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La plasticità intermodale (cross modal): ll corretto sviluppo di una funzione sensoriale è impedito dalla

mancanza di esperienza sensoriale durante lo sviluppo: impariamo a vedere/udire etc. L’assenza di un


senso peggiora, migliora o non influenza lo sviluppo di una altra modalità sensoriale? Cosa succede ad una
modalità quando è un’altra modalità ad essere stata deprivata, per es vedere che succede nel cieco alla
nascita rispetto alle sue capacità acustiche e quindi come interagiscono tra loro le varie modalità.
Queste informazioni sono utili per:
1) Perfezionamento di strategie di recupero funzionale (es. impianti cocleari).
2) Conoscenza dei meccanismi di sviluppo del cervello.

>La localizzazione delle sorgenti sonore nei nonvedenti: Gli studi recenti ci dicono che ci sono aspetti per cui
le prestazioni sono migliori nei non vedenti che nei vedenti, o al massimo uguale, ma non peggiore.

In condizioni binaurali si vede che in soggetti ciechi dalla nascita ma con una visione residua, la prestazione
è peggiore rispetto a quelli completamente ciechi prob perché quando manca completamente, l’ingresso
visivo riesce ad utilizzarne altri per ricalibrare la mappa. Mentre se l’ingresso visivo è minimo, continua a
mantenere la sua dominanza, che non è sufficiente a ricalibrare al meglio la mappa.

Si vede meglio la diff tra ciechi e normovedenti osservando lo stesso compito in condizioni monoaurali: il
sogg normovedente non riesce bene nel compito (con un orecchio chiuso). Invece i ciechi alla nascita hanno
performances migliori in queste condizini più difficili. Quindi la perdita totale della visione alla nascita
costituisce un vantaggio in condizioni difficili quali deprivazione binaurale/monoaurale.

Dunque: in condizioni binaurali è uguale, in condizioni monoaurali è migliore dei normovedenti. E’ stato
confermato che alla nascita hanno capcità superiori dei SNV in compti di localizzazione acustica lungo il
meridiano orizzontale, soprattutto per le localizzazioni periferiche, per le quali invece le prestazioni dei SNV
sono scarse. Ciò è correlato con una migliore capacità di di focalizzare l attenzione sulle localizazioni
periferiche.

La corteccia visiva nei ciechi però non è silente in assenza dell’ingresso visivo -> L’attivazione delle aree
visive da parte di stimoli non visivi è necessaria per la miglior prestazione dei soggetti ciechi e correla con
essa. Per dimostrare ciò si son fatti degli esperimenti:

ERP (potenziali evento)- L’attivazione corticale valutata con la registrazione degli ERP correla con la
performance. Veniva detto al sogg di prestare attenzione o all’altoparlante di fronte o a quello di lato. Lo
stimolo poteva essere poi posizionato o dove il sogg prestava attenzione o da quello accanto. Si vede che
per lo stimolo centrale non c’è differenza nelle risp fisiologiche sia che il soggetto vi prestasse attenzione sia
che non lo facesse, invece nelle zone periferiche si.

contributo dato dall’attenzione -> Probabilmente il miglioramento nel cieco per gli stimoli in periferia è
dovuto alla sua capacità di focalizzare meglio l’attenzione. In effetti andando a registrare gli ERP, con una
cuffia di molti elettrodi per vedere da dove provengono queste risposte, si vede che per eseguire lo stesso
compito il sogg cieco ha un’attivazione più posteriore -> quindi per la localizzazione di una sorgente sonora
vengono reclutati dei circuiti sovrapposti ma differenti da quelli di un normovedente. C’è dunque una
riorganizzazione di questi circuiti nei ciechi.

Le zone occipitali (mancando l ingresso visivo) non risultano attive -> durante un compito acustico, si è visto
che si attiva la zona visiva più nel cieco che nel normovedente. In particolare le aree associative. Quindi
queste aree rimaste prive di una propria modalità sensoriale di riferimento, vengono reclutate per un’altra
modalità sensoriale. Per essere attive richiedono l’attivazione di processi attenzionali, ad un ascolto passivo
non risultano attive.
Lo spostamento verso aree posteriori del massimo della componente N1 nei soggetti precocemente ciechi
fornisce una forte evidenza per la presenza di una riorganizzazione dei substrati neurali alla base della
localizzazione e della selezione precoce delle sorgenti acustiche

Se due aree si attivano sempre contemporaneamente significa che comunicano. Solitamente se è attiva la
corteccia parietale, quella occipitale risulta non attiva. Invece nei non vedenti si attivano
contemporaneamente: l’attività della corteccia occipitale dx nei ciechi correla positivamente con l’attività
nella corteccia parietale posteriore dx. C’è quindi nei ciechi una maggiore riorganizzazione delle vie dalla
corteccia occipitale a quella parietale per cui possono essere definite come funzionalmente connesse.

Altri esperimenti mostrano tali risultati in compiti monoaurali: i ciechi dalla nascita hanno anche
attivazione delle zone visive occipitali, ingaggiate dal task acustico, in correlazione con la migliore
performance. Questa cosa non succede,se non in maniera minima, se il task è fatto in condizioni binaurali
(perché il compito è più facile). C’è quindi correlazione tra performance nel task e riorganizzazione della
corteccia occipitale in condizioni monoaurali. Il fatto che in modalità binaurali non ci sia più tale attivazione,
è indice del fatto che l’attivazione sia correlata alla perfomance. Più il compito è difficile, più si attiva.

Per capire se il reclutamento di queste aree sia davvero fondamentale -> si perturba l’area occipitale visiva
(area dx dorsale extrastriata) attraverso TMS durante un compito acustico. in un cieco alla nascita, poiché
non c’è ingresso visivo nell’area occipitale ma inizia ad avere ingressi acustici, si nota che la perturbazione
di tale area durante un compito acustico causa un peggioramento della performance. Dunque la
colonizzazione del sistema acustico sulle aree visive è funzionale. Ciò vale solo nei ciechi per compiti di
localizzazione del suono.

I circuiti per la localizzazione sviluppano più lentamente nel nonvedente o la compensazione è immediata?
Test su bambini di 14 anni -> tale compensazione è già presente. A 8/10 anni la compensazione è già
avvenuta.

Invece andando a fare per esempio l’analisi della localizzazione di un suono lungo l’assse verticale si vede
che tale localizzazione è peggiore per i ciechi quanto più peggiora il rapporto segnale/rumore.

I meccanismi compensatori si sviluppano solo se c’è una perdita visiva totale -> per la ricalibrazione della
mappa dello spazio acustico sul piano orizzontale l’esperienza visiva non è dunque ndispensabile -> in
assenza di feedback visivo la mappa si ricalibra attraverso feedback motori e tattili(i neonati, durante i primi
mesi postnatali, non mostrano miglioramenti tra l’eseguire compiti di localizzazione al buio o alla luce), ma
anche indizi uditivi sottili e cinestetici.

La compensazione porta all’utilizzazione di aree diverse, in particolare più posteriori.

Cosa succede nel cieco da adulto? Può sopperire con l’apprendimento alla ridotta compensazione
spontanea?

