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1L’Alzheimer è particolarmente triste e

orribile perché il paziente perde il


proprio «io» molto prima che il corpo muoia.

È stata definita l'epidemia silente del ventesimo secolo. L’Alzheimer è una


malattia neurodegenerativaaltamente impattante sull'individuo e sulla
sua famiglia. La perdita di sè è un evento sconvolgente che interrompe
relazioni e sconvolge abitudini di vita: non riconoscere gli altri, non essere
riconosciuti, ha conseguenze invalidanti nella vita quotidiana e
ripercussioni assistenziali pesanti che gravano il più delle volte sui

famigliari.

indice
indice

1
Cos’è il Cervello in breve
1 encefalo
2 il cerveletto
1 Cos'è l'ippocampo

2Com'è fatto l’ippocampo


3 Ippocampo: come viene raggiunto dai segnali cerebrali
4Funzioni dell'ippocampo
5 Rapporto fra l'ippocampo e la memoria
6 Rapporto fra ippocampo, morbo di Alzheimer e altre malattie
7 Cosa succede se è questa struttura encefalica è piccola

1Perche scegliere un lavoro cosi


1impegno particolare”: cosa fa di diverso un OSS che lavora in un reparto Alzheimer rispetto ad un
collega impiegato in un altro contesto?
2 E’ stato comunque un totale cambio di prospettiva, come l’ha gestito psicologicamente?
3 Ma è difficile anche il cambio di prospettiva mentale?

1 Definizione alzhaimer

1 Alzheimer: gli stadi della malattia


2 Lo stadio iniziale
3 Nella fase intermedia
4 Nella fase severa
5 Nella fase terminale
6 Alzheimer decorso:
il
cervello, o telencefalo o cerveletto
propriamente detto, è la porzione più
voluminosa e maggiormente specializzata
dell'encefalo, il quale è la struttura nervosa che, assieme al midollo spinale, costituisce il sistema
nervoso centrale.
Organo vitale, il cervello prende posto nella scatola cranica, superiormente ad altre strutture
nervose, sempre dell'encefalo e sempre molto importanti per la vita, come il diencefalo, il tronco
encefalico e il cervelletto.
Il cervello si compone di due elementi pressoché simmetrici, chiamati emisferi cerebrali (emisfero
cerebrale destro ed emisfero cerebrale sinistro); ciascun emisfero cerebrale presenta uno strato
cellulare superficiale ben distinto, costituito da sostanza grigia e denominato corteccia cerebrale, e
una componente cellulare più profonda, formata da sostanza bianca e grigia, e chiamata in modo
generico componente sottocorticale.

'Encefalo è la formazione nervosa che costituisce


una parte fondamentale del sistema nervoso
centrale.
Organo vitale, l'encefalo si compone di quattro
distinti elementi: il cervello, il diencefalo, il
cervelletto e il tronco encefalico.
Concentrato di neuroni e sinapsi, l'encefalo è il
centro di integrazione, elaborazione e controllo delle
funzioni cognitive, delle funzioni motorie e dei
sistemi sensoriali; coordina, inoltre, meccanismi di +
omeostasi e il rilascio di ormoni fondamentali alla
vita.
Cos'è l'ippocampo

L'ippocampoè una struttura


encefalica, costituita
essenzialmente dasostanza grigia,
che fa parte del
cosiddettorinencefalo, termine usato
per indicare un insieme di
strutture nervose, antiche da un
punto di vista filogenetico e aventi
parte nellafunzione olfattiva.
Il rinencefalo comprende:
• L'archipallio: una parte ben distina ed evolutivamente antica delle regioni corticali,
in contrapposizione con il paleopallio, comprendente il lobo olfattivo e il giro ippocampale,
con il neopallio nell'uomo enormemente sviluppato rispetto alle altre zone e comprende la
maggior parte dellaì corteccia cerebrale. A mano a mano che si sale nella scala biologica,
con il decadere della funzione olfattiva a vantaggio di altre più elevate, si osserva nelle varie
specie una progressiva riduzione del rinencefalo (archipallio e paleopallio), fino ad arrivare
alla specie umana, in cui l'enorme sviluppo del neopallio ha costretto in uno spazio
ristrettissimo le rimanenti parti corticali.
• Il paleopallio:è una porzione filogeneticamente più antica della corteccia cerebrale;
nell'uomo, è molto ridotto rispetto al neopallio (corteccia cerebrale a 6 strati e perciò di
notevole compessità, presente solo nell'uomo). Il paleopallio comprende il lobo olfattivo e il
giro dell'ippocampo.

