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PERCEZIONE VISIVA

Percezione visiva= Limitazione alla sfera visiva di ciò ch e abbiamo detto sulla
senso-percezione.
Infatti già Plinio aveva scritto nella sua”Storia Naturale” che l’organo della vista non
è l’occhio ma il cervello.
Vista = senso spaziale perché ci fornisce configurazioni tridimensionali di forme e
colori e senso temporale in quanto vediamo il movimento, la successione e la
trasformazione.
Come già detto il mondo fisico e quello percepito (cioè fenomenico) non
corrispondono perfettamente: il mondo così come è rappresenta le stimolazioni
distali.
Queste stimolazioni raggiungono il sistema visivo con specifiche caratteristiche come
il punto di vista, l’illuminazione, il rapporto con gli altri oggetti poi, captate dai
recettori retinici, codificate e rielaborate vanno a costituire i percetti.
Percetti= cioè quello che noi percepiamo effettivamente divenuto proprio e
soggettivizzato.
L’insieme di tutti questi processi costituisce la cosiddetta catena psicofisica.
Catena psicofisica alla base del divario fra stimoli distali e percetti.

Il mondo dell’uomo è principalmente visivo, anche se questo è solo un aspetto della


percezione in quanto vi cooperano anche altri sensi, ad esempio nei non vedenti tatto
e udito sono più sviluppati per compensare la carenza visiva.
Negli animali, invece, sono spesso altri sensi a prevalere come nel cane l’olfatto, nel
pipistrello l’udito e così via.
Inoltre l’uomo ha creato anche un sistema artificiale di comunicazione basato sulla
visione: la scrittura e la comunicazione grafica. Questi ci permettono di
comunicare in tempo reale, ma superano anche i limiti temporali.

Il cervello ha una struttura simmetrica, cioè è formato da due emisferi con aree
motorie e sensoriali corrispondenti da cui dipendono memoria, apprendimento,
motivazioni, attenzione, programmazione ecc. altre funzioni sono lateralizzate.
In genere nell’emisfero destro sono localizzate: sintesi, immaginazione, creatività,
percezione spaziale e senso artistico. Quindi questo lobo tratta l’informazione in
modo più gestaltico, cioè globale ed emotivo.
L’emisfero sinistro presiede al linguaggio scritto e parlato, alla capacità di calcolo e
all’organizzazione della motilità volontaria.
I mancini per il 60% hanno la stessa distribuzione funzionale, nel restante 40% è
invertita.
Comunque il cervello nelle sue specializzazioni è adattabile e dinamico.
La realtà del mondo esterno cambia il nostro cervello che a sua volta cambia la realtà:
un cervello diverso avrà un diverso rapporto con la realtà
Ciò è importante nell’arte dove si creano nuove realtà percettive dipendenti solo in
parte dall’informazione proveniente dai sensi.
Così si spiegano nuovi stili per gli stessi oggetti: cervelli storicamente diversi danno
rappresentazioni diverse in contesti sociali diversi.

