Sei sulla pagina 1di 40

Un handicap è una perdita totale di una funzionalità in un soggetto, mentre la disabilità è una

limitazione funzionale che dovrebbe essere superata grazie a dei supporti tecnologici, grazie alla
riabilitazione.

L’obiettivo primario è quello di rendere il soggetto indipendente, ovvero renderlo in grado di


svolgere le funzioni primarie in maniera indipendente.

Disabilita’ della visione

Il sistema visivo può essere diviso in una parte toccai e in una


parte nervosa.

Lo stimolo luminoso arriva alla parte ottica, che comprende


tutte le varie componenti materiali che formano l’occhio.
Dopodiché il segnale ottico viene trasdotto in un segnale elettrico dalla parte nervosa che lo porta
al sistema nervoso centrale dove in ne viene elaborato dal cervello.

Da ricordarsi che anche la comprensione è importante, uno può avere tutte le strutture intatte ma
il cervello non in grado di riconoscere ciò che si osserva.

Vediamo ora la struttura dell’occhio.

Si hanno due organi che svolgono la stessa funzione e sono


posizionati in due capitò del cranio. Si hanno due occhi per
permettere la visione tridimensionale.

La parte esterna bianca è costituita dal 93% di sclera.


All’interno dello strato esterno c’è poi uno strato che è la
coroide che è la parte vascolarizzata. La parte anteriore dello
strato esterno che occupa il 7% della super cie esterna ha una
struttura diversa e una curvatura maggiore, questa è la cornea,
che è la parte trasparente e serve per proteggere iride e pupilla
e per convergere i raggi luminosi. L’iride e la pupilla sono i
punti di ingresso dei fotoni, e la pupilla ha un diametro variabile
a seconda del valore dell’intensità luminosa. L’iride è la parte
pigmentata. Subito sotto alla pupilla si una lente biconvessa
che è il cristallino, che permette la messa a fuoco dei raggi
luminosi in modo da farli convergere esattamente sulla retina, che è lo strato più interno dove
sono presenti le cellule foto ricettive che sono i coni e i bastoncelli. La retina è a sua volta
costituita da tre strati: all’esterno ci sono le cellule fotoricettive, poi ci sono le cellule bipolari e poi
le cellule gangliari.

In fondo alla struttura del corpo vitreo si ha poi un foro chiamato punto cieco dal quale esce il
nervo ottico. Essendo un foro questo punto non contiene ricettori.

Tutte queste zone sono poi riempite da uidi. Il cuore dell’occhio è riempito dall’umor vitreo che
serve per consentire il passaggio dei raggi luminosi in maniera corretta e per mantenere la forma
dell’occhio.

La luce visibile fa parte di uno spettro elettromagnetico. La luce visibile e quindi anche tutti i colori
occupano una strettissima regione dello spettro che va da 0.38 a 0.76 micrometri di lunghezza
d’onda.

L’occhio è un organo delicato e si può danneggiare se non fosse per l’ORBITA. Non ha forma
sferica ma di piramide quadrangolare rovesciata all’indietro. È di dimensioni di circa 40 mm su
tutti i lati.

È data dall’intersezione di un gran numero di strutture ossee. In alto si ha l’osso frontale.


Esternamente si ha l’osso zigomatico. Nella parte sotto si ha l’osso zigomatico e l’osso
mascellare. Nella parte interna si ha l’osso mascellare e nasale.

L’orbita ha poi una apertura sul fondo che serve per far passare il canale ottico.

Il vero trasduttore di segnale è però la RETINA. È sulla retina che si opera la trasformazione di
fotoni in segnali elettrici. Infatti se la luce non focalizza bene sulla retina si vede male, e si hanno
tutti quei disturbi come miopia, astigmatismo…

1 di 40
fi
fl
fi
Altre componenti importanti sono gli ANNESSI OCULARI, che sono un insieme di strutture che
servono per la protezione dell’occhio dall’ambiente esterno. Gli annessi oculari sono le palpebre,
l’orbita, l’apparato lacrimale, la congiuntiva e i muscoli extraoculari.

Le PALPEBRE si possono aprire e chiudere e servono a distribuire liquido periodicamente sulla


super cie dell’occhio. Infatti la corretta idratazione dell’occhio è fondamentale per la
sopravvivenza dell’organo. Le palpebre si possono muovere sia in maniera spontanea sia in
maniera volontaria.

Il liquido che serve per mantenere idratato l’occhio è prodotto da tutta una serie di ghiandole.

Nell’apparato lacrimale si ha poi una componente secretoria, che produce la parte liquida, e una
parte escretoria, che si occupa di portar via questo liquido.

A partire dalla ghiandola lacrimale si hanno dei dotti che fanno uscire dalla ghiandola la sostanza
liquida ricca di lipidi e la portano alla super cie dell’occhio. Grazie poi all’apertura e chiusura delle
palpebre il liquido è sparso su tutta la super cie dell’occhio e viene convogliato al punto
lacrimale, dove si hanno altri dotti che portano al sacco lacrimale. Questo si trova all’interno del
naso, ed è in questo modo che i liquido de uiscono.

Ci sono due categorie di ghiandole lacrimali. Quella principale è quella relativa alla secrezione
ri essa, avviene quando si ha uno stimolo elettrico, ed è un ri esso dovuto ad una causa esterna.
L’altra è la secrezione basale che è quella che avviene costantemente.

La CONGIUNTIVA è lo strato interno della palpebra. È divisa in tre zone: la parte palpebrale, la
fornice e la congiuntiva bulbare. Serve per consentire la scorrevolezza delle palpebre sul bulbo,
ma serve anche per proteggere dalle infezioni, contribuisce al mantenimento dell’equilibrio
metabolico e ha funzione di eliminazione di alcune sostanze.

CIGLIA e SOPRACCIGLIA hanno funzione protettiva.

Per quanto riguarda i MUSCOLI si hanno ben 6 muscoli


che consentono i movimenti dell’occhio all’interno
dell’orbita. Il retto superiore e obliquo inferiore servono per
guardare in alto. Il retto inferiore e l’obliquo superiore
servono per guardare in basso. I muscoli laterali e mediali
servono per guardare ai lati. In ne i muscoli extraoculari
muovono le palpebre.

Il BULBO OCULARE è lungo circa 2,4 cm ed è


approssimativamente sferico. Nella parte davanti ha una componente che lo deforma
leggermente ed è il proseguimento della cornea. Questa calotta cornea ha una curvatura
maggiore del bulbo e serve sia a proteggerlo ma anche per convergere meglio la luce.

Come abbiamo già accennato il bulbo oculare è costituito da tre membrane o tuniche
concentriche: esternamente si ha la cornea o sclera, poi in mezzo si ha la uvea o coroide e
internamente la retina.

Per quanto riguarda la prima membrana, essa è fatta di due parti: la parte sclerotica e la parte
cornea. La sclera è la parte più solida e resistente dell’occhio, e ha funzione protettiva ed è di
colore bianco. La sclera è fatta da bre con decorso circolare. Nella parte anteriore c’è invece la
cornea che è un tessuto completamente trasparente ed è uno strato più sottile e delicato della
sclera. Essa ha funzione sia protettiva sia di corretta
rifrazione della luce.

Da un punto di vista ottico la cornea è una lente.

La cornea non è vascolarizzata.

Per quanto riguarda la struttura della cornea, essa ha


tre strati: esternamente si ha l’epitelio e internamente
si ha l’endotelio. Nel mezzo c’è una componente più
rilevante che è lo stroma, delimitato da due
membrane, quella esterna è la membrana di
Bowmann mentre quella interna è la membrana di Descemet.

Alcune caratteristiche della cornea sono la specularità, ovvero deve consentire il passaggio della
luce ma non di tutta; deve essere permeabile, cioè consentire il passaggio di farmaci; deve fornire
protezione e sostegno al bulbo oculare.

Abbiamo detto che una delle funzioni della cornea è quella di far passare la luce all’interno
dell’occhio con una certa componente rifrattiva. La cornea ha un indice di rifrazione pari a 1.377,
2 di 40
fl
fi
fi
fi
fl
fi
fi
fl
quindi signi cativamente superiore rispetto a quello dell’aria circostante che è circa 1. Questo
meccanismo di rifrazione è molto importante per quanto riguarda la focalizzazione della luce sulla
retina.

Tra la cornea e l’iride c’è uno spazio che si chiama camera anteriore
e contiene un uido. L’altra camera presente nel nostro occhio è la
camera posteriore posizionata tra iride e parte interna del bulbo.

Queste due camere sono in comunicazione tra loro. Non sono vuote
ma contengono dei uidi abbastanza simili tra loro.

Il uido presente nella camera anteriore si chiama amor acqueo ed è


una uido molto simile come consistenza all’acqua, ed è un liquido
trasparente.

Nella camera posteriore si ha invece l’umor vitreo che ha una consistenza più gelatinosa e
riempie la parte interna dell’occhio.

La membrana intermedia è detta anche tonaca vascolare ed è formata da coroide, iride e corpo
cigliare. La coroide è la zona ricca di vasi sanguigni. Sulla coroide inoltre ci sono delle cellule
chiamati melanociti che contengono pigmenti scuri e che servono per tenere la camera oscura
all’interno dell’occhio. Per questo colore scuro la coroide è anche detta uvea, perchè ricorda il
colore scuro della buccia d’uva.

L’IRIDE è un disco colorato il cui colore dipende dalla quantità di cellule pigmentali. Al centro
dell’iride si ha un foro che è la pupilla.

Il meccanismo di apertura e chiusura della pupilla non è banale; ci sono due tipi di muscolature
diverse a seconda che l’iride debba dilatarsi o restringersi. Se la luce esterna è scarsa allora
nell’iride esiste un muscolo che agisce radialmente e spinge dal centro verso l’esterno, consente
così di dilatare la pupilla e di far entrare una maggiore quantità di luce. Nella situazione contraria,
con eccessiva luminosità, il muscolo che circonda la pupilla spinge l’iride verso il centro e quindi
fa restringere la pupilla.

Tra la seconda e la terza membrana si ha una lente che è il CRISTALLINO. I movimenti del
cristallino sono de niti dalla zonula.

Il cristallino è una lente biconvessa che non appoggia sulla super cie, ma è sospeso da dei
legamenti chiamati zonula di Zinn.

Il cristallino NON è una struttura perfettamente simmetrica, ci sono


raggi di curvatura diversi tra la parte anteriore e quella posteriore.
Questi raggi di curvatura possono essere inoltre modi cati dal
processo di accomodazione cristallina che serve per focalizzare al
meglio i raggi luminosi.

Anche il cristallino ha una struttura a tre strati: una struttura esterna


chiamata capsula che serve a contenere e proteggere gli strati più
interni; uno strato intermedio che è la corteccia fatta di cellule
particolari; e uno strato interno che è il nucleo.

La capsula e la zona corticale hanno funzione protettiva della parte interna.

Tutti e tre gli strati hanno indice di rifrazione diverso. Il cristallino ha un raggio di curvatura molto
maggiore nella parte esterna in condizioni base. Quindi il raggio luminoso che arriva dall’esterno,
che in qualche modo è già stato rifratto, subisce altre sei diverse rifrazioni passando da questi tre
strati.

Le dimensioni del cristallino sono 10 mm di diametro e 3.5 mm di spessore, ma sono numeri che
dipendono dall’età del soggetto, dalla conformazione individuale e da fattori siologici e genetici.

La zonula sono un serie di legamenti fatti di sostanza brosa.

La struttura del cristallino deve essere assolutamente TRASPARENTE perchè deve avere questo
potere diottrico e quindi permettere la convergenza dei fasci sulla retina. La trasparenza è quindi
una condizione fondamentale a nché i raggi possano attraversare il cristallino e arrivare integri.
Non è sempre questa trasparenza si ha, come per esempio nel caso della cataratta, che è
l’opacizzazione della lente.

Raggi luminosi che arrivano da distanze elevate arrivano quasi paralleli tra loro e quindi la lente
deve essere il più possibile tale da non essere compressa. Se invece i raggi luminosi arrivano da

3 di 40
fl
fl
fi
fl
fi
fl
ffi
fi
fi
fi
fi
distanze ravvicinate (33 cm è il limite siologico per
vedere in maniera nitida) la lente si accomoda con una
super cie più arcuata.

Quindi come funzione questo processo di


accomodazione del cristallino?

Questo processo è regolato dalla zonula di Zinn. Questo


muscolo subisce distensioni o contrazioni a seconda di
quello che vogliamo mettere a fuoco e la quantità di
contrazioni è legata al sangue presente nei vasi arteriosi e venosi.

Quando il muscolo è rilassato è disteso e i legamenti della zonula di Zinn sono contratti; quindi la
distanza tra il cristallino e il muscolo è maggiore e la zonula è in tensione e quindi la capsula viene
tirata su. Questa è la condizione nella quale si vuole focalizzare qualcosa che è a distanze elevate.
La curvatura del cristallino è minore.

Il caso opposto si ha quando il muscolo è contratto, quindi si gon a e si irrigidisce mentre i


legamenti si rilassano. Questo provoca ovviamente l’e etto opposto: il cristallino viene reso più
sferico e meno appiattito e questo consente la visione di oggetti più ravvicinati.

Sotto i 25 cm di distanza si fa fatica a mettere a fuoco, questo è il cosiddetto punto prossimo


che è quindi più o meno il punto al di sotto del quale il nostro cristallino non si deforma più in
maniera su ciente per focalizzare bene sulla retina.

Vediamo ora quali sono le PATOLOGIE DEL CRISTALLINO.

Il cristallino è una lente e come ogni cosa che riguarda l’essere umano può andare incontro a
peggioramenti. In particolare per quanto riguarda il cristallino i peggioramenti si hanno d’insolito
nell’adolescenza e sono processi inevitabili ma che possono essere più o meno evidenti.

Se la sostanza che forma il cristallino è meno elastica, rende più di cile il processo di
accomodazione. Si parla in questo caso di presbiopia, e pregiudica la capacità di mettere a
fuoco a distanze diverse.

Un’altra patologia è che il cristallino può perdere lentamente trasparenza e questo comporta
peggioramenti della vista. I fattori scatenanti possono essere l’invecchiamento, ma anche traumi o
processi in ammatori. Si parla in questo caso di cataratta, che consiste nella vista o uscata.

Al giorno d’oggi per risolvere questo problema si può fare un intervento che consiste nel sostituire
il liquido del cristallino opacizzato con una lente arti ciale.

Dietro al cristallino c’è la cosiddetta camera vitrea che contiene una sostanza
non troppo uida che è l’umor vitreo. L’importanza di questa sostanza è
quella di mantenere il tono oculare. Deve inoltre essere trasparente. Un suo
altro scopo è quello di mantenere l’aderenza tra la retina e la coroide, quindi
tra lo strato interno e quello esterno dell’occhio, perchè se manca questa
aderenza le cellule che portano il segnale nervoso al nervo ottico non
possono misurare correttamente. Questa patologia si chiama distacco della retina.

L’umor vitreo si forma durante la vita embrionale e non viene mai sostituito, non è una sostanza
che si rigenera.

La struttura fondamentale per la vista e per la percezioni di luci e colori è la RETINA, che è la
terza membrana detta anche tunica interna o tunica nervosa. La retina è a sua volta costituita da
tre strati fondamentali di cellule e ogni strato ha una sua funzione ben precisa. In realtà ci sono
una ventina di strati, ma quelli fondamentali sono tre.

Sulla retina si trova un punto che si chiama fovea dove si ha la massima acuità, ovvero il punto in
cui si concentra la maggior parte dei coni e bastoncelli. Quindi di conseguenza NON si ha un
distribuzione uniforme sulla retina di queste cellule, tutto risponde a requisiti di ottimizzazione.

I fotorecettori sono cellule particolari che si chiamano coni e bastoncelli. I coni sono quelli
deputati alla visione a colori e sono in numero molto minore rispetto ai bastoncelli, e hanno anche
una struttura diversa perchè i coni sono più grossi e corti mentre i bastoncelli sono più lunghi e
sottili. In generale i coni sono demandati alla visione diurna mentre i bastoncelli sono più adatti
alla visione notturna.

I tre strati che formano la retina sono uno formato dai fotorecettori, uno formato da cellule bipolari
e uno formato da cellule gangliari. Le cellule bipolari hanno il compito di collegare lo strato dei
fotorecettori con lo strato sottostante delle cellule gangliari. Le cellule gangliari fanno da sistema
di uscita del sistema visivo e gli assoni di queste cellule vanno a costruire le bre del nervo ottico.

4 di 40
fi
fi
ffi
fl
fi
fi
ff
fi
fi
ffi
ff
Dall’epitelio, che è lo strato protettivo della retina a cui sono
immediatamente collegati i fotorecettori, viene trasmessa
l’informazione sottoforma di segnale elettrico.
L’informazione viene poi modulata attraverso cellule
orizzontali chiamate amacrine (che servono solo da
connessione) che passano l’informazione alle cellule
bipolari, poi alle gangliari e in ne al nervo ottico.

Come fa il segnale luminoso a trasformarsi in segnale


ottico? Viene fatto da coni e bastoncelli. Ci sono tre tipi di
coni: rosso, verde e blu. Questi fotorecettori contengono dei
pigmenti foto sensibili denominati iodopsina e rodopsina
che quando sono colpiti dalla luce vanno incontro a
mutamenti della loro conformazione, quindi si contraggono o si allungano a seconda de segnale
luminoso. Questa deformazione induce un potenziale di azione.

[il daltonismo è una patologia legata a problemi ai coni]

Come abbiamo già detto non c’è una distribuzione uniforme di coni e bastoncelli. Ci sono infatti
delle zone in cui i coni sono praticamente inesistenti. La cosiddetta acuità visiva è legata alla
quantità di queste cellule fotorecettive sulla retina. C’è una zona della retina chiamata macula
lutea di 2 mm di diametro e con pigmentazione gialla che contiene la stragrande maggioranza di
coni e bastoncelli. Questa zona è una piccola depressione ed è al suo interno che c’è una zona
chiamata fovea di diametro di 0.25 mm che contiene praticamente solo coni (si consideri che il
95% di tutti i coni della retina è concentrato in questa zona). Al di fuori di questa zona ci sono il
restante 5% di coni e dei bastoncelli che si distribuiscono in maniera degradante allontanandosi
dalla fovea. Sul resto della retina prevalgono poi ovviamente i bastoncelli.

Il segnale alla ne di tutto arriva al NERVO OTTTICO. Gli organi della vista
sono posti nella parte frontale e il segnale viene trasmesso e distribuito
nella parte posteriore del cranio dove si trova la parte del cervello
deputata all’interpretazione di questi segnali. Il percorso è piuttosto lungo,
e inoltre i segnali che provengono da sinistra vanno nella parte destra del
cervello e viceversa. Le bre ottiche che portano i segnali da un lato
all’altro si incontrano nel chiasma ottico.

l’elaborazione dei segnali provenienti dai due occhi non sono disgiunte tra
loro. Il cervello va a combinare le due informazioni per valutare la distanza,
i colori, la forma e sopratutto per dare tridimensionalità.

Vediamo ora quali sono le tecnologie a SUPPORTO RIABILITATIVO. Innanzitutto quali sono i
parametri che vengono valutati nelle visite specialistiche in ambito visivo?

Una delle principali proprietà è l’acutezza visiva che è la capacità del nostro occhio di risolvere
dettagli ni, quindi di risolvere oggetti molto vicini tra loro.

Il minimo visibile è il più piccolo angolo visivo entro cui l’occhio riesce a vedere se esiste o meno
qualcosa.

L’acutezza di risoluzione o minimo angolo di risoluzione si valuta mostrando due oggetti vicini
e viene chiesto quando è che si vedono come un unico oggetto e quando come distinti. Il MAR è
il minimo angolo di risoluzione, ed è quindi il minimo angolo sotto al quale non si percepisce la
di erenza tra oggetti diversi.

Un’altra misura è l’acutezza di allineamento. Vengono mostrate due


barrette sovrapposte ma non allineate e viene chiesto di dire quando si
distinguono tra loro e quando sono viste come una sola barra. In
pratica è una misura dello spostamento spaziale percepibile tra due
oggetti.

La misura più classica è in realtà l’acutezza di riconoscimento che è


il riconoscimento di lettere.

I dieci decimi è il minimo livello al di sotto del quale ci sono problemi di vista, ma si può arrivare
anche no a 20 decimi. Questo livello è valutata in base a delle tabelle, e come de nizione di
visione normale si usa quella di Snellen.

5 di 40
ff
fi
fi
fi
fi
fi
fi
I dieci decimi sono solo un valore di soglia al di sotto del quale non si ha la visione normale ma
una visione alterata.

Un altro aspetto importante da tenere in considerazione e la cui carenza può essere indice di
patologie è la visione periferica anche detto campo visivo.

