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ILDOCUMENTARIODIPOESIA

EDIZIONI FALSOPIANO

FALSOPIANO

CINEMA

... Non il dovere che mi trattiene a cercare un mondo che fu nostro nella classica forza dellelegia! Nellallusione a un fatale essere uomini in proporzioni umane! La Grecia, Roma, i piccoli centri immortali... Unansia romantica che pareva esanime Sopravvivenza, mostruosamente si ingrandisce, occupa continenti, isole immani... annette Dei di milioni di guadi, percepisce lodore dellumidit dei quaranta gradi sopra zero nelle coste, Mogadiscio e le buganvillee di Nairobi...

da Pier Paolo Pasolini, La Guinea, 1962

EDIZIONI

FALSOPIANO

Marianna De Palma

PASOLINI
IL DOCUMENTARIO DI POESIA

Ringraziamenti

Lungo il percorso che ha portato a questo libro, ho incontrato alcune persone che voglio assolutamente ringraziare. Ringrazio Laura Betti della quale conservo un dolce e forte ricordo e il Fondo Pier Paolo Pasolini, per i materiali che ho potuto consultare e dei quali mi sono avvalsa nella stesura del volume; Gianni Barcelloni Corte, per avermi gentilmente reso la propria esperienza della conoscenza e del lavoro in India con Pasolini; il Professor Raffaele De Berti, per aver sostenuto fin da principio la mia scelta di studio e per il saggio che introduce e accompagna il presente volume; il Professor Giuliano Boccali per laiuto nei giorni della tesi e la stima reciproca; Fiorangelo Pucci e il Fano Film Festival, per linteresse, lentusiasmo e il sostegno al mio lavoro; Gianni Quilici e La linea dellocchio, per lo scambio, gli stimoli, la possibilit - negli anni - di dire-scrivere; Davide... Vilma, Nino, Betti, Gino (i nostri discorsi, la memoria storica che mi ha trasmesso), Franca, Claudio, Bea, perch la sensibilit estetica, artistica, cinematografica, umana, ha mille componenti, intime e non, segrete e non, pesanti e leggere, presenze piacevoli, assenze necessarie, silenzi da vivere e a volte da sopportare, intuizioni esplosive, crisi creative, e irrimediabilmente dolorose improvvise mancanze.

Edizioni Falsopiano - 2009 via Bobbio, 14/b 15100 - ALESSANDRIA http://www.falsopiano.com

Per le immagini, copyright dei relativi detentori Progetto grafico e impaginazione: Daniele Allegri - Roberto Dagostini Stampa: Impressioni Grafiche S.C.S. a r.l. - Acqui Terme Prima edizione - Ottobre 2009

INDICE

Pasolini documentarista fra Italia magica e Terzo Mondo Prefazione di Raffaele De Berti p. 11

Introduzione

p. 17

1. Cinema di poesia - poesia del cinema

p. 19

2. Sopralluoghi filmati Il Terzo Mondo nel Documentario di poesia Soggetti per documentari

p. 25 p. 25 p. 29

3. Il Terzo mondo pasoliniano Alternativa: stupendo e immondo sole dAfrica questo illimitato mondo contadino che io rimpiango Mutazione antropologica-mutazione cinematografica: dal nazional-popolare alllite Dellancestralit e del neocapitalismo: da Erinni a Eumenidi

p. 32 p. 33 p. 36

p. 41 p. 44

4. Documentari e soggetti Il padre selvaggio (1962) Il soggetto La rabbia (1963) Sopralluoghi in Palestina (1963) Appunti per un poema sul Terzo mondo (1968) Gli episodi: Paesi arabi, Sud America, Nota al padre selvaggio, Ghetti del Nord America, Nota al film sullIndia Appunti per unOrestiade africana (1968-1969) Il soggetto: lAtena bianca Gli appunti: ricerca di personaggi e luoghi La democrazia formale Gli appunti: il racconto La vita quotidiana nellAfrica Nuova Le mura di Sanaa

p. 53 p. 53 p. 56 p. 58 p. 62 p. 69

p. 71 p. 76 p. 78 p. 81 p. 83 p. 84 p. 86 p. 87

5. Appunti per un film sullIndia Il soggetto: Storia Indiana Lo sguardo: Lodore dellIndia La borghesia, la fissazione ind, Nehru

p. 103 p. 103 p. 104 p. 107

Incontro con la religione indiana La storia. Il racconto del maharaja Nota: jataka e spirito di carit Indicazione di stile: Flaherty Un documentario per la Rai

p. 111 p. 113 p. 117 p. 118 p. 120

Le interviste di Romano Costa

p. 124

Il film Analisi delle sequenze Scheda tecnica

p. 127 p. 145 p. 171

Appendice

p. 179

Nota dellautrice

p. 189

Riferimenti bibliografici

p. 191

PREFAZIONE Pasolini documentarista fra Italia magica e Terzo Mondo di Raffaele De Berti Pasolini, tra il giugno e il luglio del 1963, prima diniziare le riprese di Il Vangelo secondo Matteo (1964), decide di andare in Palestina per individuare i luoghi storici dove ambientare il proprio film, ma ben presto si accorge che sia in Israele sia in Giordania il mondo biblico appare, s, ma riaffiora come un rottame 1. Tutti i 54 minuti del documentario sono costellati da diversi commenti delusi di Pasolini davanti a un paesaggio che in molti casi presenta una campagna molto simile a quella italiana, molto moderna, industrializzata 2, con solo alcune improvvise visioni di quel mondo evangelico, arcaico che sperava di trovare nel corso del viaggio. Proprio nel giugno 1963, in una lettera inviata prima di partire ad Alfredo Bini, produttore del Vangelo secondo Matteo, riassumendo i criteri che avrebbe adottato per la realizzazione del film, Pasolini scriveva di pensare alla realt in fondo preistorica ed esotica del mondo arabo, come fondo e ambiente 3 . Ecco, invece, trovare nella realt concreta e non immaginata un paesaggio, diciamo cos, contaminato dalla modernit: delle piccole case bianche di operai, delle fabbriche, eccetera, eccetera. [] Casette israeliane che tu potresti benissimo vedere nellAgro Romano o addirittura in Svizzera. []. Come vedi, queste montagne sono molto simili alle montagne del Crotonese, non so se le conosci, tra Cutro e Crotone, sulle rive dello Ionio. E questi oliveti sono esattamente gli oliveti della Puglia, intorno a Taranto, intorno a Bari 4. In questi brevi commenti e dialoghi con don Andrea Carraro della Pro Civitate Christiana di Assisi, che accompagnava Pasolini nel viaggio, si possono gi trovare molte delle caratteristiche fondamentali di quel gruppo di documentari ambientati nel Terzo Mondo che sono al centro del volume di Marianna De Palma: da Sopralluoghi in Palestina (1964) ad Appunti per un film sullIndia (1967-1968), da Appunti per unOrestiade Africana (1969) a Le mura di Sanaa (1970), un documentario, questultimo, in forma di appello allUNESCO per salvare dalla modernizzazione lantica capitale dello Yemen sopravvissuta intatta al passare dei secoli 5. Nel giro di pochi anni, insomma, Pasolini passa dallillusione di ritrovare nei paesi del Terzo Mondo quei luoghi e quella cultura innocente e premoderna, che era stata presente nelle borgate romane prima della mutazione antropologica, che aveva investito lItalia del boom economico e della cultura di massa, alla consapevolezza che anche questi nuovi Paesi stanno adeguandosi a un modello di sviluppo occidentale, che li porta verso la distruzione della loro identit. Non
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gli rimane allora che fare un appello a un organismo internazionale per salvaguardare, come fosse una riserva naturale, la capitale yemenita. In fondo, questo appello lammissione definitiva della sconfitta dellidea che il Terzo Mondo possa rappresentare un luogo dove ancora possa continuare a vivere una cultura incentrata sul mito e il sacro in una prospettiva di un progresso armonico che assorba le culture arcaiche, sulla base della constatazione che sempre ci che sacro si conserva accanto alla sua nuova forma sconsacrata 6. Nel suo entusiasmo progettuale, Pasolini aveva addirittura pensato di realizzare un lungometraggio dal titolo Appunti per un poema sul Terzo Mondo, costituito da cinque episodi ambientati in Africa, India, Paesi Arabi, America del Sud e nei ghetti neri delle citt degli Stati Uniti. A fronte della notevole letteratura critica sul cinema di Pier Paolo Pasolini, scarsa stata lattenzione alla sua produzione documentaristica 7, tanto da far scrivere a Marco Bertozzi nella propria recente Storia del documentario italiano che simpone una rivalutazione generale di questi lavori; che si tratta di opere non minori in preparazione di opere di maggior impegno, ma che rientrano pienamente nella poetica pasoliniana, anzi, ne costituiscono uno dei fondamenti 8. Una tesi assolutamente condivisibile che deve portare a considerare sotto nuova luce i rapporti fra Pasolini e il documentario. Come si visto, Pasolini in Sopralluoghi in Palestina fa riferimento pi volte al Sud Italia, dove effettivamente andr poi a girare gli esterni di Il Vangelo secondo Matteo, una zona del nostro Paese in cui dimensione magico-rituale e sacro convivono in una societ che, pur in fase di grande trasformazione antropologica, presenta ancora tratti di quellantica civilt arcaica che aveva nel mito il proprio fondamento e che Pasolini ricercava ora nel Terzo Mondo per salvaguardarla e valorizzarla rispetto al paradigma di modernit occidentale che si stava affermando. Pasolini non contro la modernit in generale, ma contro il modello che si sta diffondendo e che devasta irrimediabilmente culture popolari millenarie. In questa prospettiva di studio si possono, forse, vedere le regie dei documentari di Pasolini sul Terzo Mondo in una continuit ideale delle sue esperienze di scrittura dei commenti per documentari ambientati in Italia, realizzati tra il 1956 e il 1961, tralasciando, pur non dimenticandole, le due regie rispettivamente di La Rabbia (1963) e soprattutto di Comizi damore (1963), inchiesta su cosa pensino gli italiani del sesso 9. Ma tornando ai commenti per i documentari, si possono prendere in considerazione in particolare quelli ambientati nelle regioni dellItalia meridionale come Il Mago (1958) di Mario Gallo e Stendal (1960) di Cecilia Mangini. Lincipit di Il Mago introduce lo spettatore proprio in quellantico mondo calabrese che nel volgere di pochi anni probabilmente sarebbe scomparso: Nella vecchia Calabria sopravvivono vecchie abitudini, vecchi canti damore, di lavoro, di morte, vecchie figure; tra queste, il Mago. Egli se ne va in giro per le campagne recitando
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tutto solo, davanti alle famiglie contadine, vecchie storie di paladini, dame e draghi. E cos si guadagna un pezzo di pane 10. Se Il Mago, attraverso la ripresa della giornata di un cantastorie, presenta un centone di frammenti di canti popolari, con Stendal Pasolini entra in contatto con Cecilia Mangini, considerata una delle principali esponenti di quel gruppo di documentaristi, come Michele Gandin, Luigi Di Gianni, Lino Del Fra, Gianfranco Mingozzi, cosiddetti demartiniani 11 che, tra la met degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta sono influenzati dalle ricerche antropologiche nel Sud dItalia di Ernesto De Martino 12. Il breve documentario di poco pi di dieci minuti, come ha dichiarato la stessa Cecilia Mangini 13, nasce dalla lettura di Morte e pianto rituale nel mondo antico di De Martino. Il film girato a Martano, nella zona del Salento, e riprende il lamento funebre delle donne vestite di nero per la morte di un giovane. Il testo di Pasolini si ispira liberamente agli antichi canti funebri greco-salentini avvalendosi, probabilmente, delle stesse fonti che aveva utilizzato nel 1955 per lantologia Canzoniere italiano. Come si visto, la frequentazione di Pasolini con la cultura popolare e magica del Sud dItalia un fatto non casuale ma consolidato, e traccia uno stretto legame con quella del Terzo Mondo, che indagher nei propri viaggi e nei documentari e nella quale sperava di ritrovare ci che si andava perdendo in Italia. Come non pensare a questo punto a un ideale filo rosso che unisce idealmente il canto funebre di Stendal con la lunga sequenza del rito della cremazione dei morti che chiude Appunti per un film sullIndia? Una ricerca, quella di Pasolini sul Terzo Mondo, che sar presto delusa, ma che ha in Appunti per unOrestiade africana ancora la speranza che la civilt arcaica - detta superficialmente folclore - non deve essere dimenticata, disprezzata e tradita. Ma deve essere assunta allinterno della civilt nuova, integrando questultima, e rendendola specifica, concreta, storica. Le terribili e fantastiche divinit della Preistoria africana devono subire lo stesso processo delle Erinni: e divenire Eumenidi 14. Ma anche nel Terzo Mondo sta avvenendo lo stesso genocidio culturale accaduto in Italia e Pasolini se ne rende ben presto conto, chiudendo cos definitivamente le sue speranze su un futuro diverso per quei Paesi. Molto si potrebbe ancora scrivere sui documentari di Pasolini: dalla scelta della forma in appunti, che ne fa - come ha osservato Luca Caminati - delle opere aperte alla dimensione metatestuale con la costante presenza di Pasolini sulla scena delle riprese, con interviste e commenti che, ad esclusione di Sopralluoghi in Palestina, gira egli stesso, come un moderno etnografo, con lArriflex BL, fino a studiare la propria ideale vicinanza a documentaristi come Robert Flaherty e Jean Rouch, che pongono al centro del proprio lavoro linterazione e il dialogo con le persone filmate. In conclusione, la ricerca su Pasolini documentarista un terreno di lavoro
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ancora in gran parte aperto e che solo ultimamente si cominciato ad esplorare pi a fondo: lo studio di Marianna De Palma, gi iniziato alcuni anni fa con la tesi di laurea e una caparbia ricerca di documenti originali allora poco accessibili, rappresenta - soprattutto con Appunti per un film sullIndia - un nuovo e importante tassello del composito percorso verso quella riconsiderazione e valorizzazione che i documentari di Pasolini nel loro complesso meritano.

