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ATTENZIONE

James alla fine dell’ottocento (1890) diede una definizione di attenzione,


egli era un funzionalista ovvero un sostenitore di un approccio che
intendeva studiare scientificamente mente e comportamento umano in
relazione all'evoluzionismo Darwiniano. Secondo l’autore L’attenzione è
la presa in possesso da parte della mente in forma chiara e vivida di
uno fra tanti oggetti, o fra tanti treni di pensiero possibile, essa implica
il ritiro di alcune cose allo scopo di occuparsi con maggiore efficacia di
altre. Questa definizione va a sottolineare una serie di aspetti che fanno
parte dei filoni attuali di ricerca per quello che riguarda l’attenzione e i
fenomeni di tipo attentivo.
E’ presente il concetto di elaborazione attiva delle informazioni
rilevanti: l’organismo che è attivo, ricerca attivamente le informazioni
che sono rilevanti per svolgere un determinato compito nell’ambiente
esterno. (questo è molto importante perchè pochi anni dopo nascerà un
approccio, ovvero il comportamentismo, che avrà una visione
profondamente più passiva dell’organismo). James invece ha un’ ottica
molto più cognitivista quindi più contemporanea, e tratta di che cosa si
intende per informazione in modo molto chiaro che definisce:” uno fra
tanti oggetti o fra tanti treni di pensiero possibile”, cioè può essere
qualcosa che proviene dall’ambiente esterno, attraverso gli organi di
senso, che occupano la nostra consapevolezza nell’unità di tempo, siamo
consapevoli di alcune cose che provengono dall’ambiente esterno, ma può
essere anche qualcosa che riguarda il mondo del pensiero (ambiente
interno).
James sottolinea il fatto che consapevolmente ci possiamo occupare di
una cosa alla volta, di un flusso di informazioni che proviene
dall’ambiente esterno, oppure di un'elaborazione di tipo interno.
Dovendosi occupare consapevolmente di un flusso di elaborazione
nell’unità di tempo, è evidente che l’attenzione ha il compito di
proteggere questo flusso di informazioni, implica quindi il ritiro da
alcune cose, ha lo scopo di occuparsi con maggiore efficacia di altre.
Quindi nell’unità di tempo sostanzialmente i fenomeni attentivi ci
permettono di proteggere il sistema di elaborazione dell’informazione
dalle interferenze di altri possibili fonti di informazioni, che potrebbero
occupare lo spazio della nostra consapevolezza.
James si occupa anche dei limiti del sistema di elaborazione delle
informazioni, sono impliciti nella definizione di James anche il concetto
di selezione delle informazioni rilevanti, vi è anche il concetto di
serialità nell’elaborazione consapevole dell’informazione. Quindi siamo
in grado di poter attivare e disattivare le informazioni relative a un
determinato flusso di elaborazione delle informazioni, ma
contemporaneamente non possiamo occuparci di più di una cosa alla volta
consapevolmente. Da qui derivano tutti i fenomeni attentivi. 

Gli stadi iniziali/percettivi di un modello di processo delle informazioni,


sono legati fondamentalmente alla creazione di una rappresentazione del
mondo esterno quindi aspetti sensoriali ed aspetti percettivi.
Gli stadi centrali o cognitivi sono quelli che hanno a che fare con la presa
di decisioni che può coinvolgere una risposta motoria, sulla base anche di
informazioni depositate a lungo termine: in cui sono presenti i nostri
ricordi (la memoria episodica),tutte le conoscenze che noi abbiamo del
mondo (la memoria semantica), tutte le misure percettivo motorie che noi
siamo in grado di mettere in  campo, sono in grado di parlare di
camminare etc... (la memoria procedurale) e il lessico.
Si ha quindi una continua registrazione di informazioni nella memoria a
lungo termine ma si ha anche un recupero di queste, una riattivazione in
quella che viene chiamata la memoria di lavoro: in essa sono rappresentate
informazioni che provengono dall’ambiente esterno ma anche
dall’ambiente interno. Tutto questo lavoro di registrazione e recupero si
traduce in decisioni che l’individuo è in grado di prendere, che
eventualmente possono prevedere un comportamento manifesto, il quale
ha degli effetti nell’ambiente esterno i cui effetti fanno parte dell'input del
sistema insieme agli altri stimoli presenti nell’ambiente esterno.
La working memory o memoria di lavoro è uno spazio cognitivo delicato,
veniva chiamata memoria a breve termine a fine anni 60, a partire dagli
anni 80 in avanti si tende a parlare di memoria di lavoro che
fondamentalmente è ciò che noi proviamo in ogni istante. Ha
caratteristiche specifiche, intanto la quantità di informazione
rappresentabile non è molta, si parla di sette più o meno due unità di
informazioni, dove per unità informazione si può intendere sia qualcosa di
atomico (ristretto) ma anche degli aggregati di informazione più
complessa. Queste informazioni possono essere dimenticate e sono
soggette a interferenza (se sto facendo un'operazione e qualcuno mi distrae
non riesco a farla). Questo spazio cognitivo di lavoro va protetto, i
meccanismi attentivi servono per proteggere questo spazio cognitivo di
lavoro. I fenomeni attentivi sono a un livello sovraordinato, servono per
regolare il flusso di elaborazione delle informazioni e permettono di far
coincidere ciò di cui noi ci stiamo occupando nella nostra memoria di
lavoro con la consapevolezza che noi abbiamo di questa informazione, il
sistema si è evoluto però in un modo tale per cui anche se noi siamo
fortemente concentrati su un compito perché in quel momento fa parte
degli scopi di quell’individuo, ciò che proviene dall’ambiente esterno di
fatto viene comunque elaborato. Il fenomeno dell’interferenza ha un valore
adattivo altissimo (se io sono un animale predatore che sta cacciando, il
mio compito è quello di rilevare info per catturare la presa, se ci fossimo
evoluti per eliminare ogni altra fonte di stimoli e per focalizzare solamente
le poche risorse cognitive solo su questo compito, allora potrebbe essere
che un possibile predatore che si sta avvicinando a me potrebbe non essere
rilevato.). Il sistema di è evoluto quindi in due direzioni da una parte
favorire l’elaborazione degli stimoli che sono rilevanti per svolgere un
determinato compito e proteggere le capacità limitate del sistema di
lavorazione delle informazioni,  dall’altro però questa protezione non
prevede il fatto che non ci sia elaborazione per proteggere il sistema. 