Come abbiamo già visto, il cervello non ha bisogno della continua informazione dai
sensi per avere una rappresentazione del reale; lo vediamo nei sogni, nelle immagini
mentali dei ricordi o nelle immagini create dalla nostra mente come le opere d’arte.
Immagine è la forma esteriore di un oggetto, o meglio la forma percepita tramite i
sensi, nella percezione visiva con la vista, cioè ciò che vediamo nella realtà fisica,
ma anche la riproduzione di tale realtà. In sintesi immagine è sia la cosa che la sua
rappresentazione.
Già Aristotele si era posto il problema della creazione delle immagini mentali
distinguendo la percettibilità dell’organo della vista dalla sensazione visiva che egli
definiva Phantasma, cioè qualcosa che rappresenta ciò che vediamo ma è incorporeo
o che può nascere direttamente nella mente.
Immaginazione è la facoltà che permette di pensare liberamente senza regole fisse e
associare liberamente i dati dell’esperienza, quindi concepire con la mente e la
fantasia. Da ciò l’immaginario (effetto dell’immaginazione) è legato al soggetto e
all’elaborazione della sua mente.
Non sempre l’artista riproduce ciò che vede ma spesso ciò che ricorda o ciò che
immagina. E da ciò scaturiscono tutte le correnti artistiche.
Afferma David Hume:” la bellezza delle cose esiste nella mente di colui che le
contempla”.
Quindi, nei confronti del mondo esterno, il cervello ha un rapporto bidirezionale: esso
riceve informazioni tramite i sensi, ma contemporaneamente interpreta il mondo
esterno attraverso le informazioni già presenti in memoria e attraverso le proprie
caratteristiche strutturali, poi rielabora il tutto originalmente.
Così nascono le intuizioni scientifiche, così nascono le opere d’arte.
Ma perché un’opera d’arte diviene immortale e un’altra viene dimenticata?
A questa domanda non abbiamo ancora una risposta.
Lo studio dei rapporti tra arte e percezione visiva può aiutare a comprendere.
Infatti sia l’opera d’arte che la scoperta scientifica nascono dopo ripetute
sperimentazioni e ciò che ne scaturisce è il risultato di cambiamenti e ripetute prove.
Molti artisti come Leonardo, Esher, gli impressionisti, i divisionisti, i cubisti, i
dadaisti, i surrealisti ecc. si sono avvalsi della scienza per creare alcune delle loro
opere.
Le conoscenze scientifiche sul cervello, in particolare quelle di neurofisiologia e
psicologia della visione, possono aiutare a comprendere aspetti formali delle opere
pittoriche e, al contrario, aiutare a produrre le stesse opere sulla base della
conoscenza.
Stimoli visivi o della memoria che eccitano il Sistema Nervoso dell’artista quando
crea, trasformati in colori e forme a loro volta stimolano il Sistema Nervoso
dell’osservatore.
Se la conoscenza della biografia di un artista e della cultura del suo tempo aiutano a
comprendere e ad apprezzare le sue opere, la conoscenza dei meccanismi cerebrali
alla base della percezione visiva aiuta a comprendere l’opera d’arte in generale.
La conoscenza dei meccanismi fisiologici che riguardano la percezione dei contorni e
della forma degli oggetti, il colore, la profondità spaziale, il movimento e così via,
sono importanti sia per l’artista che ne farà uso per produrre le sue opere, sia per il
fruitore che avrà una maggiore possibilità di una comprensione approfondita
dell’opera stessa.
ANATOMIA DELL’OCCHIO
L’occhio è un organo complesso simile a una macchina fotografica con diaframmi,
lenti e una pellicola che viene impressionata.
Esso capta la luce, cioè lo spettro visibile per noi, i colori, le forme, la dimensione e
la posizione nello spazio degli oggetti del mondo che ci circonda.
L’occhio è formato dal globo oculare con le sue tonache, i suoi mezzi diottrici e la
parte nervosa che si connette, tramite il nervo ottico, ai centri cerebrali e alla
corteccia visiva; inoltre possiede muscoli intrinseci ed estrinseci e una serie di
annessi.
Il globo oculare è più o meno di forma sferica, i suoi diametri, antero-posteriore e
trasverso (compresi tra i 22 e i 27 mm il primo e circa 24 il secondo), possono
cambiare da soggetto a soggetto e ciò può incidere sulla visione (miopia e
ipermetropia).
La sua posizione nella cavità ossea che lo contiene, detta orbita, è più vicina alla
parete laterale che alla mediale e a quella superiore che all’inferiore per cui il campo
visivo è più limitato verso l’alto e medialmente.
La cavità in cui alloggia il globo oculare è detta orbita ed è formata da alcune ossa
del cranio e della faccia. Tutta la cavità è rivestita da una fascia detta periorbita che
a livello del margine orbitale si congiunge a una struttura fibrosa posta all’interno
della palpebra, la fascia palpebrale che impedisce ai batteri dell’esterno di penetrare
all’interno.
Fra le pareti ossee e il globo oculare c’è una massa adiposa, il corpo adiposo
dell’orbita, che forma un cuscinetto su cui poggia l’occhio e da cui dipende la
maggiore o minore sporgenza di questo ( occhi incavati del vecchio o del malato,
occhi sporgenti in alcune forme di ipertiroidismo ).
L’intero globo è a sua volta rivestito da una capsula connettivale la capsula di
Tenone su cui si inseriscono i tendini dei muscoli oculomotori che poi attraversano il
grasso per fissarsi alle pareti ossee.

