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Guardare gli altri, capire gli altri

5.1  Il movimento non va pensato  Una concezione antichissima ha tenu-


to distinte, nella fisiologia umana, le aree sensoriali dalle aree motorie; a
unirle erano deputate delle cosiddette aree associative. Secondo questo
modello il sistema motorio avrebbe un ruolo meramente esecutivo, e si
riproporrebbe in termini medici e scientifici l’annoso dualismo tra anima
e corpo. A una domanda però non si è mai saputo rispondere: quando il
pensiero e la percezione diventano movimento?
Negli ultimi decenni si è cominciato a sospettare che il sistema motorio
One of us? possedesse funzioni non strettamente riconducibili alla pura esecuzione,
e ci si è cominciati a chiedere se le varie aree coinvolte nel movimento la-
vorassero in gerarchia o in parallelo. A un certo punto un cambiamento di
paradigma è stato necessario quando in aree parietali posteriori, di solito
sede di attività associative, è stata individuata attività neurale connessa
ad atti motori. Fu chiaro che tripartire il sistema in aree percettive, sen-
soriali e motorie era una semplificazione. Il sistema motorio non è l’ese-
cutore di comandi decisi altrove. Attività di solito considerate «superiori»
come riconoscere le azioni altrui, l’imitazione o la comunicazione gestua-
le e vocale non solo rimandano al sistema motorio, ma possono anzi tro-
varvi una base neurale primaria.
Una scoperta sorprendente fatta nel macaco è che, in un’area della cor-
teccia frontale nota come f5, i neuroni non codificano movimenti singoli e
isolati, ma atti motori completi. La scoperta ha subito innescato una serie di
studi e di riflessioni sulla motricità nelle scimmie e naturalmente nell’uo-
mo. Che vuol dire che un neurone codifica un atto motorio completo?
Paradossalmente il cervello umano capisce benissimo le macchine e
i meccanismi, ma fatica a capire i processi organici. Del resto, come ha
detto qualcuno, il cervello non si è evoluto per capire se stesso, e, fra tutte
le discipline, la biologia è quella che più ci pare controintuitiva, perché

¢ 94. Tod Browning, Freaks, 1932.

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– come abbiamo già detto – cerchiamo di smontarla come facciamo con afferrare-con-la-mano-e-con-la-bocca», «neuroni-strappare», «neuroni-
le macchine, cercandone il funzionamento mentre dobbiamo coglierne il manipolare». Ma dunque, è possibile che un neurone riconosca il signifi-
divenire, l’incessante trasformarsi. cato funzionale di un atto?
Per prendere un bicchiere non sommiamo una serie di piccole azioni in Interagire col mondo non è mai un fatto neutro, anzi è soprattutto un
sequenza. La somma di azioni è quello che fanno le macchine. Per pren- fatto emotivo. Le cose non sono semplicemente guardabili o toccabili, ma
dere un bicchiere, un arto meccanico si dovrà prima allungare, poi si avrà sono pericoli o opportunità. Il mondo è un luogo fatto di attrazioni e di
una rotazione della giuntura, quindi arrivato in prossimità allargherà la repulsioni. James Jerome Gibson (1904-79) ha proposto il termine affor-
presa, stringerà, e infine solleverà e porterà a destinazione. È un movi- dance per indicare l’invito all’uso delle cose, cioè quell’insieme di azio-
mento robotico come quelli di C-3PO in Guerre Stellari, e gli attori che in- ni che un oggetto chiama a compiere su di sé: la camminabilità di un
terpretano robot sanno quanto è difficile scomporre la fluidità biologica pavimento, la tirabilità di una maniglia, la baciabilità di una bocca. La
in atti singoli giustapposti. rappresentazione interiore dello spazio si forma già nel feto che ancora
Il movimento umano è fatto di atti non scomponibili, e giudichiamo non vede, poi nell’infanzia ciascuno associa le affordance delle cose con
la disinvoltura altrui anche in base alla nonchalance con cui ci si muove gli atti motori più efficaci per interagirvi, e pian piano tramite circuiti di
nello spazio. Non ultimo, non esiste un movimento biologico che non ri- conferma rimarranno solo quelle azioni che si saranno rivelate adeguate.
specchi la personalità, il carattere, la velocità metabolica di chi lo compie. L’atto motorio dipenderà quindi dalle affordance, ma pure da quello che
Non a caso i danzatori riferendosi a una sequenza di movimento parlano crescendo intendiamo fare con l’atto stesso.