Note
1 La citazione dal documentario di Pier Paolo Pasolini Sopralluoghi in Palestina (1964) ripresa dalla trascrizione del commento e dei dialoghi curata da Walter Siti, Franco Zabagli, Pasolini per il cinema, 1, Milano, Mondadori, 2001, p. 670. Tutte le citazioni seguenti dai documentari di Pasolini sono riprese dalle trascrizioni contenute in tale opera.

Ivi, p. 655.

3 Pier Paolo Pasolini, Lettera ad Alfredo, in AA.VV. Pier Paolo Pasolini, volume allegato al DVD Sopralluoghi in Palestina, Roma, Ripleys Home Video, 2005, p. 5.

Walter Siti, Franco Zabagli (a cura di), Pasolini per il cinema, 1, pp. 656, 659.

5 Da ricordare anche lambientazione terzomondista per i film Edipo Re (1967) e Il fiore delle Mille e una notte (1974).

6 Tomaso Subini, La necessit di morire. Il cinema di Pier Paolo Pasolini e il sacro, Roma, Ente dello Spettacolo editore, 2007, p. 42. Da notare come Subini sottolinea nel proprio testo limportanza dellinfluenza esercitata dal pensiero di Ernesto De Martino, oltre che di Mircea Eliade, nella riflessione di Pasolini in rapporto al problema del sacro. Per un contributo allo studio della relazione fra il cinema di Pasolini e il Terzo Mondo: Luca Caminati, Orientalismo eretico. Pier Paolo Pasolini e il cinema del Terzo Mondo, Milano, Bruno Mondadori, 2007. Da ricordare anche, per il rapporto fra mito e cinema, con particolare riferimento ad Appunti per unOrestiade africana, lo studio pionieristico di Massimo Fusillo, La Grecia secondo Pasolini. Mito e cinema, Firenze, La Nuova Italia, 1996 (seconda edizione: Roma, Carocci, 2007). Pi in generale si veda Elena Fabbro (a cura di), Il mito greco nellopera di Pasolini, Udine, Forum, 2004.

7 Il gi citato volume di Luca Caminati pu essere considerato una delle poche eccezioni che hanno affrontato i documentari di Pasolini con lo stesso impegno di analisi con cui sono stati affrontati i film.

Marco Bertozzi, Storia del documentario italiano. Immagini e culture dellaltro cinema,

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Venezia, Marsilio, 2008, p. 199. I commenti scritti per i documentari sono: Manon finestra 2 (Ermanno Olmi, 1956), Grigio (Ermanno Olmi, 1957), Ignoti alla citt (Cecilia Mangini, 1958), Il Mago (Mario Gallo, 1958), Caschi doro (Mario Gallo, 1960), Stendal (Cecilia Mangini, 1960), La canta delle marane (Cecilia Mangini, 1961). Per la trascrizione dei testi di Pasolini si veda Walter Siti, Franco Zabagli (a cura di), Pasolini per il cinema, 2, pp. 2071-2104.
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Pier Palo Pasolini, Il mago, in Walter Siti, Franco Zabagli (a cura di), Pasolini per il cinema, 2, p. 2087.
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Cfr. Marco Bertozzi, Storia del documentario italiano, pp. 146-150.

Tra le opere principali di De Martino si possono ricordare: Il mondo magico: prolegomeni a una storia del magismo, Torino, Einaudi, 1948; Morte e pianto rituale nel mondo antico. Dal lamento pagano al pianto di Maria, Torino, Einaudi, 1958; Sud e magia, Milano, Feltrinelli, 1959; La terra del rimorso. Contributo a una storia religiosa del Sud, Milano, Il Saggiatore, 1961. Pasolini sicuramente conosceva lopera di De Martino, forse gi fin dal 1955, quando su Nuovi Argomenti (12, gennaio-febbraio 1955, pp. 1-42), rivista diretta da Carocci e Moravia, viene pubblicato larticolo di De Martino Considerazioni storiche sul lamento funebre lucano. Tra laltro, proprio nel 1955, per la casa editrice Guanda Pasolini cura il volume Canzoniere italiano: antologia della poesia popolare. Proprio da questa antologia sono tratti quasi tutti i frammenti di canti utilizzati nel documentario Il Mago: Walter Siti, Franco Zabagli (a cura di), Pasolini per il cinema, 2, p. 3167.
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Si veda Mirko Grasso, Stendal. Canti e immagini della morte nella Greca salentina, Calimera, Kurumuny, 2005.
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Pier Paolo Pasolini, Note per lambientazione dellOrestiade in Africa, in Walter Siti, Franco Zabagli (a cura di), Pasolini per il cinema.
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INTRODUZIONE Cinema di poesia-documentario di poesia. Il regista-poeta riprende con la sua macchina da presa a spalla il manifestarsi, le forme del reale, che accadono, si snodano davanti ai suoi occhi. Le inquadrature sono lo sguardo, che cattura, osserva, intuisce, insiste, corre via una visione in soggettiva, che sceglie le immagini, di luoghi, citt e villaggi sperduti, terre e cieli, corpi, volti Come le parole in un componimento poetico, che fermano sulla carta, ma senza pi bisogno di simboli e metafore. Un contatto diretto, sensuale, materico, carnale, quello con la realt che Pasolini scopre, coglie, esibisce, nel Cinema. Realt che parla attraverso la realt. E la realt nei documentari-per-appunti-sopralluoghi filmati quella di Paesi del Terzo Mondo usciti dalla lunga colonizzazione europea. Realt che urla la propria esistenza al mondo. E che Pasolini andava via via conoscendo nei suoi viaggi. Conoscenza geografica, fisica, sensuale, fascinazione materiale, civile, estetica. Realt che in quegli anni - tra i 60 e i 70 del secolo scorso - si rivelava al poeta pi reale di quella italiana, europea, che allincedere della societ dei consumi, della civilt neocapitalistica, sacrificava se stessa, il proprio passato, le proprie tradizioni, guidata in questo dalla borghesia immemore, irresponsabile, cui Pasolini rivolse il proprio richiamo, rimprovero, disprezzo. Il pianto e la denuncia della caduta delle civilt del passato sotto le spinte della modernit prende corpo nelle poesie, nei saggi, nei film dellautore. E il Terzo Mondo, con le sue nuove forze rivoluzionarie e spinte interne, unite allattaccamento alla propria ancestralit-sacrale, viene ad assumere per il poeta il valore di rifugio, speranza di una evoluzione altra e serbatoio di ispirazioni poetiche. I volti del Popolo pasoliniano per le vie dellAfrica, dellIndia, dello Yemen, per le strade di Bombay, Delhi, Nairobi, Sanaa. I volti scavati, e quelli belli, floridi e scuri delle donne di Uganda e Tanzania. Gli sguardi e i sorrisi accesi dalla luce dAfrica. Gli sguardi indiani, dolci, umili, attoniti. La pelle e gli arti mangiati dalla lebbra. Gracili corpi che si susseguono seduti e mendicanti ai bordi delle vie. Cerimonie funebri di povere salme che hanno in s la magia e la sacralit del reale. La modernit che si affianca, invadente, a forme di vita preistoriche. Il ritratto immediato e forte di queste ultime, dei loro inconsapevoli baluardi. Il soccombere degli stessi. Documentari di poesia: Sopralluoghi in Palestina, Appunti per un film sullIndia, Appunti per unOrestiade africana, Le mura di Sanaa (e con accezioni diverse, La rabbia) - e poi i progetti rimasti sulla carta -. Nati per lo pi dalla volont di realizzare degli appunti per immagini, che fossero materiale di
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partenza per successivi film, oppure dallestemporaneo desiderio di riprendere, fotografare, denunciare, rimasero film essi stessi, dalle molteplici valenze - tematiche e formali. Documentari che spesso cercano, trovano, filmano nel presente tracce, accadimenti, valenze del passato, delle sue manifestazioni mitiche e sacrali. Il passaggio di Cristo nella Terra Santa dei primi anni 60 nei sopralluoghi palestinesi; il significato di unantica leggenda nel momento dellincontro tra lIndia e la modernit; il valore delle origini della democrazia, dellOrestiade eschilea, negli stati africani appena usciti dal colonialismo Quali il senso e la possibilit di realizzazione, nellIndia di fine anni 60, del sacrificio del maharaja che d il proprio corpo in pasto a delle tigri affamate, causando con la sua mancanza la dispersione e la morte della propria famiglia? Sulla narrazione dellantica leggenda, realizzata dalla voce over del regista, scorrono le immagini dellIndia contemporanea, con la quale i familiari del maharaja devono confrontarsi, dopo la sua morte - e la caduta con essa dellIndia mitica, arcaica -. Pasolini intervista, riprende, e la poesia si genera dal suo sguardo, dalla materia, dai corpi, dai luoghi, dal tema della narrazione. I livelli del film sono pi duno, molti i rimandi, le suggestioni, gli inviti alladesione estetica e al pensare. E intanto prende corpo il documentario sullIndia moderna. E il sacrificio davanti agli occhi, non il sacrificio mitico del maharaja, ma un sacrificio meno religioso e pi violento Il presente volume un percorso, un viaggio, tra la teoria cinematografica pasoliniana, la sua poetica, il suo interesse civile, sociale, i suoi film. Un percorso personale che si nutre del contributo di chi ha letto, studiato, intuito prima di me e delle parole di chi mi ha gentilmente concesso il proprio ricordo della conoscenza e del lavoro con Pasolini. Un viaggio soprattutto tra i viaggi, quelli pasoliniani sulle strade affollate del Subcontinente indiano, nelle citt e nei villaggi africani, tra modernit e preistoria, tra bellezze inaspettate rivelatrici in angoli sperduti del mondo e orizzonti infiniti di miseria e morte E un viaggio, un andare per immagini, pagine, parole, alla scoperta di unopera e di un pensiero che continuano a parlarci. Sospesi e incarnati al tempo stesso - lopera e il pensiero -, tra la storia, i valori del passato, legami culturali, terreni, che furono nostri, forze primordiali, di cui sentiamo, spesso, la nostalgia, il rimpianto - , e lo scorrere del presente.

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1. CINEMA DI POESIA - POESIA DEL CINEMA Nel 1968, rispondendo a John Halliday, che lo interrogava sullimportanza di rendere il pubblico consapevole della macchina da presa come criterio di giudizio del cinema poetico, Pasolini ripercorre e d nuova forza alle dichiarazioni di qualche anno prima, contenute nel suo saggio Il cinema di poesia 1:
A mio parere, il cinema sostanzialmente e naturalmente poetico, per le ragioni che le ho esposto: perch ha il carattere del sogno, perch vicino ai sogni, perch una sequenza cinematografica e la sequenza di un ricordo o di un sogno - e non solo questo, ma le cose in se stesse - sono profondamente poetiche: un albero fotografato poetico, un volto umano fotografato poetico, perch la fisicit poetica in s, perch unapparizione, piena di mistero, piena di ambiguit, pregna di significati polivalenti, perch anche un albero un segno appartenente a un sistema linguistico. Ma chi parla attraverso lalbero? Dio, o la realt stessa. Quindi lalbero come segno ci mette in comunicazione con un interlocutore misterioso. Perci il cinema, grazie alla riproduzione diretta e fisica degli oggetti, eccetera eccetera, sostanzialmente poetico. Questo un aspetto del problema, diciamo un aspetto preistorico, quasi pre-cinematografico 2.

Poeticit del cinema, poeticit del reale, una dentro laltra, o meglio, in scambio continuo e diretto. Il cinema poetico come un ricordo; un ricordo, con i tempi della mente, trasmutati, dilatati, spezzati, con volti, sagome, colori identici al vissuto, oppure forse cambiati dallobbiettivo offuscato della memoria; istanti che riappaiono carichi di significato, emozioni, un colore, uno scorcio in dissolvenza, un odore; o vane immagini che riaffiorano, sbiadite fotografie in bianco e nero che scorrono e se ne vanno veloci. Ricordi che alle volte sono carrellate, panoramiche, fermo immagine, primi e primissimi piani, campi lunghi, piani americani. Cinema poetico come un sogno; sogno che coglie oggetti o suggestioni reali e li lega con la fantasia; in montaggio parallelo, alternato, in campo contro campo. Erano gli anni di Antonioni, Bertolucci, Godard e la nouvelle vague Pasolini teorizzava il cinema di poesia e faceva cinema lui stesso. E noi guardiamo al cinema e a tanti film di quegli anni; vi guardiamo di continuo, con nostalgia verso unepoca del far cinema, verso certi film, la loro poesia, sintomo di altri tempi, di altri sguardi, di altre intenzioni. Poesia del cinema. Antonioni. Frammenti di poesia - cos come mi vengono in mente -: la figura in bianco-nero di Monica Vitti sullo sfondo di cielo, mare e pietre in Lavventura; la partita a tennis con pallina immaginaria, nel finale di Blowup; i corpi nudi sulle rocce in Zabriskie Point; Maria Schneider in Professione Reporter mentre, sulla panchina, legge, con i capelli che le coprono
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il viso, e poi riversa la testa indietro, sotto il sole; e ancora, nella stessa pellicola, Jack Nicholson con le braccia aperte, che si staglia sul blu del mare, sporgendosi dalla bidonvia sorvolante il porto di Barcellona - come un volo poetico senza tempo E in epoca pi recente: il volto perfetto, azzurrato e insanguinato, del replicante Roy - Rutger Hauer sotto la pioggia, in Blade Runner di Ridley Scott, con il monologo pi famoso [] tempo di morire. Almodovar. I colori, che si rincorrono nelle inquadrature insieme alle passioni. La notte, sotto il cielo nero, la musica e la voce di Caetano Veloso, con i ricordi, le immagini del passato, che riaffiorano, in Habla con ella. Il corpo di Alicia. Il volto di Marco, commosso, in teatro, mentre la danza di Pina Bausch d il ritmo alla vita che scorre, di nuovo; al ricominciare E se il cinema poetico di per s, perch riproduce la realt fisica - poetica per prima -, nel restituire tale realt, la poeticit si fissa, forse si amplifica, nellimmagine cinematografica. Potere del cinema - e delle arti che esso comprende -, che ci inviata a guardare; un oggetto reale, uno sguardo, una figura umana, unimmagine transitoria, che diventano inquadrature poetiche. Potere del cinema, potere della poesia. allinterno di questa evidente poeticit propria dellarte cinematografica, che Pasolini distingue una lingua della prosa e una lingua della poesia, affrontando, nella conversazione con John Halliday, una delle sue teorizzazioni principali.
Come la letteratura ha una lingua per la prosa e una per la poesia, cos avviene nel cinema. Ecco quello che stavo dicendo. In questo caso, bisogna dimenticare che il cinema naturalmente poetico perch si tratta di un tipo di poesia, ripeto, che preistorico, amorfo, innaturale. Se si guarda un pezzetto del pi banale western che sia mai stato fatto, o un qualsiasi vecchio film commerciale, se lo si guarda in maniera non convenzionale, anche un film del genere rivela il carattere poetico e di sogno che esiste fisicamente e naturalmente nel cinema, ma questo non ancora cinema di poesia 3.