 Attenzione spaziale - orientamento


L’attenzione può essere catturata da stimoli presenti nell’ambiente
esterno ,orientamento esogeno dell’attenzione, qualsiasi discontinuità
percettiva presente nell’ambiente esterno cattura l’attenzione. Per
discontinuità percettiva si intende una novità nel mio spazio visivo, negli
stimoli uditivi, negli stimoli tattili queste catturano la nostra attenzione. Un
organismo che sposta la propria attenzione su ogni novità ambientale è un
organismo che è avvantaggiato rispetto a un organismo che non tratta in
modo urgente qualsiasi novità ambientale (prospettiva evoluzionistica).
Possiamo orientare la nostra attenzione nello spazio anche in modo
volontario sulla base di scopi e intenzioni, si parla in questo caso di
orientamento endogeno cioè il soggetto orienta la propria attenzione
volontariamente in base a bisogni e scopi. L’orientamento dell’attenzione
può essere quindi automatico cioè catturato in modo automatico da ciò che
è presente nell’ambiente, ma può essere anche volontario sulla base di
scopi e intenzioni dell’individuo. Un’altra dimensione è che l'orientamento
possa essere di tipo implicito o esplicito, per esplicito si intende quando
c’è anche un comportamento motorio evidente di orientamento
dell’attenzione in una certa regione dello spazio.
L’attenzione può essere anche implicita ovvero senza movimenti corporei
finalizzati all’allineamento dei recettori alla fonte di informazione, questo
è vero sia nella modalità automatica che volontaria. L’attenzione oltre a
essere catturata in modo automatico e poter essere diretta in modo
volontario nello spazio percettivo, possa essere orientata in modo esplicito
ma anche in modo implicito ovvero senza movimenti manifesti e chiari del
soggetto verso la fonte dell’informazione. Queste situazioni sono state
verificate in situazioni di laboratorio, in cui vengono semplificate le
variabili presenti nel complesso ambiente reale però mantenendo la
verosimilità con l’ambiente. Questo è stato fatto da Posner, un ricercatore
degli anni 80’, il quale si è chiesto se lo spostamento implicito che sia
endogeno (volontario) o esogeno (automatico), abbia un effetto sul sistema
di elaborazione delle informazioni, se ci rende più efficaci
nell’elaborazione di stimoli. Per verificare ciò ha creato un paradigma di
questo tipo:

Ogni riga che vedete corrisponde alla schermata di un computer, vediamo


un punto di fissazione centrale, una croce centrale e due box laterali, il
compito del soggetto è molto semplice in cui il soggetto ha il compito di
premere un pulsante alla comparsa di uno stimolo, lo stimolo è un
cerchietto che può comparire all’interno di uno dei due box in modo
casuale. indipendentemente da dove appaia questo cerchio il compito del
soggetto è quello di premere la barra spaziatrice. Prima della comparsa del
cerchio uno dei due box sfarfalla, dopo di che appare il cerchio. Nell'80%
delle prove il cerchietto appare nel box che ha appena sfarfallato questo
tipo di prove si chiamano prove valide, sfarfalla il box di sinistra e il
cerchio appare in quel box. C’è un 20% di prove in cui questo non accade
ma succede esattamente il contrario, queste prove si chiamano invalide.
Quindi abbiamo una situazione sperimentale in cui il soggetto sposta
l’attenzione in una certa regione dello spazio ed effettivamente ciò che è
importante per lui appare in quella regione di spazio, ma c’è anche una
situazione in cui l’attenzione è concentrata in una certa regione dello
spazio ma ciò che è rilevante succede da un altra parte. Posner ha studiato
l’orientamento implicito dell’attenzione quindi senza orientamento oculare
e per fare ciò ha chiesto al soggetto di mantenere gli occhi sulla croce di
fissazione. Il vantaggio che vi è nel tempo di reazione che è presente nelle
prove valide rispetto a quelle invalide non è da ascriversi a fenomeni di
tipo visivo come ad esempio l’acuità visiva ma a fenomeni di tipo
attentivo. Esistono dei sistemi per escludere quelle prove in cui il soggetto
non è riuscito a mantenere la consegna del ricercatore. Con questo tipo di
paradigma si ha un vantaggio delle prove valide sulle prove invalide, in
termini dei tempi di reazione, cioè il soggetto è più veloce in un numero
considerevole. Posner ha inserito una situazione che ha chiamato neutra in
cui non c’era soltanto un box che sfarfallava casualmente a sinistra o a
destra ma erano entrambi i box che sfarfallavano in questo modo
l’attenzione secondo posner era equamente distribuita nelle regioni sinistre
e destre dello spazio visivo. Il tempo di reazione che ha trovato è
intermedio rispetto ai tempi delle prove valide e invalide. Quindi Posner
era riuscito con queste esemplificazioni di laboratorio a simulare quello
che succede nelle realtà, ovvero novità che viene esemplificata con un box,
novità percettive che catturano l’attenzione del soggetto e producono dei
vantaggi nei termini di elaborazione dell’informazione, qualora
effettivamente ciò che è rilevante accada proprio in quella regione dello
spazio ma producono un costo nel caso contrario.
Questo è l’orientamento automatico perchè è una novità presente alla
periferia del campo visivo, con una semplice modifica Posner è riuscito a
esemplificare la situazione di orientamento volontario dell'attenzione.
Prima della comparsa dello stimolo, invece di avere uno dei due box che
sfarfalla quello che succede è che compare una freccia  che punta verso
sinistra o destra sul punto di fissazione. Anche in questo caso ci sono le
prove valide e le prove invalide, quello che si trova è che c’è un vantaggio
sulle prove valide su quelle invalide. Ha anche sviluppato una prova
neutrale in cui le frecce puntano da entrambi i lati e in questo caso il tempo
di reazione è intermedio rispetto a quelle valide o invalide. L’orientamento
dell’attenzione si traduce in un beneficio che è esprimibile sottraendo il
tempo di reazione delle prove valide a quello delle prove neutre e anche in
un costo che ricavo sottraendo il tempo delle prove neutre dal tempo di
reazione delle prove invalide. L’attenzione può quindi essere orientata
nello spazio in modo implicito dando origine a costi e benefici attentivi. 
L’orientamento automatico e l’orientamento volontario che si traducono
dal punto di vista comportamentale in una efficienza maggiore del sistema
di elaborazione dell’informazione qualora l’informazione rilevante appaia
nella regione di spazio a cui in quel momento sto prestando attenzione,
hanno però caratteristiche diverse. Hanno una base neurale differente
l’orientamento automatico dipende da una buona funzionalità dei lobi
parietali, mentre l’orientamento volontario dipende da una buona
funzionalità dei lobi frontali. Pazienti che hanno lesioni parietali hanno
disturbi nell'orientamento automatico, viceversa pazienti che hanno lesioni
nel lobo frontale hanno disturbi nell orientamento volontario (disturbo
vuol dire che non osserviamo o osserviamo dei benefici o dei costi che
sono ridotti nei soggetti normali). Posner ha dimostrato che l’orientamento
automatico non può essere interrotto, se ad esempio sfarfalla prima un box
e poi un altro e di seguito viene presentato lo stimolo (il cerchio) vi sono
risultati sperimentali che il soggetto ha dei tempi di reazione più veloci se
lo stimolo viene presentato nel primo box che sfarfalla. Invece
l’orientamento volontario può essere interrotto ad esempio se prima
compare una freccia e poi l’altro box sfarfalla avremo benefici per quanto
riguarda il box che ha sfarfallato, vince l’orientamento automatico su
quello volontario. 
L’orientamento automatico non dipende dalle aspettative infatti, se noi
spostiamo il rapporto di 80/20 a 50/50, noi non creiamo più delle
aspettative nel soggetto poiché se sfarfalla il box di sinistra lo stimolo ha il
50% di apparire nel box di destra e il 50% di apparire in quello di sinistra.
In questo caso si hanno ancora benefici e costi attentivi. Mentre invece
l’orientamento volontario dipende dalle aspettative infatti se portiamo il
rapporto tra valido e invalido a 50/50 dopo un po’ il soggetto si rende
conto che l’indizio non è informativo e quindi non orienterà più
l’attenzione, scompaiono benefici e costi attentivi. In più l’orientamento
automatico non è soggetto di interferenza da compito secondario mentre
l’orientamento volontario è soggetto a questo tipo di interferenza. 
L’orientamento dell’attenzione nello spazio percettivo produce dei benefici
e dei costi nel sistema delle elaborazione delle informazioni. 

