Sei sulla pagina 1di 18

Anat ia del si ema nervoso

Il sistema nervoso centrale è formato da quello che noi de niamo cervello (encefalo) con il
midollo spinale che è contenuto lungo la colonna vertebrale.

Mentre il sistema nervoso periferico è tutta quella parte che contiene i nervi e che partendo dal
centrale arriva alla periferia.

Questi due sistemi sono fortemente legati tra loro.

Il midollo spinale è la parte del nostro sistema nervoso centrale che percorre le
vertebre. Al suo interno sono presenti sia bre sensitive sia motorie, quindi
permette di avere informazioni di attivazione della parte motoria ma anche
informazioni sulla parte sensoriale.

Ci sono varie aree del midollo spinale che si dividono in base alla loro posizione
lungo la colonna vertebrale:

-parte cervicale

-parte toracica

-parte lombare

-parte coccigea o sacrale

Quasi tutto il sistema nervoso centrale è protetto da una struttura ossea ma anche
da tre stati di tessuto chiamati meningi.

Nella parte ossea ci sono delle aperture da


cui fuoriescono i nervi.

I tre strati delle meningi sono:

-dura madre, è quello già esterna che


aderisce alla parte ossea;

-aracnoide, è la parte a metà;

-pia madre, è la parte più interna che


aderisce al tessuto nervoso.

Lo spazio che si ha tra l’osso e la dura madre


prende il nome di spazio subdurale.
Normalmente questo spazio non dovrebbe
esistere, ma con patologie o con età si può
venire a formare. È in questo piccolissimo
spazio che vengono inseriti gli anestetici.

Nella gura qui a destra si hanno i vari strati


che fanno da protezione al sistema nervoso
centrale. Esternamente si ha lo scalpo, quindi
lo strato del derma dove si ha anche la parte
pilifera. Dopodiché si ha l’osso e poi i tre strati
delle meningi.

Tra questi strati c’è un liquido che permette al nostro cervello di muoversi nella scatola cranica
senza andare a sbattere contro la parte ossea violentemente, in pratica questo liquido svolge
funzione ammortizzatrice.

Dal midollo spinale partono poi 31 paia di nervi che si dividono in 8 cervicali, 12 toracici, 5
lombari, 5 sacrali e 1 coccigeo. Questi numeri si riferiscono a coppie di nervi, uno a destra e
uno a sinistra. La parte nale della parte coccigea prende il nome di cauda equina.

Il nostro sistema nervoso è dinamico, questo signi ca che cerca sempre di sopperire alla
mancanza di qualcosa. Questa sua caratteristica si chiama plasticità. Il sistema nervoso è
plastico perchè cerca di ritrovare un percorso tale per cui una funzionalità possa essere ripresa.

Il sistema nervoso è composto di due sostanze chiamate materia grigia e materia bianca. La
parte bianca si chiama così perchè è formata da assoni ricoperti da uno strato mielinico che ha
colore chiaro. Mentre la parte grigia ha un colore più scuro perchè è dove si hanno i corpi cellulari.

1 di 18
fi
om
fi
st
fi

fi
fi
Per quanto riguarda la struttura interna del midollo spinale, si hanno
due solchi: uno posteriore o dorsale e uno anteriore o ventrale.
Esistono poi degli spigoli, dei corni chiamati rispettivamente quello
anteriore corno ventrale e quello posteriore corno dorsale. Le aree
che si trovano tra i corni si chiamano funicoli anteriori, posteriori e
laterali. Si ha poi un altro piccolo corno chiamato corno laterale.

Come abbiamo già detto nella parte di materia grigia si hanno i corpi
cellulari, mentre nella parte chiara gli assoni.

Al centro del midollo si ha un canale al cui interno scorre lo stesso


liquido contenuto anche nelle meningi.

La parte ascendente è la parte sensoriale, mentre quella discendente è


quella motoria attuativa.

Tutto il nostro sistema nervoso centrale è poi avvolto da una tta rete di arterie e vene, che
portano la sostanza nutritiva e fungono anche da protezione contro alcune sostanze tossiche che
non riescono ad oltrepassare tale rete.

Concentriamo ora sulla parte superiore del nostro sistema nervoso centrale, e quindi in particolare
sull’encefalo.

Anche il cervello è diviso in aree: forebrain, midbrain e hindbrain.

La parte più interna del cervello è un’area a cui di cilmente si arriva, infatti molti sistemi di
acquisizione dati sull’encefalo prelevano lo dati super ciali. Per poter prelevare informazioni più
interne si ha bisogno della risonanza magnetica, delle onde elettromagnetiche o di tecniche di
imaging con isotopi radioattivi, quindi di tecniche che permettono di attraversare il nostro cervello.
All’interno di ogni zona del nostro encefalo sono presenti i ventricoli, che sono delle cavità che
contengono un liquido che è lo stesso contenuto anche all’interno del canale del midollo spinale.
All’interno dei ventricoli sono presenti le connessioni nervose.

L’encefalo comprende tutte le formazioni che sono contenute nella scatola cranica, può essere
suddiviso in 4 regioni:

-Il tronco cerebrale contiene i centri nervosi che controllano la respirazione e la pressione
sanguigna, ed è il collegamento tra l’encefalo e il midollo spinale;

-Il cervelletto controlla la postura, l’equilibrio e la coordinazione dei movimenti, si trova alla base
della scatola cranica;

-il diencefalo è sopra il tronco cerebrale al centro del cranio ed è a sua volta diviso in:

-talamo: riceve e smista le informazioni derivanti dagli organi di senso;

-ipotalamo: controlla la temperatura corporea, il metabolismo, la fame, i ritmi del sonno,…

-epitalamo: è una ghiandola del sistema endocrino.

-Il telencefalo è la parte più voluminosa ed è quello che comunemente viene chiamato cervello.

Il nostro cervello ha una conformazione particolarmente rugosa. Tutta la parte esterna del nostro
cervello è la corteccia cerebrale che ha uno spesso di 4 mm. Su di essa sono presenti delle
insenature chiamate solchi quelle più super ciali e fessure quelle più
profonde; tutta la parte che resta esterna si chiama ghiro.

Il cervello è poi diviso in due emisferi che sono a sua volte divisi in due
lobi che a loro volta si dividono in parte
frontale, parietale, temporale, occipitale e
una insula (che è la parte al centro, più
interna al solco). La divisione tra i due lobi
prendere il nome di solco centrale.

Si ha poi anche un solco laterale che


divide il lobo temporale da quello parietale.
Si ha anche il solco parieto-occipitale che
separa i lobi parietale e occipitale.

Si ha una fessura molto profonda che divide


i due emisferi, arriva in profondità no al corpo calloso.

2 di 18
fi
fi
ffi
fi
fi
La corteccia cerebrale è
divisa in sei strati
nonostante sia spessa solo
qualche millimetro. È divisa
in un’area motoria, una
associativa e una
sensoriale.

Come le aree del nostro


sistema nervoso sono
collegate tra loro?

Le varie aree corticali


parlano tra loro, ma parlano
anche con la parte interna e
con il midollo spinale. Molte
delle vie di comunicazione
si trovano nelle commisure
e in aree che prendono il
nome di bre di associazione e di proiezione. Le commise si trovano nel corpo calloso, mentre
le bre servono per mettere in comunicazione aree diverse dell’area corticale.

Un ruolo molto importante nel nostro sistema nervoso centrale è giocato dai gangli della base,
che è una zona di nuclei che incorpora tutti quelli che sono i corpi cellulari, è quindi una zona di
materia grigia.

La parte più interna del nostro encefalo è il diencefalo che come abbiamo già detto è diviso in
talamo, ipotalamo e epitalamo.

Al suo interno sono presenti due ghiandole importanti per l’equilibrio ormonale del nostro
organismo, queste sono la ghiandola epiteliale e la ghiandola pineale.

Il talamo ha una forma con due lobi


e tra questi due si trova il terzo
ventricolo dove si ha il midollo
spinale.

L’ipotalamo si trova davanti e


lateralmente rispetto alla posizione
del terzo ventricolo. È importante
perchè si pensa che qui risieda il
controllo della maggior parte del
sistema periferico, quindi il controllo
della pressione sanguigna, dell’heart
rate, delle ghiandole sudoripare,
della risposta emotiva…

Il tronco encefalico (quella a sinistra giallognolo nella gura qui sopra) è formato da midbrain,
ponte e medulla allungata. Al suo interno si hanno 10 delle 12 paia di nervi cranici. È composto
sia da materia grigia sia da materia bianca.

Il midbrain ha una forma striata verso il basso. Il ponte ha una striatura orizzontale. La medulla
allungata ha una zona di forma piramidale di tipo longitudinale.