Com'è fatto l’ippocampo


L’ippocampo presenta una struttura curva caratteristica che è stata collegata alla forma del
cavalluccio marino della mitologia greca e dei corni di Amun della mitologia egizia. Questa
organizzazione generale si ritrova in tutte le specie di mammiferi, dal riccio agli esseri umani,
nonostante alcuni dettagli varino.
Per esempio, nel ratto, i due ippocampi assomigliano a due banane unite al gambo. Nei primati,
compresi gli umani, la porzione dell’ippocampo vicina alla base del lobo temporale è più allargata
che quella alla cima. A causa della curvatura tridimensionale di questa struttura, sono spesso
mostrate sezioni bidimensionali. Immagini di neuroimaging possono mostrare un certo numero di
forme differenti a seconda dell’angolo e dalla posizione del taglio.
Topologicamente, la superficie dell’emisfero cerebrale può essere considerata come una sfera con
una rientranza dove si attacca al mesencefalo. Le strutture che fiancheggiano il bordo del foro
collettivamente costituiscono il cosiddetto sistema limbico (latino limbus = confine), con
l'ippocampo che riveste il bordo posteriore di questo foro. Queste strutture limbiche includono
l'ippocampo, la corteccia cingolata, corteccia olfattiva e l'amigdala.
Paul MacLea ha suggerito una volta, come parte della sua teoria del cervello uno e trino, che le
strutture limbiche comprendano le basi neurali delle emozioni. Mentre la maggior parte dei
neuroscienziati non credono più nel concetto di un unico "sistema limbico", queste regioni sono
altamente interconnesse e interagiscono tra loro.
Partendo dal giro dentato e andando verso l'interno lungo la curva a S dell'ippocampo, si
attraversano una serie di zone strette. La prima di queste, il giro dentato (DG), è in realtà una
struttura separata, uno strato fitto di piccole cellule granulari avvolte intorno all’ippocampo, che
forma un cuneo appuntito in alcune sezioni, un semicerchio in altri.
Seguono la serie di aree del cornu ammonis: prima CA4 (sotto il giro dentato), quindi CA3, poi una
piccola zona denominata CA2, quindi CA1. Le aree di CA sono piene di cellule piramidali
densamente impacchettate, simili a quelle trovatenella neocorteccia. Dopo CA1, c’è una zona
chiamatasubiculum.
Dopodiché, c’è una coppia di zone mal definite chiamate presubiculum e parasubiculum, quindi
una transizione alla corteccia propria. La maggior parte degli anatomisti usa il termine "ippocampo
proprio" per riferirsi ai 4 campi di CA e la formazione dell'ippocampo per indicare l’ippocampo
proprio più il giro dentato dell'ippocampo e il subiculum.
Ippocampo: come viene raggiunto dai segnali cerebrali
Le principali vie di flusso del segnale attraverso l'ippocampo, si combinano per formare un anello.
L’ingresso più esterno viene dalla adiacente corteccia entorinale, tramite gli assoni della cosiddetta
via perforante. Questi assoni derivano dallo strato 2 della corteccia entorinale (CE) e terminano nel
giro dentato e CA3. C'è anche un percorso distinto dal livello 3 del CE direttamente al CA1, spesso
indicato come il percorso temporammonico o TA-CA1.
Le cellule granulari del DG inviano i loro assoni (chiamati "fibre muscoidi") al CA3. Le cellule
piramidali del CA3 inviano i loro assoni a CA1. Le cellule piramidali di CA1 inviano i loro assoni al
subiculum e agli strati profondi della CE. I neuroni subiculari inviano i loro assoni principalmente
alla CE.
Funzioni dell'ippocampo
L'ippocampo fa parte di un sistema che dirige molte funzioni corporee: il sistema limbico. Questo
sistema si trova nel lobo temporale mediale del cervello, vicino al centro del cervello. Queste
strutture aiutano a controllare diverse funzioni corporee, come il sistema endocrino e ciò che è
comunemente noto come la reazione "lotta o fuga".
L'ippocampo è coinvolto nella conservazione della memoria a lungo termine, che include tutte le
conoscenze e le esperienze passate. Gli scienziati non sono sicuri di come ciò avvenga. In
particolare, l'ippocampo sembra giocare un ruolo importante nella memoria dichiarativa, il tipo di
memoria che coinvolge cose che possono essere volutamente richiamate, come fatti o eventi.
Non è coinvolto nella memoria a breve termine e nei tipi din memoria procedurale777(la memoria
su come fare azioni motorie, come camminare). Questi sono principalmente gestiti dalla cortecciaì
e dal cervelletto.
Le persone che hanno perso la funzione o hanno rimosso parti importanti del sistema limbico ma
hanno ancora l'ippocampo, hanno solo la memoria a lungo termine e non possono registrare nuovi
ricordi o funzioni.
I ricercatori affermano che il sangue "giovane" rivitalizza le capacità di apprendimento e memoria
dei topi anziani. Lo studio dimostra che il cervello che invecchia ha problemi a generare le onde
cerebrali necessarie per un sonno profondo.
Gli esperti concordano nel dire che l'ippocampo gioca un ruolo nella formazione di nuovi ricordi e
nella scoperta di nuovi ambienti, eventi e stimoli. Tuttavia, gli studi hanno dimostrato che il danno
all'ippocampo non influisce sulla capacità di una persona di apprendere una nuova abilità, come
suonare uno strumento musicale o risolvere determinati tipi di enigmi che suggerisce che le
memorie coinvolte nell'apprendimento di una procedura siano governate da aree del cervello
diverse dall'ippocampo.
La ricerca ha dimostrato che le cellule nervose continuano a svilupparsi durante l'età adulta.
L'ippocampo è uno dei pochi posti nel cervello in cui si generano nuove cellule nervose.
Rapporto fra l'ippocampo e la memoria
Se una o entrambe le parti dell'ippocampo sono danneggiate da malattie come il morbo di
Alzheimer o se vengono ferite in un incidente, la persona può sperimentare una perdita di
memoria e una perdita della capacità di creare nuovi ricordi a lungo termine.
Potrebbe non essere in grado di ricordare alcune cose accadute poco prima del danno
dell'ippocampo, ma potrebbe ricordare ancora cose accadute molto tempo fa. Questo perché i
ricordi a lungo termine sono memorizzati in un'altra parte del cervello, una volta che diventano a
lungo termine.
L'amnesia globale transitoria è una forma specifica di perdita di memoria che si sviluppa
improvvisamente, apparentemente da sola, e poi scompare rapidamente.
La maggior parte delle persone con amnesia globale transitoria alla fine riacquista i suoi ricordi, ma
le ragioni per cui il problema si verifica e perché si risolve non sono chiare. Potrebbe essere il
danno all'ippocampo.
Danni all'ippocampo possono rendere difficile ricordare come arrivare da un luogo all'altro. La
persona potrebbe essere in grado di disegnare una mappa del quartiere in cui viveva da bambina,
ma provare ad andare in un negozio in una nuova area può risultare difficile.
Rapporto fra ippocampo, morbo di Alzheimer e altre malattie
I danni all'ippocampo sono stati collegati anche a condizioni come la schizofrenia e il disturbo da
stress post-traumatico.
L'ippocampo è una parte sensibile del cervello. Una serie di condizioni può influire negativamente
su di esso, inclusa l'esposizione a lungo termine a livelli elevati di stress. Diverse malattie e fattori
sono note per compromettere la capacità dell'ippocampo di fare il suo lavoro:
• Morbo di Alzheimer: l'ippocampo è una delle prime aree colpite dal morbo di Alzheimer.
Un segno precoce di Alzheimer è quando una persona inizia a perdere la memoria a breve
termine. Potrebbe anche avere difficoltà a seguire le indicazioni. Mentre la malattia
progredisce, l'ippocampo perde volume e diventa più difficile la vita quotidiana.
• Epilessia : tra il 50 e il 75% delle persone con epilessia ha danni all'ippocampo. Tuttavia, non
è chiaro se l'epilessia sia la causa o il risultato di questo danno.
• Depressione e stress: nelle persone con grave depressione, l'ippocampo perde volume. Gli
scienziati non sono sicuri se le piccole dimensioni siano il risultato di una depressione o se
sia un fattore che contribuisce. Ci sono prove che lo stress abbia un impatto negativo
sull'ippocampo.
Cosa succede se è questa struttura encefalica è piccola
La malattia di Alzheimer, la depressione e lo stress sembrano essere collegati a un ippocampo di
dimensioni più ridotte. Nell'Alzheimer, la dimensione dell'ippocampo può essere utilizzata per
diagnosticare la progressione della malattia. Nelle persone con depressione, l'ippocampo può
ridursi fino al 20%.

Perche scegliere un lavoro cosi


Si, l’ho scelto io, perché lavoravo in una casa di riposo e durante il percorso che ho fatto, partendo
dalla scuola, ho visto la particolarità di questi pazienti. E ho scelto di dedicarmi a loro ed iniziare
questo nuovo cammino. E’ stata una scelta personale. L’anziano ti offre tantissimo ma l’Alzheimer
fa evolvere anche te, ti fa imparare, ti fa crescere, perché poi nessun paziente è uguale ad un altro.
La vecchiaia si sa com’è, ma il malato di Alzheimer è diverso, tu devi trovare la strategia giusta sia
per poter convivere con lui, sia per fare che partecipi alle tue attività. Anche verso se stessi è un
impegno particolare.

