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Jerzy Zi^ba

per pazienti
per genitori
per medici
per tutti coloro che tengono alla loro salute

Applicare la conoscenza contenuta in queste pagine previene e guarisce.


È una lettura appassionante, non solo per il suo contenuto,
ma anche per la forma in cui è stata scritta.
Dr. RataI Baron

Ringrazio l'autore per il libro interessante e di raro valore, essenziale, un libro


che è fonte preziosa di informazioni insolitamente interessanti sia per pazienti
che per medici.
Antoni Krasicki, dottore in medicina
Indice

Recensioni................................................................................................. 11

Dall’a u to re ................................................................................................. 17

Ringraziamenti (vi prego le g g e te ).......................................................... 21

Introduzione.............................................................................................. 25
• Che cosa è, e che cosa dovrebbe essere la m e d icin a ............. 30
• Terapia dei sintomi. E le c a u s e ? ................................................. 48
• Terapia o fonte di problemi ancor più g ra v i? .............................. 56
• L'industria farmaceutica è l’artefice del m a le ? .......................... 60
• PubMed (Mediine) ti dirà la verità?............................................... 68
• Il sistema im m unitario................................................................... 71

Vitamina C: il volto sconosciuto............................................................. 77


• Di quanta vitamina C abbiamo veramente bisogno?................. 79
• La natura bifasica dell’eliminazione della vitamina C ................. 80
• Quanto tempo la vitamina C “sopravvive”
nel nostro organism o?................................................................... 80
• Come il sistema digerente tollera la vitamina C .......................... 86
• La vitamina C rimuove i metalli pesanti....................................... 88
• Tossicità della vitamina C: il mito sfatato..................................... 89
• Vitamina C e calcolosi.................................................................. 93
• Altri effetti collaterali....................................................................... 95
• Farmacocinetica della vitamina C
(solo per gli interessati)...................................................................101
• Endovena? Ma com e?.....................................................................104
• Vitamina C e tu m o ri......................................................................... 121
• Vitamina C e chemioterapia............................................................ 130
• A v v e rs a ri.......................................................................................... 140
• R ie pilogo.......................................................................................... 144
8

Vitamina D: fatti e leggende m etropolitane........................................... 147


• Vitamina D: prevenzione di malattie croniche e tu m o ri............... 151
• Tossicità della vitamina D: miti s fa ta ti...........................................156
• Tipi di vitamina D ............................................................................. 163
• Il sole è la migliore fonte di vitamina D.
Ma... come beneficiarne in modo s ic u ro ? .................................... 164
• R ie p ilo g o .......................................................................................... 175

Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 ........................................... 177


• Vitamine K2-MK7 e K 2-M K 4..........................................................214
• Vitamina K2-MK4............................................................................. 215
• Vitamina K2-MK7............................................................................. 216
• R ie p ilo g o ..........................................................................................235

La vitamina A: che cosa non sappiam o................................................. 237


• L’esame del livello della vitamina K 2 .............................................243
• R ie p ilo g o .......................................................................................... 251

La Vitamina E che non conosciamo........................................................253


• Vitamina E: colesterolo e tu m o ri................................................... 260
• R ie p ilo g o ..........................................................................................270

Minerali: il loro significato per la salute deH’u o m o ................................ 273

Iodio e malattie della tiroide:


lo scadimento della medicina contemporanea.......................................277
• Iodio: una forma sicura e una pericolosa...................................... 279
• Iodio: terapia delle “inguaribili" malattie della tiro id e ...................284
• “Effetto Wolff-Chaikoff”: un imbroglio ossequiato
dalla medicina ancora o g g i............................................................297
• Terapia della tiroide - un passo indietro della medicina
contem poranea...............................................................................302
• Influenza dello iodio sul metabolism ormonale. E che a ltro ? .. . 307
Indice 9

Grassi: argomento semplice, ma poco co no sciu to ................................ 315


• Leggende metropolitane sugli Acidi Grassi Insaturi Essenziali:
SMENTITE........................................................................................322
• Che cosa sono Primari e Derivati EFA Insaturi............................324
• Un ruolo sconosciuto dei grassi Primari:
Omega 3 e Omega 6. Quali sono m igliori?.................................. 335
• R ie p ilo g o ..........................................................................................337

Conclusione................................................................................................ 339

Per il futuro.................................................................................................. 345


Recensioni

Per un medico interessato non solo a curare il paziente, ma soprattutto


a guarirlo, non c'è situazione migliore dell’essere contattato da persona
interessata alla propria salute, al funzionamento del proprio organi­
smo e capace di essere di aiuto. Un paziente così diventa partecipante
attivo del processo terapeutico. Diverso è il paziente passivo,
che sembra farsi trasportare da una specie di corrente “farmaceutico-
alimentare", sicuro che - all’apparire di eventuali problemi di salute - il
medico, grazie a una bianca pillola o a un magico liquido, o anche a un
intervento chirurgico, ricondurrà i processi fisiologici sul giusto binario e...
“tutto sarà come prima”. Non c’è niente di più sbagliato: senza la partecipa­
zione attiva del paziente il processo di guarigione non sarà mai efficace
e definitivo. La terapia non è una procedura astratta, non è il gioco di un
giocoliere con i farmaci, anche se oggi, molto spesso, tutto questo sembra
proprio così. La terapia è la restituzione di forze vitali molto concrete e il
raggiungimento dello stato di equilibrio iniziale perché l’organismo possa
cavarsela benissimo da solo. E così come la malattia di solito non è “una
sorpresa” che sopraggiunge da un giorno all’altro (anche se la diagnosi di
per sé può esserlo), così anche il ritorno allo stato di salute è un processo.
Un processo che dipende dalla rimozione dei fattori che hanno portato allo
sviluppo del disturbo, ma anche dall'integrazione di quelle sostanze la cui
carenza ha impedito l’autodifesa all'organismo.

Proprio di questo parlerà il libro “Terapie occultate”. Per alcuni lettori il titolo
può suonare forse come “divagazioni su teorie complottistiche”. Invece,
grazie all’eccezionale talento di un autore-ricercatore, abbiamo un testo
ben documentato, ricco di straordinariamente importanti, ma attentamente
nascosti, risultati di ricerche. Non si basa su supposizioni, notizie casuali
o pensieri di augurio, ma è frutto di una ricerca condotta e raccolta in
diversi angoli del mondo, offerta al lettore in modo tale che la lettura sia
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intrigante dalla prima all’ultima pagina. È una raccolta di alcune - a volte un


po’ sarcastiche - descrizioni di quegli “elementi" richiesti disperatamente
dal nostro organismo, la cui carenza non permette l’uso di quell'arma così
geniale, “corredo” di ogni uomo: il sistema immunitario (e anche di questo
si parla). Questa lettura appassionante e rivelatoria conduce il lettore nel
mondo dei più importanti micro e macro elementi alimentari, come, per
esempio, vitamine, minerali o grassi. I lettori non si rendono conto di che
cosa riesce a fare, per esempio, la vitamina C, in giuste dosi ovviamente,
oppure quanto efficace e indispensabile sia la vitamina D nel determinare
il corretto metabolismo in tanti casi. A proposito, i lettori conoscono il livello
di questa vitamina nel proprio organismo? Il libro da una parte dimostra
come la carenza di queste sostanze sia devastante per l’organismo umano,
e dall’altra quanto tutto ciò che riguarda la nostra salute dipenda da noi
stessi, e quale immensa forza abbia l’integrazione degli elementi carenti.
Si parla di fondamentali elementi alimentari abitualmente trascurati. Si
può dire che “un paziente statistico" ne ha sentito parlare tante volte ma
- paradossalmente - si è desensibilizzato di fronte a queste informazio­
ni, essendo il loro ruolo semplicemente banalizzato. E invece possiamo
vedere che il loro significato è fondamentale e rivoluzionario. Applicare la
conoscenza contenuta in queste pagine previene e guarisce. Questi due
processi passano fluidamente da uno all'altro a seconda dell’intensità del
disturbo dell’omeostasi dell'organismo umano.