Esperimento che confronta normovedenti, ciechi tardivi e ciechi dalla nascita in un compito di
localizzazione acustica-> si vede che quando la localizzazione è fatta davanti non c’è differenza nei tre
gruppi; quando invece gli altoparlanti erano posti di lato i ciechi alla nascita superavano i soggetti normali
per differenze frontali. Per stimoli posti più posteriormente anche i ciechi tardivi risultano superare i
normovedenti. Quindi quando il compito è facile sono tutti uguali, quando il compito è difficile i ciechi alla
nascita sono più bravi. Gli individui ciechi a insorgenza tardiva possono mostrare prestazioni al di sopra
della norma, nonostante il fatto che la cecità si sia verificata dopo il periodo critico per la riorganizzazione
su larga scala. È possibile che abbiano sviluppato queste abilità di udito spaziale attraverso l'apprendimento
percettivo, perché queste sono vitali nella loro vita quotidiana. Quando si deve attraversare una strada, ad
esempio, beneficiare dell'ascolto spaziale ben calibrato diventa essenziale per la loro sicurezza, e quindi
grandi risorse funzionali sono coinvolte nel compito.
 Nei nonvedenti è solo la modalità sensoriale acustica che si modifica?

Alcuni studi guardano come cambia la risposta a stimoli somatosensoriali particolari (alfabeto braille) nei
ciechi. Normalmente i compiti di discriminazione tattile comportano un’attivazione dell’area
Somatosensoriale. La lettura dell’alfabeto Braille nei ciechi dalla nascita è però reindirizzata alle cortecce
visive fino addirittura alla corteccia visiva primaria (aree occipitali) -> anche la modalità somatosensoriale
dunque si reindirizza alle aree visive. Sarà utile al soggetto cieco attivare la corteccia visiva durante un
compito braille? Perturbo tramite TMS la corteccia mentre il sogg sta leggendo parole braille -> si vede che
la perturbazione transitoria (3 sec) della corteccia visiva (zona medio occipitale) degrada la capacità di
lettura del braille nei ciechi alla nascita (ma non la discriminazione di lettere in rilievo nei normovedenti, tali
errori sorgono quando viene perturbata l’area somatosensoriale). Dato supportato dal caso di una donna
cieca dalla nascita che ha avuto un ictus alle aree occipitali e ha perso la capacità di leggere il Braille. La
stimolazione dava la sensazione di punti che mancavano o erano confusi. La percezione sembrava quindi
somatosensoriale.

Esiste un periodo critico per l’uso della corteccia occipitale per la lettura Braille dei nonvedenti?
Stimolazione transcranica in pz diventati ciechi a 14 anni non altera la lettura braille. In soggetti ciechi dopo
i 16 anni inoltre l’area V1 non è più attivabile dallo svolgimento di un compito di natura braille mentre lo
sono ancora quelle secondarie. Ciò suggerisce che i primi 16 anni di vita sono un periodo critico per uno
spostamento funzionale dei circuiti della V1 dall’elaborazione dell’info visiva a quella tattile. L’area visiva
primaria è attivata dalla lettura braille in misura maggiore nei ciechi alla nascita. Tuttavia le aree visive
secondarie dorsali sono attivate anche nei ciechi più tardivi.

Altri studi: l’early blind ha un’attivazione maggiore del late blind (>19) -> burton’s hypothesis:l’attività della
corteccia visiva nei ciechi indica processi linguistici, non soltanto processi di info tattile. Infatti un
normovedente che impara il braille lo fa utilizzando lo c. somatosensoriale e non quella visiva.

Possibilità di un cambiamento intermodale nell’adulto -> uno studio ha indagato l’effetto di un’improvvisa,
completa e prolungata deprivazione visiva (5 gg) in adulti normovedenti mentre erano immersi in un
intenso programma di training tattile. Dopo il periodo di cinque giorni, i soggetti bendati hanno ottenuto
risultati migliori in un compito di discriminazione del carattere in Braille. Nel gruppo con gli occhi bendati, le
scansioni di fMRI seriali hanno rivelato un aumento del segnale BOLD (blood oxygenation level
dependent)all'interno della corteccia occipitale in risposta alla stimolazione tattile dopo cinque giorni di
totale deprivazione visiva. Questo aumento del segnale non era più presente 24 ore dopo la rimozione della
benda (6 gg).

Esperimento che mostra le capacità plastiche anche nel cervello adulto: in un compito di riconoscimento di
una voce si vede che nei ciechi c’è un aumento dell’attivazione di aree, coinvolte nel riconoscimento degli
oggetti, infero temporali, che si possono attivare anche quando vogliamo associare una voce ad un volto.
queste aree non hanno più il compito di riconoscere visivamente le persone e quindi cambiano la loro
attivazione mantenendo la loro funzione, quella di riconoscere. Anche se, mancando il canale visivo,
vengono utilizzati magg gli ingressi acustici.

Anche il giro fusiforme (riconoscimento dei volti) si attiva nel riconoscimento di voci nei late blind, in
maniera paragonabile agli early blind.

Si è verificata un’attivazione anche in compiti cognitivi: la corteccia occipitale si attiva anche durante
compiti di memoria verbale (riprodurre mentalmente parole di una lista memorizzata). I ciechi dalla nascita
hanno migliori capacità dei sogg normali in compiti di memoria verbale: la % di parole di una lista
ricordate 6 mesi dopo l’apprendimento è maggiore di quella dei sogg normovedenti. TMS-> al sogg veniva
fatta TMS della corteccia visiva primaria mentre il compito era quello di pronunciare un verbo attinente ad
una parola precedentemente pronunciata. Si vede che perturbando la zona occipitale si ha un alto tasso di
errore, una disconnessione, cosa che normalmente si avrebbe quando si interferisce con la prefrontale.
La TMS della V1 sinistra causa errori principalmente semantici nella produzione di verbi evocati da nomi (es.
apple-jump invece di appleeat)

E’ interessante domandarsi che succede nei casi in cui viene restituita ad un sogg precocemente cieco la
visione: prima dell’operazione che avrebbe restituito la visione si aveva una forte attivazione a stimoli
acustici nella corteccia visiva e tali risposte tendevano a rimanere per qualche mese dopo l’operazione
diminuendo però con il recupero della visione e con il migliramento nell’utilizzo di questa “nuova”
modalità. Ciò risulta vantaggioso: infatti la reversibilità, almeno parziale, di queste riorganizzazioni può
permettere un certo recupero.
Il gruppo di Lepore ha monitorato i cambiamenti comportamentali, strutturali e neurofunzionali che si
verificano in un paziente con deficit visivo precoce prima e a 1,5 e 7 mesi dopo il ritorno della vista, con la
risonanza magnetica. Sono state trovate solide risposte uditive pre-chirurgiche nella corteccia occipitale,
nonostante la residua visione preoperatoria. Nella corteccia visiva primaria, le risposte uditive crossmodali
si sono sovrapposte alle risposte visive e sono rimaste elevate anche 7 mesi dopo l'intervento.
Tuttavia, queste risposte crossmodali sono diminuite nelle regioni occipitali extrastriate dopo l'intervento
chirurgico, insieme a una migliore visione comportamentale e ad aumenti della densità della materia grigia
e dell'attivazione neurale nelle regioni visive di basso livello.

Le risposte selettive nelle regioni visive di alto livello coinvolte nell'elaborazione del movimento e del volto
sono state osservabili anche prima dell'intervento chirurgico e non si sono evolute dopo l'intervento
chirurgico. Presi insieme, questi risultati dimostrano che la riorganizzazione strutturale e funzionale delle
regioni occipitali sono presenti in un individuo con una storia di lunga durata di grave disabilità visiva e che
tali riorganizzazioni possono essere parzialmente annullate dalla restituzione della vista in età adulta

Sommario plasticità intermodale somatosensoriale nei nonvedenti

La corteccia visiva non stimolata viene colonizzata anche dalla modalità somatosensoriale

Come per la localizzazione spaziale si ha un periodo sensibile. Dal punto di vista anatomico-funzionale vi è
una certa invasione delle aree visive occipitali anche in coloro che hanno perso la vista tardivamente ma
l’alterazione funzionale non ostacola più la lettura Braille.