di frasi (e non di parole). Pensate al rigore di Merce Cunningham, o alla La maggior parte di questi neuroni bimodali (somatosensoriali e visi-
disinvoltura di Gene Kelly, o al dribbling di Pelé, e non troverete soluzioni vi) sono attivati da stimoli tridimensionali e preferiscono oggetti che si
di continuità tra i singoli pezzi che compongono i loro atti. muovono; sembrerebbero proprio neuroni fatti per «usare il mondo». Nel
Individuare neuroni che codificano atti completi è stata la prova che il macaco quelli in f4 rispondono solo se lo stimolo è presente nel loro cam-
movimento biologico non va scomposto e ricondotto a generici «neuroni po recettivo visivo, che cambia per varie aree del corpo. Il campo recettivo
del movimento», e questa organizzazione, anziché essere uno spreco di visivo è quello spazio che ci circonda e che viene sentito dal cervello come
energie, è il modo perfetto con cui il cervello ottiene la fluidità nel movi- pertinente a una possibilità di azione. Mi spiego meglio: se io guardo un
mento. Non si gira l’avambraccio con un sistema ingegneristico o mecca- oggetto sul tavolo intravedo una diversa possibilità se posso afferrarlo
nico fatto da rotelle e carrucole, non si usa una sequenza per combinazio- allungando un braccio o se devo alzarmi per prenderlo. Quello che posso
ne modulare o per somma, ma si tratta di un processo a catena. raggiungere dalla posizione in cui mi trovo appartiene al campo recetti-
Così lo stesso neurone riconosce se prendo per bere o prendo per spo- vo visivo e attiverà i neuroni che gli competono. È fantastico il fatto che
stare, una piccola cellula ha, per così dire, una visione d’insieme. Que- se tengo in mano un bastone – che mi permette di raggiungere cose più
sto significa che questi neuroni, nell’atto di prendere, si attivano sia lontane – il campo si allarga e quel neurone comincerà a rispondere a cose
nell’estensione delle dita, che nella chiusura delle dita per afferrare. più lontane. Nella grammatica italiana c’è un correllato del campo nella
Se per prendere e per spostare c’è un neurone che sovrintende a un distinzione tra questo, codesto e quello, che indicano rispettivamente ciò
concetto più generale di uso del braccio, si comincia a intravedere una che posso toccare con la mano; ciò che vedo e non tocco ma potrei toccare;
risposta a come il cervello estragga significati generali dalle cose del mon- e ciò che vedo e che non posso raggiungere.
do. Ma c’è di più. Alcuni neuroni detti visuo-motori scaricano sia se c’è Conoscete tutti quella sensazione per cui se qualcuno avvicina una
una presa, sia se si guarda l’oggetto da prendere ma non c’è presa. Questi mano alla vostra guancia sentite il contatto prima che avvenga. Ebbene,
neuroni si accendono quindi per una possibilità, per un atto potenziale. non si tratta solo del calore percepito, ma è l’allerta dei neuroni visuo-
Avere una risposta motoria senza che ci sia movimento ci permette di motori. La vicinanza così è già un contatto per anticipazione.
isolare delle classi di atti: «neuroni-afferrare-con-la-mano», «neuroni- È importante sottolineare che questi neuroni sono indipendenti dal-

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la direzione dello sguardo, l’intero campo recettivo è indipendente dallo scoperta che è difficilmente sopravvalutabile. Sono stati individuati, so-
stimolo sulla retina, si tratta infatti di una costruzione di insieme. Questo prattutto nella convessità corticale di f5 del macaco, dei neuroni partico-
è un dato fondamentale: lo spazio visivo è codificato da sistemi diversi lari che rispondono sia quando la scimmia effettua un’azione sia quando
(anche corporei) come un tutt’uno, non esiste un guardare il mondo come guarda un’altra scimmia effettuare quell’azione. Questi neuroni, subito
fosse un «guardare le figure», e quindi dobbiamo cominciare a ripensare battezzati neuroni specchio, sono senza enfasi una delle più grandi sco-
anche il modo in cui guardiamo le figure. perte di sempre. Se la loro presenza nell’uomo sarà confermata, avremo
Guardare un film con gli occhialini 3d rimane un’esperienza parziale trovato i mattoni fondamentali con cui la nostra mente capisce la mente
della profondità finché non potremo usare lo spazio; gli sviluppi della re- degli altri.