Al concetto di “prevenzione” è legato uno dei momenti chiave nella mia


carriera medica: l'incontro con il primario del reparto di Cardiologia dell’o­
spedale francese in cui ho lavorato. Probabilmente lo stesso interessato
non si rese conto del peso delle parole che pronunciò allora. Tutto questo
ebbe luogo durante la visita di un paziente al reparto. Alla fine di questo
consulto il collega, un uomo ultracinquantenne, con orgoglio disse: “Sai,
io mi proteggo dalle possibili complicanze che riscontro più spesso nei
pazienti. Da alcuni mesi prendo “un kit per profilassi”: acido acetilsalicilico,
più statine, più un betabloccante.” In quel momento il mio quadro di un’unica
Recensioni 13

giusta versione della medicina, la cosiddetta medicina basata sui fatti, si


è sgretolato seriamente. Era un “set terapeutico” e non “profilassi”. In più
provocava seri effetti collaterali. Mi chiesi come fosse possibile che per dei
personaggi così, nell'ambiente medico, la profilassi consistesse in questo.
Che indicazioni allora avrebbero ricevuto i pazienti malati?

Due anni dopo mi capitò tra le mani il libro del prof. J. Aleksandrowicz, poi
una lezione del prof. A. Ozarowski. In seguito mi sono reso conto che fu
una sequenza di eventi a prepararmi all’incontro con il signor Jerzy Zieba
a Katowice, un anno dopo l'incontro con il prof. Ozarowski, oggi scompar­
so. Dopo quella lezione non ebbi dubbi: questo è ciò che cercavo, una
conoscenza eccezionale e risultati eccezionali. Questa è la direzione che
dovrebbero seguire pazienti e medici, se questi ultimi non vogliono perdere
la fiducia dei loro pazienti e deludere le speranze riposte in loro.

Se i lettori hanno tra le mani questa “preziosa fonte”, significa che appar­
tengono alla categoria dei pazienti attivi e per questo mi congratulo con loro
con tutto il cuore. Il libro di J.Zieba è una guida che orienta i lettori verso
la giusta strada, lontano dalla chimica della medicina moderna, i cui effetti
collaterali spesso sono più pericolosi della stessa malattia per la quale sono
state prescritte. Le indicazioni contenute nel libro sono semplici, naturali
e sensate. Il loro utilizzo, sia come profilassi che come terapia, porta a ottimi
risultati. L’efficacia consiste nella ricostruzione del sistema, attraverso la
rigenerazione degli organi e la “rimessa in sesto” del sistema immunitario,
e dunque nella sua ottimizzazione.

Il paziente passivo è necessario all’odierno cosiddetto sistema sanitario.


LHomo Patiens che non riflette su se stesso e non approfondisce il proprio
stato di salute, che come una pecora corre nella direzione indicata dalla
propaganda farmaceutico-medica (secondo la quale la profilassi consiste
nella scoperta precoce delle malattie e non negazione di prevenzione
delle malattie attraverso il rinforzo di un giusto e sano schema di stile di
14

vita). Purtroppo la profilassi non è insegnata in nessuna scuola. Il malato


che dirige i suoi passi in farmacia, fatica per le medicine, non per la sua
salute. Prima, di solito, consuma alimenti poco nutrienti e privi di vitalità;
la tappa successiva sono i farmaci sintetici... È una strada che non porta
da nessuna parte. Gli esperti esprimono opinioni che fanno contento chi li
paga. Paradossalmente le indicazioni alimentari dei dietologi e le terapie
farmacologiche sono le cause più frequenti delle malattie.

Per questi motivi il libro di Jerzy Zieba è un tentativo di liberare i pazienti


dall'Ignoranza su argomenti così importanti: un invito ad assumerci re­
sponsabilità sulla nostra salute. Nelle pagine che leggerete si trovano gli
strumenti necessari per poter essere indipendenti, particolarmente per
quanto riguarda le cosiddette malattie della nostra civilizzazione, o croniche,
spesso descritte come inguaribili. È una lettura appassionante, non solo
per il suo contenuto, ma anche per la forma in cui è stata scritta. L’autore
stesso è un garante della sua qualità. Probabilmente mi è facile dirlo perché
lo conosco, comunque sono sicuro che dopo aver letto il libro, nascerà il
desiderio di ascoltare “dal vivo” una delle sue lezioni. Penso che grande
successo per l’autore sarà soprattutto quando, terminato il libro, i lettori
applicheranno le informazioni ivi contenute, vedranno dopo alcuni mesi gli
effetti e diranno: “Però, è vero. Tutto questo è possibile!”

Nelle conclusioni l’autore chiede se ha senso continuare a occuparsi dell’ar­


gomento affrontato nel libro, che è solo una parte della sua conoscenza.
Penso sia solo una domanda retorica perché sarebbe un vero peccato non
diffondere queste notizie e tenerle solo per sé. Un vero “peccato di rinun­
cia”. Spero che, terminato il libro, i lettori arriveranno a simili conclusioni
e incoraggeranno l'autore a lavori successivi.

Rafal Baron
(dottore in medicina)
Recensioni 15

Il lavoro consiste di due parti. La prima descrive la medicina contemporanea


che si allontana molto dalle sue basi e principi a vantaggio di trattamenti
uguali e standardizzati per tutti malati. Una volta il dosaggio delle medicine
dipendeva dall’età, dal peso e dal sesso, adesso è standardizzato e uguale
per tutti. Questo ha permesso la produzione di farmaci di massa senza
considerarne l’efficacia: importante è che vengano venduti. L’autore cita una
serie di esempi, pubblicazioni di lavori scientifici, statistiche e altre ricerche.
- *
La prima parte si legge come un terribile libro giallo. La differenza consiste
nel fatto che in un giallo vengono uccise una o più persone. L’autore dimostra
che muoiono centinaia di persone soltanto per una questione di business,
ma scrive questo anche con troppa gentilezza.

Medieoi Primum non nocerei

Codice polacco dell’etica medica, articolo 2, paragrafo 2 : “Il comandamento


eticamente più importante per un medico è il bene del malato: “salus aegroti
suprema lex est”. (Corrisponde al principio 2 della carta europea dell’etica
medica: il medico si impegna a dare priorità agli interessi di salute del
paziente). Questo libro non è scritto da un medico ed è indirizzato a tutti.

Nella seconda parte si rivolge soprattutto ai medici. Che cosa può fare
dunque un malato se non ha la possibilità di accedere a rimedi e metodi
che sono in mano ai medici? Può soltanto cercare un medico che applichi
questo metodo. Non è però un manuale per medici, ma solo un insieme di
indicazioni, con riferimenti precisi a studi condotti e ai risultati raggiunti.

Conosco e applico tutti questi metodi da tanti anni ottenendo risultati spesso
spettacolari. La soddisfazione è immensa quando siamo di aiuto là dove le
autorità mediche hanno rinunciato a terapie ulteriori.
16

Ringrazio l’autore per il libro interessante e di raro valore, essenziale,


fonte preziosa di informazioni insolitamente interessanti, sia per pazienti
che per medici.

t Antoni Krasicki
(dottore in medicina)
Dall’autore

Nello scrivere questo libro mi sono trovato di fronte a un serio dilemma:


come trasmettere informazioni molto serie che riguardano la nostra salute
senza annoiare il lettore?

Ho scritto le prime 30 pagine e le ho mandate agli amici, invitandoli a espri­


mere la loro opinione. Alcuni, dopo aver letto, mi hanno risposto: “forse
picchi troppo forte”. Comunque, arrivati alla fine del libro, molto velocemente
si sono corretti, dicendo “non cambiare niente”! Altri: “un po' poco umile
all’Inizio ma... forse diversamente non era possibile”. Altri ancora: “devi es­
sere un po’ più morbido perché ti “mangeranno”. Altri ancora: “finalmente
qualcosa è scritto umanamente, senza inutile pathos e balbettio scientifico”.
Oppure: “si legge come un buon libro giallo”.

