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Capitolo 3)

LA CONSAPEVOLEZZA

Consapevolezza:

Possibilità di un essere percepente di riconoscere e riportare che sta percependo


qualcosa.

Il sistema visivo possiede un’organizzazione gerarchica:


L’informazione passa dagli stadi minori a quelli più elevati, viene “portata in avanti” verso
le parti anteriori del cervello. Il meccanismo di consapevolezza avviene quando
l’informazione, dalle aree posteriori, torna a quelle anteriori (informazione feed-forward).
Nel cervello esistono infatti delle interazioni ricorrenti che elaborano l’informazione:
Qualsiasi stimolazione visiva raggiunge l’area visiva primaria in circa 40 ms; in 60 ms
l’informazione viene mandata in avanti e dai 100 in poi torna indietro. Queste
interazioni sono fondamentali per avere consapevolezza di uno stimolo (dopo 100-150
ms).

Ci sono due evidenze principali a favore del fatto che l’informazione consapevole si crea solo
quando c’è un ritorno indietro dell’elaborazione visiva (dalle aree anteriori del cervello all’area
visiva primaria):

Mascheramento visivo:

Procedure attraverso cui si cerca di rendere invisibile un’informazione (tecnica


comportamentale). Ad esempio, presentando un’immagine e subito dopo presentandone
un’altra che coincida spazialmente, viene mascherata la prima immagine: in questi compiti
di mascheramento solitamente viene chiesto ai soggetti se riescono a rilevare l’oggetto
mascherato.

Un esempio di queste procedure è il MASCHERAMENTO PER SOSTITUZIONE di


oggetto:
L’oggetto che si intende mascherare non viene coperto fisicamente, ma viene
circondato da uno o più oggetti, che rendono difficile l’identificazione
dell’oggetto mascherato al centro. Si crea questo fenomeno perché c’è una
discordanza (mismatch) tra l’informazione nuova che viene portata in avanti (con
gli oggetti che mascherano l’oggetto di interesse), e quella vecchia che sta
tornando indietro (l’oggetto non ancora mascherato da identificare).
Quest’ultima si perde o è più difficile identificare, ed è a favore del fatto che
l’informazione che torna indietro è fondamentale per avere consapevolezza
(interazioni ricorrenti).
Sono stati fatti studi anche con la TMS interferendo con l’attivazione dell’area V1, per
cercare di capire qual è la tempistica per cui l’interferenza fa sì che noi perdiamo la
consapevolezza della stimolazione visiva. Si è visto che solamente se si interferisce nel
momento in cui l’informazione torna indietro (100-150 ms) si perde la consapevolezza
dell’informazione (in linea con l’ipotesi delle interazioni ricorrenti).

Modalità di elaborazione dell’informazione visiva:

Esistono altre vie, oltre alla genicolo- striata, per l’analisi dell’informazione visiva,
scoperte grazie a pazienti con sindromi neuropsicologiche.

Una di queste è Il BLINDSGIHT (visione cieca), causata da una lesione in una 1 zona
dell’area V1 (malfunzionamento delle informazioni visive) che rende le persone cieche
in zone particolari del campo visivo. Tuttavia, se queste persone vengono stimolate a
dire se stanno vedendo o meno uno stimolo (con caratteristiche di base, es. se si muove
su o giù), esse riescono a percepire lo stimolo, pur essendo nella zona cieca.
Questo dimostra l’esistenza di altre vie visive in grado di connettersi con le aree visive
di ordine superiore, dando luogo a una forma rudimentale di visione, ossia non nel
dettaglio e senza consapevolezza della stimolazione.

Un’altra sindrome presa in considerazione è la sindrome di Charles Bonnet, legata


all’eccessiva distorsione di visione per qualcosa, ossia ad allucinazioni. Persone anziane
con problemi di visione periferica (malfunzionamento dell’occhio, es. degenerazione
maculare, ossia è cieco tutto quello che sta attorno al punto di fissazione) soffrono di
allucinazioni visive in presenza di normale funziomento mentale. Ciò è causato da
malfunzionamenti di iperattivazione della corteccia visiva primaria.

Studi con fMRI hanno registrato l’attività del cervello durante le allucinazioni e durante
la presentazione di stimoli visivi.

Nel primo caso si nota un’attivazione del lobo occipitale coerente col tipo di oggetto
dell’allucinazione (es. giro fusiforme per le facce), ed è un esempio di come una
rappresentazione si può creare esclusivamente da un’attività endogena (proveniente dal
cervello stesso).
Nel secondo caso si nota una minore attivazione delle aree extra-striate durante la
stimolazione visiva a seguito di un’iperattivazione precedente la stimolazione. La
situazione con stimolo è più o meno identica alla situazione di riposo, nella quale, in
questi pazienti, si sovrattivano costantemente le aree visive che possono provocare
apputo allucinazioni.

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