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Guide Pratiche

Mal di testa
Prevenzione e rimedi

PICCOLE E GRANDI RISPOSTE QUOTIDIANE


A PORTATA DI MANO
MAL DI TESTA
Prevenzione e rimedi

© 2018 Altroconsumo Edizioni S.r.l.


Via Valassina 22 – 20159 Milano
A cura di Simonetta Pagliani (Zadig, Milano)

ISBN 978-88-99780-28-9

Coordinamento editoriale: Sonia Basili


Redazione: Raffaella Daghini, Chiara Olivero
Copertina e impaginazione: Sara Cattaneo

Tutti i diritti di traduzione, riproduzione,


memorizzazione elettronica e adattamento totale o parziale,
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Mal di testa
Prevenzione e rimedi
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Sommario

Introduzione.................................................................................................... 9

Capitolo 1 – Conoscere il mal di testa


I numeri della cefalea...................................................................................... 11

Che cosa c’è nella testa?.................................................................................. 14

Che cosa scatena il mal di testa?..................................................................... 26

La classificazione delle cefalee........................................................................ 40

Un piccolo test prima di iniziare..................................................................... 42

Capitolo 2 – La diagnosi
La raccolta delle informazioni........................................................................ 46

L’esame obiettivo............................................................................................. 58

Gli esami diagnostici strumentali................................................................... 59

La rachicentesi.................................................................................................. 62

Altri esami........................................................................................................ 63
Come distinguere le diverse cefalee............................................................... 64

Dove si diagnosticano e si curano le cefalee?................................................ 67

Capitolo 3 – L’emicrania
La possibile origine.......................................................................................... 71
I criteri per la diagnosi..................................................................................... 72
Le fasi dell’emicrania....................................................................................... 74
L’emicrania dell’età evolutiva.......................................................................... 81
Le forme più rare di emicrania con aura........................................................ 82
L’emicrania cronica........................................................................................... 83
Le complicanze................................................................................................. 84
Le malattie associate....................................................................................... 85

Capitolo 4 – La cefalea di tipo tensivo


I criteri per la diagnosi..................................................................................... 90
I diversi tipi di cefalea tensiva......................................................................... 90
I sintomi............................................................................................................ 91

Capitolo 5 – La cefalea a grappolo


Caratteristiche generali................................................................................... 94
Possibile origine e sviluppo............................................................................. 95
I fattori scatenanti........................................................................................... 95
Le caratteristiche del dolore........................................................................... 96
Le altre cefalee autonomico-trigeminali........................................................ 97

Capitolo 6 – Le altre cefalee primarie


La cefalea cronica quotidiana......................................................................... 99
La cefalea primaria da tosse............................................................................ 100
La cefalea primaria da attività fisica.............................................................. 101
La cefalea associata ad attività sessuale........................................................ 102
La cefalea da stimolo freddo.......................................................................... 102

La cefalea trafittiva.......................................................................................... 102

La cefalea nummulare..................................................................................... 102


La cefalea ipnica............................................................................................... 103

Capitolo 7 – Le cefalee secondarie


La cefalea da trauma cranico.......................................................................... 107
La cefalea da ematomi post traumatici.......................................................... 108
La cefalea da disturbi vascolari non traumatici............................................. 108
La cefalea da arterite a cellule giganti........................................................... 109
La cefalea da interventi sui vasi sanguigni della testa.................................. 110
La cefalea da trombosi del seno venoso cerebrale....................................... 111
La cefalea da aumento della pressione endocranica.................................... 112
La cefalea da diminuzione della pressione liquorale.................................... 114
La cefalea post convulsiva............................................................................... 114
La cefalea da abuso o sospensione di sostanze o di farmaci........................ 115
La cefalea da infiammazione delle meningi.................................................. 118
La cefalea da difetti dell’omeostasi................................................................ 119

Capitolo 8 – La prevenzione, la gestione e il trattamento


della cefalea
Prendi il comando, controlla la tua cefalea................................................... 122
I rimedi per il mal di testa............................................................................... 126
La terapia dell’emicrania................................................................................. 127
La terapia della cefalea di tipo tensivo.......................................................... 134
La terapia della cefalea a grappolo................................................................ 137
La prevenzione e la terapia della cefalea da alta quota............................... 138
La terapia dell’arterite a cellule giganti......................................................... 140
Medicina naturale, alternativa e complementare......................................... 141
Capitolo 9 – La meningite: sintomi, diffusione e prevenzione
I sintomi............................................................................................................ 146

Quanto e dove è diffusa.................................................................................. 147

Quando sospettare la meningite nei più piccoli........................................... 149

La vaccinazione contro la meningite.............................................................. 150

Appendice 1 – Centri di cura delle cefalee

Appendice 2 – Bibliografia e siti d’interesse

Indice analitico................................................................................................. 173


Introduzione

Sono molti i disturbi e le malattie che si manifestano anche attraverso il dolore:


la colica renale, l’attacco di pancreatite acuta, l’ascesso dentale, la crisi acuta
di gotta, per fare qualche esempio.
Quando però vengono colpite due particolari sedi del corpo – il cuore e la
testa – insieme al dolore fisico si sperimenta spesso anche una componente
psicologica di angoscia e talvolta di paura.
In questa guida l’interesse è puntato sul mal di testa in tutte le sue varianti
e soprattutto sulle forme che implicano un certo grado di disabilità; chi ne
soffre perde, almeno temporaneamente, quella che gli anglosassoni chia-
mano ability to cope, cioè la capacità di “convivere” con la malattia senza
farsene travolgere.
La giustificazione della forte componente emotiva del dolore dovuto al mal
di testa sta probabilmente nel fatto che colpisce il cervello, cioè il centro di
controllo che governa il corpo, il pensiero, la memoria e persino la consa-
pevolezza stessa di esistere. È comprensibile quindi che, anche quando sia
stato sperimentato già molte volte, il dolore che si scatena all’interno della
testa possa evocare, anche se solo in modo inconscio, il timore di malattie
gravi, come disturbi neurologici e tumori.
Per fortuna la maggior parte delle cefalee è di tipo benigno: secondo le
statistiche solo il 5% degli attacchi di mal di testa che portano al Pronto soc-
corso, cioè quelli che presumibilmente sono percepiti come più allarmanti,
sono espressione di una malattia neurologica grave.
Mal di testa

Quando è causata da una patologia dell’encefalo o da una malattia cosiddet-


ta “sistemica”, che colpisce cioè l’intero organismo, la cefalea viene definita
“secondaria”.
Quando, invece, il mal di testa è una malattia a sé stante viene definito “cefa-
lea primaria”; le due forme primarie più comuni sono l’emicrania e la cefalea
muscolo-tensiva.
Nei successivi capitoli di questa guida verrà presentata una panoramica dei
disturbi e delle malattie che hanno come sintomo prevalente o secondario
una cefalea, a partire da quelle più rilevanti: tra gli oltre 35 tipi di cefalea
primaria classificati, l’emicrania è quello di maggiore impatto clinico e sociale
e le donne ne pagano il prezzo più alto.
Per poter trattare in modo chiaro e più possibile completo il vasto tema del
mal di testa, è però inevitabile partire da una breve esplorazione di quello
che c’è nella scatola cranica, che è l’involucro del cervello o, per meglio dire,
del sistema nervoso centrale: questo, infatti, comprende sia il cervello sia altre
strutture neurologicamente importantissime, alcune delle quali, come si vedrà,
del tutto insensibili al dolore, mentre altre a esso suscettibili.
Si cercherà poi di comprendere, per quanto possibile, il processo d’insorgenza
del dolore, che è ancora oggetto di varie interpretazioni.
Verranno descritti i più frequenti o gravi tipi di cefalea, così come sono stati
inseriti nella più attuale classificazione internazionale, e i metodi e gli stru-
menti per diagnosticarli.
Un capitolo sarà dedicato alla possibile prevenzione e alla gestione del mal
di testa e ai suoi possibili rimedi, farmacologici e non.
In un capitolo a parte parleremo di meningite, malattia che ha che fare con il
dolore alla testa ma che non rientra in modo specifico tra le cafalee.
Infine, troverete un elenco dei centri specializzati nella diagnosi e nella cura
delle cefalee e una raccolta di siti internet, in italiano e in inglese, per appro-
fondire la conoscenza del mal di testa e dei suoi rimedi.

10
Conoscere il mal di testa
1
Il mal di testa – anche chiamato cefalea – è oggi un disturbo molto frequente
e tutti ne hanno sofferto almeno una volta nella vita.
È stato calcolato che, nei paesi più sviluppati, il 90% delle persone soffre di
una delle forme di cefalea recidivante (cioè quelle che si presentano più volte
nella stessa persona) almeno una volta l’anno e che addirittura il 15% della
popolazione ha dolore almeno una volta al mese.
La frequenza con cui si manifesta il mal di testa in una persona dipende però
anche dalla sua età.

I numeri della cefalea


La cefalea è più frequente nelle donne in età riproduttiva, ma può insorgere
in età giovanile e talvolta anche durante l’infanzia; i bambini, però, spesso
non sono in grado di riferire adeguatamente i loro sintomi e, di conseguenza,
l’incidenza di cefalea infantile tende a essere sottostimata.
Il mal di testa diminuisce di frequenza a partire dai 50 anni, ma non in modo
così significativo. Infatti, se si considerano i sintomi in ordine decrescente di
frequenza, il mal di testa si colloca al decimo posto nelle donne e al quattor-
dicesimo negli uomini di età superiore a 65 anni. Inoltre la cefalea può conti-
Mal di testa

nuare a presentarsi in forma grave anche a 70 anni nel 10% delle donne e nel
5% degli uomini, con una percentuale fino al 2% di casi di cefalea quotidiana.
Tra le forme di cefalea primaria (quelle cioè in cui il mal di testa è un disturbo
che non dipende da altre malattie), l’emicrania è quella che tende maggiormen-
te a diminuire di frequenza con l’età, in entrambi i generi, mentre le cefalee
muscolo-tensive continuano a manifestarsi (per approfondimenti sulle diverse
forme di cefalea, vedi i capitoli da 3 a 7).
Negli anziani sono più frequenti le forme di cefalea secondaria (cioè dovute
ad altre malattie concomitanti), anche se costituiscono solo una parte mino-
ritaria dei dolori alla testa (33%). Nell’anziano, infatti, lo sviluppo di condi-
zioni patologiche croniche come l’ipertensione, le cardiopatie ischemiche o
aritmiche, le difficoltà respiratorie per malattie broncopolmonari, l’anemia, il
diabete mellito e l’insufficienza renale, può:

• aggravare una cefalea primaria preesistente;


• causare lo sviluppo di una nuova cefalea che dipende della malattia cronica;
• provocare una cefalea come effetto collaterale dei farmaci assunti per trattare
la malattia;
• indurre una cefalea per abuso di analgesici, un comportamento comune
negli anziani a causa dei dolori dell’apparato osteoarticolare.

Vi sono, inoltre, cefalee che compaiono solo dopo i 60 anni, come la cefalea
ipnica, che compare durante le ore del riposo notturno, e la malattia di Horton,
detta anche arterite temporale.
Sono poi tipiche dell’età anziana le forme di dolore al capo in stretta relazione
con malattie neurologiche come la depressione e la malattia di Parkinson.
La cefalea di tipo muscolo-tensivo pressoché abituale e benigna è certamente
un disturbo comune. Tuttavia, un’indagine condotta sull’argomento ha messo
in luce che essa viene riferita al medico curante in meno della metà dei casi e
che è ancora più bassa la percentuale dei casi in cui il medico, da parte sua,
registra questo problema nella cartella clinica.
È quindi probabile che la cefalea muscolo-tensiva abituale di media entità sia
gestita come una malattia alla quale è necessario adattarsi, limitandosi alle

L’iceberg emicrania

Donne Uomini

Emicrania diagnosticata 47% 34%


Emicrania non diagnosticata:
- mai consultato un medico 30% 25%
- consultato un medico 23% 41%

12
Conoscere il mal di testa

cure proposte dai media, dalla rete di amicizie e di parentele o, al più, dai
consigli del farmacista.
Secondo un noto studio di Richard B. Lipton, non recente ma confermato
successivamente, questo concetto può essere esteso anche all’emicrania (vedi
tabella a pagina 12 “L’iceberg emicrania”).
Secondo i dati più recenti della letteratura scientifica internazionale, fino al
4% degli adulti e fino al 2% degli individui in età evolutiva sviluppano una
cefalea cronica. Questo termine raggruppa le forme cliniche caratterizzate
dalla presenza di una crisi dolorosa almeno 15 giorni al mese, per almeno tre
mesi (o, talvolta, con dolore quasi quotidiano).
In due terzi di queste persone, la cefalea iniziale diventa cronica a causa
dell’abuso di farmaci antidolorifici. Questa forma cosiddetta “iatrogena” in-
teressa addirittura l’1-2% della popolazione generale e comporta alti costi
socioeconomici: costi diretti dovuti alle spese per le cure mediche, ma anche
costi indiretti, associati alla riduzione (o alla perdita) dell’attività lavorativa, e
costi più difficilmente quantificabili, legati alla qualità di vita di chi ne soffre.

Un disturbo che viene da lontano


Risalgono alla preistoria i primi indizi di un mal di testa ritenuto così insopportabile da
richiedere l’apertura di un foro nella testa per far uscire gli “spiriti maligni”. Già nel
neolitico (7.500-5.300 a.C.), la trapanazione era ampiamente praticata: il più antico
cranio trapanato (7.000 a.C.) in Europa è stato rinvenuto a Ensisheim, in Alsazia. Nel-
la necropoli neolitica di Loisy-en-Brie, in Francia, è stato trovato un cranio trapanato
dotato di un lembo osseo a chiusura del foro e si trovano esempi di trapanazione
anche in Italia, come nel cranio di Catignano (Pescara), che risale al V millennio.
Questi interventi venivano attuati comunemente nei luoghi più disparati della terra
e, nonostante la mancanza di condizioni asettiche e di anestesia, la mortalità era
relativamente bassa, se si pensa che più della metà dei crani trapanati trovati dagli
archeologi mostra escrescenze ossee intorno al foro, segno di crescita riparativa che
documenta la sopravvivenza della persona operata. Queste testimonianze indicano
la diffusione del mal di testa nel genere umano fin dalle epoche più remote: va
quindi rivisto il concetto che lo stress è tipico del mondo contemporaneo e accet-
tata l’idea che il “mal di vivere” ha colpito l’umanità in tutta la sua lunga storia.
Ippocrate, nel IV secolo a.C. ha descritto dettagliatamente un’emicrania con
aura; nel primo secolo d.C., Areteo di Cappadocia ha codificato una sindrome
che chiama heterocrania i cui sintomi sono dolore unilaterale, nausea e vomito.
Il termine hemicrania è stato in seguito coniato da Galeno (129-199 d.C.) che
attribuiva la malattia alla bile gialla, uno dei quattro umori ipotizzati da Ippocrate
come responsabili delle malattie (sangue, flegma, bile gialla e bile nera).

13
Mal di testa

Che cosa c’è nella testa?


Nei vertebrati, la parte più importante e fragile del sistema nervoso è chiusa
dentro un involucro osseo composto dal cranio (che protegge il cervello) e
dalla colonna vertebrale (che protegge il midollo spinale), mentre la parte
periferica del sistema nervoso si ramifica, libera, in tutto il corpo.
Tra il cervello e il midollo spinale vi è continuità: il passaggio della sostanza
nervosa avviene infatti attraverso un foro posto alla base del cranio. Cervello e
midollo spinale sono poi collegati alle altre parti del corpo per mezzo dei nervi.

Il cranio
La scatola cranica è composta di due parti:

• una anteriore, detta “splancnocranio”, che comprende l’ingresso delle vie


respiratorie e alimentari e le cavità degli occhi, del naso e della bocca;
• una posteriore, detta “neurocranio”, composta da otto ossa che proteggono
il sistema nervoso centrale.

Frontale
Sfenoidale (grande ala)
Parietale
Lacrimale
Temporale
Etmoide
Nasale sinistro Processo
mastoideo

Zigomatico
Occipitale
Mascellare
sup. ant.

Denti
Apofisi zigomatica
del temporale
Foro
mentoniero Mascella inferiore

Le ossa del cranio

14
Conoscere il mal di testa

A volte il mal di testa può nascere dalla parte anteriore del cranio. In questo caso
le parti principalmente interessate dal dolore sono le cavità (o seni) paranasali,
collegate, una per lato, con le cavità nasali e in stretta relazione con la fossa
cranica anteriore, con le cavità orbitarie e con il tetto della cavità orale. Le cavità
paranasali hanno diverse funzioni: concorrono a modificare le caratteristiche
termiche e microbiologiche dell’aria inspirata ed espirata, rendono più leggera
la parte anteriore della scatola cranica e danno risonanza all’emissione vocale.
Le cavità paranasali sono formate da:

Sezione frontale

Cervello Seno
frontale

Fosse nasali Grasso dell’orbita


Setto nasale
Conca Cellule etmoidali
nasale media
Meato Orifizio del
nasale medio seno mascellare
Seno Infraorbitale
mascellare Zigomatico Recessi del
seno mascellare
Meato Alveolare
nasale inferiore
Muscolo buccinatore
Conca
nasale inferiore
Corpo della lingua
Palato duro
Cavità orale

Sezione orizzontale

Fosse nasali
Globo oculare
Setto nasale
Cellule etmoidali
Parete mediale dell’orbita
Grasso e muscoli
dell’orbita Nervo ottico
Seni sfenoidali Cervello

Le cavità del cranio

15
Mal di testa

• seni frontali;
• seni mascellari;
• seni sfenoidali;
• cellule etmoidali.

Le ossa del cranio sono connesse tra loro da cinque articolazioni fisse, chiamate
suture: coronale, sagittale, lambdoidea, squamosa e frontonasale.
Prima della nascita, le giunzioni tra le ossa del cranio non sono così strette,
ma sono distanziate da alcune “fontanelle”, cioè spazi situati all’incrocio delle
ossa che servono sia a rendere più agevole il passaggio del feto nel canale
del parto sia, una volta nato il bambino, a permettere la crescita dell’encefa-
lo fino alla loro chiusura definitiva. In corrispondenza delle giunzioni tra le
ossa, inoltre, il pavimento della scatola cranica presenta alcune depressioni,
chiamate “fosse craniche”: anteriore, media, posteriore.
Il tessuto nervoso è separato dalle ossa da tre strati di protezione (membra-
ne), chiamati meningi: l’insieme delle meningi avvolge sia l’encefalo sia il
midollo spinale. I tre strati sono, dall’interno all’esterno:

• la pia madre, uno strato molto sottile a diretto contatto con l’encefalo e il mi-
dollo spinale, che contiene le arterie che nutrono il sistema nervoso centrale;
• l’aracnoide, uno strato intermedio separato dalla pia madre da uno spazio (lo
spazio sub aracnoideo) pieno dello stesso liquido contenuto all’interno del
canale midollare e nei ventricoli cerebrali (liquor o liquido cefalo-rachidiano);

Pelle

Aponeurosi
Periostio

Osso del cranio

Dura madre
Aracnoide Meningi
Pia madre

Tutti gli strati del cranio

16
Conoscere il mal di testa

• la dura madre, uno strato molto spesso che contiene i vasi venosi che dre-
nano il sangue dal sistema nervoso centrale.

Il liquor (o liquido cefalo-rachidiano), oltre ad attutire l’effetto di eventuali


traumi cranici sul sistema nervoso centrale, ha la funzione di scambiare sali
con il liquido presente tra le cellule e di rimuovere i prodotti di scarto.
Per questo motivo, il suo contenuto diventa una preziosa fonte di informa-
zioni che possono aiutare la diagnosi nel caso di alcune malattie neurolo-
giche o infettive, attraverso un prelievo detto rachicentesi (vedi capitolo 2
“La diagnosi”).

Il sistema nervoso
La testa è la sede della centrale neurologica dell’essere umano; il sistema ner-
voso ha quindi un’importanza almeno pari a quella del sistema cardiovascolare.
Il funzionamento di ciascuno dei due sistemi, d’altra parte, è strettamente
collegato a quello dell’altro: per esempio, il sistema nervoso modula il battito
cardiaco, mentre il cuore, a sua volta, assicura che il sangue arrivi correttamen-
te al cervello. D’altra parte, un battito cardiaco irregolare può, per esempio,
favorire la formazione di emboli che bloccano l’afflusso di sangue, causando
il temibile ictus ischemico.
Il sistema nervoso è formato da due componenti fondamentali:

• il sistema nervoso somatico, controllato dalla corteccia cerebrale e che pre-


siede a tutte le attività volontarie;
• il sistema nervoso autonomo o vegetativo (diviso, a sua volta, in sistema
nervoso simpatico e sistema nervoso parasimpatico), che controlla le attività
vitali involontarie dei vari organi e apparati (circolatorio, digerente, respira-
torio, endocrino, riproduttivo).

Il cosiddetto “sistema nervoso enterico”, costituito da insiemi di fibre situati


nel tratto gastrointestinale, nel pancreas e nella cistifellea, è considerato una
terza parte del sistema nervoso autonomo.
I sistemi simpatico e parasimpatico agiscono sugli stessi organi, ma di solito
hanno un’azione antagonistica: per esempio, il simpatico aumenta la frequenza
cardiaca, mentre il parasimpatico la riduce.
In condizioni normali le funzioni del corpo – come la frequenza e il ritmo
dei battiti del cuore, la respirazione e i movimenti lenti e regolari che fanno
muovere il cibo attraverso il tratto digestivo – sono controllati principalmente
dal sistema parasimpatico.
In caso di emergenza entra in azione il sistema simpatico che, aumentando
la frequenza cardiaca, provvede a incrementare la quantità di ossigeno all’in-

17
Mal di testa

Corteccia Solco centrale


Corteccia
Area premotoria motoria primaria
primaria somoestetica

Area Area del gusto


prefrontale
Area di
associazione
somoestetica

Area di
associazione
visiva

Corteccia
visiva
Area motoria
della parola
(area di Broca) Area sensoriale
della parola
Area di (area di Wernicke)
associazione Corteccia
uditiva uditiva primaria

Le aree cerebrali

terno del sangue (e di conseguenza, l’energia a disposizione dei muscoli) per


adeguare il corpo allo sforzo richiesto.
Quando la situazione torna rilassata, il sistema parasimpatico riduce la pres-
sione del sangue e la frequenza cardiaca e rimette in moto i processi digestivi.

L’encefalo
Nell’uomo adulto, l’encefalo arriva a pesare fino a 1,4 kg, cioè circa il 2% del
peso corporeo complessivo.
Le quattro regioni principali dell’encefalo sono:

• il telencefalo (o cervello propriamente detto), che con la corteccia cerebrale,


i gangli della base e il sistema limbico controlla le funzioni motorie, emotive
e cognitive;

18
Conoscere il mal di testa

• il diencefalo (composto da talamo, ipotalamo ed epitalamo), che coordina


i comportamenti istintivi e la secrezione ormonale;
• il cervelletto, che coordina il movimento;
• il tronco encefalico (composto da mesencefalo, ponte, midollo allungato e
formazione reticolare), che controlla le funzioni degli organi, il ritmo sonno-
veglia e la modulazione del dolore.

La caratteristica peculiare del sistema nervoso centrale umano è l’alto grado di


specializzazione del cervello propriamente detto. Infatti, oltre ad analizzare gli
impulsi sensoriali e i segnali inviati dagli organi e a integrare tali informazioni
per poi trasformarle in risposte efficienti, il cervello svolge attività superiori
che sono particolarmente sviluppate proprio nella specie umana: la memoria,
il pensiero razionale e l’apprendimento.

Telencefalo
o cervello Ventricoli

Corpo
calloso

Epifisi

Talamo Ipotalamo
Ipofisi
Diencefalo Cervelletto

Ponte Midollo allungato


Mesencefalo (di Varolio) a bulbo

Tronco encefalico

L’encefalo

19
Mal di testa

Il “cervello viscerale”
L’ipotalamo è una parte del diencefalo che si trova sotto il talamo. È ricco di vasi
sanguigni ed è collegato (tramite fibre nervose) a tutte le altre sedi del sistema
nervoso centrale. In particolare è collegato all’ipofisi, non solo dal punto di vista
anatomico ma anche da quello funzionale, in quanto costituiscono il cosiddetto
asse ipotalamo-ipofisario, che permette al sistema nervoso di agire sul sistema
endocrino (che regola la secrezione degli ormoni).
L’ipotalamo riceve segnali da tutto il sistema nervoso e può dare risposta a tutti
i tipi di stimoli ambientali ed emozionali. In particolare, è coinvolto nella risposta
alle situazioni di stress, attraverso un meccanismo detto “sindrome generale di
adattamento”, che ha tre tappe: allarme, resistenza ed esaurimento. La prima
risposta è immediata, con la produzione di adrenalina: si attiva un meccanismo di
allerta, aumento dell’afflusso di sangue ai muscoli e riduzione di quello verso gli
organi interni, aumento della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca). Se
la situazione stressante si prolunga, si passa alla fase della resistenza, con rilascio
di ormoni (ormone della crescita e adrenocorticotropo) che mobilitano le riserve
di grassi e proteine e aumentano la glicemia. Si arriva infine all’esaurimento delle
riserve adattative, che può concludersi con la morte.
Per quanto riguarda la regolazione termica, se la temperatura esterna diminu-
isce l’ipotalamo reagisce provocando la costrizione dei vasi sanguigni e, in casi
più gravi, i movimenti involontari dei muscoli (brividi) e l’ossidazione delle riserve
energetiche. Al contrario, se la temperatura aumenta, l’ipotalamo induce sudo-
razione e vasodilatazione, cioè reazioni che possono mantenere bassa la tempe-
ratura corporea.
L’ipotalamo influenza anche il sistema immunitario e, attraverso l’ipofisi, il ciclo
riproduttivo femminile e la produzione di latte.
Infine, l’ipotalamo controlla l’impulso ad alimentarsi, controllando i centri della
fame, della sazietà e della sete tramite la mediazione dell’insulina e delle leptine.
Quindi, il sistema ipotalamo-ipofisi è in grado di controllare in modo diretto l’ac-
crescimento corporeo, l’allattamento dopo la gravidanza e l’introduzione di liquidi
e, in modo indiretto, il metabolismo basale (agendo sulla tiroide), la risposta allo
stress (agendo sui surreni) e la funzione sessuale (agendo sui testicoli e sulle ovaie).

Il tronco encefalico
Il tronco encefalico (o cerebrale) è la parte del sistema nervoso centrale che
si trova nell’area inferiore della scatola cranica e controlla, direttamente o in-
direttamente, importanti aspetti dell’equilibrio neurovegetativo dell’organismo.
L’intera struttura del tronco encefalico è percorsa da fasci di neuroni motori,
da fasci di neuroni sensitivi e da neuroni modulatori che compongono la

20
Conoscere il mal di testa

cosiddetta sostanza (o formazione) reticolare, situata nella regione centrale,


lungo l’intera struttura.
La sostanza reticolare ha il compito di regolare alcune attività controllate dal
midollo spinale, dalla corteccia cerebrale e dal tronco encefalico stesso, per
ottenere il corretto funzionamento di processi involontari complessi quali:

• cicli sonno-veglia;
• stato di coscienza;
• controllo del tono muscolare;
• riflessi di stiramento;
• coordinazione della respirazione;
• modulazione del dolore;
• regolazione della pressione arteriosa.

Posteriore
Lamina Processo
spinoso
Processo Arco
trasverso vertebrale

Processo articolare
superiore

Peduncolo Corpo
vertebrale
Forame
vertebrale
Anteriore

Legamento
Legamento giallo
longitudinale
anteriore
Anulus Complesso
articolare

Legamento
Nucleo sovraspinoso

Legamento
Corpo
interspinoso
vertebrale

Legamento
longitudinale
Le vertebre posteriore

21
Mal di testa

Al tronco encefalico, infine, è collegato il cervelletto, ossia la struttura nervosa


che coordina i movimenti muscolo-scheletrici e consente al corpo di adeguare
la postura in rapporto allo spazio circostante.
Il midollo spinale, invece, è composto dai nervi che connettono il cervello
al resto del corpo.
Come il cervello, è protetto da una struttura ossea, la colonna vertebrale
(o rachide), formata da 33 anelli ossei (detti vertebre) separati da dischi di
cartilagine. All’interno di questi anelli si trova il canale spinale, che circonda
e protegge il midollo.

Il sistema nervoso periferico


Il sistema nervoso periferico è costituito dai nervi che, a seconda della zona
dalla quale fuoriescono dal sistema nervoso centrale, vengono chiamati nervi
spinali, rachidei e cranici.
Un nervo è costituito da un fascio di assoni (o fibre nervose), che sono i pro-
lungamenti delle cellule nervose (neuroni); l’assone è rivestito dalla guaina
mielinica. I nervi (sia quelli cranici sia quelli spinali) possono trasportare
le informazioni:

• dal sistema nervoso centrale alla periferia (fibre efferenti); questi impulsi
possono essere di tipo motorio o viscerale, a seconda che la parte del corpo
innervata sia un muscolo o un organo;

Lato dorsale Materia bianca


Materia grigia
Radice posteriore Canale centrale

Verbo
spinale
Meningi
Radice anteriore
Lato ventrale

Nervi che partono dal midollo

22
Conoscere il mal di testa

L’arco riflesso
Nella pelle si trovano cellule chiamate “recettori”, ciascuna delle quali specializza-
ta per recepire un particolare tipo di stimoli.
Molte azioni del sistema nervoso possono essere spiegate sulla base dei cosiddetti
“archi riflessi”: quando vengono attivate, le terminazioni nervose che recepiscono
la sensibilità al dolore, inviano impulsi ai centri neuromuscolari del sistema nervo-
so centrale (fibre afferenti). Da qui, altre fibre nervose (efferenti), prolungamen-
ti delle cellule centrali, portano gli impulsi di risposta alle terminazioni motorie
all’interno dei muscoli, che determinano la contrazione dei muscoli e il movimen-
to conseguente. Il percorso compiuto dall’impulso nervoso per effettuare questo
percorso di “andata e ritorno” può essere rappresentato come un arco, costituito
da catene di cellule nervose collegate tra loro, stimolate a un’estremità e in grado
di provocare il movimento o la secrezione ghiandolare all’altra estremità.

• dalla periferia al sistema nervoso centrale (fibre afferenti); questi impulsi


trasportano le informazioni sensoriali (o sensitive) provenienti dalle zone
periferiche in entrambe le direzioni; i nervi con questa doppia funzione sono
detti “misti”, sono formati da elementi sia sensoriali sia motori e costituiscono
la maggior parte dei nervi.

I nervi del cranio

Numero Nome

I ottico
II olfattorio
III oculomotore
IV trocleare
V trigemino
VI abducente
VII facciale
VIII acustico
IX glossofaringeo
X vago
XI accessorio
XII ipoglosso

23
Mal di testa

Il trigemino
Se si parla di mal di testa, merita particolare attenzione il nervo trigemino
(o V nervo cranico), dal momento che, molto spesso, è implicato nella sua genesi.
Il trigemino è un nervo misto, ma con una componente sensitiva predominante.
Il nervo trigemino raccoglie gli stimoli provenienti dall’esterno e quelli generati
all’interno di testa, faccia, meningi, denti, lingua e palato.
Esiste anche un piccolo nucleo motorio, le cui fibre innervano i muscoli mastica-
tori, controllandone il movimento.

Branca oftalmica

Ganglio di Gasser

Branca mascellare

Branca mandibolare

Il numero maggiore dei nervi emerge dal midollo spinale attraverso appositi
fori della colonna vertebrale per poi distribuirsi alle varie regioni del tronco
e degli arti.
Il midollo spinale è quindi il centro di smistamento degli impulsi provenienti
dalla periferia, dal collo in giù, e che a essa ritornano.
Altri nervi partono direttamente dall’encefalo, passando attraverso appositi
fori del cranio: questi nervi sono detti cranici.

24
Conoscere il mal di testa

Tutti i nervi cranici trasmettono informazioni di tipo motorio oppure di tipo


sensitivo o anche di entrambi. L’unica eccezione è il nervo vago, che ha il
compito di regolare alcune funzioni come la frequenza cardiaca, la diminu-
zione del calibro dei vasi sanguigni (vasocostrizione) e la contrazione della
muscolatura liscia che produce i movimenti involontari delle pareti della
trachea, dello stomaco e dell’intestino.
Ciascuno dei nervi è contrassegnato da una numerazione romana e da un
nome proprio che ne indica la funzione.
La vista, il gusto e la sensazione uditiva e vestibolare sono governati, rispetti-
vamente, dal secondo, dal settimo e dall’ottavo nervo cranico.
I nervi cranici provvedono, inoltre, alle funzioni motorie della testa, degli
occhi, del viso, della lingua e della laringe e dei muscoli della masticazione
e della deglutizione.

Il sistema nervoso autonomo


Il sistema nervoso autonomo, come detto in precedenza, regola le funzioni
involontarie del corpo.
Esso innerva, con fibre motorie e sensoriali, cuore e vasi sanguigni, organi
respiratori, ghiandole, tubo digerente, organi urogenitali e la muscolatura
intrinseca degli occhi e della pelle.
Nei mammiferi, le fibre viscerali motorie sono costituite da due tipi di fibre ad
azione antagonista, che costituiscono due sistemi diversi: il sistema simpatico
e il sistema parasimpatico. Il primo determina risposte di allerta, eccitamento,
allarme; il secondo ha l’effetto opposto.
Il sistema nervoso autonomo lavora in stretta collaborazione con il si-
stema endocrino e controlla l’omeostasi corporea, cioè la capacità degli
organismi viventi di mantenere un equilibrio interno al variare delle
condizioni esterne.
Le informazioni provenienti dai recettori sensoriali somatici e viscerali ar-
rivano all’ipotalamo e nel midollo, dove si trovano i centri di controllo
della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, della temperatura e del
bilancio idrico.
La maggior parte degli organi interni è sottoposta a controlli con effetti
opposti tra loro: l’innervazione simpatica ha funzione eccitatoria, mentre quella
parasimpatica ha funzione inibitoria.
Le ghiandole sudoripare e la muscolatura liscia intorno alla maggior parte
dei vasi, invece, sono innervati unicamente dal sistema simpatico e la loro
regolazione dipende dall’aumento o dalla diminuzione del suo tono.
La sezione simpatica e quella parasimpatica del sistema nervoso autonomo si
differenziano dal punto di vista anatomico, (perché le loro vie hanno origine
in punti diversi del sistema nervoso centrale) e da quello della chimica dei
rispettivi neurotrasmettitori e recettori.

25
Mal di testa

Parasimpatico Simpatico

Gangli Dilatazione
simpatici della pupilla
Costrizione
della pupilla Inibizione
della salivazione
Stimolazione
della Dilatazione
salivazione dei bronchi

Inibizione Stimolazione
dell’attività dell’attività cardiaca
cardiaca
Costrizione Inibizione
dei bronchi della digestione
Aumento
Stimolazione del rilascio di
della digestione glucosio nel fegato

Stimolazione Secrezione di
della cistifellea adrenalina e
noradrenalina nelle
ghiandole surrenali
Contrazione
della vescica Rilasciamento
della vescica
Rilasciamento
del retto Contrazione
del retto

Nervi che partono dal midollo

Che cosa scatena il mal di testa?


I meccanismi che portano a sviluppare la cefalea non sono ancora del tutto
conosciuti; anzi, in realtà non è ancora del tutto chiara neanche la spiegazione
dell’origine stessa del dolore. Ma prima di poter analizzare le possibili cause
del mal di testa e come queste portino allo sviluppo del dolore bisogna ac-
quisire qualche conoscenza dei meccanismi generali che, dal punto di vista
fisiologico, provocano la nascita e la diffusione del dolore.

Il dolore e le sue vie di conduzione


Il meccanismo di trasmissione dell’impulso nervoso è stato scoperto dai bio-
fisici da Alan Hodgkin e Andrew Huxley, che per questo motivo hanno vinto
il premio Nobel.

26
Conoscere il mal di testa

Gli stimoli dolorosi che superano una certa soglia arrivano a particolari recettori
chiamati nocicettori. Esistono nocicettori specifici che rispondono a stimoli
dolorosi e altri (detti recettori meccanotermici) che rispondono a stimoli di
molti tipi diversi; essi coesistono con altri neuroni sensoriali, di tatto, di tem-
peratura e di vibrazione, con i quali condividono nervi e gangli.
Il segnale viene trasportato dalle zone periferiche del corpo verso il midollo
da due tipi di fibre (dette fibre afferenti):

• fibre A, avvolte dalla guaina mielinica, che conducono il segnale in modo


abbastanza rapido;
• fibre C, molto sottili e senza guaina, a conduzione lenta.

Il “gioco” dei due tipi di fibre stabilisce se uno stimolo doloroso potrà proce-
dere oltre il midollo spinale e arrivare al talamo (quindi essere percepito come
sensazione dolorosa) o se verrà bloccato al midollo: infatti, la trasmissione
del dolore attraverso le sottili fibre C può essere contrastata dalle più grosse
fibre A provenienti dalle stesse zone del corpo.
Le fibre A possono essere “attivate”, per compensare una sensazione di do-
lore, per esempio massaggiando la parte dolente oppure tramite la pratica
dell’agopuntura.
Il segnale doloroso scatena il complesso fenomeno elettrico del potenziale
d’azione. Le sottili fibre nervose si comportano come conduttori elettrici: le
loro membrane contengono canali ionici che si aprono e si chiudono lascian-
do passare gli ioni, che sono particelle cariche elettricamente. Alcuni canali
lasciano passare ioni sodio (Na+), altri ioni potassio (K+).
In condizioni normali (cioè in assenza di stimoli), la membrana presenta una
concentrazione maggiore di cariche positive rispetto a quelle negative nella
sua parte esterna (si dice allora che il potenziale di membrana è negativo);
in questa situazione all’interno della cellula si trovano più ioni potassio e
all’esterno più ioni sodio.
In risposta a uno stimolo, la membrana della fibra nervosa diventa permeabile
agli ioni sodio, che quindi fluiscono all’interno della cellula. Questo provoca
una variazione del potenziale di membrana, detta depolarizzazione, che, supe-
rata una certa soglia, provoca l’apertura dei canali ionici per il sodio; a questo
punto gli ioni sodio si spostano in quantità elevate all’interno della cellula,
aumentano la carica positiva interna rispetto a quella esterna e il potenziale
di membrana diventa positivo: si crea così il potenziale d’azione.
Il potenziale d’azione generato in un punto crea una differenza di potenziale
tra la membrana attiva (cioè quella che ha ricevuto lo stimolo) e quella a riposo
a essa adiacente e questo genera una corrente elettrica che stimola altre parti
della fibranervose e consente la propagazione dell’impulso.
In molte fibre nervose, il potenziale d’azione si trasmette a bassa velocità,
mentre in altre procede a velocità molto elevata, saltando tra le zone del nervo

27
Mal di testa

lasciate scoperte dalla guaina mielinica, che agisce come uno strato isolante
per impedire alle correnti ioniche di disperdersi all’esterno. Nelle fibre mie-
liniche il potenziale d’azione raggiunge la velocità di 100 metri al secondo.
Il potenziale d’azione viene trasmesso lungo la fibra nervosa fino a un sito
detto sinapsi, dove la fibra entra in contatto con altri neuroni; in questi
punti le terminazioni nervose sono separate da un sottile spazio (spazio
intersinaptico).
Poiché le correnti elettriche che propagano il potenziale d’azione non sono
in grado di superarlo, la trasmissione del segnale attraverso questo spazio
avviene per mezzo di messaggeri chimici, detti neurotrasmettitori: l’arrivo del
potenziale d’azione libera il neurotrasmettitore che attraversa molto veloce-
mente (in meno di un millisecondo) lo spazio intersinaptico e interagisce con
i recettori posti sulla membrana del neurone adiacente.
I recettori sono strutture molecolari di tipo proteico che, quando vengono
“colpite” da stimoli specifici, reagiscono con una risposta caratteristica.
Sulla pelle e in molti organi sono distribuiti recettori su cui agiscono le sostanze
chimiche o gli stimoli provenienti dall’esterno o dall’interno del corpo. Altri
recettori tappezzano la superficie dei neuroni e su questi agiscono i mediatori
dell’informazione, creando le reti nervose.
L’interazione tra neurotrasmettitore e recettore è molto simile a quella fra
chiave e toppa e determina di solito l’apertura di un canale ionico.
Su un neurone convergono molte sinapsi, alcune attive e altre no in mo-
menti diversi.
Se non sono sufficientemente intense, le correnti che viaggiano nelle fibre
nervose sono destinate a dissolversi e non provocano alcun effetto. Invece, se
l’impulso è sufficientemente “forte” da superare la sinapsi, si libera un nuovo
potenziale d’azione e il segnale viene trasferito al neurone successivo.
Il principale neurotrasmettitore eccitatorio cerebrale è il glutammato.
L’eccitazione di alcuni neuroni deve essere accompagnata dalla soppressione
dell’attività di altri (fenomeno dell’inibizione). Nelle sinapsi inibitorie, l’attiva-
zione dei recettori porta all’apertura di canali ionici che consentono l’ingresso
di ioni carichi negativamente: questo provoca una modifica del potenziale di
membrana che ostacola la depolarizzazione e quindi l’avvio di un potenziale
d’azione nella cellula successiva. Esistono due neurotrasmettitori inibitori: il
GABA (acido gamma amino butirrico) e la glicina.
Vi sono poi neurotrasmettitori che hanno una funzione di neuromodulazione,
ottenuta modificando i canali ionici e persino l’espressione genica dei recettori.
I più importanti sono l’acetilcolina, la dopamina e la noradrenalina.
Questi neurotrasmettitori non generano potenziali d’azione, ma hanno im-
portanti effetti: la noradrenalina viene rilasciata in risposta agli eventi nuovi
o stressanti e serve a organizzare le risposte a essi; la dopamina, agendo sui
centri cerebrali associati alle emozioni positive, rende gratificanti alcune si-
tuazioni; l’acetilcolina sembra avere entrambi gli effetti.

28
Conoscere il mal di testa

Sia le fibre di tipo A sia quelle di tipo C entrano nel midollo spinale, dove
formano sinapsi con diversi neuroni che trasportano l’impulso alla corteccia
cerebrale attraverso vie parallele, una delle quali trasmette la localizzazione
del dolore, mentre l’altra è responsabile del suo carattere emozionale.
Questa seconda via trasmette il dolore ad aree diverse rispetto alla corteccia
somatosensitiva (quella che avverte il dolore come sensazione fisica pura);
fra queste ci sono la corteccia cingolata anteriore (cioè la parte della corteccia
cerebrale che si trova nei lobi frontali) e la corteccia dell’insula.
In particolare, nella corteccia cingolata anteriore vengono elaborati tutti i segnali
che giungono al cervello dall’apparato sensoriale, tra cui il dolore; questa parte
della corteccia è anche un centro molto importante per le funzioni cognitive
legate alla memoria e per le funzioni affettive legate ai sentimenti e alle emozioni.