In questo caso si arriva addirittura a un cambio di funzione della corteccia visiva primaria. La lettura Braille
forse riusa i sistemi (in parte innati?) che ci permettono la normale lettura visiva. Il compito discriminativo
tattile che sottostà al Braille viene quindi spostato verso le cortecce occipitali.

La colonizzazione avviene probabilmente a partire dalla aree associative polimodali e, a seconda dell’età,
invade le aree sempre di più occipitali secondo un processo top-down.

La plasticità intermodale è limitata alle cortecce visive? -> IN SOGGETTI SORDI DALLA NASCITA

Soggetti stimolati visivamente con i random dots (puntini luminosi che danno l’impressione di movimento),
viene analizzata la risposta mediante fMRI in aree acustiche precedentemente evidenziate da stimolazione
musicale (nei sogg normali). Anche qui c’è stata una colonizzazione. Dal punto di vista funzionale ci sono
differenze tra normoudenti e sordi in compiti visivi evidenti nella periferia visiva, dove i normoudenti
sono meno bravi e hanno performance peggiori, i sordi hanno performance migliori. I limiti visivi sono gli
stessi perché dettati da proprietà fisiche del sistema. Dunque sordi e normoudenti differiscono per le
misure d’attenzione, specialmente in visione periferica, ma non nelle misure di senso.

Come i sordi analizzano l’ingresso visivo: studio di fMRI in risposta a stimoli in movimento -> nei sordi c’è
una magg attivazione dell’area MT per stimoli della pt periferica. In assenza dell’udito i sordi devono
utilizzare solo indizi visivi per orientarsi, e in effetti i sordi sembrano essere più veloci a rilevare uno stimolo
visivo in periferia. In particolare devono utilizzare la visione per monitorare ciò che succede in periferia ed
infatti hanno risposte visive elettrofisiologiche aumentate in risposta a stimoli visivi periferici. In particolare
la percezione del movimento è probabilmente utilizzata diversamente ed è usata per il linguaggio dei segni.
C’è quindi un vero e proprio processamento diverso a causa della deprivazione in modalità acustica.

Questi cambi sono realmente dovuti alla sordità o all’acquisizione dei linguaggio dei segni dato che è un
canale visivo? Allora in un esperimento si sono confrontati sogg normali con sogg normali con linguaggio
dei segni acqusito precocemente e sogg sordi con linguaggio dei segni acquisito precocemente. Si è
osservata l’attivazione dell’area Mt : essa si attivava maggiormente per stimoli visivi importanti dal punto
di vista linguistico: mentre nei sogg udenti l’attivazione è maggiore a sx, nei sogg che avevano acquisito il
linguaggio dei segni era presente anche a dx. tuttavia solo nei sordi l’attivazione in periferia era tale a quella
centrale (non dovuta dunque all’apprendimento del linguaggio dei segni ma ad una fenomeno di plasticità
cross modale). *

Periodo critico per il reclutamento dell’emisfero dx nel processamento del ASL: Anche nel linguaggio dei
segni c’è un periodo critico, si vede anche dall’imaging: l’esposizione precoce al linguaggio dei segni cambia
la lateralizzazione nella via di detezione del movimento (MT/MST): mentre nei soggetti udenti l’attivazione
è maggiore a sinistra (indici negativi), i soggetti che usano ASL attivano entrambi gli emisferi,
indipendentemente dal fatto che siano sordi o no. *

L’effetto della sordità sulla lateralizzazione della percezione del movimento è particolarmente evidente se si
utilizzano stimoli posti nella periferia del campo visivo. In particolare nei sordi l’area MT si attiva
ugualmente per stimoli centrali o in periferia. Quindi la sordità determina cambiamenti nella distribuzione
spaziale dell’attenzione visiva, con un aumento dell’attenzione alla periferia del campo visivo, mentre il
solo usare ASL non lo determina.

Quindi l’esperienza dell’apprendimento del linguaggio dei segni è di per sé capace di modificare lo sviluppo
dei circuiti cerebrali, vi è un periodo critico anche per questo?

Esistono soggetti con udito normale figli di genitori sordi che parlano la loro lingua madre (l’inglese in
queste ricerche) ma anche il linguaggio dei segni. In queste persone la lettura dell’inglese attiva le classiche
aree del linguaggio del lobo sinistro mentre la “lettura” del linguaggio dei segni comporta anche
l’attivazione di varie aree dell’emisfero destro: Parietali: il giro angolare, Frontali: la porzione posteriore del
solco precentrale Temporali: il solco temporale superiore (post-STS). Queste aree non si attivano in
persone che non conoscono il linguaggio dei segni e che vedono la stessa sequenza di gesti. L’attivazione
visiva con significato di linguaggio è quindi in grado di reclutare nuove aree corticali. Quando avviene
questo fenomeno durante lo sviluppo?

Periodo critico per il reclutamento dell’emisfero destro nel processamento del ASL in soggetti normoudenti:
nei native signers la lettura dell’inglese attiva le classiche aree del linguaggio lateralizzate a sn. La vista di
frasi in ASL attiva in questi soggetti le stesse regioni attivate dalla lettura dell’inglese ma in più anche
un’estesa rete di regioni dell’emisfero dx. l’attivazione di queste aree dell’emisfero dx si ha solo in coloro
che hanno imparato precocemente il ALS a prescindere dal fatto che siano sordi o meno.

In soggetti normoudenti che hanno imparato l’ASL da grandi (later signers), l’attivazione di aree
dell’emisfero dx in risposta all’ASL è molto minore rispetto ai native, e manca completamente l’attivazione
del giro angolare dx (paretale) -> L’emisfero destro deve tenere conto dei movimenti e dei gesti alla base
del linguaggio. Nei non fluenti nel linguaggio dei segni sembrano rispondere al movimento biologico.

. Dunque mostrano una dominanza dell’emisfero sn sia per l’inglese che per l’ASL a differenza dei native
che mostrano una dominanza dell’emisfero sn per l’inglese ma non mostrao alcuna dominanza per l’ASL. A
livello comportamentale i soggetti late non hanno competenze linguistiche equivalenti ai native.

Normoudenti che hanno appreso il linguaggio dei segni da piccoli usano sia l’emisfero sinistro che quello
destro per il linguaggio dei segni. Studiando le lesioni cerebrali, si vede che le lesioni a sx causano afasia per
il linguaggio dei segni ma anche le lesioni a dx hanno degli effetti negativi sulla costruzione sintattica con
riferimenti alle relazioni spaziali o quando i segni sono iconici -> l’attivazione dx è funzionale.

Quindi l’apprendimento precoce del linguaggio dei segni determina un cambiamento nella lateralizzazione
della elaborazione del movimento visivo verso le aree del linguaggio e implica anche un reclutamento di
aree che normalmente risponderebbero al movimento biologico privo di significato linguistico

Uno studio ha rivalutato l’area VWFA, fondamentale per la lettura. Domanda:in un cieco, che ha un canale
diverso, quest’area sarà attivata ugualmente? In effetti è stato visto che l’attivazione di quest’area è
identica nel cieco che legge il braille che nel sordo che usa il linguaggio dei segni -> quindi l’area non è
sensibile alla natura del compito (visivo o tattile) ma alla sua funzione finale che è quella di leggere. Di fatti
se la parola “letta” non ha significato, l’attivazione di quest’area non c’è.