Non voglio che questo libro sembri pomposo e “gonfiato” scientificamente.


Tratterà di problemi importantissimi per la salute, particolarmente delle
cosiddette malattie “inguaribili”, mortali. C’è tema o valore più serio nella
vita di ognuno? Non significa però che un pizzico di sense o f humour pos­
sa nuocere. Spero proprio di no, perché - come spesso vien detto - buon
umore e risate sono...salute.

A volte deriderò senza pietà la stupidità, la mancanza di logica e coerenza,


oppure la semplice ignoranza di coloro che certe conoscenze dovrebbero
possedere. Non è cattiveria la mia. Al contrario. La critica non è niente di
male a patto che sia costruttiva, che suggerisca, in altre parole, soluzioni
alternative. In caso contrario è solo critichese.

In questo libro sono contenute informazioni utili non solo a chi vuo­
le prendersi cura della propria salute, ma anche ai medici. Queste
pagine sono effetto del lavoro di tanti anni, di tantissime ore e giorni di
18

lettura, analisi, ecc. Non è possibile trasmettere tutto, neanche in un libro.


Ampio è l’argomento. Però almeno in parte, “in una pillola”, cercherò di
trasmettere queste informazioni in modo comprensibile per una qualsiasi,
mediamente colta, persona pensante. La quantità e range di informazioni
o conoscenza che vorrei trasmettere è materiale sufficiente per diversi libri.
Per questo nel testo più volte preciserò che cosa avrei voluto aggiungere
ancora, ma che lascerò l’argomento per il libro successivo. Questo libro
dovrà anche segnalare quanto poco sappiamo di terapie diverse da quelle
che vengono applicate dalla medicina accademica. La nota che ho scritto
nella conclusione chiarisce tutto, ma non leggetela ancora, leggetela solo
alla fine!

Tante informazioni o chiarimenti per forza devono essere trasmessi in


modo semplice, a volte figurativo, ma senza perdere nulla del loro valore
reale. Per questo motivo userò terminologia scientifica soltanto laddove
è necessario e indispensabile. Non occorre sapere che una sostanza è un
enzima o un ormone. La mia intenzione è di far conoscere, in modo com­
prensibile, semplici, sicuri ed efficaci metodi di curare tante malattie, senza
che sia necessario ricorrere a sostanze tossiche che prendono il nome
di farmaci.

Quando leggo libri con un gran numero di asterischi o numerini alla fine
della frase, mi irrita la necessità di andare a cercare le note alla fine del
capitolo o del libro. In questo libro non sarà così. Non ci saranno asterischi
o numerini. Tutto si vedrà immediatamente. Forse il testo visivamente non
sarà bello così, ma non a questo aspira il libro.

Dimostrerò anche che il mondo medico forse si è fidato troppo delle indicazio­
ni scientifiche ufficiali. Ci siamo spinti troppo nei vicoli delle specializzazioni.
L’uomo non è visto come un tutt’uno. Crediamo che soltanto cose molto
complicate possano aiutarci a curare un male complicato; che ciò che
conta è solo ciò che vediamo sotto il microscopio, meglio se elettronico.
Dall'autore 19

Abbiamo perso la capacità di accorgerci di ciò che non riusciamo a met­


tere sotto la lente di un microscopio, di ciò che esiste e può essere utile.
(Che non mi si attacchi per questa “lente”!). Non possiamo mettere, per
esempio, un martello intero sotto il microscopio. Perché proprio un mar­
tello? Perché questo attrezzo è spesso molto utile se usato nel modo
giusto: per darci un botta in fronte allontanandoci dalla “lente del saggio”
e vedere che esiste anche un mondo nel quale la soluzione di un proble­
ma non sta sotto il microscopio. Che è proprio davanti al naso. Bisogna
soltanto saperlo.
„ jr

A volte userò uno scherzo, a volte una piccola cattiveria, contando sul
sense o f humour del lettore.

Mi ricordo un aneddoto:

Sulla bacheca degli annunci appare una lista di 200 studenti


di medicina che hanno appena ricevuto il diploma di laurea.
Davanti a questa bacheca c’è un figlio col padre. Il figlio è molto
preoccupato.
- Di che cosa ti preoccupi?, domanda il padre.
- Perché sono duecentesimo, l’ultimo di questa lista, risponde
il figlio.
- E che cosa avrà sul biglietto da visita il primo sulla lista?
- Come, papà? Dott.
- E tu cosa avrai?
- Anch’io, Dott.
- E allora di che ti preoccupi?, il padre risponde.

I miei detti preferiti:

- La mente umana è come un paracadute: quando è chiuso, non


funziona.
Non scoprirà mai nuovi oceani chi ha paura di perdere di vista la
terra ferma.

Solo i pesci morti nuotano seguendo la corrente.

Aegroto dum anima est spes esse dicitur: Per un ammalato finché
c'è vita c'è speranza.
Ringraziamenti (vi prego leggete)

Ora, forse un momento più piacevole per me...

Questo libro l'ho creato nella mia mente per alcuni anni, ma l’input finale
non è partito da me. È arrivato da altre persone e per questo vorrei ringra­
ziarle tanto.

Dopo ogni mia Lezione o conferenza venivo bombardato da domande: dove


si poteva leggere tutto questo e se avevo scritto qualche libro. Non avevo
scritto niente. Mi dispiaceva rispondere che no, non avevo un libro, e mi
dispiaceva perché le persone interessate, spesso malate e stanche di inutili
terapie, sarebbero rimaste a mani vuote. E ciò mi faceva sempre male al
cuore; a volte mi sentivo come un cane bastonato, lo sapevo tanto e lasciavo
loro soli con se stessi, con la loro sofferenza, proprio nel momento in cui
dicevano "i medici non possono fare più niente”, “non sanno più che fare”,
“devo/dobbiamo prepararmi/ci al peggio”. E specialmente quando queste
parole venivano pronunciate da genitori di bambini piccoli, il cuore mi si
fermava per mezz’ora. Dovevo porre rimedio.
*
La forza di scrivere questo libro me l'hanno data anche altri, a volte molto
malati, che incontravo, che aiutavo come potevo e che mi chiedevano
qualcosa di “scritto”. Sono proprio queste le persone che voglio ringraziare
In modo particolare.

Scrivere un libro così non è facile perché non si tratta solo di conoscenza.
E sicuramente non sarebbe nato senza l’appoggio di una persona, a me
particolarmente vicina e preziosa, come Halina Kostka. Grazie al suo
appoggio, cura e incredibile ottimismo, il libro ha visto la luce del giorno.
22

La giornalista Nina Grella, instancabile divulgatrice di articoli sulla salute


e sostenitrice dell’apertura delle menti a una visione più ampia sulle terapie
sull’uomo, autrice e pubblicista, organizzatrice delle 39 - già! ognuna di
3 giorni - fiere della salute a Katowice, un vulcano di energia positiva...,
premeva, premeva finché... ho ceduto e alla fine ho iniziato a scrivere.

Il Dott. Antoni Krasicki, di Danzica, era un medico insolito. Purtroppo è de­


ceduto subito dopo la stesura del libro e qui lo comunico con immenso
rammarico. Curava in tutti i modi possibili, guariva, cercava soluzioni laddove
la medicina non osa arrivare. Non vedeva la medicina solo attraverso una
rigida lente di schemi e procedure. Prima di tutto vedeva l’uomo malato
e non aveva paura di curarlo spingendosi lontano, oltre I protocolli formali.
Non si chinava di fronte ai "proiettili” del sistema. Bisogna avere una forte
colonna vertebrale e la pelle dura: il dott. Krasicki ce l'aveva. I nostri lunghi
discorsi erano per me preziosissimi sotto ogni punto di vista, proprio per
questo ora lo ringrazio tanto.

Ringrazio tanto per i preziosi consigli essenziali, e non solo, Janusz Nawolski,
di Wroclaw, farmacista dotato di conoscenze molto superiori a quelle fornite
dai “programmi universitari”.

