformazione inarrestabile: le accuse si fondano spt sulla
tendenza a sopravvalutare il potere dei media, la capacit di persuadere i soggetti, di far loro
cambiare opinione, di indurli ad agire diversamente da come vorrebbero. In realt i cittadini
sono meno disarmati di quanto si supponga. Le accuse derivano dal fatto che si ignorano sia la
vera influenza dei media, sia la funzione che dovrebbero svolgere. I grandi media agiscono nel
lungo periodo attraverso ripetute insinuazioni ch influenzano le tendenze, le mode del
momento. Lazione che esercitano sul pubblico prende strade diverse e assume una diversa
portata in base al ruolo che viene loro attribuito e al modo in cui lo interpretano. Nessuna
ricerca ha mai smentito le conclusioni di Katz e Lazarsfeld del saggio Personal influence del
1955: qui si conferma (in occasione di ogni tornata elettorale) che la nostra percezione
selettiva = noi sentiamo e capiamo solo quello che vogliamo sentire e capire; ogni volta che
esitiamo di fronte a una scelta o decisione, tendiamo a fidarci, senza esserne consapevoli, di
chi ci sta vicino; cos questi leader dopinione, questi uomini influenti svolgono una funzione
di collegamento e mediazione tra i media e ciascuno di noi. Linfluenza dei media quindi pi
mediata, indiretta, limitata (e non immediata). Opera attraverso mediatori che filtrano quanto
proviene dai mass media. Con questi due autori siamo molto lontani dallo stupro delle folle di
Ciacotin, da un potere dei media invincibile. Gli apprendisti stregoni della persuasione si
scontrano con molte resistenze, spesso imprevedibili; i loro interventi producono a volte degli
effetti boomerang contrari agli esiti previsti o desiderati. Linfluenza dei media pu sembrare
misteriosa perch difficile da misurare a posteriori e impossibile da prevedere: non dipende
solo da ci che le persone fanno dei media ma anche dalle attese, dalle speranze che esse
hanno riposto in loro e da ci che pensano. La resistenza ai media molto pi forte quanto pi
si attribuisce loro una sorta di onnipotenza, la capacit di modificare a piacere opinioni e
comportamenti; invece non si ricorre ad alcun antidoto se li si giudica inoffensivi. Proprio in
questo sta il mistero o lironia del potere dei media: esso diviene pi forte quando lo si crede
debole, pi circoscritto quando lo si crede illimitato.
Linfluenza dei media sul clima di opinione
A) I media agiscono sul clima dopinione (Elisabeth Nolle-Neumann); qst sociologa,
esperta in sondaggi, spiega col meccanismo della spirale del silenzio il parallelismo osservato
tra i contenuti dei media dominanti (i tenori) e lopinione del pubblico: in altre parole tra le
opinioni diffuse dai media e quelle espresse da chi li usa, in cui la studiosa vede il risultato
quasi meccanico della propensione del soggetto a far propria unopinione che i media gli
presentano come quella della maggioranza o degli esperti pi qualificati. Grazie a qst
meccanismo psicologico una minoranza pu credersi maggioranza, la maggioranza finisce per
non capire pi qual la vera maggioranza e i giornalisti di alcuni media impongono unopinione
ai loro concittadini. Qst meccanismo favorito quando agisce su un terreno vergine e il
soggetto non mostra alcuna preferenza per opinioni precostituite, trovandosi in una situazione
di tabula rasa. B) I media influenzano sotto molti aspetti lopinione delle persone che li usano,
a loro insaputa
e moro malgrado. Scelgono lordine del giorno (= agenda) quando

gerarchizzano gli eventi di attualit, mettendo alcuni n luce e relegando nellombra altri in
funzione di scelte soggettive talvolta non esplicite. I media inoltre inseriscono linformazione in
una sorta di cornice (= framing), iscrivono gli eventi in un contesto dandone il quadro
interpretativo (ci influenza ancora di pi la percezione dellevento). C) I media producono un
effetto di facilitazione o predisposizione detto effetto di priming quando indicano i criteri in
base ai quali una politica o una personalit sar valutata, insistendo su alcuni fatti e priorit
piuttosto che su altre (= uno stesso partito o candidato pu essere giudicato in modo diverso a
seconda del criterio di valutazione usato); grazie a questo effetto i media scelgono il terreno su
cui avverr lo scontro di idee e di uomini e scelgono anche i criteri di giudizio che ne
determineranno il successo o il fallimento.
