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01/03/2022

Al giorno d’oggi si guarda alla riabilitazione sotto vari punti di vista: multidisciplinare e soggettivo.
Ogni individuo è diverso, ognuno ha le sue criticità e le sue esigenze. Quindi ci sono molteplici
aspetti. Ci possono essere anche dietro problemi psicologici. Il riabilitare va quindi visto in
maniera multidisciplinare. Un fattore può essere l’età, il recupero di un giovane è diverso dal
recupero di un anziano.

Si parla di riabilitazione anche in caso di danni permanenti.

Dove si inserisce un intervento riabilitativo? Nella terza fase dell’intervento medico. Prima si ha la
fase preventiva, poi la cura e poi in ne la riabilitazione. Nella fase preventiva si cerca di evitare
che si veri chino queste situazioni.

Le varie professioni riabilitative sono spesso collegate l’una alle altre.

La persona che entra in una stanza di Snoezelen si autostimola e riesce a rilassarsi.

La qualità della vita è quindi il concetto base e questo concetto dal punto di vista riabilitativo si
basa su delle parole chiave: integrazione, libertà di scelta e inclusione. Integrazione perchè la
nostra vista dipende da come interagiamo con gli altri. Libertà di scelta perchè il soggetto deve
essere in grado di fare le proprie scelte. Inclusione nella società.

Si tende a confondere la disabilità con l’handicap, non sono la stessa cosa. Un handicap è una
perdita totale di una funzionalità in un soggetto, mentre la disabilità è una limitazione funzionale,
che dovrebbe essere superata grazie ai supporti tecnologici, grazie alla riabilitazione. In tutto
questo gioca un ruolo fondamentale l’AT (tecnologia assisitiva) che è la tecnologia di supporto.

Le attività primarie sono quelle legate alla sopravvivenza.

Una persona menomata può non essere disabile se compensa la sua menomazione con l’uso
della tecnologia assistita, se si usa un qualche dispositivo che compensa la disabilità che si ha.

L’obiettivo è quello di rendere il soggetto indipendente, ovvero renderlo in grado di svolgere le


funzioni primarie in maniera indipendente, senza l’aiuto di nessuno.

ADLs attività primarie, sono quelle legate alla sopravvivenza. Le attività strumentali IADLs che
sono altrettanto importanti.

Aspetto sociale -> eliminazione dello scalino dei marciapiedi.

[NON SI SENTE NIENTE: riascoltare videolezione]

03/03/2022

[inizio lezione con spiegazione modalità di esame]

Quali sono le categorie che hanno bisogno di accessibilità? Chi non è in grado di muoversi,
udire… queste sono le categorie deboli a cui bisogna rivolgersi, bisogna tenerne in conto quando
si progetta qualcosa.

DISABILITA DELLA VISIONE


Partiamo dall’apparato visivo umano. Nel sistema visivo possiamo fare uno schema dove
possiamo dividere la parte ottica dalla parte nervosa. Lo stimolo luminoso arriva alla parte ottica,
che sono tutte le componenti che l’occhio ha. In che modo poi lo stimolo luminoso passa poi alla
componente nervosa, come viene trasdotto il segnale ottico in un segnale elettrico che va poi al
sistema nervoso centrale, dove viene appropriatamente elaborato da parte del cervello. Il cervello
capisce poi cosa abbiamo visto. È importante anche la comprensione: si possono avere tutte le
strutture intatte che permettono di vedere una serie ma a livello mentale non si riesce a
riconoscere che è una sedia. Questa capacità dipende dal sistema nervoso centrale integro e
bisogna avere memoria di quell’oggetto: il concetto deve essere già all’interno del cervello. È un
problema di cui spesso non si parla ma è importante. Questo è a prescindere dal sistema visivo
che può essere perfettamente funzionante. Le sensazioni sono collegate alla nostra esperienza.

Vediamo ora la struttura dell’occhio. È un organo con due organi che svolgono la stessa funzione
e sono posizionati in due cavità del cranio. Perchè abbiamo due occhi invece che uno solo?
Questo per avere la visione tridimensionale, il segnale luminoso viene elaborato da entrambi gli
occhi e questi segnali non sono esattamente identici, ma questo permette al sistema nervoso
centrale di poterli elaborare e utilizzare il concetto della terza dimensione. Tutti i nostri organi sono
poi fatti in modo di sopperire ai de cit; ogni occhio reagisce poi anche con la parte del SNC che
reagisce con l’altro occhio, c’è quindi una parte di collaborazione. L’insieme dei due segnali con il
loro scarto restituisce la terza dimensione. Il fatto di avere due occhi serve quindi per rendere
bene la tridimensionalità degli oggetti.

La parte esterna bianca che è costituita dal 93% di sclera. La parte anteriore che occupa il 7%
della super cie esterna ha una struttura diversa, questa ha una curvatura maggiore, ed è la
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cornea, è la parte trasparente che protegge l’iride e la pupilla. Noi non la vediamo ma esiste.
L’iride e la pupilla sono i punti di ingresso dei fotoni. All’interno c’è un altro strato la cosiddetta
coroide. Quindi gli strati del bulbo oculare sono tre: sclera coroide e all’interno la retina. Nessuno
di questi strati è inutile, sono tutti indispensabile. La coroide è la parte vascolarizzata, è lo strato
intermedio che serve sia a vascolizzare la parte interna ma anche da fare un po’ come da camera
oscura all’interno dell’occhio, per la percezione da parte della retina.

Anteriormente ha una parte strutturalmente diversa che è l’iride e nel suo centro si ha un foro che
è la pupilla che ha un diametro variabile a seconda del valore dell’intensità luminosa, più o meno
elevata. I meccanismi di apertura e chiusura della pupilla non è lo stesso meccanismo.

La struttura dell’occhio è abbastanza complessa e funzionale allo scopo. Serve per rendere
questo organo il più possibile sicuro e protetto, sia dall’esterno sia dall’interno.

La parte più esterna è la sclera che anteriormente cambia struttura e diventa la cupola trasparente
che è la cornea che ha funzione protettiva, ma che grazie alla sua curvatura serve per far
convergere i raggi luminosi verso la pupilla. La pupilla è il foro la cui larghezza è controllata con
muscolatura, e si trova al centro dell’iride che è la parte pigmentata. Sotto la pupilla si ha una
lente biconvessa che è il cristallino che ha una sua dinamica che permette la messa a fuoco dei
raggi luminosi in modo da farli convergere esattamente sulla retina, che è lo strato più interno
dove sono presenti le cellule fotoricettive che sono i coni e i bastoncelli.

Queste zone sono riempite da uidi, non c’è vuoto. Il cuore dell’occhio è riempito dall’umor vitreo
che è invece una sostanza più gelatinosa. L’umor vitreo serve a consentire il passaggio dei raggi
luminosi in maniera completa su tutta la retina e serve poi per mantenere la forma più o meno
sferica del bulbo oculare. Quindi non ha una consistenza così liquida come i uidi della camera
anteriore e posteriore.

La retina a sua volta è costituita da tre stati principali. All’esterno ci sono le cellule foto ricettrici,
poi ci sono le cellule bipolari e poi quelle gangliari (che sono quelle collegate al sistema nervoso).
Il nervo occhio esce da un punto chiamato punto cieco. Si chiama così perchè essendo un foro
non possiede ricettori, quindi qui non si ha visione ma non ce ne accorgiamo perchè coni e
bastoncelli compensano questa mancanza.

La struttura come altri organi è tripartita.

Cosa percepiamo noi? Cosa vuol dire vedere? La luce visibile fa parte di uno spettro
elettromagnetico. Quindi questo spettro in grandissima parte non è visibile. Nello spettro si ha
tutta una gamma di frequenze non visibili.

I movimenti dei nostri occhi sono tanti e ra nati, e per fare questi esistono degli appositi muscoli:
muscolo retto superiore e muscolo retto mediato, muscolo laterale,…

La struttura che esce dal punto cieco è il nervo ottico, questo ha un percorso trasversale rispetto
al cranio e si congiunge con il nervo ottico dell’altro occhio. L’informazione che noi percepiamo
dall’occhio destro va cambiandosi nel chiasma ottico si dirige verso la parte cerebrale sinistra e
viceversa. Questo per avere una informazione tridimensionale e per poter elaborare i segnali
correttamente.

È un organo delicato nonostante ci sia la sclera, si può danneggiare molto se non fosse protetto
dall’orbita, che è una serie di incastri, di ossa del cranio, che contiene e protegge il bulbo oculare.
Non è sferica, ha una forma di piramide quadrangolare rovesciata all’indietro. È di dimensioni di
circa 40 mm su tutti i lati. È data dall’intersezione di un certo numero di strutture ossee.
Superiormente si ha l’osso frontale, molto grande, e qui ha la funzione di proteggere il bulbo. Sulla
parte esterna si ha l’osso zigomatico. Nella parte inferiore l’osso zigomatico e mascellare. Nella
parte interna si ha l’osso mascellare e nasale. Poi si ha l’osso nasale verso il naso. Tutte le
strutture sono ben incastrate tra loro. C’è poi una apertura sul fondo che è il canale ottico, dove
passa il nervo ottico. Le pareti mediali sono parallele tra loro mentre quelle laterali divergono di
circa 45° tra loro andando a formare questa specie di piramide. È un organo ben protetto dalle
strutture ossee.

La retina è una membrana, quella più interna, ed è quello che possiamo chiamare come il vero
trasduttore del segnale. Quindi è sulla retina che si opera questa trasformazione da fotone a
segnale elettrico; tutto il resto, la cornea e lo strato intermedio, servono per nutrimento, per
protezione e attraverso i muscoli per focalizzare l’immagine nel punto giusto sulla retina. Se non si
focalizza sulla retina si vede male, si vede sfuocato, miopia, astigmatismo… sono tutti disturbi
dovuti al fatto di non far convergere bene sulla retina.

Non abbiamo ancora parlato dell’importanza degli annessi oculari, ciò che sta fuori dall’occhio. La
corretta idratazione della super cie dell’occhio è fondamentale per la sopravvivenza dell’organo,
se non è idratato in maniera corretta e con dovuti meccanismi e concentrazione di componenti
l’occhio si secca e muore. Quali sono le strutture interne? Ovviamente le palpebre che noi

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possiamo aprire e chiudere che è un movimento anche spontaneo, e questo serve a distribuire
questi liquidi periodicamente sulla super cie dell’occhio. Poi l’orbita è la struttura ossea.
L’apparato lacrimale, la congiuntiva e poi tutta la muscolatura extraoculare, quella che permette di
aprire e chiudere le palpebre, alzare le sopracciglia… i nostri occhi esprimono in certa parte i
nostri sentimenti.

Le palpebre sono una struttura abbastanza complessa. Le palpebre si aprono e si chiudono in


maniera spontanea e in maniera volontaria. Per esempio nel caso di un pericolo che ci viene
incontro la prima cosa che facciamo è chiudere gli occhi spontaneamente. Quindi hanno funzione
di protezione ma anche di idratazione. Dietro al muscolo ci sono delle ghiandole, e sono di due
tipi. Quelle più vicine alle ciglia si chiamano le Zeis, mentre quelle più interne sono le ghiandole
lacrimali. Poi ci sono anche le ghiandole lacrimale accessorie, di Krause. Poi altre ghiandole
accessorie ma di Wolfring. È una struttura non sono muscolare, ma anche con tutta questa
complessa presenza di queste ghiandole che sono quelle che devono fornire questi uidi che
servono a idratare la super cie dell’occhio o comunque per produrre la lacrimazione che può
essere dovuta a molti fattori. Per aspetti emotivi si piange perchè le ghiandole sono molto
stimolate dal sistema nervoso centrale.

Lo strato super ciale delle palpebre è uno strato cutaneo, poi c’è uno strato muscolare diviso in
orbicolare e elevatore; poi c’è uno strato broso che ha una sua funzione; poi lo strato
congiuntivite. Lo strato broso è fatto a sua volta di due componenti uide, la parte sferica è il
setto orbitale mentre la parte centrale è il tarso. Gli ammiccamenti sono i movimenti di apertura e
chiusura delle palpebre. In genere abbiamo 12 ammiccamenti al minuto, anche senza
accorgercene; poi ci sono alcune disfunzioni per cui possono essere molte di più o di meno.

La componente liquida ha anche una componente lipidica e fungono anche da nutrimento.

Si ha nell’apparato lacrimale una componente secretoria, che produce una certa quantità di
queste sostanze, e poi c’è una parte escretoria, che porta via tutto questo liquido, non ci gocciola
tutto sulle guance. Si parte dalla ghiandola lacrimale, ci sono dei dotti che fanno uscire dalla
ghiandola la sostanza lipidica e la portano sulla super cie dell’occhio, e poi grazie agli
ammiccamenti il liquido è convogliato in tutto l’occhio e porta al punto lacrimale che attraverso
altri dotti si arriva al sacco lacrimale. Questo è un condottò che porta il liquido nel naso. In questo
modo questi uidi de uiscono.

Ci sono due categorie di ghiandole lacrimali. Quella principale è quella relativa alla secrezione
ri essa, cioè quella che mette in azione questa lacrimazione quando c’è uno stimolo elettrico, che
può essere il bruscolino dell’occhio, uno stimolo luminoso troppo forte, o uno stimolo sico di tipo
emotivo sia poisitivo che negativa. Questa è la secrezione ri essa, ovvero è ri esso di una altra
causa estranea. Mentre la secrezione basale è quella che viene costantentemente, ed è prodotto
dalle ghiandole lacrimali accessorie, queste in parte sono coingiuntivali, prendono il nome dagli
studiosi che le hanno studiate. Cosa viene prodotto da queste ghiandole lacrimali? Sono sostante
lipidiche, proteine, acqua e altre sostanze che nel complesso proteggono la super cie dell’occhio,
la idratano, e vi portano sopra la super cie sostanze che proteggono l’occhio da possibili
intenzioni e dalla mancanza di idratazione.

Si hanno le ghiandole di Krause e quelle di Wolfring principali che hanno dentro una sostanza
sierosa, mentre le ghiandole di Manz e Henle emettono una sostanza più mucosa.

Che cosa è la congiuntiva? È lo stato interno della palpebra che una forma più o meno curva. Si
divide in tre zone e c’è la parte palpebrale che è quella più aderente alla palpebra, poi c’è il
fornice che è la parte che si prolunga verso la parte superiore, e poi la congiuntiva bulbare che si
propaga nella parte inferiore. Da un punto di vista istologico è fatta da cellule epiteliale, da testo
sottocongiuvintale e dalla ghiandole lacrimali accessorie. Le sue funzioni sono da un lato per
consentire la scorrevolezza delle palpebre sul bulbo. La palpebra è un po’ irregolare quindi il suo
contatto diretto con il bulbo non sarebbe ottimale. Ha anche funzione protettiva e difensiva dalle
infenzione, perchè contengono elementi protettivi. Contribuisce al mantenimento dell’equilibrio
metabolico grazie alle ghiandole. Poi ha una funzione di eliminazione ,grazie a lei vengono
eliminati tutti i metaboliti che si accumulano nel sangue in questa zona durante le varie fasi.

Quando si ha una in ammazione della congiuntiva si hanno bruciori e dolori.

Abbiamo visto queste componenti esterne. La funzione di ciglia e sopracciglia hanno funzione
protettiva. Le ciglia sono una specie di ltro delle impurità, evitano che il pulviscolo o altre cose
entrino nell’occhio e le sopracciglia la stessa cosa per tutto ciò che arriva dall’alto, per esempio
capelli o altre cose dall’alto. Proteggono entrambe l’occhio in maniera più statica.

Gli occhi come si muovono? Esistono ben 6 muscoli che consentono i movimento dell’occhio
all’intenro dell’orbite. Si ha il muscolo retto superiore e l’obliquo inferiore che servono per
guardare in alto. Poi si hanno il retto inferiore e l’obliquo superiore che servono per

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l’abbassamento. Poi ci sono quelli laterali e mediali che servono per abdurre o addurre. Poi ci
sono i muscoli extraoculari che movimentano le palpebre e tuta la muscolatura legata anche alle
espressioni che noi abbiamo. È coinvolta un notevole numero di fasci muscolari del volto che
corrispondono anche a movimenti di mimica facciale.

Ora adiamo a vedere il bulbo oculare, prima la parte anatomica poi siologica. Le dimensioni del
bulbo oculare sono circa 2,4 cm, come lunghezza, ed è approssimativamente sferico ma non
perfettamente. Anche perchè poi anteriormente presenta questa componente che lo deforma in
parte all’esterno che è il proseguimento della cornea. Questa calotta cornea ha una curvatura
maggiore del bulbo che serve a proteggere ma anche per far convergere ad na prima distanza
verso la pupilla e poi all’interno dove c’è il cristallino. Quindi tutto il meccanismo serve per far
rifrangere la luce sulla retina. Le tre membrane che costituiscono ‘occhio ne abbiamo già parlato:
cornea o sclera, la uvea o coroide (che è quella vascolarizzata e più scura) poi la retina. Un’altra
componente è il distretto corpo ciliare perchè regola la sospensione ma anche la deformazione
del cristallino quando bisogna focalizzare un oggetto più o meno vicino, quindi ha la funzione
importante e di grande rilevanza.

Cominciamo dalla prima membrana. È fatta di due parti la parte sclerotica o sclera e la cornea. La
sclera è la parte più solida e resistente dell’occhio che ha funzione essenzialmente protettiva, è di
colore bianco ed è al tatto piuttosto dura e consistente. Tutta la parte esterna è costituita per i 5/6
da questa componente . È fatta da bre che hanno un decorso circolare con fasci di spessore
variabile. La struttura è complessa, non solo per lo spessore ma anche per la distribuzione.
Questo permette l’elasticità e l’estensibilità del bulbo oculare. Nel nostro corpo non c’è nulla di
super uo, ogni componente ha una motivazione ben precisa. Nella parte anteriore c’è la cornea
che è un tessuto che deve essere completamente trasparente, ha una struttura diversa della
sclera perchè è molto più sottile e delicato, ha funzione sia protettiva verso la pupilla, ma serve
anche per rifrarre la luce.

La curvatura della sclera nella parte anteriore è di raggio di circa 7.8 mm mentre quella posteriore
di 6,8 mm, non sono uguali. Lo spessore nella parte centrale è di circa mezzo millimetro e in
genere non è uguale per i due occhi, sono condizioni siologiche che non pregiudicano la vista,
ma lo spessore può diminuire con l’eta e far peggiore la vista. Il diametro vai da 11,50 a 13,00
mm. Ha un indice di rifrazione di 1,377, che è superiore a quello dell’area. Da un punto di vista
ottico la cornea è una lente.

La sclera è bianca e opaca ma ha anche dei capillari fondamentali.

La cornea non è vascolarizzata, non arrivano capillari e non arrivano vasi sanguigni di nessun tipo,
quindi è avascolare e pluristrati cata. E ha la fondamentale funzione di consentire il passaggio
della luce. Da un punto di vista della struttura si ha un epitelio, ci deve essere una qualche
membrana, una qualche struttura, che contiene e protegge la parte vera e propria, quindi
esteriormente si ha l’epitelio e anteriormente (verso la parte interna dell’occhio) si ha l’endotelio.
Nel mezzo c’è la comp onentepiù rilevante che è lo stroma che è delimitato da due membrane
quella più esterna è la membrana di Bowmann e quella interna di Descemet. La cornea è questa
cupola trasparente.

La cornea deve essere trasparente, la super cie all’esterno deve essere costantemente idratata e
questa trasparenza è dovuta alla parte centrale dello stroma dove le cellule hanno una
distribuzione regolare. Le altre proprietà sono la speculari, cioè deve consentire anche il
passaggio della luce ma non di tutta, la permeabilità che deve consentire il passaggio di farmaci,
la protezione e sostegno del bubolo oculare, e sensibilità elevata.

Le cellule delle stroma hanno una disposizione regolare per consentire il passaggio senza
di razioni interne che renderebbero più di cile il passaggio.

Che funzione ha la cornea? La cornea ha la funzione di far passare la luce all’intento con una
certa componente rifrattiva. Abbiamo detto che ha un indice di rifrazione superiore
signi cativamente dell’aria circostante (1,377 rispetto a 1 dell’aria) e questo è il motivo della
rifrazione che e ettua la cornea. La luce che viene passata all’interno subirà un’altra fase di
rifrazione dal cristallino, che è importante per la focalizzazione della luce sulla retina.

Tra la cornea e l’iride c’è uno spazio che si chiama camera anteriore che contiene un uido. La
seconda camera è quella posteriore posizionata tra l’iride e la parte interna del bulbo, e poi si ha il
bulbo interno,

Le due camere sono in comunicazione tra loro, non sono vuote ma contengono dei uidi molto
simili.

Il primo, presente nella camera anteriore, si chiama umor acqueo, questa camere è piccola circa 3
mm di spessore, questo uido è molto vicino alla consistenza dell’acqua vera, è un liquido

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completamente trasparente. Ha un indice di rifrazione un po’ minore della cornea, di 1,333. È
costitua con il 98% di acqua. Questo uido è prodotto dal corpo cigliare.

Si ha l’umor vitreo che ha un indice di rifrazione simile ma ancora diverso, 1,336. Ha una
consistenza più gelatinosa e questo riempie la parere interna dell’occhio.

La membrana intermedia è detta anche tonaca vascolare è formata dalla parte coroide, dall’iride
dal corpo cigliare. La sclera è la parte più esterna, poi si ha la coroide e all’interno la retina.
Sempre nella coroide ci sono i muscoli cigliari e i vari processi di cui abbiamo già parlato. La
coroide detta anche tunica o tonaca vascolare, perché è quella più ricca di vasi sanguigni che
vanno a nutrire le varie componenti. Nella coroide ci sono anche delle cellule che contengono un
pigmento scuro che sono melanociti che servono a tenere la camera oscura. Questa membrana è
detta anche uvea perchè ha un colore scuro simile alla buccia dell’uva nera.

La pupilla ha la capacità di essere più o meno ristretta a seconda che ci sia più o meno luce che
proviene dall’esterno, come fa anche la macchina fotogra ca. Con luci molto forti si chiude per
proteggere la parte interna dell’occhio.

L’iride è un disco colorato il cui colore dipende dalle quantità di cellule pigmentali di un tipo
piuttosto di una altro nella struttura e al centro si ha un foro nero che è la pupilla. Il suo diametro
medio è di circa 12 mm con uno spessore da 0,5 a 1 mm. Non è indice di patologia se uno occhio
ha uno spessore diverso dall’alto. L’iride divide la zona compresa tra la zona compresa tra cornea
e cristallino nelle due camere anteriore e posteriore.

Il mecanismo di apertura e chiusura della pupilla non è banale. Ci sono due tipi di muscolature
diversa a seconda che l’iride debba essere dilatato o ristretto. Se la luce esterna è scarsa o
diminuisce allora nell’iride esiste un muscolo che agisce radialmente e spinge dal centro verso
l’esterno l’iride e consente la dilatazione della pupilla e fa entrare una maggiore quantità di luce, è
un muscolo radiale. In situazione di eccessiva luminosità il muscolo s nterico che circonda la
pupilla circolarmente spinge l’iride verso il centro e quindi la pupilla si restringe. Questi due
muscoli provocano un allargamento verso l’esterno o l’interno dell’iride con due tipi di
muscolatura diversa. Uno circonda la pupilla e uno si dispone radialmente. La pupilla ha diametro
che varia da un valore minimo di circa 2mm quando c’è una illuminazione eccessiva no a valori
no a 8 mm quando la luminazione è scarsa. Il tutto è gestito dal sistema nervoso parasimpatico
… (?).

La pupilla è nera, la radiazione entra e raggiunge il fondo dell’occhio e non può tornare indietro.
C’è una piccola distorsione, con la camera anteriore abbiamo una visione leggermente più grande
di quella che è nella realtà.

Tra la seconda e la terza membrana si ha una lente che è il cristallino e si hanno una serie di
elementi che sono la zonula che regolano i movimenti del cristallino.

08/03/2022

I movimenti del cristallino sono de niti dalla zonula. Si ha il cristallino che è una lente biconvessa
che è sospeso grazie, non appoggia su una super cie, ma è tenuto sospeso da dei legamenti che
sono la zonula di Zinn che a loro volta sono comandati, il loro rilassamento e contrazione è
regolato da determinati muscoli. Anche il cristallino ha una struttura fatta da tre strati. C’è una
struttura esterna chiamata capsula, che serve a contenere e proteggere gli strati più interni, poi
c’è la corteccia che è fatta da cellule particolari e poi il vero e proprio nucleo, cioè la parte più
interna.

È una struttura non perfettamente simmetrica, ci sono raggi di curvatura leggermente diversi
rispetto la parte anteriore e posteriore dell’occhio. I raggi di curvatura possono essere modi cati
dal processo di accomodazione cristallina. Se noi vogliamo un oggetto distante il cristallino dovrà
essere in grado di focalizzare raggi luminosi e farli focalizzare sulla retina, questo senza patologie,
e avrà quindi il cristallino una forma più allungata. Viceversa per un oggetto più vicino la struttura
sarà più snella.

Si hanno tre strati. La capsula èe la zona corticale hanno funzione protettiva della parte interna e
poi il nucleo. Questi strati non hanno lo stesso indice di rifrazione: 1,376 per la capsula, simile alla
parte esterna dell’occhio, 1.375 zona corticale e 1.406 per il nucleo. Quindi il raggio luminoso che
è già stato in qualche modo di ratto arriva al cristallino e subisce sei diverse rifrazioni. Il cristallino
ha una lente biconvessa e ha una curvatura maggiore nella parte inferiore (?), però a seconda
della distanza dell’oggetto che si sta focalizzando la curvatura ha delle variazioni e questo si
chiama processo di accomodazione del cristallino.

I numeri da sapere se uno si deve interfacciare con l’ambito medico è il diametro di 10mm con
uno spessore di 3.5 mm circa, perchè dipendono dall’età del soggetto, dalla conformazione
individuale e da un’altra serie di fattori siologici e genetici.

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Il cristallino è una struttura sospesa, ed è tenuto dalla zonula. È un serie di lamenti costituiti da
sostanza brosa che consente di collegare il muscolo cigliare con il cristallino e sono i movimenti
del muscolo cigliare che determina le variazioni di forma del cristallino.

Il cristallino ha un raggio di curvatura molto maggior nella parte esterna in condizioni base. Ai lati
ci sono le bre zonulari che possono essere più o meno in tensione, e questo dipende dal corpo
cigliate che è una struttura muscolare che può essere rilassata o in tensione a seconda della
situazione, a seconda che si stia cercando di mettere a fuoco oggetti a distanze diverse.

La struttura deve essere assolutamente trasparente e deve avere questo potere diottrico, quindi
permettere la covnergenza dei fasci necessariamente sulla retina. La trasparenza è una
condizione fondamentale a nché i raggi la possano attraversare e che possano arrivare integri,
non è sempre così come nel caso della cataratta quindi l’opacizzazione della lente.

Raggi lumonis che arrivano da distanza elevate arrivano quasi paralleli tra loro e quindi la lente
deve essere il più possibile tale da essere non compressa in modo da consentire ai raggi che
possano convergere sulla retina, punto fondamentale perchè altrimenti la vista è sfuocata.
Viceversa un oggetto posto a distanza molto ravvicinata (33 cm che è quasi il limite siologico a
cui si vede in maniera nitida un oggetto) e la lente si accomoda con una super cie superiore più
arcuata.

La lente sporge, si avvicina alla pupilla o altrimenti rimane più distante nel caso di vista più da
lontano.

Come funziona questo processo di accomodazione del cristallino? Questa zonula di Zinn, queste
bre, questi legamenti che sorreggono il cristallino sono collegati al muscolo cigliare che è
presente sulla parte interna del secondo strato. Cosa succede ? Questo muscolo subisce delle
distensioni o contrazioni a seconda di quello che vogliamo mettere a fuoco e la quantità di
contrazioni di questo muscolo è legata al sangue che è presente nei vasi arteriosi e venosi.
Quando il muscolo è rilassato è disteso, allora i legamenti della zonula di Zinn sono contratti,
quindi la distanza tra il cristallino e il muscolo è maggiore e le zonula sono in tensione e quindi la
capsula del cristallino viene tirata su, viene tirata in maniera più distesa, è la condizioni in cui
vogliamo focalizzare qualcosa che è a una distanza elevata. La curvatura è minore e il cristallino è
meno convesso.

L’altro caso è quando il muscolo contratto si gon a si irrigidisce e quindi i legamenti si rilassano,
non sono più in tensione, e questo provoca l’e etto opposto: il cristallino viene reso più sferico e
meno appiattito e questo consente la visione di oggetti più ravvicinati.

La struttura del cristallino può essere più o meno rilassato e siologicamente parlando in una
persona adulta possiamo vedere oggetti a distanza potenzialmente in nita a meno di ostacoli,
però c’è un limite inferiore, sotto i 25 cm di distanza si fa fatica a mettere a fuoco, questo è il
cosiddetto punto prossimo più o meno che è il punto sotto al quale il nostro cristallino non si
deforma in maniera su ciente/ulteriore per focalizzare sulla retina. Questo nell’adulto. Nei
soggetti bambini può arrivare anche a 8 cm.

Nel calcolo della distanza focale si suppone che l’indice di rifrazione del cristallino sia unico,
globale per tutto il cristallino; poi si ipotizza anche che sia immerso in un unico medio, nella realtà
ci sono uidi diversi nella camera anteriore e in quella posteriore.

La relazione molto sempli cata quindi per valutare la distanza focale con
i raggi di curvatura del cristallino e dagli indici di rifrazione. Cosa si può
dedurre in maniera generica? Questa è una sempli cazione , anche
perchè in realtà le ipotesi fatte non valgono.

Il cristallino è una lente e come tutto quello che riguarda noi come essere umano va lentamente
incontro a peggioramenti e in particolare il cristallino va incontro a peggioramenti n
dall’adolescenza. È un processo inevitabile, più o meno evidente. Se la sostanza che forma il
cristallino è meno elastica allora rende meno facile il processo di accomodazione, e si parla di
presbiopia in generale, e quindi la capacità di mettere a fuoco a varie distanze. Oltre a questo il
cristallino oltre a indurirsi può lentamente perdere trasparenza e questo comporta problemi di
diminuzione della vista, il fattore principale è l’invecchiamento ma ci possono anche essere traumi
o processi in ammatori.

La cataratta è in genere parziale, la vista è o uscata e la perdita non è totale. Al giorno d’oggi si
può fare un’operazione che è estremamente semplice e di quasi immediato recupero della
funzione visiva. Si sostituisce il liquido del cristallino opacizzato e lo si sostituisce con una lente
arti ciale. Questo intervento è una microchirurgia senza anestesia in genere, viene fatta una
piccola apertura nella capsula anteriore verso l’esterno e il nucleo viene frantumato e ridotto in
microframmenti con una sonda ultrasuoni e poi aspirato nel giro di 8 secondi, poi la capsula che è

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rimasta intatta (solo il nucleo viene aspirato) è svuotata e a questo punto viene inserita una lente
arti ciale e a questo punto si può anche intervenire inserendo una lente tipo quella degli occhiali e
quindi andando ad eliminare anche eventuali altri difetti della vista.

Cosa c’è sotto/dietro al cristallino? C’è la cosiddetta camera vitrea che si chiama cosi perchè
contiene questa sostanza non tanto uida, gelatinosa che si chiama amor vitreo. L’importanza di
questa sostanza è di mantenere il tono oculare, deve essere anche lei trasparente, e poi deve
mantenere anche l’aderenza tra la retina e la coroide, quindi lo strato interno e esterno
dell’occhio, questo perchè se manca questa aderenza le cellule che portano il segnale al nervo
ottico non possono misurare correttamente. Questa patologia si chiama distacco della retina, e
quando si ha in quel punto dell’occhio si perde la visione.

Poi l’umor vitreo si forma durante la vita embrionale e non viene mai sostituito, non è una di quella
sostazne che via via si rigenerano.

Vediamo ora la struttura fondamentale per la vista, per la percezione di luce e colori ed è la retina.

La retina è a sua volta costituita da tre strati fondamentali di cellule e ognuna ha una sua funzione
precisa. In realtà ci sono una ventina di strati ma quelli fondamentali sono tre. Gli assoni delle
cellule più interne vanno a con uire nel nervo ottico che esce dal punto cieco che poi arriverà alla
zona cerebrale dedicata all’elaborazione di queste informazioni che è posta posteriormente,
quindi attraversa tutta la scatola cranica.

Il punto di uscita del nervo ottico non contiene cellule foto sensibili quindi non può trasmettere
informazioni visive come abbiamo già detto.

Poi c’è un altro punto che si chiama fovea dove c’è la massima acuta, ovvero il punto dove si
concentra maggiormente la gran parte dei coni e bastoncelli che consentono quindi la vista a
colori. Quindi si ha una distribuzione non uniforme sulla retina di queste cellule che permettono la
vista, anzi è molto molto id erenziata. Anche la distribuzione di coni e bastoncelli non omogenea
segue delle precise regole, tutto risponde a requisiti di ottimizzazione ma anche di economia per
la quantità e qualità delle strutture.

Quindi la retina è la membrana iu interna, è anche detta tunica interna o tunica nervosa ed è
costituita da vari strati, in totale da 11 strati con tutta una serie di componenti diversi e di base è
costruita da due foglietti aderenti tra loro; uno più esterno in contatto con la coroide e un’altro più
interno in contatto con l’umor vitreo.

I fotorecettori sono cellule particolari che si chiamano coni e bastoncelli. I coni sono quelli
deputati alla visione a colori sono in numero molto minore rispetto ai bastoncelli e hanno anche
una struttura diversa (i coni sono più grossi e più corti dei bastoncelli che hanno una struttura più
sottile e lunga). I coni sono demandati per la visione diurna mente i bastoncelli sono più adatti per
la visione notturna.

I tre stati di cellule della retina sono i fotorecettori, poi si ha un altro strato che è formato dalle
cellule bipolari e poi cellule gangliari. Le cellule bipolari hanno il compiuto di collegare Los trato
dei fotoriccetori con lo strato sottostante delle cellule gangliari, quindi hanno una struttura con
terminazioni simmetriche tra interno e esterno. Verso l’interno si hanno le cellule gangliari e che
fanno da sistemi di uscita del sistema visivo, quindi gli assoni di queste cellule vanno poi a
costruire le bre che si uniscono nel nervo ottico.

Come funziona il meccanismo? Dall’epitelio che è uno strato protettivo della retina a cui sono
immediatamente collegati i fotorecettori, quindi questi trasmettono l’informazione sottoforma di
segnale elettrico, l’informazione è poi modulata attraverso delle cellule orizzontali e amacrine, che
sono in uno strato orizzontale, poi l’informazione passa alle cellule bipolari poi alle gangliari e
in ne al nervo ottico. Le cellule amacrine sono presenti nello strato nucleare interno e anche loro
fanno da connessione, e ognuna ha una funzione di trasmissione e di modulazione del segnale
che arriva dallo strato superiore. Quindi è un meccanismo abbastanza complesso.

I coni sono la parte più sensibile alle radiazioni luminosi che corrispondono ai colori primari,
quindi alle radiazioni del blu del verde e del rosso.

I bastoncelli hanno una funzione un po diversa, consentono meglio la visione al buio. Servono ma
avendo una reattività alla luce più lenta sono meno utili nella visione diurna.

Come fa un segnale luminoso a trasformarsi in un segnale elettrico? Viene fatto da coni e


bastoncelli. Ci sono tre tipi di coni, rosso verde e blu. La traduzione è legata alla struttura stessa
dei coni e dei bastoncelli, questi foto ricettori contengono dei pigmenti fotosensibili denominati
iodopsina e rodopsina, quando questi sono colpiti dalla luce vanno incontro a mutamenti della
loro conformazione, quindi si contraggono o si allungano a seconda del segnale luminoso che li

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colpisce. Hanno una deformazione proprio sica e strutturale, e questa induce/innesca un
potenziale di azione e questo è il meccanismo. È proprio la morfologia che cambia. Ogni
deformazione del singolo cono, del singolo bastoncelli e di quelli limitro e di tutti quanti, portano
a potenziali di azioni diversi.

Il daltonismo è un problema dei coni.

Non c’è una distribuzione uniforme di coni e bastoncelli sulla retina come già detto. Si hanno zone
in cui i coni sono praticamente inesistenti. La cosiddetta acuta visiva è legata alla quantità di
queste cellule fotorecettori sulla retina. C’è una zona della retina chiamata macula lutea di 2 mm
di diametri, che ha una pigmentazione sul giallo, e contiene la stragrande maggioranza dei coni e
dei bastoncelli. Quindi tutta la acuta visiva si concentra in questo punto, poi sul resto della retina
si diminuisce degradando via via il numero di fotorecettori.

Questa macula è una piccola depressione, al suo interno al centro c’è la cosiddetta fovea che ha
un diametro di 0.25 mm che contiene praticamente solo coni, circa il 95% di tutti i coni del nostro
occhio sono concentrati in questa zona di fovea.

Al di fuori di questa zona sulla retina non c’è il deserto, ci sono gli altri coni che si distribuiscono
in maniera degradante man mano che si allontanano dalla fovea, sul resto della retina prevalgono
poi maggiormente i bastoncelli.

Il segnale poi arriva al nervo ottico. Gli organi di vista sono posti nella parte frontale e il segnale
viene poi trasmesso e distruviot nella parte posteriore del cranio dove c’è la parte del cervello
deputata all’interpretazione di questi segnali. Il percorso è piuttosto lungo non solo, i segnali che
provengono dall’occhio sinistra vanno quasi nella totalità dei casi nella parte destra e si incrociano
con le bre ottiche dell’occhio destro che vanno a sinistra nel chiasma ottico. I motivi ci sono, non
tanto per la distanza ma più per l’inversione delle posizioni celebrali dove si fanno le elaborazioni.
Tutte le bre si scambino ma non tutte, una parte minore dall’occhio sinistro va nella zona sisnitra
del cervello e stessa cosa per la destra.

L’elaboraizone dei segnali dei due occhi non sono disgiunte tra loro, il segnale arriva quasi in
contemporanea e il cervello riesce ad elaborare la provenienza e a mettere assieme le
informazioni, le combina in modo fondamentalmente non solo per valutare la distanza i colori e la
forma ma soprattutto per dare la tridimensionalità, per dare la profondità, e questa è data proprio
dal fatto che li bre nervose si incrociano e vanno nella direzioni opposta. Se avessimo un unico
occhio perderemo la profondità.

Dobbiamo a questo punto capire quali sono le tecnologie a supporto riabilitativo della funzione
visiva.

Vediamo ora alcuni parametri che devono essere valutati in visite specialistiche in questo ambito.

Una delle principali proprietà della nostra occhia è il visus o acutezza visiva ed è la capacità del
nostro occhio di risolvere dettagli ni, quindi di risolvere oggetti molto vicini tra loro, se questa
non è elevata si vedono oggetti come il solito oggetto. Quindi è de nita come l’inverso delle
dimensioni angolari minime che un oggetto deve avere er essere percepito correttamente. È
importante valutare questo perchè può essere indice di patologie.

Le misure più stringenti e corrispondenti alla de nizione sono le seguenti. Il cosiddetto minimo
visibile o acutezza è il più piccolo angolo visivo entro cui l’occhio riesce a vedere se esiste o
meno qualcosa. Altrimenti l’acutezza di risoluzione o minimo angelo di risoluzione è quando si
mostrano due oggetti vicini e ci si chiede se sono un oggetto unico o due distinti. Nell’occhio
normale ci sono circa 35/50 secondi di risoluzione (?).

Il MAR è il minimo angolo di risoluzione, ed è il minimo angolo sotto al quale non si percepisce la
di erenza tra oggetti diversi. Un’altra misura è il cosiddetto ciclo, ovvero si va a vedere l’angolo di
una sequenza scura e chiara (?).

Un’altra misura che viene fatta durante la visita oculistica è la acuità o acutezza di allineamento.
Due barrette sovrapposte ma non allineate, anche qui al soggetto
viene chiesto di dire quando le distingue e quando ne vede una sola.
Quindi quale è lo spostamento spaziale percepibile tra i due oggetti.
Anche qui si misura in secondi di arco e in media è un valore molto
elevato, noi siamo capaci di localizzare abbastanza facilmente le due
barrette in dimensioni molto elevate di 4/5 secondi di arco.

La classica è la acutezza di riconoscimento che è il riconoscimento


di lettere maiuscole dell’alfabeto.

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I deici decimi è il minimo livello al di sotto del quale ci sono problemi di vista. Si può arrivare
anche no a 20 decimi. Questo viene valutato in base a delle tabelle. Come de nizione di visione
normale è quella di Snellen che dice che la visione normale indica la capacità di riconoscere dei
simboli quando un suo dettaglio sottende un angolo di un minuto di arco. Quindi per essere
distinguibili due tratti devono essere lontani 1 minuto di arco. Poi ci sono varie altre unità di
misura.

I deici decimi è solo il valore di cuto , è il valore sotto al quale non si ha la visione normale ma una
visione alterata.

Un conto è l’acutezza visiva con tutte le variazioni, ma un’altra cosa importante la cui carenza è
indice di varie patologie è la visione periferica, cioè il campo visivo, quindi il fatto che possiamo
comunque un ampio Range di 150 gradi circa e di 120 gradi di visione verticale ssando un punto
sso; però ci sono tutta un’altra serie di parametri: il campo visivo, movimenti oculari corretti,
funzione binoculare, il problema a monte di tutti è però il sistema cognitivo integro, quindi il fatto
di avere una percezione non solo corretta da un punto di vista del sistema visivo ma anche del
sistema di elaborazione delle informazioni.

Quindi in una visita oculistica deve essere fatta la misura del campo visivo, che non è simmetrico
per la parte destra e sinistra, e questo è dovuto al fatto anche che c’è il naso che limita il campo
visivo in orizzontale: si ha una estensione di 90 gradi verso l’esterno e di 60 gradi verso l’interno
per la presenza del naso; poi si ha il 70 gradi in basso e i 50 gradi in alto. Queste misure vanno
fatte ssando un punto sso ben preciso.