Il globo oculare è formato da tre tonache:


Una esterna detta sclerotica;
Una media detta uvea;
Una interna detta retina.
La sclerotica è una tunica fibrosa molto resistente che riveste il globo, lo protegge e
gli conferisce la forma sferica. Si divide in:
Sclera nei suoi 5/6 posteriori, di colore bianco (giallastra nell’anziano)
formata da fibre elastiche e collagene per assolvere alle suddette funzioni protettive.
Cornea nel 1/5anteriore, meno spessa e formata da una struttura istologica che le
conferisce la trasparenza e neutralizza i raggi luminosi diffusi o diffratti E’ la prima
lente naturale dell’occhio e quella col maggior potere convergente.
La cornea è convessa verso l’esterno e concava verso l’interno dove forma la parete
anteriore della camera anteriore dell’occhio.
E’ priva di vasi è ha scarso potere antigene per questo è un organo che attecchisce
frequentemente nei trapianti.

L’uvea, o tonaca media, è formata dalla coroide, dal corpo ciliare e dall’iride.
La coroide è la membrana nutritizia dell’occhio, appare di colorito scuro per la
ricchezza di vasi e funziona come una camera oscura impedendo la rifrazione della
luce nella cavità oculare.
Un po’ più avanti dell’equatore si continua col Corpo ciliare, un anello formato da
due strutture: il muscolo ciliare che avvolge il cristallino e ne consente i movimenti
di accomodazione e i processi ciliari, posti dietro il precedente, che secernono
l’umor acqueo.
Davanti al corpo ciliare, la coroide si flette verso l’interno dando origine all’iride.
L’iride, addossata al cristallino, ha una forma regolarmente circolare e al centro
presenta un foro, circolare anch’esso: la pupilla.
L’iride, essendo formata da fibre muscolari, agisce allargando e stringendo la pupilla.
Infatti alcune fibre sono anulari e formano lo sfintere pupillare che restringe la
pupilla ( miosi ), altre sono a raggio e formano il muscolo dilatatore che allarga la
pupilla ( midriasi ).
La funzione della pupilla è triplice:
1) diminuisce la quantità di luce che entra nell’occhio
2) aumenta la profondità di fuoco
3) riduce le aberrazioni ottiche
I muscoli pupillari sono muscoli lisci la cui contrazione è indipendente dalla volontà,
quindi i movimenti pupillari sono azioni riflesse per cui avremo:
riflessi sensoriali e riflessi psicosensitivi.
I riflessi sensoriali sono:
riflesso foto motore che controlla il diametro pupillare in risposta all’intensità della
luce.( Se si illumina l’occhi la pupilla si restringe, se la luce manca o è bassa si dilata)
riflesso della visione da vicino in cui se si guarda un oggetto a grande distanza e poi
subito un oggetto vicino le pupille si restringono ( sarebbe un riflesso
all’accomodazione).
I riflessi psicosensitivi sono:
riflesso al dolore in cui a seguito di un dolore improvviso, la pupilla si dilata
lentamente per poi restringersi rapidamente;
riflesso alle emozioni in cui sotto l’effetto di un’emozione violenta la pupilla si dilata
riflesso alla chiusura palpebrale per cui quando chiudiamo le palpebre la pupilla si
restringe e rimane così anche se le palpebre vengono aperte forzatamente.
Tutta la parte dell’iride intorno alla pupilla, nella sua faccia esterna, è variamente
colorata a causa di un pigmento che ha funzione protettiva nei confronti della luce.
Questo pigmento varia dall’azzurro al bruno, infatti nelle popolazioni nordiche, dove
l’ambiente è poco soleggiato, prevalgono gli occhi azzurri, al contrario nei popoli
mediterranei.
La superficie interna dell’iride, invece, è sempre nera come tutta la coroide, tranne
negli albini per cui questi hanno poca tolleranza alla luce.
Lo spazio tra l’iride e la cornea è detto camera anteriore dell’occhio in cui si
raccoglie l’umor acqueo.