Trasmettere la conoscenza contenuta in queste pagine (e particolarmente


in quelle che seguiranno) è stato possibile grazie alla sponsorizzazione di
un signore che non ha niente a che fare con la medicina. Wiktor Moskwa,
proprietario di “Moskwa Group”, ha arricchito i lettori di informazioni che
probabilmente non avrebbero potuto leggere. Grazie a lui ho potuto am­
pliare la mia conoscenza, particolarmente per quanto riguarda la terapia
della malattia tumorale, che decisamente sarà argomento importante per
tutti i lettori. Proprio Wiktor, in senso lato, ha premuto l’interruttore “START”.
Per questo lo ringrazio immensamente.
Ringraziamenti 23

Il professore Alexander Ozarowski, instancabile divulgatore della terapia


erboristica e di una sana alimentazione, indiscussa autorità in questo campo,
non solo in Polonia, è un grande patriota e scienziato di onestà cristallina.
È un uomo, a mio parere, GRANDE. All’età di 94 anni mi diceva: “Dobbiamo
scrivere questo libro insieme, fra tre anni saremo pronti”. Purtroppo l’anno
dopo è morto. Scrivo di lui al presente perché per me il prof. Ozarowski è sem­
pre vivo. Vive attraverso ciò che ci ha lasciato. Ringrazio il professore per suoi
preziosi consigli e le conoscenze che mi ha trasmesso nelle nostre lunghe
conversazioni e vivamente spero che i prati celesti siano per lui di uguale
bellezza di quelli terreni, in particolar modo quelli della sua amata Polonia.

Date almeno un’occhiata. Ne vale la pena:

http://www.czytelniamedyczna.pl/3848,wspomnienie-
o-doc-dr-hab-n-farm-aleksandrze-ozarowskim.html

ATTENZIONE: a causa della grande quantità di riferimenti citati sotto forma


di URL, indicare tutti codici QR sarebbe molto difficile, perciò li allego solo
ad alcuni link scelti.

Scrivere un libro in versione elettronica è semplice, a patto che lo si faccia


nel modo giusto. Come autore novello, ho creato la versione elettronica
cominciando dalla parte sbagliata. Per questo è stato necessario “frugare”
nel codice HTML, sicché non è stato affatto semplice per un novizio come
me. Dal pianto disperato mi ha protetto Piotr Dynia che, con clic opportuni,
in maniera per me geniale, ha risolto tutti i problemi informatici. Mi ha aiutato
anche a progettare la copertina e, cosa più importante, ha creato la pagina
Internet del libro. Per tutto questo lo ringrazio moltissimo.
Introduzione

Come scrive il poeta polacco Jan Kochanowski:

Nobile salute,
nessuno saprà
che gusto hai,
finché non ti guasterai.

Purtroppo... oggi questo non impressiona più tante persone. Proviamo


dunque diversamente, in modo più moderno:

Nobile salute,
nessuno saprà,
che gusto hai,
finché non ci costerai.

“Il patrimonio della mia famiglia ammonta a circa 50 milioni di zloty, darei
tutto, fino all’ultimo centesimo, per vivere, e so che sto morendo." E purtroppo
la signora Joanna è stata sepolta due mesi dopo il nostro incontro. I soldi
non le sono serviti a nulla. Quando godiamo di buona salute, contano per
noi lavoro, carriera, soldi, casa, famiglia, vacanze, macchina..., senza la
salute niente ha importanza.

Questo risveglio, di solito, arriva all'improvviso. Indipendentemente dall'età


o dal sesso. Uno shock! Ci domandiamo: “Com’è che sportivi di 25/30 anni
di età muoiono all’improvviso d’infarto?” Meravigliati, diciamo: “Chi l'avrebbe
detto? Un tizio così sano, giovane, sportivo... e non c’è più?” “Da dove ha
origine un’osteoporosi avanzata in una quarantenne? Così ricca, conosciuta,
famosa... con uno stile di vita così sano?! In una persona apparentemente
sana improvvisamente... un ictus?! Come mai?”. Spesso diciamo: “Era un
26

esempio di salute”, oppure “Perché proprio io? Ho solo 27 anni, come mai
ho un tumore?”

E a proposito delle malattie croniche?

A volte la loro diagnosi è ugualmente scioccante. All’improvviso veniamo a sa­


pere di diabete, sclerosi multipla, lupus, stato preinfartuale, osteoporosi, artrite
reumatoide, tiroide, allergie, psoriasi, eczema, ecc. La cosa peggiore è quan­
do la diagnosi riguarda un nostro figlio. Che succede allora? Chi ha dovuto
affrontare una cosa del genere, o la sta affrontando, lo sa meglio di tutti.

Allora ci si chiede non solo “perché”... ma anche “si poteva prevenire?”


Quando però cominciamo a indagare e non otteniamo una risposta sensata,
di solito sentiamo: “È genetico”. Ma siamo sicuri?

Tutto ciò sgomenta? Certo..., questo libro potrà provocare uno shock perché
svela fa tti piuttosto sconosciuti ai pazienti, ma - quel che è peggio - sco­
nosciuti anche ai medici.

- Si può distruggere un tumore senza chemio o radioterapia? Si può:


è un fatto.

- L’arteriosclerosi è reversibile? Certo, è un fatto.

- Causa dell’arteriosclerosi è il colesterolo? No! Anche questo è un


fatto.

- Un malato di diabete può smettere di prendere l’insulina? Può...,


è indiscutibile.

- Si può ridurre il rischio di tumori di almeno il 50%? Si può.


Introduzione 27

- Si può abbassare l’incidenza del diabete infantile di tipo 1 anche


dell’80%? Si può.

- Ci sono metodi per curare malattie apparentemente inguaribili come,


per esempio, il Morbo di Hashimoto (infiammazione cronica della
tiroide), il Morbo di Graves-Basedow (ipertiroidismo), l’artrite reuma-
toide, il Morbo di Buerger, la sclerosi multipla, la schizofrenia... SI!
Ci sono modi per farlo.

“Al massimo 3/6 mesi”: secondo gli oncologi questo è il tempo che rimane
al paziente con un tumore al pancreas con metastasi. Ma si può allungare
la vita di questi pazienti anche di 3 anni o forse di più, e senza la chemio?
Si può: è un fatto.

Si potrebbero elencare ancora tanti fatti così...

- Si può eliminare la calcificazione delle valvole senza che sia neces­


sario un rischioso intervento chirurgico al cuore? Si può.

- Si può guarire abbastanza velocemente dall’osteoporosi senza far­


maci che provocano effetti collaterali molto seri? Sicuramente sì.

- Si può guarire l'artrite reumatoide senza steroidi o altri antinfiammatori


(Fans)? Certamente.

- Si può, senza farmaci molto tossici, rimuovere le placche ateroscle-


rotiche dalle arterie? Sì, si può.

- Un paziente con complicanze mortali provocate da influenza aviaria


o suina, ecc, è condannato a morte inevitabile o può essere guarito?
Sì, può guarire.
26

esempio di salute”, oppure “Perché proprio io? Ho solo 27 anni, come mai
ho un tumore?”

E a proposito delle malattie croniche?

A volte la loro diagnosi è ugualmente scioccante. All'Improvviso veniamo a sa­


pere di diabete, sclerosi multipla, lupus, stato preinfartuale, osteoporosi, artrite
reumatoide, tiroide, allergie, psoriasi, eczema, ecc. La cosa peggiore è quan­
do la diagnosi riguarda un nostro figlio. Che succede allora? Chi ha dovuto
affrontare una cosa del genere, o la sta affrontando, lo sa meglio di tutti.

Allora ci si chiede non solo “perché"... ma anche “si poteva prevenire?”


Quando però cominciamo a indagare e non otteniamo una risposta sensata,
di solito sentiamo: “È genetico”. Ma siamo sicuri?