Un altro punto che noi non percepiamo ma esiste è il punto cieco, si trova circa 10/20 gradi verso
l’esterno rispetto al centrale ed è privo di foto ricettori. Quali sono i problemi legati alla presenza
di difetti nel campo visivo, ed è il fatto di ridurre in genere più o meno profonda la capacità di
percepire un campo visivo. Questa alterazione è detta di scotoma. È assoluto quando l’area del
campo visivo non si percepisce nessuno stimolo, oppure è relativo quando in questa area si
percepiscono solo alcuni stimoli, per esempio solo quelli ad alta intensità. Serve per diagnosticare
per esempio il glaucoma, che è una malattia che porta alla cecità, oppure per malattie cerebrali.

Il campo visivo si misura con la perimetria computerizzata. Ci sono due avvallamenti per lo studio
dell’occhio destro e sinistro. C’e poi un sistema di sensoristica che rileva se il paziente ha
appoggiato male il mento o la fronte. Anche la durata dell’esame è impostata a seconda della
tipologia con cui ha a ce fare: una persona sana può reggere per alcuni minuti, mentre bambini
persone anziane per tempi più brevi.

Una diagnosi che si può fare con questo strumento è veri care se c’è una situazioni di miopia o
ipermetropia. Una persona miope non riesce a mettere fuoco oggetti distanti e l’opposto. L’occhio
miope non riesce a far convergere i raggi luminosi sulla retina ma in un punto prima. Stessa cosa
ma al contrario per l’ipermetrope, dove la focalizzazione avviene al di là della retina.

Vediamo da un punto di vista legale quando una persona è ipovedente o cieca, questo perché al
livello di visione è predisposto un supporto dal punto di vista sanitario. È stata fatta una
categorizzazione che distingue l’ipovisione e la cecità, e questo di erenzia il tipo di supporto
fornito. Sono state de nite 5 categorie dove si pende come parametro per valutarle solo
l’acutezza visiva. Quando manca la percezione della luce si parla di cecità assoluta. Le categorie
1 e 2 sono ipovisione, mentre la 3,4 e 5 sono la cecità.

Esistono due grosse categorie di disabilità e per costruire uno strumento riabilitativo bisogna
distinguere tra i problemi di microvisione (quindi la capacità di riconoscere oggetti di piccole
dimensioni) oppure problemi di macrovisione ( che è la capacità per esempio di non riconoscere
gli ostacoli quando ci muoviamo).

Nel caso della microvisione cosa signi ca e quali sono gli ausili in questo ambito.

Storicamente il primo dispositivo di ausilio alla lettura e alla scrittura per il non vedente è l’alfabeto
Braille. Alfabeto dove ogni lettera era costitua da 6 punti, impressi inizialmente con un punteruolo
su fogli di carta spessi. Il punteruolo viene posizionato su delle caselle 3x2 con 6 punti dove può
essere posizionato. Al giorno d’oggi il Braille è superato dai vari sistemi audio di registrazione.

Le macchine braille sono al giorno d’oggi superate, però erano gli strumenti base.

Altri dispositivi che esistevano (oggi in maniera più evoluta) sono per chi non è totalmente non
vedente .ci sono le CCTV che hanno un sistema di ingrandimento video in modo di ingrandire o
aumentare l’illuminazione dell’immagine no a 60x, quindi per persone con grossi problemi di
vista. Poi ci sono i blocchi note elettronici.

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I primi dispositivi erano molto semplici un po perchè non si aveva la tecnologia e poi perchè
dovevano essere di facile utilizzo.

I marcatori di riga delimitano l’area di lettura perchè quello che c’è prima e dopo potrebbe
confondere il lettore.

10/03/2022

Braillenote e voicenote convertono testo in speech. Sono dedicati ai totalmente non vedenti.

Optacon è un lettore ottico, è un convertitore ottico. L’innovazione sta nell’uso del sensore ottico.
In questo caso si parla di non vedenti totali. La lettura è lenta perchè si legge un simbolo per
volta, però ha il vantaggio di poter essere regolato no ad un certo punto sulla grandezza dei
caratteri. Si ha anche il riconoscimento di spazi bianchi e serve perchè lèggendo lettera per lettera
bisogna sapere quando nisce la parola.

Agenda elettronica braille -> per gli ipovedenti. Fa quello che oggi lo si può fare con lo
smartphone.

Poet compact -> serve per la traduzione del testo, il software riconosceva il verso della scrittura,
se a colori o no e riconosceva la presenza delle immagini e le evitava. Lavorava anche con la
sintesi vocale, quindi era più evoluto rispetto ad altri sistemi.

Fin qui abbiamo parlato di microvisione, quindi problemi legati alla lettura. Poi si ha la
macrovisione, ovvero la possibilità di un ipovedenti o non vedente di poter gestire la sua presenza
e i suoi spostamenti nell’ambiente circostante.

Una delle prime protesi è il famoso bastone bianco, parzialmente o totalmente, permetteva di
identi care da parte degli altri che quella persona era un non vedente. Lo identi cava da un
semplice bastone da passeggio. Si ha bisogno di una fase di riabilitazione per imparare ad usarlo.
Il problema poi è che ha una certa lunghezza, e si poteva tastare il terreno attorno a se, ma solo
una zona limitata. Però si investigava il terreno, non venivano esplorati elementi non sul terreno.

Il cane guida oltre a esplorare il territorio circostante, il cane veniva istruito a svolgere certi compiti
e segnalando in maniera diversa e aiutava sia negli spostamenti ma anche per la presenza a livelli
della testa, o pericoli nell’attraversare la strada, oppure se stava arrivando qualcuno con fare
minaccioso. Le problematiche non sono solo quelle dell’addestramento dei cani, poi il cane deve
essere vivente quindi il non vedente deve curare l’animale.

Questi due elementi sono stati sostituiti da altri dispositivi. La tecnologia si è evoluta e ha sfruttato
tecnologie sia di tipo radar che laser che ultrasuoni, quindi sia ottico che acustico.

Un esempio è il bastone da passeggio laser, ha 3 emettitori orientati in modo da percepire


ostacoli di fronte, verso l’alto e verso il basso (le tre aree fondamentali). Il bastone poi può vibrare
a seconda del pericolo o dell’informazione, e ci sono tipi di vibrazione diversa a seconda di cosa il
bastone vuole comunicare con il non vedente. Altri metodi di allarme sono suoni con frequenze
diverse. Il tipo di traduzione deve tenere conto delle capacità del paziente, non ha senso emettere
suoni di allarme se la persona non sente bene. Il raggio laser ha dei problemi con super cie di
grandi dimensioni e quindi i segnali ri essi sono confusi, e si ha un problema per esempio nelle
porte a vetri. È un bastone quindi il soggetto può comunque tastare il terreno.

Altri dispositivi sono forniti di sensori a ultrasuoni, questo può essere abbiano o meno al bastone
o al cane guida, ci sono due sensori per inviare e ricevere segnali e sono a dabili no a 4 metri di
distanza, quindi una distanza plausibile a nché la persona sia in grado di reagire e valutare la
situazione.

Un altro dispositivo datato, però riassume l’applicazione di tutte le tecnologie. È invasivo e


ingombrante perchè va indossato sul capo. Ha 5 trasduttori ad ultrasuoni, tre ricevitori e 2 ad
angolo e quindi riescono a rilevare tutto il percorso dell’utente.

Il grosso problema del bastone a raggi laser è che il non vedente deve avere una lunga fase più o
meno lunga di abilitazione all’uso di questo dispositivo. Quindi c’è tutta una fase in cui al paziente
bisogna spiegare l’uso del bastone e il signi cato di tutti i segnali che riceverà. Quindi l’uso non è
immediato.

Guidecane il soggetto ha un bastone dove una estremità è disposta su un carrellino. Il soggetto


manovra con una mano con una specie di joystick e orienta il bastone e questo se non ci sono
ostacoli segue la direzione indicata dal joystick altrimenti segnala al paziente di cambiare
direzione.

Sonic path nder.

Polaron era piu orientato per l’utilizzo nei bambini, questo perchè i dispositivi visti nora non
erano adattati all’uso per i bambini. La risposta è di tipo acustico o tattile ma ovviamente in
maniera sempli cata per l’uso da parte dei bambini. Ha poi un vibratore dietro al collo in modo

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che tutte le volte che si ha una vibrazione il bambino capisce che c’è qualcosa, che c’è un
qualche ostacolo.

Il sistema GPS su PDA era utile per percorsi prede niti impostati.

Questi sono le cose da parte degli utenti. Da parte della società, che cosa fa la città per favorire
l’autonomia delle persone con disabilità di questo tipo? La sigla APS (accessible Pedestrian
Signals), ora è anche questa un po superata, sono i pulsanti per sempre ai semafori e partiva un
suono che dava anche la tempistica. Oggi giorno questo è in parte automatizzato. Ora ci sono più
tecnologie ad infrarossi che invia segnali al dispositivo di ricezione dell’utente.

Prima si trattava di spostamenti e lettura di testi, in generale le IADL comprendono varie attività,
non solo leggere e spostarsi ma anche altre attività.

Sulle medicine ci sono i caratteri braille, un’altra tecnologia sono i RFID, dei lettori basati su
tecnologia a radiofrequenza. Il farmaco ha una etichetta intelligente che contiene un microchip
che può essere letto e converte le informazioni in un messaggio vocale.

Come il non vedente ma anche il daltonico può riconoscere i vari colori di un oggetto? I colori
sono legati alla lunghezza d’onda. Il color test 2000 si basava sulla quantità di luce ri essa verso
un sensore. Altro aspetto non irrilevante è il riconoscimento del valore di una banconota. Le
monete grazie alla sensazione tattile non crea molti problemi, invece la banconota si. Quindi c’era
un dispositivo Voice it all che funziona in analogia al distributore di bancomat che da i soldi, con la
tecnologia stessa. Si inserisce la banconota e questa viene riconosciuta.

Ora andiamo più nello speci co con le protesi, quindi quei dispositivi che vanno in qualche modo
a sostituire la funzionalità che è stata persa. Ci possono essere delle protesi passive, dette
oculari, che non fanno altro che rimpiazzare, quindi creare qualcosa di arti ciale dal punto di vista
estetico, e va a sostituire il bulbo. È solo per una questione estetica ma importante. È utile per il
livello psicologico, non si vuole andare in giro con una benda sull’occhio. Allora esistono delle
ditte specializzate che creano protesi oculari che sono fatte con un vetro particolare chiamato
cryolite, prodotte in Germania. Chi è chi si occupa della realizzazione di queste protesi, è
l’ocularista, che non è l’oculista e nemmeno il bioingegnerie. Cosa fa questa professionalità è
l’unione tra il l’oculista e il chirurgo che hanno diagnosticato e operato l’asportazione del bulbo e
poi la parte successiva di impianto puramente estetico, non ha nessuna funzionalità, di nessun
tipo. Però la persona riacquista un minimo di armonia personale.

Ciò che ci riguarda più da vicino è il campo dei sistemi di visione arti ciale e quindi la parte delle
protesi retiniche e per la parte a livello cerebrale.

Cosa è una protesi? È qualcosa che sfrutta, cerca di integrare quello che il soggetto ancora ha, si
cerca di usare il più possibile le funzionalità residue del paziente se ci sono; quindi la scelta delle
protesi è legata molto a questo aspetto. Ci sono fondamentalmente due grossi categorie di
protesi, che sono quelle di tipo retinico dove si cerca di recuperare/sostituire/ ricostruire in parte
la funzionalità dell’occhio inserendo qualcosa che possiamo chiamare una retina arti ciale e
quindi questa nella zona dove è posizionata fa le veci della retina reale (coni bastoncelli…) e
quindi trasmette il segnale arti ciale che ha ricostruito e lo trasferisce al nervo ottico eccetera,
ovviamente tutte questo tipo di protesi si basano sul fatto che il nervo ottico sia funzionante. Se è
un problema di nervo ottico allora è inutile una protesi sulla retina, quindi l’unica alternativa (in
caso di cecità assoluta da entrambi gli occhi) oggi giorno anche se in fase limitata di sviluppo è
quello di andare a stimolare direttamente la corteccia visiva, e quindi andare ad impiantare dei
chip direttamente sulla corteccia, che signi ca che l’elaborazione del dato avviene direttamente al
livello della corteccia con tutti i problemi e i limiti che si hanno in questo caso. La di erenziazione
sta nella funzione del nervo ottico: funzionante o non funzionante.

Occhio bionico un apparato elettronico che dà al paziente la possibilità di recuperare parte della
visione, nel senso che in generale è una visione centrale (non si ha il campo visivo esteso) e solo
per adesso in bianco e nero e per ash successivi. Quindi non è sicuramente nulla di quello che
dovrebbe essere ma per una persona totalmente non vedente già questo può essere un
vantaggio. In genere sono impianti piuttosto complessi e invasivi.

Al livello corticale ci sarà una retina elettronica, che è costitua da sensori arti ciali che fanno le
veci di coni e bastoncelli: quindi captano il segnale luminoso e lo codi cano (non in maniera
ra nata perchè il numero di questi sensori è molto minore rispetto a quelli presenti in natura) e lo
trasmettono al nervo ottico.

Bisogna poi valutare a monte dove sta il danno, questa è una operazione, una fase diagnostica
che deve essere fatta dallo specialista medico, che vanno a valutare quale è il tipo di protesi per il
caso speci co. Ci sono due tipi di tipologie: quelle epiretiniche (posizionate sopra la super cie

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della retina) e quelle subretiniche (impiantante sotto la retina, tra questa e l’uvea, la cornea o
dipende). Le prime hanno una serie di componenti. Il famoso paio di occhiali con una telecamera,
che al giorno d’oggi è quasi non visibile e evidente, la telecamera ci deve essere perchè in
qualche modo la visione delle essere captata. Questo segnale viene trasmesso wireless e viene
trasmesso ad un ricevitore che è collocato o nella parte anteriore dell’occhio oppure
esternamente (in genere sulle stanghette o sulla montatura dell’occhio) a seconda della
situazione. Poi c’è il vero e proprio impianto retinico con le sue due tipologie. Poi ci deve essere
alimentazione, quindi un sistema di batterie.

Per il subretinico non cambia molto per quanto riguarda la parte esterne, si ha sempre emettitore
e ricevitore. Il chip invece è collocato sotto la retina e deve essere in grado di percepire la
sensibilità della luce. Ci sono sempre le batterie e poi ci può essere un dispositivo palmare per
gestire questo funzionamento.

Quando si parla di epiretinico in genere c’è questa telecamera miniaturizzata che rileva le
immagini e le trasmette wireless ad un dispositivo posizionato nella parte anteriore dell’occhio o
esternamente. Si ha una informazione molto ridotta rispetto a quello che arriverebbe con una
retina reale, e quindi le informazioni prodotte dalla corteccia saranno ridotte.

Nelle subertiniche non è necessaria la presenza di una telecamera. È un sistema più invasivo
perchè deve essere posizionato sotto la retina, ha però il vantaggio che essendo ssata sotto la
retina segue il movimento del bulbo oculare e non quello della testa. Nel caso epiretinico il
soggetto gira la testa per inquadrare quello che gli interessa, nel caso subretinico questo non è
necessario.

Entrambi quindi hanno dei pro e dei contro. Poi in alcuni casi non è possibile fare il subretinico.

Con questi impianti i coni e i bastoncelli vengono bypassati, ma tanto non funziona. Queste
protesi occupano solo una parte del nostro occhio, spesso si mette nella zona maggiormente più
danneggiata o vicino alla fovea. Quindi si posiziona nella zona dove è possibile acquisire quanto
più segnale possibile.

Il fronte di degenerazione è l’area oltre la quale si hanno cellule danneggiate.

Sugli occhiali sono presenti delle microcamere, questa ha delle spire e va a trasmettere il segnale
ad un processore che acquisire l’immagine e che spesso è inserito nelle stanghette dell’occhiale,
quindi tutti piuttosto invisibile dall’esterno. Questa informazione viene trasmessa in base a dove
sono posizionati nell’occhio i vari componenti. Poi si ha nell’occhio la spira secondaria, poi c’è la
necessità di un collegamento con cavo o wireless che trasmette le informazioni al chip
dell’impianto epiretinico che ha in genere dimensioni molto piccole.

La spira secondaria può essere posizionata internamente o esternamente alla super cie
dell’occhio. Poi ci sarà un cavo che entrerà attraverso il bulbo oculare per trasportare le
informazioni sull’array posto sulla retina. La spira primaria può essere poi posta sia sulla
telecamera o sulla stanghetta.

A cosa servono le due spire? Servono per alimentare il chip che deve far funzionare il sistema di
elettrodi. E quindi sono indispensabili.

un’altra possibilità è che la spira secondaria non sia laterale ma centrale (col assiale con l’iride)
all’interno del bubolo oculare e dietro all’iride. Questa struttura ha il vantaggio di avere tutti i
dispositivi impiantanti all’intento dell’occhio. Mentre l’elemento esterno contiene la telecamera e
la spira primaria. È un sistema meno evidente perchè rimane tutto all’interno dell’occhio. Si ha
bisogno di un cavo tra l’alimentazione della spira e l’array di elettrodi.

Ovviamente tutto quello che viene posizionato internamente o anche eternamente al bulbo
oculare deve essereovviamente biocompatibile, quindi non solo convenzionato in maniera
ermetica ma anche minimizzare il problema della presenza di qualcosa di estraneo all’interno del
bulbo oculare (problemi in ammatori, possibili dislocazioni,…), che sono problemi in generale per
tutto quello che viene impiantato all’intento dell’occhio.

Un’altra modalità di posizionamento è con la spira primaria sulla lente, sulla montatura dove è
posizionata anche la telecamere, e la spira secondaria è dove normalmente è posizionato il
cristallino, e c’è un cavo di collegamento che arriva al chip di stimolazione degli elettrodi che sono
posizionati sopra la retina.

Dispositivo hand-held device: il soggetto ha una specie di telecomando con cui gestisce l’on e
l’o di questo impianto.

Come viene trasmessa quindi l’informazione? C’è il passaggio del dato dalla telecamera alla
protesi vera e propria. In genere questo passaggio viene fatto con impianto ottico, con sistemi a
trasmissione laser o infrarossi. Quindi la telecamera acuisisce le immagini, il sistema di
acquisizione video e l’informazione viene trasmessa tramite un emettitore ottico (laser o
infrarosso) questi impulsi verranno poi passati al fotorecettore all’interno dell’occhio. La

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trasformazione implica che ci debba essere un passaggio luminoso attraverso cornea e cristallino
che quindi devono essere intatti e trasparenti.

Questo tipo di impianto ha il vantaggio che le componenti interne non è necessario il cavo di
collegamento che può essere dannoso per l’incompatibilità, con la possibilità di in ammazione o
deterioramento del cavo stesso. La trasmissione è quindi diretta: si ha una sensore ad infrarossi
posizionato sugli occhiali (esteticamente è meno gradevole perchè il sensore non è invisibile
come la telecamera) , il sensore è posizionato centralmente perchè deve trasmettere direttamente
nell’iridio nella pupilla e nel cristallino e deve poi andare a colpire direttamente il ricevitore che
trasduce l’impulso ottico in elettrico e quindi poi alla retina. Ha il vantaggio che la circuiteria è
molto più ridotta interna rispetto al caso precedente, però ha il problema che può non essere
indi erente dal punto di vista estetico. Inoltre si ha un processore più ingombrante che non può
essere montato sulla stanghetta e deve essere indossato in qualche modo.

[slide 145] confronto tra l’impianto con spire e impianto con laser. La prima parte di acquisizione
del segnale è uguale, possono essere posizionati in maniera diversa solo per la tipologia; la
di erenza sta nella trasmissione dell’informazione. In un caso si possono avere problemi
sicuramente di impianto con la presenza di circuiteria anche invasiva all’interno dell’occhio,
nell’altro caso si ha meno circuiteria ma si ha bisogno di una strumentazione più ingombrante
esterna.

La scelta delle tecnologie dipende da molti fattori: dalla condizione del bulbo del soggetto, dalla
compatibilità del soggetto con determinati materiali con ui è costruita la protesi, dipende poi
anche geogra camente (quali cliniche di cosa dispongono), dai costi, dalla chirurgia stessa che in
certe cliniche possono essere più specializzati in una tipologia… poi la scelta dipende dal
paziente. A prescindere da questi aspetti ci sono alcuni dati oggettivi che vanno considerati, per
esempio la possibilità di interferenze elettromagnetiche esterne. Anche la trasmissione laser ha
però delle di coltà. In enttrambi i metodi il segnale è elaborato da un sistema di acquisizione che
è comune alle due metodologie e tutta l’informazione viene trasmessa e serve per la decodi ca
da parte del dispositivo impiantato.

Quali possono essere gli inconvenienti? L’ingombro che c’è dovuto alla circuiteria interna, in certi
casi è meglio non avere circuiteria ma non sempre è possibile avere questa tipologia. Poi si ha il
problema della compatibilità o meno, i nostri sistemi di difesa se individuano elementi estranei lo
combattono quindi servono elementi per evitare l’attacco biologico. Poi si ha anche il problema di
alimentare il tutto.

Con la tipologia a spire si usano questa doppia spira che serve sia per alimentare la circuiteria
interna sia per la trasmissione dell’informazione. Nel caso laser il raggio va a colpire un foto
recettore che funziona in modo molto simile ad una cella solare, e questo raggio alimentarà
l’elemento interno.

Il problema comune è la presenza di un cavo di alimentazione interno che alla lunga può portare
danni ulteriori al danno stesso. Questi impianti vanno monitorati e periodicamente anche se con
scadenze molto lunghe vanno sostituiti.

Per cercare di ovviare quesite problematiche sono stati sviluppati questi metodi, per cercare più
che altro per evitare questi collegamenti con li all’interno dell’occhio. Questo approccio è
denominato VCSEL, è tecnologia laser che invece di elaborare all’esterno l’informazione stimola
direttamente i punti sulla matrice interna arti ciale, sull’impianto epiretinico. Questo elimina la
circuiteria interna. È un dispositivo di laser, quindi c’è sempre la telecamera sugli occhiali, questo
segnale va ad attivare una matrice esterna che sta sugli occhiali di emettitori laser e queste
emissioni sono legate all’immagine che deve essere trasferita all’interno dell’occhio. Questa
informazione viene poi focalizzata in maniera opportuna in modo da far convergere tutti i raggi
all’interno dell’occhio, e ognuno degli emettitori laser della matrice esterna va ad attivare un
particolare elettrodo sull’array posizionato sulla retina. Quindi non c’è più bisogno di tutta quella
componente di collegamenti sici tra l’informazione interna e esterna. È un grosso progresso. C’è
una corrispondenza biunova tra il pixel della telecamere e l’elettrodo interno. Questa è una
tecnologia molto promettente.

Quale è quindi la situazione per l’impianto subretinico? L’array di elettrodi è posizionato sotto la
retina. [slide 152] spesso l’impianto è posizionato fra la sclera e le cellule bipolari, ma dipende dal
danno e dal caso, la posizione ottimale dipende da caso a caso.

Quindi quale è l’applicazione principale? La scelta di un impianto epiretinico o subretinico


dipende da tutta una serie di valutazioni e considerazioni cliniche, dipende dai danni dell’occhio, e
quindi in che modo si può recuperare almeno una minima capacità visiva. Normalmente questo è
un impianto indicato per delle patrologie che implicano la perdita parziale della vista. È il caso

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della retinite pigmentosa, riduce la visione periferica via via. In questi casi si può intervenire
andando a bypassare queste cellule danneggiate salvando tutte quelle che sono ancora
funzionanti.

Quindi in questo caso la protesi non è posizionata sulle uscite delle gangliari ma all’ingresso delle
bipolari. La retinite pigmento è una patologia non così rara e progressiva, che può portare alla
cecità totale, in questo ultimo caso è invece più indicato un impianto epiretinico.

Nel caso subretinico è l’impianto stesso che riceve il segnale luminoso, è più a ne al
funzionamento reale biologico. Cosa fa il dispositivo? Arriva il segnale luminoso che stimola un
ricettore, che poi va a stimolare l’assone del nervo ottico di quel ricettore. Quindi c’è bisogno di
una rara di fotorecettori e di un array di elettrodi. Da un punto di vista di funzionamento è molto
simile alla visione reale, fotorecettori coni e bastoncelli che trasmettono con potenziale di azione
al nervo ottico. Qui non c’è la modi ca morfologica del fotorecettore ma il concetto è lo stesso.
C’è bisogno di un sistema di controllo in modo che alle dimensioni della luce e altri elementi siano
gestiti i vari parametri.

Le fasi di acquisizione e elaborazione del segnale. All’interno della retina viene posizionato un
array di fotorecettori all’interno dell’occhio, questo acquisisce il segnale e lo invia ad un
processore che lo converte in una stimolazione elettrica. Ogni soggetto anche in varie fasi della
vita ha le sue caratteristiche, quindi i parametri dell’algoritmo vanno personalizzati sul paziente,
questa fase di calibrazione è anche piuttosto complessa e lunga. Quindi la fase di riabilitazione
che viene fatta in vari step. Col for power sempre per alimentare gli elettrodi, per produrre
l’energia necessaria.

[slide 162 parte impiantatile del dispositivo in dettaglio]

Dopo l’impianto il paziente non è subito in grado di gestire la situazione. Quindi il paziente deve
essere estremamente ben informato su quelli che sono i pro e i contro e i limiti dell’impianto. Se
poi va tutto bene durante l’intervento c’è un addestramento vero e proprio all’uso e alla
manutenzione dell’impianto, e la cosiddetta riabilitazione vera e propria.

Polo nazionale per la riabilitazione visiva in Italia. [slide 167]

Pro e contro di impianti epiretinici e subretinici. [slide 168 e 169]

Placche di brosi, componente non loso ca può creare danni e alterazioni, quindi proliferazione
di strutture attorno al dispositivo che possono alla lunga creare dei danni.

15/03/2022

Argus II è la seconda versione ed è lo strumento più utilizzato. Le immagini sono di bassissima


risoluzione e si vede per ash successivi, non è una visione uniforme e quindi il paziente si deve
anche abituare ad avere questo tuo di visione che può anche essere fastidioso.

Optivip progetto europeo per lo sviluppo di protesi di tipo epiretinico. ASR per impianti subretinici.
VRD serve per bypassare il processo di accomodazione.

Un progetto recentissimo del novembre 2021 è un impianto retinico di ultima generazione. È una
retina arti ciale con 400 elettrodi, l’argus ne aveva 60. Sono dispositivi che riguardano la retinite
pigmentosa a stadio avanzato. Questa nuova retina chiamata NR600 è stata messa a punto da
una startup chiamata Nano Retina. Non ha ancora ottenuto l’approvazione CE. Il soggetto deve
indossare degli occhiali che mudano un raggio infrarosso che provvede all’alimentazione
attraverso un minuscolo impianto fotovoltaico. La vista è quella che può essere ottenuta con una
matrice di 400 pixel. C’è poi tutto un processo abbastanza lungo che è il cosiddetto ne tuning,
ovvero i singoli elettrodi devono essere fatti in maniera speci ca per ognuno. Si ha poi una fase di
allenamento in cui il paziente deve fornire tutta una serie di informazioni per fare in modo che
l’impianto sia fatto nel miglior modo possibile. Non tutti possono essere sottoposti a questo tipo
di interventi, oltre ad una serie di requisiti sici ci sono anche una serie di requisiti psicologici.

Se il nervo ottico è danneggiato l’unica soluzione che rimane è quella di impiantare un sistema di
visione parziale al livello della corteccia visiva. La struttura è analoga a quella già vista: si ha una
telecamera posta sugli occhiali, un processore video, ma in questo caso la matrice degli eventi è
direttamente sulla corteccia visiva e non sulla retina.

Questo tipo di impianto è sulla corteccia visiva. Il risultato oltre ad essere una matrice di
dimensioni ridottissime (16 pixel) si avevano anche altri problemi. Quello che in realtà il paziente
vedeva non erano solo questi lampi di luce, ma questi erano ampi e inconsistenti, si avevano
lampi anche quando non ci sarebbero dovuti essere. È stato ipotizzato che ci fosse una
correlazione tra la luminosità dei fosfeni prodotti e l’intensità della corrente di stimolazione.

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Successivamente è stata implementata una stimolazione intrcorticale. Si utilizza una matrice di
elettrodi a spillo la cui dimensione è quella di un singolo neurone. In questo modo si va quindi in
maniera selettiva a stimolare ogni singolo neurone. Quindi questi fosfeni andavano ad attivare
tutta una zona della corteccia in modo selettivo. Come elettrodo è stato usato UEA, che era già
stato usato per altre applicazioni. Il problema è che anche in questo caso non ci sono grandi
risultati di risoluzione.

DISABILITA’ UDITO
L’udito è forse l’organo più protetto di tutto il nostro corpo, è racchiuso quasi completamente
all’interno dell’osso temporale ed è un organo estremamente delicato. Non sono organi che
hanno funzioni vitale. Sono protetti ma la mancanza dell’udito non implica la morte del soggetto
che ha una funzione secondaria rispetto alla sopravvivenza. Le tre parti dell’orecchio, del nostro
apparato uditivo sono tre l’orecchio esterno con il padiglione e tutto quello che vediamo, poi si ha
la parte media e l’orecchio interno che è quello per la decodi ca del suono.

La parte esterna comprende il padiglione uditivo dove ci sono delle parti cartilaginee e altre di
tessuto più consistente e non ci sono parti ossee; ha funzione di convogliare il suono e la sua
struttura non è semplice e serve per un primo ltraggio e ampli cazione di certe frequenze, non è
una struttura a casa. Il suono viene poi portato nel canale uditivo che fa sempre parte
dell’orecchio esterno, perché è esterno all’osso temporale. All’interno dell’osso temporale si ha
l’orecchio medio che è fatto da una serie di ossicini. E il suono alla ne mette in vibrazione
un’altra membrana che è la nestra ovale che è in contatto con l’organo vero e proprio. Poi in
uscita si ha il nervo acuistico che porta il segnale alla corteccia cerebrale.

Le ossicina si chiamano martello, incudine e sta a. È la sta a che trasmette le vibrazioni


all’orecchio interno. I canali semicircolari sono posti perpendicolarmente l’uno all’altro e sono
legati al nostro equilibrio postulare. Il tutto comunica all’esterno tramite un condotto chiamato
tube di Eustachio che è fondamentale per mantenere uniforme la pressione dell’aria all’interno e
all’esterno.

Una cosa caratteristica è l’evoluzione sopratutto del posizionamento di questa tube di Eustachio
tra bambini e adulti. Nel bambino la tube ha una posizione molto poco inclinata e questo da un
lato rende più di coltoso il drenaggio dell’orecchio però ha una sua ragione, ovvero quella che il
neonato predilige le funzioni vitali, in particolare il succhiare del latte e questa posizione è favorita.

Vediamo ora come mai il nostro orecchio estenso è fatto in questo modo. È fatto così per
ottimizzare la ricezione del suono, in particolare è fatto di materiale cartilagineo di consistenza
variabile e ha super cie irregolare. Ci sono diverse pieghe, è una struttura irregolare.

In particolare ci sono varie denominazioni in queste componenti esterne. La parte in alto si


chiama elice, nella parte inferiore antielice e poi il trago e l’antitrago in basso. Questa parte serve
per ltrare la ricezione del suono, perchè grazie a questa struttura si riesce ad incrementare il
livello della pressione sonora di 10-12 dB per frequenze intono ai 3000 Hz, che è la frequenza del
parlato. Questo perchè il parlato è una delle funzioni per cui maggiormente usiamo l’udito. Ha
invece poco e etto per le frequenze più marginali per quanto riguarda il parlato che sono quelle
sotto i 1000 Hz e quelle sopra i 700 Hz.

Il suono viene quindi in qualche modo ltrato e poi questa onda che è poi meccanica va poi a
transitare nel condotto uditivo esterno che è di forma cilindrica e ha una inclinazione e nisce con
una membrana timpanica che deve avere caratteristiche particolari e ha una struttura brosa
complessa e separa l’orecchio esterno da quello medio. Le dimensioni sono circa di 24 mmm. La
struttura non è uniforme, ha una struttura più cartilaginea nel primo terzo e poi una struttura più
ossea per i restanti due terzi. Nel condotto sono presenti delle ghiandole sebacee che producono
il cerume che evitano che sostanze estranee possano raggiugnere la membrana timpanica. Il
padiglione ampli ca e ltra le frequenze ma anche il condotto uditivo esterno ha funzioni simili:
ampli ca il suono di 10-15 dB delle frequenze tra i 200 e i4000 hz.

Il padiglione e il condotto uditivo esterno può essere soggetto a diverse patologie. Quelle più
evidenti sono la preicondrite e la condire dell’orecchio esterno e si ha quando il padiglione e il
condotto hanno un rigon amento e in ammazioni dell’orecchio esterno. Questa patologia può
essere causata da eventi di tipo traumatico, per interventi o per piercing o altri eventi vari. Quindi
possono esserci oltre a problemi di rottura anche processi di tipo batterico, in ammazioni e
infezioni e se non curato può degenerare in situazioni di deformazione anche non reversibili. La
cura è di tipo antibiotico o antin ammatoria o il drenaggio.

Un’altra patologia molto comune è l’otite che rappresenta quasi la metà delle patologie a carico
dell’orecchio e riguarda il condotto uditivo esterno e la membrana timpanica. Può essere causato
da vari motivi. Colpisce sopratutto nuotatori e subacquei. L’infezione è quasi sopratutto batterica.

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Bisogna intervenire in tempi brevi per evitare che siano peggioramenti. Si usa l’antibiotico o
analgesici o antipiretici. Normalmente si guarisce nell’arco di una decina di giorni. Ne possono
esistere delle forme maligne molto rare.

L’orecchio medio ha varie componenti. È una piccolissima cavità che può contenere poche gocce
d’acqua e contiene una catena di ossicini che sono il martello l’incudine e la sta a. Il martello è
quello che poggia sulla membrana timpanica e che fa da trasmettitore di emissioni di maniera non
passiva, smorza o incrementa il suono a seconda dell’intensità con cui arriva. La sta a poggia
sulla membrana che si chiama nestra ovale che è più piccola della membrana timpanica; sempre
da questo lato c’è una nestra rotonda che è chiusa. Quale è la funzione? Le vibrazioni della
nestra ovale si trasmettono ai uidi che sono all’intento dell’orecchio interno con una serie di
meccanismi di trasmissione, e questa vibrazione una volta che ha attraversato tutta la chiocciola
produce una vibrazione in controfasce che trasmette a sua volta questa all’esterno attraverso la
nestra rotonda. Quindi c’è tutto un meccanismo di azione e reazione di una serie di vibrazioni.
Tutta questa serie di movimenti fa in modo che si modi chi la pressione interna dell’orecchio
medio c’è quindi il condotto di Eustachio che comunica con l’esterno e consente di mantenere
inalterata la pressione interna e esterna.

È una cavità totalmente scavata all’interno dell’osso temporale, protetta, è molto piccola tanto
che può contenere 5/6 gocce d’acqua al massimo. Contiene tre ossicini collegati tra loro tra
articolazioni e legamenti, c’è poi una muscolatura che regola i loro movimenti. La membrana
timpanica ha una struttura molto complessa, ha una struttura brosa in parte a raggiera ed è
quella a cui arriva il suono attraverso il condotto uditivo esterno. Il compito della membrana è
quello di ampli care il suono se è molto debole o di diminuirlo se è molto forte, questo per farcelo
capire meglio e poi per evitare che il suono possa poi danneggiare l’organo interno. Ha quindi una
funzione molto importante seppur limitata perchè non ci evita qualsiasi danno.

Sempre nell’orecchio medio si ha questo condotto che la tube di Eustachio che consente di
compensare la pressione che si esercita sulla faccia interna del timpano su quella che è esercitata
sulla faccia esterna, altrimenti sentiamo la sensazione di orecchie tappate.

A livello dell’orecchio medio ci sono varie patologie. Possono essere riguardo al timpano, si può
avere un ispessimento cutaneo, oppure la presenza di un escrescenza. Ci sono poi varie altre
patologie. Colesteatoma crea una proliferazione anomala di cellule epiteliali sul timpano e in
prossimità degli ossicini e può essere una conseguenza anche legata all’otite.

Cosa sono gli acufeni? Sono dei disturbi uditivi. Qualche soggetto sente dei rumori che non
hanno un’origine esterno e reale, fruscii o schi o altri suoni che permane. Sono suoni che di
solito si possono mascherare con altri suoni ma normalmente sono quasi permanenti. Sono molto
invalidanti. Quindi è una condizione di cilmente trattabile, non è classi cata nemmeno come una
vera e propria malattia quindi non si hanno nemmeno risoluzioni terapeutiche. Non esiste cura.
Spesso è un fenomeno che regredisce come è venuto. È quindi una condizione a cui non si può
dare una classi cazione ben precisa in quanto spesso dura anche per tempi diversi. È un
problema grave e invalidante a livelli estremi per il 2 % degli individui. Le terapie sono più che
altro tecniche riabilitative. Si cerca di distrarre il cervello da questo continuo e ossessivo ascolto
di questo acufene. Non si cura la causa dell’acufene ma se uno riesce a sopperire con altri suoni
o altri modi di mascheramento del suono allora la situazione è migliore. Si cerca di sviluppare
protocolli riabilitativi che cercano di insegnare al soggetto di reagire in maniera attiva alla presenza
di acufene.

Parliamo ora della struttura dell’orecchio interno. Anche questo è estremamente protetto, è
costituito da componenti di dimensioni ridotte molto delicate ed contenuto totalmente nell’osso
temporale. Le componenti principali sono i canali vestibolari o semicircolari che regolano
l’equilibrio; la coclea o chiocciola che è il vero e proprio organo dell’udito molto complesso e poi
al suo interno c’è l’organo del corti dove poi ci sono delle terminazione nervoso che costituiscono
il nervo uditivo che esce da un foro nell’osso temporale. È una struttura molto complessa perchè
ci sono delle strutture osse chiamate laborino osseo e un labirinto membranoso insieme a tutta
una serie di uidi con funzioni particolari.

L’orecchio interno ha una struttura estremamente complessa. Ha una serie di cavità che si
chiamano labirinto osseo. Queste cavità al loro interno hanno delle strutture membranose che
trovandosi nelle strutture ossee ne riprendono la forma e si chiamano labirinto membranoso. Poi
ci sono dei uidi che si trovano in queste cavità che sono due: la perilinfa ha una composizione
simile ai liquidi extracellulari e si trova tra il labirinto osseo e quello membranoso, mentre
l’endolinfa ha una composizione simile a quella dei liquidi intra cellulari. Il labirinto osseo è

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formato dal vestibolo che è il collegamento tra le altre due strutture che la chiocciola e i tre canali
semicircolari che sono disposti nelle tre orientazioni spaziali e perpendicolari tra loro.

Questi liquidi sono importanti. La perilinfa e si trova in due parti, nel dotto timpanico e nel dotto
vestibolare. La sua struttura è simile a quella del plasma e del liquido cerebrospinale e la sua
principale componente è il sodio. L’endolinfa è nel labirinto membranoso; ha una composizione
diversa, ha poco sodio e molto potassio e questa è importante per tutti i fenomeni di trasmissione
elettrica associato alle membrane delle cellule sensoriali che si trovano nell’orecchio interno. Da
cosa sono prodotti questi uidi, sono prodotti all’interno del labirinto e in particolare nella zona del
vestibolo e anche in una parte della coclea.

Quindi il vestibolo è situato tra la coclea e i canali semicircolari ed è collegato con l’orecchio
medio per mezzo della nestra ovale. Otoliti sono canali di fosfato di calcio e si spostano su una
membrana e la rendono sensibile, e la loro posizione dipende dalla nostra posizione (se siamo in
piedi seduti o sdraiati). Queste cellule di contatto, queste ciglia, sono collegate con le cellule
nervose che portano le informazioni al nervo vestibolare. Questa informazione porta alla
percezione o meno dell’equilibrio. Queste cellule stimolano gli impulsi nervosi.

La coclea compie a spirale due giri e mezzo circa attorno ad un osso centrale che si chiama
modiolo, questo è a sua volta la parte più importante del sistema uditivo. Questo osso centrale è
contenuto nel ganglio spirale di corti. All’interno della congela c’è il cosiddetto canale cocleare e
divide la coclea in due parti, la parte superiore si chiama scala vestibolare mentre quella inferiore
scala timpanica. Si ha poi appoggiato su tutta la lunghezza del canale cocleare l’organo del Corti,
che ha superiormente tramite alcune cellule particolari è appoggiato alla membrana tettoria, e poi
a seconda di cosa è attivato si attivano alcune cellule uditive che poi escono. Percepiamo
determinate intensità in base al contatto che c’è tra l’organo del Corti e la membrana tettoria.

Andiamo più nel dettaglio nella struttura dell’organo vero e proprio dell’udito, cioè l’organo del
corti. C’è una parte sottostante che è costituita vero e proprio e si chiama membrana basilare e si
vede bene come si vede la membrana tettoria che è a contatto attraverso le cellule cigliari con
l’organo del corti. Il contatto tra le ciglia e la membrana tettoria è quello che consente la
percezione del suono. L’organo del Corti appoggia sulla membrana basilare, questa incomincia a
vibrare e a seconda dell’intensità e della frequenza vibrerà in alcune sue parti, e nelle zone in cui
vibra l’organo del corti si avvicinerà alla membrana tettoria e questo porta all’attivazione delle
cellule acustiche.

L’organo del corti è posizionato sulla membrana basilare che a sua volte percorre tutta la coclea.
All’interno c’è questo canale che ci sono due tipi di cellule di sostegno e queste consentono di
suddividere l’organo del corti in una parte più interna e una più esterna. Le cellule cigliari interne
sono in numero non enorme, sono 3500 e sono disposte su una unica la. Mentre le cellule cigliari
esterne sono tre le e sono in numero molto maggiore sono circa 15000. Sia quelle interne che
quelle sterne hanno queste ciglia nella loro parte superiore.