Il tronco encefalico si trova sotto il nostro cranio, non è protetto dalla scatola cranica e infatti è
una delle parti più vulnerabili del nostro organismo.

Il cervelletto è molto importante. È diviso in due aree simmetriche ed è composto anche lui sia da
materia bianca che da materia grigia. Al suo interno si ha una parte di trasmissione e una parte di
elaborazione delle informazioni.

Il cervelletto ha una zona corticale diversa che prende il nome di corteccia del cervelletto. È
connesso anteriormente al tronco encefalico, quindi guardando dalla parte davanti della persona
è dietro il tronco encefalico.

Nella sua struttura si possono dividere due lobi, uno anteriore e uno posteriore, divisi da quella
che si chiama fessura primaria.

3 di 18
fi
fi
fi
Le funzioni legate al cervelletto sono principalmente il coordinamento, i movimenti precisi, la
postura, l’equilibrio,… ma anche funzioni cognitive.

Funzi alità del si ema nervoso


Iniziamo ora a parlare delle funzionalità del sistema nervoso centrale.

Il lobo frontale è legato alla memoria, alla gestione delle emozioni, al ragionamento, al decision
making. È associata a questa area anche la personalità.

In questo contesto possiamo parlare nell’ambito della sfera a ettiva di variabili di stato che
rappresentano l’umore e di variabili di tratto che rappresentano le emozioni. Con umore
identi chiamo una condizione che dura nel tempo, quindi l’essere per esempio stressato; mentre
con le variabili di tratto una situazione momentanea, tipo “ora sono felice”.

All’interno della parte frontale è presente anche l’area di Broca.

Un funzionamento alterato dei lobi frontali può


portare a tutta una serie di patologie. In questo
caso si parla però in genere di “disturbi” e non di
patologie, poiché non si trovano alterazioni
anatomiche ma solo alterazioni su come
arrivano e sono trattate le informazioni.

Nel lobo parietale si la percezione delle


sensazioni somatiche, si ha quindi l’integrazione
dell’informazione sensoriale. Si ha la
consapevolezza dello spazio, nel nostro corpo
nello spazio.

Nel lobo occipitale si ha l’interpretazione degli


stimoli visivi.

Il lobo temporale è legato all’udito, all’apprendimento e alla memoria. Le sue funzioni primarie
sono quelle di comprensione del linguaggio e del recupero di informazioni contenute nella
memoria. Al suo intero è presente l’area di Wernicke che è collegata direttamente con l’area di
Broca del lobo frontale attraverso il fascicolo arcuato.

Ad oggi nel 2022 abbiamo ancora una conoscenza ancora molto limitata di quelle che sono le
funzioni del nostro cervello.

Per poter capire una funzionalità si può andare ad agire in due modi. Il primo è quello di provocare
uno stimolo che vada a modi care qualcosa, e dopodiché si fa una misura del nostro organo per
capire come questo funziona in base alla variazione ottenuta dallo stimolo. Il secondo modo è
quello di provocare lo stimolo attraverso una droga o un qualche elemento esterno.

Un esempio può essere la stimolazione transcranica che permette di modulare un’attività e questo
ci può dare informazioni sulla dinamica dell’evoluzione di un processo cognitivo. L’unico suo
limite è che non riesce ad arrivare in profondità nell’encefalo.

Il sistema limbico lo possiamo vedere diviso in varie aree: corpo cingolato, ghiro
paraippocampale, formazione ippocampale, amigdala, area septale, ipotalamo, area talassica e
area corticale.

Le funzioni del sistema libico sono di integrazione delle funzioni olfattive, viscerali, impulsi
somatici, controllo delle attività di sopravvivenza, comportamento emotivo, funzionalità legate alla
memoria recente.

Molte delle nostre funzioni emotive sono legate all’amigdala. Ha una forma veramente piccola
simile ad una mandorla, ed è posizionata in una parte molto interna. È legata alle connessioni con
il sistema autonomico. All’amigdala sono dati come ruoli quello della controllo della risposta
autonomica, simpato-bagale e della risposta viscerale e emozionale.

L’amigdala ha una serie di nuclei ed è divisa in due aree: una dorsomediale e una ventrolaterale-
basolaterale-centrale.

4 di 18
fi
on
fi
st

ff
Anat ia funzi ale del cerve o in relazi e a di urbi
psichiatrici
Dei problemi legati al sistema limbico possono portare a problemi legati alla psichiatria.

Uno dei più complicati e seri è la schizofrenia. Si parla in questo caso di patologia perchè ci sono
cose che cambiano a livello cerebrale, si ha una evidenza anatomica di cambiamento; infatti si va
a modi care il volume di alcune aree e la loro funzionalità. Da un punto di vista anatomico si ha
l’allargamento dei ventricoli, che sono le sacche in cui è contenuto il liquido cerebrale. Di
conseguenza si ha una riduzione del volume corticale della materia grigia, si ha una asimmetrica
dei lobi e una diminuzione della grandezza dell’amigdala.

La schizofrenia è legata alla percezione che le persone hanno della propria personalità e della
percezione dell’esterno. La sua diagnosi è di tipo comportamentale ed è basata sulla rilevazione
di sintomi. Il sintomo più evidente è quello di sentire le voci. Ci sono tutta una serie di sintomi
che possono essere evidenziati e si a erma che un soggetto ha una determinata patologia se ne
mostra più di un certo numero. Di conseguenza due individui con la diagnosi della stessa
patologia in realtà potrebbero avere sintomatologie diverse.

Il problema dopo la diagnosi è quello della terapia che in realtà è simile per tutti gli individui con
la stessa patologia indipendentemente dai sintomi che mostrano. Un altro problema delle terapie
farmacologiche è che il paziente dopo un certo periodo di tempo si abitua al farmaco, quindi il
clinico deve cambiare il principio attivo per far sì che la terapia continui ad avere e etto.

Altri tipi di disturbi psichiatrici sono i mood disorder. In genere questi comprendono tutti i
disordini della sfera emotiva, quindi alterazioni dell’umore, depressione, bipolarismo, mania,
disturbi ossessivo-compulsivi… sono tutte situazioni legate sopratutto all’alterazione della
percezione del mondo e di se stessi.

I mood disorder hanno terapie che non sono per forza di tipo farmacologico. Nel tempo sono
state sperimentate diverse tecniche, ma non si è giunti mai ad una soluzione ottimale
globalmente.

Sono poi stati studiati anche dei modelli matematici e sici per cercare di prevenire i mutamenti
dell’umore legati a questi disordini. Questo perchè il problema è che non si sa quando il loro stato
umorale cambierà. Uno stato umorale alterato può essere temporaneo, e allora non si parla di
disturbo ma di caso isolato; quando però lo stato umorale alterato permane e si ripete nel tempo
allora si ha la presenza del disturbo.

Quindi nello sviluppo di questi modelli si cerca di prevedere una variazione dello stato umorale. Si
è cercato di individuare dei marcatori che permettano di identi care quando lo stato umorale sta
iniziando a cambiare. In realtà tutti quanti oscilliamo tra fasi positive e negative, quindi l’idea
sarebbe quella di avere un range di deviazione standard entro il quale far stare questi marcatori; e
quindi se il trend diventasse troppo pronunciato allora signi cherebbe che si sta iniziando ad
avere un cambiamento e quindi bisogna operare per fare in modo che si mantenga nel range
stabilito come normale. In questo modo l’individuo riuscirebbe ad avere una vita normale.

Tante terapie poi oggi giorno vengono fatte attraverso lo smartphone, ci sono diverse applicazioni
che ogni giorno chiedono alla persona come sta e cosa gli sta succedendo.

Uno dei mood disorder più conosciuti è il bipolarismo. In realtà è stato visto che tutti noi siamo
un po’ bipolari. Inoltre è stato studiato che anche i “depressi” in realtà non esisterebbero. In
pratica il bipolarismo è l’alternanza di una fase di depressione e di una fase di mania, e il
depresso semplicemente sarebbe un bipolare con una fase depressiva molto più profonda e
pronunciata rispetto all’altra fase.

Il bipolarismo può diventare un problema quando queste due fasi sono molto pronunciate,
soprattutto nel caso della fase di mania, poiché porta l’individuo a fare cose estreme, il disordine
lo porta a considerarsi un superuomo.

Un’altra patologia è l’Alzheimer che è di tipo cognitivo. Ha dei sintomi molto precisi come la
perdita di alcune funzioni cognitive, di alcune funzioni di riconoscimento di luoghi e persone, ma
sopratutto la perdita di memoria a breve termine. È una malattia neurodegenerativa.