“impegno particolare”: cosa fa di diverso un OSS che lavora in un reparto Alzheimer rispetto ad un
collega impiegato in un altro contesto?
Per prima cosa un OSS che lavora in un struttura Alzheimer nn solo quello anche con altre
patologie deve avere molta, molta pazienza, molta, molta calma. Quando uno fa formazione e va
in questi posti capisce se può fare questo lavoro o no. Certamente non è per tutti, infatti tanti si
tirano indietro dopo aver visto la particolarità della malattia, perché bisogna considerare, ad
esempio, che l’Alzheimer può dare origine anche ad aggressività. Però, non bisogna avere paura,
perché loro se ne accorgono, bisogna cercare i modi giusti per avvicinarsi. Ad esempio non bisogna
toccarli subito e cercare di parlare con loro usando un determinato tono di voce. Questo è molto
importante: se il tuo tono è calmo, anche il paziente riesce ad essere calmo e quindi lo si può
gestire meglio. E va tutto a vantaggio suo……..devo dire che dentro la struttura che ho fatto la
formazione ho in contrato un infermiera liliana fantastica mi ha insegnato come aprocciarmi con i
pazienti anche detti ospiti ho imparato anche a d'ascoltare le loro emozioni le loro depressioni e la
solitudine a volte devo dire che non e facile vederli a piangere perché volevano tornare a casa da i
loro famigliari mi piangeva il cuore e stata un esperienza in dimenticabile grazie plucofrm

E’ stato comunque un totale cambio di prospettiva, come l’ha gestito psicologicamente?


Io ho affrontato tutto benissimo. Ho anche famiglia, due figli (che sono p più piccoli). Mio marito
mi ha dato molto sostegno. Andavo via alla mattina prestom e non tornavo alla sera, ma lui mi ha
dato sempre sostegno, mi diceva: “se questo è il tuo percorso fallo, non lasciarlo perdere”. Ho
cercato anche aiuto dai miei, mia madre emi o padre mi ha accudito un po’ i bambini e io ho finito
il percorso. Quando ho visto che veramente a me interessava ho fatto molti sacrifici. Abbandonare
la famiglia per tanto tempo non è facile, soprattutto quando hai dei figli che vanno alla scuola
elementare esensa vederli. E per giunta ancora non sapevo bene a cosa stavo andando incontro,
però ho detto: 1 anni di sacrificio e lo faccio. Non è facile eh, per una che già ha famiglia e lavora la
notte non è per niente facile.
Ma è difficile anche il cambio di prospettiva mentale?
Sì, io all’inizio quando ho ricominciato a studiare mi sentivo confusa, mi dicevo: io non capisco
niente. Perché non ero più allenata, non essendolo, il cervello ti rimbomba, poi invece mi sono
impegnata, ho studiato tantissimo e ho imparato ad apprezzare e a crescere pure con mestasse
devo ringraziare anche l insegnanti che ci anno insegnato determinate cose che non sapevo
Definizione

Alzheimer: gli stadi della malattia


(AD) è una patologia neurodegenerativa inesorabilmente progressiva. Classicamente, vengono
descritti tre stadi di sviluppo della malattia in base alla gravità dei sintomi e alla presenza di
complicanze.
Lo stadio inizial è caratterizzato principalmente dalla presenza del deficit di memoria anterograda,
la funzione cognitiva più precocemente compromessa, con difficoltà nell’apprendimento e nella
rievocazione degli eventi più recenti.Il disorientamento temporale e topografico, se presente, è
occasionale e si manifesta soprattutto come difficoltà a seguire percorsi abituali. I disturbi del
linguaggio e delle funzioni attentivo-esecutive sono assenti o embrionali. La sintomatologia psico-
comportamentale è rappresentata soprattutto da una deflessione del tono dell’umore associata ad
ansia e spesso reattiva alle difficoltà secondarie alla patologia. Può esserci un’iniziale riduzione
dell’interazione sociale, che spesso viene attribuita all’invecchiamento più che alla malattia
sottostante.
Nella fase intermedia, si assiste ad un aggravamento della sintomatologia, che inizia ad avere un
impatto importante sulla vita quotidiana del paziente. Il deficit mnesico si estende ad interessare
anche episodi non recenti, conoscenze e nozioni precedentemente apprese e talvolta eventi
autobiografici. Il disorientamento spazio-temporale diviene più costante e i pazienti escono di casa
solo se accompagnati. L’espressione e la comprensione di pensieri complessi diventa difficoltosa e i
pazienti appaiono da un lato più apatici e ritirati, dall’altro più aggressivi e irritabili. Possono
comparire difficoltà nell’utilizzo di oggetti di uso comune o nel vestire (aprassia) e nel
riconoscimento di volti anche familiari (prosopoagnosia).
Nella fase severa La perdita di memoria e grave la persona non riconosce volti e luoghi familiari
La capacita di esprimersi con le parole e di capire cosa le viene detto si perde quasi totalmente la
comunicazione non verbale invece invece si mantiene più a lungo Alterazione del sonno
vagabondaggio,urla,agitazione,irritabilità che si manifesta di più la persona e completamente
dipendente da altri
Nella fase terminale, i pazienti sono costretti a letto e necessitano di assistenza continua. Si assiste
ad un’ulteriore accentuazione dei sintomi già presenti nelle fasi precedenti a cui si associano una
grave compromissione motoria, che interessa anche il distretto cranico causando disfagia e
difficoltà nell’alimentazione, e la comparsa di crisi epilettiche. L’insorgenza di complicanze,
soprattutto di natura polmonare, porta infine i pazienti al decesso.
Alzheimer decorso: lo stadio preclinico e quello prodromico della malattia.
In aggiunta a questi quatro stadi principali, vengono identificati, soprattutto in ambito di ricerca
clinica, uno stadio preclinico e uno prodromico di malattia di Alzheimer. Lo stadio preclinico è
definito dalla evidenza agli esami strumentali di mutazioni patogenetiche o di una neuropatologia
compatibile con la malattia di Alzheimer in assenza di sintomi o segni di malattia. Lo stadio
prodromico, invece, si caratterizza per la presenza di un iniziale disturbo di memoria, ma non
ancora tale da avere un impatto significativo sulla vita del paziente.

