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QUADERNI DEL CSCI 10 2014 SEZIONE MONOGRAFICA / I. SAGGI NERO SU BIANCO.

SCENEGGIATURA E SCENEGGIATORI IN ITALIA

LUCA BANDIRALI
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Il lavoro dello sceneggiatore.
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L
a centralità della sceneggiatura nel processo realizzativo di un
film, ma anche la percezione sociale del fatto narrativo che da
essa deriva, gode in Italia di una fase di notevole esposizione. Per
percezione sociale non intendo la generica consapevolezza diffusa di un
dato o di un’informazione, ma faccio riferimento ai vari attori sociali
nell’orbita del dispositivo cinematografico: i realizzatori, gli spettatori, i
giornalisti, i critici, gli studiosi e tutti gli operatori culturali del circuito.
L’idea di questa centralità è generata da diversi fattori, che mi sembra
interessante enucleare preliminarmente a un discorso sulla figura
dello sceneggiatore in Italia. Anzitutto, il paradigma del regista come
responsabile unico e firmatario dell’opera è entrato in crisi con la nuova
ondata della serialità televisiva, che ha imposto la figura altrettanto
mistica dello sceneggiatore attraverso la formula del created by. La
familiarità con artisti dello storytelling come Alan E. Ball o Marc Cherry,
per citarne solo un paio, ha di fatto suggerito un nuovo paradigma;
contestualmente, gli studi narratologici hanno costruito nuovi modelli
di analisi del film, per esempio in termini di mondo narrativo, spostando
notevolmente la barra dell’interesse verso la sceneggiatura, ossia la fase
di progetto del suddetto mondo. La serialità ha imposto nuovi nomi nel
panorama degli scrittori anche in Italia, professionisti che lavorano
anche nel cinema ma che hanno avuto anzitutto il merito di portare un
segmento della produzione televisiva italiana a livelli di eccellenza: il
team di Boris (2007-2010) ne è un esempio noto e celebrato, ma ancora
più esemplificativo è il lavoro di Ludovica Rampoldi, Stefano Sardo e
Alessandro Fabbri (spesso con altri) in progetti assai diversi fra loro
come la serie 1992 (2014) sui fatti di Mani Pulite, l’adattamento della
serie israeliana BeTipul (con il titolo internazionale In Treatment) e il
film La doppia ora (2009).
Non bisogna poi ignorare l’intensa fioritura di sceneggiatori
dal basso: in questi anni i corsi di sceneggiatura per neofiti si sono
moltiplicati a dismisura, così come si è intensificata la pubblicistica dei
manuali di scrittura per il cinema e per la televisione, andando incontro
a una domanda crescente, soprattutto giovanile. Questo fenomeno è
associato alla produzione di corti no-budget o web serie a bassissimo
budget; opere caratterizzate da un’attenzione inedita per la struttura
narrativa e capaci di circolare e fare numeri anche notevoli su Internet
(nel 2011 Freaks! ha avuto otto milioni di visualizzazioni nei primi due
mesi di circolazione), che è un mercato a tutti gli effetti, non solo un
trampolino di lancio o una vetrina come le generazioni precedenti
sono portate a pensare. Oggi con le visualizzazioni su YouTube si può
cominciare a rientrare delle piccole spese, e aumentando i contatti si

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Luca Bandirali Il lavoro dello sceneggiatore | 1. LA TECNICA E IL MESTIERE