La retina è la terza tonaca dell’occhio e la più interna.


E’ una membrana nervosa in cui sono posti degli speciali recettori per la luce: i coni e
i bastoncelli che quindi sono fotorecettori.
La retina è divisa in due parti: la parte attiva per la funzione di recezione della luce,
rappresentata dalla parte posteriore fino all’equatore e la parte cieca che è quella
anteriore e che raggiunge la faccia interna dell’iride. Il limite fra le due zone è detto
ora serrata.
La superficie esterna della retina è convessa e si appoggia sulla coroide, quella
interna è concava ed è a contatto col corpo vitreo.
Esattamente al polo posteriore dell’occhio c’è una zona ovale giallastra detta
macula lutea al centro della quale è una depressione, la fovea centralis che
corrisponde all’asse ottico. E’ questa zona, infatti, che presenta il più alto grado di
acutezza visiva per le forme e i colori, ma solo in presenza di una buona
illuminazione, le restanti parti della retina sono inadatte alla discriminazione di forme
e colori ma consentono la visione del movimento e la visione con un più basso grado
di luminosità.
Medialmente al polo posteriore dell’occhio vi è un’area più chiara, la papilla ottica,
dove convergono le fibre nervose di tutta la parte foto recettrice. Queste fibre
attraversano le altre tonache per mezzo di un canale e vanno a formare il nervo ottico.
La struttura della retina è molto complessa per cui, per semplicità, citeremo solo gli
elementi più caratteristici: coni, bastoncelli, cellule bipolari e cellule gangliari.
I bastoncelli sono formazioni cilindriche sottilissime deputate alla visione acromatica
I coni, più tozzi, sono deputati alla visione cromatica.
Questi due tipi di cellule sono gli elementi recettori degli stimoli luminosi, cioè
sono FOTORECETTORI.
Essi sono variamente distribuiti sulla superficie della retina:
il numero dei bastoncelli diminuisce andando dalla periferia ( ovvero dall’ora
serrata ) al fondo dell’occhio, dove spariscono completamente
il numero dei coni invece aumenta dalla periferia fino alla zona della fovea centralis
dove sono i soli recettori presenti.
Entrambi i fotorecettori hanno un nucleo e un prolungamento.
Le cellule bipolari si trovano in uno strato sottostante e hanno due prolungamenti o
arborizzazioni: quella rivolta verso il recettore ne circonda il nucleo, ma se il
recettore è un cono il rapporto è 1:1, cioè 1 cellula bipolare circonderà un solo cono;
se si tratta dei bastoncelli il rapporto diventa 1:2 o più perché la cellula bipolare
circonderà due o più bastoncelli.
L’altro prolungamento prenderà contatto con le cellule gangliari in questo modo:
Le arborizzazioni che dall’altro lato hanno preso contatto con un cono, si
interfacceranno con una sola cellula gangliare.
Le arborizzazioni che dall’altro lato hanno preso contatto con più bastoncelli , si
interfacceranno con più cellule gangliari.
Le cellule gangliari sono vere e proprie cellule nervose che, da un lato prendono
contatto con le cellule bipolari come abbiamo visto, ma dall’altro hanno un solo
prolungamento, detto cilindrasse, che costituisce una fibra del nervo ottico.
Il tipo differente di connessione che abbiamo visto per i coni e per i bastoncelli ci
spiega il perché delle funzioni diverse delle aree retiniche.
La linea nervosa che parte da un singolo cono è unica: 1 cono---1 cellula bipolare---1
cellula gangliare, per cui si parla di catene dirette.
La linea che parte dai bastoncelli è più promisqua: più bastoncelli si connettono con
più cellule bipolari e cellule gangliari per cui si parla di catene miste.
Da ciò si comprende che, mentre i segnali dei coni vengono trasmessi direttamente,
quelli dei bastoncelli hanno una via di comunicazione molto convergente, cioè i
segnali di molti bastoncelli dalle regioni più periferiche convergeranno su un’unica
cellula gangliare. Questa distribuzione è causa delle differenze sostanziali fra le aree
centrali ( foveali e maculari) e quelle periferiche che possiamo così riassumere:
La visione centrale o foveale ( o visione distinta) è caratterizzata da:
- sensibilità al colore, massima acuità visiva, discrimina-
- zione e riconoscimento dell’oggetto, ma mancanza di
- sensibilità al movimento.
La visione periferica è invece caratterizzata da:
- insensibilità al colore, bassa acuità visiva, capacità di
- avvistamento ( ma non discriminazione e riconoscimen
- -to ) di oggetti presenti nello spazio circostante unito a
- funzioni di sorveglianza, scoperta, avviso e in particola
- -re alla sensazione di movimento.