In una visita oculistica deve quindi essere fatta anche una misura del campo visivo, che in genere
non è simmetrico: si ha una estensione di 90 gradi verso l’esterno e di 60 gradi verso l’interno (per
la presenza del naso), poi una estensione di 70 gradi in basso e di 50 gradi in alto.

Un altro punto che noi non percepiamo è il punto cieco, che si trova a circa 10/20 gradi verso
l’esterno e la corrispondente zona sulla retina è priva di fotorecettori.

Eventuali problemi al campo visivo, chiamati difetti campimetrici, possono ridurre in maniera più
o meno profonda la capacità di percepire l’intero campo visivo. Queste alterazioni si chiamano
scotoma.

Lo scotoma può essere assoluto quando nell’area del campo visivo non si percepisce nessuno
stimolo. Lo scotoma è invece relativo quando in questa area si percepiscono solo alcuni stimoli.

Il campo visivo viene misurato attraverso la perimetri computerizzata. Una diagnosi che si può
fare con questo strumento è veri care se ci sono situazioni di miopia o di ipermetropia. Nel
primo caso il soggetto non riesce a mettere a fuoco oggetti distanti, nel secondo caso l’opposto.

Vediamo ora da un punto di vista LEGALE quando una persona è ritenuta ipovedente o cieca,
questo è importante per il sistema sanitario predispone per queste persone un supporto. È stata
fatta una categorizzazione che distingue i vari livelli di visione e di conseguenza di erenzia il tipo
di supporto a loro destinato. Sono state de nite un totale di 5 categorie dove si prende come
parametro solo l’acutezza visiva. Le categorie 1 e 2 sono di ipovisione, mentre la 3, la 4 e la 5
sono di cecità.

Quando poi si parla di mancanza della luce si parla di cecità assoluta.

In generale esistono due grosse categorie di disabilità e per poter costruire uno strumento
riabilitavo bisogna distinguere tra le due categorie di problemi. Si possono avere problemi di
microvisione, quindi viene meno la capacità di riconoscere oggetti di piccole dimensioni, o
problemi di macrovisione, quando viene meno la capacità di riconoscere gradi oggetti.

Nel caso di MICROVISIONE il primo dispositivo storicamente conosciuto è un dispositivo di


ausilio alla lettura e alla scrittura per il non vedente ed è l’alfabeto Braille. È un alfabeto dove
ogni lettera è formata da 6 punti disposti in rilievo su una griglia 3x2. Al giorno d’oggi l’alfabeto
Braille è però superato dai vari sistemi di audio registrazione.

Altri dispositivi utilizzati, ma per chi non è totalmente non vedente, sono le CCTV che sono degli
strumenti con un sistema di ingrandimento che permettono di ingrandire l’immagine e di
aumentarne anche l’illuminazione.

Un altro strumento possono essere i marcatori di riga che delimitano l’area di lettura, perchè ciò
che c’è prima e dopo potrebbe confondere il lettore.

Optacon è un lettore ottico che si serve di un sensore ottico. La lettura risulta però lenta perchè
viene letto un simbolo alla volta. Si ha però anche il riconoscimento di spazi bianchi perchè
bisogna essere in grado di capire quando una parola nisce.

Si ha poi il problema della MACROVISIONE, ovvero la possibilità di un ipovedente o non vedente


di poter gestire la presenza di ostacoli e i propri spostamenti nell’ambiente.

Una delle prime protesi è il famoso bastone bianco, parzialmente o totalmente. Il bastone
permetteva anche di identi care da parte degli altri che quella persona era non vedente.
Ovviamente c’è bisogno da parte del soggetto di una fase di riabilitazione per imparare ad usarlo.
Serviva per sondare il terreno, il problema però è che venivano individuati solamente ostacoli a
livello del terreno e non a livello per esempio della testa.

Un altro modo per aiutare i non vedenti sono i cani guida, che oltre ad esplorare il territorio e a
individuare ostacoli veniva istruito per svolgere certi compiti, segnalava in maniera diversa
situazioni di erenti e aiutante negli spostamenti anche per quanto riguardava la presenza di
elementi a livello della testa. La problematica principale non è quella dell’addestramento dei cani,
ma il fatto che il cane è un essere vivente e quindi il non vedente deve essere in grado di curare
l’animale.

La tecnologia si è poi evoluta andando ad utilizzare dispositivi con radar, laser o ultrasuoni.

6 di 40
ff
fi
fi
fi
fi
ff
Un esempio è il bastone da passeggio laser che ha 3 emettitori orientati in modo diverso in
modo da percepire ostacoli di fronte, verso l’alto e verso il basso. Il bastono può poi vibrare a
seconda del pericolo e dell’informazione. Altri eventuali metodi di allarme possono essere suoni
con frequenze diverse.

Altri dispositivi ancora sono forniti di sensori ad ultrasuoni, questi possono essere abbinati o
meno al bastone o al cane guida.

Un altro dispositivo ma datato è il Sonic path nder che però è invasivo e ingombrante perchè va
indossato sulla testa. Ha 5 trasduttori ad ultrasuoni, 2 rasmettitori e 3 ricevitori, in questo modo si
riesce a rilevare tutto l’ambiente attorno al soggetto.

Un altro dispositivo è il Polaron indirizzato più nell’uso per i bambini. Era un dispositivo che si
teneva in mano o appeso al collo e permetteva di localizzare ostacoli a distanze pre ssate
attraverso l’uso di ultrasuoni. La risposta veniva fornita al bambino attraverso una vibrazione
dietro al collo.

Esistevano poi dei sistemi GPS utili quando il percorso da seguire era prede nito.

Un altro problema è quello legato al riconoscimento dei colori. I colori sono legati alla lunghezza
d’onda. Il color test 2000 si basava sulla quantità di luce ri essa verso un sensore.

Un altro aspetto importante nella vita è il riconoscimento delle banconote. Per le monete non ci
sono problemi perchè si riesce a sfruttare la sensazione tattile. Per le banconote si utilizzava un
dispositivo chiamato Voice it all che in pratica prendeva in ingresso la banconota la leggeva e poi
la restituiva fornendone il valore.

Da parte della società cosa si può fare?

La sigla APS (Accessible Pedestrian Signals) identi ca per esempio i pulsanti ai semafori che nel
momento in cui scatta il verde parte un suono che fornisce la tempistica. Oggi giorno questo
meccanismo è in parte superato perchè ci sono spesso tecnologie ad infrarossi che inviano
segnali direttamente ai dispostivi di ricezione dell’utente.

Per quanto riguarda le medicine sono presenti i caratteri braille. Altrimenti un’altra tecnologia più
avanzata sono i RFID che sono dei lettori basati su radiofrequenze. In pratica ogni farmaco ha
una etichetta intelligente che contiene un microchip che può essere letto e converte tutte le
informazioni sul farmaco in un messaggio vocale.

Andiamo ora a vedere le PROTESI, cioè quei dispositivi che vanno in qualche modo a sostituire le
funzionalità che sono state perse.

Ci possono essere protesi passive e protesi attive.

Le protesi passive sono quelle dette anche oculari, e non fanno altro che rimpiazzare il bulbo.
Sono quindi solo per una questione estetica, ma che è comunque importante dal punto di vista
psicologico del paziente.

Per quanto riguarda le protesi attive è il campo dei sistemi di visione arti ciale.

Una protesi come già detto è qualcosa che cerca di integrare una funzionalità persa dal paziente e
si cercasi usare il più possibile le funzionalità residue.

Le protesi attive si dividono in due grosse categorie la cui di erenza di applicazione sta nel fatto
che il nervo ottico sia funzionante (protesi retiniche) o non funzionante (protesi corticali).

Nelle protesi di tipo retinico si cerca di recuperare/sostituire/ricostruire in parte la funzionalità


dell’occhio inserendo qualcosa che può essere chiamato retina arti ciale, e che quindi trasmette
un segnale arti ciale ricostruire al nervo ottico funzionante.

Se il nervo ottico non funziona l’unica soluzione sono le protesi di tipo corticale, cioè quelle
protesi che vanno a stimolare direttamente la corteccia visiva, e quindi bisogna andare ad
impiantare direttamente sulla corteccia dei chip.

Con il termine occhio bionico si intende un apparato elettronico che dà al paziente la possibilità
di recuperare parte della visione. La visione che si ottiene alla ne è di tipo centrale (non si ha il
campo visivo esteso) e in bianco e nero e con ash successivi.

A livello corticale ci sarà una retina elettronica costituita da sensori arti ciali che fanno le veci di
coni e bastoncelli, quindi captano il segnale luminoso, lo codi cano e lo trasmettono al nervo
ottico.

Per quanto riguarda le protesi RETINICHE si hanno due categorie: quelle con chip collocato sopra
la retina (protesi epiretiniche) e quelle con chip impiantato sotto la retina (protesi subretiniche).

7 di 40
fi
fi
fl
fi
fl
ff
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
Le protesi epiretiniche sono per esempio il famoso paio di occhiali con una telecamera che è
sempre presente perchè in qualche modo la visione deve essere captata. Il segnale ricevuto viene
trasmesso via wireless ad un ricevitore che è collocato nella parte anteriore dell’occhio o
esternamente per esempio sulla montatura degli occhiali. Ovviamente deve essere poi presente
anche l’alimentazione.

Per le protesi subretiniche non cambia molto per quando riguarda la parte esterna. Si ha che il
chip è posizionato sotto la retina e deve essere in grado di percepire la sensibilità della luce.

Quando si parla di impianto EPIRETINICO si ha in genere questa telecamera miniaturizzata.


Ovviamente alla ne si ha una informazione ridotta rispetto a quella che si avrebbe nel caso di
occhio o retina reale.

Nelle SUBRETINICHE non è necessaria la presenza di una telecamera. È un sistema già invasivo
perché va posizionato sotto la retina, ha però il vantaggio che essendo ssato sotto la retina
segue il movimento del bulbo oculare e non quello della testa. Nel caso epiretinico infatti il
soggetto è costretto a girare la testa per inquadrare ciò che gli interessa.

Sugli occhi oltre alla microcamere sono poi presenti delle spire che servono a trasmettere il
segnale, e un processore per l’acquisizione dell’immagine. All’interno dell’occhio si ha la spira
secondaria. Si ha poi la necessità di avere un collegamento cavi o wireless che trasmette le
informazioni al chip dell’impianto.

Le due spire servono come alimentazione del chip.

La spira secondaria può essere posizionata internamente o esternamente alla super cie
dell’occhio. Può inoltre essere non laterale ma centrale all’interno del bulbo e dietro l’iride.
Quest’ultimo caso ha il vantaggio di avere tutti i dispositivi impianti all’interno dell’occhio e quindi
è un sistema meno evidente.

Ovviamente tutto quello che viene posizionato all’interno o a stretto contatto con l’occhio deve
essere biocompatibile.

Un’altra modalità di posizionamento è con la spira primaria sulla lente o sulla montatore, e la spira
secondaria dove normalmente è posizionato il cristallino.

In genere queste protesi hanno poi un hand-held device che è una specie di telecomando con
cui si gestisce l’accensione e lo spegnimento del dispositivo.

Come viene trasmessa l’informazione? Ci deve essere il passaggio dei dati dalla telecamera alla
protesi vera e propria. In genere questo passaggio viene fatto con un impianto ottico, e quindi con
sistemi di trasmissione laser o infrarossi. Quindi la telecamera acquisire le immagini,
l’informazione viene poi trasmetta tramite un emettitore ottico al fotorecettore all’interno
dell’occhio.

In questa tipologia di impianto si ha il vantaggio che NON è necessario il cavo di collegamento


per le componenti interne che può portare a probemi di incompatibilità. La trasmissione è quindi
diretta. Si ha quindi il vantaggio che la circuiteria è molto ridotta, però ha il problema che non
risulta indi erente dal punto di vista estetico.

La parte di acquisizione del segnale sia nel caso


con spire sia in quello a laser è uguale; la
di erenza sta nella trasmissione. In un caso si ha
un impianto con la presenza di circuiteria anche
invasiva all’interno dell’occhio; nell’altro caso si ha
meno circuiteria ma si ha bisogno di una
strumentazione più ingombrante esterna.

La scelta della tecnologia dipende da molti fattori:


dalla condizione del bulbo, dalla compatibilità del
soggetto, geogra camente dalle cliniche, dai costi,… Dati oggettivi poi oltre a questi appena
elencati sono anche la possibilità di eventuali interferenze elettromagnetiche esterne.

Sia per la tipologia a spira sia per quella a laser si ha comunque una unità di elaborazione interna
all’occhio e questo porta a tre inconvenienti: la circuiteria interna ha un certo ingombro, va
protetto in modo e cace da attacchi biologici e va alimentata.

Per quanto riguarda l’alimentazione per la tipologia a spire il problema dell’alimentazione è risolto
in modo analogo ad un trasformatore, ovvero oltre alle due spire per il segnale sono accoppiate
8 di 40
ff
ff
fi
fi
ffi
fi
fi
altre due spire per l’alimentazione. Altrimenti per ridurre l’ingombro si usano le stesse due spire,
primaria e secondaria, sia per la trasmissione del segnale sia per l’alimentazione.

Per il metodo laser invece sarà il raggio laser stesso che andrà a colpire un fotorecettore e quindi
sarà il laser che andrà ad alimentare la ciruciteria interna.

Entrambe le soluzioni hanno però un problema di fondo: con questa alimentazione interna, anche
se a basissime potenze, si avrà un riscaldamento dell’occhio.

Per cercare di eliminare questi problemi sono stati sviluppati alcuni metodi.

Uno di questi è VCSEL che è una tecnologia laser che invece di elaborare l’informazione
all’esterno stimola direttamente i punti sulla matrice interna arti ciale, quindi sull’impianto
epiretinico. Questo serve per eliminare la circuiteria interna.

Essendo un dispositivo laser si ha sempre una telecamera posta su degli occhiali, il segnale va ad
attivare una matrice esterna che è sugli occhi ali e che genera delle emissioni laser legate
all’immagine che deve essere trasferita all’interno dell’occhio. Questa informazione è poi
focalizzata in maniera opportuna in modo da far convergere tutti i raggi all’interno dell’occhio, e
ognuno degli emettitori laser della matrice esterna va ad attivare un particolare elettrodo sull’array
posizionato sulla retina. Questa è una tecnologia molto promettete.

[La scelta di un impianto epiretinico o subretinico dipende da tutta una serie di valutazioni.
Dipende di danni dell’occhio, e quindi anche dal modo in cui si potrebbe recuperare almeno una
minima capacità visiva. ]

L’impianto SUBRETINICO è indicato per esempio per le patologie che implicano la perdita
parziale della vista. È il caso per esempio della retinite pigmentosa, che riduce la visione
periferica. In questo caso si può intervenire andando a bypassare le cellule danneggiate andando
a salvare quelle ancora funzionanti.

La retinite pigmentosa è una patologia non poi così rara che ha sviluppo progressivo e che può
portare alla cecità totale (in quest’ultimo caso è allora più indicata una protesi epiretinica).

Dopo l’impianto il paziente NON è subito in grado di gestire la situazione, deve essere
RIABILITATO. Il paziente deve essere ben informato su tutti i pro e i contro e i limiti dell’impianto.
Se poi l’intervento va a buon ne deve essere addestrato all’uso e alla manutenzione
dell’impianto.

In Italia la struttura dove si esegue la “rieducazione visiva” è il Polo Nazionale per la Riabilitazione
Visiva.

Epiretinici VS subretinici:

Argus II è un dispositivo che prevede un impianto subretinico con trasmissione a spire. Le


immagini che fornisce sono però a bassissima risoluzione e per ash successivi.

Optivip è un progetto europeo per lo sviluppo di protesi epiretiniche. ASR per impianti subretinici
invece.

VRD è un sistema per bypassare il processo di accomodazione.

Un progetto più recente è un impianto retinico di ultima generazione. È una retina arti ciale con
400 elettrodi. Questa nuova retina è chiamata NR600. Il soggetto deve indossare degli occhiali
che mandano un raggio infrarosso che provvede all’alimentazione attraverso un minuscolo

9 di 40
fi
fl
fi
fi
impianto fotovoltaico. C’è poi un processo abbastanza lungo chiamato ne tuning che serve per
fare in modo che i singoli elettrodi siano fatti in maniera speci ca per ogni individuo.

Se il nervo ottico è danneggiato come abbiamo già detto l’unica soluzione rimane quella delle
protesi CORTICALI, ovvero quella di impiantare un sistema di visione parziale direttamente al
livello della corteccia visiva. La struttura è analoga a quella già vista: si ha una telecamera posta
sugli occhiali, un processore video, ma in questo caso la matrice è direttamente sulla corteccia
visiva e non sulla retina.

Poiché l’impianto è direttamente sulla corteccia la matrice deve avere dimensioni ridottissime (16
pixel).

È stata anche implementata una stimolazione intracorticale attraverso una matrice con elettrodi a
spillo che vanno a stimolare in maniera selettiva i singoli neuroni. Ma anche in questo caso non ci
sono grandi miglioramenti per quanto riguarda la risoluzione.

Disabilita’ dell’udito

L’orecchio è l’organo più protetto del nostro corpo perchè è racchiuso quasi completamente
all’interno dell’osso temporale.

Le tre parti dell’orecchio sono l’orecchio esterno,


l’orecchio medio e l’orecchione interno.

La parte esterna comprende il padiglione uditivo, dove


ci sono delle parti cartilaginee e altre di tessuto più
consistente, ma non ci sono parti ossee. Il padiglione
ha la funzione di convogliare il suono, di permettere un
primo ltraggio e ampli cazione di alcune frequenze.

Il suo è poi portato nel canale uditivo che fa sempre


parte dell’orecchio esterno.

Appena si entra nell’osso temporale si ha l’orecchio


medio che è formato da una serie di ossicini. Il suono li
mette in vibrazione e questa mette in vibrazione sua volta una membrana che si chiama nestra
ovale. Le tre ossicina messe in vibrazione si chiamano martello, incudine e sta a.

Dopo la nestra ovale si hanno nella parte interna i canali semicircolari che sono posti in maniera
perpendicolari tra loro e servono per regolare il nostro equilibrio postulare. In uscita dall’orecchio
interno si ha poi il nervo acustico che porta il segnale alla corteccia cerebrale.

Il tutto comunica poi con l’esterno tramite un condotto chiamato tube di Eustachio che è
fondamentale per maniere uniforme la pressione dell’aria tra l’interno dell’orecchio e l’esterno.

L’ORECCHIO ESTERNO è fatto in un determinato modo per ottimizzare la ricezione del suono. È
fatto da materiale cartilagineo di consistenza variabile e forma irregolare.

La parte in alto si chiama elice, poi si ha l’antielice e nella parte in basso si


ha il trago e l’antitrago. Tutto questo forma il padiglione esterno che serve
per ltrare la ricezione del suono, in particolare riesce ad incrementare il
livello della pressione sonora di 10-1 dB per frequenze intorno ai 3000 Hz,
che sono le frequenze del parlato. Ha invece poco e etto per le frequenze
marginali, quindi quelle sotto i 1000 Hz e sopra i 700 Hz.

Il suono viene quindi ltrato e questa onda sonora, che poi all’interno
dell’orecchio diventerà un’onda meccanica, entra nel condotto uditivo
esterno che è di forma cilindrica e nisce con la membrana timpanica. Quest’ultima ha una
struttura brosa e le sue dimensioni sono di circa 24 mm. Ha una struttura non uniforme:
cartilaginea nel primo terzo e poi più ossea negli altri due terzi. All’interno del condotto uditivo
sono presenti delle ghiandole sebacee che producono cerume che serve per fare in modo che
sostanze estranee raggiungano la membrana timpanica. Anche il condotto uditivo ha funzioni
simile a quelle del padiglione, infatti ampli ca il suono di 10-15 dB nelle frequenze tra i 200 e i
4000 Hz.

Il padiglione e il condotto uditivo possono essere soggetti a diverse PATOLOGIE. Quelle più
evidenti sono la pericondrite e la condire dell’orecchio esterno, e si hanno quando ci sono
rigon amenti e in ammazioni nella parte esterna. Può essere causata da un evento traumatico,
può essere dovuta altrimenti a processi di tipo batterico o in ammazioni, e può degenerare in
situazioni di deformazione anche irreversibilità. La cura è di tipo antibiotica.

10 di 40
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
ff
fi
fi
fi
ff
fi
Un’altra patologia comune è l’otite. È una infezione di tipo sopratutto batterica. La cura è di tipo
antibiotica e si cura in una decina di giorni.