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Si vedano i saggi di genera un profitto vero e proprio, cosa che era impensabile vent’anni fa
Ivelise Perniola e Vito
Zagarrio in Mariapia per un cortometraggio, destinato per lo più ai festival specializzati o alle
Comand (a cura di), soffitte dei realizzatori. Le competenze di questi nuovi narratori hanno
Sulla carta. Storia e origine da un percorso di autoformazione, attraverso la manualistica
storie della sceneggia-
tura in Italia, Lindau, sopracitata, oppure sono determinate dai corsi che sceneggiatori
Torino 2006. professionisti tengono ormai in tutto il Paese nella modalità del
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Matteo Garrone firma
workshop, del laboratorio di scrittura creativa ma anche del corso online.
le sceneggiature dei Rispetto a questa fioritura, l’accademia si muove accumulando
propri film insieme i consueti pachidermici ritardi, ma i segnali di un interesse per la
a Massimo Gaudioso;
Carlo Verdone ha sceneggiatura non mancano; dopo decenni di corsi monografici su
lavorato per anni con questo o quell’autore, o – nei casi di maggiore tensione teorica –
la coppia Benvenuti- rivoluzionarie dissertazioni sul cinema come “esperienza”, lo studio
De Bernardi, con
Francesca Marciano, del cinema come mezzo narrativo sembra aver trovato una rinnovata
con Pasquale Plastino; spinta teorica e analitica. Anche la critica, buona ultima, comincia a
Nanni Moretti ha intravvedere le ulteriori possibilità argomentative rispetto al film, che
collaborato con
Sandro Petraglia a non siano rigidamente autorialiste o impressioniste, e non è ormai raro
suo tempo, e con imbattersi in un testo critico o in una recensione che includa il lavoro
Francesco Piccolo e
Federica Pontremoli dello sceneggiatore. Vediamo più in dettaglio alcune di queste traiettorie.
oggi; Paolo Virzì col-
labora abitualmente Vecchia scuola vs Nuova scuola
con Francesco Bruni;
Marco Bellocchio ha L’evoluzione del mestiere dello sceneggiatore così come delle storie
collaborato con vari
sceneggiatori, da che il mestiere produce non può essere sintetizzata senza compiere
Vincenzo Cerami a rischiose generalizzazioni. Nella direzione della continuità con una
Daniela Ceselli; Paolo
Sorrentino ha scritto
certa scrittura all’italiana, sono state attive fino alla fine del Novecento
i suoi ultimi film con e oltre svariate firme della vecchia scuola, che hanno affiancato le nuove
Umberto Contarello. generazioni di registi o continuato a lavorare con i Maestri di un tempo:
si possono citare i casi di Furio Scarpelli, che mantiene la collaborazione
con Ettore Scola fino a Concorrenza sleale (2001) ma nel frattempo scrive
con Paolo Virzì; di Leo Benvenuti e Piero De Bernardi, che dopo aver
scritto alcune fra le più importanti sceneggiature del cinema italiano
fra gli anni ’50 e i ’70, collaborano con Carlo Verdone per tre decenni e
oltre. Ciò avveniva in una fase di crisi della sceneggiatura italiana, come
si è detto da più parti, che riguardava anzitutto il cosiddetto cinema
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d’autore. Durante tutta questa fase, e ancora oggi, un film italiano si


distingue a livello produttivo in due tipologie: il film d’autore, che è
costruito intorno a una figura più o meno carismatica e potenzialmente
creativa di regista; il film industriale, commerciale, popolare, che ha
ridotto la sua appartenenza di genere alla sola commedia. Il primo tipo
di film può essere a budget molto ridotto o altissimo, e la storia viene
solitamente scritta dall’autore stesso affiancato da collaboratori per
lo più abituali; almeno nel nostro sistema culturale è condizione della
cosiddetta autorialità, infatti, che il regista firmi la sceneggiatura, a
certificare il rapporto personale con la materia narrativa. Il secondo tipo
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di film nasce da un lavoro specifico di studi di mercato, che orientano la


selezione delle tematiche e dunque la costruzione delle storie, affidate
a professionisti del settore (un nome su tutti: Fausto Brizzi), sviluppate

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Per esempio in Luca all’interno di una casa di produzione specializzata, e calibrate su attori
Bandirali, Enrico
Terrone, “Il bisogno di larga popolarità, spesso televisiva.
dell’autore. Paolo Dunque, quando si parlava di crisi della sceneggiatura si faceva
Sorrentino come riferimento al solo cinema d’autore, che peraltro manifesta a tutt’oggi
oggetto sociale”,
«Alfabeta2», un rapporto idiosincratico rispetto agli elementi narrativi, e di questa
«www.alfabeta2.it», idiosincrasia si fa un vanto, e con successo: si veda la firma autoriale
7 novembre 2011. di Paolo Sorrentino che, come ho scritto in più interventi, si basa su 3

