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Percezione visiva= Limitazione alla sfera visiva di ciò ch e abbiamo detto sulla
senso-percezione.
Infatti già Plinio aveva scritto nella sua”Storia Naturale” che l’organo della vista non
è l’occhio ma il cervello.
Vista = senso spaziale perché ci fornisce configurazioni tridimensionali di forme e
colori e senso temporale in quanto vediamo il movimento, la successione e la
trasformazione.
Come già detto il mondo fisico e quello percepito (cioè fenomenico) non
corrispondono perfettamente: il mondo così come è rappresenta le stimolazioni
distali.
Queste stimolazioni raggiungono il sistema visivo con specifiche caratteristiche come
il punto di vista, l’illuminazione, il rapporto con gli altri oggetti poi, captate dai
recettori retinici, codificate e rielaborate vanno a costituire i percetti.
Percetti= cioè quello che noi percepiamo effettivamente divenuto proprio e
soggettivizzato.
L’insieme di tutti questi processi costituisce la cosiddetta catena psicofisica.
Catena psicofisica alla base del divario fra stimoli distali e percetti.
Il cervello ha una struttura simmetrica, cioè è formato da due emisferi con aree
motorie e sensoriali corrispondenti da cui dipendono memoria, apprendimento,
motivazioni, attenzione, programmazione ecc. altre funzioni sono lateralizzate.
In genere nell’emisfero destro sono localizzate: sintesi, immaginazione, creatività,
percezione spaziale e senso artistico. Quindi questo lobo tratta l’informazione in
modo più gestaltico, cioè globale ed emotivo.
L’emisfero sinistro presiede al linguaggio scritto e parlato, alla capacità di calcolo e
all’organizzazione della motilità volontaria.
I mancini per il 60% hanno la stessa distribuzione funzionale, nel restante 40% è
invertita.
Comunque il cervello nelle sue specializzazioni è adattabile e dinamico.
La realtà del mondo esterno cambia il nostro cervello che a sua volta cambia la realtà:
un cervello diverso avrà un diverso rapporto con la realtà
Ciò è importante nell’arte dove si creano nuove realtà percettive dipendenti solo in
parte dall’informazione proveniente dai sensi.
Così si spiegano nuovi stili per gli stessi oggetti: cervelli storicamente diversi danno
rappresentazioni diverse in contesti sociali diversi.
Come abbiamo già visto, il cervello non ha bisogno della continua informazione dai
sensi per avere una rappresentazione del reale; lo vediamo nei sogni, nelle immagini
mentali dei ricordi o nelle immagini create dalla nostra mente come le opere d’arte.
Immagine è la forma esteriore di un oggetto, o meglio la forma percepita tramite i
sensi, nella percezione visiva con la vista, cioè ciò che vediamo nella realtà fisica,
ma anche la riproduzione di tale realtà. In sintesi immagine è sia la cosa che la sua
rappresentazione.
Già Aristotele si era posto il problema della creazione delle immagini mentali
distinguendo la percettibilità dell’organo della vista dalla sensazione visiva che egli
definiva Phantasma, cioè qualcosa che rappresenta ciò che vediamo ma è incorporeo
o che può nascere direttamente nella mente.
Immaginazione è la facoltà che permette di pensare liberamente senza regole fisse e
associare liberamente i dati dell’esperienza, quindi concepire con la mente e la
fantasia. Da ciò l’immaginario (effetto dell’immaginazione) è legato al soggetto e
all’elaborazione della sua mente.
Non sempre l’artista riproduce ciò che vede ma spesso ciò che ricorda o ciò che
immagina. E da ciò scaturiscono tutte le correnti artistiche.
Afferma David Hume:” la bellezza delle cose esiste nella mente di colui che le
contempla”.
Quindi, nei confronti del mondo esterno, il cervello ha un rapporto bidirezionale: esso
riceve informazioni tramite i sensi, ma contemporaneamente interpreta il mondo
esterno attraverso le informazioni già presenti in memoria e attraverso le proprie
caratteristiche strutturali, poi rielabora il tutto originalmente.
Così nascono le intuizioni scientifiche, così nascono le opere d’arte.
Ma perché un’opera d’arte diviene immortale e un’altra viene dimenticata?
A questa domanda non abbiamo ancora una risposta.
Lo studio dei rapporti tra arte e percezione visiva può aiutare a comprendere.
Infatti sia l’opera d’arte che la scoperta scientifica nascono dopo ripetute
sperimentazioni e ciò che ne scaturisce è il risultato di cambiamenti e ripetute prove.
Molti artisti come Leonardo, Esher, gli impressionisti, i divisionisti, i cubisti, i
dadaisti, i surrealisti ecc. si sono avvalsi della scienza per creare alcune delle loro
opere.
Le conoscenze scientifiche sul cervello, in particolare quelle di neurofisiologia e
psicologia della visione, possono aiutare a comprendere aspetti formali delle opere
pittoriche e, al contrario, aiutare a produrre le stesse opere sulla base della
conoscenza.