12/11

Il linguaggio è influenzato da ciò che il bambino sente nei primi mesi di vita e modula la capacità d’analisi. A
6 mesi inizia la separazione dei fonemi tipici della lingua che implica la perdita di quelli non tipici. A 9 mesi il
bambino è specializzato nella sua lingua ma ciò non significa che non sia più plastico, può dunque ancora
modulare. La selezione fonemica non è l’unica cosa necessaria per il linguaggio, ma altri fattori importanti
per la comprensione del linguaggio sono la suddividione del linguaggio in unità basata sulla capacità di
rilevare gli elementi ritmici degli stimoli acustici -> cap alla base dell’individuazione delle parole e delle
sillabe. Dunque intorno ai 6 mesi c’è una certa preferenza per il ritmo tipico della propria lingua. Anche gli
accenti sono fondamentali per la distinzione di due parole, già a 2 mesi. Tutto ciò è basato su un’analisi
statistica fatta inconsciamente dal bambino: quando si susseguono fonemi che si susseguono raramente è
più probabile che ci sia una transizione tra parola e parola. E’ stato appunto fatto un esperimento con
parole che non esistono nella lingua e presentando al bambino molte volte le due sillabe bi-ku e raramente
ku-ti.

L’adulto utilizza il linguaggio con il bambino in modo diverso: madrese -> toni di freq più alta, intonazione
esagerata, cadenza più lenta in modo tale da facilitarne l’apprendimento. Inoltre il linguaggio è uno stimolo
fondamentale per l’interazione sociale (madre).

Presi bambini di 9 mesi, americani; in presenza per 5 ore o di una tata che parlava cinese o di uno schermo
che riprendeva una tata che parlava cinese. Dopo queste 5 ore il bambino mostrava cap di distinguere
fonemi del cinese solo nel caso in cui c’era l’interazione fisica con la tata.

Nonostante in generale tutti gli adulti tendono a rifersi ai bambini con questo tipo di linguaggio, uno studio
fatto su madri russe, svedesi e americane ha mostrato che ci sono delle differenze quando il madrese è
rivolto al proprio figlio: c’è una migliore separazione tra le vocali -> per chi ascolta è più facile discriminare i
suoni che sono proprio diversi tra loro. E’ una cosa automatica.

In genere si distingue tra una fase di comprensione del linguaggio e contemporaneamente una di
produzione del linguaggio: in questo c’è una differenza con un altro tipo di linguaggio come il canto degli
uccelli -> essi dopo un periodo critico in cui apprende ascoltando il canto dei genitori, iniziano anch’essi a
cantare. La cosa di iniziare contemporaneamente a comprendere e a parlare è tipica dell’uomo. Nell’uomo,
come negli uccelli però, se manca nei primi mesi di vita la giusta stimolazione, non si sviluppa il linguaggio.
Le recenti apllicazioni degli impianti cocleari alle persone sorde dalla nascita permettono di capire se
passato il periodo dell’infanzia il sistema del linguaggio cristallizza e non è pià sviluppabile oppure è
possibil…

Per l’acquisizione di una seconda lingua madre il periodo critico si chiude verso i 3 anni e mezzo, fino a 7 si
ha la possibilità di sviluppare comunque una buona performance, mentre dai 15 anni in su non conta più lo
sviluppo ma piuttosto il training. Guardando l’attivazione cerebrale in un puro biligue c’è una
sovrapposizione dei circuiti attivati dalle due lingue a differenza di un adulto che parla due lingue (lingua
madre+lingua appresa da adulto) si ha l’attivazione di due differenti circuiti, anche se vicini.

L’esposizione ad un linguaggio determina sia tuning che pruning determinando lo sviluppo di filtri selettivi
per i suoni della propria lingua, una volta formati e consolidati questi filtri una sorta di mappa dei templati
dei suoni linguistici,interferiscono con l’apprendimento di una seconda lingua madre. Entro una certa età
però è possibile creare più filtri.

Il linguaggio dle piccolo è molto plastico ma quando ci sono lesioni?

La lezione sinistra porta ad afasia (nell area di broca non parla, di W. Non comprende). Facendo un
paragono tra lesioni nell’adulto e nel bambino si vede che nel bambino quasi non c’è effetto della lesione ->
grande capacità di recupero e adattamento sia dal punto di vista della comprensione che della produzione
grazie all’emisfero dx.

L’esistenza di circuiti specifici del linguaggio fa si che ci siano patologie specifiche del linguaggio in cui
l’unica sintomatologia è appunto un problema linguistico, da cui è esclusa la balbuzie. Questi deficit se
permangono possono trasformarsi in deficit di lettura. Pare siano coinvolri fattoi genetici che
contribuiscono allo sviluppo di questi circuiti corticali.

Esp risoluzione temporale di due stimoli acustici vicini tra loro: ad un certo punto la discriminazione dei due
suoni come distinti iniza a cadere. In pz affetti da defict del linguaggio è necessario un intervallo temporale
iù ampio per rispondere con la stessa accuratezza.

RICONOSCIMENTO DEI VOLTI -> la cap discriminativa dei volti per noi è molto accurata. In generale per
riconoscere i volti analizziamo tre diverse grandi caratteristiche degli stimoli: analisi degli elementi principali
(non globale), poi si fa un’analisi del contorno (forma del viso), a cui segue un’analisi della relazione tra gli
elementi fondamentali (analisi di secndo ordine), quest’ultima analisi è tipica dei volti, le altre due le
apllichiamo per qualsiasi stimolo invece. L’ultima analisi, puramente spaziale, permette un’identificazione
più precisa.

Hay e Young -> unicità o specificità? Sono i volti ad essere unici rispetto agli altri per cui hanno dei circuiti
specifici oppure abbiamo un sistema specifico per analizzare gli stimoli ch econosciamo bene e i volti senza
dubbio rientrerebbero tra questi? -> effetto dell’inversione nel riconoscimento dei volti: se uno nel
riconoscere un ogg qualunque va ad analizzare anche le relazioni spaziali, se presentato invertito, avremmo
difficoltà a riconoscerlo come tale. Ma ciò non accade perché non conta l0analisi delle relazioni spaziali. Lo
stesso non succede per i volti: se capovolto perdiamo l’analisi di secondo ordine e quindi abbiamo
un’analisi meno accurata con per tutto il resto. Ciò conferma che c’è un processo olistico nel riconscimento
dei volti.
Tuttavia questo processo è presente per tutti gli oggetti di cui siamo esperti conoscitori (sistema esperto). E’
stato visto ciò negli allevatori, per esperti d’arte. Dunque l’idea non è tanto che ci sia unicità dei volti
quanto che ci sia un sistema esperto.

Ci sono vari livelli di riconoscimento e categorizzazione: i primi strati di riconoscimento sono quelli aprresi
prima, dai bambini, invece negli ultimi livelli si vede l’effetto del sistema esperto, Che ci sia un sistema
esperto per i volti nel cervello per cui i voltisarebbero semplicemente degli stimoli in cui siamo molto bravi,
è dato anche dai risultati in esp su scimmie -> registrazioni elettrofisiologiche da cellule delle aree
inferotemporali; tali cell rispondeno selettivamente a stimoli “faccia”, altre addirittura rispondono
massimamente a differenti caratteristiche facciali (profilo, testa in su o in giù). Queste aree sono anche
quelle la cui lesione causa prosopagnosia, deficit nel riconoscimento delle facce. La sua incidenza nella
popolazione è abbastanza alta, più di quanto sembri, perché magari si focalizzano su altri particolari. In
particolare sono le aree di dx quelle coinvolte in ciò.