Tutto ciò sgomenta? Certo..., questo libro potrà provocare uno shock perché
svela fatti piuttosto sconosciuti ai pazienti, ma - quel che è peggio - sco­
nosciuti anche ai medici.

- Si può distruggere un tumore senza chemio o radioterapia? Si può:


è un fatto.

- L’arteriosclerosi è reversibile? Certo, è un fatto.

- Causa dell’arteriosclerosi è il colesterolo? No! Anche questo è un


fatto.

- Un malato di diabete può smettere di prendere l’insulina? Può...,


è indiscutibile.

- Si può ridurre il rischio di tumori di almeno il 50%? Si può.


Introduzione 27

- Si può abbassare l'incidenza del diabete infantile di tipo 1 anche


dell’80%? Si può.

- Ci sono metodi per curare malattie apparentemente inguaribili come,


per esempio, il Morbo di Hashimoto (infiammazione cronica della
tiroide), il Morbo di Graves-Basedow (ipertiroidismo), l’artrite reuma-
toide, il Morbo di Buerger, la sclerosi multipla, la schizofrenia... Sì!
Ci sono modi per farlo.

“Al massimo 3/6-mesi”: secondo gli oncologi questo è il tempo che rimane
al paziente con un tumore al pancreas con metastasi. Ma si può allungare
la vita di questi pazienti anche di 3 anni o forse di più, e senza la chemio?
Si può: è un fatto.

Si potrebbero elencare ancora tanti fatti così...

- Si può eliminare la calcificazione delle valvole senza che sia neces­


sario un rischioso intervento chirurgico al cuore? Si può.

- Si può guarire abbastanza velocemente dall'osteoporosi senza far­


maci che provocano effetti collaterali molto seri? Sicuramente sì.

- Si può guarire l'artrite reumatoide senza steroidi o altri antinfiammatori


(Fans)? Certamente.

- Si può, senza farmaci molto tossici, rimuovere le placche ateroscle-


rotiche dalle arterie? Sì, si può.

- Un paziente con complicanze mortali provocate da influenza aviaria


o suina, ecc, è condannato a morte inevitabile o può essere guarito?
Sì, può guarire.
28

- In pochi giorni si può guarire da una epatite ACUTA senza rischio di


pericolose cronicizzazioni? Certamente, si può.

- Si può fermare il progredire di una malattia pericolosa come la sclerosi


multipla o il lupus? Ci sono buoni presupposti per farlo.

Di questo parlerà il libro..

Sappiamo già che la vitamina D è una sostanza fondamentale contro tumori


o altre pericolosissime malattie del sistema immunitario, compresa l'asma,
la sclerosi multipla, l’artrite reumatoide e il diabete di tipo 1 e 2! Sono fatti.

Ma... chi lo sa? Chi prende la vitamina D ? Contrariamente a quanto co­


munemente si crede e alle vecchie conoscenze trasmesse agli studenti
delle facoltà mediche, chi sa che non è facile sovradosarla? Chi sa che
la miglior difesa contro il pericolosissimo tumore della pelle o delle malat­
tie del sistema immunitario, ce la fornisce... il sole?? E quando? Proprio
A MEZZOGIORNO! La mattina e il pomeriggio il sole è più pericoloso per
noi che non il sole di mezzogiorno.

Le informazioni che riguardano sostanze semplici, poco costose, molto


efficaci e facilmente reperibili, sicuramente saranno uno shock per i lettori
di questo libro, pazienti e medici. Dimostrerò come è facile prevenire tanti
mali in modo semplice e poco costoso.

Quando Linus Paulinq e Albert Szent-Gvòrgyi (premi Nobel) o il dott.


Klennere altri dimostrarono a^tutto il mondo addirittura incredibili possibilità
terapeutiche della banale'vitamina C^em plicem ente non potevano pen­
sare che questa scoperta sarebbe stata, quasi con vergogna, nascosta ai
medici. Quei medici furono entusiasti divulgatori dell’uso della vitamina C,
consapevoli grazie alle proprie ricerche, studi clinici o pratica di tanti altri
medici che si sarebbero potute aiutare migliaia di persone in modo sem-
Introduzione 29

plice e poco costoso. A tante di loro si può - si poteva o si potrà - salvare


la vita.

Quando il dott. Charles Farr, insieme ai colleghi dell'Università Baylor, in


Texas, per molti anni fece un’immensa quantità di test consistenti nella
somministrazione di acqua ossigenata per via endovenosa, con risultati
al limite del miracolo medico, anche lui sperava che tutto questo sarebbe
stato utile, che si sarebbero potute aiutare migliaia di persone.

Quando il dott. Ernst Krebs isolò il laetrile, sostanza che chiamò “Vit. B17”,
sottoponendola a intensi studi, e il dott. Binzel per lunghi anni somministrò
ai pazienti, aiutandoli anche in stadi avanzati dTtumor^molto più efficace­
mente che con la chemio o radioterapia, anche essi speravano che una
sostanza cos) semplice, poco costosa e nello stesso tempo cosi efficace,
avrebbe potuto aiutare malati, spesso senza speranza.

Quando il dott. Kilmer Me Cully, laureato all'Università di Harward, geniale


biochimico e medico, scienziato con enorme conoscenza dell’arteriosclerosi,
già nel 1969 pubblicò il suo lavoro sull’influenza dell’omocisteina sull'Insor­
genza di patologie coronariche, e correlati ad esse infarti e ictus, anche lui
era convinto che migliaia e migliaia di esseri umani avrebbero potuto essere
curati e guariti in modo semplice e poco costoso. Dimostrò che si poteva
prevenire arteriosclerosi e infarti in milioni di persone in tutto il mondo.

Sembrava che le notizie di tutte queste terapie avrebbero scosso il mon­


do, svegliato alcune menti dal letargo e costretto i governi di tanti paesi
a prendere una posizione. Ciò avrebbe permesso ad ogni paese di rispar­
miare inimmaginabili cifre nel bilancio delle spese sanitarie. Tutto ciò non
è successo... Perché?

I pazienti non hanno l'obbligo di conoscere gli ultimi aggiornamenti e sco­


perte in campo medico. Un medico, sì, ma a volte, semplicemente, non è in
30

grado di arrivarci. Da qui deriva, tra l’altro, la voglia di condividere queste


informazioni con l'ambiente dei “dottori in medicina”.

I cinesi dicono che:

“il medico perfetto previene le malattie; il medico ordinario sa guarire;


invece quello che cura soltanto non è un vero medico.”

Che cosa è, e che cosa dovrebbe essere la medicina

La medicina è un concetto molto più ampio di quello che “abbiamo appre­


so, quasi insieme al latte materno”, particolarmente nel cosiddetto mondo
occidentale. Per la maggior parte di noi la medicina è un insieme di cono­
scenze che gli studenti di medicina apprendono in varie università. Dopo
la laurea curano la gente.

La domanda che mi pongo è se - secondo il nostro concetto di terapia -


dovremmo rivolgerci solo a chi ha “un pezzo di carta” ottenuto in quella
0 quell’altra università. Si sa che gli sciamani della giungla amazzonica
sono in grado di curare efficacemente malattie che un laureato delle mi­
gliori facoltà di medicina non riesce neppure a diagnosticare. Gli sciamani
non hanno “una laurea” e curano, e con quanta efficacia! E che dire della
medicina cinese che sta diventando sempre più popolare in Polonia?
1medici formati secondo la medicina tradizionale cinese (TMC), secondo
i nostri schemi, non sono neppure medici. Il paradigma di questi due “modi
di curare” è completamente diverso. In che modo, per esempio, le autorità
universitarie polacche possono valutare le capacità mediche di qualcuno
che si è formato secondo uno schema di conoscenza medica, nel quale
non esiste neanche un Sistema nervoso o circolatorio? Curioso è il fatto
che i medici che praticano la medicina tradizionale cinese riescono a curare
benissimo proprio malattie circolatorie e neurologiche. Guariscono tante
Introduzione

Foto 1: aspetto del paziente dopo 11 anni Foto 2: lo stesso paziente dopo solo due
di terapie mesi di terapie alternative

malattie che la medicina “occidentale” non riesce a guarire. Loro riescono.


