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1° Lezione Lunedì 11/04/2022

Programma del corso


TESTI
- “Fare un documentario”: questo testo fornisce le basi delle figure coinvolte
nei documentari. Fra queste figure abbiamo: Produttore;
Sceneggiatore/Regista/Autore; Comparto Riprese e Montatore.

- “Il Documentario- l’altra parte del cinema”

Esercitazione a casa
Verrà assegnato ad ognuno di noi un autore con un relativo film documentario. Oltre
a visionare il documentario, scriveremo poche informazioni sull’autore inserendolo in
un contesto storico e faremo un analisi del relativo documentario assegnato. Per
eseguire una corretta analisi, metto in seguito delle linee guida:

- Vi è una voce fuori campo? Che tipo di voce è? Se si tratta di un film muto, vi sono
didascalie?
- Sono presenti immagini di repertorio? (Sono immagini prese altre fonti o archivi,
realistiche e pertinenti al contesto)
- Ci sono dei dialoghi? Sono interviste? O si tratta di una narrazione, un racconto? Se
ci sono delle interviste, come sono state fatte? Dove guarda il nostro interlocutore?
-Dove viene svolta l’intervista? È nello stesso luogo dell’azione o è in un ambiente
ricostruito? Vi sono scene ricostruite?
- Il narratore è fuori campo? Sarà mai presente nella scena?
- Troviamo dati scientifici? Statistiche?
- Sentiamo delle musiche? Vi è una colonna sonora? È invadente o fastidiosa?
L’audio è in presa diretta?
- Quanto dura più o meno tutto il lavoro? E quante scene? Ogni quante volte entrano
in scena immagini di repertorio?
- Il regista è un elemento interno al film?

La consegna del lavoro avverrà a lezione in un tempo definito di massimo 10 minuti


ciascuno, nei quali esporremmo autore e analisi del documentario. Al momento della
nostra esposizione possiamo anche mostrare un paio di scene ritenute da noi
particolari.
Inoltre se riusciamo a reperire i film da internet, dobbiamo inserirli nella cartella
“film” sul teams della materia.
LEZIONE 1

Il “Documentario” è in realtà un tipo di cinematografia molto libera, per quanto


ampio sia il termine, possiamo definire che è come se avesse più generi, perciò un
particolare documentario si specifica attraverso il genere che espone.

Possiamo individuare dei macro gruppi in cui possiamo classificare i documentari, e


la loro posizione dipende dalle tematiche che trattano. Possiamo definirli quindi in
questa maniera:

-DOCUMENTARI TEMATICI: sono informativi e didattici, vengono definiti come i


documentari classici che prendono un argomento e lo illustrano,parlandone nello
specifico (scienza, spazio, storici,biografici)

-DOCUMENTARI NARRATIVI: che ereditano le forme di osservazione e di


ricostruzione della realtà (esempio Nanuk l’eschimese). È difficile che il narrativo
sfoci nel tematico.

-DOCUMENTARI OSSERVAZIONALI: Osserva una realtà cercando di intervenire


poco, anche se con il montaggio si interviene già nella realtà.

Attraverso un piccolo percorso storico, notiamo come alle origini del cinema, fra i
numerosi artisti, quelli che spiccano di più sono ovviamente i fratelli Lumière e
George Méliès. Ma oltre questi è giusto ricordare anche artisti femminili di un certo
spessore, le quali sono state riconosciute come figure importanti del cinema solo
recentemente.

Fra queste,seguendo una linea temporale cronologica, ricordiamo Elvira Notari,


artista importantissima degli anni 30, la quale viene ricordata per due principali
motivi: oltre ad essere una grande esponente del cinema italiano in quegli anni, ha
fondato una vera e propria casa di produzione, la Dora film a Napoli. Ella lavora
principalmente “sulla strada”, raccontandoci una Napoli vera, reale. I suoi
documentari ebbero particolare successo in America, perché in quegli anni vi erano
tanti Italiani immigrati, che interessati a ciò che accadeva nel loro paese di origine,
seguivano con interesse le storie di verità narrate da Notari. Purtroppo la sua
produzione finirà a causa della seconda guerra mondiale.
Un’altra importante, nonché considerata come la prima documentarista Italiana, fu
Cecilia Mangini, la quale non è mai apparsa nei libri di testo se non dopo la sua
morte, avvenuta da pochissimo, solo il 21 gennaio del 2021.

Vanuta a mancare anche lei da poco e purtroppo ancora giovane, ricordiamo


Valentina Pedicini, anche lei documentarista italiana, più contemporanea rispetto alle
altre figure citate, poiché stiamo parlando già degli anni 2000.