E arrivando al fulcro del discorso:


Il cinema di poesia il cinema che adotta una particolare tecnica, proprio come un poeta adotta una particolare tecnica nello scrivere versi. Se si apre un libro di poesie, si riconosce immediatamente lo stile, il modo di rimare e tutto il resto: si vede la lingua come strumento, si contano le sillabe di un verso. Lequivalente di quello che si vede in un testo poetico lo si trova in un testo cinematografico, attraverso gli stilemi, ossia attraverso i movimenti di macchina e il montaggio. Per cui fare film essere poeti 4.

Aprendo un libro, si capisce immediatamente se si di fronte a una poesia o a una prosa lo stesso per il cinema.
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Due cose diverse: lo sguardo che si palesa, dellautore che fa sua la macchina da presa, in modo privato, personale, con i tempi dilatati, contratti, a secondo del proprio sentire, del proprio vedere, con linsistere sugli spazi, sui primi piani, o con il correre veloce di una carrellata dal finestrino, con landare e la percezione propri; e poi la prosa, con i ritmi giusti della narrazione, che accompagnano lo spettatore, con inquadrature e montaggio perfetti, e lautore che c, ma non si sente. Soggettiva libera indiretta, il tramite primo despressione del cinema di poesia, che Pasolini definisce e identifica facendo riferimento al linguaggio letterario, e collocandola tra il discorso libero indiretto e il monologo interiore. Attraverso la soggettiva libera indiretta, infatti, il regista fa dello stato danimo e delle dominanti psicologiche di un personaggio nel film, il pretesto del suo punto di vista sul mondo. Nel suo saggio Il cinema di poesia, Pasolini porta alcuni esempi per chiarire in cosa nella pratica consista lessenza di questa soggettiva: in Deserto Rosso di Antonioni si ha una sostituzione della visione della malata, con la visione di febbrile formalismo dellautore; in Bertolucci di Prima della rivoluzione, non vi invece una sostituzione totale, ma una contaminazione tra la visione del mondo dellautore e quella del personaggio della giovane zia nevrotica. Il cinema di poesia ha per Pasolini la caratteristica di produrre film dalla doppia natura.
C il film che si vede che una soggettiva libera indiretta, magari irregolare e approssimativa - molto libera, insomma: dovuta al fatto che lautore si vale dello stato danimo psicologico dominante nel film - che quello di un protagonista malato, non normale - per farne una continua mimesis - che gli consente molta libert stilistica anomala e provocatoria 5.

Sotto a questo film, ne scorre un altro,


quello che lautore avrebbe fatto anche senza il pretesto della mimesis visiva del suo protagonista: un film totalmente e liberamente di carattere espressivo-espressionistico. [] il momento, cio, in cui il linguaggio, seguendo unispirazione diversa e magari pi autentica, si libera dalla funzione, e si presenta come linguaggio in se stesso, stile 6.

Pasolini individua dunque come fondamentale nel cinema di poesia lesercizio di stile, da parte dellautore, come ispirazione, nella maggior parte dei casi, sinceramente poetica, che negli anni 60 stava portando alla formazione di una tradizione tecnico-stilistica comune, ossia una lingua del cinema di poesia. Prima caratteristica di tutti gli stilemi del cinema di poesia: la presenza dellautore tramite la macchina da presa; il far sentire la macchina, attraverso i movimenti a mano, lalternarsi di obbiettivi diversi, gli zoom, i montaggi volutamente sbagliati, i lunghi fermo immagine La lingua della prosa allora quel21

la in cui, al contrario, la macchina da presa non si sente, ossia non si percepisce la presenza dellautore. La poeticit dei film classici (che pur esiste, nonostante lautore non si sveli attraverso lesercizio di stile), da Charlot, a Bergam, non era dunque nel linguaggio in quanto tecnica del linguaggio cinematografico; era interna, nei significati e nella naturale poeticit del cinema. E proprio riguardo ai film classici: Non erano poesie, ma racconti: il cinema classico stato ed narrativo: la sua lingua quella della prosa. La poesia vi interna: come mettiamo nei racconti di Cechov o di Melville 7. Nel 1969, in uno dei dialoghi con Jean Duflot, Pasolini parla del suo passaggio dalla letteratura al cinema - senza mai abbandonare la prima. Lespressione cinematografica sembra superare per lautore quella che egli descrive come la tragedia di ogni poeta, ossia la possibilit di raggiungere il mondo soltanto metaforicamente. Pasolini spiega che scrivere romanzi e poesie fu per lui il mezzo per esprimere la propria avversione, il proprio rifiuto per una certa realt italiana. Ma queste mediazioni poetiche o romanzesche frapponevano tra la vita e me una sorta di parete simbolica, uno schermo di parole 8. Gi il dialetto - pi lontano dalla prigione simbolica del linguaggio e pi vicino alla sacralit della comunicazione arcaica (Fusillo, 1996) - fu per lo scrittore un mezzo di approccio pi concreto, pi fisico alla realt, prima contadina, poi romana. Ma attraverso il cinema che Pasolini scopre la via per raggiungere ed esprimere in modo pi completo la realt:
Il linguaggio letterario, usato dallo scrittore per scrivere una poesia o un romanzo, o un saggio, costituisce un sistema simbolico convenzionale []. Il cinema invece, un sistema di segni non simbolici, di segni viventi, di segni oggetti Il linguaggio cinematografico non esprime quindi la realt attraverso una serie di simboli linguistici, ma per mezzo della realt stessa. Non un linguaggio nazionale o regionale, bens transnazionale []. Ora, ho scoperto molto presto che lespressione cinematografica mi offriva, grazie alla sua analogia sul piano semiologico con la realt stessa, la possibilit di raggiungere la vita in modo pi completo. Di impossessarmene, di viverla mentre la ricreavo. Il cinema mi consente di mantenere il contatto con la realt, un contatto fisico, carnale, addirittura sensuale 9.

Realt, che per Pasolini qualcosa di sacro, di ontologicamente poetico, che in quanto tale gli suscita un desiderio di possesso totale (Fusillo). E il Cinema, mezzo primitivo nel suo aderire senza tramiti alla realt stessa, diviene dunque in Pasolini il mezzo-la lingua del sacro, e del mito in cui esso si esprime. (Rimando in questo senso alla splendida analisi dei miti greci-cinematografici pasoliniani di Fusillo in La Grecia secondo Pasolini) Contatto con la realt, attraverso il cinema, contatto fisico carnale e contemporaneamente poetico. Poesia della materia, quella ripresa da Pasolini nei suoi
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film, poesia del cinema pasoliniano, che richiama lo sguardo, lattenzione, la sensibilit estetica in inquadrature intense, irrimediabilmente poetiche, che portano la firma del proprio autore. I forti, fisici, poetici, primi piani di Franco Citti-Accattone, di Anna MagnaniMamma Roma, di Silvana Mangano, Massimo Girotti, Terence Stamp, Laura Betti in Teorema, i primi piani del Vangelo secondo Matteo. Primi piani ricorrenti, indagati, colti nellespressione del loro sguardo, nei documentari girati nel Terzo Mondo: realt di corpi realmente stanchi, spossati, assolati, e corpi belli, di una bellezza spontanea, ancestrale, sacrale; percorsi dalla macchina da presaocchio pasoliniano. La musica, che sottolinea, carica, innalza, accompagna. I corpi del Decameron. E poi gli spazi, fisici, in Edipo Re, e anche in Uccellacci Uccellini, attraversati con i tempi dellandatura umana, e gli spazi indagati, suggeriti, commentati nei sopralluoghi palestinesi. Le mura di Sanaa reali, sensuali, poetiche.

Note
1

La teorizzazione pasoliniana del Cinema di poesia, risale a un saggio del 1965, inserito successivamente nella raccolta Empirismo Eretico (1972), ad aprire la terza sessione, dedicata appunto al cinema. Rientrano nello stesso capitolo altri saggi che, scritti da Pasolini tra il 1965 e il 1971, testimoniano levoluzione del rapporto dellautore con il mezzo cinematografico.

2 Pasolini su Pasolini. Conversazioni con John Halliday. Cinema e teoria, 1968-71, in Walter Siti, Silvia De Laude (a cura di), Pasolini. Saggi sulla politica e sulla societ, Mondadori, Milano, 1999, p. 1390.

Ibidem, p. 1391.

4 Ibidem. D qui - quasi - per scontata la concezione pasoliniana del cinema come lingua a s, separata dalla lingua delle parole. Pasolini dedic pagine dei suoi saggi a questa considerazione, arrivando a impostare una propria grammatica del cinema, aprendo un dialogo, spesso polemico, con le teorie della semiologia del cinema di Christian Metz (Semiologia del Cinema, Garzanti, 1972; traduzione dalloriginale Essais sur la signification au cinma, 1968), nelle quali il cinema definito non come lingua, ma come linguaggio. In quanto lingua scritta della realt - che utilizza il reale stesso per esprimere il reale -, la lingua cinematografica di Pasolini si costituisce di unit minime, quali gli oggetti reali che compongono una inquadratura, definiti dallautore come cinemi: Possiamo chiamare tutti gli oggetti, forme o atti della realt permanenti dentro limmagine cinematografica, col nome di cinemi, per analogia appunto con i fonemi. (La lingua scritta della realt, in Empirismo Eretico, Garzanti, Milano, 1972; ed. 2000, pp. 202-203).

Pier Paolo Pasolini, Empirismo Eretico, p. 183.

23

Ibidem. Ibidem, p. 185.

Il sostrato mentale, 1969, in Jean Duflot (a cura di), Il sogno del centauro, in Siti, De Laude (a cura di), Pasolini. Saggi sulla politica e sulla societ, p. 1413.
8 9

Ibidem, p. 1412-1413.

24

2. SOPRALLUOGHI FILMATI Il Terzo Mondo nel documentario di poesia

Poi c un mio Pasolini, cui tengo particolarmente, quello dei piccoli film che servivano a preparare i lungometraggi: Sopralluoghi in Palestina, Appunti per un film sullIndia, per esempio, li trovo di una sintesi fulminante, carichi di freschezza iniziatica che solo i poeti con la macchina da presa sanno far scaturire dalla propria relazione con le cose

Luigi Faccini in Se ho incontrato un Socrate quello fu Pier Paolo, La linea dellocchio, novembre 2005