5 di 18
fi
om

on
ff
ll
fi
fi
fi
on
ff
st
Brain C puter Interface
Le brain computer interface (BCI) sono delle interfacce uomo-macchina-computer. Ci
permettono di realizzare un sistema automatico o quasi per interagire con soggetti a etti da vari
tipi di patologie. È quindi un modo per creare una terapia che segua in qualche modo i dettami
della clinica, ma che sia dal punto di vista tecnico più quantitativa, perchè ci deve permettere di
valutare continuamente lo stato dei soggetti che vi si sottopongono.

La de nizione di BCI è che rientrano in quella tecnologia di dispositivi e di sistemi che


rispondono ad un processo neurale nel cervello che genera un’attività motoria, in pratica un
processo cognitivo può modi care un’attività motoria.

Partiamo dalla parte tecnologia. Quello che si deve fare è acquisire informazioni dal nostro
sistema nervoso centrale, quindi dal cervello; dopodiché elaborare queste informazioni neuro-
siologiche in modo da poterne estrarre dei parametri quantitativi e quindi capire cosa sta
succedendo.

Un esempio banale è quello che si ha per la parte motoria, come nel caso di un ictus cerebrale
dove si può avere la paralisi di un qualche arto. Le BCI possono essere utili perchè si va a creare
un sistema che acquisisce le sue attività cerebrali per valutare la sua attività quando vuole fare un
determinato compito, per esempio muovere l’arto paralizzato. Si mettono poi tutta una serie di
sensori sul corpo per capire se la volontà del soggetto è attuata oppure no.

Dal punto di vista della parte mentale invece si hanno problemi dello stato dell’umore, e quindi
bisognerebbe andare a fare misure dell’attività cerebrale, quindi più complesso.

La maggior parte degli usi delle BCI infatti è per la parte motoria, in particolare si usano per capire
se una protesi è stata integrata in maniera ottimale al paziente; se questo è avvenuto il soggetto
avrà una postura normale, altrimenti avrà una postura scorretta.

Grosso modo però ogni BCI ha una


struttura ciclica come quella qui
accanto.

Si ha un sistema che acquisisce una


serie di informazioni, che possono essere
biologiche, siologiche, neurologiche,…

Questa informazione è trasformata in un


segnale elettrico e su di esso vengono
poi fatte tutta una serie di operazioni che
sono il preprocessing, la feature
extraction,… dopodiché i risultati ottenuti
sono trasmessi a tutta una serie di
elementi: si possono avere sistemi per
visualizzare le informazioni ottenute
attraverso video, suoni, immagini o
addirittura odori; poi si ha la parte di
feedback per chiudere il loop e quindi
sottoporre una qualche modi ca allo stimolo a cui è sottoposto il paziente e di conseguenza
ritornare con la stessa catena a misurare le eventuali variazioni che si sono avute.

Esistono varie tipologie di BCI: invasive, non invasive e


semi-invasive. La di erenza sta nel tipo di elettrodi che
viene utilizzato per acquisire l’informazione siologica.

Nel caso di BCI non invasiva si usa elettrodi super ciali.


Nel caso di BCI invasiva si usano elettrodi impiantabili.

Nel caso di BCI semi-invasiva si usano elettrodi


impiantati per un certo periodo di tempo e poi
successivamente tolti.

Esistono quindi varie tipologie di sistemi per acquisire le informazioni siologiche, e questi sistemi
dipendono come appena detto dal tipo di elettrodo utilizzato.

6 di 18
fi
fi
fi
om
ff
fi
fi
fi

fi
fi
ff
Gli elettrodi wire-type sono degli elettrodi micro, tutti sviluppati su silicio e sono elettrodi ad ago.
Sono wire-type perchè sono connessi con un lo.

Un’altra tipologia di elettrodo sono quelli fatti con le tecniche foto-litogra che che hanno in
genere 5 strati: silicio, ceramica, silicio, vetro, poliammide. Sono elettrodi elettricamente isolati.

Altri elettrodi sono quelli che sono completamente generati su una matrice di silicio, mentre altri
possono essere generati su materiali più o meno conduttori e poi spostati su silicio. Quelli in
generale basati su silicio sono quelli di ultima generazione e stanno avendo molto successo al
giorno d’oggi.

Un altro problema è che ciò che noi andiamo a leggere dall’elettrodo è un qualcosa che avviene
nelle vicinanze dell’ago e queste informazioni potrebbero essere diverse da quelle reali solo per la
presenza stessa dell’ago che altera la situazione.

Un altro problema è la biocompatibilità degli elettrodi, perchè qualsiasi materiale che non è
riconosciuto dall’organismo produce l’attivazione di un processo anti-in ammatorio. Infatti questi
elettrodi funzionano bene all’inizio, ntanto che il processo anti-in ammatorio non è attivo.

In ne esiste un’ulteriore categoria di elettrodi che sono i microelettrodi ceramici basati su


allumina e ossigeno. Questi elettrodi hanno la caratteristica di ridurre il cross talk, che è quel
fenomeno per cui quando si hanno due linee elettriche vicine ed entrambe portano informazione,
le due linee si fanno interferenza tra loro. Ovviamente questa è una cosa che si vuole evitare, e nel
nostro caso gli elettrodi sono spesso molto vicini tra loro e quindi questo fenomeno si genera.

Una volta posizionati i nostri sensori e acquisito il segnale, si vanno a fare una serie di operazioni
sul segnale ottenuto. Le modalità con cui l’estrazione di parametri e caratteristiche dal segnale
può essere fatto sono molto diverse.

Questi approcci vengono utilizzati per poter estrarre e per poter lavorare con le informazioni che
andiamo ad acquisire e per poter chiudere poi il loop ed ottenere un feedback.

Posso estrarre informazioni nel tempo, e ottengo quindi quelli che si chiamano parametri
statistici. Poiché io vado ad estrarre informazioni che riguardano un’attività mentale, che quindi
non si spegne mai, per poter analizzare i dati ottenuti dovrò fare dei confronti tra un prima e un
dopo una determinata situazione.

Se utilizzo dei microelettrodi che mi permettono di ottenere informazioni profonde di tipo neurale,
ciò che si va a misurare prende il nome di spike train. I nostri neuroni comunicano attraverso
questi treni di impulsi.

Questi spike train li possono studiare in due modi. O singolarmente uno per uno, oppure nella loro
interezza.

Se l’informazione che ottengo è un segnale nel tempo, per poterlo analizzare dovrò utilizzare
tecniche di Signal processing standard, o di analisi lineare o le trasformate di Fourier. Sempre
considerando un segnale continuo posso altrimenti andare a dividere il segnale in nestre tanto
piccole in modo da poter considerare il segnale al loro interno stazionario, e poi rifaccio un’analisi
lineare per ogni nestra; si va quindi a fare un’analisi ad epoche.

Per sistemi non lineari invece è quello di trasformare il segnale in una serie che però prenda in
considerazione le non linearità, quindi bisognerà usare la serie di Volterra, di Wiener o di Poisson.

I metodi per estrarre le informazioni più interessanti sono quelli basati sulla capacità di generare
un modello del comportamento del sistema siologico che ci permettere di descrivere il
comportamento stesso e di stimarne le di erenze rispetto a situazioni diverse.

I metodi più degni di nota sono quelli che fanno riferimento a modelli probabilistici del sistema,
che ricostruiscono cioè il sistema ingresso-uscita con una serie numerica (Volterra, Wiener,
Poisson,…).

Ci sono poi anche altri modelli che sono quelli generativi che si basano invece su una
formulazione bayesiana del problema. In questo caso ci si va a costruire il modello che genera le
uscite. Per poter applicare tale approccio è necessario avere una conoscenza a priori del sistema,
in questo modo è possibile andare a stimare come si comporterà il sistema. In pratica infatti si va
a predire una probabilità a posteriori che dovrà poi essere ttata con i dati reali. Andando poi a
ripetere l’esperimento la probabilità a posteriori diventa la probabilità a priori dell’esperimento
successivo. È quindi un processo ricorsivo. Ovviamente poi la stima di questa probabilità sarà
7 di 18
fi
fi
fi
ff
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
legata alla capacità di avere un buon tting della probabilità a posteriori con i dati reali provenienti
dall’esperimento.

Un altro metodo molto utilizzato soprattutto per le BCI per l’attività di movimento è il ltro di
Kalman. Questo parte dal presupposto che esista una catena cinematica per quale io riesco a
stabilire la posizione dell’end-e ector. È un approccio sistemistico, nel quale si hanno delle
variabili attraverso le quali si osserva il sistema e si stima lo stato successivo. Il ltro di Kalman ha
delle condizioni di partenza: la prima è che il processo deve essere generato da un sistema
lineare; la seconda è che la distribuzione della densità di probabilità a posteriori deve essere di
tipo gaussiano.