Diagnosticare l'Alzheimer
Non esiste un semplice test per capire se qualcuno soffre del morbo di Alzheimer. La diagnosi
richiede una valutazione medica completa, che può includere:
L'anamnesi della famiglia del soggetto
• esame fisisico

E l esame dello stato fisico della persona per capire se a causare disturbi
• Test cognitivi per valutare la memoria e il pensiero disturbi cognitivi non sia

• Esami del sangue (per escludere altre possibili cause dei sintomi)

• Imaging del cervello (Brain imaging)

Mentre i medici, generalmente, possono stabilire se una persona soffre di demenza, può essere più
difficile distinguerne la tipologia. Una diagnosi errata è più comune in presenza di una forma di
morbo di Alzheimer a insorgenza precoce. Ricevere una diagnosi accurata in una fase precoce della
malattia è importante per avere a disposizione:
• Una maggiore probabilità di beneficiare di trattamenti disponibili, che possono migliorare
la qualità della vita
• L'opportunità di ricevere servizi di supporto

• La possibilità di partecipare a prove e studi clinici

• L'opportunità di esprimere desideri, per quanto riguarda le future modalità di cura e di


vita
• Il tempo di mettere in atto piani finanziari e giuridici

Supporto e trattamento del morbo di Alzheimer


Anche se, attualmente, non esistono trattamenti disponibili per rallentare o fermare il danno
cerebrale causato dal morbo di Alzheimer, alcuni farmaci possono aiutare, temporaneamente, a
migliorare i sintomi della demenza per alcune persone. Questi farmaci funzionano aumentando i
neurotrasmettitori nel cervello. Per conoscere la politica di rimborso del governo italiano per i
farmaci anti-demenza, visiti il sito web Alzheimer’s Europe.
ricercatori continuano a perseguire modi per trattare meglio il morbo di Alzheimer e le altre
demenze progressive. Attualmente, sono in corso decine di terapie e trattamenti farmacologici che
cercano di fermare la morte delle cellule cerebrali associate con il morbo di Alzheimer.
Inoltre, sono in atto sistemi di supporto e vengono attuati interventi comportamentali non
farmacologici in grado di migliorare la qualità della vita delle persone affette da demenza, nonché
delle persone che le assistono e delle loro famiglie. Citiamo tra l’altro:

trattamento di condizioni mediche coesistenti


• Il coordinamento dell'assistenza tra gli operatori sanitari

• La partecipazione ad attività in grado di migliorare l'umore

• Interventi comportamentali (per essere di aiuto in presenza di cambiamenti comuni, quali


ad esempio l'aggressività, problemi di sonno e agitazione)
• Educazione con riferimento alla malattia

• Costruzione di un team di assistenza per il supporto

Alimentazione
La demenza è un termine generico utilizzato per descrivere il declino delle facoltà mentali con una
gravità tale da interferire con le normali attività quotidiane. A livello mondiale si calcola siano 46,8
milioni le persone affette da una forma di demenza, in Italia sono più di 1,2 milioni, una cifra
destinata a raddoppiare ogni 20 anni. Il morbo di Alzheimer è una patologia neurodegenerativa ad
andamento progressivo, rappresenta la più comune forma di demenza che determina una graduale
perdita delle funzioni cognitive e dell’autonomia della persona, la perdita di memoria è l’esempio
più evidente di questo declino. Il morbo viene spesso erroneamente definito come “demenza
senile” in quanto la maggior parte delle persone colpite ha più di 65 anni, tuttavia non sono solo gli
anziani ad essere colpiti. Il 5% di coloro che soffrono di questa malattia riscontra un’insorgenza
precoce (insorgenza anticipata) che spesso appare tra i 40 e i 60 anni. Il decorso è molto variabile,
tuttavia, le attività quotidiane molto semplici possono diventare via via sempre più complicate per
il malato. Al momento non esiste una terapia definitiva per questa patologia, pertanto risulta
fondamentale adottare tutti quei comportamenti che possono prevenirla o rallentarne il decorso.
Alimentazione e qualità della vita
2L’alimentazione riveste un ruolo fondamentale nella persona che soffre di malatia Alzheimer ;
permette infatti di preservare uno stato di salute ottimale nonostante la demenza spesso induca
2
una malnutrizione. I disturbi mnemonici e cognitivi, la difficoltà nell’eseguire gesti abituali ed
eventuali alterazioni del gusto e dell’olfatto o del centro che regola fame e sazietà (problematiche
che possono manifestarsi in concomitanza della malattia) possono intervenire nel compromettere
la capacità di alimentarsi in modo equilibrato e corretto .
Occuparsi dell’alimentazione del malato è fondamentale per cercare di prevenire altri disturbi
dovuti a scorretti regimi alimentari che si sovrapporrebbero ad una già difficile gestione della
malattia. Possiamo riconoscere due atteggiamenti diversi e tendenzialmente opposti nel malato di
Alzheimer, entrambi importanti da riconoscere e da correggere per non creare squilibri clinici.
1. Alimentazione smisurata. Mangiare con avidità più del necessario senza rispettare l’ordine
dei piatti (colazione, primo, secondo, cena) a volte ingurgitando il cibo che potrebbe essere tagliato
male o cotto in modo incompleto andando incontro al rischio di soffocamento o di intossicazioni. Il
rischio principale legato a questo tipo di atteggiamento è di sviluppare nel tempo obesità. Per
evitare ciò, potrebbe essere utile ricorrere a spuntini non troppo calorici (verdure crude, frutta,
yogurt, grissini senza sale aggiunto…); limitare le porzioni di cibo nel piatto; non tenere il cibo in
vista; monitorare il peso corporeo settimanalmente.
2. Alimentazione
carente. Dimenticarsi dei
pasti, mangiare con
selezione e resistenza
introducendo meno cibo
rispetto al fabbisogno
energetico, potrebbe portare
ad un rapido dimagrimento e
lo sviluppo di uno stato di
malnutrizione
che può comportare una
riduzione della massa
muscolare, un fenomeno già
in atto nelle persone anziane.
In questi casi potrebbe essere
utile controllare la
quantità di cibo
effettivamente introdotto, ad esempio attraverso la compilazione di un diario, e utilizzare cibi con
elevato valore nutritivo come latte e derivati, Grana Padano DOP, yogurt intero, ma anche alimenti
con elevato valore energetico come burro, olio, miele.
Assistere con rispetto

L’alimentazione di ogni persona è radicata nelle abitudini costruite nei decenni che formano
convinzioni difficili da sradicare per tutti, non solo per chi soffre del morbo di Alzheimer. Vi sono
comunque piccole regole che aiutano coloro che vogliono avvicinarsi il più possibile ad un modo
sano di alimentarsi:
• Comprare solo quello che si deve mangiare, mettere in tavola solo le porzioni.

• Rispettare i momenti destinati all’alimentazione: colazione del mattino, spuntino di metà


mattina , pranzo, merenda, cena.
• Rispettare la composizione dei pasti principali: primo, secondo, frutta.

• Masticare bene e mangiare lentamente.