L’ORECCHIO MEDIO è una piccolissima cavità e contiene una


catena di ossicini che sono il martello, l’incudine e la sta a. Il
martello è quello che poggia sulla membrana timpanica e fa da
trasmettitore di emissioni in maniera non passiva, perchè smorza e
incrementa a seconda dell’intensità con cui l’onda sonora arriva. La
sta a poggia invece su una membrana che si chiama nestra
ovale, più piccola della timpanica. Le vibrazioni che sono trasmesse
alla nestra ovale mettono poi in vibrazione i uidi contenuti
nell’orecchio interno. Tutta questa serie di movimenti fa in modo che
la pressione interna dell’orecchio si modi chi, a questo proposito è
presente il condotto di Eustachio che comunica con l’esterno e
permette di mantenere uniforme la pressione interna e esterna.

La membrana timpanica ha una struttura brosa a raggiera e ha il computo di ampli care il suono
se è molto debole o di diminuirlo se è molto forte.

A carico dell’orecchio medio si possono avere diverse PATOLOGIE. Per quanto riguarda il
timpano si può avere l’ispessimento cutaneo, cioè la presenza di una escrescenza. Si può avere
il colesteatoma che crea una proliferazione anomala di cellule epiteliali sul timpano e in
prossimità degli ossicini.

In ne si può avere l’acufene che è un disturbo uditivo, in pratica si sentono dei rumori che però
non hanno una origine esterna reale. In realtà non è classi cata come una vera e propria malattia
e non si hanno neanche soluzioni terapeutiche, però può risultare un problema grave e invalidante
se è a livelli estremi. Le terapie che si mettono in atto sono più che altro tecniche riabilitative, in
pratica si cerca di andare a distrarre il cervello, oppure di andare a mascherare questi suoni con
altri suoni.

Parliamo ora dell’ORECCHIO INTERNO. Anche questo è estremamente protetto ed è formato da


una serie di componenti che hanno dimensioni ridottissime e molto delicate. Le
componenti principali sono i canali vestibolari o semicircolari (8) che regolano
l’equilibrio, la coclea o chiocciola (9) che è il vero e proprio organo dell’udito e poi
l’organo del corti (10) dove si hanno le terminazioni nervose che vanno poi a
formare il nervo uditivo.

L’orecchio interno presenta poi una serie di cavità che vanno a formare quello che
si chiama labirinto osseo. Queste cavità hanno al loro interno delle sostanze
membranose che prendono il nome di labirinto membranoso.

Ci sono poi all’interno dei uidi che possono essere di due tipi: la perilinfa ha una
composizione simile a quella dei liquidi extracellualri e si trova tra labirinto osseo e
membranoso; l’endolinfa ha invece una composizione simile a quella dei liquidi
intracellulari. La perilinfa si tromba nel dotto timpanica e
nel dotto vestibolare. L’endolinfa si trova nel labirinto
membranoso. Entrambi i liquidi sono prodotto all’interno
del labirinto, in particolare nella zona del vestibolo e di
parte della coclea.

Il labirinto osseo è formato dal vestibolo che è il


collegamento tra la chiocciola e i tre canali semicircolari,
che sono disposti nelle tre orientazioni spaziali e sono
perpendicolari tra di loro. Il vestibolo è situato tra la coclea
e i canali semicircolari ed è collegato con l’orecchio medio
per mezzo della nestra ovale.

L’utricolo e il sacculo formano il labirinto membranoso e


contengono sulle loro pareti delle cellule provviste di ciglia sulle quali è posta una membrana dove
ci sono dei piccoli cristalli di carbonato di calcio detto otoliti. Gli otoliti sono quindi canali di
fosfato di calcio la cui posizione dipende dalla nostra posizione.

La coclea compie due giri e mezzo attorno ad un osso centrale che si chiama modiolo.
All’interno della coclea c’è il cosiddetto canale cocleare che divide la coclea in due parti, la parte
superiore si chiama scala vestibolare e quella inferiore scala timpanica. Appoggiato poi su tutta

11 di 40
fi
ff
fi
fi
fl
fi
fi
fl
fi
fi
ff
fi
la lunghezza del canale cocleare c’è l’organo del Corti, che
ha superiormente è appoggiato alla membrana tettoia, e poi
a seconda del suono si attivano cellule uditive diverse.

Nella parte sotto all’organo del Corti c’è quella che si chiama
m e m b r a n a b a s i l a re .
Quando questa
membrana vibra
determina un
avvicinamento delle ciglia
alla membrana tettoria che causa l’attivazione delle cellule
acustiche. Il contatto tra le ciglia e la membrana tettoria è
quello che consente la percezione del suono. La membrana
basilare vibrerà in maniera diversa a seconda del suono.

Esistono due tipologie di ciglia e queste consentono di dividere


l’organo del Corti in una parte più interna e in una più esterna.
Le cellule cigliari interne sono in numero non enorme, sono circa 3500 e sono poste su un’unica
la. Le cellule cigliari esterne invece sono in numero molto maggiore, circa 15 000 e sono
disposte su tre le. Si possono notare dei parallelismi con le cellule fotorecettive dell’occhio:
quelle meno numeroso sono quelle che svolgono maggiormente la funzione uditiva.

Anche l’orecchio interno può essere soggetto a PATOLOGIE che possono essere dovute a traumi,
farmaci o malformazioni congenite. L’ipoacusia è un trauma acustico di breve durata e di elevata
intensità, è spesso causato dall’esposizione a rumori di elevata intensità. La nefrite vestibolare è
una infezione di origine virale. Il neurinoma è invece un tumore di origine benigna solitamente.

Le cellule nervose che escono dall’organo del Corti sono degli assoni il cui prolungamento va a
formare il nervo acustico. Si hanno due prolungamenti, quello periferico e quello centrale. Il
primo passa per la chiocciola, il secondo invece per i canali del modiolo. Entrambi alla ne vanno
però a formare la componente cocleare dell’ottavo nervo cranico.

Vediamo ora le varie parti della nostra


CORTECCIA CEREBRALE. L’elaborazione del
segnale visivo viene fatta nella zona occipitale.
L’area motoria è quella posta nella parte
superiore della corteccia cerebrale. L’analisi del
segnale uditivo viene fatta in una zona che si
trova temporalmente a poca distanza
dall’organo dell’udito. Davanti si ha la zona
dell’olfatto, anche essa vicina all’organo
olfattivo. La zona frontale è quello più esposta
ed è quella legata alle emozioni, alla memoria e
al nostro comportamento. Ci sono poi due aree
che sono quella di Broca e quella di Wernike che sono legate alla produzione del linguaggio, e
quindi alla capacità di parlare e di comprendere il parlato.

Tra tutte queste zone ovviamente c’è continuità e interazione.

I fenomeni acustici sono caratterizzati da due grandezze. Queste sono la pressione acustica e la
frequenza. La pressione acustica dipende dalla pressione che l’onda sonora emette sul mezzo di
propagazione, questo perchè il suono non si propaga nel vuoto. La frequenza invece è il numero
di oscillazioni al secondo.

I fenomeni acustici consistono in fenomeni oscillatori della materia, non si propagano nel vuoto
ma hanno bisogno di un qualche mezzo elastico per propagarsi. Il suono diventa quindi un
fenomeno meccanico.

La gamma delle frequenze acustiche è molto più ampia di quella udibile, che si trova tra i 16 Hz e
i 20 000 Hz. Alle frequenze inferiori si hanno gli infrasuoni, a quelle superiori gli ultrasuoni e poi gli
ipersuoni.

I fenomeni acustici vengono espressi mediante la scala logaritmica in decibel (dB), che fa
riferimento alla pressione acustica. La pressione acustica è il rapporto tra la pressione in un certo
istante e la stessa quando l’onda non è presente. Si usa la scala logaritmica perchè con quella
lineare si avrebbero range troppo ampi e si perderebbero informazioni.

12 di 40
fi
fi
fi
Quali sono quindi le GRANDEZZE FONDAMENTALI che caratterizzano un segnale sonoro?

L’ampiezza istantanea è il valore della pressione in un certo punto e si misura in decibel.

Il periodo l’inverso della frequenze, ed è il tempo che occorre per completare un ciclo dell’onda.

Quali sono invece le CARATTERISTICHE del suono?

Un suono può essere acuto o grave e questo dipende dalla frequenza e da un parametro che è
l’altezza del suono.

Un altro parametro è la dinamica o intensità del suono che rappresenta l’ampiezza, e quindi
quanto un suono è alto o piano.

La forma d’onda è l’elemento più caratteristico per ogni suono, si pensi alla stessa nota prodotta
da un violino o da un pianoforte: si riconoscono. Si può parlare in questo caso di suono chiaro o
scuro legato al timbro.

Il timbro è una grandezza pluridimensionale perchè bisogna conoscere sia la frequenza che
l’ampiezza per poterlo de nire.

140 dB è l’intensità massima oltre la quale si ha dolore.

I suoni puri sono suoni arti ciali, sono sinusoidi perfette. Combinazioni di più sinusoidi genera il
suono complesso. Questo è la tipologia di suono con cui noi conviviamo normalmente.

Il nostro sistema uditivo è complesso e non abbiamo


quindi una variazione lineare della percezione del suono
e della frequenza. All’aumentare della frequenza e della
pressione sonora l’andamento della percezione del
suono varia, come è mostrato nel gra co qui accanto. La
linea tratteggiata rappresenta la soglia inferiore di
udibilità.

Si può notare che tra i 500 e i 4000/5000 Hz si ha una


udibilità molto bassa, in questo range anche un suono
molto basso può essere rilevato. Queste sono
tipicamente le frequenze del parlato e dei suoni comuni.
All’aumentare della pressione la soglia ha un andamento
che si mantiene simile, ma superando i 120/140 dB di
pressione sonora si ha la soglia del dolore.

Vediamo ora come funziona la PERCEZIONE DEL SUONO. La catena di ossicini non si limita a
trasmettere il suono, ma ha anche funzione di modulazione, quindi aumenta o riduce la
vibrazione. La membrana timpanica ha delle dimensioni che sono circa 20 volte maggiori di quelle
della nestra ovale. Quindi la pressione che arriva sulla membrana timpanica è 20 volte superiore
di quella che arriva al timpano.

Il meccanismo di ampli cazione poi NON è passivo, esistono due muscoli chiamati strapedio e
tensore del timpano. Lo strapedio ha la funzione di regolare la mobilità del più piccolo osso del
corpo che è la sta a, che è quello che va a poggiare sulla nestra ovale. Questo muscolo serve
per limitare e regolare l’ampiezza dell’onda sonora. L’altro muscolo è il tensore del timpano e
regola il livello di tensione della membrana timpanica, che può essere a tensione minore per i
suoni più deboli in modo che oscilli di più e viceversa.

Il meccanismo che regola la tensione delle membrane e la trasmissione del segnale si chiama
ri esso timpanico. Se il suono è debole sia lo strapedio sia il tensore del timpano sono rilassati,
con un suono debole si deve trasmettere il massimo dell’energia possibile. Viceversa quando il
suono è molto intenso questi muscoli si contraggono e vanno quindi ad attenuare il segnale
acustico. Questo ri esso timpanico consente entro certi limiti siologici di proteggere in qualche
modo il nostro organo interno. Il tempo necessario per attivare questo ri esso non è però
indi erente: ci vogliono tra i 50 e i 150 ms per attivarlo.

Assumendo che vada tutto bene la sta a si avvicina alla nestra ovale e trasmette le vibrazioni
all’orecchio interno attraverso la perlina. Le vibrazioni si vanno poi a propagare nel canale
vestibolare e arrivano alla membrana basilare dove poggia l’organo del Corti con le cellule cigliari.
La membrana tenderà a causa delle vibrazioni a ettersi. La essione verso l’alto o verso il basso
di solito è concentrate in zone diverse della membrana a seconda del suono. Questa essione
porta ad una di erenza di pressione tra la zona superiore e quella inferiore della coclea, questa è
percepita dalle cellule cigliate e quindi dall’organo del Corti e in questo modo si vanno poi ad
attivare le varie terminazioni nervose.

13 di 40
fl
ff
fi
ff
ff
fl
fi
fi
fi
fi
ff
fl
fi
fi
fl
fi
fl
fl
La membrana basilare non
h a s o l o u n o s p e s s o re
diverso via via che ci si
allontana dalla nestra
ovale, ma anche di
consistenza. La membrana
ha una consistenza via via
minore allontanandosi dalla
nestra ovale ma con uno
spessore maggiore.

Le cellule cigliate come già


detto sono di due tipi: quelle
esterno più numerose e
quelle interne meno
numerose. Quelle esterne
hanno una innervazione che
viene dal sistema nervoso centrale e ne provoca l’accorciamento, queste collere sono collegate
alla membrana basilare e ne possono modi care le proprietà vibratorie. Quindi queste cellule
possono smorzare o aumentare i suoni. Per quanto riguarda quelle interne, queste invece
emettono il glutammato e quindi attivano le bre nervose che trasportano l’informazione
dall’organo del Corti al nervo uditivo e quindi poi al sistema nervoso centrale.

La vibrazione alla ne è trasmessa all’ultima membrana presente nell’orecchio che è la nestra


rotonda, che garantisce che la pressione sia equilibrata.

A questo punto ci chiediamo come fa il nostro organo dell’udito a percepire delle frequenze così
ampie. Lo stimolo acustico alla ne diventa uno stimolo elettrico. La fase precedente
all’elaborazione è una fase di codi ca. Noi possiamo percepire 2000 impulsi a frequenze diverse,
però il potenziale d’azione che si può propagare dalle bre nervose non può avere frequenza
superiore a 500 Hz. Quindi come facciamo noi a percepire le frequenze superiori a questo valore?
Quando arrivano queste onde sonore mettono in vibrazione la membrana basilare in certe zone e
la vibrazione viene suddivisa tra cellule cigliari diverse e quindi divisa in una serie di armoniche. Si
ha quindi un sistema multicanale. Questo sistema complesso è un limite per la realizzazione di
protesi.

Tutte queste informazioni arrivano al NERVO UDITIVO (ne abbiamo uno per orecchio) e portano il
segnale alla corteccia uditiva. Nella corteccia uditiva ci sono le cosiddette mappe tonotopiche
che sono zone dove i suoni vengono ricostruiti e analizzati e categorizzati a seconda della bra
nervosa del nervo uditivo che ha portato quella informazione. La tonotopia ci fornisce poi anche
informazioni spaziali, da dove quel suono proviene. Questo è anche dovuto al fatto che avendo
due nervi uditivi le informazioni sono leggermente sfalsate e la di erenza temporale con cui arriva
l’informazione ad un orecchio e all’altro consente alla corteccia uditiva di localizzare la
provenienza del suono.

Si parla di indizi binaurali quelli danno informazioni di localizzazione sia di tempo sia di intensità.
Si parla invece di indizi monoaurali quelli che provengono da un solo orecchio e si occupano di
identi care la durata di un suono.

Dalla coclea, gli impulsi nervosi vengono trasmessi ai tre nuclei cocleari, situati nel tronco
cerebrale, attraverso il nervo uditivo. Il tutto converge poi nel centro uditivo del mesencefalo.

Dal talamo poi i segnali arrivano alla corteccia uditiva che è localizzata prevalentemente in una
zona temporale. Quella primaria è posizionata in maniera superiore rispetto a quella secondaria.
Nella corteccia primaria si ha una struttura tale da contenere una mappa topogra ca della
coclea, quindi il nostro cervello da quale parte della coclea è arrivato il segnale. Elabora poi anche
le frequenze diverse. Attorno alla corteccia primaria si trova la corteccia secondaria è comporta
da varie aree che ricevono informazioni meno precide e danno luogo a informazioni tonotopiche
meno precise e più varie.

Si possono avere danni al sistema uditivo che possono essere temporanei o permanenti. Il
tipico danno temporaneo è quando l’organo viene sottoposto per tempi lunghi a livelli sonori di
elevata intensità, e questo può portare alla diminuzione o perdita dell’udito però con capacità di
14 di 40
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
ff
fi
fi
fi
recupero. I danni possono poi portare anche altre sensazioni come nausea, perdita dell’equilibrio
e labirintiti (in ammazioni). Questi danni derivano dal fatto che un’onda elevata porta un maggiore
sforzo meccanico che deve compiere l’organo. I danni permanenti si possono invece avere se
questa esposizione ad alta intensità è prolungata negli anni, oppure possono essere dovuti a
patologie o traumi.

Chiaramente qualsiasi tipo di menomazione ha un grosso impatto negativo sull’individuo, in


particolare sulla comunicazione e sulla capacità del soggetto di poter interagire con il mondo
esterno, e questo può portare anche a problematiche di tipo depressivo. Inoltre la perdita
dell’udita può avere anche implicazioni sulla sicurezza, perchè il soggetto non in grado di
ascoltare i segnali di allarme.

La tecnologia ha cercato di sopperire alle varie menomazioni, ci sono due categorie: a bassa
tecnologia e ad alta tecnologia. Per la bassa tecnologia si parla di dispositivi che invece di una
percezione di tipo acustico sostituiscono lo stimolo acustico con un’altro di tipo visivo o vibrante.
Esempio di alta tecnologia possono essere invece tecnologie più complesse come dispositivo di
ascolto assistito.

I de cit uditivi riguardano solitamente la popolazione anziana, e si dividono in base alla zona del
de cit. Ci sono de cit di tipo neurosensoriale che sono danni al nervo uditivo e all’orecchio
interno e di solito sono irreversibili. Ci possono poi essere danni al condotto uditivo, e qui il
problema non è di comprensione ma proprio di arrivo del segnale. Ci possono poi essere in ne
de cit misti.

Un de cit cognitivo può essere generato da anomalie o problemi congeniti, infezioni di vario tipo,
reazioni a farmaci ototossici o degenerazioni siologiche legate all’età.

Come si caratterizzano le ipoacusie? Dai 40 ai 70 dB di perdita si parla di ipoacusia di media


entità o grave; mentre l’ipoacusia profonda si ha con una perdita oltre i 90 dB.

In genere questi problemi insorgono con l’età, oltre i 60/65 anni si parla di presbiacusia, quindi di
una degenerazione naturale delle cellule cigliate.

Se la degenerazione è bilaterale si può prendere in considerazione un intervento con l’inserimento


di un impianto. Quando invece il danno è monolaterale l’intervento non si prende in
considerazione perchè si ha una funzione residua nell’altro orecchio che compensa la mancanza
dell’altro.

Quando invece il de cit non è troppo elevato si può pensare di utilizzare quelle che si chiamano
protesi acustiche (anche se è un abuso del termine perchè in realtà una protesi è qualcosa che
sostituisce un organo ma in questo caso vanno ad aiutare e non a compensare la mancanza). La
percentuale però di coloro che ricorrono a questi dispositivi è molto bassa, infatti solo il 15% delle
persone che dovrebbe ricorrere a questi dispositivi ne fa e ettivamente uso. Questo per vari
motivi.

Questo tipo di de cit in genere progredisce in maniera graduale, quindi spesso non si rendono
nemmeno conto che stanno perdendo l’udito. Si ha poi un motivo psicologico, in genere una
protesi non viene ben accettate, sopratutto nelle persone più anziane che in genere hanno una
mentalità più ristretta.

Esistono protesi di due tipi, quelle assolutamente non invasive che NON richiedono impianti
chirurgici e sono le protesi che si appoggiano sull’orecchio; poi ci sono le protesi invasive che
richiedono un intervento chirurgico. In ne ci possono anche essere protesi che bypassano anche
il nervo uditivo e vanno direttamente alla corteccia cerebrale.

Oggi giorno si cerca anche di lavorare almeno in parte alla rigenerazione delle cellule cigliate,
quindi si cercano delle tecniche che si casino sulla terapia genetica o sulle cellule staminali.

Quale è la struttura in genere di queste protesi? In queste protesi in genere si ha una parte che
serve per captare il segnale attraverso uno o più microfoni, il segnale deve poi essere elaborato
all’interno di un dispositivo che va a ltrarlo andando ad eliminare il più possibile il rumore di
fondo; in ne il segnale viene inviato attraverso il condotto uditivo.

Per alcune tipi di protesi e per certe categorie di pazienti è possibile avere una prescrizione
gratuita della protesi acustica, questo nel caso in cui la perdita sia maggiore di 65 dB in certi
range di frequenza che solitamente sono quelli del parlato. Questo per quanto riguarda le
ipoacusie. Per la perdita totale dell’udito non è presente nessun aiuto perchè questo de cit
richiederebbe l’intervento di inserimento di una protesi che ha costi molto più elevati.

Quest’ultimo limite può però essere bypassato se il soggetto ha altre forme di invalidità, in genere
si può avere prescrizione gratuito se l’invalidità generale è superiore al 35%.

15 di 40
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
ff
fi
fi
Esistono vari tipi di ipoacusie. Ci sono le ipoacusie trasmissive, che sono problemi generati da
un qualche agente residuo che riguarda l’orecchio esterno o medio, in questi casi il problema non
è la decodi ca del segnale. Un classico caso è la formazione del tappo di cerume. In genere sono
tutte situazioni risolvibili.