altà virtuale e dei videogiochi dovranno tenere conto di questa interazio- Questi neuroni permetterebbero una rappresentazione motoria inter-
ne globale come della naturale sinesteticità del cervello. C’è ovviamente na dell’atto osservato. La scoperta ha dello straordinario, perché l’immagi-
un legame tra i semplici neuroni «retinici» e quelli bimodali, ma i secondi ne di qualcuno che piglia una nocciolina otticamente non c’entra nulla con
si attivano solo se la cosa vista sta nel proprio spazio peripersonale. Espe- io che prendo la nocciolina, ancora una volta vengono sovvertiti tutti i ca-
rimenti condotti sulle scimmie hanno mostrato come cambia il campo noni su cosa sia vedere. Ma le sorprese non sono finite. I neuroni specchio
recettivo dei neuroni visuo-motori se, come anticipavamo, la scimmia è sono selettivi, e rispondono per lo più a un solo tipo di atto. A questo punto
dotata di un rastrello per raggiungere le cose. C’è insomma una rimodu- si pone una domanda chiave: quando un’azione è riconosciuta come in-
lazione continua del vicino-lontano in base alla posizione e all’utilizzo di tenzionale e non come un gesto a vuoto? Di fatto i neuroni specchio si at-
protesi. Dal punto di vista di un impiego «figurativo» dello spazio, questo tivano pure se la parte finale dell’atto è nascosta, sono quindi in grado di
deve farci riflettere sul valore d’uso del joystick nei videogiochi, ma anche «vedere» l’intenzione. E se non vi bastasse si attivano anche solo ascoltan-
del mouse e della matita nella progettazione. Una matita di 15 centimetri do un rumore prodotto da quell’azione, quindi in assenza di stimolo visivo.
e un pennello di 30 imporranno un modo di interagire con lo spazio so- Rizzolatti e il suo gruppo si accorsero di questo processo perché i neu-
stanzialmente diverso. roni della scimmia «sparavano» non quando lo sperimentatore gli dava
Si è anche notato che l’eminattenzione spaziale (cioè quella cecità a la nocciolina, ma quando lo sperimentatore la prendeva per dargliela. Un
parte del campo visivo di chi non vede la metà destra o sinistra) è forte- dato in principio inintelligibile che solo pian piano ha aperto la strada a
mente ridotta se si chiede al paziente di disegnare su uno schermo con possibilità inattese.
una penna laser anziché sulla carta: si è insomma facilitati dall’agire in Fin qui quello che è stato trovato studiando le scimmie. È però forte
uno spazio extrapersonale. Tutti questi dati ribadiscono ancora una volta l’idea che lo stesso sistema sia in atto anche nell’uomo. La faccenda è con-
che vedere è un processo molteplice, tanto che vedere le cose vicine è neu- troversa, nell’uomo (a parte casi di malattie gravi) non si può infilare un
ronalmente diverso da vedere cose lontane. Con la risonanza magnetica elettrodo nei neuroni senza rischiare danni alla corteccia, quindi la prova
sono stati individuati anche neuroni polimodali, che si accenderebbero della presenza di neuroni specchio è solo inferita. Rizzolatti è certo che
di fronte a stimoli che sono allo stesso tempo tattili, visivi e uditivi. Forse lo stesso sistema sia in atto anche nell’uomo, e ha sottolineato come da
è a questi che va attribuita la nostra propensione a una percezione infra- studi pet e da risonanza magnetica si veda che per fare e per vedere sono
sensoriale. in atto gli stessi programmi motori. Del resto se il sistema è in atto nelle
scimmie (e negli uccelli) pare strano che nell’uomo un meccanismo tanto
potente non sia presente. Vorrebbe dire che l’evoluzione a un certo punto
5.2  Neuroni specchio  Fin qui abbiamo parlato di neuroni canonici. Per ha smontato un progetto per sostituirlo da capo con qualcos’altro.
alcuni anni si è ipotizzato che la corteccia premotoria potesse essere coin- Sono state tuttavia individuate differenze tra il sistema specchio delle
volta in trasformazioni visuo-motorie, poi tra gli anni Ottanta e Novanta scimmie e quello dell’uomo, una di queste è che i neuroni delle scimmie
Giacomo Rizzolatti e la sua équipe dell’Università di Parma ha fatto una non rispondono a movimenti del braccio non finalizzato, mentre quel-

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li dell’uomo sì: è come se i neuroni umani codificassero, oltre allo scopo lo stesso vale per ascoltare un violinista se si conosce la pratica delle dita,
dell’atto, gli aspetti temporali dei singoli movimenti che lo compongono o guardare un disegno se si è esperita la tensione della matita sulla carta.
– come ha sintetizzato Rizzolatti. Per questo nell’uomo gli specchio si atti- Del resto come ha detto qualcuno: non possiamo capire un romanzo fin-
vano anche per atti mimati. ché non abbiamo vissuto almeno in parte quello di cui ci parla.