Abbiamo detto che ogni cilindrasse delle cellule gangliari forma una fibra del nervo
ottico, quindi, tutte le fibre riunite formano il nervo ottico che fuoriesce dall’orificio
posto sul fondo della retina.
Ma queste fibre sono riunite a gruppi secondo la zona retinica di provenienza e così
costituito il nervo ottico inizia il suo percorso intracranico avendo:
Un fascio diretto proveniente dalla zona laterale ( temporale ) della retina che (come
dice il nome ) continua il suo cammino intracranico senza deviazioni. Così con
questo fascio le informazioni dall’occhio destro arrivano al cervello destro ( quelle
del sinistro all’occhio sinistro ).
Un fascio crociato proveniente dalla zona mediale ( nasale ) della retina che appena
fuoriuscito dalla cavità orbitale si incrocia con quello del lato opposto e poi procede
senza ulteriori deviazioni . Così con questo fascio le informazioni dell’occhio destro
arriveranno al cervello sinistro e viceversa. Il punto dove il fascio crociato
dell’occhio destro si incrocia con quello del sinistro si chiama chiasma ottico che in
greco significa proprio croce, incrocio.
Un fascio maculare proveniente dalla macula lutea, che appena entrato nel cranio si
divide in due: uno continua il suo cammino diretto ( come il fascio diretto ), l’altro si
incrocia col fascio corrispondente proveniente dall’altro occhio ( come il fascio
crociato ).
I nervi ottici così formati viaggiano nel cervello e arrivano nella area 17 dei lobi
occipitali di entrambi gli emisferi.
In questo modo gli stimoli retinici che, ad esempio, partono dall’occhio sinistro col
fascio diretto arrivano al lobo occipitale sinistro, col fascio crociato arrivano al lobo
occipitale destro e col fascio maculare arrivano metà al lobo sinistro e metà a quello
destro.
Tutto ciò è necessario in quanto ci consente la visione binoculare e quindi di vedere
l’oggetto tridimensionale, di allargare il campo ottico e di percepire la distanza e
la profondità.
Nell’area 17 esistono gruppi di cellule che si attivano in presenza di determinati
stimoli: per esempio cellule che si attivano con stimoli di linee orizzontali o verticali ,
angoli, movimento, contrasto, colore ecc. Ciascun gruppo risponde a un determinato
stimolo che arriva sotto forma di codice e il cervello, grazie alle sue funzioni
integrative, ricompone gli stimoli parziali nella corteccia e li salda in immagini
uniche e comprensibili.
Ancora va detto che nella corteccia visiva la proiezione della fovea è ingigantita
rispetto a quella delle aree periferiche, cioè alla fovea è dedicata una zona corticale
più grande. Questo viene detto ingrandimento corticale della fovea ed è importante
per comprendere la ricchezza di dettagli provenienti da un’area così piccola in
confronto alla visione assai meno definita nelle regioni più periferiche del campo
visivo.
Infine dobbiamo dire che, grazie alle connessioni tra le varie regioni del cervello,
segnali tipo luce improvvisa o un corpo estraneo nell’occhio, ricevuti dal cervello
stesso, vengono ritrasmessi sotto forma di arco riflesso ai vari organi del sistema
oculare da cui chiusura degli occhi per difesa, lacrimazione, reazioni pupillari ecc.