Ci sono parallelismi con le cellule fotoricettive, quelle meno numerose sono quelle che svolgono
maggiormente la funzione uditiva. Le cellule cigliari esterne sono quelle che vanno direttamente a
contatto con la membrana tettoria e le bre nervose contatto con queste ciglia e che trasportano
il segnale. Il parallelismi avviene e perchè circa il 90/95% delle bre nervose innerva le cellule
cigliari interne quindi quelle meno numerose, e il 5/10% va ad innervare quelle esterne. Dall’altro
lato la maggior parte delle bre nervose che provengono dal sistema nervoso centrale innervano
le bre esterne e tutta questa asimmetria è fondamentale per la funzione uditiva. Anche in questo
caso ci sono dei meccanismi complessi, sono meccanismi ionici e neurosecretori.

Anche l’orecchio interno può essere soggetto ad una serie di patologie, da traumi, farmaci e da
malformazioni anche congenite. Ipoacusie è un trauma acustico di breve durata e di elevata
intensità oppure per l’esposizione a rumori di relativamente elevata intensità. Nefrite vestibolare si
tratta di una invenzione dell’orecchio interno di origine virale. Neurinoma dell’acustica è un tumore
in genere benigno. Malattia di meniere deriva da una eccessiva pressione dell’endolinfa.

Quando le cellule nervose escono dall’organo del corti quesi assoni, questi neuroni, formano il
prolungamento e si forma il nervo acustico. Ci sono due vie, due formazioni: il prolungamento
periferico e quello centrale. Il primo passa per la chiocciola e il secondo invece per i canali del
modiolo. Entrambi vanno a formare la componente cocleare dell’ottavo nervo carino.

17/03/2022

Vediamo ora quali sono le aree della nostra corteccia cerebrale prevalentemente deputate alla
funzione uditiva e di equilibrio, che sono due componenti che risiedono nella stessa zona
dell’orecchio interno. L’elaborazione del segnale visivo parte dai bulbi oculari e poi il segnale
attraversa di fatto tutta la corteccia e l’analisi viene fatta nella zona occipitale nel lato opposto e

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altre aree limitrofe, perchè le aree della corteccia non sono a tenuta stagna, si interfacciano tra
loro. L’area motoria è quella posta nella parte superiore della corteccia cerebrale. Tornando
all’analisi del segnale uditivo la zona preposta all’interpretazione del segnale che viene dalla
coclea si trova temporalmente, al contrario della vista si trova in prossimità, a poca distanza
dall’organo dell’udito. Altra cosa che va evidenziata è la zona dove si ha l’equilibrio e questo viene
lavorato e gestito in una zona cruciale dietro in basso. Poi altre aree importanti si ha davanti la
zona dell’olfatto in prossimità dell’organo olfattivo, poi la zona frontale è quella più esposta
all’analisi delle emozioni ma anche della memoria del nostro comportamento… questa è una area
vasta e importante perchè rifacendosi all’origine come essere umano il nostro corpo deve essere
in grado di reagire anche mentalmente a condizioni di pericolo, per la sopravvivenza. Poi ci sono
due aree quella di Broca e quella di Wernike che sono legate alla produzione di linguaggio, la
capacità di parlare e di esprimere una parola piuttosto che un’altra, e una zona legata alla
comprensione del linguaggio. Tra tutte queste zone c’è continuità e interazione, il fatto che certe
aree siano limitrofe è fatto apposta e importante.

Parliamo quindi della funzione uditivo in che modo è percepito il suono e come viene elaborato.
Le frequenze uditibili sono molto ampie, e la nostra coclea deve essere in grado di decodi care. Il
padiglione e il condotto uditivo esterno servono per convogliare il suono, il padiglione ha una
struttura non casuale ma che focalizza più sulle frequenze del parlato con minore attenzione per
tutto il resto, e poi il suono viene convogliato attraverso la membrana timpanica nelle parti più
interne. La membrana timpanica ha una struttura complessa ed è in grado di vibrare facilmente e
in maniera dettagliata in base alle frequenze acustiche che gli arrivano. Gli ossicini hanno funzione
sia di ampli cazione sia di smorzamento. Le vibrazioni poi opportunamente calibrate arrivano alla
nestra ovale e poi all’interno dell’orecchio. Ogni parte è essenziale.

Quali sono i parametri che vengono quindi acquisiti e elaborati da questo sistema? La pressione
acustica e la frequenza. La pressione acustica dipende dalla pressione dell’onda sonora che
emette sul mezzo di propagazione perchè il suono non si propaga nel vuoto, in genere è l’aria. La
frequenza riguarda invece il numero di oscillazioni al secondo dell’onda.

Tutti i suoni conquistano in qualche tipo di fenomeno oscillatorio della materia, quindi non si
propagano nel vuoto quindi hanno bisogno di un mezzo elastico per propagarsi. Il suono è quindi
un fenomeno meccanico. Quindi c’è l’alternanza di compressione e estensione di queste
molecole nel mezzo di trasmissione con un andamento di tipo ondulatorio. La velocità del suono
nell’aria è di 343 m/s.

La gamma delle frequenze acustiche è molto più ampia di quella udibile. La banda dell’udibile è
tra 16 Hz e 20 000 Hz, molto ampia; non è tutta la gamma delle frequenze acustiche, al di sotto ci
sono gli infrasuoni e sopra gli ultrasuoni e gli ipersuoni.

In che unità di misura? Quello che si va a quanti care di solito è la pressione acustica, che è il
rapporto tra la pressione in un certo istante e la stessa quando l’onda non è presente. Di solito si
usa la scala logaritmica, quindi il decibel, perchè la scala lineare sarebbe troppo ampia e si
perderebbero troppe informazioni che invece con la scala logaritmica possono essere
visualizzate.

Quali sono le principali grandezze che caratterizzano un segnale sonoro? L’ampiezza istantanea
che è il valore della pressione in un certo punto e si esprime in decibel. Il periodo è l’inverso della
frequenza, è il tempo che occorre per completare un ciclo dell’onda, espresso in secondi o
millisecondi. In ne la frequenza in Hz o kHz.

In che modo e con quali tecnologie vengono descritte le caratteristiche del suono? Un suono
acuto o grave dipende dalla frequenza e il parametro è l’altezza del suono. L’ampiezza e il suo
parametro è la dinamica o l’intensità del suono, cioè quanto è alto, più è alto più il suono è forte
altrimenti è piano. La forma d’onda è l’elemento più particolare e caratteristico, se la stessa nota è
prodotta da un violino o da un pianoforte si riesce a riconoscerli; in questo caso in ambito più di
sensazione si parla di suono più chiaro o più scuro legato al timbro. 140 dB è l’intensità massima
oltre il quale si ha la soglia del dolore. Il timbro a di erenza delle altre due è una grandezza
pluridimensionale, bisogna conoscere sia la frequenza che l’ampiezza di tutte le sue componenti.

Tutta questa serie di elementi noi siamo in grado di riconoscerle attraverso la coclea.

I suoni puri sono suoni arti ciali, sono sinusoidi. Mentre combinando più sinusoidi si ha il suono
complesso, che è quindi la combinazione più o meno variegata di varie componenti a frequenze e
ampiezze diverse. Questi ultimi sono quelli con cui conviviamo normalmente, la voce umana è un
esempio di suono complesso.

Come in ottica, parlando del sistema visivo, possiamo riconoscere una gamma di colori in varie
sfumature RGB. L’analogia che si può fare con il suono è la gamma di frequenze udibili, perchè
anche qui si può fare una scomposizione in varie frequenze udibili.

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Il nostro sistema uditivo è un sistema complesso quindi non abbiamo una variazione lineare della
percezione del suono e della frequenza. Ci sono delle zone dove c’è quasi linearità. All’aumentare
della frequenza e della pressione sonora l’andamento della percezione del suono è in slide 47. La
linea tratteggiata rappresenta la soglia inferiore di udibilità, questa decresce all’aumentare della
frequenza e poi ha un andamento non lineare per alte frequenze. Quello che si può rilevare è che
tra i 500 e i 4000/5000 Hz abbiamo una sorta di udibilità molto bassa, quindi possiamo percepire
in questo Range un suono anche molto basso. Queste sono le frequenze del parlato e dei suoni
più comuni. All’aumentare della pressione la soglia ha un andamento simile, ma superando i
120/140 dB di pressione sonora si ha la soglia del dolore.

L’area della sensazione uditiva varia in base alla pressione acustica in maniera non lineare. C’è
una fascia centrale più di interesse e infatti è più ampia rispetto alle due laterali.

Vediamo ora come funziona la percezione del suono. La catena di ossicini non si limita a
trasmettere perché senno sarebbe inutile la loro presenza, non trasmette la vibrazione meccanica
passivamente, ma ha la funzione importantissima di modulazione e quindi aumentare o ridurre la
vibrazione. Da un punto di vista globale c’è un meccanismo molto semplice, infatti la membrana
timpanica ha delle dimensioni che sono di circa 20 volte maggiori di quelle sulla membrana ovale.
Quindi la pressione che arriva sulla membrana timpanica è circa 20 volte maggiore di quella che
arriva al timpano. Il meccanismo di ampli cazione non è passivo, esistono due muscoli che si
chiamano stapedio e tensore del timpano. Lo stapedio ha la funzione di regolare in qualche modo
la mobilità del più piccolo osso del corpo che è la sta a, che è quella che va a poggiare sulla
nestra ovale. Questo muscolo serve per limitare in qualche modo o per regolare l’ampiezza
dell’onda sonora. Dall’altro lato si ha un altro muscolo che il muscolo tensore del timpano ed è un
muscolo che regola il livello di tensione della membrana timpanica, che può essere più o meno in
tensione a seconda del suono, tensione minore per suoni più deboli per farla oscillare di più e
viceversa. L’insieme dei due muscoli consentono di ampli care o ridurre l’energia e l’ampiezza
delle vibrazioni.

Il meccanismo detto rilesso timpanico è quello che regola la tensione delle membrane e quindi la
trasmissione del segnale. Se il suono è debole sia lo stapedio sia il tensore del timpano sono
rilassati, si ha un suono debole e io devo consentire alla catena di ossicini di trasmettere il
massimo dell’energia da trasmettere. Viceversa quando il suono è molto intenso questi muscoli si
contraggono e vanno ad attenuare il segnale acustico. Questo ri esso timpanico consente entro
certi limiti siologici di proteggere in qualche modo il nostro organo interno, suoni troppo forti
possono infatti danneggiare l’organo dell’udito. Come abbiamo già visto abbiamo dei limiti per le
frequenze percettibili. Il tempo necessario per evocare questo ri esso timpanico non è
indi erente, ci vogliono tra i 50 e i 150 ms per attivare il ri esso timpanico.

Assumendo che vada tutto bene la sta a va ad avvicinarsi più o meno alla nestra ovale e
trasmette a sua volte delle vibrazioni all’orecchio interno. Queste vibrazioni si trasmettono
attraverso la perilinfa. Queste vanno a propagarsi in un canale vestibolare e arrivano alla
membrana basilare dove poggia l’organo del corti con le cellule cigliari. Quando arriva un’onda di
compressione la membrana tenderà a ettersi verso la scala timpanica, verso la parte sottostante
e durante l’onda di rarefazione tende a ettersi verso l’alto. Sono due posizioni diverse che questa
membrana può assumere.

La essione verso l’alto o verso il basso di solito è concentrata in una zona della membrana
basilare, questa porta ad un di erenza di pressione tra la zona superiore e quella inferiore della
coclea. Questa di erenza di pressione va a trasmettersi e percepita alle cellule cigliate e
dall’organo del Corti e qua si ha l’attivazione poi l’attivazione delle terminazioni nervose. La
struttura della coclea è piuttosto complessa ma ordinata. Non abbiamo detto che la membrana
basilare ha uno spessore diverso via via che si allontana dalla nestra ovale, ma anche di
consistenza. È un insieme di componenti che consentono l’analisi del suono. La membrana ha
una consistenza via via minore allontanandosi dalla nestra ovale ma con uno spessore maggiore.

La combinazione di tutti questi fattori visti nora ci consentono di analizzare questa grande varietà
di suoni in un organo di dimensioni ridottissime (millimetriche).

Un suono più grave avrà oscillazioni che si attenuano nella parte nale della membrana, un suono
medio a metà e un suono acuto verso l’inizio.

All’interno dell’orecchio ci sono le cellule ciliate di due tipi, quelle più esterne e più numerose e
quelle interne meno numerose e esposte in una unica la ma sono le vere e proprie cellule uditive.
Quelle esterne più che avere una funzione uditiva hanno una innervazione che viene dal sistema
nervoso centrale che ne provoca l’eventuale accorciamento. Queste cellule sono collegate alla
membrana basilare e possono quindi modi carne le proprietà vibratorie. Quindi si possono grazie
a queste cellule smorzare o aumentare certi suoni. Invece la funzione uditiva vera e propria è

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demandata all’unica la di cellule che sono le cellule ciliate interne. In questo caso viene emesso
da queste cellule il glutammato che quindi attivano le bre nervose che trasportano l’informazione
dall’organo del corti al nervo uditivo e quindi al sistema nervoso centrale.

Abbiamo questa membrana basilare che ha queste caratteristiche di elasticità e grazie allo
spessore diverso a seconda all’interno della coclea fa in modo che i suoni più acuti mettano in
oscillazione le porzioni della membrana più vicine alla nestra ovale e viceversa. Non tutta la
membrana viene messa in oscillazione, questo provocherebbe mescolamento dei suoni che
invece devono essere identi cati in maniera speci ca. In genere la zona di massima oscillazione è
quindi piuttosto limitata, quindi solo in un determinato gruppo di cellule ciliate sono oscillate e le
altre no.

La vibrazione è poi trasmetta attraverso l’altra membrana che è la nestra rotonda che garantisce
la pressione equilibrata, questa membrana è posizionata all’uscita della coclea.

A questo punto ci chiediamo come fa il nostro organo dell’udito a percepire delle frequenze così
ampie. Lo stimolo acustico alla ne diventa uno stimolo elettrico. La fase precedente
all’elaborazione è la fase di codi ca. Possiamo percepire frequenze 20000 impulsi a frequenze
diverse, però il potenziale di azione che si propaga alle bre nervose non possono avere una
frequenza superiore a 500 Hz, perchè ogni singolo potenziale di azione ha una durata di circa 2
ms. Quindi come facciamo a percepire frequenze molto superiori a 500 Hz? Questo è un limite per
la costruzione di protesi che imitino la funzionalità del nostro sistema uditivo. Questo avviene
grazie ad una struttura che abbiamo visto prima; quindi arrivano queste onde di compressione
rarefazione che mettono in vibrazione la membrana basilare in certe zone e queste grazie alle
cellule cigliari vengono scomposte in una serie di armonica e ognuna corrisponde ad una fase
dello stimolo originale, e ognuna attiverà una certa parte di cellule ciliate. Quindi le frequenze
basse, che possiamo eprceperie senza di colta, c’è un numero elevato di bre nervose che
trasmettono impulsi ad ogni ciclo di oscillazione; per frequenze più alte le bre trasmetteranno
ogni 2/3 o altro ciclo e solo in determinate fasi. Si ha quindi un sistema multi canale.

Queste informazioni questi segnali arrivano attraverso il nervo uditivo (ne abbiamo due uno per
ogni orecchio) e le informazioni arrivano alla corteccia uditiva. Anche questa ha una struttura
molto complessa e e ciente. Nella corteccia uditiva ci sono le cosiddette mappe tonotopiche e
sono zone dove i suoni vengono riconosciuto e analizzate e catalogate a seconda della bra del
nervo uditivo che ha portato quella informazione. Ci sono bre più sensibili a certe frequenze e
altre ad altre frequenze e queste arrivano dalle cellule cigliate della membrana basilare. Questo
aspetto della tonotopia è fondamentale. La tonotopia ci dà anche informazioni spaziale, da dove
quel suono proviene. Questo è anche merito del fatto che avendo due nervi uditivi le informazioni
sono leggermente sfalsate e la di erenza temporale con cui arriva l’informazione ad un orecchio e
l’altra informazione dall’altro orecchio consente alla corteccia uditiva di localizzare la provenienza
del suono.

Si parla di indizi binaurali che danno informazioni di localizzazione sia di tempo e sia di intensità.
Gli indizi monoaurali che provengono da un singolo orecchio e che invece indicano quale è l’inizio
percettivamente della durata di un suono.

Siamo a livello della corteccia cerebrale, quale è il percorso che fanno questi impulsi nervosi che
arrivano dalle orecchie? Ci sono degli step intermedi. Di fatto gli impulsi nervosi arrivano ai tre
nucleo coclearia che si trovano nel tronco cerebrale e attraverso il nervo uditivo. Questi sono
fondamentali e riguardano la tonotopia e altre informazioni che vengono trattate insieme ad altri
indizi neurali come tempo e intensità e durata del suono. Il tutto prima di arrivare alla vera e
propria corteccia uditiva passa dal centro uditivo del mesencefalo.

Dal talamo i segnali arrivano nalmente alla corteccia auditiva che è localizzata prevalentemente
nella zona temporale. Quella primaria è posizionata in maniera superiore sicamente rispetto a
quella secondaria. Come è fatta questa corteccia? Nella primaria si ha una struttura tale da
contenere una mappa topogra ca della coclea, questo livello noi il nostro cervello sa da quale
parte della coclea è arrivato il segnale. Quindi la corteccia primaria comprende anche tutti gli
indizi binaurali e monoaurali, quindi caratterizza anche il suono. Elabora poi anche le frequenze,
quindi discrimina le bande di frequenze e la loro tonalità. Intorno alla corteccia primaria si trova la
corteccia uditiva secondaria. Anche questa parte è composta da varie aree e zone che essendo
secondarie riceve informazioni ma meno precise e quindi danno luogo a informazioni tonotopiche
più varie. L’ultima fase è poi un po’ un punto integrativo.

Si possono avere danni al sistema uditivo che possono essere temporanei o permanente. Il tipico
danno temporaneo si ha quando l’organo viene sottoposto per tempo lungo a livelli sonori di
intensità elevata e possono provocare diminuzione o perdita dell’udito ma con capacità di

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recupero. I danni possono poi portare a varie altre sensazioni: nausea, perdita di equilibrio e
anche labirintiti (in ammazione). Questi danno in genere derivano dal fatto che un’onda elevata
porta un maggiore sforzo meccanico che deve compiere l’organo. I danni permanenti si possono
invece avere questa esposizione è prolungata negli anni, oppure per tutta un’altra serie di
patologie o traumi.

Chiaramente qualsiasi menomazione dell’uditivo anche lieve ha un grosso impatto negativo sulla
comunicazione, sulla capacità di un soggetto di interagisce con il mondo esterno e quindi di
conseguenza può portare ad altre problematiche di tipo depressivo. Questo da un punto di vista
meno grave per la salute, ma chiaramente menomazioni uditive portano pure a implicazioni di
sicurezza, non riescono a sentire qualsiasi tipo di allarme.

La tecnologia ha cercato di sopperire alle varie menomazione a seconda del livello e del tipo di
menomazione. Ci sono due categorie: a bassa tecnologie e alta tecnologia, anche in termini di
costi. Per la bassa tecnologia ci sono diversi dispositivi che invece di una percezione di tipo
acustico sostituiscono lo stimolo acustico uno stimolo visivo o vibrante. Tecnologie più elevate
possono essere dispostivi di ascolto assistito che sono calibrati per il singolo individuo per
esempio.

I de cit uditivi riguardano solitamente la popolazione anziana. 



i de cit si dividono in base alla zona del de cit. Ci sono quelli neurosensoriali che sono danni al
nervo uditivo e all’orecchio interno, di solito sono irreversibili. Anche le protesi acustiche come nel
caso visivo hanno dei grossi limiti. Ci sono poi danni al condotto uditivo, cioè all’orecchio medio
o esterno, qui il problema non è di comprensione ma proprio di arrivo del segnale. Poi ci sono
de cit misti che riguardano sia la parte sensoriale sia quella del condotto uditivo. Da cosa si può
generare un de cit cognitivo? Ci possono essere anomalie o problemi congeniti, infezioni di vario
tipo, reazione a farmaci ototossici (utili per certi aspetti ma non per altri) e poi degenerazioni
siologiche legate all’età e quindi alla perdita di funzionalità di certe parti del nostro sistema.

Come si categorizzano le ipoacusie? Fino a circa 70 db dai 40 di perdita si parla di ipoacusia di


media entità o grave, mentre quella profonda con una perdita di oltre 90 dB. In genere questi
problemi insorgono con l’età, oltre i 60/65 di età di presbiacusia quindi una degenerazione
naturale delle cellule ciliate. Quando è bilaterale, cioè riguarda entrambi le orecchie allora si può
prendere in considerazione un intervento e un impianto più o meno complesso. Quando invece il
danno è monolaterale questo non si fa perchè c’è una funzione residua dell’orecchio funzionante
e questo compensa; oppure non si fanno interventi quando si hanno dei de cit non troppo
irrilevanti. In questi ultimi casi si può parlare delle protesi acustiche. Però la percentuale di coloro
che ricorrono a questi dispositivi uditivi è molto bassa, perchè gli anziani non vogliono occuparsi
di questi dispositivi e anche per questioni di costo.

Un bambino appena nato non ti dice che non riesca a sentire quindi è importante capirlo in modo
precoce.

Il 90% dei de cit uditivi riguarda la categoria dei de cit di tipo neurosensoriale. Oggi si parla di
dispositivi che possono essere indossabili o impiantatili.

Si parla di protesi acustica ma la terminologia non è corretta, la parola protesi ha un signi cato
ben preciso ed è qualcosa che sostituisce totalmente o parzialmente un organo ma nel caso
uditivo vanno ad aiutare non a compensare o sostituire, quindi si chiamerebbero meglio
attrezzature o dispositivi acustici. Solo il 15% delle persone che dovrebbero ricorrere a questi
dispositivi ne ricorre e ettivamente. Le motivazioni possono essere varie e combinate tra loro.
Una delle prime motivazioni è che questi de cit progrediscono in maniera graduale e quindi
queste persone non si rendono conto del fatto che la loro capacità uditiva sta peggiorando no a
che la cosa non diventa eclatante. Questo è dovuto anche al fatto che queste persone vivono in
famiglia e i famigliari stessi alzano il tono di voce e quindi vanno a compensare le di coltà uditive
del parente e quindi lui non si accorge. Un altro problema è il prezzo. Poi c’è il motivo psicologico,
in genere non viene ben accettata la protesi acustica e questo è legato alla mentalità della fascia
di età a cui queste protesi sono rivolte.

Quali possono essere le patologie? La struttura di queste protesi c’è sempre un dispositivo che
deve captare il segnale uno o più microfoni, il segnale viene poi elaborato all’interno di un
dispositivo più o meno ingombrante e so sticato che ltra anche il suono, elimina il più possibile il
rumore di fondo.

Alcuni tipi di protesi e per alcune categorie di pazienti che hanno determinati pazienti con de cit
gravi è possibile avere una prescrizione gratuita della protesi acustica, questo nel caso però in cui
la perdita è maggiore di 65 Db in certi Range di frequenze in particolare nelle frequenze
soprattutto di quelle del parlato. Questo per le ipoacusie, per la perdita totale dell’udito non è

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presente in questo decreto perchè questo implica un intervento di inserimento di una protesi con
un intervento chirurgico ben più costoso.

Questo limite a volte può essere bypassato, se non si è in questa fascia ma sono presenti altri
de cit altre forme di invalidità allora si può avere questa prescrizione gratuita, in particolare se
l’invalidità generica è superiore al 35% e questo comprende tutta una serie di altri problemi anche
non uditivi.

Quali sono i tipi di ipoacusia? Ci sono diverse tipi e diversi sistemi per sopperire alle mancanze. Ci
sono le ipoacusie trasmissive che c’è proprio un problema generato da un qualche agente residuo
che riguarda l’orecchio esterno e l’orecchio medio, quindi in questi casi il problema non è la
decodi ca di segnale. Ci sono condizioni di vario livello, una delle più comune è la formazione del
tappo di cerume che ostruisce l’orecchio esterno o l’otite per l’orecchio medio. Sono situazioni
risolvibile e solitamente non c’è bisogno di protesi.

L’altra categoria è la sordità percettiva che è dovuta ad una disfunzione dell’analisi del suono sia
per quanto riguarda le sue componenti in frequenza sia nel tempo. Chi ne è e etto ha di colta
nella percezioni dei suoni e delle parole. Il danno in questo caso è a livello della coclea, può
essere la presboacusia o la ipocausia da rumore. Altre condizioni anche se più rare sono quelle
che interessano l’ottavo nervo cranico e si parla di tumore benigno che appunto ha la sua sede
proprio a livello di questo nervo. In genere è un tumore benigno quindi si riesce ad asportarlo
senza conseguente a meno che il danno non sia a livello nucleare. Molto più rare e gravi sono le
sordità che interessano il sistema nervoso centrale.

22/03/2022

Ci sono vari tipi di protesi, di dispositivi che possono essere usati in maniera assolutamente in
modo non invasiva e quindi non richiedono impianti chirurgiche e quindi sono le protesi esterne
che si appoggiano sull’orecchio, e poi ci sono invece le protesi più invasive e che richiedono
intervento chirurgico e sono strutturate in varie parti di ricezione del segnale, elaborazione e poi
trasmissione a seconda del tipo di dispositivo all’orecchio medio o interno, e poi ci sono le protesi
che bypassano anche il nervo uditivo quando questo è danneggiato e si va direttamente alla
corteccia cerebrale.

Oltre agli impianti oggi giorno si cerca di lavorare molto anche sulla rigenerazione almeno in parte
delle cellule ciliate, quando il danno riguarda l’orecchio interno, e quindi si cercano delle tecniche
che si basano sulla terapia genetica o le cellule staminale. Si basano sulla mitosi o sulla
transdi erenziazione (cambio di fenotipo come la trasformazione da cellula ciliare interna da
esterna. Sono utili perché non si impianta niente in questo caso.

Quale è la struttura base di queste “protesi”? In generale tutte hanno tre elementi. La prima è la
parte che serve a captare il suono, dei microfoni che consentono di acquisire il segnale che
proviene dall’esterno. Il tutto sign ca che acquisiamo il segnale che deve essere trasmessa, e
quindi la parte importante si ha una fase di ampli cazione e ltraggio di questo segnale. E si cerca
di ridurre il rumore ambientale e comunque tutto ciò che può complicare l’analisi del segnale
stesso. In genere oggi giorno si ha un dispositivo con un ampli catore e un microprocessore per il
ltraggio. E poi si ha qualcosa di wired, che porta sicamente questo segnale ltrato attraverso il
condotto all’uditivo all’interno e poi il segnale andrà a mettere in funzione la membrana timpanica;
oppure bypassa il condotto uditivo interno e va direttamente all’orecchio medio o direttamente
nella coclea; questo dipende da dove è il danno e dove bisogna intervenire.

Esistono norme di legge che consentono una prescrizione gratuita della protesi sotto certe
condizioni. Si deve avere una perdita delle frequenze del parlata uguale o maggiore di 65 decibel.
Ma nel caso di perdita totale dell’udito non c’è questa prescrizione, perchè in questo caso
dovrebbe riguardare una protesi impiantata a livello celebrale. È comunque prescritta se si ha una
condizione di invalidità totale maggiore al 35%.

Quali sono i tipi di acusia normalmente a cui si può andare incontro’ quelle trasmissive che
riguardano l’orecchio medio e quello esterno e sono in genere causate da un qualche agente
visivo, come il tappo di cerume o l’otite. Si possono superare con farmaci opportuni e antibiotici.
Poi ci sono invece le sordità o ipoacusie di tipo percettivo, quindi non c’è solo un problema di
suono che arriva o non arriva ma proprio anche una questione di capacità di analizzare il suono,
quindi la comprensione del suono è fortemente limitata e questo riguarda spesso la coclea. Sono
la presboacusie o la acusia da rumore.

Quando è che si vede in qualche modo a che livello di gravità può essere la perdita uditiva di un
soggetto? Ci sono dei test che vengono fatti e in genere si fa riferimento ad un gra co in cui
sull’asse delle ascisse ci sono tutta una serie di valori di frequenza crescenti che comprendono

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più o meno tutto lo spettro delle frequenze acustiche, mentre sull’asse delle ordinate c’è il
corrispondente valore in scala logaritmica (in decibel) di quello che è il livello di perdita uditiva del
soggetto. Questo gra co si chiama audiogramma. Questa è una delle misure che si fanno
dall’audiologo. La misura viene fatta sottoponendo la persona all’ascolto, con una particolare
cu a, in modo che percepiscano dei toni puri a frequenza precisa e di intensità via via crescente.
Se il soggetto percepisce un suono a intensità bassa a 1000 Hz allora deve dire se lo sente,
nché non percepisce il segnale non dice nulla e così si misura quanti decibel ha quella persona
nel percepire quella frequenza. Si fa prima ad un orecchio e poi all’altro. Poi si rifanno per
frequenze diverse 2000/3000… sono tutti toni puri e quindi poi l’audiologo mette insieme i risultati
e valuta e dà una misura del de cit che può essere lieve (quando questi toni puri vengono
percepiti fra segnali con delle intensità tra 26 e 70 dB), altrimenti si ha un de cit più grave quando
i segnali sono percepiti oltre i 70 decibel.

Con questa serie di aspetti si va a quanti care in qualche modo il de cit positivo e il livello. Ci
sono poi test più complessi che riguardano anche l’uso di dispositivi più portanti come TAC o
risonanze magnetiche per vedere dal punto di vista morfologico dove è posizionato questo de cit.
Poi ci sono test anche di odometria vocale, cioè il medico appositamente parla a voce molto
bassa e cerca di capire se la persona che ha davanti sente quello che lui gli sta dicendo.

Con l’audiogramma si va a misurare la capacità di un individuo di riconoscere un suono puro.


Viene fuori un gra co. È una misura che da un’idea generale. Fondamentalmente si manda un
certo segnale in una certa frequenza ad un orecchio e poi il paziente deve pigiare un tasto se ha
sentito quel suono. Il gra co è diviso in 6 parti a seconda della frequenza del segnale puro che
viene inviato e la relativa intensità di percezione da parte del soggetto.

Chi si sottopone a questo test deve essere in grado di e ettuarlo. Persone con dei cit motori o
neurocognitivi è di cile che riescano a fare un test di questo tipo, quindi non tutti si possono
sottoporre ad un esame audiometrico.

Una volta appurato un de cit medio/grave che non si può risolvere in maniera semplici bisogna
ricorrere a delle tecnologie di ausilio uditivo che si indicano con HAT (hearing Assistive
technology). Quali sono i tre principali aspetti che in condizioni di udito con delle di coltà
in uiscono negativamente nella capacità di ascolto e comprensione? La presenza del rumore di
fondo, che è un problema anche per tutti noi e questo crea problemi anche a chi portatore di un
dispositivo di una protesi uditiva. Si ha poi il problema dell’acustica ambientale ma magari c’è un
forte riverbero e anche questo in uisce negativamente sulla percezione di certe frequenze e sui
dispositivi che regolano la trasmissione. Poi l’energia di un segnale, se si parla sottovoce si sente
a fatica e quindi l’energia del segnale si riduce con la distanza ma anche con le capacità fonatorie
con cui stiamo conversando.

Il rapporto segnale rumore per persone normoudenti è di 6 decibel, che vuol dire che ci sono delle
componenti di disturbo non indi erenti. Per un soggetto con dei de cit uditivi questo rapporto
aumenta tanto no a 20 decibel, quindi la quantità di rumore deve essere molto minore rispetto
all’energia del segnale utile.

Quindi questi dispostivi devono da un lato compensare l’energia di una segnale e quindi
ampli carlo, ltrare il più possibile il rumore di fonde e minimizzare l’aspetto del riverbero
acustico; se questo non è su ciente ci sono alcuni dispositivi che sostituiscono la percezione
acustica con altri tipi di stimoli (ad esempio visivo come la luce rossa lampeggiante che dice c’è
un pericolo).

Il primo e per lungo tempo l’unico dispositivo esistente era il cornetto acustico. Serviva solo ad
ampli care il suono, si appoggiava sull’orecchio e ampli cava tutto quello che proveniva
dall’esterno, anche il rumore. Fino agli inizi del 20 esimo secolo c’è stato questo. Poi sono stati
inventati i primi dispositivi indossabili ma ingombranti visibile e fastidiosi. Avevano un microfono
un sistema di ampli cazione (ancora il ltraggio limitato) e un ricevitore interno per trasmettere il
segnale. Si arriva addirittura al 1990 in cui nalmente lo sviluppo della tecnologia permette la
possibilità di miniaturizzare i dispostivi grazie ai circuiti analogici, quindi hanno ridotto le
dimensioni e di includere le batterie, perchè comunque necessitano di alimentazione e il paziente
non può stare collegato alla presa. Poi la vera evoluzione si è avuta recentemente agli inizi degli
anni 2000 in cui in maniera sempre più so sticata sono stati sostituiti i circuiti analogici da quelli
digitali.

Trono acustico costruito nel 1819 per il re del Portogallo, si è fatto costruire questo trono in cui la
cosa geniale è stata quella con i braccioli terminavano con delle teste di leone che consentivano
di far passare il suono attraverso delle cavità e portavano il suono ad una cassa di risonanza sulla
seduta per ampli care il suono.

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Negli anni 50 nascono i primi apparecchi retroauricolari, non si mettevano in tasca ma si potevano
mettere appoggiati dietro all’orecchio.

Altri passi avanti negli anni successivi no ai giorni nostri. Si incominciano a rendere
programmabili in qualche modo. Fino a quel momento i dispositivi erano soltanto ampli catori, si
regola poco e niente. Con i primi dispostivi automatici si poteva fare in modo di regolare il volume.

Negli anni 70/80 si arriva a costruire i cosiddetti dispostivi interni all’orecchio, la parte che
solitamente stava esterne si può posizionare all’inizio dell’orecchio esterno e rendeva la protesi
meno visibile.

Si è poi avuta la possibilità di personalizzazione.

La parola indossabile riguarderebbe i dispositivi ormai non più in uso, quelli grossi e ingombranti.
Ma sono sempre indossabili anche i cosiddetti BTE o ITE, cioè dispositivi che si posizionano in
parte dietro e in parte interno all’orecchio. I BTE hanno una parte dietro all’orecchio e una parte
anteriormente. Poi hanno un ubichino sottile e quasi trasparente che porta il segnale ad un
dispositivo che invece è posizionato nel canale uditivo. Hanno mediamente tre opzioni
fondamentali, una riguarda il microfono. Per le comunicazioni ordinarie si attiva l’opzione
microfono. Poi ci sono le comunicazioni telecoil che è l’opzione quando si deve usare il telefono.
Si ha poi lo switch o , quando non si deve ascoltare si spegne l’apparecchio.

I dispositivi ITE sono quasi tutti interni al canale uditivo, hanno un’antenna che va a captare i
suoni. Sono molto più piacevoli da indossare, hanno però una capacità di ampli cazione minore e
poi si possono avere problemi di feedback tra microfono e ampli catore.

Poi ci sono i dispositivi a conduzione ossea, questi necessitano interventi chirurgici, vanno
impiantanti in qualche modo e si basano sulla capacità della nostra struttura ossea di trasmettere
le vibrazioni. Questa vibrazione in genere è trasmessa direttamente alla coclea, dove è elaborata e
poi passata al nervo uditivo, altrimenti alla catena di ossicini.

A seconda della maggiore invasività si parla di BTE, ITE o conduzione ossea interna.

Quindi cominciamo a vedere questi dispositivi indomabili, quindi tutta questa categoria dove non
c’è bisogno di fare interventi chirurgici che sono invece richiesti per dispostivi per perdite uditive
più consistenti., questi dispositivi indomabili hanno la caratteristica di essere tutti alimentati a
batterie, si ha un problema di alimentazione, sono miniaturizzate e di lunga durata, ma comunque
hanno una durata limitata di solito ad una giornata. La struttura ha un microfono che acquisice il
segnale audio esterno; una parte di circuiteria digitale di ampli cazione di questo segnale e poi il
ltraggio e in ne un trasduttore che invia il segnale al ricevitore.

Nell’evoluzione si è passati da quelle agli inizi del secolo scorso le protesi a scatola: la parte di
elaborazione di ampli cazione era contenuta in uno scatoletta più o meno grande che doveva
essere tenuto o appeso al collo o in tasca oppure portato in qualsiasi altro modo. Sono dispositivi
non più in uso e poco funzionali.

Poi ci sono le cosiddette protesi ad occhiale, dove una parte del dispositivo poteva essere inserita
nelle stanghette degli occhiali. Ci sono due tipo di protesi quelli a conduzione ossea e aerea. Le
prime consistono di un apparecchio che rileva e trasmette la vibrazione sonora attraverso l’osso
mastoideo e alla coclea. Poi quelle a conduzione area in cui la stanghetta serve a trasmettere, si
ha un tubo con un auricolare posto all’interno del condotto uditivo.

Al giorno d’oggi nessuna di queste ultime tipologie di protesi sono più usate.

Invece quelle acustiche retroauricolari sono le più comuni. Si appoggiano dietro all’orecchio. Si ha
un ampli catore e un piccolo tubicino che porta il suono dentro il condotto uditivo. Sono quelle
più comune, funzionano bene e hanno anche costi ridotti, però non sono molto ben viste perché
comunque sono visibili dall’esterno.

Le protesi endoarucolari sono quelle dove non c’è la parte da appoggiare esternamente. Hanno
una struttura base contenuta in questa resina, qualcosa che si può manipolare e alla quale si da la
forma del condotto uditivo esterno dove deve essere applicata. Queste protesi non sono visibili
quindi hanno il vantaggio di avere quell’aspetto sgradevole di essere visti dagli altri, e hanno
anche la possibilità alcune di essere collegabili ad apparecchi radio, televisivi… hanno dei limiti
perchè per le ipoacusie molto gravi non sono molto adatte, vanno bene per quelle leggere al
massimo medie.

Entrambe queste categorie di protesi hanno oggi giorno la possibilità di essere programmate. Si
fa l’audiogramma e in base ai risultati e alle caratteristiche si programma l’ampli cazione, il Range
frequentiate e tutta un’altra serie di parametri per ottenere un livello di ascolto il più possibile
ottimale.

Sono protesi quelle impiantbaili che hanno delle durate molto lunghe anche 10/15 anni.

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Poi si hanno gli impianti cocleari, hanno una parte interna e una esterna. Quella esterna è il
processore, quella che acquisisce il segnale e lo elabora e poi questo viene trasmesso, con un
impianto chirurgico molto complesso e delicato che consiste nell’avete un ricevitore alloggiato
nell’osso temporale e poi una serie di elettrodi posizionati all’interno della coclea. Questo
impianto va a sostituire in parte le cellule cigliate.

Prima di vedere nello speci co i vari dispositivi che tipo di approcci o tecnologie sono state
utilizzate. C’è un livello molto base, una parte di tipo convenzionale sempre analogico che sono le
più economiche, e poi di tipo programmabile analogica dove si ha un microchip e si può
personalizzare le funzioni di ampli cazione e di ltraggio del segnale e tutto questo è salvato nella
memoria del dispositivo stesso. Si può programmare una serie elementi. In ne i programmabili
digitali che sono quelli i più evoluti che operano una conversione analogico digitale e già questo
include e implica un ltraggio preliminare del segnale, poi il segnale viene ulteriormente elaborato.
Si può avere l’ampli cazione di certe componenti di intensità, la selezione di bande di frequenze
che devono essere più o meno ampli cate rispetto ad altre e dipende dall’audiogramma, è
estremamente più essibile degli altri prima. È fatto in modo di avere una buona cancellazione del
rumore, si ha un ltraggio molto selettivo, ci sono alcuni dispostivi che in base alla tipologia e al
rumore in ingresso e ettuano ltraggio di diverso tipo, consente quindi di de nire un rapporto di
segnale rumore ottimale per il tipo di ascolto che è richiesto in ogni momento.

Il DAI è molto vantaggioso per connettere il dispositivo con computer, microfono, radio televisione
o altri dispositivi.

I dispositivi impiantatili sono quelli che non possono essere fatti altrimenti che impiantati e quindi
necessitano di un intervento chirurgico. Questi sono indicati solo nei casi di perdita uditiva
profonda e bilaterale. Queste perdite possono derivare da vari condizioni: danni di tipo
drammatico, derivanti da qualche intenzione o patologia, di tipo genetico,… possono essere
danni alla nascita o che subentrano in seguito per cause varie, ma che hanno il problema che
l’udito è assolutamente compromesso. Questi dispostivi dipende da che livello vengono
impiantati, diciamo che con crescendo di danno uditivo si può parlare di dispostivi a impianto
osseo quando si ha una qualche funzione uditiva residua quindi si possono usare queste
vibrazioni ma queste vanno alla coclea che deve essere funzionante; poi ci sono quelli impiantanti
nell’orecchio medio e anche qui signi ca ripristinare il corretto movimento dei tre ossicini della
catena ma ci deve essere la coclea funzionante; quelle ad impianto cocleare queste implicano di
inserire degli elettrodi all’interno della coclea e si parla di perdita uditiva severa, perchè se la
coclea non funziona tutto il resto non dà risultato sulla trasmissione e elaborazione del segnale,
quindi sono impianti che se l’orecchio esterno e medio sono intatti ma se il danno è nella coclea
devo intervenire a quel livello e sono impianti complessi; poi anche qui se il nervo uditivo è
compromesso entrambi i nervi (non si fa se uno dei due funziona), allora si può intervenire a livello
di un impianto sul midollo allungato e si parla di perdita uditiva profonda, ovvero non arriva
nessun tipo di informazione al sistema nervoso centrale, al cervello. Anche questo è un organo
come quello della vista formato da più fasi e componenti di profondità dell’organo stesso.

