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SISTEMA NERVOSO

L’encefalo (dal greco “dentro la testa”), è quella componente del nevrasse completamente contenuta nella
scatola cranica.
E’ racchiuso e protetto dalla scatola cranica, avvolto dalle meningi che attutiscono gli urti, le scosse e i
movimenti del cervello.
Assieme al midollo spinale, contenuto nella colonna vertebrale costituisce il sistema nervoso centrale
(SNC).
La definizione delle varie componenti dell’encefalo varia a seconda del criterio usato. Dal punto di vista
anatomico, l’encefalo è costituito dal prosencefalo (o cervello), dal tronco encefalico (mesencefalo, ponte
e bulbo) e dal cervelletto.
- Il cervelletto è nella nuca (parte posteriore della testa) e serve, principalmente, per controllare il sistema
motorio.
- Il midollo allungato unisce l’encefalo al midollo spinale. Vi decorrono gli assoni lunghi che arrivano al
midollo e che comandano i movimenti. Partono i nervi cranici. Contiene nuclei vitali.
- Il midollo spinale è il punto di contatto tra sistema nervoso centrale e sistema nervoso periferico.
a) Riceve i nervi periferici che trasportano le sensazioni
b) Riceve gli assoni dei neuroni corticali con i comandi motori – invia i suoi assoni in periferia a costituire i
nervi periferici.

Il sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale) è una massa gelatinosa avvolta da 3 membrane
connettivali (meningi) e protetta da strutture ossee (cranio, canale vertebrale). E’ un complesso tessuto
specializzato, dal peso di circa 1,5 kg, composto da oltre 160 miliardi di cellule, delle quali la metà neuroni,
che scambiano impulsi alla velocità di 400 km all’ora e che assorbe il 20 % dell’ossigeno del nostro
organismo.
- Nell’encefalo è possibile differenziare sostanza grigia (corteccia, nuclei profondi) e sostanza bianca (corpo
calloso, capsula interna).
- La corteccia ha uno spessore di 1,5-5 mm e si suddivide in lobi (frontale, parietale, occipitale, temporale,
centrale o insula, limbico). I lobi sono divisi in circonvoluzioni separate da solchi.
- I nuclei profondi sono il nucleo caudato, lenticolare, subtalamico, la substantia nigra, il talamo, l’amigdala,
ecc.

SNC
Nel midollo spinale la sostanza grigia occupa la porzione centrale , assumendo un caratteristico aspetto a
farfalla, mentre la sostanza bianca occupa la porzione periferica.
La parte più importante del cervello, per quanto riguarda gli esseri umani è quella che si è evoluta più di
recente: la corteccia celebrale.
Mentre in molti mammiferi la corteccia celebrale risulta piuttosto piccola e primitiva, negli esseri umani essa
è molto sviluppata. La sua profondità è di pochi millimetri (in media 3, con un angolo che varia da 15 a 4,5
mm), ma essa si estende su un’area di circa 2500 cm2.
Per poter essere contenuta nel cranio, la corteccia ha dato luogo a numerose circonvoluzioni che
costituiscono una delle più importanti differenze tra cervello umano e quello degli altri mammiferi.
Oltre al risparmio di spazio, un ulteriore vantaggio derivante dall’avere la corteccia fortemente convoluta è
costituito dal fatto che i neuroni si trovano ad essere tridimensionalmente più vicini fra loro, e dunque
possono avere assoni più corti e tempi di trasmissione degli impulsi più brevi. Questo permette agli assoni
che connettono zone distanti della corteccia di “passare sotto” la corteccia stessa, senza seguire le pieghe
della superficie.
Dal punto di vista anatomico, sulla corteccia sono distinguibili degli avvallamenti (detti fissure o solchi), che
delimitano con il loro andamento i giri. Le fissure sono dei solchi particolarmente profondi.
La corteccia è suddivisa in due emisferi simmetrici. I due emisferi sono separati in senso longitudinale dalla
fissura longitudinale o fissura interemisferica.
- Il lobo frontale è separato da quello parietale dal solco centrale (o fissura di Rolando)
- La fissura laterale (o fissura di Silvio) separa il lobo temporale da quello frontale e parietale.
- Il lobo occipitale è delimitato dal solco parieto-occipitale.
I lobi sono deputati all’esecuzione di funzioni diverse.

I due emisferi sono connessi da fasci di assoni provenienti dai neuroni corticali che attraversano il corpo
calloso. Una delle caratteristiche anatomicamente più interessanti è costituita dal fatto che ogni parte del
corpo tende ad essere connessa con l’emisfero controlaterale: la parte destra del corpo tende a essere
connessa con l’emisfero sinistro, mentre la parte sinistra tende a essere connessa con l’emisfero destro.
Broadman scoprì che, pur essendo la corteccia celebrale macroscopicamente monotona ed omogenea sia
per spessore che per numero di strati, lo spessore relativo degli strati cambiava da regione a regione.
Broadmann non prese in considerazione la corteccia dentro i solchi, convinto che il passaggio da un’area
all’altra avvenisse sul fondo del solco.
Il lobo frontale svolge un ruolo critico nella pianificazione e nell’esecuzione delle azioni. Questo lobo può
essere suddiviso in due grandi suddivisioni: la corteccia motoria e la corteccia prefrontale.
La corteccia prefrontale risulta anche critica nel dare vita a rapporti sociale e soddisfacenti. Individui con
danni alla corteccia prefrontale risultano facilmente distraibili e si comportano in maniera socialmente
inadeguata, agendo come se non si rendessero conto di essere valutati dagli altri. Phineas Gage è forse il più
famoso paziente con danni prefrontali.
La corteccia motoria si trova in posizione immediatamente anteriore al solco centrale (area 4 di
Broadmann). Quest’area costituisce l’area motoria primaria. I neuroni di quest’area proiettano direttamente
nel midollo spinale per muovere i muscoli (controlaterali) del corpo. Anteriormente a quest’area troviamo
altre due aree motorie (all’interno dell’area 6) che sono responsabili per l’esecuzione di movimenti
complessi.
Anche la corteccia prefrontale può venire suddivisa in aree distinte:
- Corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC) svolge un ruolo importante nella memoria di lavoro (e
anche in altri processi)
- Corteccia prefrontale ventromediale (VMPFC) si estende fino alle strutture limbidiche, entra in gioco
nella memoria a lunga durata (e in altri processi).
Il lobo parietale è quello dedicato al tatto e permette di percepire relazioni spaziali e per muoversi in
maniera efficace nell’ambiente.
Il lobo temporale svolge un ruolo importante nel riconoscimento degli oggetti nel riconoscimento uditivo.
Esso contiene la corteccia uditiva primaria, l’area deputata all’elaborazione dei segnali uditivi, nonché le
aree uditive secondarie che elaborano ulteriormente tali segnali. Nell’emisfero sinistro sono inoltre
generalmente localizzate le aree deputate alla decodifica delle parole e delle frasi.
Le aree uditive sono le più rappresentative nell’apprendimento del linguaggio.
Il lobo occipitale è dedicato esclusivamente al senso della vista. Esso è suddiviso in una serie di differenti
aree visive. La corteccia visiva primaria: rappresenta le informazioni in maniera topologica, rispettando le
relazioni spaziali. Due oggetti che appaiono vicini nell’immagine visiva attivano gruppi di neuroni contigui
nell’area visiva primaria.
Circondano la corteccia primaria un gruppo di altre aree visive secondarie dedicate all’elaborazione di
attributi come la forma, il moto e il colore.
Il sistema limbico (il quinto lobo) si trova a metà fra la corteccia e le aree inferiori. Questo è responsabile
delle emozioni e si estende solo sulla faccia mediale degli emisferi e comprende tra l’altro amigdala,
ippocampo, giro cingolato, setto, fornice, ipotalamo e talamo. Due componenti del sistema limbico che
risultano importanti dal punto di vista della cognizione sono: ippocampo e amigdala.
L’ippocampo riveste un ruolo critico nell’acquisizione di nuove conoscenze (dichiarative). Il suo ruolo è
quello di creare delle connessioni fra ciascuna nuova esperienza e la corteccia celebrale. Danni
all’ippocampo rendono le persone incapaci di imparare nuovi fatti, nuovi nomi, nuove esperienze. Secondo
alcuni l’ippocampo è anche il locus in cui sono memorizzati i ricordi episodici.
L’amigdala svolge un ruolo fondamentale nell’apprendere ad associare gli eventi con le risposte emotive;
essa permette all’organismo di superare il comportamento istintivo collegando un ricordo con le emozioni da
esso generato. Essa identifica i ricordi esperiti in condizioni di arousal emotivo. Gioca un ruolo speciale nel
rispondere a stimoli che elicitano la paura. E’ coinvolta nel valutare il significato emotivo delle espressioni
facciali. Inoltre, è responsabile dell’empatia.

Insula di Reil: il lobo dell’insula è situato in profondità in corrispondenza della scissura laterale di Silvio,
per cui risulta visibile solo dopo rimozione dei margini della scissura. Le sue funzioni non sono chiarite,
potrebbe essere coinvolto nell’empatia, nelle emozioni sociali (disgusto, orgoglio, umiliazione, colpa,
desiderio sessuale), nella fame e nell’abuso di farmaci.

Su sezioni prese in ogni punto della corteccia è possibile osservare un’organizzazione laminare (in strati)
6 strati cellulari sono riconoscibili nella neocortx, che copre la quasi totalità del telencefalo.
La corteccia presenta una struttura laminare.
Le caratteristiche citoarchitettoniche variano da una regione all’altra, consentendo così di individuare
un’ampia varietà di aree istologicamente differenti. Sebbene si siano ottenuti notevoli progressi
nell’assegnare singole aree a specifiche funzioni, ogni area deve essere considerata un punto nodale con
estese connessioni con altre parti del cervello.
Due tipi fondamentali di cellule presenti nella corteccia celebrale sono: cellule dei granuli (o stellate) e
Cellule piramidali.
I STRATO: Lo strato molecolare contiene le branche dendritiche distali dei neuroni piramidali e la
porzione terminale degli assoni che proiettano alla corteccia provenienti dai nuclei intralaminari del
talamo. Contiene pochi neuroni e dendriti di neuroni
II STRATO: Lo strato granulare esterno contiene piccole cellule piramidale e cellule stellate.
III STRATO: Lo strato piramidale esterno contiene cellule piramidali di misura media e cellule stellate.
IV STRATO: Lo strato granulare interno contiene cellule stellate che ricevono afferenze dai nuclei talamici
di relay. Le cellule stellate sono particolarmente numerose nella corteccia somatosensitiva primaria, visiva
primaria e uditiva primaria. Queste aree vengono definite cortecce granulari.
V STRATO: Lo strato piramidale interno contiene grandi cellule piramidali che proiettano allo striato, al
tronco dell’encefalo e al midollo spinale.
VI STRATO: Lo strato polimorfo contiene cellule piramidali modificate che proiettano al talamo.

Afferente da cosa ricevono (dal talamo allo strato IV, i cui neuroni distribuiscono gli input agli altri strati)
Efferente a che mandano (dagli strati II,III,V,VI)
LO SVILUPPO PRENATALE
Il cervello e il sistema nervoso cominciano a prendere forma a partire da tre settimane dal concepimento.
In questo periodo, due sottoli creste che percorrono parallelamente tutta la lunghezza dell’embrione, ancora
piccolo e gelatinoso, si chiudono dorsalmente dando origine al tubo neurale.
Alla 4° settimana si possono già riconoscere, seppur abbozzate, le maggiori regioni del cervello: il
prosencefalo, il rombencefalo ed il mielencefalo. Le vescicole ottiche, che daranno forma agli occhi, sono
già ben individuabili. Verso i 6 mesi di gestazione sono visibili chiaramente le circonvoluzioni celebrali,
quelle tortuosità del cervello molto importanti per aumentarne la superficie fornendo posto alle più varie
attività nervose.
Nella prima fase dello sviluppo, alcune molecole-segnale, provenienti dall’interno dell’embrione stesso,
interagiscono con lo strato più esterno dei tre foglietti di cui è composto l’embrione: esoderma, mesoderma
ed endoderma, facendo sì che si differenzi in tessuto nervoso e nei suoi tipi cellulari. Il medesimo strato di
cellule, sotto l’influsso di altre molecole-segnale si differenzia in pelle.
Il neurone, una volta differenziato, è dislocato nel luogo dove dovrà compiere le sue funzioni. Nel cervello,
si muoverà dagli strati più interni dove si differenzia verso quelli più esterni. Tale migrazione, nei suoi tempi
e modi, è molto importante nella formazione della corteccia celebrale, che si trova proprio sulla superficie
esterna. I neuroni si spostano dal luogo d’origine lungo fibre gliali.
Vari studi hanno messo in evidenza che a partire dall’8° anno di età, il numero di neuroni presenti nel
cervello umano rimane sostanzialmente lo stesso per tutta la vita (a meno che non si verifichino malattie
neurodegenerative che distruggono i neuroni).
Quello che cambia notevolmente è il numero di connessioni tra neuroni che raggiunge il massimo tra gli 8-
12 anni per poi ridursi progressivamente, in quanto in questa fase di maturazione verranno mantenuti solo i
“RAMI” più attivi, cioè i dendriti dei neuroni più stimolati.
Con l’invecchiamento si verifica un’ulteriore sfoltimento che può essere più o meno esteso, in base allo stile
di vita e a quanto il nostro cervello viene mantenuto attivo. Se si mantiene il cervello in attività si producono
neurotrofine, se non viene mantenuto in attività, il processo di riduzione dei neuroni viene anticipato.
Il benessere del neurone è salvaguardato soprattutto dall’alimentazione. Alcune cose che noi mangiato sono
tossiche per il nostro cervello. Il cervello continua a rielaborare e raffinare le sue strutture e le connessioni
fra neuroni anche dopo la nascita. Questi fenomeni sono necessari affinchè l’organismo possa interagire,
adattandosi, con le variazioni delle condizioni dell’ambiente circostante.
Il primo a parlare di neurone fu W. Hartz il quale capì che nel cervello umano vi fossero delle cellule nervose
con dei prolungamenti. Ramon y Cajal adottò questo termine ed elaborò una teoria sull’origine e il
funzionamento della cellula nervosa, che va sotto il nome di teoria del neurone.
Golgi sosteneva ed appoggiava l’idea avanzata del fisiologo francese Flourens sull’unità fondamentale delle
funzioni celebrali. Secondo la quale tutte le facoltà del cervello, da quelle percettive a quelle cognitive,
erano il risultato di un’azione di massa dell’intero cervello. Credeva che il sistema nervoso fosse una rete
continua, come interconnessione globale di tutti i centri nervosi.
Otto Deiters, anatomista e neurologo tedesco, è ricordato per la sua ricerca microscopica del cervello e del
midollo spinale. Formulò nel 1865 la teoria reticolare. Tale teoria fu ripresa nel 1867, dall’anatomista e
fisiologo svizzero, Rudolf Albert von Kolliker. Fu ampliata da Gerlach nel 1871.
La teoria reticolare postulava un’assoluta continuità tra tutti gli elementi del sistema nervoso mediata dalla
connessione completa delle fibre conduttive, assoni e dendriti, e alla base della possibilità di propagazione
dell’impulso elettrico tra centri e vie distanti nel sistema nervoso.
Nel 1888, studiando al microscopio il cervelletto e la retina, Cajal osservava che alcuni assoni terminavano
liberamente, senza nessuna interconnessione fisica con altre fibre nervose. Su queste evidenze, in un lavoro
del 1889, Cajal concludeva che le cellule nervose, alla pari di quelle degli altri tessuti, dovevano essere
considerate come unità dipendenti che comunicano tra loro ed inoltre fondamentali per il sistema nervoso.
Waldeyer, His e Forel iniziarono a parlare di un’organica teoria neuronale e affermarono che la
trasmissione dell’impulso nervoso era possibile anche senza fusione delle cellule, tra elementi anatomici
posti in semplice contatto.

SISTEMA NERVOSO CENTRALE (SNC)


Il sistema nervoso si compone di una parte centrale, formata dallo encefalo e dal midollo spinale, che
prende il nome di Sistema Nervoso Centrale (SNC) o nevrasse, e di una parte periferica rappresentata dai
nervi.
I nervi che trasportano le informazioni verso il SNC vengono chiamati afferenti o sensitivi, mentre quelli
che trasportano gli impulsi dal SNC verso la periferia sono chiamati efferenti o motori.
I recettori sensoriali distribuiti su tutto il corpo controllano costantemente le condizioni degli ambienti
interno ed esterno. Tali recettori mandano informazioni al SNC tramite i neuroni afferenti.
I neuroni del SNC integrano le informazioni che arrivano dalle branche afferenti del SNP e stabiliscono se è
necessaria una risposta.
Qualora sia necessario, il SNC manda segnali in uscita che indirizzano una risposta appropriata. Tale risposta
viaggia attraverso i neuroni efferenti fino a raggiungere il suo bersaglio, nella maggior parte dei casi muscoli
o ghiandole.

I neuroni efferenti si suddividono in sezione motoria somatica, che controlla i muscoli scheletrici e
sezione autonomica o autonomo, che controlla muscolatura liscia e miocardia, ghiandole esocrine e parte di
quelle endocrine, e alcuni tipi di tessuto adiposo.
La sezione autonomica o autonoma del SNP viene chiamata anche sistema nervoso viscerale perché
controlla contrazione e secrezione nei vari organi interni.

SISTEMA NERVOSO SOMATICO


Trasmette i segnali ai muscoli scheletrici, un particolare quando c’è da attuare una risposta veloce ad uno
stimolo di pericolo, come una scossa o una scottatura: sono i riflessi. Comunque gran parte degli stimoli del
sistema somatico sono volontari (afferenze somatiche e motilità volontaria).
Negli ultimi anni si è rivolta particolare attenzione ad una terza divisione del sistema nervoso: il Sistema
Nervoso Enterico formato da una rete di neuroni nelle pareti del tratto digerente.
Il sistema ortosimpatico e parasimpatico sono antagonisti.
Orto: eccitazione, emergenza, fuga e paura
Para: quiete, rilassamento, digestione e riposo.
Sono entrambi collegati alle emozioni.
Negli ultimi anni si è rivolta particolare attenzione ad una terza divisione del sistema nervoso: il Sistema
Nervoso Enterico formato da una rete di neuroni nelle pareti del tratto digerente. Quindi, il sistema nervoso
è costituito da una serie di organi che servono a:
- Percepire gli impulsi (informazioni) che vengono dal mondo esterno
- Elaborare le informazioni
- Trasmettere gli impulsi (informazioni) che vengono dal nostro organismo.
Il sistema nervoso è composto principalmente da due tipi di cellule: i neuroni, le unità essenziali per lo
scambio di segnali con il sistema nervoso e le cellule di supporto chiamate gliali, che costituiscono la glia o
neurologia.
Il neurone è l’unità fondamentale del sistema nervoso.
E’ la struttura più piccola in grado di svolgere le funzioni di un sistema.
Il neurone, presenta di solito lunghi processi, chiamati dendriti se ricevono segnali dall’esterno o assoni se
trasportano informazioni in uscita.
Tale struttura permette ai neuroni di comunicare tra loro e con le altre cellule.
Generalmente per spiegare come funziona un neurone si utilizzano neuroni efferenti.
I neuroni si possono classificare da un punto di vista strutturale o dal punto di vista funzionale.
Il corpo cellulare (o soma) è il centro di controllo del neurone.
Il corpo cellulare di un neurone assomiglia a quello di una cellula; presenta un nucleo e tutti gli organelli
necessari al controllo dell’attività cellulare.
Un ampio citoscheletro si estende verso l’esterno nell’assone e nei dendriti.
I dendriti sono lunghi processi ramificati che ricevono informazioni da cellule vicine. I neuroni più semplici
hanno un unico dendrite.
I neuroni del cervello hanno molti dendriti con ramificazioni incredibilmente complesse.
La forma, il numero e la lunghezza degli assiomi e dendriti varia da un neurone all’altro.
La superficie di un dendrite può essere ulteriormente espansa dalla presenza di spine dendritiche con
aspetto variabile, da punte sottili a bottoni funghi formi.
La funzione principale è: nel SNP di ricevere le informazioni in arrivo e trasferirle a una regione di
integrazione all’interno del neurone; nel SNC possono funzionare come:
- unità indipendenti scambiando segnali con altri neuroni nel cervello,
- molte spine contenenti poliribosomi possono sintetizzare proteine proprie
-le spine dendritiche possono anche cambiare forma e dimensioni in risposta ai segnali che ricevano dalle
cellule vicine (i cambiamenti di morfologia sono associati ad apprendimento e memoria, oltre che a malattie
genetiche e degenerative).
Ogni volta che si allena la memoria aumenta il numero di bottoni sinaptici, i quali permettono il viaggio
delle info da uno all’altro.
La posizione del corpo cellulare cambia nei diversi neuroni, nella maggior parte dei neuroni il corpo cellulare
è piccolo, in genere costituisce un decimo, o meno, del volume cellulare totale della cellula. Nonostante le
piccole dimensioni, il corpo cellulare con il suo nucleo è fondamentale per le funzioni cellulari.
Gli assoni trasportano i segnali in uscita fino agli organi bersaglio. La maggior parte dei neuroni periferici ha
un unico assone che origina in una regione specializzata del corpo cellulare, chiamata monticolo assonico.
La lunghezza degli assoni varia da pochi micrometri a più di un metro. Gli assoni spesso hanno
ramificazioni sparse per tutta la loro lunghezza; formando ramificazioni collaterali. Ogni ramificazione
collaterale termina in un rigonfiamento chiamato terminale assonico.
La funzione principale di un assone è trasmettere segnali elettrici in uscita dal centro di integrazione del
neurone all’estremità dell’assone stesso. All’estremità distale dell’assone, il segnale elettrico di norma si
traduce in segnale chimico, grazie alla secrezione di un neurotrasmettitore, di un neuro modulatore o di
un neuroromone.

La regione in cui un terminale assonico incontra una cellula bersaglio è chiamata sinapsi.
Il neurone che trasmette il segnale alla sinapsi è detto cellula presinaptica, mentre la cellula che riceve il
segnale è la cellula postsinatica. Lo stretto spazio tra le cellule si chiama fessura sinaptica.