Evoluzionisticamente, la comparsa dei neuroni specchio ha signifi- In ogni caso come antidoto contro facili schematismi, ricordiamoci
cato la capacità di comunicare informazioni complesse, in quanto nel sempre che il brain imaging ci dice che un’area è coinvolta in una funzio-
momento in cui assisto all’esecuzione di un atto motorio anticipo gli atti ne, ma non ci dice quanto è importante per la funzione in questione.
successivi possibili nella mia testa, comprendendo immediatamente da
dentro il significato di quell’azione, costruendomi così un’idea della men-
te dell’altro. Quindi non solo riconosco cosa fa l’altro ma, interagendo con 5.3  Empatia e conoscenza  Vi sarà sicuramente capitato che, se qualcuno
altri neuroni, capisco perché l’altro fa. toccandosi il volto vi indica che avete qualcosa sulla guancia destra, im-
Non abbiamo più bisogno di dividere il cervello in aree per l’osserva- mediatamente vi tocchiate la sinistra. Questo è un meccanismo-specchio
zione e aree per la comprensione, guardare è già un’azione in potenza e le in senso strettissimo, come guardarsi riflessi. È noto che il bambino dopo
azioni hanno un significato immediato senza bisogno di un’area cogniti- poche ore dalla nascita imita i genitori, se la mamma sorride lui sorri-
va più generale. «Capisco» in quanto posso rintracciare immediatamente de, se lei fa la linguaccia lui tira fuori la lingua. Appena nato il sistema
un’identità tra quello che vedo fare e quello che so che posso fare. Guar- specchio del bambino già funziona, anche se in modo grossolano perché
dando l’altro ripercorro il suo movimento come possibilità che mi riguarda. il sistema nervoso non è ancora mielinizzato. È fondamentale capire che
Come tutte le strutture neuronali anche in questo caso lo sviluppo sarà il bambino non imita cognitivamente, non vede-ragiona-imita ma rifà,
diverso da individuo a individuo, e ognuno avrà un sistema specchio co- senza mediazioni, con una specie di empatia rudimentale.
struito in base a ciò che ha imparato a conoscere della propria motricità. Culturalmente il meccanismo specchio sarebbe alla base di tutti i
Il danzatore che osserva un altro danzatore ha un’attivazione del sistema processi di mimesi, sovrintendendo pratiche diverse: da quelle teatrali
specchio maggiore di chi non ha mai danzato; e così il danzatore classico a quelle sportive. Anche se la finalità primaria è comprendere l’altro e
si attiverà più vedendo un grand plié che guardando un passo di capoeira; non imitarlo, vi sarà chiaro il valore vertiginoso che il sistema ha in tutte
e per le stesse ragioni è maggiore l’attivazione se guardo agire qualcuno le forme di narrazione: pensate a quando al cinema di fronte a scene di
del mio stesso sesso. dolore fisico reagite stringendovi o toccandovi la parte ferita. Non avete
Vi sarà ormai chiaro che l’esperienza visiva tout court è parziale senza bisogno di pensare il dolore, lo «percorrete» senza mediazione sul vostro
la pratica motoria, anzi potremmo dire che non esiste esperienza visiva corpo.
fuori di una conoscenza motoria che mi permetta di sentire quel movi- Quando, circa cent’anni fa, Aby Warburg (1866-1929) formulava il con-
mento come presente potenzialmente nella mia struttura fisica. cetto di pathosformel, letteralmente «formula del pathos», era interessato
Crolla anche un altro luogo comune, quello secondo cui i linguaggi vi- esattamente al legame complesso che si instaura in tutte le culture tra
sivi e artistici siano universali e parlino a tutti; non solo questi parlano a emotività e gestualità. Questa intuizione aprì nuove prospettive nello
chi ha specifiche competenze culturali, ma di fronte a un balletto il dan- studio delle immagini, e pose le fondamenta dell’iconologia come disci-
zatore avrà un’esperienza estetica più complessa del non danzatore. Non plina moderna. All’origine di questi studi non c’era però un generico in-
intendo ovviamente sostenere che le arti vadano rivolte solo agli addetti teresse per dei motivi ricorrenti nella pittura; l’interesse di Warburg era
ai lavori, anzi, ma dobbiamo essere consapevoli di come la conoscenza fi- rivolto più precisamente ai codici culturali universali, agli archetipi di cui
sica di una disciplina proponga degli aspetti percettivi più articolati di chi la pittura era solo uno dei possibili luoghi di verifica. Questo non fu capi-
si limita a guardare solo con gli occhi. Allo stesso modo la partecipazione to da molti iconografi che a lui si ispirarono e non fu capito neppure da
emotiva a uno sport è maggiore tanto più quello sport lo si è praticato, e Gombrich, che ha cercato di normalizzare la molteplicità di approcci del

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sistema warbughiano. Purtroppo dietro lo schematismo di Gombrich e di nell’ascoltare la pronuncia di parole e pseudo-parole, del resto se così non
molti iconografi si intravede ancora una volta una concezione letteraria fosse, come potrebbero i bambini ripetere le parole dei genitori?