Sopralluoghi in Palestina, Appunti per un film sullIndia, Appunti per unOrestiade africana sono sopralluoghi filmati, intendendo con questa definizione (pi volte utilizzata dallo stesso Pasolini) quegli appunti in immaginidocumentari realizzati con lobbiettivo di raccogliere del materiale di partenza per lallestimento di film successivi. E lintento di verificare sul posto unidea iniziale port e si mescol ogni volta a scoperte strada facendo. I film ai quali i tre sopralluoghi citati avrebbero dovuto portare, in realt, per questioni produttive o per linadeguatezza, rivelatasi, dei luoghi visitati, non vennero realizzati o trovarono una ambientazione diversa da quella in principio pensata. Dopo il viaggio in Palestina, atto a verificare la possibilit dei luoghi reali del passaggio di Cristo come scenario per il suo Vangelo secondo Matteo, Pasolini scelse infatti il meridione italiano per le riprese, mentre ai viaggi e ai sopralluoghi indiani e africani non seguirono i film che, per quelle aree del Terzo Mondo, lautore aveva progettato. In tutti i tre casi, le riprese dei posti, delle persone, delle manifestazioni di vita, di cultura locale, sono rimaste, a dar luogo a veri documentari, realizzazioni filmiche interessanti dal punto di vista tematico, estetico, stilistico. Sul piano linguistico, limportanza di Sopralluoghi in Palestina, il primo sopralluogo filmato dellautore, venne sottolineata dalla critica fin dalla sua proiezione durante il Festival dei due mondi di Spoleto 10, l11 luglio 1965.
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Importanza dovuta alluso insolito che Pasolini fece del cinema in questo lavoro, che una sorta di diario filmato, sotto forma di appunti visivi; appunti di un viaggio, di una ricerca. Un tipo di cinema che a priori non crea, ma documenta, annota strada facendo; pezzo di cinema brutalmente puro, non abbellito da tentazioni letterarie o pittoriche 11. Sopralluoghi non un film inchiesta, quale fu definito Comizi damore (la cui realizzazione fu quasi contemporanea al filmato palestinese), da molta critica che vi colse lesempio italiano di cinema-verit alla Marker 12. Nonostante nel sopralluogo vi siano delle interviste e dei dialoghi, non vi n il distacco, n latteggiamento di uninchiesta. Al contrario, le inquadrature del film, la voce diegetica di Pasolini e il suo doppiaggio-voce narrante, ci restituiscono impressioni e sentimenti dellautore, nonch il suo sguardo su luoghi e persone. Non vi un filtro prestabilito: un cinema che accade, cos come accade un viaggio, con improvvise scoperte, delusioni, rivelazioni. Il filmato rientra nel periodo del cinema nazional-popolare o gramsciano. Vi ritroviamo linteresse pasoliniano per il popolo, per i poveri, il rispetto e lamore per le cose piccole e umili - che accompagnarono sempre Pasolini, ma che in particolare nella prima fase del suo cinema coincisero con lintento di dar vita a opere che fossero il pi possibile popolari 13-. A questa poetica, a questo sentimento, corrispondono totalmente le inquadrature del film palestinese e il commento in voce over dellautore. In alcuni punti, Pasolini sembra eseguire attraverso le parole e le immagini, un vero inno alla purezza, alla vitalit, alla semplicit della gente, delle facce che incontra (facce tetre, dolci, dolcezza animalesca precristiana 14), nonch dei luoghi che si rivelano nella loro umilt, arsi, spogli. La mia idea che le cose, quanto pi sono piccole e umili, tanto pi grandi e belle nella loro miseria, ha trovato uno scossone estetico, unulteriore conferma 15. Importante la ricerca sui volti, centrale anche in Comizi damore, e nei due sopralluoghi successivi a quello palestinese - in India e in Africa -. I volti scoperti nelle interviste in giro per lItalia, quelli dei contadini, degli operai, dei bambini, delle prostitute, si vanno ad affiancare alle facce degli arabi di Israele, dei beduini del deserto, ai visi allegri delle donne africane, a quelli poveri e dolci degli indiani. Sintomo della poesia infinita con cui Pasolini descrisse il mondo e le sue realt, le immagini di questi volti e dei loro sguardi, testimoniano ancora una volta lamore dellautore verso la diversit e verso quella vita, che negli atteggiamenti pi umili, nei gesti pi semplici, egli coglieva urlare la propria sacralit. Le riprese di Sopralluoghi in Palestina, non vennero realizzate direttamente da Pasolini, ma da un operatore. La pratica di realizzare di persona le riprese, o parte di esse, imbracciando la mdp - tendenza che gi aveva contrassegnato i suoi esordi di regista -, sar invece caratteristica dei successivi sopralluoghi filmati. Il personale commento pasoliniano, aggiunto in fase di montaggio, fa si che il lavoro
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risulti in ogni caso fortemente segnato dalla presenza dellautore. Anzi, alcune inquadrature, unite alla voce partecipe di Pasolini che ricostruisce i momenti che sfilano nel filmato, appaiono come soggettive del regista stesso. Anche i due sopralluoghi successivi partirono dallidea e dalla necessit di verifica della possibilit di realizzazione di due distinti film in due luoghi del Terzo Mondo. Terzo Mondo che era andato via via acquisendo sempre pi importanza nella poetica dellautore. Tant che, se nei sopralluoghi in Terra Santa, la Palestina degli anni 60, con le caratteristiche e i contrasti tipici di un paese del Terzo Mondo, emerge al di l dellintenzionalit prima pasoliniana, di verifica della possibilit di ambientazione del proprio Vangelo nei luoghi visitati, negli Appunti sia indiani sia africani la tematica terzomondista centrale. Le storie pensate per i film che sarebbero dovuti seguire a quei sopralluoghi per immagini ruotavano proprio attorno alle vicende storiche, culturali, umane del Terzo Mondo, che gi dai primi anni 60 avevano fatto la loro apparizione nellopera del poeta, interessato, attratto, dagli accadimenti a lui contemporanei: guerre, rivolgimenti civili e politici che negli anni 50 e 60, in pi parti del pianeta, portarono molti paesi al raggiungimento dellindipendenza dalla dominazione coloniale europea. Sia con i sopralluoghi indiani, sia con quelli africani, Pasolini intendeva dunque acquisire materiale visivo, conoscenze, necessarie a verificare la possibilit di realizzazione in quei contesti, di film che egli aveva in mente. In un caso, si trattava di indagare il valore che poteva assumere unantica leggenda, appartenente alla stessa tradizione indiana, nel Subcontinente di fine anni 60 e la possibilit del verificarsi della medesima in epoca moderna; nel caso dellAfrica, lidea era quella di ambientare, in una parte di continente appena uscito dal colonialismo europeo, lOrestiade di Eschilo 16. Storie, narrazioni che nei film in programma avrebbero dovuto incrociarsi con la realt della vita dellIndia e dellAfrica - che proprio in quegli anni marcavano il proprio incontro con la modernit, con lOccidente -, portando in evidenza peculiarit di questi Paesi, nutrendo di essi lo svolgersi e i significati del film. Come detto, i due progetti cinematografici cos come inizialmente pensati dallautore, non furono mai realizzati 17. Ne sono rimasti gli appunti visivi, che sono tuttaltro che scarni, anzi, le due realizzazioni sono veri e propri documentari, nutriti di poesia. Poesia del tessuto narrativo scelto da Pasolini, storie poetiche di per s, che appartengono al mito e ai primordi della civilt, poesia della materia, della realt ripresa, poesia della voce di Pasolini che accompagna le immagini, poesia della musica che le sottolinea. Gli Appunti, che dovevano essere la base di partenza, fucina di immagini, sono invece il film vero e proprio: plurime e forti le loro valenze, legate ai significati delle storie di partenza, alla ricerca di personaggi e luoghi, alle immagini documentaristiche su aree del Terzo Mondo di fine anni 60.
27

Si associa agli appunti indiani e africani, il breve documentario Le mura di Sanaa. Nato da una circostanza diversa dai due documentari citati e totalmente improvvisato - prima di far ritorno in Italia dallo Yemen, dopo aver terminato le riprese del Decameron -, esso a quelli strettamente connesso a livello tematico e formale. Le riprese realizzate da Pasolini indagano una delle problematicit del Terzo Mondo - come si vedr in specifico nel capitolo 4 -: la splendida citt di Sanaa, antica capitale yemenita, rischiava di essere distrutta perch considerata vecchia rispetto a canoni di modernit occidentale. Pasolini riprende le mura della citt e, lungo le strette vie, le case antiche color terra che si stagliano sul cielo azzurro intenso; e ne fa una poesia, un inno alla bellezza, alla sacralit del segno del passato. E mentre Pasolini riprende figure umane, volti, luoghi, e rivolge interviste, i suoi documentari-poesia prendono vita. il regista a imbracciare la macchina da presa, a mostrarci attraverso di essa, attraverso il proprio sguardo, la realt. E la realt quella del Terzo Mondo, una, molte realt, pi intense, pi reali di quella che Pasolini - come si vedr nel prossimo capitolo - coglieva in Italia e in Europa, ormai avviata a uno svuotamento di senso, di culture e di storie ricche di millenni, dallavanzare incessante della civilt dei consumi. Terzo Mondo, ancora forte di propri originari sentimenti e spinte interne, ancestrali; radicate in culture antiche, primigenie, legate alla terra, ai ritmi della natura, allo scorrere della vita e della morte, alla sacralit della vita in pochi gesti quotidiani, un tempo propri dei contadini italiani. Le realt della Palestina, dellAfrica, dellIndia, dello Yemen sono inquadrate e restituite alla visione con la forza poetica, laderenza primitiva, materica del mezzo cinematografico e lo sguardo personale del regista-poeta che si concretizza in stile e stilemi: uninquadratura che si prolunga, che insiste nel volto dolce e fiero di un indiano, nello sguardo allegro di un bambino, che si distende in una carrellata lungo il viaggio, che si stupisce per la bellezza di un viso scuro, che si incupisce e si smarrisce tra la folla, di miserabili. Cinema, anzi, documentario-di poesia. La presenza della macchina da presa, il far sentire la macchina, indicata da Pasolini come caratteristica prima del cinema di poesia, perviene al suo pi alto valore: la mdp nelle mani del regista (o nelle sue strette vicinanze e poi ancora con le scelte di montaggio delle immagini) espressione diretta del suo stile e della sua poesia. Nel documentario di poesia, viene superato anche il tramite della soggettiva libera indiretta teorizzata dallautore, attraverso la quale il regista fa dello stato danimo e delle dominanti psicologiche di un personaggio nel film, il pretesto del suo punto di vista sul mondo. Qui non c pretesto, lo sguardo del poeta-regista a parlare in soggettiva libera diretta, esprimendo, per mezzo del linguaggio cinematografico, se stesso, la propria percezione della realt, del mondo, attraverso la realt stessa.

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Soggetti per documentari Nel saggio del 1965 La sceneggiatura come struttura che vuol essere altra struttura 18, Pasolini valuta la sceneggiatura nel momento in cui essa pu essere considerata come una tecnica autonoma, unopera compiuta in se stessa. Lautore rivela come, anche in un caso del genere, la sceneggiatura debba mantenere in s lallusione a unopera cinematografica da farsi, altrimenti rientrerebbe nelle tecniche tradizionali della scrittura letteraria. Pasolini afferma che in realt esiste per tutte le sceneggiature un momento in cui esse sono delle tecniche autonome il cui elemento strutturale primo il riferimento integrativo a unopera cinematografica da farsi. Egli identifica quindi quella che definisce la caratteristica principale del segno della tecnica della sceneggiatura, coincidente con lallusione al significato attraverso due strade diverse, concomitanti e riconfluenti:
il segno della sceneggiatura allude al significato secondo la strada normale di tutte le lingue scritte e specificamente dei gerghi letterari, ma, nel tempo stesso, esso allude a quel medesimo significato, rimandando il destinatario a un altro segno, quello del film da farsi. Ogni volta il nostro cervello, di fronte a un segno della sceneggiatura, percorre contemporaneamente queste due strade - una rapida e normale, e una seconda lunga e speciale per coglierne il significato 19.

Un altro elemento dunque di rilievo nellambito della tecnica della sceneggiatura, ossia il compito del lettore, al quale lautore di sceneggiature fa una particolare richiesta di collaborazione, quella cio di prestare al testo una compiutezza visiva che esso non ha, ma a cui allude 20.
La tecnica della sceneggiatura fondata soprattutto su questa collaborazione del lettore: e si capisce che la sua perfezione consiste nelladempiere perfettamente questa funzione. La sua forma, il suo stile sono perfetti e completi quando hanno compreso e integrato in se stessi queste necessit. Limpressione di rozzezza e di incompletezza dunque apparente. Tale rozzezza e tale incompletezza sono elementi stilistici 21.

Si rivela molto significativo - come una sorta di guida autoriale allapproccio al testo -, pensare nei termini appena visti i soggetti e le sceneggiature dei progetti terzomondisti pasoliniani, parte integrante del presente volume. Alcuni trovarono concretezza in pellicola - il caso di Storia indiana, soggetto degli appunti indiani, e di Atena bianca, soggetto dellOrestiade -; altri testi, Il padre selvaggio, Appunti per un poema sul Terzo Mondo, La vita quotidiana dellAfrica nuova, scritti con lintento di portare alla realizzazione di film, rimasero invece sulla carta, in quella fase dunque che le sceneggiature possiedono, in cui sono tecniche autonome, il cui elemento strutturale determinante il rife29

rimento a unopera cinematografica da farsi. In tal senso gli scritti -sceneggiature terzomondiste di Pasolini contengono numerose indicazioni rispetto allidea registica e a quella che doveva essere la realizzazione concreta in pellicola, tanto da risultare inviti per il lettore, che scorge diversi spunti, suggestioni gi per immagini, angolature dalle quali guardare alle scene in fieri Cos ad esempio nei soggetti di Il padre selvaggio e Appunti per un poema sul Terzo Mondo, progetti che rimasero appunto alla fase scritta, in cui compaiono annotazioni precise per la realizzazione futura delle riprese, che denotano gi la presenza della regia e che unitamente al modo di esporre, ai riferimenti concreti alle vicende da portare in pellicola, alle storie cui le stesse avrebbero fatto riferimento, portano lo spettatore potenziale alla costruzione gi per immagini, visionaria, del film da farsi. Per Il padre selvaggio, Pasolini scrisse in un primo momento il soggetto, successivamente la pre-sceneggiatura; questultima arricchisce le gi presenti indicazioni realizzative e introduce alcune pi precise connotazioni, sia in merito allambientazione e alla collocazione temporale pensate per le varie scene del film, sia relativamente alla psicologia e agli stati danimo dei personaggi. Leggiamo ad esempio la descrizione di quella che avrebbe dovuto essere la sequenza dapertura:
Strada scuola Kado. Attraverso uno spiazzo di capanne, di mogani, linsegnante arriva alla scuola. il primo giorno. Tremore, voce interna che parla, ecc. Sente delle grida: Fratello, fratello!, cos che si chiamano i ragazzi giocando a pallone in un prato funebremente rosa davanti alle baracche della scuola. Linsegnante sta ad ascoltare quei ragazzi che giocando con goffaggine di contadini, si chiedono il pallone gridandosi: Fratello, fratello! 22.

Fin da questo primo progetto terzomondista che Pasolini pens per il cinema, si distinguono nel suo modo di procedere alcuni tratti che saranno caratteristici di successivi lavori. Scrivere, in Italia, un soggetto o una pre-sceneggiatura o entrambi, da verificare poi sul posto pensato per la realizzazione, sar ci che Pasolini far ideando il film sulla fame da girarsi in India e il progetto per un film sul Terzo Mondo, nonch lallestimento africano dellOrestiade eschilea. Studiare, inventare sul luogo delle riprese lo svolgimento delle azioni era tipico della volont di dar vita a dei film che rispecchiassero in pieno realt sociale, politica, psicologica e culturale dei paesi e dei popoli del Terzo Mondo, fedele anche in questo allamore per la realt, che caratterizz lintera sua opera, che fu perno della sua poetica, negli scritti e nei film.

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Note
10 La prima proiezione avvenne a Milano, il 15 dicembre 1963, presso il Cine Club Il Barcone. Il film non usc nei circuiti commerciali.

11

Maurizio Ponzi, Pier Paolo Pasolini, Torino, Aiace, Quaderno n 9, 1972, p. 20.