Gli assoni sono specializzati nella trasmissione di segnali chimici ed elettrici. Il loro citoplasma contiene
molti tipi di fibre e filamenti, è privo di ribosomi e reticolo endoplasmatico. Perciò qualsiasi proteina
destinata all’assone o al terminale assonico deve essere sintetizzata a livello del reticolo endoplasmatico
ruvido nel corpo cellulare.
Le proteine vengono trasportate lungo l’assone con un processo detto trasporto assonico.
Le cellule gliali, il termine glia, significa colla, sono gli eroi dimenticati del sistema nervoso e superano
numericamente i neuroni con un rapporto di 10-50 a 1. Per anni gli scienziati pensavano che la loro funzione
fosse di supporto fisico e che avessero scarsa influenza sull’elaborazione delle informazioni. Sebbene non
svolgono una parte attiva nella trasmissione dei segnali elettrici, le cellule gliali comunicano con i neuroni e
forniscono un importante supporto biochimico.
Il sistema nervoso periferico ha due tipi di cellule gliali: le cellule di Schwann e le cellule satelliti.
Il sistema nervoso centrale ha quattro tipi di cellule gliali: oligodentrociti, microglia, astrociti e
cellule ependimali.
Le cellule di Schwann nel SNP e gli oligodendtociti nel SNC forniscono supporto ed isolamento agli
assoni producendo mielina, una sostanza composta da strati multipli concentrici di membrana
fosfolipidica. La mielina, oltre a fornire supporto, funge da isolante introno agli assoni e accelera la
trasmissione dei segnali.

La mielina si forma quando le cellule gliali si avvolgono a spirale su un assone, facendo fuoriuscire il
citoplasma, in modo da aggiungere strati concentrici di membrana.
Giunzioni comunicanti uniscono gli strati di membrana e permettono che sostanze nutritive vengano
trasferite da uno strato all’altro.
Cellule satellite si trovano all’interno dei Gangli, forniscono supporto ma non producono mielina.
Astrociti si agganciano alla mielina prodotta dagli oligodendrociti e sono importanti per la produzione di
Atp.
Microglia Sono cellule di difesa specializzate che si trovano nel SNC. Non sempre sono d’aiuto in
quanto a volte rilasciano specie reattive all’ossigeno dando forma a radicali liberi.
Cellule ependimali creano uno strato epiteliale a permeabilità selettiva, l’ependima la quale separa i
compartimenti liquidi del SNC.
Alcuni neuroni hanno ben 150 avvolgimenti (300 strati di membrana) nella guaina mielinica che circonda i
loro assoni.
POTENZIALI D’AZIONE (integrare fotocopie stampate)
I potenziali d’azione sono variazioni brevi, rapide e ampie del potenziale di membrana durante le quali il
potenziale si inverte cosicché l’interno della cellula eccitabile diventa transitoriamente più positivo
dell’esterno.
Esistono due tipi fondamentali di segnali elettrici:
1) Potenziali graduati: per le comunicazioni a breve distanza. Possono essere modulati in ampiezza, ma
agiscono a breve distanza perché subiscono decremento man mano che si allontanano dal punto dove sono
stati generati.
2) Potenziali d’azione: per le comunicazioni a lunga distanza. Fenomeno non graduabile in ampiezza ma
modulabile in frequenza, che si propaga a distanza senza decremento.
La misurazione del potenziale di membrana di un neurone si può effettuare inserendo una microsonda (sonda
intracellulare) all’interno dell’assone e misurando la tensione di questa sonda rispetto ad un punto di
riferimento nell’ECL. Il potenziale di membrana a riposo di un neurone è di -70mV.
Un potenziale d’azione è provocato da variazioni transitorie delle permeabilità (conduttanze) ioniche
attraverso la membrana.
La negatività della cellula è dovuta principalmente alla presenza, al suo interno, di grandi molecole
proteiche caricate negativamente (anioni proteici), troppo grandi per riuscire ad attraversare la membrana
cellulare. Nella cellula esistono anche molti ioni K+ che sono invece in grado di uscire liberamente dalla
cellula. E’ proprio la fuoriuscita di K+, cioè di ioni positivi (cationi) a rendere la cellula negativa rispetto
all’esterno. Man mano che la cellula diventa negativa, però, il potassio che è positivo, comincia ad essere
trattenuto da questo ambiente di segno elettrico opposto per cui, quando il potenziale di membrana si aggira
intorno ai -70mV, il potassio NON esce più; in questa condizione, la concentrazione di ioni K+ nella cellula
è di circa 40 volte superiore a quella esterna.
Già solo la presenza di una forte negatività interne consente di mantenere questa forte differenza di
concentrazioni tra ioni K+ all’interno e all’esterno. È possibile, conoscendo la differenza di concentrazione,
quantificare il potenziale che ci vuole per mantenere tale differenza tra interno ed esterno: l’equazione di
Nernst.
Tuttavia nei liquidi attorno alla cellula esistono grandi quantità di ioni Na+ che, attratti dalla negatività che
si è creata nella cellula, attraverso la membrana cellulare utilizzando quella piccola quota di canali per il
sodio che sono sempre aperti.
Poiché essi sono caricati positivamente, finirebbero con l’annullare la negatività intracellulare se non ci
fosero delle speciali proteine di membrana in grado di prendere gli ioni Na+ che sono entrati e riportarli fuori
dalla cellula. (pompe di Na+).
L’improvvisa positività interna produce due effetti: da un lato chiude i canali per il sodio che, quindi non
può entrare nella cellula, e dall’altro determina l’apertura dei canali per il potassio.
Questa apertura, insieme al fatto che l’interno è diventato positivo, rende l’ambiente non più in grado di
trattenere gli ioni K+ che, essendo positivi, vengono respinti fuori dalla cellula. Questa fuoriuscita passiva di
cariche positive riporta la cellula velocemente verso la negatività, cioè la ripolarizzazione abitualmente in
circa un millisecondo.
Questo ingreso massivo di ioni Na+ sarebbe dovuto ad un improvvisa apertura, nella membrana cellulare, di
un elevato numero di canali per il sodio che, in questo modo, consentono l’ingresso di una elevata quantità
di questi cationi , la membrana aumenta la sua permeabilità per lo ione Na+ e, quando nella cellula entrano
più di 300 ioni Na + al secondo per micron quadrato di membrana cellulare, la pompa Na+/K+ non sono più
in grado di impedire un accumulo di sodio nelle cellule che , così, diventa in meno di un millisecondo
positiva. (fino a +20). In queste condizioni entrano passivamente nella cellula oltre 10000 ioni Na+ al
secondo per micron quadrato di membrana cellulare.
Al termine del potenziale d’azione, pertanto, la cellula è ritornata al suo normale valore di negatività (-
70mV), ma contiene al suo interno un numero elevato di ioni Na+ mentre ha perduto ioni K+. Rientrano a
questo punto in funzione le pompe Na+/K+ (che durante il potenziale d’azione avevano cessato di
funzionare) le quali, non solo portano fuori dalla cellula gli ioni Na+ entrati, ma riportano all’interno gli ioni
K+ fuoriusciti, cosicché la cellula riacquista le concentrazioni ioniche che aveva prima dell’insorgenza del
potenziale d’azione.
LA SOGLIA: è stato osservato che se una cellula eccitabile viene stimolata elettricamente, non sempre
genera un potenziale d’azione in risposta allo stimolo. Infatti, se l’intensità dello stimolo è molto bassa, la
cellula presenta solo una modesta modificazione del suo potenziale di membrana (EX: passa da -70 a -
60) e poi torna al valore iniziale senza inversione di polarità.
Se si aumenta l’intensità della stimolazione (così da portare, Ex: il potenziale di membrana a -55), si
osserva invece la comparsa di un potenziale d’azione.
-55 è un valore critico per la cellula, superato il quale è inarrestabile la genesi di un potenziale d’azione;
questo valore viene chiamato soglia di eccitazione.
Un esempio molto semplice si può paragonare questo comportamento a quello del grilletto di una pistola.
Quando si preme il grilletto, se non si raggiunge una certa posizione il colpo non parte. Se invece tale
posizione si raggiunge, non importa se lentamente o velocemente e non importa neppure se questa posizione
la si è superata di poco o di molto, il colpo parte. Gli stimoli di intensità inferiore alla soglia vengono
chiamati sottoliminari, mentre quelli che sono in grado di eccitare la cellula si chiamano liminari.
Per la sua forma a punta il potenziale d’azione è chiamato anche col termine spike.
Tutte le situazioni che aumentano la negatività della cellula vengono definite inibizioni, mentre tutte quelle
che avvicinano il potenziale di membrana della cellula alla soglia sono dette eccitazioni.
Pertanto, una cellula viene inibita quando la sua negatività aumenta (iper) mentre risulta eccitata quando la
sua negatività diminuisce (depo)
Quando un neurone è impegnato in un potenziale d’azione non può essere eccitato da altri stimoli applicati in
quel momento, cioè si trova in refrattarietà assoluta. Questa refrattarietà dura per quasi tutta la durata del
potenziale d’azione, cioè per un periodo di tempo che dura meno di 2 millisecondi, dopodichè il neurone
diventa eccitabile.
Tuttavia, ancora per qualche millisecondo, l’eccitabilità è al di sotto di quella che la cellula ha in condizioni
di riposo, per cui per eccitarla occorre applicare stimoli più intensi; la cellula si trova in una fase che viene
definita di refrattarietà relativa.
Funzioni del periodo refrattario:
-impedire il riverbero dei segnali che devono essere propagati in una sola direzione senza poter tornare
indietro
-limitare la frequenza di scarica di un neurone.
Una caratteristica fondamentale del potenziale d’azione è la sua capacità di propagarsi per tutta la cellula.
Qualunque sia il punto della membrana cellulare in cui si è generato il potenziale d’azione, esso si propaga
punto dopo punto in tutte le restanti parti che, una dopo l’altra, verranno depolarizzate. Il potenziale d’azione
(o impulso nervoso), che dal corpo cellulare si propaga verso i terminali sinaptici, rappresenta l’evento
elettrico, il cui ripetersi costituisce il messaggio nervoso che la cellula invia alle altre cellule con cui è in
rapporto sinaptico.
Nelle fibre nervose provviste di guaina mielinica (SNC=oligodendrocita, SNP=cellula di Shwann), il
potenziale d’azione salta alcuni punti della membrana, quindi la propagazione ha una maggiore velocità. Il
rivestimento mielinico infatti non è continuo, ma periodicamente, si interrompe a costituire i cosiddetti nodi
di Ranvier in corrispondenza dei quali la membrana dell’assone non ha, quindi, alcun rivestimento. Poiché
la mielina è un ottimo isolante elettrico, gli unici punti dell’assone in cui possono avvenire scambi ionici
tra interno ed esterno, cioè possono generarsi dei potenziali d’azione, sono i nodi di Ranvier.
L’impulso nervoso, si propaga lungo l’assone saltando da un nodo all’altro, con un notevole guadagno in
velocità (conduzione saltatoria).
È stato osservato che la velocità di propagazione degli impulsi nervosi non dipende solo dalla presenza o
meno di mielina ma anche dal diametro della fibra. Le fibre più grosse conducono gli impulsi assai più
velocemente di quelle più piccole.
Il potenziale d’azione viene generato in una zona specifica del neurone che è il monticolo assonico detto
anche zona trigger.
La diversa velocità di conduzione delle fibre nervose ha consentito una classificazione elettrofisiologica delle
fibre sia motorie che sensitive, in fibre A, B e C (classificazione di Erlanger e Gasser).
Le A sono le più grosse fibre mieliniche
Le B sono le più piccole fibre mieliniche
Le C sono amieliniche
Le fibre A non sono tutte uguali ma fra loro esistono fibre a diversa velocità che vengono chiamate A-alfa,
A-beta, A-gamma, A-delta.
Successivamente è stata proposta una classificazione diversa per le fibre sensitive che vengono indicate
con i numeri romani I, II, III, IV. (classificazione di Lloyd) dove le fibre del I gruppo sono le più grosse (A-
Alfa) , le fibre del II gruppo corrispondono alle A-beta, quelle del III gruppo alle A delta e quelle IV gruppo
sono le fibre amieliniche (C)
SINAPSI(DA AGGGIUNGERE A FOTOCOPIE SINAPSI)
La quantità di neurotrasmettitore che si libera durante la trasmissione sinaptica e che permette il verificarsi di
effetti biologici a carico del neurone postsinaptico viene denominata quantum.
Il neurotrasmettitore liberato si andrà a legare con il recettore specifico posto sulla membrana
postsinaptica, tale legame il più delle volte determina l’apertura dei canali (raramente la sua chiusura), che a
sua volta consentirà l’entrata o l’uscita di ioni e quindi sarà modificata la sua permeabilità della
membrana, determinando o un aumento o diminuzione della possibilità che si verifichi un potenziale
d’azione postsinaptico.
A livello della membrana postsinaptica possono verificarsi due tipologie di potenziali d’azione postsinaptici:
potenziale postsinaptico eccitatorio (EPSP) o il potenziale postsinaptico inibitorio (IPSP).
Si avrà un potenziale postsinaptico eccitatorio (EPSP) quando l’aumento di permeabilità della membrana
fa sì che il potenziale d’azione faccia entrare una quantità adeguata di ioni Na+ tali da raggiungere il
valore soglia, essendo infatti il Na+ di carica positiva, farà diminuire la negatività della cellula e farà
scattare un potenziale d’azione eccitatorio nella cellula postsinaptica.
Tutto ciò porterà ad una transitoria depolarizzazione della cellula postsinaptica e la sinapsi sarà eccitatoria.
MORFOLOGIA DELLE SINAPSI DEL SNC
La morfologia delle sinapsi varia per dimensioni (sinapsi: piccole, medie, grandi) sia per il punto di contatto
sinaptico. In relazione al punto di contatto per individuare la tipologia di sinapsi bisogna far riferimento alla
tipologia di neurone postsinaptico coinvolto:
- Se il contatto avviene tra assone e dendrite si avrà una sinapsi assosendridica.
- Se il contatto avviene tra assone e corpo cellulare si avrà una sinapsi assosomatica.
- Se il contatto avviene tra assone e assone si avrà una sinapsi assoassonica.
- Se il contatto avviene tra due dendriti si avrà una sinapsi dendrodendritica.

I MESSAGGERI CHIMICI
Esistono tre tipologie di messaggeri chimici che differiscono fra loro principalmente per la loro capacità di
agire a distanza, ma che operano solo in presenza dei recettori specializzati:
- I neurotrasmettitori, che agiscono tra sinapsi vicine.
- I neuromodulatori, che agiscono per diffusione partendo dal sito di rilascio e coprono una distanza
maggiore fra le sinapsi
- I neurormoni, che agiscono a distanze notevoli e una volta rilasciati viaggiando nel circolo sanguigno
raggiungono il loro bersaglio.

I NEUROTRASMETTITORI: un neurotrasmettitore per essere definito come tale deve avere le


seguenti caratteristiche:
- Essere sintetizzato all’interno del neurone.
- In seguito all’arrivo di un potenziale d’azione nel neurone presinaptico, deve essere in grado di produrre
un effetto a livello del neurone postsinaptico
- L’azione svolta deve essere riproducibile sperimentalmente
- Deve esistere un meccanismo in grado di bloccare l’interazione fra il neurotrasmettitore e il neurone
postsinaptico.
I neurotrasmettitori possono essere suddivisi anche in relazione alla tipologia a cui appartengono, esistono:
neurotrasmettitori a piccole molecole, neuropeptidi, neurotrasmettitori gassosi.
Neurotrasmettitori a piccole molecole: si dividono a loro volta in acetilcolina, monoammine,
amminoacidi neurotrasmettitori, ATP. All’interno del neurone questi neurotrasmettitori possono essere
sintetizzati in qualunque parte. Sembra che le vescicole che contengano neurotrasmettitori a piccole
molecole vengano reciclate.
Aceticolina: (ACh) è il primo neurotrasmettitore che è stato individuato, da Henry Hallett Dale e confermato
nel suo ruolo di neurotrasmettitore da Otto Loewi.
I neuroni che utilizzano come neurotrasmettitore l’acetilcolina sono chiamati neuroni colinergici.
Questi contengono e producono l’enzima colinesterasi, o enzima colina acetil-trasferasi, che, utilizzando
come substrato la colina e l’acetil-coenzima A, sintetizza il neurotrasmettitore ACh. A conclusione della sua
azione l’acetilcolina verrà riassorbita per essere riutilizzata in seguito.
L’acetilcolina è un neurotrasmettitore presente in diverse parti del corpo, è indispensabile per l’attività del
Sistema nervoso Autonomo. E’ il neurotrasmettitore fondamentale a livello della placca motrice (o
giunzione neuromuscolare). Tutte le sue sinapsi pregangliari usano acetilcolina e sono coinvolti nella
regolazione della temperatura, regolazione dei ciclo sonno-veglia, regolazione della pressione arteriosa,
regolazione ipotalamo, ecc.
L’acetilcolina è coinvolta nelle sinapsi che controllano importanti funzioni dell’attività motoria come la
postura, riflessi, tremori, catalessia ecc. Una vasta distribuzione di neuroni colinergici è localizzata a livello
celebrale nel proencefalo basale, nel tronco encefalico da cui inviano proiezioni all’ippocampo, alla
neocorteccia, all’amigdala. Le sinapsi che usano come neurotrasmettitori l’acetilcolina sono coinvolti nei
processi attentivi, mnesici, nell’apprendimento e nelle emozioni.
NEUROTRASMETTITORI.
I MESSAGGERI CHIMICI
Esistono tre tipologie di messaggeri chimici che differiscono fra loro principalmente per la loro capacità di
agire a distanza, ma che operano solo in presenza dei recettori specializzati:
- I neurotrasmettitori, che agiscono tra sinapsi vicine.
- I neuromodulatori, che agiscono per diffusione partendo dal sito di rilascio e coprono una distanza
maggiore fra le sinapsi
- I neurormoni, che agiscono a distanze notevoli e una volta rilasciati viaggiando nel circolo sanguigno
raggiungono il loro bersaglio.

I NEUROTRASMETTITORI: un neurotrasmettitore per essere definito come tale deve avere le


seguenti caratteristiche:
- Essere sintetizzato all’interno del neurone.
- In seguito all’arrivo di un potenziale d’azione nel neurone presinaptico, deve essere in grado di produrre
un effetto a livello del neurone postsinaptico
- L’azione svolta deve essere riproducibile sperimentalmente
- Deve esistere un meccanismo in grado di bloccare l’interazione fra il neurotrasmettitore e il neurone
postsinaptico.
I neurotrasmettitori possono essere suddivisi anche in relazione alla tipologia a cui appartengono, esistono:
neurotrasmettitori a piccole molecole, neuropeptidi, neurotrasmettitori gassosi.
Neurotrasmettitori a piccole molecole: si dividono a loro volta in acetilcolina, monoammine,
amminoacidi neurotrasmettitori, ATP. All’interno del neurone questi neurotrasmettitori possono essere
sintetizzati in qualunque parte. Sembra che le vescicole che contengano neurotrasmettitori a piccole
molecole vengano reciclate.
Aceticolina: (ACh) è il primo neurotrasmettitore che è stato individuato, da Henry Hallett Dale e confermato
nel suo ruolo di neurotrasmettitore da Otto Loewi.
I neuroni che utilizzano come neurotrasmettitore l’acetilcolina sono chiamati neuroni colinergici.
Questi contengono e producono l’enzima colinesterasi, o enzima colina acetil-trasferasi, che, utilizzando
come substrato la colina e l’acetil-coenzima A, sintetizza il neurotrasmettitore ACh. A conclusione della sua
azione l’acetilcolina verrà riassorbita per essere riutilizzata in seguito.
L’acetilcolina è un neurotrasmettitore presente in diverse parti del corpo, è indispensabile per l’attività del
Sistema nervoso Autonomo. E’ il neurotrasmettitore fondamentale a livello della placca motrice (o
giunzione neuromuscolare). Tutte le sue sinapsi pregangliari usano acetilcolina e sono coinvolti nella
regolazione della temperatura, regolazione dei ciclo sonno-veglia, regolazione della pressione arteriosa,
regolazione ipotalamo, ecc.
L’acetilcolina è coinvolta nelle sinapsi che controllano importanti funzioni dell’attività motoria come la
postura, riflessi, tremori, catalessia ecc. Una vasta distribuzione di neuroni colinergici è localizzata a livello
celebrale nel proencefalo basale, nel tronco encefalico da cui inviano proiezioni all’ippocampo, alla
neocorteccia, all’amigdala. Le sinapsi che usano come neurotrasmettitori l’acetilcolina sono coinvolti nei
processi attentivi, mnesici, nell’apprendimento e nelle emozioni.
GABA
L’acido gamma-amminobutirrico o GABA deriva dal glutammato grazie all’azione dell’enzima
glutammatodecarbossilasi, è presente in tutto il sistema nervoso centrale, si pensa che un terzo delle sinapsi
cerebrali lo utilizzi come neurotrasmettitore. Il gaba è il neurotrasmettitore inibitorio per eccellenza. Vi
sono due tipologie di recettori per il GABA, i recettori GABA, canali per il sodio (ionotropici) a cui si
legano potenziandone gli effetti ormoni steroidei, alcool, barbiturici, benzodiazepine e i recettori GABA,
canali per il potassio (metabotropici).
L’iperpolarizzazione può verificarsi o per l’ingresso del neurone postsinaptico di ioni negativi quali ad
esempio il cloro o per la fuoriuscita di ioni positivi, quali ad esempio il potassio. Recettori per il GABA
sono presenti in tutto il sistema nervoso centrale interagendo con le funzioni sia cognitive che motorie;
sembrerebbero coinvolti anche nella patogenesi di alcune malattie quali: morbo di Parkinson, epilessia,
schizofrenia e demenza senile.
GLICINA e TAURINA sono due amminoacidi inibitori.
La glicina ha un’azione principalmente a livello del midollo spinale, è coinvolta nei riflessi spinali e nella
coordinazione motoria. Agisce inibendo i neuroni interspinali e i neuroni motori. La Taurina sembra
intervenire sui neuroni inibitori della retina.
L’adenosina trifosfato (ATP) agisce attraverso l’adenosina come un neurotrasmettitore del SNC. E’
presente principalmente nei neuroni di connessione tra SNA e il dotto deferente, il cuore, la vescica,
l’intestino. Spesso tale neurotrasmettitore è implicato nella percezione del dolore.
I neuropeptidi sono costituiti da semplici catene di amminoacidi. Sono neuropeptidi: gli oppiacei
endogeni, la sostanza P, la colecistochinina, l’insulina, la vasopressina, l’ossitocina e altri 40. I
neuropeptidi sono sostanze prodotte in altri parti dell’organismo che agiscono da neurotrasmettitori al
livello del SNC.
La sintesi dei neuropeptidi avviene esclusivamente a livello del soma e grazie al reticolo endoplasmatico e
all’apparato di Golgi. I neuropeptidi richiedono per essere rilasciati livelli di calcio più alti dei
neurotrasmettitori a piccola molecola e di conseguenza anche il potenziale d’azione deve avere una
frequenza più alta. Le vescicole che contengono i neuropeptidi vengono utilizzate una sola volta ed
agiscono per più tempo sulle sinapsi. I neuropeptidi vengono inattivati rapidamente e degradati o da
enzimi o per diffusione.
La sostanza P è stata la prima ad essere stata identificata nel cervello come neurotrasmettitore eccitatorio.
È presente il circa 20% dei neuroni dei gangli dorsali. È coinvolta nella trasmissione delle info dolorifiche
di cute, organi, visceri e articolazioni. L’azione della sostanza P è inibita dagli oppioidi, anche da quelli
endogeni, ed è associata alla serotonina.
I neurotrasmettitori gassosi hanno un meccanismo di trasmissione dell’informazione differente dagli
altri neurotrasmettitori:
- È possibile che un gas attraversando una cellula possa agire anche nei neuroni vicini
- È possibile che l’informazione viaggi dal neurone postsinaptico a quello presinaptico.
Recenti ricerche hanno notato che alcuni gas sono in grado di fungere da neurotrasmettitori. Il gas più
studiato è stato l’ossido nitrico che risulta coinvolto in numerose azioni. È implicato nella comunicazione
fra i neuroni, nel regolare la pressione sanguigna nell’erezione.