Quali sono le componenti di questi impianti? Si ha sempre una parte esterna che è il processore
audio. Si ha il microfono, la batteria e tutta la parte di componenti elettroniche che consentono di
elaborare il segnale e convertirlo in un segnale che viene poi trasmesso nella parte interna della
protesi. Nella maggioranza dei casi questa parte esterna è posizionata sulla tempia, in prossimità
del nostro orecchio esterno, e viene tenuto in posizione da un paio di tecnologie o con un perno
che si incastra e si inserisce oppure con un magnete e con un altro magnete posizionato
internamente all’osso temporale. Si ha poi un collegamento conduttore che è un cavo che
sicamente collega questa parte alla parte interna e poi si ha un trasduttore meccanico perchè le
onde sono di tipo meccanico e deve essere trasformato in segnale elettrico.

Quali sono i passaggi che vengono e ettuati con dispositivi di questo tipo? Sono dispostivi anche
molto semplici come concetto. Però abbiamo detto che tutto questo è in perfezionamento per
fare in modo che il suono che arriva sia il più vicino possibile reale, ovvero quello dato da un
sistema uditivo funzionante. Si ha un microfono esterno che capta il segnale audio. Il processore
fa una serie di operazioni di ltraggio e ampli cazione, il ltraggio non è banale perchè in teoria
dovrebbe irtare ad hoc, quindi a seconda del segnale che arriva, ma non è sempre possibile, si
eliminano le componenti di rumore in generale e magari ltro cose che magari sono anche utili per
il parlato. Da questo dipende la tipologia e il costo del dispositivo, più ra nato è più i costi sono
elevati. Questo segnale ltrato opportunamente viene trasmesse al ricevitore interno e il segnale
viene trasdotto da quello dispositivo chiamato FMT in un segnale vibratorio e poi trasdotto a
seconda di dove va portato. Se è sugli ossicini saranno vibrazioni meccaniche se bisogna andare

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nella coclea allora sarà un segnale di tipo elettrico. Questi dispositivi richiedono sempre un
intervento chirurgico. I nuovi prototipi si stanno basando su sistemi totalmente impiantatili, anche
la parte di microfono.

Si ha il mastoide che è l’osso dell’osso temporale ed è il più vicino all’orecchio, nelle sue
prossimità passa il nervo acustico. Deve essere fatta una incisione attraverso questo osso il più
piccola possibile, ma non troppo perchè ci deve essere abbastanza spazio per far passare il
ricevitore interno e collocato in modo che questo componente non tocchi la linea di incisione
perchè può causare danni e infezioni. Questa parte interna deve poi essere calibrata, bisogna fare
dei tentativi e degli adattamenti in modo che possa funzionare al meglio per le caratteristiche di
quell’individuo.

BAHA è un marchio registrato è un dispositivo in commercio che è del tipo impianto osseo, cioè
basato su conduzione ossea e ha questa struttura fatta di titanio e viene posizionato dietro
l’orecchio sull’osso temporale. Anche qui esiste un processore che elabora il segnale che
proviene dall’esterno. L’impianto di titanio è tale perchè è un materiale tra i più biocompatibili. Il
segnale arriva da un processore esterno sotto forma di vibrazioni meccniache e queste sono
trasmesse direttamente alla coclea, quindi bypassa anche l’orecchio medio. Il danno deve essere
bilaterale e ha delle cause dovute ad anomalie congenite o da infezioni che hanno poi
danneggiato tutta la parte dell’orecchio esterno o medio.

Le vibrazioni si conducono a conduzione ossea diretta, percutanea. Questa conduzione ossea


sembra che o ra una qualità del suono molto migliore rispetto ad altri strumenti, dove la pelle
attenua la trasmissione del suono.

MEI è un tipo di impianto che si impianta anche nell’orecchio medio. Questo tipo di dispositivo
agisce direttamente sugli ossicini, ristabilisce il movimento corretto degli ossicini e quindi
incrementa l’intensità del suono. Anche in questo caso si ha un microfono che deve essere
posizionato all’esterno, ho impiantato o dietro l’orecchio e la trasmissione avviene per vibrazione
trasmesse al trasduttore attraverso un ricevitore impiantato. Poi il suono viene trasmesso grazie
alla vibrazione riattivata degli ossicini e poi tutta l’elaborazione naturale. Questo impianto agisce
su uno degli ossicini ma la struttura sica deve essere intatta, e neanche le membrane devono
essere danneggiate. Strutturalmente tutto deve essere funzionante, si applica per difetti agli
ossicini e basta.

Anche questo è un dispositivo che può essere un’alternativa dalle protesi esterne. Il dispositivo è
posizionato a livello sottocutaneo. La struttura è sempre più o meno lo stesso, cambia solo dove
si agisce alla ne del dispositivo. Anche in questo caso si ha un processore esterno che deve
captare il segnale e fare elaborazioni. Si trasduce il segnale dall’esterno in vibrazioni meccaniche
e questo permette di stimolare la catena degli ossicini e quindi di solito è utile quando c’è una
perdita di segnale per quanto riguarda le frequenze più alte che sono quelle che ci consentono di
comprendere il parlato ma anche altri suoni che fanno comunque parte della nostra vita
quotidiana. Quindi pur essendo un dispositivo che richiede un intervento chirurgico a volte viene
preferito ad altri dispositivi perchè ha un risultato per la percezione delle alte frequenze migliori
rispetto ai dispositivi puramente indossabili.

L’impianto cocleare riguarda proprio la coclea e si interviene andando a ripristinare e sostituire in


qualche modo la porzione della coclea dove le cellule ciliate non hanno più la loro capacità
funzionale. In questo caso l’ispezione preliminare non sarà solo l’audiogramma, si faranno anche
tac o risonanza magnetica o altre tecniche che permettano di rilevare a che livello è il danno.
Anche all’interno della coclea bisogna capire a che livello del sistema di ricezione del segnale è
presente il danno. Ancora oggi questa operazione è ancora abbastanza irrisolta, quello che viene
fatto con impianti di questo tipo è generico, perchè non si riesce ad individuare esattamente la
zona. Questi dispositivi quindi arrivano direttamente alla coclea, viene bypassato anche l’orecchio
interno e quindi va direttamente a stimolare con questi elettrodi di super cie il nervo uditivo.
Anche in questo caso si hanno due componenti. Una parte esterna che più o meno è sempre la
stessa, si ha la ricezione del segnale con un microfono, la componente di elaborazione con
ampli cazione e ltraggio e selezione delle frequenze, e poi un trasmettitore che trasmette le
vibrazioni alla parte interna. Questa parte interna sarà un ricevitore e tutta una serie di elettrodi
che sono impiantati su un supporto che mima la membrana basale. Questi dispositivi non sono in
grado di ripristinare l’udito nella sua complessità, però consentono di riconoscere la presenza di
suoni e rumori ambientali. Ciò che viene impiantato fa ciò che dovrebbero fare le cellule cigliate,
trasforma il suono le vibrazioni che vengono dall’esterno in impulsi elettrici che sono all’interno
della coclea e che portano poi il segnale al nervo acustico.

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Anche per quanto riguarda questo tipo di impianti c’è una fase piuttosto lunga che segue
l’impianto vero e proprio. Una volta eseguito l’impianto gli elettrodi non vengono attivati subito.
L’attivazione avviene 20/30 giorni dopo anche per permettere a tutte le strutture di rimarginarsi.
Già durante l’intervento stesso viene fatto un primo check, un primo mappaggio, quindi bisogna
veri care che e ettivamente questi elettrodi funzionano, quindi si attivano anche durante
l’intervento. Viene fatto un test durante l’intervento per andare ad individuare quali sono le due
soglie uditive massima e minima possibili su quell’impianto, e si cerca di regolarlo per abbassare il
più possibile la minima e alzare al massimo la più alta, e poi andando a regolare le varie frequenze
che possono essere regolate dai vari elettrodi, quindi si cerca di avere un Range di frequenze
abbastanza ampio. Questa fase è abbastanza complessa e ogni individuo ha le sue
caratteristiche. Poi si ha un’altra fase di riabilitazione per interpretare correttamente quello che
questo dispositivo gli può fornire.

Smart sound è un processore ampli ca e ltra il suono in base alle frequenze. Ha quattro opzioni:
l’everyday che è l’ascolto quotidiano di rumori, parole e suoni di base senza speci che particolari;
noise, focus e music. Questi ultimi sono progettati, c’è un software che va a ltrare o ampli care
nelle condizioni di situazioni particolari.

24/03/2022

Nucleus Freedom si ha due componenti e quella interna e quella esterna, e quella interna è
proprio nella coclea dove si hanno degli elettrodi che svolgono una funzione sostitutiva. Il
dispositivo non ha dimensioni piccolissime, è stato fatto per essere usato in maniera semplice e
accessibile, quindi può essere usato sia in una fascia pediatrica, quindi può essere gestito da chi
accudisce il bambino perchè è provvisto da una serie di display e di funzioni di help. C’è un
piccolo monitor dove appaiono dei codici che corrispondono al corretto funzionamento o a
qualche malfunzionamento. Poi ci sono dei pulsanti che possono essere usati per varie
applicazioni o per operare errori. Ovviamente ha bisogno di batterie miniaturizzate e facilmente in
commercio che però vanno sostituite. Ha questa funzione Smart Sound che consente di settore in
qualche modo il processore che e ettua il ltraggio del segnale in ingresso a seconda della
modalità/della situazione in cui la persona si trova. Di default si ha la modalità everyday, cioè
ambiente non troppo rumoroso e con le voci con cui abbiamo a che fare in condizioni normali. Poi
si possono attivare altre funzioni come noise, focus o music, e ognuno di questi e ettua ltraggi
speci ci. Focus quando si ha un interesse a concentrarsi sull’ascolto di una o due persone nelle
vicinanze o della radio della televisione, in questo caso si può attivare questa funzione e viene
fatto una specie di ltraggio per distanza. L’ascolto della musica ha delle caratteristiche particolari
e quello che si fa è ltrare in maniera selettiva tutta una serie di suoni che non fanno parte dei
suoni tipicamente emessi dagli strumenti musicali. Dietro a tutto questo ci sono dei software
speci ci.

C’è una versione tascabile che non si posiziona dietro all’orecchio come il precedente. Dietro
all’orecchio non sempre è possibile, quindi c’è anche la versione tascabile. È un dispositivo che
sostituisce la parte dietro all’orecchio con una parte che può essere tenuta in tasca e quindi forse
da meno fastidio rispetto all’altra. Essendo tascabile si può permettere dimensioni più grandi e
quindi c’è uno schermo più grande dove appunto si possono visualizzare una serie di codici e
impostazioni che possono essere fatte manualmente.

Quindi ritorniamo ai vecchi dispositivi, non è invisibile, ma è per persone che non sono in grado di
autogfestie l’uso di questo dispositivo e hanno bisogno di monitorare il funzionamento in modo
semplice a scapito delle dimensioni. È in commercio.

L’altra osservazione che va fatta è vedere quali sono i pro di una protesi impiantatile rispetto a
quello che è il vero e proprio impianto cocleare. La di erenza sta che in un caso la persona ha
ancora capacità uditive quindi lo stato della persona è in genere buono e in genere si fanno questi
impianti quando la perdita uditiva è bilaterale. Mentre gli impianti coclearia visto che vanno ad
agire all’interno della coclea hanno un target di persone interessate che hanno perdite di udito
molto profondo, non è necessaria un’ampli cazione.

La soluzione estrema, nel caso il danno sia a livello del nervo acustico, così come abbiamo visto
per l’impianto cerebrale per la vista, analoga operazione tecnica può essere fatta per la perdita/
lesione in maniera grave e permanente del nervo acustico. Quindi anche se l’orecchio esterno
interno e medio sono funzionanti non possono essere usati perchè non c’è la trasmissione del
segnale. Quindi in questo caso si parla di nervo acustico arti ciale. Tutte queste tecniche sono
ancora abbastanza sperimentale, la tecnologia per ora va nella direzione di miniaturizzare i

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dispostivi e aumentarne l’e cienza, e quindi avere una strutturazione che vada nelle varie aree
della zona encefalica e sulle bande di frequenza normalmente analizzate e mescolare
opportunamente queste informazioni. Il risultato è quello di consentire al soggetto di uscire
dall’isolamento acustico totale, ovviamente si sta parlando di de cit su tutti e due i nervi acustici e
quindi bilaterali.

Questo dispositivo si chiama ABI (Auditory Brainstem Implant). L’impianto va selettivamente a


trasmettere dei segnali a frequenze via via crescenti verso che si va verso il centro. Non è
semplice, si tratta di un’area ridotto e vulnerabile perchè si mette nella zona adiacente al
cervelletto, dove qualsiasi danno può portare a danni ben più gravi, a problemi motori come
paralisi ma anche paralisi delle funzioni vitali. Quindi è un tipo di intervento estremamente evitato
proprio per la zona in cui questo dispositivo deve essere posizionato.

Questo è appoggiato sul cervelletto, viene fatto solo in casi di sordità totale e non in tutti i casi,
solo a chi è consentito. Spesso questo tipo di intervento viene fatto quando il soggetto ha la
neuro bromatosi di tipo II.

È un dispositivo che ha bisogno poi di essere gestito e quindi ha bisogno di una specie di
centralino di controllo e elaborazione e con un processore vocale che ha la funzione che tramite
un apposito supporto posizionato sulla tempia deve ricevere il segnale ampli carlo ltrarlo e poi
trasmette le frequenze che riceve, la trasduce e lo trasmette all’array di elettrodi a seconda della
frequenza del segnale di ingresso le varie zone del tronco encefalico. Poi l’i informazione viene
passata e elaborata dalla zona cerebrale preposta all’analisi del suono.

Le strutture non sono piccolissime, si parla ancora di magnete che in genere è tenuto in posizione
da un altro magnete o un perno. Come abbiamo già visto per gli altri dispositivi. Il segnale viene
ricevuto e inviato ad una antenna.

Il pannello di controllo ha dimensioni abbastanza contenute ma non miniaturizzate. Questo può


essere fastidioso da indossare. Ha tutta una serie di pulsanti di regolazione che il soggetto può
usare ed è facile da usare, e si usa a seconda delle situazioni in cui ci si trova. Si può regolare il
volume. C’è una funzione di on/o che si usa tutte le volte che non è necessario ascoltare nulla di
particolare e questo consente di risparmiare la durata della batteria. La sensibilità e il tipo di ltro
è regolata a seconda della dimensione del suono che si desidera acquisire. Ci sono
fondamentalmente queste tre mappature della centralina e queste regolandole tra di loro ci
forniscono un segnale abbastanza nalizzato allo scopo a cui deve essere destinato in quella
situazione. Questo ovviamente è importante perchè regola e dà un input positivo alla qualità della
vita di chi deve usare questo dispositivo.

Quale è il livello di accuratezza di un dispositivo di questo tipo? Nella forma base ha 21 elettrodi
che sono posizionati su una struttura su un supporto che li contiene. Questo supporto è a sua
volta posizionato sulla super cie del nucleo cocleare del midollo allungato e bypassa
completamente l’orecchio interno e il nervo uditivo. I vari elettrodi e vanno attivati e stimolati una
o più zone speci che e quindi sono i recettori preferenziali di certe bande di frequenze e quindi in
questa materia con solo 21 elettrodi si riduce di molto il Range ammissibile, si hanno informazioni
grossolani ma utili.

È stato un dispositivo prima sperimentato in vitro. Si può usare quelli attuali anche con la
risonanza magnetica, perchè sono costituiti da materiali fatti apposta per resistere no ad una
certa potenza.

Cosa si ottiene in pratica? Abbiamo visto che anche per la vista anche per gli impianti più ra nati
servono a dare al soggetto una visione di chiari scuri e ombre e la sensazione del movimento il
tutto per l’autonomia per la persona. Con questo dispositivo i risultati sono limitati, riescono però
a percepire i suoni quindi a percepire qualcosa che è assolutamente necessario la capacità e la
riabilitazione del soggetto a interpretare il labiale e anche a capire in base all’intensità e alla
frequenza di ciò che è percepito la tipologia di suoni presenti nell’ambiente circostante. Quindi
riusciamo a capire quello che viene detto aiutato molto con la lettura delle labbra.

Si parla anche qui di sperimentazione negli ultimi anni. I risultati sono abbastanza buoni. Un 82%
dei soggetti ha potuto percepire il rumore ambientale, quindi capire se ci sono rumori e suoni
ambientali che possono essere più o meno fastidiosi o pericolosi per l’autonomia personale
questo è molto importante. Non dimentichiamoci che queste persone hanno perso l’udito ma in
genere non hanno perso la vista, quindi attraverso la vista riescono a interpretare i suoni che
ricevono. L’uso del telefono è in generale di coltoso perchè sono suoni di frequenza grossolana e
poi non si vede il labiale parlando al telefono. Il 18% della sperimentazione dice di non aver
riscontrato nessun bene cio.

Questa versione commerciale si appoggia sul cervelletto, quello che si sta facendo in via
sperimentale è un analogo di quello che viene fatto per la vista, cioè invece di avere degli elettrodi

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appoggiati sulla super cie si usano degli elettrodi che vengono inseriti all’interno del tronco
encefalico e questo sarebbe molto più mirato, perchè ognuno di questi elettrodi raggiunge
sicamente una delle aree dell’organo dell’udito nel cervelletto. Sarebbe molto più e cace ma
comporta grandi rischi, perchè la zona in cui viene impiantato porta ad avere vicinanza ad altre
zone a cui arrivano segnali di vario tipo e quindi un danneggiamento di questa zona può causare
danni irreversibili.

Si ha comunque di un sistema di microfono e processore di segnale che di solito viene


posizionato sull’osso dietro all’orecchio, poi c’è l’aggancio con la parte interna e l’antenna per la
trasmissione. Il collegamento sico bypassa tutte le parti dell’orecchio e anche il nervo acustico e
nisce sul cervelletto. L’impianto è tale per cui gli elettrodi non sono solo appoggiati ma sono
inseriti in profondità con una distanza che varia a seconda della frequenza che si vuole andare a
elaborare. La zona più interna è per le frequenze alte e quella più esterna è quella per basse
frequenze.

Ora andiamo a vedere quelli che sono i dispostivi ALD, progetti più o meno so sticati che
vengono usati anche al normoudente. Oggi giorni un singolo dispositivo che spesso e volentieri è
il telefono consente tutta una serie di applicazioni di erenziate che prima non erano possibili. Si
aveva bisogno prima dispositivi diversi per la televisione, per la radio per ascoltare la musica per
parlare al telefono…

La gamma di questi dispositivi si è evoluta. Questi ALD devono svolgere le funzioni base che sono
la ricezione del suono portarlo al ricevitore e collegare il ricevitore o altri dispostivi all’orecchio
facendo alcune operazioni di ltraggio. Tutti i nostri sistemi cellulari hanno ovviamente una
componente programmata interna che comunque e ettua il ltraggio del segnale oltre a fare una
conversione analogico-digitale e compressione dei dati.

Ci sono varie tipologie. Questi dispositivi sono i cosiddetti personal ALD utili per comunicazioni
individuali. Esistono poi anche dei dispositivi utili in gruppo, quindi tutti quelli che fanno parte del
gruppo hanno questi dispostivi, e consentono l’ampli cazione per più utenti
contemporaneamente.

Oggi giorno in diverse sale riunione o convegni o per eventi possono essere organizzate con
dispositivi di questo tipo. Si ha una simbolo quando questa tecnologia si ha in quelle determinata
sale.

Poi c’è il grosso problema della comunicazione telefonica. I primi erano dei telefoni che hanno
comunque incorporata un po’ di tecnologia che ampli ca e ltra alcune frequenze. Hanno anche
una suoneria che ha una intensità sonora particolarmente elevata e hanno anche un avviso
luminoso di chiamata. Spesso una persona non udente ha comunque una ottima capacitò visiva
quindi anche se non sente lo squillo vede la luce e capisce che c’è una chiamata in arrivo.
Altrimenti si può avere anche una segnalazione di tipo tattile attraverso vibrazioni.

Oggi giorno ci sono anche dispositivi che e ettuano la cosiddetta, tutti hanno un piccolo dispaiò
dove si ha chi chiama e altre info ma anche un vero e proprio piccolo display cosiddetto
convertitore switch to test, quindi il parlato di chi chiama viene (non è ancora perfezionato) viene
riprodotto in testo scorrevole su un piccolo display. Al giorno di oggi se il problema è consistenze
e se la persona ha bisogno di comunicare molto spesso, piuttosto che imparare a leggere questo
testo che scorre è più facile usare un messaggio scritto.

Esistevano e esistono ancora dei dispositivi che si possono applicare dove ancora esistono le
cornette telefoniche. In caso di persona non udente il vecchio cornette telefonico può essere utile
perchè può essere accessoriato con alcuni sistemi dove si ha un ampli catore. Il segnale che
viene acquisto non è solo quello elettromagnetico ma anche le frequenze radio per cui ci sono
delle interferenze.

Altro tipo di dispositivo che è in uso solo in qualche caso particolare, sono sempre telefoni con la
cornetta telefonica verso stile. Qui l’ampli catore invece che essere posizionato sulla cornetta si
inserisce sul cavo della cornetta. Tutte le funzionalità vengono svolte switchando in maniera
opportuna i comandi sull’ampli catore e ampli ca il suono no a + 40 decibel. Quindi se è una
questione di ampligivaiozne e bassa del suono questo strumento ha una ottima resa e consente
anche di regolare le frequenze.

Poi parte la telefoni tradizionale la persona non udente può disporre di altri metodi di avviso di
vario tipo. In genere un esempio è un segnalatore luminoso, quindi se si collega questo
dispositivo al cavo del telefono quando si ha una chiamata il segnale luminoso si attiva.

Altro tipo di dispositivo che possono essere usati a vario scopo sono i sensori a vibrazione. Sono
vibrazioni che vanno percepite con parti del corpo, ovunque viene posizionato e non è una

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vibrazione che arriva all’orecchio. Sono spesso oggetti che servono per dare informazioni di vario
tipo, come allarmi che possono essere combinati con un segnale luminoso.

Audi-phone sono dispositivi non fuori commercio. Sono oggetti che possono mettere la persona
in comunicazione con il mondo. Possono essere di due tipi: quello classico con cavi e il modello
più moderno senza li. Sono oggetti non ancora del tutto abbandonati. Si può regolare il volume
in ascolto, sia usando la cornetta sia usando il vivavoce. Possibilità di regolare le tonalità per
l’ascolto migliore a seconda che sia una condizione in cui devono essere regolati i bassi o altri. Si
hanno poi vari tipi di messaggistica, suoni e anche abbinati a ash luminosi o vibrazioni. Poi si
possono scegliere i tasti, hanno in genere questi dispositivi dei tasti molto grandi questo perchè
spesso la gente che li sua ha una età avanzata che quindi può avere problemi anche di altro tipo,
non solo di vita ma anche di movimento come il Parkinson o il pre-parkinson. È tutto funzione
dell’autonomia.

Ci possono essere accessori aggiuntivi. Una persona con delle disabilità ha spesso bisogno di
poter fare una chiamata di emergenza e quindi ci sono alcuni tasti particolari che ha memorizzata
la chiamata dall’altro lato dell’operatore o del familiare che si prende cura e quindi viene allertato
del fatto che c’è una emergenza. Il segnalatore di chiamato si può avere sul telefono o può essere
posizionato in varie altre opzioni. Poi ci sono dei dispositivi a vibrazione, il cuscino per esempio, la
persona è appoggiata a questo cuscino lo sente vibrare ed è una sveglia una chiamata o un
allarme di questo tipo. Poi sono dispositivi mobili.

Altro dispositivo non molto usato è l’Audi-TV. Si indossa in maniera un po’ fastidiosa tipo cu e
dove è agganciata una manopola che si può regolare a seconda della intensità. Questo è utile in
un ambiente in cui si convive con altre persone. Richiedono di avere installato un lo nella stanza
e questo fa in modo che venga generato un campo magnetico che viene recepito dal dispositivo.

Nella storia recente le tecnologie si sono moltiplicate da questo punto di vista, quello dei sistemi
di avviso. Il tipo di ricevitore può essere di tipo vibrazione, sonoro ad alta intensità, luminoso
attraverso ash. Anche il suono del campanello della porta deve essere recepito.

La scelta del tipo di ricevitore dipende dall’uso che si deve fare di quel dispositivo.

Cosa si cerca di fare per sostituire o per compensare il problema di mancanza o scarso udito? Si
usano altri organi, altre modalità attraverso le quali un essere umano può percepire. I sensi sono
tutti coinvolti. Il senso del tatto quando si usano dispostivi a vibrazione. Il senso della vista
quando ci sono dei segnali luminosi. Anche l’olfatto può essere usato in vari casi un prototipo si
basa su dispenser di aromi, quindi il telefono suona e io sono avvertito da un certo profumo.
Ovviamente questo ultimo caso si usa quando sia la vista che l’udito non sono disponibili per
varie ragioni. Poi quando la percezione uditiva non è troppo compromessa basta ampli care,
avere un suono forte. E vista più udito ci sono i cani addestrati apposta che ad esempio abbaia e
salta per dirmi qualcosa.

Ci sono tante opzioni quindi mescolate tra loro che possono aiutare un non udente nelle sue
attività quotidiane.

Una delle tecnologie più immediate è quella di tipo visivo e ad esempio sempre nel caso della
televisione, sopratutto per gli anziani è un ottimo passatempo, allora n dal 1992 negli stati uniti
era obbligatorio che le case produttrici di televisioni includere un decoder che mostrava il testo
sotto forma di sottotitolo e spiegava a parole i suoni presenti nella trasmissione in modo da capire
di cosa si parlava e quali erano i suoni (automobile sfreccia, oggetto che cade,…). Ma non tutti i
programmi non erano predisposti, al giorno d’oggi è presente già su tutte le televisioni.

Poi ci sono anche altre tecnologie la CART è una traslazione in tempo reale del parlato in testo,
questo era inizialmente e dovrebbe essere ancora oggi controllata sicamente da una persona,
ma non è proprio così perchè si hanno traduzioni automatiche quindi non hanno questa capacità
di tradurre certe in essioni dialettali o per il modo di parlare. Quindi la traduzione speech to test
va bene quando la persona parla in maniera chiara e quando non ha in essioni dialettali o
problemi nel parlato.

Poi ci sono le tecniche di speech Reading in cui il labiale è molto importante questo va imparato.

Poi ci sono gli hearing dog, quindi cani che sono stati addestrati per le persone udenti. Il cane è
addestrato a segnalare con varie gestualità che si di erenziano a seconda del suono tutta una
serie di suoni basi, quindi può abbiare se l’utente riesce a riconoscere il suono oppure fare
movimenti particolari. C’è tutto un linguaggio “morse” che prevede un allenamento anche
abbastanza complesso di questi cani ma che può essere molto utile.

Non ci sono limiti particolari sulla taglia di questi cani, di solito sono medie grandi anche per poter
comunicare più facilmente con la persona che devono accudire, ma non è discriminante. Rimane

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comunque per il fatto dei non udenti che comunque il cane va nutrito e accudito e non è un
impegno che tutti consentono di assumersi.

DISABILITA’ DELLA PAROLA


Intanto andiamo a collocare tutte le componenti dell’apparato fonatorio. La base delle indagini e
della maggior parte dell’apparato fonatorio riguarda la laringe che è formata da una serie di
cartilagini ma anche dalle corde vocali, che sono più che altro pieghe vocali perchè non sono
corde in realtà. Quale è quindi la serie di componenti che ci consentono di generare un suono che
viene poi articolato e quindi di parlare, di urlare, ridere, emettere qualsiasi suono. C’è anche il
fatto che ci contraddistingue da tutti gli altri animali che è la varietà dei suoni che noi abbiamo
rispetto agli altri animali. Molti animali emettono suoni diversi a seconda che sia una condizione di
pericolo, di richiamo ma sono in genere suoni limitati. Noi abbiamo una gamma praticamente
in nita di possibilità di variare le nostre espressioni vocali e quindi di comunicare. Tutto parte dal
movimento di compressione e poi di alzamento e abbassamento del diaframma che va ad in uire,
esercita una pressione sui polmoni più o meno elevata. Ovvio che il diaframma ha un suo
movimento continuo che ci consente l’espirazione e l’inspirazione. Quando foniamo questa
pressione del diaframma sul polmone è più forte, premendo il diaframma sul polmone manda una
certa quantità d’aria con una pressione più o meno elevata a seconda ci come stiamo parlando e
questa pressione sarà più o meno elevata e comunque andrà a salire attraverso la trachea che è il
collegamento con l’esterno. La trachea ad un certo punto trova un ostacolo che sono le corde
vocali che faranno dei movimenti, fondamentalmente le corde vocali sono in una posizione aperta
quando noi non parliamo. Se noi semplicemente respiriamo senza parlare l’aria attraversa senza
ostacoli le corde vocali. Quando parliamo il discorso cambia perchè le corde vocali, soprattutto
per certi suoni si chiudono e si aprono in maniera sincrona e con una certa frequenza. C’è una
periodicità di aria che una volta attraversata la laringe arriverà al naso.

Poi si ha la fase dell’articolazione, si posiziona la mandibola la lingua i denti e le labbra in maniera


diversa a seconda del suono che si vuole emettere. Tutti questi meccanismi sono regolati dal
sistema nervoso centrale. Io decido che voglio dire una parola o emettere un certo suono e quindi
le zone deputate al movimento sia delle corde vocali, della lingua, della mandibola eccetera si
attivano per farmi quello che voglio. Quindi la parte motoria è fondamentale. E poi ci sono tutte le
parti del cervello deputate a codi care il suono, l’informazione che io voglio trasmettere. Ho
voluto dire la parola “mamma” ho articolato e movimentato i vari elementi in un certo modo
piuttostoche dire altre parole.

Nel complesso è una serie di tutto sommato organi che vengono coinvolti, nel caso di vista e
udito eravamo più circoscritti, qui vengono coinvolte ancora più strutture.

Andare a studiare esattamente tutte queste cavità in tutte le loro possibili modalità di
conformazione diventa molto complessa e poco gestibile. Quindi quello che si fa è in maniera più
o meno dettagliata è studiare una struttura più schematica. Quindi alla ne il diaframma diventa
un pistone che va a premere l’aria in un cilindro che ha un tubo che mette in apertura e chiusura
delle lamelle che rappresentano le corde vocali e poi ci sono le cavità che vengono descritte in
maniera più schematica. Quello che poi andrà analizzato è il suono in uscita dalle labbra, si può
avere anche suono nasale. Dal suono dalle labbra il bioingegnerie con un modello riesce anche a
rcisotruisre a ritroso le caratteristiche vibratorie delle corde vocali.

Tutto questo insieme di cavità costituisce quello che si chiama un ltro acustico complesso,
perchè va a modi care la struttura del segnale che arriva dai polmoni e determina il tipo di
segnale che noi vogliamo emettere. Quindi quando si parla di fonazione di un suono può essere
vista e trattata in modo separato da quella che è l’articolazione di tutti gli organi precedenti del
tratto vocale.

La laringe è una zona della trachea che contiene le cosiddette corde vocali. Come la individuiamo
nel nostro corpo, c’è il cosiddetto pomo d’adamo, quella sporgenza cartilaginea che può essere
più o meno marcata ed è quella parte che è in contatto con la parte delle corde vocali.

Poi c’è la faringe e la laringe e poi c’è tutto il tratto di corda vocale.

Le cavità nasali hanno uno spazio maggiore e hanno tutta una loro propria in uenza.

Quindi la laringe è una sola, è mediano centrale rispetto alla nostra struttura corporea. Ha una
forma un po’ a piramide e si trova immediatamente sotto la faringe e poi prosegue verso il basso
nella trachea. Dietro alla laringe si trova l’esofago, noi abbiamo questi due canali uno per la
respirazione e uno per l’alimentazione. Questi due canali con uiscono nella parte superiore che è
la laringe. Da un lato ci consente l’alimentazione e dall’altro la fonazione e la respirazione. Il
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problema è non mescolare le due cose e questa cosa viene limitata dalla membra epiglottide e in
una seconda battuta se ce ne è bisogna intervengono le false corde vocali, non sono queste che
sono deputate alla creazione del suono ma sono una forma protettiva estrema. Se per caso
qualcosa di alimentare o liquido arriva a livello della laringe allora le corde vocali falsi hanno
questa funzione di protezione, cercano con il loro avvicinamento di non far passare questi
elementi che possono provocare altrimenti danni gravissimi anche la morte.

Invece sotto andando verso la trachea si hanno le cosiddette corde vocali vere, che sono quelle
deputate con il loro movimento complesso di apertura e chiusura. Ci sono poi tutte le componenti
di tipo cartilagineo si ha della tiroidee, le cricoide e poi le aritenoidee dove ci sono delle strutture
corniculate con dei cornini. Poi in cima c’è l’epiglottide che ha una struttura molto elastica e si ha
un coperchio che si apre e si chiuse.

Tutto questo è gestito dalla muscolatura. Ci sono i muscoli della laringe, quelli intrinseci che sono
dalle corde vocali e la muscolatura che vi agisce collegando tra di loro le varie cartilagini che
compongono la laringe, e poi c’è la muscolatura estrinseca la laringe sta su da sola ma è
collegata con fasci muscolari allo scheletro osseo e anche questi agiscono in qualche modo sulle
corde vocali. Nel caso dell’apparato fonatorio si ha la catena degli ossicini con la loro struttura
ossea particolare e anche nell’apparato fonatorio si ha un osso particolare che è l’osso ioide che
ha una forma ad U e che ha la caratteristica di non articolarsi con nessun altro osso, è mantenuto
nella usa posizione grazie ad una serie di componenti muscolari che lo collegano allo scheletro
osseo. Ha la funzione di essere collegamento con vari muscoli che hanno molteplici funzioni e che
servono a movimentare la laringe all’interno del collo a seconda di cosa stiamo emettendo.

l’osso ioide è a forma di U e ha delle con formazioni di corni, quelle più piccole sono leminori e
quelle più grandi la maggiori. Tutta la serie di musculatura più o meno striato modi cano la
posizione dell’osso più o meno in alto o in basso a seconda del movimento che facciamo e quindi
della fonazione che stiamo facendo. Quelli sotto MST sono i muscoli sterno tiroidei, che collegano
l’osso esterno con la cartilagine tiroidea.

La laringe ha tutta una serie di movimenti. Sono una serie di movimenti più o meno evidenti,
dipende da cosa stiamo facendo. Sono movimenti che possono avvenire a prescindere dalla
fonazione.

Le corde vocali false hanno una struttura in cui c’è una scarsa presenza di muscolatura, cerano di
espellere eventuali corpi estranei chiudendosi. Non servono per la fonazione, in certi casi
sopratutto quando il soggetto ha subito l’asportazione delle corde vocali vere con opportune
tecniche riabilitative possono in qualche modo avere una funzione leggermente sostitutiva, i suoni
sono più rauchi e sordi.

Nelle corde vocali vere hanno una struttura composita, ha una parte muscolare a cui sono
sovrapposti degli strati di tessuto di altra consistenza, quello più esterno a tutti è elastico e ha una
consistenza minore del resto e consente di mettere in vibrazione questa parte delle corde vocali e
produrre le varie frequenze che verrano passate.

Quindi si ha di erenza tra le corde vocali e quelle di uno strumento. Una prima cosa che si vede e
che magari non si pensa è che non sono due strutture che si muovono parallelamente una all’altra
e fanno movimento tra loro di apertura e chiusura, ma hanno un punto all’estremità dove sono
unite e rimangono sempre e comunque unite. La parte che si muove è quella sottostante, quindi
l’apertura tra le corde vocali è lo spazio che è più o meno ampio ma triangolare, non è
rettangolare. Le estremità invece rimangono sempre chiuse e restano unite tra loro. Questa è
ancora la struttura esterna con è il famoso osso ioide con i vari corni maggiori e minore. Poi c’è
tutta la parte muscolare. Quindi la prima cosa da capire che il movimento delle corde è di apertura
e chiusura ma con una estremate ssa.

Le corde vocali si dividono in vere e false e non hanno una struttura uniforme, hanno fasci
muscolari diversi. Ci sono i fasci muscolari vocali, tiro aritenoidei e sono elastici che a sua volta
poggiano su un altro strato sottostante più denso che si chiama spazio di Rejnke. Grazie a questa
struttura consentono la fonazione e la produzione di tutta una gamma di suoni molto maggiore da
quelli prodotti da un animale. L’apertura che varia di dimensione si chiama glottide.

Dimensionalmente le corde vocali sono molto varie e variano dalla nascita no all’età post
puberale, ci vogliono nell’uomo 13/14 anni perchè ci sia un completo sviluppo e un
raggiungimento per uscire da quelle de nite voci bianche. Alla ne cosa determina la di erenza
nella voce tra un individuo e l’altro sono le caratteristiche anatomiche. Si parla di voci più cupe e
basse quando le corde vocali hanno una dimensione maggiore e hanno una consistenza peggiore
e via via voce più acuta quando le corde vocali sono meno spesso e meno rigide. Possono
andare dai 40/50Hz per l’adulto di sesso maschile con tono basso, per salire con tutta la gamma

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di frequenze non basse no ad arrivare ad una voce molto acuta che può arrivare anche a 300 Hz
adulta. Nel bambino queste frequenze vanno oltre ai 300 Hz, nel neonato emettendo il suo vagito
di qualsiasi natura può arrivare a delle frequenze anche a 1000 e passa Hz e queste sono
frequenze non solo per l’apparato uditivo che ci danno sensazioni siche fastidiose ma indice
anche di stato patologico, non tanto per le corde vocali quanto per il sistema nervoso centrale.

Come dimensioni in genere in medie per una persona adulta sono di 2/3 cm.

Il movimento delle corde vocali non è quello duro di accostamento planare bidimesionale ma è
tridimensionale perchè si combinano il movimento di apertura e accostamento che è ttrasverso, e
poi si ha un movimento verticale l’aria che arriva dalla tranche deve avere una pressione
su ciente per scostare le corde vocali e facendo questo mette in vibrazione la parte super ciale
più elastica e rugosa delle corde che è un movimento di tipo verticale. Questi movimenti creano la
voce.

La stroboscopia ci consente di percepire visivamente questo movimento. La vibrazione delle


corde è a delle frequenze superiori rispetto a quelle percettibili dall’occhio umano.

Ci sono tre fasi nel ciclo vibratorio: apertura, avvicinamento e chiusura. Ognuna di queste fasi ha
in genere una sua durata standard e ha un rapporto tra la durata di queste fasi indica le
caratteristiche della voce dell’individuo. Si può parlare di voce normale, ipercinetica (acuta che ha
movimento eccessivo rispetto alla norma) e ipocinetica (molto chiusa con pochi movimenti
rispetto alla norma). Alcune di queste condizioni sono siologiche, quindi uno può avere da
sempre una voce ipercinetica o ipocinetica. Quando però si passa dalla condizione di normalità
con rapporti di certo tipo ad una delle altre due evidentemente c’è qualcosa che non va e quindi
si dovrebbe andare una ispezione più accurata.

Si può parlare di ciclo vibratorio glottico, quello normale si ha la fase di apertura in cui si
cominciano ad allontanare gradualmente tra loro le corde e quindi questo va ad aumentare anche
molto rapida e esponenziale l’area glottica, e siamo nella fase di allentamento delle corde. Questo
allontamaneto arriva ad un massimo e l’area glottica raggiunge il massimo, dopodiché le corde
gradualmente si riavvicinano, si ha quindi una fase di avvicinamento che è più lenta di quella di
allentamento. L’allontanamento è veloce l’avvicinamento è più lento. Durante l’avvicinamento si
ha la riduzione dell’area glottica no a che non si arriva alla chiusura, all’avvicinamento totale delle
corde vocali. Poi segue la fase di chiusura ovvero si ha un lasso di tempo in cui le corde sono
accostate e l’area è chiusa. Questo è il ciclo e la proporzione delle tre fasi n slide sarebbe quella
ottimale, ovvero il ciclo vibratorio regolare. Quando queste fasi in tempo sono alterate allora
avremmo una condizione di ipercinetica o ipocinetica.

Quindi bisogna prendere in considerazione se è una anomalia rispetto alla condizione siologica.

Indice di buon funzionamento o non ottimale dell’apparato respiratorio è la misura del usso di
aria, quindi quale è il volume di aria al secondo che attraversa la glottide può essere un
indicazione di capacità respiratoria della persona. Quindi la quantità di aria deve essere tale da
rientrare in certi Range che sono di erenziati a seconda del soggetto e delle sue condizioni.

Le fasi sono più o meno proporzionate però quando la fase di apertura è quella che comprende
sia il distanziamento e il riavvicinamento quando questa è troppo corta si ha una voce più stridula,
quando questa fase è invece più lunga si ha quella che si chiama di solito una voce oca, poco
energica. I tempi sono interessanti, ci sono 5 cicli vibratorio in un periodo di tempo di 40 ms, un
ciclo dura circa un po meno di 10 ms, quindi c’è una frequenza di vibrazione intorno ai 100 Hz
che è standard per una voce maschile adulta.

Cosa ci dobbiamo aspettare in termini di intensità e frequenza quando questo usso di aria esce
dalla laringe? In uscita si hanno degli bu di aria perchè le corde si aprono e si chiudono con una
certa frequenza e quando sono chiuse non passa l’aria. A livello della glottide si può misurare in
qualche modo la frequenza di vibrazione delle corde vocali, la cosiddetta frequenza fondamentale
o prima armonica, ma la notazione è F0 anche se è la 1, quindi sarebbe la frequenza zero. Quindi
si ha una notazione fuorviante.

Il movimento di apertura e chiusura delle corde vocali non è planare ma tridimensionale.

29/03/2022

Sistemi meccanici più o meno complessi. Il modello più semplice è quello che ha una unica
massa molla e che descrive quindi in maniera impropria il movimento complesso, qui si ha
semplicemente un meccanismo di apertura e chiusura delle corde vocali.è facile da realizzare e
descrivere ma non realistico.

Poi sono stati sviluppati altri modelli. Uno più realistico è formato da tre masse che si muovono
con una serie di molle. Questo modello Simola meglio il movimento tridimensionale di apertura e
chiusura delle corde.

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Esistono poi anche altri modelli che arrivano ad avere no a 20 masse con le relative molle e
collegamenti; a volte anche più masse. In generale sono strumenti molto complessi da gestire e
risolvere in una forma chiusa.

Sono modelli che vengono anche usati sopratutto però a livello teorico-descrittivo.