Cos i risultati degli studi e le conclusioni del buon senso coincidono. Il potere dei media urta
contro la resistenza dei soggetti, una resistenza variabile da non sottovalutare; un potere
che, anzich imporsi direttamente si esercita in modo subdolo e preferisce insinuare nelle
menti quasi a loro insaputa, fatti e idee che inducono le persone ad avere certi modi di pensare
conformando a questi ultimi le proprie scelte. Spiegare tutto qst con lesistenza di un quarto
potere ci pare poco sensato; non ha senso confondere un potere di influenza con quei poteri
dello Stato (legislativo, esecutivo) che possono costringere qualsiasi soggetto a eseguire le loro
decisioni. Significa fare un errore e mettere in pericolo le libert, poich qst atteggiamento
fornisce un alibi a chi, in nome delle stesse libert, immagina di imporre ai media leggi simili a
quelle che riguardano lorganizzazione e il funzionamento dello Stato, solo legittimo detentore
di un potere cogente (= che determina un obbligo inderogabile, vincolante) v/ i cittadini o le
istituzioni.
CAP. 13 I MEDIA: UN PERICOLO PER LA CULTURA?
Da quando nascono i quotidiani il destino dei media legato allesercizio delle libert: di fare,
di intraprendere, pensare, creare, comunicare. Nel libro La societ aperta e i suoi nemici
(1945) Popper constatava che leconomia di mercato era la compagna difficile e infedele della
democrazia politica. A queste due istituzioni (mercato, democrazia) potremmo aggiungere una
terza: i media coi loro modi di organizzarsi e di funzionare. Leconomista austriaco von Hayek
afferma che la societ aperta (= la grande societ) un mnage trois. Per emanciparsi, per
conquistare la propria indipendenza i media hanno bisogno delle libert economiche e
politiche; allo stesso tempo essi sono indispensabili sia alleconomia di mercato che alla
democrazie politica. Di qui una serie di questioni: i media, in quanto soggetti alle leggi del
mercato non sono un pericolo per la cultura? Concepiti e realizzati con lintento di piacere alla
maggior parte delle persone, libri, giornali, programmi radio e televisivi, non diventano a loro
volta merci? Merci come le altre, usa e getta o conservate perch suscitano rispetto e
ammirazione?
I media: unindustria e un mercato
C una realt a cui nessun mezzo di comunicazione di massa pu sfuggire. Come i giornali nel
XIX sec, cos i programmi televisivi e i Cd-rom ai giorni nostri vengono prodotti con tecniche
industriali per raggiungere il maggior numero di acquirenti. I media obbediscono a una duplice
logica: quella dellindustria e quella del commercio; seguono le strategie imposte dal mercato
di massa e il loro modo di produzione ricalca i procedimenti dellindustria dellautomobile o
degli elettrodomestici. Alcuni filosofi che si rifacevano al pensiero di Hegel e Marx, riuniti
negli anni 20 nellIstituto per la ricerca sociale di Francoforte, sono insorti con una critica
contro lindustrializzazione della cultura (= tendenza ad applicare alle produzioni intellettuali,
alle creazioni del pensiero le stesse ricette divisione e organizzazione del lavoro, lavorazione
a catena di prodotti in serie che permisero il successo dellindustria automobilistica. I pi
autorevoli rappresentanti della Scuola di Francoforte (Adorno, Marcuse) denunciavano la
standardizzazione della cultura dovuta agli effetti di quelle esigenze industriali e i risultati che
ne derivavano: conformismo delle menti, riduzione delluomo a una dimensione, imposizione di
un pensiero unico. La denuncia dei francofortesi trovava riscontro in una convinzione diffusa in
quegli anni che dava per scontata lonnipotenza dei media, la loro capacit di inculcare
qualsiasi cosa nelle persone, quando e come lo volessero. Cos la critica di quei pensatori dava
sostegno a chi voleva fare dei media uno strumento di emancipazione e lotta contro la
disuguaglianza sociale. oggi quegli argomenti hanno perso la loro forza. I lavori di Lazarsfeld
hanno dato prove incontestabili contro lonnipotenza dei media. E molti di quelli che si

aspettavano dai media miracoli sono rimasti delusi. I media e le tecniche non sono fatti per
guarire una societ dai mali che laffliggono: pigrizia, intolleranza, indifferenza, disuguaglianza.
Riguardo allavvento di una cultura di massa Morin meno pessimista: egli teme luniformit
delle societ moderne e il declino delle culture minoritarie o particolari dovuti al potere
crescente della tv e allimportanza sempre maggiore delle classi medie. In ogni caso per lui la
cultura, dominata dai media e soggetta alleconomia di mercato, non mediocre ma solo di
medio livello. Il suo modo di produzione favorisce le estetiche medie, le intelligenze medie.
Secondo lui indispensabile trovare in ogni circostanza un equilibrio fra due opposte esigenze:
da un lato le costrizioni della produzione moderna caratterizzata da divisioni, gerarchie e
controlli, dallaltro la necessit di offrire, a fine processo, produzioni apparentemente uniche, a
qualsiasi genere appartengano (film,serial tv, giornali..)
La logica dei media: massimizzare il consumo
I media perseguono il profitto prima di ogni altra cosa: tutto si vende, tutto si pu comprare.