RECETTORI
Vi sono diversi recettori colinergici, ne analizzeremo solo due: i recettori nicotinici e i recettori muscarinici,
il nome dei due recettori è dato dalla possibilità di legare a sé oltre che l’acetilcolina, rispettivamente la
nicotina e la muscarina (sostanza presente in un fungo velenoso e allucinogeno l’Amanita muscaria).
I recettori nicotinici sono recettori di tipo ionotropici, agiscono direttamente, necessitano di un solo
passaggio e per questo motivo sono recettori veloci e sono localizzati in strutture che richiedono risposte
rapide come la placca motrice e il sistema nervoso centrale.
I recettori muscarinici sono recettori di tipo metabotropico, agiscono in modo indiretto e necessitano di
più passaggi, motivo per cui sono più lenti. Sono principalmente localizzati a livello del sistema nervoso
centrale.
MONOAMMINE
Le monoammine sono neurotrasmettitori scoperti successivamente ed è possibile suddividerle in due
categorie: le catecolammine e le indolammine. Sono cinque: la dopamina, la noradrenalina,
l’adrenalina, la serotonina e la melatonina. Nel cervello le monoammine sono neurotrasmettitori molto
diffusi, gli assoni di vari neuroni monoamminergici costituiscono sinapsi con varie aree cerebrali, si trovano
maggiormente a livello tronco encefalico nel ponte, nel bulbo e nel mesencefalo. Le monoammine una
volta rilasciate vengono riassorbite nella fessura sinaptica e ricaptate all’interno del neurone
presinaptico attraverso un meccanismo che prende il nome di reuptake, cioè ricaptazione. Quelle che non si
trovano in vescicole sinaptiche vengono degradate all’interno della terminazione sinaptica grazie all’enzima
monoamminoossidasi. Le catecolammine possiedono una via di sintesi comune, tutte originano
dall’amminoacido tirosina e grazie alla presenza di enzimi specifici verranno sintetizzate in dopamina,
noradrenalina e adrenalina. L’adrenalina prende il nome anche di epinefrina, è maggiormente presente a
livello del ponte e del bulbo. Il suo ruolo di neurotrasmettitore è limitato, agisce maggiormente come
ormone. I recettori per l’adrenalina sono anche recettori per la noradrenalina, motivo per cui sono
geneticamente chiamati recettori adrenergici.
La noradrenalina è presente oltre che nei neuroni del ponte e del bulbo, nell’ipotalamo, cuore, rene. Il
locus coeruleus del ponte ne presenta una quantità maggiore, le cui proiezioni arrivano a tutto il cervello ed
al midollo spinale. L’azione della noradrenalina è senza dubbio quella di attivare l’arousal (stato di
attivazione fisiologica), di aumentare la capacità di porre attenzione all’arrivo di stimoli nuovi e
potenzialmente pericolosi. All’adrenalina ed alla noradrenalina sono associati 4 tipi di recettori
differenti tutti metabotropici, tali recettori sono collocali sia a livello del sistema nervoso centrale che negli
organi bersaglio. La dopamina è molto presente nel cervello, la sua azione è varia, interviene nel
movimento, nei meccanismi di rinforzo, nei meccanismi di organizzazione del comportamento
motivati, negli stati affettivi. Sono presenti 5 diversi recettori per la dopamina, chiamati con la sigla da D1
a D5. In particolare i recettori D2,D3,D4 sono provvisti di autorecettori, che regolano sia la sintesi che il
rilascio di dopamina.
Tre importanti vie dopaminergiche partono dal mesencefalo:
- La via dopaminergica che origina dalla substantia nigra del mesencefalo con proiezione alla substantia
nigra pars compatta dei gangli della base che rappresenta una via di modulazione dell’attività motoria (se
danneggiata mostra sintomi Morbo di Parkinson).
- La via dopaminergica che origina dal tegmento ventrale del mesencefalo e proietta a varie strutture del
lobo limbico, quali ippocampo, amigdala, nucleo accumbens (sembra coinvolta nei meccanismi collegati alla
ricompensa e nei sistemi che instaurano meccanismi di dipendenza da sostanze psicoattive)
- La via dopaminergica che origina dal tegmento ventrale del mesencefalo e proietta al lobo frontale (sembra
coinvolta nell’organizzazione e progettazione del comportamento).
INDOLAMINE
Le indolamine, serotonina e melatonina, presentano una struttura molto simile alle catecolammine ma per
via di loro specifiche differenze presentano una categoria a sé, sono sintetizzate a partire
dall’amminoacido troptofano.
La serotonina: i neuroni serotoninergici sono relativamente pochi e sono situati principalmente nel troco
encefalico, a livello dei nuclei del rafe, hanno proiezioni dirette al cervelletto, alla neocorteccia, al lobo
limbico ed al midollo spinale. L’azione della serotonina modula varie attività, dalla regolazione
dell’appetito del sonno, dell’umore, svolge un ruolo determinante nel controllo del comportamento.
Sembrerebbe implicata nella patogenesi di alcune forme depressive. Presenta circa 15 tipi di recettori di cui
la maggior parte è di tipo metabotropico. La melatonina viene sintetizzata a livello dei neuroni
serotoninergici del sistema nervoso centrale ed anche a livello dell’apparato gastrointestinale,
precisamente nelle cellule enterocromaffini. Il ruolo del neurotrasmettitore melatonina è principalmente
quello di regolare il tono dell’umore, il ciclo sonno-veglia e sembrerebbe coinvolto anche nella riduzione dei
radicali liberi.
Fra gli amminoacidi che svolgono un ruolo di neurotrasmettitori troviamo: glutammato, GABA ed altri 6
(fra cui acido aspartico, glicina, taurina, ecc).
GLUTAMMATO: o acido glutammico è un amminoacidi fondamentale per la costruzione delle proteine del
nostro organismo. Il glutammato agisce sia a livello dei neuroni che degli astrociti. È un
neurotrasmettitore eccitatorio. Esistono 3 tipologie di recettori per il glutammato:
- Recettore AMPA
- Recettore del Kainato
- Recettore NMDA
È importante ricordare che in condizioni fisiologiche il glutammato in eccesso deve essere eliminato
dall’aerea sinaptica perché una quantità eccessiva di glutammato è tossica per i neuroni.
I recettori AMPA e Kainato hanno una struttura molto semplice, presentano un canale per il sodio che si
apre quando il glutammato si lega loro ed induce un EPSP.
I recettori NMDA presentano una particolarità per aprirsi hanno bisogno del glutammato ma allo stesso
tempo sono canali voltaggio dipendenti, necessitano quindi della depolarizzazione del neurone
postsinaptico. I canali NMDA si trovano normalmente chiusi da uno ione magnesio (Mg2+) che funge da
tappo e ne impedisce l’apertura se si verifica una normale depolarizzazione, mentre se l’intensità della
depolarizzazione è maggiore, il magnesio viene rilasciato ed il canale si apre, permette l’ingresso di ioni
calcio e sodio. I recettori NMDA sono in grado di far entrare sia ioni sodio che ioni calcio, entrambi ioni
positivi, tale caratteristica del recettore fa sì che si possa verificare un ulteriore depolarizzazione della
cellula, che permette al calcio di indurre cambiamenti duraturi nella cellula sia di natura biochimica che
strutturale. Ma se la produzione di glutammato è eccessiva può indurre alla morte il neurone coinvolto,
processo che sembrerebbe verificarsi in alcune malattie cerebrali e nell’ictus. I recettori NDMA sono cruciali
nei processi di memorizzazione a lungo termine. Il potenziamento a lungo termine dipende dai
cambiamenti delle sinapsi GLUTAMMATERGICHE.
Eric Kandel, premio Nobel, h studiato l’apprendimento non associativo del riflesso di ritrazione della
branchia nell’Aplysia Californica (lumaca di mare, mollusco con SN semplice).

SISTEMA MUSCOLARE

SISTEMA GASTROINTESTINALE
IL SISTEMA DIGERENTE permette agli alimenti introdotti durante i pasti di essere resi utilizzabili
dall’organismo.
La digestione consta, infatti, di una successione di eventi che fa si di trasformare molecole complesse, come
proteine, carboidrati e lipidi, molecole più semplici e facilmente assorbibili come amminoacidi, glucosio e
acidi grassi.
La digestione è essenzialmente un processo chimico, agevolato però da azioni meccaniche di triturazione e
rimescolamento.

L’APPARATO DIGERENTE presiede i processi digestivi:


1) Bocca
2) Faringe
3) Esofago
4) Stomaco
5) Intestino
6) Orifizio anale

IL GUSTO
È deputato alla percezione dei sapori attraverso recettori localizzati nelle papille gustative della lingua.
Anche in questo caso il senso del gusto è inserito in un organo che ha una funzione diversa: l’apparato
digerente. È strettamente legato all’olfatto.
· La bocca
Nell’uomo è definita: in avanti dalle labbra, lateralmente dalle guance, posteriormente dalla faringe,
superiormente dal palato, inferiormente da un pavimento muscolare, teso all’interno dall’arco formato dalla
mandibola o mascella inferiore.
Le funzioni della bocca sono numerose, avendo essa un ruolo nella fonazione, nella comunicazione, nella
masticazione e digestione, nella respirazione, nella difesa immunitaria.
Quando il cibo viene ingerito, la masticazione disgrega i componenti dei cibi in molecole che vengono
disciolte nella saliva. Queste molecole arrivano alle papille gustative (Taste Bud), formazioni incorporate in
piccoli rigonfiamenti, chiamate papille, che rivestono tutta la lingua ( la retina del gusto!). I calici gustativi o
gemme (taste bud) mediano la sensazione gustativa. Tre tipi di papille linguali contengolo i calici gustativi
nei quali si trovano i recettori gustativi:
· Papille fungiformi (nei 2\3 anteriori della lingua) vi si trovano recettori per il gusto
· Papille foliate (nei bordi laterali della lingua e area antistale al V linguale) assomigliano a piccole pieghe
che contengono i recettori
· Papille circumvallate (noduli crateriformi in numero di 12-14 disposti lungo le branche del V linguale).
La sensibilità ai sapori acido e amaro è minima verso la punta della lingua e massima lungo i margini e nella
regione posteriore. Sembra logico che, una volta analizzato il contenuto delle sostanze nutritive, la superficie
recettori sole possa poi valutare le caratteristiche qualitative, come l'acidità ed il gusto amaro, che indicano la
mancanza di appetibilità (acidità eccessiva) o perfino tossicità (amaro).'
I composti di sapore acido provocano smorfie e un'abbondante secrezione salivare per diluire lo stimolo
gustativo. L'attivazione della parte posteriore della lingua da parte di sostanze con sapore amaro provoca la
protusione della lingua ed altre reazioni poro tettoie che hanno la funzione di impedire l'ingestione di tali
sostanze.
Ogni papilla gustativa ( la cui forma ricorda la sezione di un’arancia) contiene un certo numero di recettori
gustativi. Nei bottoni gustativi le cellule gustative sono raggruppate attorno ad un’apertura di circa 1 micron
in prossimità della superficie della lingua, chiamata poro gustativo. In questo piccolo spazio gli stimoli
gustativi disciolti nella saliva vengono concentrati ulteriormente e presentati direttamente alle cellule
recettrici sensoriali esposte. Le uniche cellule specializzate per la trasduzione sensoriale sono le cellule
basali, la cui struttura e funzione sono uguali in tutte le classi di papille e in tutti i bottoni gustativi che esse
contengono.
Le cellule gustative dei singoli bottoni gustativi possiedono un dominio apicale e uno basale. La trasduzione
chemio-sensoriale avviene nel dominio apicale, mentre nel dominio basale vengono generati i segnali
elettrici sotto forma di potenziali di recettori graduati, con la conseguente secrezione di neurotrasmettitori.
Quando una sostanza entra, il recettore sensibile si attiva, il segnale viene tradotto e veicolato al cervello
attraverso uno dei nervi cranici.
LE VIE GUSTATIVE
I nervi che portano dalla lingua le sensazioni del gusto, portano anche temperatura, dolore e tatto. Le
informazioni gustative vengono trasportate da tre diversi nervi cranici: nervo faciale(VII), nervo
glossofaringeo(IX), e in misura minore nervo vago*.
Gli assoni centrali di questi neuroni sensoriali primari dei gangli dei nervi cranici (faciale, glossofaringeo e
vago*) proiettano alla regione rostrale e a quella laterale del nucleo del tratto solitario del midollo allungato,
conosciuto anche come nucleo gustativo del tratto solitario (zona che riceve anche informazioni simpatiche e
parasimpatiche del sistema nervoso viscerale).
Le informazioni gustative trasportate dai tre nervi cranici attraverso le fibre del nucleo solitario, raggiungono
diverse regioni della neocorteccia, attraverso il talamo giungono all’area 43 del lobo dell’insula che funge da
area gustativa primaria (analizza le informazioni sul gusto). La corteccia orbitfrontale riceve proiezioni dalla
corteccia insulare. È noto che neuroni della corteccia orbitofrontale sono multimediali ( rispondono cioè ad
un ampia gamma di caratteristiche dello stimolo come informazioni somatosensoriali, temperatura e odore).
Si pensa che questa sia un’area di integrazione e che questi neuroni possano essere coinvolti nella
motivazione e nei processi di problem solving. Dall’area gustativa primaria le info raggiungono poi
l’amigdala, l’ipotalamo, l’ippocampo, influenzando probabilmente gli aspetti affettivi, dell’appetito e della
sazietà etc.. Perdità della sensibilità gustativa: ageusia
Studi sulle connessioni tra gusto e olfatto sono stati condotti negli ultimi anni anche tramite tecniche di brain
imaging. Questi hanno dimostrato che il cervello elabora gli odori in maniera diversa a seconda se essi
provengano dalla bocca o dal naso. L’industria alimentare conosce molto bene queste interazioni fra gusto e
olfatto: infatti se ad esempio si vuole aumentare la sensazione del gusto di pera in un succo, si aumenta il
livello di zucchero (si altera cioè meramente la percezione del gusto) perché questo intensifica anche la
percezione olfattiva della pera.
Non tutti percepiscono i gusti allo stesso modo. La variabilità tra individui(polimorfismo) è stata messa in
relazione con una serie di polimorfismi genetici (SNPs) tra i quali la sensibilità all’amaro per certe sostanze,
quali la feniltiocarbamide (PTC) e il 6-n-propiltiouracile (PROP) ed è dovuta alla presenza e funzionalità di
un particolare recettore dell’amaro, il TA52R38.

Bambini e adulti hanno anche diverse sensibilità in relazione al genotipo: il 64% dei bambini eterozigoti per
questo gene hanno chiara relazione tra genotipo e sensibilità all'amaro (questo accade solo nel 43% delle
madri eterozigoti).
Bambini con maggiore sensibilità all'amaro preferiscono anche lo zucchero, perché hanno una maggiore
densità di papille fungiformi.
Il genotipo del bambino, quando era diverso da quello della madre (bambino forte percettore d'amaro,
mamma no) induceva in questa la percezione di avere un bambino troppo emotivo (o piccioso).
Sia stimoli olfattivi che gustativi possono indurre il vomito (detto anche emesi), cioè l'espulsione rapida dalla
bocca di materiale gastrointestinale, solitamente associato a nausea, conati e iper salivazione.
Il vomito é dovuto ad una contrazione vigorosa del diaframma e dei muscoli addominali. Esso provoca un
aumento della pressione addominale, schiaccia lo stomaco e spinge verso l'alto il suo contenuto.
Il vomito é un atto riflesso che può essere indotto, oltre che dall'olfatto e dal gusto, anche da numerosi altri
stimoli, come stimolazioni labirintiche (il mal di mare) o un aumento della pressione endocranica (a causa di
tumori e edemi cerebrali). Questi stimoli afferiscono ai neuroni di una particolare zona della sostanza
reticolare del tronco encefalico, detta centro del vomito, provocando l'eiezione del contenuto addominale dal
cavo orale. A questi centri del vomito arrivano anche afferenze della corteccia celebrale, responsabili, ad
esempio, del vomito che occorre al cospetto di visioni orripilanti , come riflesso condizionato in previsione
di eventi negativi o anche di un semplice ricordo.
La tomografia RMN permette di fare delle esplorazioni solo su soggetti coricati in un tubo lungo due metri, e
alimentati quindi con delle soluzioni attraverso dei tubi flessibili. Questo ha condizionato la scelta dei
prodotti sapidi che sono stati studiati: i soggetti hanno ricevuto delle soluzioni di aspartame (un dolcificante),
di cloruro di sodio, di chinina (amara) e di acido glicirrizinico (dal sapore di liquirizia), di guano spina
monosfato (il sapore umami, simile a quello del monoglutammato di sodio usato nella cucina asiatica) e di
D-treonina (un sapore indescrivibile). Per cominciare i soggetti ricevevano acqua, poi delle soluzioni sapide,
poi di nuovo acqua, e così di seguito per evitare le assuefazioni, mantenendo comunque le stimolazioni
alcune decine di secondi, il tempo necessario perché lo strumento tomografico registri un segnale
sufficiente. 
I soggetti che partecipavano a queste esperienze dovevamo concentrarsi sul sapore delle soluzioni, per
evitare ogni altra attivazione parassita del cervello, e descrivere l'intensità delle loro sensazioni mediante un
cursore che potevano spostare su un metro di valutazione. I neurobiologi hanno poi calcolato delle
correlazioni tra i profili percettivi e le attivazione delle diverse aree del cervello. Hanno così potuto
determinare quali atti azioni erano legate alla percezione del sapori. Le differenze tra gli individui erano però
notevoli e le immagini un po' confuse; i ricercatori dovranno quindi ripetere l'esperienza per poter
identificare con esattezza le aree specifiche della percezione del sapore. Questi primi studi hanno dimostrato
che le soluzioni sapide attivano 4 aree cerebrali: il lobo dell'insula e gli opercoli frontale, parietale che lo
circondano.
Oggi il rifiuto del vegetale e della frutta alza spropositatamente la densità calorica. Il cibo confezionato ha
triplicato la densità calorica media: ma i geni sono ancora quelli, destinati all'accumulo per un ambiente di
consumo energetico che non esiste più!

SISTEMA VISIVO
L'occhio è un organo sensoriale che consente di recepire le onde elettromagnetiche provenienti dal mondo
esterno e di convertirle in impulsi nervosi che invia al SNC per la successiva elaborazione. Non siamo in
grado di percepire tutte le radiazioni elettromagnetiche che esistono al di fuori di noi, ma solo un ristretto
gruppo, la cui lunghezza d'onda è compresa tra 0,4 e 0,76 micron (il cosiddetto spettro del visibile):
lunghezze d'onda maggiori (infrarossi) o minori (ultravioletto) non sono percepibili all'occhio umano. 
Dal punto di vista anatomico, l'occhio è una struttura praticamente sferica che all'interno è divisa in due
compartimenti (anteriore e posteriore) da una formazione trasparente a forma di lente biconvessa detta
cristallino. 
Il cristallino è sospeso, mediante sottili ligamenti, ad un sistema muscolare liscio indicato come muscolo
ciliare, la cui contrazione porta ad una curvazione del cristallino stesso.
Al davanti del cristallino si trova una lamina, l'iride, che può essere diversamente colorata e che circoscrive
un foro, la pupilla, attraverso cui i raggi luminosi penetrano nell'occhio; l'iride divide la cavità che si trova al
davanti del cristallino in due parti che comunicano tra loro attraverso il forame pupillare, la camera
posteriore (tra cristallino e iride) e la camera anteriore (anteriormente all'iride) che, in avanti, è delimitata da
una parete sferica trasparente detta cornea.
 Il forame pupillare non ha sempre lo stesso diametro; quando la luce diminuisce si può vedere come la
pupilla sia dilatata (midriasi), mentre quando la luminosità aumenta essa si restringe (miosi). Queste
modificazioni avvengono automaticamente (riflesso fotomotore), sfruttando due muscoli lisci contenuti
nell'iride:
-il muscolo costrittore della pupilla, che produce miosi, tale muscolo è comandato da fibre parasimpatiche
colinergiche contenute nel III nervo cranico (nervo oculomotore).
-il muscolo dilatatore, che produce midriasi, tale muscolo é innervato da fibre noradrenergiche che
provengono dal ganglio cervicale superiore.
I 2/3 posteriori dell'occhio sono costituiti esternamente da una robusta parete, la sclera, che al suo interno
racchiude una ricca circolazione sanguigna, la coroide.
Ancora più internamente si trova in sottile strato di cellule nervose contenente i recettori per la luce
(fotorecettori) a cui si dà il nome di retina.
Affinché una radiazione luminosa che arriva al nostro occhio possa essere recepita, questa deve penetrare
attraverso la cornea, attraversare il forame pupillare, superare il cristallino e raggiungere la retina dove si
trovano i fotorecettori. È importante che le le immagini vengano messe a fuoco sulla retina, cioè che i raggi
luminosi tra loro paralleli (come quelli che provengono da un oggetto lontano da noi) venga mi fatti
convergere sulla retina. Per fare questo occorre che cornea a cristallino si comportino da lenti convergenti
com una potenza complessiva di quasi 50 diottrie. 
Questa funzione di messa a fuoco delle immagini viene svolta grazie al muscolo ciliare che, aumentando o
diminuendo il raggio di curvatura del cristallino, ne fa variare il potere convergente e consente di vedere
altrettanto nitidamente oggetti vicini e lontani. Quando la messa a fuoco è perfetta l'occhio si dice
emmetrope. Se invece l'immagine viene messa a fuoco prima della retina o dopo la retina, si parla di miopia
e ipermetropia. 
Quando la radiazione luminosa arriva al,a retina essa cecità i fotorecettori. Questi sono di due tipi: i coni,
poco numerosi e presenti solo nella part centrale della retina (la fovea), che consentono la visione dei colori,
e i bastoncelli, molto più numerosi, ai quali è demandato il compito della visione con poca luce.
La radiazione luminosa, quando colpisce i fotorecettori, scinde una molecola immessi contenuta, la
radopsina, ed è proprio questa scissione che mette in moto le variazioni di potenziale di membrana destinate
a generare l'impulso nervoso. La radopsina è formata da una parte proteica (la opsina) legata ad una molecola
che deriva dalla vitamina A, la retilaldeide.