 Attenzione spaziale-visiva
All’interno del compito di ricercare informazioni nello spazio visivo, c’è
una forte interazione tra processi di tipo attentivo ma anche di processi di
tipo preattentivo. Questi processi di tipo preattentivo sono
fondamentalmente portati avanti in modo parallelo mentre i processi di
tipo attentivo hanno una componente seriale. Per verificare l’attenzione
spaziale visiva è posto davanti al soggetto un computer piena di T oblique
(lettere T oblique chiamate distrattori) e tra queste vi è una T posta in
verticale. L’occhio umano riconosce quasi in modo automatico la T posta
in verticale poiché è incongruente con il resto delle lettere. Il soggetto poi
con un pulsante dovrà dire se è presente la lettera in verticale oppure no. Il
tempo di reazione per rilevare la T verticale è indipendente dal numero di
distrattori presenti (T oblique). Se però trasformiamo il compito e diciamo
al soggetto di trovare la T verticale in un display in cui sono presenti oltre
alle T oblique anche delle R nella maggior parte di casi notiamo che il
soggetto fa più fatica, il compito non avviene in modo così immediato
come in precedenza nonostante in linea di principio il compito sia lo stesso
o addirittura più semplice. Se noi variano il numero di distrattori presenti e
mettiamo la lettera T o con delle I e delle Y o con delle I e delle Z il
tempo di reazione cambia. Infatti nel primo caso il tempo di reazione è
quasi piatto → con un distrattore siamo a poco meno di 400 millisecondi
mentre con 30 distrattori siamo a circa 500 millisecondi. Invece nel
secondo caso → si va da 400 millisecondi con un distrattore però diventa
più del doppio con 30 distrattori. Questo si chiama fenomeno del pop out
cioè in certe condizioni lo stimolo emerge dalla scena visiva, queste
condizioni possono essere svariate ad esempio nel primo esperimento era
l’orizzontalità della T, che non vi era nel secondo caso poiché c’erano
anche le R che erano poste in verticale quindi si faceva più fatica a
rintracciare la T. Quindi quando in una scena visiva il nostro target è
identificabile sulla base di una caratteristica visiva si ha il tempo di
reazione piatto, quando invece il nostro target deve essere identificato su
una base di combinazioni di caratteristiche poiché alcune le condivide con
altri stimoli, il tempo di reazione aumenta in modo esponenziale, in modo
direttamente proporzionale con il numero di distrattori presenti
nell’ambiente. La ricerca visiva (la ricercatrice che ha iniziato questo
filone si chiama Treisman negli anni 80), avvenga sulla base di due stadi di
elaborazione dell’informazione che sono uno seguente all’altro. Una fase
di elaborazione preattentiva in cui si ha un estrazione automatica di tutte
le caratteristiche di tutti gli stimoli presenti nella scena visiva.
Successivamente su questo primo stadio dell’elaborazione
dell’informazione interviene una fase successiva di tipo attentivo in cui
l’attenzione focalizzata si sposta per combinare le caratteristiche rilevanti
con il processo preattentivo, questo tipo di elaborazione e di tipo seriale,
quindi il soggetto partirà da una singola regione del campo visivo
assemblando e prendendo consapevolezza delle varie caratteristiche degli
stimoli. Quando il target ha una caratteristica che lo contraddistingue la
risposta può essere data sulla base dell’elaborazione preattentiva, il
fenomeno del pop out accade perché sulla base dell’elaborazione
preattentiva la risposta c’è già e l’elaborazione attentiva viene direzionata
in quella regione di spazio ed è il primo stimolo viene elaborato
direttamente. 
 