12 C., Anche Pier Paolo Pasolini tenta il cinema-verit alla Marker, Il Messaggero, 18 settembre 1963.

13 Si veda in dettaglio il cap. 3, par. Mutazione antropologia-mutazione cinematografica: dal nazional-popolare alllite.

14 Trascrizione della banda sonora di Sopraluoghi in Palestina, in: Appendice a Il Vangelo secondo Matteo. Sopralluoghi in Palestina, in W. Siti e F. Zabagli (a cura di), Pasolini. Per il cinema.

15

Ibidem. Entrambi i progetti sono affrontati in dettaglio nei cap. 4 e 5 del presente volume.

16

17 La ricostruzione produttiva degli Appunti e le motivazioni della mancata realizzazione dei film che sarebbero dovuti seguire, sono nei cap. 4 e 5.

18 Pier Palo Pasolini, La sceneggiatura come struttura che vuole essere altra struttura, in Empirismo Eretico, 1972; ed. 2000.

19

Ibidem, p. 188. Ibidem, p. 190. Ibidem.

20

21

22 Pier Paolo Pasolini, Pre-sceneggiatura a Il padre selvaggio, in W. Siti e F. Zabagli (a cura di), Pasolini. Per il cinema, p. 267.

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3. IL TERZO MONDO PASOLINIANO

Lossessione della preistoria si incrocia di continuo con unaltra ossessione che attraversa tutta lopera pasoliniana: il Terzo Mondo; prima mito decadente, poi modello politico da contrapporre al neocapitalismo, infine quando anche i paesi socialisti dellAfrica si avviarono verso la modernizzazione e verso il consumo memoria utopica da preservare con disperata nostalgia, in una prospettiva quasi preecologista. Fusillo, La Grecia secondo Pasolini, 1996

Dai primi anni 60 Pasolini cominci a viaggiare moltissimo. Enzo Siciliano nella sua biografia pasoliniana parla dei viaggi dellamico poeta: Fu lavventura del cinema che lo port a rompere il suo involucro italiano, provinciale. I suoi viaggi furono di solito occasionati da pretesti: un sopralluogo, un paesaggio da percorrere palmo a palmo per inventarlo poi attraverso la camera; oppure la partecipazione di un suo film a un festival internazionale 23. E continua poco oltre: Un viaggio compiuto in piena libert fu invece quello in India, dicembre 1960 e gennaio 1961. Pier Paolo part in compagnia di Moravia: Elsa Morante li raggiunse a met percorso 24. Levocazione dei corpi, dei paesaggi, delle citt, dei suoni e dei colori di quei mondi che Pasolini andava scoprendo attraverso i viaggi, trov subito spazio nella sua opera poetica
La Guinea polvere pugliese o poltiglia / padana, riconoscibile a una fantasia / cos attaccata alla terra, alla famiglia, / com la tua, e com anche la mia: / li ho visti anche nel Kenia, quei colori / senza mezza tinta, senza ironia, / viola, verdi, verdazzurro, azzurri, ori, / ma non profusi, anzi, parchi, avari, / accesi qua e l, tra vuoti e odori / inesplicabili, sopra polveri dalveari / roventi Il viola una piccola sottana, il verde una striscia sui dorsali / neri duna vecchia, il verdazzurro una strana / forma di frutto, sopra una cassetta, / lazzurro, qualche foglia di savana / intrecciata, loro la maglietta / di una ragazzo nero dal grembo potente. /Altro colpo di pollice ha la Bellezza: / modella alti zigomi, si risente / in alte fronti, disegna altre nuche. / Ma la Bellezza Bellezza, e non mente 25.

E quindi cinematografica.

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Alternativa: stupendo e immondo sole dAfrica Risale a un componimento del 1960, precedente quindi il primo viaggio pasoliniano in un paese del Terzo Mondo (sopra citato, in India con Moravia), quello che fu tra i primi pensieri misti a sentimenti suscitati nellautore dallidea e poi dallincontro fisico con i luoghi e i popoli del Terzo Mondo. Il componimento Frammento alla morte 26, dove compare, il primo grido, la prima invocazione dellAfrica, come unica alternativa.
[] Ho avuto tutto quello che volevo ormai, / sono anzi andato anche pi in l / di certe speranze del mondo: svuotato, / eccoti l, dentro di me, che empi / il mio tempo e i tempi. / Sono stato razionale e sono stato / irrazionale: fino in fondo. / E oraah, il deserto assordato / dal vento, lo stupendo e immondo / sole dellAfrica che illumina il mondo. / Africa! Unica mia / alternativa...27.

Ma alternativa a che cosa? Scrive Siciliano: Era quello il primo seme di una nuova speranza. La povera Italia, col suo carico di storie particolari, rurali, cristiane, cos come lEuropa, si avviava a un naufragio. Cosa riserbava il futuro? 28. Tra gli anni 50 e 60 Pasolini riscontrava in Occidente e verificava in Italia il progressivo avanzare di un nuovo tipo di societ governata dal consumismo: la societ di massa. Lomologazione dei particolarismi locali e delle tradizioni in cultura di massa fu al centro di molti discorsi e dichiarazioni dellautore, fino allultimo periodo della sua vita. Egli sottoline ed accus il diffondersi capillare nella societ, dellideologia consumistica, abbracciata in primo luogo dalla mentalit piccolo-borghese, che in Italia - ma pi in generale in Europa, riflettendo lesempio americano - tra gli anni 50 e 60 arriv a costituire un modello di riferimento, dettato dal privilegio economico. I ceti meno abbienti, i poveracci, rimanevano ai margini della nuova civilt - come accadeva e accade in ogni sistema capitalistico - ma la peculiarit del periodo fu che il modello imposto dal gusto borghese divenne un modello per tutti, contagiando anche le fasce popolari. In questo senso, il desiderio di acquistare oggetti e beni, accessibili, prima che agli altri, alla borghesia, si diffuse nei vari strati sociali. Dal punto di vista morale, Pasolini rilevava il dilagare della snaturalizzazione che la mentalit capitalistico-consumistica portava con s. Lideale piccolo-borghese della vita tranquilla, rispettabile, perbene (le famiglie giuste non devono avere disgrazie: ci disonorevole davanti agli altri 29), quello che il poeta vedeva proiettarsi come una Furia implacabile in tutti i programmi televisivi e in ogni piega di essi 30, fu il modello cui la classe egemone si conform e che impose nella societ. Nel 64, intervistato in merito alle prospettive future che egli pensava si offrissero allItalia, dichiarava:

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[] la mia psicologia, il mio modo di essere e di sentire mi fanno vedere nel complesso piuttosto nero e ci non soltanto per quel che riguarda lavvenire dellItalia, ma dellEuropa in generale. un futuro tragico quello che si dipinge ai miei occhi, un futuro fatto di uomini ridotti ad automi disumanizzati dalla societ neocapitalistica. Mi rendo conto che la mia visione estremamente pessimistica, ma spesso dispero della possibilit di difenderci da questo pericolo 31.

La disumanizzazione che allora Pasolini coglieva come un triste presentimento per il futuro italiano, negli anni a seguire gli si rivel come un dato di fatto, conseguente leffetto dilagante dellideologia consumistica, che assunse sempre pi ai suoi occhi i caratteri di un nuovo fascismo. Credo che stiamo scivolando impercettibilmente in un neofascismo pi pernicioso di quello che abbiamo conosciuto tra le due guerre 32, affermava nel 75 durante una conversazione con Jean Duflot. Un fascismo che perpetrava se stesso, la propria influenza, il proprio potere, tramite quellideologia che, legata alla produzione e al consumo di beni, si impose come una moda, una assuefazione. I media, primo fra tutti la televisione, contribuivano a mantenere e rinforzare questa dittatura neocapitalistica: I media hanno creato il bisogno particolarmente deleterio di uninformazione che ridondi nel senso della propaganda e della pubblicit 33. E puntualizzando a Jean Duflot:
I mezzi di per s non sono nulla. Sono strumenti neutri. Ma appena se ne impadroniscono i mediatori della cultura di massa, ecco che oltrepassano la loro funzione di strumenti, che si divinizzano: se ne fanno delle divinit al servizio del culto del Potere e del Denaro 34.

Nellosservare il mutamento che sconvolse lItalia, che coincise con il suo scivolare nel baratro del neocapitalismo, durante la fase di sviluppo industriale ed economico pi forte che abbia mai conosciuto, Pasolini affront spesso la questione del ruolo della borghesia, in quanto classe egemone, e ne denunci lirresponsabilit civile, morale, storica: abbracciare il modello neocapitalistico americano e con esso la civilt dei consumi, di massa, significava accettare il livellamento della societ che ne sarebbe irrimediabilmente conseguito e con esso la non considerazione, la perdita, del passato e delle tradizioni del proprio paese, degli antichi valori, positivi, originali. Nutro un odio viscerale, profondo, irriducibile, contro la borghesia, la sua sufficienza, la sua volgarit; un odio mitico, o, se preferisce, religioso 35. E gi nel 1964 scriveva:
tutti i mali del mondo si identificano per me nella borghesia, intendendo naturalmente non il singolo individuo, ma la classe nel suo insieme e per quello che essa rappresen-

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ta. Unopposizione e unavversione che nascono in me prima secondo gli schemi classici della dottrina marxista, come opposizione cio alla classe che detiene tutti i privilegi e che lotta unicamente per difenderli e per mantenere soggiogate e per sfruttare le classi lavoratrici. E infine per una reazione istintiva di borghese deluso. Anzi dovrei dire che questa reazione fu cronologicamente la prima e che su di essa si innest poi la lezione marxista. Lideale ad esempio della propriet privata, cui la borghesia e il liberalismo non sanno n potrebbero mai rinunciare, per me la matrice di tutto il male dellumanit, di quellegoismo che fu sempre alla radice delle divisioni tra gli uomini 36.

Centrale nella poetica pasoliniana questo sentimento verso la classe borghese che, toccato molte volte nelle poesie, nei saggi, nelle tragedie, si concretizz pienamente anche nella produzione cinematografica. Il ritratto della borghesia, la critica al mondo borghese, sono infatti argomenti dominanti in alcuni film; in altri, tale aspetto sottinteso. Dopo gli esordi cinematografici con le due pellicole sottoproletarie Accattone (1961) e Mamma Roma (1962), il primo ingresso della societ borghese nel cinema pasoliniano si ha ne La ricotta (1963), in cui diviene visibile il rapporto tra limminente estinzione del mondo arcaico del sottoproletariato e lindolente sopravvivenza della borghesia. Come ha scritto Lino Miccich, con questo film portata davanti agli occhi dello spettatore la inconciliabile lontananza fra la storia borghese che si fa e la preistoria degli esclusi che resta immota 37. Con Teorema (1968) - e le tragedie teatrali scritte negli anni immediatamente precedenti -, Pasolini entr direttamente nella vita di una famiglia borghese chiusa nel proprio privilegio egemone-economico, irresponsabile e qualunquista, sradicata dalla realt, dalle tradizioni, dai valori del passato. Relativamente al film, nel 1969:
La societ industriale si formata in totale contraddizione con la societ precedente, la civilt contadina (rappresentata nel film dalla serva), la quale possedeva in proprio il sentimento del sacro. [] Ecco in ogni caso il sentimento del sacro era radicato nel cuore della vita umana. La civilt borghese lo ha perduto. E con che cosa lha sostituito, questo sentimento del sacro, dopo la perdita? Con lideologia del benessere e del potere. Ecco. Per ora, viviamo in un momento negativo il cui esito ancora mi sfugge. Posso quindi proporre solo ipotesi e non soluzioni. Lunica cosa che posso dire che ha avuto inizio una nuova era, diversa dalla precedente cos come lepoca dellagricoltura diversa da quella in cui si raccoglievano i prodotti spontanei della terra 38.

Una reale mutazione antropologica, quella che Pasolini riconobbe in Italia. Alla fine degli anni 60 egli faticava a ritrovare a Roma quel popolo che aveva conosciuto al suo arrivo nella capitale nel 49 e che ritrasse nelle pagine di Ragazzi di vita, Una vita violenta, nella raccolta Le ceneri di Gramsci, nei suoi
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primi film. Quel mondo che in Accattone e Mamma Roma egli descrisse nella vita misera e drammatica che lo contraddistingueva, lontano dalla citt, irrimediabilmente separato da essa, dalla storia e dal benessere borghese, durante gli anni 60 venne raggiunto dalla citt stessa, attraverso il diffondersi del consumismo, dellacculturazione, della massificazione. nei saggi degli anni 70 raccolti in Scritti corsari la teorizzazione di tale mutazione avvenuta nel corso del precedente quindicennio:
Si tratta del passaggio di una cultura, fatta di analfabetismo (il popolo) e di umanesimo cencioso (i ceti medi) da unorganizzazione culturale arcaica, allorganizzazione moderna della cultura di massa. La cosa in realt enorme: un fenomeno, insisto, di mutazione antropologica. Soprattutto forse perch ci ha mutato i caratteri necessari del Potere. La cultura di massa, per esempio, non pu essere una cultura ecclesiastica, moralistica e patriottica: essa infatti direttamente legata al consumo, che ha delle sue leggi interne e una sua autosufficienza ideologica, tali da creare automaticamente un Potere che non sa pi che farsene di Chiesa, Patria, Famiglia e altre ubbie affini 39.