Un’altra categoria è la sordità percettiva o ipoacusia di tipo percettivo che è dovuta ad una
disfunzione dell’analisi del sono sia per quanto riguarda le sue componenti in frequenza sia per
quelle nel tempo. Chi ne è a etto di solito ha di coltà nella percezione dei suoni e delle parole.
Non c’è solo un problema di suono che arriva o arriva male ma proprio una questione di capacità
di analizzarlo. Il danno in questo caso è a livello della coclea e queste patologie sono la
presbioacusia o a ipoacusia da rumore.

Altre condizioni ma più rare sono quelle che interessano l’ottavo nervo cranico e si parla di
tumore benigno. Un tumore benigno in genere si è in grado di asportarlo senza conseguenze.

Condizioni ancora più rare e più gravi sono invece le sordità che interessano il sistema nervoso
centrale.

In che modo si capisce il livello di gravità di una perdita uditiva? Ci sono dei test che fanno
riferimento ad un gra co dove sull’asse delle ascisse ci sono tutta una serie di valori di frequenza
crescenti che comprendono più o meno tutto lo spettro delle frequenze acustiche, mentre sulle
ordinate c’è il corrispondente valore in scala logaritmica. Questo
gra co si chiama audiogramma.

Sul gra co si possono distinguere 6 aree: 1 suono deboli in bassa


frequenza, 2 suoni moderati in bassa frequenza, 3 suoni forti in
bassa frequenza, 4 suoni deboli in alta frequenza, 5 suoni
moderati in alta frequenza, 6 suoni forti in alta frequenza.

Queste misure si fanno dall’audiologo. La misura viene fatta


sottoponendo la persona all’ascolto tramite una cu a particolare.
Se il soggetto percepisce un suono a intensità bassa (1000 Hz)
allora lo deve dire, quindi nché non percepisce alcun suono non
deve dire nulla. Si fa prima da un orecchio e poi dall’altro, e in ne
si vanno ad aumentare le frequenze. Alla ne l’audiologo mette
insieme i risultati e da una misura del de cit.

Con queste misure si può andare a quanti care il de cit.

Esistono poi test più complessi che riguardano l’uso di TAC o risonanze magentiche per vedere
dal punto di vista morfologico dove è posizionato questo de cit.

In ne ci possono essere anche test di odometria vocale, cioè il medico appositamente parla a
voce bassa in modo da pare se il paziente che ha davanti lo riesce a sentire.

Chi si sottopone all’audiogramma deve innanzitutto essere in grado di e ettuare il test. Persone
con de cit motori o neurocognitivi è di cile che riescano a fare un test di questo tipo.

Una volta che è stato appurato un de cit di livello medio/grave bisogna ricorrere a delle
tecnologie di ausilio auditivo che si indicano con la sigla HAT (Hearing Assistive Technology).

I tre aspetti che in uiscono negativamente sulle condizioni di ascolto sono la presenza di rumore
di fondo, il problema dell’acustica ambientale e poi l’energia del segnale.

Il rapporto segnale rumore per persone normo udenti è di 6 dB, per un soggetto con de cit uditivi
questo rapporto aumenta no a 20 dB.

Questi dispositivi di aiuto tecnologico quindi devono da un lato compensare l’energia di un


segnale e quindi ampli care e ltrare il rumore di fondo, e poi devono minimizzare l’aspetto del
riverbero acustico.

Un primo esempio di ausilio era il trono acustico costruito nel 1819 per il re del Portogallo.
Questo trono aveva dei braccioli che terminavano con delle teste di leone che consentivano di far
passare il suono attraverso delle cavità e lo portavano ad una cassa di risonanza sulla seduta in
modo da ampli care il suono.

Il primo dispositivo esistente era il cornetto acustico. Serviva solo per ampli care il suono, si
appoggiava sull’orecchio e ampli cava tutto quello che veniva dall’esterno, anche il rumore.

Poi verso la prima metà del 20esimo secolo no inventati i primi dispositivi indossabili, anche se
ingombranti e fastidiosi. Aveva un microfono, una sistema di ampli cazione (con ltraggio limitato)
e una ricevitore interno per trasmettere il segnale. Verso gli anni 50 nascono i primi apparecchi

16 di 40
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fl
fi
fi
fi
fi
ff
fi
fi
ffi
fi
fi
fi
fi
fi
ffi
ffi
fi
fi
fi
fi
ff
fi
fi
fi
retroauricolari, non si mettevano in tasca ma si potevano posizionare appoggiati dietro
all’orecchio.

Negli anni 70/80 si incominciò a costruire dispositivi interni all’orecchio, in modo da rendere la
protesi meno visibile.

Si arriva in ne al 1990 con lo sviluppo della tecnologia che nalmente permette di miniaturizzare i
dispositivi grazie ai circuiti analogici.

La vera evoluzione si è avuta poi agli inizi degli anni 2000 in cui i circuiti analogici furono sostituì
da quelli digitali.

Il tutto no ai giorni nostri in cui si incominciano ad avere queste tecnologie programmabili, in


modo da avere una possibilità di personalizzazione.

Ci sono varie tipologie di dispositivi: quelli indomabili, i BTE, gli ITE, e quelli a conduzione ossea.

I BTE e gli ITE sono quelli che si posizionano in parte dietro e in parte all’interno dell’orecchio.

I BTE in particolare hanno poi un tubicino sottile e quasi trasparente che porta il segnale ad un
dispositivo che invece è posizionato nel canale uditivo. Questo dispositivi hanno solitamente tre
modalità: per le comunicazioni ordinarie si attiva il microfono; ci sono le comunicazioni tramite
telefono; e lo switch o quando si vuole spengere l’apparecchio.

I dispositivi ITE sono quasi tutti interni al canale uditivo, hanno un’antenna che va a captare i
suoni. Sono molto più piacevoli da indossare, hanno però una capacità di ampli cazione minore e
poi si possono avere problemi di feedback tra microfono e ampli catore.

In ne ci sono i dispositivi a conduzione ossea, questi necessitano di interventi chirurgici, vanno


impiantati e si basano sulla capacità della nostra struttura ossea di trasmettere vibrazioni.

Tutti questi dispositivi hanno la caratteristica che devono essere tutti alimentati, hanno quindi
bisogna delle batterie che di solito sono miniaturizzate e di lunga durata (almeno una giornata).

La struttura di questi dispositivi è formata da un microfono che acquisisce il segnale audio


esterno; una parte di circuiteria digitale di ampli cazione del segnale e poi il ltraggio e un
trasduttore che invia il segnale al ricevitore.

Poi ci sono anche le cosiddette protesi ad occhiale, dove una parte del dispositivo può essere
inserita nelle stanghette degli occhiali. Ci sono due tipi di queste protesi: quelle a conduzione
ossea e quelle a conduzione aerea. Le prime consistono di un apparecchio che rileva e trasmette
le vibrazioni sonore attraverso l’osso mastoideo alla coclea. Nelle seconde è la stanghetta che
serve a trasmettere verso un tubo auricolare posto all’interno del condotto uditivo.

Al giorno d’oggi nessuna di queste tipologie è più usata. Quelle acustiche retroauricolari sono le
più comuni; si appoggiano dietro all’orecchio. Sono formate da un ampli catore e da un piccolo
tubino che porta il suono dentro il condotto uditivo. Funzionano bene e hanno costi ridotti, però
non sono molto ben viste perchè visibili dall’esterno.

Le protesi endoauricolari sono invece quelle dove non c’è niente da appoggiare esternamente.
Hanno una struttura base contenuta in una resina che può essere manipolata e alla quale si da la
forma del condotto uditivo dove viene applicata. Queste protesi non sono visibili. Hanno però dei
limiti perchè per ipoacusie molto gravi non sono adatte.

Si possono poi avere gli impianti coclearia, che hanno una parte esterna, formata dal processo
che acquisisce il segnale, lo elabora e lo trasmette; e da una parte interna.

Tutti questi dispositivi possono avere tecnologie di erenti:

- convenzionale analogica: è la più economica, l’audiologo individua determinate risposte in


frequenza e altre caratteristiche e lo strumenta opera sul segnale acquisito dal microfono; non
viene ampli cato solo il segnale ma anche il rumore di fondo.

- Programmabile analogica: è controllata da un microchip che consente di e ettuare


aggiustamenti personalizzati e di memorizzarli in una memoria digitale.

- Programmabile digitale: converte il segnale analogico in digitale per l’elaborazione e il


controllo; e ettua una buona cancellazione del rumore e consente la de nizione della risposta
in frequenza e del rapporto segnale/rumore desiderato.

Il Direct Audio Input (DAI) è molto vantaggioso per la connessione del dispositivo con per
esempio computer, radio, televisione,…

I dispositivi impiantabili sono quelli che non possono essere fatti in altro modo e necessitano di
un intervento chirurgico. Questi sono indicati nei casi di perdita uditiva profonda e bilaterale.

Questi dipositivi sono diversi a seconda del livello a cui sono impiantata, quindi crescendo con il
danno uditivo si può parlare di dispositivi ad impianto osseo quando si ha una qualche funzione
uditiva residua e quindi si possono usare queste vibrazioni che vanno alla coclea ancora
17 di 40
fi
fi
fi
fi
ff
ff
ff
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
ff
funzionante; poi ci sono quelli impiantati nell’orecchio medio e anche qui si ripristina il corretto
movimento delle tre ossicina ma ci deve essere la coclea funzionante; quelle ad impianto
cocleare quando vengono inseriti gli elettrodi all’interno della coclea ed è il caso di perdita uditiva
severa; in ne se anche il nervo uditivo è compromesso si può intervenire a livello di un impianto
sul midollo allungato e si parla quindi di perdita uditiva profonda.

Quali sono le componenti di questi impianti?

Si ha sempre una parte esterna che è il processore audio. Si ha il microfono, la batteria e tutta
la parte di componenti elettroniche che consentono di elaborare il segnale e convertirlo in un
segnale che viene poi trasmesso nella parte interna della protesi.

Nella maggior parte dei casi questa parte esterna è posizionata sulla tempia e viene tenuta in
posizione o da un perno che si incastra oppure da un magnete con l’altro polo posizionato
internamente all’osso temporale.

In ne si ha un collegamento conduttore fatto di cavo che sicamente collega questa parte esterna
a quella interna formata da un trasduttore meccanico, perchè da onde meccaniche devono essere
trasformate in onde elettriche.

Il segnale poi opportunamente ltrato e trasmesso al ricevitore interno è trasdotto da un


dispositivo chiamato FMT che lo trasforma in un segnale vibratorio.

Vediamo ora alcuni esempi di dispostivi impiantbaili

BAHA è un marchio registrato di dispositivo in commercio di tipo impianto osseo, cioè basato
sulla conduzione ossea. Ha una struttura fatta di titanio e viene posizionato dietro l’orecchio
sull’osso temporale. Ha un processore intendo che elabora il segnale che viene dall’esterno e lo
elabora sotto forma di vibrazioni meccaniche. Per poter essere utilizzato si deve avere un danno
bilaterale dovuto ad anomalie congenite o ad infezioni.

Il MEI è un altro tipo di impianto che si impianto nell’orecchio medio. Questo dispositivo agisce
direttamente sugli ossicini, ristabilisce il movimento corretto degli ossicini e quindi incrementa
l’intensità del suono.

Può essere un’alternativa alle protri esterne. Il dispositivo è posizionato a livello sottocutaneo. Pur
essendo un dispositivo che richiede un intervento chirurgico a volte viene preferito ad altri
dispositivi perchè ha un risultato per la percezione delle alte frequenze migliore rispetto ai
dispositivi puramente indossabili.

L’impianto cocleare riguarda proprio la coclea e si interviene andando a ripristinare e sostituire in


qualche modo la porzione della coclea dove le cellule ciliate non hanno più la loro capacità
funzionale. Anche all’interno della coclea bisogna capire a che livello del sistema di ricezione del
segnale è presente il danno. Questa operazioni è al giorno d’oggi ancora irrisolta perchè non si
riesce ad individuare esattamente la zona. Questi dispositivi quindi arrivano direttamente alla
coclea, bypassando anche l’oreccghio intento e va direttamente a stimolare gli elettrodi di
super cie posti sul nervo uditivo.

La parte esterna anche in questo caso è più o meno sempre la stessa, si ha la ricezione del
segnale con un microfono, una componente di elaborazione con ampli cazione e ltraggio, e poi
un trasmettitore verso la parte interna che sarò formata da un ricevitore e da tutta una serie di
elettrodi che sono impiantati su un support oche mima la membrana basale. Consentono di
riconoscere la presenza di suoni e rumori ambientali, non ripristinano l’audio.

C’è in realtà una fase piuttosto lunga che segue l’impianto vero e proprio. Una volta eseguito
l’impianto gli elettrodi non vengono attivati subito, ma dopo 20/30 giorni. Viene però fatto un test
durante l’intervento per andare ad individuare quali sono le due soglie uditive massima e minima,
che servono per la regolazione perchè si cerca di regolare l’impianto in modo da abbassare la
frequenza minima il più possibile e alzare il più possibile la massima. Questa è una fase
abbastanza complessa anche perchè è diversa per ogni individuo. In ne si ha una fase di
riabilitazione del paziente per insegnargli ad interpretare correttamente quello che questo
dispositivo gli può fornire.

Smart sound è un processo che ampli ca e ltra il suono in base alle frequenze. Ha quattro
opzioni: everyday, noise, focus e music.

Un altro dispositivo è Nucleus Freedom dove si hanno due componenti, una interna e una
esterna. Quella interna si trova nella coclea, dove si hanno gli elettrodi che svolgono la funzione
sostitutiva. Il dispositivo può essere usato in maniera semplice anche in fascia pediatrica. Si ha un
piccolo monitor dove appaiono codici che corrispondono al corretto funzionamento o a qualche
malfunzionamento. Ci sono inoltre dei pulsanti che possono essere usati per le varie applicazioni.

18 di 40
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
Ha bisogno di batterie miniaturizzate. Ha la funzione di smart sound che consente di settare il
processore che e ettua il ltraggio del segnale in ingresso a seconda della situazione in cui la
persona si trova: everyday, noise, focus o music. Nell’everyday si ha un ambiente non troppo
rumore con voci. Per il noise sono situazioni rumorose. Per il focus ci si concentra sull’ascolto di
determinati rumori. E music è perchè l’ascolto della musica ha caratteristiche particolari.

La prima versione si portava dietro all’orecchio, ma è stata inventata anche una versione
tascabile. Questa tipologia sostituisce la parte dietro all’orecchio esterna con una parte che può
essere tenuta in tasca. Essendo tascabile si può permettere di avere dimensioni maggiori e uno
schermo più grande. Ovviamente però non è invisibile.

Un’altra osservazione da fare è vedere quali sono i pro e i contro di una protesi impiantatile
rispetto ad un impianto cocleare. La di erenza sta nelle capacità uditive residue della persona.
Una protesi impiantatile si usa quando la perdita uditiva è bilaterale e lo stato della persona è pero
abbastanza buono. Mentre gli impianti cocleari hanno un target di persone interessate che hanno
una perdita di udito molto profonda.

La soluzione estrema poi si ha nel caso in cui sia danneggiato il nervo acustico. Qui anche se
l’orecchio esterno, interno e medio sono funzionanti non possono essere usati perchè non c’è la
trasmissione del segnale. Quindi in questo caso si parla di nervo acustico arti ciale, che è però
ancora in fase sperimentale.

Dispositivi di questo tipo che vanno direttamente nella zona encefalica, bypassando coclea e
nervo acustico, si chiamano ABI (Auditory Brainstem Implant). In un ABI gli elettrodi sono
collegati direttamente alla base del cervello. L’impianto va selettivamente a trasmettere dei segnali
a frequenze via via crescenti man mano che si va verso il centro. Va posizionato nella zona
adiacente al cervelletto dove qualsiasi danno può portare a danni ben più gravi e proprio per
questo motivo è un intervento che viene spesso evitato. Viene fatto solo in casi di sordità totale e
comunque non a tutti.

È poi comunque un dispositivo che ha bisogno di essere gestito e quindi ha bisogno di una
specie di centralina di controllo, di elaborazione e con un processore vocale. Il pannello di
controllo ha dimensioni abbastanza contenute, ma non miniaturizzate; ha tutta una serie di
pulsanti di regolazione. La sensibilità e il tipo di ltraggio è regolata a seconda della dimensione
del suono che si desidera acquisire.

Quale è il livello di accuratezza che può avere un ABI? Nella forma base ha 21 elettrodi che sono
posizionati su una struttura di supporto. Questo supporto è a sua volta posizionato sulla
super cie del nucleo cocleare del midollo allungato e bypassa completamente l’orecchio interno e
il nervo uditivo.

I bene ci che si possono avere con un ABI variano da soggetto a soggetto. I risultati sono però
limitati, si riescono a percepire suoni, qualcosa, e a questo proposito è essenziale la riabilitazione
del soggetto a interpretare il labiale e anche a capire in base ai suoni che gli arrivano l’ambiente
circostante.

Non va scordato che queste persone hanno perso l’udito ma in genere non hanno perso la vista,
quindi attraverso la vista riescono ad interpretare i suoni che ricevono.

In genere l’uso del telefono è di coltoso perchè sono suoni di frequenza grossolana e non si vede
il labiale.

Andiamo ora a vedere i DISPOSITIVI ALD (Assistive listening), che sono ausili all’ascolto e alla
comunicazione.

Oggi giorno il telefono consente tutta una serie di applicazioni che prima non erano possibili.

Questi ADL devono svolgere le funzioni di base che sono la ricezione del suono, il portarlo al
ricevitore e collegare il ricevitore o altri dispositivi all’orecchio facendo alcune operazioni di
ltraggio.

Un altro grosso problema è quello della comunicazione telefonica. I primi telefoni avevano
incorporata un po’ di tecnologia per ampli care e ltrare alcune frequenze. Avevano una suoneria
con una intensità sonora particolarmente elevata e un avviso luminoso di chiamata. Altrimenti si
potevano avere anche segnalazioni di tipo tattile, tipo vibrazioni.

Alcuni telefoni disponevano del convertitore switch to test, quindi il parlato viene riprodotto in
testo scorrevole su un piccolo schermo, questo però non è ancora perfezionato.

Per le vecchie cornette telefoniche si poteva avere un accessorio con sistemi di ampli cazione.

19 di 40
fi
fi
fi
ff
fi
ffi
ff
fi
fi
fi
fi
fi
Altri dispositivi in commercio sono gli Audi-phone che sono oggetti che possono mettere la
persona in comunicazione con il mondo. Possono essere di due tipi: quello classico con cavi e il
modello più moderno senza li.

Un altro dispositivo però non molto usato è l’Audi-TV. Si indossa in maniera un po’ fastidiosa tipo
cu a dove è agganciata una manopola che si può regolare a seconda dell’Intensità. Questo
dispositivo è utile quando si convive con altre persone. Richiede però di avere installato nella
stanza un lo che fa in modo che venga generato un campo magnetico che viene recepito dal
dispositivo stesso.

Cosa si cerca quindi di fare per sostituire o per compensare il problema della mancanza o di
scarso udito?

Si possono innanzitutto utilizzare altri organi, tutti i sensi sono coinvolti. Il senso del tatto si usa
quando si hanno dispositivi a vibrazione. Il senso della vista si usa quando ci sono dei segnali
luminosi. Volendo si potrebbe usare anche il senso dell’olfatto.

Inoltre se la percezione uditiva non è troppo compromessa, a volta basta semplicemente


ampli care i suoni.

Una delle tecnologie più immediate è quella di tipo visivo. Per esempio n dal 1992 negli Stati
Uniti era obbligatorio per le case produttrici di televisioni includere un decoder che mostrava il
testo sotto forma di sottotitoli e spiegava a parole i suoni presenti nella trasmissione. Al giorno
d’oggi questa funzione è presente su tutte le televisioni.

Poi ci sono anche le tecnologie CART che sono traslazioni in tempo reale del parlato in testo. La
traduzione speech to test è però automatica, e quindi funziona bene solo quando la persona parla
in maniera chiara e quando non ha in essioni dialettali o problemi nel parlato.

Poi ci sono le tecniche di speech Reading, in cui il labiale è molto importante.

In ne ci sono gli hearing dog, quindi cani addestrati per le persone udenti. Il cane è addestrato a
segnalare con varie gestualità che si di erenziano a seconda del suono. Resta comunque il
problema che il cane è un animale che va nutrito e accudito, e non è un impegno che tutti si
vogliono prendere.

Disabilita’ della parola

Andiamo ora a collocare tutte le componenti


dell’apparato fonatorio. L’elemento base è la
laringe che è formata da una serie di cartilagini e
vi sono presenti le corde vocali, che in realtà
sono più che altro pieghe e sono le componenti
che ci permettono di generare un suono che
viene poi articolato.