Vediamo ora quali sono le problematiche, le patologie più di use della laringe, siamo a livello delle
corde vocali e vedremo poi in che modo vengono valutate queste patologie.

Le corde vocali sono aperte, ma le corde sono sempre unite tra loro in un punto. È un moto di
apertura e chiusura che si sviluppa a questo livello, è una V che si apre e si chiude.

Quindi quali sono i segni premonitori di queste patologie? Quando si ha la raucedine o un voce
so ata che prima non c’era, di coltà a parlare ad alta voce (quindi capacità che riguardano
l’apparato respiratorio e tutto ciò che ci consente di emettere aria con una certa intensità),
di coltà nel variare intensità e tono della voce; oppure non riuscire a sostenere la voce per più di
qualche secondo. Il tutto può poi essere accompagnato da tosse. Poi tutto il problema di
polmoniti per le quali qualcosa è passato dalla trachea ed è nito nei bronchi.

Una patologia è la miopatia che è una in ammazione della muscolatura in condizioni croniche,
non è acuta, è qualcosa che insorge e a volte si cura anche da sola in breve lasso di tempo.

Poi ci sono le laringiti acute che sono causate da virus a batteri e sono spesso legate ad altre
in ammazioni. In particolare c’è la laringite ipoglottide acuta dell’infanzia che è di tipo infettivo.
Poi ci sono altre in ammazioni anche su base allergica. Questa in ammazione causa la chiusura
dello spaio glottidi perchè le corde si gon ano si ha una componente di rigon amento delle corde
e l’aria non passa più, e questa può essere una condizione grave.

Le laringiti croniche la tipica è quella da fumo ed è chiamata edema di Reinke. Lo spazio di Reinke
è uno spazio vuoto che consente il movimento. Quando questo spazio non è libero e si ha la
patologia cronica. Colpisce i fumatori e causa un ispessimento delle corde vocali perchè lo spazio
di Reinke è diventato edematico, si ha un ristagno di sangue che non consente la corretta mobilità
delle corde. Alla ne si può avere in casi gravi anche l’ostruzione dello spazio tra le corde no alla
dispnea. Il rimedio è smettere di fumare, ma quando questo edema è diventato cronico è di cile
che regredisca spontaneamente, quindi spesso si ha bisogno di interventi chirurgici che
consistono nella cordectomia che raschiano la super cie delle corde.

Noduli e polipi sono di usi quando una persona ha fatto a lungo abuso della sua voce, sopratutto
a livelli non standard per vari motivi. Sono formazioni benigne che sono frequenti in insegnati
sopratutto per i più piccoli dove deve più spesso alzare il tono della voce. Sono patologie che
possono colpire a livello professionale cantanti, gli operatori dei call center, gli attori, i
presentatori,…. Tutti coloro che fanno uso prolungato e un po’ forzato della propria voce. Sono in
genere neoformazioni benigni quindi si risolve il problema andando ad asportare queste
formazioni chirurgicamente.

I noduli interessano solo la parte super ciale mentre i polipi anche la parte sottostante.

In qualche caso funziona anche la terapia logopedica, se la formazione è minima il logopedista


insegna alla persona ad utilizzare la voce senza sforzarla e può regredire anche in questo modo. Il
primo sintomi è il perdurare della disfonia, alterazione del timbro e del tono della voce.

Il polipo di solito è su una sola corda.

Poi la cosa più grave sono i tumori maligni, da un punto di vista di sintomi sono la disfonia, ma
dolore alla deglutizione, un dolore persistente,… dal punto di vista visivo si vedono bene che ci
sono delle strutture biancastre (leucoplachie) o rossastre (eritropachie).la certezza si fa facendo un
esame istologico. Statisticamente c’è una certa prevalenza maschile in una fascia di età
compresa tra i 40 e i 60 anni.

Poi c’è tutto quello che riguarda le malformazioni vere e proprie e spesso sono congenite. Queste
possono essere di vario tipo.

Queste appena viste a livello della struttura delle corde vocali. Il movimento delle corde è gestito a
livello del sistema nervoso centrale, quindi la corda potrebbe essere sana ma potrebbe esserci un
disturbo nel sistema nervoso. Si parla di ipercinesie. Una situazione che può capitare e si ha una
casistica non minimale è il lringospasmo cioè una contrazione improvvisa di tutta la contrazione
della margine che crea un movimento anomale e brusco, si ha uno spasmo. Si ha grave disfonia e
dispnea se perdura. Di solito sono più frequenti in età pediatrica rispetto a situazioni in cui c’è
carenza di alcune componenti. Se questa chiusura delle corde non si risolve bisogna intervenire a
monte del problema con l’incubazione.

Si ha bisogno di medici ad hoc, si hanno otorinolaringoiatria, il foniatra e il neurologo.

Un’altro livello di patologia sempre tra i più gravi è quello della paralisi delle corde vocali e questo
può essere causato da due origini: origine Centrale e quindi è il sistema nervoso centrale che ha

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un malfunzionamento e quindi non consente il movimento delle corde; oppure può avere origine
periferica e quindi hanno a che fare con danni ai nervi che innervano la laringe. Il nervo inferiore è
detto nervo ricorrente, e questo ha un decorso ricorrente perchè scende e poi risale; ha origine
nel nervo vago che si trova nel collo scende e circonda l’arco aortica e poi risale di nuovo nel
collo. È quindi un nervo lungo e articolato.

Le paralisi periferiche possono avere origine virale o anche peggiori, per esempio il nervo può
essere compresso da una formazione di tipo tumorale. Ci sono varie tipologie di intervento.

Poi ci sono paralisi iatrogene, se si è avuto un intervento chirurgico in qualche organo del collo e
l’iintervento stesso ha danneggiato altre strutture. Ovviamente le paralisi portano anche a
di coltà di deglutizione, respirazione,…

La paralisi ha come principale sintomo una improvvisa disfonia perchè le corde non si chiudono
del tutto e spesso non è bilaterale, ma riguarda una sola delle due corde. Spesso è la corda
vocale di sinistra perchè il suo nervo ha un percorso più lungo.

Ci possono essere tante cause: traumi, compressione o stiramento del nervo nel suo decorso,
reazioni desertiche o iperregiche, cause in ammatorie, cause dimetaboliche, adenopatie trachea
bronchiali, tumori di organi in rapporto con il decorso del nervo, paralisi neurologiche.

Si può avere anche la paralisi monolaterale. Si interviene con una parte chirurgica e con una
riabilitativa. La parte chirurgica si basa sulla fonochirurgia che in qualche modo (ci sono più
approcci) si cerca di fare in modo che la corda vocale non funzionante possa avvicinarti
comunque all’altra e consentire la fonazione. Le opzioni sono due otre. Una è un trapianto di una
parte muscolare e di una nervosa, si va a prelevare queste parti da un’altra area dell’individuo
stesso (per evitare il rigetto) e si ripristina in qualche modo la capacità di questa corda di
centralizzarsi. Un altro intervento è la tiroplastica di medicalizzazione, si interviene inserendo una
specie di protesi che anche qui si cerca fare in modo che questo elemento porti la corda vocale
paralizzata verso la linea mediana della laringe. La tecnica però più usata è quella di iniezione di
sostanza grassa, viene prelevata dalla persona stessa e poi viene iniettata all’intento della croda
paralizzata in modo che anche qui non solo arrivi posizione mediana ma che abbia un po’ di
elasticità. Alla ne di tutto si ha comunque un recupero funzionale che viene fatto dal logopedista.

Il problema maggiore si ha quando la paralisi è bilaterale, entrambe le corde sono ferme. Quando
sono ferme che non sono né quella di totale apertura o totale chiusura. Il problema avviene
quando le corde sono entrambe chiuse e quindi non permettono il passaggio dell’aria e quindi la
respirazione, e bisogna intervenire chirurgicamente con la tracheotomia che è un taglio che viene
fatto sulla tranche per consentire il passaggio dell’aria. Questo intervento può essere fatto in varie
situazioni. Si chiama paralisi cordiale bilaterale. Consente questo al soggetto di respirare, non di
fonare.

Altra condizione estrema è la laringectomia che è l’asportazione totale o parziale di tutta la


laringe, ovvero di tutta l’area dove ci sono le corde vocali. Ci può essere una rimozione di metà,
sopraglottica (solo la parte superiore) oppure nel caso estremo totale. La laringotomia parziale
non viene più eseguita. L’intervento non è estremamente invasivo. Quella parziale viene fatta solo
nei casi iniziali di tumore e solo se questo è ben localizzato.

C’è poi anche un problema di alimentazione, esofago e trache hanno lo stesso punto di accesso,
quindi l’alimentazione spesso si fa con la gastronomia endoscopica, ovvero si inserisce una
cannula direttamente nel sistema gastrico.

Questi pazienti possono riprendere normalmente la loro vita ma a volte c’è bisogno di adozione di
una postura di compenso. Esistono gure come il posturologo che sono coinvolte in questo
aspetto. Poi il tono della voce spesso si viene a modi care e questo può dare luogo anche a
condizioni di disagio.

La laringectomia sopraglottica non comporta la rimozione vera e propria delle corde vocali. È un
intervento molto invasivo e quindi si fa quando ci sono situazioni tumorali maligni. Spesso sono
rimossi l’osso ioide, l’epiglottide e le false corde vocali. È necessaria una tracheotomia anche se
contemporanea e alimentazione gastrica endoscopia subito dopo l’intervento. La voce è però
conservata perchè le corde vocali conservano la loro funzione, può pero cambiare la voce perchè
mancano alcuni elementi che quindi possono alterare la fonazione ma non in maniera grave.

Con la laringectomia totale viene tolta totalmente la laringe dall’osso ioide no addirittura a
qualche elemento tracheale. La lingua solitamente non viene coinvolta o solo in piccola parte la
sua base. Poi ci possono essere tutta una serie di ulteriori rimozioni. Quando tutta la laringe viene
asportata bisogna poi inserire qualche altro dispositivo che vada però a separare la parte
respiratoria da quella di alimentazione. Il dispositivo sostitutivo viene impiantato nello stoma.

La persona perde quindi completamente la voce, la deglutizione no. Quello che cambia è il
meccanismo di fonazione, il paziente deve essere addestrato in modo lungo e complesso a

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paralre con la voce erigmofonica, questo vuol dire che c’è tutto un meccanismo per cui la
persona viene istruita a parlare con un meccanismo contro natura ingerendo aria e immettere aria
nell’esofago nel dispositivo. È contro natura. Ingoiare aria, trattenerla nell’esofago, riemetterla
dall’esofago facendo vibrare la pseudo glottide.

Laringofono, il percorso è tutt’altro che naturale. È un dispositivo che non è nato per questo tipo
di attività. Veniva applicato in ambito medico e non fa altro che captare le vibrazioni tramite
sensori a livello del collo, interpreta poi queste vibrazioni e le contrazioni di muscoli per produrre il
suono. In ambito clinico è posizionato su una parte del collo non lesa e queste vibrazioni sono
trasmette nella cavità orale e il movimento delle labbra consente la fonazione.

Che tipo di dispositivo usare dipende dal singolo paziente. Il problema grosso è la deglutizione,
riuscire a deglutire senza compromettere la deglutizione e il recupero è però lento e complicato.

Come avviene la riabilitazione? È graduale e lenta. Prima si impara a nutrirsi, essenziale per la
sopravvivenza, prima vengono date al soggetto sostanze semisolide, non liquide perchè con più
facilità prende strade non volute. Si passa poi a qualcosa di semiliquido e poi si di erenzia
consistenza solida e liquida separatamente, e quindi il ritorno alla normalità. Si ha una questione
postarale, va insegnato al soggetto una posizione che di solito prima non manteneva.
Ricominciare l’alimentazione si fa dopo due o tre settimane dopo l’intervento. Per la parola invece
ci vuole più tempo.

Esistono poi condizioni congenite che sono le malformazioni. Una di quelle più note è la
palatoschisi che è abbastanza frequente nei neonati prematuri che quindi non hanno sviluppato
completamente la loro struttura anatomica. È una fenditura più o meno ampia del palato duro
nella parte anteriore, verso la parte delle labbra che può essere a volte associata al labbro
leporino, cioè ad una fessura del labbro superiore. Questo può essere parziale e più o meno
ampia e estesa, può arrivare anche a tutto il palato.

Il labbro leporino è quando questo si prolunga non solo al palato ma anche al labbro superiore.
Può essere comunque di varie dimensioni.

Il problema della disfagia, c’è un malfunzionamento anche evidente al livello dell’epiglottide e


questo può portare a di coltà nella deglutizione e poi ad altri problemi a livello respiratorio.
Questa condizione può portare a gravi rischi. Non si ha un’eta precisa a cui si può avere.

Endoscopia con uno specchietto e visualizza le corde vocali. L’endoscopia vera e propria è più
invasiva e ci sono varie vie di accesso per visualizzare le corde vocali. Questo dispositivo può
essere inserito o attraverso la bocca o attraverso il naso. Non tutti riescono a tollerare un indagine
con uno endoscopio rigido. Ne esiste anche una versione essibile più tollerabile. La bra ottica
all’estremità dell’endoscopio non è facilissima da posizionare dall’esterno. È un tipo di indagine
che viene fatta da uno specialista e l’indagine viene completata dal logopedista, non è un medico
e quindi non è autorizzato ad utilizzare questa strumentazione.

Video laringostroboscopia nasce a metà dell’800 e vediamo in cosa consiste. Perchè è necessario
una specie di falsa visualizzazione delle corde e come questa è stata ottenuta nel corso di tutti
questi anni? C’è stato un primo tentativo da parte di un medico Harless che eseguì i primi esami
stroboscopici su laringi escisse, quindi non in vivo ma su un vetrino. Dopo poco fu inventato da
Garcia lo specchietto laringeo che era uno specchietto tale da consentire la visualizzazione delle
corde vocali, ma si doveva abbinare anche una fonte luminosa. Invece i primi utilizzi di uno
stroboscopico meccanico furono fatti a ne 800 su un essere vivente. Successivamente la
visualizzazione però non venivano salvate le immagini. Sempre a ne 800 furono realizzate le
prime fotogra e stroboscopiche. Negli anni 60 furono inventati i primi stroboscopici elettronici, la
fonte luminosa era realizzata da lampi luminosi creati da tubi al neon.

Il termine laringo sta per laringe e stroboscopia è fatto da due termini greci, strobos è ruotare e
skopeo è osservare. Quindi osservo la rotazione.

Il primo studio non applicato in campo fonatorio è di Plateau. L’e etto stroboscopio è una
illusione ottica, noi percepiamo le immagini con una certa inerzia, con un certo ritardo, non
possiamo visualizzare immagini troppo ravvicinate una con l’altra. Lo studio di Plateu non era di
tipo fonatorio, ma voleva studiare il modo in cui noi studiamo le immagini in questo modo
illusorio. Prese un disco forato, quando era pieno il raggio di luce non passava, con il foro
passava. E con questo riusci a spiegare e a chiarire tutta una serie di aspetti.

La legge di Talbot dice che ogni immagine che colpisce la nostra retina perdura una certo tempo
di 0,2 secondi, quindi se noi esponiamo la nostra retina a immagini con intervallo tra di esse

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inferiore a 0,2 secondi questa allora ci apparirà come una immagine continua, non vedremo le
immagini distinti. Quindi la stroboscopia sfrutta questo difetto della nostra vista e ci fornisce una
immagine illusoria applicandola al ciclo vibratorio e si compone di piccoli frammenti nel ciclo
vibratorio. Abbiamo bisogno di questo perchè le nostre corde vocali hanno una frequenza di
vibrazione, quindi una frequenza di apertura e chiusura che si susseguono con una frequenza che
è molto superiore a quella che è la capacità percettiva del nostro occhio. Quindi noi senza
qualche trucco non possiamo vedere direttamente la fase di apertura e chiusura delle nostre
corde vocali. Quindi noi facciamo ricorso a questa tecnica, che poi è un ltraggio, che ci permette
di ricostruire in maniera illusoria il ciclo di vibrazione delle corde in slow motion, perchè la visione
vera non la possiamo vedere. Quindi se le guardiamo vediamo una immagine ssa e ne.

La premessa è la legge di talbot che dice la retina quando è eccitata da un usso luminoso
variabile nel tempo riceve una impressione uguale a quella che riceverebbe se fosse eccitata da
un usso continuo pari al valore medio del usso e ettivo. La persistenza è veri cata se il usso
luminoso non è maggiore di 1/30 di secondo. Se come nel caso delle crode vocali abbiamo dei
movimenti che hanno una rapidità che non è percepibile dall’occhio umano come si fanno a
rendere visibili? Si illuminano con dei lampi luminosi rapidi in modo che questi lampi siano inferiori
alla durata dell’oggetto che vogliamo visualizzare. Con questo trucco riusciamo ad ottenere quel
video e quelle immagini statiche.

Con il laringostroboscopio si vanno a lanciare dei raggi luminosi e si vanno a mandare con una
frequenza che può essere per esempio quella dell’oggetto che si vuole andare a visualizzare, per
esempio una sinusoide. Allora cosa succederà? Il lampo luminoso va a visualizzare delle fasi,
degli istanti della sinusoide. Quindi quando si va a mettere insieme le varie immagini si avrà una
immagine statica, si vede solo quello che succede in quel determinato punto, si vede una linea
costante, come se fosse statica, non si riconosce la sinusoide. In campo della
laringostroboscopia questo aiuta quando si vuole avere una immagine ssa di un ben preciso
momento del ciclo vibratorio.

Però si vuole anche vedere come è il ciclo vibratorio? Questo si può fare andando a sfalsare i
raggi luminosi. L’e etto è che i ash andranno ad illuminare la sinusoide non sempre nello stesso
punto ma in punti diversi del ciclo vibratorio. Quindi quando si va a ricostruire il moto di questa
sinusoide non si ottiene la sinusoide ma si ottiene qualcosa che ha un andamento oscillatorio
rallentato rispetto a quello reale. Ciò che vedo non è l’oscillazione vera e propria, ma il moto in
slow motion e con continuità. Quindi se voglio vedere con continuità se ili ciclo delle corde è
regolare o meno. Il medio può regolare la frequenza dei ash luminosi. E quindi si può andare a
vedere il moto al rallentatore, si vede un moto ricostruito che però altrimenti non potrei
assolutamente visualizzare. Quindi il bello e il limite della laringostroboscopia, perchè se si vuole
una rappresentazione reale questa tecnica non lo fa vedere. È uno strumento per eccellenza
usato, proprio perchè consente tutta una serie di visualizzazione e analisi del moto delle corde
vocali.

Il salto di qualità tra laringoscopia e laringostroboscopia è che con la prima, per esempio con una
bra ottica, io visualizzo le corde vocali, le vedo ma non percepisco e non posso vedere il loro
moto; mentre con la seconda anche questa la posso fare sia con uno strumento essibile sia
rigido, posso visualizzare le corde vocali con la loro struttura e la loro morfologia, ma anche il
moto, il movimento, la vibrazione di quello che abbiamo chiamato la cover, la parte mobile
super ciale delle corde vocali, e quindi riesco a vedere se ci sono delle situazioni irregolari o
in ammatorie o altro. Questo grazie a questa luce che proietto e con la quale regolo la frequenza.

Quindi è chiaro che la larigostroboscopia ha fatto notevoli passi. Funziona che il medico può
regolare la frequenza con cui vengono mandati questi ash luminosi e la base è quella di
sincronizzare o desincronizzare lo strumento con la frequenza fondamentale del paziente, quindi
bisogna avere un’idea su quella che è la frequenza di vibrazione delle corde vocali della persona
che sto analizzando, altrimenti non posso sincronizzare. Quindi come si fa? Si usa un microfono,
si chiede al soggetto di emettere una vocale sostenuta, questa vocale viene registrata e acquisita
e poi analizzata con del software speci co che esegue l’analisi acustica, quindi estrazione di
parametri oggettivi dal segnale vocale. La frequenza fondamentale si indica con f0. Una volta
ottenuta si va ad attivare il laringostroboscopio.

Si può fare questo sempre che il paziente sia paziente, la registrazione può essere più o meno
lunga e di erenziata, ma dipende dalla capacità del paziente di sopportare questo tipo di indagini,
c’è comunque un endoscopio rigido o essibile che sta registrando.

In genere se possibile si usano endoscopio rigidi che hanno la capacità di avere ingrandimenti.

Il medico già dalla visualizzazione fa una serie di analisi visive di parametri, ma poi esiste un
software visivo che analizza tutta questa serie di parametri. Come per esempio la simmetria delle

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corde, la periodicità che può essere regolare irregolare o inconsistente, la chiusura glottica (se le
corde si chiudono bene o no e tutte le varie modalità), l’ampiezza della vibrazione delle corde (ci
possono essere sproporzioni) e la cosiddetta progressione dell’onda mucosa (quel movimento
tridimensionale di apertura e chiusura delle corde vocali che deve essere di un certo tipo). Anche
questo ultimo punto è un elemento fondamentale per capire se ci sono delle lesioni corsali
congenite, oppure se questa cosa è subentrata.

La simmetria glottica signi ca che le corde in condizioni normali passano da una condizione di
chiusura ad una fase di apertura, poi si richiudono e si riaprono con molta regolarità, e questo
aspetto oltre che essere sviluppato sul monitor può essere quanti cato dal software. Questo va a
quanti care con gra ci nel tempo, l’andamento nel tempo dell’ampiezza dell’apertura rispetto alla
linea mediana delle due corde. Sono dei gra ci molto chiari perchè immediatamente, se il
software è fatto bene, fanno vedere se si ha un ciclo regolare.

Jitter = quanto un ciclo glottico si discosta dal successivo.

Si può avere gap anteriore, apertura ovattare, preconcetto


monolaterale, preconcetto bilaterale, triangolo posteriore, a
clessidra, incompleta. Sono i vari modi di problemi di chiusura
glottica.

Un altro strumento è l’elettroglottogra a. Il


videolaringrostroboscopio è quello per eccellenza. Pero
spesso c’è l’analisi. Elettroglottogra a che si indica con la sigla EGG. Questa tecnica è stata
introdotta da un professore francese e consente di misurare con buona accuratezza la regolarità
di vibrazione delle corde senza la necessità di inserire nel naso o nella bocca degli strumenti,
quindi senza interferire con quella che è la normale attività fono-articolatoria. Quindi senza creare
fastidio o disagio con il paziente. Questo è importante perchè le misure per quanto riguardano
questi aspetti vengono in parte alterate quando uno deve fonare con un laringrostroboscopio in
gola o attraverso il naso. Quindi qui si è nella condizione più favorevole.

Il dispositivo è abbastanza semplice. Si è pensato di porre due elettrodi metallici, una placca con
una super cie abbastanza contenuta di 2-3 cm quadrati, ai lati del collo, questo si posiziona
abbastanza bene vicino alle cartilagini tiroidei. Cosa si fa? Viene misurata l’impedenza elettrica
che è legata al tasso di contatto con le corde vocali, se le corde vocali sono chiuse l’impedenza
diminuisce mentre se le corde vocali sono aperte questa impedenza aumenta. E quindi misurando
e registrando questa grandezza si può ricostruire il ciclo vibratorio della glottica, semplicemente
posizionando questo dispositivo all’esterno del collo senza dare fastidio al paziente. Viene
applicata per la misura una corrente ad alta frequenza ma con intensità molto bassa, quindi il
paziente non ha nessun fastidio e questo è utile perchè non vengono indotte contrazioni
muscolari che comprometterebbero la misurazione. La persona è in relax e non ha sensazioni
fastidiose.

Non sono usatissimi perchè danno una sola misura e sono abbastanza costosi in proporzioni. Il
laringostroboscopio è molto più costoso ma fornisce moltissime mole più informazioni.

Ci serve per vedere la vibrazione delle corde vocali andando a mostrarla su un oscilloscopio e il
segnale viene poi registrato e quindi può essere rivisto e rianalizzato. La visualizzazione può
essere fatta in due modalità e su dispositivo stesso si può shiftare da una modalità all’altra: si
possono vedere la fase di chiusura e apertura in alto e in basso; oppure si mostra sulla parte alta
dello schermo la fase di massima impedenza delle corde vocali aperte e nella parte inferiore la
fase di massima ammettenza. Questa onda è suddivisa in genere in alcune fasi, la prima è di
rapida salita e signi ca che le corde vocali si stanno avvicinando sul piano orizzontale.

31/03/2022

Endoscopia si tratta di visualizzare nel caso più semplice le corde vocali tramite un endoscopio
che può essere rigido o essibile attraverso gola o narice. Quello di tipo rigido è più facile da
usare ma spesso non è tollerato. Spesso si usa quello essibile, ha le stesse caratteristiche
tecniche però l’illuminazione è meno e cace e può avere problemi di corretto posizionamento,
quindi le immagini possono essere non perfettamente a 90 gradi.

La laringostroboscopia è la tecnica più di usa e e cace oggi giorno, è basata su questa legge di
Talbot che ci dice che il nostro sistema visivo ha un tempo di permanenza sulla retina delle
immagini di una durata tale che non permette la reale visione di un ciclo vibratorio che ha
frequenze molto superiori. Quindi si ricorre alla strategia di illuminare in maniera opportuna alcune
fase a seconda di quello che si vuole veri care del ciclo vibratorio. Se si mandano dei lampi
luminosi alla frequenza del ciclo vibratorio si ottiene una immagine statica, quindi una immagine
sempre nello stesso punto: le corde si muovono ma io le vedo come se fossero ferme. Se voglio

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vedere l’immagine si va a sfalzare la frequenza degli impulsi e del ciclo vibratorio. Questo
permette di avere una visione del ciclo vibratorio. Questa si chiama laringostroboscopia.

Quali possono essere le varie anomalie o irregolarità della vibrazione delle corde che io posso
visualizzare?

L’elettroglottogra a fornisce immagini statiche, è una tecnica completa. Cliccando un’opportuno


pulsante l’immagine in un dato istante viene salvata, e poi si usano le varie immagini per studi
anche successivi. Si possono avere anche immagini dinamiche: video del moto delle corde.

I dati che vengono estratti, andamento delle corde, hanno tutta una serie di altri parametri
acustici. La prima cosa che si fa è quanti care la frequenza fondamentale, cioè la frequenza di
vibrazione delle corde e poi si vanno a regolare la frequenza dei ash luminosi. Per la frequenza
fondamentale si misura con una registrazione audio, con un microfono, il soggetto deve fonare,
deve emettere una vocale per un periodo di tempo di qualche secondo. La registrazione viene poi
analizzata e viene estratto con un opportuno software la frequenza fondamentale e altri parametri
acustici.

Elettroglottogra a è un dispositivo che svolte solo un’unica funzione, noi possiamo solo avere una
misura della vibrazione delle corde vocali, mentre la laringostroboscopia ci dà un quadro molto
più ampio. Per questi motivi non è usatissimo come strumento anche perchè ha dei costi non
indi erenti.

Cosa visualizziamo? Visualizziamo questo andamento quindi l’andamento dell’impedenza che ci


da una misura dell’apertura e chiusura delle corde, quindi sul monitor si vedrà in base ai settaggi
un’onda periodica che ha alcune fasi che corrispondono al movimento delle corde. Si ha una fase
iniziale di salita rapida dove le corde si stanno avvicinando tra loro, è un accoramento in senso
antero posteriore sul piano orizzontale. Poi si ha una fase quasi statica superiore dove le corde
sono in contatto. Poi le corde incominciano a riaprirsi e c’è una fase in cui questa impedenza
diminuisce più lentamente che non nella fase di apertura, poi iniziano ad aprirsi del tutto e si arriva
alla fase quasi stati inferiore di completa apertura delle corde. Poi il ciclo riparte.

Prima di de nire i vari parametri dell’onda c’è un altro problema che riguarda l’elettroglottiografo.
Va bene quando la struttura sica muscolare e strato di grasso sul collo è ridotto o contenuto,
quando questo strato è molto consistente è chiaro che il passaggio di questa corrente elettrica è
alterato e ostacolato dalla struttura sica del collo e può dare risultati scadenti o addirittura non
poter essere utilizzato.

Quello che viene poi rilevato e di cui si fanno una serie di misure di valutazioni sono nel caso più
generale 5 parametri temporali, poi di fatto se ne valutano in genere soltanto tre. Questi sono
corrispondenti alle fasi principali del ciclo. C’è un parametro che misura la durata temporale e
l’ampiezza della prima parte dell’onda, quindi dal primo step che è il momento di chiusura iniziale
delle corde no al momento di chiusura completa ma solo sul piano orizzontale. Quando si ha la
chiusura completa anche sul piano verticale siamo nel punto di valore massimo della curva ed è
un’altra fase. Si misura la durata e l’ampiezza di
queste fasi. La terza fase incomincia nel momento
di inizio di apertura e poi circa a metà della curva
discendente che ha un andamento temporalmente
più lento rispetto alla salita, si ha un’altra fase dalla
4 alla 5 che è la fase in cui le corde terminano la
loro apertura e si aprono completamente sul piano
verticale. Poi segue la fase 6/7 in cui le corde sono
completamente aperte e poi si riparte con il ciclo
successivo. Sono 5 parametri temporali, spesso si
considera l’unione di queste fasi, si considera un
unico parametro che misura la durata e l’ampiezza
del periodo totale saltando la fase 2, si misura da 1 a 3; analogamente si misura solo tra 3 a 5
quindi quanto dura e quanto è ampia la chiusura. E poi si ha la fase di chiusura. Tutto questo
viene poi rapportata con la durata totale di un ciclo, e poi si dà una valutazione percentuale
rispetto alla durata totale di queste grandezze. Le fasi di apertura e chiusura devono essere in un
certo rapporto per avere una voce normale.

È un dispositivo non sempre implementato ma ha la caratteristica di essere utilizzato da tutti


quasi, anche sui bambini. Uno stroboscopio ad un bambino cercare di fare una indagine anche
con le bre essibili spesso e volentieri non è molto facile.

Poi ci sono le misurazioni aerodinamiche, queste spesso sono fatte insieme nella stessa seduta di
clinica. Anche queste ci danno una serie di informazioni e indirettamente ci danno anche la misura
della vibrazione delle corde vocali. Sono misure indirette. Cosa si misura con questi dispositivi? Si

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misura i usso d’aria che una persona emette durante la fonazione e quindi anche la pressione di
uscita dell’aria dalle labbra. Danno tutta una serie di informazioni, sono piuttosto rilevanti anche
qui prima o dopo un trattamento chirurgico o un intervento, servono spesso per valutare come le
altre l’e cacia di un trattamento che è stato fatto, quindi servono per vedere se questo intervento
ha avuto una e cacia e che a livello di e cacia si è arrivati. L’informazione che ci fornisce è ad
esempio l’insu cienza glottica, cioè le corde vocali non chiudono bene e quindi se c’è questo
usso di aria che esce anche quando dovrebbero essere chiuse. Si può quanti care lo sforzo
vocale, quale è la pressione di aria che uno emette, e se questa pressione è tale da essere
abnormale rispetto ad un valore di riferimento. Servono poi per valutare se il soggetto è in grado
di controllare la propria respirazione, si può anche chiedere alla persona non solo di fonare ma
anche di respirare, e si misura quanta aria viene emessa durante la respirazione e se è fatta in
modo regolare. Quindi il controllo vero e proprio di questa fase fondamentale per la nostra
sopravvivenza.

PAS-Keypentax. Al soggetto viene richiesto di respirare o di fonare, di fare tutta una serie di
esercizi che implicano l’emissione aria naso-bocca con una certa energia e frequenza, il tutto
viene poi registrato e poi i vari gra ci visualizzati su un display. Il tutto è poi memorizzato in
opportune cartelle e poi si possono estrarre i parametri di vario tipo anche da questo tipo di
segnale.

Sono dispositivi che hanno avuto delle evoluzioni. Questo strumento misura quindi il usso
dell’aria in fonazione, la pressione che uno esercita la sua ampiezza, e poi in maniera indiretta
misura anche la frequenza fondamentale, in maniera indiretta perchè la estrae dalle misure d’aria
della fonazione.

Eva è un altro dispositivo sviluppato in Francia. Quello che si ottiene sono più o meno le stesse
cose per il dispositivo precedente. La maschera è posizionata sul viso. Anche qui fornisce una
serie di misure. Da un lato fornisce lo spettrogramma che è un gra co in cui si mostra
l’andamento nel tempo che è l’asse delle ascisse delle frequenze che costituiscono segnale; poi si
ha il fonetogramma cioè la mamma vocale della voce quindi le frequenze note sono emesse e a
quale intensità e per quale durata quindi è una versione usata più in ambito artistico; il tempo di
massima fonazione, quanto la persona riesce a reggere un suono sostenuto; lo sforzo vocale
misurando la quantità d’aria emessa; spirometria è una misura legata anche alle capacità
respirarotire del paziente; rhinomanometria a livello di aria dal naso; elettroglottogra a che spesso
è integrato che si può usare in contemporanea alle misure di pressione dell’aria.

Shimmer parametro indiretto che si misura.

La laringostroboscopia va a ricostruire il ciclo vibratorio ma in slow motion, al rallentatore quindi


non ci fa vedere cosa succede durante la vibrazione delle corde. Allora è stata una ventina di anni
fa è stato sviluppato un altro strumento chiamato videochimografo, che dà una misura della
velocità, immagini ad alta velocità della vibrazione delle corde vocali. Quale è il principio su cui si
basa questo dispositivo, che in maniera limitata ma non troppo ci fa vedere cosa succede durante
il ciclo vibratorio anche se noi visivamente non riusciamo a vederla.

Questo strumento consente con un pedale di andare a selezionare una linea, indicata con la B
maiuscola, per focalizzare l’analisi su questo punto delle corde, quindi si va a vedere cosa
succede nella corda sinistra e destra in questo punto. Questo dispositivo acquisisce una sola
linea dell’immagine e si va a vedere come vibrano le due corde in quel particolare punto. Questo
dispositivo può avere una capacità di riferimento di 8 immagini al secondo, che è molto al di
sopra di quella di vibrazione delle corde vocali, che è circa sui 100 Hz.

Qui si ha un dettaglio in un frame temporale di circa 30 millisecondi esattamente di quello che è il


ciclo vibratorio. Da queste immagini si vede esattamente il ciclo vibratorio.

Questo dispositivo si implementa aggiundengolo al laringovideoendoscopio. Si ha sempre lo


stesso dispositivo rigido e al suo interno si hanno due canali, uno quello tradizionale che dà
l’immagine in slow motion di base, e poi azionando un pulsante sul dispositivo il medico può
passare, sezionare una linea e passare all’immagine ad alta velocità.

Il video timografo ha entrambe le modalità, statica e dinamica. Implementando entrambe le cose


è uno strumento costoso.

Le tecnologie base sono queste appena viste, tutte più o meno invasive. Tutto questo però
presuppone lo sviluppo di software molto molto speci co.

Vediamo le principali aree cerebrali dove questa elaborazione avviene. Noi abbiamo già visto dove
viene svolta l’analisi delle immagini, i segnali che arrivano dall’organo della vista. Vediamo ora
dove si elabora il segnale vocale e si interpreta.

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Nel lobo occipitale è prevalentemente deputato alla sede della visione. Però tutto in uisce sul
parlato: io vedo una cosa piacevole o incontro una persona con cui sono in buoni rapporti allora si
hai un tono di voce, se invece si ha davanti qualcosa di ostile allora il tono di voce cambia.

Nel lobo temporale si hanno le funzioni uditive e la comprensione del linguaggio, espressione che
vuol dire tantissime cose; l’apprendimento anche qui non solo del linguaggio ma anche dei suoni
e di tutto quello che poi ci consente di parlare in un certo modo; è la sede della memoria e delle
emozioni. Anche le emozioni in uiscono su cosa diciamo e come parliamo.

Nella zona temporale e frontale dell’emisfero sinistro ci sono due zone: l’area di Vernice e l’area di
Broca, che non essendo adiacenti tra loro hanno però un collegamento. Non si va a scatole
chiuse tra le zone, tutte sono tra loro estremamente collegate.

Quando si comincia a parlare? A parlare in maniera volontaria. Il discorso è delicato. La premessa


è che quasi tutti gli animali emettono dei suoni, emettono anche dei suoni che modulano a
seconda del messaggio che vogliono dare, comunicano in qualche modo e si cominciano delle
informazioni.

Quando quando si incomincia a collegare un evento una sensazione con un’azione volontaria con
il nostro appara fonatorio? Questo dipende dalla plasticità del sistema nervoso centrale, che è la
capacità di variare la loro struttura in risposta a certi stimoli e quindi adeguarsi all’ambiente
circostante. Questo vale per qualsiasi nostra funzione. Questa plasticità aumenta dalla nascita
no ai 3-4 anni di vita, che è il cosiddetto periodo critico e poi gradualmente diminuisce, non si
perdono le capacità ma ci si ferma. Quindi si potrebbero avere apparato uditivo completamente
funzionante ma non attivato.

La nostra capacità di parola inizia ben presto, ma acquisiamo la capacità di parlare correttamente
più avanti.

Le aree corticali del linguaggio sono prevalentemente sviluppate nell’emisfero sinistro. L’esistenza
di questa zona sembra strano ma è nota da oltre 100 anni.

Dopo le 31 settimane di vita si vede che c’è un’area dell’emisfero sinistro si ha un’area più estesa
che è l’area di Wernicke. C’è anche nella parte destra ma è meno sviluppata. Sono state trovate
delle eccezioni, nel caso di persone mancine nel circa il 30% dei mancini questa area è sviluppata
nell’emisfero destra.

La corteccia motoria controlla la muscolatura, anche quella della mandibola e della faccia, quindi
tutto quello che noi usiamo per la fonazione e per il linguaggio. Quindi se c’è un danno in questa
area cerebrale io avrò dei problemi anche nell’articolazione di certi suoni.

Esiste poi un’area detta motoria supplementare detta supermotoria che si attiva in certe
situazioni, ad esempio quando si devono fare dei calcoli ad alta voce. Anche il pensare di
compiere un movimento e non lo compio e già questo attiva alcune zone corticali. Per cui danni a
queste aree possono portare ad afasia globale che porta alla perdita totale del linguaggio.
L’apparato fonatorio funziona bene ma io non sono in grado di emettere alcun suono.

L’area di Broca è deputata alla codi ca della sintassi, se ci sono danni a questo livello il linguaggio
è limitato ad alcune parole e vengono omesse preposizioni e articoli. È posizionata nel limite
temporale del lobo frontale. È collegata con l’area di Wernike, limitrofa ma non strettamente.
Questa ultima area si occupa della semantica del linguaggio, quindi vuol dire che io parlo, dico
correttamente anche le preposizioni e gli articoli ma a vanvera, si ha un linguaggio privo di
signi cato. Sono due zone che sono collegate tra loro; sono entrambe molto vicine e non a caso
all’area della corteccia auditiva primaria. Se io non ho capacità uditiva non vado a parlare, il
discorso del sordo-muto. C’è che collega le due zone si chiama fascicolo arcuato.

Le sindromi di disconnessione hanno vari manifestazioni, il soggetto pur comprendendo bene


quello che gli viene detto con conoscenza del linguaggio riesce però a esprimersi in maniera
molto di coltosa ed è questo aspetto legato al fatto che questo fascicolo arcuato ha delle
anomalie, ha qualcosa che non consente il perfetto collegamento tra queste due aree. È molto
complessa la cosa.

Per quanto riguarda la comunicazione umana ci sono molte componenti.

Quale è il complesso di azioni passive o attive che svolgiamo quando comunichiamo? Su alcuni
aspetti si interviene più clinicamente, mentre su altre componenti si hanno grossi contributi
bioingegneristici, quindi fornire degli strumenti che oggettivizzano il nostro parlato. I tre step che
sono collegati tra loro è la produzione del linguaggio, la trasmissione di questa informazione (a
livello mentale formula una parola ma poi la devo comunicare e trasmettere) e poi la percezione
da parte mia e degli altri.

La produzione parte a livello articolatorio, quindi corde vocali e articolatori vari, quindi apparato
fonatorio (mandibola, labbra denti … ). Si formula una parola, si emette il suono corrispondente a

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livello acustico e con una certa intesità. A livello acustico in una parola ci sono suoni diversi e
quindi si articola per ogni lettera un suono diverso, quindi ogni suono avrà una frequenza
fondamentale (vocalici lo hanno [ce ne sono 7, ‘e’ e ‘o’ aperte e chiuse] , le consonanti no). E poi
si ha il labiale ma anche l’espressione del volto. Poi si ha il livello percettivo e uditivo, se va tutto
bene si sente tutto quello che uno dice e i suoni circostanti, e questo è quanti cabile nell’altezza
del suono, nell’energia nell’intensità e nel timbro, che è una misura pluridimensionale che fa capire
la di erenza per esempio tra una nota tra uno strumento all’altro. Il timbro sono le componenti
armoniche di una nota, hanno ampiezza diversa tra loro tra strumenti diversi, e allo stesso modo
anche il timbro della voce di ognuno di noi.

Tutto l’insieme mi dà quella che è appunto chiamata la catena di produzione della parola, tutto
l’insieme di queste fasi e componenti che mi consente di comunicare.

Quindi quale è il problema? Le disabilità di comunicazioni che possono essere dovute a vari
aspetti ci impediscono di comunicare, di far capire a chi ci sta vicino o lontano (tramite telefono)
quello che noi vogliamo esprimere e quindi vuol dire incapacità di comunicazione e di
conseguenza isolamento solare.

Queste di coltà possono essere categorizzate per tipologia e gravità. Ci sono alcuni difetti che
sono però in qualche modo minori e questi si possono volendo cercare di superare e minimizzare
con la logopedia (per esempio la r moscia roticismo).

Quello che si può fare è una rieducazione di tipo logopedico. Capisce quale è la problematica e
consiglia e aiuta il soggetto ad usare le posture corrette, come articolare e come posizionare
lingua e labbra e testa, manipolazione di cartilagine tiroidea (il logopedista ascolta anche dal
punto di vista tattile le corde vocali).