Prosopagnosia di origine genetica anche.

Le lesioni spesso danno deficit specifici rispettoal processo di riconoscimento dei volti: alcuni hanno diff a
riconoscere che sia un volto, altri problemi di familiarità, ecc dal momento che il sistema esperto ha vari
livelli d’analisi e in base a cosa è stato lesionato. Quindi il riconoscimento dei volti non è un processo
unitario.

Area fusiforme per le facce (FFA), nel giro fusiforme dx -> specifico del nostro sistema

La dominanza emisferica dx dal punto di vista funzionale:

il riconoscimento delle facce è innato o appreso? La magg capcità di riconoscimento che abbiamo
all’interno della nostra razza ha una base sicuramente ulturale, tuttavia già alla nascita il bambino
preferisce osservare un pattern simile ad una faccia più di altri stimoli. Ovviamente essendo la vista
immatura alla nascita è sufficiente un viso schematizzato. Facendo esperimenti in bambini con facce
estremamente schematizzate (puntini) si misurano le ris di orientamento a pattern cn distribuzione delle .

cartteristiche che risulta essere fondamentale. L’arrangiamento spaziale delle componenti tipo volto
prevale come interesse anche su stimoli che darebbero un0attivazione maggiore andando a guardare
l0attivazione dei neuroni visivi. Per questo possiamo dire che questo orientamento preferenziale pare
derivare da una via sottocorticale -> questo significa che già alla nascita il bambino riconosce i volti? Studi
dimostrano che già dopo 4 gg dalla nascita, anche leiminando stimoli tattili, olfattivi, uditivi, i bambini
preferivano la madre a un’estranea. Ma se venivano mascherati i capelli, questa discriminazione non c’era
più il che indica che non c’è un vero e proprio riconoscimento del volto ma piuttosto un riconoscimento
della massa dei capelli e dell’attaccatura. Ciò in accrodo con l’ossevazione che i bambini non esplorano con i
movimenti oculari le caratteristiche interne di un viso prima dei 2 mesi d’età. Resta comunque innato (geni)
l’interesse per lo stimolo “volto” ma non la capacità di riconoscerli e discriminarli. Questo interesse va però
a stimolare il stistema del riconoscimento dei volti, pian piano impara e sviluppa questo sistema esperto. ->
K.Lorenz, predisposizione innata ad apprendere.

6/8 settimana di vita rapresentnao una svolta: il bambino inizia a riconoscere la mmma e apreferire la sua
faccia a nuove facce nonostane normalmente prederisca nuovi stimoli a stimoli già visti.

Per quanto riguarda il riconoscimento del volto del padre non ci sono evidenze riguardo preferenze così
come nel caso della madre.

A che età diviene evidente l’effetto di inversione? Inizia ad essere una diff tra volto dritto e volto capovolto
intorno ai ¾ mesi.
Nell adulto c’è dominanza dell emisfero dx nel riconoscimento dei volti-> questa lateralizzazione inizia a
comparire intorno ai 3 mesi.

Dimostrazione della lateralizzazione nel bambino:

- Si presenta la faccia brevemente su uno schermo. Quando il bambino 4/9 m vede l immag fa un
mov oculare verso essa- con il ripetersi ..
- Altro test per valutare la lateralizzazione si basa sul condizionamentooperante -> si deve associare
lo stimolo al punto in cui compare la ricompensa. Lo stimolo può essere la foto della mamma (si
devono aspettare di vedere il gioco in alto ) piuttosto che di una straniera. La presentazipone
nell’emisfero dx -> i maschi non imparavano mai, le demmine raggiungevano con difficoltà
l’apprendimento. Nella presentazione nell0emisfero sx sia i maschi che le femmine erano bravi.

La precoce comparsa della capacità di ricpnoscere visi, dell’effetto di inversione e del pattern di
lateralizzazione tipico dell adulto non deve indurre a pensare che siano maturi come nell0adulto. Qual è
il ruolo dell0esperienza nello sviluppo della capacità di riconoscimento? Sono stati fatti studi su bambini
con cataratta operati da piccoli e con almeno 8 anni di visione normale. Dunque avevano avuto un
breve periodo di deprivazione. Dato che la visione del campo visivo temporale si sviluppa prima del
campo nasali. Il campo visivo temporale è visto dalla retina nasale che manda i suoi assoni nell’emisfero
contralaterale. In pratica la via crociata si sviluppa funzionalmente pruma della via non crociata. Ogni
emisfero vede quindi per i primi 6 mesi, principalmente attraverso l occhio contralaterale. Il
trasferimento interemisferico del riconoscimento dei volti non avviene prima dei 24 mesi.

In questi bambini con cataratta a dx -> deprivazione dell’emisfero sx -> nessun deficit nel
riconoscimento dei volti. 00.10

Il ricnonoscimento delle facce sarà compromesso? Si valutano le perfomances dei bambini-> si vede
che volti che differiscono tra loro per caratteristiche interne o di contorno, non ci sono problemi (infatti
non sono lateralizzate). Quando si tratta invece di fare un’analisi di secondo ordine, per l’emisfero dx
non stimolato da volti, non si sviluppano le capacità di riconoscimento senza sviluppare la
discriminazione data da un’analisi di secon’ordine.

E’ necessaria l’interazione sociale? Molti studi si sono focalizzati sul riconscimento dei volti nei bambini
autistici dato che l0autismo ha tra le sue caratteristiche principali un grave deficit nelle interazioni
sociali. Mentre il volto è uno stimolo che interessa un bambini, nei bambini autistici non è così
(guardano principalmente la bocca piuttosto ch egli occhi). Ci sono risultati contraddittori anche se
sembrano esserci dei defict. Dove più di individua una differenza rispetto ai bambini normali è nella
capacità di riconoscere la componente emotiva di un’espressione facciale piuttosto che di vero e
proprio riconosacimento del volto.

Quindi perché si sviluppi un0accurata perceziine delle facce occorre non solo l’esperienza visiva ma
anche l’interesse, la motivazione. Questo manca nell’autistico e potrebbe essere causale per le
alterazioni della percezione delle facce che abbiamo visto. Questo potrebbe avere come causa specifica
00.19

C’è dunque una predisposizione innata di interesse per i volti che porta tramite l’esperienza alla
maturazione della funzione di riconoscimento dei volti.

PSICOBIOLOGIA DELL’ATTACCAMENTO MADRE-FIGLIO E DELLE CURE PARENTALI:


gli stimoli che un bambino riceve nelle prime fasi provengono soprattutto dalla madre ma le cure
parentali sono ampiamente diffuse in natura, anche tra gli animali, e sono la base del comportamento
sociale. E’ una relazione molto forte che dovrebbe favorire poi l’idoneità del piccolo rispetto
all0ambiente in cui cresce e sono un mezzo efficiente per la propagazione del patrimonio genetico
dell0individuo dalto che genitori e figli condividono gli stessi geni.