Un’altro metodo molto utilizzato sono i particle lter che si basano sempre sulla stima della
probabilità a posteriori attraverso dei parametri che permettono di ottimizzare la funzione pdf.
Quindi la minimizzazione dell’errore che si commette nella stima della probabilità a posteriori e
nella generazione della pdf dipende dalla funzione che si sceglie per ottimizzare il processo.

Un’altra tecnica di analisi è l’analisi Monte Carlo che considera i nostri output e gli va a sommare
delle variabili, cioè degli errori. Questo fa sì che alla ne non si abbia un solo punto per il quale
devono passare le mie stime, ma un range di punti. Una condizione iniziale importante è come
stabilire dei vincoli per queste variabilità.

Generalizzare un approccio signi ca che se dovessi cambiare i dati su cui questo è testato il
metodo dovrebbe comunque funzionare bene. Se questo avviene vuol dire che il mio sistema è
robusto ed e cace.

Un’altra famiglia di metodologie che possono essere utilizzate dipende dalla natura dei dati, che
possono provenire da distribuzione di campo o essere veri e propri dati neurali. Nel caso delle BCI
si ha a disposizione un sistema EEG che può essere di super cie o invasivo, a questo punto per
poter acquisire dei segnali siologici ci possono essere due possibilità di approccio:

- il primo è il problema diretto, ovvero si misurano dei dati e si cerca di capire quale sarà la
conseguenza di tale informazioni.

- Il secondo è il problema inverso, in cui si devono determinare informazioni su un sistema sico


che è la causa di un determinato fenomeno a partire da misure degli e etti generati. Il problema
inverso è sempre mal posto, perchè non dà mai informazioni speci che sui sistemi siologici
che hanno generato una misura.

Se noi abbiamo a che fare con gli SPIKE TRAIN, quindi con l’attività neurale, ci sono diversi
approcci per poterli studiare, ma quelli più utilizzati sono quelli che si basano su un approccio
bayesiano e stocastico del sistema. Questi metodi vanno a creare una stima della densità di
probabilità a posteriori avendo una determinata conoscenza a priori del sistema e attraverso un
processo di massimizzazione della likelihood.

Tra queste metodologie di stima della densità di probabilità per i sistemi neurali se ne ha una che
si chiama Point Process e che si basa su un processo poissoniano, quindi su un processo
stocastico con caratteristiche ben precise.

Tutti questi sistemi e approcci dipendono dal tipo di dato che si sta utilizzando.

Il dominio della frequenza che si ha con l’analisi di Fourier, è utile quando il sistema è
uniformemente distribuito.

Se il sistema NON è uniformemente distribuito allora bisogna usare algoritmi nel tempo, che
permettono però comunque di passare in frequenza attraverso la trasformata Z per esempio.

Tra i metodi è bene anche citare l’analisi delle componenti principali e l’analisi delle
componenti indipendenti. Queste metodologie possono essere utilizzare per analizzare il
problema inverso, cioè io voglio capire quali aree del sistema nervoso hanno generato un’uscita.

Altro possibile approccio è il ltering spaziale. Io ho una distribuzione bidimensionale del mio
sistema, le mie informazioni non arrivano da una sola uscita ma sono distribuite in punti diversi.
Quindi posso andare a sfruttare i ltri spaziale per ottenere delle precise morfologie.

Il sistema EEG attraverso il quale si vanno ad acquisire le varie informazioni ha 128 canali.

La distribuzione del sistema di acquisizione sullo scalpo è standardizzata per la con gurazione
10/20.

8 di 18
ffi
fi
fi
ff
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
ff
fi
fi
fi
fi
fi
Un problema nell’acquisizione di questo tipo di segnale è l’impedenza tra elettrodo e cute.
Questa impedenza per tutti i sistemi EEG deve essere molto bassa perchè è la prima caduta di
segnale che incontra l’EEG. In generale un segnale di questo tipo ha un potenziale di 4 mV, quindi
qualsiasi attenuazione può portare a perdite importanti di informazione. Quindi l’impedenza
elettrodo-pelle deve sempre essere tenuta sotto controllo.

Se questa impedenza cambia in maniera troppo indipendente da punto a punto, ci si potrebbe


trovare con segnali più forti in alcuni elettrodi e segnali più deboli in altri, e quindi si avrà una
di erenza in ampiezza che non è dovuta ad alcuna attività di segnale.

Un’altra cosa che spesso si fa con l’analisi delle informazioni EEG è quella di de nire un gruppo di
elettrodi come e elettrodi di riferimento e di acquisire i segnali come di erenza tra la misura di un
determinato elettrodo e uno di riferimento.

A seguito di un EEG si genera un campo elettrico tempo-variante, e quindi di conseguenza si


genera un campo magnetico. Questo campo magnetico ovviamente sarà molto basso ma si può
andare a misurare attraverso la MEG, che può risultare più utile perchè il campo magnetico
risente meno della presenza delle ossa rispetto al campo elettrico e quindi è più facile misurarlo.

Si possono usare le BCI anche per generare un comando. In questo caso il soggetto non fa
alcuna tipa di attività e si hanno due tipi di risposte, che possono essere banalmente SI e NO. Se
il soggetto decide che la risposta ad un determinato quesito è SI guarda il relativo punto su uno
schermo, se invece la risposta è NO guarderà un altro punto speci co. Si va poi a guardare il
potenziale evocato in ogni caso, e questo sarà diverso a seconda che il soggetto abbia deciso SI
o NO.

Questo è un metodo che è stato implementato per soggetti che non hanno la possibilità di
muovere le braccia o le gambe ma che sono in grado però di muovere gli occhi.

Per poter analizzare i potenziali evocati ci sono tante metodologie: analisi spettrale, metodi
parametrici e non parametrici, analisi della correlazione delle informazioni e analisi wavelet.

Le tecniche però più innovative sono quelle di classi cazione con machine learning, perchè molto
spesso non si vuole fare solo un’analisi del segnale, ma dividere gli eventi in base a
caratteristiche.

Un’altra possibile forma di potenziale che può essere misurata sono gli slow cortical potential,
che sono oscillazioni a bassa frequenza (sotto 1 Hz) delle onde elettroencefalogra che.

I sistemi di acquisizione dei segnali sono tutti rumorosi.

I rumori legati al sistema di acquisizione hanno in genere una frequenza elevata.

I rumori legati ad attività involontarie muscolo-scheletriche hanno una frequenza elevata.

Quindi andando a misurare gli slow cortical potential tutti questi rumori sono fuori dalla banda di
misura. Quindi questi potenziali risultano abbastanza robusti.

L’unico rumore che potrebbe in uire è quello respiratorio che ha una frequenza bassa che
potrebbe quindi interferire con l’attività metabolica.

[La sclerosi laterale amiotro ca è di quelle patologie molto debilitanti e che portano le persone
ad utilizzare le BCI non solo come terapia ma anche come supporto per la vita. La SLA è una
malattia degenerativa che porta ad un blocco scheletrico dovuto alla perdita dell’attività
muscolare.]

Normalmente un sistema BCI non utilizza troppi elettrodi; il segnale EEG viene ltrato passa
banda e acquisito ad una frequenza di 100 Hz.

La stimolazione avviene attraverso stimoli ai 4 lati (sopra, sotto, destra e sinistra) e bisogna
andare a determinare la direzione di movimento di un cursore attraverso solamente gli elettrodi.

I potenziali evocati sono rappresentati attraverso una serie di picchi, con la


lettera N si indica un picco positivo e con la lettera P si indica un picco
negativo. Ogni lettera è poi associata ad un numero che indica il centinaio
di millisecondi che sono passati dalla generazione dello stimolo.

Una caratteristica chiave è quella di avere dei sistemi di acquisizione con un


campionamento che ci permetta di vedere le centinaia di millisecondi, e ci
permetta quindi di prelevare il segnale ogni 100 ms.

Un altro aspetto importante è la sincronizzazione con lo stimolo. Noi


9 di 18
ff
fi
fl
fi
fi
ff
fi
fi
fi
dobbiamo conoscere l’istante in cui sul nostro elettroencefalogramma è stato presentato lo
stimolo.

Ovviamente poi non basta un singolo stimolo per la stima di una risposta, ma si dovrà avere una
ripetizioni di stimoli.

Il paradigma Oddball viene usato per cercare di proteggere dal rumore l’acquisizione delle
informazioni. Si basa sul fatto che uno stimolo non si presenta da solo ma immerso in oggetti di
altra natura, per esempio si mostra una palla rossa in mezzo a palle azzurre. Questo ci permette di
andare a valutare il nostro segnale non come segnale assoluto ma come di erenza tra gli stimoli e
ci permette di eliminare quello che si potrebbe de nire rumore di fondo.