L’eccitazione dei fotorecettori attiva altre cellule della retina, come le cellule bipolari e, infine, le cellule
multipolari o ganglionari i cui assoni lasceranno l’occhio attraverso il nervo ottico (il nervo cranico).
Il nervo ottico raggiunge l’encefalo a livello dell’ipotalamo, proprio al davanti dell’ipofisi. Qui una parte
delle sue fibre si incrocia mentre un’altra parte prosegue dallo stesso lato.
Questo incrociamento parziale costituisce il chiasma ottico, dopo il quale non si parla più di nervo ottico ma
di tratto ottico.
Il tratto ottico, poco dopo l’ipotalamo, si biforca a Y mandando una parte delle fibre verso il mesencefalo ed
una parte verso il talamo.
Le foto dirette al mesencefalo servono per risposte visive involontarie, come il riflesso fotomotore, mentre le
fibre che raggiungono il talamo (corpo genicolato laterale) trasportano informazioni visive che vengono, poi,
fatte proseguire verso la corteccia cerebrale del lobo occipitale, la cosiddetta corteccia visiva (corrispondente
alle aree 17, 18 e 19 di Brodman)
La funzione uditiva consente di recepire onde meccaniche, cioè vibrazioni dell’aria che circonda, e di
trasformarle, nel vostro SNC, in suoni.
Noi non siamo in grado di percepire tutte le vibrazioni che ci sono nell’aria, ma solo quelle la cui frequenza è
compresa tra 20 e 16.000 Hz. Le frequenze inferiori ai 20 Hz (infrasuoni) o superiori ai 16.000 Hz
(ultrasuoni) non sono pertanto percepibili dall’orecchio umano.
Le onde sonore che viaggiano nell’aria vengono convogliate dal padiglione auricolare verso il meato
acustico esterno nel fondo del quale si trova la membrana del timpano, che entra così in vibrazione.
Queste strutture costituiscono l’orecchio esterno.
Le vibrazioni della membrana timpanica vengono, da questa parte, trasmesse alla catena degli ossicini:
martello, incudine e staffa.
Queste strutture si trovano nell’orecchio medio, una cavità che comunica con l’esterno mediante un
condotto, la tromba di Eustachio, che sbocca nella faringe.
Le vibrazioni dell’ultimo ossicino, la staffa, vengono trasmesse da una seconda membrana che copre la
finestra ovale e che le trasmette all’orecchio interno dove si trovano i recettori acustici.
L’orecchio interno è una struttura complessa (da qui il nome di labirinto) che si trova accolta nella piramide
del temporale.
Si compone di due parti diverse: l’apparato vestibolare, del quale si parlerà con i meccanismi che partecipano
alla regolazione della postura, e l’apparato uditivo, composta da chiocciola e coclea.
La coclea (o chiocciola) è un tubicino lungo circa 25mm che si avvolge su sè stesso per 2 giri e mezzo come
il guscio di una lumaca.
L’interno del tubicino (coclea) è diviso in due metà delle quali quella inferiore è detta scala timpanica.
Quella superiore si divide ancora in due metà delle quali quella più stretta si chiama dotto cocleare e quella
più ampia viene detta scala vestibolare.
La scala vestibolare comunica con l’orecchio medio tramite la finestra ovale e si continua con la scala
timpanica che comunica a sua volta con l’orecchio medio per mezzo di un’apertura coperta da una
membrana, la finestra rotonda.
Le scale vestibolari e timpaniche sono piene di un liquido detto perilinfa.
Il dotto cocleare non comunica con le due scale e contiene un liquido detto endolinfa (leggermente diverso
dalla perilinfa)
La funziona acustica è dovuta ad una struttura contenuta nel dotto cocleare e che prende il nome di organo
del Corti.
Questo contiene delle cellule ciliate, i recettori acustici, le cui ciglia sporgono nell’endolinfa.
Quando l’onda sonora fa vibrare, attraverso il timpano e la catena degli ossicini, la membrana della finestra
ovale, si crea un movimento della perilinfa. Questo movimento si trasmette all’endolinfa che comincia a
muoversi e causa la deformazione delle ciglia delle cellule dell’organo del Corti.
È proprio questa deformazione a carico delle cellule ciliate la causa della variazione di potenziale che genera
l’impulso nervoso.
L’impulso nervoso, generato dall’organo del Corti, viene poi trasferito al SNC mediante il nervo acustico
(VIII nervo cranico).
Questo nervo penetra nel tronco encefalico tra ponte e bulbo e raggiunge degli ammassi di sostanza grigia
che prendono il nome di nuclei cocleari.
Da questi nuclei l’informazione uditiva si porta verso il talamo e da qui raggiunge successivamente il lobo
temporale della corteccia cerebrale (area acustica, corrisponde alle aree 41 e 42 di Broadmann) dove avviene
la sua trasformazione in suono.

I RIFLESSI
Il riflesso è una risposta nervosa involontaria e stereotipata che l’organismo mette in moto in conseguenza di
una stimolazione.
Poiché i riflessi innati sono uguali in tutti gli individui, vengono testati con esami neurologici per
comprendere se esistono danni ai sistemi neurologici, sia quello centrale che quello periferico, informandoci
una volta interrogato il riflesso le condizioni del segmento midollare sede dei neuroni centrali coinvolti.
Tuttavia, alla fine del XIX secolo vi è l’esistenza di una categoria di risposte riflesse individuabili con la
presenza di riflessi condizionati.
IL CONDIZIONAMENTO O APPRENDIMENTO ASSOCIATIVO
Consiste nell’attivare in maniera automatica, cioè involontaria, comportamenti appresi, i riflessi
incondizionati. Rientra in questa tipologia di apprendimento il complesso/fenomeno del condizionamento.
Ivan Pavlov fisiologo dell’Università di San Pietroburgo, intorno al 1890 stava conducendo alcuni
esperimenti sulla composizione della saliva e a questo scopo aveva incanalato il dotto salivari di alcuni cani
per raccogliere in una provetta la loro saliva.
Pavlov osservò che i suoi cani, che inizialmente producevano saliva solo quando l’inserviente portava loro
del cibo, classico riflesso innato. Dopo qualche giorno producevano la saliva già alla vista dell’inserviente.
Pavlov allora prese dei cani e associò all'arrivo del cibo un suono e vide che dopo qualche giorno gli animali
salivavano alla sola presentazione del suono.
Pavlov chiamò questo tipo di osservazione associazionismo innato.
Incredibilmente, per essere certi che il condizionamento fosse un processo presente anche nella specie
umana, alcuni collaboratori di Pavlov ripeterono sui bambini gli esperimenti fatti sui cani.
IL CONDIZIONAMENTO OPERANTE
Uno psicologo dell’università di Harvard, B.F. Skinner, intorno al 1930, perfezionò gli studi su queste forme
di apprendimento, definite condizionamento operante o strumentale.
Egli rilevò che un ratto posto in una particolare gabbietta, da allora chiamata Skinner box, dove poteva
casualmente premere una levetta. Se la levetta produceva un evento emotivamente positivo (l’arrivo del
cibo), il ratto dopo qualche tempo premeva la leva molto più spesso, mentre se la leva produceva un evento
negativo (una piccola scarica elettrica sul fondo della gabbia) il ratto evitava di premerla.
CLASSIFICAZIONE DEI RIFLESSI
I riflessi possono essere divisi in due grandi categorie: i riflessi innati ed i riflessi condizionati. I riflessi
innati vengono ereditati geneticamente per cui tutti gli organismi di una stessa specie hanno i medesimi
riflessi innati.
I riflessi condizionati, dei quali si è già parlato, vengono invece acquisiti nel corso della vita e sono pertanto
specifici di ogni individuo.
I riflessi possono anche essere distinti in riflessi che interessano i muscoli lisci e le ghiandole (riflessi
viscerali) e riflessi che invece agiscono sulla muscolatura scheletrica (riflessi somatici).
Dal punto di vista anatomico un riflesso è costituito da 5 elementi fondamentali:
1) Il recettore, che trasforma lo stimolo in impulso nervoso e che condiziona il tipo di risposta riflessa in
rapporto al punto di applicazione dello stimolo (segno focale);
2) Una via afferente, costituita da fibre nervose collegate al recettore e capaci di trasportare l’impulso sensitivo
ai centri nervosi;
3) I centri nervosi, situati soprattutto nel midollo spinale (riflessi spinali) e nel tronco dell’encefalo (riflessi
encefalici), dove avviene l’integrazione degli impulsi afferenti e quindi l’elaborazione della risposta
efferente;
4) Una via efferente, costituita da fibre motorie che dai centri trasportano l’informazione nervosa all’effettore;
5) Un organo effettore, capace di eseguire la reazione riflessa e che può essere o un muscolo o una ghiandola

Un riflesso può essere potenziato o venire indebolito; nel primo caso si parla di facilitazione del riflesso, nel
secondo caso, invece, il fenomeno è chiamato occlusione.
Un riflesso può essere facilitato, ad esempio, da una stimolazione elettrica ad alta frequenza (potenziamento
post-tetanico), mentre un’occlusione si può verificare qualora gli stimoli siano troppo ravvicinati e ripetuti,
ovvero per effetto di anestetici o per anossia, in questo caso il riflesso può scomparire completamente.

RIFLESSI NEONATALI
Il neonato che si affaccia alla vita, nasce con un corredo di riflessi innati. Alcuni di questi riflessi rimarranno
per tutta la vita, mentre altri scompariranno dopo pochi mesi dalla nascita (riflessi neonatali)
Il sistema nervoso centrale è in qualche modo programmato, quindi capace di fare da guida e di organizzare
le acquisizioni che il bambino va maturando.

RIFLESSO DI MORO O RIFLESSO DELL’ABBRACCIO


Sollevando il bambino dal piano prendendolo sotto la schiena e rilasciandolo successivamente, quando lo si
tira per i piedi o si picchia sul cuscino dove è appoggiata la testa si scatena una risposta riflessa che si
distingue in due momenti: all’inizio si manifesta come una brusca estensione e abduzione delle braccia; in un
secondo momento il bambino allarga le dita a ventaglio e gli arti superiori descrivono un arco di cerchio
(tipico abbraccio) per ritornare poi allo stato di riflessione-adduzione, il riflesso scompare prima dei sei mesi.

RIFLESSO DI RADDRIZZAMENTO
Tenendo il neonato sostenuto verticalmente in modo da tenere le piante dei piedi poggiate su un piano,
manifesta un riflesso d’estensione e raddrizzamento delle gambe e del tronco.
Con un effetto “onda” dal basso all’alto che interessa la caviglia, il ginocchio, l’anca, il tronco ed infine la
testa, il riflesso scompare verso i due-tre mesi.

RIFLESSO DI PRENSIONE O GRASPING-REFLEX


Stimolando il palmo della mano del neonato con un dito o un oggetto allungato, si genera una reazione di
presa a pugno senza flessione del pollice, di una certa intensità si può giungere a sollevare il bambino dal
piano del letto per qualche istante.
Il riflesso scompare totalmente verso i nove-dieci mesi quando inizia la capacità di rilassamento volontario.
Già a tre-quattro mesi la semplice stimolazione della pelle non lo scatena più ed è necessaria una forte
pressione.

RIFLESSO DI SUZIONE
Lo sfioramento all’angolo della bocca, provoca la rotazione della testa in direzione della stimolata
(cercamento), in seguito le labbra e la lingua effettuano una reazione di avvicinamento allo stimolo; infine la
lingua si ritira, le labbra si chiudono e avviene la suzione. Queste reazione nell’insieme permettono al
bambino di alimentarsi.
La fase di cercamento scompare verso i tre-quattro mesi, mentre il riflesso di suzione scompare al 10-11
mese durante il sonno leggero.

RIFLESSO DI BABINSKY
Il bambino flette l’alluce mentre allarga le dita. L’esaminatore solletica delicatamente la pianta del piede del
bambino dalle dita verso il calcagno.
È un riflesso presente fisiologicamente alla nascita e durante il sonno paradosso.

RIFLESSI SPINALI
I segnalo sensitivi che giungono al midollo spinale, vi penetrano tramite le radici posteriori. L’impulso, a
questo punto, può essere trasmesso nell’ambito dello stesso lato e\o del lato opposto, oppure ancora si può
proiettare a livelli superiori o inferiori del nevrasse.
I riflessi spinali si possono distinguere sulla base del recettore da cui ha inizio il riflesso.
Si avranno quindi dei riflessi propriocettivi, se il recettore è di tipo tendineo o muscolare, e riflessi
esterocettivi, se si tratta di recettori prevalentemente di origine cutanea.

IL RIFLESSO MIOTATICO
Il riflesso miotatico o di stiramento, consiste in una contrazione muscolare che si verifica in conseguenza di
uno stiramento del muscolo. Se si percuote con il martelletto il tendine del quadricipite femorale a livello
patellare si causa uno stiramento del muscolo che determina la sua contrazione e quindi la classica estensione
della gamba (riflesso rotuleo).
Lo stiramento viene percepito da particolari recettori che si trovano nel contesto del muscolo, i fusi
neuromuscolari. L’impulso che si origina a questo livello viaggia verso il SNC mediante delle grosse fibre
(IA)
Le fibre IA si connettono nel midollo spinale, direttamente con il motoneurone, determinandone
l’eccitazione e quindi la trasmissione, attraverso le fibre A-alfa, dell’impulso motorio verso il muscolo che si
contrae, effettuando cosi l’azione riflessa.
Il riflesso miotatico rappresenta il più semplice riflesso che esiste nell’uomo, essendo infatti costituito da una
sola sinapsi centrale (riflesso monosinaptico).
Per tale caratteristica, e per l’elevato diametro delle fibre che lo costituiscono, il riflesso miotatico è anche il
più veloce fenomeno riflesso.

RIFLESSO MIOTATICO INVERSO


Anche questo riflesso ha origine da particolari recettori che si trovano nel muscolo, gli organi neuro-tendinei
di Golgi.
Questi recettori, situati alla giunzione muscolo-tendinea, sono disposti in serie rispetto alle fibre muscolari,
per cui recepiscono stiramenti del tendine e non del ventre muscolare.
Ne risulta, pertanto, che lo stimolo che attiva questi recettori è principalmente la tensione sviluppata dal
muscolo durante la contrazione.

IL RIFLESSO FLESSORIO
Si tratta di un importante riflesso che prende origine dai recettori del dolore e, prevalentemente, da quelli
situati a livello cutaneo, per cui è principalmente un riflesso esterocettivo.
L’insieme delle sue caratteristiche lo fa delineare come un riflesso difensivo.
L’impulso che proviene dai recettori dolorifici (nocicettori) raggiunge il midollo spinale attraverso piccole
fibre nervose dei gruppi III e IV di Lloyd.
È il tipico riflesso polisinaptico in quanto numerosi interneuroni sono interessati prima che l’impulso arrivi ai
motoneuroni.
La risposta efferente consiste nel contrarre tutti quei muscoli, come i flessori, che allontanano il punto
attivato dallo stimolo che, essendo dolorifico, è in grado di ledere i tessuti.

IL RIFLESSO H
Il riflesso H (riflesso di Hoffman) è una particolare metodica, praticabile sull’uomo, utile per indagare sulla
funzionalità delle strutture che costituiscono il riflesso miotatico.
Si attiva stimolando elettricamente dalla superficie cutanea, il nervo muscolare che, com’è noto, contiene sia
fibre sensitive che motorie.
Se, pertanto, si stimola un nervo muscolare e si registra l’attività elettrica del corrispondente muscolo
(elettromiogramma), si possono ottenere due risposte diverse: quella diretta, causata dall’eccitazione della
fibra motoria (risposta M), e quella riflessa, determinata dall’attivazione della fibra sensitiva (risposta H).
La comparsa dell’una o dell’altra risposta in rapporto all’intensità dello stimolo è l’effetto di una proprietà
generale delle fibre nervose.

ATTENZIONE
L’attenzione può essere definita come l’abilità a mantenere impegnata la propria coscienza in stimoli
salienti escludendo percezioni, pensieri e sentimenti irrilevanti.
William James, in una definizione del concetto di attenzione afferma che: “Tutti sanno cosa sia l’attenzione.
E’ la presa di possesso da parte della mente, in forma chiara e vivida, di uno tra quelli che sembrano essere
oggetti diversi o treni di pensiero simultaneamente presenti. La focalizzazione e la concentrazione della
coscienza ne rappresentano l’essenza. Ciò implica l’abbandono di alcune cose allo scopo di occuparsi più
efficacemente di altre. Quando il mondo esterno colpisce i sensi, il numero di oggetti o eventi a cui si può
prestare attenzione in un sol colpo è piccolo”.
Mesulam, fa osservare che l’attenzione non è un concetto unitario e include sia aspetti <positivi> come
l’orientamento, l’esplorazione, concentrazione e vigilanza, sia aspetti <negati>, come la distraibilità,
l’impersistenza, la confusione, l’eminattenzione spaziale.
Lo psicologo inglese Broadbent ha postulato nel 1958 la “teoria del filtro”, basata su:
- Due o più messaggi simultanei vengono inviati in parallelo ad un buffer-sensoriale: questa contiene le
informazioni per un breve periodo prima che esse vadano al sistema di elaborazione o scompaiano.
- L’ingresso è consentito attraverso un filtro selettivo sulla base delle caratteristiche fisiche del messaggio,
mentre gli altri entrano solo brevemente nel buffer per una successiva loro elaborazione.
- Questo filtro evita il sovraccarico del meccanismo di elaborazione di là del filtro, di elevata qualità
elaborativa ma di limitata capacità.
Condizioni che influenzano l’attenzione: AROUSAL.
Con il termine arousal Donald B. Lindsley ha indicato l’intensità dell’attivazione fisiologica che si verifica
nell’organismo che si accinge all’azione.
Nell’arousal l’attivazione riguarda:
1) Aumento della vigilanza (attivazione della desincronizzazione EEG)
2) Aumento dell’efficienza motoria (attivazione del sistema muscolo-scheletrico)
3) Aumento dell’efficienza cardio-respiratoria (attivazione del sistema vegetativo ortosimpatico).
Coscienza di base
Interruttore acceso. Tutto parte dal tronco encefalico.
Il tronco encefalico è la parte più inferiore del encefalo, strutturalmente continuo con il midollo spinale.
Il lavoro principale dei nuclei del tronco encefalico riguarda la regolazione omeostatica delle relazioni tra
corpo e cervello.
Sono fondamentali per il controllo del ciclo sonno-veglia e del dolore, attraverso i nuclei itralaminari (ILN)
del talamo, come anche degli apparati cardiovascolare, respiratorio e intestinale.
In ciascuno dei due talami, ognuno grande come un uovo, vi sono i nuclei intralaminari (ILN), che
ricevono input dal tronco encefalico. Piccole lesioni bilaterali dei ILN talamici spengono la coscienza per
sempre, benchè una lesione su di un solo lato non abbia medesimo effetto. Questo dipende dal fatto che
questi nuclei del talamo proiettano informazioni diffusamente a tutte le aree della corteccia celebrale,
che a loro volta inviano loro connessioni al talamo.
I nuclei intralaminari del talamo sono connessi, tra l’altro con la parte anteriore della corteccia del
cingolo. Sembrerebbe che tale area sia una centrale di integrazone fra coscienza estesa e coscienza di base.

Damasio afferma che pazienti con lesioni nella corteccia del cingolo possono presentare interruzioni sia
nella loro coscienza di base sia quella estesa, ma spesso possono recuperare quella estesa.
Una area del cervello sempre attivata insieme alla corteccia anteriore del cingolo è la corteccia prefrontale
dorsolaterale. La corteccia prefrontale dorsolaterale stabilisce connessioni con tutti i centri
precedentemente menzionati.

Esistono interazioni competitive tra le rappresentazioni sensoriali dei vari oggetti presenti nel campo visivo.
L’attenzione agisce sbilanciando (bias) la competizione a favore degli oggetti considerati rilevanti in quel
momento, a spese degli oggetti irrilevanti.
La competizione può essere sbilanciata a favore di un oggetto attraverso due tipi di meccanismi:
AUTOMATICI (bottom up) o VOLONTARI (top-down)
I meccanismi top-down sono processi cognitivi attraverso cui oggetti rilevanti sono selezionati
volontariamente dall’attenzione.
E’ stato formulato il concetto di TEMPLATE ATTENZIONALE, una rappresentazione dell’oggetto
rilevante che è presente nella Working Memory del soggetto e può essere usata per dare un vantaggio
competitivo a quegli oggetti che corrispondono a tale rappresentazione.

MECCANISMI RICERCA VISIVA


Se vengono presentati degli insiemi di stimoli semplici (distrattatori) che appaiono su di un monitor e tra essi
era presente a volte un item-bersaglio che richiedeva una rapida risposta motoria. Lo sperimentatore
manipolava l’item bersaglio in modo tale da far si che differisse dai distrattori o per un’unica caratteristica,
oppure in modo tale che il target e i distrattatori avessero più caratteristiche in comune.
1) CASO. Solo il colore era sufficiente ad individuare il target.
I bersagli balzavano agli occhi (pop-out), cioè risultavano evidenti non appena vedeva l’insieme degli
stimoli. Il tempo medio per rispondere non era influenzato dal numero di distrattori presenti nel display.
2) CASO: Il bersaglio è definito da una combinazione di caratteristiche condivise con i distrattori, gli item
sono esaminati uno per volta, la ricerca è di tipo convert.
La ricerca si comporta come una sorta di riflettore automatico che scandaglia la scena visiva con modalità
seriale, anche se rapida, al fine di analizzare la combinazione delle caratteristiche e confrontarla con quello
che definiscono il target.

Nello Stroop test viene presentata una lista di parole costituita da nomi di colori scritti in un colore
differente.
Al soggetto viene richiesto di rispondere a ciascuna parola denominando il colore con cui la parola è scritta
ignorando il significato della parola stessa [VERDE, ROSSO, NERO]..

Attenzione visiva
Quando guardiamo un oggetto, le informazioni provenienti dalla corteccia visiva primaria, vengono inviate
sia alla corteccia parietale posteriore (PPC) che a quella temporale inferiore(IT). Il compito della PPC è
quello di localizzare spazialmente l’oggetto (via dorsale o del where) mentre il compito della IT è quello di
identificarne la natura (via ventrale o del what)

Attenzione selettiva spaziale


Sistema attenzionale posteriore (PAS)
1) Il lobo parietale disancora l’attenzione da ciò che in quel momento la cattura
2) Il collicolo superiore sposta l’attenzione su di un nuovo target.
3) Il pulvinar avvia l’analisi delle caratteristiche del nuovo target.
Lesioni al lobo parietale inferiore destro provocano problemi a dirigere l’attenzione automatica su oggetti
o luoghi (spesso anche a parti del proprio corpo) che si trovano a sinistra. Neglect o eminegligenza spaziale.
Fenomeni associati: Anosognasia: inconsapevolezza o negazione di malattia.
Neglect motorio: tendenza a non usare gli arti di sinistra anche in assenza di plegia o paresi.
Il pittore tedesco Raderscheidt ebbe nel 1967 un ictus che interessò il lobo parietale destro. Da quel
momento iniziò a dipingere autoritratti nei quali l’emilato sinistro del suo volto era poco delineato.
Uno studio a Luzzari ha evidenziato neglect nelle immagini mentali quali ai pazienti veniva richiesta la
descrizione di un ambiente note, ne mancavano sistematicamente la descrizione del lobo sinistro rispetto al
punto di riferimento.
Modello di Mesulam
Secondo Mesulam la rappresentazione sia delle parti del nostro corpo che dello spazio extrapersonale
avviene nella corteccia parietale posteriore controlaterale. Le fibre callosali consentirebbero poi alle
informazioni giunte al lobo parietale sinistro di raggiungere anche quello destro. Ne consegue che, mentre il
lobo parientale sinistro è informato solo della metà destra del nostro corpo e del mondo, l’emisfero dentro
riceve informazioni sia ipsi che controlaterali.