In questo modello che contiene nella parte bassa l'identificazione delle
caratteristiche degli stimoli che arrivano poi a comporre lettere, per poi
andare a formare le parole. 
Dal punto di vista applicativo questi tipo di studio sono rilevanti per
situazioni di tipo lavorativo/commerciale in cui io voglio fare in modo che
qualche tipo di informazione sia trattata in modo privilegiato rispetto ad
altre informazioni. 
 Attenzione selettiva parte I
Nell’unità di tempo noi siamo bombardati da una serie di stimoli che
provengono dall’ambiente esterno attraverso gli organi sensoriali, abbiamo
però anche un serie di flussi di informazione interiori che sono in sospeso,
i quali riguardano pianificazione, progettazione, pensieri che noi stiamo
prendendo in considerazione e che devono essere riattivati in favore di
altri.
L’attenzione selettiva è la capacità di selezionare una o più fonti di
stimolazione esterna in presenza di informazioni in competizione.
Possediamo anche abilità ad elaborare in modo privilegiato le
informazioni rilevanti e abilità ad inibire le informazioni irrilevanti per il
compito. Alcuni studi riguardanti l’attenzione selettiva hanno portato a
concludere che ci sia una larghissima elaborazione delle informazioni che
non sono rilevanti in un dato momento, che questa elaborazione sia a
livello profondo per quanto riguarda il significato,di questa elaborazione
ne possiamo essere consapevoli, ma in alcuni casi possiamo anche non
essere consapevoli, ma indipendente dal fatto che siamo consapevoli o
meno questa elaborazione profonda a livello del significa influenza la
prestazione del soggetto. Il fatto che noi non siamo in grado di selezionare
in modo perfetto ciò che sia rilevante e scartare ciò che non lo è, di fatto è
un vantaggio per un organismo, per prospettiva adattiva, che pur essendo
concentrato in un’attività continua ad elaborare informazione che proviene
dall’ambiente esterno e che può essere imprevedibile. Quindi la
distraibilità e l’interferenza che possono creare informazioni che non sono
inerenti al compito è in realtà un vantaggio dal punto di vista
evoluzionistico. 
La tecnica dell'ascolto dicotico è stata introdotta da Cherry nel 1953 e
vuole riprodurre in laboratorio quella situazione in cui arriviamo a una
festa ci sono vari gruppi di persone che parlano e noi riconosciamo i nostri
amici e ci inseriamo in un flusso comunicativo (fenomeno del cocktail
party). Noi riusciamo a seguire il flusso comunicativo come se fosse
l’unico e riusciamo a filtrare molto bene l’informazione non rilevante
ovvero i gruppi di fianco. Il soggetto ha una cuffia in cui arrivano due
messaggi differenti nella parte destra e sinistra della cuffia. Il soggetto
deve prestare attenzione solamente a un'informazione su due poiché dopo
(tecnica dello shadowing), devo ripetere ciò che viene detto nell’orecchio
di sinistra ad esempio. Il soggetto riesce a svolgere molto bene questo
compito, senza difficoltà, si può anche misurare lo scarto tra l’arrivo del
messaggio e la riproduzione, questo scarto è del tutto sovrapponibile
quindi non vi è interferenza. Cherry dopo chiedeva ai soggetti se si
ricordassero il messaggio che doveva essere ignorato, i soggetti infatti non
ricordavano nulla per quanto riguarda il significato (punto di vista
semantico), ma riuscivano a ricordare se a parlare fosse un uomo o una
donna. I primi studi hanno portato all’idea che l’attenzione selettiva
operasse come un filtro selettivo, che di fatto lavora sugli aspetti fisici del
segnale escludendo i flussi comunicativi a cui non dobbiamo prestare
attenzione.
Selezione precoce: l’attenzione agisce come un filtro che blocca
l’elaborazione delle informazioni irrilevanti, e selezione tardiva: le
informazioni irrilevanti vengono processate in modo completo.
L’attenzione interviene tardivamente e controlla l’accesso al flusso di
coscienza.
Di
queste due posizioni i primi esperimenti di cherry portavano verso la
selezione precoce, invece adesso le evidenze favoriscono la selezione
tardiva. Con un'immagine di tipo grafico si vede che il primo schema è
l’ipotesi della selezione precoce, dove abbiamo la detenzione di più
segnali ma l’attenzione agisce come un filtro periferico prima di arrivare a
livelli più profondi di elaborazione che portano al riconoscimento
all’elaborazione semantica dell’informazione. Mentre l’ultimo schema si
riferisce alla selezione tardiva dove vi è detenzione e c’è anche
riconoscimento ed elaborazione profonda il filtro attentivo interviene dopo
per arrivare alla consapevolezza. In realtà era stata posta anche un’ipotesi
intermedia tra le due, l’idea che l’attenzione selettiva funzionasse in modo
da inibire in parte il passaggio di filtro periferico, ma non totale per cui
alcune delle informazioni che riguardano ciò a cui non dobbiamo prestare
attenzione vengono elaborato.Studi successivo sempre con l’ascolto
dicotico hanno portato a favorire la selezione tardiva, ad esempio se noi
diamo lo stesso messaggio desincronizzato in entrambe le cuffie i soggetti
lo notano. I bilingue si rendono conto anche dello stesso messaggio in
lingue diverse. E’ stato studiato anche il fatto che anche se noi siamo
concentrati su un flusso comunicativo ma qualcuno affianco a noi
pronuncia il nostro nome la nostra attenzione si sposta verso quella regione
di spazio e verso quel flusso comunicativo, questo vuol dire che c’è
elaborazione dell’informazione a cui noi non prestiamo attenzione, non ne
siamo consapevoli e qualora questa informazione abbia caratteristiche di
priorità entra nella nostra consapevolezza. In un altro esperimento infatti
all’interno del messaggio a cui non dovevano prestare attenzione hanno
inserito il loro nome e il soggetto se ne accorgeva. 
 Attenzione selettiva parte II
Sono stati utilizzati dei compiti in cui vi è un conflitto tra informazione
che si attiva automaticamente e che tende ad attivare automaticamente una
risposta che però sulla base delle consegne date al soggetto può non essere
corretta e informazioni invece che devono essere elaborata per risolvere
correttamente il compito. Questa risposta che viene attivata
automaticamente, influenza la prestazione oppure no? Anche quando è
irrilevante influenza la prestazione. Per risposta attivata automaticamente
si intende una risposta che viene attivata automaticamente per
condizionamenti precedenti o su basi di condizioni genetiche
predeterminate. Nel campo verbale i compiti utilizzati sono gli effetti
Stroop e Flanker, quando si parla di informazioni visivo spaziale il
compito principale utilizzato è l’effetto Simon. Questo è l’effetto Stroop:

 
Il compito del soggetto è quello di denominare il colore con cui è scritta la
parola, indipendentemente dal significato della parola. Il colore della
parola e il significato della parola sono congruenti nella colonna b e questa
viene detta situazione appunto congruente. In questo tipo di situazione
individuare il colore è agevole, misurando il tempo di reazione e il numero
di errore il primo è molto veloce e gli errori sono assenti. La situazione
cambia molto quando il colore con cui è scritta la parola e il significato
della parola sono incongruenti. In questo caso si crea un'interferenza. Vi è
poi anche una situazione neutra in cui le parole non riguardano i colori e
questa è una situazione intermedia tra la situazione congruente ed
incongruente. 
Prima situazione: tempi di reazione veloci e pochi errori
Seconda situazione: tempi di reazione lenti e molti errori
Terza situazione: intermedia nei tempi di reazione e negli errori.  
L'effetto Stroop dimostra che non riusciamo a non elaborare
l’informazione non rilevante ovvero il significato della parola, questo
effetto è ineliminabile. 
Effetto Flanker: 

Questo compito utilizza la stessa logica dell’effetto Stroop, abbiamo una


situazione congruente e una situazione incongruente, al soggetto sono dati
due tasti per rispondere e deve rispondere relativamente alla presenza di
due lettere, la T e la F. Il soggetto dovrà premere il tasto quando la lettera
T e in mezzo alle altre lettere, l’informazione rilevante quindi e la lettera
centrale e le informazioni irrilevanti sono le lettere a destra e a sinistra.
Anche in questo caso vi è una differenza nel tempo di reazione tra le prove
congruenti ovvero quando ci sono solo lettere T e le prove incongruenti
quando sono presenti altre lettere. Il tempo di reazione anche gli errori
delle prove congruenti e minore rispetto alle prove incongruenti. Ancora
una volta le informazioni irrilevanti vengono elaborate a livello profondo
di significato e competono per la selezione della risposta. 
L’effetto Simon: vantaggio delle prove corrispondenti, in termini di
velocità ed accuratezza della risposta, rispetto alle prove non
corrispondenti