[l’interfaccia, e quindi il modo per restituire un feedback, può essere completamente software
oppure attraverso una attuazione]

I segnali che si possono prelevare da un EEG sono gli event related syncronization e
desyncornization. I primi si indicano con la sigla ERS e i secondi con ERD.

Gli ERS ri ettono una attività corticale che è sincrona all’attivazione, e di solito sono associati ad
un aumento dell’attività.

Gli ERD sono invece più che altro attivazioni corticali oscillanti e quindi tengono conto di una
attivazione asincrona della rete neurale e sono associati con un decremento dell’attività.

Ogni attività è comunque poi misurata come di erenza di attività rispetto ad una condizione
standard, e in casi non patologici la condizione standard è quella di rest.

Un movimento reale attiva le stesse aree di un movimento solamente immaginato. Questo si è


dimostrato con la tecnica dei falsi colori, in partita si è vista l’evidenza di una attività simile tra i
soggetti che avevano immaginato il compito e quelli che lo avevano realmente e ettuato.

Questa evidenza può essere sfruttata per persone tetraplegiche, cioè persone che non sono in
grado di muovere gli arti, e quindi possono utilizzare un sistema di BCI che possa andare a
prendere l’attivazione di questi movimenti immaginari e poi realizzarli concretamente attraverso
una attuazione.

Come abbiamo già detto le BCI sono principalmente usate per la parte sensori-motoria, però
questo paradigma lo si può utilizzare anche in molti altri contesti, come quello emotivo, dove
però ovviamente bisogna modi care la tipologia di stimolo e le modalità attraverso le quali si
chiude il loop e si fornisce il feedback.

Il problema è che le emozioni sono molto di cili da de nire, è di cile descrivere uno stato
emotivo. Sono state fatte diverse teorie come quella di Ekkman che dice che ci sono 6 emozioni
di base e combinando queste si possono poi ricostruire tutte le altre emozioni; c’è la teoria di
Russel che una teoria dimensionale delle emozioni perché divise in assi perpendicolari tra loro.
Sono state fatte poi anche teorie più complesse che tengono conto non solo della stato emotivo
attuale di una persona ma anche del suo vissuto.

Fatto alla base di tutto è che noi proviamo emozioni e queste condizionano la nostra vita, il nostro
comportamento e il nostro relazionarci con gli altri. Diverse patologie sono legate a disturbi della
percezione dello stato emotivo.

Quindi in questo contesto possiamo utilizzare una BCI.

Come stimolo possiamo avere audio, video, immagini, odori,… oppure si può usare
l’immaginazione e far immedesimare il soggetto in una situazione in modo che evochi un
particolare stato emotivo, oppure far entrare il soggetto in uno stato emotivo preciso attraverso
una simulazione come un gioco con realtà virtuale,… altrimenti si possono indurre stati emotivi
attraverso la somministrazione di farmaci speci ci che vanno ad aumentare il rilascio di
neurotrasmettitori.

In generale sono tutti stimoli a più direzioni.

In ogni caso si ha sempre una certa incertezza, una ambiguità di fondo.

Mentre il comportamento può essere forzato, perchè io posso modi care la mia espressione e i
miei atteggiamenti e quindi si riesce a nascondere un certo stato emotivo, non siamo in grado di
forzare il nostro sistema nervoso nel provare una certa emozione. Quindi andare a misurare una
emozione in termini di segnale nervoso è un modo per caratterizzare lo stato emotivo.

10 di 18
fl
fi
ffi
fi
ff
fi
fi
fi
ffi
ff
ff
L’area prefrontale a livello corticale, quindi la parte esterna del mio sistema nervoso centrale è
fortemente legata ad una modulazione dello stato emotivo.

Il nostro sistema nervoso è molto aspeci co, cioè risponde in modo uguale a stimoli diversi e
viceversa.

Come si può fare a calcolare questa asimmetria?

Si possono prendere le serie temporali dagli elettrodi e si va poi a fare un confronto tra gli elettrodi
posizionati in una certa zona piuttosto che in un’altra; in questo modo si va a fare una analisi delle
sorgenti e si cerca di risolvere il problema inverso. Alla ne di questa analisi otterrò un indice che
è chiamato Frontal Asymettry Index che determina in quale area c’è stata più attività.

In genere poi quando si va ad acquisire il segnale da un elettrodo si va a prendere una epoca e


per ogni nestra se ne va ad estrarre la trasformata di Fourier. Quindi si va a vedere come cambia
la frequenza al passare delle epoche, si fa un’analisi tempo-frequenza.

Se però lo stimolo è statico la questione inizia ad essere complessa, perchè nché lo stimolo è
dinanico si fa seguire all’analisi tempo-frequenza la dinamica dello stimolo, e quindi ogni
variazione nel segnale viene associata alla variazione dello stimolo. Se lo stimolo è statico però si
hanno comunque variazioni temporali che non si associano direttamente ad una variazione dello
stimolo.

La valenza è un parametro che identi ca lo stimolo in positivo o negativo.

L’arosual identi ca una sorta di eccitabilità, quanto lo stimolo è in grado di stimolare una risposta.

Di fronte ad uno stimolo noi possiamo reagire in due modi: o andare incontro allo stimolo
oppure evitarlo. Ovviamente le due situazioni avranno una reazione diversa. Le emozioni positive
promuovono l’approccio allo stimolo e producono una attivazione del sistema; mentre le emozioni
negative promuovono il comportamento di evitare lo stimolo e portano ad una inibizione del
sistema.

In una BCI ovviamente deve essere presente un qualcosa che vada a chiudere il loop, e questo
può essere fatto attraverso un biofeedback.

Un biofeedback è rappresentare all’utente una sua uscita e attraverso questa permettergli di


conoscere il suo comportamento e di conseguenza essere in grado di modularlo.

Bioel r agnetismo
L’uomo è un soggetto che è completamente immerso in un liquido che è pieno di oggetti che si
muovono e che hanno una carica positiva o negativa. Queste cariche che si muovono nel tempo
provocano quindi campi elettrici e magnetici.

Il bioelettromagnetismo sono le proprietà elettriche del nostro organismo e sono fondamentali


per capire come agire e come interpretare l’uomo.

Se si guarda il corpo da una scala molto lontana si potrebbe vedere l’uomo come un bipolo,
quindi l’uomo da un punto di vista elettrico può essere visto come un sistema che produce delle
linee di campo che si richiudono su loro stesse. Ci sono dunque delle energie magnetiche ed
elettromagnetiche che il nostro organismo produce nell’ambiente circostante e che quindi può
in uenzare l’ambiente e può essere in uenzato dagli altri.

Una capacità in sica può essere de nita in termini di coe ciente di dielettrico e di altre
grandezze; allo stesso modo noi possiamo de nire all’interno del corpo umano delle grandezze
similari: una permeabilità magnetica e un coe ciente dielettrico, che non sono però variabili in
una sola dimensioni ma in più dimensioni, quindi variabili complesse.

Non sono su cienti le leggi della sica per descrivere l’uomo dal punto di vista elettrico.
Innanzitutto bisogna vedere il nostro oggetto uomo come un insieme di cose.

Bisognerà considerare non una corrente ma una densità di corrente.

Dovrà essere utilizzato il principio di reciprocità di Helmotz che dice che l’e etto che provoca
un dielettrico (cioè un volumetto con una di erenza di potenziale all’interno di un materiale) può
essere visto dall’esterno come una di erenza di potenziale relativa alla corrente che l’ha generato.
In maniera duale se io ho una batteria che provoca una di erenza di potenziale su un volumetto,

11 di 18
fl
fi
ett
ffi
fi
om
fi

ff
fi
fl
fi
fi
fi
ff
ffi
fi
fi
ff
ffi
fi
ff
allora all’interno del volume avrò delle linee di campo che saranno il frutto del potenziale che è
stato applicato dall’esterno.

Questo ci permette di simulare l’attività cerebrale.

Se io ho un modello cerebrale, con tutta una serie di informazioni come il materiale, la costante
dielettrica variabile, la costante magnetica variabile, le dimensioni,… allora io posso imporre una
legge di campo e attraverso questa generare delle onde oscillatorie che dovrei trovare se
posizionassi degli elettrodi in una posizione speci ca dello scalpo.

Quindi il teorema della reciprocità dice che se ho una sorgente l’e etto che trovo è pari a quello
che gli sto fornendo dall’esterno.

Questo ci permette quindi di modellare quello che succede quanto metto un sistema attivo vicino
ad un sistema biologico.