Il dolore immaginato
Da sempre il dolore ha avuto il compito di segnalare una situazione potenzial-
mente dannosa per l’integrità dell’organismo o per la sopravvivenza stessa.
Nel corso del tempo, però, il suo ruolo ha subito una trasformazione evolutiva
dovuta all’elaborazione emotiva, fino ad arrivare a situazioni in cui viene creato
dal pensiero e dall’immaginazione.
Oltre che importante per la sopravvivenza individuale, il dolore è utile anche per
la conservazione della specie: come ha scritto Darwin già nel 1872, per informare
gli altri membri della comunità dell’esistenza di una minaccia o per stimolare la
loro empatia, ogni specie animale ha acquisito particolari modalità di espressione
e di comunicazione del dolore, per esempio quella vocale, quella olfattiva e quella
visiva; quest’ultima, in particolare, è prevalente nella specie umana.
È noto che le espressioni del volto sono rivelatrici dello stato interiore, ma forse
non tutti sanno che i muscoli facciali coinvolti nella mimica possono, a loro volta,
inviare al cervello messaggi che si traducono in una modifica degli stati interni,
con risposte simili a quelle di un dolore noto, come avviene, per esempio, nel caso
dell’arto fantasma.
A questo proposito è interessante l’esperimento condotto nel 1983 dallo psicolo-
go Paul Ekman, che ha chiesto a un attore di mimare, con l’aiuto di uno specchio,
i movimenti facciali relativi a emozioni di tipo diverso; contemporaneamente ve-
nivano misurati la sua temperatura corporea e la frequenza del battito cardiaco,
che variavano a seconda dell’emozione che l’attore simulava.
Queste osservazioni sembrano dimostrare che anche il sistema nervoso autono-
mo può essere innescato volontariamente dalle funzioni cerebrali superiori (pen-
siero e immaginazione).

29
Mal di testa

Tutti gli stimoli, anche quelli dolorosi, percorrono il midollo spinale e rag-
giungono il talamo, dove vengono integrati e smistati.
La parte principale arriva alla zona della corteccia (corteccia somatoestesica
primaria) in cui vengono elaborate le informazioni relative alla sensibilità in
generale. Un’altra parte giunge al sistema limbico (una rete di neuroni che
collegano l’ipotalamo con la corteccia cerebrale e con altre strutture), dove la
sensazione viene confrontata con i ricordi (anche inconsci) e viene mitigata
oppure amplificata dallo stato psicologico: chi è euforico oppure sotto choc
non sente dolore, mentre chi è ipocondriaco o ansioso avverte in modo ac-
centuato anche quello lieve.
Infine, la corteccia prefrontale fa rispondere al dolore con i comportamenti
caratteristici della personalità individuale.
La percezione cosciente del dolore ha luogo quindi unicamente nella corteccia
cerebrale.
Alcuni meccanismi di sensibilizzazione periferica e centrale possono alterare
la percezione del dolore: alcuni stimoli dolorosi di per sé lievi possono essere
avvertiti come molto dolorosi (iperalgesia); al contrario, stimoli normalmente
“innocui” vengono interpretati come dolorosi (allodinia).
L’evoluzione ha favorito i processi fisiologici che possono sia inibire sia au-
mentare il dolore; infatti, in una situazione di trauma la percezione del dolore
può essere soppressa dal rilascio di analgesici oppioidi endogeni, come la
metencefalina, che agiscono sugli stessi recettori cui si lega la morfina.
Il fenomeno opposto (incremento della percezione dolorosa, iperalgesia) è
causato dall’abbassamento della soglia di tolleranza, talvolta fino a far sentire
dolore anche in assenza di stimoli. L’iperalgesia coinvolge sia i recettori peri-
ferici sia l’interazione chimica fra stimoli opposti (con aumento degli stimoli
eccitatori e depressione di quelli inibitori), a causa di mutamenti nella risposta
dei neuroni che elaborano le informazioni percettive.

Le possibili cause del mal di testa


Come detto in precedenza, le ricerche sull’origine del dolore alla testa e sui mec-
canismi attraverso i quali si sviluppa non hanno ancora fornito risposte definitive.
Secondo una delle ipotesi formulate dagli studiosi, il dolore potrebbe essere
interpretato come la risposta di un sistema nervoso sano a stimoli in partenza
dagli organi sensoriali periferici, che segnalano qualche danno ai tessuti o
agli organi.
In alternativa, il dolore potrebbe essere una risposta “esagerata” da parte delle
vie che trasmettono lo stimolo dolorifico quando sono danneggiate.
Nel caso specifico del mal di testa, poi, il quadro è ancora più complicato,
perché il dolore della cefalea potrebbe svilupparsi anche attraverso entrambi
i meccanismi.

30
Conoscere il mal di testa

Le conoscenze sulle strutture craniche che provocano dolore risalgono agli


studi di Harold Wolff del 1963. Secondo il neurologo, che viene considerato il
fondatore della moderna ricerca sulla cefalea e sui disturbi psicosomatici, solo
alcune aree del cervello possono sentire il dolore: le più importanti in questo
senso sono i vasi sanguigni, in particolare le arterie cerebrali nella loro por-
zione più vicina all’origine, le arterie della dura madre, le vene e i seni venosi.
In condizioni normali, il cervello è un organo insensibile: la sua stimolazione
diretta, cioè, non causa dolore.

Percezione del dolore

Sistema inibitorio Trauma


discendente

Sistema
limbico
Capillare

Tratto
spinotalmico Nervo sensoriale

Muscolo

Fibra nervosa afferente

Le vie del dolore

31
Mal di testa

Il pavimento della fossa cranica anteriore e posteriore, invece, è sensibile al


dolore, mentre la fossa cranica media lo è solo in vicinanza dell’arteria cere-
brale media.
Le strutture ossee del cranio, in sé, sono insensibili, ma un dolore può essere
avvertito in seguito allo stiramento del periostio, cioè la guaina che riveste il
tessuto osseo, proprio perché è ricca di vasi sanguigni.
In definitiva, al momento si può dire che la testa fa male quando vi è un’alte-
razione delle fibre nervose che innervano i vasi sanguigni delle strutture del
cranio sensibili al dolore.
Entrando più nel dettaglio dei diversi tipi di cefalea, è certamente più facile
individuare le cause e spiegare il meccanismo di sviluppo delle cefalee se-
condarie.
Infatti, queste sono provocate da masse che occupano spazio nella scatola
cranica (come i tumori) o che si insinuano o erodono i vasi cerebrali (come
gli aneurismi in fase di rottura), oppure da lesioni dei vasi stessi.
In questi casi la cefalea può svilupparsi attraverso diverse modalità:

• distensione, trazione o dilatazione delle arterie all’interno o all’esterno del


cranio;
• trazione o spostamento (dislocazione) delle grosse vene del cranio o del
loro rivestimento;
• spasmi, infiammazioni o traumi dei muscoli cranici o spinali;
• irritazione delle meningi e aumento della pressione all’interno del cranio;
• altri meccanismi, come l’attivazione di centri del mesencefalo.

Più difficile è, invece, spiegare lo sviluppo delle cefalee primarie, che so-
no quelle più diffuse e che comportano il maggiore impegno assistenziale:
l’emicrania, la cefalea muscolo-tensiva e quella a grappolo.

L’emicrania
Per spiegare lo sviluppo del dolore nell’emicrania ci sono attualmente tre teorie:

• la teoria vasogenica;
• la teoria trigemino-vascolare;
• la teoria centrale o neurogenica.

A queste si aggiunge una quarta teoria, detta teoria unificante.


La teoria vasogenica (o vascolare o periferica) attribuisce la comparsa del
dolore a un meccanismo alterato di dilatazione-costrizione dei vasi sanguigni
cerebrali ed è suffragata sia dalla qualità del dolore, che tipicamente è pul-
sante, sia dall’efficacia su di esso dell’ergotamina, una sostanza con azione
vasocostrittrice.

32
Conoscere il mal di testa

Recentemente, alcuni studi hanno portato dati a sostegno dell’ipotesi che l’e-
micrania possa essere correlata (sia come causa sia come conseguenza) a una
vasodilatazione legata a una disfunzione dell’endotelio, cioè il rivestimento
più interno dei vasi sanguigni.
La teoria trigemino-vascolare è stata elaborata sulla base di sperimentazioni su
modelli animali. Il sistema trigemino-vascolare forma una rete difensiva che
protegge il cervello dall’ingresso di sostanze nocive nella circolazione. Questa
teoria ipotizza che l’attacco di emicrania sia il risultato di un’infiammazione
dei tessuti che circondano i vasi sanguigni del cranio, non accompagnata da
un’infezione batterica o virale.
A causa di una particolare suscettibilità individuale, la stimolazione delle fibre
C trigeminali darebbe luogo a un rilascio anomalo dalla corteccia cerebrale
di sostanze che favoriscono l’infiammazione; queste, a loro volta, sensibiliz-
zerebbero le fibre trigemino-vascolari all’interno del cranio, provocando la
dilatazione dei vasi cerebrali e l’aumento della permeabilità dei vasi sanguigni
e darebbero il via all’aggregazione delle piastrine.
In base a questa teoria, il cervello “tradurrebbe” in alterazioni chimiche delle
fibre che innervano i vasi sanguigni gli eventi stressanti, come l’affaticamento,
un’eccessiva stimolazione luminosa, il sonno ridotto (o, all’inverso, troppo
prolungato): solo in soggetti particolarmente suscettibili, però, questi eventi
stressanti possono fare da “grilletto” e far scattare l’alterazione.
L’infiammazione si estende anche a tessuti che contengono vasi innervati
dalle fibre trigeminali ma che si trovano al di fuori del cranio: si spiegano
così alcuni fenomeni che si manifestano durante gli attacchi di emicrania, per
esempio il rigonfiamento (edema) delle palpebre, l’arrossamento della cute
del volto e il naso che cola.
La fotofobia (cioè la sensazione di fastidio provocata dalla luce), la nausea e il
vomito associati all’emicrania potrebbero essere legati all’irritazione delle meningi.
Secondo la teoria centrale, invece, il fattore scatenante dell’emicrania sarebbe
una alterata eccitabilità dei neuroni del cervello.
Queste anomalie potrebbero dipendere da una disfunzione dei canali del
calcio, da un difetto genetico oppure da una riduzione dei livelli di magnesio
nella circolazione sanguigna.
Uno (o più di uno) di questi meccanismi porterebbe all’aumento dell’attività
elettrica cerebrale in risposta a stimoli di per sé innocui, anche grazie a fattori
scatenanti come le variazioni ormonali, la perdita del ritmo fisiologico sonno-
veglia, l’introduzione di alimenti con effetto di dilatazione o costrizione dei
vasi sanguigni.
Secondo la teoria unificante, infine, l’emicrania sarebbe una malattia che dipende
da diversi fattori. Molte particolarità genetiche contribuirebbero a generare la
peculiarità del “cervello emicranico” e l’emicrania sarebbe il risultato finale di
una cascata di eventi, come una scarica elettrica che parte dalle aree posteriori
dell’encefalo e si diffonde ad altre aree cerebrali.

33
Mal di testa

Le crisi di emicrania si manifestano spesso in modo apparentemente spontaneo,


senza che si possa individuare un evento o una situazione che le ha scatenate.
Altre volte, però, sembra esserci una stretta correlazione tra alcuni fattori
(scatenanti) e la comparsa del dolore; i fattori scatenanti sono, però, necessa-
ri ma non sufficienti per l’insorgenza del dolore, dal momento che questa è
strettamente dipendente dalla “soglia emicranica” individuale.
Anche se i dati degli studi scientifici al riguardo sono pochi, si può fare una
prima suddivisione tra fattori scatenanti endogeni (interni all’organismo) e
fattori scatenati esogeni (che provengono dall’esterno).
Il primo tra i fattori endogeni è lo stress psicofisico, lavorativo, familiare, sociale,
ma anche l’improvviso rilassamento dal forte stress (le cosiddette cefalee da
weekend, vedi riquadro “La cefalea da weekend” a pagina 103).
Altri fattori scatenanti sono:

• la carenza o, al contrario, un aumento non abituale delle ore di sonno;


• il digiuno, soprattutto nell’età evolutiva;
• le variazioni dei livelli degli ormoni sessuali nelle donne.

Tra i fattori scatenanti esogeni, invece, meritano una particolare attenzione gli
alimenti, dal momento che un quinto delle persone che soffrono di emicrania
mette in relazione l’insorgenza dell’attacco con l’ingestione di qualche cibo
particolare. In particolare, vengono considerati alimenti scatenanti il ciocco-
lato, il formaggio fermentato, gli agrumi, il vino e ancor di più i superalcolici.
Anche se, effettivamente, i composti chimici presenti in alcuni alimenti possono
avere un ruolo nel provocare l’emicrania, è molto importante la suscettibilità
individuale a ciascuno di essi: non è detto che, in generale, l’ingestione di
questi alimenti provochi automaticamente l’emicrania.
In alcuni studi il cioccolato, in una dose di 40 grammi, ha dimostrato di avere
effetto sullo sviluppo di un attacco di emicrania, di solito a distanza di molte ore,
rispetto al placebo. La sostanza responsabile dell’emicrania è probabilmente la
beta-feniletilamina, che stimola alcuni recettori, provocando vasocostrizione: quando
tale azione finisce si manifesta il mal di testa, causato dalla vasodilatazione reat-
tiva; questo spiega perché l’effetto si manifesta dopo un certo periodo di tempo.
Agiscono con lo stesso tipo di meccanismo il formaggio stagionato, che è ric-
co di tiramina, e gli agrumi, che contengono l’octopamina: entrambe queste
sostanze liberano adrenalina, inducendo vasocostrizione.
Non vi sono invece dimostrazioni scientifiche per quanto riguarda altre so-
stanze: il nitrito di sodio, che viene usato per la conservazione dei salumi e
che ha un’azione direttamente vasodilatatrice; il glutammato monosodico, un
vasocostrittore presente nei dadi da brodo e largamente usato nella cucina
cinese; l’aspartame, che è un dolcificante artificiale.
Anche il vino (sia rosso sia bianco) è considerato un fattore in grado di sca-
tenare la crisi emicranica.

34
Conoscere il mal di testa

Un’intensa e prolungata stimolazione luminosa potrebbe innescare un attacco


emicranico sia nei bambini sia negli adulti. Questo può accadere, per esem-
pio, in spiaggia o anche sciando in una giornata serena, senza la protezione
di buoni occhiali da sole.
Alcune persone che soffrono di emicrania hanno attacchi in corrispondenza
dei cambi di clima: questi possono essere dovuti all’esposizione alla luce so-
lare forte, ma anche al cambiamento della pressione atmosferica e lo spirare
di alcuni venti potrebbero contribuire.
Altri stimoli che inducono emicrania sono i rumori forti e persistenti, gli
odori pungenti (vernici, fumo passivo, profumi cosmetici) e il soggiorno in
ambienti chiusi (specie in cucine) dove si accumula monossido di carbonio
a discapito dell’ossigeno.

Vento e cefalea
In molte culture c’è la convinzione che esista un rapporto tra vento e mal di testa.
Per la medicina tradizionale cinese, nella testa confluiscono i meridiani  yin e
yang del corpo e l’energia proveniente dagli organi interni; la cefalea può, quindi,
avere cause esterne e/o interne. La cefalea di origine esterna si manifesta improv-
visamente, in modo acuto e con indolenzimento muscolare del collo e delle spalle.
Tra i fattori che la provocano ci sono quelli climatici legati al vento:

• il binomio climatico vento-freddo dà un mal di testa che si localizza sulla fronte


o alla nuca, spesso irradiandosi alla colonna cervicale e dorsale per contrattura
dei muscoli;
• il binomio climatico vento-umidità dà un dolore simile al precedente, accompa-
gnato da nausea e senso di oppressione al petto;
• il binomio climatico vento-calore dà il mal di testa tipico dell’estate e dei climi
tropicali, con dolore generalizzato, stipsi, occhi arrossati, bocca secca e sete.

Anche nella tradizione occidentale il vento
è tra le cause principali della meteoro-
patia, le cui manifestazioni variano a seconda del suo tipo e direzione:

• lo scirocco (vento caldo che viene dall’Africa) provoca emicrania, irrequietezza,


palpitazioni, insonnia e può peggiorare i disturbi cardiaci;
• la tramontana (vento freddo, forte, secco che spira dal Nord) può essere re-
sponsabile di crisi asmatiche, disturbi circolatori e insonnia;
• il föhn (vento forte, caldo e secco che soffia dalle Alpi) può causare abbassa-
mento della pressione arteriosa, difficoltà di concentrazione e irritabilità addi-
rittura 24 ore prima del suo arrivo.

35
Mal di testa

Nelle persone suscettibili può scatenare l’emicrania anche l’esercizio fisico


intenso, compresa l’attività sessuale.
Anche alcuni principi attivi presenti nei farmaci possono provocare attacchi
di emicrania, prima di tutto la nitroglicerina, che può indurre mal di testa
anche in persone che normalmente non ne soffrono. Questo perché apporta
ossido nitrico, un potente vasodilatatore, ma anche perché è in grado di atti-
vare il sistema trigemino-vascolare. I contraccettivi orali sono un altro tipo di
sostanza in grado di dare il via a un attacco di mal di testa, sempre a causa
dell’influenza degli ormoni sull’emicrania.
Tuttavia, va sottolineato che gli studi scientifici non danno per ora risposte
chiare riguardo l’influenza dei fattori scatenanti sullo sviluppo dell’emicrania.

Fattori scatenanti dell’emicrania

Categoria Fattori

Stress; rilassamento dopo un periodo stressante; modificazioni


Fattori psicologici
del tono dell’umore

Menarca; mestruazioni; contraccettivi orali; terapia ormonale


Fattori ormonali
sostitutiva

Alcol


Cibi e bevande contenenti:

-nitrati: insaccati o carne pretrattata (cefalea da hot dog)

- glutammato: carni, sughi e zuppe in scatola, patatine,


Fattori alimentari condimenti pronti e spezie (vedi cefalea da ristorante cinese)

- tiramina: formaggi stagionati, fegato, patè, fichi, banane

- feniletilamina: cioccolata

Altri alimenti: aceto, agrumi

Aspartame

Fattori climatici (vento, caldo o freddo eccessivi, variazioni del


tempo, umidità, pioggia, cambiamento di stagione); altitudine;
Fattori ambientali
esposizione al sole e alla luce intensa; rumori; odori forti
(profumi, detergenti); fumo di sigaretta

Fattori farmacologici Coronarodilatatori e antipertensivi (calcioantagonisti)

Privazione o eccesso di sonno; digiuno prolungato o pasto


Altri fattori
abbondante; fatica fisica; lunghi viaggi aerei

Modificato da Linee guida della Società italiana per lo studio delle cefalee, 2011

36
Conoscere il mal di testa

Per esempio, uno studio recente pubblicato sulla rivista Neurology ha ridimen-
sionato l’importanza dei fattori scatenanti: circa 30 persone affette da emicrania
con aura sono state sottoposte ad alcuni dei fattori che consideravano collegati
a un attacco di emicrania del passato, soprattutto luci intense e sforzi prolungati.
Alcuni sono stati sottoposti per un’ora a un esercizio fisico tale da raggiungere
l’80% della frequenza cardiaca massima, altri a guardare luci intense e/o intermit-
tenti. Solo il 20% dei partecipanti allo studio, però, ha manifestato un’emicrania
con o senza aura dopo l’esercizio o l’esposizione alle luci.
Accanto ai fattori che possono provocare l’emicrania ci sono anche fattori in
grado di risolverla.
Alcune persone risolvono la crisi riuscendo a prendere sonno, altre ottengono
sollievo dal dolore comprimendo il lato della testa che ne è affetto oppure
applicando alla parte dolente compresse calde o, in alternativa, fredde.
In generale, per le donne, con il mutamento del ciclo ormonale dovuto alla
gravidanza (nel secondo e terzo trimestre) e alla menopausa, gli attacchi di
emicrania diventano meno frequenti e intensi.

La cefalea muscolo-tensiva
I meccanismi alla base della cefalea muscolo-tensiva sono complessi, cioè
costituiti da molti fattori sia di tipo muscolare (periferico) sia di tipo neuro-
logico (centrale).
La reazione dolorosa dei muscoli e dei tendini del cranio e della colonna ver-
tebrale cervicale può essere sia la causa del dolore sia una sua conseguenza,
per via dell’irrigidimento muscolare che si sviluppa per riflesso. Quest’ultima
ipotesi è sostenuta dal fatto che un dolore di tipo tensivo accompagna anche
l’emicrania.
D’altra parte, i meccanismi neurologici del dolore sono stati provati speri-
mentalmente: la soglia del dolore (o soglia nocicettiva) nelle persone che
soffrono di cefalea si abbassa in risposta a stimoli di diversa natura (termica
o tensiva). Nella cefalea di tipo tensivo ci sarebbe un’ipersensibilità a livello
del trigemino dovuta a stimoli prolungati provenienti dai muscoli, che porta
all’attivazione di neuroni che, in condizioni normali, non percepiscono tali
stimoli come dolorosi.
Secondo un modello che cerca di spiegare come si sviluppa la cefalea muscolo-
tensiva, l’aumento di stimoli in partenza dalle strutture muscolari e tendinee
può essere favorito da anomalie anatomiche locali, come il mal posiziona-
mento delle arcate dentarie con disturbi dell’occlusione e della masticazione,
le posture scorrette o i traumi precedenti.
Questo porta all’eccitazione del nucleo trigeminale e all’attivazione anche di
fibre che normalmente inibiscono il dolore: per questo si avverte dolore anche
per stimoli che di solito non lo provocano (allodinia) o che lo provocano in
misura decisamente minore (iperalgesia).

37
Mal di testa

Fattori che influenzano la cefalea muscolo-tensiva

Categoria Fattori ormonali

Stress

Depressione e ansia
Fattori scatenanti Postura scorretta (lavorare in posizioni strane oppure mantenere la stessa
posizione per lungo tempo)

Abitudine a serrare le mascelle

Genere: più frequente in quello femminile


Fattori di rischio
Età: picco di frequenza tra i quaranta e i cinquanta anni

Questo modello permette di capire come mai la cefalea di tipo tensivo può
essere scatenata anche da fattori emotivi e psicologici: da una parte questi
provocano una eccessiva contrazione muscolare delle strutture periferiche,
e dall’altra aumentano la percezione del dolore a livello centrale.
Inoltre, questo modello spiega anche perché molte persone che soffrono
di emicrania sviluppano con il tempo anche una cefalea di tipo tensivo, a
volte quotidiana: questa evoluzione potrebbe dipendere dalla sensibilizza-
zione del nucleo trigeminale da parte dei continui stimoli provenienti dai
vasi sanguigni.

La cefalea a grappolo
L’origine di questo tipo di cefalea non è ancora stato chiarito, nonostante
siano stati condotti numerosi studi in proposito. Fino a questo momento,
non c’è un modello che giustifichi tutte le caratteristiche di questa forma:
il dolore che coinvolge un solo lato della testa, la periodicità giornaliera
e stagionale degli attacchi (i cosiddetti grappoli) e la maggiore prevalenza
negli uomini rispetto alle donne.
Dal punto di vista dei sintomi, questa forma è molto diversa dall’emicra-
nia: è caratterizzata, infatti, dalla lacrimazione all’iniezione congiuntivale,
dal naso che cola, dall’abbassamento della palpebra dal lato dolente e
dall’arrossamento del viso. Anche i trattamenti farmacologici sono differenti
(vedi capitolo 8).
Tuttavia, gli studiosi pensano che il meccanismo con cui le due forme si svi-
luppano abbia delle caratteristiche comuni.
Il dolore nella cefalea a grappolo viene innescato da tutte le sostanze che
hanno un’azione vasodilatatrice, per esempio la trinitrina e l’alcol; questo
suggerisce una possibile origine vasomotoria di questa forma.

38
Conoscere il mal di testa

Dato che le attività del sistema nervoso autonomo che regolano la costrizione
e la dilatazione reattiva dei vasi sanguigni dipendono dall’ipotalamo, è stato
ipotizzato che alla base della cefalea a grappolo vi sia una disfunzione di
questa ghiandola.
Il coinvolgimento dell’ipotalamo è suggerito anche dal fatto che il dolore si
manifesta a intervalli regolari e, per di più, si adatta al cambio di fuso ora-
rio; inoltre il ciclo prevede un’alternanza di fasi acute e di remissioni e ha
periodicità stagionale. Questo si adatta al ruolo di “orologio biologico” che
caratterizza l’ipotalamo.
Recenti studi condotti con la PET (tomografia a emissione di positroni) hanno
mostrato che l’ipotalamo si attiva dallo stesso lato del dolore durante un attac-
co di cefalea a grappolo; inoltre, dall’ipotalamo hanno origine le disfunzioni
neuroendocrine che caratterizzano l’attacco acuto della cefalea a grappolo.
Lo stimolo doloroso che parte dall’ipotalamo si trasmette attraverso le vie
nervose che vanno dalla base del cervello al volto: quando vengono attivate,
le terminazioni sensitive del nervo trigemino portano al tipico dolore oculare
della cefalea a grappolo.
Inoltre, il cattivo funzionamento dell’ipotalamo potrebbe favorire l’infiammazione
dei tessuti intorno alla parete dei vasi sanguigni del sistema trigemino-vascolare,
responsabili dei sintomi vasomotori e dolorosi della cefalea a grappolo.

Dove nasce la melatonina


L’epifisi è una ghiandola endocrina molto piccola ma ricca di vasi sanguigni, situa-
ta al centro della scatola cranica e che viene anche chiamata ghiandola pineale,
per la sua forma che ricorda una pigna.
Al suo interno si trovano le cellule che producono e rilasciano l’ormone melatonina.
La produzione di melatonina è stimolata dal buio e inibita dalla luce e cambia
anche in base ai cambiamenti del campo magnetico terrestre.
Influenzando molti altri ormoni, la melatonina contribuisce a regolare anche i ritmi
stagionali. Inoltre è un potente antiossidante: distrugge, cioè, i radicali liberi che
danneggiano le cellule.
La ghiandola pineale ha anche un effetto di stimolazione del sistema immunitario
e d’inibizione dell’asse ipofisi-gonadi. Nella donna, in particolare, blocca la matu-
razione sessuale nell’infanzia.
Già dopo la pubertà inizia un processo di calcificazione della ghiandola che
prosegue con l’avanzare dell’età, diminuendone l’efficacia produttiva. Per
questo motivo spesso le persone anziane hanno difficoltà ad avere un sonno
di buona qualità.

39
Mal di testa

Sembra inoltre che chi soffre di cefalea a grappolo abbia un’attività insufficiente
dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene; per questo motivo i livelli di melatonina nel
loro plasma e nella loro urina sono bassi, mentre sono alti i livelli plasmatici
di cortisolo nelle 24 ore.
L’ipotalamo è il sito di regolazione dei ritmi biologici circadiani (quelli che hanno
un periodo di 24 ore, come il ritmo sonno-veglia nell’uomo). La regolazione
si attua attraverso la modulazione della produzione di melatonina e di altri
ormoni. La melatonina è in grado di contrastare gli effetti delle prostaglandine,
che sono mediatori del processo d’infiammazione: in carenza di melatonina,
quindi, l’eccesso di prostaglandine potrebbe creare infiammazione e attivare
il sistema trigemino-vascolare.
Nelle persone che non hanno mal di testa la melatonina nel sangue ha livelli
alti di notte e bassi di giorno, mentre chi soffre di cefalea a grappolo ha livelli
costantemente più bassi del normale.
Anche gli ormoni sessuali possono agire sui meccanismi di contrazione e dila-
tazione dei vasi cerebrali; è stato ipotizzato che le modificazioni del rilascio di
testosterone contribuiscano ai fenomeni vasomotori della cefalea a grappolo,
che, forse non a caso, è più frequente nei maschi adulti.

La classificazione delle cefalee


Fino quasi alla fine del ventesimo secolo, mancava una descrizione univoca
delle cefalee basata su criteri diagnostici dettagliati e condivisi; i diversi studiosi,
infatti, utilizzavano terminologie differenti per indicare situazioni simili o, al
contrario, applicavano le stesse definizioni a quadri clinici diversi.
Questa situazione ha reso difficile la raccolta di dati affidabili sulla diffusione
dei diversi tipi di cefalea e, inoltre, ha creato difficoltà di gestione della malat-
tia, soprattutto quando una persona con mal di testa passava da una struttura
a un’altra per la terapia.
Nel 1988 l’International Headache Society (IHS) – un’organizzazione molto
importante della quale fanno parte neurologi esperti di cefalea di tutto il mon-
do – ha introdotto una prima classificazione delle cefalee fatta sulla base di
criteri operativi ampiamente accettati e applicati a livello internazionale, che
consentono a medici diversi di arrivare a una diagnosi condivisa.
Il documento è stato poi aggiornato diverse volte sulla base delle prove che
via via emergevano da lavori scientifici di vario genere: descrizioni cliniche,
studi longitudinali (che seguono un gruppo di malati per un lungo periodo),
indagini epidemiologiche, terapeutiche, genetiche, strumentali ecc.
La classificazione ha l’obiettivo di indicare cosa andare a cercare per formulare
una diagnosi corretta e di ordinare questi “indizi” in maniera razionale, per

40
Conoscere il mal di testa

permettere ai medici di famiglia in primo luogo e agli specialisti neurologi


in seconda battuta di curare al meglio il paziente che si presenta con un mal
di testa.
Nella più recente versione della classificazione, è stata scelta una struttura di
tipo gerarchico, in cui ciascun tipo di cefalea viene catalogato in un gruppo
principale (di primo livello), a sua volta suddiviso in livelli secondari che
comprendono i vari tipi e sottotipi di cefalea.
Questa struttura permette diversi gradi di accuratezza diagnostica: al medico
di medicina generale viene richiesto, di norma, di arrivare alla diagnosi del
primo livello, che spesso è sufficiente per poter decidere correttamente una
terapia per alleviare i sintomi.
In caso di anomalie o sintomi particolari che rendono necessario distinguere
in modo più approfondito tra varie forme di cefalea, è opportuno rivolgersi al
neurologo o, ancora meglio, al cefalologo, cioè il neurologo specializzato in
cefalee. Questi specialisti, infatti, possono arrivare a formulare una diagnosi
precisa fino al terzo livello.

L’universo delle cefalee

Sezione Gruppi

Emicrania

Cefalea di tipo tensivo


Cefalee primarie
Cefalea a grappolo e altre cefalalgie autonomico-trigeminali

Altre cefalee primarie

Cefalea attribuita a trauma cranico e/o cervicale

Cefalea attribuita a disturbi vascolari cranici o cervicali

Cefalea attribuita a disturbi intracranici non vascolari

Cefalea attribuita all’uso di una sostanza o alla sua sospensione

Cefalee secondarie Cefalea attribuita a infezione

Cefalea attribuita a disturbi dell’omeostasi


Cefalea o dolori facciali attribuiti a disturbi di cranio, collo, occhi,
orecchie, naso, seni paranasali, denti, bocca o altre strutture facciali
o craniche
Cefalea attribuita a disturbo psichiatrico
Nevralgie craniche Nevralgie craniche e dolori facciali di origine centrale
e dolori facciali centrali
o primari e altre cefalee Altre cefalee, nevralgie craniche e dolori facciali centrali o primari

41
Mal di testa

Nell’attuale classificazione sono identificabili 14 differenti gruppi di cefalee,


divisi in tre sezioni: cefalee primarie, cefalee secondarie e nevralgie craniche.
Le cefalee primarie comprendono i primi 4 gruppi, mentre i gruppi dal 5
al 12 si riferiscono alle cefalee secondarie e gli ultimi 2 alle nevralgie craniche
e facciali.
La classificazione è basata sui disturbi associati ai diversi tipi di cefalea. I primi
livelli della classificazione sono indicati nella tabella a pagina 41, mentre una
descrizione più approfondita delle diverse forme in cui il mal di testa si può
manifestare è riportata nei capitoli da 3 a 7.
I vantaggi di questo tipo di classificazione sono diversi: aiuta la diagnosi pre-
cisa e favorisce la definizione della terapia corretta (e uniforme tra specialisti
diversi), ma consente anche di riconoscere più facilmente la causa del dolore
da mal di testa, valutando quale sia il farmaco che lo fa passare.
Ci sono però anche dei limiti: i criteri essenzialmente clinici adottati per
classificare le cefalee primarie, infatti, non tengono conto di elementi prece-
denti l’attacco che sono molto importanti per la diagnosi, come la familiarità,
l’età d’insorgenza, la frequenza e periodicità delle crisi, la relazione con lo
stile di vita.
Inoltre alcune forme di cefalea con il passare del tempo si evolvono in forme
con caratteristiche diverse da quelle iniziali, e a volte si arriva a cambiare la
diagnosi. Questo avviene per l’emicrania, ma i più recenti studi suggeriscono
che anche nella cefalea a grappolo possono esserci evoluzioni complesse.
La storia naturale di una cefalea primaria non sembra, quindi, perfettamen-
te inquadrabile in uno schema rigido: è possibile che il medico faccia una
diagnosi di un certo tipo di cefalea in un dato momento della vita e quella
di un altro tipo a distanza di anni, oppure che la stessa persona soffra con-
temporaneamente di forme distinte di cefalea. Non è raro, per esempio, che
i centri specialistici curino persone con una emicrania senza aura associata a
una cefalea di tipo tensivo episodica frequente e complicata da una cefalea
da abuso di farmaci.
Per questi motivi, è importante che il medico classifichi le sindromi e non le
persone che ne soffrono.

Un piccolo test prima di iniziare


Prima di entrare nel vivo del nostro viaggio alla scoperta del mal di testa e
dei suoi rimedi, ti proponiamo qualche domanda su aspetti “popolari” che
riguardano il mal di testa.
Sai le risposte? Se non le conosci non ti preoccupare, le trovi sotto a ogni
rispettiva domanda.

42
Conoscere il mal di testa

1. La bistecca tolta dal frigorifero e messa sulla fronte aiuta a far passare il
mal di testa?
Sì, nei casi di emicrania può essere utile, perché il freddo ha un effetto vaso-
costrittore; quindi fa restringere i vasi sanguigni della testa e dà sollievo dal
dolore.

2. Vederci male provoca la cefalea?


Sì. In particolare, l’ipermetropia non corretta con l’uso di lenti specifiche può
causare mal di testa quando si legge o quando si lavora al computer a lungo.
Infatti, per mettere a fuoco correttamente le immagini vicine, il cristallino le
deve “regolare” (un processo chiamato accomodazione), e questo richiede
uno sforzo continuo che, a lungo andare, può provocare cefalea.
Anche uno strabismo non diagnosticato comporta un grande sforzo per tenere
allineate le immagini dei due occhi.

3. C’è un rapporto tra sonno e mal di testa?


Sì, cefalea e sonno sono tra loro interdipendenti: alcune cefalee primarie pos-
sono essere scatenate da un disturbo del sonno, ma vi sono anche forme rare
di cefalea che si manifestano solo durante il sonno e altre in cui gli attacchi
si aggravano quando si dorme.

4. C’è una relazione tra alimentazione e cefalea?


Sì, alcune sostanze alimentari scatenano o aggravano il mal di testa.

5. Il vento provoca mal di testa?


Forse. Alcune persone metereopatiche sono sensibili a certi tipi di vento e non
ad altri, sulla base della loro intensità e del grado di umidità di cui sono carichi.

43
Pagina bianca
La diagnosi
2
Quando per la prima volta si sperimenta un episodio importante di mal di
testa acuto la cosa più indicata da fare è rivolgersi al medico, che cercherà di
individuarne le cause e consiglierà le opportune contromisure.
Il primo passo per valutare correttamente una cefalea consiste nell’escludere
che si tratti di una cefalea secondaria, cioè dovuta ad altre malattie neurolo-
giche o sistemiche.
Una volta stabilito che si tratta di una cefalea primaria, è importante individua-
re di quale tipo sia: cefalea muscolo-tensiva, emicrania o cefalea a grappolo.
Questo è fondamentale per impostare la terapia più appropriata.
Bisogna considerare che un episodio di grave mal di testa che compare per
la prima volta richiede un’analisi molto più approfondita rispetto a quella
necessaria per valutare una cefalea che ricorre da molti anni.
In particolare, nella valutazione del primo episodio di cefalea acuta è molto
importante effettuare una corretta diagnosi differenziale, per discriminare tra
le varie possibili cause.
Un elemento importante è rappresentato dall’età in cui compare la cefalea:
per le cefalee primarie è prevalentemente la seconda infanzia, l’adolescenza
o l’inizio dell’età adulta; una cefalea che compare dopo i 50 anni, invece, è
quasi certamente secondaria.
Un momento particolarmente importante per arrivare alla diagnosi è quello
dell’anamnesi, cioè la raccolta di tutte le informazioni utili da parte del medico,
nel corso di una visita.
Mal di testa

Evidenza di partenza

Anamnesi
esame obiettivo

Diagnosi differenziale

Cefalea primaria Cefalea secondaria

Emicrania Cefalea Cefalea Altre


di tipo estensivo a grappolo

Il percorso che porta alla diagnosi di emicrania (algoritmo


diagnostico)

La raccolta delle informazioni


Nel corso della visita, per raccogliere le informazioni necessarie per formulare
una diagnosi, il medico farà delle domande che hanno l’obiettivo di capire
di quale tipo è e quanto è intenso il mal di testa e di individuare eventuali
sintomi e segni associati.
Le principali domande che il medico farà sono elencate di seguito.

• A che età ha cominciato ad avere mal di testa?


• Mi descriva la sua ultima cefalea: a che ora è comparsa? Dove era localizzata?
• Con quale frequenza soffre di cefalea?
• Quanto è grave per lei questo disturbo?
• Quanto dura il dolore?

46
La diagnosi

• Ci sono fenomeni o sensazioni strane nelle ore precedenti l’arrivo del mal
di testa?
• Il mal di testa peggiora con l’attività fisica?
• Quali cose o situazioni lo aggravano?
• Quali cose o situazioni lo alleviano?
• Nel caso di una donna: il ciclo mestruale è regolare? Ha avuto figli?
• Quali farmaci usa per il mal di testa?
• Usa abitualmente altri farmaci? Ha malattie che sta curando?
• Ha qualche allergia?
• Dorme bene o soffre d’insonnia?
• Qualcun altro, nella sua famiglia d’origine, ha sofferto in passato o soffre
attualmente di mal di testa?
• Ha mai subito qualche intervento chirurgico?
• Ha già fatto qualche accertamento o esame in merito alla sua cefalea?

Durante il colloquio il medico cercherà anche di individuare i sintomi di un


possibile stato depressivo e chiederà informazioni su eventuali traumi cranici
o precedenti interventi chirurgici che hanno coinvolto la bocca, i denti, le
orecchie o in generale il distretto testa-collo.

Il diario della cefalea


Se l’episodio di cefalea non è isolato, ma si ripresenta con una certa perio-
dicità, per facilitare la raccolta dei dati necessari per la diagnosi può essere
utile tenere un diario, chiamato appunto diario della cefalea.
Sul diario vanno registrate per almeno 3 mesi le caratteristiche cliniche degli
attacchi di mal di testa, cioè la loro frequenza, durata e intensità; devono es-
sere annotati anche gli eventuali sintomi che accompagnano gli attacchi e la
risposta ai farmaci analgesici assunti.
Usare il diario è sempre una buona idea, perché aiuta a identificare i probabili
fattori che scatenano o aggravano la cefalea: alcuni di questi, per esempio
l’esercizio fisico intenso o le cattive abitudini riguardo al riposo notturno e
all’alimentazione, possono infatti essere rimossi in parte o del tutto.
Anche per quanto riguarda i fattori scatenanti o aggravanti che non si possono
modificare (per esempio il clima o il ciclo mestruale), la compilazione del
diario può aggiungere informazioni importanti o correggere fraintendimenti
del medico oppure affermazioni fuorvianti del paziente durante il colloquio,
che purtroppo qualche volta si svolge tra una persona intimidita e una per-
sona indaffarata.
Tenere un diario della cefalea è particolarmente raccomandabile per chi po-
trebbe soffrire di diversi tipi di cefalea contemporaneamente. Il diario, infatti,
istruisce chi lo utilizza a distinguere i due o più tipi o sottotipi di cefalea di

47
Mal di testa

cui soffre e ad attribuire loro il giusto peso relativo, per indirizzare meglio le
prescrizioni mediche.
La redazione del diario ha dimostrato non solo di migliorare l’accuratezza
della diagnosi, ma anche di quantificare il consumo di farmaci analgesici in
misura più precisa di quanto faccia l’anamnesi.

Cognome e Nome ............................................... Data di nascita ...................................................


Data di inizio della registrazione ......................... Data di conclusione ...........................................
Completi una colonna ogni sera, barrando le caselle corrispondenti ..............................................

1. Giorno della settimana e data del mese Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
2. Ha avuto mal di testa oggi? no
(in caso negativo passi alla domanda 15) sì
3. Se sì, quando è iniziato? ora: min
4. Quando è terminato? ora: min
5. Nell’ora precedente l’inizio della cefalea, ha notato
disturbi della vista come luci scintillanti, linee a zig-zag
o macchie scure?
6. Il dolore alla testa era su un solo lato uno solo
o da entrambi i lati del capo? entrambi
7. Com’era il dolore? pulsante
gravativo
8. Il dolore era aggravato dall’attività fisica no
(ad es. salire le scale)? sì
9. Qual era l’intensità della cefalea? lieve
(per favore, legga le istruzioni) moderata
severa
10. Ha avuto nausea? no
lieve
intensa
11. Ha vomitato? no

12. Le dava fastidio la luce? no

13. Le davano fastidio i rumori? no

14. Ha fatto qualcosa o è successo qualcosa se sì, cosa
che possa aver scatenato la cefalea?
15. Ha assunto farmaci per la cefalea o per altri dolori?
Per ogni farmaco assunto indicare Nome, quantità,
l’orario (o gli orari) di assunzione (ora:min)

Esempio di diario delle cefalee


Esempio di diario prestampato, utile a chi soffre di mal di testa ricorrente. La do-
manda 12 fa riferimento all’esposizione alla luce intensa; al contrario, la domanda
13 si riferisce a rumori normali, non particolarmente intensi. La risposta 14, invece,
va data in assoluta libertà

48
La diagnosi

Un esempio di diario della cefalea prestampato è riportato nella figura a


pagina 48. La Società italiana per lo studio delle cefalee (SISC) nelle sue
Linee guida per la diagnosi e la terapia delle cefalee primarie del 2011 for-
nisce alcune istruzioni per compilare correttamente il diario delle cefalee.