Rientrano nel bagaglio comportamentale delle spoecie a stratefia K, che vivono in ambiente stabili e
producono pochi piccoli, ai quali assicurano alti livelli di cure. Opposta a questa strategia è la strategia
riproduttiva R, tipica delle specie oppostuniste che vivendo in ambienti favorevolo solo per periodi di
tempo limitati, …

I primi studi sul legame tra madre e figlio a livello biologico risalgono a Harry Harlow -> non è solo il
bisogno di cibo ciò che spinge il piccolo a cercare questa interazione con la madre di fatti in presenza di
qualcosa di morbido piuttosto che di un surrogato che dava cibo, il bambino preferiva il surrogato
morbido.

L’attaccamento è un processo multisensoriale anche se ci sono modalità dominanti (nei primati è quella
visiva, in altre specie quella olfattiva). Comprende anche comportamenti motori basati sulla ricerca di
contatto fisico, posture di alllattamento e di difesa per il piccollo, c’è anche un aspetto cognitivo:
occorre attenzione e memoria.

Indagini sui meccanismi fisiologici alla base dell’attaccamento madre-piccolo -> necessità di studi su
modelli animali più semplici. Ad es nel ratto e nel topo il comportamento materno consta di moduli
comportamentali ben individuabili (retriving -nest building – nursing - licking). Tutti questi
comportamenti vengono messi in atto solo nei confronti dei propri piccoli a seguito del parto -> moduli
comportamentali abbastanza rigidi e altamente stereotipati anche se possono essere modificati dall
esperienza.

Quali sono duqnue i meccanismi che promuovono e sostengono l0interazione madre-piccolo?

L’attaccamento del piccolo alla madre si det sia per fattori prenatali (perferenza liquido amniotico) che
postnatali (caso dell’imprinting nel pulcino ->innato fattore di ricerca della madre senza riferimento
all’oggetto per il quale c’è un periodo critico. Infatti se mostro al piccolo un ogg oltre le 32 ore dalla
nascita, non si realizza più l’imprinting. Dopo questo periodo non è possibile nemmeno cambiare
l’oggetto dell’imprinting. Anche in questo emergono però effetti di fattori innati: se sottoponiamo il
piccolo a due diversi stimoli, noteremo che il piccolo ha una prefernza per uno dei due in base alla
somiglianza alla propria specie). Quali strutture sono responsanili dell’imprinting? Iperstriato ventrale -
> se lesionato non c’è più imprinting. Infatti appena avviene lìimprinting, in queste strutture si vedono
dei cambiamento quali l0aumento dell’espressione genica, dei recettori NMDA.

Nei mammideri non abbiamo unimprinting così netto. Non identifica un’area imprinting specifica e il
riconoscimento della madre si basa soprattutto su stimoli olfattivi e si basa su fenomeni di plasticità che
avvengono nel bulbo olfattivo a cui arriva il nervo olfattivi. Nella mucosa nasale ci sono recettori a cui si
legano le molecole e attraverso gli assoni si porta al bulbo olfattivo. Nel ratto è questo che det il
riconoscimento specifico dell’odore della madre o del nido.

Se si presenta nel topolino l’odore del nido o della madre c0è un’attivazione del bulbo molto maggiore
rispetto ad altri. 00.50

Sembra che per facilitare questo processo di plasticità sia fondamentale la noradrenalina che modula le
risp postsinaptiche -> se somministriamo nel bulbo olfattico durate la presentazione di uno stimolo
odoroso abbiamo un’acquisizione della preferenza per quell’odore.
In effetti si può creare una preferenza per un odore associato ad una stimolazione tattile: un odore
presentato al piccolo mentre riceve cure materne come carazze, vengono preferiti perché appunto
associati alla presenza della mamma.

Sono stati fatti studi -> al 6° gg di vita di topolino, se un odore è addociato al licking, viene prefeito ad
uno random ma solo nelle prime fasi dello sviluppo, anche se si tratta di uno stimolo potenzialmente
doloroso. Già a due settimane di vita non c’è più questa preferenza. Quindi c’è un periodo sensibile
entro il quale tutti gli stimoli presentati insieme alla cure materne, sono preferiti. Questo perché nelle
prime fasi il piccolo è completamente dipendente quindi una mancanza di stimolazione è per lui un
qualcosa di negativo, per questo viene preferito anche uno stimolo leggermente doloroso piuttosto che
una mancanza totale di stimolazione che implicherebbe invece la sua morte.

Attaccamento della madre al piccolo:

ci sono in natura casi di madri con cure materne non selettive e altri con cure selettive (pecora). Nel
primo caso tali cure sono specifiche per i piccoli in generale, nel secondo solo per il proprio piccolo.

Nei roditori le cure materne cominaciano alla nascita, dopo il parto. In questo c’è anche una
componente ormonale: con il parto c’è un grosso cambio ormonale-> si passa da alto progesterone,
bassi estrogeni a basso progesterone e alti estrogeni. Probabilmente questo cambio ormonarle
potrebbe essere uno degli attivatori della risposta al piccolo con cure materne. Sono stati fatti
esperimenti con trafsusioni di sangue di un ratto che ha appena partorito in una non gravida. Si è anche
osservato l’effetto dell0abbassamento di progesterone -> questo favoriva la comparsa di cure materne
ma ad un livello basso perché mancava contemporaneamente alti livelli di estrogeni. Tuttavia questo
cambio ormonale serve più per iniziare le cure.

Altro ormone importante è l’ossitocina rilasciata al momento del parto, che contribuisce alla
stimolazione delle contrazioni uretine che conducono al parto.

Esp: femmina di ratto vergine in presenza di un piccolo tenderebbe a stare lontana da esso -> in seguito
ad un iniezione di ossitocina inia invece ad interessarsi a lui. Anche l’odditocina è un’iniziatrice delle
cure materne. Infatti se do dei bloccanti di ossitocina diversi giorni dopo il parto non si arrestano i
cpmportamenti di cura nei confronti del piccolo quindi ciò sottolinea il fatto che dopo intervegìnga
qualcos altro.

Pare che ad autoalimentare la continuazione delle cure è l’interazione con il piccolo: in effetti anche
nelle femmine di ratto vergine l’interessamento per il piccolo, dopo le iniezioni, continua grazie alla sola
presenza del piccolo. Si è anche visto che se le rendiamo anosmatiche (togliere il senso dellolfatto con
solfato di zinco) molto velocemnte forniscono cure materne ai piccoli: l’odore del piccolo inibisce tale
comportamento il che significa che hanno una certa repulsione olfattiva. Già dopo poche ore di
esposizione ai piccoli vengono date cure materne mentre solitamente servirebbe più tempo. Questa
inibizione olfattiva, quando c’è il rilascio ormonale tipico del parto, viene superata perché gli ormoni
agiscono a livello di un nucleo ipotalamico dell area pre otticaa mediale dell’ipotalano (MPOA). Se
lesionato, blocca il comportamento materno -> fondamentale per eseguire il comp materno. Una
femmina con lesione MPOA non ha comportamento materno. Un’iniezione di estrogeni direttamente
nell MPOA causa una rapida messa in atto di comporamenti materni anche in femmine che non li
mostrerebbero poiché non hanno partorito-> modello di Carlson e Numan: l’info olfattiva dei piccoli
sarebbe portata all’amigdala che darebbe una risposta emotiva negativa che andrebbe a inibire l’MPOA
il quale attraverso connessione con aree motorie fa mettere in atto il comportamento materno. Quindi
se non ci sono ormoni in giro, l odore del piccolo inibirebbe il comportamento materno ma quando tali
ormoni sono in circolo, come al momento del parto, stimolerebbe e farebbe si che l attivazione dell
MPOA sia cosi forte da non risentire della via olfattiva.
SVILUPPO DELLE CAPACITA’ MNESTICHE

La memoria dal punto di vista dei meccanismi sottostanti l’abbiamo divisa in categorie a cui sottostà il
processamento di aree cerebrali distinte. E’ il risultato di un processo di apprendimento a cui segue
quello di consolidamento che genera una traccia più stabile. La traccia che si consolida migra nelle altre
strutture quindi non è coinvolto solo l’ippocampo. Abbiamo anche processi relativi alla memoria di
lavoro, che serve per mantenere una traccia in memoria per un breve tempo in modo da elaborarla.