Il logopedista non ha una laurea in medicina, svolte un’attività molto rilevante per tutta una serie di
problemi. Rivolgersi al logopedista si può fare in maniera indipendente, ma in genere è chi segue
una persona che consiglia al paziente un trattamento logopedico. Ictus è una condizione in
genere in buona parte reversibile, si può tornare alla fonazione normale. Di coltà di
apprendimento in età evolutiva, questa è una frase che vuol dire tantissime cose, ci possono
essere mille motivi anche non sici ma siologici o genetici. Malattie neurologiche in uiscono
molto, per esempio la malattia di Parkinson tende a limitare la capacità fonatoria e l’intensità della
voce, ma anche la sclerosi multipla e altre… si possono fare interventi logopedici per cercare di
conservare le capacità fonatorie perchè il recupero solitamente non c’è. Traumi cranici o interventi
neurochirugici che possono avere leso altre sezioni durante un intervento. Sordità. Palatoschisi si
interviene chirurgicamente ma successivamente si hanno interventi di tipo logopedico. Disfonia,
problemi di una fonazione errata con dei problemi. Disfagia sono problemi di deglutizione.
Dislessia, incapacità di dare un senso alla frase. La balbuzie.

Questo per capire quanto è complesso il lavoro del logopedista.

Uno dei disturbi più comuni, e riguarda un po’ tutte le fasce di età, è la cosiddetta disfonia. Può
essere anche congenita per cui per esempio le corde vocali non si chiudono mai perfettamente.
Possono altrimenti comparire e poi si cronicizzano rimanendo a lungo, e queste sono spesso
segno di patologie che possono essere cose di entità minori ma anche per patologie più gravi.

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Come si valuta? Abbiamo visto l’analisi strumentale con il laringoscopia, l’elettroglottiografo,…
l’altro aspetto è l’analisi cosiddetta acustica. È soggettiva perché è il soggetto stesso che valuta
la qualità della propria voce, io mi ascolto e ho questo problema e quest’altro problema. Quella
percettiva viene fatta ascoltando la voce da parte di una equipe di specialisti che può esser il
foniatra o altri che ascoltano la voce e in base a delle tabelle danno delle valutazioni. Poi c’è
quello che fa il bioingegnerie ovvero sviluppare opportuni metodi software per estrarre dalla voce
dei parametri che danno una misura della qualità della voce.

Dislessia. Non è un problema che riguarda l’intelligenza di un individuo, ma ha bisogno di più


concentrazione. Quindi è un problema che implica questo sforzo di concentrazione e di
conseguenza essendo spesso nei bambini si stancano più rapidamente.

Balbuzie.

A parte il discorso logopedico e questo funziona piuttosto bene sopratutto se preso per tempo in
età infantile. Quando però la stiuazione è a rontata in età adulta la logopedia è meno e cace.
Allora è stato usato ma con cautela una tossina botulinica che ha mostrato una volta applicata un
miglioramento della uidità della voce, questi spasmi vengono rallentati e diminuiti. È una tossina
che è prodotta da un certo batterio che è molto dannoso perchè in teoria paralizza i muscoli
perchè va a bloccare l’impulso nervoso della muscolatura.

Disfasia infantile.

Disartria.

05/04/2022

Tremore vocale. Colpisce principalmente persone di una certa età, è una oscillazione della voce
dovuto ad un peggioramento degli stimoli neuro sensoriali verso le corde vocali e la muscolatura
annessa. Quello siologico c’è sempre anche se minimo. C’è una condizione voluta, quella che
nella voce cantata si chiama vibrato, è un movimento oscillatorio del canto di 5/7 Hz che non è la
frequenza delle corde vocali. Poi c’è il tremore patologico ed è quello più comune in genere nelle
persone di una certa età, può essere caratterizzato da vari aspetti e può in uire sulla uidità e
intelligibilità della voce.

Afasia. Riguarda il sistema nervoso centrale. Consiste sia nella di coltà nell’usare il linguaggio ma
anche nel comprenderlo, quindi anche il leggere, fare calcoli, scrivere… i sintomi sono che il
soggetto non è capace ad emettere parole ne tantomeno a comporre frasi. È un blocco completo
delle sue capacità di comunicazione. Essendo un danno del sistema nervoso centrale spesso e
volentieri questa malattia è la conseguenza di un ictus. Quale è la riabilitazione in questi casi?
Recuperare il linguaggio, post-ictus, prima c’è una ripresa delle componenti più sostanziali ed
essenziali come camminare e poi dopo parlare e scrivere. Questo recupero avviene in maniera
graduale e spontanea ma può durare a lungo, se non avviene in maniera spontanea bisogna
intervenire con la logopedia e arrivare n dove si può, a volte bisogna imparare a convivere con la
situazione. Ci sono poi conseguenze di tipo psicologico. La riabilitazione può essere di tipo
logopedia e psicologico contemporaneamente, e riguardano non solo il paziente in se ma anche
chi interagisce con la persona stessa. È un percorso che richiede molto tempo, e questo signi ca
un grosso impegno da parte del soggetto e da chi gli sta attorno.

La condizione più comune è la disfonia. Si può essere disfonici a vari livelli. La disfonia è una
alterazione del timbro della voce e si possono distinguere due categorie: le disfonie organiche che
riguardano studi in ammatori di entità lievi ma che possono arrivare anche a forme tumorali o
traumi o malattie di tipo neurologico; disfonia psicogene, le corde vocali sono perfettamente
funzionanti così come il sistema nervoso ma intervengono fattori di tipo emotivo che provocano
una tensione muscolo-scheletrica,… l’anamnesi parte da una serie di domande che vengono
poste al paziente.

Autoascolto, il soggetto deve riconoscere e accorgersi se la propria voce presenta delle anomalie.
Fa parte dell’analisi soggettiva, è il soggetto stesso che si autovaluta.

Un aspetto fondamentale è una corretta respirazione, in partenza tra le gure professionali c’è
anche il posturologo e insegna a posizionare il corpo in posizione corretta.

Ispezione della laringe.

Ispezione visiva, acquisizione di immagini e video e poi c’è l’analisi acustica. Questa consiste
nella valutazione percettiva e nell’analisi computerizzata. La prima viene fatta da un medico
specialista che valuta percettivamente la qualità della voce, il livello di disfonia, e da un punteggio
tramite quella che è un protocollo che viene usato a livello mondiale che si basa sulla scala

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GIRBAS. A questa valutazione percettiva si a anca l’analisi computerizzata, opportuno software
e ettua l’estrazione di parametri acustici dalla registrazione, questi parametri acustici sono in
genere quelli di interesse. Questa analisi acustica è la componente più prettamente ingegneristica.

La qualità della voce si fa a tre livelli: la valutazione percettiva (specialista che assegna dei
punteggi con la scala GIRBAS), la valutazione soggettiva (e ettuata dal paziente stesso che si
autoascolta e si dà dei punteggi, ci sono dei moduli apposta) e la valutazione oggettiva (quella
fatta attraverso l’analisi software della voce).

Non si fa tutto a casaccio, bisogna uniformare la misura di queste grandezze e ci si basa su dei
protocolli, in Italia esistono dei protocolli internazionali che poi sono legati alla lingua del soggetto.
In Italia il protocollo si chiama SIFEL. I protocolli sono generali ma i dettagli sono locali in base alla
lingua della persona che deve e ettuare l’analisi.

L’analisi della voce va fatta in modalità multiparametrica, perchè la voce è qualcosa di


multidimensionale, ci sono vari aspetti e quindi non si può identi care la qualità della voce con un
unico parametro. I protocolli seguono tutti una scaletta unica.

C’è questo protocollo generale di base. Mira a dare una risposta a quattro quesiti fondamentali: la
voce è normale o patologica? Se la voce è patologica quale è la gravità? Quale è la genesi, quale
organo è interessato? Altro aspetto quale è il risultato nel confronto della qualità della voce prima
e dopo un trattamento? In quest’ultimo caso per capire se il trattamento ha avuto un esito
positivo o negativo. Queste quattro domande sono indipendenti dalla lingua, e quindi sono
applicabili in tutto il mondo. Sono domande che potrebbero richiedere tantissimi tipi di
considerazione, per esempio io potrei avere a che fare con una persona di qualsiasi tipo e quindi
l’indagine deve essere il più veloce possibile, e la strumentazione non deve essere costosissima.
Anche in questo caso qui è tutto un gioco di compromessi.

Il protocollo si basa su una serie di esami, c’è l’analisi visiva, l’analisi percettiva, l’analisi acustica
(oggettiva), indici aerodinamici (dispositivi di misura della pressione,…) e auto valutazione (analisi
soggettiva).

L’analisi acustica è fondamentale, tutti i centri in cui si fa un’analisi di questo tipo sono forniti di
opportuno software; ma non è mai sostitutiva dell’analisi laringostroboscopica e quindi può
a ancare queste analisi ma non sostituirle. È basato su metodiche speci che, cioè su software
specialistico che riesce ad estrarre parametri.

Quale è il protocollo SIFEL italiano? Si chiede al paziente di emettere una vocale, la “a”, il più a
lungo possibile e si ripete questa emissione tre volte e poi si considera il tempo massimo
fonatorio, quanto riesce a sostenere la vocale, e poi delle tre prove si usa quella che ha avuto il
tempo maggiore. Poi si registrano con opportuni microfoni e in un ambiente silenzioso, e si chiede
al paziente di parlare con un livello di voce normale, quello di conversazione di base. Prima
cognome e nome, ripetere i numeri da 1 a 10 ripetuti tre volte, parola “aiuole”,…

Si fanno questi ascolti e si dà un punteggio secondo la scala GIRBAS. Ognuno di questi parametri
ha una scala di punteggio che in genere va da 0 a 3. In questo modo si vengono a creare delle
tabelle, che sempli ca e da un primo screening della voce. Quale è il problema? Il singolo
specialistica pur essendo specializzato da un punteggio sulla base della sua capacità e della sua
esperienza, quindi questi valutazioni non sono oggettive.

Valutazione oggettiva si ha sia dal punto di vista delle informazioni standard, e poi anche
attraverso gli strumenti vari (?). i parametri di valutazione codi cati da Hirano, il primo che ha
studiato questi aspetti anche dal punto di vista oggettivo, e serve per studiare le immagini.

Valutazione soggettiva, ci sono una serie di moduli da riempire dal soggetto in una scala graduata
che va da -2 a +2, e 0 è il livello base. Spesso questa valutazione serve pre e post trattamento, 0
vuol dire che prima e dopo il trattamento non è cambiato nulla, se è negativo è peggiorato se è
positivo è migliorato. Questo viene fatto dal soggetto stesso. Questa autovalutazione fa parte di
questo Voice Handicap Index, è nel protocollo SIFEL, ha varie sezioni. Una guarda quale impatto
hanno le di coltà fonatorie sulle attività quotidiane normali (punteggio da 0 a 4), quale è l’impatto
psicologico (come ci si sente) e poi la percezione delle caratteristiche analoghe alla scala GIRBAS
ma fatta dal soggetto stesso. Sono domande che vanno poi a sommarsi pertipologie.

Valutazione oggettiva: spettrogramma. Intanto si considerano vocali sostenute o la parola “aiuole”


e di questa emissione si considera solo la parte centrale per eliminare il transitorio iniziale e nale.
È un’analisi oggettiva a tutti gli e etti. Lo spettrogramma ha sull’asse delle x il tempo e sull’asse
delle y le frequenze che compongono questo segnale, quello che si vede è l’andamento nel
tempo delle intensità.

Fonetrogramma. Si ha sull’asse y l’intensità sonora, mentre l’asse delle x ha le frequenze ma


collegate alle note musicali.

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Analisi acustica -> range udibile

Il fonogramma è un gra co dove si parla di frequenze, ma invece di avere la frequenze si ha


l’intensità sonora sull’asse delle ordinate, mentre l’asse delle ascisse sono note musicali in
frequenza, e sono rappresentate come parte di una tastiera di un pianoforte. È molto usato in
ambito canoro. 50 Hz voce bassa maschile. Quindi questo gra co riassume un po’ vari aspetti. Si
individua in questa scala, dove si ha il grigio chiaro e scuro, quello chiaro indica una intensità
crescente. La frequenza è la nota più grave. Il range tonale è in semi toni. Prima viene determinata
la fondamentale media su una parola e poi viene scalato il gra co. Poi si può calcolare l’a
riduzione della dinamica. E poi ci sono altre caratteristiche tecniche del canto. Si chiede anche in
questo caso di emettere una vocale con tutta una serie di accortezze in scala. È una tecnica
specialistica per la voce cantata. È un approccio simile allo spettrogramma ma pensato per il
canto.

Guardando ora all’analisi acustica. Che è l’analisi oggettiva. Io registro un segnale vocale in
condizioni ottimali, senza rumore di fondo e con microfono buono. Dopodiché si registra e con un
opportuno software si estraggono dei parametri tra cui la fondamentale e le sue eventuali
irregolarità (che si veri cano con due parametri percentuali che si chiamano bitter e shimmer); poi
le formanti che sono le risonanze del tratto vocale e le sue irregolarità; misure di disfonia, qui si va
a valutare il rapporto segnale rumore; tutto questo può portare alla costruzione di modelli di
simulazione, dalla voce si estraggono dei parametri e poi si creano dei modelli e questi servono
per esempio per modi care e aggiornare il software che si sta utilizzando; poi c’è tutto l’aspetto
dell’analisi delle immagine larigostroboscopiche e tutti i parametri relativi. L’analisi acustica è tutto
questo.

Le applicazioni sono tantissime. Abbiamo parlato nora di patologie, quindi condizioni a cui il
soggetto è sottoposto a qualche tipo di intervento ed è sempre utile vedere quale è la qualità della
voce prima e dopo l’intervento, questo si fa soggettivamente, percettivamente (lo specialista) e
oggettivamente (lo fa il bioingegnerie). Sia con intervento chirurgico ma anche pre o post
trattamento farmacologico. Si fa per il discorso di disfonia, per il monitoraggio e l’eventuale
recupero della voce. Questo nel caso di adulti. Il vagito del neonato è un altro ambito di ricerca
che è più relativo ad eventuali patologie del sistema nervoso centrale, quindi disturbi neurologiche
che portano a caratteristiche fuori Range. Lo sviluppo fonatorio del neonato, analizzare il vagito
alla nascita e un follow up di qualche mese, serve per accertarsi che il bambino possa parlare
correttamente. Non solo lo sviluppo fonatorio, ma anche caratteristiche linguistiche, discriminare il
vagito di un neonato di madrelingua italiana e uno di altra nazionalità; il punto è capire da questo
se e quando il bambino inizia a imparare e quindi a sentire i suoni che provengono dall’esterno
pur essendo ancora a livello fetale. Poi c’è tutto l’aspetto artistico, la voce cantata; anche qui ci
sono tutta una serie di parametri che possono essere quanti cati che possono essere usati per
valutare il livello di miglioramento e perfezionamento della voce. Poi c’è il mondo della voce legata
all’emotività, depressione a vari livelli, disturbi neurologici, autismo, schizofrenia, patologie di tipo
genetico… tante altre applicazioni che possono trarre un valido aiuto dall’analisi acustica. Non
sostituisce analisi cliniche di altro tipo, ma è di supporto, e lo è sopratutto quando indagini più
invasive non possono essere fatte. L’analisi acustica si fa con solo un microfono, non si devono
porre sensori a contatto ne inserire oggetti nel paziente.

Le frequenze formanti sono quelle date dalle armoniche maggiormente rinforzate. Ogni suono
vocalico ha delle formanti caratteristiche con dei valori più o meno di riferimento.

Altro aspetto da notare: il nostro apparato fonatorio è molto lento nel suo sviluppo. Alla nascita il
nostro apparato fonatorio è più simile a quello di un primato che non a quello di un essere umano
adulto. La laringe alla nascita è in posizione più alta e meno inclinata, e questa è la situazione
ottimale alla nascita. Alla nascita non importa che si legga la Divina Commedia, si deve solo
respirare e nutrire, e la sopravvivenza avviene prima di tutto e questa posizione consente proprio
questo, facilita il fatto che il bambino possa nutrirsi e respirare e quindi svolgere le due funzioni
vitali. Ovviamente questa struttura consente la sopravvivenza ma consente meno la gamma di
suoni rispetto a quella successiva, il bambino appena nato può emettere vagiti ma in un Range
limitato e questo è dovuto a questa struttura iniziale. Dopo 3/4 circa mesi si arriva allo
svezzamento e il bambino comincia a nutrirsi di altro e la laringe comincia a calare e inizia ad
assumere la posizione che avrà da adulto. Verso 5/6 mesi il bambino incomincia con la fase della
lallazione, ovvero inizia a fare dei suoni, una serie di suoni che alla nascita non poteva emettere.
Poi un annetto a parlare di parlato. Il posizionamento corretto avviene dopo qualche mese, lo
sviluppo completo della capacità fonatoria individuale completa (da bambini si hanno le voci

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bianche) si ha verso i 7/8/9 anni. I tratti della voce femminile si sviluppano intono giù ai 9/12 anni e
la bambina diventa donna intorno ai 12 anni. Per la voce maschile si arriva ai 13/14 anni. A questo
punto si acquisisce la voce nale, adulta. Ci vogliono 12/13/14 anni per arrivare alla situazione
de nitiva e quindi una fase piuttosto lunga.

Quali sono le caratteristiche principali che noi estraiamo? La fondamentale che si indica con f0, e
questa frequenza dal punto di vista percettivo è l’altezza della voce. L’ampiezza o l’energia
corrisponde all’intensità della voce, parlare sotto voce o urlare. Lo spettro è il timbro della voce,
non può essere de nito con un numero, è fatto dalla combinazione delle fondamentali delle
armoniche ma combinate assieme. È una caratteristica multidimensionale.

Poi con l’evoluzione si parla da fonemi a sillabe poi a parole e in ne a frasi. Lo scopo dell’analisi
acustica è quello di avere una descrizione del segnale vocale con un modello (equazione) che
dipende dalle caratteristiche del segnale, e da questo modello si estraggono poi dei parametri
oggettivi.

La produzione della parola è fatta da una serie di passaggi. Il


primo è la vibrazione delle corde vocali a livello della laringe che
producono la fondamentale. Se si va a fare lo spettro a livello
della laringe si trova uno spettro monotono decrescente, e non è
quello che si registra dal microfono. Questo suono mette in
vibrazione le corde vocali. Il suono viene poi ltrato e questo
proprio in termini ingengerisitchi dalle cavità del tratto orale, la
conformazione del tratto vocale genera un ltro e darà una serie
di frequenze che vengono esaltate e altre smorzate. Alla ne in uscita dalla bocca se si va di
questo suono sostenuta si vedrà uno spettro che massimi e minimi con fondamentale e le sue
armoniche. I picchi rappresentano le risonanze del tratto vocale, quindi il cluster energetico che si
forma quando si conforma il tratto vocale in un modo piuttosto che in un altro. Quello alla ne è
quello che si va ad analizzare ed è da questo che si estraggono i vari parametri.

Il range di fondamentale per gli adulti è tra 60 a 350 Hz. Nel neonato tra 400 e 800 Hz. Per il canto
da 50 a 1200 Hz.

Nella foto qui accanto si ha prima la fondamentale,


che è lo spettro alla glottide. Poi quando ltro il
tutto attraverso il tratto vocale in uscita si avrà
qualcosa come lo spettro a destra. Sotto rimane la
fondamentale ma i cluster che si formano sono le
risonanze delle cavità del tratto vocale e si
chiamano formanti. Le prime due sono in genere
quelle più importanti per la fonazione base. La
prima è più legata alla cavità faringea, mentre la seconda a quella della bocca.

Quindi come si fa l’analisi acustica. Ci sono vari metodi. Il più semplice è l’uso della trasforma di
Fourier. I modelli parametrici hanno pro e contro. Alcune tecniche non lineari come cepstrum, o
altri come wavelets. Ci sono vari approcci che si possono anche combinare. Servono tutti per
estrarre dei parametri con la fondamentale, le formanti, lo spettrogramma, il rumore sulla voce,…
tutte le irregolarità.

Lo spettrogramma è in genere una misura sia percettiva sia oggettiva, in genere il medico è
interessato ad entrambe le situazioni in banda larga o in banda stretta. Si ha un alfabeto
internazionale con determinati fonemi.

Le consonanti sono caratterizzate da bande scure per le alte frequenze. I suoni consonantici
hanno alte energia alle alte frequenze, che è esattamente il contrario rispetto ai suoni vocalici.

Cosa è la fondamentale? È la frequenza di vibrazione delle corde vocali, è la cosiddetta prima


armonica. Un segnale vocalico è approssimativamente periodico. È un’onda che ha le sue
periodicità ma sicuramente complesse, quindi estrarre la fondamentale in generale non è
semplice. Le altre armoniche sono multipli della fondamentali, quindi se la prima è a 100 hz le
altre sono a 200, 300,… le formanti non coincidono con le armoniche, le formanti sono dei cluster
attorno a quella che è la risonanza della principale frequenza in una zona. Non confondiamo
armoniche con formanti: non sono la stessa cosa.

Come si stima la fondamentale? Si vanno a cercare le periodicità, partendo dal segnale di


partenza e andando a vedere gli zero processing o la distanza tra i picchi, però bisogna scegliere
quelli buoni. Questo nel dominio del tempo. Si può usare anche l’autocorrelazione. Oppure si può
andare nel dominio della frequenza facendo la frequenza e si va a cercare la prima armonica, o la

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distanza tra le armoniche. La media della distanza tra le armoniche è la fondamentale. Altrimenti si
possono usare altri domini come il cepstrum (si vanno a separare in maniera logaritmica le
componenti del segnale da quelle rumorose ed è un dominio tutto suo), o l’uso delle wavelets che
è una estensione della trasformata di Fourier a segnali non stazionari, con vantaggi e svantaggi
(ha una prima fase di identi cazione della forma d’onda con cui partire che è complessa). Per
aiutarci si applicano spesso dei pre- ltraggi al segnale e altre tecniche. E qui siamo solo al primo
passo: identi care la fondamentale.

Poi c’è tutto il discorso delle formanti. È importante selezionare bene le zone vocaliche da
analizzare, fare un tutt’uno introduce un sacco di errori nella stima totale.

Anche valutare la uidità della parola è indice di qualità della voce.

Una cosa importante del neonato è il lamento melodico. Riuscire


a descrivere e quanti care l’andamento melodico di un vagito.
Questo arriva al massimo e poi decresce. Vengono poi calcolati
dei valori medi. Conoscere la melodia è importante per
quanti care eventuali irregolarità. Quando il bambino sta bene c’è
un andamento melodico molto ampio e variegato. Quando ci
sono dei problemi a livello neurologico ci possono essere
andamenti molto piatti o molto irregolari. Quindi valutare questo
andamento da indicazioni su problemi al neuro sviluppo e anche
su stati emotivi (pianto di sonno, fame, o altro). Appena nati no,
ma poco dopo il bambino piange anche solo per richiamare l’attenzione.

07/04/2022

Lo spettrogramma è un gra co in cui sull’asse delle ascisse c’è il tempo, il soggetto emette una
fonazione, la parola viene registrata da un microfono e poi analizzate con tecniche sviluppate da
ingegneri e rappresentate le componenti su un piano. Poi immediatamente vengono visualizzati
certi elementi: la presenza di armoniche della frequenza fondamentale. In più se si sta analizzando
una parola si può anche analizzare l’andamento melodico della parola delle varie componenti
fonatorie.

L’analisi si può fare in banda larga o stretta a seconda che si vogliano evidenziare le componenti
ad alta energia globalmente, oppure più nel dettaglio la frequenza fondamentale e le sue
armoniche e allora si fa a banda stretta.

Cosa fa il bioingegnerie? Deve sviluppare degli algoritmi di analisi della voce che cerchino di
a rontare tutte le situazioni complesse di irregolarità, fonazione a basse intensità, analisi di Range
di frequenza diversi a seconda dei soggetti e della categoria (bambini adulti e voce cantate hanno
le loro caratteristiche). Bisogna fare tutta una serie di operazioni. Estrarre le parti vocali e poi
analizzarle ognuno, senza fare un tutto’uno con le parti intermedie che non sono vocali e non
hanno interesse clinico. Per ogni software è necessaria una interfaccia utente che sia semplice e
facile da usare, anche perchè l’utente che lo utilizza è spesso inesperto, fa un’altro mestiere. E
anche qui non è sempre detto e facile, perché più so sticato è il software e più menu di scelta
sono richiesti. Quindi mediare fra le due cose non è banale, e poi c’è anche una questione di
tempi di elaborazione.

Quando si parla di suoni vocalici la caratteristica è quella di avere una fondamentale e i suoi
multipli (le armoniche. Ci sono vari approcci per calcolarla. Bisogna elaborare il segnale in modo
da estrarre informazioni nel dominio del tempo: la distanza tra i picchi, tra gli zero processing,
quale sono i massimi dell’autocorrelazione,… ci sono tanti approcci nel dominio del tempo e
altrettanti nel dominio della frequenza facendone lo spettro.

Un altra caratteristica è l’andamento melodico, quindi l’andamento nel tempo della frequenza
fondamentale che dovrebbe essere più o meno vario, in genere ha un andamento crescente e
decrescente, ma poi ci sono tante altre forme di vagito. In letteratura ci sono studi che cercano di
correlare andamento melodico del vagito, si estraggono le singole parti e si analizzano anche
nella loro forma melodica, e si è visto che in certe situazioni patologiche portano ad una
prevalenza di certe forme melodiche particolari o piatte. Quindi anche andando a quanti care
numero di componenti melodiche di un certo tipo rispetto agli altri, anche da questo il medico può
trarre delle indicazioni cliniche utili. Il neonato è la casistica una delle più complesse perchè non è
collaborativo. Bisogna fare le registrazioni senza chiedere al soggetto di vagire o oppure no.

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Quindi anche in questo caso si fa lo spettrogramma si guarda se sono presenti le componenti
armoniche, quale è l’intensità e poi si estraggono tutta una serie di parametri. Si possono quindi
fare confronti.

Il jitter mi dice quali sono le irregolarità percentuali tra ciclo oscillatorio delle corde e i successivi.
Quindi un valore medio basso vuol dire che la fonazione è regolare, siologica. Fino ad 1% di
irregolarità è condizione siologica.

Il jitter sono oscillazioni in frequenza di F0, sopra l’1/2% in patologia. Questo in frequenza. In
ampiezza questo parametro si chiama Shimmer, se non si tiene l’ampiezza di una vocale allora ci
può essere una patologia.

Il tremore sono delle modulazioni lente della voce sulla fondamentale che sono indice di disturbi.
È legato a disturbi neurologici e muscolari.

Insieme alle formanti questi elementi appena visti si valutano registrando la voce e analizzandola.
Mentre gli ultimi parametri che sono la fase di apertura e chiusura glottica e le asimmetrie si
veri cano con le immagini, dalla laringostroboscopia, sulla quale si fanno analisi numeriche, si
estraggono vari indici.

Le componenti rumorose, la disfonia e tutto quello che altera la voce, si misura con rapporti
segnali rumori o rumore segnale. Servono a quanti care il livello di disfonia.

Il RAP è simile al jitter. Il bitter va a calcolare la di erenza in valori assoluti tra picchi e li somma e
poi si vanno a mediare tutti e si divide per la media totale e viene un valore percentuale.

Shimmer si dovrebbe avere un’ampiezza della vocale costante. È l’analogo al bitter ma nel
dominio del tempo. Lo shimmer va a calcolare l’ampiezza tra un periodo e quello successivo
calcola la di erenze, le somma tutte e poi li rapporta al valore medio.

Un’altra misura abbastanza di usa è la NNE, che va a misurare al numeratore una stima della
componente rumorosa del segnale e al denominatore si ha tutta l’energia del segnale. Si misura
tutta l’energia e si va a rapportare al rumore. È un indice piuttosto accurato del livello di disfonia.
È tutto in scala logaritmico e normalizzato. Più il valore è alto in negativo la voce è considerata di
buona qualità.

Questi sono parametri che vengono utilizzate solo su vocali sostenute. Se si incomincia a dire una
parola o una frase, e si misurano elementi diversi. Quindi non ha senso valutare questi parametri
su vocali che non sono sostenute.

Pur non esistendo un set normativo di riferimento di questi parametri.

Lo studio della voce ma anche più recentemente viene usato per studiare lo stato emotivo di una
persona. Le applicazioni cliniche sono quelle più richieste, ma l’analisi della voce oggi giorni viene
fatta anche con tecniche implementate sullo smartphone. Mentre dal punto di vista clinico è
importante per studi psicologico, neurologico e psichiatrico.

Su cosa si può applicare in modo l’analisi della voce? A tutti i soggetti un po’ più fragili e deboli
che mal sopportano altri tipi di indagine, e qui rientrano anche i bambini che hanno dei disturbi
che è lo spettro autistico, si chiama così per la sua vastità di componenti. Queste condizioni non
sono ad oggi ben chiare, non si sa quali sono le cause che portano il bambino a sviluppare questa
condizione particolare (non è una patologia, è un modo di percepire la vita in maniera diversa, si
ha più sensibilità per certe cose e meno sensibilità per altre).

Si parla quindi di ipotesi. Ci sono poi anche condizioni di tipo genetico, e queste sono appurate,
mentre per il sistema nervoso centrale si è ancora sotto studio. L’autismo può essere tante cose.
Una delle ipotesi è un collegamento difettoso tra le aree del cervello, quindi il coordinamento tra
componenti di acquisizione del dato, interpretazione e reazione possono non avere collegamenti
standard e si creano di coltà nel comportamento. Questi collegamenti portano poi a di coltà di
comprensione e comunicazione e quindi se c’è questa di coltà i comportamenti possono essere
molto atipici.

Quindi il problema è che di cilmente sono bambini disposti ad utilizzare dispositivi o ad usare
tecniche anche invasive, quindi si cerca di formulare una diagnosi il meno invasiva possibile,
quindi senza sensori da indossare. Fino ai 2/3 anni di età i genitori possono notare qualcosa che
non va, ma il bambino non è in grado di reagire a stimoli speci ci quindi di cilmente viene fatta
una diagnosi prima dei tre anni.

Quindi a cosa si rivolge la ricerca, nel cerca di supportare diagnosi di altro tipo anche basandosi
sull’analisi acustica, per esempio partendo dall’analisi del vagito del neonato.

Dopo la diagnosi il bambino ha bisogno di essere seguito. Ci sono dei centri che sono proprio
dedicati alla cosiddetta riabilitazione. In maniera molto soft, i bambini vengono educati in maniera

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sociale in modo che possano essere educati per essere inseriti in un contesto sociale nonostante
i loro disturbi.

Quali sono i problemi? Tantissimi. Intanto non ci sono ancora dei protocolli universalmente
accettati, quindi ognuno fa un po’ a modo suo. La di coltà nella registrazione, un neonato in
clinica lo registri bene, a casa è a dato alla famiglia e a tutt’altra situazione. Poi le tecniche di
analisi devono essere ad hoc, quindi ci deve essere del software dedicato. In genere i software
che si trovano in giro non vanno bene, vanno bene per gli adulti ma non per i neonati.

Poi chiaramente la domanda esistenziale: è su ciente l’analisi acustica per la diagnosi di


autismo? No, però per esempio si sta iniziando a sviluppare una tecnica che è quella di vedere le
reazioni facciali del bambino autistico in reazione a degli stimoli emotivi. Si fa vedere un oggetto
piacevole e la reazione è sorriso, nei soggetti autistici non è sempre così. Ed è comunque
un’analisi non invasiva.

Quindi le domande sono tante e le risposte non sono univoche, quindi la parola chiave è la
multidisciplinarietà: sioterapista, siatra, oncologo, chirurgo, internista, psicologo, logopedista,…
multidisciplinarietà vuol dire che l’ingegnere deve essere in grado di interpretare tutte queste
condizioni cliniche e non cliniche diverse e cercare di trarne informazioni utili e mettere insieme un
qualcosa che sia valido e utilizzabile da soggetti anche diversi. Il tutto serve per produrre un
processo riabilitativo che deve essere personalizzato perchè ogni bambino ha la sua storia e il suo
percorso di crescita.

MENOMAZIONI COGNITIVE
Disabilità a livello del sistema nervoso centrale. C’è la suddivisione della corteccia cerebrale. Il
lobo frontale è quello più ampio e che riguarda tutta una serie di aspetti che riguardano le
disabilità cognitive, come piani chiamo la vita e l’emotività. Nel lobo parietale ci sono le
sensazione somatiche e come ci vediamo, come noi elaboriamo le informazioni che riguardano
noi stessi. Il lobo occipitale è la sede della visione. Nel lobo temporale ci sono componenti uditive
e componenti legati all’apprendimento, memoria e emozioni.

Il nostro sistema centrale ma non solo riceve informazioni dal mondo esterno e le elabora per
produrre una risposta, un’azione. Cosa distingue il cervello umano da quello di altri animali?
Abbiamo un cervello più voluminoso ed elaborato.

Cosa sono i processi cognitivi? Sono quell’insieme di passaggi che ci consentono di e ettuare e
di elaborare qualsiasi informazione attraverso il nostro sistema centrale. La cognizione è il
processo di acquisizione attraverso il pensiero i sensi e l’esperienza.

Tommaso d’Aquino divise il comportamento in due categorie. I comportamenti cognitivi che


riguardano la conoscenza del mondo, quindi ad esempio la memoria, la formazione dei concetti, il
linguaggio, l’attenzione, l’astrazione… poi c’è la componente a ettiva che invece tutte queste
componenti sopra le elabora e individualmente è il modo attraverso il quale noi capiamo il mondo.
Questa suddivisione era già stata concepita tanto tempo fa.

Quali sono i processi cognitivi più studiati? La percezione, ma dobbiamo anche apprendere ed è
legato alla memoria. Il linguaggio e il pensiero sono legati all’ambiente in cui viviamo. E poi aspetti
emotivi. Questo è un elenco ma non è univoco. Comunque tra di loro non sono compartimenti
stagni ma c’è una forte interazione.

Nella parte dell’ipotalamo e della parte della corteccia frontale si concentra la parte che riguarda
le emozioni e la parte emotiva. Nella parte sempre frontale c’è l’elaborazione delle informazioni e
la programmazione del comportamento, e quindi anche del modo di fare. Nel talamo si ha l’analisi
delle informazioni esterne, acquisiamo una informazione e la elaboriamo. Poi ci sono tutte le
funzioni motorie e anche il ciclo del sonno-veglia che sono in prima fase analizzate nel tronco
encefalico, nel cervelletto. Questo è come sono suddivise le varie aree cerebrali.

Noi nasciamo con un numero di sinapsi pari al numero dell’adulto. Ma nei primi anni di vita queste
sinapsi si riproducono in maniera molto elevata, e arrivano ad essere un numero che è quattro
volte maggiore di quello dell’adulto. Si evolve nei primi due tre anni di vita, e poi c’è una riduzione
delle sinapsi no alla pubertà dove si stabilizzano le cose. Si ha una fase di crescita e decrescita.
Quindi i primi anni di vita sono fondamentali perchè si hanno più sinapsi per recepire informazioni,
ed è la fase in cui siamo più capaci di capire imparare recepire memorizzare.

Quindi si parla di plasticità del sistema nervoso centrale e periodo critico. La plasticità è la
capacità del nostro sistema nervoso centrale di variare la sua struttura e la sua funzione a
seconda degli stimoli che vengono recepiti. È una capacità di adattamento che ha il punto di
maggiore plasticità nei primi anni di vita e poi diminuisce, ma rimane. I primi 3/4 anni di vita sono
il cosiddetto periodo critico, è il periodo in cui si e ettua la sincronizzazione tra quello che è le
nostre funzioni cerebrali e quelle che sono le sensazioni che provengono dall’esterno.

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Quindi quale il passaggio da qualche stimolo alla coscienza? Cioè al fatto di rendersi conto e di
interpretare questo stimolo, di sapere di cosa stiamo parlando. La prima parte è la sensazione, io
percepisco qualcosa dal mondo sico con le sue forme di energia, è la recezione. Questo stimolo
viene poi trasdotto, quindi convertito in un segnale nervoso. È chiaro che tutto questo viene
recepito come segnale e trasdotto e poi portato a livello del sistema nervoso centrale. Siamo a
livello di sensazione. Poi si passa a livello di percezione, questo segnale viene elaborato e viene
elaborato soggettivamente. Quindi in base agli interessi e agli scopi si hanno interpretazioni
diverse. Quindi l’informazione che ci arriva viene ltrata attraverso il livello di attenzione che si
pone nell’osservazione. Il livello di attenzione è importante, e nel nostro organismo vale sempre il
principio di parsimonia, cioè non sfruttiamo energie per qualcosa che non è necessario. Poi c’è la
fase di apprendimento, io ho ricevuto una sensazione, questa è arrivata nel sistema nervoso
centrale dove l’ho elaborata grazie alle mie capacità elaborative, al mio interesse e al resto e ho
interpretato e ora l’ho appresa. Ci sono vari step.

Le funzioni cognitive sono quelle che ci consentono di interpretare e di gestire correttamente le


informazioni. La serie di elementi sono quelli mnemonici, la percezione e la comprensione delle
informazioni e la capacità di dare risposte a questi elementi con azioni e muovendosi nello spazio.

I disturbi cognitivi sono caratterizzati dal fatto che alcune di queste capacità non si svolgono più
correttamente come dovrebbero.

Le cause possono essere tante. La fase pre, peri e post natale sono le più critiche. Cosa succede
nella gestazione, a cavallo del parto e cosa succede nel periodo successivo. Sono quelle più
traumatiche. Le cause prenatali vengono indicate intorno al settimo mese di gestazione, ci
possono essere problemi di tipo cromosomico e genetico, problemi di malformazioni o disordini
metabolici oppure ipossia (mancanza di ossigenazione da parte della madre). Qui si possono già
sviluppare dei disturbi. Le cause perinatali sono quelli degli ultimi due mesi di gravidanza e la
prima settimana della nascita, possono insorgere a causa di patologie materne o altri elementi, la
prematuri e complicanze di gravidanza e parto. Cause postnatali nei primi 6 mesi di vita del
bambino ci possono essere dei traumi oppure ci possono essere patologie o disturbi vari. Queste
riguardano le fasi attorno alla nascita.

Ci possono essere ritardi lievi, le cui cause sono però tutt’ora ignote, nel senso che non si sa
come sopraggiungano questi ritardi lievi. Un bambino può avere la sua vita normale ma con
qualche ritardo. Questi fattori lievi sono i più frequenti.

Poi ci sono tutta una serie di cause di tipo genetico, e anche in questi casi ci sono delle
percentuali abbastanza elevate e una delle sindromi più comuni è la sindrome di Down, ma ce ne
sono anche tante altre.

Si parlava di ritardo mentale o insu cienza mentale no a poco fa, oggi giorno si parla di
disabilità intellettiva. Queste espressioni sono equivalenti. Questa riguarda un funzionamento
alterato di qualche componente del sistema nervoso Centrale, ed è una malattia persistente. Si
sviluppa nei primi anni di vita e colpisce le nostre capacità cognitive, linguistiche, motorie e
sociali. C’è qualche cosa che non più ritarda, ma crea una condizione di de cit.

Le scienze cognitive si occupano di questi problemi. L’intelligenza arti ciale usa le conoscenze in
ambito di neuroscienze per sviluppare delle tecniche di tipo software che agiscano a vari livelli.
L’area più importante è l’area delle neuroscienze. Comunque fanno riferimento anche tutti gli altri
campi che si basano e forniscono tutta una serie di condizioni e formazioni: la loso a della
mente, la linguistica cognitiva, la teoria dell’apprendimento in psicologia, l’antropologia educativa.

Dal punto di vista operativo, è stato necessario in qualche modo schematizzare e de nire delle
aree in cui poter inquadrare i vari problemi. Negli anni sono state sviluppate varie edizioni del
DSM, che è il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Questo è quello a livello
mondiale a cui si fa riferimento, vi fanno riferimento i medici, ma anche la psicologia, e altri ambiti.

Nei decenni questo manuale era stato impostato con una categorizzazione abbastanza limitata
dei disturbi mentali, ma oggi giorni l’ultima edizione che è di una decina di anni fa è arrivata alla
quinta. Queste edizioni si aggiornano in base ai risultati scienti ci, e via via vengono aggiunte
anche altre categorie. Nell’ultima edizione c’è il triplo delle condizioni rispetto alla prima edizione. I
cambiamenti sono approvati da quello che è il riferimento che è l’APA.

Questo manuale raccoglie in qualche modo su base statistica ben 370 diversi disturbi mentali,
questi sono catalogati in base statistica sulla base della presenza di alcuni sintomi. Questi sintomi
sono in genere di tipo comportamentale, tipici movimenti stereotipati. Però il discorso si ampia e
si va ad interagire con la personalità dell’individuo, non è solo una questione di struttura biologica
di organi dell’individuo, ma è diventato sempre di più un approccio multidisciplinare: l’individuo è
visto con delle malattie mentali a più aspetti. Non ci si limita solo all’aspetto più evidente.

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Quindi alla ne i disturbi mentali sono condizioni sistemiche dove rientrano molti aspetti: il
patrimonio genetico, ma anche le vicende di vita che in uiscono moltissimo (i primi 3/4 anni di vita
sono importantissimi), qualità di comunicazione, la plasticità cerebrale, il modo di reagire a certi
stimoli, il modo di difendersi in certe situazioni.

Questa ultima edizione del manuale intanto ha sostituito il termine ritardo mentale con disabilità
intellettiva. Prima si faceva riferimento al QI (quoziente intellettivo) e c’era una scala e in base a
questa si facevano dei quesiti con un questionario e in base al punteggio si classi cava il ritardo
mentale. Oggi giorno no perchè si considerano vari ambiti, quindi le categorie e i criteri
diagnostici sono stati molto riformulati.

C’è tutta la parte dei de cit sulle funzioni intellettive, e qui si va a valutare la capacità di
ragionamento, il cosiddetto problem solving, la capacità di piani care le azioni future e quindi la
capacità di organizzare mentalmente la propria attività, capacità di astrazione (oggetto concerto e
concetto, cosa è la bontà?), capacità di giudizio, apprendimento. Questi de cit possono essere
valutati anche con dei test abbastanza standardizzati, danno già una informazione e non è
semplicemente solo il QI, ma ci sono tanti altri aspetti e componenti.