Per far ci si sforzano di soddisfare le attese dei clienti e cercano di piacere e sedurre. il
mercato che funziona e la concorrenza la sola cosa che permette di lasciare lultima parola ai
clienti. Ladagio popolare dice vinca il migliore. Per in economia la cattiva moneta pu
scacciare la buona. LAuditel diventato il simbolo del declino della cultura, le opere offerte dai
media si appiattiscono sulla facilit e sul conformismo, si adeguano ai desideri pi banali o alle
attese meno esigenti. In Tra passato e futuro (1954), Hannah Arendt richiamava
lattenzione sul pericolo che la cultura potesse dissolversi nel gioco, nel passatempo. Per
Arendt i media distruggono la cultura per far posto ai passatempi e modificano gli oggetti
culturali per persuadere le masse che Amleto pu divertire e perch no risultare anche
educativo. Nel 1987 Finkielkraut in la sconfitta del pensiero arriva alla stessa conclusione:
la logica del consumo distrugge la cultura; i media soggetti alle leggi del mercato hanno dato
origine a un relativismo corrosivo e distruttore (= una cosa vale laltra perci nulla ha valore).
Queste diagnosi ignorano che i media vanno sempre pi diversificandosi ce ne sono per tutti i
gusti. Nellansia di tenere il passo queste analisi confondono i dati dellaudience e il mercato.
Auditel = denominazione commerciale di un apparecchio che collegato a un televisore
permette di registrare i periodi durante i quali la tv accesa. Cos i dirigenti di un medium
possono scegliere i programmi in base alle indicazioni fornite da quelle misure. La tirannia
dellAuditel cos si riduce a subalternit dei media = messa in onda di programmi che abbiano
gi funzionato e quindi allesclusione di tutto ci che potrebbe risultare inatteso per gli utenti
abituali. Considerato in questi termini lAuditel non il mercato. Qualsiasi imprenditore sa di
dover precedere e allo stesso tempo seguire i clienti. Rinunciare a prevenire i loro desideri e
bisogni significherebbe per lui smettere di innovare e conquistare nuovi mercati. Il mercato
obbedisce a una legge: non c maggior rischio che non voler correre alcun rischio. Limitarsi a
seguire solo le indicazioni dellAuditel sarebbe come guidare unautomobile guardando di
continuo lo specchietto retrovisore quindi vedendo solo ci che accade dietro. In queste
condizioni il risultato certo: se il conducente non guarda davanti a s, andr a sbattere
contro un muro in senso figurato.
I media e la vita delle idee e delle opere
Le definizioni di ci che si intende per cultura sono innumerevoli. Secondo ci che Ponty
diceva sulla filosofia, la cultura si esaurisce nello sforzo di definire il proprio oggetto. Nei suoi
rapporti coi media essa presenta due aspetti analizzabili separatamente ma complementari: a)
presenza delle opere del passato considerate in tanti modi diversi quanti sono gli uomini che le
frequentano; b) creazione di opere nuove frutto del sapere e dellarte, forgiate nel crogiolo di
quelle che le hanno precedute ma in rotta con esse. La vita delle idee o delle opere (cultura)
consiste in questo dialogo fra passato e presente, fra particolare e universale, fra un passato
che non superato e un presente che ci si sforza di oltrepassare o trascendere. Perci, come
sostiene Finkielkraut (2007) la cultura obbedisce alle proprie leggi, ai propri ritmi e ai propri
valori. I dotti e gli artisti (preti, saggi) cercano o creano dei valori che intendono difendere e
far apprezzare assumendo un atteggiamento il pi possibile disinteressato e indipendente.
Arendt (1999): il potere delle loro opere catturare la nostra attenzione ed emozionarci.
Certo la logica del mercato del tutto diversa dalla logica della cultura: deve rispondere a una
domanda di cui necessario prevedere le attese e soddisfare ogni possibile desiderio. Ma
una logica che scaturisce in unesigenza di superamento, un appello alla trascendenza. Se

questo appello viene a mancare il mercato gira a vuoto, va a ruota libera e finisce per
identificare se stesso come fine. Il mercato crea solo vacuit, un succedersi di mode che
appena attecchiscono sono gi superate. Cos fa il vuoto intorno a s.
A partire dalla met del XIX sec., laddove leconomia di mercato si integrata alla
democrazia politica, compito dei media mettere a confronto e in tensione tra loro la logica
che di tutto fa mercato e quella che persegue dei valori: verit, giustizia, bellezza. Nella realt
i mass media si inseriscono fra le due con una loro logica, permettendo a entrambe di portare
a compimento il proprio fine: al mercato di avere un senso, non girare a vuoto, senza punti di
riferimento, senzanima; ai rappresentanti della cultura di non vivere solo fra pari o ripiegati su
se stessi, ma di sottoporre le proprie opere al giudizio del grande pubblico.