Domanda 1 Inserisci solo l’indicazione del mese (per esempio 12), non il
mese o l’anno.

Domanda 2 Barra la casella corrispondente al “sì” o al “no”, poi prosegui con


le domande successive; oppure, se non hai avuto cefalea, passa direttamente
alla domanda 15.

Domanda 3 Indica l’ora in cui hai capito che stava iniziando un attacco di
cefalea. Se la cefalea era già presente al risveglio, indica l’ora a cui ti sei
svegliato; se invece la cefalea prosegue dal giorno precedente inserisci una
croce in questo spazio.

Domanda 4 Indica l’ora in cui la cefalea è scomparsa. Se quando ti corichi


hai ancora mal di testa, lascia lo spazio in bianco fino al mattino successivo.
Se al risveglio il dolore è scomparso, inserisci l’ora in cui ti sei coricato; se, al
contrario, è ancora presente al mattino, inserisci una croce in questo spazio e
una nello spazio corrispondente alla domanda 3 del giorno successivo.

Domanda 5 Alcune persone hanno disturbi della vista nell’ora precedente


la cefalea. Di solito si tratta di luci lampeggianti o a forma di zig-zag, visibili
anche a occhi chiusi; in altri casi si tratta di macchie nere o bianche nel campo
visivo. Barra la casella del “sì” se hai avuto tali disturbi; se invece sei stato solo
infastidito dalla luce, barra la casella corrispondente al “no”.

Domanda 6 Indica se il dolore è rimasto prevalentemente localizzato da una


parte sola del capo o se ha interessato entrambi i lati, barrando la casella
corrispondente.

Domanda 7 Ci sono vari aggettivi per definire il tipo di dolore, ma nella mag-
gior parte dei casi si tratta di una forma pulsante (che batte come il cuore)
oppure gravativa (come una fascia stretta intorno al capo). Barra la casella
che meglio descrive il dolore che provi.

Domanda 8 Indica se il dolore peggiora con l’esercizio fisico, anche moderato


come quello che si fa salendo le scale.

Domanda 9 L’intensità della cefalea è importante dal punto di vista diagnostico.


Come regola generale tieni conto che una cefalea lieve non impedisce di svol-

49
Mal di testa

gere le normali attività; una forma moderata può limitarti nelle tue attività, ma
non in maniera completa; una cefalea grave ti impedirà invece lo svolgimento
di qualsiasi attività. Cerca di dare un’indicazione globale; se, per esempio, la tua
cefalea è stata lieve per metà giornata e intensa per la rimanente metà, barra la
casella corrispondente all’intensità moderata; barra invece l’opzione “severa” se
la cefalea è stata di forte intensità per gran parte della giornata.

Domanda 10 Barra la casella “no” se non hai avuto nausea nel corso della
giornata; barra invece la casella “lieve” se hai avuto nausea, ma non ti ha
particolarmente infastidito e non ha avuto conati di vomito. Negli altri casi,
barra la casella corrispondente a “intensa”.

Domanda 11 Indica se hai avuto episodi di vomito nel corso dell’attacco.

Domanda 12 La domanda si riferisce a condizioni di normale illuminazione,


non all’esposizione a luce intensa. Barra la casella “sì” se la luce ti ha dato
fastidio o se hai cercato di evitarla abbassando l’illuminazione o indossando
occhiali da sole. In caso contrario, barra la casella del “no”.

Domanda 13 La domanda si riferisce a condizioni di rumorosità normale, non


a suoni particolarmente intensi. Barra la casella “sì” se il rumore ti ha dato
fastidio o se hai cercato di evitarlo rifugiandoti in un ambiente silenzioso. In
caso contrario, barra la casella “no”.

Domanda 14 Scriva qualunque cosa pensi che possa aver causato l’attacco di
cefalea. Potrebbe trattarsi di un alimento o di una bevanda, oppure di qualche

Un’app per le cefalee


L’applicazione HeadApp – Diario cefalea, emicrania, mal di testa di M3 Techno-
logy Srl, scaricabile su smartphone e tablet, è una sorta di diario elettronico della
cefalea che aiuta anche a distinguere il tipo di dolore che si prova per poter riferire i
dati al medico e facilitare la diagnosi del tipo di cefalea e la relativa terapia.
L’applicazione è corredata dalla possibilità di inviare direttamente all’indirizzo del
medico un report dell’episodio di mal di testa, stampabile anche in formato pdf,
e un sommario di ogni episodio.
Inoltre sull’applicazione si può redigere un calendario in cui associare la durata del
sonno e la comparsa di cefalea.
La versione base è gratuita, mentre quella Pro si può scaricare al costo di 3,49 euro.

50
La diagnosi

cosa che hai fatto (come saltare un pasto) o che è successa (per esempio il
cambiamento del tempo).

Domanda 15 Indica il nome (o i nomi) e il quantitativo di compresse, supposte,


iniezioni o spray nasali di ogni farmaco che hai assunto per il mal di testa o
per qualsiasi altro dolore. Ricordati di scrivere anche l’ora a cui li hai assunti.

La valutazione della qualità del sonno


Il sonno può sia alleviare sia provocare il mal di testa: vi è, dunque, una stretta
relazione tra cefalea e sonno, che ha spiegazioni sia biologiche sia psicologiche.
Dal punto di vista della biologia, alcuni tipi di mal di testa (emicrania, cefalea
tensiva, cefalea a grappolo) sono associati ai processi di regolazione del son-
no, che utilizzano strutture anatomiche e mediatori chimici comuni con quelli
coinvolti nello sviluppo del dolore da cefalea. Infatti, insonnia e cefalea hanno
in comune disturbi del sistema della serotonina (che è il neurotrasmettitore
implicato sia nel controllo del dolore sia nel mantenimento del ritmo sonno-
veglia), dell’ipotalamo e dei circuiti neuronali del tronco cerebrale.
Per quanto riguarda invece gli aspetti psicologici, è noto che la cefalea è
presente spesso nelle persone che soffrono di ansia e depressione; queste
condizioni, a loro volta, rendono il sonno notturno meno riposante.
Le persone che soffrono di mal di testa “dormono male” fin da bambini: già
nella prima infanzia il loro sonno è frammentario e, in alcuni casi, disturbato
da fenomeni come il sonnambulismo, i sogni vividi e gli incubi.
In più, durante l’adolescenza inizia un periodo di cattive abitudini legate al
sonno: fare tardi la sera (spesso dopo aver passato molto tempo davanti allo
schermo del computer o del telefonino), iniziare a fumare e a consumare alcol
sono tutti comportamenti che contribuiscono a rendere cronica la cefalea.
Nei giovani il riposo notturno o un sonnellino ristoratore durante il giorno
possono favorire la scomparsa del mal di testa, mentre negli adulti e ancor più
negli anziani un attacco di emicrania può manifestarsi proprio nel sonno, nella
sua fase caratterizzata da movimenti oculari rapidi (la cosiddetta fase REM).
Chi russa e soprattutto chi soffre di sindrome delle apnee notturne, più facil-
mente svilupperà un’emicrania cronica; per converso, chi soffre di emicrania
cronica sperimenta disturbi del sonno più gravi rispetto a chi ha una emicrania
episodica. Le donne adulte che soffrono di emicrania, inoltre, hanno spesso la
cosiddetta “sindrome delle gambe senza riposo”, un fastidio non ben descrivibile
alle gambe che compare quando si è a letto (a tal proposito consulta anche
la guida Dormire bene, che si può richiedere sul sito www.altroconsumo.it/
guidepratiche). Per questi motivi un’attenta analisi delle modalità del riposo
notturno è importante per il medico che deve curare un mal di testa ricorrente:
identificare e trattare i disturbi del sonno, infatti, fa parte della terapia della cefalea.

51
Mal di testa

I sintomi clinici
Durante il colloquio, come si è detto, il medico raccoglierà i tuoi ricordi degli eventi
passati che, in qualche modo, possono avere influenzato la situazione clinica.
Per completare il quadro il medico deve poi conoscere anche la tua even-
tuale familiarità per alcune patologie, le malattie acute di cui hai sofferto in
precedenza, quelle croniche ancora in atto e i farmaci che prendi per curarle.
Per chi già soffre di cefalea, è importante la descrizione delle caratteristiche
d’insorgenza del dolore: gli eventuali fattori che lo scatenano, lo peggiorano
o lo attenuano, i sintomi e i segni che lo accompagnano ecc.
Un’altra informazione fondamentale è la localizzazione del dolore: nelle ce-
falee che hanno origine a livello dei vasi extracranici (che non interessano,
quindi, il cervello) il dolore è localizzato nel territorio irrorato dall’arteria
interessata; anche le infezioni o infiammazioni dei seni paranasali o quelle
oculari o quelle delle vertebre cervicali tendono a produrre un dolore che si
distribuisce in una regione abbastanza fissa, che si può riconoscere con una
visita medica accurata.
Le lesioni endocraniche (cioè quelle all’interno del cranio), invece, provocano
un dolore con localizzazione meno definita.
Il dolore da mal di testa può essere avvertito all’orbita, alla fronte, alla tempia,
alla nuca e può diffondersi alle zone vicine (collo, spalle); la sede del dolore
può essere unilaterale (da una sola parte del cranio), o bilaterale (se interessa
entrambi i lati) oppure “olocranica” se coinvolge tutta la testa.
Queste due ultime localizzazioni contraddistinguono la cefalea di tipo tensivo,
mentre l’emicrania e la cefalea a grappolo provocano un dolore unilaterale.
La localizzazione del dolore dell’emicrania può variare da un attacco all’altro,
mentre quella della cefalea a grappolo è fissa.
Un altro aspetto molto importante per la diagnosi è la qualità del dolore, che
viene definita dalla persona che ne soffre.
I termini medici che descrivono la qualità del dolore sono moltissimi e spe-
cifici, proprio per tentare di rendere oggettiva una sensazione che, invece,
è del tutto soggettiva. Ciascuno di questi termini, inoltre, può definire una
caratteristica clinica che spesso è legata alla sede anatomica e alla causa che
ha determinato il dolore.
Per poter ricavare queste informazioni relative alla sensazione dolorosa nel
modo più preciso possibile, il medico di solito propone dei paragoni per tra-
durre i termini specifici in un linguaggio di uso corrente, come quello riportato
nella tabella a pagina 53.
L’intensità del dolore, che è l’aspetto che più preoccupa chi soffre di mal
di testa, non sempre è proporzionale alla gravità della causa: la cefalea da
neoplasia cerebrale, per esempio, raramente è molto intensa; la meningite o
l’emorragia endocranica possono essere molto dolorose, ma spesso lo sono
meno di alcune forme di emicrania o, soprattutto, di cefalea a grappolo.

52
La diagnosi

Tutti gli aggettivi del dolore

Termine specifico Descrizione

Pulsante Come il battito del cuore

Lancinante Come una coltellata

Sordo Come un male non forte ma continuo

Urente Come una cosa che brucia

Terebrante Come un trapano

Gravativo-costrittivo Come un peso o qualcosa che stringe

Folgorante Come una scossa elettrica

Disestesico/parestesico Come qualcosa che cammina sotto la pelle

Anche la durata dell’attacco è un parametro significativo per la diagnosi:


per il medico è importante stabilire se il dolore è acuto e transitorio oppure
persistente e, per quanto riguarda la frequenza, se è sporadico, cronico o
recidivante (cioè si presenta più volte a distanza di tempo).
Molto importante per la diagnosi è, poi, definire la curva d’intensità della
cefalea: in termini assolutamente generali, un dolore che disturba il sonno,
e che compare al mattino per poi peggiorare durante il giorno, può far so-
spettare una neoplasia encefalica; un dolore che insorge improvvisamente
e che diventa immediatamente intensissimo è indicatore della rottura di un
aneurisma cerebrale.
Il dolore della cefalea a grappolo ha la caratteristica di raggiungere la sua
massima intensità in pochi minuti, di mantenersi a tale livello per circa un’ora
per poi regredire.
Il dolore dell’emicrania manda segnali di vario tipo prima dell’esordio, è intenso
e resta tale per molte ore o, a volte, per giorni, ma con fasi di attenuazione
durante il sonno.
Come si è visto nel capitolo 1, i fattori scatenanti della cefalea più frequenti
sono diversi tra loro: per esempio uno stress fisico o emotivo; una prolungata
esposizione a condizioni climatiche estreme, specialmente al vento; il fumo;
l’attività sessuale; la fluttuazione dei livelli ormonali (ciclo mestruale); il digiuno
protratto; l’esposizione a rumori assordanti o a odori pungenti; una postura
scorretta o forzata mantenuta a lungo; i disturbi dell’occlusione delle arcate
dentarie, a causa dei quali i denti superiori non “combaciano” correttamente
con quelli inferiori, e l’abitudine a digrignare i denti nel sonno (bruxismo).
Infine, per formulare una diagnosi e, di conseguenza, impostare una terapia
corretta, è importante indagare e valutare attentamente i sintomi che accom-

53
Mal di testa

La carta d’identità della cefalea

Aspetto da valutare Possibili opzioni

Pulsante, continuo, a fitte, con sensazione di peso


Tipo di dolore
o cerchio alla testa

Lieve, moderata, grave, possibile interferenza


Intensità del dolore
con le normali attività

Tutti i giorni, più di una volta la settimana, più di una volta


Frequenza degli attacchi
al mese, qualche volta l’anno

Durata del dolore Pochi minuti, oltre l’ora, per giorni, per settimane

Localizzazione del dolore Da un lato del capo, frontale, occipitale, in tutta la testa

Insorgenza del dolore Recente, remota, in seguito a un evento particolare

Fastidio per la luce (fotofobia), fastidio per i suoni (fonofobia),


Sintomi di accompagnamento
nausea, vomito, disturbi della visione

Disestesico/parestesico Come qualcosa che cammina sotto la pelle

Assunzione di un alimento, stress, deprivazione di sonno,


Fattori scatenanti
ciclo mestruale, assunzione di bevande alcoliche

Familiarità Presenza di altri familiari che soffrono di mal di testa

Ipertensione arteriosa, depressione, diabete, anemia, insonnia,


Malattie concomitanti
malattie delle articolazioni

pagnano il mal di testa: lacrimazione, naso che cola (rinorrea), fastidio per
la luce, nausea (con o senza vomito), brividi, disturbi della visione, tremori,
formicolio agli arti, vertigini, sudorazione e diarrea.
Gli aspetti importanti per la diagnosi di cefalea discussi in questo paragrafo
sono riassunti nella tabella qui in alto.

Sintomi specifici dell’emicrania


Durante la fase di attacco dell’emicrania, il dolore è pulsante, unilaterale, con
una durata che può variare dalle 4 alle 72 ore, di intensità da moderata a
grave. Il dolore peggiora svolgendo le attività quotidiane.
Di solito il dolore si associa a nausea, rinorrea dallo stesso lato in cui
si avverte il dolore, forte fastidio per la luce (fotofobia) e per i suoni
(fonofobia), non necessariamente solo per i rumori, ma anche per esempio
per la musica.

54
La diagnosi

Sintomi specifici della cefalea muscolo-tensiva


Gli attacchi sono ricorrenti e il dolore cranico è urente (cioè come un brucio-
re) o tensivo, bilaterale, d’intensità moderata; l’attacco dura da pochi minuti
ad alcuni giorni.
Le cefalee tensive non peggiorano con l’attività fisica abituale e non si accom-
pagnano a nausea; talvolta, però, sono accompagnate da fotofobia e/o da fono-
fobia. Se la cefalea si ripete per oltre 15 giorni al mese, viene definita cronica.

Sintomi specifici della cefalea a grappolo


La cefalea a grappolo (che è molto più rara delle due forme precedenti) è
caratterizzata da un dolore cranico intenso, unilaterale, che colpisce l’orbita
dell’occhio e/o la regione della tempia.
Gli attacchi dolorosi possono durare da un quarto d’ora fino a 3 ore e tendo-
no a verificarsi anche più volte nel corso della stessa giornata e durante un
periodo di settimane o di mesi: questa ripetizione ravvicinata ha determinato
l’appellativo di “grappolo”. I grappoli sono separati da quelli successivi da
periodi in cui la cefalea scompare completamente.
Durante il periodo di grappolo, tipicamente, il dolore si presenta quasi alla stessa
ora di ogni giorno, ma può essere scatenato in momenti diversi dall’assunzione
(anche in piccole dosi) di sostanze ad azione vasodilatatrice (come i nitrati o l’alcol).
Di solito il dolore è accompagnato da altri segni:

• arrossamento (iperemia) delle congiuntive;


• lacrimazione;
• congestione nasale e rinorrea (naso che cola);
• restringimento delle pupille;
• palpebre che tendono a chiudersi (ptosi palpebrale);
• tosse;
• sudorazione del viso.

Sintomi specifici dell’arterite a cellule giganti (di Horton)


L’arterite di Horton fa parte delle cefalee secondarie, in quanto il dolore è
conseguenza a un’altra malattia (detta primaria), la vasculite infiammatoria,
che colpisce i rami dell’arteria temporale.
Il dolore si manifesta prevalentemente alle orbite e nella zona frontale e delle
tempie, è costante, con alcune punte di dolore urente (bruciore).
La sensazione dolorosa è aggravata dall’esposizione al freddo e si può accom-
pagnare a dolore alla gola o alla lingua quando si mastica.
Questo tipo di cefalea compare prevalentemente dopo i 70 anni e le persone
che ne soffrono spesso hanno anche altri disturbi sistemici come anemia, perdita
di peso, malattie della retina e dolori muscolari diffusi (polimialgia reumatica).

55
Mal di testa

Per la diagnosi è di aiuto individuare nell’esame del sangue una VES (veloci-
tà di eritrosedimentazione) elevata, che è un segno distintivo della malattia;
tuttavia, la diagnosi è certa solo dopo la biopsia dell’arteria temporale, con
l’esame istologico che dimostri la vasculite.

Sintomi specifici della cefalea da neoplasia intracranica


In questo caso, di solito il dolore è dovuto a un’ipertensione endocranica,
è frontale e bilaterale, anche se è peggiore dal lato in cui si trova il tumore.
Assomiglia di più a quello di una cefalea tensiva che a quello di un’emicrania
e tende a presentarsi in modo intermittente e con intensità moderata.
La comparsa del primo attacco di una cefalea prolungata dopo i 45 anni di
età o uno stato mentale alterato associato al mal di testa sono elementi che
possono aiutare la diagnosi.

Sintomi specifici della cefalea da ipotensione endocranica


Il dolore è moderato o intenso e peggiora quando ci si alza da sdraiati o
quando si è in piedi, mentre migliora rimanendo sdraiati a pancia in su.
Il mal di testa si associa spesso a instabilità, nausea, forti sudorazioni e fastidio
per le luci forti.
Le cause di questo tipo di dolore possono essere diverse: può comparire
dopo un trauma cranico, in seguito a una grave disidratazione, durante o
dopo una seduta di dialisi, in caso di insufficienza renale grave e, spesso,
dopo la rachicentesi (vedi paragrafo specifico più avanti). Questo tipo di
cefalea compare, infatti, in una proporzione che arriva fino al 30% delle
persone sottoposte a puntura lombare ed è più frequente nelle donne ri-
spetto agli uomini.

La valutazione dell’intensità del dolore


L’intensità del dolore è ciò che maggiormente preoccupa chi soffre di cefalea.
Proprio per questo motivo è difficile misurarla in maniera attendibile, perché
proprio la preoccupazione può portare a sopravvalutarla.
Un’altra difficoltà nella corretta misurazione del dolore è che lo stesso medico
può cadere in alcune trappole cognitive, quali:

• credere che chi prova un forte dolore debba necessariamente dimostrarlo


negli atteggiamenti o nei comportamenti, oppure con qualche cambiamento
nei segni vitali;
• raccogliere le informazioni in modo non accurato o tralasciando dati im-
portanti, per esempio l’opinione del paziente;

56
La diagnosi

• considerare affidabile o meno quello che gli viene riferito, in base a pre-
concetti, per esempio il livello di istruzione, il genere, l’età, un eventuale
modo di fare non conformista del paziente.

Per risolvere queste difficoltà legate alla valutazione dell’entità del dolore, sono
state elaborate scale di misurazione di vario tipo, non destinate in particolare
al mal di testa ma utilizzate per ogni tipo di dolore fisico. Tutte le scale hanno
tre caratteristiche fondamentali: chi valuta l’intensità del dolore deve poter
comunicare con la persona esaminata e questa, a sua volta, deve poter capire
quello che le viene chiesto e poter esprimere con le parole quello che prova.
Le scale che misurano solo l’intensità del dolore vengono chiamate “unidi-
mensionali” e sono di diverso tipo:

• la scala numerica, in cui il paziente deve esprimere con un numero da


0 a 10 l’intensità del dolore che prova;
• la scala analogica visiva (VAS), in cui il paziente deve indicare a che punto
del cono che si allarga da dolore nullo a dolore estremo si trova il suo do-
lore;
• la scala verbale, che chiede di distinguere il dolore in assente, lieve, mode-
rato, forte e insopportabile.

Una misurazione più complessa è quella che si ottiene con il McGill Pain
Questionnaire (MPQ), che contiene una lista di vocaboli per aiutare chi soffre
di mal di testa a descrivere l’intensità e le caratteristiche del proprio dolore, e il
disegno di un corpo sul quale può indicare il punto in cui il dolore è localizzato.
Il MPQ è stato ideato da Ronal Melzack della McGill University di Montreal,
uno studioso dei meccanismi cerebrali implicati nei processi del dolore e dell’a-
nalgesia; Melzack e il suo collega Kenneth Casey dell’Università del Michigan
hanno riconosciuto l’esistenza, nel dolore, di tre dimensioni principali, nelle
quali hanno un certo peso le componenti psicologiche:

• la dimensione sensorio-discriminativa;
• la dimensione affettivo-motivazionale;
• la dimensione cognitivo-valutativa.

Secondo l’analisi di questi studiosi, infatti, la percezione fisica del dolore e


l’individuazione della zona dalla quale ha origine sono complicate dal signi-
ficato emotivo che ciascun individuo attribuisce a quel dolore: il dolore, cioè,
non dipende solo dalla gravità del disturbo che lo provoca, ma è influenzato
dall’attenzione, dall’ansia, dalla suggestione e dalle esperienze passate.
In ciascuna delle tre dimensioni individuate sono coinvolti sistemi cerebrali
specializzati che, interagendo tra loro, determinano la qualità multidimensio-
nale dell’esperienza del dolore.

57
Mal di testa

Dare un voto al dolore

Punteggio numerico Cause associate

Alcuni dolori da parto, dolori momentanei da trauma improvviso,


10
espulsione di calcoli renali, sigaretta accesa premuta sulla pelle (tortura)

9 Alcuni attacchi cardiaci, alcune ustioni, crampi muscolari (fugaci),


8 emicranie occasionali, alcune cefalee da emorragia, infezioni
7 o tumori cerebrali

6 Intensità del dolore la cui soglia viene oltrepassata molto raramente

5 La maggior parte delle emicranie, alcuni attacchi cardiaci,


4 molti dolori addominali, alcuni dolori da cancro, alcune lombalgie
3 e nevralgie (sciatica)

La maggior parte dei mal di denti, molte ferite chirurgiche, la maggior


2 parte dei dolori da cancro, la maggior parte delle lombalgie, artrite,
1 la maggior parte delle nevralgie, quasi tutti i dolori addominali, le sinusiti,
la maggior parte delle ferite superficiali della cute

Come conseguenza di questa interpretazione dei complicati collegamenti tra


i meccanismi neurologici e quelli psicologici, il questionario MPQ è piuttosto
complesso, perché propone la scelta tra gli aggettivi più spesso utilizzati per
descrivere il dolore dividendoli in 20 gruppi: dieci esprimono le qualità sen-
soriali, cinque quelle affettive, uno è di tipo valutativo; restano poi quattro
gruppi composti da aggettivi vari.
Poiché a ciascun termine corrisponde un valore numerico, scegliendo l’agget-
tivo che meglio si adatta alla qualità del dolore che si percepisce, si attribuisce
anche una valutazione quantitativa. Il questionario permette la distinzione tra
le diverse cause del dolore: per esempio, consente di distinguere la nevralgia
del trigemino da un dolore facciale atipico.

L’esame obiettivo
La visita medica vera e propria, cioè il cosiddetto esame obiettivo, nel caso
della cefalea include:

• la misurazione della pressione arteriosa;


• la misurazione della temperatura corporea;
• la valutazione della cute alla ricerca di eventuali eruzioni (rash);

58
La diagnosi

• l’esame del fondo dell’occhio con l’oftalmoscopio alla ricerca di un edema


della papilla, che può indicare una ipertensione endocranica;
• l’esame delle urine e del sangue per la valutazione della funzionalità renale e
la rilevazione di un’eventuale infiammazione (una VES elevata, per esempio,
può segnalare un’arterite temporale);
• la palpazione delle arterie del cranio, per rilevare un’eventuale sporgenza
o un indurimento dei vasi sanguigni;
• la mobilizzazione del collo, per valutare eventuali rigidità e anomalie della
colonna cervicale;
• l’esame dell’articolazione temporo-mandibolare (mandibola), per rilevare
eventuali asimmetrie, una diminuzione della capacità di aprirla del tutto o
una rumorosità nello spalancare la bocca;
• la palpazione di vari punti del cranio, alla ricerca di quelli che eventualmente
possono innescare il dolore;
• l’auscultazione della zona carotidea ai lati del collo, alla ricerca di possibili soffi;
• la ricerca di anomalie della postura, di asimmetrie scheletriche (come la
scoliosi), di contratture muscolari delle spalle, del collo o del dorso.

Infine, viene fatto l’esame neurologico, per valutare il corretto funzionamento dei
nervi cranici e la presenza o assenza dei riflessi profondi, la loro simmetria e inten-
sità e le eventuali risposte riflesse che possono suggerire la presenza di malattie.

Gli esami diagnostici strumentali


Oltre all’esame obiettivo generale e neurologico, per una corretta diagnosi di
cefalea è necessaria la misurazione di alcuni parametri di laboratorio, come
l’emocromo, per individuare eventuali anemie o infezioni, e la VES che sale
in molti casi di infezioni e di tumori e nell’arterite temporale.
Dovrà essere effettuata anche una valutazione oculistica, con misurazione
della pressione oculare ed esame del fondo dell’occhio.

Gli esami di imaging


In presenza di alcune condizioni, alla visita medica devono seguire esami
specifici con tecniche di neuroimaging.
Il riscorso a questi esami è indicato se la visita e l’anamnesi rilevano che:

• la vigilanza è ridotta o sono presenti disturbi cognitivi;


• è comparsa una cefalea di tipo diverso rispetto a quelle precedenti;

59
Mal di testa

• la cefalea peggiora nel corso della visita;


• la cefalea viene descritta dal paziente come “la peggiore mai accusata”;
• il dolore compare nel corso di sforzi fisici, durante un colpo di tosse o uno
starnuto, oppure durante il coito;
• l’esame neurologico evidenzia segni di una possibile patologia;
• la cefalea è iniziata dopo i 50 anni;
• la cefalea ha un esordio recente ed è persistente;
• i fenomeni che possono essere legati a un’aura si protraggono più a lungo
del normale;
• la cefalea ha una localizzazione fissa;
• la cefalea raggiunge immediatamente il livello massimo del dolore (l’intensità
varia nel tempo in modo anomalo).

Il ricorso alle tecniche di neuroimaging non è invece indicato quando:

• l’anamnesi rivela che in passato sono comparsi attacchi analoghi;


• i parametri vitali misurati sono nella norma;
• le funzioni cognitive sono integre e la vigilanza è intatta;
• il collo è mobile e non è dolente;
• non vi sono segni neurologici;
• la cefalea migliora senza usare analgesici o antinfiammatori.

Se ci sono le condizioni indicate, viene eseguito un esame di imaging dell’en-


cefalo, che può essere una TC (tomografia computerizzata) oppure una RM
(risonanza magnetica).
In particolare, se il paziente ha due parenti di primo grado con storia di aneurismi
deve essere sottoposto a indagini diagnostiche come l’angio-RM o l’angio-TC,
che riconoscono anche aneurismi integri con dimensioni di soli 3-4 millimetri.
La tomografia computerizzata è una tecnica non invasiva che, tramite un fascio
di radiazioni ionizzanti (i raggi X) che attraversa il corpo da differenti punti
di vista, fornisce le immagini, senza sovrapposizione, dei vari organi e tessuti
del corpo, identificati per la loro differente densità. La TC cerebrale, in parti-
colare, fornisce le immagini di sezioni anatomiche del cranio e dell’encefalo.
Nel 1979, l’ingegnere britannico Godfrey Newbold Hounsfield ottenne il pre-
mio Nobel per la medicina proprio per la messa a punto di questa tecnica di
indagine dell’encefalo.
La TC dell’encefalo rientra tra le tomografie a trasmissione; esistono, poi, le
tomografie a emissione, una delle quali è la PET.
La TC cerebrale consente di compiere indagini in caso di ictus o emorragie,
traumi, tumori e malattie infiammatorie.
La risonanza magnetica (RM) non utilizza radiazioni ionizzanti, ma sfrutta le
proprietà magnetiche degli atomi di idrogeno presenti nei tessuti per ottenere
le immagini.

60
La diagnosi

Rispetto alla TC, la RM è più sensibile nel rilevare alterazioni della sostanza
bianca del cervello, malformazioni delle arterie e delle vene (con la angio-RM)
e lesioni della fossa cranica posteriore. Non sempre, però, le piccole anoma-
lie della sostanza bianca o una lieve atrofia cerebrale, che si rilevano spesso
nelle persone con più di 65 anni, sono necessariamente collegate alla cefalea.

Come si svolgono gli esami


Nella tomografia computerizzata (TC) un tubo radiogeno (cioè quello che emette
i raggi X) ruota attorno al paziente, che deve rimanere sdraiato e il più possibile
immobile su un lettino che si muove orizzontalmente all’interno di un tubo aper-
to che, generalmente, non provoca claustrofobia.
Le differenti strutture anatomiche del corpo frenano i raggi in modo diverso:
più sono dense più rallentano il fascio di raggi X. Le informazioni radiologiche
sono raccolte dai “detettori” ed elaborate da un computer che le “trasforma”
in immagini. L’elaborazione mostra ogni lieve diminuzione d’intensità del fascio,
distinguendo in dettaglio le lesioni strutturali.
La durata dell’esame è di circa 5 minuti in media.
In alcuni casi è necessario utilizzare un mezzo di contrasto, cioè una sostanza che
assorbe i raggi X in maggiore o minore misura rispetto ai tessuti umani, creando
un contrasto artificiale che li mette in evidenza. In questo caso l’esame dura circa
20 minuti, perché il farmaco deve entrare in circolazione.
Per fare l’esame, non si devono sospendere i farmaci che si assumono abitual-
mente per le malattie croniche o per prevenzione.
Come tutte le indagini che prevedono l’impiego di radiazioni ionizzanti, la TC
dell’encefalo è controindicata in gravidanza. L’esposizione di una TC del cranio
si calcola intorno a 1,5-2 mSv (milliSievert). Anche se abbastanza bassa, la dose
è comunque potenzialmente dannosa per l’organismo, perciò si cerca, quando è
possibile, di sostituire la TC con la risonanza magnetica (RM).
Lo strumento per la RM è costituito da un grosso magnete e da bobine che emet-
tono e ricevono onde elettromagnetiche, contenuti in un grande cilindro cavo
dentro al quale scorre il lettino sui cui è sdraiato il paziente.
Durante l’esecuzione dell’esame, l’unico fastidio è un rumore forte e martellante.
Non può sottoporsi alla RM chi porta il pacemaker, i neurostimolatori o un im-
pianto di cristallino non compatibile con i campi magnetici.
L’esame è sconsigliato anche nel primo bimestre di gravidanza.
Se è necessario utilizzare un mezzo di contrasto, bisogna rimanere a digiuno (ma
si può bere) nelle sei ore precedenti l’esame ed effettuare un esame del sangue
per misurare la creatininemia; questo esame, infatti, dà indicazioni sulla funziona-
lità del rene, che è l’organo incaricato di eliminare il mezzo di contrasto.

61
Mal di testa

La TC è in grado di identificare meglio un sanguinamento nelle prime 24 ore,


ma dopo 48 ore la RM diventa migliore.
Più in generale, nella scelta tra TC o RM dell’encefalo vale la regola delle
48 ore: se i sintomi sono comparsi da meno di 48 ore è preferibile la TC senza
mezzo di contrasto.
La TC è quindi più indicata nelle patologie dell’encefalo a insorgenza acuta,
come quelle dovute a un trauma, o nel caso di una improvvisa cefalea grave.
Se i sintomi sono presenti da più di 48 ore, se si sospetta un tumore o un’in-
fezione o in caso di traumi non recenti, la RM con il mezzo di contrasto ha,
invece, il vantaggio di aiutare a distinguere meglio tra sostanza bianca e grigia
e tra i sanguinamenti acuti e quelli cronici.
Rispetto alla RM, la TC è più diffusa, è disponibile più facilmente e ha un
costo minore. Inoltre, è un esame più veloce e ha una maggiore sensibilità
nell’evidenziare le piccole lesioni dovute a emorragie recenti, mentre le lesioni
circoscritte e di minima entità possono sfuggire all’esame RM.

L’elettroencefalogramma
Per quanto riguarda l’elettroencefalogramma (EEG), i dati scientifici indicano
che questo esame non è in grado di fornire dati utili per individuare quella
corretta tra le diverse cause di cefalea e persino di distinguere una persona
che soffre di cefalea da una sana.
L’EEG, inoltre, non è in grado di escludere un’eventuale patologia intracranica
responsabile della cefalea.
L’esame può essere invece utile per persone che soffrono di mal di testa as-
sociato ad altri sintomi che suggeriscano la possibilità di una crisi epilettica,
per esempio un’aura emicranica atipica o la perdita di coscienza durante
l’attacco di cefalea.


La rachicentesi
Chiamata comunemente puntura lombare, la rachicentesi è un esame che pre-
vede l’inserimento di un ago in un punto preciso della schiena, per prelevare
ed esaminare il liquido cefalo-rachidiano (o liquido cerebro-spinale o liquor)
cioè il liquido che circonda l’encefalo e il canale midollare.
Il liquor ha il compito di proteggere e nutrire il sistema nervoso e di drenare
le sostanze di scarto, prima di essere riassorbito dalla circolazione.
In presenza di una cefalea, si ricorre alla puntura lombare se si sospetta che
il mal di testa sia il sintomo della meningite. Questo avviene in particolare se,

62
La diagnosi

Come si effettua la puntura lombare


Se affidata a mani esperte ed eseguita in condizioni sterili, la rachicentesi è una prati-
ca sicura; in particolare, non si deve temere che possa causare lesioni del midollo o dei
nervi che da esso fuoriescono, perché viene effettuata in un punto sottostante a quel-
lo cui il midollo termina, dove il liquor si raccoglie nella cosiddetta cisterna lombare.
Nel corso dell’esame, il paziente deve rimanere sdraiato su un fianco in posizione
fetale o seduto con la schiena flessa, per facilitare l’introduzione dell’ago.
Il liquido non viene aspirato ma raccolto per caduta spontanea, per evitare che si generi
nel canale un’eccessiva pressione negativa, che potrebbe provocare nausea e cefalea.
Quando l’esame è terminato, occorre restare sdraiati sotto osservazione medica
qualche ora e bere abbondante acqua.

oltre a un mal di testa molto doloroso, si hanno difficoltà a muovere il collo


(rigidità nucale) e febbre e se il dolore peggiora con il movimento degli occhi.
In questo caso l’esame va effettuato con urgenza.
L’esame in questo caso è fondamentale per la diagnosi, perché gli stessi sin-
tomi possono essere causati da alcune crisi di emicrania particolarmente forti,
mentre la presenza di rigidità nucale, ma non di febbre, può indicare anche
una diagnosi di emorragia intracranica.
La rachicentesi è utile anche se si sospetta che la cefalea possa essere dovuta a
un tumore del cervello oppure a un’emorragia cerebrale non evidenziata dalla TC.

Altri esami
In base ai dati a disposizione, per individuare il tipo di cefalea primaria di
cui si soffre non è utile sottoporsi di routine a indagini neurofisiologiche co-
me quella dei potenziali evocati, dei potenziali evento-correlati o del riflesso
trigeminale facciale (blink-reflex).
Non sono indicati, normalmente, gli esami di laboratorio sul sangue o sul liquido
cefalo-rachidiano (liquor), oppure le indagini ecografiche, radiologiche e gli
esami istologici. Questi esami saranno richiesti dal medico solo in base a un
sospetto clinico dovuto alle particolari modalità di presentazione della cefalea,
oppure nel caso in cui la risposta alla terapia per la cefalea sia inadeguata.
Bisogna però considerare che una buona risposta alla terapia non è un criterio
sufficiente per escludere che la cefalea sia dovuta ad altre malattie.

63
Mal di testa

Come distinguere le diverse cefalee


Per poter individuare il tipo di cefalea di cui soffriamo, il medico deve ana-
lizzare tutte le informazioni raccolte nel colloquio, nella visita e attraverso gli
eventuali esami strumentali, come abbiamo descritto nei paragrafi precedenti.
Le diverse tipologie di cefalea, infatti, hanno caratteristiche peculiari che
possono indirizzare la diagnosi.

Cefalee primarie
Tra le cefalee diagnosticate più spesso ci sono la cefalea muscolo-tensiva e
l’emicrania comune (cioè senza aura); la cefalea a grappolo è una forma di
mal di testa molto più rara.
Le caratteristiche di tutte queste forme saranno descritte in dettaglio nei
capitoli successivi, ma per ora è importante sapere che nella stessa persona
possono coesistere più tipi di mal di testa, con differenti modalità di insor-
genza e cause diverse.
La cefalea cosiddetta tensiva (o “da tensione” o “a fascia”), che fa sentire la
testa come se fosse chiusa in una morsa, ha un andamento fluttuante ed è
più frequente nelle donne.
La sua origine non è stata ancora del tutto chiarita: alcuni la considerano
una variante dell’emicrania, altri la attribuiscono ad anomalie della contra-
zione di alcuni muscoli del capo e del collo delle quali non si conoscono
le cause.
La cefalea da tensione è alleviata dal rilassamento della postura, psicologico
oppure ottenuto attraverso i farmaci che alleviano la tensione muscolare
(miorilassanti) e il dolore (analgesici).
L’emicrania è una cefalea vascolare che colpisce il 15% delle donne e il 6%
degli uomini ed è accompagnata quasi sempre da nausea, qualche volta da
vomito e spesso da sintomi neurologici di vario tipo: dal formicolio alle dita,
alla perdita di parte del campo visivo, allo sdoppiamento della visione.
Conoscere i fattori che scatenano gli attacchi e quelli che mitigano il dolore
aiuta la diagnosi.
La cefalea a grappolo ha le caratteristiche di frequenza e modalità di presen-
tazione del dolore descritte in precedenza. Come detto, il dolore è molto forte
e spesso poco trattabile.
Nella tabella a pagina 65 sono riassunte le particolarità che distinguono i
tre tipi di cefalea.
Va sottolineato, però, che i criteri elencati nella tabella sono sicuramente
d’aiuto al medico per la diagnosi differenziale tra le diverse cefalee primarie,
ma non possono essere considerati decisivi, perché le varie forme hanno
sintomi comuni.

64
La diagnosi

Diagnosi differenziale delle principali cefalee primarie

Caratteristiche Emicrania Cefalea a grappolo Cefalea di tipo tensivo

Anamnesi positiva negativa negativa


familiare

Preferenza femminile maschile femminile


di genere

Inizio dell’attacco variabile a orario fisso in condizioni


di stress

Lato del dolore unilaterale unilaterale bilaterale

Sede del dolore parieto-temporale peri-orbitario tutto il cranio


o “a fascia”

Qualità e intensità pulsante, moderato a fitte, continuo, gravativo-costrittivo,


del dolore o intenso estremamente intenso moderato e persistente

Durata 4-72 ore 15 minuti-3 ore 30 minuti-7 giorni

Frequenza variabile (da 1 attacco molti attacchi da 1-2 episodi


all’anno a numerosi al giorno, per periodi l’anno a 3-5 episodi
al mese) di molte settimane la settimana

Sintomi associati fotofobia, fonofobia, congiuntiva iniettata leggera


nausea, vomito, di sangue, ostruzione foto-fonofobia,
pallore, sintomi nasale, rinorrea, miosi, inappetenza
dell’aura ptosi palpebrale,
sudorazione e
arrossamento del viso

Comportamento preferenza agitazione e iperattività normale


durante l’attacco per stare a letto,
al buio, in ambiente
silenzioso

Chi soffre di un’emicrania accertata, poi, sa che gli attacchi possono presentarsi
in forma diversa, che non si hanno tutte le volte gli stessi sintomi, né gli stessi
fenomeni di accompagnamento o la stessa intensità di dolore.
Per superare queste difficoltà, l’International Headache Society (IHS) ha
elaborato un sistema di classificazione delle cefalee basato sul consenso
dei massimi esperti, che hanno cercato di individuare criteri che fossero
abbastanza sensibili (cioè in grado di identificare tutti i pazienti affetti da
emicrania) e sufficientemente specifici (cioè in grado di identificare solo
i soggetti affetti da emicrania). La classificazione è stata presentata nel
capitolo 1.

65
Mal di testa

Altre cefalee primarie


Se la tua cefalea ha caratteristiche che non corrispondono a quelle delle tre
categorie principali descritte, potresti soffrire di un tipo di mal di testa particolare:

• cefalea primaria trafittiva;


• cefalea primaria da tosse;
• cefalea primaria da attività fisica;
• cefalea primaria associata ad attività sessuale;
• cefalea pre-orgasmica;
• cefalea orgasmica;
• cefalea ipnica;
• cefalea primaria “a rombo di tuono”;
• emicrania continua;
• New Daily-Persistent Headache (NDPH).

Queste forme particolari di cefalea saranno descritte nel capitolo 6 “Le altre
cefalee primarie”.

Cefalee secondarie
Una cefalea può essere secondaria, cioè dovuta a un’altra malattia o condizione
esistente, quando si verificano alcune condizioni:

• la cefalea si manifesta in tempi compatibili con la sua possibile causa;


• dal punto di vista biologico ci può essere un nesso tra la causa e lo sviluppo
del mal di testa;
• la condizione o la malattia provoca o peggiora il mal di testa, mentre la sua
risoluzione migliora o fa scomparire la cefalea.