A partire dal 1880, le misure del TEMPO DI REAZIONE sono state condotte al fine di stabilire le
relazioni temporali del cervello umano e del sistema nervoso. Tali studi hanno condotto ad un’ampia
gamma di ipotesi su quali fossero le strutture anatomiche e le funzioni fisiologiche coinvolte nei processi di
reazione. Tali studi hanno permesso di porsi delle domande e di cercare risposte su vari argomenti in merito
alla coscienza umana, al pensiero e all’azione.
TEMPO DI REAZIONE (TR) SEMPLICE
Quando ad uno stimolo sensoriale viene associata un’unica risposta motoria.
Un esempio classico è la partenza dei 100 metri dove gli atleti sanno che al colpo di pistola devono reagire in
un unico modo.
TEMPO DI REAZIONE (TR) COMPLESSO
O DI SCELTA
Quando le alternative stimolo-risposta sono più di una.
In questo caso il TR è la misura del tempo che un soggetto impiega per percepire ed identificare lo
stimolo, per scegliere e programmare la risposta giusta.
Queste considerazioni sono importanti nelle prestazioni sportive e negli sport di situazione , ove un atleta in
grado di possedere svariate possibilità di attacco può indurre il proprio avversario a rispondere in tempi
decisamente più lunghi rispetto al possesso di poche strategie.
Al contrario, un attacco che avviene sempre e solo nello stesso modo diventa prevedibile diminuendo i TR
nella difesa avversaria.
Nell’evoluzione della ricerca sull’attenzione (ad esempio, Mirsky, Anthony, Duncan, Ahearn, Kellam 1991;
Coul 1998; Van Zomeren, Brower 1994) si è riusciti ad identificare quattro sub-processi attentivi:
l’attenzione spaziale o orientamento dell’attenzione (orienting attention), l’attenzione selettiva (selective
attention), l’attenzione distribuita (divided attention) e l’attenzione mantenuta o concentrazione.
L’ATTENZIONE SPAZIALE – L’ORIENTAMENTO DELL’ATTENZIONE
Secondo Posner l’orientamento dell’attenzione facilita l’elaborazione di quelle informazioni che si
trovano nel focus attentivo, mentre diventa più difficile quella delle informazioni che ne sono fuori. Ha
osservato come si ottengono prestazioni migliori quando l’attenzione è diretta su un punto nel quale
appare lo stimolo atteso (cue) al quale il soggetto dell’esperimento deve reagire. Se si tiene conto di questi
risultati sembra plausibile che le istruzioni dell’allenatore producano lo stesso effetto e che il giocatore ne
ricavi un vantaggio attentivo in quelle situazioni di gioco che sono attese e uno svantaggio in quelle inattese.
L’ATTENZIONE SELETTIVA E SPORT
Abernethy afferma che nei giochi sportivi l’attenzione selettiva rappresenta un’arma a due tagli. Da un
lato la definisce un bene, in quanto permette ai giocatori di eliminare possibili fattori di distrazione e di
disturbo. Ma dall’altro la descrive come una maledizione per tutte quelle situazioni nelle quali si richiede
che il giocatore distribuisca simultaneamente la sua attenzione.
LA CECITÀ ATTENTIVA NELLO SPORT: PROVE SPERIMENTALI
I bambini di otto anni percepiscono oggetti inattesi in modo peggiore di adolescenti e adulti (Memmert
2006).
Ciò significa che proprio nell’allenamento dei principianti si deve dedicare una maggiore attenzione
alla focalizzazione dell’attenzione.
La capacità di percepire oggetti inattesi può essere appresa. Eventi inattesi come un compagno di
squadra libero rappresentano una regola in tutti gli sport.
Gli allenatori, generalmente, hanno due possibilità per influire sull’ampiezza dell’attenzione dei loro
giocatori.
• direttamente, con istruzioni
• indirettamente, pensando a forme di gioco o di esercitazione che provocano un ampio focus attentivo nei
giocatori.
Le istruzioni dirette a indirizzare l’attenzione: poco è meglio di tanto
L’obiettivo dell’allenamento, quindi, dovrebbe essere che l’allenatore, parallelamente a fornire le proprie
indicazioni di soluzione tattica delle azioni, attraverso la riduzione delle istruzioni offra ai giocatori anche la
possibilità di percepire e ricercare varianti di soluzione inattese e, possibilmente, migliori.

ACIDO LATTICO E FUNZIONI CELEBRALI


Storia del lattato Scheele fu il primo a scoprirlo.
L’acido lattico è un acido carbossilico e la sua formula chimica è C2H2O2.

Shuttle del lattato


Brooks, Magistretti e Pellerin hanno dimostrato che il tessuto nervoso, non solo riceve lattato dal sangue,
ma è anche in grado di produrlo a livello degli astrociti.
Una vola prodotto, il lattato lascia gli astrociti per andare nei neuroni, dove viene utilizzato come un utile
metabolita.
Il movimento del lattato attraverso le membrane cellulari è dovuto ad una famiglia di trasportatori detti
monocarboxylate transporters (MTC).
I risultati osservati consentono di concludere che, a prescindere da una riduzione di flusso locale causata
dall’esercizio fisico, l’aumento di lattacidemia è per se in grado di alterare sia la selettività che l’intensità dei
meccanismi attenzionali.
Gli astrociti producono lattato, escono ed entrano nel nucleo.
Test attenzionali 1) reaction time(premere tasto quando appare il simbolo stella).
2)prove attenzione divisa (premere tasto invia quando sentite suono) prendere su stimolo target diversi.
Vengono analizzati –errori –ammissioni –durata.
L’esercizio fisico esaustivo rimbambisce la nutrizione della corteccia frontale e mantiene attiva la corteccia
motrice.

MENINGI E SISTEMA VENTRICOLARE


Il sistema nervoso centrale è rivestito da membrane che svolgono funzioni protettive, le meningi.
Ci sono tre tipi di meningi: la pia madre la più interna, aracnoide e dura madre la più esterna.
La pia madre è una membrana molto sottile, anche l’aracnoide è molto sottile, simile ad una òtela di ragno
che è in contatto con la parte interna della dura madre, in prossimità dell’osso..
Tra pia madre e aracnoide esiste uno spazio, spazio subaracnoideo, contenente liquido cerebrospinale. In
questo spazio vi sono delle trabecole connettivali che acorano il tessuto nervoso alle strutture ossee.
La dura madre è una membrana spessa e robusta, essa forma alcune pliche con la scatola cranica per
sostenere e separare strutture nervose diverse.
La dura madre è una membrana molto vascolarizzata, nel suo spessore, infatti, sono contenuti seni venosi.
L’aracnoide attraversa in alcuni punti la dura madre formando dei granulazioni chiamate villi aracnoidei,
ovvero espansioni di spazio che sono fondamentali per il riassorbimento del liquor nel circolo ematico.

SISTEMA VENTRICOLARE
All’interno del SNC sono presenti una serie di cavità in comunicazione tra loro, queste formano il sistema
ventricolare:
- Canale ependimale: si estende per tutta la lunghezza del midollo spinale e si prolunga anche nelle
porzioni inferiori del bulbo, è circondato da sostanza grigia.
- IV ventricolo: si colloca tra la parete dorsale del ponte e della porzione superiore del bulbo e
superficie ventrale del cervelletto. Si continua nel canale ependimale e si apre nell’acquedotto
cerebrale
- Acquedotto cerebrale: stretto canale che attraversa la parte posteriore del mesencefalo mettendo in
comunicazione IV e III VENTRICOLO
- III ventricolo: fessura che si trova tra i due talami, comunica con il IV ventricolo grazie
all’acquedotto cerebrale e anteriormente con i ventricoli laterali mediate i forami interventricolari
- Ventricoli laterali: situate nella porzione inferiore e mediale di ciascun emisfero: ogni ventricolo è
costituito da una parte centrale e da tre prolungamenti, il primo si estende anteriormente corpo
anteriore, il secondo arriva nel lobo temporale corpo inferiore, l’ultimo raggiunge il lobo occipitale
corpo posteriore.

La superficie delle cavità ventricolari è rivestita da un epitelio modificato, ependima. Il sistema ventricolare
entra in contatto con lo spazio subaracnoideo tramite il forame centrale; il sistema ventricolare e lo spazio
subaracnoideo sono riempiti da liquido cerebrospinale, che è prodotto dai vasi ematici dei plessi corioidei.
Il liquido cerebrospinale fluisce dai ventricoli laterali al III ventricolo, attraverso i forami laterali e centrali.
Il liquido cerebrospinale.
Questo liquido rappresenta un’importante protezione meccanica per il tessuto nervoso, infatti esso subisce
una riduzione apparente del suo peso, in questo modo si evita di arrecare danni ad un tessuto molto delicato e
di scarsa consistenza come quello nervoso a seguito di urti o a traumi banali.
STRATIFICAZIONE CORTECCIA CEREBRALE
Come corteccia cerebrale si intende lo strato esterno del cervello in esseri umani e mammiferi. Svolge un
ruolo chiave per quanto riguarda la memoria, l’attenzione, la percezione, la consapevolezza, il pensiero, il
linguaggio, e la coscienza. Spessa dai 2 ai 4 mm si divide in due emisferi divisi sul piano sagittale.

Nell’uomo e nei grandi mammiferi la superficie della corteccia cerebrale è ripiegato per poter essere
contenuta dentro il cranio; ben due terzi sono sepolti dentro questo i solchi, nome con il quale è chiamata la
fessura che si viene a creare all’interno delle pieghe (giri). Formata da materia grigia, è composta da corpi
cellulari e capillari. La neocorteccia è divisa in sei strati orizzontali; l’ippocampo ne ha 3. I neuroni dei vari
strati sono collegati verticalmente tra loro formando delle colonne corticali.
La corteccia se pur molto simile, è formata da sei strati. Parti più antiche, parti più giovani, e la
parte giovanissima è la corteccia frontale, che è quella che ci differenzia dagli animali.
All’interno della nostra corteccia i vari strati non si presentano in modo uniforme, ci sono strati più
spessi. Quindi ci sono zone istologicamente diverse, quindi con strutture anatomiche diverse.
Nei vari lobi, andiamo a trovare la possibilità dio strutture differenti; nella neocorteccia (lobo
frontale) i sei strati sono tutti riconoscibili, diverso invece negli altri lobi. Ad esempio nel lobo
temporale non sono presenti tutti e sei gli strati.
Nella corteccia celebrale sono presenti due tipi fondamentali di cellule:
- cellule dei granuli (a stella)
- cellule piramidali.

I sei strati sono:


- I strato troviamo parte delle parti finali delle fibre piramidali e le porzioni terminale degli
assoni che proiettano alla corteccia provenienti dai nuclei intralaminari dal talamo.
- II strato piccole cellule piramidali e cellule stellate.
- III strato medie cellule piramidali e cellule stellate (II e III si somigliano, la differenza
oggettiva è data dalla grandezza delle cellule piramidali)
- IV strato cellule stellate, anch’essa ricevono informazioni che ricevono da parte del talamo.
Le cellule stellate sono particolarmente numerose nella corteccia somatsensitiva primaria,
visiva primaria e uditiva primaria, quindi le percezioni primarie  il timbro, il tono della
voce, quindi sono quelle che con il nostro lavoro entreranno in gioco. Questo strato agisce
quasi sempre nella nostra vita di relazione.
- V strato grandi cellule piramidali che proiettano allo striato, al tronco dell’encefalo e al
midollo spinale.
- VI strato oltre ad avere cellule fusiforme,  contiene grandi e piccoli neuroni piramidali e
neuroni multiformi. Da qui partono fibre efferenti verso il talamo che danno quindi l’input
alla colonna corticale.
La corteccia cerebrale si sviluppa dalla parte più anteriore del piatto neurale. Questa si piega e si
chiude formando il tubo neurale all’interno del quale si sviluppa il sistema ventricolare. La prima
neuralizzazione parte dal prosencefalo dove i neuroni corticali sono generati nella zona ventricolare;
essi sono distinti in due famiglie: piramidali e non piramidali.

I piramidali costituiscono 3/4 dei neuroni corticali e sono localizzati negli strati II-II e V-VI ,i
terminali dei neuroni pioramidali dormano sinapsi assimetriche e utilizzano il glutamato come
neurotrasmettitore, esercitando un'azione eccitatoria sugli elementi postsinaptici. I neuroni non
piramidali formano sinapsi simmetriche e liberano GABA come neurotrasmettitore esercitando la
funzione inibitoria.

Qui cellule progenitrici si dividono creando gliali e neuroni. Le prime scissioni sono simmetriche ed
il loro numero si raddoppia ad ogni ciclo mitotico. Dopo le cellule progenitrici iniziano a dividersi
asimmetricamente producendo una cellula postmitotica che migra lungo le fibre gliali radiali
lasciando la zona ventricolare. I neuroni appena nati migrano verso gli strati più superficiali della
corteccia e diventano cellule piramidali. A loro volta questi si spostano nella zona subventricolare e
danno origine a nuove cellule nervose. 

La corteccia cerebrale si sviluppa dalla parte più anteriore del piatto neurale. Questa si piega e si chiude
formando il tubo neurale all’interno del quale si sviluppa il sistema ventricolare. La prima neuralizzazione
parte dal prosencefalo dove i neuroni corticali sono generati nella zona ventricolare; essi sono distinti in due
famiglie: piramidali e non piramidali.
I piramidali costituiscono 3/4 dei neuroni corticali e sono localizzati negli strati II-II e V-VI ,i terminali dei
neuroni pioramidali dormano sinapsi assimetriche e utilizzano il glutamato come neurotrasmettitore,
esercitando un'azione eccitatoria sugli elementi postsinaptici. I neuroni non piramidali formano sinapsi
simmetriche e liberano GABA come neurotrasmettitore esercitando la funzione inibitoria.
Qui cellule progenitrici si dividono creando gliali e neuroni. Le prime scissioni sono simmetriche ed il loro
numero si raddoppia ad ogni ciclo mitotico. Dopo le cellule progenitrici iniziano a dividersi
asimmetricamente producendo una cellula postmitotica che migra lungo le fibre gliali radiali lasciando la
zona ventricolare. I neuroni appena nati migrano verso gli strati più superficiali della corteccia e diventano
cellule piramidali. A loro volta questi si spostano nella zona subventricolare e danno origine a nuove cellule
nervose. 

Le aree corticali della quale si compone sono 3. Sensoriale, motoria e di associazione.


 Area sensoriale. In questa zona si eleborano le informazioni relative ai sensi. Le parti della corteccia
che ricevono input sensoriali dal talamo sono dette aree sensoriali primarie. I due emisferi ricevono
queste informazioni dal lato opposto del corpo (es lato destro del corpo riceve input dalla parte
sinistra del cervello).
 Area motoria. Si trova in entrambi gli emisferi della corteccia. La loro forma ricorda quella di un
paio di cuffie e va da un orecchio all’altro. Anche qui l’area destra del cervello comanda la parte
sinistra del corpo e viceversa. Si distingue in Corteccia motoria (che esegue movimenti volontari) e
aree supplementari motorie e corteccia premotoria (che seleziona i movimenti volontari). Ci sono poi
la corteccia parietale (che guida i movimenti volontari nello spazio) e corteccia dorsolaterale
prefrontale (che decide quali movimenti fare in base ad istruzioni di grado superiore). Anche i gangli
della base, masse subcorticali della materia grigia, sono coinvolti nel controllo motorio.
 Area di associazione. Serve a creare un’esperienza percettiva del mondo, permettendo
un’associazione tra pensiero astratto e lingua. 
TELENCEFALO
Il telencefalo è posizionato all'interno della scatola cranica ed è separato dal tessuto osseo soltanto per
l'interposizione di tre sottili strati meningei (dura madre, aracnoide, pia madre) e, occasionalmente, di
piccole cisterne subaracnoidali ripiene di liquor. La superficie superiore, o dorsale, del telencefalo è
convessa e si adatta sulla superficie interna concava delle ossa craniche, mentre la sua superficie inferiore,
o ventrale, è invece pianeggiante.

Il telencefalo è composto di due emisferi che sono separati fra loro da una grande scissura interemisferica,
nella quale si va a posizionare la grande falce cerebrale, un sepimento sagittale di dura madre. Ognuno dei
due emisferi presenta tre facce (mediale, laterale, inferiore) e tre margini arrotondati (superiore,
inferomediale, inferolaterale).
La faccia mediale di ciascun emisfero è verticale e pianeggiante, e guarda verso la faccia corrispondente
dell'emisfero controlaterale, da cui è separata per l'interposizione della grande falce cerebrale. In
corrispondenza del margine inferomediale, le due facce mediali si mettono in continuità mediante una
formazione commessurale, il corpo calloso.
La faccia laterale degli emisferi è modellata sulla superficie concava delle ossa del cranio, e pertanto assume
un aspetto convesso. La faccia inferiore di ogni emisfero si adagia sulle ossa della base cranica ed è divisa
dalla scissura laterale in due porzioni:
 la porzione anteriore, frontale, è di dimensioni inferiori a quella posteriore e si appoggia sulle cavità
orbitarie scavate nell'osso frontale;
 la porzione posteriore, temporooccipitale, è notevolmente estesa e prende rapporti con le ossa che
compongono la base cranica e, nella sua regione più posteriore, con un sepimento meningeo a
disposizione orizzontale, il tentorio del cervelletto, che separa il polo occipitale degli emisferi
telencefalici dal cervelletto stesso.

L e scissure che segnano il confine tra i vari lobi sono principalmente cinque [4], e cioè:
 scissura centrale (di Rolando)  Essa divide il lobo frontale, anteriore, dal lobo parietale,
posteriore.
 scissura laterale (di Silvio) separa il lobo frontale in avanti e il lobo parietale indietro dal lobo
temporale, che viene a trovarsi in posizione inferiore rispetto alla scissura stessa
 scissura parietoccipitale  delimitao un confine tra il lobo parietale, anteriormente, e il lobo
occipitale, posteriormente
 scissura calcarina
 scissura limbica.

 lobi in cui è suddivisa la corteccia telencefalica sono sei [5]:


La suddivisione in lobi della corteccia telencefalica
 lobo frontale
 lobo parietale
 lobo temporale
 lobo occipitale
 lobo limbico
 lobo dell'insula
Questi lobi hanno un'estensione approssimativamente uguale su entrambi gli emisferi telencefalici: talvolta,
tuttavia, essi possono presentare particolari circonvoluzioni su un solo emisfero e non sull'altro. Questa
caratteristica rende ragione del concetto di dominanza emisferica, ovvero di quel principio che assegna a un
solo emisfero (generalmente il sinistro, anche se il 30% della popolazione sembra non presentare differenze
sostanziali tra i due emisferi) alcune tra le più importanti funzioni della vita di relazione, come il linguaggio.

La sostanza bianca[9] del telencefalo costituisce lo strato interposto fra il pallium e i nuclei della base: in una
sezione condotta al di sopra del corpo calloso essa si presenta molto espansa e costituisce pertanto il
cosiddetto centro semiovale. Questo è composto di diversi tipi di fibre, ossia:
 fibre di proiezione, che si distinguono a loro volta in:
 corticifughe (cioè originate da neuroni della corteccia e dirette a centri sottocorticali)
 corticipete (cioè a provenienza prevalentemente talamica, ottica e acustica e dirette verso
neuroni corticali)
 fibre di associazione, che si distinguono a loro volta in:
 interemisferiche (cioè che collegano territori omologhi dei due emisferi), prevalentemente
dirette o provenienti dal corpo calloso
 intraemisferiche (cioè che collegano circonvoluzioni più o meno distanti dello stesso
emisfero), denominate anche fibre arcuate.

Sezione frontale dell'encefalo che mostra l'organizzazione della sostanza bianca attorno alle formazioni
grigie sottocorticali (immagine di Patrick J. Lynch)
Più in profondità rispetto al centro semiovale, la sostanza bianca si organizza ad avvolgere con lamine
i nuclei della base e i nuclei del talamo, formando tre capsule: la capsula interna, la capsula esterna e
la capsula estrema.
La capsula interna è una formazione bianca laminare interposta fra:
 medialmente, il talamo e il nucleo caudato
 lateralmente, il nucleo lenticolare.
La maggior parte della capsula interna è costituita da fibre corticipete di provenienza talamica, mentre solo
nella porzione più ventrale decorrono fibre corticifughe dirette al tronco encefalico e al midollo spinale. In
una sezione orizzontale passante circa a livello dei tubercoli quadrigemelli superiori, si distinguono nella
capsula interna un braccio posteriore, un ginocchio e un braccio anteriore, in cui decorrono le seguenti fibre:
 braccio posteriore: fibre cortico-spinali (per il midollo spinale), talamo-corticali (radiazione talamica
superiore), in parte anche fibre cortico-tettali (per la lamina quadrigemina), cortico-rubre (per
il nucleo rosso) e cortico-reticolari (per la formazione reticolare)
 ginocchio: fibre cortico-nucleari per i nuclei somatomotori dei nervi encefalici, fibre cortico-
reticolari
 braccio anteriore: fibre talamo-corticali (radiazione talamica anteriore), fibre cortico-pontine (per
il ponte, fibre cortico-ipotalamiche (per l'ipotalamo)
La capsula esterna è una lamina sottile interposta fra:
 medialmente, la faccia laterale del putamen
 lateralmente, il claustro.
Essa è attraversata principalmente da fibre cortico-tegmentali, dirette cioè verso il mesencefalo.
La capsula estrema, molto esile, è interposta fra:
 medialmente, il claustro
 lateralmente, la corteccia del lobo dell'insula.
Le fibre che la compongono sono per la maggior parte di associazione tra i lobi insulare, parietale e
temporale.