Se prendiamo per esempio la testa e ci avviciniamo un elemento attivo (che può essere elettrico o
magnetico), questo elemento attivo per il teorema di reciprocità generà delle linee di campo
all’intento del nostro sistema testa che metterò in moto i nostri elementi elettrici, che sono ioni e
neuorotrasmetittori…

Se io prendo una spira percorsa da corrente e genero un campo magnetico che avvicino ad una
testa, questo produrrà almeno localmente un moto di ioni dentro la testa. Si può usare un sistema
di questo tipo per modulare l’attività all’interno della testa per ottenere determinati risultati.
Questa operazione si chiama stimolazione transcranica magnetica.

Allo stesso modo se io prendo due elettrodi e li posiziono sullo scalpo e impongo una corrente,
questa corrente verrà generata anche all’interno della testa dove i vari ioni si metteranno in moto
generando determinati e etti. Questa operazione si chiama invece stimolazione transcranica
elettrica.

Da un punto di vista microscopico noi abbiamo a che fare con oggetti che sono assoni ricoperti
da mielina, dove si hanno quindi parti cellulari che sono sensibili alle variazioni di campo.

Se andassimo a mettere una di erenza di potenziale abbastanza importante allora potrebbero


essere generati dei potenziali di azione. Quindi si può andare a generare il sistema per fare in
modo che siano prodotti determinati potenziali di azione.

Come si fa a fare una stimolazione transcranica?

Lo schema di una stimolazione magnetica è più complessa


di quella elettrica.

La stimolazione elettrica genera un potenziale retti cato che


va ad accendere un oggetto, chiamato tiratore, che genera
la corrente che deve essere controllata. In genere per la
testa si usano campi con un valore intorno a qualche tesla.

Nel caso di stimolazione elettrica noi produciamo un campo


come quello in gura, che è locale, relativamente piccolo,
direzionale e deve agire in un punto ben preciso.

Per valutare poi gli e etti di questo campo si utilizzano diverse tipologie di analisi che dipendono
dagli obiettivi che si hanno.

L’e etto di una stimolazione diventa un impulso che produce degli e etti.

Ci sono varie tipologie di stimolazioni elettriche che possono essere applicate e in base alla
tipologia servono per raggiungere determinati obiettivi: regioni speci che e diverse del mio
sistema nervoso oppure per andare a stimolare determinati tipi di neuroni rispetto ad altri.

Si è visto che con la stimolazione elettrica gli e etti non terminano con la ne della
stimolazione ma durano per un certo periodo di tempo. Questo comporta due aspetti. L’aspetto
negativo è che se faccio una stimolazione di un certo tipo e riscontro un problema, allora il
problema durerà nché non termineranno gli e etti. L’aspetto positivo è che usando la
stimolazione come terapia si ha un e etto maggiore perchè dura di più rispetto alla sola
stimolazione.

12 di 18
ff
fi
fi
ff
ff
ff
ff
fi
fi
ff
ff
ff
ff
fi
fi
Stimolazi e tr scr ica
La stimolazione transcranica Magnetica (TMS) viene considerata un tipo di stimolazione non
invasiva.

Questa strumentazione per poter essere utilizzata ha bisogno di un protocollo che deve essere
approvato da una comunità scienti ca. Di queste comunità scienti che ce ne sono una a livello
nazionale e poi diverse commissioni locali per ogni città. Sono commissioni per lo più formate da
medici.

Una strumentazione di questo tipo per poter essere usata per una terapia deve avere la
certi cazione che e ettivamente porti dei bene ci a chi la utilizza.

Quali sono le possibili applicazioni dal punto di vista clinico?

Si usano sopratutto per disordini di tipo neurologico e psichiatrico.

Una stimolazione TMS non induce un e etto permanente, ma uno temporaneo. È una cosa
transiente, un oggetto che va a modulare un’attività già esistente.

Esistono due tipologie di TMS. Una è quella di fare una sola stimolazione alla volta, e l’altra è
invece quella di ripetere la stimolazione nello stesso modo per più volte nel tempo. In quest’ultimo
modo si pensa che gli e etti possano durare per più tempo. Questa ultima tipologia di
stimolazione ripetuta si indica con la sigla rTMS.

La stimolazione transcranica magnetica nella storia non ha prodotto grandissimi risultati pratici e
infatti viene per lo più utilizzata in ambito di ricerca. Gli ambiti più pratici in cui è stata utilizzata
sono quelli per le malattie psichiatriche e neurologiche. I risultati però si vedono comunque
sempre da un punto di vista statistico, e quindi un esperimento viene ritenuto valido solo se ha
una potenza statistica tale da permettere di vedere delle di erenze importanti.

È stata utilizzata anche a seguito di un ictus.

Il nostro cervello ha la caratteristica di essere plastico, può quindi riorganizzarsi per portare nuovi
modi di conduzione in aree che possono attivare una determinata azione comportamentale.

Se un soggetto ha avuto un ictus, una parte di cervello potrebbe essere andata in necrosi e quindi
avere perso le sue funzionalità. La plasticità permette però al cervello di trovare nuove aree che
possono comunque svolgere la funzione persa.

Quindi una strumentazione come la stimolazione transcranica potrebbe stimolare un’attività in una
zona che non era adibita a quella attività, e quindi creare un moto di cariche verso una
determinata zona in modo che per plasticità si riesca a non perdere certe funzionalità.

Ovviamente tutto questo dipende dal dove è localizzato il danno. Ci sono infatti certe aree
particolari del nostro cervello che se danneggiate possono portare il paziente in stato vegetativo.
Quindi la risoluzione dipende molto da dove avviene il danno a livello cerebrale.

Una patologia interessante è quella del dolore cronico. L’idea nell’usare la TMS in questo
contesto è quello di andare a stimolare le aree cerebrali dove il soggetto percepisce dolore in
modo da essere in grado di modularlo.

L’e cacia poi della TMS in soggetti depressi o con mood disorder è vista soprattutto in coloro
che sono resistenti alle cure farmacologiche.

Le cure farmacologiche per i disturbi dell’umore esistono e sono spesso però standardizzate e
quindi non create per i singoli individui in base alle situazioni. Inoltre hanno il problema che dopo
un certo periodo di tempo le persone che le assumono si assuefano e questi farmaci non hanno
più e etto. A questo punto allora lo psichiatrica cambia il principio attivo del farmaco, ma dopo un
certo periodo sarà nuovamente da cambiare. Quindi alla ne questi soggetti cominciano a
diventare resistenti a qualsiasi tipologia di farmaco.

Quindi una TMS può essere utile perchè applicate nel modo corretto possono aiutare farmaci
resistenti ad ottenere comunque dei risultati.

La TMS in generale per poter avere un risultato e ettivo e per poter diventare una pratica deve
avere una certa robustezza statistica.

13 di 18
ffi
fi
ff
on
ff
an
ff
fi
an
ff

fi
ff
ff
fi
fi
Altre patologie per le quali la TMS è applicata sono i disordini d’ansia, il disordine ossessivo-
compulsivo, il disordine post-traumatico, il disordine di panico, e anche nella terapia contro la
schizofrenia, per avere una riduzione delle allucinazione e dell’ansia.

Contrapposta alla stimolazione transcranica magnetica si ha la stimolazione transcranica


Elettrica. È diversa rispetto a quella magnetica anche per quanto riguarda l’ingombro della
strumentazione, nel caso precedente si aveva molta strumentazione, mentre la stimolazione
elettrica deve generare una di erenza di potenziale a piccole correnti e quindi non ha bisogno di
grande strumentazione.

La corrente che può essere inserita nel nostro sistema biologico va dai 2 a i 4 mA, però il
massimo di 4 mA si usa solo a livello di ricerco, a livello clinico si arrivano al massimo a 2 mA.

L’applicazione poi può essere a due poli o a singolo poli.

L’applicazione avviene attraverso più elettrodi e normalmente si dividono in un catodo e in un


anodo. È importante essere in grado di distinguerli perchè gli e etti della stimolazione elettrica
sono diversi. In genere all’anodo si ha incremento dell’eccitabilità e al catodo un decremento
dell’eccitabilità.

I risultati degli studi possono essere fatti online, andando a misurare il comportamento o l’attività
cerebrale direttamente durante la stimolazione.

Altrimenti gli studi possono essere fatti o ine, quindi post-processing, e in genere si a a vedere
dopo un certo numero di minuti il risultato prodotto, questo perchè la stimolazione elettrica
mantiene il suo e etto nel tempo.

A cosa è dovuto questo aspetto? Come mai la stimolazione elettrica produce questo e etto coda
che nella stimolazione magnetica non si aveva? In pratica il materiale che si ha tra i due elettrodi
può essere visto come un dielettrico non puro, quindi al suo interno si avranno perdite e regioni
che non conducono e quindi applicando dei campi per un lungo periodo di tempo si ha un e etto
di polarizzazione e quindi questi materiali si orientano in un certo modo lungo il campo e di
conseguenza dopo che il campo è stato tolto avranno bisogno di un certo periodo di tempo per
ritornare alla posizione di partenza. Questo tempo di rilassamento è proprio il tempo per far
terminare l’e etto della mia induzione elettrica.