La cultura prende forma e vigore in un triangolo in cui ogni vertice si identifica con una
categoria che rappresenta una di queste tre logiche: I) i mandarini, portatori e propagatori dei
valori; II) i mercanti, dediti al commercio delle idee, delle opinioni o delle opere; III) i
mediatori, coloro che lavorano nei media, fra i quali spiccano i giornalisti investiti del ruolo di
intermediari. Fra i rappresentanti delle logiche che innervano la cultura si intessono e si disfano
senza sosta rapporti di alleanza e di rivalit. Cos nella societ madiatica la vita culturale
come una partita a tre in cui si deve fare ogni sforzo per impedire che uno dei giocatori abbia
la meglio sugli altri due oppure che sia sopraffatto dagli avversari. La vita delle idee e delle
opere, inconciliabile con la demagogia altrettanto irriducibile alla tirannia dei media.
Diversamente dalle critiche rivolte alla cultura di massa o allindustrializzazione della cultura,
limmagine del triangolo ha il vantaggio di non distoglierci dai veri problemi sorti con
laffermarsi dei media di massa. La questione non sapere se i media favoriscano o no la
cultura, n riuscire a valutare la qualit dei prodotti usciti dalle fabbriche dei sogni o dalle
fabbriche di notizie. Il vero problema : a quali condizioni i media possono favorire la
creazione di opere nuove anzich replicare soltanto in tutto o quasi le vecchie? Qst
interrogativo ne suscita un altro: cosa fanno i media per allargare sempre di pi laccesso alle
opere in cui si espresso il genio degli uomini?
CAP. 14 I MEDIA E IL VILLAGGIO GLOBALE
Villaggio globale = espressione coniata da McLuhan nel 1969. Alcuni anni dopo
la
pubblicazione del libro che lo rese famoso (Gli strumenti del comunicare), egli annunciava
lavvento del villaggio globale in un saggio intitolato Guerra e pace nel villaggio globale. Ma
viene riconosciuta limportanza solo della parte in cui si afferma che il mondo stava diventando
un villaggio per effetto dei media, spt dello straordinario impatto che la prima guerra televisiva
(combattuta dagli Stati Uniti contro il Vietnam) aveva avuto sullopinione pubblica
internazionale. La caduta del muro di Berlino (8 novembre 1989) ridiede attualit alla profezia
di McLuhan. Verso la fine di quellanno Fukuyama riproponeva in versione aggiornata la
concezione hegeliana della fine della storia dovuta al trionfo delleconomia di mercato e della
democrazia liberale. Due anni dopo Al Gore (futuro vicepresidente degli Stati Uniti) incentr la
sua compagna elettorale sul tema della societ dellinformazione che avrebbe messo a
disposizione di ognuno la memoria e il sapere del mondo, diffusi e trasportati ovunque. Dal
1996 inoltre, dopo i primi successi delle giovani imprese nate sullonda di internet (start-up)
alcuni del settore avevano creduto di trovare (grazie alla nuova economia) la ricetta miracolosa
per ottenere una crescita forte senza disoccupazione n inflazione. Fine della storia, societ
dellinformazione, nuova economia sono tutte anticipazioni ma spesso frutto di calcoli e giochi
di interesse; prefigurazioni ed estrapolazioni che trovavano le loro motivazioni nei primi grandi
mutamenti sorti dalla rivoluzione digitale e dalla globalizzazione economica e che continuavano
a confermare (senza ammetterlo) le visioni, rivedute e corrette, dellautore de Il villaggio
globale. Il sogno del villaggio globale si infranto l11 settembre 2001 con la tragedia di New
York. Il XXI sec non era nato, come si era potuto credere, sullonda della Rete e della
dissoluzione dellimpero sovietico, ma nel 2001 con pochi mesi di ritardo, quando erano
crollate le torri gemelle della citt pi cosmopolita del mondo, simbolo di un futuro
postindustriale e postnazionale. Tutto il mondo, in preda alleuforia del progresso tecnologico e
sviluppo economico fine secolo riscopriva ci che lOccidente sviluppato aveva dimenticato: il
terrorismo, le dittature, i vari fanatismi.