Le cefalee vengono chiamate secondarie quando sono attribuibili a:

• disturbi dei vasi sanguigni del cranio o del collo;


• disturbi intracranici non vascolari;
• uso (o sospensione dell’uso) di una sostanza;
• infezioni;
• disturbi dell’omeostasi (cioè dell’equilibrio interno dell’organismo);
• patologie di cranio, collo, occhi, orecchie, naso, seni paranasali, denti ecc.
• disturbi psichiatrici.

66
La diagnosi

Come riconoscere le cefalee secondarie a malattia grave

Causa Sintomi Criterio diagnostico

Meningite rigidità nucale, fotofobia, prostrazione, puntura lombare


febbre (non sempre)

Emorragia intracranica rigidità nucale, dolore alla testa TC, puntura lombare
(sangue nel liquor)

Tumore cerebrale cefalea sorda unilaterale, nausea e vomito neuroimaging

Arterite temporale cefalea martellante unilaterale, età >50 anni, VES >50, biopsia
alterazioni della visione, VES alta dell’arteria

Glaucoma dolore oculare forte, nausea e vomito (talvolta), misurazione della


arrossamento oculare pressione oculare
(tonometria)

Dove si diagnosticano e si curano


le cefalee?
L’Associazione neurologica italiana per la ricerca sulle cefalee (ANIRCef) e la
Società italiana per lo studio delle cefalee (SISC), hanno selezionato i centri
di eccellenza per la cura delle cefalee sul territorio nazionale.
L’elenco è riportato nell’Appendice 1.
Ma quando vale la pena o è necessario fare riferimento a uno di questi cen-
tri? Bisogna infatti tenere presenti i disagi legati a liste d’attesa, spostamenti
lontano da casa, pagamento di ticket.
Come indicato nei paragrafi precedenti, il medico di medicina generale può
effettuare correttamente la diagnosi di primo livello.
Se però la tua situazione clinica è particolarmente complessa, o i sintomi
peggiorano, oppure non c’è risposta alle terapie convenzionali, sarà il medico
stesso a indirizzarti allo specialista. In questi casi, rivolgersi a una struttura
in cui operino esclusivamente neurologi che fanno ricerca e clinica sulle
cefalee e che sia provvista della strumentazione per gli esami necessari, dà
la garanzia di riuscire ad affrontare – con la diagnosi e la terapia – anche le
eventuali forme rare.

67
Pagina bianca
L’emicrania
3
L’emicrania è una cefalea primaria che colpisce più del 10% della popolazio-
ne generale. Nel 90% dei casi compare prima dei 40 anni e, fino all’età della
pubertà, non fa distinzioni tra uomini e donne. Successivamente, però, inte-
ressa prevalentemente le donne e la massima differenza fra i generi si nota
nel pieno dell’età fertile.
L’emicrania si manifesta spesso con sintomi tanto gravi che nello studio dell’Or-
ganizzazione mondiale della sanità (OMS) sul peso globale di malattia (Global
Burden of Disease Study), pubblicato su Lancet a fine 2012, è stata classificata
al terzo posto tra i disturbi a maggiore prevalenza e al settimo posto tra le
20 cause specifiche di disabilità a livello mondiale. L’OMS definisce disabilità
“qualsiasi limitazione o mancanza di capacità di svolgere un’attività nel modo
o nei limiti considerati normali per un essere umano”.
Misurare la disabilità è importante perché permette al medico di capire meglio
la gravità dell’emicrania e lo aiuta nella scelta di un trattamento personalizzato
e nel controllo della risposta alla terapia.
Per misurare la disabilità causata dall’emicrania sono stati messi a punto vari
test che indagano la disabilità in tre ambiti: lavoro retribuito o scuola, lavori
domestici e attività non lavorative (familiari, sociali, di svago) negli ultimi 3 mesi.
Per un’efficace terapia dell’emicrania è indispensabile una diagnosi corretta
e il più possibile precoce da parte del medico di medicina generale e un
eventuale approfondimento da parte dei centri specializzati nello studio
delle cefalee.
Mal di testa

L’emicrania si manifesta principalmente in due forme: emicrania senza aura


e con aura.
L’emicrania senza aura è una forma rara, come le emicranie emiplegica, fami-
liare, sporadica e retinica e i cosiddetti equivalenti emicranici.
Alcuni quadri clinici vengono definiti complicanze dell’emicrania: tra essi vi
sono l’emicrania diventata cronica e l’infarto emicranico.
Il picco di incidenza dell’emicrania (vedi riquadro “Incidenza e prevalenza”
a pagina 71) si raggiunge in età adulta, tra i 30 e i 40 anni; nelle donne è
2-3 volte maggiore rispetto agli uomini.
La prevalenza, invece, indica un valore di 6 volte maggiore nelle donne; il
valore è più alto di quello dell’incidenza perché l’emicrania in età adulta dura
più a lungo nel genere femminile.
La prevalenza è superiore per l’emicrania senza aura (6-9%) rispetto a quel-
la con aura (4%). Entrambe le forme hanno una prevalenza maggiore nelle
donne, più evidente a partire dall’età del menarca e che poi diminuisce con
l’avanzare dell’età, senza però mai arrivare a essere pari a quella maschile.

Classificazione dell’emicrania


Emicrania senza aura /


Emicrania con aura tipica (aura tipica con cefalea; aura tipica senza
cefalea)
Emicrania con aura tronco-encefalica
Emicrania con aura
Emicrania emiplegica (emicrania emiplegica familiare di tipo 1, 2, 3
o altri loci); emicrania emiplegica sporadica
Emicrania retinica

Emicrania cronica /

Stato emicranico

Aura persistente senza infarto


Complicanze dell’emicrania
Infarto emicranico


Epilessia indotta dall’emicrania

Con aura
Probabile emicrania

Senza aura
Disturbo gastrointestinale ricorrente (sindrome del vomito ciclico ed
Sindromi episodiche che emicrania addominale)
possono essere associate
Vertigine parossistica benigna
all’emicrania
Torcicollo parossistico benigno

70
L’emicrania

Incidenza e prevalenza
Le misure di frequenza delle malattie possono descrivere:

• il verificarsi di nuovi casi;


• l’insieme di tutti i casi esistenti in un certo momento e in una certa popolazione.

Questi due diversi concetti sono descritti, rispettivamente, con i termini “inciden-
za” e “prevalenza”.
Per capire meglio il concetto, si può pensare alla prevalenza come alla fotografia di un
fenomeno, mentre l’incidenza può essere paragonata al film dello stesso fenomeno.
L’incidenza rappresenta, quindi, la proporzione di persone colpite da una malattia
(cioè il numero di nuovi casi di questa malattia) in un determinato periodo di tempo.
La prevalenza misura invece la proporzione delle persone che soffrono di una
malattia tra tutti i soggetti della popolazione (composta da individui affetti e non
affetti), in un dato momento.

Le due forme di emicrania possono presentarsi, in momenti diversi, nella stessa


persona, anche se questi casi sono abbastanza rari (circa l’1% della popolazione).
Alcune persone percepiscono l’arrivo di un’emicrania con ore o persino giorni di
anticipo. Si tratta della cosiddetta “fase premonitoria”, durante la quale l’umore
può virare verso la depressione, vi può essere disgusto per alcuni cibi e rifiuto
di ingerire liquidi o, al contrario, desiderio di alimenti particolari; si sbadiglia
più facilmente o si manifestano altre particolarità di comportamento del tutto
individuali. Dopo la fase del dolore, che ha durata variabile, l’emicrania, ha
una fase di risoluzione, che di solito è caratterizzata dal ritorno della sete e
dell’appetito e da uno stato di lieve confusione.

La possibile origine
Nonostante diverse teorie cerchino di spiegarlo, non è ancora chiaro perché
e come l’emicrania si determini.
Secondo le conoscenze neurologiche più recenti, l’insieme dei sintomi dell’e-
micrania sono dovuti a un “disordine” dell’elaborazione sensoriale: in pratica,
si percepiscono in modo anomalo stimoli sensitivi, visivi, uditivi e olfattivi che
per la maggior parte delle persone sono normali.

71
Mal di testa

Questo processo sembra collegato alla dilatazione dei vasi sanguigni delle me-
ningi, in grado a loro volta di scatenare una sensibilizzazione dei neuroni. Questa
sensibilizzazione sarebbe responsabile di alcuni sintomi particolari dell’emicra-
nia: per esempio il fenomeno dell’allodinia cutanea, cioè la sensazione di avere
dei corpi estranei che toccano la pelle che spesso accompagna il mal di testa.
Sembra, quindi, che le persone che soffrono di emicrania abbiano una “so-
glia emicranica” più bassa, sulla quale possono intervenire alcuni fattori, detti
“precipitanti”, che sono in grado di scatenare gli attacchi.
Questa soglia avrebbe una forte base genetica, ma il modo con cui si manife-
stano le conseguenze sarebbe influenzato dall’ambiente circostante.
Il processo di sensibilizzazione dei neuroni interferisce con l’efficacia delle
terapie che puntano ad alleviare i sintomi ed è responsabile della persistenza
della cefalea nelle forme di emicrania cronica.

I criteri per la diagnosi


Secondo la classificazione dell’International Headache Society (IHS), vi sono
alcuni criteri che permettono di diagnosticare l’emicrania senza aura:

• presenza di almeno 5 attacchi di cefalea con durata da 4 a 72 ore (se non trattata
oppure trattata senza successo), non attribuibile a un’altra condizione o malattia;
• dolore con localizzazione unilaterale;
• dolore di tipo pulsante;

Emicrania e gravidanza
Soprattutto nelle donne in cui è evidente la relazione tra ciclo mestruale ed emi-
crania senza aura, i primi tre mesi di gravidanza segnano un deciso miglioramen-
to nella frequenza e nell’intensità delle crisi di cefalea.
Nelle donne che hanno un’aura emicranica, invece, le crisi non migliorano.
Se il dolore da emicrania compare per la prima volta in gravidanza, si deve conside-
rare che questa condizione comporta un aumento fisiologico della coagulabilità del
sangue, un meccanismo che la natura mette in atto per scongiurare le emorragie
materne e fetali. Quindi è fondamentale escludere che la cefalea sia dovuta a un
ictus ischemico, a trombosi dei seni venosi cerebrali (soprattutto nel terzo trimestre
di gestazione e nel puerperio), a una emorragia subaracnoidea o all’eclampsia.

72
L’emicrania

• dolore di intensità media o forte;


• dolore che peggiora con le attività fisiche di routine (per esempio camminare
o salire le scale).

Per poter parlare di emicrania, oltre al mal di testa deve essere presente almeno
una delle seguenti condizioni:

• nausea e/o vomito;


• fotofobia e fonofobia (fastidio per la luce e per i rumori);
• osmofobia (fastidio per gli odori).

In particolare l’osmofobia è un sintomo molto specifico, tanto da essere or-


mai considerato indicativo dell’emicrania nella diagnosi differenziale con la
cefalea di tipo tensivo.
Per quanto riguarda invece l’emicrania con aura, il criterio diagnostico è la
presenza di almeno due attacchi preceduti da un’aura emicranica e che non
possono essere attribuite a un’altra condizione o malattia.
Gli attacchi di emicrania collegati al ciclo mestruale sono particolarmente in-
tensi e possono influire in modo significativo sulle normali attività quotidiane.
La cosiddetta emicrania mestruale pura si presenta tra il secondo giorno prima
delle mestruazioni e il terzo giorno successivo all’inizio della perdita di sangue
e in almeno due cicli mestruali su tre.
Invece, si parla di emicrania correlata alle mestruazioni una forma che compare
durante il ciclo ma che non si scatena in relazione alle mestruazioni.
Compilare con attenzione il diario della cefalea per almeno tre cicli aiuta a
distinguere le due forme.

Cefalee secondarie che vanno differenziate dall’emicrania


Attacco ischemico transitorio - TIA (emicrania con aura)

Aneurisma intracranico
Emorragia subaracnoidea, specialmente nel caso di un
sanguinamento sentinella
Malattie cerebrovascolari
Dissecazione carotidea

Trombosi venosa cerebrale

Malformazioni arterovenose cerebrali
Vasculiti
Ipertensione intracranica benigna

Disturbi intracranici non vascolari
Ipotensione liquorale
Traumi

Altre patologie a carico dell’encefalo
Epilessia (emicrania con aura)

73
Mal di testa

Le fasi dell’emicrania
Il tipico attacco di emicrania ha uno svolgimento che comprende quattro fasi
distinte; tuttavia, è anche possibile che una o più delle fasi non venga avvertita
o non avvenga proprio.
Le fasi sono:

• fase prodromica, che si verifica ore o giorni prima dell’insorgenza del dolore;
• aura, che precede immediatamente, o qualche volta sostituisce, il dolore
dell’emicrania;
• fase del mal di testa acuto;
• fase della risoluzione (o del recupero).

Cefalea

Vomit
ea o
au s
s s ia-n So n no
ore pro
An n za Fotofo
fon
ole bia do
nn
So fobia Fonof
o obia Rif
o
etit e Fot bia iuto
Appziabil ofo Osmof
obi del ci
Appetito
ins
a Fon fobia a St
bo
zza mo an c
che Os hezza
Normale ritmo
Normale ritmo
sonno veglia Stan
Tolleranza rata
alla luce Altecezione
per
Rumore
Odori
ne Diu
nzio res
Equilibrio Rite ca i
idrico idr i

i ii iii iv v

Normale Prodromi Aura Mal di testa Risoluzione Guarigione

Segni e sintomi durante le varie fasi dell’attacco di emicrania

74
L’emicrania

Fase prodromica
Nella maggior parte dei casi, i sintomi iniziano qualche ora o addirittura qual-
che giorno prima dell’inizio del dolore o dell’aura e consistono in:

• alterazioni dell’umore che tende all’irritabilità, alla depressione o, al contrario,


all’euforia;
• stanchezza ingiustificata;
• desiderio di particolari cibi;
• sbadigli frequenti;
• rigidità dei muscoli del collo;
• diarrea, ma qualche volta stitichezza;
• fastidio per gli odori e per i rumori.

Aura emicranica
L’aura è un insieme di sintomi neurologici transitori che può comparire appena
prima (30-60 minuti) dell’attacco di cefalea, nel 20% circa delle persone che
soffrono di emicrania.
Non è detto, però, che tutti i sintomi compaiano sempre e la loro gravità è
molto variabile.
Perché si possa parlare di aura emicranica devono essere presenti alcune
caratteristiche:


• presenza di disturbi visivi o sensitivi unilaterali;


• almeno un sintomo si sviluppa gradualmente in almeno 5 minuti e/o diversi
sintomi si susseguono e ciascun sintomo dura da 5 a 60 minuti;
• l’aura è accompagnata, o seguita entro 60 minuti, da cefalea.

Tutti i sintomi dell’aura scompaiono di norma entro un’ora. In alcuni casi,


definiti “con aurea prolungata”, i sintomi possono durare molto più a lungo,
ma comunque meno di una settimana e, sempre, con esami di neuroimaging
normali.
Nei rari casi in cui gli esami siano anormali o i sintomi dell’aura durino più di
una settimana, si deve sospettare la complicanza dell’infarto emicranico (vedi
paragrafo “Le complicanze” a pagina 84).
I sintomi dell’aura sono manifestazioni del coinvolgimento di varie strutture
neurologiche e possono essere:

• sintomi visivi “positivi”, così chiamati perché si vede qualcosa che in realtà
non esiste: luci tremolanti, macchie, linee, aloni intorno alle fonti luminose,
comparsa di “mosche volanti” nel campo visivo;

75
Mal di testa

• sintomi visivi “negativi”, così chiamati perché non si vede qualcosa che
invece esiste, per cecità totale o limitata a una parte del campo visivo della
durata di pochi minuti;
• dilatazione delle pupille non simmetrica nei due occhi (anisocoria);
• disturbi del linguaggio (disfasia);
• disorientamento spazio-temporale;
• sapore metallico in bocca;
• perdita temporanea della memoria.

In particolare, l’anisocoria è un segno a cui fare molta attenzione, perché può


indicare anche una meningite, un’encefalite o un’emorragia subaracnoidea.
Se, come accade in alcuni casi, i sintomi dell’aura interessano il tronco ence-
falico, possono comparire:

• vertigini;
• difficoltà nel pronunciare le parole (disartria);

Il formicolio alla testa


Il formicolio alla testa (o parestesia del cuoio capelluto) è causato da un disturbo
della sensibilità che genera sensazioni anomale, come quella di avere la cute
“raggrinzita” o che pizzica, brucia o prude.
Anche in assenza di qualsiasi malattia è possibile avvertire, di tanto in tanto, que-
sto tipo di sensazione; quando, però, il disturbo è persistente o quando è accom-
pagnato da dolore, occorre escludere una sofferenza delle vie sensitive, che può
essere determinata da vari cause, da quelle più banali e benigne ad altre più gravi.
Oltre che essere un segno di aura emicranica, infatti, il formicolio alla testa può
dipendere dalla compressione di un nervo, per esempio da parte di un’ernia di un
disco della colonna cervicale.
Un formicolio alla testa può essere anche il sintomo premonitore di una crisi epilettica.
Più raramente, un formicolio persistente può precedere un attacco ischemico
transitorio (il cosiddetto TIA) o un ictus.
Questa fastidiosa sensazione può essere provocata da una neuropatia periferica
dovuta a diabete, abuso di alcol o a un effetto collaterale di farmaci (specie gli
antiretrovirali, che curano l’infezione da HIV), ma anche essere solo la manifesta-
zione di uno stato ansioso.
Un formicolio non del cranio, ma della faccia, può essere un sintomo precoce del-
la sclerosi sistemica (o sclerosi multipla) o, caso meno grave, di un’infiammazione
del nervo trigemino.

76
L’emicrania

• sibili e fischi generati nell’orecchio, senza rumori esterni;


• abbassamento dell’udito (ipoacusia fluttuante);
• visione sdoppiata (diplopia) oppure offuscata;
• formicolio alla testa, intorno alla bocca o alle dita delle mani;
• sintomi sensitivi positivi (sensazione di puntura di spillo) e/o negativi (sen-
sazione di intorpidimento).

Il tipo più comune di aura è la variante visiva, che si manifesta con la compar-
sa nel campo visivo di puntini luminosi o di una figura luminosa particolare,
detta “scotoma scintillante”.
Il fenomeno inizia con la visione di linee spezzate (spettri di fortificazione)
che poi si collegano tra loro e si allungano fino a formare un arco, con riflessi
lampeggianti e sfrigolanti (di qui l’aggettivo “scintillanti”) di colore blu, giallo,
rosso, verde e bianco.
Queste figure compaiono inizialmente intorno al punto su cui si fissa lo
sguardo, ma a poco a poco si diffondono a destra o a sinistra e lasciano nella
propria scia dei punti ciechi (scotomi).
Lo scotoma scintillante può interessare la parte laterale di un solo campo
visivo o di entrambi.
Nella fase acuta dell’aura queste figure invadono il campo visivo; poi si affie-
voliscono e svaniscono.
Altri fenomeni molto diffusi sono i disturbi sensitivi, soprattutto del tipo “pun-
ture di spilli”, che si diffondono lentamente dal punto di origine, interessando
unilateralmente un’area più o meno vasta del viso o del corpo.
Dopo un’aura di questo tipo, può rimanere una diminuzione della sensibilità
della zona colpita, che può anche presentarsi come sintomo isolato.
Meno frequenti sono i disturbi del linguaggio, per lo più rappresentati da
afasia ma spesso di difficile inquadramento.
I sintomi motori veri e propri non fanno parte, invece, del quadro di un’aura
emicranica: chi presenta difficoltà nel movimento potrebbe piuttosto soffrire
di emicrania emiplegica familiare (vedi paragrafo “Le forme più rare di emi-
crania con aura” a pagina 82).
I sintomi dell’aura compaiono di solito nella stessa sequenza: prima i disturbi
visivi, poi quelli sensitivi e di afasia. Tuttavia, in alcuni casi si osservano ec-
cezioni a questa regola generale.
Quando i sintomi dell’aura sono tipici e sono seguiti da una cefalea, il colloquio
clinico con il medico è sufficiente per diagnosticare correttamente l’emicrania,
anche se esistono rari casi in cui altre condizioni o malattie (dissecazione della
carotide, aneurismi dei vasi endocranici, epilessia occipitale) possono dare un
quadro clinico simile a quello dell’aura.
Alcune persone hanno un’aura tipica senza sviluppare mai la cefalea e altre
per le quali il dolore, nel corso del tempo, perde le caratteristiche tipiche
dell’emicrania o sparisce completamente e rimane solo l’aura.

77
Mal di testa

In questi casi è importante che il neurologo faccia la diagnosi di aura dopo


aver preso in considerazione ed escluso, con le opportune indagini strumentali,
quella di un attacco ischemico transitorio (TIA).
Questa situazione è possibile quando:

• la possibile aura compare dopo i 40 anni;


• sono prevalenti i sintomi negativi, come lo scotoma;

La sindrome di Alice
nel paese delle meraviglie
Un tipo di aura molto particolare prende il nome di “sindrome di Alice nel paese
delle meraviglie”, il cui acronimo è AIWS (Alice in Wonderland syndrome).
Nell’omonimo romanzo di Lewis Carrol, Alice diventa più grande o più piccola
quando mangia un pezzetto del fungo che tiene in tasca.
Forse l’autore aveva attribuito al suo personaggio la propria esperienza di aura
emicranica (pare, infatti, che ne soffrisse al punto da consultare in continuazione
i luminari dell’epoca) o forse era a conoscenza degli affetti allucinogeni di alcune
sostanze presenti nei funghi, come la psilocibina. Di questa amina psichedelica,
in grado di provocare bizzarrie visive, si sono occupati negli ultimi anni molti studi
pubblicati su riviste di neuropsichiatria e neurofarmacologia.
La sindrome di Alice è un disturbo della percezione visiva dovuto a un’anomalia
del flusso sanguigno in alcune aree cerebrali, visibile con la risonanza magnetica
funzionale (fMRI); in un articolo del 2012 sulla rivista Neuropsychiatry, François
Montastruc e colleghi hanno ricapitolato tutti i sintomi rilevati nella trentina di
casi riportati fino a quell’anno.
Le persone che soffrono di questo disturbo sono consapevoli dell’anormalità delle
loro percezioni: quelle principali riguardano il loro corpo per intero o in alcune parti
e consistono in una percezione alterata della sua dimensione o della sua forma
(metamorfopsia). Le illusioni visive possono riguardare anche le altre persone o gli
oggetti, che sono percepiti come più piccoli (micropsia) o più grandi (macropsia),
più distanti (teliopsia) o più vicini (peliopsia) o mutati di posizione (allestesia).
Inoltre, chi ne soffre ha l’impressione di osservarsi dall’alto (depersonalizzazione)
e ha una percezione alterata del tempo e della realtà (derealizzazione).
La sindrome di Alice è stata rilevata prevalentemente in associazione con l’emi-
crania, ma talvolta accompagna crisi epilettiche, uso di droghe o abuso di farmaci
psicoattivi (per esempio il destrometorfano, presente in alcuni sciroppi per la tos-
se); può, inoltre, essere un sintomo iniziale della mononucleosi infettiva da virus
di Epstein-Barr e, di recente, sono state aggiunte, tra le possibili cause, le infezioni
da citomegalovirus, da virus della varicella e da Borrelia.

78
L’emicrania

• l’aura ha una durata superiore a un’ora;


• l’aura ha una durata inferiore a 5 minuti.

Fase del dolore


L’emicrania è caratterizzata da un dolore di intensità moderata o forte, aggra-
vato dai movimenti e associato a nausea.
Il dolore è localizzato di solito in sede fronto-temporale, è unilaterale e di tipo
pulsante (sembra seguire il ritmo cardiaco) o martellante.
La sensazione dolorosa peggiora se si svolgono attività fisiche normali, come
camminare o salire le scale e spesso l’intensità del mal di testa è tale che si
evita di farle. Un senso di pressione e di dolore ai seni paranasali può essere
un sintomo della crisi emicranica, tanto che molte persone sono convinte di
avere una sinusite invece che un’emicrania.

La sindrome del formaggio


La sindrome del formaggio (Cheese syndrome) è l’insieme dei sintomi e dei
disturbi (emicrania, arrossamento del volto, orticaria, sbalzi della pressione e
della frequenza cardiaca) che si manifestano, nelle persone suscettibili, dopo
l’assunzione della tiramina, un composto azotato che deriva dall’aminoacido
tirosina presente nei formaggi, specie se fermentati o invecchiati.
La presenza di microbi e la conseguente formazione di amine tossiche sono
maggiori nei cibi ricchi di proteine, come le carni e i formaggi, e nelle be-
vande che vanno rapidamente a male, come i succhi di frutta. Inoltre, sono
esempi di possibili fonti di amine potenzialmente nocive il cacao, il vino,
la birra e tutti i cibi fermentati, la melanzana (il cui nome deriva, non a
caso, dall’antica denominazione di “mela insana”), la salsa di soia. Un’altra
amina molto nota è l’istamina, che interviene nel meccanismo dell’allergia;
l’assunzione di alimenti contenenti grandi quantità di istamina provoca i sin-
tomi di una reazione allergica, come avviene, per esempio, nella “sindrome
sgombroide”(per approfondire vedi anche la guida Apparato dirigente. Pre-
venzione e cura, che si può richiedere collegandosi al sito www.altrocon-
sumo.it/guidepratiche).
Istamina e tiramina, anche se sono contenute negli alimenti in quantità tali
da avere spiccate azioni psicoattive e/o vasoattive, non sono riconoscibili né
al gusto né all’olfatto.
La sindrome si manifesta dopo aver ingerito grandi quantità di formaggio
annaffiato da birra vino ed eventualmente accompagnato da cioccolato.

79
Mal di testa

La sindrome del ristorante cinese


Nel 1968 comparve sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine la
segnalazione che l’assunzione di cibi con abbondante glutammato monosodico
scatenava, a distanza di 25-35 minuti, una sindrome che venne poi chiamata
“del ristorante cinese”. I suoi sintomi, che potevano durare per molte ore, erano
arrossamento del volto, bruciore e dolore che partono dal collo e si diffondono
nel torace, cefalea e dolore alle orbite.
Va precisato che lo studio su cui erano basate queste indicazioni aveva coinvolto
solo sei soggetti.
Il glutammato monosodico viene aggiunto alle pietanze per renderle più saporite
(sulle etichette si nasconde sotto le sigle da E620 a E625), perché ha la proprietà
di eccitare i recettori del gusto presenti sulla lingua.
Tra gli alimenti più ricchi di glutammato monosodico vi sono il parmigiano reg-
giano, i piselli in scatola e i dadi da brodo; inoltre l’acido glutammico (che viene
convertito in glutammato) è presente nel latte materno.
In seguito, la sindrome del ristorante cinese è stata criticata come una credenza
senza basi scientifiche, contraddetta dal fatto che né i cinesi né i consumatori
del formaggio parmigiano reggiano hanno una prevalenza maggiore di cefalea
rispetto al resto del mondo.
Nel 1970, Paolo Lucio Morselli e Silvio Garattini smentirono, sulla rivista Nature,
l’associazione tra il mal di testa e il glutammato e anche una recente rassegna
della letteratura scientifica sull’argomento non ha dimostrato alcuna relazione
certa tra il consumo di glutammato e i sintomi della sindrome.
Anche la commissione europea incaricata di indagare sulla sicurezza d’uso del glu-
tammato monosodico, ha assolto l’additivo (in dosi inferiori ai 6 g per ogni kg di peso
corporeo): se reali, le reazioni allergiche ai cibi asiatici potrebbero dipendere piuttosto
dall’ingestione, da parte di persone sensibili, di gamberetti, arachidi e spezie.
Tuttavia, alcuni rapporti indicano che è possibile che alcune persone abbiano una
particolare sensibilità al glutammato; in questi casi, una dose di 25 mg potrebbe,
in effetti, scatenare la sindrome.
In Europa si assume, in media, una dose giornaliera di circa 12 grammi di glutam-
mato, di cui 1 grammo libero, 10 grammi circa legati alle proteine e 0,4 grammi
addizionati per insaporire il cibo.

I fattori che scatenano e quelli che possono risolvere un attacco di emicrania


sono stati indicati nel capitolo 1.
Tra i fattori scatenanti, che sono molteplici e spesso individuali, rientrano le
variazioni ormonali (in corrispondenza del ciclo mestruale, della menopausa
o, soprattutto, in seguito all’assunzione di contraccettivi orali), l’ipertensione,

80
L’emicrania

le concentrazioni elevate di zuccheri nel sangue, le alterazioni della coagula-


zione del sangue, lo stress emotivo o fisico.
In altri casi, possono scatenare l’emicrania stimoli esterni quali il cibo, i fattori
climatici, i rumori e i profumi.

L’emicrania dell’età evolutiva


L’emicrania ha una prevalenza compresa tra il 2,7 e il 10% nei bambini di età
scolare.
Anche nell’infanzia il dolore alla testa può essere intenso, pulsante e si ac-
compagna a nausea e fastidio per la luce intensa e i rumori forti.
L’emicrania senza aura nell’età evolutiva ha caratteristiche particolari:

• la durata degli attacchi è piuttosto variabile, ma di solito è più breve che


negli adulti, e gli attacchi regrediscono spontaneamente nell’arco di due ore;
• il dolore è generalmente bilaterale, perché la localizzazione unilaterale tipica
dell’adulto si manifesta nell’adolescenza;
• il dolore occipitale è raro (bisogna fare attenzione se compare, perché po-
trebbe essere sintomo di una malattia endocranica);
• nella prima infanzia la fotofobia e la fonofobia possono essere individuate
solo attraverso la comunicazione non verbale; nei più piccoli, questi fasti-
di sono facilmente individuabili dal loro comportamento durante l’attacco
emicranico: i bambini tendono a stringere gli occhi a fessura per non far
entrare la luce o portano le mani alle orecchie per attenuare i rumori.

La diagnosi di emicrania senza aura può essere fatta solo dopo aver escluso
la possibilità di cefalea secondaria, sia tramite l’anamnesi e l’esame obiettivo
sia con l’ausilio di esami di laboratorio e strumentali (imaging).
Alcune manifestazioni dell’emicrania preoccupano in particolare un genitore:
si tratta di forme abbastanza frequenti come il vomito o il mal di pancia che si
manifestano ciclicamente, ma anche di forme più rare e ancor più inquietanti,
come l’attacco di vertigine che coglie il bambino all’improvviso.
Queste forme sono chiamate dagli scienziati “sindromi periodiche dell’infanzia
possibili precursori dell’emicrania” o “equivalenti emicranici” e, nella classifi-
cazione internazionale, sono indicate come forme benigne.
Il vomito ciclico del bambino consiste in attacchi di vomito e nausea intensa
che si presentano periodicamente; in queste occasioni, il bambino è pallido
e sonnolento. I sintomi si risolvono completamente e, tra una crisi e l’altra,
i bambini sono in condizioni di perfetto benessere. Il disturbo tende a dimi-
nuire con l’età.

81
Mal di testa

Anche il mal di pancia che si ripete – spesso in coincidenza con qualche festa
o vacanza progettata dalla famiglia, come ben sanno i pediatri che lo chiamano
“emicrania addominale” – è un disturbo senza cause apparenti, caratterizzato
da un dolore localizzato al centro dell’addome, d’intensità anche grave e spesso
accompagnato da nausea e vomito. Molte appendici sono state sacrificate per
l’incertezza della diagnosi!
La maggior parte dei bambini che soffrono di emicrania addominale, nell’età
adulta svilupperà una cefalea di tipo emicranico.
Infine, va fatto un cenno alla cosiddetta “vertigine parossistica benigna”, ca-
ratterizzata da brevi ma ripetuti attacchi in cui a bambini, sani sotto tutti gli
altri punti di vista, gira la testa in modo improvviso e violento. Le vertigini
sono spesso associate a nistagmo (un’oscillazione ritmica e involontaria degli
occhi), a vomito e, a volte, a cefalea pulsante.

Le forme più rare di emicrania


con aura
L’emicrania emiplegica familiare è una forma di emicrania con un’aura in
cui compaiono difficoltà motorie.
In questi casi, è sempre presente un parente di primo o di secondo grado che
soffre di un’aura emicranica con deficit motorio.
La diagnosi non è facile perché la distinzione tra un deficit motorio e uno
sensitivo è affidata solo al racconto e al ricordo della persona che ne soffre.
Se però si sospetta un’emicrania emiplegica familiare, è possibile accertare la
diagnosi a livello genetico: sono state identificate, infatti, specifiche mutazioni
legate a questa condizione.
Nell’emicrania emiplegica familiare, che può dare problemi di diagnosi diffe-
renziale con una forma di epilessia, la cefalea è sempre presente. Gli attacchi
possono essere innescati da un trauma cranico di lieve entità.
Durante gli attacchi di questo tipo di emicrania può insorgere confusione
mentale e, a volte, una perdita di coscienza che può arrivare fino al coma.
L’emicrania emiplegica sporadica è un tipo di emicrania con aura che include
un deficit motorio, ma con anamnesi familiare negativa: non ci sono, cioè,
altri casi in famiglia e per questo è definita sporadica.
In questi casi, poiché l’assenza di familiarità rende difficile la diagnosi diffe-
renziale, sono sempre necessarie indagini strumentali e/o la puntura lombare
per escludere una condizione detta “pseudo-emicrania”, spesso associata a
emiparesi transitoria e difficoltà di linguaggio (afasia), presente soprattutto
negli uomini.

82
L’emicrania

Nell’emicrania di tipo basilare gli attacchi, che si osservano prevalentemente


nei giovani adulti, sono quelli tipici dell’emicrania con aura, con sintomi che
hanno origine nella zona tronco-encefalica e che interessano entrambi gli
emisferi cerebrali, ma senza deficit motori.
L’aura dell’emicrania basilare presenta almeno due di questi fenomeni:

• difficoltà ad articolare le parole (disartria);


• vertigini;
• fischi o altri rumori nelle orecchie (acufeni);
• diminuzione dell’udito (ipoacusia);
• visione sdoppiata (diplopia);
• visioni bilaterali presenti simultaneamente sia nel campo verso la tempia sia
in quello verso il naso di entrambi gli occhi;
• mancanza di coordinazione dei movimenti muscolari volontari (atassia);
• riduzione del livello di coscienza;
• parestesie (formicolio, intorpidimento, prurito) bilaterali simultanee.

Per quanto riguarda l’emicrania retinica, i criteri per la diagnosi prevedono


la comparsa di almeno due attacchi di emicrania, preceduta da un’aura
caratterizzata da sintomi visivi positivi o negativi in un solo occhio, com-
pletamente reversibili e confermati durante un attacco dall’esame clinico
del campo visivo e/o da un disegno del paziente (adeguatamente adde-
strato in precedenza).
Anche nell’emicrania retinica l’aura non dura più di un’ora ed è seguita dalla
cefalea.

L’emicrania cronica
Si definisce cronica qualsiasi cefalea (sia di tipo tensivo sia di tipo emicranico)
che duri più di 15 giorni al mese da più di 3 mesi.
In particolare, per poter parlare di emicrania cronica devono essere avvenuti
almeno 5 attacchi con le caratteristiche di un’emicrania con aura, o di un’emi-
crania senza aura, oppure che abbiano perso queste caratteristiche (presenti
all’inizio) a causa del trattamento farmacologico con i triptani o con derivati
dell’ergotamina (vedi capitolo 8).
Se si soffre di cefalee così frequenti o continue spesso è difficile, se non im-
possibile, distinguere le caratteristiche dei singoli episodi.
Queste caratteristiche, in realtà, possono variare non soltanto da un giorno
all’altro, ma persino nel corso della stessa giornata; inoltre, con l’evoluzione
cronica del disturbo, la cefalea tende a perdere le caratteristiche episodiche.

83
Mal di testa

In questa situazione, quindi, tutti gli attacchi vengono considerati episodi di


cefalea di tipo tensivo.
Inoltre, è quasi impossibile che chi soffre di mal di testa a ripetizione rinunci
a una terapia che allevia i sintomi allo scopo di poter descrivere correttamente
al neurologo la storia naturale della sua emicrania!
La causa più comune dell’emicrania cronica, infatti, è proprio l’uso eccessivo
di farmaci sintomatici.
Circa la metà delle persone apparentemente affette da emicrania cronica
ritorna a essere classificato come sofferente di qualche forma di emicrania
episodica dopo la sospensione dell’abuso di farmaci sintomatici; la sospen-
sione ha maggiore probabilità di successo se viene effettuata nel corso di un
ricovero ospedaliero.
L’obesità aumenta il rischio di sviluppare l’emicrania cronica: diversi me-
diatori dell’infiammazione (come le interleuchine e il peptide correlato al
gene della calcitonina, CGRP), che sono aumentati nelle persone obese,
hanno un ruolo decisivo nell’aumentare la frequenza, l’intensità e la durata
degli attacchi emicranici e nell’indurre una sensibilizzazione dei neuroni
del sistema nervoso centrale. Inoltre, l’obesità è associata all’attivazione del
sistema nervoso simpatico, che può contribuire ad aumentare la frequenza
della cefalea. Infine, l’obesità e l’emicrania hanno in comune alcuni fattori
di rischio (depressione, apnee del sonno) e alcune complicanze (malattie
cerebrovascolari).

Le complicanze
Nel caso del cosiddetto stato emicranico, l’attacco di emicrania (con o senza
aura) ha le caratteristiche tipiche già descritte, ma è più grave e si protrae
più a lungo: dura infatti oltre 72 ore e il dolore e i sintomi associati sono
debilitanti.
Viene considerato uno stato emicranico anche una cefalea in cui il dolore
scompare temporaneamente grazie al trattamento sintomatico o al sonno.
Anche lo stato emicranico può avere come causa l’abuso di farmaci per alle-
viare i sintomi.
Nel caso di una emicrania con caratteristiche simili a quelle già descritte, ma
con un’aura i cui sintomi si mantengono per oltre una settimana, si parla di
aura persistente senza infarto.
Le aure persistenti sono rare, ma esistono e sono documentate aure che durano
persino mesi, con tutti gli esami neurologici negativi.
Se uno o più sintomi dell’aura persistono per più di 60 minuti e le indagini
neuroradiologiche dimostrano una lesione ischemica in un’area compatibile

84
L’emicrania

con i sintomi,
 è importante stabilire se questa lesione sia dovuta all’attacco


di emicrania con aura (infarto emicranico) o ad altre cause.
L’infarto emicranico colpisce prevalentemente le donne più giovani.
Non è chiara, però, la relazione tra la frequenza e le caratteristiche dei sintomi
dell’aura e l’aumento del rischio d’infarto.
Emicrania ed epilessia sono entrambe espressioni di particolari disturbi ce-
rebrali e condividono alcuni meccanismi di sviluppo e il coinvolgimento di
molti neurotrasmettitori. L’associazione tra emicrania ed epilessia è, quindi,
complessa e bidirezionale.
Le due condizioni possono essere presenti contemporaneamente senza che
una costituisca un fattore di rischio per l’altra. Può anche succedere, però,
che una crisi epilettica avvenga durante un attacco di emicrania con aura o
entro l’ora successiva.
È molto frequente che un’emicrania si manifesti subito dopo o a poca distanza
di tempo da una crisi convulsiva, mentre è raro che compaiano convulsioni
durante o successivamente all’attacco di emicrania. Questa rara evenienza
viene chiamata migralessia (migralepsy).

Le malattie associate
L’emicrania può essere associata ad altre malattie sia per un nesso di causa-
effetto sia per la condivisione di fattori di rischio genetici o ambientali.
Come detto in precedenza, sono da tempo ritenute associate all’emicrania
malattie come l’ictus ischemico, l’epilessia e alcuni disturbi psichiatrici.
Più recentemente, sono state individuate almeno una ventina di altre con-
dizioni in qualche modo collegate all’emicrania, soprattutto nella forma
femminile con aura.
Tra queste rientrano alcune malattie cardiache, come il prolasso della valvola
mitralica e i difetti del setto tra i due atri del cuore.
È particolarmente importante l’associazione tra emicrania con aura e ische-
mia del circolo cerebrale posteriore: l’emicrania sembra essere un fattore
di rischio per l’ictus, specialmente nelle donne più giovani, che spesso
hanno altri fattori di rischio per malattie cerebrovascolari, come l’uso di
estroprogestinici (pillola contraccettiva) e il fumo di sigaretta. La presenza
di ipertensione arteriosa o di disordini della coagulazione (come la muta-
zione dei fattori V o II e la sindrome da anticorpi antifosfolipidi) aumenta
ulteriormente il rischio.
In presenza di questi fattori di rischio, alcuni farmaci utilizzati per alleviare
i sintomi dell’emicrania, come i derivati dell’ergotamina e i triptani, non
sono indicati, in quanto hanno un’azione vasocostrittrice (restringono,

85
Mal di testa

Possibili malattie e condizioni associate all’emicrania

Tipo Malattie/condizioni

Fenomeno di Raynaud

Angina/infarto del miocardio


Cardiovascolari Forame ovale pervio
Prolasso della valvola mitrale

Ipertensione

Ictus

Epilessia

Vertigini

Neurologiche Malattia di Menière

Insonnia

Sindrome delle gambe senza riposo

Sindrome di Tourette

Depressione maggiore

Disturbo bipolare

Psichiatriche Disturbo d’ansia generalizzato

Disturbi fobici

Attacchi di panico

Colon irritabile
Gastroenteriche
Gastrite e ulcera peptica

Dismenorrea
Metaboliche ed
Intolleranza glucidica e diabete
endocrinologiche
Obesità

Rinite allergica
Respiratorie
Asma

cioè, i vasi sanguigni), che favorisce una riduzione dell’afflusso di sangue


al cervello.
Il legame tra emicrania ed epilessia è suggerito dal fatto che l’epilessia è cin-
que volte più frequente nelle persone che soffrono di emicrania rispetto al
resto della popolazione.

86
L’emicrania

Pervietà del forame ovale ed emicrania


Nel cuore di alcune persone c’è un buco nella parete che separa l’atrio destro
dall’atrio sinistro: si tratta del cosiddetto “forame ovale pervio” (FOP).
Il forame ovale è una fessura presente normalmente nel feto e consente al sangue
ricco di ossigeno proveniente dalla placenta di saltare il circolo polmonare, che nella
vita intrauterina non funziona; al momento della nascita, i polmoni si espandono,
aumentando la pressione nell’atrio sinistro e facendo aderire le due membrane, che
chiudono il foro; dopo alcuni giorni i due foglietti si saldano del tutto.
In circa il 25-30% degli adulti, però, rimane una fenditura di 2-5 mm che può
essere scoperta con un’ecografia del cuore, eventualmente associata al test delle
microbolle (o bubble test) che esplora l’eventuale passaggio anomalo di sangue
non ossigenato da destra verso sinistra, verso il circolo arterioso.
La presenza di un passaggio di sangue tra i due atri del cuore sembra essere più
elevata (48-53%) nelle persone che soffrono di emicrania con aura rispetto a
quelle con emicrania senza aura (23-25%) o che non hanno cefalea (20-25%).
Il fatto che esista una associazione non equivale, però, a stabilire un rapporto di
causa-effetto; pertanto, la chiusura chirurgica del forame è indicata solo per le
persone che hanno già avuto un ictus (prevenzione secondaria).
Nell’unico studio randomizzato che ha valutato la chiusura del forame come tera-
pia dell’emicrania è emerso che questo intervento non induce in modo statistica-
mente significativo la scomparsa di emicrania, ma solo una modesta diminuzione
dell’intensità e della frequenza degli attacchi.