Esistono varie tipologie di stimolazione elettrica.

Io posso mettere un campo continuo che quindi genera


una corrente continua. Questa tipologia si indica con
tDCS. Nel gra co corrente-tempo non avrò un gradino
vero e proprio ma avrò una certa fase di salita e discesa.
Se io inverto anodo e catodo inverto gli e etti.

Un’altra tipologia è quella di avere una sinusoide, e


quindi un campo oscillante, si parla in questo caso di
tACS. In generale si viene a produrre un qualcosa che
varia tra positivo e negativo con un periodo che è uguale
a quello della sinusoide. Si avrà in questo caso anche un
e etto dovuto alla frequenza che si sta utilizzando e uno
dovuto alla fase.

Una variante della precedente tipologia è la o-tDCS che


è la tACS ma con valore medio non nullo, e quindi oscilla
attorno ad un valore medio. In questo caso si ha un
valore di campo medio non nullo e quindi si avranno sia
l’e etto del campo oscillante ma anche un e etto
continuo dovuto al fatto che un certo campo è sempre
presente.

Un’ultima tipologia è quella di usare un qualcosa della


quale si conosce la funzione di densità. In genere si va a prendere il rumore. In particolare il
rumore gaussiano perchè ha un certo valore medio e una certa variazione standard. Questa
stimolazione con il rumore si chiama tRNS e l’e etto all’anodo e al catodo è lo stesso.

Il phase locking è un’operazione che serve per fare in modo che le variazioni della fase si
aggancino a qualcosa, in pratica si va a federe se le oscillazioni cerebrali sono in qualche modo
agganciate alla stimolazione.

14 di 18
ff
ff
ff
fi
ff
ff
ff
ffl
ff
ff
ff
ff
ff
Un aspetto interessante è la causalità delle oscillazioni. Se io ho qualcosa che provoca un e etto
e dico che è causale, allora l’e etto non può avvenire se non c’è stata la sorgente. Quindi un
sistema è causale se non può anticipare l’ingresso.

La stimolazione transuranica elettrica la si può applicare in molti modi, una tecnica interessante è
l’accoppiamento cross-frequenza, cioè si va a generare una determinata oscillazione in una
determinata banda con il sistema di stimolazione e si va a vedere che a questa oscillazione si
associano dei risultati in una determinata banda e dei risultati in altre bande. Questo vuol dire che
questa oscillazione è avvenuta attraverso la mia stimolazione, però sono stati e etti solo alla
stessa frequenza della sorgente ma anche a bande diverse e quindi è necessario che si abbiano
dei metodi per capire se questi e etti sono accoppiati. Il nostro cervello non si spegne mai e
quindi si avranno sempre delle bande diverse.

Alcuni farmaci possono aiutare e aumentare l’e etto della stimolazione elettrica. Per esempio gli
e etti al catodo dipendono dai canali del sodio e del calcio, dal glutammato e dal GABA.

Come avviene la conduzione elettrica all’interno del sistema nervoso? Il fatto che il cervello abbia
una super cie strana e non omogenea fa sì che si abbia una distribuzione molto super ciale delle
linee di campo.

Una stimolazione transuranica si può applicare super cialmente in modo non invasivo con
elettrodi super ciali, oppure in maniera invasiva con elettrodi inseriti all’interno del sistema.
Ovviamente gli e etti saranno diversi.

Per poter applicare la stimolazione transcranica è importante con un gel andare ad abbassare
l’impedenza elettrodo-pelle che è un problema serio perchè provoca subito una caduta di
tensione. Si potrebbe aumentare la corrente per poterla far passare comunque però in questo
caso si verrebbe a produrre un e etto joule che potrebbe bruciare la pelle.

Per poter capire se ciò che si sta facendo sul sistema siologico sta avendo e etto oppure no si
possono o andare a prendere misure dirette oppure utilizzare dei modelli computazionali che
siano in grado di simulare quello che sta succedendo. In quest’ultimo caso però per poter avere il
modello bisogno però conoscere alcuni parametri elettrici riguardanti i tessuti e la conformazione
anatomica di questi ultimi.

Si possono usare modelli tridimensionali della scatola cranica che sono molto vicini alla
situazione reale, hanno delle forme che ricostruiscono in maniera abbastanza valida la super cie.

Dal punto di vista del calcolo per poter costruire questi modelli noi dobbiamo essere a
conoscenza della permeabilità magnetica dei tessuti e di come questi cambi in funzione della
frequenza, delle correnti e delle onde elettromagnetiche. Dovremmo inoltre fare delle ipotesi di
una almeno parziale omogeneità dei tessuti.

In genere si parte con un approccio guidato dalle ipotesi, tutti i modelli partono dal fatto che ci
sono delle conoscenze a priori.

Noi per esempio sappiamo che la corrente ha un determinato comportamento man mano che
attraverso i tessuti, e quindi si avrà un decremento. Noi sappiamo dalla siologica che abbiamo
un decremento della modulazione nella corteccia motoria. Sappiamo che si può avere un
decremento per e etto di analgesici. …

Quindi alla ne la modalità con cui andiamo a stimare gli e etti sono un mix tra il modello che
abbiamo creato e quelle che sono le conoscenze a priori di cui si è a conoscenza.

Come abbiamo appena visto ci sono tantissime variabili in gioco, si ha inoltre la variabilità intra e
inter-soggetto oltre ad una variabilità di stimolazione; quindi tutto questo porta ad avere modelli
anche abbastanza complessi.

Per la legge di Ohm la tensione è pari alla corrente per la resistenza (E = IxR), ma noi non
conosciamo né la corrente né la resistenza del nostro cervello, per cui abbiamo il prodotto di due
incognite che ci porta in uno stato di indeterminazione.

Se supponiamo di avere un semplice circuito con un generatore di E e una resistenza. Possiamo


applicare la legge di Ohm. Si può modi care il circuito e al posto del generatore E costante si può
inserire un generatore variabile E(t) e sostituire la resistenza con una impedenza Z = R+jX. In
questo caso la corrente che scorre nel circuito dipenderà dal tempo e sarà I(t)=E(t)/Z.

Supponiamo ora di avere uno scalpo con una serie di elettrodi messi in un certo modo e collegati
al circuito appena iscritto. Ovviamente le linee di campo si richiudono tra due elettrodi. Prima
15 di 18
ff
fi
fi
fi
ff
ff
ff
ff
ff
fi
ff
fi
fi
ff
fi
ff
ff
fi
fi
ff
dello scalpo si inserisce una piccola resistenza o impedenza che deve essere costante e il più
piccola possibile. Ci si va poi a misurare con un sistema di misura chiamato Volt la corrente reale
che circola.

All’interno del nostro circuito la corrente non dovrebbe cambiare mai, e questa situazione la
possiamo avere se il generatore ha una potenza nita.

La corrente all’interno del circuito va quindi sempre monitorata per poterla mantenere costante, e
questo lo si va a fare andando appunto a misurare la corrente su questa piccola resistenza
inserita prima dello scalpo con Volt, e poi si andrà di conseguenza a modi care il generatore di
ingresso aumentando o diminuendo la sua dinamica per mantenere la corrente costante.

Con tutte le variabilità che ci possono essere andare a capire e ettivamente come si
distribuiscono le cariche su una super cie rugosa non è per niente semplice e banale.

I modelli quindi ci vengono senz’altro in aiuto. Ci sono diversi lavori in letteratura che cercano di
generare modelli di campo all’interno del nostro sistema nervoso e questi ci possono permette di
capire più o meno quale sarà il movimento delle cariche all’interno della nostra stimolazione.

In questi modelli però in genere la stimolazione è banale, ci sono solo due elettrodi, uno frontale o
prefrontale e uno parietale o temporale. Però partendo da questi modelli si è riusciti a creare dei
ristesti di modelli più complessi con dei simulatori di linee di campo.

Un aspetto importante è passare poi agli e etti sull’uomo, quindi andare a capire che tipo di
e etto ha la stimolazione dal punto di vista del sistema nervoso centrale e sul comportamento.

Una possibilità per cercare di capire quello che sta succedendo è mettere insieme sistemi di
stimolazione e sistemi di lettura.

Questi possono poi anche essere utili per capire il punto esatto dove applicare la stimolazione,
perchè grazie al modello e alla lettura degli e etti immediata si riesce a capire se il punto di
stimolazione è quello giusto per il mio obiettivo, e se non è così si va a modi care la posizione per
averla nel giusto punto. Questo sistema permette quindi di fare targeting, cioè decidere quale è
l’obiettivo per ottimizzare la stimolazione.