Le paure della globalizzazione

La globalizzazione delleconomia + la crescita esponenziale del commercio internazionale + lo


sviluppo dei flussi di investimento o di trasferimento di attivit imprenditoriali allestero, non
un fenomeno inedito. Ci che si intende dopo la fine dellUnione Sovietica, con il termine
globalizzazione si intende la ritrovata unit di un mercato mondiale, di uneconomia-mondo il
cui corso era stato temporaneamente interrotto dalla prima guerra mondiale (Braudel). La
globalizzazione iniziata nel 1492 in realt, quando Cristoforo Colombo partito alla ricerca
delle Indie, scopre per caso lAmerica, qualche anno prima che Vasco da Gama venuto
anchegli dallEuropa, scopra il Capo di Buona Speranza. Grazie alla rivoluzione dei trasporti
materiali (navi, ferrovie, automobili) lEuropa diventata nel XIX sec. il primo motore e il
principale beneficiario di uneconomia praticata su scala mondiale. Dopo il 1991 la
globalizzazione qualcosa di diverso dalla semplice ripresa di una dinamica vecchia cinque
secoli. Qst data segna una duplice rottura sia geopolitica che culturale provocata dalleffetto
congiunti della rivoluzione digitale e della fine della guerra fredda. Da un lato sorgono reti
mondiali di informazione o produzione che facilitano lo sviluppo degli scambi internazionali cos
come questi scambi (di rimando) favoriscono lestendersi delle reti; dallaltro i paesi occidentali
sono propensi a ritenere che il mondo sia avviato a unificarsi grazie a un mercato planetario
ancorato a valori universali. Apparso negli Stati Uniti negli ultimi ventanni del XX sec, il
termine globalization designa al tempo stesso il moltiplicarsi delle reti e il rafforzarsi delle
interdipendenze, una profonda trasformazione che investe economia, cultura, politica.
Allinizio del XXI sec questo mutamento epocale alimenta unossessione, il timore che la
cultura si avvii verso una totale uniformit e che si assista a unomologazione su scala
planetaria. Certo il fenomeno non nuovo. In unopera di fantascienza scritta alla fine del XIX
sec Anticipatons George Wells si chiedeva quale lingua, cultura si sarebbe imposta allintero
pianeta. Lautore auspicava lunificazione del pianeta attraverso una lingua comune,
ricollegandosi al francese Fournier il quale vedeva nellunit del linguaggio e delle vie di
comunicazione la garanzia di un mondo finalmente pacificato. Un secolo dopo c chi pensa che
la globalizzazione contenga i germi dellamericanizzazione del pianeta. Lespressione Mac
World nata da una contrazione indica questa nuova paura; laffermarsi di una monocultura per
usare un termine creato da Lvi-Strauss, che comprende sia la microinformatica firmata
Macintosh, sia la ristorazione rappresentata dai fast-food di McDonalds. Dall11 settembre
2001 il tipo di informazione fornita dai notiziari internazionali ha nutrito una paura opposta
senza cancellare quella suscitata dalla globalizzazione: il timore di una frammentazione del
mondo sempre pi diffusa, di nuove fratture economiche o culturali sempre pi profonde che
oppongono i popoli gli uni agli altri o producono divisioni nello stesso popolo. Sarebbe lecito
pensare che nel momento in cui lAmerica va sostituendosi allEuropa nel ruolo di guida, la
seconda globalizzazione (come la prima) possa produrre risentimenti nazionalistici,
irrigidimenti identitari di fronte alle minacce della monocultura planetaria. A questo dubbio si
affianca un altro dubbio: lungi dallannunciare la realizzazione del progetto kantiano di una
societ internazionale pacificata, la globalizzazione non finirebbe per assomigliare alla guerra
immaginata da Hobbes, la lotta di ciascuno contro ciascuno o di tutti contro tutti?
Le speranze della societ globale
Il tema di qst capitolo prende spunto da un dubbio: la globalizzazione dei media e dei emrcati
pone luomo di fronte a una scelta obbligata fra omologazione e tribalizzazione? Fra il sogno
dellunit e il narcisismo delle piccole differenze, fra gli opposti timori delluniformit e della
diversit, il villaggio globale diventato indecifrabile. Si pu dire che gli uomini tendono allo
stesso tempo ad assomigliarsi e distinguersi. E i media, oggi pi di ieri, li inducono a cedere
progressivamente e simultaneamente a entrambe le tentazioni. La scelta, in realt non fra
lincubo di Babele e la guerra tribale: quello fra uniformit e diversit un dilemma fuorviante
perch nasconde al ns sguardo il valore degli scambi che inducono a rendere pi civili le
controversie e a rispettare le differenze. Alcuni mesi dopo la pubblicazione di McLuhan
Guerra e pace nel villaggio globale, Brzezinski (docente di scienze politiche e consigliere per
la sicurezza nazionale statunitense sotto il presidente Carter (1977-1981) sviluppando le
riflessioni di McLuhan definisce tecnetronica (tecnica e elettronica) la terza rivoluzione dopo
lIndipendenza del 1776 e lindustrializzazione degli anni 70 dell800, di cui lAmerica stata
protagonista. Il mondo non un villaggio, una citt globale. L0avvento dei media e
dellinformatica ne ha fatto un nodo di relazioni interdipendenti, tumultuose e tese. La nuova
realt espone ogni abitante del globo alle angosce della solitudine, anzich offrirgli il calore e la

solidariet del villaggio ipotizzato da McLuhan: un tema ricorrente nella letteratura. Le


prestazioni dei ns media sono sempre pi complesse e sofisticate ma, allo stesso tempo,
aumentano i ns dubbi sulla possibilit di comunicare. Con chi possiamo guardare: si pu
guardare tutto? Cosa possiamo registrare: si pu registrare tutto? La societ globale era
davvero in grado di offrirci tutto quello che la comunit del villaggio avrebbe dovuto darci?