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Basti ricordare dichia- un’esuberanza visiva che non tiene in alcun conto l’istanza narrativa
razioni come questa di come costruzione di un mondo coerente. In apertura di questo decennio,
Stefano Sardo: “Credo
che l’orizzonte comu- con Enrico Terrone facevamo il punto sullo stato della sceneggiatura in
ne dei nostri diversi Italia, e l’aria di rinnovamento si respirava soprattutto nell’intervista al
percorsi culturali ci trio Sardo-Rampoldi-Fabbri. Nel frattempo non si può dire che ci sia
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porti a prediligere,
quando lavoriamo stata una rivoluzione in campo narrativo né si è osservato alcun ricambio
insieme, storie high generazionale vero e proprio; tuttavia, una terna di film d’autore della
concept, in cui il rac-
conto è spettacolo e
stagione 2012-2013 fanno pensare che a rinnovarsi è il patto tra cinema
meraviglia. La cosa e narrazione: Io e te di Bernardo Bertolucci, Educazione siberiana di
credo nasca sponta- Gabriele Salvatores e La migliore offerta di Giuseppe Tornatore. Tre
neamente dal nostro
percorso di spet- storie fondate “dal” e “nel” racconto, nell’atto del narrare che pre-
tatori, da un lato, e esiste alla messa in scena. Nel caso di Bertolucci c’è il romanzo di
dall’altro dalla nostra Niccolò Ammaniti, adattato con il supporto dello scrittore stesso, di
frustrazione di autori
in un panorama pro- Umberto Contarello e Francesca Marciano: ne viene fuori una storia
grammaticamente low forte ma anche nuova, con un finale diverso che cambia tutto di segno.
concept come quello
dell’industria dell’au-
Nel caso di Salvatores, prendono corpo le memorie del tenebroso Lilin
diovisivo italiano”, in una scrittura che cerca di trattenere il più possibile il logos della
cfr. Luca Bandirali, storia d’origine: all’adattamento si applicano due colonne della vecchia
Enrico Terrone, “La
nazionale sceneggiato- scuola come Rulli e Petraglia. Tornatore invece fa da sé e forse fa meglio
ri”, «Segnocinema», di tutti, con una storia originale, successivamente pubblicata anche in
n. 163, 2010, pp. 15-36. forma di romanzo per Sellerio: una storia di concezione classica, in tre
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Basti pensare a atti, con tanti livelli di lettura che ne fanno sia un nobile racconto di
Francesco Bruni che genere, sia un trattato di filosofia dell’arte. I tre film hanno in comune
scrive i film di Virzì
(e ultimamente anche il fatto di rilanciare una certa idea di cinema d’autore italiano come
i propri da regista) cinema internazionale, universale, al contrario dei localismi formato
ma anche la fortunata esportazione di Gomorra (2008); e condividono un’idea di narrazione
fiction del commissa-
rio Montalbano; que- strutturata, al contrario dei film-caleidoscopio di Sorrentino.
sto tipo di prodotto è
peraltro scritto in una Newcomers: lo sceneggiatore 2.0
forma assimilabile a
quella cinematogra-
fica.
Il mestiere dello sceneggiatore di cinema, in un paese che produce
un numero piuttosto modesto di film all’anno, è nella realtà dei fatti
praticato da pochissimi noti. Ad estendere il campo della professione
contribuisce la produzione televisiva di fiction, ma spesso i principali
sceneggiatori delle serie di punta sono gli stessi del cinema. Nei 5

prodotti “a ciclo continuo” come I Cesaroni (2006-2012) lavorano


necessariamente grandi team, ove non mancano specialisti del mezzo
televisivo, esordienti e navigati scrittori per il cinema.
In realtà non è stata la televisione, pur con la sua indubbia fame
di storie da proporre al grande pubblico, a spalancare drasticamente

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Luca Bandirali Il lavoro dello sceneggiatore | 1. LA TECNICA E IL MESTIERE

le porte della sceneggiatura; come già anticipato, è stato il web come


contenitore di nuove e vecchie forme audiovisive a fare da palestra
e laboratorio per una generazione di giovanissimi narratori. Le
storie costruite da questa generazione di newcomers sono variamente
strutturate, a riprova di una formazione eclettica, che però non di
rado ha come riferimento la grande manualistica americana, quella
dei classici Syd Field e Robert McKee, una volta lettura di riferimento
per quegli addetti ai lavori che ne frequentavano gli ambiti seminari,
oggi colonne portanti di un know-how (quasi) di massa. Con questa
generazione si è passati dalla sceneggiatura come arte di bottega, con
i suoi segreti, le sue regole non scritte ma trasmesse oralmente da
artigiano ad artigiano, a una scrittura alla portata di tutti, un po’ come la
fotografia digitale. Nel processo in corso non è esclusa anche la parte più
tecnica della sceneggiatura, ossia la scrittura nei formati standard, ormai
accessibile mediante economicissime app per iPad, che consentono di
confezionare uno script formalmente ineccepibile; nonché di sviluppare
a partire da esso il conseguente piano di produzione. Dal momento che
analoghe innovazioni tecnologiche hanno riguardato il campo della
ripresa e dell’editing, ne risulta la possibilità di realizzare un prodotto
complessivamente professionale e competitivo. Da un punto di vista
narrativo, che è ciò che ci interessa in questa sede, il prodotto per il web
si confronta con formati brevi di ogni tipo, effettuando prelievi dallo
spot, dal videoclip, dal trailer, ma il tutto con un’attenzione precisa
alla storia; prova ne sia anche il fatto che il più importante premio per
la sceneggiatura in Italia, il Solinas, dal 2014 ha istituito una sezione
speciale intitolata “La bottega delle web series”.
Consideriamo alcuni esempi di questo filone. The Pills (2011-
2013), scritta da Matteo Corradini, Luigi Di Capua e Luca Vecchi, è una
sketch comedy con puntate di durata spesso inferiore ai 3’ (soprattutto
nella prima stagione), basate su un unico spunto drammaturgico, di
solito piuttosto semplice: a partire da una pacata conversazione fra
coinquilini perditempo, si lavora in modo oppositivo o iperbolico sulla
versione della realtà presentata nel dialogo, coltivando una tensione
tra understatement e overreacting. La qualità della scrittura, in questo
progetto, non è tanto nella struttura drammaturgica ma nel giusto taglio
della tranche de vie, condita dai modi di dire e di pensare di un preciso
gruppo sociale sapientemente osservato.
Sempre da un’attenta osservazione di un segmento del tessuto
sociale deriva Esami (2014), scritta da Edoardo Ferrario, un comedian
che cura allo stesso modo performance e scrittura, con esiti sempre
interessanti. La sua web serie è costituita da un evento circostanziato
e autoconclusivo, l’esame universitario: da questo discende la struttura
invariabile di ciascuna puntata. Le variazioni riguardano la disciplina
d’esame (dalla storia dell’arte alla medicina) e consentono all’autore-
performer di esplorare una quantità di registri.
Il caso più eclatante in questo ambito è stato però finora costituito
da Freaks! (2011-2013), serie scritta per il web da Claudio Di Biagio e