DIENCEFALO
Il diencefalo è quasi interamente inglobato all’interno degli emisferi cerebrali, ciò che è visibile di esso
consiste in una piccola porzione della faccia inferiore del cervello e comprende dall’indietro all’avanti i
corpi mammillari, il tuber cinereum con l’ipofisi, il chiasma ottico.
Il diencefalo è costituito dal talamo, ipotalamo e dal pallido.
Il talamo, con la sua parete mediale, forma la parete laterale del III ventricolo, l’ipotalamo forma
anche il pavimento del III ventricolo.
L’ipotalamo è una struttura fondamentale per la sopravvivenza, ridotte dimensioni, esso pesa infatti
soltanto 4 gr. Dal punto di vista citologico, l’ipotalamo presenta due varietà diverse di neuroni
- Neuroni magnocellulari: grandi, emettono un fascio che raggiunge il lobo posteriore dell’ipofisi.
Sono concentrati prevalentemente nei nuclei sopraottico e paraventricolare della zona intermedia
anteriore e centrale.
L’ipofisi, o ghiandola pituitaria, è una piccola ghiandola posta alla base del cervello, sotto l’ipotalamo,
che risulta costituita da una parte anteriore (più grande) detta adenoipofisi e da una parte posteriore (più
piccola) detta neuroipofisi.
L’adenoipofisi è una ghiandola indipendente dell’ipotalamo, la quale è connessa solo da vasi
sanguigni (circolo portale ipotalamo-ipofisario) che trasportano ormoni ipotalamici dall’ipotalamo
all’ipofisi.
La neuroipofisi è invece costituita dagli assoni di neuroni che si trovano nell’ipotalamo, nei nuclei
sovraottico e paraventricolare.
L’ipofisi anteriore o Adenoipofisi produce 7 diversi ormoni:
1) Ormone della crescita o somatotropo
2) Ormone adrenocortico-tropo
3) Ormone tireotropo
4) Ormone follicolo-stimolante
5) Ormone luteinizzante
6) La prolattina
7) Ormone melanocito-stimolante.

1) L’ormone della crescita (GH) è una lunga catena polipeptidica di 198 aa che ha due azioni
principali:
- Stimola il fegato a produrre un ormone proteico, la somatomedina 1(IGF-1) Che, a sua volta, ha il
compito di stimolare la crescita di quasi tutti i tessuti e in particolare dell’osso.
- Riduce la presenza di grassi di deposito nelle cellule del tessuto adiposo (effetto lipolitico).
Alla nascita, una carenza di GH provoca il NANISMO ARMONICO, mentre un suo eccesso provoca
il GIGANTISMO.
Il più famoso nano ipofisario è stato il “Generale Tom Thumb” che, quando si esibiva nel Circo di P.T
Barnum raggiunse la massima altezza di 91 cm.
L’uomo più alto del quale è stata verificata con esattezza l’altezza è stato Rober P. Wadlow che
quando morì, a soli 22 anni, aveva un’altezza di 2,72 m.
L’uomo più alto mai vissuto sarebbe quello con il femore di 120 cm (manca però un test del DNA che
ne dimostri l’origine umana) ritrovato in Turchia nel 1950, che doveva avere un’altezza vicino ai 3,50
m.
L’ormone della crescita viene secreto in modo pulsatile, con una periodicità di circa 3 ore, con picchi
associati all’assunzione dei pasti e all’attività fisica. Il 70 % della produzione del GH avviene nel sonno
notturno. L’attività fisica determina una secrezione del GH, inversamente correlata al grado di
allenamento, in relazione con la soglia anaerobica. Poiché come ormone anabolizzante è potente quanto
il testosterone, il GH viene adoperato per stimolare la sintesi proteica. I più temibili effetti avversi
collegati ad una abnorme somministrazione di GH sono: iperglicemia, cardiomegalia con
cardiomiopatia, cardiopatia ischemica, sindrome del tunnel carpale, acromegalia, visceromegalia,
poliposi intestinale, patologia nodulare tiroidea, possibile induzione neoplastica soprattutto a livello del
colon, ipertensione arteriosa, ipertricosi, dislipidemia.
L’ACTH o ormone Adreno-corticotropo (o corticotropina) è ormone proteico prodotto da cellule
dell’ipofisi anteriore (adenoipofisi). È sintetizzato a partire da una proteina precursore, la pro-
opiomelanocortina, per distacco di una parte degli amminoacidi costituenti. L’ACTH è prodotto in
modo non continuo ma intermittente, secondo un andamento proprio dipendente dal ritmo sonno-veglia
delle 24 ore (ritmo circadiano): la concentrazione plasmatica di ACTH è massima nelle prime ore del
mattino (ore 8) e minima alle 24.
L’ACTH stimola principalmente la secrezione di ormoni glucocorticoidi (in particolare di cortisolo)
dalla corteccia surrenale e, in misura minore, quella di aldosterone; a sua volta la produzione di ACTH
è controllata in feed back negativo dallo stesso cortisolo e dal CRF prodotto a livello ipotalamico. Gli
stress gravi, l’ipoglicemia, gli interventi chirurgici, i traumi fisici e psichici stimolano la secrezione di
ACTH in quanto l’organismo necessita, in tali condizioni, di elevate concentrazioni di cortisolo.
L’ormone tireostimolante o TSH è una glicoproteina prodotta dall’ipofisi che regola l’attività della
tiroide, favorendo la produzione degli ormoni tiroidei, T3 e T4.
La produzione ipofisaria di TSH è regolata dall’ipotalamo attraverso la liberazione di due ormoni, il
TRH, che stimola la produzione di TSH e la somatostatina che invece la inibisce. La produzione
ipofisaria di TSH è regolata, inoltre in feed-back negativo dalle quantità circolanti degli ormoni
tiroidei, T3 e T4.

L’ormone follicolo-stimolante (FSH) e l’ormone luteinizzante (LH) sono ormoni ipofisari di natura
glicoproteica che controllano, sia nel maschio che nella femmina, il funzionamento delle gonadi e,
per questo motivo sono chiamati gonadotropine. La produzione ipofisaria di FSH e LH è regolata dalla
produzione ipotalamica dell’ormone GnRH.
Sotto l’azione delle gonadotropine, le gonadi producono sia gameti (nel maschio spermatozoi nella
femmina ovociti) che ormoni sessuali (nel maschio androgeni nella femmina estrogeni).
Questi ormoni, andando in circolo, regolano in feedback negativo la produzione di gonado-tropine.
La prolattina (PL) è un ormone proteico, prodotto dall’ipofisi anteriore, che nella donna, dà inizio e
mantiene la produzione di latte dopo il parto. È presente in piccole quantità anche nell’uomo.
La produzione ipofisaria di prolattina è bloccata dalla produzione ipotalamica di un particolare
neurotrasmettitore, la dopamina, mentre è favorita dagli ormoni estrogeni.
La produzione ipofisaria di prolattina è stimolata, durante l’allattamento, dallo stimolo esercitato dalla
suzione della bocca del bambino sul capezzolo della madre (riflesso neuro-umorale).

L’ormone melanocito-stimolante (MSH) è un polipeptide secreto dall’adenoipofisi, a partire da una


proteina precursore, la proopiomelanocortina (POMC), per distacco di una parte degli aminoacidi
costituenti. Da questa frammentazione, oltre all’MSH, si produce anche ACTH.
Stimola nella pelle alcune cellule, i melanociti, a produrre un pigmento scuro (la melanina) che si
deposita nelle normali cellule dell’epidermide (i cheratinociti), rendendo in questo modo la superficie
cutanea più scura.
I melanociti, oltre che dall’MSH, sono stimolati anche dai raggi ultravioletti presenti nella luce solare
(abbronzatura).

LA NEUROIPOFISI
Il lobo posteriore dell’ipofisi o neuroipofisi, più che una ghiandola vera e propria, è un’appendice
secretoria di due nuclei ipotalamici, nei quali avviene la sintesi degli ormoni, il nucleo sovraottico e il
nucleo paraventricolare, da cui riceve le fibre nervose che la costituiscono.
Il SURRENE o ghiandola surrenale è un organo endocrino pari (ossia rappresentato da una coppia di
organi distinti) posto al di sopra del rene.
La ghiandola è costituita da due parti distinte: la più esterna è quella corticale, di colore giallastro
(corteccia surrenale), la più interna è quella midollare, di colore bruno-nerastro (midollare del
surrene). Queste due parti producono ormoni differenti.
LA GONADE MASCHILE
La gonade maschile si trova all’interno del testicolo che include, oltre alla gonade (didimo),
l’epididimo. All’interno delle gonadi vengono prodotti gli spermatozoi, cioè i gameti maschili, ma è
durante il passaggio nel canale dell’epididimo, che dura circa 12 giorni, che ha luogo la “capacitazione”
degli spermatozoi, ovvero la creazione della loro capacità di fecondare l’ovocita, cioè il gamete
femminile.
La gonade maschile, oltre ai gameti, produce anche gli ormoni sessuali maschili (androgeni) il più
potente dei quali è il testosterone.
Il testosterone viene prodotto a partire dal progesterone che, a sua volta deriva dal colesterolo.
Il testosterone nel maschio si trasforma, ad opera dell’enzima 5-alfa-reduttasi, nella sua forma attiva,
il di-idrotestosterone.
Lo stesso ormone nella donna si trasforma in estradiolo, il tipico ormone femminile, ad opera
dell’enzima aromatasi.
La secrezione di testosterone presenta sia una variazione circadiana, che una variazione stagionale.
La produzione di testosterone si riduce progressivamente nel corso della vita di un uomo normale, e
quando la sua concentrazione plasmatica scende al di sotto di 18 mmo(?) si parla di “andropausa”.

LA GONADE FEMMINILE
L’ovaia (o ovaio) è la gonade femminile, consistente in una ghiandola pari, simmetrica, situata a fianco
dell’utero. L’ovaia produce sia gameti femminili, gli ovociti, che gli ormoni sessuali femminili.
Questi sono di due tipi: l’ormone follicolare (estradiolo) e l’ormone del corpo luteo (progesterone).
L’estradiolo è il responsabile dello sviluppo dei genitali femminili, della comparsa dei caratteri
femminili secondari e delle modificazioni cicliche che culminano nelle mestruazioni.
Il progesterone ha il compito di preparare e mantenere tutte le modificazioni dell’apparato genitale
femminile e delle ghiandole mammarie inerenti alla gravidanza.
CICLO OVARICO
Il ciclo ovarico è rappresentato dall’insieme delle attività biologiche cicliche che culminano con
l’ovulazione. L’ipofisi secerne l’ormone FSH che facilita la creazione di un follicolo (struttura formata
da molte cellule che circonda l’ovocita, proteggendolo e nutrendolo). Quando la maturazione è
completata, il follicolo si rompe e l’ovocita maturo viene rilasciato verso l’utero. Il follicolo rotto si
trasforma in corpo luteo che, con la secrezione di progesterone stimolata dall’ormone ipofisario LH,
promuove tutte le modificazioni della mucosa uterina tali da renderla adatta ad accogliere il prodotto del
concepimento e inibisce la secrezione ipofisaria di ormone FSH.
Se la fecondazione non ha luogo, il corpo luteo regredisce (corpo albicante), cessa la sua stimolazione
sull’utero, con conseguente sfaldamento dell’endometrio e flusso mestruale.
Il ciclo ovarico dura mediamente 28 giorni che si contano a partire dal 1* giorno di mestruazione.
Nella fase iniziale si osserva una produzione crescente di estrogeni (E2) e, verso il 14* giorno si
osserva un picco di FSH e LH che portano all’ovulazione.
Dopo lo scoppio del follicolo si osserva una diminuzione di E2 e un aumento in circolo di
progesterone. Se non si verifica una gravidanza, verso il 21* giorno il progesterone comincia a
diminuire e, il 28* giorno si verificherà il flusso mestruale.
LA MENOPAUSA
SI tratta dell’evento fisiologico che segna nella donna il termine dell’età fertile, cioè il venir meno
della produzione di ovociti ed estrogeni.
È giusto precisare che la menopausa in sé non è una malattia, ma rappresenta un momento fisiologico
che nella donna segna il termine dell’attività riproduttiva.
Inizialmente la menopausa comporta sintomi fastidiosi, ma innocui, come vampate di calore,
ipersudorazione, palpitazioni, arrossamento del viso, senso di affaticamento, alterazioni dell’umore,
insonnia, secchezza della mucosa vaginale. Poi si instaura una tendenza ad aumentare di peso e a una
demineralizzazione dello scheletro (osteoporosi).
L’attività fisica, consumando le calorie in eccesso, coopera a controllare il peso corporeo. Inoltre,
contrasta la perdita di massa ossea, prevenendo così il rischio di osteoporosi.
LA TRIADE DELL’ATLETA.
Nelle atlete professioniste che praticano sport aerobici (maratona, ginnastica artistica, ciclismo, sci di
fondo, nuoto di fondo, ecc) compare frequentemente una caratteristica sintomatologia caratterizzata da:
1) Amenorrea
2) Osteopenia
3) Calo ponderale
Questa sintomatologia è riconducibile ad una progressiva riduzione nella produzione ovarica di
estrogeni.
In queste atlete professioniste si è rilevata una significativa diminuzione in circolo dell’ormone
leptina, una molecola proteica prodotta dalle cellule del tessuto adiposo. La sua concentrazione nel
sangue fornisce al nucleo arcuato dell’ipotalamo una precisa informazione sulla massa adiposa e, quindi,
sulle riserve di energia. Sulla base di queste informazioni l’ipotalamo regola l’appetito e il metabolismo.
TRONCO DELL’ENCEFALO
TRONCO DELL’ENCEFALO

Situato tra l’encefalo ed il midollo spinale contiene: mesencefalo, ponte e midollo allungato (bulbo).
Superficie ventrale del bulbo si apprezzano: le piramidi bulbari sono formate da fibre di fasci corticospinali
che dalla corteccia cerebrale si dirigono al midollo spinale.
I peduncoli cerebellari superiori, medi ed inferiori sono fasci di fibre nervose che uniscono il cervelletto
al tronco encefalico.
Dal tronco dell’encefalo emergono la maggior parte dei nervi cranici, che connettono le strutture nervose
del tronco dell’encefalo alla periferia corporea.
Superficie dorsale del tronco: è ricoperta dal cervelletto da cui è separato dal IV ventricolo (uno spazio
ripieno di liquido cerebrospinale).
La parte più profonda del tronco encefalico è occupata, per tutta la sua estensione, dalla formazione
reticolare. Cioè una rete diffusa di neuroni dotati di prolungamenti molto ramificati e riccamente
interconnessi con altre regioni del SNC. In alcuni punti i neuroni si raccolgono e formano ammassi nucleari
ben definiti.
I neuroni della formazione reticolare svolgono varie funzioni:
- Partecipano, mediante le fibre reticolospinali, al controllo del tono dei muscoli scheletrici,
facilitando la deambulazione;
- Esercitano azione modulatoria sulla sensibilità dolorifica;
- Controllano numerose funzioni vegetative (respirazione, pressione arteriosa, frequenza cardiaca);
- Favoriscono il mantenimento della vigilanza e modulano il livello di attività della corteccia
cerebrale;
TRONCO ENCEFALICO: contiene centri importanti per:
- Controllo delle funzioni viscerali
- Centri implicati nel controllo della postura
- Dei movimenti finalizzati degli arti
- Dei movimenti degli occhi e del capo.
Insieme ai sovrastanti centri ipotalamici (che fanno parte del diencefalo) opera per il mantenimento
dell’omeostasi corporea (cioè la capacità di mantenere costanti le condizioni chimico-fisiche interne anche al
variare delle condizioni ambientali esterne).
IL MESENCEFALO visto in una sezione trasversale può essere suddiviso in:
- PEDUNCOLI CEREBRALI (Porzione anteriore)
- TETTO DEL MESENCEFALO (porzione posteriore).
 Struttura di collegamento tra rombencefalo e telencefalo
 Sostanza nera fa parte insieme ai gangli della base di un sistema preposto al controllo motorio.
 Dietro la sostanza nera, presenza le porzioni terminali dei nuclei presenti nel midollo allungato e nel
ponte (formazione reticolare e lemnisco mediale)
 Nucleo rosso: vie motorie per il controllo motorio fine (da cui origina il fascio rubrospinale)
 Acquedotto di Silvio o acquedotto cerebrale: una sottile cavità ripiena di liquido cerebrospinale
che attraversa tutto il mesencefalo. Fa parte dei ventricoli cerebrali e collega il III ventricolo al IV
ventricolo situato tra la superficie posteriore del tronco e del cervelletto.
 Sostanza grigia periacqueduttale: si trova intorno all’acquedotto cerebrale, è un complesso di
nuclei implicati nei meccanismi di controllo del dolore e delle modificazioni viscerali che
accompagnano la risposta a stimoli ambientali.
 I nuclei dei nervi cranici III e IV.
I COLLICOLI SUPERIORI raccolgono informazioni visive e partecipano al controllo dei movimenti
oculari e del corpo in risposta agli stimoli visivi
I COLLICOLI INFERIORI ricevono informazioni uditive e coordinano i movimenti del capo e del corpo
in risposta a stimoli sonori.
Il mesencefalo è connesso al cervelletto mediante il peduncolo cerebellare superiore.
Nuclei del GRACILE e del CUNEATO:
Le fibre dei DUE LEMNISCHI MEDIALI che si dirigono rostralmente trasportando informazioni relative
alla sensibilità tattile e propriocettiva fino al talamo.
Poco dopo la loro origine, i lemnischi mediali dei due lati incrociano la linea mediana e proseguono il loro
decorso nella metà controlaterale del tronco.

NUCLEO DEL TRATTO SOLITARIO: riceve informazioni sensoriali dai visceri e le ritrasmette ad altri
nuclei del tronco dell’encefalo e all’ipotalamo.
FASCI CORTICOSPINALI: che decorrono nelle piramidi bulbari.
Nel bulbo sono contenuti i nuclei dei nervi cranici: IX, X, XI, XII e la porzione bulbare della formazione
reticolare (la quale comprende centri molto importanti per il controllo cardiovascolare e respiratorio).
PIEDE DEL PONTE: contiene numerosi nuclei di sostanza grigia, fra cui i:
- NUCLEI PONTINI: separati dalle fibre dei fasci corticospinale e corticopontini.
Sono fibre implicate nel controllo motorio.
Nel TEGMENTO DEL PONTE:
- Decorrono le fibre dei lemnischi mediali (che si dirigono al talamo)
- È attraversato dalle fibre del fascicolo longitudinale mediale
- Contiene i nuclei dei nervi cranici V, VI, VII, VIII e la porzione pontina della formazione
reticolare.