del «visivo» svincolata dagli aspetti corporei, come figure da guardare e Molti fonetisti, già prima della scoperta di questi neuroni, avevano
da non toccare, come regno limitato ai confini angusti della disciplina sto- posto l’accento sul fatto che chi riceve il segnale fonico ricostruisce la
rico-artistica. Tutto il contrario dell’interesse di Warburg che era invece la posizione sopralaringea del mittente identificandone la struttura senso-
ricerca di archetipi della gestualità: questo gli permetteva di accostare, in motoria.
maniera solo apparentemente spregiudicata, la pittura fiorentina con la Ripensare la mente alla luce di questo nuovo paradigma significa ri-
fotografia pubblicitaria, non per divertissement stilistico (come faranno conoscere i limiti di approcci ormai impraticabili. Ad esempio la psicolo-
i postmoderni), ma come campioni di un modello motorio. La figura della gia cognitiva ha sempre considerato l’uomo come un ente isolato, come
ninfa, che tanto ha dominato i suoi pensieri, è, ancor prima che una figu- una monade che guarda ed elabora informazioni, invece quello che conta
ra dell’arte, un archetipo visuo-motorio universale; ed è nell’universalità è la relazione col mondo e con gli altri; non ha senso riflettere su un io
che risiede l’interesse di Warburg per il Rinascimento, non viceversa. staccato dall’altro, e del resto senza gli altri non saremmo mai in grado di
Abbiamo parlato di arte, di danza e di cinema ma diciamo pure, senza formulare il nostro sé.
troppi pudori, che senza i neuroni specchio anche la pornografia non su- In fondo i neuroni specchio ci rivelano qualcosa che sapevamo da
sciterebbe nessun interesse: il climax è possibile solo sentendo sul nostro tempo, già Adam Smith (1723-90) e Maurice Merleau-Ponty (1908-61) par-
corpo quello che stiamo guardando accadere, e gli sfregamenti meccanici lavano di una conoscenza esperienziale parallela a quella intellettiva e
sono un mero ausilio di un piacere che avviene altrove. Anche se non lo naturalmente non possiamo non pensare ancora una volta ad Aristotele.
troverete scritto nei più pudichi libri di teoria della scrittura, è plausibile La mimesis e la catarsi, con il linguaggio di duemila anni fa, ponevano le
che l’evocazione mentale di trame a fini autoerotici usi le stesse strutture basi di una teoria della mente come l’unica cosa davvero importante. È
in gioco nell’immaginazione narrativa tout court, e questo riguarderebbe soprattutto dicendo «quello» sono «io», che l’uomo conosce.
il più ampio sistema delle immagini mentali di cui parleremo poi. Risalen-
do invece verso temi più «cólti», si sta ipotizzando che il sistema specchio
sia tra le componenti fondamentali che hanno posto le basi della comuni-
cazione e del linguaggio. È questa una componente di sicuro significativa,
ma non certo la «causa» del linguaggio: infatti le scimmie non parlano e
hanno una gestualità limitata e rigida fatta di richiami emotivi non ge-
stiti dalla corteccia. L’omologo di f5 nell’uomo è l’area di Broca, che pre-
siede appunto alla produzione del linguaggio, e non troppo stranamente
corrisponde nei primati all’area della bocca e della masticazione. Michael
Corballis ha recentemente riproposto in maniera articolata l’ipotesi che il
linguaggio si sia formato da un’interazione di bocca e mani ed è nota la
congettura riguardo a un’origine gestuale del linguaggio: avremmo co-
minciato a parlare solo dopo esserci tirati su in piedi e liberato le mani
dagli obblighi della locomozione.
L’origine del linguaggio è comunque un problema enorme, e qualun-
que spiegazione monocausale rischia di banalizzarne la complessità.
È comunque interessante notare che ci sono dei neuroni detti specchio-
eco i quali riconoscono l’articolazione motoria dei muscoli della lingua

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