All’interno del nostro sistema nervoso è poi valido un modello di usivo, perchè all’interno del
nostro sistema la legge che governa il moto delle cariche è una di usione di carica che è regolata
dalla Legge di Fick, che relazione la velocità di movimento con il gradiente spaziale attraverso
alcuni coe cienti.

Tra il modello standard con due soli elettrodi e quest’ultimo modello multi-elettrodo c’è una
di erenza anche per quanto riguarda la stimolazione di aree. Se si pensa all’anatomia del cervello
si sa che ci sono zone molto vicine ma che hanno funzionalità diverse, quindi andare a stimolare
un’area più piccola e precisa ci permette di andare a stimolare solo ciò che ci serve.

Con il modello multi-elettrodo siamo in grado di stimolare quindi aree più precise del nostro
sistema nervoso.

La terapia elettro compulsiva (ECT), detta anche elettro-shock, è una stimolazione elettrica che
viene fatta sul sistema nervoso ma cambiando i valori elettrici che sono messi normalmente in
atto con la stimolazione elettrica.

Questa terapia viene fatta soprattutto in pazienti psichiatrici o in pazienti che hanno particolari
patologie per le quali le cure farmacologiche non hanno alcun e etto.

La terapia si basa su una stimolazione elettrica con valori di corrente bassi ma applicati per
periodi prolungati di tempo. L’idea di base era quella di generare una sorta di reset dell’attività
cerebrale in modo che poi ricominciasse a funzione in modo corretto. In realtà si è visto che
questo non è propriamente vero, l’attività cerebrale non si resetta, però aiuta la cinetica
farmacologica.

Questa terapia può anche essere utilizzata con delle microcorrenti come terapia per il dolore in
modo che gli analgesici si possano di ondere meglio.

Un altro aspetto interessante da tenere in considerazione è la presenza della tta rete di capillari
presente nel nostro sistema nervoso centrale. Questa rete serve per portare le sostanze nutritive e
l’ossigeno al nostro sistema, ma funge anche da barriera, come protezione del nostro sistema. Di
conseguenza provoca anche una barriera per il passaggio della corrente.

16 di 18
ff
ff
ffi
ff
fi
ff
ff
fi
ff
ff
ff
ff
fi
fi
fi
Vediamo ora un’applicazione della neuromodulazione per il dolore cronico.

Il dolore cronico ha diverse siopatologie, in pratica è un dolore che perdura nel tempo ed è
associato a cambiamenti plastici del sistema nervoso centrale. È stato studiato che questo dolore
cronico proviene da una in ammazione che porta alla produzione di alcuni mediatori, come i
recettori del dolore. Questi ultimi sono principalmente localizzati nel midollo, quindi a seguito del
dolore cronico si ha un attivazione di tutti questi sensori che fanno percepire dolore, anche se non
è presente alcun danno periferico reale. In pratica quindi è dovuto ad una cattiva plasticità del
nostro cervello.

Con la neurostimolazione si è in grado di andare a stimolare certe aree in modo da avere una
in uenza diretta sul midollo spinale.

Un’altra cosa importante è la Motor Imagery (MI) cioè l’immaginazione di fare un determinato
movimento, è la creazione di una esperienza nella mente.

L’immaginazione coinvolge dei processi cognitivi. In particolare la motor imagery si riferisce


all’attività motoria, quindi le persone possono in qualche modo immaginare un movimento senza
farlo realmente e quello che a noi interessa è la rappresentazione mentale che questo movimento
immaginato ha.

È molto utilizzato e l’obiettivo di questa cosa può essere nalizzata a creare una terapia su alcuni
pazienti in modo da riabilitare o da generare una immagine interna del movimento. Realmente poi
quando pensiamo ad un movimento senza farlo abbiamo un’attivazione di aree cerebrali che si
sovrappongono almeno parzialmente a quelle attivate durante il movimento vero e proprio. Quindi
immaginare un’azione coinvolge gli stessi circuiti neurali e quindi un’azione può essere imparata
anche senza svolgere realmente il task.

Quindi si può pensare a questo come ad una sorta di brain computer interface dove realmente
non abbiamo un’azione né una interfaccia, ma una valutazione, quindi poi nella fase di learning
questo diventa il feedback da fare per permettere ai soggetti di migliorare le proprie prestazioni.

Un’attività di questo tipo può quindi diventare un mix tra movimenti realmente eseguiti e
movimenti immaginati. Inoltre questo tipo di strumentazione non neanche troppo costoso.

Dov’è che questo paradigma potrebbe essere utile?

Può essere utile per coloro che hanno dei vincoli sul movimento, che possono essere dovuti a
problemi del sistema nervoso centrale, per esempio in seguito ad un ictus; e quindi si può iniziare
con una riabilitazione del tutto immaginaria e poi passare a vedere se si è in grado di riattivare la
parte motoria.

Più a lungo le persone si sottopongono a Motor Imagenry e più gli e etti possono diminuire.
Questo perchè c’è una fatica mentale che si ha dopo circa 20 minuti che i soggetti sono
sottoposti a questi task. Questa fatica può portare a diminuire l’e cacia.

Questo succede perchè comunque l’immaginazione è comunque un’attività cognitiva e come


tutte le attività cognitive porta ad avere una fatica a lungo andare.

Si pensi ad un atleta che deve fare una determinata performance. L’atleta si può allenare
inizialmente mentalmente per fare un determinato movimento nel modo ottimale. Dopodiché potrà
passare al movimento sico, e con la pratica attiva la memoria muscolare.

La stessa cosa può avvenire in pazienti con problemi motori.

Il fatto però di avere una immaginazione sbagliata può portare anche ad un avere un cattivo
learning, quindi ad un errore nell’apprendimento. Quindi c’è bisogno di un controllo, e si può
attivare un protocollo chiamato Grande Motor Imagery, che è una procedura scandalizzata dove
prima di tutto si mostrano delle immagini con il task e poi si chiede al paziente di immaginarlo.

L’utilizzo della Motor Imagery può essere utilizzato anche in presenza di dolore. Si pensi a tutte
quelle patologie dove magari un movimento/ una terapia non può essere e ettuata perchè il
paziente sente dolore. Precedendo una fase di Motor Imagery il paziente può comunque attivare i
processi mentali ma senza provare dolore.

Si sono due tipologie di misura per poter veri care se un task ha e ettivamente ottenuto un
risultato. Le misure sono sopratutto di tipo clinico e si dividono in due tipologie.

Le misure di tipo primario sono quelle che si ottengono come risultato della pratica stessa, sono
una serie di scale e test standardizzati che danno una misura quantitativa dell’e cacia.

17 di 18
fl
fi
fi
fi
fi
fi
ffi
ff
ff
ffi
ff
Le misure di tipo secondario invece si ottengono per esempio attraverso un’analisi biomeccanica
dei movimenti.

Ci sono state delle evidenze che hanno dimostrato che la terapia del motor imagery associata con
la parte pratica sono più e caci della sola pratica. Il problema però è che non c’è nessuna
evidenza scienti ca per poter usare la pratica mentale come se fosse una cura. Questo perchè
non c’è modo di dosare il Motor Imagery.

Questo perché se il Motor Imagery fosse una terapia noi avremmo bisogno di una misura che dica
come somministrare questa terapia: quante volte, per quanto tempo,… questo è necessario
perchè come abbiamo già detto ci sono anche degli e etti negativi come la fatica mentale.

Quindi nché non si avrà una misura quantitativa non potrà mai essere vista come una terapia
vera e propria.

Un’altra terapia interessante basata sempre sulla Motor Imagery è la terapia dello specchio.

Pensiamo ad una persona che con una mano fa un movimento e si guarda allo specchio in modo
che su di esso si spechi la mano e sembri che anche l’altra mano faccia lo stesso movimento. In
realtà l’altra mano è nascosta e non esegue il movimento corretto. Ma grazie al principio dei moto
neuroni, quest’ultima cerca di imitare il movimento dell’altra mano.

Questa terapia viene spesso utilizzata per l’attivazione motoria a seguito di un ictus.

L’apprendimento attraverso i moto neuroni è un modo di apprendere un movimento che


sicuramente aiuta nel migliorare il coordinamento motoria e la preparazione al movimento.

Il feedback in questo caso è di tipo visivo, è l’illusione del movimento, che il soggetto guarda allo
specchio.

I risultati sono poi valutati attraverso misure di indagine come per esempio attraverso l’fMRI,
oppure viene fatta semplicemente valutando il comportamento del soggetto o valutandone l’EEG.

18 di 18
fi
fi
ffi
ff

Potrebbero piacerti anche