Poi ci sono gli aspetti del de cit del funzionamento adattativo, qui si entra nell’ambito
dell’indipendenza dell’individuo in ambito sociale, quindi nelle società ci sono più o meno degli
standard di comportamento, e anche qui ci sono tutta una serie di de cit che si possono
evidenziare.

Entrambe queste due categorie è importante andare ad analizzarle nel cosiddetto periodo critico,
nel periodo dello sviluppo.

Questo manuale alla ne categorizza tra loro in quattro livelli diversi di gravità. Si parte da una
disabilità lieve, dove ci sono disabilità sì in vari campi, il primo ambito in cui si nota è a scuola
dove si hanno problemi di calcolo lettura o scrittura e questi sono aspetti che si rilevano nei
bambini; successivamente nell’adulto si può avere il problema di non riuscire a fare ragionamenti
di tipo astratto, e poi può essere compromessa anche la memoria cosiddetta a breve termine. C’è
poi una immaturità nelle relazioni sociali e il rischio che questa persona non avendo maturità la
persona può essere sfruttata. La persona poi potrebbe aver bisogno di supporto anche per le
azioni quotidiane come il semplice fare acquisti.

Gli ambienti sono di tipo concettuale, sociale e pratico, ognuna di queste categorie a ronta e
classi ca questi ambiti.

Il livello superiore è la disabilità moderata e qui ci sono problemi scolastici. In ambito sociale c’è
un problema nel giudicare e quindi nel prendere decisioni, e quindi si ha bisogno spesso di un
supporto, di qualcuno che aiuti la persona. E nell’ambito pratico una persona adulta riesce a
svolgere i compiti base ma ha problemi di indipendenza lavorativa.

La disabilità grave è ad un livello ancora superiore e l’individuo comprende poco sia il linguaggio
scritto che quello parlato e comprende poco tutto quello che riguarda il calcolo, i numeri ma
anche la quantità e di conseguenza il denaro e quindi problemi di indipendenza anche da questo
punto di vista. Si possono poi avere di coltà nel linguaggio parlato. Poi problemi pratici, nelle
categorie precedenti l’individuo era quasi indipendente per i suoi bisogni, in questo caso molto
meno quindi non è in grado di gestire la propria vita e le proprie attività personali. Ha bisogno
supporto per i compiti domestici e anche nel lavoro ha bisogno di assistenza praticamente
continuativa. In qualche caso ci sono comportamenti disadattavi, l’individuo si accorge di essere
diverso e si possono avere problemi di autolesionismo.

Poi c’è il livello estremo con in tre ambiti. Per quanto riguarda l’ambito concettuale può avere
alcune abilità riuscendo a fare confronti tra le caratteristiche siche, ma spesso ci sono di coltà
concettuali. In ambito sociale di coltà e limitazione elevate nell’eloquio e nella gestualità, le
emozioni sono a livello molto semplice e spesso di tipo gestuale. Ci possono essere
compromissioni anche siche e questo può impedire molte attività sociale. Nell’ambito pratico
non c’è assolutamente indipendenza, la persona ha bisogno di supporto per tutto. La persona
partecipa a queste attività ma non riesce a svolgerle in autonomia e questi ostacoli portano a
limitare la partecipazione a tutta una serie di attività sociali e professionali. Quindi è molto
frequente il comportamento disadattativo.

Questi quattro livelli sono le quattro categorie principali del manuale.

13/04/2022

Parlavamo di disturbi a livello cognitivo e vediamo di cosa si parla quando si dice funzioni
cognitive, che sono quelle capacità dell’essere umano in particolare che ci permettono di
e ettuare una corretta interpretazione e gestione delle informazioni. Questo riguarda la capacità di
memoria, che può essere oggetto di vari tipi di menomazione, l’attenzione e l’azione di

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conseguenza. Poi la percezione di tutto quello che ci circonda, in senso lato, tattile uditivo,… E
poi la comprensione di tutte queste informazioni che arrivano dal mondo esterne e capacità di
dare risposte adeguate e farsi capire, questo coinvolge più ambiti delle nostre capacità cognitive.
È tutto un insieme di informazioni che devono essere coordinate dal nostro sistema nervoso
centrale. Non è escluso l’orientamento spazio temporale, dobbiamo sapere dove siamo e quando.

Tutte queste capacità possono essere soggette a disturbi. Possono intervenire a seguito di varie
cause, questi possono essere temporanei o permanenti. Una causa è a seguito di traumi cranici e
questo può portare a grossi scompensi e problematiche a livello centrale. Ma cause possono
anche essere interventi chirurgici sull’encefalo, e di solito si parla di rimozione di tumori maligni o
benigni che possono però compromettere varie funzioni cerebrali e quindi anche l’intervento
stesso può risolvere da un lato ma può creare problemi da altri lati. Oppure altra situazione le
malattie degenerative che coinvolgono il sistema nervoso centrale e la causa più comune è
l’invecchiamento.

La vita di relazione è compromessa quando i disturbi sono di un certo livello e quindi bisogna in
qualche modo cercare di dare dei supporti dal punto di vista ingegneristico a chi ha queste
problematiche.

Le cause appunto possono essere prenatale, negli ultimi mesi di gestazione, e ci possono essere
tante problematiche: genetiche, cromosomiche, ipossia (mancanza ossigeno. Le cause perinatali
nel momento della nascita, e anche qui le cause possono essere diverse: patologie dal lato
materno e aspetti più comuni come la prematurità, e poi complicanze che si possono avere in
gravidanza e nel parto. Cause postnatali che vanno da traumi che possono avvenire in qualsiasi
momento nella vita o intenzioni o problemi neuro degenaritivo.

Spesso non si conoscono però le cause soprattutto quando si tratta di un livello lieve di ritardo.
Spesso sono dovuti a fattori genetici e questi sono presenti in un ben 25% dei casi e fanno
riferimento a sindromi che sono caratterizzate da una serie di difetti e limiti a livello cognitivi. La
più nota è la sindrome di Down o trisomia 21.

Disabilità intellettiva, un tempo si chiamavano ritardo mentale, oggi giorno ha però una
denominazione più ampia, ed è de nita come una malattia cognitiva persistente che è casusata
da un funzionamento alterato del sistema nervoso centrale. Quindi le attività quotidiane sono
compromesse a livello più o meno grave e a questo sono legate tutte problematiche anche ad
aspetti sociali ad aspetti culturali e anche spesso e volentieri sono legate a problematiche anche
di tipo motorio del paziente. Quindi è un insieme di de cit dello sviluppo cognitivo ma anche
socio-relazionale, quindi ha una accezione più ampia.

In ambito antropologico si va a studiare la problematica a livello educativo. A livello psicologico ci


sono aspetti teorici e pratici per l’apprendimento. Aspetti linguistici, e quindi la capacità del
soggetto di esprimersi correttamente. Poi c’è l’ambito che rientra nella loso a ed è la loso a
della mente e qui ci sono tantissime ricerche. In ne l’ambito dell’intelligenza arti ciale, questa
riguarda strettamente le scienze cognitive, queste tecniche sono strettamente collegate ai
concetti delle neuroscienze e quindi si cerca di costruire un’intelligenza basandosi e avendo come
riferimento i meccanismi umani naturali siologici e biologici che riguardano le scienze cognitive.

L’ambito è molto ampio ma noi vedremo solo alcuni aspetti su come a livello ingegneristico si può
supportare i pazienti che so rono dei disturbi di tipo cognitivo. Dal punto di vista tecnico è stato
proposto negli anni il manuale DSM, che è la sigla per il manuale diagnostico e statistico dei
disturbi mentali. La sigla deriva dall’edizione iniziale degli Stati Uniti. Questo manuale è il più noto
ed è usato sia da medici sopratutto a livello neurologico, psichiatri e psicologi, ma anche in
ambito della ricerca non solo clinica ma anche bioingerestica. Questo manuale è in continuo
aggiornamento e sviluppo, attualmente si ha la versione 5, che è stata approvata dall’APA dieci
anni fa. Questo manuale è continuamente in evoluzione proprio perchè i risultati della ricerca si
vanno via via modi cando e quindi il manuale si aggiorna.

Oggi giorno il DSM 5 contiene tutta una serie di disturbi mentali, ne contiene 370 disturbi che
sono classi cati sia basandosi su sintomatologia ma anche su probabilità. La loso a che da
qualche decennio che è entrata in vigore è quella di un approccio multidisciplinare perchè non si
parla solo di un ritardo mentale ma di un complesso di elementi e fattori che possono avere una
base siologica e genetica e c’è anche però tutto l’aspetto siologico e sociale. L’ambito è stato
ampliato.

Il disturbo mentale è una condizione sistemica dove si tiene conto del patrimonio genetico, della
costituzione sica dell’individuo e molto importanti sono le vicende di vita, la storia di vita del
soggetto e questo può in uire molto sulla situazione, traumi di vario tipo, le esperienze, l’ambiente
e la qualità della vita, i rapporti intra e extra famigliari, e la plasticità dell’encefalo che varia da
soggetto a soggetto (e ha il suo massimo sviluppo nei primi anni di vita e poi diminuisce).

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La quinta edizione non fa più riferimento a quello che era considerato di ritardo mentale ma si
parla di disabilità intellettiva. Non si fa più riferimento al QI che era il parametro sul quale si
basava la gravità del disturbo. Ancora una volta ci sono più ampi che vengono considerato e il
loro insieme costituisce il livello di disabilità dell’individuo. Si considerano criteri diagnostici che si
basano su tre ambiti. Il primo è quello dei de cit delle funzioni intellettive quindi in questo caso si
valutano le capacità di ragionamento, di pensiero astratto, di giudizio e la di coltà eventuale
dell’apprendimento scolastico, che vengono valutati non solo dal punto di vista clinico ma anche
con test appositi. Poi ci sono de cit del funzionamento adattativo, quindi è importante valutare il
livello di autonomia e di responsabilità dell’individuo legato agli standard in cui la persona vive. Un
altro aspetto è quando si è avuto l’esordio di questi de cit, se durante il periodo dello sviluppo o
prima oppure in età adulta.

Quindi il manuale tenendo conto di questi aspetti de nisce quattro livelli di disabilità intellettiva,
quella più comune e di cui si conoscono le cause è fortunatamente quella più lieve. Si manifesta
con problematiche a livello scolastico, problematiche a livello di scrittura e calcolo. Questi sono
aspetti che riguardano l’eta infantile, negli adulti si tratta di problematiche che riguardano la
capacità di estrazione, la funzione esecutiva e la memoria a breve termine. Questi sono gli aspetti
che vengono valutati nel cosiddetto ambito concettuale. Ci sono tre ambiti quello concettuale,
sociale e pratico e tutti e tre danno luogo alla disabilità intellettiva lieve. Per l’aspetto sociale c’è
una immaturità del soggetto a svolgere il suo ruolo di persona in maniera attiva in ambito sociale,
capacità di giudizio non matura e questo mette a rischio la persona di farsi manipolare. L’ambito
pratico riguarda le attività della vita quotidiana, questi soggetti hanno bisogno di supporto ma
solo nelle attività più complesse, per esempio nel fare acquisti, l’uso di mezzi trasporto e la
gestione della casa ed eventuali gli; tutto questo richiede un supporto anche se non
continuativo.

Poi c’è la disabilità di livello moderato, siamo in una situazione più grave. Anche qui si distinguono
i tre aspetti. L’ambito concettuale si parte in genere ed emergono a livello scolare e prescolare,
ancora prima della scolarizzazione c’è un ritardo per quanto riguarda lo sviluppo del linguaggio.
Queste si sviluppano lentamente e sono inferiori rispetto alla media, e nell’adulto sono capacità
che si fermano al livello elementare. Nell’ambito sociale c’è una problematica riguardante la
capacità di giudizio sociale, le persone possono essere manipolate, c’è bisogno di persona di
supporto che aiuti il paziente a prendere decisioni. L’ambito pratico il problema riguarda la
possibilità o meno di avere una indipendenza lavorativa, per questa categoria si può avere
indipendenza lavorativa ma per capacità limitate. Ma in genere sono soggetti che richiedono
sostegno. A volte in qualche caso ci può essere un comportamento disadattavo rispetto
all’ambiente lavorativo e questo va monitorato e tenuto sotto controllo da parte appunto da chi
può prestare sostegno.

Poi c’è la disabilità intellettiva grave tutto quanto abbiamo appena detto è più marcato, quindi sia
in ambito concettuale, sia sociale sia pratico ci sono ulteriori limitazioni. L’individuo comprende
poco il linguaggio scritto o tutto ciò che riguarda l’elaborazione a livello di calcolo, quindi anche i
numeri, le quantità, il tempo e il denaro. In ambito sociale la gestione economica è limitata, la
persona deve essere supportata anche perché spesso il linguaggio parlato è limitato, la persona
riesce ad emettere poche parole o frasi molto semplice e la tecnologia in questo ambito o re
ausili di tipo aumentantivo, quindi per aumentare in qualche modo le capacità comunicative della
persona. Nell’ambito pratico tutte le attività della vita quotidiana richiedono sostegno, la persona
non è in grado di prendere decisioni responsabili neanche riguardo al proprio benessere e quindi
neanche a quella che può essere l’ambito famigliare. È una persona che richiede un sostegno
continuativo. Ci possono essere situazioni estreme in cui il comportamento è fortemente
disadattativo tanto è vero che si arriva anche a fenomeni di auto lesionismo, la persona si fa del
male perchè ha questa visione negativa e distorta di quella che è la propria esistenza e l’ambiente
in cui vive.

Poi c’è la disabilità estrema. Anche qui si considerano i tre ambiti. Per l’ambito concettuale
l’individuo può usare oggetti ma in modo nalizzato, ci possono essere alcune attività che
possono essere svolte dall’individuo come confronti e classi cazioni basati su caratteristiche
siche e riconoscere l’oggetto perchè diverso o simile ad un altro. In questo soggetti ci sono poi
anche compromissioni a livello motorio e sensoriale, magari riescono a riconoscere gli oggetti ma
non sono in grado di usarli in maniera funzionale. L’ambito sociale è estremamente compromesso
perchè la comunicazione simbolica, verbale o scritta non è assolutamente facile per queste
persone, c’è una comprensione limitata. Alcuni gesti o istruzioni semplici sono compresi ma sono
individui che hanno grosse capacità verbali e quindi comunicano con gesti e movimenti, e ancora
una volta la compromissione di tipo sensoriale possono impedire molte attività. Dal punto di vista

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pratico il livello è quello estremo e quindi la persona è dipendente da altri in tutti gli aspetti della
propria vita, sia per quanto riguarda la propria salute, la sua sicurezza, la sua igiene personale
quotidiana… in tutti i casi può avere bisogno di un supporto anche se può comunque essere in
grado di partecipare a queste attività. Le compromissioni siche sensoriali in questo caso sono
presenti spesso e rappresentano ostacoli nel partecipare a qualsiasi tipo attività in ambito
domestico, famigliare o lavorativo.

Queste sono le quattro grandi categorie. Ci sono quasi 400 disabilità che vengono descritte in
questo manuale. Ora non abbiamo tempo e sarebbe inutile descriverle tutte. Però facciamo ora
alcuni esempi interessanti per le applicazioni bioingeresitiche.

Una di queste è la Sindrome di Asperger. È dell’ambito dei disturbi pervasivi dello sviluppo. Sono
molto a ni ai disturbi dello spettro autistico, è collegato a questa ampia casistica. In particolare
questa sindrome è causata da un insieme di sintomi. È molto compromessa l’interazione sociale,
il soggetto ha dei modelli comportamentali stereotipati e quindi vuole seguire certe azioni sempre
nello stesso modo e sempre nella stessa sequenza, e cambiare o modi care radicalmente questa
sua procedura causa grossi scompensi e grosse reazioni anche violente. Non c’è un ritardo
signi cativo dal punto di vista clinico nello sviluppo cognitivo e non c’è ritardo nel linguaggio, ma
il soggetto ha attività e interessi molto limitati. Poi ci sono altre caratteristiche. L’individuo può
parlare anche da solo, prosodia ristretta e go aggine sica, ha un modo di muoversi e di
camminare e di gestire particolare che pur essendo abbastanza tipico di questa condizioni non
sono però discriminanti per la diagnosi, perchè è una sindrome border line con tutta la serie di
sindromi dell’autismo.

Altra sindrome è la ADHD è una sindrome che ha delle manifestazioni un po estreme sopratutto
da lato dell'attenzione, il soggetto sarebbe in grado di seguire un ragionamento astratto ma si
distrae molto rapidamente, non arriva poi a capo di questo apprendimento e poi ha manifestazioni
impulsive e sopratutto iperattività motoria e questo rende davvero complicato il suo sviluppo in
ambito infantile e scolastico e anche l’integrazione e l’adattamento dal punto di vista scolastico.
Sono disturbi che sono dovuti ad alterazioni della crescita e dello sviluppo del cervello e in
generale del sistema nervoso. Qui ci sono diagnosi più speci che a livello clinico. Questa
sindrome che si chiama sindrome da de cit di attenzione e iperattività è quella che caratterizzava
genericamente quelli che venivano chiamati i bambini che non stavano mai fermi, molto agitati, e
di cili anche dal punto di vista pedagogico da tenere sotto controllo.

Poi c’è un grosso ambito che riguarda il cosiddetto spettro bipolare. Dal punto di vista
ingengerisitco ci sono molti studi che studiano questi disturbi. Un tempo erano indicati con il
termine psicosi maniaco-depressiva. a livello clinico riguardano prevalentemente l’ambito
psichiatrico e sono caratterizzati dall’alternanza fra due situazioni opposte dell’attività psichica.
C’è la fase di eccitamento detto anche mania dove il soggetto ha delle ssazioni ha delle
condizioni maniacali, e dall’altro lato si ha l’inibizione la condizione di depressione di questi
soggetti che sono anche caratterizzati da nevrosi e disturbi del pensiero. A livello del pensiero ci
sono delle immagini estremamente gravi dal punto di vista psichico e sociale. Questi soggetti
sono critici per via dell’alternanza di queste due condizioni una l’opposto dell’altra e sopratutto
quando si passa nella fase inibitoria di depressione non è così infrequente che il soggetto possa
tendere ad autolesionismo.

Ritorniamo al concetto base, il ritardo mentale. Oggigiorno si parla di disabilità intellettiva, è una
condizione non così rara, un soggetto ogni 100 ha un qualche livello di disabilità intellettiva.
Mediamente c’è una prevalenza leggera nella popolazione maschile. Spesso questa disabilità
intellettiva è associata a malattie psichiatriche. Queste ultime spesso hanno una incidenza di tre o
quattro volte superiore rispetto al resto della popolazione. Questi disturbi sono de cit di
attenzione, iperattività, disturbi di ansia (tipo bipolarità), disturbi dello spettro autistico e poi ci
sono disturbi da movimento stereotipato e disturbi da mancanza di controllo dei propri impulsi.

Come può essere trattata una disabilità di questo tipo, una disabilità intellettiva o cognitiva, ci
sono varie condizioni, c’è una gamma amplissima. Spesso, soprattutto nei casi media e grave
gravità spesso si ricorre a trattamenti medici e farmacologici che sono spesso mirati a contenere
o ridurre comportamenti problematici che sono associati a queste disabilità e in particolare quelli
più pericolosi sono la pericolosità verso gli altri, l’autolesionismo verso se stesso ma anche tutto
l’ambito dei cosiddetti movimenti stereotipati che possono essere mitigati attraverso medicine,
ma anche per gli stati di disattenzione e iperattività. Si ha poi tutta una fase riabilitativa che può
essere variegata. Nel caso di ritardo mentale la riabilitazione vuole introdurre se proprio è carente
totalmente oppure rinforzare se non manca del tutto quelle abilità che a causa del problema del
soggetto non sono su cientemente sviluppate e non si sono consolidate in maniera spontanea.
In ambito riabilitativo in questo caso si cerca di lavorare sulle capacità attentive, quindi si cerca di

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fare in modo che il soggetto riesca ad avere un livello di attenzione su ciente proprio per
imparare tante cose a livelli diversi; si vuole aiutare lo sviluppo del linguaggio; si vuole cercare di
introdurre o rinforzare le attività di autonomia del soggetto per la gestione di se stessi. Sono state
sviluppate una serie di tecniche cognitive e comportamentali che variano a seconda della
patologia e mirano anche a livello emotivo, cercare di fare sviluppare capacità emotive o di fare in
modo che vengano gestite in maniera coerente, non nociva per se stessi o per gli altri. Anche poi
abilità di tipo sociale sotto le tecniche che vanno sotto il nome di Social Skills training.

Un altro aspetto che non è secondario è il Parent Training è un training, un intervento che mira ad
insegnare ai genitori o a chi si occupa di questi soggetti ad aumentare nei genitori la
consapevolezza dei limiti del glio, questo non è banale perchè i genitori tendono a non accettare
che il glio abbia delle disabilità e cercano in tutti i modi di considerare “normale”. Questo è
sicuramente dannoso perchè non fa altro che incrementare il divario che c’è tra questo bambino e
l’ambiente sociale. Quindi il Parent training è psico educazionale, proprio perchè interviene a
livello di chi cura e gestisce questi soggetti con disabilità. Una volta che i genitori hanno acquisito
questa consapevolezza possono essere di grandissimo aiuto, possono sostenere ed aiutare e
possono essere in grado di gestire gli stati emotivi che altrimenti potrebbero essere fuori controllo.
È molto importante che i genitori siano istruiti per gestire la persona nel modo migliore possibile in
modo da favorire una sorta di riabilitazione del soggetto.

Ci sono nel DSM5 oltre 400 disturbi elencati. La versione 5 è datata una decina di anni fa e
continuamente i progressi della ricerca e della scienza propongono varianti delle varie sindromi.

[in slide i vari esempi di modi che]

Con questo manuale si classi cano tutti i disturbi.

Noi ora in particolare ci focalizziamo sui disturbi della memoria perchè sono quelli su cui la
tecnologia può dare un contributo. Cosa è la memoria? Noi abbiamo una capacità non solo di
conservare delle informazioni, i ricordi, ma anche di codi care queste informazioni e al momento
oppure in occasioni particolari le rievochiamo. Quindi gli step essenziali sono la capacità di
codi care queste informazioni nel nostro cervello, dopodiché devono essere conservate in
qualche modo e quindi poi avendole conservate le posso rievocare. È una procedura concettuale
che è molto simile alla memoria di un computer. Nasce prima la memoria umana e quindi questa
schematizzazione è nata sulla scia delle nostre capacità mnemoniche. Se una parte del nostro
cervello sono colpite da qualche anomalia, trauma o menomazione questo può compromettere
ovviamente le capacità di rievocare, di conservare le informazioni. Questi disturbi della memoria
possono essere di tipo progressivo, e sono quelli più comuni, per esempio nelle malattie di tipo
neurodegenerativo, tipo Alzheimer con l’eta i neuroni si alterano e si può andare verso una perdita
di memoria più o meno grave; però ci possono anche essere problemi con un esordio più
immediato, e la situazione più comune in questo caso è la situazione di un trauma cranico per cui
come conseguenza la persona perde temporaneamente o per sempre la memoria, una parte
piccola o grande dei ricordi.

Quindi le nostre capacità mnemoniche si possono distinguere in due grandi categorie principali.
La memoria a breve termine, che è la memoria sensoriale, noi abbiamo nell’immediato la capacità
ci percepire certe sensazioni di varia natura, le acquisiamo e ce ne ricordiamo a breve. Poi c’è la
memoria a lungo termine, questa a sua volte può essere suddivisa in due branche: la memoria
dichiarativa o esplicita e la memoria non dichiarativa o implicita. Poi la rami cazione procede
ulteriormente. Quando si parla di memoria esplicita si distingue tra quelli che sono gli eventi (i fatti
biogra ci concreti che ci succedono ) oppure i fatti, questo riguarda un ambito più ampio la
conoscenza del mondo del linguaggio, le informazioni che ci consentono di contestualizzare tutto
ciò che ci circonda. Memoria personale ed episodica la prima e una memoria concettuale del
mondo, che è comunque personale. La memoria non dichiarativa ha tutta una serie di sotto
categorie. C’è la memoria procedurale, quindi tutte le nostre abilità motorie e cognitive derivano
dal fatto che noi sappiamo svolgere certi compiti perchè li abbiamo memorizzati nella loro fase
procedurale. Poi c’è il sistema percettivo della rappresentazione anche qui è il cosiddetto priming
percettivo signi ca che ho esperienza e quindi mi ricordo di certe cose perchè le ho percepite.
Condizionamento classico, quindi risposte condizionate tra due stimoli, io non metto il dito sul
fuoco perchè dopo la prima esperienza ho memoria di non mettere il dito sul fuoco. In ne
l’apprendimento non associativo che riguarda tutte le complesse dinamiche di assuefazioni di
certe situazione e la sensibilizzazione verso certe situazioni.

Questo schema non è univoco, è solo un modo per schematizzare le varie componenti della
nostro memoria, però è un argomento molto dibattuto. Quindi va visto su vari punti di vista.

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Perchè perdiamo la memoria? Quando si perde la memoria si parla di amnesia, ed è un disturbo
che riguarda diverse patologie. L’amnesia in se per se di solito non c’è, ma è dovuta a qualche
altra causa. Ci sono due tipi di amnesia, quella anterograda che consiste nel non riuscire a
ricordare eventi successivi all’evento che ha causato l’amnesia, mentre quella retrograda che è
quella più comune riguarda invece la memoria, quello che è stato conservato e recepito nella
mente per quanto riguarda anni o mesi precedenti al momento rispetto al momento che ha
causato questa situazione. La retrograda fa dimenticare il passato, mentre quella anterograda fa
dimenticare gli eventi successivi all’evento. Quella retrograda è quella più comune, quella
anterograda non è che impedisca completamente la capacità di apprendimento all’evento lesivo,
perchè alcune capacità, alcuni tipi di apprendimento rimangono in genere anche dopo l’evento,
mentre il vero danno avviene solitamente a livello della memoria esplicita o dichiarativa.

Quali possono essere le cause che portano alla perdita di memoria? La causa forse più comune e
anche quella più siologicamente più normale è l’invecchiamento, con l’età si può perdere la
capacità di ricordare e di memorizzare e questo può portare alla demenza che può portare
all’alzheimer. L’altra causa prevalente sono i traumi sici, questo tipo di disturbo della memoria a
volte si ha in uno spazio temporale limitato perchè si recupera. Si può avere l’amnesia
anterograda è l’amnesia che porta a dimenticare gli avvenimenti più recenti; l’altro tipo di amnesia
è quella retrograda che non ci consente di recuperare alcuni o tutti i ricordi del nostro passato.

Poi si può avere il trauma emotivo, qui si parla di un tipo di disturbo causato da un forte stress
emotivo e si tende a rimuovere dalla memoria tutto quello legato a questo evento. Può essere un
disturbo post traumatico da stress. Una peculiarità del nostro essere umano è quello di causare il
minor danno possibile a noi stessi, quindi la perdita di memoria in questo caso è per auto
conservazione.

Poi ci sono altre cause, queste patologie neurologiche o psichiche. Il Parkinson può essere legato
all’invecchiamento ma non sempre ed è un disturbo neurologico. Altrimenti si può avere la
pseudodemenza depressiva che è una patologia psichiatrica, e la depressione porta anche alla
perdita di certe aree della memoria.

Quindi quelle che abbiamo appena elenecato sono cause, ma cosa avviene realmente? La
risposta alla domanda perchè dimentichiamo non è univoca. Ci sono alcune ipotesi, alcune
strategie che possono anche essere interconnesse tra loro. Una è la teoria del disuso, se io non
utilizzo certi contenuti della memoria, certi elementi non li vado a rievocare alla ne questo
elemento viene perduto.

Oppure si hanno le strategie non congruenti per il recupero delle informazioni. Noi le informazioni
le codi chiamo e le immagazziniamo. Una ipotesi è quella vado ad applicare delle strategie di
recupero delle informazioni che non sono congruenti con quelle con cui ho e ettuato la codi ca.
Questa è una ipotesi che ha anche delle basi scienti che, ma è molto più di cile oggi giorno da
veri care.

Altra ipotesi è la presenza di troppa informazione. Ho memorizzato troppe informazioni e quindi


ad un certo punto qualcosa dimentico. Si chiama teoria dell’interferenza, io più di tot non riesco a
memorizzare.

Poi ci sono le condizioni emotive, queste se un evento è stato traumatico, ha causato una
condizione emotiva particolarmente forte e intensa si può avere il blocco emotivo e la rimozione di
questa informazione. Situazioni traumatiche possono, sempre per cautelarci come esseri umani,
essere rimosse.

Si parla può parlare di un modello base della memoria [schem su slide] che non è univoco, è una
possibilità, per cercare di capire e spiegare non solo come ricordiamo ma anche come
recuperiamo le informazioni.

Noi abbiamo l’informazione un qualche evento in ingresso, questo attiva i nostri sensi di varia
natura, il primo step è la memoria sensoriale. Questa attiva l’attenzione, è un termine che è molto
ampio e implica una serie di aspetti. Io ho la memoria del dolore per esempio e attivo un
meccanismo di attenzione, se vedo del fuoco mi ricordo che se lo tocco fa male. L’attenzione mi
attiva e entra nella memoria a breve termine. Si può reiterare l’evento no a che ad un certo punto
l’evento, l’informazione viene codi cata e va nella memoria a lungo termine. Quindi questa
informazione può essere rievocata nel momento in cui mi trovo davanti a qualcosa che rievoca
questa informazione. La qualità e la quantità dell’informazione che vado a rievocare dipendono
dalle condizioni in cui si è svolto l’apprendimento (un conto è se io mi brucio con la candela, un
altro conto è se ho visto qualcun altro che si è bruciato con la candela). Tra le fasi di attenzione io
posso anche perdere informazioni, magari perchè non ho prestato abbastanza attenzioni e quindi
posso perdere informazioni per decadimento o per interferenza con altre azioni che mi hanno

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richiesto di attivare l’attenzione per altre cose. Questa può essere una spiegazione a livello
macroscopico, tutti questi blocchi hanno delle caratteristiche, non saranno speci ci, ma
dipenderanno dall’individuo. Per passare da un blocco al successivo e viceversa lo schema però
deve essere questo, almeno in questo modello. Questo modello non prevede che si saltino dei
passaggi.

Non abbiamo una versione uni cata a livello scienti co che dia una risposta chiara e univoca a
questo problema.

Quello che invece si può fare, ipotizzando questo modello, è andare a vedere quali possono
essere le malattie o le sindromi che portano a disturbi della memoria. Ad esempio la afasia,
questa è una patologia che riguarda il nostro sistema di produzione e comprensione della parola
che non funziona più, non si riesce più a parlare ma non si comprende neanche. Fra le patologie
che hanno a che fare con la perdita della memoria si può avere l’afasia. Ovviamente poi si hanno
tutte le patologie che riguardano l’encefalo a vari livelli e a varie condizioni. La demenza, quindi
Alzheimer e aspetti degenerativi analoghi. La malattia di Hntington che porta a problemi
degenerativi, è una malattia genetica che colpisce la muscolatura e porta anche ad un declino
cognitivo e a problemi psichiatrici e quindi va ad in uire anche sulla memoria. La malattia di
Parkinson. Altra sindrome studiata è quella di Korsako che porta alla demenza ed è legata alla
carenza di una sostanza che è la tiamina.

Quali possono essere i disturbi che si accompagnano alla perdita di memoria? I disturbi di tipo
transitorio, quindi disturbi dello stato di coscienza, in qualche situazione si può avere uno stadio
confusionale dovuto a traumi psichici per esempio. Poi ci sono disturbi non transitori, del pensiero
e della percezione (quindi aspetti deliranti o schizofrenia o dovuti a sostanze). Poi c’è tutta la sfera
cognitiva. Disturbi dell’a ettività, si può arrivare a perdere la memoria in situazioni di depressione,
l’individuo depresso sempre per questa capacità del nostro organismo di auto proteggersi. Ansia,
stress, panico sono tutte condizioni della sfera emotiva a ettiva. Disturbi della coscienza dell’io,
riguarda disturbi di personalità, l’individuo non riconosce se stesso o si vede in tutt’altra
condizione rispetto a quella reale. Poi si hanno disturbi della coscienza dell’io, l’individuo non ha i
ricordi di se stesso e quindi è fuori dalla propria essenza, e quindi dalla coscienza di se stesso.

Quindi le cause sono tante, i motivi sono abbastanza individuati ma i meccanismi alla base della
memoria di come si crea e si perde non è ancora dal punto di vista scienti co chiarito. Su questo
ci sono tantissimi studi e ricerche che ci porteranno in futuro a chiarire tanti di questi aspetti.

Quello che si può fare è proporre alle persone con disturbi di questo tipo dei dispositivi della
tecnologia che può essere o di tipo assistitivo, dare un supporto alla persona che so re di disturbi
di questo tipo o anche riabilitativo, nell’ottica di un recupero di certe funzionalità che possono
anche non essere completamente compromesse. Nel nostro ambito ingegneristico cosa si fa?
Ovviamente c’è un impiego della cosiddetta tecnologia ICT che ha questo scopo questo obiettivo
di fornire all’individuo che ha un de cit sensoriale di qualche tipo che consenta di convertire le
informazioni dall’organo non funzionante in un altro senso. Per essere più chiari ad esempio io ho
un computer e voglio leggere un testo e si hanno dei dispostivi che convertono il testo acquisito
da computer in qualcosa che si può percepire con un altro organo per esempio con il tatto con il
braille, nel caso di non vedente. Si passa da un senso perso che è la vista ad un senso non
perduto che è il tatto.

I vari dispositivi possono essere azionati in vario modo. Per esempio un computer possiamo
cliccare sui tasti o usare i mouse e questo implica capacità motorie gestibili. Spesso in persone
con disabilità questo non è possibile e come vedremo sono stati progettati e realizzati dei mouse
speciali molto più semplici che consentono il controllo delle azioni sul computer a persone con
scarsa capacità manuale o addirittura nessuna.

Poi ci sono tutta una serie di applicazioni di tecnologia quelli che riguardano la mobilità e
l’autonomia dell’individuo, quest’ultima è lo scopo principale della riabilitazione. Riabilitare vuol
dire dove possibile fare in modo che la persona recuperi le sue capacità funzionali dove non è
possibile che lo aiuti a supportare e sostituire le sue capacità perse con altri dispositivi che lo
rendano autonomo. Qui ci sono i computer on board, computer installati su una sedia a rotelle per
esempio e con questo computer la persona si può muovere in autonomia e gestire tutta una serie
di attività nella sua cosa intelligente per esempio.

Questo è quello che fa il bioingegnerie nell’ambito della riabilitazione.

Per sempli care in cosa poi di fatto consiste, con dispostivi più o meno moderni o miniaturizzati,
tutta la catena di quella che è la tecnologia assistita. Da un lato ci sono le componenti di
trasmissione dell’informazione che deve essere recepita, qualsiasi tipo di dispositivo che

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consente di trasmettere queste informazioni a un lato ricevente che è poi quello che riguarda il
paziente, l’individuo e può essere ricevuto su un computer o con altre modalità, con metodi di
ricezione di vario tipo. Il punto è che i segnali in partenza, da acquisire, possono essere di tipo
molto vario, possono essere segnali veri e propri, del testo, delle immagini, dei suoni anzi spesso
sono un insieme di queste cose. Anche il tipo di trasmissione può essere di vario tipo, quella più
normale è via cavo. Ci sono poi altrettanti dispostivi per la ricezione di queste informazioni.

La presenza di un assistente di comunicazione, può essere una persona ma oggi giorno non c’è
quasi più una persona sica (c’è solo in alcuni casi quando il segnale trasmesso e ricevuto non ci
siano errori). Oggi giorno questo viene fatto in modo automatico e questo non è però a volte
scevro da errori.

Cosa vuol dire tecnologie assistive? È una serie di dispositivi che devono aiutare la persona che
ha delle di coltà in particolare per disabilità cognitive in questo caso. La tecnologia deve essere
tale della natura della disabilità cognitiva e anche dell’eventuale presenza di ulteriori disabilità
della persona. Bisogna proporre e introdurre dei dispositivi personalizzati il più possibile. È inutile
fornire ad una persona un dispositivo ottimo speach to test quando però la persona ha anche
problemi alla vista. Quindi l’individuazione della natura della disabilità può essere variegata, quindi
alcune persone con certi tipi di disabilità cognitive possono trovare utili delle tecnologie che sono
utili anche per persone con disabilità diverse.

Vediamo ora una serie di dispositivi che come denominazione possono essere generici ma che
poi sono stati i primi dispositivi che sono stati sviluppati. Sono utili per localizzare la persona e
anche per guidarla nelle varie mette e destinazioni che si pre gge di raggiungere.

Il cosiddetto GPS che un tempo era disponibile da indossare su orologi da polso e questo era ed
è utile per esempio in malati di Alzheimer. Questi malati hanno la problematica della perdita di
memoria e quindi anche il disorientamento. Quindi una persona che so re di questa malattia ma
che ha tutte le altre capacità funzionanti, potrebbe ritrovarsi in una situazione in cui si trova in
luogo ma non sa dove è e quale è la strada per raggiungere la destinazione o per tornare a casa.
Questo dispositivo da polso contiene un gps per la localizzazione e di solito un dispositivo
wireless per comunicare con qualcuno. Ha dei limiti quando si utilizza in ambienti chiusi che
limitano la trasmissione.

L’acitvity compass era un dispositivo di tipo gps che era integrato su un dispositivo portatile. Già
nelle sue versioni originali implementava tecniche di intelligenza arti ciale, va a registrare via via la
posizione della persona e la sua direzione e piani ca i suoi spostamenti. Questo dispositivo
registrando queste informazioni piani ca gli spostamenti e la direzione più probabile per
raggiungere la meta. Ovviamente i primi dispositivi erano ingombranti oggi giorni il tutto è
implementato e impresentabile sul cellulare e sono provvisti di gps. Orientamento con freccia
direzionale.

Poi ci sono altri dispositivi. Trasmissione tramite radiofrequenza per monitorare il cammino.
Stiamo parlando di guida per persone con disturbi cognitivi che quindi possono perdere
l’orientamento, perdere la nozione dello spazio e del posto in cui si trovano. Quasi tutti questi
dispostivi sono muniti da un sistema di allarme, la persona se non riesce ad orientarsi la persona
riesce ad attivare un sistema di allarme e quindi viene rilevata la sua posizione e può essere
aiutato e portato alla destinazione.

Ora si hanno dei dispositivi che contengono una prima schermata dove il soggetto che non è in
grado di comunicare verbalmente in modo corretto viene aiutato con delle icone con testo
sottostante. Quindi si suppone che il testo sia azionato dalla persona con menomazioni cognitive
ma sia poi letto dalla persona che lo assiste. Questi dispositivi vengono programmati in base alla
persona.

Altri dispositivi sono basati sull’Eye tracking. Il soggetto che ha problemi di manualità, di coltà di
uso degli arti, comanda e attiva le varie icone sull’interfaccia con movimenti oculari. Quindi il
dispositivo riesce a riconoscere dove lo sguardo è puntato. Il dispositivo deve essere tenuto
parallelo alla sguardo e ad una certa distanza. Il dispositivo acquisisce il puntamento degli occhi
ed e ettua una calibrazione sull’individuo sul soggetto che lo utilizzerà. Va calibrato sulla persona,
va parametrizzato, le grandezze vanno impostate ad hoc per la persona che lo usa. Questi
dispositivi essendo utilizzabili da persone con gravi menomazioni motorie sono fatti in modo da
ltrare certe componenti che potrebbe in ciarne l’uso, per esempio tremori che possono far
recepire il segnale in modo sbagliato.

Ci sono poi altri dispositivi, si può parlare di memoria. La perdita di memoria non si sa la causa
ma c’è. Queste persone devono essere aiutate e supportate in cose anche banali ma essenziali
per la vita quotidiana. Per esempio un banalissimo promemoria per farmaci: orologi con timer che

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sono in grado di produrre no a 12 segnali sonori o vibrazioni anche con una breve descrizione
del prodotto da assumere. Poi ci sono i cosiddetti distributori elettronici delle medicine, che non
solo fungono da memoria ma fungono anche da dispenser. Questo tipo di dispositivi può essere
usato solo nel caso che la persona abbia intenzione di curarsi. Sono poi anche dispositivi che
hanno un controllo di rifornimento della medicina, e mandano un segnale al medico o assistente
che il farmaco sta nendo. Poi ci possono essere i promemoria general-prurpose, si possono
mettere memo su tutti i dispositivi che fanno da promemoria per qualsiasi tipo di cosa.

28/04/2022

Un disturbo della memoria può essere causato da un evento improvviso come ad esempio un
trauma cranico, è reversibile spesso, altrimenti può essere un problema causato da malattie
degenerative, per esempio l’Alzheimer.

La memoria la si può suddividere in memoria a breve e a lungo termine. Quella a breve termine
riguarda la memoria sensoriale, ciò che percepiamo e ricordiamo percependo attraverso i nostri
sensi. Quella a lungo termine ha una struttura più complessa, si può a sua volta suddividere nella
memoria esplicita o implicita. All’interno di queste due aree ci sono poi altre sotto specie, nella
memoria esplicita si può parlare di eventi e fatti, memoria autobiogra ca (episodi vissuti) e
memoria generale (conoscenza di quello che ci circonda). La memoria implicita è più articolata ma
sono suddivisioni non univoche e si parla di memoria procedurale (le nostre abilità motorie e
cognitive compiamo gesti e procedure quotidianamente in maniera meccanica), poi c’è quello che
riguarda ciò che noi abbiamo acquisito e ciò che ci ricordiamo, condizionamento classico (implica
risposte condizionate a certi stimoli, tra due stimoli scelgo uno piuttosto che l’altro) e
apprendimento non associativo (livello di sensibilizzazione che si può avere).