La persona ammalata di Alzheimer, con tutte le sue disfunzioni, va seguita e sostenuta con grande
attenzione e rispetto, ma anche incoraggiata alle buone pratiche e questi semplici accorgimenti
aiuteranno chi assiste il malato, man mano che si aggraverà la sua perdita di autonomia.
Raccomandazioni generali
• Seguire una dieta equilibrata che contenga carboidrati, proteine, grassi nelle giuste
quantità, vitamine, sali minerali e fibra per soddisfare tutti i fabbisogni nutrizionali; è fondamentale
assumere una corretta quantità di liquidi
• Variare liberamente il menù quotidiano, se non sono presenti patologie che determinano
scelte controllate, tenendo conto dei gusti e delle preferenze della persona, ma rispettando
la frequenza giornaliera e settimanale degli alimenti fondamentali : latte e latticini, carne, pesce,
verdura, frutta.
• Rendere piacevole il momento del pasto, rispettando le sue abitudini d’orario e di
ambiente, e dedicando particolare attenzione alla tipologia e alla presentazione dei cibi; concedere
tutto il tempo necessario per mangiare.
• Presentare un cibo per volta in piatti diversi, magari già tagliato a pezzetti, con posate
adeguate, in modo da non provocare ansia.
• Controllare la postura durante il pasto, per evitare che il cibo passi nelle vie aeree e
controllare la bocca in caso di dentiera per verificare la sua stabilità.
• Suggerire con tranquillità semplici indicazioni come per esempio: “mastica”, “deglutisci”,