Ritornando ai fratelli Lumière, questi, nelle loro prime sperimentazioni


cinematografiche dette anche “Vedute” decidono di riprendere quella che è la realtà,
e avendo anche una certa composizione cinematografica, riuscivano a definire
inquadrature anche di un certo livello. Già da qui, il reale viene composto in
un’inquadratura. Mentre con Méliès, abbiamo un cinema di finzione, basato sul
montaggio e che si fornisce di tutti gli effetti speciali sperimentati fino a quel
momento.
Perciò dopo aver compreso la realtà dei fratelli Lumière e le finzioni di Méliès, con i
teorici degli anni 20, tutto ciò transita nel documentario, anche se in realtà ancora non
vi è una vera e propria differenza fra film di finzione e documentario soprattutto
perché ancora stiamo parlando di cinema muto. Ed è qui che fra i tanti ricordiamo
Vertov, il quale prende tutto ciò che conosce, attraverso anche l’utilizzo di
montaggio, di effetti speciali di ogni genere fin allora conosciuti e decide di
raccontare la storia di una città, dall’alba al tramonto, ma non solo narra della città in
quanto tale, ma anche del ruolo che l’uomo svolge in essa. Infatti racconta l’uomo,
cosa fa l’uomo durante la sua giornata? Ed è qui che vediamo ogni caratteristica della
vita, Vertov ci fa vedere la vita, la morte, il matrimonio, il divorzio, lo sport, l’amore
ecc.. la quotidianità. Ma egli non si ferma a questo, anzi, non solo vuole rendere
consapevole l’uomo della realtà, ma egli propone quasi l’esperienza di una nuova
realtà, quasi fosse una realtà virtuale quella vista attraverso la macchina da presa,
come se l’occhio dell’uomo percepisse una realtà tuttavia diversa da quella che
invece vede l’obiettivo della macchina da presa. Anche se un altro obbiettivo della
sua opera, era quella di far vedere anche come viene ripreso un film, come viene
montato e come poi viene visionato e fruito. Tutto ciò senza l’utilizzo di didascalie
poiché, in quanto documentario, si capisce da sé.
Se da una parte abbiamo Vertov che inventa delle storie dall’altra abbiamo le
cosiddette sinfonie delle città, sono vedute che raccontano emozioni come “Berlino-
sinfonia di una città”, di Walter Ruttmann. Le Sinfonie cercavano di comunicare
un’armonia, una sinfonia appunto solo attraverso le immagini, infatti parliamo ancora
di cinema muto, non vi era una musica che poteva definire un ritmo nelle scene, e a
definirlo erano le immagini.
Con John Grierson arriva la figura del documentarista, il quale vuole raccontare
problematiche sociali, perciò vi sono delle vere e proprie indagini sull’uomo.
Con Flaherty, autore sempre degli anni 20 abbiamo un modo nuovo di fare un
documentario. Infatti con “Nanuk l’eschimese” egli svolge un lavoro in cui, dopo
aver osservato la realtà, la ricostruisce. Non è finzione! In questo caso Nanuk diventa
l’interprete di sé stesso, i fatti che vengono narrati sono veramente accaduti, magari
non in quell’istante o in quell’ambiente e per questo vengono ricostruiti.

Negli anni 30 il documentario inizia a sentire le influenze politiche dell’epoca. Infatti


esso diverrà veicolo per la propaganda attraverso il fascismo e all’ideologia sovietica.
È qui che il documentario diventa un qualcosa che vuole fare didattica, fu Eisenstein
a scoprire come il documentario indirizzava le persone a sposare linee di pensieri e
ideologie nuove che prima non avevano considerato. Sperimenta la propaganda
politica, qualcosa di molto vicino se non uguale alle nostre pubblicità. Inoltre il
documentario diventava così un mezzo di comunicazione disponibile per tutti,
soprattutto per gli analfabeti che non riuscivano a cogliere le informazioni nei
giornali.
Dopo la guerra arrivano nuove tecnologie che consentono di produrre più
documentari e che permettono una visione nuova del cinema allontanando l’idea di
propaganda.
Un esempio potrebbe essere “Anna” di Alberto Grifi del ‘75. Questo documentario
racconta la vita di una ragazza madre e Grifi la riprende nella sua quotidianità. Il
problema però era che non poteva permettersi con la cinepresa di riprendere per
molto tempo, sia perché economicamente sarebbe stato dispendioso, sia per le
scomodità a cui sarebbe andato incontro. Perciò, con l’arrivo della tecnologia e delle
videocamere, egli utilizzò una Portapak sicuramente più comoda e economica, e ciò
gli permise di girare il documentario sia nelle scene di vita di Anna, sia dietro le
quinte, raccontando storie d’amore e aneddoti divertenti al di là del film in sé.

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