In Italia, Pasolini vedeva dunque dileguarsi quel mondo popolare e contadino, che egli conobbe prima in Friuli, poi a Roma, e che in quegli anni riscopr lontano dal proprio paese, durante i suoi viaggi in diverse aree del Terzo Mondo. Egli ritrovava, presso popoli lontani, larcaismo, il legame alle tradizioni e alla terra, espressioni di vita non contaminate dallideologia dei consumi. Mentre in Italia svaniva lillusione gramsciana di una rivoluzione del popolo e di una alleanza tra ceti popolari e borghesi, Pasolini soffriva intimamente il rimpianto di una rivoluzione che non era mai avvenuta, e contemporaneamente scorgeva nel Terzo Mondo e nelle guerre che molti stati combatterono per la propria libert, i fermenti del cambiamento e il concretizzarsi dello spirito rivoluzionario. Scrive Enzo Siciliano: Il destino del sottoproletariato meridionale pari a quello del sottoproletariato dellIndia, dellAfrica: - lassolvimento di una funzione storica. E lIndia e lAfrica sono serbatoi enormi di energie umane. Perci lAfrica divent unica alternativa 40. questo illimitato mondo contadino che io rimpiango Nellopera del Pasolini scrittore e regista, il popolo una presenza fondamentale, a partire dagli esordi poetici in lingua friulana, passando per i romanzi e le prose romane degli anni 50, fino ai suoi lavori di regista; restituendo nelle sue produzioni una presenza che fu concreta nella sua vita. Pasolini si port dietro per tutta la vita lamore per il mondo contadino della propria infanzia, di cui celebr sempre i valori, la genuinit, lattaccamento alla
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terra, lo spirito di rispetto nei confronti delle cose del mondo. Egli parl di ierofania, riferendosi alla caratteristica delle civilt contadine di non trovare la natura naturale, ma di conferirle un senso di sacro; concetto che trov espresso anche in Mircea Eliade: Mi pare sotto questo aspetto - dichiar Pasolini - di non aver fatto altro che riscoprire una cosa gi conosciuta 41. Nel 1969 Pasolini spieg durante una delle conversazioni con Jean Duflot:
Allinizio, i primi anni pi importanti della mia vita sono contadini. Come lo sono, nel significato letterale della parola, le mie prime prove poetiche del periodo friulano. Poi sono venuto ad abitare a Roma, e ho fatto dolorosamente le prime esperienze urbane, senza mai cessare di provare questa terribile nostalgia per la terra coltivata. Daltro canto, il sottoproletariato romano costituito dalle frange contadine rimaste male integrate ai confini della citt. Senza mai cessare di abitare a Roma, posso dire che ho vissuto fuori della citt. Cos questo affetto divenuto man mano ideologia, e son giunto a viaggiare di frequente nei paesi del Terzo Mondo e ad amarli con un amore di irriducibile contadino. Ho viaggiato in India, nei paesi africani, arabi In Marocco, in Siria, in Turchia, ecc.42.

Nella stessa intervista, riguardo allesperienza che ebbe del popolo come forza storica e sociale:
Le ho parlato di un lungo soggiorno in Friuli, nel dopoguerra. In quel periodo, in cui tornavo alle fonti di una lingua primitiva, per opposizione a quanto allora rifiutavo, i contadini del Friuli conducevano unaspra lotta contro i grandi proprietari fondiari della regione. L ho fatto una prima esperienza della lotta di classe. La lotta dei lavoratori agricoli destava in me tutta una nostalgia della giustizia, al tempo stesso in cui soddisfaceva la mia inclinazione alla poesia. Quindi lidea di comunismo venuta naturalmente associandosi, fondendosi a quella delle lotte contadine, alle realt della terra. Pu darsi che persino la mia adesione al Pci sia stata sentitamente determinata da quellesperienza Non lo nego e non mi sembrerebbe contradditorio con una formazione marxista. Perlomeno in Italia, soprattutto nei paesi del Terzo Mondo, dove la rivoluzione stata fatta o sta per esser fatta dai contadini e per i contadini 43.

Con Duflot, Pasolini rievoca il proprio incontro con gli scritti gramsciani, che lo port a verificare sul piano teorico limportanza del mondo contadino nella prospettiva rivoluzionaria 44. Gramsci teorizzava che la rivoluzione sociale, - che il Risorgimento non aveva saputo compiere -, avrebbe potuto avvenire attraverso il coinvolgimento proprio delle masse contadine nellazione rivoluzionaria. Nellindividuare la forza storica e politica del popolo contadino, attenendosi dunque alla specifica realt italiana, prevalentemente contadina, egli mostrava la sua eterodossia rispetto al marxismo tradizionale, in base al quale i ceti non borghesi erano identificati nel sottoproletariato industriale. Punto fondamentale e carat37

teristico del pensiero gramsciano, fu proprio lindividuare come condizione di base per la rivoluzione lalleanza tra proletariato settentrionale e contadini meridionali, identificando in essi i soggetti concretamente interessati alla realizzazione di un progetto politico radicale. Ladesione intellettuale di Pasolini a Gramsci, nel corso degli anni si tradusse in una crescente presa di coscienza dello svanire della possibilit della rivoluzione gramsciana nella societ italiana. Con laffacciarsi del neocapitalismo e del consumismo e limporsi della borghesia quale classe egemone, lalleanza auspicata da Gramsci tra gruppi borghesi e popolo - proletario e contadino -, assunse sempre pi i caratteri di un idealismo, fino a divenire miraggio. Di pari passo, larrivo della civilt di massa inglob nella propria capillarit anche i ceti popolari: gi negli anni 60 - e sempre di pi in quelli a seguire - Pasolini vedeva dileguarsi gli antichi valori conosciuti presso la popolazione contadina:
Oggi siamo immersi in un mondo (di transizione) dove gli antichi valori rimangono ancora validi al tempo stesso che si degradano a vista docchio. Credo che se cos insistente la mia nostalgia del sacro, perch rimango legato agli antichi valori. A volte, ho il sentimento che siamo vittime di unaccelerazione artificiale, di un oblio ingiustificato, prematuro45.

La visione del popolo rintracciabile in Gramsci, meno astratta e pi affettiva rispetto a quella del comunismo ufficiale, aveva senza dubbio affinit con lattaccamento di Pasolini al popolo. Il sentimento pasoliniano andava per oltre la celebrazione delle masse popolari in quanto forza storica e sociale. La chiara adesione politica, ideale, intellettuale rivela i propri limiti di fronte allattaccamento vitale di Pasolini per il popolo, che si tradusse innanzitutto in celebrazione dellumanit, dellallegria, del brusio della vita, nella sacralit delle sue manifestazioni. nella raccolta di poesie Le ceneri di Gramsci (1957) che si palesa massimamente la contraddizione tra il desiderio dellavvento di una realt nuova, esemplarmente indicata dal marxismo, e lappassionata, regressiva adesione a certi incontaminati valori naturali, colti entro una dimensione quasi metastorica della realt popolare. Nella nota poesia che d il titolo alla raccolta evidente il confronto tra tematica privata e pubblica:
Lo scandalo del contraddirmi, dellessere / con te e contro te; con te nel cuore, / in luce, contro te nelle buie viscere; / del mio paterno stato traditore / - nel pensiero, in unombra di azione - / mi so ad esso attaccato nel calore / degli istinti, dellestetica passione; / attratto da una vita proletaria / a te anteriore, per me religione / la sua allegria, non la millenaria / sua lotta: la sua natura, non la sua / coscienza: la forza originaria / delluomo, che nellatto s perduta, / a darle lebbrezza della nostalgia, / una luce poetica: ed altro pi / io non so dirne, che non sia / giusto ma non sincero, astratto / amore, non accorante simpatia46.

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Anche nei riguardi delle popolazioni del Terzo Mondo, linteresse e lattrazione di Pasolini furono doppi: vi riconobbe la forza rivoluzionaria delle masse in lotta per la propria indipendenza e vi ritrov la sacralit della creatura legata alla terra, in luoghi ancora incontaminati dal neocapitalismo e dallideologia dei consumi. Nel corso degli anni e del ripetersi dei viaggi, fu soprattutto questa seconda componente affettiva e personale a prendere il sopravvento, tanto che a fine anni 60 lo scrittore dichiarava:
Quando parto per un paese del Terzo Mondo, lo faccio per il mio piacere, per puro egoismo, perch mi ci sento meglio. Mi capita a volte di trovarmi in un paese, e di perdere di vista lingiustizia e la miserie che vi regnano, il regime reazionario che lo dirige. una reazione sentimentale pi che ideologica. Detesto tutto ci che attiene al consumo, lo aborrisco nel senso fisico del termine 47.

Lattaccamento alla realt popolare fu una costante che influ sullintera attivit produttiva pasoliniana. Fu un amore che signific molto spesso amore per i dominati, i poveracci, gli esclusi, nellambito del quale si trovarono affiancate popolazioni del Terzo Mondo e sottoproletari romani. E si tratt anche di quella particolare attrazione per i caratteri esclusivamente popolari, che rappresentavano lautenticit, la spontaneit della vita, dellistinto vitale e che in pi di una circostanza Pasolini riassunse nella propria definizione di barbarie. Dichiarava a Duflot nel 1969: La parola barbarie - lo confesso - la parola al mondo che amo di pi
Semplicemente, nella logica della mia etica, perch la barbarie lo stato che precede la civilt, la nostra civilt: quella del buonsenso, della previdenza, del senso del futuro. Capisco che ci possa sembrare irrazionale e perfino decadente. Me ne rendo conto nel momento in cui ne parlo, ma non cambia nulla. [] semplicemente lespressione di un rifiuto, dellangoscia dinanzi alla vera decadenza generata dal binomio Ragione-pragma, divinit bifronte della borghesia 48.

Il popolo come lo intendeva Pasolini, incontaminato dalla cultura borghese, divenne per lui nel corso degli anni un popolo ideale, fino ad assurgere a livello di mito. Scriveva nel 74 in una lettera a Italo Calvino apparsa in Paese sera:
questo illimitato mondo contadino prenazionale e preindustriale, sopravvissuto fino a pochi anni fa, che io rimpiango (non per nulla dimoro il pi a lungo possibile, nei paesi del Terzo Mondo, dove esso sopravvive ancora, bench il Terzo mondo stia anchesso entrando nellorbita del cosiddetto sviluppo) 49.

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Con landare degli anni e con il succedersi dei viaggi nei paesi del Terzo Mondo, Pasolini riscontrava sempre pi linflusso dellideologia consumistica occidentale anche presso popolazioni che soltanto qualche anno prima vivevano del proprio esclusivo stretto legame con la terra. Anche la speranza che nel quindicennio precedente egli aveva nutrito per uno sviluppo autonomo, proprio, dei nuovi stati indipendenti, sulla base delle culture autoctone - traendo forza e valore dalle stesse - alla fine degli anni 60 si scontrava con la realt del dilagare dellideologia neocapitalistica:
Ho detto, e lo ripeto, che lacculturazione del Centro consumistico, ha distrutto le varie culture del Terzo Mondo (parlo ancora su scala mondiale, e mi riferisco dunque appunto anche alle culture del Terzo Mondo, cui le culture contadine italiane sono profondamente analoghe): il modello culturale offerto agli italiani (e a tutti gli uomini del globo, del resto) unico. La conformazione a tale modello si ha prima di tutto nel vissuto, nellesistenziale: e quindi nel corpo e nel comportamento. qui che si vivono i valori, non ancora espressi, della nuova cultura della civilt dei consumi, cio del nuovo e del pi repressivo totalitarismo che si sia mai visto 50.

Gi nel 1969, in merito ai propri viaggi nel Terzo Mondo, Pasolini aveva dichiarato a Jean Duflot:
Il Terzo Mondo, che conosco bene per aver visitato lIndia, il Medio Oriente, i paesi arabi e lAfrica (viaggio con Moravia, un libro: Lodore dellIndia, e alcuni anni dopo un documentario: Appunti per un film sullIndia), mi pare avviarsi con la massima rapidit verso il neocapitalismo 51.

Il Terzo Mondo e le sue popolazioni compaiono non solo nei lavori documentaristici di Pasolini, ma anche in altri suoi film. Edipo re (1967) fu girato in gran parte in Marocco, le riprese di Medea (1969) furono realizzate in Siria e Turchia, un episodio del Decameron (1970-71) venne girato a Sanaa, nello Yemen, le riprese di Il fiore delle Mille e una notte (1973-74) furono effettuate in Persia, Nepal, Yemen del Nord, Yemen del Sud. Nonostante il carattere mitologico o fabulistico dei film in questione, Pasolini non venne mai meno al suo interesse, alla sua attenzione per le realt concrete e i problemi del Terzo Mondo. Nel 69, parlando a Duflot della Siria, dove aveva realizzato le riprese di Medea, spiegava:
Vi ho trovato una sorta di boom economico analogo a quello che si sviluppa attualmente nellItalia meridionale, tanto per scegliere un esempio vicino. Ormai lideale della gente del paese di raggiungere lonesto livello del consumo piccolo-borghese 52.

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Mentre nel 1973, dichiarava in unintervista in merito al film Il fiore delle Mille e una notte, in corso di realizzazione:
La mia ambizione che questo film non risulti affatto evasivo, ma che i problemi del terzo mondo emergano in primo piano anche se indirettamente. Che emergano dalla realt fisica della gente vera che mostrer: la prostituta, il muratore, il droghiere. Che emerga dalle loro strade, dalle loro case, dai cortili 53.