Non potrebbero dunque essere chiamati medici anche loro?

Anche gli aborigeni australiani guariscono malattie che medici australiani -


e non solo - non sanno curare. Gli sciamani australiani, dunque, non sono
medici? Guariscono. Lo fanno meglio di medici allopatici o di chi pratica la
medicina accademica, cosiddetta “occidentale”.

Osserviamo le foto sopra: mostrano la pelle del viso di un uomo affetto da


psoriasi, estesa dalla fronte alla parte inferiore della guancia.

Mi rendo conto che non tutti i lettori sono dermatologi. Ma c'è bisogno di
esserlo per notare la differenza?
32

Quest'uomo era affetto da psoriasi da più di 11 anni. Il medico curante, una


dottoressa in scienze mediche, dermatologa, disse che la psoriasi non si cura
e che il paziente doveva prepararsi al fatto che il suo stato sarebbe peggiorato
con il tempo. Dopo circa due mesi di terapia alternativa (foto 2) tutti i sintomi
sono spariti. E così è ancora oggi, nel momento in cui scrivo questo libro, e sono
passati 3 anni. Ovviamente, e comprensibilmente, il paziente è più che felice.

Un altro esempio: si è riusciti, nel caso di numerosi pazienti diabetici, insu-


linodipendenti da anni, a far loro abbandonare l’insulina. Non la usano più
già da tanti anni. Che cosa ciò significhi lo sanno tutti i malati di diabete
e anche tutti i medici. A tanti diabetici siamo riusciti ad evitare l’amputazio­
ne già programmata del piede. Numerosi malati di artrite reumatoide sono
stati guariti dopo anni e anni di malattia e dolore. Tutto questo è avvenuto
senza medicine o altre sostanze farmacologiche.

La sclerodermia è una malattia incurabile. Per un motivo sconosciuto


i tessuti del malato si induriscono, diventando fibrosi. È difficile piegare le
dita, la pelle si trasforma in “una lama d’acciaio”, la faringe diventa fibrosa,
e così anche i polmoni e i reni; l’irrorazione dei tessuti diminuisce e manca
l'ossigeno. L’organismo viene distrutto senza pietà. Le terapie, nei casi
più difficili, sono lunghe e con tanti effetti collaterali provocati dai farmaci
prescritti. Non raggiungono nessun risultato.

Il malato in stadio avanzato, dopo solo un mese di terapia alternativa, ha


cominciato a migliorare e lentamente riacquista salute fisica e psichica.
Il suo stato di salute sta migliorando ancora, la malattia inguaribile sta
regredendo!

A un bimbo malato di tumore alle ossa, regolarmente curato in un istituto


oncologico in Polonia, diagnosticarono due grosse lesioni polmonari. I medici
rifiutarono l’intervento chirurgico, suggerendo ai genitori che il bimbo non
sarebbe sopravvissuto e invitandoli a prepararsi alla sua scomparsa. Dopo
Introduzione 33

due mesi di una terapia completamente diversa da quella accademica,


dovettero ammettere che non c’erano più tracce di queste lesioni mortali!
Come si vede, si possono sconfiggere patologie che i medici con formazione
ufficiale, accademica, non sono riusciti ad affrontare. Ci è riuscito un uomo
privo del diploma di laurea ufficiale di “dottore in medicina”.

In altre parole: lui guarisce. Dunque è logico porsi di nuovo la stessa do­
manda di prima: in questo caso lui è un medico?

Una donna molto anziana, nella sua piccola casa in campagna, da più di
45 anni ricompone complicate fratture delle ossa. Riesce a farlo con tale
maestria che i medici ortopedici rimangono esterrefatti. Anzi, tante volte
sono loro stessi, ovviamente in segreto, a indirizzarle i propri pazienti,
particolarmente quelli con fratture complicate. La donna non ha nessuna
formazione medica, ma... aiuta migliaia di persone che senza le sue cure
sarebbero rimaste disabili per il resto della loro vita. Questa donna guarisce
persone? Sì. Allora è un medico?

Quando ero piccolo, mio padre da diversi anni era seriamente malato (cuo­
re e tiroide). I medici non riuscivano ad aiutarlo in nessun modo. Lo aiutò
qualcuno che non era medico. Quel qualcuno abitava in un paesino, curava
esclusivamente con vitamine, minerali, dieta, integratori che in quel periodo
importava dagli USA in modo solo a lui conosciuto. Guarì mio padre in un
solo mese. Un caso?

Probabilmente no... Visto che ebbe una fila infinita di pazienti perché... era
efficiente. Guariva l’inguaribile. Perché? Perché sapeva come! Lavorava
senza tregua, tutto il giorno. Non aveva una tariffa fissa, si accontentava di
ciò che gli offrivano. Alle 12 e alle 18 faceva un’ora di pausa.

Ma non andava a riposarsi sul letto: in quelle ore di pausa diceva la messa. Era
un sacerdote, ma solo un sacerdote? Peccato che, purtroppo, non ci sia più.
34

Allora che problema c’è? C’è.....ed è enorme!

Il problema è che, come si vede in tanti casi, terapeuti senza una formazione
medica ufficiale guariscono persone. Ed è un grandissimo problema, anche
perché dovrebbero essere guarite dal proprio medico. Che cosa si può fare
quando un medico formato regolarmente non riesce a debellare la malattia
e prepara il paziente al fatto che “sarà sempre peggio”? È senz’altro un
problema, ma... come chiamare la situazione in cui qualcuno senza istru­
zione medica arriva a guarire una malattia mentre il medico non riesce?
Tanti lettori conoscono queste situazioni.

Di questi casi ce ne sono ovviamente tanti. Qual è il filo conduttore che


collega queste persone senza formazione medica, che curano efficace­
mente un malato? Quale è il loro denominatore comune? Sembra che ce
ne siano almeno due:

1. Nessuno di loro poteva prescrivere farmaci su ricette. Per necessità,


dunque, ognuno di loro usava rimedi naturali esistenti in natura, dieta
o integratori della dieta.

2. La conoscenza. Questo è il più importante punto in comune, senza


il quale guarire l’inguaribile non sarebbe possibile. Ognuno di loro
disponeva di conoscenze che gli permettevano la terapia efficace.

Come vediamo, la mancanza di qualifiche formali non impediva loro di aiu­


tare persone sofferenti, particolarmente in casi in cui la conoscenza medica
ufficiale evidentemente falliva. Perché la conoscenza non ha limiti, nessu­
no! Purtroppo è increscioso il fatto che troppo spesso il medico è convinto
che non esista nulla al di fuori della sua conoscenza accademica. È un
atteggiamento alquanto arrogante, ma soprattutto nocivo per il paziente.
Introduzione 35

Quante volte si sente dire che il paziente, appena ha osato fare doman­
de, è stato trattato male dal medico. Quante volte diversi pazienti, dopo il
mancato risultato di terapie mediche, suggeriscono un metodo “alternativo”,
citando esempi o addirittura letture mediche, ecc?

Quante volte un paziente che ha osato suggerire questo, si è sentito rispon­


dere: “chi è il medico, io o lei?” Se non ha sentito altro, è stato comunque
fortunato: può capitare di peggio. Eppure se un medico non riesce a curare
una patologia, non ne risentirà il suo onore se riesce ad ammetterlo davanti
a sé stesso e comincia a cercare..., cercare di trovare una soluzione. E ci
sono anche medici così, peccato non tutti.

Invece assolutamente imperdonabile è l’atteggiamento del medico che si


rifiuta di considerare conoscenze già esistenti, che gli permetterebbero di
curare efficacemente patologie che non riesce a guarire. La mancanza di
un minimo di interesse è - a parer mio - un serio reato.