Nell’uomo, come in tutti i mammiferi, distinguiamo tre tipi di tessuto muscolare: liscio, striato, miocardio.
La muscolatura striata è sotto il controllo della volontà. Mentre quella liscia (presente nei vasi sanguigni,
nei bronchi, nel tubo digerente ecc) si contrae indipendentemente da essa.
Il miocardio è un tipo di muscolatura particolare perché, pur essendo morfologicamente striata, è
involontaria.
Inoltre, come alcuni muscoli lisci, ha proprietà autoritmiche, cioè si contrae non a causa di stimoli esterni ma
perché è in grado di autoeccitarsi.
Concentreremo la nostra attenzione sulla muscolatura striata perché è quella che, agendo sul sistema di leve
formato dalle ossa, consente il movimento volontario.
Un muscolo striato è formato da cellule di forma sottile e molto allungata tanto da coprire quasi interamente
la lunghezza del muscolo stesso. Queste cellule, polinucleate, prendono il nome di fibrocellule muscolari.
Tutte le fibrocellule di un muscolo sono parallele fra loro. Ogni cellula è formata da una membrana cellulare
che delimita il citoplasma nel quale si trovano immersi numerosi filamenti, del diametro di 1-2 micron e
lunghi quanto è lunga la fibrocellula muscolare, detti miofibrille.
Al microscopio ottico, le miofibrille non appaiono di colore omogeneo ma presentano delle bande trasversali
chiare dette isotrope (I) alternate a bande trasversali scure dette anisotrope (A).
Le bande portano questi nomi per la loro diversa capacità di far filtrare la luce: maggiore per le isotrope e
minore per le anisotrope. Ognuna delle bande isotrope è divisa a metà da un filamento trasversale detto
banda Z.
La banda anisotropa è a sua volta attraversata, sempre in senso ortogonale alla miofibrilla, da una zona
leggermente più chiara che prende il nome di banda H.
La zona compresa tra due bande Z è detta sarcomero e costituisce l’unità funzionale della miofibrilla e del
muscolo stesso.
SARCOMERO: ciascun sarcomero, in un muscolo a riposo, è lungo circa 2,5 micron e ogni miofibrilla è
composta da molte migliaia di sarcomeri. Ogni sarcomero può accorciarsi per avvicinamento tra loro delle
due bande Z sino ad arrivare a misurare anche 1,6 micron circa.
L’accorciamento di tutti i sarcomeri di una fibrocellula determina il suo accorciamento complessivo, cioè la
sua contrazione.
Lo studio del sarcomero al microscopio elettronico ne ha precisato l’ultrastruttura e da questa si è arrivati a
comprendere, sulla base di una ipotesi formulata negli anni 50 da A. F Huxley, il meccanismo che permette
l’avvicinamento delle due bande Z. Ogni sarcomero è composto da numerosi miofilamenti paralleli tra loro
e distinguibili in due diversi tipi chiamati filamenti sottili e filamenti spessi.
I filamenti sottili sono attaccati perpendicolarmente alle due bande Z e si dirigono verso il centro del
sarcomero senza toccarsi.
I filamenti spessi sono disposti tra quelli sottili ma non arrivano a toccare le due bande Z restando quindi
nella parte centrale del sarcomero.
In questo modo si può capire che le bande I sono le parti del sarcomero in cui s trovano solo filamenti sottili,
le bande A sono quelle in cui si trovano sia i filamenti spessi che quelli sottili e le bande H sono le parti del
sarcomero in cui si trovano solo i filamenti spessi.
Se si fa una sezione trasversale di un sarcomero si può notare come i filamenti siano sistemati in una
formazione esagonale regolare con al centro di ogni esagono un filamento spesso e attorno sei filamenti
sottili.
Entrambi i miofilamenti sono composti da molecole proteiche e, precisamente, i filamenti spessi da miosina
e i filamenti sottili da actina, tropina e tropomiosina.
La struttura di base dei filamenti sottili è composta dalle molecole di actina, di forma globulare, che si
dispongono l’una dietro l’altra a formare due file, come una doppia collana di perle, che si avvolgono l’una
sull’altra ottenendo una doppia elica.
Il ritmo di semirotazione cade ogni sette molecole di actina. Sulle molecole di actina si trova adagiata la
molecola della tropomiosina che ha forma sottile e molto allungata. Ogni sette molecole di actina, alla
molecola di tropomiosina se ne intercala una di troponina, che si presenta in forma ovoidale.
Bisogna adesso capire come questo meccanismo possa essere messo in moto soltanto quando il SNC
ordina al muscolo di contrarsi e non rimanga, invece, permanentemente in azione.
Si pensa che, nel muscolo a riposo, i recettori dell’actina siano ricoperti dal filamento di tropomiosina che
impedisce così la formazione del complesso miosina-actina. Quando inizia la contrazione la troponina fa in
modo che la tropomiosina si sposti scoprendo i recettori dell’actina e permettendo la formazione dei legami.
Lo spostamento della tropomiosina viene quindi a dipendere dalla troponina che può trovarsi in due strati
diversi, convenzionalmente chiamati ON e OFF. Se si trova in stato di OFF la tropomiosina copre l’actina e
la contrazione non può avvenire; se, al contrario, si trova in stato ON, la tropomiosina si sposta in modo da
lasciare che avvengano i legami miosina-actina. Gli stati ON e OFF della troponina vengono determinati
rispettivamente dalla presenza o assenza di ioni calcio (CA++).
L’importanza del Ca++ è quindi fondamentale nella contrazione muscolare. A riposo, praticamente tutto il
Ca++ di una cellula muscolare si trova contenuto in un sistema di piccole vescicole detto reticolo
sarcoplasmatico. Nel momento in cui arriva un impulso nervoso che genera nella cellula un potenziale
d’azione, il Ca++ viene liberato dal reticolo sarcoplasmatico e diffonde nel citoplasma fino ad arrivare a
contatto con la troponina.
Quando l’impulso cessa il calcio viene ricaptato dal reticolo sarcoplasmatico che lo tiene immagazzinato
attivamente, cioè con dispendio di energia.
Ogni cellula muscolare è soggetta alla legge del “tutto o del nulla”, cioè o si contrae ogni miofibrilla in
essa contenuta o non se ne contrae alcuna.
È opportuno ricordare che l’architettura della fibrocellula muscolare richiede l’intervento di un elevato
numero di proteine affinché la contrazione avvenga in maniera efficiente. In primo luogo è necessaria la
presenza tra i filamenti sottili e quelli spessi di alcune proteine che fanno in modo che essi possano scorrere
in maniera ordinata (titina, nebulina, ecc). Inoltre, le miofibrille vengono tenute parallele le une alle altre per
intervento di un’altra importante proteina, la desmina. Infine, le miofibrille sono ancorate alla membrana
cellulare da una particolare proteina, detta distrofina, la cui mancanza causa la distrofia muscolare.
LE FIBROCELLULE MUSCOLARI: non sono tutte uguali tra loro ma presentano delle nette
diversificazioni in relazione alla loro funzione. In un primo momento fu possibile distinguere solo due tipi di
fibre muscolari che furono convenzionalmente chiamate I o rosse (o a scossa lenta, ST) e II o bianche (o a
scossa rapida, FT).
Successivamente, si poté osservare come le fibre II non sono un gruppo omogeneo di cellule, ma che è
possibile separarle in almeno 3 tipi principali che furono chiamate fibre IIa (o FTa), IIb (o FTb) e IIc (o
FTc). Occorre poi precisare che nel muscolo normale adulto esistono anche cellule muscolari indifferenziate
chiamate cellule satelliti.
Le FIBRE I o ST sono piccole, di colore rosso molto intenso per l’elevata concentrazione di mioglobina,
molto ricche di ATPasi e dotate di una elevata irrorazione capillare. Per le loro caratteristiche le fibre I sono
le più adatte a un lavoro di tipo aerobico. La loro concentrazione produce una limitata forza muscolare ed è,
inoltre, piuttosto lenta; tuttavia può essere mantenuta molto a lungo nel tempo senza che compaiano segni di
fatica muscolare. Le fibre I hanno inoltre maggiore capacità di consumare acidi grassi e sono quindi più
adatte a un lavoro, come per esempio, quello di tipo antigravitario, prolungato nel tempo ma non
particolarmente intenso.
Le FIBRE IIb o FTB sono delle grandi fibrocellule pallide, per lo scarso contenuto di mioglobina,
contenenti relativamente pochi mitocondri e scarsamente irrorate rispetto alle altre fibre. Le fibre IIb sono
invece adatte alla esecuzione di un lavoro di tipo anaerobico, fatto cioè di contrazioni veloci ed
estremamente intense, ma di durata molto breve. Una durata così breve è dovuta al fatto che queste fibre
tendono ad affaticarsi molto rapidamente, probabilmente a causa dello scarso apporto sanguigno e alla
relativa mancanza di mitocondri.
Le cellule satelliti sono piccole cellule che si trovano sotto il sarcolemma della fibrocellula muscolare ed è
proprio per questa loro posizione periferica che sono state chiamate satelliti. Si tratta di vere e proprie cellule
staminali in grado di prendere il posto di cellule muscolari adulte danneggiate o morte. In pratica, in caso di
necessità, la cellula satellite si attiva, comincia a differenziarsi e a dividersi in numerose cellule
mononucleate che, fondendosi, formeranno una normale fibrocellula muscolare polinucleata. Un aspetto non
ancora chiarito è se questo processo di differenziazione delle cellule satelliti può avvenire, non solo in
seguito di danno muscolare, ma anche come effetto indotto dall’allenamento.
GANGLI DELLA BASE: sono strutture nervose situate nella profondità degli emisferi cerebrali, che
rappresentano la principale struttura extrapiramidale. Anatomicamente sono composti da 3 diversi nuclei:
nucleo caudato, putamen, globo pallido.
Due altre formazioni nervose, il corpo subtalamico del Luys e la substantia nigra, pur essendo
anatomicamente separate, vengono funzionalmente considerate come facenti parte dei gangli della base.
Il nucleo caudato e il putamen, anche se sono due nuclei distinti e separati, vengono considerati da un
punto di vista funzionale un’unica struttura nervosa alla quale viene dato il nome di CORPO STRIATO.
Le diverse strutture che fanno parte dei gangli della base ricevono le loro informazioni dalla corteccia
cerebrale e, a loro volta, la influenzano in feedback tramite il talamo.
In particolare, quasi tutte le aree della corteccia cerebrale inviano fibre al corpo striato, cioè al nucleo
caudato e al putamen, che a sua volta invia fibre al globo pallido, sia direttamente che attraverso il corpo
subtalamico del Luys.
Le cellule del globo pallido, infine, proiettano al talamo che, invia fibre nuovamente alla corteccia cerebrale.
L’operatività di questo complesso sistema è controllata dalla Substantia Nigra che modula l’attività dei
neuroni del corpo striato mediante fibre nervose che liberano un particolare neurotrasmettitore, la dopamina
(proiezione nigro-striatale).
Una lesione a carico delle strutture che costituiscono i gangli della base produce malattie caratterizzate da:
1) Deficit del movimento volontario
2) Alterazioni del tono muscolare
3) Comparsa di movimenti involontari.
Non infrequentemente, a questi segni di tipo motorio nelle patologie dei gangli della base si osservano segni
di danno psichico.
Una lesione del nucleo caudato e/o del putamen porta a diversi tipi di patologie quali distonie muscolari,
torcicollo spasmodico, tic, ecc.; Tuttavia, due quadri morbosi sono particolarmente importanti: corea e
atetosi.
La corea (dal greco danza) è una malattia caratterizzata dalla comparsa di rapidi movimenti degli arti e della
muscolatura della faccia, del tutto irrefrenabili. Alcune forme di corea, quelle più gravi, sono su base
ereditaria (corea major o corea di Huntington) mentre altre, meno gravi ma assai più frequenti, sono acquisite
(corea minor).
L’atetosi è una malattia caratterizzata, invece, da lenti movimenti involontari delle dita e dei polsi,
paragonabili a quelli dei tentacoli di una piovra.
Sia i movimenti coreici che quelli atetosici si accentuano se il paziente è emozionato e tendono a scomparire
nel sonno.
Una alterazione del corpo subtalamico del Luys, di solito conseguente ad un ictus cerebrale, determina il
ballismo, che più frequentemente è unilaterale (emiballismo), con rotazioni del capo e del tronco e violenti
movimenti involontari degli arti.
Una perdita, infine, dei neuroni dopaminergici della Substantia Nigra porta al morbo di Parkinson,
caratterizzato da un tremore, inizialmente a carico delle dita e del capo, che è ben visibile quando il soggetto
è a riposo, si accentua se il paziente è emozionato e cessa o si attenua durante i movimenti volontari o nel
sonno (tremore statico). In questa malattia, il tono muscolare è aumentato (ipertonia) e di conseguenza esiste
una forte difficoltà ad eseguire i movimenti (ipocinesia). L’ipertonia presente nel morbo di Parkinson è
dovuta ad un aumento dei toni sia dei flessori che degli estensori (ipertonia plastica) e, pertanto, è assai
diversa da quella sono antigravitaria che compare dopo decerebrazione (ipertonia spastica).
Il cervello è altamente vulnerabile a disturbi del rifornimento ematico. Il flusso sanguigno deve portare
efficacemente ossigeno glucosio e altri elementi nutrizionali al SNC, e deve rimuovere l’anidride carbonica,
l’acido lattico e altri prodotti metabolici.
I vasi cerebrali hanno caratteristiche anatomiche e fisiologiche uniche che proteggono il cervello da
compromissioni circolatorie. Quando questi meccanismi protettivi falliscono, il risultato è l’ictus.
Il rifornimento ematico del cervello può essere diviso in due territori arteriosi:
Il SNC riceve sangue arterioso da due circoli relativamente indipendenti:
- Un circolo anteriore formato dalle arterie carotidi interne
- un circolo posteriore originante dalle arterie vertebrali.
CIRCOLO CAROTIDEO
Ogni emisfero cerebrale è rifornito da un’arteria carotide interna, che parte dall’arteria carotide comune,
al di sotto dell’angolo della mascella, entra nel cranio attraverso il forame carotideo, attraversa il seno
cavernoso (di qui si diparte un primo ramo arterioso, l’arteria oftalmica diretta agli occhi) penetra la dura, e
si divide in arteria cerebrale media e anteriore.
Le vaste ramificazioni superficiali dell’ARTERIA CEREBRALE ANTERIORE forniscono la corteccia e
la sostanza bianca del lobo frontale inferiore, la superficie mesiale dei lobi frontale e parietale e il corpo
calloso anteriore.
Le vaste ramificazioni superficiali dell’ARTERIA CEREBRALE MEDIA riforniscono il cervelletto, la
maggior parte della corteccia e della sostanza bianca profonda e il diencefalo, della convessità degli emisferi,
inclusi i lobi frontale, parietale, incluse le strutture limbiche, la corteccia temporale e occipitale e l’insula, la
testa del caudato e il lembo anteriore della capsula interna.
RAMIFICAZIONI PROFONDE DELLA CEREBRALE MEDIA (LE arterie lenticulostriate)
riforniscono la sostanza bianca profonda e le strutture diencefaliche, come il lembo posteriore della capsula
interna, il putamen, la parte più esterna del globus pallidus e il corpo del caudato.
LE ARTERIE VERTEBRALI SINISTRA E DESTRA sorgono dalle arterie succlavie ed entrano nel
cranio attraverso il forame magno. Ognuna da origine all’arteria spinale anteriore e all’arteria cerebellare
postero inferiore.
Le arterie vertebrali si uniscono a livello della giunzione tra ponte e midollo per formare l’arteria basilare,
che a livello del ponte da origine all’arteria cerebellare antero inferiore e all’arteria uditiva interna e a livello
del mesencefalo all’arteria cerebellare superiore.
L’arteria basilare si divide quindi nelle DUE ARTERIE CEREBRALI POSTERIORI, che riforniscono i
lobi temporale inferiore e occipitale mesiale e il corpo calloso posteriore.
Ramificazioni di minor penetrazione di questi vasi (le arterie talamoperforanti e talamogeniculate)
riforniscono le strutture diencefaliche, incluso il talamo e i nuclei subtalamici, come anche parte del
mesencefalo.
CIRCOLO DI WILLIS: (detto anche eptagono di Willis) si tratta della principale anastomosi arteriosa
cerebrale. Si basa sull’esistenza di arterie dette comunicanti: esiste una arteria comunicante anteriore che
mette in comunicazione le arterie cerebrali anteriori dei due lati; da ognuna dell’arteria carotidi interne si
diparte una arteria comunicante posteriore che si anastomizza con l’arteria cerebrale posteriore dello
stesso lato, mettendo quindi in comunicazione il circolo anteriore e posteriore dello stesso lato.
Non tutti gli esseri umani hanno un circolo di Willis completo, anzi, anomali del circolo di Willis sono
abbastanza frequenti.

LE CHEMIOSOSTANZE
Le funzioni chemiosensitive dell’olfatto e del gusto consentono di segnalare la presenza di molecole
significative nei cibi o nell’aria. Ciò consente il riconoscimento di odori positivi o negativi nell’aria e di
determinare il sapore e la gustosità dei cibi e delle bevande. Ciascuno, inoltre, può osservare giornalmente il
ruolo edonistico della chemiosensazione.
LA FUNZIONE OLFATTIVA
Un odore è una sensazione causata da molecole odoranti dissolte in aria ed è quindi un senso chimico in
quanto utilizza, come informatori, le specifiche sostanze chimiche. La vasta gamma degli odori deriva dalle
varie tipologie di sostanze organiche emanate, che entrano in contatto e vengono recepite nel naso a
recettori olfattivi nella mucosa nasale.
La percezione di un odore avviene essenzialmente in due diversi modi, uno strettamente fisiologico, l’altro
psicologico.
L’olfatto è la percezione dell’odore attraverso il naso, mentre il gusto è la percezione del salato, del dolce,
dell’aspro, dell’umami e dell’amaro attraverso la lingua. Il sapore è la combinazione del gusto e dell’olfatto.
Il processo fisiologico è assicurato dai recettori presenti nel naso, che vengono attivati dalle molecole
odoranti dissolte nell’aria. I recettori olfattivi, stimolati in maniera differente dalle differenti tipologie di
sostanze chimiche, generano stimoli elettrici, che vengono inviati alla specifica regione del cervello umano
responsabile del sentire l’odore, la corteccia olfattiva primaria.
Quest’area decodifica il segnale e, attraverso la memoria, lo associa nella corteccia orbito frontale alle
varie sostanze conosciute.
Il processo psicologico è attivato invece dalle esperienze, dai ricordi, dalle emozioni che ognuno di noi
associa ad un determinato odore. L’esempio del ricordo olfattivo è particolarmente significativo: un odore,
può spingere il nostro cervello a richiamare immagini del passato, attivando associazioni e stimoli emotivi, in
base alla interazione tra la struttura olfattiva e il sistema limbico, che è quella zona del cervello da cui
passano le nostre emozioni.
Nell’uomo, il naso occupa la parte centrale del viso posizionato al di sopra della bocca.
È costituito
- da una parte sporgente (piramide nasale), rivestita da una cute ricchissima di ghiandole sebacee ed
è parzialmente costituita da un corpo cartilagineo.
- Da una parte interna (cavità nasali) suddivisa da una parete mediale (setto nasale).
Le fosse nasali sono due corridoi paralleli (simmetrici). Ciascuna delle fosse è a sua volta ripartita in due
aree: il vestibolo, nella parte anteriore, la fossa, propriamente detta, nella parte posteriore.
Il setto nasale è in parte cartilagineo ed in parte osseo.
LE CAVITA’ NASALI: esercitano una triplice funzione: respiratoria, olfattoria e fonatoria.
- Funzione respiratoria: durante l’inspirazione, l’aria attraversa le fosse, di lì si divide in due flussi, di
cui uno passa a contatto con la mucosa olfattoria, ed entrambi giungono alla rinofaringe. L’aria
umidificata e scaldata viene ulteriormente filtrata per mezzo di grossi peli e le secrezioni nasali.
- Funzione fonatoria: le fosse nasali contribuiscono alla corretta pronuncia e modulazione delle
consonanti nasali.
- Funzione olfattoria: le particelle odorose convogliate verso la mucosa olfattiva, attraverso la fessura
olfattiva, ne stimolano le ghiandole che trasmettono tramite il nervo olfattivo ai centri olfattivi
cerebrali e diventano sensazioni di odore.
L’aria che attraversa la fessura olfattiva giunge su una membrana mucosa giallastra chiamata epitelio
olfattivo.
La trasduzione delle informazioni olfattive avviene nell’epitelio olfattivo, strato formato da neuroni e
cellule di sostegno, che occupa la metà circa delle cavità nasali, di cui le cellule più importanti sono i
recettori olfattivi.
La mucosa olfattiva (anche pituitaria o membrana di Schneider) è il recettore propriamente detto,
appositamente creato per captare una grande famiglia di sostanze chimiche volatili che giungono al nostro
naso e interagiscono con le cellule specializzate che contiene, chiamate neuroni olfattivi (o di Shultze, nome
del neurologo tedesco che le descrisse per la prima volta nel 1856) che possiedono un solo dendrite corto e
spesso con una terminazione allungata bastoncello olfattivo alla cui estremità si trovano le ciglia.
I neuroni olfattivi sensoriali sono piccoli neuroni con ciglia che si sporgono dal muco (scopo protettivo) che
coprono l’epitelio olfattivo.
Da ogni neurone si estendono verso la cavità nasale sensori a forma di ciglia; all’altra estremità del neurone
parte una fibra che va al cervello.
Le molecole inalate si legano in modo specifico a recettori proteici posti alle estremità delle ciglia.
Il legame genera un segnale elettrico che arriva fino al bulbo olfattivo, che rappresenta la prima stazione di
collegamento per l’elaborazione delle informazioni.
I neuroni sensitivi olfattivi sono localizzati in una piccola regione della parte superiore della cavità nasale,
detta mucosa olfattiva. Queste cellule olfattive inviano i loro assoni, che formano il nervo olfattivo, verso il
SNC. Le fibre nervose attraversano un osso traforato della base cranica, detto etmoide e raggiungono una
struttura nervosa detta bulbo olfattivo.
Le cellule recettoriali olfattive sono diverse da tutti gli altri recettori sensoriali, queste infatti non sono
protette da nessuna struttura e sono connesse direttamente al cervello (i recettori visivi sono protetti dalla
cornea, i recettori acustici dal timpano, le papille gustative sono implementate nella papilla). Per questa
ragione molte medicine possono essere inalate.
I neuroni sensoriali sono tra i più sottili e lenti neuroni di tutto il corpo. Quindi ci vuole molto più tempo
a percepire gli odori rispetto agli altri tipi di sensazioni (circa 400 ms contro i soli 45 ms perché la corteccia
visiva registri una immagine). A parte i circa 400 ms necessari perché un odore venga registrato ce ne
vogliono altrettanti perché si possa coscientemente percepirlo. Questo fatto delinea la sottile linea rossa tra
percezione e sensazione:
- Si parla di sensazione quando l’odore è rivelato a livello neurale.
- Si parla di percezione quando si diviene coscienti dell’aver percepito un odore.
LA FAMIGLIA DEI RECETTORI OLFATTIVI: Il ruolo fondamentale delle proteine recettrici nella
codificazione e nella trasduzione delle informazioni olfattive è stato riconosciuto nel 2004, attribuendo ai
due ricercatori il premio Nobel per la fisiologia e la medicina in quanto hanno scoperto la famiglia di geni
che codificano le proteine recettrici delle molecole odorose.
Il numero di geni per proteine recettrici delle molecole odorose, pur essendo notevole, presenta una
variabilità legata alla specie. L’analisi del genoma umano ha identificato circa 950 geni per proteine
recettrici delle molecole odorose. Si stima però che il numero dei recettori funzionali per molecole odorose
nell’uomo sia approssimativamente di circa 400.
Dal bulbo olfattivo, le informazioni olfattive raggiungono poi la corteccia cerebrale e, in particolare la
corteccia piriforme (area olfattiva), situata nel lobo temporale, sulla faccia mediale dell’emisfero
cerebrale. In questa zona della corteccia cerebrale, l’informazione viene elaborata e, in questo modo, si ha il
riconoscimento dell’odore percepito.
La corteccia piriforma è un’area corticale a tre strati.
Gli assoni delle cellule piramidali di tale corteccia proiettano a diversi nuclei talamici e ipotalamici,
all’ippocampo e all’amigdala.
Altri neuroni innervano direttamente varie regioni della neocorteccia, compresa la corteccia
orbitofrontale, zona in cui vengono prodotte risposte a stimoli complessi, specialmente quelle associate a
comportamenti alimentari.
Le vie olfattive: le molecole odorose raggiungono nel naso la mucosa olfattiva. I neuroni della mucosa
inviano i loro assoni al bulbo olfattivo. Che a sua volta, invia assoni alla corteccia olfattiva primaria. Da
quest’area corticale, infine, le informazioni raggiungono, attraverso il talamo, la corteccia orbitofrontale.
Una volta che la sostanza odorosa si lega ad una specifica proteina recettrice, sono necessarie parecchie
tappe per generare il potenziale di recettore che converte le informazioni chimiche in segnali elettrici
interpretabili per il cervello. Nei mammiferi la via principale per la generazione dell’attività elettrica nei
recettori olfattivi coinvolge i canali ionici regolati da nucleotidi, simili a quelli presenti nei bastoncelli
della retina.
La perdita della sensibilità olfattiva prende il nome di anosmia.
Le anosmie possono essere o congenite, o acquisite a causa di infezioni o infiammazioni croniche dei sensi
nasali o lesioni traumatiche alla testa, oppure conseguenza dell’invecchiamento o di una malattia. La perdita
della sensibilità olfattiva può diminuire il piacere di mangiare, se di grave entità, può influenzare l’appetito e
causare perdita di peso e denutrizione. Può ridurre la capacità di riconoscere e di rispondere in modo
adeguato a odori potenzialmente pericolosi come cibo avariato o del fumo.
Nel naso, ma non nella mucosa olfattiva, si trovano anche le terminazioni chemiosensitive del nervo
trigemino (V), struttura responsabile di alcune sensazioni olfattive di natura termica e tattile, come il fresco
della menta e in particolare, quelle dovuta a sostanze irritanti, come il pungente dell’ammoniaca o lo
“irritante” del benzene. Anche queste informazioni raggiungono la corteccia olfattiva primaria, contribuendo
alla definizione dell’odore percepito.
Il sistema chemiocettivo del trigemino, i neuroni sensoriali specifici e le loro terminazioni vengono attivati in
modo specifico da concentrazioni relativamente alte di sostanze classificate come irritanti, che vengono in
contatto diretto con le mucose della testa, comprese quelle della bocca, naso e occhi.
La mucosa olfattiva che contiene anche le terminazioni di fibre dolorifiche del trigemino, può dar luogo a
episodi di lacrimazione, starnuto e inibizione del respiro. Il nervo trigeminale (V) che è anche responsabile
per le lacrime versate a tagliare le cipolle o per gli starnuti provocati dall’annusare il pepe. Molto spesso è
impossibile distinguere tra le sensazioni olfattive veicolate dal nervo cranico I e quelle somatosensoriali
veicolate dal nervo cranico V.
MODIFICAZIONI DELLA FUNZIONE OLFATTIVA POSSONO ESSERE QUALITATIVE E
QUANTITATIVE.
Le modificazioni qualitative comprendono la parosmia, che consiste nella percezione di un odore che non
esiste nell’ambiente oppure nella percezione erronea di un odore reale.
La percezione di un odore che non esiste nell’ambiente viene indicata di solito come allucinazione olfattiva:
si osserva in affezioni del SNC (sifilide, tumori del cervello) nel diabete grave, nella gravidanza e possono
costituire complicanza dell’influenza.
Le alterazioni qualitative della percezione degli odori possono comparire anche nelle sinusiti croniche, nei
corpi estranei nasali, nelle tonsilliti caseose, nelle bronchiti, in alcune affezioni gastriche ed epatiche.
Modificazioni quantitative: L’iperosmia (aumenta percezione degli odori) può dipendere da malattia del
SNC, dalla gravidanza, dalla menopausa e da disturbi della tiroide (Ipertiroidismo).
L’IPOSMIA e L’ANOSMIA (diminuita percezione degli odori) possono dipendere da:
a) Cause meccaniche (rinite allergica, rinite vasomotoria, polipi etmoidali, tumori nasali e rinofaringei
che impediscono all’aria inspirata di raggiungere e stimolare l’area olfattiva)
b) Cause traumatiche: (fratture dell’etmoide, traumi occipitali o frontali con strappamento per
contraccolpo dei nervi olfattivi)
c) Cause infettive (tifo, riniti, sinusiti, influenza)
d) Avitaminosi (avitaminosi A)
e) Atrofia della mucosa olfattiva (rinopatia atrofica ozenatosa)
f) Disendocrinie (acromegalia, ipotiroidismo)
g) Processi morbosi del SNC (processi neoplastici o degenerativi)
L’ORGANO VOMERONASALE
La cavità nasale non contiene solo la mucosa olfattiva, responsabile della percezione degli odori e le
terminazioni chemiosensitive del nervo trigemino, responsabili della percezione delle sostanze irritanti.
Nella parte inferiore del naso, in corrispondenza del setto che divide le narici, si trova un altro sistema
recettoriale, detto organo vomeronasale (VNO), per la percezione dei feromoni.
REAZIONE DI FLEHMEN
In presenza di un odore potenzialmente interessante dal punto di vista comportamentale molti mammiferi
esibiscono la reazione di Flehmen. L’aria viene pompata attraverso l’organo vomeronasale.
FEROMONE: è il nome dato a sostanze chimiche, attive a basse concentrazioni, prodotte in particolar
modo da insetti, in grado di suscitare delle reazioni specifiche di tipo fisiologico e/o comportamentale in
individui della stessa specie.
Nei mammiferi i feromoni vengono captati dall’VNO che a sua volta, invia segnali alle aree corticali
coinvolte nella genesi delle emozioni (Circuito di Papez)