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Flavio De Bernardinis, Guglielmo Scilla; partiti con un assetto amatoriale, grazie al successo
“L’età della fabula
star-system”, in di pubblico online approdano alla messa in onda televisiva (Deejay tv)
Luca Bandirali, e a budget di livello professionale. La struttura orizzontale della storia
Enrico Terrone, è ambiziosa, per quanto derivata da serie come Heroes (2006-2010) e
“Estetica della
fabula” (dossier), Misfits (2009-2013): un’aggregazione di ragazzi caratterizzati da super-
«Segnocinema», poteri si confrontano con i problemi di questa estensione ontologica. La
n. 186, 2014, pp. 19-20. scrittura si misura non soltanto con un preciso disegno dei personaggi,
ma anche con strutture complesse tipiche della fantascienza come viaggi
modali e paradossi temporali; gli episodi sono ben articolati e di durata
più vicina agli standard televisivi.
Quello che si sta delineando è un accentramento della scrittura,
in un nuovo paradigma che potrebbe influenzare anche il cinema.
Prendiamo il caso del gruppo La Buoncostume, costituito da quattro
autori (anche attori) attivi dal 2008: Carlo Bassetti, Simone Laudiero,
Fabrizio Luisi, Pier Mauro Tamburini. Questo gruppo ha lavorato a
sitcom per la televisione generalista (Camera Cafè, 2001-2003; Piloti,
2007-2008) e, nello stesso tempo, ha realizzato serie per la rete di vari
formati (da Faccialibro, 2011-2012, a Kubrick – Una storia porno, 2012-
2013) sia prodotte che autoprodotte, sempre a livelli impeccabili; anzi si
può dire che la loro cifra sia proprio una certa raffinatezza, un gusto per
la confezione specie nei dialoghi, di cui sono veri specialisti.

Conclusioni
Si delinea, nell’ambito della sceneggiatura italiana, una fase di
transizione, anche in termini di lavoro dello sceneggiatore: dispositivi,
circuiti, formati diversissimi fra loro richiedono approcci diversi.
Differenti professionalità coesistono, solidi mestieranti e giovani
sperimentatori interagiscono; il regista continua a scrivere, gli
sceneggiatori cominciano a diventare “creatori” di immagini, come
avviene nella serialità televisiva americana e inglese. Ci troviamo di
fronte a progetti narrativi originati da studi di mercato e caratterizzati
da ambizioni industriali, che si affiancano a storie generate da scritture
spontanee, no-budget, che non hanno altra ambizione se non quella di
esistere, in qualsiasi modo. Quel che è certo è che la scrittura ritrova
una sua posizione di comando, come nota De Bernardinis in uno dei più
recenti momenti di riflessione sulla ricezione critica della sceneggiatura:
Più che i registi, le nuove star del “fare film” sono gli sceneggiatori. Se in
precedenza l’autore cinematografico è qualcuno che scrive ciò che filma,
oggi accade l’inverso, è qualcuno che filma ciò che scrive. Filmare sce-
neggiature, come un tempo, non è più considerato un limite.5

Gli sviluppi di questa fase transitoria, in cui comunque il ruolo


dello scrittore è ben valutato, rappresentano il principale motivo di
interesse all’interno di una produzione audiovisiva, quella italiana, che
ha senz’altro bisogno di nuove energie, di nuove tematiche, di nuove
strutture del racconto.
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