Noi a di erenza degli animali siamo in grade di


avere una gamma di suoni molto più varia.

Tutto parte dal movimento di compressione e di


alzamento/abbassamento del diaframma che va
ad esercitare una certa pressione sui polmoni.
Questa pressione è sempre presente anche
mentre respiriamo, ma durante la fonazione è
più forte. Premendo il diaframma sul polmone si
manda una certa quantità di aria con una
pressione più o meno elevata a seconda di cosa
si deve dire. Questa pressione salirà verso attraverso la trachea che è poi il collegamento con
l’esterno. La trachea arriva poi ad un ostacolo che sono le corde vocali che si muoveranno a
seconda del suono che dovrà essere emesso. In condizioni di respirazione ma senza parlare le
corde sono in posizione completamente aperta.

Oltre a tutto questo si ha anche una fase di articolazione, posizione della mandibola sui denti e le
labbra in maniera diversa a seconda del suono che si vuole emettere. Tutti questi meccanismi
sono comunque regolati dal sistema nervoso centrale. Quindi anche la parte motoria è
fondamentale.

In ne ci sono tutte le parti del cervello che sono deputate alla codi ca del suono.

Quindi alla ne nell’ambito della parola vengono coinvolte molte più strutture del nostro corpo.

Andare a studiare esattamente tutti questi elementi in tutte le loro possibili modalità e
conformazioni diventa molto complesso; quindi quello che si fa in maniera più o meno dettagliata
20 di 40
fi
fi
ffi
fi
ff
fi
fi
fi
fl
ff
fi
fi
è andare a studiare una struttura schematizzata. Il diaframma diventa un pistone che va premere
aria in un cilindro che ha un tubo che mette in apertura e chiusura delle lamelle che rappresentano
le corde vocali e poi ci sono le cavità in maniera schematica.

Tutto l’insieme di cavità costituisce quello che si chiama ltro acustico complesso, perchè va a
modi care la struttura del segnale che arriva dai polmoni e determina il tipo di segnale che
vogliamo emettere.

Le cavità nasali hanno uno spazio maggiore e hanno tutta una loro
propria in uenza.

La laringe è la zona della trachea che contiene le corde vocali.


Riusciamo ad individuare grazie al pomo d’adamo che è una
sporgenza cartilaginea in contatto con le corde vocali. La laringe è
mediano-centrale rispetto alla nostra struttura corporea. Ha una
forma a piramide, si trova immediatamente sopra (?) la faringe e poi
prosegue verso il basso nella trachea. Dietro la laringe si trova
l’esofago: noi abbiamo due canali uno per la respirazione e uno per
l’alimentazione. Questi due canali vanno a con uire appunto nella
laringe. È importante non mescolare respirazione/fonazione e
alimentazione, questa cosa viene limitata dalla membrana
epiglottide e poi in seconda battuta se ce ne è bisogno intervengono le false corde vocali, che
sono una forma protettiva estrema.

Proseguendo verso il basso si hanno le corde vocali vere. Poi si hanno tutta una serie di
componenti cartilaginee che sono le tiroidee le cricoide e le artenoidee che presentano delle
strutture con delle sporgenze. In cima c’è l’epiglottide che ha una struttura molto elastica che si
apre e si chiude.

Tutti questi elementi sono gestiti da muscolatura. I muscoli della laringe si possono classi care in
due gruppi: ci sono quelli intrinseci formati dalle corde vocali e dai muscoli che agiscono
direttamente sue queste collegando fra loro le cartilagini; e quelli estrinseci che sono i muscoli
che collegano la laringe con lo scheletro osseo e che agiscono sulle corde vocali.

Nell’apparato fonatorio si ha poi una catena di ossa particolare il


cui osso più importante è l’osso ioide che ha una forma ad U e
che ha la caratteristica di non articolarsi con nessun altro osso, e
infatti viene mantenuto nella sua posizione grazie ad una serie di
componenti muscolari. Questo osso ha delle conformazioni con
dei corni che possono essere minori o maggiori a seconda della
grandezza. Esiste poi tutta una serie di muscolatura più o meno
striata che modi cano la posizione di questo osso, più in alto o
più in basso a seconda della fonazione. I muscoli che collegano
l’osso esterno e la cartilagine tiroidea si chiamano muscoli
sterno-tiroidei.

Le corde vocali false hanno una struttura in cui c’è una scarsa
presenza di muscolatura, cercano semplicemente di evitare eventuali
corpi estranei chiudendosi. Non servono per la fonazione, ma nel
caso in cui ad un soggetto abbiamo asportato le corde vocali vere
con opportune tecniche riabilitative possono essere in qualche modo
usate per avere una funzione almeno un minimo sostitutiva.

Le corde vocali vere hanno una struttura composita. Hanno una


parte muscolare alla quale sono sovrapposti strati di tessuto di
consistenza diversa. Quello più esterno è elastico e ha una
consistenza minore, e consente di mettere in vibrazione la parte esterna delle corde vocali e
produrre quindi tutta una serie di frequenze.

Le corde vocali sono strutture che NON si muovono parallelamente l’una all’altra, ma hanno un
punto all’estremità dove sono unite e rimangono sempre e comunque unite. L’apertura tra le
corde vocali è di forma triangolare. Le estremità rimangono sempre chiuse e restano unite tra loro.

Anche la muscolatura non è uniforme, si hanno vari fasci di muscoli vocali, che poggiano su uno
strato sottostante più denso chiamato spazio di Rejnke.

L’apertura che varia di dimensione si chiama glottide.

Dimensionalmente le corde vocali sono molto varie e variano dalla nascita no all’età puberale.
Alla ne ciò che determina la di erenza nella voce tra un individuo e l’altro sono le caratteristiche
21 di 40
fi
fi
fl
fi
ff
fl
fi
fi
fi
anatomiche. Si parla di voci cupi e basse quando le corde vocali hanno una dimensione maggiore
e hanno una consistenza peggiore, e via via la voce diventa più acuta quando le corde vocali sono
meno spesse e meno rigide.

Si può andare dai 40/50 Hz per l’adulto di sesso maschile con tono basso, no ad arrivare con
voce molto acuta anche a 300 Hz. Nel bambino queste frequenze vanno oltre i 300 Hz, nel
neonato con il suo vagito si può arrivare anche no a 1000 Hz.

Dimensionalmente Per una persona adulta sono grandi circa 2/3 cm.

Il movimento delle corde vocali è tridimensionale perchè si combinano il movimento di apertura


e accostamento. Si ha un movimento trasverso che è quello del corpo muscolare, e un
movimento verticale degli strati soprastanti. L’aria che arriva dalla trachea deve avere una
pressione su ciente per scostare le corde vocali e facendo questo mette in vibrazione la parte
super ciale delle corde.

La stroboscopia ci consente di percepire visivamente questo movimento, che altrimenti ad


occhio nudo non sarebbe percepire dall’occhio umano perchè a frequenza troppo alta.

Ci sono tre fasi del ciclo vibratorio: apertura, avvicinamento e chiusura.

Si parla di voce normale, ipercinetica (voce acuta con movimenti eccessivi rispetto alla norma) e
ipocinetica (voce chiusa con pochi movimenti). Alcune di queste
condizioni possono essere siologiche.

Si può parlare di ciclo vibratorio glottico, in quello normale si


ha la fase di apertura in cui si incominciano ad allontanare
gradualmente tra loro le corde e questo va ad aumentare in
maniera molto rapida l’area glottica. Questo allontanamento
arriva ad un massimo, dopodiché le corde si riavvicinano, si ha
quindi la fase di avvicinamento che è più lenta di quella di
allontanamento. Si ha in questa fase la riduzione dell’area
glottica no a che non si arriva alla chiusura delle corde vocali. La fase di chiusura è una fase in
cui per un lasso di tempo si hanno le corde accostate e chiuse.

La proporzione tra le tre fasi in condizione normale è quella in gura, che sarebbe il ciclo
vibratorio regolare. Se la durata di queste fasi è alterata si può essere in una condizione di
ipercinetica o ipocinetica. In questi casi bisogna andare a stabilire se questa è una anomalia
oppure una condizione siologica.

Indice di un buon funzionamento è la misura del usso di aria, quindi il volume di aria che
attraversa la glottide al secondo. Questa quantità di aria deve essere tale da rientrare all’interno di
determinati range che sono di erenziati a seconda del soggetto e delle sue condizioni.

Per quanto riguarda i tempi ci sono 5 cicli vibratori in un periodo di tempo di 40 ms, un ciclo dura
un po’ meno di 10 ms, quindi c’è una frequenza di vibrazione attorno ai 100 Hz (che è lo standard
per una voce maschile adulta).

A livello della glottide si può misurare la frequenza di vibrazione delle corde vocali, la cosiddetta
frequenza fondamentale o prima armonica, che però si indica con la notazione F0.

Per rappresentare il funzionamento della laringe si possono utilizzare dei modelli meccanici. Il più
semplice è quello che ha una unica massa attaccata ad una molla, che descrive quindi in maniera
impropria il movimento complesso delle corde vocali perchè in questo caso viene rappresentato
semplicemente come un movimento di apertura e chiusura. È facile da realizzare ma non realistico

22 di 40
fi
fi
ffi
fi
fi
ff
fi
fl
fi
fi
Un modello più realistico è quello formato da tre masse che si muovono con una serie di molle, e
questo simula meglio il movimento tridimensionale di apertura e chiusura delle corde.

In generale sono però tutti modelli che vengono usati sopratutto a livello teorico-descrittivo.

Vediamo ora quali le PATOLOGIE più di use della laringe.

La raucedine o voce so ata si ha quando si ha di coltà a parlare ad alta voce, di coltà nel
variare il tono della voce oppure a non riuscire a sostenere la voce per più di qualche secondo. Il
tutto può essere accompagnato da tosse.

La polmonite si ha quando qualcosa è passato dalla trachea ed è nito nei bronchi.

La miopatia è l’in ammazione della muscolatura in condizioni croniche, non è acuta. Ci possono
essere anche altre in ammazioni per esempio di tipo allergico, in questo caso l’in ammazione
causa la chiusura della spazio l’ottico perchè le corde si gon ano e l’aria non passa più. Questa è
ovviamente una condizione grave.

La laringite cronica è quella dovuta al fumo ed è anche chiamata edema di Reinke. Questa
patologia si ha quando lo spazio di Reinke non è più libero e questo si ha per un ispessimento
delle corde vocali. In casi gravi si può avere anche l’ostruzione completa che porta alla dispnea.

Noduli e polipi sono di usi nelle persone che fanno a lungo abuso della voce. Sono in genere
formazioni benigne. Si risolve il problema andando chirurgicamente a rimuovere queste
formazioni. In genere i noduli riguardano la parte super ciale mentre i polipi anche la parte
sottostante.

In alcuni casi si può usare la terapia logopedista come cura, se la formazione è minima il
logopedista insegna alla persona ad utilizzare la voce senza sforzarla.

La cosa più grave sono poi i tumori maligni, i cui sintomi sono la disfonia, dolore durante la
deglutizione, dolore persistente,… dal punto di vista visivo invece si hanno strutture biancastre o
rossastre.

Ci possono poi essere malformazioni vere e proprie che sono però congenite.

Le patologie appena viste riguardano le corde vocali. Il movimento delle corde è gestito livello del
sistema nervoso centrale, quindi la corda potrebbe essere sana ma potrebbe esserci un disturbo
nel sistema nervoso. Si parla di ipercinesia. Un’altra situazione è il laringospasmo cioè una
contrazione improvvisa di tutto la laringe superiore che crea un movimento brusco ed anomalo.

Un’altra patologia è quella della paralisi delle corde vocali, questa può avere due origini. Può
avere origine centrale quando è il sistema nervoso centrale che ha un malfunzionamento e quindi
non consente il movimento delle corde. L’altra origine è periferica e hanno a che fare con danni ai
nervi che innervano la laringe.

Le paralisi periferiche possono avere origine virale.

La paralisi ha come principale sintomo una improvvisa disfonia perchè le corde non si chiudono
del tutto e spesso non è bilaterale.

Si può avere anche la paralisi monolaterale. Si interviene con una parte chirurgica e con una
riabilitativa. La parte chirurgica si fa con la fonochirurgia in cui si cerca di fare in modo che la parte
funzionante possa avvicinarsi comunque all’altra parte per consentire la fonazione. Altrimenti si
può fare attraverso il trapianto di una parte muscolare e di una nervosa. Un altro intervento è la
tiroplastica, si interviene inserendo una specie di protesi e si cerca di fare in modo che questo
elemento porti la corda vocale paralizzata verso la linea mediale della laringe. La tecnica più usata
è però quella di iniezione di sostanza grassa prelevata dalla persona stessa e poi iniettata
all’interno della corda. In ogni caso alla ne della parte chirurgica si ha un recupero funzionale che
viene fatto dal logopedista.

Il problema maggiore si ha quando la paralisi è bilaterale, entrambe le corde sono chiuse e non
permettono il passaggio dell’aria e quindi la respirazione. Bisogna intervenire chirurgicamente con
la tracheotomia che è un taglio fatto sulla trachea per consentire il passaggio di aria. Questo
consente al soggetto di respirare, ma non di fonare.

Un’altra condizione estrema è la laringectomia che è l’asportazione totale o parziale di tutta la


laringe. Si può avere la rimozione di metà soltanto e in questo caso si chiama sopraglottica.
L’intervento non è estremamente invasivo. La rimozione parziale viene fatta solo in caso di tumori
agli stati iniziali e ben localizzati. Si ha poi anche un problema per l’alimentazione, allora si fa la
gastronomia endoscopica, si inserisce una cannula direttamente nel sistema gastrico.

Questi pazienti dopo l’intervento possono riprendere la loro vita, ma a volta hanno bisogno di
adottare una postura di compenso. Inoltre la voce dopo l’intervento può cambiare e questo può
dare luogo a condizioni di disagio.

23 di 40
fi
fi
ff
ffi
ff
fi
ffi
fi
fi
fi
fi
ffi
La laringectomia sopraglottica non comporta la rimozione vera e propria delle corde vocali. È
un intervento molto invasivo e quindi si fa solo quando ci sono situazioni tumorali maligne.
Spesso vengono rimossi anche l’osso ioide, l’epiglottide e le false corde vocali. La voce riesce
però ad essere conservata anche se modi cata.

Con la laringectomia totale viene tolta totalmente la laringe dall’osso ioide no addirittura a
qualche elemento tracheale. La lingua solitamente non viene coinvolta. Bisogna poi inserire
qualche altro dispositivo sostitutivo che vada però a separare la parte respiratoria da quella di
alimentazione. Il dispositivo sostituito viene impiantato nello stoma.

La persona perde quindi completamente la voce, la deglutizione no.

Quello che può cambiare è il meccanismo di fonazione, il paziente deve essere addestrato a
parlare con voce erigmofonica, quindi con un meccanismo contro natura ingerendo aria e
immettendola nell’esofago.

Il laringofono è un dispositivo che veniva applicato in ambito medico e non fa altro che captare le
vibrazioni tramite sensori a livello del collo. È posizionato su una parte del collo non lesa e queste
vibrazioni sono trasmesse nella cavità orale e il movimento delle labbra consente la fonazione.

Un problema grosso è la deglutizione.

La riabilitazione è graduale e lenta. Prima si impara a nutrirsi: vengono date al soggetto sostanze
semisolide perchè queste prendono con meno facilità strade non volute, poi si passa a sostanze
semiliquide.

Esistono poi condizioni congenite che sono le malformazioni.

Una delle più note è la palatoschisi abbastanza frequente nei neonati prematuri. È una fenditura
più o meno ampia del palato duro nella parte anteriore. Può essere parziale e più o meno estesa.

A volte è associata al labbro leporino quando questo tratto si prolunga non solo al palato ma
anche al labbro superiore.

La disfagia si ha quando c’è un malfunzionamento anche evidente al livello dell’epiglottide e


questo può portare a di coltà nella deglutizione.

L’endoscopia è una tecnica dove attraverso uno specchietto si visualizzano le corde vocali.
L’endoscopia vera e propria è invasiva e ci sono varie vie di accesso per visualizzare le corde
vocali. Si può fare inserendo questo dispositivo o nella bocca o nel naso. Non tutti sono in grado
di tollerare un’indagine con un endoscopio rigido, per questo ne esiste anche una versione
essibile e più tollerabile.

La videolaringostroboscopia nasce a metà dell’800. Il termine laringo sta per laringe e


stroboscopia deriva da due parole greche, strobos che signi ca ruotare e scopro che signi ca
osservare.

Il primo studio non applicato in campo fonatorio è quello di Plateau. L’e etto stroboscopico è una
illusione ottica, noi percepiamo le immagini con una certa inerzia, con un certo ritardo, non
possiamo visualizzare le immagini troppo ravvicinate una con l’altra. Lo studio di Plateau non ero
quindi di tipo fonatorio, lui prese un disco forato quando era pieno il raggio di luce non passava,
quando era vuoto passava.

La legge di Talbot dice che ogni immagine che colpisce la nostra retina perdura per un tempo di
0,2 secondi, quindi se esponiamo la nostra retina a immagini con un intervallo tra di esse inferiore
a 0,2 secndi questa ci apparirà come un’immagine continua.

Quindi la stroboscopia sfrutta questo difetto della nostra vista e ci fornisce una immagine illusoria
applicandola al ciclo vibratorio. Abbiamo bisogno di questo perchè le nostre corde vocali hanno
una frequenza di vibrazione, quindi una frequenza di apertura e chiusura che si susseguono che è
molto superiore a quella percettibile dal nostro occhio. Quindi quello che si fa è usare questa
tecnica di ltraggio che permette di ricostruire in maniera illusoria il ciclo di vibrazione delle corde
in slow motion.

Ciò che si va a fare è di illuminare con dei lampi luminosi rapidi in modo che questi siano inferiori
rispetto alla durata dell’oggetto che vogliamo visualizzare. Il lampo luminoso va a visualizzare
delle fasi, degli istanti di una sinusoide. Quindi quando si va a mettere insieme le varie immagini si
avrà una immagine statica. In campo della laringostroboscopia questo aiuta quando si vuole
avere una immagine ssa di un ben preciso momento del ciclo vibratorio.

Per vedere il ciclo vibratorio si può andare a sfalsare i raggi luminosi. L’e etto è che i ash
andranno ad illuminare la sinusoide non sempre nello stesso punto ma in punti diversi del ciclo

24 di 40
fl
fi
fi
ffi
fi
fi
ff
ff
fi
fl
fi
vibratorio. Ciò che vedo non è quindi l’oscillazione vera e propria, ma il moto in slow motion e con
continuità.

La di erenza tra laringoscopia e laringostroboscopia è che con la prima io visualizzo le corde


vocali, le vedo ma non le percepisco e non posso vedere il loro moto; mentre con la seconda
posso visualizzare le corde vocali e la loro struttura ma anche il loro moto, movimento, vibrazione.

Il medico va a regolare la frequenza con cui vengono mandati questi ash luminosi, il problema è
che si deve sincronizzare lo strumento con la frequenza fondamentale del paziente. Quindi
bisogna avere un’idea di quella che è la frequenza di vibrazione delle corde vocali della persona
che sto analizzando. Per fare questo si usa un microfono; si chiede al soggetto di emettere una
vocale sostenuta, questa vocale viene registrata, acquisita e analizzata. La registrazione può
essere più o meno lunga e di erenziata, ma dipende dalle capacità del paziente di sopportare
questo tipo di indagini perchè c’è comunque un endoscopio rigido o essibile che serve per la
registrazione.

Il medico già da una prima visualizzazione può fare un’analisi viliva di alcuni parametri, che poi
saranno analizzati anche da speci ci software. Si può vedere la simmetria delle corde, la
periodicità, la chiusura glottica, l’ampiezza dellavibrazione, la progressione dell’onda mucosa.

Le corde in condizioni normali passano da una condizione di chiusura ad una fase di apertura, poi
si richiudono e si riaprono con regolarità. Se questi sono sfasati si parla di asimmetria delle corde.

Con il termine jitter si indica quanto un ciclo l’ottico si discosta dal successivo.

Un altro strumento che può essere utilizzato è l’elettroglottogra a che si indica con la sigla EGG.
Questa tecnica consente di misurare con una buona accuratezza la regolarità di vibrazione delle
corde senza la necessità di inserire nel naso o nella bocca degli strumenti che quindi possono
creare fastidio o disagio al paziente. Questa tecnica è importante perchè le misure per quanto
riguarda questi aspetti vengono in parte alterate quando uno deve fonare con un
laringostroboscopio in gola o attraverso il naso.