• Assicurarsi della corretta temperatura dei cibi perché l’ammalato di Alzheimer potrebbe
non essere in grado di distinguere se un alimento è caldo o freddo. “bevi” facendo in modo che la
persona ammalata non abbia paura di sporcare, rovesciare o rompere qualcosa.
• Incoraggiare a mangiare senza aiuto, ma solo con la supervisione, per quanto più tempo
possibile (in commercio esistono ausili che possono essere utili come tovagliette antiscivolo, piatti
termici, posate con impugnatura adattata, bicchieri con beccuccio).
• Prestare attenzione ai pericoli presenti nell’ambiente domestico: acqua bollente, forno a
gas, oggetti appuntiti, detersivi che è opportuno conservare in luoghi difficilmente accessibili.
Alimentazione come prevenzione del decadimento cognitivo
Esiste una dieta che prevenga la malattia di Alzheimer? Purtroppo si tratta di una patologia
multifattoriale, quindi la sola alimentazione non può evitarne la comparsa, tuttavia, al momento
possiamo dire che, al fine di prevenire il decadimento cognitivo e preservare le funzioni del nostro
cervello, è bene attenersi ad alcune indicazioni nutrizionali e comportamentali quali:
• Assumere giornalmente e in abbondanti quantità cibi di origine vegetale : verdura, legumi,
frutta, cereali integrali.
• Assumere giornalmente adeguate quantità di vitamina E , potente antiossidante, ad
esempio attraverso il consumo di una piccola porzione di noci, mandorle, nocciole o altri semi
oleaginosi, 3/5 cucchiaini di olio extravergine di oliva.
• Assumere giornalmente adeguate quantità di vitamina B12 ad esempio attraverso latte e
derivati, Grana Padano, uova, carne e pesce
• Evitare il più possibile l’assunzione di grassi saturi della carne (mangiarla togliendo sempre il
grasso visibile) in particolare grassi trans (presenti in molti snack e merendine ed indicati in
etichetta con la dicitura "oli parzialmente idrogenati")
• Svolgere regolare attività fisica di tipo aerobico . Si raccomandano almeno 150 minuti
(ottimali 300) di esercizio fisico settimanale.
Mantenere la mente allenata dedicandosi a giochi di ragionamento come cruciverba, Sudoku e
testi per imparare.
Compredere per essere compreso
Il peso della cura
La demenza è una malattia che non soltanto affligge il malato, ma si ripercuote emotivamente in
maniera pesante anche su coloro che l’assistono: il coniuge, i figli, i familiari. L'assistenza, come
segnalato nei punti precedenti, può essere talvolta un compito estremamente difficile e gravoso. È
necessario pianificare l’impegno che i familiari devono investire nell’assistenza del malato, che può
anche durare per molti anni. È importante fare i conti con le proprie forze e con le proprie energie.
Non pensare di essere da soli Servizi igienici e incontinenza Cucina e Alimentazione Sonno e veglia
4.Il peso della cura VII nell’affrontare le cure richieste ma accettare di aver bisogno di aiuto. Non è
sempre semplice, come non lo è accettare la malattia del proprio caro, ma chiedere un aiuto non
significa non essere in grado di assistere la persona, ma riconoscere e rispettare i propri limiti e
progettare un tipo d’assistenza che veda coinvolti più soggetti. Il carico emotivo personale è
enorme, e chi assiste il paziente ha bisogno di sviluppare un insieme di strategie per far fronte
all'evoluzione della malattia. Capire le proprie emozioni può essere di aiuto nella gestione del
malato, così come può essere utile per se stessi. Alcune delle emozioni che si possono
sperimentare in questi casi sono elencate di seguito:
Depressione e angoscia:
emozioni legate alla perdita, è naturale confrontare come era la persona cara prima e dopo
l'insorgenza della malattia e avere la sensazione di aver perso un compagno, un amico o un
familiare a causa della patologia. Particolarmente angosciante può essere soprattutto il momento
in cui il malato non riconosce più le persone care. Molte persone che assistono questo tipo di
malati hanno trovato grande supporto nei gruppi di auto-aiuto e negli Alzheimer Cafè
Senso di colpa
comune e naturale sentirsi in colpa per il fatto di provare imbarazzo per il comportamento del
malato di Alzheimer, a volte addirittura rabbia nei suoi confronti. Il senso di colpa emerge anche
quando, a causa della sensazione di non poter sostenere a lungo il gravoso compito dell'assistenza,
si comincia a riflettere riguardo alle probabili nuove soluzioni quali un ricovero del caro in una
struttura assistenziale.
Rabbia:
chi assiste prova rabbia nei confronti del paziente, di sè stesso, del medico, dei servizi o della
situazione in generale. Importante cercare di distinguere tra la rabbia nei confronti della persona e
irritazione verso il suo comportamento determinato dalla malattia. Può essere utile cercare pareri
e consigli da familiari, amici e gruppi di supporto. Il sentimento di rabbia può essere talvolta così
intenso, da perdere il controllo nei confronti della persona che si assiste: in questo caso è
necessario chiedere aiuto ad uno specialista.
Imbarazzo
il familiare si può sentire a disagio quando la persona ammalata si comporta in pubblico in maniera
inadeguata; questa sensazione può tuttavia scomparire parlandone con altri, amici o familiari, che
condividono esperienze analoghe. Occorre spiegare a parenti, amici, vicini e conoscenti che gli
atteggiamenti del malato dipendono dalla malattia, così da accrescere la loro tolleranza nei suoi
confronti.
Solitudine
molte persone che assistono tendono ad isolarsi insieme al malato e a rimanere confinati in casa; il
rischio è quindi di perdere i propri contatti sociali e le relazioni interpersonali, per accudire il
malato. Questo isolamento, a sua volta, peggiora la situazione e rende ancora più gravosa
l'assistenza della persona ammalata. Occorre, pertanto, cercare di mantenere una vita sociale e
delle amicizie, cercando di condividere il carico dell'assistenza con parenti ed amici. Il malato non
deve comunque essere abbandonato. Ci si può trovare nella condizione di dover assumere gran
parte delle responsabilità che erano prima del malato, come la gestione della casa, cucinare,
pagare le bollette, determinando un aumento del livello di stress della persona che assiste. In
questo caso può essere utile discutere di questi problemi con altri parenti e con gli operatori
sanitari.
Famiglia:
è importante accettare il supporto che può venire da altri membri del nucleo familiare, affinchè il
carico non pesi solo su di una persona. Se, al contrario, ci si sente Depressione e angoscia: Senso di
colpa: Rabbia: Imbarazzo: Solitudine: Famiglia: VIII stressati perchè non si riceve aiuto e
comprensione, può essere utile convocare una riunione familiare per discutere l'assistenza da
fornire al malato.
Condividere i propri problemi
E' necessario fare partecipi delle proprie esperienze e dei propri stati d'animo le persone a voi
vicine. Se cercate di nascondere tutti i problemi può essere veramente difficile, quasi impossibile,
assistere un'altra persona. Il confronto con altri che vivono gli stessi problemi aiuta a riconoscere
come normali e naturali le proprie reazioni. La maggior parte delle persone capisce quali sono i
propri limiti solo quando il carico dell'assistenza sta per sopraffarli. Se la situazione è prossima a
diventare critica è d'obbligo accettare e richiedere aiuti esterni, rivolgendosi ai servizi sociali del
proprio comune o alle organizzazioni di volontariato, così da evitare situazioni di crisi.
Chiedere e accettare consigli
è utile cercare dei suggerimenti relativamente al proprio ruolo che cambia, e ai mutamenti che
intervengono nella persona ammalata. Talvolta è difficile accettare aiuto, soprattutto se non si è
abituati. Tuttavia, anche se familiari, amici o vicini hanno la volontà di aiutare, possono non sapere
che cosa è utile o ben accetto. Dategli delle indicazioni, una parola, un suggerimento,
consentendogli di essere e sentirsi efficaci. In questo modo condividerete il carico fisico ed emotivo
dell'assistenza anche con altri, che potranno comprendere maggiormente l'impegno che comporta
la cura di una persona affetta da morbo di Alzheimer. Un gruppo di auto-aiuto può essere di
supporto e rappresentare un'occasione di condivisione di problemi e soluzioni. E' fondamentale
conoscere le sedi presenti nel territorio in cui si risiede dove è possibile ottenere aiuto dal punto di
vista medico, organizzativo, personale o finanziario. Il proprio medico, infermiere o assistente
sociale può indirizzarvi verso le risorse necessarie.
Asistenza
Nell’assistenza ad una persona affetta da demenza ci sono alcune indicazioni relative al come
comportarsi nei vari momenti della giornata per affrontare le diverse difficoltà che si presentano in
ogni attività (alimentazione, vestizione e igiene, sonno, uscite, ecc…) cercando di mantenere un
clima sereno e di accoglienza delle varie manifestazioni comportamentali. È molto importante
ricordarsi di alcune cose fondamentali: Non forzare mai la persona: di solito se il malato si rifiuta di
fare qualcosa ci sono dei motivi, oppure non è arrivato ancora il momento, a volte basta aspettare
cinque minuti, riproporre l’attività e la persona acconsente volentieri. Cercare sempre di
coinvolgerlo nelle attività con consegne chiare e semplici, attraverso esempi come: “Riordiniamo il
tavolo?”, “Aiutami a mettere le posate in questo cassetto (aprendo il cassetto e mettendo per primi
gli oggetti)”. Anche se sembra capire e ascoltare tutto ciò che si dice, la persona affetta da demenza
trattiene in memoria molto poco del contenuto di un discorso fatto perciò è utile formulare frasi
corte con pochi passaggi. La malattia si manifesta in modi diversi; spesso succede che, il malato,
nello stesso giorno, alterni momenti di “ lucidità” a momenti di confusione. La percezione è quella
che ci stia prendendo in giro Nel limite del possibile mantenere un ordine e una cadenza del ritmo
quotidiano. Lasciare fare al malato le cose che è ancora in grado di svolgere Mantenere una certa
autonomia offre un buon stimolo e un buon segnale che aiuta molto la ormai fragile sicurezza in sé
stesso. Inoltre, in questo modo, si posticipa la comparsa di alcuni bisogni di dipendenza nel
compiere gli atti di vita quotidiana. Di seguito si elencano alcune situazioni di vita quotidiana in cui
si presentano più frequentemente difficoltà di gestione ed alcuni possibili consigli su come fare: La
persona malata può dimenticare di lavarsi, non rendersi conto di questa necessità o addirittura
avere dimenticato le azioni da compiere. In questa situazione è importante rispettare la dignità
della persona, senza forzarla e senza pretendere dal malato ciò che non può più fare. È importante
mantenere le precedenti abitudini e permettere al malato di svolgere in autonomia le attività che è
in grado di compiere. Qualora la doccia crei disagio il contatto con l’acqua a volte provoca molta
paura si consiglia in alternativa di fare il bagno, o di aiutarlo a lavarsi per pezzi. Per l’abbigliamento
si consiglia di utilizzare qualcosa di semplice con tessuti morbidi ed elastici come pantaloni con
elastico in vita senza bottoni; inoltre può essere comodo evitare scarpe con stringhe e preferire
quelle con velcro. È utile organizzare l’armadio per stagioni, in modo che la persona possa vestirsi
in autonomia potendo scegliere tra capi di abbigliamento in accordo con la stagione dell’anno. . È
sempre importante ricordarsi le abitudini precedenti la malattia, in quanto, gli atteggiamenti di
rifiuto possono richiamare un particolare modo di vestirsi o di scelta dei capi di abbigliamento
Servizi igienici e incontinenza
La persona malata può perdere la capacità di riconoscere gli stimoli fisiologici, dimenticare dove
siano i servizi igienici o come ci si debba comportare in questa situazione. A volte può essere
d’aiuto l’invitare il malato a recarsi in bagno prima di andare da qualche parte accompagnandolo di
persona. L’incontinenza è un sintomo che si presenta nella maggior parte dei casi con l’evolversi
della malattia. Con l’aiuto del personale medico si può capire se serva l’utilizzo dei pannoloni o
altro.
Sonno e veglia
Il malato può agitarsi durante la notte. È frequente che il ritmo sonno-veglia soffra qualche
modifica con la malattia. La persona malata non essendo più in grado di riconoscere alcune
sequenze logiche può non collegare la notte con il riposo e scegliere di camminare, fare degli
spostamenti di oggetti, richiedendo un’attenzione particolare. Si dovrebbe con pazienza capire la
richiesta che il malato fa e se possibile accontentarlo. Inoltre, è consigliabile favorire le attività
durante il giorno ed aiutarlo a rilassarsi prima di andare a letto attraverso un ambiente tranquillo:
una tazza di latte tiepido e musica rilassante (se gradita) possono essere d’aiuto. Bisogna anche
assicurarsi che prima di coricarsi il malato non abbia bisogno di andare al bagno, mangiare o bere e
che non senta caldo o freddo, poiché spesso i disturbi comportamentali vengono scatenati da
bisogni fisiologici.
Servizi Sanitari:
SAD: Servizio Assistenza Domiciliare Il servizio, riservato ad anziani con più di 65 anni (o disabili
anche di età inferiore), è costituito Accettare la relazione cervello-comportamento: Servizi Sanitari:
Servizi Sociali: strutture residenziali.