Aorta Arteria polmonare

Atrio sinistro

Atrio destro

Ventricolo
sinistro

Ventricolo
destro

87
Mal di testa

Sull’Everest con l’emicrania


Alcune persone che soffrono di emicrania possono avere una controindicazione
relativa a trascorrere periodi prolungati ad altitudini estreme, perché l’ambiente è
caratterizzato da una scarsa presenza di ossigeno (ipossico).
La controindicazione è “relativa”, in quanto essi dovranno, per lo meno, rispet-
tare alcune indicazioni:

• evitare la contemporanea presenza di fattori di rischio modificabili, come il


fumo di sigaretta e, per le donne, l’assunzione di estroprogestinici;
• chiedere al medico quali farmaci portare poiché, a causa dell’ipossia, l’emicra-
nia potrebbe peggiorare in intensità e frequenza: non vi sono dati che controin-
dicano l’utilizzo di triptani in alta quota ma, data la loro azione vasocostrittrice,
andrebbero utilizzati come farmaci di seconda scelta;
• in caso di emicrania con aura, prima di un soggiorno in quota si consiglia di
effettuare una RM dell’encefalo, un ecocardiogramma per escludere la pre-
senza di pervietà del forame ovale, una valutazione completa dei fattori della
coagulazione del sangue.

È stata ipotizzata anche un’associazione tra emicrania e sindrome delle gam-


be senza riposo. Tuttavia, l’età in cui le prevalenze delle due malattie sono
più alte non coincide: l’emicrania è più frequente tra i 20 e i 40 anni, mentre
la sindrome delle gambe senza riposo dopo i 50 anni. Uno studio coreano
molto recente ha indicato che l’associazione esiste, ma solo nelle persone di
età inferiore ai 50 anni e con attacchi di emicrania ripetuti.

88
La cefalea
4
di tipo tensivo

È il tipo più comune di cefalea primaria: la sua prevalenza, nell’arco della vita
della popolazione generale va dal 30 al 78%, a seconda dei criteri con cui
si raccolgono i dati. Nonostante la sua grande diffusione, però, è la cefalea
primaria meno studiata, anche perché in passato veniva considerata di natura
prevalentemente psicogena, dovuta cioè alle contrazioni muscolari del volto,
del collo e del cuoio capelluto causate da emozione, ansia o stress.
La definizione dei suoi sottotipi (episodica e cronica), introdotta nella pri-
ma edizione della classificazione internazionale delle cefalee, ha dato il via
ad alcuni studi che hanno suggerito che alla base dello sviluppo di questa
particolare forma di mal di testa ci siano dei meccanismi neurobiologici, dal
momento che non tutte le persone che soffrono di cefalea tensiva hanno una
maggiore tensione o una tendenza al dolore muscolare.
Nelle successive edizioni della classificazione, le cefalee di tipo tensivo episodiche
sono state ulteriormente suddivise nei due sottotipi “sporadica” e “frequente”,
che hanno un impatto diverso sulla qualità della vita di chi ne soffre. I disagi
provocati da quella sporadica, infatti, sono praticamente irrilevanti, mentre la
cefalea frequente provoca una relativa disabilità, cioè una forte limitazione
nello svolgimento delle attività quotidiane e l’uso cronico di farmaci.
Finora, comunque, i meccanismi che portano a sviluppare questo tipo di ce-
falea sono ancora sconosciuti: probabilmente, nella cefalea episodica hanno
un ruolo maggiore i meccanismi del dolore periferico, mentre nella cefalea
tensiva cronica sono coinvolti quelli del dolore centrale.
Mal di testa

I criteri per la diagnosi


Non è stato possibile, finora, definire dei criteri diagnostici della cefalea di
tipo tensivo che riescano a differenziare le persone che soffrono di questa
forma di mal di testa da quelle con emicrania, ma sintomi simili a quelli della
cefalea di tipo tensivo con lieve nausea.
La cefalea tensiva episodica frequente e quella cronica, inoltre, spesso coesi-
stono con l’emicrania senza aura: ci sono persone che hanno un dolore di tipo
tensivo forte e che sviluppano disturbi simili a quelli provocati dall’emicrania
e, al contrario, persone che abitualmente hanno emicrania che sperimentano
cefalee tensive, la cui natura resta incerta.
Poiché la terapia dell’emicrania è diversa da quella della cefalea di tipo tensivo
(vedi capitolo 8), è importante che chi ne soffre sia in grado di distinguere
le due forme, soprattutto per evitare un uso eccessivo e inutile di farmaci;
infatti l’abuso di medicine può essere, a sua volta, proprio la causa di una
diagnosi differenziale incerta.
Per avere la certezza che la cefalea di tipo tensivo sia una cefalea primaria, è
importante escludere la presenza di altre malattie o condizioni che possono
provocare mal di testa o, almeno, accertare che le eventuali patologie esistenti
non ne siano la causa diretta.
Questo può essere fatto attraverso la raccolta di informazioni nel colloquio tra
medico e paziente (anamnesi), la visita generale (esame obiettivo), l’eventuale
approfondimento neurologico (in caso di dubbio persistente) e le appropriate
indagini strumentali. In caso di presenza di altre malattie, la successione cro-
nologica dello sviluppo della cefalea aiuta a verificare che il mal di testa sia
indipendente dalle altre patologie esistenti.
Tuttavia, è anche possibile la sovrapposizione di una cefalea primaria (pree-
sistente) con una cefalea secondaria; questa condizione provoca importanti
problemi di diagnosi differenziale che devono approfonditi per individuare e
poter rimuovere la causa reale del disturbo.

I diversi tipi di cefalea tensiva


L’ultima versione della classificazione internazionale delle cefalee curata
dalla IHS (International Headache Society) suddivide le cefalee di tipo
tensivo in:

• cefalea di tipo tensivo episodica sporadica;


• cefalea di tipo tensivo episodica frequente;
• cefalea di tipo tensivo cronica.

90
La cefalea di tipo tensivo

Tutte queste forme possono essere o non essere associate a un sintomo molto
significativo: la dolorabilità dei muscoli pericranici.
Questa può essere valutata dal medico premendo con il secondo e terzo dito
della mano sui muscoli del cranio e del collo, con piccoli movimenti rotatori
(questa procedura è chiamata palpazione a pressione controllata).
Quando è presente, la dolorabilità aumenta in modo proporzionale all’intensità
e alla frequenza della cefalea.
La palpazione è utile per definire la terapia.

I sintomi
I sintomi della cefalea di tipo tensivo possono essere:

• un dolore sordo e intenso;


• una sensazione di pressione sulla fronte, sui lati e sul retro della testa.

Alla cefalea si possono associare una sensibilità dolorosa accentuata (dolora-


bilità) del cuoio capelluto, del collo e dei muscoli delle spalle e, talvolta, la
perdita dell’appetito.
Il mal di testa è di solito di intensità moderata, ma che varia da persona a
persona e anche, nella stessa persona, da un attacco all’altro.
Un attacco di cefalea tensiva può durare da mezz’ora a una settimana. Come
si è detto, può essere difficile distinguerlo da un attacco di emicrania; tuttavia,
a differenza di quest’ultimo caso, di solito non è accompagnato da nausea o
vomito, anche se può comparire una sensazione di fastidio per la luce oppure
di fastidio per i suoni (ma non entrambe contemporaneamente).
Il dolore coinvolge di solito tutta la testa o comunque non si localizza mai su
un solo lato e non ha carattere pulsante, ma gravativo (cioè con un senso di
peso) oppure costrittivo (come una morsa).
L’attività fisica normale, che tende a peggiorare l’emicrania, non ha alcun
effetto sulla cefalea tensiva.
Nella cefalea di tipo tensivo episodica sporadica, il dolore compare meno di
una volta al mese (o al massimo una sola volta).
Se gli episodi sono più frequenti, ma interessano meno di 180 giorni l’anno,
la cefalea viene classificata come “frequente”.
Invece, se il dolore è presente per più di 15 giorni al mese in almeno tre mesi
di rilevazione, la cefalea di tipo tensivo viene definita “cronica” o “cronica
quotidiana”.
I principali fattori di rischio di un’evoluzione da una cefalea episodica o fre-
quente verso una forma cronica sono:

91
Mal di testa

Riepilogo delle caratteristiche della cefalea di tipo tensivo


Almeno 10 episodi l’anno, che si verifichino in media
Meno di 1 giorno al mese (meno di 12 giorni all’anno) se sporadica
Almeno 10 episodi che si verifichino almeno 1 giorno, ma meno
Frequenza di 15 giorni al mese, per almeno 3 mesi (tra 12 e 180 giorni all’anno)
se frequente
La cefalea è presente almeno 15 giorni al mese da più di 3 mesi
(come evoluzione della cefalea episodica)
Durata Da 30 minuti a 7 giorni

Localizzazione bilaterale

Qualità gravativo-costrittiva (non pulsante)

Caratteristiche Intensità lieve o media


del dolore
Non aggravato dall’attività fisica di routine, come camminare
o salire le scale
Esclusa l’attribuzione ad altra condizione o malattia

Assenza di nausea e vomito (può esserci anoressia)


Sintomi associati
Può esserci fotofobia oppure fonofobia, ma non entrambe

• l’assunzione impropria di farmaci per alleviare i sintomi del mal di testa;


• la presenza di disturbi psichiatrici come la depressione o l’ansia;
• la presenza di disturbi respiratori come l’asma;
• le condizioni di ipertensione e di obesità.

Spesso chi soffre di cefalea tensiva di tipo cronico, e soprattutto le donne che
si trovano in questa situazione, ha dolori diffusi, per i quali riceve diagnosi
di fibromialgia.

92
La cefalea a grappolo
5
La cefalea a grappolo (che può essere episodica o cronica) fa parte di un
gruppo di cefalee primarie denominate cefalee autonomico-trigeminali.
Queste cefalee sono caratterizzate, dal punto di vista dei sintomi, da at-
tacchi di dolore alla testa unilaterale e dall’interessamento del sistema
parasimpatico cranico dallo stesso lato del dolore.
In questo gruppo rientrano anche: l’emicrania parossistica (episodica o cro-
nica) e la SUNCT (Short-lasting Unilateral Neuralgiform headache attacks
with Conjunctival injection and Tearing), delle quali parleremo alla fine di
questo capitolo.
Il principale criterio per distinguere tra loro queste tre forme è la durata degli
attacchi:

• quelli più brevi (con durata media tra (dai 5 secondi ai 4 minuti circa) sono
tipici dell’emicrania parossistica;
• quelli di durata maggiore (tra i 15 e i 180 minuti) caratterizzano la cefalea
a grappolo.

Tuttavia, studi recenti hanno evidenziato che talvolta ciascuna delle tre
forme ha attacchi di durata anomala che la fa sconfinare nella definizione
delle altre due.
L’efficacia della stimolazione profonda dell’ipotalamo nel trattare sia la cefalea
a grappolo sia le altre due forme e la possibile sovrapposizione della durata
Mal di testa

degli attacchi suggeriscono l’ipotesi che tutte condividano il meccanismo di


sviluppo, cioè l’attivazione simultanea del nervo trigeminale e dalle fibre pa-
rasimpatiche del cranio e del viso.

Caratteristiche generali
I sintomi clinici della cefalea a grappolo sono estremamente tipici. Nonostante
questo, prima che la classificazione internazionale delle cefalee precisasse
e diffondesse i criteri clinici per la diagnosi, questa forma era sottostimata,
perché veniva confusa con la nevralgia del trigemino, con la sinusite o
con una malattia dei denti. Ancora adesso, a volte, si arriva in ritardo alla
diagnosi e spesso prima di arrivare a individuare questo disturbo si inter-
viene in modo inappropriato sui denti e sui seni paranasali.
La cefalea a grappolo è, in realtà, la terza cefalea primaria in ordine di
prevalenza. Si tratta di una cefalea neurovascolare che si manifesta tra i
20 e i 50 anni e che, contrariamente all’emicrania e alla cefalea di tipo
tensivo, è più frequente negli uomini rispetto alle donne (nelle quali però
di solito compare prima).
Questa condizione è stata descritta già a partire dalla metà del diciassette-
simo secolo, ma il nome con cui la si conosce ora è stato coniato nel 1952
dal neurologo Charles Kunkle.
È caratterizzata da episodi che si presentano in rapida successione e che
vengono chiamati “grappoli” (cluster), proprio per indicare la frequenza
e la vicinanza degli attacchi, raggruppati in momenti particolari sia del
giorno (di solito la sera e la notte) sia dell’anno (soprattutto nei periodi
di cambiamento del clima, primavera e autunno).
I grappoli sono tipicamente periodici, cioè si alternano fasi attive e periodi
più o meno lunghi di remissione spontanea, in cui la cefalea scompare.
La forma più comune è quella episodica, in cui il grappolo dura da sette
giorni ad alcuni mesi, con intervalli senza attacchi che durano oltre due
settimane.
Nel 10-20% circa dei casi, questa cefalea si presenta in una forma cronica,
nella quale gli attacchi sono quotidiani per un periodo superiore a un
anno, senza significativi intervalli di pausa dal dolore.
In una proporzione fino al 20% dei casi di cefalea a grappolo ci può essere
un’aura, prevalentemente visiva.
Chi soffre di cefalea a grappolo ha, anche nelle fasi senza attacchi, una
notevole ipersensibilità alla pressione sulla pelle (allodinia), non solo nelle
zone della testa in cui si avverte il dolore, ma anche nel lato opposto a
quello interessato e in altre zone al di fuori della testa.

94
La cefalea a grappolo

Possibile origine e sviluppo


Per quanto riguarda l’origine della cefalea a grappolo, esistono ancora molte
incertezze. Potrebbero essere coinvolti fattori genetici (in circa il 5% dei casi
è provata la trasmissione ereditaria) oppure fattori ormonali (testosterone),
soprattutto per via della diversa diffusione del disturbo negli uomini e nelle
donne.
Come si è detto, si ipotizza che il dolore sia dovuto alla stimolazione delle
terminazioni sensitive del nervo trigemino da parte di vasi sanguigni dell’en-
cefalo eccessivamente dilatati o infiammati, oppure da impulsi che partono
dall’ipotalamo.
Durante gli attacchi, l’arteria temporale è dilatata, la compressione della
carotide esterna attenua il dolore e il farmaco vasocostrittore ergotamina è
efficace come terapia del dolore: queste osservazioni cliniche forniscono
elementi a supporto del coinvolgimento della circolazione della carotide
interna nella cefalea a grappolo.
Un’altra ipotesi chiama in causa l’ipotalamo, che è il centro di regolazione
sia delle attività simpatiche e parasimpatiche sia dei ritmi biologici sonno-
veglia, tutti meccanismi associati alla periodicità dei grappoli: per esempio, le
persone che soffrono di questa forma di mal di testa hanno una produzione
ridotta di melatonina e un rilascio maggiore di ormoni dell’asse ipotalamo-
surrene (cortisolo).

I fattori scatenanti
Al contrario di quanto detto per la sua origine, sono ben conosciuti i fattori
in grado di scatenare un attacco quando la cefalea a grappolo si trova (per
motivi ancora non chiariti) nella sua fase attiva; questi fattori non hanno
alcun effetto, invece, durante la fase di remissione.
I fattori scatenanti principali sono:

• il consumo di bevande alcoliche;


• il fumo di sigaretta (oltre l’80% delle persone che soffrono di cefalea a
grappolo fuma e, in oltre la metà dei casi, fuma oltre 20 sigarette al giorno)
• gli stress emotivi;
• l’alterazione dei ritmi del sonno (per esempio il cambio di fuso orario);
• l’assunzione di farmaci vasodilatatori;
• la messa in circolo di istamina di origine alimentare (in alcune persone
è carente l’enzima diaminossidasi, che inattiva l’istamina di origine ali-
mentare).

95
Mal di testa

Le caratteristiche del dolore


Il dolore della cefalea a grappolo è particolarmente intenso, in certi mo-
menti insopportabile, tanto da far coniare il termine “cefalea da suicidio”; è
di tipo urente (che brucia), trafittivo e lancinante e raggiunge rapidamente
il suo picco.
È localizzato da un solo lato della testa, di solito sempre lo stesso, intorno
all’occhio, e si diffonde a tutta quella metà del volto, seguendo l’innervazione
dei rami del nervo trigemino. Si definisce “sindrome superiore” l’irradiazione
alla zona sopraciliare, alla tempia o al cuoio capelluto e “sindrome inferiore”
l’irradiazione al naso, alle arcate dentarie superiori o al collo.
Il dolore è accompagnato da:

• gonfiore e abbassamento della palpebra superiore dal lato colpito, con


restringimento della pupilla (sindrome di Bernard-Horner);
• bruciore, lacrimazione e fastidio alla congiuntiva;
• naso che cola;
• avversione per luce e rumori;
• rossore e sudorazione del viso.

Di solito non compaiono la nausea e il vomito e questo aspetto, insieme


alla caratteristica periodicità, permette di distinguere la cefalea a grappolo
dall’emicrania.

Cefalea di tipo tensivo Emicrania Cefalea a grappolo

La localizzazione del dolore nelle principali cefalee primarie

96
La cefalea a grappolo

Il singolo episodio dura da un quarto d’ora a qualche ora, ma in media non


supera l’ora.
Nel corso dell’attacco intenso, l’irrequietezza e la ricerca di un qualche sollievo
portano a muoversi in modo casuale e senza scopo (movimento afinalistico)
e a tenere compresso il lato dolente della testa. Stare distesi peggiora e pro-
lunga il dolore.
Il grappolo è costituito da un numero di attacchi che va da 1 a 3 o più al
giorno, tutti i giorni, per settimane o per mesi.
Il periodo di remissione dura in media un anno. Di solito, in questo interval-
lo di tempo il dolore scompare del tutto, ma in alcuni casi resta un’“ombra”
(shadow) dolorosa che compare subito prima o subito dopo il grappolo, ma
che può anche rimanere come sottofondo dell’intero periodo di remissione.
La diagnosi differenziale deve prendere in considerazione, oltre all’emicrania
e alla cefalea tensiva, anche la nevralgia del trigemino, l’emicrania cronica
parossistica (nella quale, però, gli attacchi sono brevissimi) e la sinusite.

Le altre cefalee autonomico-trigeminali


L’emicrania parossistica è una cefalea primaria caratterizzata da attacchi multipli
di dolore da un solo lato della testa, associati a sintomi autonomici localizzati
al cranio e al volto.
I parametri per riconoscere questa cefalea sono la breve durata degli attacchi
(da 2 a 30 minuti) e la risposta completa alla terapia con indometacina.
L’età media in cui compare è intorno ai 40 anni e colpisce in misura e con
modalità simili sia gli uomini sia le donne.
Gli attacchi sono in media una ventina al giorno per almeno un mese e il do-
lore, come nella cefalea a grappolo, è molto intenso e localizzato alla tempia,
all’orbita dell’occhio e sopra di essa.
I segni autonomici compaiono dallo stesso lato del dolore e sono:

• lacrimazione;
• arrossamento della congiuntiva;
• fotofobia;
• abbassamento della palpebra (ptosi);
• arrossamento del viso;
• rinorrea (naso che cola).

I fattori scatenanti degli attacchi sono gli stessi della cefalea a grappolo, in
particolare gli sforzi fisici, i movimenti repentini della testa e l’assunzione di
alcuni alimenti come il formaggio fermentato, il cioccolato e il caffè.

97
Mal di testa

La diagnosi è clinica, perché i test neurologici e l’imaging dell’encefalo risul-


tano normali.
La diagnosi differenziale va fatta soprattutto con la cefalea a grappolo e con
l’emicrania cronica
È necessario distinguere questa forma dalle altre cefalee autonomico-trigeminali,
perché ognuna di esse risponde a terapie diverse: la scomparsa del dolore
con l’uso dell’indometacina, per esempio, stabilisce in modo certo la diagnosi
di emicrania parossistica.
La SUNCT (Short-lasting Unilateral Neuralgiform headache attacks with
Conjunctival injection and Tearing) è un tipo di cefalea primaria il cui nome
è traducibile in “cefalea monolaterale di tipo nevralgico di breve durata con
iniezione congiuntivale e lacrimazione”.
In questo caso gli attacchi hanno una durata nettamente inferiore a quella di
qualsiasi altra cefalea autonomico-trigeminale.
Il dolore compare nella zona delle orbite degli occhi, al di sopra di esse e nella
zona delle tempie. Insieme a questo sintomo compaiono una forte lacrimazione
e un arrossamento della congiuntiva (iperemia congiuntivale): questi sintomi
che possono identificare una SUNCT anche in assenza di dolore.
Gli attacchi sono brevissimi (da pochi secondi a meno di 10 minuti) e molte-
plici nel corso della giornata. Gli attacchi più duraturi sono caratterizzati da
fitte con il cosiddetto “andamento a dente di sega”.

98
Le altre cefalee primarie
6
Oltre alla cefalea tensiva e alla cefalea a grappolo, esistono altri tipi di mal di testa
che hanno trovato una collocazione indipendente nella classificazione internazionale.
Di questo gruppo di cefalee primarie fa parte la cefalea cronica quotidiana (New
Daily Persistent Headache, NDPH), cioè una forma di mal di testa presente tutti
i giorni fin dall’esordio e che non compare in seguito a un periodo di cefalea
episodica. Altre cefalee primarie particolari sono le cefalee da tosse, da attività
fisica, da attività sessuale, da stimolo freddo, trafittiva o altre, ancora più rare,
come le cefalee nummulare e ipnica.
Per arrivare alla diagnosi di una di queste forme di cefalea primaria, è neces-
sario che si manifesti con almeno due episodi.
Nella realtà, la presentazione insolita e l’intensità spesso elevata inducono le
persone colpite a rivolgersi al Pronto soccorso o a consulenze specialistiche,
per essere rassicurate sulla natura benigna della loro cefalea.

La cefalea cronica quotidiana


Con il nome di New Daily Persistent Headache (NDPH), nel 1986 Walter J. Vanast
ha descritto per la prima volta una cefalea primaria che colpisce prevalente-
mente le donne tra i 20 e i 30 anni senza una precedente storia di mal di testa.
Mal di testa

Questo tipo di cefalea può passare spontaneamente, senza trattamento, anche


se esistono molti casi di dolore che va avanti per anni, in modo continuo o
intermittente, nonostante un trattamento adeguato.
In questi casi, la cefalea cronica quotidiana porta a un consumo eccessivo
di farmaci analgesici; è però possibile anche la situazione opposta, cioè che
un abuso di analgesici sia stato la causa dell’evoluzione della cefalea verso
la forma cronica.
Anche in questo caso bisogna escludere che sia presente una cefalea se-
condaria, causata da un’alterazione del volume e della pressione del liquido
cerebrospinale o da una trombosi dei seni venosi o da ematomi subdurali
cronici dovuti a traumi.
Il dolore della cefalea cronica quotidiana è a volte pulsante e altre volte sordo,
ma quasi sempre è bilaterale e sopportabile; raggiunge l’intensità massima nel
giro di tre giorni e persiste per almeno tre mesi. Può essere simile sia a quello
dell’emicrania cronica sia a quello della cefalea tensiva cronica.
Spesso insieme al dolore compaiono nausea, fotofobia e fonofobia, ma gli
attuali criteri per la diagnosi indicati nella classificazione internazionale esclu-
dono l’associazione.
La caratteristica più significativa di questa cefalea è che chi ne soffre, la mag-
gior parte delle volte, ricorda con esattezza la data in cui il dolore è iniziato
e le circostanze: un episodio simil influenzale in circa un caso su tre, un
intervento chirurgico nel 10% circa dei casi e un evento stressante della vita
in una proporzione simile.
Nell’insorgenza di questo tipo di cefalea potrebbero essere coinvolti anche il
virus di Epstein Barr (responsabile della mononucleosi), l’Herpes simplex e
il Cytomegalovirus.
Si pensa che alla base della cefalea cronica quotidiana ci siano un’eccessiva
mobilità della colonna vertebrale cervicale, con coinvolgimento del nucleo
caudale del trigemino, oppure un’infiammazione persistente del sistema
nervoso: infatti, nel liquor delle persone che soffrono di questa cefalea
sono stati rilevati livelli elevati di alcune sostanze che indicano la presenza
di infiammazioni.

La cefalea primaria da tosse


Questo tipo di mal di testa, più frequente dopo i 40 anni, viene scatenato dai
colpi di tosse, dagli sforzi fisici e dalla manovra di Valsalva, cioè l’espirazione
forzata a glottide chiusa (con aumento della pressione nel torace e nell’ad-
dome), che si effettua quando si sollevano pesi o durante la defecazione, per
favorire lo svuotamento dei visceri.

100
Le altre cefalee primarie

La sindrome di vasocostrizione cerebrale


reversibile
Nella sindrome di vasocostrizione cerebrale, la cefalea di tipo esplosivo è attribu-
ita a un malfunzionamento acuto e transitorio della regolazione del tono vasco-
lare intracranico.
Nella maggior parte dei casi, l’evoluzione della malattia porta alla sua scomparsa
nel giro di tre mesi, ma raramente si presentano complicazioni gravi come l’infar-
to, l’emorragia e l’edema cerebrali.
La sindrome di vasocostrizione cerebrale reversibile può essere primitiva, e in que-
sto caso non se ne conosce la natura. Quando invece è dovuta ad altre malattie,
compare nel periodo immediatamente successivo al parto o in seguito al consu-
mo di sostanze tossiche o di farmaci.

Il dolore si avverte alla nuca, è improvviso e ha una durata che varia da


1 secondo a 2 ore.
La cefalea da tosse è primaria nel 60% dei casi, ma nel restante 40%, è un
sintomo di altre malattie presenti in contemporanea (cioè è una cefalea
secondaria). Tra queste possono esserci una particolare malformazione del
canale spinale (detta di Arnold-Chiari di tipo I), l’ipotensione del liquor,
malattie arteriose o venose endocraniche o la sindrome da vasocostrizione
cerebrale reversibile (vedi il riquadro in alto).
Soprattutto nei bambini, se compare la cefalea da tosse è importante rivol-
gersi al medico che, con la visita ed eventuali opportuni esami di imaging,
potrà escludere anomalie all’interno del cranio.

La cefalea primaria da attività fisica


Questa forma di mal di testa compare solo durante o subito dopo un’in-
tensa attività fisica, soprattutto se il clima è molto caldo e se ci si trova ad
altitudini elevate.
Il carattere del dolore è variabile da sordo a pulsante e la sua durata è mag-
giore negli adulti rispetto alle persone più giovani.
Nei ragazzi tende a passare dopo una decina di minuti. Se però il dolore si
prolunga è necessario fare ulteriori accertamenti per escludere cause gravi
come un’emorragia cerebrale.

101
Mal di testa

La cefalea associata ad attività sessuale


Questa cefalea, che colpisce prevalentemente la parte posteriore e più bassa
della testa, in alcuni casi insorge con l’eccitazione sessuale e aumenta insieme
a essa, mentre in altri casi esplode con l’orgasmo. Il dolore resta molto forte
per qualche ora e poi diminuisce, ma non scompare del tutto per un tempo
che può arrivare alle 72 ore. È più frequente nell’uomo rispetto alla donna
e non ha correlazione con l’età. Essendo una forma non consueta, la prima
volta che compare può dare preoccupazione e spesso induce chi ne è colpito
a rivolgersi al Pronto soccorso per escludere cause patologiche intracraniche.

La cefalea da stimolo freddo


Alcune persone accusano una forma di mal di testa localizzata al centro della
fronte, a una tempia o all’orbita dell’occhio, che viene scatenata dal passaggio
sul palato di un gelato, di una granita o di una bibita ghiacciata. Altre persone
hanno mal di testa se stanno all’aperto in una giornata gelida a capo scoperto.
In entrambi i casi, il dolore è intenso ma di breve durata, perché si risolve
spontaneamente in pochi minuti, non appena termina lo stimolo freddo.

La cefalea trafittiva
In questa forma di cefalea, le fitte hanno una durata massima di alcuni secon-
di e si presentano con frequenza irregolare, da una a molte volte al giorno.
Non ci sono sintomi di accompagnamento. La frequenza degli attacchi è di
pochi al giorno, a volte per più giorni, e la zona colpita dalla fitta è variabile.

La cefalea nummulare
La particolarità di questa cefalea è che colpisce una zona molto ristretta e ben
delimitata del cuoio capelluto, percepita con una forma circolare a contorni
netti. Di solito, chi ne soffre localizza quest’area nella regione parietale.
Il dolore è generalmente sopportabile, con durata molto variabile, ed è ac-
compagnato da una sensazione di sensibilità ridotta o nulla.

102
Le altre cefalee primarie

La cefalea da weekend
La cosiddetta “cefalea da weekend” spesso compare al risveglio del sabato e di-
venta intensa nel corso della giornata. È sicuramente riconducibile al cambiamen-
to dei ritmi e delle abitudini che si sono tenuti per tutta la settimana lavorativa,
anche se le sue cause specifiche sono diverse da persona a persona.
Il rilassamento muscolare legato all’ozio, quell’ora o due di sonno in più perché la
sveglia è spenta, oppure il prolungarsi del dormiveglia dopo che ha suonato o la
rinuncia alle abituali ripetute tazzine di caffè, sono tutti fattori che si combinano,
producendo la cefalea da fine settimana.
Numerosi fattori possono peggiorare la situazione: le serate in giro per locali con
gli amici, in cui si fa tardi e si beve una quantità inusuale di alcolici; il pranzo do-
menicale con i parenti, sempre troppo ricco; le code in auto per tornare dal luogo
fuori dalla città dove si sono cercate la pace e la natura; l’attività fisica praticata in
misura eccessiva per rifarsi della sedentarietà dei giorni lavorativi.
La cattiva qualità del sonno è uno degli elementi cardine della cefalea da
weekend: può essere troppo, troppo poco, frammentato, posizionato in ore
insolite della giornata.
Se la cefalea da fine settimana compare sempre dopo pranzi o cene (specialmen-
te al ristorante) vanno invece incolpati eventuali fattori scatenanti rappresentati
dal cibo o dalla difficoltà di digerirne le quantità non abituali.
Per non rovinare i due giorni di riposo dal lavoro, è importante non aspettare che
il mal di testa peggiori, ma assumere subito una piccola dose di paracetamolo o di
un antinfiammatorio da banco associato, se opportuno, a un farmaco procinetico
che aiuti il transito del cibo e l’assimilazione dell’analgesico. Se la risposta non è
adeguata, va assunto un triptano.

La cefalea ipnica
Si tratta di un dolore alla testa ricorrente durante la fase REM del sonno, ab-
bastanza intenso da svegliare chi ne è colpito.
Compare, di solito, dopo i 50 anni. Questo tipo di mal di testa può avere ca-
ratteristiche simili a quelle della cefalea tensiva oppure a quelle dell’emicrania.
Perché questa cefalea possa essere considerata primaria, occorre escludere
le possibili cause sottostanti (come l’ipoglicemia o un rialzo notturno della
pressione) ed eventuali lesioni all’interno del cranio.
Bisogna anche ricordare che la causa più frequente di risveglio alle 5-6 del
mattino con cefalea è l’emicrania.

103
Mal di testa

Sonno e cefalea
Le caratteristiche del sonno possono essere studiate con tre diverse tecniche:

• l’elettroencefalogramma (EEG), che registra l’attività elettrica della corteccia


cerebrale mediante elettrodi posizionati sul cuoio capelluto;
• l’elettro-oculogramma (EOG), che registra i movimenti oculari tramite elettrodi
applicati intorno agli occhi;
• l’elettromiogramma (EMG), che misura le scariche elettriche dei muscoli trami-
te l’applicazione di elettrodi in corrispondenza dei muscoli da studiare.

Negli adulti, il sonno è costituito da 5-6 cicli della durata di 60-90 minuti ciascu-
no, caratterizzati da una fase più lunga detta non-REM (Non-Rapid Eye Move-
ment), seguita da una più breve detta REM (Rapid Eye Movement) che prevale
nelle prime ore del mattino. Della fase non-REM, che prevale durante la notte,
fanno parte la fase dell’addormentamento, la fase del sonno leggero, quella del
sonno profondo e, infine, la fase del sonno profondo effettivo.
Nelle fasi REM, che durano 15 minuti per 4-5 volte a notte, gli occhi si muovono
con movimenti ritmici e rapidi; tutti i muscoli sono rilassati, il flusso sanguigno
cerebrale è elevato e si fanno sogni che vengono ricordati. Il sonno REM è defi-
nito “sonno paradosso” perché il sonno è profondo ma l’attività della corteccia
cerebrale è vicina a quella della veglia, con un aumento del consumo di ossigeno,
del ritmo respiratorio e della pressione cardiaca.
Un sonno disturbato in fase REM può causare difficoltà di concentrazione, di-
sturbi della memoria, cronicizzazione dell’emicrania e diminuzione delle difese
immunitarie.
Durante la fase REM, poi, sono attivate le strutture cerebrali responsabili degli
attacchi di alcuni tipi di cefalea (cefalea ipnica, cefalea a grappolo, emicrania
parossistica).
Gli attacchi di cefalea a grappolo iniziano circa 90 minuti dopo l’addormenta-
mento, all’inizio della fase REM. Sono state provate l’attivazione dell’ipotalamo
– che regola il ritmo circadiano tramite una sua area specifica (il nucleo soprachia-
smatico) sensibile ai livelli della luce ambientale e connessa con le strutture che
modulano il dolore – e la conseguente secrezione di melatonina.
Si consiglia di bere un bicchiere di latte prima di andare a letto per agevolare
l’addormentamento, in quanto il latte è ricco di triptofano che, essendo un pre-
cursore della melatonina, può aumentare i livelli notturni di questo ormone.
Gli attacchi della cefalea ipnica a prognosi benigna, rara e presente solo nelle per-
sone anziane, si manifestano durante le stesse ore della notte e probabilmente
con gli stessi meccanismi.
Anche gli attacchi notturni della rara emicrania parossistica (vedi capitolo 5)
sono associati alla fase REM.

104
Le cefalee secondarie
7
Vengono chiamate “secondarie” le cefalee che non sono un disturbo a sé stante,
ma sono un sintomo, più o meno rilevante, di un’altra malattia o condizione
patologica. Il dolore alla testa (o, in qualche caso, alla faccia) può essere un
sintomo o la conseguenza di:

• traumi cranici e/o cervicali;


• disturbi (vascolari e non) del cranio;

• uso o sospensione di una sostanza o farmaco;
• infezioni;
• disturbi dell’omeostasi;
• malattie che coinvolgono il cranio, il collo, gli occhi, le orecchie, il naso, i
seni paranasali, i denti, la bocca o altre strutture del viso o del capo;
• disturbi psichiatrici.

I criteri per classificare una cefalea come secondaria sono:

• la dimostrazione dell’esistenza di una malattia che può essere causa di mal


di testa;
• la stretta relazione temporale tra lo sviluppo della malattia e la comparsa
della cefalea;
• il miglioramento o la scomparsa della cefalea entro 3 mesi dall’eliminazione
(o dalla remissione spontanea) della presunta causa.
Mal di testa

Alcune cefalee secondarie comuni


Malattia o condizione che provoca cefalea Caratteristiche della cefalea
Il dolore si accentua abbassando la testa
Sinusite
o soffiando il naso
Disturbi visivi:
Il dolore è localizzato agli occhi o alla fronte;
- astigmatismo o miopia mal corretti si avverte soprattutto la sera, dopo lo sforzo
prolungato dei muscoli dell’occhio
- glaucoma acuto Il dolore è forte ed è localizzato al bulbo oculare
Disassuefazione da alcol, caffè
La cefalea è transitoria
o fumo di sigaretta
Il mal di testa si manifesta nelle persone con diabete
o che compiono sforzi fisici, soprattutto se molto
Ipoglicemia
giovani; il dolore è sordo e aumenta scuotendo il
capo o nello sforzo
Mal di testa provocato da uso eccessivo
di analgesici, nitroderivati, calcioantagonisti,
Cefalea da farmaci
inibitori della fosfodiesterasi 5 (sildenafil, vardenafil,
tadalafil, avanafil)
La cefalea è associata alla febbre causata dai virus
Sindromi influenzali respiratori e scompare con l’assunzione di farmaci
contro la febbre o analgesici
Fonte: modificata da Longoni e Tombesi, 2003

Cefalee secondarie che richiedono il ricorso al Pronto soccorso


Diagnosi sospetta Sintomi e segni
Cefalea intensa e progressiva con rigidità nucale,
Meningite vomito non preceduto da nausea e forte fastidio
per la luce
Storia di trauma cranico, confusione mentale e
Ematoma subdurale
rallentamento motorio
Emorragia subaracnoidea (rottura di aneurisma Cefalea improvvisa “a frustata”, eventuale
intracranico) perdita di coscienza
Forte rialzo pressorio, formicolii, acufeni, scotomi
Encefalopatia ipertensiva, ictus ischemico o
scintillanti, eventuali segni di deficit neurologico
emorragico
di lato
Cefalea retro o periorbitaria, disturbi della
Glaucoma acuto
visione, dilatazione pupillare, vomito
Fonte: modificata da Longoni e Tombesi, 2003

106
Le cefalee secondarie

Nei paragrafi successivi di questo capitolo saranno descritte alcune delle


cefalee secondarie che si incontrano più frequentemente o, comunque, me-
no rare, tra cui per esempio la cefalea da trauma cranico, quella dovuta ad
abuso o sospensione di sostanze o di farmaci, la cefalea da infiammazione
delle meningi o da difetti dell’omeostasi.

La cefalea da trauma cranico


Un colpo alla testa crea sempre preoccupazione, ma viene definito grave
solo in particolari condizioni, cioè quando provoca una perdita di coscienza
o almeno una riduzione dello stato di vigilanza o della memoria superiore a
un giorno; se invece, a seguito del trauma, compaiono solo disturbi di breve
durata dello stato di coscienza, viene definito lieve. In entrambi i casi, se
insorge un dolore al capo entro e non oltre 7 giorni da un trauma al cranio,
è possibile attribuirlo a tale evento.
Il dolore può essere accompagnato da nausea e vomito e avere una durata
più o meno lunga. Spesso si ha anche la sensazione “di testa che gira” o
d’instabilità, difficoltà di concentrazione e insonnia: tutti insieme, questi sin-
tomi costituiscono la cosiddetta “sindrome post-traumatica”, in cui la cefalea
è spesso il sintomo più importante.
In oltre l’80% delle persone colpite, il quadro clinico della cefalea post-
traumatica ricalca quello di una cefalea di tipo tensivo; in alcuni casi, invece,
l’evento traumatico può scatenare attacchi simili a quelli dell’emicrania o,
ancor più raramente, simili a una cefalea a grappolo.
Non sempre, però, una cefalea lieve o di breve durata indica un trauma cra-
nico “minore”, cioè poco grave; e vale anche il contrario: un trauma cranico
lieve può essere in grado di provocare una riduzione dell’equilibrio, della
concentrazione e della capacità lavorativa, irritabilità e umore depresso, anche
quando l’esame neurologico o le indagini neuroradiologiche risultano nella
norma. Per questo motivo tali esami non devono essere fatti di routine per
valutare chi soffre di una cefalea post traumatica.
Un esempio significativo è il cosiddetto “colpo di frusta” cervicale, una
conseguenza abbastanza frequente dei tamponamenti automobilistici. Per
colpo di frusta si intende un movimento improvviso e incontrollato di ac-
celerazione/decelerazione del capo causato da una rapida flessione seguita
da una altrettanto rapida estensione del collo.
È molto difficile, anche per uno specialista ortopedico, dare il giusto peso
alle manifestazioni cliniche riferite da chi lo ha subito, che comprendono
mal di testa e dolori al collo associati a sintomi di tipo neurosensoriale,
comportamentale, cognitivo e affettivo.

107
Mal di testa

La cefalea da ematomi
post traumatici
È possibile che, in seguito a un trauma cranico anche di grado moderato, si
sviluppi un ematoma sotto la dura madre (ematoma subdurale) e che com-
paia una cefalea, in un intervallo di tempo compreso tra 24 e 72 ore dallo
sviluppo dell’ematoma.
Se l’ematoma si forma entro poche ore dal trauma si definisce acuto o suba-
cuto e, in tal caso, il mal di testa è in secondo piano rispetto ad altri disturbi
localizzati nell’area colpita, alla riduzione dello stato di coscienza e di vigilan-
za. Se invece l’ematoma si forma lentamente, il dolore alla testa può essere
il sintomo principale, anche se è sempre associato a segni neurologici e ad
alterazioni dello stato di coscienza.
Talvolta capita che la diagnosi sia difficile perché chi ha subito il trauma non
gli ha dato importanza e lo ha dimenticato. Invece, è importante approfondire
sempre le conseguenze di un trauma alla testa, anche ritenuto lieve. Questo
vale, in particolare, per una persona anziana con un nuovo mal di testa che
peggiora con il passare del tempo, tanto più se soffre di disturbi mentali; in
questi casi, infatti, potrebbe essere presente un ematoma subdurale cronico
che richiede l’immediato intervento chirurgico.