Il dispositivo è abbastanza semplice, si pongono due elettrodi metallici ai lati del collo e viene
misurata l’impedenza elettrica che è legata al tasso di contatto con le corde vocali. Se le corde
vocali sono chiuse l’impedenza diminuisce mentre se le corde vocali sono aperte questa
impedenza aumenta. Quindi misurando e registrando questa grandezza si può ricostruire il ciclo
vibratorio della glottica.

Non sono però strumenti usatissimi perchè forniscono una sola misura e sono abbastanza costosi
in proporzione, perchè il laringostroboscopio è sì molto più costoso ma fornisce moltissime più
informazioni.

L’endoscopia permette di visualizzare le corde vocali attraverso un endoscopio rigido o essibile


inserito in gola o nella narici.

Un altro metodo è la laringostroboscopia che è la tecnica più di usa ed e cace ed è basata


sulla legge di Talbot.

L’elettroglottogra a fornisce immagini statiche, è un dispositivo che svolge solo un’unica


funzione, si può avere solo una misura della vibrazione delle corde vocali (mentre con la
laringostroboscopia abbiamo un quadro molto più ampio).

Cosa si visualizza con l’elettroglottiografo?


L’andamento dell’impedenza ci da una misura
dell’apertura e della chiusura delle corde. Si ha una
fase iniziale di salita rapida dove le corde si
avvicinando tra loro. Poi si ha una fase quasi
statica superiore dove le corde sono in contatto.
Poi le corde cominciano a riaprirsi e c’è una fase in
cui l’impedenza diminuisce più lentamente. Poi le
corde si aprono via via del tutto e si arriva alla fase
quasi statica inferiore di completa apertura delle
corde. Poi il ciclo riparte.

Un problema dell’elettroglottiografo è che va bene


se la struttura sica-muscolare e lo strato di gasso sul collo è ridotto. Questo perchè se questo
strato dovesse essere consistente allora è chiaro che il passaggio della corrente elettrica è
alterato e ostacolato dalla struttura sica e quindi i risultati sono scadenti o addirittura non visibili.

Si visualizzano 5 parametri temporali:

1. Un parametro misura la durata temporale e l’ampiezza della prima fase dell’onda;

25 di 40
ff
fi
fi
ff
fi
fi
fi
ff
fl
fl
ffi
fl
2. Un parametro misura il punto di massimo valore della curva, cioè quando si ha la chiusura
completa;

3. Si misurano poi ampiezza e durata nel momento in cui si riaprono le corde sul piano verticale;

4. Nel momento in cui le corde incominciano ad aprirsi anche sul piano orizzontale si rimisurano
durata e ampiezza;

5. In ne si ha il momento di completa apertura.

Spesso alcune di queste fasi vengono unite.

Le fasi di apertura e chiusura devono essere in un certo rapporto per poter considerare una voce
normale.

Un’altra cosa che si può fare sono le misurazioni aereodinamiche. Sono misure indirette. Sono
misure del usso di aria che una persona emette durante la fonazione e quindi anche della
pressione di uscita dell’aria dalle labbra. Servono principalmente per valutare l’e cacia dopo che
è stato fatto un trattamento.

Un esempio di patologia che si può diagnosticare con queste misure è l’insu cienza glottica, cioè
quando le corde vocali non si chiudono bene e quindi si ha sempre questo usso di aria che esce.

Con questo strumento si può anche quanti care lo sforzo vocale, cioè quale è la pressione di aria
che uno emette. Si può usare inoltre per valutare una corretta respirazione.

Uno strumento commerciale è il PAS-Keypentax, che si mette sul viso tipo una maschera. Al
soggetto viene richiesto di fonare o respirare o di fare tutta una serie di esercizi che comprendano
l’emissione di aria da naso e bocca con certe energie e certe frequenze. I segnali sono poi
registrati.

Un altro dispositivo commerciale è EVA che fa più o meno le stesse cose del precedente.
Fornisce uno spettrogramma, cioè un gra co in cui si mostra l’andamento nel tempo del segnale;
si ha il fonogramma, cioè una mappa vocale della voce, quindi quali frequenze sono emesse a
quale durata e intensità; il tempo di massima fonazione; la spirometria, che è una misura legata
alle capacità respiratorie del paziente; la rhinomanometria, che è il livello di aria che esce dal
naso.

Abbiamo già detto che la laringostroboscopia permette di ricostruire il ciclo vibratorio ma in slow
motion, ma non ci fa vedere cosa succede durante la vibrazione delle corde. Un altro strumento
che è stato sviluppato è il videochimografo, che fornisce una misura della velocità delle corde
vocali.

Questo strumento consente con un pedale di


andare a selezionare una linea (B) per focalizzare
l’attenzione e l’analisi su questo punto delle
corde, quindi si va a vedere cosa succede nel
tempo solo in quel punto.

Questo dispositivo acquisisce una sola linea


dell’immagine.

Questo dispositivo si implementa aggiungendolo


al videolaringostroscopio. Si ha sempre lo stesso dispositivo rigido o essibile ma al suo interno ci
sono due canali: uno per l’immagine in slow motion classica di base, e poi azionando un pulsante
il medico può passare all’altro canale che è quello del videochimografo.

Vediamo ora quali sono le MENOMAZIONI DELLA


PAROLA.

Anche le emozioni in uiscono su cosa diciamo e


come parliamo.

Quando si incomincia a collegare un evento o una


sensazione con un’azione volontaria del nostro
apparato fonatorio? Dipende dalla plasticità del
nostro sistema nervoso. Questa plasticità aumenta
dalla nascita no ai 3/4 anni di vita, il cosiddetto
periodo critico, dopodiché gradualmente
diminuisce.

La nostra capacità di parola inizia presto, ma


acquisiamo solo più avanti la capacità di parlare correttamente.

Le aree corticali del linguaggio si trovano principalmente nell’emisfero sinistro.

26 di 40
fi
fl
fi
fl
fi
fi
fl
fl
ffi
ffi
La corteccia motoria controlla la muscolatura legata anche al parlato, quindi i muscoli della
mandibola e della faccia.

Esiste poi un’area motoria supplementare detta supermotoria che si attiva in certe situazioni
particolari. Per esempio anche il pensare di compiere un movimento anche senza compierlo attiva
alcune zone corticali.

L’area di Broca è una zona del cervello deputata alla codi ca della sintassi, è posizionata nel
limite temporale del lobo frontale ed è collegata all’area di Wernike. L’area di Wernike è invece
deputata alla semantica del linguaggio, uno è in grado di parlare ma ha un linguaggio privo di
signi cato.

Si possono avere quelle che si chiamano sindromi di disconnessione quando il soggetto pur
comprendendo quello che gli viene detto non riesce a esprimersi.

Quali sono le azioni che svolgiamo quando


comunichiamo? Ci sono tre step che sono collegati
tra loro e sono la produzione del linguaggio, la
trasmissione dell’informazione e la percezione.

La produzione parte a livello articolatorio. Si formula


una parola e si emette il suono corrispondente a
livello acustico con una certa intensità. In ne il livello
percettivo fa capire l’informazione portata da quel
suono.

Quale è quindi il problema della comunicazione? Le


disabilità della comunicazione possono essere
dovuti a vari aspetti ed essenzialmente impediscono
di comunicare.

Questi disturbi si possono caratterizzare per tipologia e gravità. Ci sono per esempio alcuni difetti
che sono minori e si possono risolvere semplicemente per esempio con la logopedia (un esempio
classico è la r moscia).

Quindi la rieducazione di tipo logopedia può essere utile e aiuta il soggetto ad usare le posture
corrette.

Se la logopedia è e ettuata in età infantile può essere molto e cace; se la situazione è invece
a rontata in età adulta la logopedia perde di e cenza.

Uno dei disturbi della comunicazione più comuni è la disfonia. Questa può essere congenita,
quando le corde vocali non si chiudono mai perfettamente, oppure può comparire con l’età e poi
cronicizzarsi.

Oltre all’analisi strumentale con il laringoscopio, l’elettroglottiografo,… si può fare anche


un’analisi acustica. Questa può essere soggettiva quando è il soggetto stesso che valuta la
propria voce e ne identi ca i problemi o le anomalie. Può essere percettiva quando viene fatta
l’analisi da parte di una equipe di specialisti che ascoltano la voce e danno una valutazione in
base ad una tabella. In ne può essere bioingegneristica quando sia sviluppano opportuni
software per estrarre dalla voce dei parametri che danno una misura della qualità della voce.

Altro disturbo può essere la dislessia, che implica uno sforzo di concentrazione.

La balbuzie come disturbo del linguaggio è un disturbo multifattoriale della personalità con
rilevante componente psicologica e ambientale, caratterizzato da un’’alterazione del ritmo
verbale e da un vissuto emotivo condizionato dall’espressione verbale.

L’organizzazione mondiale della sanità classi ca la balbuzie come disturbo speci co dello
sviluppo, un disordine del ritmo della parola nel quale il paziente sa con precisione quello che
vorrebbe dire, ma nello stesso tempo non è in grado di dirlo.

Come disturbo della relazione e della comunicazione di origine psicologica, la balbuzie esordisce
talvolta improvvisamente in età infantile a causa di situazioni traumatiche o avvertite come tali).
Altre volte si inserisce nel linguaggio gradualmente insieme ai tentativi del bambino di pronunciare
vocaboli e termini foneticamente complessi.

27 di 40
ff
fi
ff
fi
fi
fi
ffi
fi
fi
ffi
fi
Uno studio condotto su 14 pazienti adulti a etti da balbuzie e trattati con tossina botulinica ha
dimostrato un miglioramento della uidità della voce ma l’applicazione di questa tossina è
dibattuta. La tossina è una tossina prodotta da un batterio che paralizza i muscoli bloccando
l’impulso nervoso che arriva.

Un bambino che so re di disfagia infantile presenta un de cit linguistico di varia entità. Il


linguaggio viene compromesso nella formulazione, nell’espressione, nella comprensione, nella
lettura e nella scrittura. I bambini disfasici spesso hanno una scarsa memoria e una labilità
attentava. Il trattamento rieducativo si avvale della rieducazione logopedia, psicomotoria e di altri
sussidi che interagiscono sul bambino sotto tutti gli aspetti dell’attività mentale.

La disartria è un’alterazione dell’articolazione ad origine centrale, sotto corticale e corticale. Si


può ricondurre a cause prenatali, perinatali o post natali. Nel linguaggio si riscontrano alterazioni
del timbro vocale, del ritmo della parola, dell’articolazione e più raramente della comprensione. Si
può agire con un trattamento logopedico.

La disfonia spasmodica è una condizione neurologica che colpisce i muscoli vocali della laringe.
È caratterizzata da contrazioni sostenute dei muscoli con movimenti involontari e abnormi. I
muscoli delle corde vocali si contraggono e rendono il parlato faticoso, forzato e strozzato.

Nella maggior parte dei casi la causa della disfonia è sconosciuta.

Poiché le cause sono tuttora sconosciute non esiste attualmente una cura per questo disturbo. I
metodi di sioterapia possono attenuare i sintomi ma non o rono alcun bene cio duraturo. La
logopedia può alleviare alcuni sintomi.

Il tremore vocale colpisce principalmente persone di una certa età, ed è una oscillazione della
voce dovuto ad un peggioramento degli stimoli neuro-sensoriali verso le corde vocali e la
muscolatura annessa. Può in uire sulla uidità della voce. C’è una sua condizione siologica che
è sempre un po’ presente. C’è anche una condizione voluta che è quella della voce cantata e si
chiama vibrato.

L’afasia riguarda il sistema nervoso centrale. Consiste nella di coltà nell’usare il linguaggio ma
anche nel comprenderlo. Il soggetto non è capace di emettere parole e neanche di comporre
frase.

Spesso questa malattia è la conseguenza di un ictus. La riabilitazione consiste inizialmente nel


recuperare le componenti più sostanziali per la vita e quindi il camminare, e poi dopo a leggere e
scrivere e comunicare. Il recupero può avvenire in maniera graduale e spontanea, se questo non
avviene si interviene con la logopedia n dove si può.

Un’altra condizione comune è la disfonia, si può essere disfonici a vari livelli. La disfonia è una
alterazione del timbro della voce e si possono distinguere due categorie: le disfonie organiche,
che riguardano in ammazioni di lieve entità, e disfonie psicogene in cui le corde vocali sono
perfettamente funzionanti così come il sistema nervoso ma intervengono fattori di tipo emotivo
che provocano una tensione muscolo-scheletrica.

Un corretto inquadramento anamnestico e una adeguata ispezione e valutazione delle


caratteristiche acustiche della voce permettono di formulare una diagnosi corretta.

Un primo elemento importante è l’autoascolto, in cui il soggetto deve riconoscere e accorgersi se


la propria voce presenta delle anomalie. È un’analisi soggettiva.

Si può poi passare ad un’analisi visiva, in particolare all’ispezione della laringe attraverso
immagini e video, e in ne all’analisi acustica. Quest’ultima consiste nella valutazione percettiva e
nell’analisi computerizzata. L’ispezione visiva invece viene fatta da uno specialista e valuta
percettivamente la qualità della voce e da un punteggio tramite un protocollo che viene usato a
livello mondiale e si basa sulla scala GIRBASS. L’analisi computerizzata viene invece fatta con un
opportuno software.

Per stimare la qualità della voce si usano tre livelli: la valutazione percettiva, la valutazione
soggettiva e la valutazione oggettiva.

Ovviamente bisogna però uniformare la misura di queste grandezze e ci si basa su dei protocolli
che sono legati alla lingua del soggetto.

28 di 40
fi
fi
ff
fi
fl
fl
fi
fl
ff
ff
ffi
fi
fi
fi
In Italia il protocollo si chiama SIFEL.

L’analisi della voce viene fatta in modalità multiparametrica, perché la voce è qualcosa di
multidimensionale.

Il protocollo generale di base mira a rispondere a quattro quesiti. La voce è normale o patologica?
Se la voce è patologica quale è la gravità? Quale organo è interessato? Quale è il risultato prima e
dopo un trattamento?

Queste sono quattro domande che sono indipendenti dalla lingua.

Il protocollo si basa su una serie di esami: analisi visiva, analisi percettiva, analisi acustica, indici
aerodinamici, auto valutazione…

L’analisi acustica è fondamentale ma non è mai sostitutiva della laringostroboscopia, quindi le due
tecniche si a ancano ma non si sostituiscono.

Quale è il protocollo SIFEL italiano?

Si chiede al paziente di emettere una vocale, per esempio la “a” il più a lungo possibile e poi si
ripete questa emissione tre volte e si considera la prova con il tempo massimo. Si registrano con
opportuni microfoni il parlato con un livello di voce normale. Alla ne si dà un punteggio secondo
la scala GIRBAS. Per ogni parametro considerato si ha un punteggio che va da 0 a 3. In questo
modo si vengono a creare delle tabelle che forniscono un primo screening della voce. Ù

Il problema sta nel fatto che ogni medico anche se esperto fa le sue valutazioni basandosi sulla
propria esperienza, per cui non sono valutazione oggettive.

Un altro tipo di valutazione soggettiva è l’autovalutazione dove si danno al soggetto dei moduli da
riempire e gli si chiede per ogni parametro di inserire un valore di una scala graduata che va da -2
a +2. Spesso questa valutazione si usa per confrontare il pre e post trattamento. 0 vuol dire che
dopo il trattamento non è cambiato nulla, se il valore è negativo vuol dire che è peggiorato se è
positivo che è migliorato.

La valutazione oggettiva si può fare attraverso uno spettrogramma. Si considerano delle vocali
sostenute o la parola aiuole e di queste emissioni si considera solo la parte centrale per eliminare
il transitorio iniziale e nale. È un gra co in cui sull’asse delle x si ha il tempo e sull’asse delle y le
frequenze che compongono il segnale.

Altrimenti si può usare il fonetogramma dove sull’asse delle y si ha l’intensità sonora mentre
sull’asse delle x si ha la frequenza. In genere si usa per la musica quindi in ambito canoro.

L’analisi soggettiva è anche l’analisi acustica.

Viene registrato un segnale vocale in condizioni ottimali, dopodiché con opportuno software si
estraggono dei parametri tra cui la fondamentale e le sue eventuali irregolarità (che si misurano
attraverso due parametri percentuali che sono il bitter e lo shimmer), le formanti (che sono le
risonanze del tratto vocale), le misure di disfonia (rapporti segnale rumore). In ne si considerano
anche tutte le immagini laringostroboscopiche e la loro analisi.

Quali sono le applicazioni di questi strumenti di analisi?

Il vagito del neonato è un ambito di ricerca per identi care eventuali patologie del sistema
nervoso centrale. Analizzare il vagito alla nascita e dopo un certo periodo di tempo permette di
accertarsi che non ci siano problemi nell’apparato fonatorio.

Un altro ambito è la voce cantata, e si fa l’analisi per migliorare e perfezionare la voce.

In ne c’è il mondo della voce legato all’emotività, quindi alla depressione, ai disturbi neurologici,
all’autismo, alla schizofrenia,…

Le frequenze formanti sono quelle date dalle armoniche maggiormente rinforzate.

Il nostro apparato fonatorio è molto lento nel suo sviluppo. La laringe alla nascita è in una
posizione più alta e meno inclinata. Alla nascita non importa che si sappia parlare, si deve solo
respirare e mangiare e quindi svolgere le funzioni vitali.

Dopo 3/4 mesi circa si arriva allo svezzamento e il bambino comincia a nutrirsi di altro oltre al latte
e la laringe comincia a calare e inizia ad assumere la posizione che avrà da adulto.

Verso i 5/6 mesi il bambino comincia con la fase della lallazione, inizia a produrre dei suoni.

Verso i 12 mesi inizia a parlare.

Il posizionamento corretto degli organi avviene dopo qualche mese, ma lo sviluppo completo
della capacità fonatoria individuale si ha verso i 7/8/9 anni.

La voce femminile si sviluppa intorno ai 9/12 anni mentre quella maschile verso i 13/14.

29 di 40
fi
ffi
fi
fi
fi
fi
fi
Quali sono le caratteristiche che estraiamo?

La fondamentale che si indica con f0 e dal punto di vista percettivo è l’altezza della voce.

L’ampiezza o energia che è l’intensità della voce.

Lo spettro o timbro della voce che dato dalla combinazione delle fondamentali armoniche
combinate assieme.

La produzione della parola è fatta da una serie di


passaggi.

Il primo è la vibrazione delle corde vocali a livello


della laringe che vanno a produrre la fondamentale.
Ciò che si trova facendone lo spettro è uno spettro
monotono decrescente. Il suono che viene prodotto
dalla vibrazione delle corde vocali viene poi ltrato
dalle cavità del tratto orale, infatti la conformazione e
del tratto vocale genera un ltro e darà una serie di frequenze che vengono smorzate o esaltate.
Alla ne in uscita dalla bocca si ha un suono formato da massimi e minimi e con le sue
armoniche. I picchi che si avranno in uscita rappresentano le risonanze del tratto vocale.

Il range di fondamentale per gli adulti è tra 60 e 350 Hz, nel neonato tra 400 e 800 Hz e per il
canto tra 50 e 1200 Hz.

Nello spettro qui accanto si può vedere la prima


formante che è lo spettro della glottide. Poi quando si
ltra tutto attraverso il tratto vocale in uscita si avrà uno
spettro come quello a destra. Sotto rimane la
fondamentale ma i cluster che si formano sono che
risonanze delle cavità del tratto vocale e si chiamano
formanti. Le prime due sono in genere quelle più
importanti per la fonazione base.

La prima è legata alla cavità faringea, mentre la seconda è quella della bocca.

Come si fa l’analisi acustica? Ci son vari metodi e il più semplice è attraverso l’uso della
trasformata della Fourier. Altrimenti ci sono alcune tecniche parametriche come cepstrum o le
wavelets. Altrimenti ci possono essere altre tecniche con approcci combinati.

Si può fare anche uno spettrogramma che è in genere una misura sia percettiva sia oggettiva.

Cosa è la fondamentale? È la frequenza di vibrazione delle corde vocali, è la prima armonica.


Un segnale vocalico è approssimativamente periodico. È un’onda che ha lesse periodicità ma
complesse, quindi estrarre la fondamentale in generale non è semplice. Le altre armoniche sono
multipli della fondamentale.

Le formanti non coincidono con le armoniche, le formanti sono dei cluster attorno a quella che è
la risonanza della principale frequenza in una zona.l

Come si stima la fondamentale? Si vanno a cercare le periodicità, si vanno a vedere gli zero
processing o la distanza tra i picchi. Si può altrimenti usare l’autocorrelazione. Tutto questo nel
dominio del tempo. Nel dominio della frequenza si può cercare la prima armonica o la distanza tra
le armoniche.