A noi interessa capire se e in che modo possiamo intervenire e dare un supporto in condizioni di
perdita più o meno grave della memoria. Si chiama in genere amnesia la perdita di memoria.
Questo categorizza in generale la perdita di memoria, però ci sono varie forme. L’amnesia si
distingue in amnesia aterograda quando successivamente all’evento che ha causato la perdita di
memoria non riusciamo più a ricordare cosa succede dopo questo evento; più comune è invece
quella retrograda che si ha quando si cancellano invece memorie/fatti/eventi o altro che sono
relativi a periodi precedenti a quello che ha causato la perdita di memoria. L’anterograda
ovviamente non preclude nessuna attività perchè appunto alcune nozioni base in genere non
vengono colpite, il danno avviene più nella memoria esplicita o dichiarativa.

Quali possono essere le cause? Quella più comune e siologicamente normale è


l’invecchiamento, e qui ci possono essere vari livelli; quello più grave e invalidante è la demenza
che in genere è legata a disturbi come l’Alzheimer e non sono reversibili, hanno un evoluzione
verso una situazione peggiore. Poi ci sono i traumi sici e si può avere amnesia retrograda o
anterograda. I traumi spesso possono consentire una volta superata la fase critica il recupero
almeno parziale di ricordi, a volte sono fenomeni transitori. Poi si possono avere traumi di tipo
emotivo, quindi una perdita di memoria da disturbo da stress post-traumatico, un evento
particolarmente tragico/doloroso che ha colpito nel profondo dell’animo la persona, allora la
nostra mente può eliminare questi ricordi dalla mente in ottica della sopravvivenza. Poi ci sono
ovviamente altre condizioni patologie di tipo neurologiche come il Parkinson oppure disturbi di
tipo psichico (pseudodemenza depressiva, soggetto a etto dal depressione può perdere la sua
capacità di memoria).

Come mai dimentichiamo? Questo è un punto interrogativo su cui non c’è una risposta certa. Ci
sono solo ipotesi. Una è quella della teoria del disuso, meno un contenuto di memoria e tanto è
più probabile che venga perduto. Oppure strategie di recupero della memoria del ricordo che non
sono congruenti con quelle con le quali il ricordo è stato codi cato, anche qui c’è uno schema
che implica una serie di passaggi per arrivare a memorizzare un ricordo che se non sono poi
ripercorsi nella memoria corretta non ci consentono poi di recuperare i ricordi. Oppure teoria
dell’interferenza, abbiamo memorizzato una troppo elevata quantità di informazioni e non c’è più
spazio. Sono tutte ipotesi e non avallate. Altrimenti una delle ipotesi più veri cate è che si ha un
blocco emotivo per cui questi eventi traumatici vengono in qualche modo rimossi per evitare di
portarsi dietro questo dolore/ricordo traumatico e quindi per avere una situazione di vita migliore.

Si fa uso di modelli memoria. Uno è il seguente. C’è un evento chiamato input che entra nella
cosiddetta memoria sensoriale, percepiamo uno stimolo sensoriale. Mettiamo un dito sul fuoco
percepiamo questa sensazione e questa produce una reazione sica e attiva la nostra attenzione.
Questa informazione va nella memoria a breve termine e in un primo momento possiamo recepire
questo fatto del fuoco che fa male e se la cosa non si ripete più questa informazione potrebbe
essere persa, per decadimento o per interferenza con altri eventi. Se però il fenomeno si ripete,

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allora a questo punto il fenomeno viene in
qualche modo codi cato, associo il concetto di
ricordo doloroso al fatto che il fuoco brucia e fa
male. A questo punto il concetto entra nella
memoria a lungo termine. Quindi tutte le volte
che si ripropone l’evento io recupero e rievoco
questo fenomeno. Ovviamente questo recupero
sarà commisurato alle condizioni in cui si è
sviluppato l’apprendimento, se in situazione
negativa o positiva.

Quali possono essere i disturbi che hanno in se o portano a perdita di memoria? Delle
conseguenze si possono avere anche l’afasia, l’incpacità di parlare, se io perdo per motivi
traumatici o per patologie perdo la capacità di ricordare come si fa a parlare (aree che controllano
la parte semantica e sintattica del linguaggio) se io ho dei danni a queste aree o all’area motoria
può portare ad afasia. Ovviamente qualsiasi malattia a livello dell’encefalo può in uire sulla
memoria. La demenza. Altre malattie Huntington, ALzheirmer, Parkinson sono tutte malattie
neurodegenerative. La malattia di Huntington è una malattia genetica che comunque colpisce il
coordinamento muscolare e porta poi ad un declino cognitivo. La sindrome di Korsako è una
malattia neuro degenerativa che è legata ad una carena di diammina e porta a demenza e poi
perdita di memoria.

Ci sono poi varie altre condizioni. Quelle appena viste sono patologie, perdite legate ad una
condizione patologica speci ca. Ci sono poi stati confusionari, disturbi transitori dello stato di
coscienza. Disturbi del pensiero e della percezione tipo la schizofrenia. Oppure tutti i disturbi
indotti dall’assunzione di sostanze stupefacenti. Tutte queste condizioni creano squilibrio. Poi ci
sono i disturbi della sfera cognitiva, le insu cienze mentali genetiche o dovute ad altre
problematiche. Poi ci sono disturbi più di tipo pscicologico, disturbi dell’a ettività (depressione,
disturbi di Ansia, da stress, attacchi di panico…). I disturbi del funzionamento dell’io, disturbi di
personalità e stati emotivi passionali, e disturbi della coscienza dell’io, perdita di realizzazione
disturbi che sganciano l’individuo dalla realtà sono detti anche disturbi dissociativi.

Cosa si può fare da un punto di vista assistitivo a riabilitativo? Ovviamente la tecnologia ICT
consente di sopperire ad alcune problematiche. Conversione equivalente dell’informazione
destinata a un organo di senso ad altro, per esempio da un testo a una sensazione tattile o vocale
per i non vedenti. Si possono poi usare dispositivi particolari oppure applicazioni che possono
aiutare la persona per la sua autonomia nella mobilità e a casa.

Una informazione che può avvenire da qualsiasi tipo di dispositivo viene codi cata e trasmessa
opportunamente in alcuni casi grazie ad una gura sica oppure un particolare dispositivo
(computer) viene poi trasmessa e decodi cata su un altro dispositivo e con un’altra fonte di
comunicazione alla persona che deve ricevere l’informazione. Questo è lo schema di quella che si
chiama Assistive-AT, tecnologia assistitiva.

Ovviamente la tecnologia assistiva è varia perchè bisogna individuare e fornire alla persona
disabile il dispositivo corretto, bisogna conoscere la natura della disabilita cognitiva e se sono
presenti altre disabilità. La presenza di altre disabilità va presa in considerazione, ci può essere
una disabilità cognitiva legata ad altri problemi che possono essere visivi, motori …. Anche un
insieme di queste condizioni.

Una cosa che è stata fatta e continua ad essere in evoluzione sono i cosiddetti dispositivi di
localizzazione e guida. GPS su orologio da polso. Activity compass.

Per la memoria per esempio una persona sola potrebbe avere bisogno di prendere una serie di
farmaci, e ci sono una serie di dispositivi che servono come promemoria di farmaci.

Oggi giorno una persona con una disabilità cognitiva non elevata ma che però ha problemi di uso
di tecnologie troppo so sticate dispone di tutta una serie di applicazioni su smartphone. Una di
queste è il cosiddetto strillone che è utile per le persone con gravi problemi di visione o non
vedenti perchè in questo modo possono ascoltare in modo veloce e sintetica le notizie più
importanti selezionando anche i proprio quotidiano preferito. Questo si basa su tecnologie basate
sulla sintesi vocale.

Ci sono altre app che riguardano le tastiere, queste possono anche essere personalizzate. Un
esempio è la SwiftKey Simbols su Android e consente la comunicazione per persone con
disabilità cognitive, e quindi per persone che hanno bisogno di un accesso sempli cato, per
esempio con una serie di icone e in particolare hanno successo nell’ambito delle persone e dei
soggetti a etti dallo spettro autistico.

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Un’altra apice BraillePAD per IoS e consente tramite una tastiera braille sempli cata di scrivere
messaggi di qualsiasi tipo.

Altra app è Pedius ed è rivolta a persone con problemi di udito o completamente sorde, è una
app per Android. Sfrutta le potenzialità della traduzione text-to-speach, quindi sempre basata su
sintesi vocale. Funziona che si deve inserire il numero di telefono della persona che si vuole
chiamare e poi si digita ciò che si vuole dire, a questo punto ciò che abbiamo scritto verrà
sintetizzato a voce e si può ascoltare, mentre viceversa l’interlocutore potrà comunicare al
contrario, le parole verrano trascritte sullo schermo.

C’è poi un’altra app che si chiama Immaginario è stata sviluppata per persone con disturbi dello
spettro autistico ma con altre disabilità cognitive, consente di comunicare con pittogrammi che
rendono più comprensibile il messaggio alla persona disabile.

C’è poi un’app per gli ipovedenti o non vedenti e si chiama SoundScape e si basa su Beacon
virtuali, una specie di segnaposti disposti in giro per esempio nel centro cittadino o nei luoghi di
incontro e grazie alle informazioni ricavate questo dispositivo guida la persona verso il punto di
interesse anche con informazioni audio.

Poi c’è Big Launcher altra applicazione Android che aumenta le dimensioni delle icone dello
smartphone, modi ca l’interfaccia utente ed è utile per persone con problemi di vista e persone
anziane.

Poi c’è il WalkyTalky che è una versione moderna e aiuta anche qui per persone con problemi con
disabilità visive a muoversi nella propria città. Si basa su un GPS, rileva la posizione della persona
e via via aggiorna e dà indicazioni grazie a messaggi vocali.

Quindi ci sono diverse app. In che ambito si orienta la tecnologia per quanto riguarda gli ausili per
la comunicazione? La terminologia è AAC che sta per comunicazione aumentata alternativa, con
questa sigla si indicano tutti quegli approcci e ausili alla comunicazione che consentono
all’individuo con disabilità di integrare o di rimpiazziare sia il parlato sia la scrittura. È proprio a
livello di comunicazione, come faccio io disabile a cominciare con gli altri e con il mondo esterno?
Gli utenti per questo tipo di tecnologia sono di tutti i tipi, per ogni fascia di età, tutti i gruppi etnici,
tutti i livelli socio-economici,… non ci sono barriere e proprio per questo questi dispostivi devono
essere accessibili a tutti. Per esempio la SLA, il Parkinson, l’afasia, traumi cerebrali,… possono
riguardare tutte le fasce di età e tutte le situazioni sociali.

Quindi come si fa a comunicare? La forma più semplice è la comunicazione verbale è quella più
veloce e comoda, ovviamente il problema è quando questa è carente o assente o non possibile e
quindi esistono in fase di sviluppo strumenti di riconoscimento vocale che tramite dei software
particolarmente complessi interpretano (non sempre con totale successo) le parole emesse dal
disabile, ricostruiscono la parola e cercano di interpretarla rispondendo alle richieste dell’utente.
Quindi è importante riuscire ad implementare sistemi robusti di riconoscimento vocale che
funzionino. In più spesso il paziente è anche disabile sotto altri aspetti, può avere problemi di
linguaggio (spesso legato a che non sente, chi non sente ha problemi di articolazione nel parlato,
oppure problemi motori e cognitivi (articolazione e concettualzizazione). Quindi la ricerca tende a
sviluppare tecnologie multimodali, in cui ci possono essere comunque più possibilità di accesso
per la comunicazione assistitiva. Questi progetti multimodali devono puntare a sviluppare
tecnologie di erenziate sopratutto nelle situazioni più comuni, per esempio informazioni
banalmente sui mezzi di trasporto. Oggi le fermate degli autobus sono quasi tutte fornite da dei
display in cui si può leggere tutta una serie di informazioni, quale autobus quando arriverà quali
sono i percorsi… oltre a questo ci deve essere una informazione di tipo acustico per i non vedenti.
Viceversa la parola può essere limitata e quindi ci vuole un sistema di interpretazione. Quindi
questi progetti devono integrare menomazioni sia visive e quindi la comunicazione è di tipo
vocale, ma anche di tipo cognitivo e di tipo verbale, anche questa è una soluzione che implica
una serie di approcci.

Per gli spostamenti quello che è stato realizzato è il cosiddetto tutor virtuale per il linguaggio,
questo consente è di aiuto per apprendere le basi linguistiche, parlando con persone con
problemi di sordità o di sviluppi di tipo cognitivo, ma anche però di aiutarle a perfezionare la
pronuncia e la conversazione con feedback visivi, cioè far vedere al soggetto sia una vista frontale
con il movimento delle labbra e gli altri movimenti del volto che ci consentono di emettere una
parola o espressione, sia altri gra ci che fanno vedere come la lingua deve essere posizionata
rispetto al palato (i palatogrammi) e anche altri gra ci e suoni che fanno vedere come bisogna
impostare l’articolazione per emettere un suono corretto.

A livello cerebrale dove è l’area del linguaggi? Noi comunichiamo attraverso due aree che sono
l’area di Broca che è legata alla produzione del discorso, e l’area Wernicke che è legata più alla
comprensione verbale. L’insieme di queste due aree costituiscono i principali centri del linguaggio

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e sono prevalentemente sviluppati nell’emisfero sinistro. Queste aree cerebrali si sviluppano
nell’embrione e la di erenziazione nei due emisferi diventa più marcata dopo 31 settimane dalla
fecondazione e quindi ha particolare importanza questa area di Wenicke ma ci sono delle
eccezioni, in genere è più sviluppata a sinistra ma per i mancini si ha uno sviluppo più marcato
nell’emisfero destro di circa il 30% in più. Queste due aree sono fondamentali. La posizione è
fondamentale perchè sono a cavallo con la corteccia uditiva primaria da un lato e con la corteccia
motoria primaria dall’altro, c’è poi un fascicolo arcuato che connette queste due aree. Se queste
aree sono danneggiate l’area di Broca porta ad un linguaggio non uente e e porta all’omissione
anche di particelle (articoli per esempio), nell’area di Wernicke una lesione porta ad un linguaggio
uente ma privo di signi cato.

Per le sindromi di disconnessione si può parlare di afasia di conduzione quindi l’individuo riesce a
comprendere il linguaggio ma non riesce ad esprimersi, si esprime in maniera anomala e questo è
simile a lesione nell’area di Wernicke. Ci sono varie condizioni a livello corticale che portano a
gravi problematiche di comunicazione.

La produzione di linguaggio, nell’ipotesi che l’apparato fonatorio sia integro, stiamo parlando a
livello cerebrale la corteccia motoria primaria invia il messaggio e mette in moto in maniera
corretta (dovrebbe) la laringe e tutti gli articoaltori (lingua, bocca, labbra…) però se la corteccia
motoria primaria è danneggiata questo porta a problemi anche nel parlato. Esiste anche un’area
super motoria che si attiva quando ci sono dei movimenti piuttosto complessi, per esempio
quando si fa un calcolo ad alta voce. Anche pensare di compiere dei movimenti attiva questa
area. Non è in se un’area del linguaggio ma è fondamentale per sviluppare il linguaggio, se si ha
un danno a questa area si è in una situazione che si chiama afasia globale.

Quindi cosa si può implementare quali sono le tecnologie di comunicazioni alternative che si sono
sviluppate? Intanto gli ausili per la comunicazione coinvolgono vari tipi di disabilità, non sono solo
coinvolti al parlato ma anche a de cit di tipo cognitivo, quindi si devono adattare alle esigenze di
singolo e devono cercare di usare tutte le capacità residue. Si cerca di evitare che siano
dispositivi ingombranti per consentire l’uso in mobilità e quindi in genere devono funzionare a
batteria, e anche questo non è un elemento secondario, le batterie devono essere tali da
consentire un certo livello di autonomia della persona.

I primi dispositivi nascono negli anni 60, oggi giorni non sono molto diversi solo la tecnologia è
più so sticata. Si ha un convertitore testo-voce, il soggetto non riesce ad esprimersi digita tramite
la tastiera e si ha un display dove si può visualizzare ciò che viene scritto sia dalla parte di chi
scrive sia da chi legge. Più che testo-voce è testo-vista. Il tutto è visualizzato ma è anche tradotto
a voce. Un altro dispositivo analogo può essere a doppia tastiera, e consente a due persone con
disabilità di parola di comunicare tramite tastiera e quindi hanno possibilità entrambi di digitare e
di visualizzare ciò che dice l’altro di leggerlo o quando questo non è possibile utilizzare un
sintetizzatore vocale che ripete le parole digitate.

A seconda del livello di disabilità si possono avere strutture più ingombranti ma sempli cate. Si
può avere tastiera con tasti con rappresentazioni gra che di concetti, di richieste, di messaggi di
situazioni,… può comunicare in maniera immediata attraverso una voce preregistrata, cioè ogni
tasto di questo display corrisponde ad una situazione e comunque ad un messaggio che il
disabile vuole inviare. Premendo il tasto una voce preregistrata trasmette l’informazione. Ad
esempio digito un tasto dove c’è una bottiglia o un bicchiere e chi ascolta sente Ho bisogno di
bere. In genere è a pressione manuale ma può anche essere comandata tramite un puntatore
ottico se la persona ha disabilità motorie gravi. Ci sono anche dispositivi che consentono di
focalizzare i movimenti, il tasto su cui la pupilla si sta concentrando e quindi attivare il tasto senza
l’uso manuale. Ci sono poi anche altri dispositivi che possono attivare questo dispositivo e anche
altri analoghi e ci può essere un puntatore ottico, oppure altri puntatori che possono essere posti
sulla fronte con un sensore che segue un puntatore luminoso e quindi con il movimento della
testa la persona può attivare i vari tasti. In questo caso è una tastiera standard con 32 tasti però
può essere con gurata con un numero di tasti inferiore in funzione delle di coltà motorie o
cognitive della persona che lo deve utilizzare.

Per comunicare ci possono essere condizioni in cui questo appena visto è un sistema troppo
complesso, allora sono stati realizzati dei dispositivi come Ablenet che si può avere in due
con gurazioni. Una il BigMack che è un unico grande tasto con un diametro di 13 cm per un
disabile motorio grave che può solo premere questo tasto, ed è una comunicazione step by step
e si possono via via premendo questo tasto registrare e fare ascoltare messaggi brevi che
dipendono dal messaggio che vuole essere comunicato. Altrimenti si può avere una versione con
12 tasti, a questi sono abbinati messaggi pre registrati e si può agire anche in questo caso

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premendo direttamente sui tasti o collegando altri tipi di sensori, si possono collegare no a 12
sensori diversi in modo da poter essere in grado di gestirlo per varie forme di disabilità.

Altro dispositivo, sono tutti analoghi ma ognuno ha funzionalità speci che, per esempio Chatbox,
questo lavora per associazioni, una immagine corrisponde ad una parola o ad una frase e quindi
l’utente può creare frasi o dialoghi, combinando opportunamente i tasti si crea una frase o una
conversazione più articolata.

Altri dispositivi sempre dello stesso tipo: SpringBoard o Vanguard Plus. Sono dello stesso tipo,
personalizzabili, sono tasti che contengono una voce pre registrata che comunica la richiesta. Nel
secondo ci sono più opzioni e quindi è più dedicato a chi ha abilità cognitive e motorie più
sviluppate, può consentire di essere pilotato e gestito in modo un po più ampia ed elastica.

In tutto questo bisogna tenere conto delle problematiche di coordinamento motorio, di spasticità
nella pressione dei tasti. Ci sono per esempio varie tastiere speciali, come la Access Max
Keyboard, che è una tastiera espansa che ha un numero elevato di testi (108) che hanno una
forma circolare un po’ incavata e quindi evita l’errore dovuto a pressioni involontarie. La pressione
su quell’unico tasto è facilitata sul singolo tasto piuttosto che premerne due o tre
contemporaneamente. Anche di questa ce ne sono varie versioni, si può usare non solo ad
accesso diretto manuale, ma può anche essere usata con sensori di altro tipo (ottici, laser,…) o
joystick.

Altre tastiere come la king Keyboard è fatta in modo che ogni tasto sia ben isolato dagli altri e
leggermente incavato, con il simbolo o la lettera molto evidente. I tasti sono particolarmente
distanziati, ovviamente sono tastiere che avranno dimensioni più ampie del normale e possono
dare un feedback sia di tipo tattile che di tipo uditivo. Anche qui c’è una griglia sovrapposta che
evita la pressione involontaria di più tasti. Si ha poi una modalità mouse che si può attivare per
riprodurre movimenti sulla tastiera.

Altri ausili, non è detto che la persona possa usare correttamente le mani, digitare o muovere il
mouse, ci sono tante condizioni di distro e e quindi ci sono altri dispositivi che consentono di
sfruttare per esempio i movimenti del capo o altri sistemi che permettono o tramite altre potenziali
residue del soggetto di comunicare, di scrivere un testo, comunicare una informazione, attivare un
qualche dispositivo… ci sono dispostivi che sono basati anche su movimento grossolani di una
parte del corpo (spalla, testa, fronte, contrazione di un muscolo facciale, so o,…).

Il Tracker è uno dei primi dispositivi che consentiva di seguire un punto adesivo posto ad esempio
nel centro della fronte della persona e tradurre il movimento della testa in un movimento del
cursore del mouse sullo schermo. Questo può riprodurre anche tutte le funzioni di digitazzazione.
Il punto rifrangente non necessariamente deve essere posto sulla testa, ma può essere posto
anche sul dito, sul piede, sul mento,… dipende dalle abilità residue della persona. L’unica cosa
importante è che il sensore possa seguire questo punto in modo da pilotare il mouse, e il click è in
genere dato da un sensore a so o, si punta sul monitor e poi con un so o si attiva il click.

Tracker One è lo stesso dispositivo del precedente ma non richiede alimentazione esterna.

Il Mouse mover, invece di un mouse per il quale bisogna avere una certa manualità delle dita, in
questo ci sono 5 tasti piuttosto grossi e ognuno di questo corrisponde ad una funzione del mouse
e quindi sempli ca le operazioni.

Poi ci sono dispostivi tipo roller trackball ha pulsanti particolari e separati che possono essere
usati per fare click e per trascinare. Anche qui ci sono delle facilitazioni: c’è una spia
lampeggiante che indica che la funzione di trascinamento è attiva, quindi se non lampeggia vuol
dire che non abbiamo gestito correttamente il dispositivo, e con la sfera si può manipolare in
modo discreta anche da chi ha poche funzioni residue manipolatrici. Altro dispositivo è uguale ma
con un joystick, il concetto è esattamente lo stesso, si ha una leva che svolge la funzione della
palla.

Il caschetto deve essere posizionato sulla teste e può essere usato da chi ancora ha un buon
controllo della propria testa ed è usato per scegliere i tasti sulla tastiera di un computer o sulla
macchina da scrivere e quindi per pilotare le varie funzioni.

Un voltapagine consente di sfogliare le pagine di un testo, si ha un tasto singolo, quindi piuttosto


semplice che attiva un braccio meccanico oscillante che consente di sfogliare le pagine, questo
può essere controllato attraverso un sensore a pressione o attraverso altri sensori già visti. Il libro
in lettura deve avere dimensioni non enormi e con uno spessore limitato ( no a 5 cm). Il volta
pagine può sfogliare sia in avanti che indietro e il sensore è in genere collegato ad un sensore a 4
funzioni, quindi può svolgere 4 funzioni diverse.

Il sensore a so o è un sensore che si aziona tramite aspirazione e so o, quindi anche qui è


problema di riabilitazione, il soggetto deve imparare ad usare questo dispositivo. Ci sono vari
livelli di aspirazione e vari livelli di so o che corrispondono a varie funzioni di questo sensore. E

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quindi può essere utilizzato da chi non ha nessuna possibilità di uso delle mani e neanche dei
movimenti del capo.

Si ha poi questo sensore ottico, questo rileva le informazioni e i movimenti tramite una luce ad
infrarosso e può gestire i movimenti degli occhi ma anche delle palpebre, ciglia, dita, muscoli
facciali… va predisposto e calibrato su quella parte del corpo che può essere utilizzata per lo
scopo, e che abbi dunque una capacità di movimento adeguato.

Questi sono dispositivi un po’ antiquati, hanno vari decenni di vita. Quelli attuali non sono poi
molto diversi. Per esempio al giorno di oggi si può avere una tastiera con una interfaccia migliore
ma il concetto base è sempre lo stesso. Si può regolare lo sfondo, il contrasto, è dotato di sistemi
di intelligenza arti ciale che velocizzano la comunicazione (tastiera intuitiva), e ettua una sintesi
vocale, riesce a gestire messaggi, …. Altre funzionalità aggiuntive come l’ergonomicità e la
portabilità. Ha batterie a lunga durata rispetto alle prime versioni che avevano durata inferiore.

Altra tecnologia molto evoluta è quella dell’Eye tracking, il dispositivo deve essere calibrato sul
soggetto, il posizionamento deve essere ottimale. Sguardo e dispositivo devono essere disposti in
modo parallelo, la linea di vista deve essere perpendicolare; si deve rispettare una distanza di
riconoscimento che non deve essere inferiore a 40 cm ma nemmeno maggiore di 80 cm. Il
dispositivo ha questa funzionalità di ltrare i movimenti involontari del capo che ci possono essere
e stabilizzare il posizionamento. La posizione e la distanza tra gli occhi per ognuno di noi è
personalizzata, e quindi vanno gestiti tutta una serie di parametri in modo che il dispositivo sia
utilizzato in maniera corretta.

Un dispositivo oggi giorno in commercio è il TOBII, è costituito da un paio di occhiali su cui sono
posizionati 16 punti di luminazione e quattro telecamere che sono integrate sulle lenti, che sono
fatte in modo da essere resistenti a urti e gra . La scena è molto ampia, si può avere un campo di
vista come quello normale, cioè 106 gradi in altezza per 95 con una verticale di 63 gradi. Questa
tecnologia è collegata poi ad un dispositivo e può essere controllata da app gestibile da computer
o smartphone e quindi si ha la possibilità che i dati raccolti vengano memorizzati.

La sintesi vocale è importantissima per tutte quelle persone che hanno una serie di problematiche
sopratutto visive e quindi l’applicazione più longeva è quella dei lettori di schermo per persone
che hanno problemi di vista, oggi giorno però questi elementi sono risultati molto utili anche per
chi ha problemi di dislessia o anche altri problemi di lettura per bambini in età prescolare. La
sintesi vocale può essere utile anche per coloro che hanno grossi problemi vocali o di fonazione e
quindi persone che riescono a leggere lo schermo ma che poi vogliono comunicare ma che non
riescono a farlo in maniera su cientemente chiara.

Un problema che c’è sempre stato sopratutto per quanto riguarda i problemi di vista, si parla
persino di una macchina acustica-meccanica vocale sviluppata in Austria nel 1791. Era una
macchina che funzionava con un mantice e riusciva in maniera in maniera grossolana a
sintetizzare non solo le vocali, ma anche delle consonanti. Questo dispositivo è stato poi
elaborato e una cinquantina di anni dopo Joseph Faber ha costruito un Ephonia che riusciva
anche a riprodurre anche suoni musicali. Erano tutti strumenti limitati e assolutamente
ingombranti. Lo sviluppo più importante si è avuto negli anni ’30 con i laboratori Bell che hanno
sviluppato il primo vero dispositivo di analisi e sintesi elettronica della voce, il Vocoder che era
comandato a tastiera e dava un risultato intelligibile.

In italia il primo sistema di sintesi vocale text-to-speach, traduce un testo in una voce, è stato
realizzato nel 1968. Il primo apparato di sintesi vocale in italiano, perché ogni lingua ha le sue
caratteristiche e quindi ogni paese ha sviluppato il proprio sintetizzatore ad hoc, il primo in italiano
è nato nel 1975 e si chiamava MUSA. Questo riusciva a leggere un testo riproducendolo con una
voce molto metallica. Nel 78 questo dispositivo era in grado di cantare Fra Martino Campanaro,
questo è importante perchè il canto implica tutta una modulazione del suono, non è una voce
piatta e metallica, ma è una voce modulata sul canto di una melodia semplice in questo caso.

Questa italiana era l’unica tecnologia otre a quella della Bells ha disporre di una sintesi vocale che
potesse essere anche di interesse industriale e che quindi non fosse una cosa così molto ne a se
stessa.

Successivamente si sono quindi avuti altri sviluppi.

Quale è la struttura di un sintetizzatore vocale? Non ha ancora dei livelli eternamente ra nati,
però lo schema è il seguente. Si ha una parte front end e una parte back end. La prima è quella
che analizza il testo, rileva i singoli caratteri del testo e li trasduce in simboli fonetici, quindi deve
interpretare i singoli caratteri del testo, aggregarli in quelle che sono sillabe e poi parole e quindi
andare a trasformare tutto questo tramite un’analisi linguistica non banale che deve distinguere le
frasi, dare una certa intonazione, deve poi valutare la durata delle singole parole e quindi la

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distanza tra una parola e l’altra. E alla ne deve produrre un fonema che poi nella parte back end
deve essere tradotto in suono. È una struttura piuttosto complessa in tutto il suo insieme.

Il front end analizza il testo e intanto deve individuare tutte le componenti del testo, quindi quelli
che sono i numeri, le sigle, le abbreviazioni e quelle che sono tutte le componenti più complesse e
tradurre tutto questo in parole per esteso. Per esempio se viene rilevato nel testo il numero 2,
questo deve essere convertito nella parola “due” nella nostra lingua. Questo step che è già di per
piuttosto complesso si chiama normalizzazione o classi cazione del testo, o in inglese
tokenization, quindi rilevazione delle componenti basi. Dopodiché ogni parola deve essere
convertita nei corrispondenti simboli fonetici e quindi viene fatta l’analisi linguistica del testo e
quindi viene suddiviso in unità prosodiche, in frasi proposizioni e periodi, e quindi bisogna
identi care gli spazi fra le parole, la punteggiature. Tutta questa procedura è chiamata
conversione da testo a fonema, da grafema a fonema. Queste due fasi rappresentano quella che
si chiama rappresentazione linguistica simbolica che viene usata poi dalla parte di back end che
deve convertire in suoni queste informazioni e fare quindi quella che è la sintesi vocale vera e
propria.

La sintesi che viene e ettuata dovrebbe avere due proprietà. La naturalezza, non la voce metallica
dei primi traduttori. Poi deve essere intelligibile. La naturalezza signi ca espressione simile a
quella della voce umana e l’intelligibilità è che quello che viene sintetizzato deve essere
comprensibile. I sistemi di sintesi vocali moderni cercano di realizzare entrambe queste
caratteristiche.

Le tecnologie principali che e ettuano la sintesi vocale sono la cosiddetta sintesi concatenativa e
la sintesi basata sulle regole. Ognuna di queste due tecnologie ha punti di forza e debolezza, la
scelta dipende dal tipo di utilizzo nale che se ne vuole fare.

La sintesi concatenativa si basa sulla concatenazione, combinazione di frammenti di voce pre


registrati. Va a ripescare in un database molto ampio di frammenti di voce quella parola quel
fonema quella espressione e le rimette insieme e quindi questo produce una voce più naturale,
ma questo può provocare dei disturbi udibili perchè è una sintesi fatta da frammenti e metterli
insieme possono creare problematiche in uscita.

La sintesi basata sulle regole non si basa su un database ma va a ricreare la voce basandosi su
un modello acustico. È anche chiamata sintesi per formanti, le formanti sono frequenze
caratteristiche del tratto vocale, tutte le volte che articoliamo un suono nel nostro tratto vocale si
fermano delle cavità acustiche, le frequenze di risonanza di queste cavità sono le formanti cioè
che formano quel suono. Questa tecnica si basa sulla generazione di forme di onde e sulla
modulazione in base di parametri acustici. Questo dà una voce meno naturale ma non ha le
problematiche di frammentazione.

Spesso quindi il sistema basato sulle regole può generare una voce più metallica che non è
assimilabile ad una voce umana ma però l’obiettivo è un altro: è quello della massima intelligibilità.
La sintesi basata sulle regole ha in genere livelli di intelligibilità maggiori rispetto alla tecnica
concatenativa anche per velocità elevate. Questa è molto usata quando si deve leggere lo
schermo da parte di persone ipovedenti o persone con dislessia. Inoltre la sintesi basata sulle
regole non dovendo usare un enorme database ha un software e dimensioni più contenute e
quindi può essere usata anche in sistemi embedded con capacità di memoria e potenza di
calcolo neanche eccessive.

Altri dispositivi cambiano campo di azione, per ora abbiamo parlato di comunicazione. Ora
facciamo cenno di altri dispositivi che sono di assistenza domestica, quindi sono legati alla
possibilità da parte del paziente di poter interagire con i medici e con i clinici da casa. Il problema
dell’assistenza domestica era stato a rontato già decenni fa.

Un dispositivo è un video telefono che è usato in alternativa oggi giorno è portatile (smartphone).
È stato usato per il monitoraggio domestico e per la trasmissione dei dati. È fornito di uno
stetoscopio che il paziente deve essere in grado di usare per fornire in tempo reale per esempio il
battito cardiaco e altri tipi di suoni. Anche qui questo può servire per la comunicazione diretta tra
paziente e medico, per la variazione del dosaggio dei farmaci nel caso di un evento acuto e
assistenza psicologica per altre patologie.

La riabilitazione cardiaca è un aspetto importante per le patologie cardiache consente il


monitoraggio dell’attività sica del battito cardiaco fornendo poi istruzioni, una comunicazione
diretta. Per esempio per i portatori di pacemaker. Esistono poi dispositivi basati su frequenza
radio che trasmettono i dati attraverso telefono cellulare. Un altro dispositivo può essere quello
con i sensori posizionati sotto i vestiti, che consente di monitorare in continuo
l’elettrocardiogramma e di comunicare al medico questi dati in maniera continua.

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Si possono avere anche sensori incorporati all’interno del tessuto di maglie per esempio. Oggi
giorno i dispositivi wireless sono aumentati, e consentono di trasmettere i dati in modo wireless.
Molti sono infrarossi o di tipo bluetooth. Una maglietta di questo tipo consente di trasmettere i
dati dell’attività cardiaca, è una maglietta con un dispositivo di tipo bluetooth, i sensori sono
incorporati nel tessuto, può essere lavata in lavatrice e può essere in grado di trasmettere anche
altri dati come usso sanguigno e velocità del sangue. È un dispositivo nato in Germania ma oggi
è sviluppato anche in Italia.

Parliamo ora di dispositivi Serious Games che possono essere usati a scopo riabilitativo. Alla
lettera serious games vuol dire gioco serio, quindi è una attività che non ha solo lo scopo di
intrattenimento ma ha uno scopo educativo. Sono fatti in modo da rendere questa esperienza
formativa e la fanno diventare qualcosa di piacevole ed e cace. Questo apprendimento
esperenziale è importante ed è basato sul principio che l’informazione delle sensazioni vissute
rimangano impresse e permettano al paziente di a nare tutte le sue capacità di percezione
attenzione e memoria e quindi favorendo modi che comportamentali e attraverso il learning by
doing, imparare facendo qualcosa. Sono attività con aspetto ludico ma con funzione rieducativa o
di riabilitazione.

Un esempio è il droid glove che è un guanto che serve a fare eseguire al paziente dei movimenti
di articolazioni per paziente in cura sioterapica, quindi riabilitazione dell’articolazione del polso. I
sensori del dispositivo rilevano queste misurazioni, i valori non corretti vengono quindi inviati con
un feedback al soggetto in modo che lui possa migliorare la sua prestazione e poi si ottimizzano i
movimenti. Questo è utile per la riabilitazione domestica senza andare troppo spesso dal
sioterapista.

Altri dispositivi sono gli elder games. Si ha un tavolo interattivo che grazie ad una serie di opzioni
proposte alla persona consente di sviluppare e aiutare le persone a non isolarsi e anche a
comunicare tra di loro e per cercare di mantenere il più possibile le proprie capacità cognitive. È
sotto forma di gioco, può essere svolto singolarmente e poi in un secondo momento può essere
una attività di gruppo.

L’autismo ha tutta una serie di aspetti, le di coltà principali sono di interazioni con gli altri gli
oggetti e il mondo circostante. Ci sono stati vari approcci, uno di questo è un serious games che
si chiama ispectrum e o re al giocatore autistico degli ambienti virtuali, uno è un ambiente di
lavoro, un’altro è l’ambiente del supermercato e un altro è una attività più ludica in un vivaio.
Questi pongono centralità nelle di coltà di interazione sociale del soggetto e quindi suggerisce
occasioni in cui ci si può cimentare con il mondo esterno e quindi consente l’apprendimento
simulato con ambienti virtuali: scuola, parco giochi, gelateria, ambiente di lavoro, u cio,… per
l’autonomia e per sviluppare l’attenzione condivisa che è una delle principali limitazioni dei
soggetti autistici.

BCI, Brain Computer Interface. È una tecnologia in evoluzione che servono una volta ottimizzate a
consentire al paziente che ha dei de cit di tipo neurologico per comunicare, per comunicare
direttamente tra il sistema nervoso centrale e un dispositivo esterno che è in genere un computer
o qualcosa che io posso gestire direttamente con il cervello con la mia mente.

Un ambito di estremo interesse della neuroingegneria, ci sono due ambiti i BCI monodirezionali in
cui si ha un dispositivo esterno che riceve comando dal soggetto e la sua attività cerebrale, è
quindi una specie di neuroprotesi che sono dedicate sopratutto al sistema nervoso periferico. Le
BCI bidirezionali combinano la parte di comunicazione con una linea di ritorno e quindi permette
scambio di informazioni. In un caso attivo una protesi grazie al sistema nervoso centrale, nel
secondo caso ho un interscambio. Questa cosa è usata con successo nel comandare una sedia a
rotelle su un certo numero di percorsi prede niti o per una sintesi vocale per un set de nito di
parole.

Prostethetic Brain (esempio) è un qualcosa di arti ciale a livello cerebrale. I primi tentativi di
successo risalgono a oltre 10 anni fa nel 2009. Cosa è stato fatto? L’idea è quella di appunto
usare la mente, quindi il nostro pensiero per attivare una azione, quindi fare svolgere delle funzioni
ad un computer. Questi studi hanno mostrato come delle scimmie di una razza particolare sono
state in grado di controllare il cursore di un computer usando solo il loro pensiero. I primi
esperimenti erano invasivi, avevano degli elettrodi impiantati direttamente nel cervello. Il risultato è
stato che il cervello di queste scimmie è stato in grado di sviluppare una memoria di tipo motorio
in grado di controllare un dispositivo virtuale in modo simile a quello che poteva essere fatto in
maniera diretta con dei movimenti sici della scimmia.

Il cervello può assimilare un dispositivo arti ciale come se fosse una nuova parte del proprio
corpo.

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Vediamo ora le cose che dobbiamo tenere in considerazione. Sviluppiamo tecnologia ma
dobbiamo sempre tenere presente quale è il punto di vista di chi andrà ad utilizzare questa
tecnologia. Quindi se l’utente dice che i dispositivi non sono su cientemente di aiuto perchè il
disabile ha mutato le sue condizioni oppure il paziente non è mai stato riabilitato ad usarlo, allora
il dispositivo può essere so sticato quanto ci pare ma non è utile. Altrimenti i limiti di applicabilità
possono essere ridotti per esempio per le sedie a rotelle quando ci sono strade sconnesse o
spazi ristretti o altri ostacoli. Il dispositivo focalizza l’attenzione sul disabile e questo crea ansie e
preoccupazioni al disabile, e possono anche essere motivo di azioni criminose, un criminale se
vede una persona disabile è più portato ad assalirla perchè più fragile e vulnerabile. In genere i
dispositivi marchiati come dispositivi medicali hanno costi elevati, ma spesso i disabili sono quelli
che poi hanno minori disponibilità economiche. Un dispositivo può essere pericoloso, qualsiasi
dispositivo deve essere il più a dabile possibile. Possono causare fatica e disagio, quindi bastoni
che devono essere a errati saldamenti, letti o sedie a rotelle scomodi o rumorosi… disagi che
portano l’utente a non utilizzarli. La manutenzione è fondamentale, non solo la sedia a rotelle ma
addirittura un telefono, uno smartphone ha bisogno di manutenzione perchè altrimenti non
funziona piu. Il problema dell’utilizzo fuori casa è per esempio sedie rotelle di cili da mettere in
auto o sui mezzi pubblici. Il problema dello spazio è il fatto che un dispositivo possa non avere lo
spazio disponibile. L’uso di cile, se non viene su cientemente istruito il paziente lui può non
essere in grado di usarlo il dispositivo e quindi sopratutto nel caso di disabili cognitivi il
dispositivo deve essere molto semplice. La presenza di un assistente non è sempre possibile,
quindi bisogna sempre cercare di rendere la persona, e questo è lo scopo della riabilitazione, il più
possibile autosu ciente. Poi l’installazione, il tutto deve essere installato in modo che possano
essere usati correttamente dai disabili.

Questa lista mette in evidenza la necessità che le varie disabilità vengano coinvolte non solo nella
scelta ma anche nella costruzione dei vari dispositivi, quindi il bioingegnere ha questa grossa
responsabilità che è quella di partire dal livello base quale è la necessità e a chi è rivolto il
dispositivo e poi tutti i problemi legati alla assistenza alla guida all’uso, al monitoraggio e poi in
relazione alle possibili variazioni di disabilità del soggetto. Esistono disabilità che evolvono nel
tempo e i dispositivo possono essere variate a seconda del soggetto.

03/05/2022

Caratterizzazione acustica di sindromi genetiche mediante tecniche di intelligenza


arti ciale
Le sindrome genetiche sono causate da uno o più alterazioni del genotipo e comportano varie
forme di anomalie e malformazioni.

Sindrome CFC. È una malattia estremamente rara. Presenta ventricolomegalia, idrocefalia e


atro a corticale. Ventricolomegalia si intende un ingrossamento dei ventricoli cerebrali, ovvero
delle regioni all’interno del cervello. Idrocefalia è un eccesso del liquido cerebro-spinale.

Sindrome CHARGE. Ogni lettera del nome è un sintomo della malattia.

05/05/2022

Applicazioni riabilitative per disturbi neurologici e del neurosviluppo

10/05/2022

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