La cefalea da disturbi vascolari


non traumatici
Nell’ictus ischemico o emorragico la cefalea è meno importante dei disturbi mentali
o delle paresi; nell’emorragia subaracnoidea, invece, è il sintomo predominante.
Il mal di testa è spesso un sintomo precoce di allarme per gravi disturbi come
le dissecazioni, la trombosi venosa cerebrale, l’arterite a cellule giganti (vedi
paragrafo dedicato a pagina 109) e nell’angioite del sistema nervoso centrale
(una infiammazione delle pareti dei vasi sanguigni del cervello).
Possono causare dolore alla testa anche alterazioni vascolari che non hanno
sanguinato ma che occupano spazio, come gli angiomi e gli aneurismi.
La cefalea accompagna l’ictus ischemico nel 15-30% dei casi. Il dolore alla
testa si associa a segni neurologici legati alle funzioni della zona colpita con
o senza alterazioni dello stato di coscienza, ha intensità media e non ha ca-
ratteristiche particolari che possono facilitare la diagnosi.
La cefalea da emorragia cerebrale (un sanguinamento più o meno esteso, fra
le meningi o all’interno del tessuto cerebrale) è violenta e improvvisa, di solito

108
Le cefalee secondarie

è associata a vomito e rigidità nucale (difficoltà a piegare la testa e a muovere


la parte alta della schiena).
Quando il mal di testa non è molto forte non è facilmente distinguibile da altri
tipi di cefalea benigna, specie nelle persone che ne soffrivano abitualmente.
In questo caso sono importanti alcuni aspetti, soprattutto la presenza contempo-
ranea di segni neurologici e l’età in cui compare la cefalea, superiore ai 40 anni.
Infatti, la massima incidenza delle emorragie cerebrali è nell’età tra i 50-59 anni.
La certezza di un’avvenuta emorragia si ha con la tomografia computerizzata
cerebrale o con la risonanza magnetica, che sono molto sensibili se effettuate
nelle prime 24 ore, e in caso d’incertezza con la puntura lombare, che mostra
la presenza di sangue nel liquido cerebro-spinale. La causa dell’emorragia,
invece, va ricercata con l’angiografia cerebrale. Nell’80% dei casi l’emorragia
è dovuta alla rottura di un aneurisma all’interno del cranio.
Nel restante 20% dei casi le cause possono essere:

• altre malformazioni vascolari;


• un’ipertensione arteriosa non curata o un suo picco improvviso (la cosiddetta
crisi ipertensiva);
• alterazioni del flusso del sangue nel cervello per restringimento (stenosi)
oppure occlusione di una carotide;
• terapie anticoagulanti;
• invasione di un vaso sanguigno da parte di un tumore;
• malattie della coagulazione.

L’emorragia cerebrale è molto grave (nel 50% dei casi fatale) ed è un’emer-
genza neurochirurgica.

La cefalea da arterite a cellule giganti


L’arterite a cellule giganti, detta anche arterite temporale o sindrome di Horner,
è una vasculite, cioè un’infiammazione cronica della parete delle arterie di
medio e grosso calibro. Colpisce la carotide e i suoi rami, come l’arteria tem-
porale, e compare dopo i 60 anni, spesso insieme a dolori muscolari diffusi
(polimialgia reumatica). Le donne ne soffrono due volte più degli uomini.
Il sintomo che compare per primo è un dolore continuo e pulsante alla tem-
pia, talvolta accompagnato da sensibilità del cuoio capelluto, tanto che può
essere scatenato dallo spazzolarsi i capelli.
A causa della cattiva irrorazione sanguigna (ischemia) dei muscoli del volto,
la masticazione diventa dolorosa e può esserci anche difficoltà nel deglutire
e nell’articolare le parole della parola.

109
Mal di testa

La diagnosi dell’arterite temporale


Bisogna sospettare un’arterite a cellule giganti se una persona anziana ha mal di
testa, febbre, malessere generale, sudorazioni notturne e sensazione di stanchez-
za senza una ragione evidente. Gli esami di laboratorio in questo caso rilevano
anemia e VES elevata. Quest’ultimo dato è fondamentale per la diagnosi: una
VES >40  mm/h (spesso è >100  mm/h) è un’indicazione per l’esecuzione della
biopsia dell’arteria temporale. Per la biopsia viene prelevato un segmento di arte-
ria lungo almeno 5 cm, per non rischiare di mancare la lesione, dato che l’arteria
temporale può essere normale in alcune aree e anormale in altre (lesioni a salti).
L’ecografia con metodica doppler delle arterie temporali può visualizzare la pa-
rete arteriosa ispessita, aiutando a selezionare la parte da sottoporre a biopsia.

Possono esserci anche dolore agli occhi e alle orbite e abbassamento della
palpebra; un’eventuale cecità transitoria e una visione offuscata (come se
un’ombra coprisse l’occhio) o sdoppiata (diplopia) sono dovute all’ischemia
del nervo ottico, causata dell’infiammazione dei rami dell’arteria oftalmica.
Tra i sintomi possono comparire anche la diminuzione dell’udito, le vertigini
e il formicolio a lingua, bocca e gola.
Questo tipo di mal di testa passa del tutto o migliora notevolmente entro
3 giorni dall’inizio della terapia con cortisonici ad alte dosi, che deve iniziare
prima possibile (anche prima della biopsia) per evitare il rischio della cecità.
La malattia scompare dopo due o tre anni di terapia e, di solito, ha una buona
prognosi, tranne che per il deficit visivo (che, una volta comparso, di solito è
permanente) e per un rischio più alto di formazione di un aneurisma dell’aorta
toracica, che può comparire dopo molti anni dalla diagnosi e spesso dopo
che gli altri sintomi sono scomparsi.
Eseguire una radiografia del torace una volta l’anno è una misura adeguata
per lo screening dell’aneurisma dell’aorta toracica.

La cefalea da interventi sui vasi


sanguigni della testa
Quando una placca, costituita da calcio e colesterolo, che si è formata sulle
pareti dei vasi sanguigni restringe il diametro della carotide oltre una certa

110
Le cefalee secondarie

percentuale, si procede a un’angioplastica, che consente di ripristinare il cor-


retto passaggio del sangue.
L’angioplastica si effettua inserendo un particolare catetere a forma di pal-
loncino nel vaso sanguigno che presenta il restringimento (stenosi); una
volta posizionato, il palloncino viene gonfiato per “allargare” il canale di
passaggio del sangue.
Durante il rigonfiamento del palloncino si può manifestare un dolore al collo
o al cranio, che scompare di solito entro pochi secondi dal momento in cui
il palloncino viene sgonfiato.
In modo analogo, entro pochi secondi dalla procedura di rigonfiamento del
palloncino o di embolizzazione di una malformazione dei vasi sanguigni o di
un aneurisma può comparire una cefalea improvvisa, forte ma di breve durata,
solitamente localizzata nell’area dell’arteria coinvolta.
Infine, anche l’iniezione di un mezzo di contrasto per effettuare alcuni
esami strumentali può indurre mal di testa e bruciore, che si risolvono
spontaneamente, oppure scatenare un attacco in una persona che soffre
di emicrania.

La cefalea da trombosi del seno


venoso cerebrale
Il sangue che scorre nelle vene superficiali e profonde del cervello, im-
poverito di ossigeno, confluisce nei cosiddetti “seni venosi” (vedi come
esempio il disegno a pagina 112), che lo convogliano verso la vena giu-
gulare e di lì al cuore.
La formazione di un trombo che avviene in una vena cerebrale provoca
infarto del tessuto cerebrale, edema e aumento della pressione all’interno
del cranio.
Nella trombosi di un seno venoso, il dolore alla testa è presente nell’80-90%
circa dei casi e spesso è il sintomo iniziale. Il più delle volte si tratta di
un dolore diffuso, che tende a peggiorare ma che solitamente non ha
caratteristiche particolari, tanto che può essere scambiato con qualunque
tipo di mal di testa; solo a volte, si associa ad altri segni d’ipertensione
endocranica.
Si deve sospettare la trombosi quando il dolore alla testa è comparso di
recente ed è persistente, in una persona con fattori di rischio pro coagu-
lativi sia acquisiti (sindrome da antifosfolipidi, abitudine al fumo più uso
di pillola contraccettiva) sia genetici (mutazione del fattore V di Leiden o
del fattore II).

111
Mal di testa

Vene corticali

Seno sagittale
superiore

Vena di Galeno
e vene
cerebrali interne

Seno retto Seni trasversi

Vena giugulare

La diagnosi viene fatta con le opportune indagini neuroradiologiche, e


la terapia prevede inizialmente la somministrazione di eparina seguita da
quella di anticoagulanti orali.

La cefalea da aumento
della pressione endocranica
Si tratta di un dolore alla testa diffuso e costante (non pulsante) aggravato dai
colpi di tosse e dagli sforzi fisici, in persone con uno stato di vigilanza normale
e spesso senza alcun altro sintomo neurologico. In alcuni casi, chi si trova in
questa condizione può avere un deficit del campo visivo o una paralisi del
VI nervo cranico, che controlla la convergenza delle immagini visive.

112
Le cefalee secondarie

Che cos’è l’idrocefalo?


In condizioni normali, il liquido cerebrospinale è prodotto nei plessi corioidei,
permea il sistema nervoso centrale, circola nelle cavità della base cranica e nel
midollo spinale e viene riassorbito nel circolo sanguigno attraverso i villi arac-
noidei.
Se si perde l’equilibrio tra la produzione e il riassorbimento, e la quantità di liqui-
do cefalo rachidiano prodotta supera quella riassorbita (il più delle volte come
risultato di anomalie dell’assorbimento), il liquor si accumula nei ventricoli.
Nel neonato, in cui non sono ancora chiuse le fontanelle, l’accumulo di liquor fa
aumentare il volume del cranio. Nelle età successive, la spinta data dall’accumulo
di liquido è contrastata dalle ossa craniche ormai saldate e questo provoca l’iper-
tensione endocranica con i relativi sintomi.
L’idrocefalo è congenito in 3 bambini ogni 1.000 nati sani: in questi bambini vi è
un ritardo dello sviluppo della funzionalità aracnoidea, oppure una malformazione
cerebrale (stenosi dell’acquedotto di Silvio, spina bifida, malformazione di Chiari,
sindrome di Dandy Walker, cisti aracnoidee o ventricolari), o un’emorragia cerebra-
le nel momento del parto, con blocco della fisiologica circolazione del liquor.
Nell’adulto, l’idrocefalo può essere causato da meningite o da encefalite, dalla
sindrome di Arnold Chiari, da traumi o da neoplasie cerebrali che ostruiscono la
circolazione del liquor; in alcuni casi non si riesce a individuare l’origine dell’idro-
cefalo, che viene definito “idiopatico”.
Il trattamento è chirurgico e può essere attuato con due procedure:

• impianto di un dispositivo che trasporta il liquor dai ventricoli al peritoneo;


• ventricolo-cisternostomia endoscopica (specie nei bambini) che crea, sotto
controllo visivo, una comunicazione fra il pavimento del terzo ventricolo e le
cisterne che contengono il liquor che si trovano alla base del cranio, per dare
un percorso alternativo alla circolazione liquorale. L’endoscopio è introdotto
nel cranio attraverso una singola incisione di 2 cm nella fronte.

La pressione del liquor, misurata con la puntura lombare o con il monitoraggio


della pressione epidurale o intraventricolare, è aumentata (>200 mm H2O nelle
persone non obese, >250 mm H2O nelle persone obese).
Esiste una forma di cefalea da ipertensione che non ha cause esterne e che
colpisce preferenzialmente giovani donne obese, talvolta durante la gravidanza.
Esistono poi anche forme dovute a varie cause:

• cause metaboliche, tossiche, ormonali;


• traumi cranici;

113
Mal di testa

• disturbi vascolari;
• infezioni intracraniche.

Infine, l’ipertensione endocranica può essere dovuta all’idrocefalo (vedi ri-


quadro a pagina 113). In questo caso la cefalea è più intensa al mattino, si
aggrava anche con la spinta per la defecazione e spesso si associa a vomito.
Le persone con idrocefalo iperteso hanno un’andatura instabile e alterazioni
dello stato mentale che possono far pensare alla demenza.
In tutti questi casi, la cefalea si risolve entro 72 ore dopo l’estrazione di una
quantità di liquor sufficiente a riportare la pressione a 120-170 mm H2O.

La cefalea da diminuzione
della pressione liquorale
La pressione del liquor può diminuire in seguito all’esecuzione di una pun-
tura lombare. Entro 5 giorni dalla puntura può comparire una cefalea che si
aggrava quando si sta seduti o in piedi, mentre migliora entro 15 minuti da
quando ci si sdraia nuovamente.
Il dolore è diffuso a tutta la testa e solo raramente è molto grave e accompa-
gnato da nausea, rigidità nucale, disturbi all’udito e fotofobia. Di solito non è
presente al risveglio, ma si fa sempre più fastidioso nel corso della giornata.
Nella maggior parte dei casi questo tipo di cefalea si risolve spontaneamente
in circa una settimana, oppure entro 48 ore dall’eventuale trattamento della
perdita liquorale con tampone ematico epidurale (cioè con l’iniezione, an-
che ripetuta, di alcuni millilitri del proprio sangue nello spazio epidurale).
Il liquido cefalo rachidiano può essere perso tramite una ferita prodotta da
una procedura neurochirurgica o da un trauma cranico: in questi casi possono
essere utili le immagini della risonanza magnetica o della mielografia.
Più raramente le cause sono ignote: in questo caso si parla di ipotensione
liquorale idiopatica.

La cefalea post convulsiva


Come abbiamo visto nel capitolo dedicato all’emicrania, è raro che un attacco
epilettico possa scatenarsi come complicazione della cefalea. Più frequentemente
(quasi nella metà dei casi) è il mal di testa a comparire insieme all’epilessia:

114
Le cefalee secondarie

in questo caso si parla di cefalea post convulsiva. Il dolore in questo caso


assomiglia a quello dell’emicrania ed è associato a nausea e vomito.
In alcune persone la cefalea post convulsiva si sviluppa dopo un periodo che
va da 3 a 15 minuti di allucinazioni visive.
È possibile, quindi, che le scariche epilettiche nei lobi occipitali scatenino una
vera e propria emicrania.

La cefalea da abuso o sospensione


di sostanze o di farmaci
In alcune persone suscettibili, l’uso eccessivo di un farmaco può provocare
una cefalea. Questo accade, paradossalmente, con l’abuso dei farmaci utilizzati
per trattare i sintomi proprio del mal di testa.
In generale, l’uso è considerato eccessivo calcolando i giorni di assunzione
mensile e un’assunzione non solo frequente, ma anche regolare: un tratta-
mento continuativo di diversi giorni seguito da lunghi periodi senza farmaco
ha minore probabilità di causare cefalea da uso eccessivo.
Le caratteristiche della cefalea associata a un abuso di analgesici possono
cambiare, anche all’interno della stessa giornata: può essere inizialmente simile
all’emicrania per poi assumere le caratteristiche della cefalea di tipo tensivo.
L’uso eccessivo di triptani può provocare un aumento della frequenza degli
attacchi fino allo sviluppo dell’emicrania cronica. Questo fenomeno si verifica
più rapidamente con i triptani che con gli ergotaminici. Si può sviluppare una
cefalea anche con l’uso cronico di farmaci per altre malattie: in questi casi,
il mal di testa può essere dovuto a un effetto farmacologico diretto, come la
vasocostrizione che determina ipertensione, oppure a un effetto secondario,
come l’ipertensione endocranica che è una conseguenza riconosciuta dell’uso
prolungato di diverse sostanze (steroidi anabolizzanti, amiodarone, carbonato
di litio, acido nalidissico, terapia sostitutiva con ormoni tiroidei, tetraciclina
o minociclina).
Anche l’uso regolare degli ormoni, principalmente per la contraccezione o
come terapia sostitutiva, può provocare l’aumento di frequenza o la comparsa
di cefalea tensiva o di emicrania.
Leggendo i foglietti illustrativi, si può notare che il mal di testa rientra tra i
possibili effetti collaterali di molti medicinali, ma prima di dare la colpa a un
farmaco bisogna tenere conto dell’alta prevalenza generale della cefalea, del
fatto che l’associazione tra una cefalea e l’assunzione di un farmaco può essere
una coincidenza, oppure che la cefalea può essere un sintomo della malattia
per cui il farmaco viene utilizzato.

115
Mal di testa

Le persone che soffrono di emicrania tendono ad avere una reazione più


accentuata a una grande varietà di stimoli: esistono casi di attacchi di emi-
crania in persone suscettibili in seguito all’ingestione di alcol, particolari
alimenti, additivi alimentari, sostanze chimiche e farmaci così come alla
loro sospensione.
È dimostrato che l’esposizione acuta o cronica ad alcuni farmaci, come i do-
natori di ossido di azoto (NO) e l’istamina, provoca cefalea sia nelle persone
sane sia in quelle che soffrono di emicrania.
I farmaci donatori di azoto (come la nitroglicerina e l’isosorbide, che si usano
per tenere aperte le coronarie) provocano un mal di testa bilaterale e pulsante
soprattutto alle prime assunzioni; con il loro uso cronico, però, si sviluppa
una certa tolleranza già dopo una settimana.
Anche i farmaci inibitori della fosfodiesteresi, cioè quelli utilizzati contro il
deficit dell’erezione, provocano un tipo di mal di testa con caratteristiche simili.
La cefalea da istamina può essere causata da:

• un eccesso della sostanza presente in alcune carni, come quelle dei grandi
pesci conservate in modo inappropriato (sindrome sgombroide), nei for-
maggi fermentati e stagionati e nei crauti (vedi sindrome del formaggio e
del ristorante cinese, nel capitolo 3 dedicato all’emicrania);

• l’ingestione di cibi che favoriscono il rilascio dell’istamina da parte dell’or-


ganismo, come l’alcol, le banane e il cioccolato.

Non è dimostrata, invece, la capacità di indurre cefalea da parte di alcuni


additivi alimentari come l’eniletilamina, la tiramina e l’aspartame.
Altre sostanze inducono mal di testa in modo tossico: una di queste è l’alcol.
Una cefalea immediata per effetto diretto del consumo di bevande alcoliche
è molto più rara della cefalea da alcol a insorgenza ritardata.
Nelle persone che soffrono normalmente di emicrania, il mal di testa può
comparire il giorno successivo a un’assunzione anche modesta di bevande
alcoliche, mentre nelle persone che normalmente non hanno emicrania è
necessaria l’assunzione di quantità elevate di bevande alcoliche perché si
manifesti il mal di testa.
Anche il monossido di carbonio provoca una cefalea da intossicazione; poi-
ché gli effetti del gas non possono, ovviamente, essere studiati su volontari, il
nesso tra causa ed effetto è presunto dalla rilevazione clinica su esposizioni
accidentali o a scopo di suicidio.
La cefalea da intossicazione di monossido di carbonio compare quando la
percentuale di carbossiemoglobina è tra il 10% e il 20% e diventa grave quando
il livello è tra il 30% e il 40% (vedi riquadro a pagina 117).
Anche se mancano studi definitivi in merito, esistono prove che una lieve,
ma ripetuta intossicazione da monossido di carbonio (come quella che può

116
Le cefalee secondarie

L’intossicazione da monossido di carbonio


L’intossicazione da monossido di carbonio (CO) è una delle cause più comuni di
avvelenamento domestico e lavorativo nei paesi industriali: in Italia provoca circa
6.000 ricoveri e più di 350 decessi l’anno (fonte: dati Epicentro 2006).
Il monossido di carbonio è un gas incolore e inodore, altamente tossico, prodotto
dall’incompleta degradazione dei combustibili organici contenenti carbonio (deri-
va per il 90% dagli scarichi automobilistici); possibili fonti di intossicazione acuta
sono sistemi di riscaldamento a gas, a nafta e a legna (stufe, caldaie, scaldabagni,
camini, cucine a gas). Il monossido di carbonio si mescola bene con l’aria, con
cui forma miscele esplosive, e penetra facilmente attraverso le pareti e il soffitto.
Nell’emoglobina, il monossido di carbonio si sostituisce all’ossigeno, formando la
carbossiemoglobina (COHb): questo provoca la mancata ossigenazione dei tessu-
ti corporei ed effetti tossici per cuore e cervello. La gravità dei sintomi dell’intossi-
cazione da monossido di carbonio è proporzionale al livello della carbossiemoglo-
bina nel sangue, che, a sua volta, non dipende solo dalla concentrazione di CO
nell’aria, ma anche dalla durata dell’esposizione e dal volume respirato; i bambi-
ni, che hanno una respirazione più rapida, e le persone impegnate in un’attività
fisica raggiungeranno più velocemente un livello di carbossiemoglobina elevato.
Inoltre, il monossido di carbonio si deposita facilmente a terra: anche per questo
motivo, i bambini sono più esposti al rischio d’intossicazione, insieme agli animali
domestici. I danni da intossicazione sono maggiori nelle persone che soffrono
di una malattia coronarica, vascolare o che hanno un’anemia, nelle donne in
gravidanza, nei bambini e negli anziani, spesso portatori di malattie cardiache o
respiratorie. I Centers for Disease Control and Prevention (CDC) di Atlanta indi-
cano i sintomi dell’intossicazione da monossido di carbonio in base alle diverse
percentuali di carbossiemoglobina presenti nel sangue:

• 0-10% possono non esserci sintomi;


• 10-20% senso di “cerchio alla testa” o emicrania, vasodilatazione cutanea e
dispnea (respirazione faticosa);
• 20-30% mal di testa pulsante, nausea, vomito, affaticamento e irritabilità;
• 30-40% sincope da sforzo, forte mal di testa, vertigini e debolezza;
• 40-50% stato confusionale, sincope, tachipnea e tachicardia (respirazione e
battito accelerati), rischio di collasso;

• 50-60% insufficienza respiratoria, collasso, attacco di convulsioni e stato comatoso;
• 60-70% insufficienza respiratoria, grave abbassamento della pressione, coma,
convulsioni, rischio di morte;
• oltre 70% sopraggiunge rapidamente uno stato comatoso fatale.

A distanza di giorni o settimane da un’esposizione anche non grave, possono manife-


starsi sintomi neuropsichiatrici tardivi come demenza, psicosi e difficoltà di memoria.

117
Mal di testa

interessare una casalinga che si soffermi a lungo in una cucina mal areata
con i fornelli a gas in funzione), potrebbe determinare una cefalea cronica
per un fenomeno di accumulo.
Oltre all’uso eccessivo di un farmaco o sostanza, anche la sua sospensione
può provocare mal di testa.
Questo tipo di cefalea può comparire se si sospendono improvvisamente
caffeina, oppioidi, corticosteroidi, antidepressivi triciclici, antidepressivi inibi-
tori selettivi della ricaptazione della serotonina (Selective Serotonin Reuptake
Inhibitors, SSRI), antinfiammatori non steroidei (FANS).
Anche la sospensione dell’estrogeno dopo la fine di un ciclo di terapia (come
durante il periodo di sospensione della pillola o dopo un ciclo di terapia
sostitutiva o integrativa con estrogeni) può provocare mal di testa.

La cefalea da infiammazione
delle meningi
Il dolore da mal di testa causato dall’infiammazione delle meningi (le membrane
che avvolgono il cervello e il midollo spinale) è diverso da quello della cefalea
muscolo tensiva o da quello dell’emicrania: è persistente e molto intenso e
non si riduce dopo l’assunzione di antidolorifici da banco. Spesso la persona
colpita sta così male da vomitare.
Vi è un fondato sospetto di meningite, se sono presenti i seguenti sintomi:

• febbre (di solito intorno a 38,3 °C, ma che a volte supera i 39 °C);
• rigidità dolorosa della nuca e, se ci si sdraia sulla schiena con le gambe e
le anche flesse, dolore al collo;
• sonnolenza e difficoltà cognitive (non si riesce a leggere un testo breve, a
seguire un telefilm o l’argomento di una conversazione);
• movimenti incontrollati del corpo (convulsioni) con rilascio involontario di
urine e stato confusionale;
• eruzioni cutanee di colore violaceo;
• pelle che, quando viene compressa con il fondo di un bicchiere di vetro
trasparente, non torna di colore normale (segno di setticemia meningo-
coccica).

Se si sospetta che il mal di testa sia dovuto a meningite è necessario recarsi


immediatamente a un Pronto soccorso ospedaliero.
Per approfondimenti sulla meningite, vedi più avanti il capitolo 9, intera-
mente dedicato.

118
Le cefalee secondarie

La cefalea da difetti dell’omeostasi


In questa categoria rientrano diversi tipi di mal di testa, tutti riconducibili a
difetti dell’omeostasi, cioè della capacità che gli esseri viventi hanno di regolare
i propri processi interni in modo da mantenere in equilibrio, nonostante le
variazioni dell’ambiente esterno, i parametri interni importanti per il corretto
funzionamento dell’organismo.

La cefalea da alta quota


Si tratta di una forma di mal di testa dovuta in parte all’insufficienza d’ossige-
no, ma soprattutto alla diminuzione della pressione atmosferica, che favorisce
la trasudazione dei liquidi dai vasi, soprattutto dei polmoni e del cervello e
l’espansione dei gas contenuti nelle cavità dell’organismo, come l’orecchio
medio, i seni paranasali e l’addome.
A livello del mare la pressione atmosferica è di circa 760 mmHg e la percen-
tuale di ossigeno nell’aria è circa del 21%; a 3.600 metri la pressione atmo-
sferica scende intorno a 480 mmHg e l’aria inspirata contiene circa il 40% di
ossigeno in meno.
Circa tre persone su quattro, quando raggiungono un’altitudine superiore
a 3.000 metri, dopo qualche ora in quota accusano mal di testa, accompa-
gnato da nausea, inappetenza,
alterazione del sonno,
malessere generale,
irritabilità: si tratta dei sintomi del mal di montagna acuto (AMS, Acute
Mountain Sickness).
I sintomi peggiorano di notte, quando diminuisce la frequenza respiratoria,
ma nelle forme lievi di AMS non interferiscono con le normali attività e, se
si resta in quota, scompaiono nell’arco di due o tre giorni. L’avvenuto adat-
tamento è provato da buon appetito, da un sonno tranquillo e dall’assenza
di mal di testa.
Un test valido per controllare la gravità dell’AMS consiste nel camminare su
una linea dritta: se non ci si riesce, è necessario scendere di almeno 600 metri.
Questo va fatto specialmente se al mal di testa, all’insonnia e alla nausea si
aggiunge una diminuita emissione di urina: significa che il mal di montagna
può complicarsi con un vero e proprio edema polmonare o cerebrale.
L’edema polmonare insorge durante la notte e si manifesta con un senso di
soffocamento e bruciore alla respirazione, a volte con tosse secca.
L’edema cerebrale si manifesta con conati di vomito, confusione mentale e
mal di testa violento, ma può essere presente anche quando i sintomi si limi-
tano a una forte stanchezza e a disturbi dell’equilibrio o del comportamento.
Infine, fa parte delle cefalee da alta quota anche la cefalea fronto-orbitale che
si manifesta durante i viaggi in aeroplano, in particolare durante l’ascesa del
velivolo e durante la sua preparazione all’atterraggio.

119
Mal di testa

La cefalea da encefalopatia ipertensiva


L’encefalopatia che si sviluppa come conseguenza acuta dell’ipertensione grave
è un evento molto raro, almeno nel mondo occidentale in cui sono frequenti
i controlli della pressione e le terapie per ridurre l’ipertensione arteriosa sono
tempestive.
Questo tipo di encefalopatia si manifesta con cefalea, confusione mentale o
sonnolenza, talvolta accompagnate da convulsioni.
Anche in assenza di confusione, un mal di testa intenso a carattere compres-
sivo, insieme alla difficoltà a respirare, provoca ansia.
Nei casi di forte ipertensione prolungata, possono manifestarsi ictus ischemici
ed emorragici del sistema nervoso centrale, che provocano danni cerebrali
irreversibili; al contrario, l’edema cerebrale è potenzialmente reversibile.

La cefalea da crisi ipertensiva


senza encefalopatia
Si definisce crisi ipertensiva un aumento rapido della pressione sistolica sopra
180 mmHg e della diastolica sopra 120 mmHg.
La cefalea che ne deriva è bilaterale e pulsante e passa quando la pressione
arteriosa torna normale.

Il mal di testa da digiuno


Si tratta di una forma di emicrania o, in alternativa, di cefalea diffusa, di inten-
sità leggera o moderata, causata da un digiuno di oltre 8 ore e che si allevia
mangiando. È probabilmente causata dal calo di zuccheri nel sangue.

120
La prevenzione, la gestione
8
e il trattamento della cefalea

Fin dagli albori, l’uomo ha dovuto cercare una ragione e una giustificazione
al dolore fisico cui non sapeva far fronte.
In civiltà molto diverse tra loro è messo in luce un legame tra dolore e sapienza:
nell’Antico Testamento si trova un testo, intitolato Qoelet (o Ecclesiaste), redatto
in ebraico nel IV o III secolo a.C., che è una raccolta, in 12 capitoli, di medita-
zioni disilluse sulla vita (“tutto è vanità, tutto è inutile”); nel primo capitolo, al
versetto 18 si trova scritto: “[…] chi accresce il sapere, aumenta il dolore”.
Gli antichi greci, invece, sostenevano la tesi opposta: il dolore conduce alla
conoscenza della realtà e di se stessi. Questa visione si trova per esempio
nelle opere di Erodoto e di Eschilo ed è rappresentata proprio nel mito greco,
metafora della condizione umana.
Esiodo infatti, nella sua Teogonia, narra che Atena, la dea della saggezza,
nacque da un’emicrania di Zeus: dopo aver detronizzato Cronos, Zeus si unì
a Metis, la Prudenza, figlia di Oceano e della titanide Thetys. Per timore che
Metis mettesse al mondo un figlio che lo avrebbe spodestato, Zeus ingoiò
Metis, incinta, che si annidò all’interno della sua testa. Al momento del parto,
Zeus avvertì un forte mal di testa dal quale chiese a Efesto, il fabbro divino,
di liberarlo; egli lo fece spaccandogli la fronte con un’ascia bipenne e dalla
ferita uscì Pallade Atena, armata di lancia.
Nella tradizione occidentale di stampo cristiano, la religione garantiva che il
dolore provato nel mondo terreno non solo sarebbe stato ricompensato nella
gioia eterna dopo la morte, ma nel frattempo aveva in sé una valenza di cor-
Mal di testa

rezione e di redenzione: i monaci se lo autoinfliggevano (per esempio con le


flagellazioni) a imitazione del dolore supremo della crocifissione.
In altre culture, il dolore è il mezzo per passare alla vita adulta, per cui gli
adolescenti vengono sottoposti a cruenti rituali di iniziazione.
Con il trascorrere dei secoli, il dolore ha perso ogni valenza metaforica o
metafisica e, in epoca moderna, è finalmente visto come un peso che inter-
ferisce con la vita quotidiana e ne limita le possibilità, al quale l’uomo deve
essere sottratto.
L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha elaborato una scala tera-
peutica per arrivare alla più completa analgesia: riconoscendo che il dolore “è
un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale,
in atto o potenziale, o descritta in termini di danno”, rileva che esso, una volta
assolto il suo compito di allarme rispetto a una lesione dell’organismo poten-
zialmente grave, non ha più alcuna ragione di esistere e deve essere eliminato.

Prendi il comando,
controlla la tua cefalea
Il medico e i farmaci sono spesso insostituibili per la cura e la prevenzione
dell’attacco di emicrania o di cefalea; tuttavia è importantissimo il ruolo delle
abitudini di vita salutari e di alcuni rimedi non medici nel ridurre gli episodi
dolorosi o nel fermare una cefalea al suo insorgere.
Nei paragrafi seguenti troverete suggerimenti e consigli per provare a “gestire”
il vostro mal di testa, tratti in parte dalle sezioni dedicate al grande pubblico
della Mayo Clinic e di MedlinePlus (della National Library of Medicine statu-
nitense): un vero e proprio manuale teorico-pratico per prevenire e curare il
mal di testa.
Oltre ai consigli riportati di seguito, è importante anche fare attenzione, e se
è necessario migliorare, la postura: mantenere posizioni corrette del corpo,
infatti, aiuta a diminuire la tensione muscolare.
Per diminuire la gravità e la frequenza degli attacchi di mal di testa può essere
utile anche fare meditazione, tai-chi e massoterapia.

Per prevenire
Le misure per prevenire gli attacchi di mal di testa fanno riferimento principal-
mente alle buone abitudini quotidiane e riguardano il sonno, l’alimentazione,
l’attività fisica, la gestione dello stress e l’abitudine al fumo.

122
La prevenzione, la gestione e il trattamento della cefalea

Dormi bene
L’emicrania può impedire di dormire o essere, a sua volta, innescata dalla
mancanza di sonno. Ecco alcuni suggerimenti per migliorare il sonno:

• stabilisci orari regolari per il riposo notturno; se fai un sonnellino diurno,


fai attenzione a non superare i 30 minuti;
• rilassati nelle ultime ore della giornata: non praticare esercizio fisico, non
mangiare, non fumare e non bere alcolici appena prima di andare a letto;
• chiudi il lavoro, il rumore e le distrazioni fuori dalla camera da letto;
• se non hai sonno, leggi qualche pagina o ascolta un po’ di musica rilassante;
• non assumere alimenti o bevande contenenti caffeina prima di andare a letto;
• evita i profumi e i prodotti da toilette o per la casa che contengono fragranze;
• se hai i capelli raccolti in una coda di cavallo o in una treccia, scioglili.

Per ulteriori consigli e approfondimenti su una corretta igiene del sonno puoi
consultare la guida Dormire bene, che puoi richiedere sul sito www.altro-
consumo.it/guidepratiche.

Mangia con saggezza


Ecco alcuni consigli per prevenire il mal di testa attraverso una corretta ali-
mentazione:

• mangia a orari fissi;


• non saltare i pasti: il digiuno innesca l’emicrania;
• tieni un diario di quello che mangi: può aiutarti a identificare i cibi even-
tualmente implicati nell’insorgenza dell’emicrania;
• elimina dalla dieta i cibi che, nella tua esperienza, ti scatenano il mal di testa;
• evita la dipendenza da caffeina: se consumi abitualmente molta caffeina
(più di 2 tazze di caffè al giorno) e la elimini bruscamente, puoi avere mal
di testa a causa dell’improvvisa mancanza di un vasocostrittore;
• non eccedere con i grassi e il consumo di alcol;
• mangia alimenti che contengono magnesio, come le mandorle, le banane,
gli anacardi e l’avocado;
• utilizza gli spinaci freschi al posto dell’insalata: alleviano il mal di testa da
abuso di alcol.

Fai regolare esercizio fisico


Scegli il tipo e l’intensità di attività fisica più adatto alla tua salute (camminare,
ballare, nuotare ecc.). Durante l’attività fisica, l’organismo rilascia endorfine
che alleviano il dolore alla testa e danno buon umore. Inoltre, l’esercizio fisi-
co contrasta il sovrappeso, che è un fattore di rischio per la cefalea cronica.

123
Mal di testa

Tieni a bada lo stress


Lo stress è, purtroppo, parte integrante della vita quotidiana per la maggior
parte delle persone.
Esistono però alcune misure che si possono adottare per cercare di limitare
le situazioni stressanti e contenere i loro effetti negativi sul mal di testa, con
l’obiettivo – se non di evitare – almeno di diminuire la gravità e la frequenza
degli attacchi. Ecco, quindi, alcuni consigli:

• semplifica la tua vita: non assumerti compiti aggiuntivi, ma abbandona


qualcuno di quelli che già hai;
• dilata i tempi in cui svolgere i compiti che ti sei prefissato e delega altri a
fare quello che ti costa fatica o per cui ti manca il tempo;
• interrompi un’attività stressante con un intervallo dedicato al movimento
(per esempio una breve passeggiata);
• fai qualcosa di divertente almeno per 15 minuti ogni giorno (per esempio
prendi un caffè con un amico, fai un gioco, dedicati al tuo hobby);
• fai un respiro profondo ed espira lentamente, concentrandoti sul percorso
del fiato, per almeno 10 minuti ogni giorno;
• prendi confidenza con la tecnica del rilassamento muscolare progressivo;
altre tecniche di rilassamento efficaci contro lo stress sono la respirazione
profonda e il biofeedback (vedi paragrafo dedicato a pagina 143);
• mantieni una posizione comoda e corretta quando leggi o lavori;
• abbi fiducia nella tua capacità di sopportare e di tenere sotto controllo il
dolore; se ti senti ansioso o depresso, ricorri all’aiuto di un amico, del partner
o di un professionista.

Per ulteriori consigli e approfondimenti sulla gestione dello stress puoi consultare
la guida Gestire lo stress, che puoi richiedere sul sito www.altroconsumo.it/
guidepratiche.

Smetti di fumare
Il fumo di sigaretta contiene sostanze che provocano cefalea, come il monos-
sido di carbonio e la nicotina, che restringe i vasi sanguigni.

Ai primi accenni di mal di testa


Quando senti arrivare un attacco di cefalea puoi provare a contrastarlo adot-
tando, se possibile, alcune contromisure:

• interrompi le attività quotidiane;


• trova un ambiente calmo per riposare a luci spente; se ci riesci dormi;

124
La prevenzione, la gestione e il trattamento della cefalea

• applica compresse fredde o ghiaccio sulla fronte (in caso di emicrania)


oppure compresse calde o una borsa dell’acqua calda sulla nuca (in caso
di cefalea tensiva); in alternativa, fai un bagno o una doccia calda;
• bevi una bevanda con un piccolo contenuto di caffeina, da sola o in aggiunta
a una compressa di paracetamolo;
• non fissare a lungo uno schermo luminoso, come quello del cellulare, perché
può peggiorare il mal di testa;
• massaggia il viso e il cuoio capelluto se soffri di cefalee causate da postura
scorretta, bruxismo (digrignare i denti), affaticamento muscolare, ansia e
depressione: esercita una pressione decisa sulle tempie con i pollici, poi
muovi le dita creando dei piccoli cerchi dalla tempia al centro della fronte;
• massaggia delicatamente il ponte del naso in caso di sinusite e di emicrania;
• massaggia il cuoio capelluto quando applichi lo shampoo;
• massaggia il collo e le spalle: fai pressione con le dita sui muscoli delle spalle
e muovile formando cerchi piccoli e profondi verso la base del cranio; in
alternativa, fai ruotare lentamente la testa per formare un cerchio oppure,
ancora, metti due palle da tennis in una calza e appoggiale sotto la base del
cranio mentre stai sdraiato su una superficie piana (un accorgimento utile
anche in caso di sinusite);
• massaggia la parte morbida della mano tra l’indice e il pollice (la cosiddetta
“tabacchiera anatomica”) con una pressione decisa e circolare per 4-5 secondi;
• applica le tecniche di rilassamento; esistono anche dispositivi per la stimo-
lazione transcutanea dei nervi sovraorbitali che possono essere d’aiuto;
• assumi un antidolorifico da banco (ibuprofene, paracetamolo, aspirina, na-
prossene, nimesulide), ma se devi prenderlo più di 3 volte la settimana par-
lane con il tuo medico: più farmaci vengono assunti più si diventa tolleranti
(cioè insensibili) a essi e più frequente diventa la cefalea da rimbalzo.

Infine, è importante compilare un diario della cefalea (vedi capitolo 2 “La


diagnosi”). Segna il giorno e l’ora di comparsa degli episodi di cefalea, cosa
hai mangiato e bevuto e quanto hai dormito nelle 24 ore precedenti, cosa stavi
facendo quando è cominciato il mal di testa e quanto è durato l’attacco. Il diario
insegna a riconoscere gli stimoli negativi – cibi, comportamenti o pensieri – ma
anche a capire quali tecniche di rilassamento riducono o eliminano il mal di testa.

Meglio andare al Pronto soccorso


Occorre contattare il medico o andare al Pronto soccorso quando il mal di
testa è accompagnato da:

• difficoltà a vedere, camminare o parlare;


• rigidità del collo;

125
Mal di testa

• nausea e vomito;
• febbre alta (39-40 °C);
• svenimento;
• difficoltà a muovere un lato del corpo per debolezza, torpore o paralisi.

Con i farmaci, evita il fai da te


Una buona parte delle persone che soffrono di cefalea ricorre all’autome-
dicazione. Oltre all’esperienza comune, lo testimonia la disparità esistente
tra la diffusione del mal di testa e la sua segnalazione (con conseguente
registrazione nelle cartelle cliniche) ai medici di medicina generale.
L’assunzione di farmaci analgesici da banco, che non richiedono ricetta
(né, quindi, controllo medico) è un importante fattore di rischio per l’abuso
e per la cronicizzazione della cefalea; per questo motivo è necessario rivol-
gersi al medico per una diagnosi corretta e per impostare un programma
terapeutico adeguato e ben definito. Curare la cefalea sotto la guida del
medico di fiducia porta al miglioramento della qualità della vita e, allo
stesso tempo, a un risparmio sulla spesa sanitaria, che potrebbe essere
investito nei centri di alta specializzazione nella ricerca e nel trattamento
delle cefalee.
Non va mai dimenticato che, in generale, l’uso eccessivo o prolungato dei
farmaci può avere conseguenze dannose anche su altri organi e apparati,
come avviene per esempio con i disturbi gastrointestinali provocati dai far-
maci anti-infiammatori non steroidei.
Inoltre spesso, per arrivare alla disassuefazione dall’abuso di farmaci antido-
lorifici o antinfiammatori, è necessario ricorrere al ricovero in ospedale; solo
dopo aver eliminato la condizione di assuefazione potrà essere impostata
nuovamente la terapia appropriata.

I rimedi per il mal di testa


Le più recenti linee guida della Società italiana per lo studio delle cefalee
(SISC) raccomandano, per la terapia delle cefalee primarie, una strategia te-
rapeutica che prevede:

• il trattamento dei sintomi;


• trattamento preventivo non farmacologico;
• l’eventuale disassuefazione dall’uso eccessivo di farmaci sintomatici;
• trattamento preventivo farmacologico.

126
La prevenzione, la gestione e il trattamento della cefalea

Nel 2010 è entrata in vigore la legge 38 “Disposizioni per garantire l’accesso


alle cure palliative e alla terapia del dolore”, una norma che comprende le
cefalee primarie tra i cosiddetti “dolori cronici non oncologici”, con i quali,
infatti, le cefalee condividono molti aspetti e strategie di intervento farmaco-
logico e comportamentale.
Questa legge, inoltre, promuove l’interazione tra le reti dedicate alle cefalee e le
reti di terapia del dolore, per la ricerca di procedure innovative e sperimentali
nel campo delle cefalee croniche che non rispondono alle normali terapie.
Come si è visto nei capitoli precedenti, una cefalea può avere molte cause
diverse. Alcuni farmaci (i cosiddetti analgesici) alleviano qualsiasi tipo di
dolore, e quindi anche quello alla testa, mentre altri hanno come bersaglio
un meccanismo specifico in grado di provocare cefalea, e perciò agiscono
soprattutto o solo contro quel particolare tipo di mal di testa.
Nel passare in rassegna i principi attivi utili contro la cefalea, verrà dato lo
spazio maggiore a quelli contro l’emicrania, dal momento che essa è una
condizione caratterizzata da una grande complessità di sintomi durante e,
addirittura, prima della comparsa del dolore.
A seguire, verranno trattate altre forme gravi come la cefalea a grappolo e
l’arterite a cellule giganti.
Per tutte le altre forme di cefalea sono efficaci i farmaci citati in questi paragrafi.