Quando ho tentato di suscitare un po’ di curiosità proponendo dosi massicce


di vitamina C, mi son sentito dire:

“Non è possibile..'., è soltanto uno scambio di ioni, non serve a niente, pro­
vocherà subito calcolosi”. Ho ribadito: “Questo metodo è usato con grande
successo da più di cinquant’anni, senza effetti collaterali, con effetti tera­
peutici descritti in centinaia di studi scientifici; effetti così non si ottengono
con nessun altro metodo, si salvano persone in stato di coma.”

Qui mi sono sentito arrivare una paterna pacca sulla spalla e la risposta:
“Lei vive nel mondo dei sogni.” Ed io: “Questi sono FATTI scientifici e non
miei sogni; dispongo di materiali che lo confermano e che sono a sua
disposizione in ogni momento.” Ho sentito solo: “Sì, sì..., sono occupato,
arrivederla”
36

Se avessi parlato con un meccanico o con un idraulico a proposito di


un’automobile o di un tubo di casa, sicuramente avrei pensato: “pessimo
specialista, non è neanche interessato a come riparare l’auto o installare
bene i rubinetti di casa”. Questo dialogo è avvenuto però con uno dei più
conosciuti professori di medicina in Polonia (e all'estero). Aggiungo: quando
ho accennato che il metodo consiste nella somministrazione di sale di acido
e jio n dell’acido stesso, mi sono sentito rispondere: “E che differenza fa?”
Che commento posso fare? I medici che leggono questo libro scelgano loro
un commento appropriato!

La nostra conversazione non riguardava un frigorifero rotto o un rubinetto


che perdeva, bensì la cura di malattie apparentemente inguaribili come,
per esempio, la polmonite virale (che il più delle volte porta al decesso);
complicanze da influenza suina o aviaria; tumori, epatiti virali, intossicazioni
mortali (per esempio, da funghi, veleno di ragni o serpenti o da biossido
di carbonio), ecc.

Sì, bisogna essere molto umili per approfittare delle conoscenze di un di­
lettante. Ma... davvero un dilettante? Chi in questi casi è un vero dilettante?
Per un paziente che continua a soffrire, soprattutto dopo aver sfruttato tutti
i metodi offerti dalla medicina ufficiale, conta solo il RISULTATO e non un
diploma sulla parete. Chiedete a qualunque malato stanco della sua ma­
lattia cronica. La mancanza di conoscenza non giustifica, ma in qualche
modo la si può ancora spiegare. Ma la non-volontà di conoscere strumenti
necessari alla cura è veramente inammissibile e dovrebbe essere punibile.
Come dice un vecchio proverbio, “bisogna imparare anche dal diavolo”.

Sento già rimproverarmi che sto cercando di paragonare lo sciamano


dell’A mazzonia al signor o signora che possiede il titolo “dottore in medi­
cina” davanti al cognome. Ovviamente non si tratta di questo. Si tratta di
CONOSCENZE che il signore/a “dottore in medicina” in tal caso sempli­
cemente non possiede. Perché i medici australiani sono capaci di mettere
Introduzione 37

da parte l’orgoglio e di andare nella boscaglia a imparare dagli sciamani


come curare il paziente? Non è una vergogna imparare da chi sa più di loro.
Chapeaul Bisogna chinare il capo davanti a loro, lo lo faccio perché loro
non hanno confuso le priorità. Qualcosa conta di più, qualcos’altro di meno.
Importante è curare il paziente; acquisire conoscenze sull’argomento conta
di più dell'apparente perdita della faccia solo perché si impara da chi non
è “dottore in medicina". Questo non disturba affatto i medici australiani.

Forse arriverà il tempo in cui i “dottori in medicina” vorranno collaborare con


altri medici che hanno queste conoscenze, ma senza un diploma attaccato
alla parete. Sarà a vantaggio dei pazienti... e solo questo conta. Questo
succede già, peccato non in Polonia.

Tempo fa, quando abitavo ancora in Australia, cominciai un dibattito, su un


gruppo internet, con un medico di Lodz (città polacca) sul Morbo di Buerger,
che nei testi universitari viene definita malattia INGUARIBILE. Non lo con­
vinceva il fatto che un paziente affetto dal Morbo di Buerger, diagnosticato
da un medico australiano, inizialmente con necrosi dell’alluce, ecc, dopo
4 settimane di terapia, di nuovo, con stupore dei medici, aveva ricevuto
formale conferma della regressione totale della malattia.

Naturalmente mi toccò sentire che tutto il gruppo di medici australiani do­


veva essersi sbagliato ecc, perché “questa malattia NON regredisce”. “La
terapia” consiste nell'amputazione prima di un dito, poi del piede, poi della
gamba, ecc, finché... non c’è bisogno di finire. Il sig. “dott. in medicina” non
mi voleva credere assolutamente.

Gli raccontai di almeno altri 4 casi in cui avevo salvato i piedi dei pazienti
dall'amputazione quando avevano già un appuntamento per quel tipo di
“terapia". E quando dissi che avevo raggiunto quel risultato esclusivamente
attraverso il cambiamento della dieta, allora, in poche parole mi arrivarono
insulti del tipo “ma chi sei, chi è tua madre...” ecc.
38

Aggiunsi: “lo sono adesso 18.000 km lontano da te, ma conosco medici


in Polonia che fanno esattamente la stessa cosa con gli stessi risultati:
salvano le gambe dei pazienti dall’amputazione! Anche loro sono “dot­
tori in medicina”, tuoi colleghi medici, sei solo 200 km distante da loro,
vai a parlare con loro. Forse anche tu salverai tuoi pazienti dall'ampu­
tazione delle gambe”. Ovviamente gli fornii numeri di telefono, nomi dei
medici e indirizzi... Non ci andò..., preferì non sapere! Sperai soltanto
che nessuno dei suoi cari, amici o conoscenti dovesse mai subire l’am­
putazione di un piede (per complicanza del diabete) perché lui non li
avrebbe aiutati.

A tutti i lettori scontenti vorrei chiarire che:

Non è mio obiettivo, in nessun caso, attaccare la professione medica


ufficiale. Al contrario, vorrei che le informazioni contenute in questo
libro fossero di aiuto ai medici e forse anche fonte d’ispirazione. Inoltre
so che c’è un esercito intero di ottimi medici che hanno la vocazione
di aiutare malati e sofferenti, ma... il sistema nel quale sono costretti
a lavorare non glielo permette.

Forse proprio questo libro sarà un punto di partenza per coloro che scrivo­
no le leggi per noi, e particolarmente per chi di loro mette i medici davanti
a scelte terribili del tipo: “potrei guarire il malato, ma...mi puniranno per
questo”. Che assurdità! Come si può mettere un medico in una situazione
simile?! Ciò crea enormi frustrazioni che spesso portano all’abbandono della
professione formale come “dott. in medicina” per diventare un medico di
medicina naturale. Lui (con grande fortuna dei pazienti) non è sottoposto
a queste assurde limitazioni, anche se so che “si sta lavorando per limitare
anche medici di medicine alternative...”. A chi nuocerà?

Ma viviamo nel mondo che abbiamo. Per questo riflettiamo un momento su


quale è la chiave del sistema sanitario, a partire dalle leggi primarie, quelle
Introduzione 39

stabilite da Ippocrate. Proprio il suo giuramento dovrebbero tener presente


tutti quelli che modificano questo sistema a danno del paziente.

Cito un frammento del giuramento di Ippocrate:

“...Giuro: di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudi­


zio e di comportamento; (...) di prestare la mia opera con diligenza,
perizia e prudenza secondo scienza e coscienza”.

In altre parole, .un medico ha il diritto di applicare la terapia che reputa


adeguata per il paziente. Faccio notare le parole “con diligenza, perizia...”
È molto importante perché “perizia”, tra l’altro, è la CONOSCENZA. Significa
che anche se la conoscenza non c’è... la si può acquisire, imparare.