Domiciliare sono:
1.aiuto per la cura della persona (igiene personale)
2.aiuto per il governo della casa (pulizie, commissioni e spese)
3.sostegno per lo svolgimento delle attività quotidiane
4.aiuto per il mantenimento dei rapporti amicali e di vicinato. Il servizio è gratuito per i nuclei
familiari al di sotto di una certa soglia di reddito ISEE, mentre è prevista la compartecipazione alla
spesa delle famiglie che eccedono dai parametri stabiliti dalle Amministrazioni comunali.
5.La rete dei servizi XI dall’insieme di prestazioni esclusivamente di natura socio-assistenziale (non
sanitaria) prestate al domicilio, al fine di consentire la permanenza nel normale ambiente di vita e
di ridurre il ricorso al ricovero in strutture residenziali. Le principali prestazioni erogate dal Servizio
di Assistenza

Buoni sociali Sono contributi economici erogati per sostenere le famiglie che hanno a carico
persone di.sabili o anziane e che svolgono lavoro di cura e assistenza. Vengono concessi sulla base
di un tetto limite dell’indicatore ISEE.
Ricoveri temporanei Al fine di offrire un supporto alle famiglie che assistono una persona malata,
vengono attivati dagli Ambiti Territoriali dei ricoveri di sollievo che prevedono periodi di
permanenza, variabili tra i 15 e i 30 giorni, presso strutture residenziali (RSA). Tale prestazione non
è sovrapponibile a quelli già esistenti, ma permette ai familiari che assistono continuativamente il
malato di concedersi un tempo “di sollievo” in cui poter riprendere le energie necessarie per
continuare a garantire l’adeguata assistenza al proprio caro. I ricoveri temporanei sono attivati,
previo domanda al servizio sociale del comune di residenza, che valuterà il bisogno e, in accordo
con i familiari e la RSA, organizzerà il periodo di permanenza dell’interessato. RSA : Residenze
Sanitarie Assistenziali Le RSA, ex Case di Riposo, rappresentano la collocazione residenziale,
temporanea o definitiva, degli anziani non autosufficienti o con limitato grado di autonomia che
non possono più essere assistiti a domicilio. Alcune RSA (nella nostra provincia sono due, per un
totale di 70 posti letto) hanno Nuclei Alzheimer accreditati dalla Regione, ma anche altre I servizi
residenziali e semiresidenziali: XII RSA hanno organizzato al proprio interno reparti ad hoc,
dotandosi di personale preparato per la cura e l’assistenza specifica, e sono quindi in grado di
accogliere malati affetti da demenza e malati di Alzheimer. Nella RSA sono garantite l’assistenza
medica e infermieristica, la riabilitazione, l’aiuto nello svolgimento delle attività quotidiane, attività
di animazione e socializzazione, oltre ai servizi cosiddetti “alberghieri”. Le RSA fanno parte della
rete di servizi territoriali di primo livello e per accedervi, l’interessato o i suoi familiari, devono
presentare la domanda direttamente alla struttura individuata tra quelle accreditate dalla Regione,
o presso il CUP (Centro Unico di Prenotazione) attivato dall’Ambito Territoriale, che gestisce per più
RSA gli accessi (ad esempio in Valle Seriana). Le rette sono stabilite autonomamente dagli Enti che
le gestiscono. Una parte della spesa è a carico del SSN, tale contributo erogato dalla Regione, a
copertura delle spese sanitarie sostenute dalle RSA nei posti letto accreditati, varia a seconda delle
condizioni di salute/autonomia dell’ospite, che sono monitorate dal medico della RSA e classificate
secondo i criteri regionali (che definiscono in 8 classi -SOSIA- la fragilità dell’anziano). La parte
restante è a carico del paziente e della sua famiglia. Le Amministrazioni comunali possono stabilire
un eventuale contributo alla spesa per le famiglie al di sotto di una determinata soglia di ISEE. CDI:
Centri Diurni Integrati Anche i Centri Diurni Integrati sono servizi rivolti a persone anziane non
autosufficienti o con limitata autonomia che operano, però, in regime diurno. Rappresentano un
supporto a situazioni familiari precarie in alternativa al ricovero a tempo pieno. In questi Centri
sono offerti una serie di interventi sia di natura socio-assistenziale (assistenza diretta nelle attività
quotidiane, di sostegno psicologico, di animazione e di socializzazione), che interventi sanitari
(infermieristici, medico-geriatrici, riabilitativi). Per usufruire del servizio, le famiglie o le persone
interessate possono rivolgersi ai Servizi Sociali del Comune di residenza, al Distretto ASL di
appartenenza, o direttamente alle strutture, nell’ambito di quelle accreditate presso la Regione,
dove potranno avere tutte le informazioni necessarie per conoscere le prestazioni offerte e la loro
organizzazione, anche ricevendo la Carta dei Servizi di cui ogni CDI (così come ogni RSA) è dotato.
6.Diritti e tutela delle persone affette da demenza e dei loro familiari
Riconoscimento di invalidità e delle agevolazioni ai sensi della legge 104/92 (legge quadro per
l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate)
Il sistema assistenziale del nostro Paese prevede forme di tutela economica, l’indennità di
accompagnamento, e di natura assistenziale per tutti i cittadini riconosciuti invalidi, in ragione di
minorazioni congenite o dovute a gravi patologie. Oltre alla richiesta di invalidità è possibile e
consigliabile richiedere il riconoscimento ai sensi della Legge 104/92 che dà diritto a particolari
agevolazioni fiscali e, se riconosciuta l’invalidità alla possibilità di usufruire dei permessi e dei
congedi lavorativi ai familiari delle persone riconosciute invalide. Le visite per il riconoscimento di
invalidità vengono effettuate da apposite Commissioni mediche nei Distretti ASL di appartenenza
entro 90 giorni dalla domanda. Se la persona che deve sottoporsi all’accertamento è impossibilitata
a recarsi presso il Distretto, sarà la stessa Commissione ad effettuare la visita a domicilio o presso la
struttura in cui la persona si trova. Per ottenere il riconoscimento di invalidità è necessario
inoltrare domanda su apposito modulo all'INPS e non più all'ASL di appartenenza. Per maggiori
informazioni si rimanda al sito www.alzheimer-onlus.org/guidafamiglie
L’amministratore di sostegno
La legge n. 6/04 affianca gli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione, creando una possibilità in
più per garantirne la tutela, senza limitare del tutto la capacità di agire delle persone che
necessitano di sostegno. Le persone, che per motivi legati ad un’infermità o disabilita fisica o
psichica o in situazione di particolare disagio, si trovano nell’impossibilità, anche parziale o
temporanea, di provvedere ai propri interessi, possono essere assistite da un amministratore di
sostegno nominato dal giudice tutelare del luogo di residenza. L’amministratore di sostegno
rappresenta il proprio assistito solo in alcuni atti della vita che vengono decisi dal giudice tutelare
con apposito decreto. Il giudice,quindi, può realizzare un provvedimento individualizzato che sia il
più possibile adeguato alla situazione della persona che ne beneficerà, sia per quanto riguarda gli
atti relativi al patrimonio che per quelli relativi alla vita personale. Nel provvedimento vengono
specificati: gli atti che il beneficiario può compiere da solo o con l’assistenza dell’amministratore,
quelli che può compiere soltanto l’amministratore, la durata dell’incarico e la periodicità con cui
l’amministratore deve riferire al giudice. La domanda per la nomina dell’amministratore di
sostegno va fatta in carta libera, anche senza assistenza tecnica (avvocato) e viene depositata nella
cancelleria del giudice tutelare che valuterà la situazione e convocherà gli interessati.
I