Cmq non possiamo prendere atto di una realt: limportanza e linfluenza dello scambio e della
comunicazione si sono imposti e accresciuti dopo la fine della guerra fredda e col
moltiplicarsi dei servizi della Rete. Lo scambio un gioco che si rivela spesso vincenti: non solo
provoca cambiamenti e innovazioni, ma favorisce anche gli incontri quindi comprensione e
tolleranza tra gli uomini. Allo stesso modo la comunicazione condizione preliminare per
lesistenza di qualsiasi comunit. Prima di agire o pensare insieme agli altri occorre entrare a
far parte dellorchestra. Motivata e favorita dalle molteplici interdipendenze della societ
globale, perch mai lumanit non dovrebbe scegliere la diplomazia delle reti anzich quella
delle portaerei? Perch la vita internazionale non dovrebbe preferire il dialogo e la
concertazione alle controversie e alla discordia?
I media gettano tanti ponti: fra le persone, i popoli e le culture. La stanzialit non pi la
norma e cede il passo alla mobilit. Aumentano e si estendono i luoghi dove affluiscono i turisti
di ogni provenienza. Gli abitanti della societ globale appartengono ugualmente al qui e
allaltrove. Non hanno pi unidentit stabile, ma flessibile, dinamica, modulabile a piacere fino
a diventare incerta, fluttuante o problematica. Noi scompaginiamo, ricomponiamo,
rimodelliamo sempre la ns identit per diventare come ci sembra di voler essere. Prerogativa
della musica la capacit di rappresentare meglio la metamorfosi che un mondo globalizzato
provoca in ci che chiamiamo cultura. Pi di altre forme di espressione la musica attraversa i
confini e ignora le insidie dei richiami a una purezza originaria. Essa pu perfino mescolare la
politica e lestetica. Il celebre canto Im so proud testimonianza di questi processi; composto
da un trio vocale di Chicago divent un successo planetario cantato dai figli di immigrati dalle
Antille; qst componimento musicale nato a Chicago espressione esemplare di una cultura
planetaria che si impone sullonda della globalizzazione economica e della rivoluzione digitale. I
centri
che la producono
cercano di
trarre
il
max profitto dalla tendenza
allinternazionalizzazione e alla concentrazione che investe ogni settore di attivit. Time
Warner, Disney, Globo, etc. puntano sulla confusione dei generi per creare linee di prodotti,
abbigliamento, intrattenimento sotto marche conosciute in tutto il mondo: Nike, Pokemon,
Universal. Il fatto pi importante, oltre alla circolazione sempre pi fitta di prodotti della
cultura planetaria, costituito dagli incroci, dalle risorse reciprocamente mutuate che
contribuiscono a creare qst nuova cultura. Diversamente dai luoghi comuni, la nuova cultura
non il cavallo di Troia dellAmerican way of life (= stile di vita americano); ma il prodotto di
ibridazioni fra diverse e molteplici fonti di ispirazione provenienti da tutto il mondo.
Incondizionatamente soggetta alla concorrenza, la nuova cultura condannata a mutare senza
sosta (come le mode). Essa segue la tendenza dominante, laria del tempo, salvo rinnovarla di
continuo; trae alimento e sostanza da quellinsieme di simboli, rappresentazioni, luoghi comuni
che da Tokyo a New York il segno di una comune appartenenza alla stessa epoca cio al
presente. La cultura planetaria costituisce una sfida per le culture locali o regionali: esse
possono arricchirla, ispirarla ma quasi sempre la prima a trasformarle, soggiogarle,
minacciarle di estinzione. La cultura delle lite anchessa sulla difensiva di fronte alle
strategie seduttive della cultura planetaria; non significa che sia scomparsa: quella dei
maestri di vita, dei dotti, degli artisti; la cultura che forma in noi il gusto. Gi negli anni 50
Arendt temeva che la cultura sarebbe arretrata di fronte allincalzare delle nuove forme di
evasione praticate dalle masse, di tutto quello che oggi chiameremmo industria turistica,
tempo libero, intrattenimento.