Stimoli visivi o della memoria che eccitano il Sistema Nervoso dell’artista quando
crea, trasformati in colori e forme a loro volta stimolano il Sistema Nervoso
dell’osservatore.
Se la conoscenza della biografia di un artista e della cultura del suo tempo aiutano a
comprendere e ad apprezzare le sue opere, la conoscenza dei meccanismi cerebrali
alla base della percezione visiva aiuta a comprendere l’opera d’arte in generale.
La conoscenza dei meccanismi fisiologici che riguardano la percezione dei contorni e
della forma degli oggetti, il colore, la profondità spaziale, il movimento e così via,
sono importanti sia per l’artista che ne farà uso per produrre le sue opere, sia per il
fruitore che avrà una maggiore possibilità di una comprensione approfondita
dell’opera stessa.
ANATOMIA DELL’OCCHIO
L’occhio è un organo complesso simile a una macchina fotografica con diaframmi,
lenti e una pellicola che viene impressionata.
Esso capta la luce, cioè lo spettro visibile per noi, i colori, le forme, la dimensione e
la posizione nello spazio degli oggetti del mondo che ci circonda.
L’occhio è formato dal globo oculare con le sue tonache, i suoi mezzi diottrici e la
parte nervosa che si connette, tramite il nervo ottico, ai centri cerebrali e alla
corteccia visiva; inoltre possiede muscoli intrinseci ed estrinseci e una serie di
annessi.
Il globo oculare è più o meno di forma sferica, i suoi diametri, antero-posteriore e
trasverso (compresi tra i 22 e i 27 mm il primo e circa 24 il secondo), possono
cambiare da soggetto a soggetto e ciò può incidere sulla visione (miopia e
ipermetropia).
La sua posizione nella cavità ossea che lo contiene, detta orbita, è più vicina alla
parete laterale che alla mediale e a quella superiore che all’inferiore per cui il campo
visivo è più limitato verso l’alto e medialmente.
La cavità in cui alloggia il globo oculare è detta orbita ed è formata da alcune ossa
del cranio e della faccia. Tutta la cavità è rivestita da una fascia detta periorbita che
a livello del margine orbitale si congiunge a una struttura fibrosa posta all’interno
della palpebra, la fascia palpebrale che impedisce ai batteri dell’esterno di penetrare
all’interno.
Fra le pareti ossee e il globo oculare c’è una massa adiposa, il corpo adiposo
dell’orbita, che forma un cuscinetto su cui poggia l’occhio e da cui dipende la
maggiore o minore sporgenza di questo ( occhi incavati del vecchio o del malato,
occhi sporgenti in alcune forme di ipertiroidismo ).
L’intero globo è a sua volta rivestito da una capsula connettivale la capsula di
Tenone su cui si inseriscono i tendini dei muscoli oculomotori che poi attraversano il
grasso per fissarsi alle pareti ossee.
L’uvea, o tonaca media, è formata dalla coroide, dal corpo ciliare e dall’iride.
La coroide è la membrana nutritizia dell’occhio, appare di colorito scuro per la
ricchezza di vasi e funziona come una camera oscura impedendo la rifrazione della
luce nella cavità oculare.
Un po’ più avanti dell’equatore si continua col Corpo ciliare, un anello formato da
due strutture: il muscolo ciliare che avvolge il cristallino e ne consente i movimenti
di accomodazione e i processi ciliari, posti dietro il precedente, che secernono
l’umor acqueo.
Davanti al corpo ciliare, la coroide si flette verso l’interno dando origine all’iride.
L’iride, addossata al cristallino, ha una forma regolarmente circolare e al centro
presenta un foro, circolare anch’esso: la pupilla.
L’iride, essendo formata da fibre muscolari, agisce allargando e stringendo la pupilla.
Infatti alcune fibre sono anulari e formano lo sfintere pupillare che restringe la
pupilla ( miosi ), altre sono a raggio e formano il muscolo dilatatore che allarga la
pupilla ( midriasi ).
La funzione della pupilla è triplice:
1) diminuisce la quantità di luce che entra nell’occhio
2) aumenta la profondità di fuoco
3) riduce le aberrazioni ottiche
I muscoli pupillari sono muscoli lisci la cui contrazione è indipendente dalla volontà,
quindi i movimenti pupillari sono azioni riflesse per cui avremo:
riflessi sensoriali e riflessi psicosensitivi.
I riflessi sensoriali sono:
riflesso foto motore che controlla il diametro pupillare in risposta all’intensità della
luce.( Se si illumina l’occhi la pupilla si restringe, se la luce manca o è bassa si dilata)
riflesso della visione da vicino in cui se si guarda un oggetto a grande distanza e poi
subito un oggetto vicino le pupille si restringono ( sarebbe un riflesso
all’accomodazione).