diritti del malato di Alzheimer


È di fondamentale importanza che i familiari dei malati di Alzheimer e di altre forme di demenza (nonché di quei
soggetti colpiti da malattie croniche e da non autosufficienza) e gli altri soggetti che, a vario titolo, di essi si
prendono cura, siano messi a conoscenza dei diritti esigibili dei malati di Alzheimer e di altre sindromi correlate.
Il quadro normativo: cosa affermano le leggi
La nostra Costituzione, in quanto legge fondamentale dello Stato, sancisce le direttive e i valori cui la società deve
ispirarsi. Alcune previsioni della Carta costituzionale sono importanti da rilevare per individuare i diritti che il
nostro ordinamento ha riconosciuto, nel tempo, a coloro che sono affetti da demenza senile e dalla malattia di
Alzheimer.
L’art. 2 della Cost. precisa che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo; l’art. 3 aggiunge
che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge (senza distinzioni di sesso, religione,
opinioni politiche, etc.) e che è compito della repubblica “rimuovere gli ostacoli di ordine economico – sociale,
che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della personalità
umana”. Queste prime previsioni sono di carattere generale, essendo rivolte a tutti i cittadini.
Il diritto alle cure sanitarie ed ospedaliere
Superate le premesse di carattere generale ed introduttivo, è possibile affermare che gli anziani affetti dalla
patologia di Alzheimer, ed in generale degli anziani non autosufficienti, hanno diritto anzitutto alle cure sanitarie,
comprese quelle ospedaliere.
Ciò è stabilito dalle seguenti disposizioni:

– Legge n. 841 del 30 ottobre 1953: le cure sanitarie, comprese quelle ospedaliere, devono essere erogate ai
pensionati statali (e altre categorie);

– Legge n.692 del 4 agosto 1955: l’assistenza sanitaria, compresa quella ospedaliera, deve essere fornita,
indipendentemente dalla sua durata, alle persone colpite da malattie specifiche della vecchiaia;
– Decreto del Ministro del Lavoro del 21 dicembre 1956: l’assistenza ospedaliera deve essere assicurata a tutti gli
anziani quando le cure mediche o chirurgiche, gli accertamenti diagnostici non siano normalmente praticabili a
domicilio;

– Legge n. 132 del 12 febbraio 1968: le Regioni devono programmare i posti letto degli ospedali, tenendo conto
delle esigenze dei malati acuti, cronici, convalescenti, lungodegenti;

– Legge n.180 del 13 maggio 1978: le Asl devono assicurare a tutti i cittadini, qualsiasi sia la loro età, le
necessarie prestazioni dirette alla prevenzione, cura e riabilitazione delle malattie mentali;

– Legge n. 833 del 23 dicembre 1978: le Asl sono obbligate a provvedere alla tutela della salute degli anziani,
anche al fine di prevenire e di rimuovere le condizioni che possono concorrere alla loro emarginazione. Le
prestazioni devono essere fornite agli anziani, qualunque siano le cause, la fenomenologia e la durata delle
malattie;

– Decreto del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001: definizione dei livelli di assistenza sanitaria che
devono essere garantiti dal Servizio sanitario nazionale e regionale.
Il diritto alla pensione di invalidità civile e all’indennità di accompagnamento
È raro che un malato di Alzheimer percepisca la pensione di invalidità civile, poiché solitamente questa viene
concessa a chi ha meno di 65 anni di età; se, però, viene concessa, può essere cumulata con l’indennità di
accompagnamento.
Invalido civile è colui che ha una ridotta capacità lavorativa ed è affetto da menomazioni che comportano un
danno funzionale permanente. La legge riconosce per la malattia di Alzheimer una invalidità del 100% (Codice
1001 e 1003 della Gazzetta Ufficiale del 26/2/1992, n. 43), garantendo l’esenzione dal pagamento del ticket (per il
consumo dei servizi sanitari).
Affinché al malato di Alzheimer venga riconosciuta l’invalidità civile, è necessaria la valutazione del suo grado di
autosufficienza, accertata dai medici specialistici del Servizio Sanitario Nazionale o dalle apposite Unità
Valutative e su certificazione del medico di base, secondo quanto stabilito dalle legge n. 289/2002.
Hanno diritto all’indennità di accompagnamento, a prescindere dal reddito, “tutti i soggetti che presentano una
minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, causa di difficoltà di apprendimento, relazione
o di integrazione lavorativa, tale da determinare un processo di svantaggio sociale di emarginazione” (legge n.
18/1980) o comunque gli ultra 65enni che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le 50
funzioni proprie della loro età (decreto legge n. 509/1988). In particolare, all’art. 94 della legge n. 289/2002 si
stabilisce che per l’accertamento delle condizioni di invalidità e la conseguente erogazione di indennità alle
persone affette dal morbo di Alzheimer, le commissioni deputate sono tenute ad accogliere le diagnosi prodotte
dai medici specialistici del Servizio Sanitario Nazionale o dalle Unità di Valutazione Alzheimer su certificazione
del medico di base.

7.Unità di Valutazione Alzheimer (UVA)


All’interno della rete dei servizi per le persone affette da demenza, svolgono un ruolo
fondamentale le Unità di Valutazione Alzheimer. Le UVA sono strutture ambulatoriali, ospedaliere
o territoriali, specializzate nella diagnosi e nella cura della Malattia di Alzheimer. Alle UVA spetta
anzitutto il compito di effettuare la diagnosi (o di confermare una diagnosi precedente) e di
prescrivere una terapia farmacologica appropriata. Dopo avere effettuato la diagnosi, le UVA
seguono nel tempo il paziente, in collaborazione con il medico di assistenza primaria e con i servizi
territoriali, per aiutare il malato ed i suoi familiari ad affrontare i problemi posti dalla malattia.
All’ambulatorio UVA si accede tramite una richiesta effettuata dal medico di famiglia del paziente.

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