Nel dominio visivo spaziale, il compito che viene utilizzato per studiare i
fenomeni di tipo attentivo selettivo è l’effetto Simon. In questo effetto, al
soggetto sono dati due pulsanti per rispondere, al soggetto si dice che un
pulsante è associato ad uno stimolo x e l’altro pulsante è associato l’altro
stimolo y. Si dice al soggetto quando appare lo stimolo x premi il pulsante
di sinistra mentre quando appare lo stimolo y premi quello di destra.
Questi stimoli possono apparire in modo casuale e in due posizioni
differenti ovvero a sinistra o a destra del punto di fissazione.
L’informazione rilevante è lo stimolo x/y mentre l’informazione irrilevante
è la posizione che lo stimolo occupa nello spazio. Quello che si vede è che
c’è un vantaggio nelle prove corrispondenti ovvero quando lo stimolo
appare nel lato in cui noi dobbiamo premere il tasto. Nelle prove non
corrispondenti vi è uno svantaggio nei tempi di reazione. 
L’effetto Simon si presume sia dovuto all'attivazione parallela, allo stadio
di selezione della risposta, di due vie di elaborazione dell’informazione,
una via automatica ed una via controllata
Via automatica: basata su associazioni S-R molto forti (super apprese o
geneticamente determinate), porta all’attivazione della risposta
spazialmente corrispondente allo stimolo.
Via controllata: basata su associazioni S-R deboli, stabilite dalle
istruzioni che sono date al soggetto. 
Gli effetti Stroop, Flanker e Simon dimostrano che l’informazione
irrilevante, qualora tenda ad attivare automaticamente una risposta, è
comunque elaborata completamente (a livello profondo, semantico). La
risposta attivata automaticamente produce conflitto e deve essere inibita in
favore della risposta corretta. Conflitto e inibizione sono processi che
comportano consumo temporale e errori. Quindi l’elaborazione profonda
automatica non è necessaria ma controproducente. 
 Attenzione selettiva parte III
La tecnica della percezione subliminale è stata studiata in questo modo
(nella figura A troviamo un soggetto che strangola un altro soggetto con
una cravatta, nella figura B un soggetto da un caffè all’altro soggetto, nella
figura C troviamo un soggetto in piedi da solo): poniamo di prendere la
figura che troviamo in C, questo stimolo viene fatto vedere a un certo
numero di soggetti in sessione individuale chiedendo se questo tipo di
modello produce un giudizio negativo o positivo. Viene scelta
un'immagine che viene visto da circa il 50% dei soggetti in modo positivo
e nell’altro 50% in modo negativo. I soggetti che compiono questi compito
di giudizio non vengono utilizzati nella fase di successiva che riguarda la
percezione subliminale, questo perché vengono presi a ruolo altri soggetti
a cui faccio fare lo stesso giudizio però prima di compiere questo giudizio
alla metà di questi soggetti si presenta in modo subliminale l’immagine del
pannello A mentre all’altra metà viene presentata l’immagine del pannello
B. Subliminale vuol dire che il tempo di esposizione delle immagini è
talmente breve (10/15 millisecondi) per cui il soggetto riporta di aver visto
un flash oppure niente, non è consapevole di ciò che ha visto. Quindi dopo
aver presentato le immagini subliminali A/B facciamo fare lo stesso
giudizio che avevamo fatto fare ai soggetti iniziali riguardante l’immagine
C. L’ipotesi è che se c’è elaborazione profonda a livello di significato di
un'informazione di cui non sono consapevole, allora è possibile che ci
siano degli spostamenti sui giudizi che vengono dati dalla positività o
meno dell’immagine subliminale. Infatti non otteniamo più 50/50 ma si
passa a un 70% di giudizi positivi qualora il giudizio sia stato preceduto
dall’immagine nel pannello B mentre vi è un 70% di giudizi negativi
qualora il giudizio sia stato preceduto dall’immagine nel pannello A.
Questo vuol dire che c’è elaborazione profonda a livello del significato
anche di materiale di cui non sono consapevole, questa elaborazione
profonda influenza la mia attività mentale anche a livelli di formazione di
atteggiamenti e opinioni e quindi anche condizionare la mia emissione di
un giudizio. 
Simili risultati sono ottenuti con la tecnica del Priming semantico, nel
compito di Priming il soggetto deve fare un giudizio di decisione lessicale,
cioè viene presentato una stringa di lettere che può essere una parola di
senso compiuto o una non parola. 
 
200 ms prime → 100 ms              target
Dottore → schermo bianco          ospedale   Congruente
Montagna→ schermo bianco       ospedale   Incongruente