I riflessi psicosensitivi sono:
riflesso al dolore in cui a seguito di un dolore improvviso, la pupilla si dilata
lentamente per poi restringersi rapidamente;
riflesso alle emozioni in cui sotto l’effetto di un’emozione violenta la pupilla si dilata
riflesso alla chiusura palpebrale per cui quando chiudiamo le palpebre la pupilla si
restringe e rimane così anche se le palpebre vengono aperte forzatamente.
Tutta la parte dell’iride intorno alla pupilla, nella sua faccia esterna, è variamente
colorata a causa di un pigmento che ha funzione protettiva nei confronti della luce.
Questo pigmento varia dall’azzurro al bruno, infatti nelle popolazioni nordiche, dove
l’ambiente è poco soleggiato, prevalgono gli occhi azzurri, al contrario nei popoli
mediterranei.
La superficie interna dell’iride, invece, è sempre nera come tutta la coroide, tranne
negli albini per cui questi hanno poca tolleranza alla luce.
Lo spazio tra l’iride e la cornea è detto camera anteriore dell’occhio in cui si
raccoglie l’umor acqueo.
Abbiamo detto che ogni cilindrasse delle cellule gangliari forma una fibra del nervo
ottico, quindi, tutte le fibre riunite formano il nervo ottico che fuoriesce dall’orificio
posto sul fondo della retina.
Ma queste fibre sono riunite a gruppi secondo la zona retinica di provenienza e così
costituito il nervo ottico inizia il suo percorso intracranico avendo:
Un fascio diretto proveniente dalla zona laterale ( temporale ) della retina che (come
dice il nome ) continua il suo cammino intracranico senza deviazioni. Così con
questo fascio le informazioni dall’occhio destro arrivano al cervello destro ( quelle
del sinistro all’occhio sinistro ).
Un fascio crociato proveniente dalla zona mediale ( nasale ) della retina che appena
fuoriuscito dalla cavità orbitale si incrocia con quello del lato opposto e poi procede
senza ulteriori deviazioni . Così con questo fascio le informazioni dell’occhio destro
arriveranno al cervello sinistro e viceversa. Il punto dove il fascio crociato
dell’occhio destro si incrocia con quello del sinistro si chiama chiasma ottico che in
greco significa proprio croce, incrocio.
Un fascio maculare proveniente dalla macula lutea, che appena entrato nel cranio si
divide in due: uno continua il suo cammino diretto ( come il fascio diretto ), l’altro si
incrocia col fascio corrispondente proveniente dall’altro occhio ( come il fascio
crociato ).
I nervi ottici così formati viaggiano nel cervello e arrivano nella area 17 dei lobi
occipitali di entrambi gli emisferi.
In questo modo gli stimoli retinici che, ad esempio, partono dall’occhio sinistro col
fascio diretto arrivano al lobo occipitale sinistro, col fascio crociato arrivano al lobo
occipitale destro e col fascio maculare arrivano metà al lobo sinistro e metà a quello
destro.
Tutto ciò è necessario in quanto ci consente la visione binoculare e quindi di vedere
l’oggetto tridimensionale, di allargare il campo ottico e di percepire la distanza e
la profondità.
Nell’area 17 esistono gruppi di cellule che si attivano in presenza di determinati
stimoli: per esempio cellule che si attivano con stimoli di linee orizzontali o verticali ,
angoli, movimento, contrasto, colore ecc. Ciascun gruppo risponde a un determinato
stimolo che arriva sotto forma di codice e il cervello, grazie alle sue funzioni
integrative, ricompone gli stimoli parziali nella corteccia e li salda in immagini
uniche e comprensibili.
Ancora va detto che nella corteccia visiva la proiezione della fovea è ingigantita
rispetto a quella delle aree periferiche, cioè alla fovea è dedicata una zona corticale
più grande. Questo viene detto ingrandimento corticale della fovea ed è importante
per comprendere la ricchezza di dettagli provenienti da un’area così piccola in
confronto alla visione assai meno definita nelle regioni più periferiche del campo
visivo.
Infine dobbiamo dire che, grazie alle connessioni tra le varie regioni del cervello,
segnali tipo luce improvvisa o un corpo estraneo nell’occhio, ricevuti dal cervello
stesso, vengono ritrasmessi sotto forma di arco riflesso ai vari organi del sistema
oculare da cui chiusura degli occhi per difesa, lacrimazione, reazioni pupillari ecc.
I muscoli dell’occhio
Si dividono in muscoli intrinseci ed estrinseci.
I muscoli intrinseci sono muscoli involontari che agiscono con meccanismi riflessi:
sono i muscoli ciliari del cristallino e i muscoli che agiscono sulla pupilla ( dilatatore
e sfintere ).
I muscoli estrinseci sono muscoli volontari che provvedono ai movimenti del globo
oculare e vengono detti muscoli oculomotori.
Sono 6 muscoli che si inseriscono sulla capsula di Tenone, attraversano il grasso
periorbitario e si fissano all’orbita. Si dividono in 4 muscoli retti che agiscono
nell’innalzamento, abbassamento e movimenti laterali dell’occhio e 2 muscoli
obliqui che agiscono solo nell’innalzamento e abbassamento.