Quel popolo, quella gente legata alla terra, che costituiva il suo punto di partenza (la sua infanzia contadina) e il mondo al quale tornare, lessenza da ricercare, divenne sempre pi inconsistente in Italia e, in una prospettiva gi futura, rischiava di soccombere allo stesso modo in Africa, in India, nei Paesi Arabi In Medea, Pasolini ripropone, attraverso il mito, una radicale diversit, unopposizione irrazionale al mondo borghese e tecnologico, alla razionalit alienante e distruttiva, nemica per eccellenza, nella sua convinzione di poter soprassedere, anzi di poter distruggere la componente barbarica - imprescindibile, insostituibile - della storia umana. Scrive in merito a questo Adelio Ferrero: Per questa via, il mito dovrebbe sprigionare significati antagonistici e irriducibili, e i villaggi misteriosi dellAnatolia, da cui Medea viene, assurgere a paesaggio simbolico di un terzo mondo indeterminato nello spazio e nel tempo ma riconoscibile, di volta in volta, nelle sue apparenze e reincarnazioni 54. Mutazione antropologiaca, mutazione cinematografica: dal nazional-popolare alllite Con Accattone, Mamma Roma, La ricotta, il regista porta sullo schermo il mondo di uomini immersi in una miseria, in una realt che esisteva al di fuori delle leggi, delle istituzioni, delle ideologie e dei moralismi borghesi; un mondo fermo, in una dimensione astorica, in cui Pasolini coglieva, in stato di barbarie, lautenticit della vita pre-borghese. Nelle sue prime regie, egli mise provocatoriamente in scena il mondo che la sua societ borghese, che gli consentiva la posizione privilegiata di realizzare film, aveva volutamente escluso, dando cos vita a pellicole che fossero il pi possibile popolari 55, in cui le storie e i personaggi - caratteri semplici, ben definiti - ricalcassero e si mescolassero alla vita degli attori non professionisti, scelti spesso nellambiente della borgata. La mdp si ferma sui volti di questi attori popolari: lAccattone Franco Citti, lo Stracci Mario Cipriani, il giovane Ettore Garofalo di Mamma Roma Linflusso del padre del comunismo italiano sul pensiero pasoliniano, non pot non investirne lespressione artistica e infatti lidea gramsciana dellopera
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darte nazional-popolare fu perseguita da Pasolini nella parte iniziale della sua attivit cinematografica: secondo Gramsci lopera darte, oltre ad avere contenuti popolari, doveva rivolgersi al popolo ed avere un andamento epico-religioso. Pasolini chiariva: Ai tempi della giovinezza di Gramsci il popolo, in quanto classe dominata, con una cultura del tutto scissa dalla cultura borghese, esisteva davvero. Ho quindi fatto i miei film per lo stesso destinatario, bench sapessi che si trattava di un popolo completamente ideale 56. Per Pasolini - lo si visto -, gi negli anni 50 - e maggiormente in quelli a seguire -, la distinzione proposta da Gramsci, tra popolo e borghesia, tra cultura popolare e cultura borghese, non era pi riscontrabile in Italia, dove si assisteva alla diffusione della cultura di massa. Pasolini ravvis sempre pi il pericolo dellassorbimento della propria opera letteraria e cinematografica, allinterno di quello che egli definiva un circolo vizioso costituito dai mezzi di comunicazione della cultura di massa e dalla nascente industria culturale, dove le opere venivano assurte come prodotti commerciali. Scrive il poeta:
Allora, come regista e come autore, ho sentito dentro di me una reazione che, come tutte le reazioni appassionate, pu essere anche sbagliata. Mi son detto: devo reagire e fare dei prodotti che siano meno consumabili possibili. So che utopistico, perch tutto finisce con lessere consumato. Nel tempo stesso so che c nellarte qualcosa di inconsumabile, e bisogna mettere laccento sulla inconsumabilit dellarte. Quindi, con tutte le mie forze cercher di fare delle opere difficili e non digeribili 57.

In unintervista, rilasciata a Franco Calderoni, durante le riprese di Mamma Roma, Pasolini accenn alla sua intenzione di abbandonare, almeno momentaneamente nel suo lavoro di regista il tema del sottoproletariato, della borgata:
Io ho tentato di proporre allattenzione e alla meditazione del pubblico un problema. Ma la mia voce arrivata solo l dove non cerano porte da sfondare Gli altri hanno rifiutato il problema e hanno guardato il sottoproletariato, i suoi simboli, con scetticismo e ironia [] Nessuno ha capito che quello del sottoproletariato non un fatto folcloristico 58.

Contro questa visione folcloristica del proletariato, in unItalia che allinizio degli anni 60 scivolava sempre pi nel baratro della nuova ideologia dei consumi, egli port nel suo cinema la crisi e la caduta dellideologia marxista e gramsciana, in quellUccellacci e uccellini che egli indica come il film che segn il passaggio dal cinema-nazionale popolare al cinema dlite. Pasolini non abbandon mai il proprio attaccamento alla realt popolare, espresso intensamente nei suoi primi film. Nonostante i soggetti si spostarono da quelli popolari dellinizio - prima attraverso la considerazione della caduta delle ideologie, poi con la rivisitazione in chiave autobiografica borghese del dramma
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storico di Edipo e la rappresentazione della borghesia tout court in Teorema -, egli port nuovamente nelle immagini quella realt originaria. Non si tratt pi per dei sottoproletari romani, del popolo italiano assimilato sempre pi nella civilt e nella cultura di massa. Questa volta furono le popolazioni del Terzo Mondo a entrare nei suoi film. I primi piani, raffiguranti un tempo i borgatari, furono poi quelli degli africani, degli arabi, degli indiani, che Pasolini ritrasse nei suoi documentari, con il consueto spirito di denuncia per le situazioni di drammaticit e la fascinazione per la popolarit autentica. E proprio in relazione al cambiamento, alla mutazione antropologica ravvisata in Italia, cambi anche lintento e la destinazione dei suoi film. Egli parl 59 del proprio passaggio da film il pi possibile popolari a film problematici dal punto di vista dei contenuti e pi difficili anche dal punto di vista della forma, dello stile. Film che per queste loro caratteristiche, si rivolgono a un lite. Di fronte alla constatazione della caduta distinzione tra spettatori popolari e spettatori borghesi nellassimilazione di tutti in una massa spettatrice, Pasolini sottolineava infatti come unopera popolare, ad andamento epico-sacrale, non si sarebbe rivolta pi a un popolo (pur idealizzato allestremo); si sarebbe trattato invece di unopera di volgarizzazione per la massa.
Allora per reazione al pericolo che i miei film si rivolgano non pi a quel popolo ideale che avevo in testa ma si rivolgano alla massa e quindi soggiacciano a tutte le regole della cultura di massa, tendo a fare dei film anti-cultura di massa, cio (mi si intenda con intelligenza) dei film per lite 60.

In pi circostanze, nei suoi scritti e in particolare in alcune interviste andate in onda sulle reti Rai, Pasolini sottoline come la sua idea di lite non corrispondesse in alcun modo al significato che la parola tendeva comunemente ad assumere nella societ. Non si trattava di un lite economica, n di classe sociale e nemmeno di uno strato culturale assolutamente definito. Pasolini, che identificava e amava lo stato naturale delluomo in quelle persone che, a scuola, non erano arrivati nemmeno alla quinta elementare, ritrovava quello stesso stato ad alti livelli di sensibilit e di cultura. La cultura borghese di massa - di quella borghesia generalmente identificata come lite - era un ripiegarsi della stessa cultura italiana nei miraggi e compromessi economici del consumismo. Alllite cui il poeta faceva riferimento, appartenevano invece, o sarebbero appartenuti, coloro che avrebbero fatto lo sforzo di elevarsi allassopimento e volgarizzazione culturale della civilt di massa, per ravvisare, fuori dal sogno neo-capitalistico, i problemi reali della societ, del mondo e dei mondi; per denunciare la snaturalizzazione delluomo e il processo del suo allontanamento dalla propria storia, dalla propria umanit.

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Dellancestralit e del neocapitalismo: da Erinni a Eumenidi


Comincio a temere che la soluzione marxista sia oggi rimandata sine die. Non gi perch il comunismo non sia in grado di affrontare e risolvere i problemi della societ umana, quanto per non aver tempestivamente colto il fatto nuovo e violento dellevoluzione del capitalismo dalla fase imperialistica a quella moderna e tecnocratica. [] Quello che mi preoccupa maggiormente in Italia e in Europa, il non riuscire a vedere quando e come il neocapitalismo potr prestare il fianco a unazione rivoluzionaria 61.

Nelle guerre di liberazione dal colonialismo, cos come nella guerriglia cubana che port alla caduta della dittatura di Batista, Pasolini vedeva concretizzarsi lo spirito rivoluzionario animato dalla necessit e dalla volont di credere in un mondo altro; elementi non pi riscontrabili in Italia. Le immagini delle guerre di liberazione di alcuni stati africani e della guerriglia di Cuba, confluirono nel documentario di montaggio La rabbia (1963), descritto dallautore nei termini di una denuncia marxista della societ del tempo e di quello che vi stava avvenendo 62, che rimarcava la distanza della coscienza borghese dalla realt della storia. Linteresse politico e civile di Pasolini per gli eventi del Terzo Mondo, fu sempre accompagnato dalla sua profonda attrazione verso le forme di vita di paesi in cui natura, arcaismo, povert, eros, non erano ancora contaminati da quello che egli indic come sviluppo senza progresso - formula pi volte utilizzata dallautore per definire lo sviluppo neocapitalistico -. Proprio sulla base del patrimonio culturale autoctono che, soggiogato e sfruttato per secoli, era rimasto in gran parte intatto, sopravvissuto in stato latente sotto la dominazione straniera, Pasolini coglieva la possibilit di uno sviluppo diverso da quello neocapitalistico occidentale. Ma la fine del colonialismo port con s nuove difficolt e contraddizioni: fu il momento in cui confluirono e si scontrarono il mondo arcaico, religioso, irrazionale delle tradizioni locali (che la rivoluzione democratica - lunica consentita dallalto dalle potenze dominatrici - consent di liberare e di portare al livello di espressione culturale autonoma) e il mondo razionale della democrazia - o meglio di quella cui Pasolini fece sempre riferimento come democrazia formale, invenzione fallita dellOccidente colonizzatore, che nel Terzo Mondo serv da strumento politico per lemancipazione -. Gli stati, i popoli del Terzo Mondo, avevano agli occhi del poeta ancora una possibilit che lEuropa e lItalia erano andate negandosi: la possibilit di evolversi senza dimenticare e rinnegare le proprie tradizioni e peculiarit, il proprio patrimonio culturale. Fattori che dovevano per trovare il proprio spazio e affermare il proprio valore nellambito delle situazioni che andavano costituendosi in seguito alle guerre di liberazione, quando preponderante fu nuovamente la presenza straniera. Questa volta si trattava di neocolonialismo, coincidente con un pi o meno palese e pi o meno forte controllo economico - in alcuni casi poli44

tico - da parte delle potenze ex colonizzatrici. Lincontro-scontro tra il patrimonio ancestrale indigeno e la democrazia formale, insieme al processo della nascita di una coscienza politica nei paesi usciti dal dominio europeo, furono argomenti centrali nellinteresse e nellopera pasoliniana. Il contrasto tra il mondo arcaico, primitivo dellAfrica, e la cultura occidentale portatrice della modernit in Il padre selvaggio (1962), primo soggetto cinematografico terzomondista di Pasolini. Protagonista della vicenda un giovane africano nel cui animo si svolge il conflitto tra lattaccamento al mondo ancestrale, istintivo, tradizionale del proprio villaggio e il desiderio di evoluzione dallo stesso, accentuato dallincontro con i principi democratici di un insegnante occidentale. Tra il 1968 e il 69, Pasolini elabor il progetto per la sua versione cinematografica dellOrestiade di Eschilo da ambientarsi in Africa: egli coglieva delle analogie tra lAfrica moderna agli albori della democrazia e il mondo arcaico greco, in cui, nella tragedia eschilea, appare Atena che d, tramite Oreste, le prime istituzioni democratiche. Nel film Appunti per unOrestiade africana, le immagini indagano limpatto tra il mondo selvaggio e lavvento della modernit, rappresentato metaforicamente dalla trasformazione delle Erinni, dee Infernali e arcaiche, nel loro aspetto positivo e benevolo di Eumenidi. Passaggio che implica irrimediabilmente la perdita di parte del patrimonio originario, primigenio, viscerale, dAfrica. Nel suo commento al film in voce over, Pasolini ricorda come tale cambiamento ricalchi lideologia africana degli anni 60:
Il mio film sar molto datato. Abbiamo visto: 1960, lanno in cui la maggior parte degli stati africani in poco tempo recuperano un ritardo si pu dire di secoli, di millenni, raggiungendo lindipendenza, la democrazia. Anche la conclusione non pu essere che datata, cio non pu che riferirsi allideologia di quegli anni, che ha avuto probabilmente il suo simbolo in Senghor, il presidente del Senegal: cio lidea che lAfrica nuova, lAfrica del futuro, non pu essere che una sintesi dellAfrica moderna indipendente, libera, e dellAfrica antica 63.

In sintonia con la concezione gi pasoliniana per la quale gli elementi barbarici vanno sempre e comunque integrati nella dinamica sociale (Fusillo). Negli stessi anni dellOrestiade, Pasolini scrisse un breve trattamento, dal titolo La vita quotidiana dellAfrica nuova, per un documentario da realizzarsi sempre in Africa, nel quale egli prevedeva di concentrare lattenzione sullosservazione della vita quotidiana di un paese africano da pochi anni indipendente. Il che implicava la considerazione del problema di fondo che caratterizzava gli stati in cui si era instaurata una situazione di pace, ossia la necessit di compiere una scelta tra il socialismo e il neo-capitalismo. La questione, gi visibile nelle ripre45

se di Appunti per unOrestiade africana, in cui compaiono elementi indicativi della presenza sia cinese (socialista) sia americana (capitalistica) in alcune citt africane, nel 1970 fu in parte ripresa da Pasolini in un articolo apparso nelle pagine de Il Giorno. Nel 70 il poeta aveva gi effettuato una serie di viaggi in Africa, che lo avevano portato a conoscere da vicino la complessit e la problematicit delle situazioni vissute dalle popolazioni locali. Nellarticolo scritto per Il Giorno, egli affronta alcuni dei problemi maggiori che caratterizzano il continente africano parte dei quali risultano estendibili allintero Terzo Mondo -: nello spazio di poche pagine, lautore d idea della complessit e variet degli stati africani nel 1970, dei particolarismi delle trib che vivono internamente ad essi, del rapporto difficile tra le stesse, spesso ignorato da parte dellopinione pubblica europea, abituata a considerare lAfrica e la sua divisione in stati in base ai confini territoriali e sommari stabiliti dai colonialisti. Nella Costa dAvorio si parlano 80 lingue diverse; questo significa che nella Costa dAvorio vivono 80 piccoli popoli diversi, legati tra loro dai legami puramente teorici che legano fra di loro, per esempio, gli indoeuropei. Lo stesso fenomeno si ha in tutta lAfrica nera equatoriale 64. Una complessit che non si rispecchiava nellartificialit degli stati disegnati sui tavolini europei dei colonialisti: confini tracciati in modo arbitrario, senza considerare la disomogeneit tra popolazioni che han finito per appartenere a uno stesso stato o, al contrario, dividendo sulla carta delle realt storicoculturali uniformi. Lautore definisce complesso il caso dellAfrica sudanese, dove le trib sono di pastori nomadi: i Tuareg e i Peul vivono sparsi nel Mali, nel Niger, in Nigeria, in Mauritania e risulta impossibile pensare di tracciare i confini di una nazione Tuareg o Peul - almeno come si concepisce comunemente una nazione, sottolinea Pasolini, come se fosse obbligatorio cio che una nazione debba necessariamente coincidere con una sovranit territoriale 65.
Esiste una ideale nazione Tuareg, sparsa in vari Stati, che si sente psicologicamente separata e rifiuta lintegrazione. Ci pensano gli americani: nel Niger, per esempio, dove intorno alle miniere di uranio (e altrove ai pozzi di petrolio) si avranno fenomeni di integrazione necessitata con tanta virulenza dalle cose, che i Tuareg si troveranno non pi Tuareg da un giorno allaltro: lavoratori al fianco di Sangai o degli Haussa, nelle stesse miniere, nelle stesse fabbriche (da notarsi che il benessere in Africa coincide con lassimilazione di un mondo non-africano, con lindustrializzazione: non c insomma, come in Italia, il doppio processo - quasi secolare -, per cui si ha prima il fenomeno dellindustrializzazione e in un secondo tempo il benessere neocapitalistico ecc.) 66.