Questi sistemi sono separabili analizzando soggetti con lesioni.

Il bambino alla nascita è già capace di memorizzare (vedi studi sulla preferenza dell’ascolta della voce
della madre) -> è possibile memorizzare nella fase intrauterina, esperimento che usava la SNN facendo
apprendere al bambino l’associazione trauna certa freq di suzione e l’ascolto di una voce. Una volta
appresa questa associazione, immediatamente il bambino ricordava . ciò è stato verificato con altre
tecnche. Sebbene ci siano queste capacità alla nascita, vanno poi incontro a maturazione. In termini
generali col procedere dello sviluppo il tempo necessario per l’acquisizione della traccia di memoria
tende ad accorciarsi, e la ritenzione della traccia diventa sempre più lunga. Questo processo di sviluppo
non è però uniforme per tutti i tipi di memoria.

“ma se migliora una certa funzione, perché migliora?” quali sono i meccanismi alla base del
miglioramento dlle capacità di memoria nel bambino? L’approccio psicobiologico tenta di rispondere a
questa domanda, basandosi su vari tipi di analisi come quello neuropsicologica di pz con lesioni, di
neuroimmagine funzionale e da studi su animali. La maturazuine delle strutture che compongono i
diversi sistemi di memoria determinerebbe, secondo quest’ottica, la maturazione della forma di
memoria corrispondente. Naturalmente la maggior parte dei casi noi abbiamo info sulle arre cerebrali
coinvolte nei processi di memoria da studi su pz adulti o animali con lesioni. Spesso poi si attribuiscono
anche al bambino, ma non è detto che ciò sia corretto dal momento che potrebbero essere coinvolti
altri circuiti. Studi longitudinali delle capacità di memoria in bambini nati con lesioni di specifiche aree,
attualmente in corso, potrebbero..

MEMORIA IMPLICITA  è possibile apprendere per condizionamento operante già al primo gg di vita.
Test del condizionamento al calciare: il bambino nella culla ha il piedino legato con un filo alla giostrina
-> sn da subito comprende che muovendo il piede riesce ad ottendere il movimento della giostrina. Se
gli si toglie la giostrina, lascianod il filo, anche dopo 3 gg continua a mettere in atto il movimento come
per cercare niovamente la giostrina il che ci indica che lo ricorda. La durata della ritenzione della traccia
fdi memoria viene misurata a qualche gg di distanza dall’apprendimento collegando dunque l nastro al
sostegno vuoto e paragonando il ritmo di scalciamento con il ritmo base originale.

In bambini di 3 m il ricordo è presente fino a due gg dopo e per alcuni fino ad 8 gg.

La traccia di memoria spesso può rimanere per tempi più lunghi che non sono sempre evidenziabili, in
forma latente -> di fatti la presentazione di uno stimolo o indiio, può riportare a galla la traccia di
memoria. Se al bambino che sembra non ricordare più gli si mostra oer qualche sec la giostrina, subito
ricorda.

Anche nella scimmia è stato studiato lo sviluppo della memoria implicita e i risultati confermano che
questo tipo di memoria è molto precoce.

Forma di memoria che non dipende dal lobo temporale mediale: il pz HM che non aveva l’ippocampo
poteva essere comunque condizionato. Anche l’apprendimento motorio è una forma di memoria
implicita (copiare un disegno). Sono coinvolte maggiormente altre strutture: neocorteccia per il
priming, i nuclei dellabase e cervelletto importanti per il miglioramento delle memorie di tipo motorio.
Dunque se èvero che la performance è collegata alla maturazione di queste strutture ci dobbiamo
asettare che siano abbastanza mature già alla nascita? Il cervelletto alla nascita ha uno sviluppo
estremamente veloce nei primi mesi, che termina nel giro del primo anno di vita. In questi mesi matura
anche la via cortico-striatale, avvengono i processi di mielinizzazione quindi queste strutture importanti
per la memoria implicita sono in linea, nel loro sviluppo, con quello delle capacità ad esse legate.

MEMORIA DICHIARATIVA  esplicita. Io sono consapevole e capace di chiamarla. Non ha bisogno di un


allenamento ripetuto come per quella implicita, o per l’apprendimento motorio. Studiare una cosa del
generein bambini preverbali è difficile per cui sono considerate dichiarative quelle forme di memoria
che soddisfano la def nell’adulto. Un tipo di memoria dichiarativa molto studiata nek bambino e quella
di riconoscimento del viso: si può formare anche solo dopo una sola esposizione. Sia nell’uomo che
negli animali, una lesione all’ippocampo o alle cortecce paraippocampali, rendono qusto processo non
funzionale quindi sogg con lesioni a queste strutture non ricordano. Il riconoscimento visivo in generale
si testa con il VPC in cuisi mostra uno stimolo al bambino, da cui non possiamo attenderci una risposta
verbale, per uncerto periodo (più lo si mostra, più è facile acquisire la traccia) e ad intervalli si va a
verifericare se lo ri ricorda presentandolo insieme ad uno nuovo basandosi sulla spontanea tendenza
del bambino a osservare più a lungo uno stimolo nuovo rispetto ad uno già in memoria, già visto. Nella
scimmia un’esplorazione visiva preferenziale è presente già ad un mese, nei bamnbini verso i 3 mesi. La
durata della familiarizzazione influenza la durata della traccia di memoria sia a 3 che a 6 mesi: più lunga
è la familiarizzazione,

VPC a 5/6 mesi con intervalli di ritenzione di 2 settimane 

Altre modalità di valutazione della memoria di riconoscimento è il test di riconoscimento ritardato non
appaiato al campione: c’è una ricompesa per una scelta; si presenta un ogg, si fanno passare pochi
secondi (breve ritenzione) e in seguito il bambino deve scegleite un ogg nuovo che viene presentato
insieme ad un oggetto visto pochi sec prima. Le scelte corrette sono premiate con una ricompensa. Il
bambino dunque deve scoprire e individuare una regola (ogg nuovo  ricomopensa). Vista la difficoltà
non viene più usata come test di riconoscimento.

Altra modalità è quella del condizionamento al calciare. Oltre che per testare la memoria implicita.
Magari facendo nastri diversi, lo si è utilizzato anche per valutare la memoria di riconoscimento. Infatti
con questa tecnica si ottennere tempi di più lunghi -> in realtà lo si può attribuire alla più lunga durata
dell0allenamento, di un training più prolungato.altra critica a questa modalità è dovuta al fatto che
anche se il bamnbino era esposto ad un contesto diverso, non ricordava più.

La prestazione nel VPC diventa deficitaria in seguito a lesioni del lobo temporale mediale. Nel
riconoscimento si pensa che coesistano due tipi di processi: familiarizzazione e test di riconoscimento.
Infatti nel VPC si verifica la familiarità piuttosto che l’identificazione.