La terapia dell’emicrania
I primi rimedi proposti per l’emicrania si basavano sulla convinzione che il
mal di testa fosse causato da un anomalo restringimento dei vasi cerebrali ed
erano, infatti, farmaci vasocostrittori; all’inizio si usavano i derivati dell’ergo-
tamina, estratti da un fungo velenoso, parassita dei cereali.
Anche quando viene sintetizzata dall’industria farmaceutica e dosata in
pochi milligrammi, l’ergotamina mantiene, però, una potenziale capacità
di provocare danno ai vasi sanguigni, quindi partire dagli anni novanta è
stata soppiantata dai triptani, molecole che restringono in modo selettivo
i vasi del cervello.
I triptani sono molto efficaci nella maggior parte delle persone che soffrono
di emicrania, ma se vengono assunti troppo frequentemente provocano il
peggioramento della cefalea, che può diventare cronica.
L’uso delle tecniche di neuroimaging, come la risonanza magnetica, ha per-
messo poi di capire che il mal di testa è solo uno dei sintomi della “sindrome
emicrania” che comprende altre manifestazioni importanti come l’aura visiva,
la fotofobia (fastidio per la luce), la fonofobia (fastidio per i rumori), l’osmo-
fobia (fastidio per gli odori) e la nausea.

127
Mal di testa

I farmacologi hanno quindi cominciato a cercare molecole che si contrappo-


nessero ad altri potenziali meccanismi di insorgenza dell’emicrania, uno dei
quali è quello che coinvolge il nervo trigemino.
La ricerca in questo senso si è concentrata sul blocco del CGRP (calcitonine
gene-related peptide), una molecola scoperta per caso nel 1982 all’Università
di San Diego in California, codificata dallo stesso gene che produce l’ormone
calcitonina nella tiroide, che agisce sia come vasodilatatore sia come neuro-
trasmettitore, rendendo il trigemino ipersensibile a segnali che normalmente
sarebbero innocui.
Si è visto che perfino situazioni banali di stress, come la perdita di ore di
sonno, nelle persone che soffrono di emicrania comportano una produzione
eccessiva di CGRP.
Questa molecola era stata anche trovata in grandi quantità nelle persone con
un attacco di emicrania in corso e questo suggeriva un suo ruolo nello sca-
tenare questi attacchi; la conferma è venuta nel 2002, quando il danese Jes
Olesen è riuscito a provocare degli episodi di emicrania in persone predisposte,
iniettando la molecola nel loro sangue.
Sono state quindi sintetizzate alcune sostanze attive contro il CGRP (i cosiddetti
Gepants, olcegepant e telcagepant), che sono però risultate tossiche.
Infine, è stato prodotto un anticorpo monoclonale, chiamato TEV-48125 o
fremanezumab, che agisce fuori dal cervello (cioè senza dover oltrepassare la
barriera emato-encefalica) bloccando il CGRP nel sistema nervoso periferico.
Un’azienda farmaceutica ha completato a maggio 2017 la fase 3 della speri-
mentazione e sostiene che (almeno per il 15% dei pazienti che rispondono
meglio alla terapia) basterà una sola iniezione dell’anticorpo per scongiurare
gli attacchi per sei mesi.
Inoltre, sono in studio altri nuovi farmaci contro l’emicrania, indirizzati a
bloccare recettori diversi.
La ricerca di famaci contro l’emicrania è molto attiva, spinta dalla prospettiva di
un mercato potenzialmente molto vasto: all’inizio del 2017, il sito statunitense
che raccoglie le ricerche cliniche in atto (www.clinicaltrials.gov) registrava
680 studi in corso su vari aspetti del trattamento dell’emicrania, dalla profilassi
(dato che la prevenzione degli attacchi o la riduzione della loro frequenza è
uno dei cardini del trattamento), al trattamento dell’attacco acuto, alla terapia
coadiuvante (contro la nausea, per esempio), fino all’uso degli integratori
alimentari e agli stili di vita adeguati.

Il trattamento dell’attacco acuto


La terapia comprende di solito farmaci analgesici o antinfiammatori non specifici
per l’emicrania e farmaci specifici, come i derivati dell’ergotamina (talvolta in
associazione a caffeina, che ne raddoppia l’assorbimento) e i triptani.

128
La prevenzione, la gestione e il trattamento della cefalea

Sono utili anche i farmaci antinausea che, oltre a limitare questo sintomo
dell’emicrania, consentono un migliore assorbimento degli analgesici da
parte dello stomaco; i farmaci più usati sono la metoclopramide e il dom-
peridone.
Il trattamento iniziale di un’emicrania episodica lieve o moderata può esse-
re costituito da acido acetilsalicilico (la comune aspirina), paracetamolo e
antinfiammatori non steroidei (FANS); se questi farmaci non si dimostrano
efficaci, si ricorre ai triptani, che rappresentano il trattamento di prima scelta
degli attacchi di emicrania d’intensità da moderata a grave e sono efficaci non
solo sul dolore, ma anche sui sintomi di accompagnamento (foto e fonofobia,
nausea e vomito).
Poiché, una volta peggiorata, l’emicrania è più difficile da curare, oggi si pre-
ferisce utilizzare da subito il trattamento più efficace piuttosto che procedere
con un approccio graduale.
Anzi, è opportuno assumere il triptano prima possibile, non appena si rico-
noscono i segnali di un’emicrania imminente.
La loro maggiore efficacia potrebbe essere dovuta al fatto che il sistema ner-
voso centrale non si è ancora sensibilizzato; la sensibilizzazione è segnalata
dal sintomo dell’allodinia cutanea, cioè il fastidio per semplici pressioni o
contatti con la pelle.
Il primo dei triptani è stato sumatriptan (introdotto in commercio nel 1991)
e i suoi cinque successori disponibili in Italia sono: zolmitriptan, rizatriptan,
almotriptan, eletriptan e frovatriptan; una settima molecola, naratriptan, non è
presente sul mercato italiano. Il vantaggio del sumatriptan è quello di essere
disponibile anche sotto forma di iniezione sottocutanea, che ha un’azione più
rapida; rizatriptan e zolmitriptan sono invece disponibili anche in compresse
che si sciolgono in bocca, che non richiedono acqua.
I triptani agiscono sul dolore e sugli altri sintomi dell’emicrania “restringendo”
i vasi sanguigni all’interno del cranio (vasocostrizione), bloccando il rilascio
di sostanze infiammatorie e inibendo i terminali nervosi vascolari del sistema
del trigemino.
In una percentuale di casi che varia dal 25 al 40%, dopo l’assunzione della
prima dose di un triptano il mal di testa scompare, ma poi ritorna (recidiva):
una seconda dose di triptano, a distanza di qualche ora, è efficace la maggior
parte delle volte. Non andrebbe assunta una terza dose.
La ricerca di nuovi triptani ha l’obiettivo di migliorare alcune caratteristiche
del sumatriptan: la velocità e la durata d’azione, l’affinità per i tessuti dell’a-
rea trigemino-vascolare e la selettività rispetto ai recettori (per diminuire
l’azione di vasocostrizione sulle arterie coronariche e su altri vasi al di fuori
del cervello).
Le controindicazioni al loro uso, infatti, sono legate alla loro azione vasocostrit-
trice, a livello cerebrale e cardiaco: i triptani non vanno utilizzati se si soffre
di ipertensione arteriosa non controllata, se si è avuto un infarto miocardico

129
Mal di testa

o si ha una cardiopatia ischemica. Non deve assumere triptani chi soffre di


malattie vascolari periferiche o di chi ha una storia di ictus o di TIA (attacco
ischemico transitorio) cerebrale e, comunque, andrebbero evitati nelle persone
di età superiore ai 65 anni.
Inoltre, i triptani andrebbero assunti solo dopo aver valutato i fattori di rischio
per le malattie cardiache: alti valori di colesterolo (ipercolesterolemia), fumo,
diabete, obesità o storia familiare di coronaropatia.
I triptani possono essere utilizzati per un massimo di 10 giorni al mese; un uso
più frequente può favorire l’evoluzione della cefalea verso una forma cronica.
In caso di alta frequenza degli attacchi (tre o più al mese), è opportuno fare
un trattamento di profilassi, con l’obiettivo di prevenire gli attacchi. Questo
tipo di trattamento, però, non è molto diffuso: è utilizzato, infatti, solo dal
10% circa delle persone per le quali sarebbe indicato.
In caso di emicrania cronica con uso eccessivo di farmaci, il primo passo
consiste nella sospensione dei farmaci sintomatici utilizzati, per poi iniziare
la profilassi.
Nell’emicrania parossistica (così come nella cefalea primaria da tosse) il trat-
tamento di prima scelta è quello con indometacina, a una dose media di
150 mg al giorno.

La terapia dell’emicrania nei bambini


Le ricerche condotte sulla terapia dell’emicrania in età pediatrica non hanno
indicato alcun beneficio reale del trattamento della cefalea infantile con an-
tinfiammatori (come l’ibuprofene o la nimesulide) o con antidolorifici (come
il paracetamolo) rispetto al trattamento con placebo.
Al contrario, i farmaci causavano maggiori effetti collaterali, soprattutto di
tipo gastroenterico.
Questi risultati derivano da una revisione critica degli studi internazionali
pubblicati sulla terapia della cefalea in età pediatrica, riportata sulla prestigiosa
rivista pediatrica italiana Medico e Bambino.
In base ai dati di questa indagine, l’unico trattamento che risulta più efficace
rispetto al placebo è quello con sumatriptan, ma solo se somministrato per
via nasale; anch’esso, però, è accompagnato da molti effetti collaterali.
È possibile che i farmaci per bocca non siano efficaci nei bambini durante gli
attacchi di emicrania, a causa della nausea e del vomito che ne impediscono
l’assorbimento.
Inoltre, bisogna considerare che gli attacchi di emicrania sono di solito più brevi
nei bambini che negli adulti, e possono regredire spontaneamente nell’arco
di due ore; i farmaci, che forniscono il massimo dei benefici dopo 2 ore dalla
somministrazione, possono quindi non risultare efficaci per la breve durata
degli attacchi.

130
La prevenzione, la gestione e il trattamento della cefalea

Come funziona il placebo?


Il placebo è una sostanza inerte, priva di qualsiasi azione terapeutica; tuttavia,
questo non vuol dire che non abbia alcun effetto sull’organismo.
Tutti i medici, nella loro pratica clinica, hanno fatto ricorso all’effetto placebo di
preparati come gli integratori alimentari; gli omeopati lo fanno di continuo.
Negli studi scientifici, si utilizza il placebo come metro di paragone con le sostanze
che si vogliono sperimentare: in questi casi, al placebo viene dato un aspetto simile
a quello del farmaco, ma il suo contenuto consiste per lo più di zucchero e amido.
Anche nel caso della cefalea si è notato che, se alle persone che ne soffrono viene
somministrata una compressa di zucchero dopo avere detto loro che si tratta di
un potente antidolorifico, il dolore si attenua; certamente l’effetto è minore di
quello che si ha con un vero analgesico, ma è misurabile e percettibile. Il fatto che
il medico sostenga con convinzione l’efficacia della compressa proposta, magari
dopo una lunga visita, funziona da “rinforzo” dell’effetto placebo, così come il
colore, la forma e il gusto della compressa. Per questo motivo sono considerati
più attendibili gli studi scientifici condotti in “doppio cieco”, nei quali, cioè, non
solo il paziente, ma anche il medico che somministra il preparato ignora se esso
sia il principio attivo da sperimentare o un placebo, in modo da non influenzare il
paziente con il proprio atteggiamento.
Che la mente possa essere più potente della sostanza chimica è suggerito da un
famoso esperimento condotto alla fine degli anni ottanta nel dipartimento di psi-
cologia dell’Università del Connecticut: ad alcune persone è stato somministrato
caffè vero senza che fossero informati se contenesse o meno caffeina, mentre ad
altre caffè decaffeinato dicendo loro che era caffè con caffeina: nelle persone del
secondo gruppo erano più elevate sia la pressione e la frequenza cardiaca misurate
dopo l’assunzione della bevanda, sia l’attenzione e la prontezza di riflessi.
L’effetto placebo, però, se da una parte è legato al fenomeno prettamente psicologi-
co dell’aspettativa, dall’altro ha anche un meccanismo di tipo fisiologico, provato an-
che dagli studi sulla sua efficacia sui bambini molto piccoli e addirittura sugli animali.
Secondo uno studio pubblicato su Nature Medicine e condotto da Fabrizio Bene-
detti, docente di Fisiologia all’Università di Torino e consultant al National Insti-
tute of Health di Bethesda e alla Mind Brain Behavior Initiative dell’Università di
Harvard, il placebo attiva gli stessi recettori ai quali si legano i farmaci antidolori-
fici e innesca quindi gli stessi meccanismi d’azione della terapia. Le sostanze che
vengono attivate dall’effetto placebo sono endorfine oppure endocannabinoidi,
a seconda dei farmaci che la persona ha assunto in precedenza.
Inoltre, è stato provato che non tutti sono ugualmente suscettibili all’effetto pla-
cebo: tra le persone in cui l’effetto funziona e quelli in cui non ha alcuna efficacia
terapeutica sono state addirittura identificate alcune differenze genetiche, che de-
terminano diversi livelli di dopamina. Lo studio che le dimostra è stato condotto
presso il Beth Israel Deaconess Medical Center e l’Harvard Medical School.

131
Mal di testa

La profilassi
Prima di iniziare un trattamento di profilassi è buona norma cercare di iden-
tificare ed eliminare, per quanto è possibile, tutti i fattori che scatenano o
aggravano l’emicrania: questo, infatti, è importante per ridurre la frequenza e
l’intensità degli attacchi. La terapia farmacologica di profilassi dell’emicrania
ha l’obiettivo di ridurre la frequenza, l’intensità e la durata degli episodi e di
aumentare l’efficacia dei farmaci sintomatici assunti durante l’attacco. Tuttavia,
prima che cominci a funzionare, possono passare anche un paio di mesi.
Qualcuno ha bisogno di assumere il farmaco di prevenzione quotidianamente,
mentre altri potranno prenderlo solo quando stanno per verificarsi eventi che
possono innescare l’emicrania, come le mestruazioni.
Le sostanze efficaci nella prevenzione delle recidive dell’emicrania apparten-
gono a classi diverse e sono, il più delle volte, utilizzate per il trattamento di
altre malattie o condizioni:

• farmaci cardiovascolari (contro l’ipertensione e per il trattamento della car-


diopatia ischemica): betabloccanti (propranololo, metoprololo), calcioanta-
gonisti (verapamil, flunarizina, cinnarizina), ACE-inibitori (lisinopril);
• antidepressivi triciclici (amitriptilina) e inibitori selettivi della ricaptazione
della serotonina (SSRI: sertralina, fluoxetina, paroxetina) e/o della noradre-
nalina (NRI: duloxetina, venlafaxina);
• antiepilettici (valproato e topiramato), antiserotoninergici alcaloidi dell’ergot
(metisergide);
• antinfiammatori non steroidei (FANS: naprossene).

Alcuni altri preparati (prodotti direttamente in farmacia o derivati dalle erbe) han-
no dimostrato qualche efficacia nel ridurre l’intensità degli attacchi di emicrania:
la riboflavina (vitamina B2), il coenzima Q10, l’acido alfa lipoico, il magnesio, il
Petasites hybridus (farfaraccio) e il Tanacetum parthenium. È ancora in fase di
valutazione il beneficio della tossina botulinica di tipo A, che viene iniettata ogni
3 mesi nei muscoli del volto e del collo. Per quanto riguarda la profilassi dell’e-
micrania cronica (con o senza abuso di farmaci sintomatici), si sono dimostrati
efficaci i farmaci antiepilettici come il topiramato, il gabapentin e pregabalin.
Sono promettenti i dati di efficacia per l’antiepilettico zonisamide e per il mio-
rilassante tizanidina, ma la tollerabilità al momento pone qualche problema.

Gli effetti indesiderati


I principali effetti collaterali dell’ergotamina sono i dolori addominali, la nausea
e il vomito. Utilizzarla per un lungo periodo può indurre il cosiddetto “ergoti-
smo” che si manifesta con estremità cianotiche e fibrosi retroperitoneale, una

132
La prevenzione, la gestione e il trattamento della cefalea

rara condizione in cui si forma un tessuto infiammatorio e fibroso nella parete


posteriore dell’addome. Inoltre, se data in gravidanza, l’ergotamina provoca
malformazioni fetali.
I triptani sono, di norma, farmaci ben tollerati; i possibili effetti indesiderati sono:

• vertigini;
• parestesie;
• nausea e/o vomito;
• sonnolenza e senso di affaticamento;
• bocca secca;
• sensazione di calore e arrossamento al volto;
• sensazione di pesantezza o di pressione al torace, alla gola e al collo.

Questi effetti sono proporzionali alla dose di farmaco assunta, ma diminuiscono


quando si prende la dose successiva.
Ciascuno delle classi di farmaci utilizzate per la prevenzione può, a sua volta,
avere controindicazioni ed effetti collaterali:

• i betabloccanti non possono essere assunti da chi soffre di malattie croniche


broncopolmonari;
• gli antidepressivi triciclici 
possono dare nausea, sonnolenza, secchezza della
bocca e stitichezza;
• gli SSRI e i NRI, se vengono assunti contemporaneamente ai triptani, au-
mentano il rischio della sindrome serotoninergica (vedi riquadro “Quando
c’è troppa serotonina in circolo” a pagina 134);
• il valproato può dare tremori, vertigini, aumento di peso e perdita di capelli e
non può essere assunto in caso di gravidanza in atto o programmata a breve;
• il topiramato può provocare diarrea, nausea, difficoltà di concentrazione e
di memoria.

Si spera che, in futuro, la farmacogenomica potrà stabilire le risposte indivi-


duali ai vari farmaci.
In generale, prima di prescriverti una terapia per l’emicrania, il medico farà
un’anamnesi farmacologica preliminare, per verificare:

• la quantità di farmaci sintomatici che sei solito assumere (per capire se c’è
un abuso in corso o potenziale);
• i farmaci che hai usato in precedenza per l’emicrania (per capire se li hai
abbandonati per perdita di efficacia o per effetti collaterali);
• i farmaci che utilizzi attualmente per eventuali malattie concomitanti.

Come si è già detto, i triptani sono controindicati in caso di cardiopatia ische-


mica; i nitroderivati impiegati nella terapia dell’angina possono favorire una

133
Mal di testa


Quando c’è troppa serotonina in circolo


Le persone che soffrono di emicrania spesso sono anche ansiose e depresse: que-
sto implica che l’uso contemporaneo di triptani e di antidepressivi serotoninergici
sia piuttosto frequente e, in molti casi, protratto per anni.
La temibile sindrome serotoninergica è un’evenienza rara, ma che vale la pena di
saper riconoscere. Entrambi questi tipi di farmaci bloccano i recettori della sero-
tonina: se assunti insieme, quindi, possono alzarne i livelli in circolo in misura tale
da causare febbre con nausea, vomito, diarrea e tachicardia.
Chi è colpito da questa sindrome va incontro a mutamenti delle capacità cogniti-
ve e del comportamento e scosse muscolari involontarie.

crisi di emicrania; l’uso di FANS è controindicato se si ha una storia di ulcera


gastro-duodenale.
Inoltre, i FANS devono essere usati con cautela dagli anziani e non devono
essere assunti in gravidanza, dalle persone con malattie della coagulazione,
insufficienza epatica o renale grave e scompenso cardiaco.

La terapia della cefalea


di tipo tensivo
Anche per la cefalea di tipo tensivo valgono i consigli generali di prevenzione
e gestione del mal di testa riportati all’inizio del capitolo.
Nei paragrafi seguenti verranno invece analizzati i possibili rimedi farmaco-
logici in caso di attacco acuto, le opzioni terapeutiche per la profilassi e la
gestione farmacologica della forma cronica.

Il trattamento dell’attacco acuto


Nella cefalea di tipo muscolo-tensivo che non passa con i rimedi non farma-
cologici, bisogna ricorrere alla terapia con farmaci sintomatici.
Questa è indicata quando un dolore tale da rendere difficili le attività quoti-
diane si presenta per un tempo inferiore a 4 giorni al mese. Se il dolore dura
per un tempo più lungo oppure ha un effetto particolarmente forte sulla

134
La prevenzione, la gestione e il trattamento della cefalea

qualità della vita, è necessario iniziare una terapia di profilassi, parallelamente


a quella sintomatica.
Per il trattamento sintomatico sono disponibili numerosi farmaci: la scelta si
basa sui dati clinici e sull’anamnesi, come già detto nel paragrafo sull’emicrania.
In ogni caso, il farmaco scelto deve essere preso subito ai primi sintomi e al
minore dosaggio efficace.
Per tenere sotto controllo e valutare l’efficacia della terapia è essenziale l’uso
del diario, sul quale si devono riportare le caratteristiche degli eventuali attac-
chi, gli effetti dei farmaci, il loro consumo e gli effetti indesiderati, se presenti.
In base alle prove scientifiche, risultano efficaci per trattare i sintomi della ce-
falea di tipo tensivo l’ibuprofene, il naprossene sodico e il paracetamolo, tutti
farmaci che possono essere acquistati in farmacia come prodotti da banco; tra
questi, l’ibuprofene risulta quello meglio tollerato dallo stomaco. Ketoprofene,
diclofenac e indometacina, invece, hanno l’obbligo di ricetta medica.
L’acido acetilsalicilico (aspirina), per la sua proprietà di antiaggregante
piastrinico, è consigliato nei pazienti con malattie cardiovascolari e cere-
brovascolari.
Il paracetamolo, invece, è il farmaco di prima scelta in gravidanza e nelle
persone che hanno problemi gastro-duodenali, mentre è controindicato in
chi soffre di malattie del fegato.
Tra i prodotti da banco esistono quelli “combinati”, dove alcune molecole
(acido acetilsalicilico e paracetamolo) sono tra loro associate, spesso con l’ag-
giunta di caffeina (Neo Cibalgina®); altri prevedono l’aggiunta di un sedativo
(Optalidon®: ropifenazone più butalbital più caffeina). In questi casi, però, c’è
l’obbligo della prescrizione medica.
Bisogna sempre ricordare, comunque, che l’assunzione troppo frequente di
analgesici (per 15 o più giorni al mese per oltre 3 mesi) può portare alla forma
cronica della cefalea.
Alcuni miorilassanti ad azione centrale (farmaci che favoriscono il rilassamento
muscolare agendo direttamente sul sistema nervoso centrale) hanno dimo-
strato efficacia contro la cefalea tensiva: si tratta della ciclobenzaprina e della
tizanidina (controindicata nelle malattie del fegato).
Il diazepam può essere utile se la cefalea è accompagnata da una forte com-
ponente ansiosa. Anche per alprazolam è stata dimostrata l’efficacia in questa
forma di cefalea. Sono poi stati studiati e parzialmente confermati gli effetti
positivi di buspirone, topiramato e della tossina botulinica di tipo A.

La profilassi
Prima di impostare una profilassi deve essere verificata l’eventuale presenza
di un abuso di farmaci sintomatici, che può provocare una forma cronica e
rendere inefficace la terapia di profilassi. La presenza di altre malattie influenza

135
Mal di testa

la scelta del farmaco da utilizzare: per esempio, l’uso di amitriptilina è con-


troindicato in caso di ipertrofia prostatica e di glaucoma.
Per la profilassi della cefalea di tipo tensivo sono utilizzati farmaci appartenenti
a diverse classi farmacologiche:

• antidepressivi (triciclici, SSRI, altri antidepressivi);


• miorilassanti;
• benzodiazepine.

L’amitriptilina è il farmaco di prima scelta, perché è il più studiato per quanto


riguarda gli effetti terapeutici e collaterali; inoltre è un farmaco utile anche
nei casi di cefalea di tipo tensivo associata ad ansia, insonnia, depressione
o a emicrania.
Per la terapia della cefalea sono necessarie dosi di amitriptilina molto più
basse di quelle usate a scopo antidepressivo, e questo induce a pensare che
il meccanismo d’azione nei due casi sia diverso.
L’uso di amitriptilina è controindicato se sono presenti alcune malattie: le
aritmie cardiache, l’ipertrofia prostatica, il glaucoma e l’epilessia.
Gli effetti avversi più comuni sono l’aumento dell’appetito (e di conseguenza
del peso), la bocca secca, la stitichezza e la sonnolenza.
Per prevenire il più possibile questi effetti secondari, ed evitare che portino
a sospendere la terapia, questa dovrebbe iniziare assumendo dosi molto
basse (10 mg) prima di coricarsi; la dose può essere poi aumentata a poco
a poco, fino a raggiungere un miglioramento soddisfacente o a sviluppare
effetti collaterali non più sopportabili.
I farmaci antidepressivi non triciclici sono sicuramente meno efficaci di
quelli triciclici, ma hanno l’aspetto positivo di avere una minore frequenza di
effetti indesiderati; i più studiati sono mianserina, clomipramina, fluvoxamina,
mirtazapina e sulpiride, che hanno un’efficacia maggiore della paroxetina
e della venlafaxina.

La terapia e la profilassi della cefalea cronica


quotidiana
Non esistono linee guida basate su dati solidi di studi clinici controllati:
alcune ricerche, condotte però su un numero limitato di casi, suggerisco-
no che per il dolore acuto possano essere utili i triptani, anche se questi
farmaci di solito non vengono usati nella forma non cronica della cefalea
di tipo tensivo.
Per ridurre le recidive, invece, sembrano efficaci gli antidepressivi triciclici, il
topiramato, il clonazepam (Rivotril®), la tossina botulinica A e l’antiaritmico
mexiletina.

136
La prevenzione, la gestione e il trattamento della cefalea

La terapia della cefalea a grappolo


La prima cosa da tenere presente per gestire una cefalea a grappolo è che
si tratta di un disturbo di natura benigna e che è possibile prevenire o inter-
rompere gli attacchi. Si possono individuare, infatti, gli eventuali fattori che
scatenano le crisi e imparare a riconoscerli e a evitarli.
D’altra parte va considerato anche che, per il momento, non esiste alcuna
terapia in grado di prevenire i periodi attivi, né di modificare la storia naturale
della malattia.
L’obiettivo del trattamento è ridurre la gravità del mal di testa.
Tuttavia il dolore, per quanto molto forte e improvviso, può cessare in pochi
minuti, rendendo inutile – per mancanza del tempo necessario a entrare in
funzione – di farmaci analgesici come aspirina, paracetamolo e FANS.
Le terapie che si sono dimostrate più efficaci per il trattamento della fase
acuta sono:

• sumatriptan (Imigran®) iniettato sottocute, che riesce ad agire sul dolore


entro 10-15 minuti e ha effetto anche sull’allodinia (sensibilità eccessiva
della pelle al contatto o alla pressione);
• inalazione di ossigeno (ossigenoterapia).

Il sumatriptan in fiale ha una potenziale azione di riduzione dell’apporto di ossi-


geno ai tessuti (azione ischemizzante); per questo motivo è stato fissato un limite
di sicurezza in due fiale al giorno, per non più di 10 giorni al mese. Inoltre, è
possibile che si sviluppi una cefalea dovuta all’uso eccessivo proprio dei triptani.
Vi sono prove scientifiche che l’ossigeno al 100% ad alto flusso (9-15 litri al
minuto), erogato attraverso la cosiddetta “maschera di Venturi”, sia in grado
di far scomparire, o almeno attenuare in modo significativo, il dolore in circa
4 persone su 5 con cefalea a grappolo. L’efficacia di questa tecnica è simile,
quindi, a quella del sumatriptan iniettato sottocute alla dose di 6 mg.
L’ossigeno è stato inserito tra i farmaci di prima scelta nelle linee guida
dell’American Academy of Neurology, nell’ultima versione delle linee guida
della EFNS (Federazione Europea delle Società Neurologiche), nelle linee
guida della Società Italiana per lo Studio delle Cefalee (SISC) e dall’Agenzia
Nazionale per i Servizi Sanitari (AGENAS). A parità di efficacia con il suma-
triptan, l’ossigenoterapia presenta alcuni altri vantaggi:

• gli effetti collaterali sono transitori e proporzionali alla dose;


• è possibile l’uso ripetuto, importante nelle persone che hanno più di due
crisi al giorno;
• rappresenta un’alternativa ai triptani nelle persone che hanno controindica-
zioni a quei farmaci (per malattie cardiovascolari o cerebrovascolari);
• non porta alla forma cronica della cefalea.

137
Mal di testa

Alcune persone trovano efficaci, almeno in parte, per superare un attacco di


cefalea a grappolo altri rimedi non farmacologici, come bere molta acqua,
respirare aria fresca, raffreddare il corpo, bere caffè o bevande energetiche,
fare uno sforzo fisico impegnativo.
In tutti i casi, durante la fase attiva è importante evitare di consumare bevande
alcoliche, dato che l’alcol è un fattore che può scatenare le crisi ma che non
può essere contrastato dalle terapie di profilassi.
Per la prevenzione degli ulteriori attacchi, si possono usare, anche se il suc-
cesso non è garantito:

• il calcio antagonista verapamil;


• il carbonato di litio (per la forma diventata cronica);
• gli antiepilettici valproato di sodio e topiramato;
• il prednisone (solo per trattamenti preventivi a breve termine).

Tutti i farmaci usati per la cefalea a grappolo hanno potenziali effetti colla-
terali e possono essere controindicati per persone che soffrono di particolari
malattie o condizioni, per cui vanno assunti sotto il controllo del proprio
medico.
Raramente, e solo per i pazienti con forma cronica del tutto refrattari al tratta-
mento farmacologico, può essere consigliato l’intervento chirurgico sul nervo
trigemino, o sul sistema nervoso autonomo parasimpatico oppure sull’ipotalamo.

La prevenzione e la terapia
della cefalea da alta quota
La cefalea da alta quota fa parte dell’insieme dei sintomi del mal di montagna
acuto (AMS).
La migliore prevenzione del disturbo è il progressivo adattamento al cambio
di quota, secondo queste indicazioni generali:

• è preferibile non raggiungere le alte quote troppo velocemente, come av-


viene usando la macchina o l’aereo;
• se è inevitabile usare questi mezzi di trasporto, non bisogna salire un ulte-
riore dislivello nelle prime 24 ore;
• è preferibile non salire più di 300 metri al giorno e fermarsi almeno 24 ore
ogni 900 metri saliti; nelle ascensioni di grande impegno, si possono salire
più di 300 metri al giorno, ma tornando a dormire a un’altezza inferiore,
cioè salire in alto e dormire in basso;

138
La prevenzione, la gestione e il trattamento della cefalea

• se iniziano i sintomi del mal di montagna, non salire oltre fino a che non
sono scomparsi; se uno dei sintomi peggiora, scendere di quota prima pos-
sibile;
• fare una moderata attività fisica è meglio che dormire, perché durante il
sonno diminuisce la frequenza respiratoria;
• poiché il livello di energia ottenuto dalla nutrizione ad alta quota è sempre
inferiore all’energia spesa, è bene seguire un’alimentazione ipercalorica e
bere almeno 4 litri di liquidi al giorno (per evitare la disidratazione), evitando
gli alcolici.

Sforzi fisici, altitudine e radicali liberi


Oltre i 5.500 metri il corpo umano perde muscolatura, peso e neuroni: questo
degrado è tanto più veloce quanto più sono intensi gli sforzi compiuti e quanto
più tempo si rimane (e si dorme) in quota.
In generale, praticare sport estremi non produce effetti solo positivi, perché l’au-
mento del dispendio energetico accelera la velocità delle reazioni ossidative: nei
muscoli e nel cuore, il consumo di ossigeno può aumentare anche del 200% ri-
spetto ai periodi di riposo, con un incremento proporzionale della formazione di
radicali liberi (che può proseguire per 20 ore dopo la fine dell’esercizio). L’accumulo
di radicali liberi danneggia l’organismo, attivando i processi di invecchiamento, l’a-
terosclerosi, le neoplasie e la perdita di funzione dei sistemi nervoso e immunitario.
In situazioni fisiologiche, per evitare l’accumulo dei radicali liberi nell’organismo
e prevenire i danni da essi provocati, intervengono alcuni enzimi antiossidanti
(come le vitamine A, C ed E o il beta-carotene, presenti nelle verdure, nella frutta,
nei latticini e nell’olio di oliva) che hanno un ruolo di “spazzini”. Nel corso di uno
sforzo, i sistemi enzimatici di difesa aumentano nei tessuti che devono essere
maggiormente protetti, come i muscoli, il cuore e il fegato.
Inoltre, lo stress dovuto alla carenza di ossigeno in quota e allo sforzo fisico porta
alla liberazione delle riserve di ferro nell’organismo, per produrre emoglobina per
il sangue e mioglobina per i muscoli; in quota va quindi aumentato l’apporto di
ferro, mangiando carne o legumi. Non possono essere usati come fonte di ferro
gli spinaci e le noci, per via del loro alto contenuto di acido ossalico, che ostacola
l’assorbimento del ferro. Possono limitare l’assorbimento del ferro anche il latte
e i tannini, l’acido fitico e i polifenoli contenuti in alcuni frutti, nel thè e nel caffè
(da evitare durante o subito dopo i pasti nel corso di ascensioni ad alta quota).
Al contrario, la vitamina C, il fruttosio e l’acido citrico favoriscono l’assimilazione del
ferro: la quantità di acido ascorbico che si trova in un bicchiere di succo d’arancia
aumenta di tre volte l’assorbimento del ferro apportato da una colazione con cereali
e aumenta l’acidità gastrica che, a sua volta, potenzia l’assorbimento del ferro.

139
Mal di testa

Quando è possibile una salita lenta, si può evitare la profilassi farmacologica.


In alcune circostanze, tuttavia, i farmaci diventano necessari: se durante la
salita compaiono cefalea, nausea o altri sintomi di AMS, si deve assumere
acetazolamide (Diamox®, 250 mg due volte al giorno per circa tre giorni), un
farmaco che agisce aumentando l’eliminazione dai reni di bicarbonati, quindi
rendendo il sangue più acido; l’acidosi metabolica stimola la respirazione, che
è la chiave dell’adattamento.
Il farmaco può avere effetti collaterali, come una diuresi più abbondante, un
formicolio agli arti superiori e al viso, alterazioni del gusto e, raramente, un
offuscamento della vista.
Un altro farmaco che può essere assunto per qualche giorno all’inizio della
salita (4 mg due volte al giorno) è il desametasone, un cortisonico che dimi-
nuisce l’edema cerebrale e polmonare.
Acetazolamide e desametasone sono le uniche terapie efficaci per il mal di
montagna già comparso, in aggiunta all’adattamento o alla discesa.
L’ibuprofene (600 mg tre volte al giorno) può alleviare la cefalea, la nifedipina
(20 mg a lento rilascio tre-quattro volte al giorno) può diminuire la pressione
arteriosa polmonare (ma abbassa anche quella sistemica, dando una sensa-
zione di spossatezza), la furosemide (120 mg al giorno) aiuta il drenaggio di
liquido dai polmoni, l’ossigeno gassoso diminuisce l’ipossiemia.
È di recente introduzione la camera iperbarica portatile (Gamow bag), che
aumenta sensibilmente la concentrazione di ossigeno dell’aria respirata, simu-
lando la discesa a un’altezza inferiore. La borsa e la pompa insieme pesano
circa 6,5 kg; si può anche noleggiare per scalate brevi o per spedizioni, come
parte dell’equipaggiamento di soccorso.

La terapia dell’arterite
a cellule giganti
Per trattare l’arterite a cellule giganti, la prima scelta sono i farmaci corti-
costeroidi, perché alleviano rapidamente i sintomi e riducono l’incidenza
di complicanze. Proprio per questo motivo, è necessario iniziare la terapia
steroidea subito dopo la diagnosi o anche solo in casi di forte sospetto di
questo tipo di cefalea, ancora prima che la diagnosi venga confermata con la
biopsia dell’arteria temporale.
La dose iniziale di prednisone va da 40 a 60 mg in somministrazione singola
o divisa, nelle persone che non hanno sintomi visivi o neurologici. Invece, chi
ha una diminuzione della vista recente o in corso deve assumere inizialmente
un bolo intravenoso di metilprednisone (1g al giorno per tre giorni).

140
La prevenzione, la gestione e il trattamento della cefalea

Dopo due-quattro settimane, il dosaggio dei corticosteroidi viene ridotto;


la diminuzione di dose deve essere molto graduale, perché la sospensione
brusca fa ricomparire i sintomi. La terapia viene tenuta sotto controllo seguen-
do l’andamento, oltre che dei sintomi, della VES o della proteina C reattiva.
Spesso sono necessari due o tre anni di terapia per sconfiggere l’arterite, ma
alcune persone possono aver bisogno di basse dosi di corticosteroidi indefi-
nitamente: la misurazione dei livelli di interleuchina-6 dopo quattro settimane
di terapia potrebbe aiutare a identificare le forme gravi e resistenti.
Dopo la sospensione della terapia con corticosteroidi, inizia un periodo di
“osservazione” che dura circa 6 mesi; se la malattia ricompare, è necessario
riprendere il trattamento.
Negli anziani, il trattamento steroideo può avere molti effetti indesiderati, tra
i quali la ritenzione idrica, l’aumento dell’appetito e la confusione mentale.
Vanno tenute sotto controllo la pressione arteriosa, la glicemia e l’eventuale
comparsa di glaucoma e/o cataratta; inoltre, è importante un’anamnesi accurata
e gli opportuni test cutanei per escludere la presenza di una tubercolosi che
non presenta ancora sintomi.
Data la lunga durata della terapia cortisonica, devono essere comunque as-
sociati farmaci per la protezione dello stomaco (gastroprotettivi) e delle ossa
(calcio, vitamina D associati o meno ai bisfosfonati, in base ai valori della
densità ossea).
In caso di scarsa risposta agli steroidi o di effetti indesiderati è possibile intro-
durre farmaci che ne riducano il dosaggio, come il metotrexate o l’azatioprina.
Infine, sono stati sperimentati per il trattamento dell’arterite di Horton
numerosi farmaci biologici (anti-TNFα, anti-CD20, anti-recettore dell’IL6
tocilizumab); sia gli anti-TNFα sia il tocilizumab possono essere usati
nelle persone che hanno avuto due o più riacutizzazioni o recidive della
malattia nonostante un adeguato trattamento con steroidi e con uno o più
immunosoppressori.
Poiché chi soffre di arterite a cellule giganti ha un rischio cardiovascolare e
cerebrovascolare aumentato, è raccomandata l’assunzione di basse dosi di
aspirina (75-100 mg al giorno), se non ci sono controindicazioni al suo utilizzo.

Medicina naturale, alternativa


e complementare
Sono numerose le procedure di “medicina alternativa” proposte per il tratta-
mento della cefalea e analizzate, nel corso del tempo, per valutarne l’effica-
cia. Tra le tecniche valutate ci sono: agopuntura, aromaterapia, biofeedback,

141
Mal di testa

blocchi anestetici, chiropratica, immaginazione guidata, ipnosi, laserterapia,


manipolazioni e manovre varie, musicoterapia, osteopatia, postura capo-rachide
cervicale, pranoterapia, psicoterapia breve strategica, psicoterapia cognitivo-
comportamentale, reiki, riflessologia, rilassamento muscolare progressivo, shiatzu,
stimolazione magnetica transcranica, tecnica di Bowen, tecniche ortodontiche e
gnatologiche, TENS, terapia con animali, terapia chirurgica, terapia del sonno,
training autogeno, yoga.
Le ricerche effettuate non hanno evidenziato studi significativi per quan-
to riguarda aromaterapia, immaginazione guidata, ipnosi, laserterapia, reiki,
shiatzu, tecnica di Bowen e terapia con animali, che quindi non possono
essere suggerite per la terapia delle cefalee primarie.
Per le altre tecniche elencate sono state invece reperite alcune pubblicazioni
(fino al 2011) che ne hanno consentito, in qualche misura, una valutazione.
La valutazione, tuttavia, comporta molte difficoltà, perché:


• le tecniche possono essere svolte con modalità differenti, che non sempre
sono specificate;
• quando sono richieste più sedute, vi è spesso differenza nel loro numero
complessivo,
 nella durata e nella frequenza;
• è difficile attribuire la denominazione nelle varie lingue alla pratica in esame;
• manca il confronto con gruppi di controllo;
• non viene effettuato o riportato il follow-up (cioè la valutazione nel tempo
delle persone trattate);
• manca spesso una diagnosi precisa della forma di cefalea trattata;
• per la diagnosi viene usata una classificazione delle cefalee ormai superata.

Per quanto riguarda il trattamento della cefalea, in questo testo verranno prese
in considerazione solo l’agopuntura e il biofeedback.

L’agopuntura
L’agopuntura rientra nel gruppo delle tecniche di modulazione sensoriale, co-
me la TENS (stimolazione elettrica transcutanea) e l’applicazione del ghiaccio,
che sopprimono il dolore attraverso l’attivazione di meccanismi di inibizione
a livello dei neuroni.
Questa è la spiegazione scientifica attuale, ma le basi filosofiche tradizionali
della medicina cinese si fondano sul concetto che gli aghi sottilissimi introdotti
sottocute in particolari punti del corpo possano ripristinare l’equilibrio tra i
flussi yin e yang che scorrono in ipotetici canali detti “meridiani”.
È interessante notare che i punti d’inserimento corrispondono a punti trigger
noti alla medicina occidentale, stimolando i quali si attivano aree cerebrali
inibitrici.

142
La prevenzione, la gestione e il trattamento della cefalea

Le vie per le quali questo avviene non sono ancora state del tutto chiarite;
negli anni cinquanta è stato istituito, in Cina, un laboratorio di ricerca per
scoprire come funziona l’agopuntura e dare una spiegazione più scientifica
al sollievo dal dolore che, comunque, è reale.

Il biofeedback
Il BFB (cioè la restituzione delle informazioni dell’attività biologica) è una
tecnica comportamentale, inquadrabile nell’ambito della psicofisiologia appli-
cata, sviluppata negli Stati Uniti alla fine degli anni sessanta.
Consiste nell’apprendere come controllare, tramite il rilassamento, alcune
funzioni biologiche (per esempio la tensione muscolare, la temperatura cu-
tanea periferica o la frequenza cardiaca) che non possono essere controllate
volontariamente e che risultano alterate dalla cefalea o dagli stati ansiosi.
Per la terapia biofeedback viene utilizzato un elettromiografo con gli elettrodi
posizionati, con un cerotto, sul muscolo frontale della persona da trattare, che
è seduta su una poltrona reclinabile o sdraiata su un lettino, a occhi chiusi.
Lo strumento misura il livello di tensione muscolare; se la soglia fissata con-
venzionalmente viene superata, vengono insegnate tecniche specifiche per
abbassarla.
Al biofeedback si affiancano le tecniche di rilassamento più utilizzate in psi-
cofisiologia clinica: il training autogeno e il rilassamento progressivo.
Il primo deriva dalle esperienze di auto ipnosi dallo psichiatra tedesco Johannes
Heinrich Schultz, mirate al completo rilassamento. Gli esercizi di autosugge-
stione hanno l’obiettivo di indurre sensazioni di pesantezza e senso di calore
nelle braccia, nelle gambe e in tutto il corpo, senso di fresco alla fronte, re-
spirazione lenta e regolare.
Il rilassamento progressivo, invece, è una tecnica sviluppata negli anni trenta
dal fisiologo statunitense Edmund Jacobson, basata sulla convinzione che
all’assenza di attività muscolari, movimenti degli occhi e dei muscoli che per-
mettono di emettere suoni, corrisponda la calma psichica. Gli esercizi mirano
a far percepire le sensazioni mentali associate alla distensione e a utilizzarle
per indurre stati di rilassamento.