In questo caso il target è la parola su cui il soggetto deve compiere il suo


giudizio lessicale, la parola è ospedale, vengono presentate anche delle non
parole in cui il soggetto deve premere il pulsante opposto a quello delle
parole di senso compiuto (parole tasto dx/ non parole tasto sx). Il soggetto
emette la risposta sul target (ospedale), immediatamente prima della
comparsa  di questa stringa di lettere su cui il soggetto deve fare il compito
di decisione lessicale viene presentata una parola detta prime che può
essere congruente/incongruente dal punto di vista semantico al target. Se
prima per circa 200 millisecondi viene presentata una parola congruente il
tempo di reazione nel dire che ospedale è una parola è più breve rispetto
alla situazione in cui il prime è incongruente. 
Si può abbassare il tempo di esposizione del prime da 200 millisecondi
fino 16,7 millisecondi e che immediatamente prima e dopo il prime, nella
stessa posizione, siano presenti per 100 millisecondi delle X, il soggetto
quindi non si accorge delle delle ossa. L'effetto priming rimane anche
quando il prime è presentato in modo subliminale, l’effetto di
facilizzazione che viene descritto nel compito di priming semantico
quando il prime è percepibile in modo consapevole permane anche quando
viene percepito in modo subliminale. Ogni informazione viene elaborata a
livello profondo del significato che ne influenza la prestazione, qualora io
devo accedere a quella regione del sistema di conoscenze io ho una
prestazione molto più efficace in termini di tempi di reazione rispetto a
quando io devo accedere a un altra regione del sistema di conoscenze.
 Attenzione divisa: risorse e interferenze
Ci sono delle situazioni in cui io non riesco a svolgere delle attività
contemporaneamente, non posso ascoltare la radio e seguire una
conversazione, essere consapevole di entrambi i flussi comunicativi. Così
come non posso fare il caffè e scrivere una lettera, questa tipo di
interferenza che possono esercitare due attività tra di loro viene chiamata
interferenza periferica, che può essere causata da input nel senso che
non posso dedicare gli stessi canali di acquisizione dell’informazione per
due attività contemporaneamente. Il multitasking non è elaborare
contemporaneamente elaborare due flussi di informazione
contemporaneamente ma è il farlo in sequenza con un ottimizzazione delle
due elaborazioni. L’interferenza periferica da output si ha quando
pretendo di utilizzare le stesse parti del mio corpo per svolgere più attività
contemporaneamente. E’ possibile però fare il caffè e al tempo stesso
posso svolgere un'altra attività che non interferisca in modo periferico
come ascoltare la radio, quindi due attività che non interferiscono in modo
periferico tra loro possono essere svolte contemporaneamente in certe
condizioni proviamo infatti a pensare di fare il caffè a casa di un nostro
amico e che la caffettiera non sia la solita. Poniamo quindi che non posso
mettere in atto procedure motorie automatizzate e ben note, in questo caso
pur non interferendo in modo periferico non riuscirò ad ascoltare la radio.
E’ evidente che due attività possono interferire non solo in modo periferico
da input o da output richiedendo parte del nostro corpo che servono per
entrambe le attività, ma possono interferire anche a livello centrale.
L’interferenza centrale (Hirst e Kalmar, 1987) è di due tipi:
interferenza da materiali simili e interferenza da risorse attentive. Se
noi leggiamo qualcosa e ascoltiamo una conversazione queste due attività
non interferiscono in modo periferico infatti per leggere ci servono gli
occhi e per ascoltare ci servono le orecchie, però anche questa attività può
essere svolta passando le mie risorse di elaborazione da un'attività all’altra
non possono essere svolte simultaneamente. Se invece di leggere un
articolo stiamo guardando una rivista con soltanto fotografie e nel
frattempo stiamo ascoltando un dialogo parlato, in questo modo succede
che noi riusciamo a svolgere le due attività contemporaneamente, avremo
consapevolezza di tutti e due i flussi di elaborazione. In assenza di
interferenza periferica noi troviamo ancora interferenza centrale qualora le
due attività abbiamo lo stesso tipo di materiale, di tipo verbale, di tipo
visuo spaziale. Quando noi pretendiamo di utilizzare gli stessi processi
cognitivi in particolare le due componenti della memoria di lavoro,che è
composta da una componente che serve per elaborare informazioni di tipo
visuospaziale e una componente che serve per elaborare informazioni di
tipo verbale, quando pretendo che entrambi i flussi di informazioni
insistono sulla stessa componente allora la prestazione decade poiché
interferiscono in modo centrale tra di loro. Quando ho la possibilità di
dedicare un componente della memoria di lavoro a un'attività e un altro
componente ad un’altra attività cambia la prospettiva, si riescono a
svolgere le attività contemporaneamente con molte meno interferenze.
Anche quando non c’è lo stesso materiale è possibile che si abbia ancora
interferenza di tipo centrale che viene chiamata interferenza centrale da
risorse attentive (Kahneman 1973), una delle due attività è fortemente
automatizzata quindi abbiamo bisogno di pochissime risorse attentive per
monitorare questa attività, se però questa attività non è automatica allora si
torna a un processamento di tipo controllato che richiede risorse attentive,
consapevolezza, impegno, grava su processi mentali di tipo volontario e
tutta questa messa in campo di processi mentali strategici, volontari e
consapevoli richiede risorse attentive. Risorse attentive che possono essere
erogate nell’unità di tempo sono limitate, se il compito che io sto facendo
mi cattura e ha bisogno di tutte le risorse attentive che io ho bisogno in un
dato momento mi trovo in difficoltà a dedicare risorse attentive ad un altro
compito anche se fosse automatico questo altro compito. 
Per quanto riguarda l’interferenza da materiale simile qualora le due
attività abbiano materiale differente (verbale/visuo spaziale) si esercita un
interferenza di attività molto minore e qualora non richiedono un eccesso
di risorse attentive possono essere svolte contemporaneamente. Esistono
risorse neurali differenti per elaborare materiale di tipo verbale o di tipo
visuo spaziale, l’emisfero di sinistra in tutti i destrimani e nella maggior
parte dei mancini è deputato all’elaborazione di materiale di tipo verbale
indipendentemente dalla funzione cognitiva di cui parliamo, se stiamo
guardando delle parole, se le sentiamo, se cerchiamo di recuperare
informazione dalla memoria, se parliamo o scriviamo in linguaggio
matematico. Se abbiamo a che fare con figure geometriche, volti,
espressioni emotive delle emozioni, se stiamo ascoltando linguaggio non
verbale, se stiamo toccando una superficie da cui deriviamo una forma,
tutte le altre attività che non hanno una caratteristica di tipo verbale si
rifanno a centri neurali nell’emisfero di destra. Dato che abbiamo risorse
neurali differenti localizzate nei due emisferi cerebrali che sono
funzionalmente e anatomicamente separati questo genera la possibilità,
qualora non interferiscono le due attività delle risorse centrali, si da la
possibilità in questo modo di svolgere più attività contemporaneamente.
Qualora invece abbiamo a che fare con lo stesso materiale ciò non è
possibile perché noi non possiamo pretendere che gli stessi centri neurali si
occupino contemporaneamente di elaborare in modo consapevole i flussi
dell’elaborazione dell’informazione. 

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