I mezzi di trasparenza dell’occhio


Sono i mezzi che consentono il passaggio e/o la rifrazione della luce.
Essi sono: la cornea, l’umor acqueo, il cristallino e l’umor vitreo.
Fra questi la cornea è quella dotata del più alto potere di rifrazione, l’umor acqueo e
l’umor vitreo sono praticamente inerti ( lasciano passare la luce così com’è) e il
cristallino è poco importante per la rifrazione perché dotato di un’altra importante
proprietà, l’accomodazione.
Della cornea abbiamo già parlato in quanto parte anteriore della tonaca più esterna
dell’occhio ed è è una lente a menisco convergente.
L’umor acqueo è un liquido limpido e incolore secreto dai processi ciliari con
funzione trofica e tonica. Si raccoglie prima nella camera posteriore ( spazio fra la
faccia posteriore dell’iride e anteriore del cristallino ) poi, attraverso la pupilla, passa
nella camera anteriore ( spazio fra la faccia anteriore dell’iride e posteriore della
cornea ).
Il cristallino è una lente biconvessa con un diametro di circa 10mm. La sua faccia
anteriore guarda verso la pupilla ed è meno convessa di quella posteriore che guarda
verso il corpo vitreo. Ha una struttura elastica e la sua principale funzione è
l’accomodazione ovvero la focalizzazione della luce sulla retina, quindi di mettere a
fuoco oggetti posti a distanza variabile.
Ciò avviene cambiando il raggio di curvatura della lente mediante l’azione del
muscolo ciliare: quando questo si contrae, aumenta il raggio di curvatura della
superficie anteriore del cristallino, quando il muscolo ciliare si rilassa avviene
l’inverso e il raggio di curvatura diminuisce.
L’occhio così si comporta esattamente come la macchina fotografica: questa per
mettere a fuoco l’immagine sposta avanti e indietro l’obiettivo dotato di lenti,
nell’occhio è la lente che, aumentando o diminuendo la sua curvatura consente la
messa a fuoco sulla retina.
Nell’occhio normale il cristallino è a riposo quando si fissa un oggetto a partire dalla
distanza di 6,5 metri e oltre in quanto i raggi luminosi vengono messi a fuoco sulla
retina. Ma quando si guarda un oggetto più vicino, se il cristallino non si curvasse,
l’oggetto verrebbe messo a fuoco dietro la retina e ci apparirebbe sfocato.
Il meccanismo dell’accomodazione, quindi, entra in funzione a partire da 6,5 metri e
si ferma a una certa distanza a seconda dell’età del soggetto.
In pratica il punto più vicino in cui si riesce a mettere a fuoco un oggetto, detto punto
prossimo della visione, si allontana dall’occhio con l’aumentare dell’età durante
tutta la vita, in conseguenza della progressiva diminuzione di elasticità del cristallino.
Per esempio a 8 anni il punto prossimo è circa 8,6 cm. a 20 anni è 10,4, ma a 60 si
allontana a 80 cm e così via. Tale condizione ( evidente nell’anziano ) è detta
presbiopia.
L’accomodazione, che è un fenomeno automatico, è parte di un meccanismo per
favorire la visione da vicino detto: risposta all’avvicinamento.
Esso si compone di tre fenomeni: la convergenza, ovvero gli assi visivi convergono
sul punto che si sta fissando; la miosi, ovvero il restringimento della pupilla che
favorisce un aumento della profondità di fuoco; l’accomodazione che con la
variazione di curvatura del cristallino fa in modo che i raggi luminosi siano sempre a
fuoco sulla retina.
L’umor vitreo è un corpo gelatinoso e denso formato da fibre collagene e acido
ialuronico che occupa tutto lo spazio fra la faccia posteriore del cristallino e la
superficie interna della retina.