Studi VPC longitudinali in scimmie con leisoni ippocampali  ad un mese la scimmi riesce nel VPC in
condizioni facilitate ma in modo ippocampo-indipendente (usa prob le cortecce rinali). A 6 mesi,
l’ippocampo iniza a diventare importanti infatti scimmie con lesioni a 6 mesi iniziano a peggiorare.

La memoria di riconoscimento è solo un aspetto di quella dichiarativa. Non tutti gli aspetti sono presenti
già a 3 mesi nel bambino, ma hanno tempi di amturazione più lunghi e elenti. Ad esempio un altro
aspetto della memoria dichiarativa più tardivo è quello della memoria relazionale  ad es lo stimolo A
sarà rinforzato se presentato insieme allo stimolo B (A+B-) ma se A è presentato insieme a C, sarà lo
stimolo C ad essere rinforzato(C+A-). A sua volta, B sarà rinforzato se presentato con C. in questo modo
ciascun ogg non ha di per se una valenza positiva o negativa, ma è la relazione tra la sua presenza e
quella di un altro stimolo ciò che determina la sua valenza e che deve essere memorizzata. Tale
capacità si completa intorno ai 5 anni.

Altro tipo di memoria dichiarativa a siluppo tardivo è la memoria spaziale, capcità di apprendere
percorsi per giungere ad una meta. Viene testata nel labirinto ad acqua di Morris con i ratti -> c’è una
zona che gli permette di toccare il fondo. L’unico indizio che ha per trovarlosono gli indizi esterni -> è
mecessaria una mappa interna dell’arena. Nel bambino si può studiare con metodiche simili (piscina
piena di polistirolo dove cercare un giocattolini, tipo caccia al tesoro). Dobbiamo aspettare i 6 anni per
lo sviluppo completo di questa capacità che è ippocampo-dipendente.

Questo sviluppo tardivo è asociato allo sviluppo ippocampale? Studiando campioni umani si ede che
dalla 24 sett gestazionale si vede l’ippocampo anche se è presente anche neurogenesi(nel giro dentato
dell’ippocampo la neurogenesi continua anche nell’adulto). Dopo la nascita, i livelli di neurogenesi in
questa struttura decrescono ma permangono, sia pure a basso livello. Ltuttavia la circuiteria
ippocampale è ancora grossolana alla nascita e va incontro a un processo di maturazione delle
connessione.

MEMORIA DI LAVORO ci sono test che specificamente la valutano e premttono di discriminare oz con
lesioni ippocampali da pz con difetti di memoria di lavoro. Torre di Hanoi ->

La capacità di svolgere questi compiti è compromessa da lesio del lobo frontale. La corteccia
prefrontale è una corteccia associativa molto sviluppata nell’umano. E’ la regione più ricca di dopamina
(area ventrotegmentale, mesencefalo). E’ possibile dunque cge la funzione dll’area prefrontale
cinvolgano l0azione di questo neutotrasmettitore.

Test per la memoria di lavoro

Erroe A non B: si mostra un ogg al bambino e lo si nasconde nella posizione A. il sogg ritrova l’ogg che
poi viene nascosto nella posizione B. la posizione B differisce per essere ad esempio più a destra della
posizione A. il soggetto vede dove è posto il nuovo nascondiglio ma persiste nel cercare l’oggetto nella
posizione A invece di B. non ha inibito la risposta dominante in questo modo che è quella diventata
ormai automatica. Lesioni alla corteccia prefrontale fanno conparire tutti questi errori di persistenza, in
particolare nelle arre dorso-laterali. Sogg con lesioni temporali o parietali invece non mostrano questi
deficit. Il raffreddamento della DL-CPF impedisce lo svolgimento del compito, ma una volta tornata a
temperatura fisiologica, l’animale è di nuovo in grado di svolgere il compito.

Le registrazioni dell0attività neuronale di quest’area mistrano una permanenza di attività anche…

La dopamina è molto importante per wuesto tipo di capcità perchèsi può agirea livello farmacologico ->
i bloccanti per la dopamina in quest’area impediscono lo svolgimento correto di tale compiti.

Nei bambini prima dei 6/7 mesi non si riesce nemmeno a fare il test A non B, perché nel momento in
cui il giochino viene nascosto per il bambino smette di esistere, non c’è più. Dai 7/8 mesi riescono a
trovare l’oggetto ma incorrendo in errori A non B. l’errore non si verifica se si premette al bambino di
cercare l’oggetto sia in A che in B immediatamente. Un ritardo di 1/3 sec a 7/8 mesi è già sufficiente per
indurre all’errore il bambino. In seguito l’errore scomparirà ma solo per intervalli brevi e l’intervallo
massimo tollerato aumenta di cierca 2 sec/mese di vita. Compiti più complessi possono addirittura
mostrare maturazione ad 8 anni -> esempio torre di Londra in cui la soluzione con il minimo numero di
mosse (5) vienne raggiunta intorno a 8 anni.

Anche nei bambini intest A non B sono risultati essere dipendente dalla DL.CPF come risulta da
osservazioni mediante fMRI.
CORRELATI BIOLOGICI DELO SVILUPPO DELLA MOìEMORIA DI LAVORO

NEI SOGG SCHIZOFRENICI ci sono aree in cui avviene in maniera più aumentata.

…………………………………..

Importanza dell’ambiente neurochimico durante lo sviluppo

Fenicheltonuria  malattia genetica rara che porta a delle conseguenze che sono se non curate gravi,
dal punto di vista conitivo, motorio ecc. ma c’è un trattamento molto efficace. Il gene mancante è
quello ce converte la fenilanina in tirosina. La fenilanina fa pt del cibo, carne ecc. se non viene
modificata si accumula, e sopra un certo livello può iniziare ad essere distruttiva. Nek momento in cui è
stato scoperto ciò si è vesto che eliminando carne, uova ecc dalla dieta, c’era un miglioramento.
nonostante l’effetto della dieta è migliorativo, si è notato che questi bambini si collocavano nella fascia
bassa del QI e mostravano alterazioni tipiche di quelli con problemi prefrontali. Questo perché la
scarsità di tirosina causa scarisità di dopamina. I neuroni utilizzano la tirosina per costruire la dopamina
tuttavia la maggior pt dei neuroni che producono dopamina sono in grado di sopportare riduzioni della
comcentrazione di tirosina. Un eccezione però sarebbe costituita dai neuroni dell’area
ventrotegmentale che manda i suoi assoni alla corteccia prefrontale questi neuorni hanno frequenze di
scarica molto alte e sono quindi dei grandi consumatori di..

Sono stati fatti test visti in precedenza per vedere se alla base di questa leggera riduzione del QI ci
fossero collegamento con la prefrontale  i pz a dieta erano deficitari in tutti i test, e ciò era evidente
sin da subito. A stadi più adulti (>10) la barriera ematocefalica matura e protegge maggiormente il
cervello quinidi il minimo rapporto fenilalnina/tiroina che produce alterazioni della memoria di lavoro
diventa più altro.

In generale un’alterazione a livello biochimico può avere effetti sullo sviluppo del SN.

Ruolo della serotonina -> NT importante per il normale sviluppo. Per esempio agisce attraverso
numerosi recettori e uno dei tanti è il recettori di tipo 1°. Studiando nel topo il ruolo dei recettori 1° e
andando a misurare l’ansia (guandando il suo livello di paura quando lascianto in un labirito con una
zona protetta e una non). La serotonina ha un sistema a feedback. Lo scopo dello studio era

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