Altrimenti si possono usare altri domini come cepstrum (si vanno a separare in maniera
logaritmica le componenti del segnale da quelle rumorose) o l’uso delle wavelets (è un’estensione
della trasformata di fourier a segnali non stazionari).

Cosa fa il BIOINGEGNERE? Deve sviluppare degli algoritmi di analisi della voce che cerchino di
a rontare tutte le situazioni complesse di irregolarità, fonazione a basse intensità, analisi di range
di frequenza diversi a seconda dei soggetti e della categoria. Poi deve estrarre tutte le parti vocali
e analizzarle. Per ogni software è poi necessaria una interfaccia utente che sia semplice e facile
da usare, anche perchè l’utente che lo utilizza spesso è inesperto. E anche qui non è detto che sia
facile perchè più so sticato è il software e più menu di scelta sono richiesti.

Quando si parla di suoni vocalici la caratteristica è quella di avere una fondamentale e i suoi
multipli. Ci sono vari approcci per calcolarla. Bisogna elaborare il segnale in modo da estrarre le
informazioni nel dominio del tempo o della frequenza.

Un’altra caratteristica è l’andamento melodico, quindi l’andamento nel tempo della frequenza
fondamentale che può essere più o meno vario. Andando a quanti care il numero di componenti
30 di 40
fi
ff
fi
fi
fi
fi
fi
melodiche di un certo tipo rispetto alle altre, e anche da questo il medico può trarre delle
indicazioni cliniche utili.

Il jitter dice quali sono le irregolarità percentuali tra ciclo oscillatorio delle corde e i successivi.
Quindi un valore medio-basso vuol dire che la fonazione è regolare. Fino all’1% di irregolarità la
condizione è siologica.

In ampiezza questo parametro si chiama shimmer, e va a calcolare l’ampiezza tra u nperioro e


quello successivo.

Il tremore sono delle modulazioni lente della voce sulla fondamentale che sono indice di disturbi.
È legato a disturbi neurologici e muscolari.

Questi elementi appena visti si analizzano registrando la voce e analizzandola. Altri parametri
come la fase di apertura e chiusura glittica e le asimettrie si veri cano invece con le immagini
dalle laringostroboscopia.

Le componenti rumorose si misurano con rapporti segnale rumore e servono a quanti care le
disfonie.

Il RAP è simile al jitter.

Un’altra misura di usa è il NNE che va a misurare al numeratore una stima della componente
rumorosa del segnale e al denominatore tutta l’energia del segnale. È un indice accurato del livello
di disfonia. Più il valore è alto in negativo e più la voce è considerata di buona qualità.

Questi parametri vengono tutti misurati su vocali sostenute. Se si incomincia a dire una parola o
una frase si misurano elementi diversi.

Lo studio della voce può essere usato anche per studiare lo stato emotivo di una persona.
Altrimenti si può usare anche per identi care per esempio l’autismo nei bambini, anche se può
fornire solo indizi e non la certezza.

Menomazioni cognitive

Sono le disabilità a livello del sistema nervoso centrale.

Si ha la suddivisione della corteccia cerebrale. Il lobo frontale è


quello più ampio e riguarda gli aspetti che riguardano le abilità
cognitive, ovvero per esempio come piani chiamo la vita e la nostra
personalità. Nel lobo parietale ci sono le sensazioni somatiche,
cioè per esempio come ci vediamo. Nel lobo occipitale si ha la
sede della visione. Nel lobo temporale ci sono le componenti
uditive e le componenti legate all’apprendimento, alla memoria e
alle emozioni.

Un processo cognitivo è quell’insieme di passaggi che ci consentono di e ettuare e di elaborare


qualsiasi informazione attraverso il nostro sistema nervoso centrale.

Il comportamento può essere diviso in due categorie. I comportamenti cognitivi riguardano la


conoscenza del mondo. Poi ci sono i comportamenti a ettivi che riguardano il modo in cui
capiamo il mondo attraverso i nostri sentimenti e le nostre emozioni.

I processi cognitivi più studiati sono la percezione, la memoria, l’apprendimento, il linguaggio e il


pensiero, motivazioni ed emozioni.

Nella parte dell’ipotalamo e della corteccia


frontale si concentra ciò che riguarda le
emozioni e la parte emotiva. Sempre nella
parte frontale si ha l’elaborazione delle
informazioni e la programmazione del
comportamento. Nel talamo si ha l’analisi delle
informazioni esterne. Nel tronco encefalico e
nel cervelletto si hanno le funzioni motorie e il
ciclo sonno-veglia.

Il numero di sinapsi alla nascita è più o meno lo


stesso numero che si ha da adulti. Nei primi
anni di vita però le connessioni sinaptiche si riproducono in maniera molto elevata no a
raggiungere un numero di sinapsi che è quattro volte maggiore rispetto a quelle dell’adulto. Dopp
I primi due anni di vita si ha poi una riduzione del numero delle sinapsi no alla pubertà.

31 di 40
fi
ff
fi
fi
ff
fi
fi
ff
fi
fi
Si può parlare di plasticità del sistema nervoso centrale e periodo critico. La plasticità è la
capacità del nostro sistema nervoso centrale di variare la sua struttura e la sua funzione a
seconda degli stimoli che vengono recepiti.

I primi 3/4 anni di vita sono il cosiddetto periodo critico, è il periodo in cui si e ettua la
sincronizzazione tra quelle che sono le nostre funzioni cerebrali e quelle che sono le sensazioni
che provengono dall’esterno.

Come si passa dalla percezione alla conoscenza? Ci sono una serie di passaggi.

La prima parte è la sensazione, io percepisco qualcosa dal mondo sico. Questo stimolo viene
percepito e trasdotto, quindi convertito in un segnale nervoso.

Si passa poi al livello di percezione, questo segnale recepito viene elaborato e questo viene fatto
soggettivamente. Quindi l’informazione viene ltrata attraverso il livello i attenzione che si pone
nell’osservazione.

Poi c’è la fase dell’apprendimento, io ho ricevuto una sensazione che è arrivata al mio sistema
nervoso centrale dove è stata elaborata grazie alle mie capacità e ai miei interessi. Dopo questa
fase la sensazione è stata interpretata e appresa.

Le funzioni cognitive sono quelle che ci consentono di interpretare e gestire correttamente le


informazioni. Le funzioni cognitive sono quelle capacità dell’essere umano che ci permettono di
e ettuare una corretta interpretazione e gestione delle informazioni.

Tutte queste capacità possono essere soggette a disturbi.

I disturbi cognitivi sono caratterizzati dal fatto che alcune di queste capacità cognitive non si
svolgono come dovrebbero. Le cause possono essere tante. Si possono avere problemi di tipo
cromosomico o genetico, malformazioni o disordini metabolici, patologie materne, complicanze
durante la gravidanza e il parto, traumi…

Le cause possono essere diverse. Possono essere disturbi temporanei o permanenti, si possono
avere a seguito di traumi cranici, a seguito di interventi chirurgici sull’encefalo, a causa di malattie
degenerative o per l’invecchiamento.

Si possono avere cause prenatali che sono dovute a problematiche genetiche, cromosomiche, di
ipossia (mancanza di ossigeno); si possono avere cause perinatali e si possono avere patologie
da parte della madre, prematuri o complicanze durante il parto e la gravidanza; cause postnatali
derivano da traumi che si possono avere in qualsiasi momento della vita.

Ci possono essere ritardi lievi e sono i più frequenti, sono casi in cui le persone hanno vita
normale ma con qualche ritardo.

Ci possono poi essere altri casi peggiori e le cause sono di tipo genetico, come per esempio la
sindrome di Down.

32 di 40
ff
fi
fi
ff
Le disabilità intellettive un tempo si chiamavano ritardi mentali e sono de nite come malattie
cognitive persistenti che sono causate da un funzionamento alterato del sistema nervoso
centrale. Quindi porta ad avere le attività della vita quotidiana compromesse.

Una disabilità intellettiva riguarda un funzionamento alterato di qualche componente del sistema
nervoso centrale. Si sviluppa nei primi anni di vita e colpisce le nostre capacità cognitive,
linguistiche, motorie e sociali.

Dal punto di vista operativo è stato necessario in qualche modo schematizzare e de nire delle
aree in cui poter inquadrare i vari disturbi. A tale scopo è stato creato il manuale diagnostico dei
disturbi mentali (DSM). Questo manuale raccoglie su base statistica ben 370 diversi disturbi
mentali che sono catalogati in base alla presenza statistica di alcuni sintomi.

Questo manuale è in continuo aggiornamento, attualmente si ha la versione 5.

I disturbi mentali però alla ne sono condizioni sistemiche i cui sintomi dipendono da molti
aspetti: dal patrimonio genetico, dalle vicende di vita (in particolare nei primi anni di vita), dalla
qualità di comunicazione, dalla plasticità cerebrale, dal modo di reagire a certi stimoli e dal modo
di difendersi in certe situazioni.

Il disturbo mentale è una condizione sistemica dove si tiene conto del patrimonio genetico, della
costituzione sica dell’individuo, delle vicende di vita (traumi, storia, esperienze, ambiente e stile
di vita), dai rapporti famigliari e dalla plasticità dell’encefalo.

La quinta edizione del DSM non fa riferimento a quello che era considerato il ritardo mentale, ma
si parla di disabilità intellettiva. Non si fa più riferimento al QI, che era il parametro sulla base del
quale si giudicava la gravità del disturbo.

Ora si considerano criteri diagnostici che si basano su tre ambiti.

All’interno del manuale i criteri diagnostici si dividono in de cit delle funzioni intellettive, dove si
va a valutare la capacità di ragionamento, di piani cazione, di organizzazione mentale, di
astrazione e di giudizio; poi si hanno i de cit del funzionamento adattivo, dove si considera
l’indipendenza dell’individuo in ambito sociale; e in ne i de cit intellettivi e adattiva durante lo
sviluppo.

Tenendo conto di questi aspetti il manuale de nire quattro livelli di disabilità intellettiva.

Il manuale categorizza tra loro i vari disturbi in quattro livelli di gravità.

Il primo livello è la disabilità lieve. Il primo ambito in cui si nota è la scuola, si manifestano
problematiche a livello scolastico, a livello di scrittura e di calcolo. Nell’adulto si possono avere
problemi nel fare ragionamenti di tipo astratto e può essere compromessa la memoria a breve
termine. Dal punto di vista sociale ci possono essere delle immaturità e di conseguenza si può
avere il rischio che questa persona possa essere sfruttata e manipolata. Per l’ambito pratico
riguarda le attività della vita quotidiana, questi soggetti hanno bisogno di supporto per le attività
più complesse.

Il livello superiore è la disabilità moderata. Anche qui si hanno problemi scolastici a livello
scolare e prescolare. In ambito sociale si ha il problema nel giudicare e nel prendere decisioni,
quindi si ha bisogno di supporto. Nell’ambito pratico si riescono a svolgere i compiti base ma si
hanno problemi nell’indipendenza lavorativa. Inoltre ci può essere un comportamento disadattavo
in ambito lavorativo.

Nella disabilità grave si hanno tutti i precedenti problemi ma in maniera più marcata. L’individuo
comprende poco sia il linguaggio scritto che quello parlato e comprende poco anche tutto ciò che
ha a che fare con i numeri. In ambito sociale la gestione economica è limitata. Ci sono poi una
serie di problemi pratici, l’individuo non è in grado di gestire la propria vita e le proprie attività
personali, ha bisogno di supporto per i compiti domestici e anche nel lavoro. Ci possono essere
situazioni estreme in cui il comportamento è fortemente disadattavo, si può arrivare ad avere
anche forme di autolesionismo, ovvero la persona si fa del male perchè ha questa visione
negativa e distorta di quella che è la propria esistenza e l’ambiente in cui vive.

In ne si ha il livello di disabilità estrema. Nell’ambito concettuale si può essere in grado di fare


alcuni confronti di caratteristiche siche, ma ci sono molte di coltà concettuali. In ambito sociale
si hanno di coltà e limitazioni nell’eloquio e nella gestualità, è molto compromesso perchè manca
la comunicazione simbolica, verbale e scritta. Ci possono essere anche compromissioni siche.
Nell’ambito pratico non c’è assolutamente indipendenza, la persona ha bisogno di supporto per
tutto.

La sindrome di Asperger si ha nell’ambito dei disturbi pervasivi dello sviluppo e ha tratti molto
a ni ai disturbi dello spettro autistico. In queste situazioni è compromessa l’interazione sociale. Il
33 di 40
ffi
fi
ffi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
ffi
fi
fi
fi
soggetto ha poi dei modelli comportamentali stereotipati, e cambiare o modi care queste sue
procedure causa grossi scompensi e reazioni violente. Non c’è un ritardo signi cativo dal punto di
vista clinico nello sviluppo cognitivo e non c’è ritardo nel linguaggio, ma il soggetto ha attività e
interessi molto limitati. Ha un modo di muoversi particolare e potrebbe anche parlare da solo.

Un’altra sindrome è la AHDH (Sindrome da de cit di attenzione e iperattività) è una sindrome che
ha manifestazioni un po’ estreme soprattutto dal lato dell’attenzione, il soggetto è in grado di
eseguire un ragionamento astratto ma si distrae molto rapidamente, può avere manifestazioni
impulsive e iperattività motoria. È un disturbo che è dovuto adulterazioni della crescita e dello
sviluppo del cervello e in generale del sistema nervoso.

Un altro grosso ambito di disturbo è quello che riguarda lo spettro bipolare. Un tempo questi
disturbi erano indicati con il termine di “psicosi maniaco-depressiva”. A livello clinico riguardano
prevalentemente l’ambito psichiatrico e sono caratterizzati dall’alternanza fra due situazioni
opposte dell’attività psichica. Si ha la fase di eccitamento o mania, dove il soggetto ha delle
ssazioni e delle condizioni maniacali, e dall’altro lato si ha la fase di inibizione o la condizione di
depressione. La condizione di questi soggetti è critica per via dell’alternanza tra queste due
condizioni opposte, che può portare anche all’autolesionismo.

La disabilità cognitiva oggi giorno non è così rara e c’è una prevalenza maggiore nella
popolazione maschile. È spesso associata a malattie psichiatriche.

Come può essere trattata? Spesso nei casi di media e grave entità si ricorre a trattamenti medici e
farmacologici. Si ha poi tutta una fase riabilitativa che può essere variegata.

Nel caso di ritardo mentale la riabilitazione vuole introdurre se totalmente carente oppure
rinforzare se non manca del tutto quelle abilità che a causa del problema del soggetto non sono
su cientemente sviluppate o non si sono consolidate in maniera spontanea.

In ambito riabilitativo si cerca di lavorare sulle capacità attentive, si cerca di fare in modo che il
soggetto riesca ad avere un livello di attenzione su ciente. Si vuole aiutare nello sviluppo del
linguaggio, si vuole cercare di rinforzare le attività autonome del soggetto, si vuole cercare di far
sviluppare capacità emotive in modo che le varie situazioni possano essere gestite in maniera
coerente.

Un altro aspetto importante è il Parent training che è un intervento che mira ad insegnare ai
genitori o di chi si occupa di questi soggetti ad aumentare la consapevolezza dei limiti del glio.
Questo non è un elemento da poco perchè se non si conoscono i limiti del glio si potrebbe
incrementare il divario percepito dal glio. Quindi il Parent training è un intervento di tipo psico-
educazionale.

Focalizziamoci ora sui disturbi della memoria perchè sono quelli per i quali la tecnologia può
venire in aiuto.

La memoria è la capacità che noi abbiamo non solo di conservare le informazioni ma anche di
codi care queste informazioni e al momento opportuno rievocarle.

Se una parte del nostro cervello è colpita da qualche anomalia, menomazione o trauma questi
possono compromettere le capacità di rievocare e conservare le informazioni.

Questi disturbi possono essere di tipo progressivo, di tipo neuro-degenerativo (es. Alzheimer). Ci
possono anche essere episodi con esordio immediato, un esempio è il trauma cranico per cui la
persona perde temporaneamente o per sempre la memoria.

Le nostre capacità cognitive si possono


dividere in due grandi categorie principali:
la memoria a breve termine, che è la
memoria sensoriale, quella che abbiamo
nell’immediato e ci permette di acquisire
informazioni e ricordarcele a breve; poi la
memoria a lungo termine che può a sua
volta essere divisa in memoria
dichiarativa (o esplicita) e memoria non
dichiarativa (o implicita). Per l’esplicita si
possono distinguere tra quelli che sono gli
eventi (fatti biogra ci concreti) oppure i
fatti (conoscenza del mondo).

Per la memoria non dichiarativa si hanno


tutta una serie di sotto categorie. Si ha la
34 di 40
fi
ffi
fi
fi
fi
fi
ffi
fi
fi
fi
fi
memoria procedurale, quindi tutte le abilità motorie e cognitive che derivano dal fatto che noi
sappiamo svolgere certi compiti perchè li abbiamo memorizzati nella loro fase procedurale. Poi si
ha il sistema percettivo della rappresentazione che signi ca che ho esperienza e quindi mi ricordo
certe cose perchè le ho percepite. Si ha poi il condizionamento classico, quindi risposte
condizionate tra due stimoli: un esempio è che io non metto il dito sul fuoco perchè ho memoria
della prima esperienza del fatto che mi sono bruciata. In ne si ha l’apprendimento non associativo
che riguarda tutte le complesse dinamiche di assuefazione di certe situazioni e la
sensibilizzazione verso altre.

Quando si perde la memoria si parla di amnesia. Ci sono due tipi di amnesia, quella anterograda
che consiste nel non risucire a ricordare eventi successivi a quello che ha causato l’amnesia, e poi
quella retrograda che è la più comune e riguarda la memoria, quello che è stato conservato e
recepito nella mente negli anni precedenti all’evento che ha causato l’amnesia. La retrograda fa
dimenticare il passato, mentre l’anterograda fa dimenticare gli eventi futuri.

Quali possono essere le cause che portano alla perdita di memoria? La causa più comune e
anche quella più siologicamente normale è l’invecchiamento. Un’altra possibile causa sono i
traumi sici, anche se in questo caso si ha uno spazio temporale limitato perchè poi si riesce a
recuperare. Si può avere poi il trauma emotivo, e qui si parla di un disturbo causato da un forte
stress e si tende a rimuovere dalla memoria tutto quello che è legato all’evento che ha causato lo
stress. Questo perchè una peculiarità del nostro essere umano è quello di causare il minor danno
a noi stessi, primo obiettivo è l’autoconservazione.

Poi ci possono essere cause dovute a patologie neurologiche o psichiche. Per esempio il
Parkinson è un disturbo neurologico.

Quindi la risposta alla domanda perchè dimentichiamo non è univoca?

Ci sono poi alcune ipotesi. Una è la teoria del disuso che dice che se io non utilizzo certi
contenuti della memoria e non li vado a rievocare allora questi elementi vengono perduti.

Oppure si possono avere le strategie non congruenti che si ha quando noi le informazioni le
codi chiamo e le immagazziniamo e l’ipotesi è quella che si vadano ad applicare delle strategie di
recupero delle informazioni che non sono congruenti con quelle con cui è stata e ettuata la
codi ca.

Un’altra ipotesi è la presenza di troppa informazione. Ho memorizzato troppo e ad un certo punto


qualcosa dimentico. Questa si chiama teoria dell’interferenza.

In ne ci sono le condizioni emotive in cui è avvenuto l’apprendimento che possono in uire.

Si può parlare di modello base della


memoria che non è però univoco.

Noi abbiamo l’informazione in ingresso


proveniente da un qualche evento. Questa
attiva i nostri sensi e quindi il primo step è
la memoria sensoriale. Questa va ad
attivare l’attenzione che fa entrare
l’informazione nella memoria a breve
termine. A questo punto si può reiterare
l’evento no a che ad un certo punto
l’informazione viene codi cata ed entra nella memoria a lungo termine. In questo stadio
l’informazione può essere recuperata nel momento in cui si trova davanti a qualche sensazione o
evento che la rievoca.

Nelle fasi di memoria sensoriale e memoria a breve termine io potrei anche perdere le
informazioni, perchè non ho prestato abbastanza attenzione o oppure per decadimento o
interferenza con altre azioni.

Tutti questi blocchi sono generali, in realtà ognuno ha caratteristiche speci che che si
di erenziano da individuo a individuo.

A noi interessa capire se e in che modo possiamo intervenire e dare un supporto in condizioni di
perdita di memoria più o meno grave.

Quali possono essere quindi i DISTURBI legati alla perdita di memoria?

35 di 40
fi
ff
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fl
ff
Si possono avere disturbi di tipo transitorio, quindi disturbi dello stato di coscienza, si hanno
stati confusionali.

Poi ci sono i disturbi non transitori come quelli del pensiero e della percezione (aspetti deliranti
o schizofrenia).