I muscoli dell’occhio
Si dividono in muscoli intrinseci ed estrinseci.
I muscoli intrinseci sono muscoli involontari che agiscono con meccanismi riflessi:
sono i muscoli ciliari del cristallino e i muscoli che agiscono sulla pupilla ( dilatatore
e sfintere ).
I muscoli estrinseci sono muscoli volontari che provvedono ai movimenti del globo
oculare e vengono detti muscoli oculomotori.
Sono 6 muscoli che si inseriscono sulla capsula di Tenone, attraversano il grasso
periorbitario e si fissano all’orbita. Si dividono in 4 muscoli retti che agiscono
nell’innalzamento, abbassamento e movimenti laterali dell’occhio e 2 muscoli
obliqui che agiscono solo nell’innalzamento e abbassamento.

Gli annessi dell’occhio


Anche se dal punto di vista della percezione visiva gli annessi dell’occhio sono
relativamente importanti, per completezza dell’anatomia dell’occhio li citeremo.
Essi sono: sopracciglia e ciglia,palpebre, congiuntiva e apparato lacrimale.
Le sopracciglia ricoprono parzialmente l’arcata sopraccigliare.
Le ciglia ricoprono i margini delle palpebre. Alla base delle ciglia vi sono ghiandole
sebacee e sudoripare ( se si infiammano si ha l’orzaiolo ).
Sopracciglia e ciglia servono alla protezione dell’occhio.
Le palpebre sono formate da tessuto fibroso con muscoli rivestito di cute.
La loro funzione è limitare la luce che colpisce l’occhio, distribuire le lacrime sulla
superficie e proteggere l’occhio da agenti esterni aprendosi e chiudendosi circa 25
volte al minuto. Inoltre ghiandole sebacee situate sul bordo, un po’ all’interno della
linea di inserzione delle ciglia, con la loro secrezione, permettono la chiusura
impermeabile delle palpebre ed evitano la fuoriuscita e la troppo rapida evaporazione
delle lacrime.
Le palpebre sono tanto importanti nella fisionomia del volto e nell’espressione degli
occhi che, senza che i lineamenti mutino, possono da sole con la loro foggia
influenzare l’espressione del viso. Si pensi agli occhi a mandorla delle etnie orientali
in cui l’epicanto ( una plica di cute posta medialmente all’occhio ) conferisce
particolare dolcezza allo sguardo; alla retrazione spastica della palpebra superiore
nell’ipertiroidismo basedowiano che conferisce un’espressione terrorizzata; al
rilasciamento della palpebra superiore per lesioni nervose o muscolari che dà
un’espressione sciocca e sonnolenta o a quello della palpebra inferiore dell’anziano
che dà un’espressione stanca e triste.
La congiuntiva riveste all’interno le palpebre e si ripiega arrestandosi alla cornea.
All’angolo mediale dell’occhio la congiuntiva forma una delicata piega verticale
detta piega semilunare che altro non è se non il residuo della membrana nittitante o
terza palpebra degli animali.
L’apparato lacrimale è formato dalla ghiandola lacrimale situata contro la
porzione laterale del tetto dell’orbita, dai dotti di scarico che si aprono in cima alla
papilla ( situata a mezzo centimetro dall’angolo mediale dell’occhio ) e si gettano nel
sacco lacrimale posto nella parete mediale dell’orbita e da cui, attraverso il dotto
naso lacrimale si riversano nel naso.
Le lacrime sono un altro mezzo protettivo per l’eccessiva luce, lubrificano l’occhio e
detergono il pulviscolo ed eventuali piccoli corpi estranei, inoltre hanno funzione
antibatterica per la presenza nei loro costituenti di lisozima e numerosi anticorpi.
Le lacrime sono secrete in risposta a stimoli psichici e riflessi.

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