Lassimilazione da parte delle popolazioni e delle realt locali di elementi estranei ad esse, appartenenti al mondo occidentale con cui entrano in contatto,
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d luogo a uno dei fattori pi caratteristici del Terzo Mondo, che Pasolini evidenzia, annota, filma nei suoi viaggi, ossia lesistenza, appariscente, forte, fastidiosa, di contrasti enormi, tra manifestazioni di vita autoctone quasi preistoriche e la presenza di elementi ad esse straniere, esibizioni di modernit, industrializzazione, neocapitalismo.
Nella vita quotidiana, nell esistere degli africani c un certo vuoto (quindi anche psicologico) che si evidentemente aperto in essi con la catastrofe spirituale delluomo preistorico che viene brutalmente a contatto col mondo moderno: c in lui una frana interiore di vecchi modi di vita, che lascia appunto uno stato di vuoto, che assomiglia a una specie di stordimento, o stupore o dormiveglia. Il loro ingresso nel mondo moderno ha qualcosa di automatico e assente. Malgrado questa lentezza dovuta ai gesti rallentati che si hanno in sogno, lirruzione dellAfrica in una nuova epoca (appunto il neocapitalismo) uno dei fenomeni storici pi veloci che si siano mai avuti 67.

Pasolini cita la Guinea come lunico stato in cui il governo di Sek Tur tenta di dar vita a una propria evoluzione, lunica realt dellAfrica Occidentale che non aderisca a quella specie di Commonwealth che lAfrica Occidentale francese: il grande rifiuto della Guinea risale al no a De Gaulle di alcuni anni fa 68. La Guinea, ossia il solo stato che nel 70 stava cercando la propria strada, senza cedere allimprovvisa possibilit di sviluppo e benessere mostrata dalloccidente; lunico stato che a Pasolini pareva essere sulla strada giusta, perch viveva totalmente la difficile crisi del passaggio da un periodo storico allaltro
e non in sogno, come succede negli altri stati africani, che dal sonno preistorico si ritrovano, da un giorno allaltro, nel sonno neocapitalistico (anche questa una realt, intendiamoci, e io non faccio considerazioni settarie). Da notarsi che la maggior parte delle trib africane - contadine e artigiane - hanno un tradizionale sentimento comunitario della propriet: i campi sono dei villaggi, in comune 69.

La difficolt di Sek Tur era dunque quella di riuscire a trovare una via di conciliazione tra la naturale disposizione del proprio popolo a una societ comunista e larrivo dellindustrializzazione e di una organizzazione moderna della societ.
Solo la brutalit ontologica del benessere - concesso come un miracolo dagli uomini bianchi - pare abbia la possibilit di sciogliere dincanto una vecchia mentalit tribale, polverizzandola in una improvvisa, e quasi sognata, appunto, smitizzazione. Mentre il comunismo non smitizza, ma, al contrario, impone altri miti, rifiuta la soluzione del miracolo, non vuole abbandonare allalbeggiante societ consumistica dei tramortiti uomini vuoti 70.

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Rifiuto della storia, di alcune trib e piccole comunit africane, fenomeno che Pasolini riteneva corrispondere a quello degli zingari in Europa, e che nellAfrica di quegli anni stava diventando comune. Lesempio quello dei Tuareg, o dei Beja del Sudan, che si serravano nei loro villaggi non permettendo a nessuno di entrare: Io ci ho provato e ho rischiato la vita, perch dei giovani hanno sguainato le loro sciabole, e non avevano affatto lintenzione di scherzare 71. Erano soprattutto le trib di pastori nomadi a rifiutare la storia, come seguendo una misteriosa decisione collettiva, un patto irrevocabile, mentre i contadini si rivelavano pi pronti ad accettare gli inviti della civilt borghese. Nei suoi lavori terzomondisti Pasolini evidenzia come limpatto con la modernit e le soluzioni offerte dal neocolonialismo ebbero esiti diversi a seconda delle peculiarit delle situazioni locali. Oltre allAfrica, lIndia fu particolare mondo di viaggi, indagini, fascinazione. In India, Pasolini incontr, amplificati, i maggiori problemi del Terzo Mondo, la fame innanzitutto, e limpatto tra vecchio e nuovo, che nel Subcontinente, sulla base della religiosit e della divisione castale profondamente radicate nello spirito delle persone e delle cose, assumeva caratteri e valenze del tutto particolari. La testimonianza, le impressioni, lo sguardo di Pasolini sullIndia degli anni 60 nelle pagine di Lodore dellIndia e nelle riprese di Appunti per un film sullIndia - meglio si vedr nel capitolo dedicato al film -. In alcuni casi, lincontro tra le culture locali e lavvento del progresso, del consumismo, gett paesi del Terzo Mondo in uno stato di smarrimento e insieme di euforia innaturale, che diede origine a situazioni drammatiche, di repentino rifiuto del proprio passato e della propria identit. (Si pensi al citato Le mura di Sanaa, del 1970). Nellarticolo de Il Giorno, relativamente ai contadini africani che non opponevano resistenza allarrivo della civilt neocapitalistica borghese:
I loro idoli agresti sono gi raccolti nei piccoli preziosi musei delle capitali, Niamey, Bamako; stupendi idoli di legno, rivestiti di fibre; duna bellezza che d una profonda commozione; pensando che tali idoli contadini dovevano essere identici, per esempio, a quelli del Lazio prima dellarrivo di Enea, mi sono sentito gli occhi improvvisamente bagnati di lacrime 72.

Un frammento, indicativo di quello che fu il sentimento commosso e partecipe con il quale Pasolini affront lincontro con il Terzo Mondo e registr gli effetti, spesso deleteri, dellimpatto tra lOccidente, immemore del proprio passato, delle proprie tradizioni, e popolazioni presso le quali esistevano espressioni e forme di vita arcaiche, preistoriche, tanto da assumere nel contemporaneo una valenza mitologica rispetto allavanzare della modernit e dello svuotamento culturale dei paesi occidentali.
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Note
23

Enzo Siciliano, Vita di Pasolini, Rizzoli, Milano, 1978, p. 263. Ibidem. Lo scrittore accenna qui al primo viaggio di Pasolini in un paese del Terzo Mondo.

24

25 Pier Paolo Pasolini, La Guinea, componimento dedicato ad Attilio Bertolucci, in Palatina, Parma, gennaio-giugno 1962, p. 4. Oggi in Walter Siti, Graziella Chiarcossi (a cura di), Pier Paolo Pasolini. Bestemmia. Tutte le poesie, prefazione di Giovanni Giudici, Garzanti, Milano, 1999 (1 ed. 1995), vol. II, pp. 620-628.

26 Fa parte della terza sessione della raccolta La religione del mio tempo, intitolata Poesie incivili. In: G. Chiarcossi, W. Siti (a cura di), Pier Paolo Pasolini, Bestemmia, tutte le poesie, vol. I, p. 578.

27

Ibidem. Siciliano, Vita di Pasolini, p. 263.

28

29 Pier Paolo Pasolini, Contro la tv, inedito del 1966, in Walter Siti, Silvia De Laude (a cura di), Pasolini. Saggi sulla politica e sulla societ, p. 137.

30

Ibidem.

31 Dallintervista pubblicata in Energie nuove, VIII, settembre 1964, oggi con il titolo La necessit di combattere la disumanazione operata dal neocapitalismo in W. Siti, S. De Laude (a cura di), Saggi sulla politica e sulla societ, p. 1576.

32 Da un fascismo allaltro, in Jean Duflot (a cura di), Il sogno del centauro, Editori Riuniti, Roma, 1993; oggi in W. Siti, S. De Laude (a cura di), Pasolini. Saggi sulla politica e sulla societ.

33

Ibidem.

34 Lapocalisse secondo Pasolini, in Jean Duflot (a cura di), Il sogno del centauro, in Siti, De Laude, Pasolini. Saggi sulla politica e sulla societ, p. 1447.

35

Il sostrato mentale (1969), in Il sogno del centauro, p. 1410. La necessit di combattere la disumanazione operata dal neocapitalismo in W. Siti, S. De

36

49

Laude (a cura di), Pasolini. Saggi sulla politica e sulla societ, p. 1578.
37

Lino Miccich, Pasolini nella citt del cinema, Marsilio, Venezia, 1999, p. 45.

Elogio della barbarie, nostalgia del sacro, in Jean Duflot (a cura di), Il sogno del centauro; ora in Pasolini. Saggi sulla politica e sulla societ, p. 1483-1484.
38

Pier Paolo Pasolini, Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia, in Corriere della sera, 10 giugno 1974; ora in Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari, Garzanti, 1975.
39 40

Enzo Siciliano, Vita di Pasolini, p. 265.

Elogio della barbarie, nostalgia del sacro, 1969, in Jean Duflot (a cura di), Il sogno del centauro, Editori Riuniti, Roma, 1983; ora in Pasolini. Saggi sulla politica e sulla societ, p. 1480. Per uninteressante indagine della presenza di Eliade in Pasolini, si veda: Subini, La necessit di morire.
41

Dal fascismo corrente alle ceneri di Gramsci, 1969, in Jean Duflot (a cura di), Il sogno del centauro, in Siti, De Laude, Pasolini. Saggi sulla politica e sulla societ, p. 1417.
42 43

Ibidem, p. 1416. Ibidem, p. 1415.

44

Lapocalisse secondo Pasolini (1969), in Duflot (a cura di), Il sogno del centauro, in Pasolini. Saggi sulla politica e sulla societ, p. 1447.
45 46

Pier Paolo Pasolini, Le ceneri di Gramsci, 1955, in G. Chiarcossi, W. Siti, Pier Paolo Pasolini. Bestemmia. Tutte le poesie, p. 227-228.

Lapocalisse secondo Pasolini, 1969, in Jean Duflot (a cura di), Il sogno del centauro; in Pasolini. Saggi sulla politica e sulla societ, p. 1445.
47

Elogio della barbarie, nostalgia del sacro, 1969, in Il sogno del centauro; ora in Pasolini. Saggi sulla politica e sulla societ, pp. 1485-86.
48

Pier Paolo Pasolini, Lettera aperta a Italo Calvino: P. : quello che rimpiango, in Paese sera, 8 luglio 1974; inserita con il titolo Limitatezza della storia e immensit del mondo contadino in Scritti Corsari, Garzanti, Milano, 2002 (1 ed. 1975), p. 53.
49 50

Ibidem, p. 53-54.

50

Elogio della barbarie, nostalgia del sacro, in Duflot, Il sogno del centauro, ora in Pasolini. Saggi sulla politica e sulla societ, p. 1484.
51 52

Ibidem, p. 1485.

Dedico le Mille e una notte ai problemi del Terzo Mondo. Intervista con Pier Paolo Pasolini, in Il Giornale di Calabria, 10 aprile 1973.
53

Ferrero Adelio, Lultimo Pasolini e il mito dei popoli perduti, in Problemi, n. 34, ottobre-dicembre 1972, p. 230.
54

Pier Paolo Pasolini, dichiarazione contenuta in: Betti, Gulinucci (a cura di), Le regole di unillusione, Fondo Pier Paolo Pasolini, Roma, 1991, p.121.
55 56

Ibidem, p. 21. Pier Paolo Pasolini, A proposito di cinema dlite, Gennaio 1969, in Ibidem, p. 190.

57

Franco Calderoni, Laddio di Pasolini alle borgate, in Tempo illimitato, 12 maggio 1962.
58

Pier Paolo Pasolini, dichiarazione contenuta in: Betti, Gulinucci (a cura di), Le regole di unillusione, p. 121.
59 60

Ibidem, p. 121.

Pier Paolo Pasolini, La necessit di combattere la disumanizzazione operata dal neocapitalismo, in Energie nuove, VIII, settembre 1964. Ora in W. Siti, S. De Laude (a cura di), Saggi sulla politica e sulla societ, p. 1576.
61

Pasolini su Pasolini, conversazioni con John Halliday, 1968-1971; ora in Siti, De Laude (a cura di), Pasolini. Saggi sulla politica e sulla societ, p. 1327.
62

Trascrizione della banda sonora di Appunti per unOrestiade africana, in W. Siti, F. Zabagli (a cura di), Pasolini. Per il cinema, p. 1194.
63

Pier Paolo Pasolini, NellAfrica nera resta un vuoto fra i millenni, in Il Giorno, 20 marzo 1970, oggi in W. Siti, S. De Laude, Pasolini. Saggi sulla politica e sulla societ, p. 207.
64 65

Ibidem.

51

66

Ibidem, p. 208-209. Ibidem, p. 209. Ibidem, p. 210. Ibidem, pp. 210-211. Ibidem, p. 211. Ibidem, p. 212. Ibidem, p. 212.

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