Poi si ha tutti i disturbi della sfera cognitiva, dell’a ettività (depressione), del funzionamento
dell’io (disturbi di personalità) e della coscienza dell’io (disturbi dissociativi).

Quali sono le cause? Possono essere tante e sono state individuate, ma i meccanismi alla base
della memoria, cioè come si crea e come si perde non sono ancora del tutto chiari dal punto di
vista scienti co.

Quello che si può fare per aiutare queste persone è proporre l’utilizzo della tecnologia assistita e
riabilitativa.

La cosiddetta tecnologia ICT ha l’obiettivo di fornire all’individuo che ha un de cit sensoriale di


qualche tipo qualcosa che consenta di convertire le informazioni dell’organo non funzionante in
un altro senso. Per esempio si ha un computer e si vuole leggere un testo, e si possono quindi
avere dei dispositivi che convertono il testo acquisito da computer in qualcosa che si può
percepire con un atro organo.

Poi ci possono essere tutta una serie di applicazioni di tecnologia che riguardano la mobilità e
l’autonomia dell’individuo. “Riabilitare” vuol dire dove possibile fare in modo che la persona
recuperi le sue capacità funzionali dove non è possibile e che lo aiuti a supportare o sostituire le
capacità perse con altri dispositivi per renderlo il più autonomo possibile.

Per quanto riguarda la tecnologia assistita


( AT ) s i p u ò p a r l a re d i u n m o d e l l o
concettuale che è quello in gura e si può
avere con dispostivi più o meno
miniaturizzati. Da un lato ci sono le
componenti di tradissimo dell’informazione
che deve essere recepita e dall’altro lato ci
sono i dispositivi che consentono odi
trasmettere queste informazioni al lato
ricevente che nel nostro caso è il paziente. La ricezione può essere di vario tipo e anche il tipo di
trasmissione.

La presenza di un assistente di comunicazione oggi giorno non si trova quasi più perché il tutto
viene fatto in modo automatico.

Cosa vuol dire quindi tecnologia assistiva? Sono una serie di dispositivi che devono aiutare le
persone che hanno delle di coltà, in particolare per le disabilità cognitive nel nostro caso.

Sono dispositivi che devono essere personalizzati il più possibile perchè è inutile per esempio
dare ad una persona un dispositivo speech to test se la persona oltre all’udito ha anche problemi
di vista.

Vediamo ora una serie di dispositivi.

Si ha il GPS da polso di solito inserito all’interno di un orologio e questo è utile per esempio per i
malati di Alzheimer. Questi malati hanno la problematica della perdita di memoria e quindi anche il
disorientamento. La persona che so re di questa malattia potrebbe trovarsi in una situazione in
cui non sa dove si trova e quale sia la strada giusta per raggiungere la propria destinazione.
Questo dispositivo da polso contiene quindi un GPS per la localizzare e di solito anche un
dispositivo wireless per poter comunicare con qualcuno.

L’activity compass era un dispositivo di tipo GPS che era integrato su un dispositivo portatile.
Già nelle sue versioni originali implementava delle tecniche di intelligenza arti ciale perchè andava
a registrare via via la posizione della persona e la sua direzione e di conseguenza andava a
stimare e prevedere i suoi spostamenti futuri. I primi dispositivi erano ingombranti ora possono
essere implementati su cellulare.

Questi tutti i dispositivi di questo tipo sono poi dotati di allarmi, ovvero se la persona non riesce
ad orientarsi può attivare il sistema di allarme e quindi viene rilevata la sua posizione e può essere
aiutato.

Al giorno d’oggi si hanno dei dispositivi per le menomazioni cognitive che contengono una prima
schermata dovei l soggetto che non è in grado di comunicare verbalmente in modo corretto viene
36 di 40
fi
ffi
fi
ff
ff
fi
fi
aiutato con delle icone che poi hanno anche del testo sottostante. Questi dispositivi sono
programmati in base alla persona.

Un’altra tipologia ancora di dispositivo è l’eye tracking e si usa per i soggetti che hanno problemi
di manualità e quindi si usano i movimenti oculari per attivare varie icone su una interfaccia. Il
dispositivo ha la caratteristica che però deve essere usato in una posizione precisa: parallelo allo
sguardo e ad una distanza ssa. Inoltre va calibrato sulla persona e parametrizzato.

Per quanto riguarda dispositivi per la memoria si possono avere orologi da usare come
promemoria per farmaci, questi sono in grado di produrre no a 12 segnali sonori o vibrazioni
diverse, e associato ad ognuno si può avere una breve descrizione.

Ci possono poi essere distributori elettronici di medicine che quindi oltre che da promemoria
fungono anche da dispense.

Esistono poi anche dispositivi che hanno un controllo del rifornimento della medicina, e che
quindi mandano al medico o all’assistente eventuali informazioni.

Poi si hanno i promemoria general-purpose che non sono altro che memo che possono essere
inseriti su tutti i dispositivi.

Ci sono poi delle app che riguardano le tastiere come SwiftKey Simbols e consente la
comunicazione per persone con disabilità cognitive e quindi per persone che hanno bisogno di un
accesso sempli cato. Per esempio con una serie di icone. È utile sopratutto per i soggetti a etti
dallo spettro autistico.

Un’altra app è BraillePad e consente tramite una tastiera braille sempli cato di scrivere
messaggi.

Pedius è un’altra app che si rivolge a persone con problemi di udito o completamente sorde.
Sfrutta la traduzione text-to-speech. Funziona che bisogna inserire il numero di telefono della
persona che si vuole chiamare e poi si digita ciò che sia vuole dire, a questo punto ciò che è stato
scritto è sintetizzato a voce. Dal lato dell’interlocutore è il contrario.

Immaginario è un’app per persone con disturbi dello spettro autistico e permette di comunicare
tramite pittogrammi.

Soundscape è un’app per ipovedenti e si basa su bacon virtuali, una specie di segnaposti
disposti in giro, per esempio nel centro cittadino o nei luoghi di incontro, e grazie alle informazioni
ricavate da questi segnaposti il dispositivo guida la persona verso il punto di interesse.

BigLauncher è una applicazione che aumenta le dimensioni delle icone dello smartphone.

Il Walkie Talky è una versione moderna e aiuta le persone con disabilità visive a muoversi nello
spazio. Si basa su GPS.

In che ambito si orienta la tecnologia per quanto riguarda gli ausili per la comunicazione?

La terminologia è AAC (comunicazione aumentata e alternativa), con questa sigla si indicano tutti
quegli approcci e ausili alla comunicazione che consentono all’individuo con disabilità di integrare
o di rimpiazzare sia il parlato sia la scrittura.

La forma più semplice per comunicare è la comunicazione verbale ed è quella più veloce e
comoda, ovviamente il problema è quando questa è carente o assente.

Quindi la ricerca tende a sviluppare tecnologie multimodali, perchè spesso il paziente è disabile
sotto più di un solo aspetto. Questi progetti devono puntare a sviluppare tecnologie di erenziate
soprattutto nelle situazioni più comuni. Per esempio le fermate degli autobus sono perso fornite
di display dove leggere tutta una serie di informazioni.

Per gli spostamenti quello che è stato realizzato è il cosiddetto tutor virtuale per il linguaggio, e
consente di apprendere le basi linguistiche e anche di perfezionare la pronuncia e la
conversazione, per persone con problemi di sordità o di sviluppo cognitivo.

A livello cerebrale le aree della comunicazione sono due: quella di


Broca (produzione del discorso) e quella di Wernike (comprensione
verbale). L’insieme di queste due aree costituisce il principale centro
del linguaggio. Queste due aree sono prevalentemente sviluppate
nell’emisfero sinistro. Queste aree cerebrali si sviluppano
nell’embrione e la di erenziazione nei due emisferi diventa più
marcata dopo 31 settimane dalla fecondazione. Sono aree
37 di 40
fi
ff
fi
fi
fi
ff
ff
fondamentali. Se queste aree sono danneggiate: l’aera di Broca porta ad un linguaggio non
uente e all’omissione di particelle come gli articolai, l’area di Wernike invece una lesione porta ad
un linguaggio uente ma privo di signi cato.

Esiste poi un’altra area che è quella super motoria che si attiva quando ci sono dei movimenti
piuttosto complessi. Anche pensare di compiere dei movimenti attiva questa area. Non è in se
un’area del linguaggio ma è fondamentale per sviluppare il linguaggio. Se si ha un danno a questa
area si è in una situazione chiamata di afasia globale.

Quindi quali sono le tecnologie di comunicazione alternativa che possono essere implementate?

Gli ausili per la comunicazione innanzitutto coinvolgono vari tipi di disabilità.

Si cerca di evitare che siano dispositivi ingombranti per consentire l’uso in mobilità e quindi in
genere devono funzionare a batteria, e le batterie devono essere tali da consentire un certo livello
di autonomia della persona.

I primi dispositivi nascono nella anni 60, oggi giorno non sono molto diversi, solo la tecnologia è
più so sticata.

Si possono avere convertitori testo-voce, anche se più che testo-voce sono testo-vista. Il tutto è
visualizzato ma anche tradotto a voce. Tramite una tastiere è possibile esprimersi con le persone
che ci stanno accanto. Ne esiste una versione con doppia tastiera e consente a due persone con
la disabilità della parola di comunicare tra loro.

A seconda poi del livello di disabilità si possono avere strutture più ingombranti. Si può avere una
tastiera con tasti con rappresentazioni gra che di concetti, richieste o messaggi prede niti. Si
può quindi comunicare in maniera immediata attraverso una voce preregistrata, cioè ogni tasto di
questo display corrisponde ad una situazione.

Ci sono poi anche dispositivi che consentono di focalizzare i movimenti, ovvero per esempio si
riesce a riconoscere il tasto su cui la pupilla si sta concentrando e quindi attivarlo senza l’uso
manuale. È il caso dei puntatori.

Sono poi stati realizzati altri dispositivi come Ablenet che è un unico grande tasto gigante con un
diametro di 13 cm per i disabili con problemi motori gravi. È una comunicazione step-by-step e si
possono via via premendo questo tasto registrare e fare ascoltare messaggi. Ne esiste anche una.
Versione a 12 tasti.

Un altro dispositivo è Chatbox e si lavora per associazioni, ad ogni immagine corrisponde una
parola o una frase e quindi l’utente può creare frasi e dialoghi combinando opportunamente i tasti.

In tutto questo bisogna però tenere conto delle problematiche di coordinamento motorio. Ci sono
per esempio delle tastiere speciali come la Access Max Keyboard che è una tastiera espansa
che ha un numero elevato di tasti (108) che hanno forma circolare e un po’ incavata e l’evita
l’errore dovuto a pressioni involontarie di altri tasti.

Esistono per lo stesso motivo anche altre tastiere speciali dove ogni tasto è ben isolato dagli altri
e leggermente incavato, con il simbolo o la lettera molto evidente.

Però non è detto che il soggetto sia in grado di usare le mani. Il tracker è uno dei dispositivi che
consentiva di seguire un punto adesivo, posto ad esempio sulla fronte, e tradurre il movimento
testa testa in un movimento del cursore del mouse sullo schermo. Il click era poi generato da un
sensore a so o.

Il mouse mover è invece un mouse per il quale è richiesta una certa manualità delle dita, ci sono
5 tasti grossi e ognuno corrisponde ad una funzione del mouse e quindi va a sempli care alcune
operazioni.

Poi ci sono i rollerò trackball o i mouse a joystick.

Ci possono essere dei caschetti posizionati in testa e possono essere usati da chi ancora ha un
buon controllo dei movimenti della testa, ed è usato per scegliere i tasti sulla tastiera di un
computer o su una macchina da scrivere, quindi in generale per pilotare una serie di funzioni.

Esistono poi anche i voltapagine.

Il sensore a so o è un sensore che si aziona tramite aspirazione e so o. Qui si ha anche il


problema della riabilitazione, il soggetto deve imparare ad usare questo dispositivo. Ci sono vari
livelli di aspirazione e vari livelli di so o che corrispondono a varie funzioni di questo sensore.

Si possono poi avere sensori ottici e questi rilevano le informazioni e i movimenti tramite una luce
ad infrarosso, e possono gestire i movimenti degli occhi e della faccia. Ovviamente ma
opportunamente predisposto e calibrato.

I dispositivi attuali non sono molto diversi da quelli appena visti.

38 di 40
fl
fi
ffi
fl
ffi
ffi
fi
fi
ffi
fi
fi
Hanno tecnologie più avanzate e interfacce migliori ma i concetti alla base sono gli stessi.

Una tecnologia che si è particolarmente evoluta è l’eye tracking. È un dispositivo che va calibrato
sul soggetto in posizione ottimale: sguardo e dispositivo devono essere disposti in parallelo, si
deve rispettare una distanza di riconoscimento che non deve essere inferiore a 40 cm e non
maggiore di 80 cm. Il dispositivo ha la funzionalità di ltrare i movimenti involontari del capi che ci
possono essere e stabilizzare il posizionamento.

Un dispositivo di questo tipo in commercio è TOBII che è costituito da un paio di occhiali su cui
sono posizionati 16 punti di illuminazione e 4 telecamere.

La sintesi vocale è importantissima per quelle persone che hanno problemi sopratutto di tipo
visivo. L’applicazione di questo tipo già famosa è quella dei lettori di schermo, che sono risultati
molto utili anche per le persone con problemi di dislessia.

La sintesi vocale può essere utile anche per coloro che hanno grossi problemi vocali o di
fonazione, quindi per persone che riescono a leggere uno schermo ma che non riescono a
comunicare agli altri in maniera su cientemente chiara ciò che vogliono dire.

Un primo strumento di sintesi vocale era una macchina acustica-meccanica sviluppata in Austria
nel 1791, era una macchina che in maniera grossolana riusciva a sintetizzare non solo le vocale,
ma anche le consonanti. Con il tempo questo dispositivo è stato elaborato e nel 1846 ce ne fu
una versione in grado di riprodurre anche suoni musicali.

Lo sviluppo più importante si è però avuto negli anni ’30 con i laboratori Bell che hanno sviluppato
il primo vero dispositivo di analisi e sintesi elettronica della voce: Vocoder.

In Italia il primo sistema text-to-speech è stato realizzato nel 1968: il primo apparato di sintesi in
italiano, perchè ogni lingua ha le sue caratteristiche e quindi ogni paese ha sviluppato il proprio
sintetizzatore ad hoc. Quello italiano si chiamava MUSA.

Quale è la struttura di un sintetizzatore vocale?

Si ha una parte front-end e una back-end. La puma è


quella che analizza il testo, rileva is singoli caratteri e li
trasduce in simboli fonetici; quindi in pratica va ad
interpretare i singoli caratteri del testo, li aggrega in
quelle che sono le sillabe e poi le parola e alla ne va
a trasformare il tutto tramite un’analisi linguistica non
banale che deve distinguere le varie frasi, dare una
certa intonazione e deve valutare la durata di ciascuna parola. Alla ne nella parte back-end viene
prodotto il fonema cioè si ha la traduzione in suono.

Il front-end analizza il testo. Per esempio se viene rilevato nel testo il numero “2”, questo deve
essere convertito nella parola “due”. Questo step si chiama normalizzazione o classi cazione
del testo.

La sintesi che viene e ettuata dovrebbe poi avere due proprietà: la naturalezza e l’essere
intelligibile. La naturalezza signi ca che deve avere espressioni simili quelle della voce umana e
l’intelligibilità signi ca che quello che viene sintetizzato deve essere comprensibile.

Esistono poi due tecnologie per la sintesi vocale: la sintesi concatenativa e la sintesi basata sulle
regole.

La sintesi concatenativa si basa sulla concatenazione, combinazione di frammenti di voce pre


registrati che va a ripescare in un database. Questo va a produrre una voce più naturale ma può
provocare dei disturbi udibili perchè è una sintesi fatta da vari frammenti.

La sintesi basata su regole va invece a ricreare la voce basandosi su un modello acustico. È una
sintesi per formanti, che sono le frequenze caratteristiche del tratto vocale. Questa tecnica si basa
sulla generazione di onde e sulla modulazione in base a dei parametri acustici. Questa dà una
voce meno naturale ma non ha il problema della frammentazione.

La sintesi basata sulle regole ha in genere livelli di intelligibilità maggiori rispetto alla tecnica
concatenati. Inoltre la sintesi basata sulle regole non dovendo usare un database ha un software
con dimensioni più contenute che può quindi essere usato anche in sistemi embedded.

Ora consideriamo altre tipologie di dispositivi che sono quelli per l’assistenza domestica, e
quindi sono legati alla possibilità da parte del paziente di poter interagire con i medici anche da
casa.

39 di 40
fi
ff
fi
ffi
fi
fi
fi
fi
Un dispositivo è il video-telefono. È stato usato per il monitoraggio domestico e la trasmissione
dei dati. È fornito anche di uno stetoscopio che il paziente deve essere in grado di usare per
fornire in tempo reale alcune misurazioni.

La riabilitazione cardiaca è fondamentale per tutte le patologie cardiache. È importante per


esempio per i portatori di pacemaker. Esistono anche dei dispositivi basati su frequenze radio che
trasmettono i dati attraverso il cellulare. Altrimenti sensori posizionati sotto i vestiti o all’interno del
tessuto delle maglie.

Parliamo ora di serious games che sono usati a scopo riabilitativo. Alla lettera signi ca “gioco
serio”, quindi è una attività che non ha solo lo scopo di intrattenimento ma anche educativo. Sono
fatti in modo da rendere questa esperienza formativa e allo stesso tempo piacevole ed e cace. È
basato sul principio che l’informazione delle sensazioni vissute rimangono impresse e permettono
di a nare le proprie capacità. Sono quindi attività con aspetto ludico ma con funzione rieducativa
o di riabilitazione.

Un esempio è il DroidGlove che è un guanto che serve a far eseguire al paziente dei movimenti di
articolazioni per le cure sioterapiche.

Un altro esempio sono gli Elder Games fatti da un tavolo interattivo che grazie ad una serie di
opzioni proposte alla persona consente di sviluppare e aiutare i pazienti a non isolarsi e anche a
comunicare tra loro per cercare di mantenere il più possibile le proprie capacità cognitive.

Un altro esempio è Ispectrum che è creato per chi ha disturbi autistici. O re al giocatore autistico
degli ambienti virtuali (il lavoro, il supermercato, un parco…) e suggerisce quindi delle occasioni in
cui il soggetto si può cimentare con i mondo esterno e quindi consente l’apprendimento con
ambienti virtuali simulati. Consente di sviluppare una certa autonomia.

Altri mezzi di comunicazioni possono essere le Brain Computer Interface che sono usate da
quei pazienti che hanno de cit di tipo neurologico. Ci possono essere BCI monodirezionali in cui
si ha un dispositivo esterno che riceve un comando dal soggetto, in particolare dalla sua attività
cerebrale. Sono sostanzialmente delle neuro-protesi dedicate al sistema nervoso periferico. Le
BCI bidirezionali combinano invece la parte di comunicazione con una linea di ritorno che
permette quindi uno scambio di informazioni.

Il prosthetic brain è un esempio, è un qualcosa di arti ciale a livello cerebrale. L’idea era quella di
usare la mente, quindi il nostro pensiero per attivare un’azione, quindi far svolgere delle funzioni
ad un computer. Questo esperimenti era ovviamente invasivo e fu fatto sulle scimmie.

Quando si va a sviluppare della tecnologia di supporto bisogna tenere presente quale è il punto di
vista di chi andrà ad utilizzare questa tecnologia.

I dispositivi potrebbero non essere su cientemente di aiuto, perchè il disabile ha mutato le


proprie condizioni oppure il paziente non è stato riabilitato ad usare quel dispositivo.

Un altro aspetto sono i limiti di applicabilità, una sedia a rotelle non può essere usata su terreno
sconnesso.

Un altro problema è che un dispositivo focalizza l’attenzione sul disabile e questo può creare
ansie e preoccupazioni, e inoltre può essere motivo di azioni criminose perché il soggetto è visto
come fragile e vulnerabile.

Altro aspetto da tenere in considerazioni sono i costi elevati, spesso i disabili sono coloro che
hanno meno disponibilità economiche.

La manutenzione è poi fondamentale.

Il problema dell’utilizzo fuori casa è per esempio per la sedie a rotelle che sono di cili da mettere
in auto o sui mezzi pubblici.

L’uso di cile si ha se il paziente non è su cientemente istruito e quindi può non essere in grado
di usare il dispositivo e sopratutto nei casi di disabili cognitivi quindi il dispositivo deve essere
molto semplice.

La presenza di un assistente non è sempre possibile, quindi bisogna fare in modo che dispositivo
e paziente siano il più autosu cienti possibile.

Il tutto deve poi essere installato in modo corretto.

40 di 40
ffi
ffi
fi
fi
ffi
ffi
ffi
fi
ff
ffi
fi
ffi

Potrebbero piacerti anche