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LA VISIONE

Prima di andare avanti è importante conoscere altri aspetti riguardanti la nostra visione. In molti casi, come
vedremo, ci saranno utili per comprendere alcuni fenomeni illusori con cui ci confronteremo.

IL PUNTO CIECO

Come abbiamo già detto precedentemente, le informazioni ricevute dall’occhio vengono inviate al cervello
tramite il nervo ottico che passa attraverso la retina (la quale riceve l’immagine e contiene i fotorecettori).

Il punto in cui il nervo ottico passa dalla retina viene chiamato “punto cieco”.

In pratica, essendo l’unico punto della retina totalmente privo di recettori (coni e bastoncelli), qualsiasi
parte dell’immagine cada in quel punto non potrà essere vista, eppure non ce ne accorgiamo.

Ciò avviene perché, fortunatamente, il cervello provvede a completare l’immagine con i dati che può
recuperare altrove.

Il cervello, infatti, provvede a integrare l’informazione mancante attraverso i dati che riceve dall’altro
occhio, seppur non molto dettagliati.

Nel caso in cui, invece, si stia utilizzando un solo occhio, il cervello elabora i dati provenienti dalle zone
circostanti restituendo una ricostruzione visiva basata sull’interpretazione e quindi potenzialmente errata.

Un esercizio pratico per verificare l’esistenza del punto cieco è quello di osservare un immagine con due
soli elementi ai lati opposti utilizzando un solo occhio. Muovendo lentamente avanti e indietro la testa
“vedremo” scomparire uno dei due elementi, a seconda dell’occhio che avremo chiuso.

Importante, per la riuscita dell’esperimento, è osservare l’elemento dal lato opposto dell’occhio usato e
tenere lo sguardo fisso su di esso.

In questo caso il cervello utilizzerà il colore bianco attorno all’oggetto per completare la parte mancante.
VISIONI, MONOCULARE E BINOCULARE

È innanzitutto necessario distinguere tra visione monoculare e visione binoculare.

Nel primo caso avremo un tipo di visione in cui i due occhi agiscono separatamente; nel secondo, invece,
entrambi gli occhi contribuiranno insieme all’atto del vedere.

La visione monoculare è una caratteristica peculiare di molti animali “da preda” i quali, avendo gli occhi
posti sui lati opposti della testa possono usufruire di in campo visivo più ampio, a discapito però della
percezione della profondità. Essi infatti non possono vedere esattamente la posizione dell’eventuale
predatore ma, in compenso, hanno la capacità di vedere contemporaneamente due scene diverse da
ciascun occhio.

La visione binoculare (detta anche “stereoscopica”) è, invece, una prerogativa della maggior parte dei
mammiferi carnivori, dei rapaci e degli esseri umani. Essa consente di determinare con più rapidità e
precisione la profondità di campo e, quindi, la distanza degli oggetti, oltre ad offrire una maggiore
“acutezza visiva” che consente all’occhio di percepire con maggiore intensità i dettagli dell’immagine
osservata.
VISIONI, FOVEALE E PERIFERICA

Contrariamente al punto cieco, la fovea è ricchissima di fotorecettori e ci è utile per l’osservazione dei
dettagli.

Attorno alla fovea si trova un’area più grande, la parafovea, in cui si concentrano la maggior parte delle
informazioni visive che dovranno essere elaborate dal cervello.

Ciò che qui ci interessa evidenziare è la differenza tra visione foveale e visione periferica.

La prima, come già accennato, ha la funzione di permetterci una osservazione minuziosa dei dettagli, oltre a
consentirci di svolgere anche azioni quotidiane, in cui è appunto richiesta una maggiore attenzione a ciò
che vediamo, con maggiore facilità.

La seconda, invece, ci consente di percepire la presenza di ogni cosa entri nel nostro campo visivo senza
però poterne riconoscere a fondo le qualità. Le cellule visive che si occupano della visione periferica, infatti,
servono soprattutto alla percezione del movimento e non al riconoscimento dell’oggetto osservato.
Per vedere una immagine nel suo insieme, leggendone bene tutti gli elementi, sarà quindi necessario che le
parti che la compongono aumentino le proprie dimensioni in maniera incrementale.
LA FOVEAZIONE

La nostra capacità visiva non ci consente di vedere una immagine nel suo complesso come fosse una
fotografia ma ci costringe a muovere gli occhi in continuazione per avere una visione completa della realtà
che ci circonda.

Questo continua esplorazione visiva dell’immagine è un processo di movimento degli occhi chiamato
foveazione.

In essa possiamo distinguere tre diversi tipi di movimento degli occhi: “salti lunghi”, “movimenti veloci”,
“tremolio costante”.

I primi due movimenti, che vengono chiamati saccadi, si attivano quando guardiamo qualcosa, servono
all’occhio per esplorare la scena ed avere una visione d’insieme, fermandosi (per tempi brevi ma variabili)
su alcune parti dell’immagine (soprattutto su quelle che ci interessano maggiormente).

Nel passaggio tra questi primi due movimenti il cervello non riceve alcun segnale. Infatti, se proviamo a
guardarci allo specchio ci accorgeremo che non ci sarà mai possibile vedere gli occhi nel momento in cui si
muovono.

Il terzo movimento, il tremolio costante, è composto da microsaccadi (da cui il nome). Esso ci consente di
vedere le cose ferme e avviene in continuazione senza che noi possiamo, in alcun modo, rendercene conto.
Non lo percepiamo nel modo più assoluto e non possiamo averne consapevolezza.

Poiché in natura le immagini cambiano sempre posizione sulla retina, i microsaccadi consentono all’occhio
di percepire qualsiasi immagine come fosse in movimento. Sarà successivamente compito del cervello
sottrarre l’informazione del tremolio e tradurre l’immagine come ferma.

Ciò avviene, molto probabilmente, per ragioni legate all’evoluzione. La cosa più importante, infatti, ai fini
della sopravvivenza è la capacità di individuare il movimento (ad esempio un predatore che corre verso di
noi, una frana, ecc.) nell’ambiente in maniera rapida e precisa. Il nostro sistema visivo, quindi, si è evoluto
proprio per questo scopo trovando successivamente le soluzioni adeguate alla visione delle cose immobili.

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