143
Pagina bianca
La meningite: sintomi,
9
diffusione e prevenzione

La meningite è un’infiammazione delle membrane (le meningi) che avvolgono


il cervello e il midollo spinale. La malattia è generalmente di origine infettiva
e può essere virale, batterica o causata da funghi, microrganismi che hanno
raggiunto un sito normalmente sterile. La forma virale, detta anche “meningite
asettica”, è quella più comune: di solito non ha conseguenze gravi e si risolve
nell’arco di 10 giorni, soprattutto se è provocata da enterovirus; tuttavia alcuni
tipi di virus, come quelli dell’Herpes simplex (HSV) e dell’HIV, richiedono l’in-
tervento con farmaci antivirali. La meningite causata da miceti (funghi) colpisce
quasi unicamente persone con sistema immunitario compromesso, come i malati
di AIDS; il responsabile di questa forma di meningite è il fungo Cryptococcus.
La meningite batterica è quella più grave. Tre tipi di batteri possono causarla:

• lo pneumococco (Streptococcus pneumoniae);


• l’emofilo (Haemophilus influenzae di tipo b);
• il meningococco (Neisseria meningitidis).

Lo pneumococco è il batterio responsabile della meningite più comune sia


tra i neonati sia tra i bambini piccoli e gli adulti e, generalmente, si sviluppa
a partire da un’infezione ai seni nasali o alle orecchie. Esistono più di 90 tipi
diversi di pneumococco. Tra gli adulti, una percentuale compresa tra il 5% e il
70% è portatrice del batterio, ma la profilassi antibiotica non è indicata per chi
è stato in contatto con una persona malata, poiché non si verificano epidemie.
Mal di testa

Un altro batterio che causa la meningite è l’Haemophilus influenzae di tipo b,


molto comune tra i neonati e i bambini. Fino alla fine degli anni novanta l’emofilo
era la causa più comune di meningite nei bambini fino a 5 anni.
Con l’introduzione della vaccinazione esavalente i casi si sono ridotti, ma l’attuale
tendenza di molti genitori a non sottoporre i figli alle vaccinazioni impedisce
la protezione completa contro questa forma di meningite. In caso di meningite
da emofilo, è indicata la profilassi antibiotica dei contatti stretti.
Infine, c’è la meningite batterica da meningococco (Neisseria meningitidis).
Il meningococco è presente in cinque sierogruppi: A, B, C, Y e W135.
In Italia e in Europa sono più frequenti i sierogruppi B e C, mentre in Asia
e in Africa è endemico il sierogruppo A (vedi il paragrafo “Quanto e dove
è diffusa” a pagina 147). Il meningococco è un batterio che risente delle
variazioni di temperatura e dell’ambiente secco e sopravvive solo per
pochi minuti fuori dell’organismo. La principale causa di contagio è rap-
presentata dai portatori sani del batterio nel naso e nella gola (che sono fino
al 30% della popolazione): solo nello 0,5% dei casi la malattia è trasmessa
da persone affette dalla malattia. La trasmissione avviene per via aerea, me-
diante le secrezioni del naso e della gola infette. Vengono colpiti soprattutto
i bambini sotto i 5 anni, ma anche gli adolescenti e i giovani adulti.
Lo sviluppo della malattia è favorito da:

• vita di comunità in nidi, scuole materne, collegi, colonie, dormitori univer-


sitari, caserme;
• condizioni di sovraffollamento, per esempio in aeroporti, cinema, locali
notturni;
• fumo ed esposizione al fumo passivo;
• infezioni delle prime vie respiratorie presenti contemporaneamente.

Il periodo d’incubazione è di 1-10 giorni e l’esordio è improvviso, con febbre,


cefalea intensa, rigidità nucale, nausea, vomito, sonnolenza o, al contrario,
convulsioni. Una diagnosi estremamente precoce e una corretta terapia (con
misure di sostegno per la funzionalità degli organi colpiti) possono favorire la
sopravvivenza e la guarigione. Tuttavia, nel 10-20% dei casi, nonostante una
terapia adeguata, la malattia è fatale in poche ore.

I sintomi
I sintomi possono essere solo neurologici, oppure possono verificarsi emor-
ragia o infarto delle ghiandole surrenali che portano a una insufficienza
surrenalica acuta.

146
La meningite: sintomi, diffusione e prevenzione

Questa condizione è caratterizzata da sepsi, shock (grave calo della pressione


arteriosa) e, nel 3% dei casi, dalla cosiddetta “coagulazione intravasale dis-
seminata”: l’infiammazione dell’endotelio (il rivestimento interno) dei piccoli
vasi determina emorragie cutanee oppure ostruzione dei vasi sanguigni, cui
consegue una cancrena dei tessuti periferici, che richiede interventi chirurgici,
fino all’amputazione di parte o di tutti gli arti.
Le persone colpite da meningite sono considerate contagiose per circa 24 ore
dall’inizio della terapia antibiotica specifica. Il rischio di contagio è comunque
basso, e i casi secondari sono rari. Il meningococco può però dare origine a
focolai epidemici.
Per limitare il rischio di casi secondari, è importante che i contatti stretti delle
persone con meningite effettuino una profilassi con antibiotici.
Vengono generalmente ritenuti contatti stretti:

• i conviventi, i compagni di classe e di ufficio;


• i frequentatori abituali della casa del malato;
• chi ha avuto contatti con la saliva del malato (attraverso baci, stoviglie,
spazzolini da denti, giocattoli) nella settimana precedente l’esordio della
malattia;
• i sanitari che sono stati direttamente esposti alle secrezioni respiratorie del
malato.

Quanto e dove è diffusa


I dati relativi alla diffusione della meningite sono disponibili su Epicentro,
il portale di epidemiologia a cura del Centro nazionale per la prevenzione
delle malattie e la promozione della salute dell’Istituto superiore di sanità
(www.epicentro.iss.it).

La meningite in Italia
Per quanto riguarda il meningococco, nel 2015 sono stati segnalati 196 casi di
malattia invasiva, con un’incidenza pari a 0,32 casi per 100.000. L’incidenza sta
aumentando di anno in anno (0,23 nel 2012, 0,29 nel 2013 e 0,27 nel 2014),
forse anche per il miglioramento delle capacità diagnostiche.
Nella maggior parte delle regioni l’andamento è piuttosto stabile, tranne in
Toscana dove sia i dati del 2015 sia quelli preliminari del 2016 indicano un
aumento significativo di casi di meningococco di tipo C negli adulti, che ha
portato la Regione a realizzare una campagna straordinaria di vaccinazione. 

147
Mal di testa

L’incidenza della malattia invasiva da meningococco è maggiore nella fascia


di età 0-4 anni e in particolare nel primo anno di vita, ma si mantiene elevata
fino alla fascia 15-24 anni e diminuisce dai 25 anni in poi.
Esaminando il numero assoluto di casi per sierogruppo, il meningococco B è
stato quello più frequente fino al 2014, mentre dal 2015 il più diffuso è il C, come
conseguenza dell’aumento dei casi registrato in Toscana a partire da quell’anno.
Per quanto riguarda invece lo pneumococco (Streptococcus pneumoniae),
nel 2015 sono stati segnalati 1.256 casi di malattia invasiva (sono stati 977 nel
2013 e 957 nel 2014).
Il maggior numero di casi si verifica negli anziani dopo i 64 anni di età e nei
bambini nel primo anno di vita.
In alcune regioni esiste un problema di mancata segnalazione o di mancata diagnosi,
tanto che il dato nazionale d’incidenza di malattia invasiva da pneumococco nel
2015 risulta di 2,07 casi per 100.000, mentre nelle regioni in cui la segnalazione
è più diffusa (Piemonte, Provincia autonoma di Trento, Provincia autonoma di
Bolzano, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna) l’incidenza
risulta più che doppia (4,04 casi per 100.000 nel 2015). Infine, per quanto riguarda
l’emofilo (Haemophilus influenzae di tipo b), nel 2015 sono stati rilevati 131 casi
d’infezione, un numero più o meno stabile negli ultimi anni. L’incidenza è più
elevata nel primo anno di vita e negli anziani, ma è comunque bassa in tutte le
fasce di età, grazie alle alte coperture vaccinali raggiunte in quasi tutte le Regioni.
Si tratta di un grande successo, dato che prima dell’introduzione della vaccina-
zione i casi da emofilo erano molto frequenti sia nei bambini sia negli anziani

La meningite in Europa
Nel 2012 sono stati riportati in Europa:

• 3.467 casi confermati di malattia invasiva da meningococco;


• 20.785 casi confermati di malattia invasiva da Streptococcus pneumoniae;
• 2.545 casi confermati di malattia invasiva da Haemophilus influenzae di tipo b.

I più colpiti sono i bambini sotto i cinque anni (5,1 casi/100.000), seguiti dai
ragazzi e giovani adulti della fascia 15-24 anni (1,11/100.000).
La malattia batterica invasiva da pneumococco è la più frequente tra le tre
malattie batteriche invasive sia nell’Unione europea sia in Italia. Nel 2012 sono
stati segnalati 4,28 casi per 100.000 abitanti; il tasso di segnalazioni è più alto
nella fascia oltre i 65 anni di età (12,12), nei bambini sotto i 5 anni (5,06) e
nella fascia di età 45-64 anni.
Infine, il tasso di notifica per la malattia invasiva da Haemophilus influenzae
di tipo b in Europa è compreso tra 0,49 e 1 per 100.000 abitanti, con valori
più alti tra i bambini sotto un anno di età e negli anziani oltre i 65 anni.

148
La meningite: sintomi, diffusione e prevenzione

La meningite nel mondo


I tassi più alti di meningococco si registrano nella cosiddetta meningitis belt
(cintura della meningite), che comprende i paesi dell’Africa subsahariana,
dal Senegal all’Etiopia. In questa zona, dove vivono circa 300 milioni di
persone, la malattia è endemica e la stagione secca favorisce la diffusione
della malattia. Nella meningitis belt il meningococco A è responsabile di
circa l’80-85% di tutti i casi di malattia, con intervalli di 7-14 anni tra un’e-
pidemia e la successiva.
Nei paesi ad alto reddito e a clima temperato, i casi di meningite sono spora-
dici (aumentano in inverno e primavera) e le epidemie importanti sono rare.
In Europa e negli Stati Uniti, la maggior parte dei casi è data dal meningococco
B e C, che hanno provocato epidemie in Canada e in Spagna negli anni novanta.
Negli ultimi anni, è stato registrato un numero elevato di casi (principalmente
dovuti al gruppo B) in Nuova Zelanda (2,7 casi ogni 100.000 abitanti).
In Asia, come in Africa, il sierogruppo A di Neisseria meningitidis è il più diffuso.
La maggior parte dei decessi causati da Haemophilus influenzae di tipo b
avviene nei paesi in via di sviluppo, ma il batterio può causare una malattia
grave nei bambini non immuni di ogni paese.
L’uso dei vaccini disponibili per lo Streptococcus pneumoniae ha ridotto in
maniera significativa il numero dei casi dovuti ai sierotipi inclusi nel vaccino
(come negli Stati Uniti o in Israele).
Negli Stati Uniti, i tassi di incidenza più alti si registrano tra i bambini con
meno di 2 anni d’età, sono minimi nel gruppo d’età 5-17 e aumentano dopo i
65 anni. Nel 2008, l’incidenza globale della malattia invasiva da pneumococco
negli Stati Uniti è stata di 14,5 casi su 100.000 abitanti.

Quando sospettare la meningite


nei più piccoli
La meningite nei bambini, e soprattutto nei neonati, è difficile da diagnosticare
anche da parte dei pediatri esperti, perché i sintomi sono sovrapponibili a
quelli di molte infezioni virali benigne. Alcuni sintomi e comportamenti del
bambino, specie se molto piccolo, possono indirizzare la diagnosi:

• in caso di meningite, anche i neonati e i bambini hanno febbre alta;


• il bimbo piange costantemente, spesso con un tono di voce più alto del
solito, è agitato e inconsolabile; anzi, a volte sembra non voler essere preso
in braccio;

149
Mal di testa

• un bambino generalmente attivo può manifestare improvvisa pigrizia e


sonnolenza, oppure non riesce a svegliarsi del tutto;
• il lattante può mettere una forza insufficiente nelle poppate e avere, quindi,
difficoltà a succhiare il latte;
• il bambino sembra avere difficoltà a muovere la testa, o il suo corpo sembra
rigido e teso oppure, se per età è in grado di esprimersi, ha dolore al collo
o alla schiena, oppure porta automaticamente i piedi al petto quando gli si
piega il collo in avanti, o ha dolore al collo quando piega le gambe;
• un bimbo piccolo può non essere in grado di raddrizzare le gambe quando
i fianchi sono piegati a 90°, al momento del cambio del pannolino.

La vaccinazione contro la meningite


Sono a rischio più elevato di meningite e quindi hanno indicazione alla vac-
cinazione:

• tutti i ragazzi dagli 11 ai 18 anni;


i militari in servizio attivo;
• chi è stato sottoposto a splenectomia (asportazione della milza);
• gli studenti che vivono nei collegi universitari;
• chi lavora in laboratori microbiologici;
• chi ha disturbi del sistema immunitario;
• chi si deve recare nei paesi in cui è in atto un’epidemia di meningite;
• chi è stato potenzialmente esposto alla malattia per contatto con una persona
con meningite accertata.

Sono oggi disponibili vaccini per la prevenzione delle infezioni da Haemophilus


influenzae di tipo b (Hib), da Neisseria meningitidis (meningococco) di tipo
A, B, C, Y, W135 e da alcuni sierotipi di Streptococcus pneumoniae (pneumo-
cocco). Questi vaccini sono efficaci già nel primo anno di vita.
Il vaccino contro l’Haemophilus influenzae di tipo b è disponibile in forma
singola oppure combinato nel vaccino esavalente.
Per quanto riguarda lo pneumococco, in Italia sono disponibili il vaccino
coniugato 13-valente e il vaccino 23-valente polisaccaridico: questi vaccini
proteggono, rispettivamente, da 13 e 23 sierotipi di pneumococco. Il vaccino
coniugato protegge dalla maggior parte dei tipi di pneumococco responsabili
delle infezioni gravi nei bambini, mentre il vaccino polisaccaridico 23-valente
non è indicato nei bambini al di sotto dei 2 anni perché ha una scarsa capacità
di protezione in questa fascia di età; è usato soprattutto nelle persone a rischio.
Per il meningococco, sono attualmente disponibili:

150
La meningite: sintomi, diffusione e prevenzione

3° 4° 5° 6° 11° 13° 15° adulto >64


mese mese mese mese mese mese mese anni
Vaccino anti
Haemophilus
influenzae tipo b
Vaccino anti
pneumococco
coniugato
Vaccino anti
meningococco
C o anti
meningococco
ACWY
coniugato
Vaccino anti
meningococco B

Fonte: modificata dal Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale 2017-2019

• il vaccino polisaccaridico contro i sierogruppi A, C e W 135, che viene som-


ministrato, in un’unica dose, solo dopo i 2 anni di età, perché prima non
garantisce la protezione;
• il vaccino monovalente coniugato contro il meningococco di gruppo C, che
può essere usato anche sotto i 2 anni;
• il vaccino coniugato contro i sierogruppi A, C, Y e W135, che può essere
usato a partire dall’età di 11 anni;
• il vaccino contro il meningococco di sierogruppo B, introdotto a partire dal
2014.

L’attuale Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2017-2019 pre-


vede l’offerta attiva dei vaccini contro le meningiti batteriche, in base a un
calendario vaccinale (vedi figura in alto).
Secondo il nuovo calendario vaccinale, nel primo anno di vita del bambino
vengono effettuati:

• il vaccino contro Haemophilus influenzae di tipo B, che è compreso nel ciclo


di vaccinazioni con esavalente: il ciclo inizia al 3° mese (61° giorno di vita);
• il vaccino anti pneumococco coniugato, che si fa possibilmente nelle stesse
sedute dell’esavalente, ma in un punto diverso;
• le 3 dosi iniziali del vaccino anti meningococco B (raccomandato per tutti i
nuovi nati); il ciclo deve essere iniziato il più presto possibile e completato

151
Mal di testa

nel primo anno di vita, dato che l’incidenza delle malattie causate da questo
tipo di meningococco è massima nei primi 2 anni di vita. Se il ciclo inizia
dopo il 6° mese, è possibile fare solo 3 dosi (le prime due dovrebbero essere
fatte al 7° e al 9° mese di vita).

Nel secondo anno di vita sono previsti:

• la dose di richiamo del vaccino esavalente (11°-13° mese) e, contempora-


neamente, quella del vaccino anti pneumococco coniugato;
• la quarta dose del vaccino anti meningococco B (o terza dose, nel caso di
schedula a 3 dosi);
• la vaccinazione anti meningococco C o contro i quattro tipi di meningococ-
co A, C, Y, W135 (tra il 13° e il 15° mese); il vaccino quadrivalente viene
proposto per dare ai bambini una protezione più ampia, anche per i ceppi
di meningococco ancora rari in Italia, ma che potrebbero diffondersi.

Nell’adolescenza va effettuata una dose di vaccino anti meningococco qua-


drivalente ACYW135.
Devono vaccinarsi sia i ragazzi che non hanno fatto da bambini il vaccino
contro il meningococco C o quadrivalente, sia quelli che hanno già ricevuto
una dose, perché la protezione tende a diminuire con il passare del tempo.
Per gli adulti (nella fascia di età 19-64 anni) è raccomandata la vaccinazione
anti pneumococcica.
In caso di situazioni a rischio, occorre effettuare anche la vaccinazione contro
il meningococco con il vaccino quadrivalente ACYW135.
Per gli anziani a partire da 65 anni è importante fare il vaccino anti pneumo-
cocco coniugato 13-valente, seguito da una dose di vaccino polisaccaridico
23-valente.
La vaccinazione può essere fatta contemporaneamente alla vaccinazione an-
tinfluenzale o indipendentemente in qualsiasi stagione dell’anno, ma in ogni
caso solo una volta nella vita.

152
Appendice 1
Centri di cura delle cefalee

Il seguente elenco, suddiviso per regione, è tratto dal sito dell’Associazione


Neurologica Italiana per la Ricerca sulle Cefalee (ANIRCef).
È consultabile all’indirizzo: www.anircef.it.

Abruzzo
Pescara
Ospedale civile – Neurofisiopatologia
Via Paolini
Tel. 085 4252884

Calabria
Catanzaro
Policlinico Universitario Azienda Ospedaliero-Universitaria Mater Domini –
Centro cefalee
Viale Europa
Tel. 0961 3647269; 0961 3647071
E-mail: centrocefalee@unicz.it
Mal di testa

Campania

Avellino
Azienda Ospedaliera San Giuseppe Moscati – Ambulatorio cefalee
Contrada Amoretta
Tel. 0825 203184

Eboli (Salerno)
Ospedale Maria SS. Addolorata – Divisione neurologica
Via Vignola
Tel. 0828 362111

Capodimonte
Istituto di diagnosi e cura Hermitage
Via Cupa delle Tozzole 2
Tel. 081 7483001
E-mail: centrocefalee@hermitagecapodimonte.it
Sito web: www.hermitagecapodimonte.it

Napoli
Seconda Università degli Studi – II Divisione di neurologia
Piazza Miraglia 2, I° Policlinico Padiglione 2
Tel. 081 5665090
E-mail: info@cefaleenapoli.it
Sito web: www.cefaleenapoli.it

Università Federico II – Dipartimento di scienze neurologiche


Via Sergio Pansini 5
Tel. 081 7463823

Vallo della Lucania (Salerno)


Ospedale San Luca – Servizio di neurofisiopatologia
Via F. Cammarota
Tel. 0974 711335

Emilia-Romagna
Bologna
Università di Bologna, Dipartimento di scienze biomediche e neuromotorie,
IRCCS Istituto delle scienze neurologiche – Centro per lo studio e la cura
delle cefalee e delle algie facciali
Via Altura 3

154
Appendice 1 – Centri di cura delle cefalee

Tel. 051 4966990


Sito web: www.dibinem.unibo.it

Cesena
Casa di cura San Lorenzino – Ambulatorio casa di cura privata convenzionata
Via Natale dell’Amore 15
Tel. 0547 361500
E-mail: info@sanlorenzino.it
Sito web: www.sanlorenzino.it

Forlì
Ospedale Morgagni Pierantoni
Viale Forlanini 34
Tel. 0543 735230
E-mail: neurolog@ausl.fo.it
Sito web: www.ausl.fo.it

Parma
Dipartimento di neuroscienze
Via Gramsci 14
Tel. 0521 704126
Sito web: www.ao.pr.it

Ravenna
Ospedale Santamaria delle croci, Azienda Unità Sanitaria Locale – Ambulatorio
per la diagnosi e terapia delle cefalee
Viale Randi 5
Tel. 0544 285521

Reggio Emilia
Casa di cura polispecialistica Villa Verde, struttura privata convenzionata con
il Servizio Sanitario Nazionale
Viale Lesio Basso 1
Tel. 0522 328611
E-mail: info@villaverde.it
Sito web: www.villaverde.it

Friuli-Venezia Giulia
Udine
Azienda Ospedaliero-Universitaria – Clinica neurologica, SOC Clinica neuro-
logica e neuroriabilitazione

155
Mal di testa

Piazzale Santa Maria della Misericordia 15


Tel. 0432 989336
E-mail: clinicaneurologica@aoud.sanita.fvg.it

Lazio
Aprilia (Latina)
Centro SA.NA., Reparto di struttura privata accreditata
Via Peschiera 10
Tel. 06 92707922

Frosinone
Ospedale “F. Spaziani”, Azienda Sanitaria Locale – UOC di Neurologia
Via Armando Fabi
Tel. 0775 1883516
E-mail: neurologia.hfr@aslfrosinone.it
Sito web: www.asl.fr.it

Latina
Ospedale Santa Maria Goretti – UOC di Neurologia
Via G. Reni 1
Tel. 0773 6553606

Roma
IRCCS San Raffaele – Unità per la diagnosi e la terapia delle cefalee e del dolore
Via della Pisana 235
Tel. 06 52252477; 892289 (CUP)
Sito web: www.sanraffaele.it

Ospedale San Filippo Neri, ASL Roma 1 – UOC Neurologia


Via Giovanni Martinotti 20
Tel. 06 33063799
Sito web: www.sanfilipponeri.roma.it; www.aslroma1.it

Università campus bio-medico


via Alvaro del Portillo 200
Tel. 06 225411220
Sito web: www.policlinicocampusbiomedico.it; www.unicampus.it

AO Sant’Andrea, Facoltà di medicina e psicologia dell’Università di Roma Sapienza


Via di Grottarossa
Tel. 06 333775377; 06 333775382; 06 333775902

156
Appendice 1 – Centri di cura delle cefalee

Sora (Frosinone)
Ospedale “SS Trinità” – Servizio psichiatrico diagnosi e cura
Località S. Marciano
Tel. 0776 8294144

Liguria
Genova
Dipartimento di scienze neurologiche, oftalmologia e genetica –
Clinica neurologica II
Via De Toni 5
Tel. 010 3537046
Sito web: www.neurologia.unige.it

La Spezia
Ospedale civile S. Andrea – UO di Neurologia
Via Veneto
Tel. 0187 533314

Sestri Ponente (Genova)


ASL 3 Genovese, Ospedale “Padre Antero Micone” – Dipartimento di Neurologia,
Centro cefalee
Via Domenico Oliva 6
Tel. 010 6448338
Sito web: www.neurologia.asl3.liguria.it

Lombardia
Bergamo
Casa di Cura S. Francesco
Struttura privata accreditata con il Servizio Sanitario Nazionale –
Centro cefalee
Via 4 Novembre 7
Tel. 035 2811619
E-mail: clienti@cdcsanfrancesco.it

Ospedali Riuniti – UO di Neurologia


Largo Barozzi 1
Tel. 035 269471
Sito web: www.ospedaliriuniti.bergamo.it

157
Mal di testa

Brescia
Ospedali Civili – UO I Neurologia
Piazza Spedali Civili 1
Tel. 030 3995583; 030 224466 (CUP)
Sito web: www.spedalicivili.brescia.it

Desio (Monza-Brianza)
Ospedale di Desio – Ambulatorio cefalee, UO di Neurologia
Via Mazzini 1
Tel. 0362 383306

Gallarate (Varese)
Azienda Ospedaliera S.A. Abate – UO di Neurologia
Via Pastori 4
Tel. 0331 751145

Garbagnate Milanese (Milano)


Azienda Ospedaliera “G. Salvini” – Unità Operativa di Neurologia
Viale Forlanini 121
Tel. 02 99513220

Lecco
Ospedale “Alessandro Manzoni” – Centro cefalee
Via Dell’Eremo 9/11
Tel. 0341 489 979

Milano
AO Ospedale Niguarda Ca’ Granda
Piazza Ospedale Maggiore 3
Tel. 02 64442348
E-mail: neurologia@ospedaleniguarda.it
Sito web: www.ospedaleniguarda.it

Polo universitario San Paolo, AO San Paolo – Clinica neurologica, III


Via di Rudinì 80
Tel. 02 81844569

Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli e oftalmico – Ambulatorio cefalee


Corso di Porta Nuova 23
Tel. 02 63632425; 02 63632419
Sito web: www.fbf.milano.it

158
Appendice 1 – Centri di cura delle cefalee

Casa di cura Igea, Struttura privata convenzionata con il Servizio Sanitario


Nazionale
Via Marcona 69
Tel. 02 701421
E-mail: segreteria@casadicuraigea.it
Sito web: www.casadicuraigea.it

ASST FBF-Sacco, Ospedale Luigi Sacco, Cattedra di neurologia, Università


degli Studi di Milano – Centro per lo studio e il trattamento delle cefalee, UO
di Neurologia
Via G.B. Grassi 74
Tel. 02 39042399 (ambulatori); 02 39042317 (reparto)

Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico “Carlo Besta” – Centro cefalee


Via Celoria 11
Tel. 02 70631911
Sito web: www.istituto-besta.it

IRCCS Istituto Auxologico Italiano, Università degli studi di Milano –


UO di Neurologia, Reparto universitario in struttura privata accreditata
Piazzale Brescia 20
Tel. 02 619112937
Sito web: www.auxologico.it

IRCCS Ospedale San Raffaele


Via Olgettina 48
Tel. 02 26432813

Ospedale San Carlo Borromeo, UOC Neurologia e Stroke unit – Centro cefalee
Via S. Pio II 3
Tel. 02 40222409
E-mail: seg.neurologia@sancarlo.mi.it

Monza
Azienda Ospedaliera San Gerardo
Via Pergolesi 33
Tel. 039 2333616
E-mail: clinica.neurologica@hsgerardo.org

Istituti Clinici Zucchi, Gruppo San Donato – Poliambulatorio di struttura pri-


vata accreditata
Via Zucchi
Tel. 039 83831

159
Mal di testa

Paderno Dugnano (Milano)


Clinica “S. Carlo”, Struttura privata accreditata – Centro per la diagnosi e cura
delle cefalee e prevenzione delle malattie cerebrovascolari
Via Ospedale 21
Tel. 02 990381
Sito web: www.clinicasancarlo.it

Ponte San Pietro (Bergamo)


Policlinico San Pietro – Unità Operativa di Neurologia
Via Forlanini 15
Tel. 035 604266

Rozzano (Milano)
Istituto Clinico Humanitas, Reparto di struttura privata accreditata
Via Manzoni 56
Tel. 02 8224.4600

Saronno (Varese)
Ospedale Di Saronno, Azienda Ospedaliera di Busto Arsizio
Piazza Borella 1
Tel. 02 9613457

Sondrio
Azienda Ospedaliera Valtellina e Valchiavenna
Via Stelvio 25
Tel. 0342 521330
E-mail: neurologia2.so@aovv.it
Sito web: www.aovv.it

Marche
Ancona
Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti – Clinica neurologica
Via Conca 71
Tel. 071 5964590

Civitanova Marche (Macerata)


Casa di cura Villa Dei Pini, Ambulatorio privato presso struttura privata ac-
creditata – Centro cefalee
Viale dei Pini 31
Tel. 0733 7861
Sito web: www.casadicuravillapini.it

160
Appendice 1 – Centri di cura delle cefalee

Piemonte
Torino
Ospedale Mauriziano – Ambulatorio per la diagnosi e cura delle cefalee
Via Magellano 1
Tel. 011 5082470
E-mail: medicina2@mauriziano.it
Sito web: www.mauriziano.it

Dipartimento di Discipline Ginecologiche e Ostetriche – Centro cefalee della donna


Via Ventimiglia 3
Tel. 011 355023

Presidio Ospedaliero Gradenigo – Struttura Semplice di Neurologia


Corso Regina 10
Tel. 011 8151401
E-mail: servizio.neurologia@h-gradenigo.it

Asti
Ospedale Cardinal Massaia, Azienda Sanitaria Locale di Asti – SOC di Neurologia
Corso Dante Alighieri 202
Tel 0141 487501; 0141 487513

Mondovì (Cuneo)
Ospedale Regina Montis Regalis – SC di Neurologia
Via San Rocchetto 99
Tel. 0174 677283
E-mail: neurologia.mondovi@aslcn1.it
Sito web: www.aslcn1.it

Orbassano (Torino)
Azienda Ospedaliero-Universitaria “San Luigi Gonzaga” – SCDU di Neurologia
Regione Gonzole 10
Tel. 011 9026302

Sardegna
Cagliari
Presidio Ospedaliero San Giovanni Di Dio – Centro per lo studio e la terapia
delle cefalee primitive “F. Tocco”
Via Ospedale 46
Tel. 070 6092320; 070 6092438

161
Mal di testa

Ghilarza (Oristano)
ASL 5 Oristano, Distretto Ghilarza-Bosa, Poliambulatorio Ghilarza –
Ambulatorio per le cefalee di I livello
Via Santa Lucia, 54
Tel. 0785 560337
Sito web: asloristano.it/distretti

Sassari
Azienda Ospedaliera-Universitaria di Sassari – UO Centro di diagnosi e cura
delle cefalee
Viale San Pietro 10
Tel. 079 228233

ASL 1 Sassari – Reparto ospedaliero


Via Monte Grappa 82
Tel. 079 2061075

Sicilia
Acireale (Catania)
Azienda Sanitaria Provinciale di Catania, Reparto ospedaliero Ospedale
S. Marta e S. Venera – UOC di Neuropsichiatria infantile
Via Caronia
Tel. 095 7677050; 095 7677128

Caltagirone (Catania)
Azienda Ospedaliera “Gravina e Santo Pietro”
Via Porto Salvo 2
Tel. 0933 39219
Sito web: www.ospedalegravina.it

Catania
Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico “V. Emanuele” –
Clinica neurologica
Via Santa Sofia 78
Tel. 095 3782783
E-mail: neurologia@unict.it
Sito web: www.policlinico.unict.it

Casa di cura Carmide, Villa L’ulivo, Struttura privata accreditata


Via Feudogrande 13
Tel. 095 7529183

162
Appendice 1 – Centri di cura delle cefalee

Messina
Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico “G. Martino” –
Centro di riferimento regionale per la diagnosi e terapia delle cefalee
Via Consolare Valeria
Tel. 090 2212956; 090 2212955
Sito web: www.unime.it

Palermo
Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “P. Giaccone” –
UO di Neurologia e Patologie Cognitive, reparto universitario
Via Gaetano La Loggia 1
Tel. 091 6555121

Centro Salus – Ambulatoro di struttura privata autorizzata


Via Pacinotti 18
Tel. 091 6824680
E-mail: info@centrosaluspalermo.it
Sito web: www.centrosaluspalermo.it

Siracusa
UOC Medicina Interna – Reparto ospedaliero Ambulatorio per lo studio
delle cefalee
Via Testaferrata 1
Tel. 0931 724072

Azienda Sanitaria Locale – Unità Operativa di Neurologia


Contrada Pizzuta Presidio Ex ONP
Tel. 0931 484063; 0931 484064
Fax 0931 484632

Toscana
Empoli (Firenze)
Ospedale San Giuseppe – UOC di Neurologia
Viale Boccaccio 20
Tel. 0571 7051
E-mail: neuro@usl11.tos.it
Sito web: www.usl11.toscana.it

163
Mal di testa

Valle d’Aosta
Aosta
Ospedale Regionale della Valle D’Aosta, SC di Neurologia –
Centro regionale cefalee
Viale Ginevra 3
Tel. 0165 543326
Sito web: www.ausl.vda.it

Azienda USL Valle D’Aosta – Struttura alta specializzazione neurologia


territoriale
Via Guido Rey 1
Tel. 0165 544508
Sito web: www.ausl.vda.it

Veneto
Mestre (Venezia)
Ospedale Villa Salus – Ambulatorio di struttura privata accreditata
Via Terraglio 114
Tel. 041 2906411
E-mail: ambcefalee@ospedalevillasalus.it

Ospedale di Verona – Terapia antalgica e centro cefalee


Piazza Aristide Stefani 1
Tel. 045 8122056; 045 8122681

Ospedale S. Bortolo, ULSS 6 Vicenza


Viale Ridolfi 37
Tel. 0444 753675
E-mail: segreteria.neurologia@ulssvicenza.it

164
Appendice 2
Bibliografia
e siti d’interesse

Libri
Andrew R. et al., “The dorsal posterior insula subserves a fundamental role in
human pain”, Nature Neuroscience 2015; 18:499-500.

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Benedetti F. et al., “Nonopioid placebo analgesia is mediated by CB1 canna-


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State of the Art Reviews 2010;21:446-56.
Mal di testa

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166
Appendice 2 – Bibliografia e siti d’interesse

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Mal di testa

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www.sisc.it

Sezione campana della SISC


www.cefaleecampania.it

Società italiana di neurologia


www.neuro.it

Società dei neurologi, neurochirurghi e neuroradiologi ospedalieri


www.snoitalia.org

Società italiana di neurofisiologia clinica


www.sinc-italia.it

169
Mal di testa

Associazione italiana neurologi ambulatoriali e territoriali


www.ainat.it

Società italiana di riabilitazione neurologica


www.sirn.net

Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza


www.sinpia.eu

Associazione italiana per lo studio del dolore


www.aisd.it

Società italiana di farmacologia


www.sifweb.org

Società italiana di neuropsicofarmacologia


www.sinpf.it

Società italiana di medicina interna


www.simi.it

Federdolore – Società italiana dei clinici del dolore


www.federdolore-sicd.it

Società italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva


www.siaarti.it

Centro Italiano di Ricerche in Neuroscienze Avanzate (CIRNA ONLUS)


www.cefalea.it

Associazione Italiana per la Lotta contro le Cefalee (AIC ONLUS)


http://www.malditesta-aic.it

Comunità “Grappolaiuto” per la cefalea a grappolo


www.grappolaiuto.it

Associazione Neurologica Italiana per la Ricerca sulle Cefalee


www.anircef.it

EpiCentro (meningite)
www.epicentro.iss.it/problemi/meningiti/meningite.asp

170
Appendice 2 – Bibliografia e siti d’interesse

Siti internet in inglese


International Headache Society (IHS)
www.ihs-headache.org

Consigli dalla Mayo Clinic


www.mayoclinic.org/diseases-conditions/migraine-headache/basics/
lifestyle-home-remedies/con-20026358

European Headache Federation


www.ehf-org.org

European Federation of Neurological Societies


www.efna.net

American Headache Society


americanheadachesociety.org

National Headache Foundation


www.headaches.org

American Academy of Neurology


www.aan.com

International Association for the Study of Pain


www.iasp-pain.org

World Institute of Pain


www.worldinstituteofpain.org

Lifting the burden – The Global Campaign against Headache


www.l-t-b.org

Cephalalgia (rivista ufficiale della International Headache Society)


http://journals.sagepub.com/home/cepa

171
Pagina bianca
Indice analitico

A-B da crisi ipertensiva senza


encefalopatia, 120
Agopuntura, 27, 141-143
da difetti dell’omeostasi, 107, 119
Alcol, 36, 38, 51, 54, 55, 76, 95, 103, 106,
da diminuzione della pressione
116, 125, 138, 139
liquorale, 114
Arterite a cellule giganti, 55, 108-110, da disturbi vascolari non traumatici, 108
127, 140, 141 da ematomi post traumatici, 108
Aura, vedi Emicrania da encefalopatia ipertensiva, 106, 120
Bambini, 11, 35, 51, 81, 82, 101, 113, 117, da infiammazione delle meningi,
130, 131, 145, 146, 148-150, 152 107, 118
Biofeedback, 124, 141-143 da interventi sui vasi sanguigni della
testa, 110
da ipotensione endocranica, 56
C da neoplasia intracranica, 56
Cefalea da stimolo freddo, 99, 102
a grappolo, 32, 38-40, 41, 42, 45, 46, da trauma cranico, 107
51-53, 55, 64, 65, 93, 94, 98, 99, 104, da trombosi del seno venoso
107, 127, 137, 138 cerebrale, 111
associata ad attività sessuale, 66, 102 da weekend, 34, 103
classificazione, 40-42, 65, 70, 72, 81, 89, di tipo tensivo, 37, 38, 42, 52, 65, 73,
90, 94, 99, 100, 142 83, 84, 89, 90
cronica quotidiana, 91, 99, 136 endocranica, 52, 56
da abuso o sospensione di sostanze ipnica, 12
o di farmaci, 115 muscolo-tensiva, 12, 32, 37, 38, 45,
da alta quota, 119, 138 55, 64
da arterite a cellule giganti, 109 nummulare, 99, 102
da aumento della pressione, 112 post convulsiva, 114, 115
Mal di testa

primaria da attività fisica, 66, 101 imaging, 59, 75


primaria da tosse, 66, 100, 130 rachicentesi, 17, 56, 62, 63
primarie, 32, 41-43, 45, 49, 64-66, 93, tomografia computerizzata, 60, 61, 109
96, 99-104, 126, 127, 142
secondarie, 32, 41, 42, 55, 66, 67, 73,
105-120 F-G
trafittiva, 66, 99, 102 Farmaci, 12, 13, 36, 42, 47, 48, 52, 61, 64, 76,
Cervello, 14, 15, 17-19, 22, 29, 31, 33, 39, 78, 84, 85, 88-90, 92, 95, 100, 101, 106,
52, 61, 63, 86, 108, 109, 111, 117-119, 107,115, 116, 122, 125-138, 140, 141, 145
127-129, 145 Gravidanza, 20, 37, 61, 72, 113, 117, 133-135
Cranio, 13-16, 23, 24, 32, 33, 37, 41, 52,
59-61, 65, 66, 76, 91, 94, 97, 101, 103,
105, 107, 109, 111, 113, 125, 129 H-I
Horton, 12, 55, 141
D Idrocefalo, 113, 114
Infarto emicranico, 70, 75, 85
Diagnosi, 17, 40-42, 45-67, 69, 72, 73, 78, Intossicazione da monossido di carbonio,
81-83, 90, 92, 94, 97-100, 106, 108, 110, 116, 117
106, 108, 110, 112, 125, 126, 140, 142,
146, 148, 149
Diario, 47-50, 73, 123, 125, 135 M
Dolore, 11-13, 15, 19, 21, 23, 26, 27,
29-32, 34, 35, 37-39, 42, 43, 46, Malattie associate, 85
48-60, 63-65, 67, 71-77, 79-82, Mal di testa
84, 89-98, 100-112, 114, 115, 118, da digiuno, 34, 36, 53, 61, 120, 123
121-124, 127, 129, 131, 134, 136, cause, 30-32
137, 142, 143, 150 Medicina naturale, 141
intensità, 43, 47-50, 52-61, 65, 72, 73, Melatonina, 39, 40, 94, 104
79, 82, 84, 87, 88, 91, 92, 99, 108, 120, Meningite, 145-152
129, 132 Migralessia, 85
percezione, 30, 31, 38, 57, 74, 78
P-R
E Pervietà del forame ovale, 87
Placebo, 34, 130, 131
Elettroencefalogramma, vedi Esami
Emicrania, 12, 13, 32-38, 41-43, 46, 50-54, Prevenzione, 61, 79, 87, 121-143, 147,
56, 63-66, 69, 88, 90, 91, 93, 94, 96-98, 150, 151
100, 103, 104, 107, 111, 114-118, Rachicentesi, vedi Esami
120-123, 125, 127-130, 132-136 Rimedi, 42, 122, 126, 127, 134, 138
complicanze, 84-85
con aura, 13, 37, 70, 73, 77, 82, 83, 85,
87, 88 S
cronica, 83-84 Sindrome
dell’età evolutiva, 81 del formaggio, 79
forme rare, 82-83 del ristorante cinese, 80
senza aura, 37, 42, 64, 70, 72, 81, 83, di Alice nel paese delle meraviglie, 78
84, 87, 90 di vasocostrizione cerebrale
Encefalo, 16, 18-20, 24, 32, 33, 60-62, 73, reversibile, 101
88, 95, 98, 104, 106, 120 Sintomi
Epilessia, 70, 73, 77, 82, 85, 86, 114, 136 arterite a cellule giganti, 55
Esami cefalea a grappolo, 53, 55
diagnostici strumentali, 59-62 emicrania, 52-55
elettroencefalogramma, 62, 104 muscolo-tensiva, 55

174
Indice analitico

Sistema nervoso
autonomo, 17, 25, 29, 39, 138
periferico, 22, 128
Sonno, 19, 21, 33, 34, 36, 37, 39-41, 43,
50, 51, 53, 54, 74, 81, 84, 95, 103, 104,
119, 120, 122, 123, 128, 139
Stato emicranico, 70, 84
Stress, 13, 20, 34, 36, 53, 54, 65, 81, 89,
95, 122, 124, 128, 139

T-V
Terapia
dell’arterite a cellule giganti, 140-141
della cefalea a grappolo, 137
della cefalea cronica quotidiana, 136
della cefalea da alta quota, 138
della cefalea di tipo tensivo, 134, 135
dell’emicrania nei bambini, 130
Tomografia computerizzata, vedi Esami
Trattamento
dell’attacco acuto, 128, 134
Trigemino, 23, 24, 32, 33, 36, 37, 39, 40,
58, 76, 94-97, 100, 128, 129, 138
Vento, 35, 36, 43, 53

175

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