La cultura globalizzata subisce per contraccolpo il confronto con le culture particolari che
esaltano lappartenenza a una minoranza radicata in una fede, in unetnia, fascia det,
inclinazione sessuale. Qst culture costituiscono lelemento aggregante di comunit pi o meno
chiuse che oppongono unostinata resistenza alla compressione della cultura globalizzata. Lungi
dal mantenersi sulla difensiva come le culture locali, qst culture, fiere delle loro specificit
invocano il diritto alla differenza e reagiscono talvolta in modo esasperato ai media globali
guardati con sospetto. Eppure se guardiamo da vicino la circolazione di uomini e opere sul
mercato mondiale ci accorgiamo che per molti aspetti, essa non corrisponde agli stereotipi
sullomologazione della cultura. Bisogna evitare di essenzializzare la cultura che una

conquista, non un dono = esiste solo grazie a noi. Mentre i media sono globali o locali,
ciascuno di noi si trova alla confluenza di culture che hanno origini e destinazioni diverse. Il
soggetto maggiormente in condizioni di scegliere le proprie appartenenze piuttosto che
subirle; cos il problema dellidentit diviene il focus di ogni discussione. Coi media si entra nel
gioco dei paragoni. lecito pensare che la contaminazione generalizzate delle idee, opere,
credenze non sia lamericanizzazione della cultura, ma la spiegazione della disperata
aspirazione di alcuni soggetti a unidentit illusoria che essi immaginano pura e autentica.
I media e la diversit culturale
Preso atto della molteplicit degli scambi dovremo rappresentarci lavvenire del pianeta come
una felice mescolanza di culture che si arricchiscono reciprocamente? Se il mondo di oggi pi
simile a una citt che a un villaggio, dalle sue culture mescolate sorger davvero la nazione
planetaria sognata da McLuhan? La globalizzazione dei media e dei mercati, fondata solo sugli
scambi e sul dolce commercio pu diventare la premessa per la realizzazione del progetto
kantiano di una societ civile internazionale, pacificata dal diritto? A domande simili non si pu
dare una risposta rassicurante. ingenuo porle in questi termini perch si cede alla tentazione
del determinismo dimenticando che la storia non scritta da nessuna parte ed per sua
natura il luogo della libert e della volont umana. Una domanda cos pressante per merita
risposta e dove trovarla se non nella diversit culturale che vorremmo erigere a principio della
vita internazionale o adottare come soluzione per allontanare lo spettro dello scontro di civilt?
Ridotta a slogan la diversit culturale si identifica con unidea corrente: la diversit se riferita
alle attivit umane sinonimo di ricchezza, pluralit, libert e tolleranza. Cos si giustifica il
diritto degli Stati a proteggere e difendere industrie culturali come il cinema o leditoria libraria
mediante sovvenzioni o tasse sullimportazione. un principio tanto facile da affermare quanto
difficile da applicare. La sua attuazione espone a tutti i rischi del protezionismo ma finisce
anche per esprimere (spesso senza palesarli) atteggiamenti di sospetto, diffidenza, disprezzo
v/ unaltra cultura. Lo sviluppo di Hollywood fra le due guerre ha dato unimpronta particolare
ai rapporti fra lAmerica e il Vecchio continente. Paul Valery, nel 1939 vedeva una crisi dello
spirito nellinquietudine di unEuropa ormai spossessata da parte del Nuovo continente di
quellidea di universalit che essa aveva trasmesso al mondo. Negli ultimi anni del XX sec
lantropologo Frank riconosceva nella denuncia europea dellamericanizzazione una malattia
dellEuropa trasmessa allAmerica da uomini di origine e di cultura europee.
Cmq lapplicazione del principio della diversit e resta un invito per ogni individuo a
interrogarsi su ci che gli appartiene in proprio, a cui tiene sopra ogni cosa, unacquisizione di
cui non pu fare commercio; si tratti di opere, attivit, una lingua, una religione, una storia, un
folklore = tutto ci che permette agli uomini di identificarsi rispetto agli altri, ponendosi come
eredi e tramiti fra il proprio passato e lavvenire, fra ci che appartiene solo a loro e ci che
destinato a commuovere, emozionare lumanit intera. Riferirsi al principio della diversit
culturale offre la possibilit di identificare i rischi ai quali la societ globale espone la cultura,
lessenza stessa di ogni essere umano. Da un lato troppe persone rischiano di vivere soltanto
del presente, delle mode, di identificarsi solo col proprio tempo, dominate da una cultura
diffusa dai media globali. Dallaltro le elite (dotti, scienziati, creatori) corrono il pericolo di
perdere ogni capacit di influenza non potendo pi mantenere agli occhi delle persone,
quellimmagine di figure disinteressate e ammirevoli su cui si fonda la vera autorevolezza.
Se oggi il modo migliore per alimentare la speranza nellavvento del villaggio globale e per
esorcizzare i timori della globalizzazione consiste solo nellapplicare il principio il principio della
diversit culturale; se stentiamo a capire le realt complesse e contrastanti della societ
globale ci si deve al fatto che siamo ancora prigionieri di concetti gi superati come se i soli
punti di riferimento dei soggetti e dei popoli si collocassero entro i confini dei loro paesi natali.