I feromoni vengono distinti generalmente in quattro classi a seconda dell’effetto provocato:


- Feromoni traccianti (trace): che rilasciati da un individuo vengono seguiti da appartenenti alla
stessa specie come una traccia.
- Feromoni di allarme (alarm): che vengono emessi in situazioni di pericolo, inducendo un
maggiore strato di vigilanza in quanti li captano;
- Feromoni innescanti o scatenanti (primer): che inducono nel ricevente modificazioni
comportamentali e/o fisiologiche a lungo termine;
- Feromoni liberatori o di segnalazione (releaser) che scatenano comportamenti di aggressione o di
accoppiamento nell’animale che li capta.
Non è ancora dimostrato con sufficiente chiarezza se l’uomo è sensibile a fenomeni ambientali. L’unica
prova a sostegno è l’osservazione che donne che vivono a lungo a contatto tra loro in spazi ristretti tendono a
sincronizzare i propri cicli mestruali.
Uno studio condotto in California mostrerebbe che l’olfatto dei cani ha particolari poteri nel rivelare un
tumore allo stadio iniziale. La storia che fu raccontata per prima fu quella di un dalmata che nel 1989
annusava insistentemente un neo sulla gamba della padrona, di natura maligna. Il fiuto dei cani da diecimila
a centomila volte più potente di quello degli umani, è in grado di riconoscere un composto chimico diluito in
proporzioni di uno a un trilione.
Dagli studi effettuati sembra che gli animali riescano a fiutare sostante organiche come gli idrocarburi,
aromatici e non, o i composti azotati, sostante contenute in grandi % nelle cellule tumorali, e per questo
riconosciute dai cani grazie al diverso odore emesso dalle urine.
McCulloch responsabile delle ricerche: Una volta che il metodo sarà ulteriormente confermato e
standardizzato potrebbe essere impiegato per aiutare a ridurre i margini di incertezza nel caso che gli esami
sperimentali non diano un responso chiaro, specie se la malattia è in fase molto iniziale. In realtà capire che
cosa sentono esattamente i cani ci aiuterà a migliorare anche i nostri strumenti.

CERVELLETTO.
Occupa la fossa cranica posteriore. Rappresenta la seconda porzione più estesa del cervello in toto.

Il cervelletto si compone di una parte centrale, il verme, e di due grossi rigonfiamenti laterali, gli emisferi.
La superficie esterna del cervelletto (corteccia) è formata da sostanza grigia così come alcuni nuclei immersi
nella sostanza bianca sottocorticale (nuclei cerebellari), presenti sia nell’emilato destro che in quello sinistro
dell’organo.
Nella profondità del verme si trova il nucleo del fastigio, nella zona di passaggio tra verme ed emisfero si
trova una coppia di nuclei che prendono il nome di nucleo globoso e nucleo emboliforme e, infine, nella
profondità dell’emisfero cerebellare c’è il nucleo dentato.
La corteccia cerebellare è suddivisa in sottoli lamine che ne aumentano enormemente la superficie, fino a
portarla a dimensioni paragonabili a quelle della corteccia cerebrale.
La corteccia del cervelletto presenta una caratteristica struttura a tre strati: nella parte più esterna della
corteccia (strato molecolare) si trovano le cosiddette fibre parallele, che eccitano i dendriti delle cellule di
Purkinje, nella parte intermedia si trovano i corpi cellulari delle grandi cellule di Purkinje (strato delle
cellule di Purkinje), che sono le uniche cellule il cui assone lascia la corteccia per raggiungere le cellule dei
nuclei cerebellari, e , infine nello strato più interno (strato granulare) si trovano numerose piccole cellule,
dette granuli, dalle quali si originano le fibre parallele. Nella corteccia esistono altri due tipi di neuroni, le
cellule a canestro e le cellule di Golgi che funzionano da interneuroni inibitori.
Da un punto di vista sia funzionale che filogenetico il cervelletto può essere distinto in 3 zone:
l’archicervelletto, il paleocervelletto ed il neocervelletto.

 Archicervelletto: la parte più antica, formato dal lobo flocculo-nodulare e connesso essenzialmente
con la funzione vestibolare, questa parte del cervelletto, infatti, riceve informazioni dai recettori
vestibolari che vengono utilizzate sia per il controllo dell’equilibrio che dei movimenti oculari.
 Paleocervelletto: un po’ meno antico, costituito dal lobo anteriore, che riceve informazioni
sensoriali dal midollo spinale; questa porzione del cervelletto utilizza le informazioni spinali sia per
il controllo della postura che del movimento in quanto è in grado di influenzare sia la corteccia
cerebrale motrice che i centri motori spinali, per il tramite di strutture sottocorticali quali il nucleo
rosso e la formazione reticolare.
 Neocervelletto: la porzione più recente, formato dagli emisferi cerebellari e connesso in doppio
senso con quasi tutte le aree (motoria, sensitive, associative) della corteccia cerebrale, è questa la
parte che nell’uomo subisce il maggiore incremento e sembra essere coinvolta non solo nel controllo
del movimento ma anche del suo apprendimento.
L’azione dei circuiti cerebellari è in grado di aumentare la precisione del movimento, paragonando i comandi
motori discendenti dalla corteccia cerebrale con le informazioni sensitive relative al movimento
effettivamente eseguito.
VESTIBOLO-CEREBELLO: costituito dal lobo flocco-nodulare. Questa porzione cerebellare riceve
informazioni circa i cambiamenti della posizione della testa nello spazio dai recettori vestibolari e dai
collicoli superiori. La corteccia flocculo-nodulare proietta direttamente ai nuclei vestibolari del tronco. Il
vestibolo-cerebello favorisce la coordinazione dell’attività dei muscoli assiali e il mantenimento
dell’equilibrio ed inoltre coordina i movimenti del capo e del collo con i movimenti oculari.
CEREBRO-CEREBELLO: costituito dalla parte più laterale degli emisferi cerebrali, che proietta al nucleo
dentato. Riceve dai nuclei pontini informazioni provenienti dalla corteccia cerebrale attraverso le fibre
corticopontine. Elabora le informazioni provenienti dalla corteccia cerebrale relative alla programmazione
motoria e alla pianificazione di azioni complesse. Il risultato di questa elaborazione viene inviato
nuovamente alla corteccia attraverso il talamo ed utilizzato per la valutazione e la correzione degli errori
effettuati nel corso del movimento.
SPINO-CEREBELLO: costituito dal verme, che proietta al nucleo del fastigio, e dalla porzione più mediale
degli emisferi, che proietta ai nuclei globoso ed emboliforme. Riceve informazioni sullo stato di contrazione
dei muscoli periferici dal midollo spinale, tramite i fasci spino-cerebellari; le afferenze di questi nuclei
raggiungono la corteccia (tramite il talamo), il nucleo rosso e la sostanza reticolare del tronco encefalico.
Favorisce il mantenimento del tono posturale, la locomozione e controlla il movimento degli arti.
MIDOLLO SPINALE
Il midollo spinale è un componente del SNC insieme all’encefalo (telencefalo) contenuto nella scatola
cranica. Riceve ed analizza informazioni sensitive provenienti dalla cute, dalle articolazioni e dai muscoli
degli arti e del tronco (radici dorsali) controlla i movimenti di arti e tronco (radici ventrali)
Il midollo spinale è collocato all’interno della cavità vertebrale della colonna vertebrale.
È caratterizzato da 3 funzioni principali:
- Conduzione: contiene fasci di fibre nervose che conducono informazioni che percorrono il midollo
spinale in seno ascendente o discendente.
- Locomozione: la locomozione coinvolge la contrazione ripetuta di gruppi muscolari. I
motoneuroni dell’encefalo sono responsabili dell’inizio del movimento, della velocità del passo e
della direzione, ma il semplice stimolo di contrazioni ripetuto che porta un piede davanti all’altro
sono coordinate da gruppi di neuroni motori del midollo spinale chiamati generatori dello schema
centrale.
- Riflessi: sono risposte veloci incoscienti e stereotipate che coinvolgono il midollo spinale ed i nervi
periferici.
Le meningi sono tre strati di rivestimento di tessuto connettivo che si estendono intorno al midollo e lo
proteggono. Il midollo è protetto anche da un cuscinetto di grasso e di tessuto connettivo posto nello spazio
epidurale. Lo strato più esterno delle meningi è la dura madre. Lo strato intermedio è l’aracnoide. Lo
strato più interno è la pia madre.
In sezione trasversale, in superficie presenta solchi longitudinali che lo percorrono per tutta la lunghezza:
I. Solco mediale anteriore e posteriore, punto di inserzione della pia madre.
II. Solco laterale anteriore e posteriore che corrispondono all’origine apparente delle radici
sensitive e reali delle radici motorie.
Si distingue:
- La sostanza bianca rappresentata da fasci (assoni mielinici) delle vie ascendenti e discendenti
corticospinali (o piramidali) e extra piramidali.
- La sostanza grigia a forma di farfalla percorsa centralmente dal canale ependimale che contiene il
liquido cefalorachidiano e costituita da colonne di neuroni e nuclei (corpi cellulari) dei neuroni
motori e degli interneuroni.
CORNO ANTERIORE: regione motoria
CORNO POSTERIORE: regione sensitiva.
Gli assoni afferenti e efferenti viaggiano insieme ai nervi spinale, separandosi in differenti fasci all’ingresso
o all’uscita del Midollo Spinale. I fasci degli assoni afferenti sono noti come radici dorsali, mentre quelli
contenenti assoni efferenti come radici ventrali. A breve distanza dal Midollo Spinale le radici dorsali e
ventrali si uniscono per formare i nervi spinali, detti misti per tale motivo, infatti contengono assoni
efferenti ed afferenti.
SOSTANZA BIANCA DEL MIDOLLO SPINALE: La sostanza bianca è formata da fasci che forniscono
una comunicazione tra i diversi livelli del midollo spinale e tra il midollo spinale ed il cervello.
Tra cui:
- TRATTI ASCENDENTI: dal midollo spinale al cervello
- TRATTI DISCENDENTI: dal cervello al midollo spinale.
Tutte le fibre nervose di un determinato fascio o tratto hanno un’origine e una destinazione comune e quindi
una funzione simile; molte di queste fibre hanno origine o destinazione all’interno del Tronco encefalico.
 Possono essere soggetti a decussazione: nel passaggio dal midollo al tronco o viceversa le fibre del
lato destro e del lato sinistro possono incrociarsi facendo in modo che, in taluni casi, il lato sinistro
dell’encefalo riceva informazioni dal lato destro e viceversa.
VIE ASCENDENTI: Trasportano informazioni sensitive ai centri di controllo superiori e all’encefalo.
Generalmente le informazioni sensitive viaggiano attraverso tre neuroni che trasportano l’informazione dalla
sua origine nel recettore fino alla sua destinazione nelle aree sensitive.
Neurone di I ordine: raccoglie lo stimolo sensitivo dal recettore e lo trasmette al midollo spinale o al tronco
encefalico.
Neurone di II ordine: che si estende fino al talamo, una regione dell’encefalo, anticamera della coscienza.
Neurone di III ordine: percorre il resto del tratto fino alla corteccia sensitiva primaria e alle sue aree
associative.
VIE DISCENDENTI: Portano informazioni motorie dall’encefalo verso il tronco encefalico ed il midollo
spinale. Sono formate da due neuroni:
- Motoneurone primario: ha il corpo cellulare posto nella corteccia o nel tronco encefalico e termina
a livello del motoneurone secondario
- Motoneurone secondario: localizzato nel tronco encefalico o nel midollo spinale costituisce la
restante porzione della via motoria fino ai muscoli
Fascicolo gracile: Occupa tutto il cordone posteriore. Conduce informazioni provenienti dalla parte media
del torace e dagli arti inferiori. È costituito da fibre che terminano a livello del nucleo gracile nel tronco
encefalico. Conduce segnali per il dolore, la sensibilità tattile e discriminativa profonda e la
propriocezione degli arti inferiori e del tronco encefalico.
Fascicolo cuneato: viaggia con il gracile al di sopra del T6 e trasporta lo stesso tipo di informazione
sensitiva. Arrivano al nucleo cuneato nel tronco encefalico.
Fascio spino talamico: trasporta le informazioni dolorifiche e termiche, le informazioni tattili tipo
solletico e prurito ed il contatto grossolano.
Fascio spino-reticolare: porta stimoli dolorifici causati da lesioni tissutali.
Fasci spino-cerebellari anteriori e posteriori: trasportano la sensibilità propriocettiva proveniente dagli
arti e dal tronco al cervelletto, localizzato posteriormente all’encefalo e preposto al controllo motorio.
LE PRINCIPALI VIE MOTORIE DISCENDENTI SONO RAPPRESENTATE DA:
Fasci cortico spinali: chiamati anche fasci piramidali perché passano all’interno di solchi presenti nel
midollo allungato chiamate piramidi.
Trasportano impulsi motori per i movimenti di precisione.
Fasci tetto spinali: origina dal tetto del mesencefalo ed è coinvolto principalmente nella rotazione della
testa in risposte a stimoli visivi e sonori.
Fasci reticolo-spinali: mantenimento della postura e dell’equilibrio
Fasci vestibolo- spinali: equilibrio dell’orecchio interno.

Tutto il SN che si trova al di fuori del cervello e del midollo spinale prende il nome di SNP.
Il SNS è la parte del SNP che innerva principalmente la cute e la muscolatura scheletrica. Porta informazioni
sia al SNC (nervi afferenti o sensoriali) sia dal SNC (nervi efferenti o motori)
IL SNS può essere suddiviso in due parti:
1)NERVI SPINALI: entrano ed escono dal SNC attraverso il midollo spinale. Innervano il corpo.
2)NERVI CRANICI: entrano ed escono dal SNC attraverso la superficie ventrale del cervello. Innervano la
testa.
La parola NERVO indica un fascio di assoni (fibre nervose) che viaggiano insieme dal SNC a un’altra parte
del corpo. All’interno del SNC, un fascio di assoni è denominato tratto o via.
NATURA: corrisponde alla funzione del nervo:
I. Nervi motori dal centro trasmettono alla periferia impulsi in grado di generare una risposta.
Si distinguono in:
 Nervi motori somatici: innervano direttamente un muscolo a contrazione volontaria
 Nervi motori viscerali: innervano la muscolatura viscerale. Presentano un’interruzione sinaptica in
un ganglio del Sistema Nervoso Simpatico situato in posizione varia, dai cui neuroni partono le fibre
effettrici che innervano la muscolatura liscia.
NERVI SPINALI: 33 PAIA di nervi misti: 8 cervicali, 12 toracici, 5 lombari, 5 sacrali, 3coccigei. I nervi
spinali entrano ed escono dal midollo spinale in modo uniforme, per tutta la sua lunghezza. Presentano sia
siti per neuroni sensoriali che per quelli motori(motoneuroni) che entrano ed escono dal midollo spinale.
Il nervo formato dalla confluenza delle radici sensitive e motorie esce dal canale vertebrale attraverso il foro
intervertebrale dove si divide in:
- Ramo anteriore: muscoli della regione anteriore e laterale del tronco; arti. Nella regione toracica, i
rami anteriori formano i nervi intercostali che innervano i muscoli intercostali e contribuiscono ai
movimenti respiratori.
- Ramo posteriore: innerva i muscoli e le articolazioni della regione posteriore del dorso.
- Ramo meningeo: rientra nel canale vertebrale ed innerva le meningi, le vertebre e i legamenti
spinali.
Ogni nervo spinale, a sua volta, uscito dal foro intervertebrale, si divide in un ramo dorsale che innerva le
docce vertebrali ed un ramo ventrale che si organizza con altri nervi costituendo i plessi.
In sequenza cranio-caudale si distinguono:
-plesso cervicale
-plesso brachiale
-plesso lombare
-plesso sacrale
-plesso pudendo
-plesso coccigeo.
NERVI CRANICI: L’uomo possiede dodici paia di nervi cranici. Non tutti i nervi cranici hanno funzioni
sia sensoriali che motorio. Sul versante motorio, la maggior parte dei nervi cranici ma non tutti innervano la
muscolatura facciale. Sul versante sensoriale, si osserva una maggiore variabilità. Ad esempio, il X nervo
cranico è il vago e innesca gli organi interni piuttosto che la testa. Inoltre, il X insieme al XII e al XI sono
parte del Sistema nervoso Parasimpatico.
Il SNA è l’altra porzione del SNP, innerva gli organi interni e le ghiandole con funzioni sensoriali e motorie
che tendono a non essere sotto il controllo volontario. Ha funzioni sia afferenti che efferenti. Il SNA è
costituito da due distinte ramificazioni: SNO e SNP.
In entrambi i sistemi (orto e para), i neuroni che innervano gli organi bersaglio escono dal midollo spinale e
formano una singola sinapsi, prima di raggiungere l’organo bersaglio. In entrambi i casi il secondo neurone
parte da un ganglio. Tuttavia, il ganglio è situato vicino al midollo spinale nel sistema simpatico e vicino
all’organo bersaglio in quello parasimpatico. Pertanto:
- Il SNSIMPATICO: ha fibre pregangliari corte e fibre postgangliari lunghe.
- Il SNPARA: ha fibre pregangliari lunghe e fibre postgangliari corte.
Tutte le Sinapsi PREGANGLIARI, di entrambi i sistemi, il neurotrasmettitore è l’acetilcolina.
La differenza, nei due sistemi, è data dal neurotrasmettitore rilasciato nelle sinapsi dell’organo bersaglio:
- Nel SNSIMPATICO: è prevalentemente la noradrenalina (detta anche norepinefrina)
- Nel SNPARA: è quasi sempre l’acetilcolina.
Nella maggior parte dei casi ciò significa che le funzioni dei due sistemi sono in antagonismo fra loro,
quando innervano lo stesso organo bersaglio. Azione eccitatoria simpatica ed inibitoria parasimpatica.
I due sistemi differiscono anche per il punto in cui le fibre lasciano il midollo spinale:
- FIBRE SIMPATICHE emergono tutte dalle sezioni toraciche e lombari del midollo
- FIBRE PARASIMPATICHE escono dalle porzioni craniali e sacrali.
Inoltre a livello di alcuni organi bersaglio, il terminale nervoso postgangliare non presenta un bottone e una
fessura sinaptica bensì una rete diffusa di connessioni detta plesso.
Le fibre postgangliari che raggiungono gli organi bersaglio creano un contatto sinaptico che utilizza come
neurotrasmettitore la noradrenalina.

Il SNO entra in gioco tutte le volte che l’organismo si trova in condizioni di emergenza (paura, ira, lotta,
fuga) causando aumento della pressione arteriosa, frequenza cardiaca, produzione di calore,
iperglicemia, vasocostrizione cutanea, inibizione dei fenomeni intestinali, ecc. L’insieme di questi
fenomeni mette l’organismo nelle migliori condizioni per affrontare questa situazione limite. È un sistema
catabolico, poiché la sua attivazione porta ad un aumento del dispendio energetico.

La componente PARASIMPATICA prende origine da cellule situate sia nel tronco encefalico che nel
midollo spinale. Le fibre che si originano dai neuroni centrali si allontanano dal SNC e raggiungono una
serie di gangli che si trovano in prossimità degli organi bersaglio e non, come per l’ortosimpatico, ai lati
della colonna vertebrale.
Le fibre pregangliari parasimpatiche che si originano dal tronco encefalico raggiungono i gangli tramite il
nervo oculomotore (III nervo cranico), il nervo faciale (VII nervo cranico), il nervo glossofaringeo (XI nervo
cranico) e, soprattutto, il nervo vago (X nervo cranico). Le fibre parasimpatiche sacrali, invece, raggiungono
i gangli che controllano vescica, retto e organi genitali tramite i nervi pelvici.
Dai gangli si originano fibre postgangliari che raggiungono le strutture periferiche con cui entrano in
rapporto mediante sinapsi che liberano acetilcolina. L’ACh raggiunge la cellula postsinaptica sulla cui
membrana si trovano i recettori colinergici che, nel caso delle fibre postgangliari parasimpatiche, sono solo
del tipo muscarinico. Ricordiamo che, invece, nella placca neuromuscolare striata esistono recettori
colinergici nicotinici.
Il compito del SNPARASIMPATICA è quello di intervenire al termine dell’azione del SNO quando,
cessata la condizione di emergenza, occorre ricostruire le riserve metaboliche che si sono consumate. Il
parasimpatico è un sistema anabolico e di ristoro.

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