Lasciandoci attirare nel cerchio delle diversit culturali incorriamo nel rischio di trascurare i
problemi derivanti dalla globalizzazione. 1) Come favorire i prodotti della creativit umana
nelle loro diverse forme di espressione e far s che a queste opere, vecchie e nuove, possa
accedere un pubblico pi vasto? 2) Come promuovere la circolazione e lo scambio tra le
diverse regioni del mondo permettendo ai loro abitanti di capirsi o cmq conoscersi? I media e
la globalizzazione offrono nuove possibilit.
1) In risposta al primo interrogativo diremo che lobiettivo da perseguire raggiungere un
equilibrio ottimale fra due gruppi di attori: da un lato i piccoli (editori di libri, produttori di film,
ideatori di siti) capaci di scovare, accogliere i talenti; dallaltro i grandi (le major della

distribuzione o i giganti della comunicazione) in possesso dei mezzi capaci di portare al


successo le opere degne di ottenerlo. compito degli editori garantire qst equilibrio, tanto pi
difficile da realizzare quanto pi grande la concentrazione dei media e sono elevati i costi per
raggiungere il pubblico. La posta in gioco alta. La cultura, infatti, esiste solo grazie a coloro
che si adoperano di continuo per rinnovarla. 2) Le opere che si esportano per prime sono
quelle nuove capaci di trascinare anche le altre. Il flusso degli scambi ha luogo spt in tre grandi
realt: Stati Uniti, Europa, Giappone. I flussi fra Nuovo e Vecchio Continente sono pi
consistenti in questa direzione che in quella contraria. Non si tratta di opere che tendano a
ristabilire un equilibrio. Qst volont di realizzare equilibri (allepoca in cui si sognava un nuovo
ordine mondiale dellinformazione e della comunicazione) era diffusa sin dallinizio. La soluzione
sta nel moltiplicare gli scambi con regioni del mondo ancora oggi escluse dalle grandi reti della
societ globale. Con la sua Bollywood (la Hollywood di Bombay) il cinema indiano (pi
importante dal punto di vista quantitativo di quello americano) ignoto al resto del mondo. I
film indiani sono poco esportati e male, a causa dellidea che si ha del paese che li produce. Le
opportunit di quel cinema quindi, di far conoscere meglio lIndia allestero dipendono dagli
intermediari commerciali; le condizioni che determinano la possibilit di creazione e il
contenuto di creativit delle opere presentate dai media dipendono dalla capacit degli editori
di trovare un giusto equilibrio fra il talento e la notoriet degli autori.
I media, attori e beneficiari della globalizzazione economica, possono evitarci i rischi della
monocultura e della guerra fra trib. Essi possono indurre e incoraggiare ciascuno di noi a
occuparsi degli altri e del mondo oppure al contrario imprigionare ogni soggetto nel silenzio del
conformismo o nellodio verso un capro espiatorio predestinato. Oggi pi che mai i media
possono contribuire in parte alla lotta quotidiana contro lignoranza, lindifferenza,
lintolleranza. Non dimentichiamo che i media sono solo strumenti. Fra i media e luso che ne
viene fatto c una domanda che si esprime nel mercato; c anche una cultura che le
conferisce il suo vero senso, il suo significato ultimo. La globalizzazione economica, come i
media, non un bene o un male in s, e ci che contiene in nuce non la fine della Storia ma i
pericoli opposti di Babele, del conflitto di civilt. A qst punto dobbiamo prendere atto di alcune
realt. Le aspettative suscitate dai media rimarranno sterili se non accettiamo la politica, se
rifiutiamo i condizionamenti che derivano dalle situazioni politiche in cui agiamo. Pilastri
dellordine disegnato dai trattati di Vestfalia, gli Stati nazionali si trovano presi in una morsa,
stretti fra le comunit infranazionali spinte da un vento favorevole e lemergere di
organizzazioni sovranazionali (regionali o mondiali) che si sforzano di realizzare un progetto di
pace universale. Se nel futuro i media riusciranno a fare con risultati positivi quello che in
passato hanno fatto con esiti negativi, ci potr avvenire solo a due condizioni: I) garantire a
tutti la possibilit di esprimersi, fuori o dentro i confini nazionali; II) obbedire a quel dovere di
universalit che si fonda sullunit del genere umano. Quando gli scambi aumentano cos,
altrettanto imperiosamente si impone un orizzonte di universalit. Che senso avrebbero i
media come strumento della comunicazione se gli uomini non avessero imparato prima di
usarli, a vivere insieme, parlarsi, ascoltarsi? Gli uomini dovranno per forza avvalersi dei media
in modo tale che permettano loro di abitare, vivere, agire e pensare insieme, in citt e case
diverse da quelle delle nazioni nelle quali si erano confinati.

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