Qui sorge però un altro problema: il medico polacco medio è persona che,
molto spesso, coniuga il lavoro ospedaliero con la pratica privata, svolta
in lunghe ore dopo il lavoro in ospedale. Anche se è soltanto un libero
professionista, dedica al lavoro molto più di 8 ore al giorno. Se non svolge
pratica privata, spesso, spinto da necessità finanziarie, fa straordinari
all’ospedale, in ambulatorio o turni al pronto soccorso, ecc. Se aggiungia­
mo a questo i suòi doveri familiari, possiamo aspettarci che abbia ancora
il tempo di leggere, con pazienza benedettina, decine di studi scientifici,
clinici, rapporti, ecc., scritti con terminologia complicata e il più delle volte
in lingua inglese? Ogni uomo ha i suoi limiti alla resistenza fisica. Anche un
medico.

Per questo motivo quando parlo con pazienti frustrati, dico loro apertamente:

“Non colpevolizzate i medici che per mancanza di tempo non sono in


grado di aggiornarsi, che possono non sapere COME curare un male
con un metodo diverso da quello che conoscono. Ma cambiatene
immediatamente uno che non è interessato a conoscere altri, forse
40

più efficaci e meno pericolosi, metodi di curare la vostra malattia.


Siate comprensivi ma... non tollerate l’arroganza perché si tratta della
vostra salute e della vostra vita.”

La conoscenza serve a tutti, e in particolar modo quella di un medico serve


ai malati, ai sofferenti. Cerco di far capire che la conoscenza che serve al
medico non è necessariamente solo quella acquisita durante gli studi uni­
versitari. Se proviene da una sola fonte ed è considerata assoluta, diventa
arroganza e presunzione. Eppure Ippocrate disse:

“Sono due cose diverse consapevolezza di sé e presunzione: la prima


nasce dalla conoscenza, la seconda dall'Ignoranza”

Durante gli studi i futuri medici ricevono “tonnellate” di nozioni teoriche, a volte
inutili; hanno esercizi pratici da eseguire, ecc. Questo formale processo di
insegnamento accademico un giorno termina. Diciamo che il medico deve
studiare sempre. È ovvio. Indipendentemente dal fatto che abbia 5,15 o 20
anni di pratica. La domanda è la seguente: quando termina l’educazione
formale, che cosa vuol dire “aggiornamento continuo”? Significa forse che
arriverà qualcuno ad informarlo sugli ultimi metodi di curare, per esempio,
tumori, articolazioni, lupus, malattie coronarie, sclerosi multipla, osteopo­
rosi, ecc, senza utilizzo di farmaci? Ma scherziamo? I medici partecipano
a tanti corsi dove in verità si insegna quale farmaco prendere e quando.
Ma CHI organizza questi corsi, chi li finanzia e chi c’è veramente dietro?

Non è un segreto per nessuno: le case farmaceutiche.

Sono loro che “formano” grazie ai professionisti che conducono questi corsi.

Di conseguenza si può sperare che, così “formati”, i medici applicheranno


altri rimedi, diversi dalla “pappa pronta" servita sul vassoio dall’Industria
farmaceutica?
Introduzione 41

Le ditte farmaceutiche devono realizzare guadagni. Enormi. Di conseguenza


hanno interesse non solo a vendere, possibilmente, la maggiore quantità
dei farmaci che producono, ma anche a distruggere sul nascere qualsiasi
metodo, modo o sostanza efficace e poco costosa che non è però brevet­
tabile. Si tratta di mera concorrenza. Ed è questa la vera Guerra che un
paziente medio di solito ignora. Perde il paziente. Sempre.

Quando si scoprì che l'amigdalina, isolata dal dott. Krebs da semi di albi­
cocca, fa morire come mosche le cellule tumorali, si scatenò un inferno! T
dott. Krebs non era un medico, chiese quindi a un amico medico di provare
a somministrare^amigdalina^precisamente il laetrile, cioè la ^ it. BV7]) ai
suoi pazienti malati di tumore. Questo amico fu il dott. Binzel, memore del
giuramento di Ippocrate. Somministrando amigdalina per via endovenosa
salvò la vita a tante persone, dimostrando la sua efficacia nella terapia del
tumore. Negli ambienti delle industrie farmaceutiche fu panico totale.

Si chiedevano: “Di che si tratta?”, “Si è scoperta una sostanza naturale che
distrugge le cellule tumorali lasciando intatte quelle sane. Funziona come la
chemioterapia, ma senza effetti collaterali. Dove è presente questa sostan­
za? Quasi in ogni frutto, nel miglio, semi di mele, cere, amarene, prugne,
dappertutto! Una sostanza NATURALE, dunque non la si può brevettare,
non possiamo ricavarne guadagni da capogiro! Anzi... può sostituire i no-
stril prodotti, i farmaci chemioterapici con i quali guadagniamo miliardi!”.

Subito fecero ricorso ai più pesanti mezzi legislativi, mobilitarono tutte le agen­
zie governative negli USA, compresa la FDA (Food and Drug Administration
-Agenzia per Alimentazione e Medicine), per lottare contro questa sostanza
naturale. Dipendenti della FDA, scoperte le loro menzogne in tribunale, per
poco non persero il diritto di esercitare la loro professione. Intorno aH’amigda-
lina si scatenò una tale psicosi che alcuni paesi ne vietarono l’importazione!
Negli USA fu vietato qualsiasi prodotto contenente semi di albicocca. Anzi,
se in un negozio alimentare sulla stessa mensola c’erano, per esempio, pac-
42

chetti di noci e pacchetti di semi di albicocche, il proprietario veniva multato!


Il mondo impazzì! E le cose non sono cambiate: la guerra continua. In nome
di che? In nome del divieto di curare gente malatissima con mezzi naturali.
Siccome intorno alla vitamina B17, l’amigdalina, esistono tante contraddizioni
e semplici malintesi o, addirittura, bugie, vorrei dedicarle un intero capitolo
del prossimo libro. Forse grazie ad esso qualcuno non morirà inutilmente?
Se una sola persona avesse salva la vita, la mia fatica verrebbe premiata.

La Medicina non è scienza esatta..., è arte. Bellissima di per sé. Ne sono


innamorato da più di 20 anni e ogni giorno mi affascina sempre di più, per­
ché ogni giorno scopro qualcosa di utile alla cura dell'organismo umano,
qualcosa di sicuro e spesso poco costoso. E come ignorarlo?

Dimostrerò anche che - spesso - i rimedi naturali potenziano in modo molto


efficace le terapie farmacologiche. Non nego le terapie farmacologiche
laddove è necessario, ma... solo in quei casi. In tanti altri questa necessità
non c’è. Perché dunque prescriverle?

La stessa cosa riguarda la chemioterapia. Come dimostrerò ai lettori in


seguito, la chemioterapia applicata nelle malattie tumorali è incredibil­
mente poco efficace. In oncologia l'efficacia terapeutica si valuta in base
alla percentuale dei pazienti che, dalla diagnosi e dall’inizio della terapia,
sopravvivono più di 5 anni. In seguito a ricerche basate su migliaia di casi
è stato dimostrato che - mediamente - la chemioterapia allunga la vita dei
pazienti oncologici nel 2,5% dei casi al massimo. Due e mezzo per cento!

Bisogna rinunciare dunque alla chemioterapia? No! La sua applicazione ha


senso, ma... sempre? No. La chemioterapia comporta effetti collaterali così
nefasti che I’ uomo comune neppure immagina. Si può evitare questo?

Si può, attraverso l’uso di sostanze naturali, poco costose, sicure e facil­


mente reperibili. Si può potenziare l’effetto della chemioterapia? Si può,
Introduzione 43

somministrando tante sostanze naturali, come anche... cambiando il modo


di somministrazione del farmaco stesso. Perché dunque i medici non som­
ministrano queste sostanze e non seguono questi metodi? Sicuramente non
perché non vogliono. Ma questo ci porta all’altro tema.

Il processo di formazione dei medici richiede qui almeno una riflessione.


Quando nelle conversazioni tra medici si affrontano problemi di biochimica
0 anche di fisiologia, per non parlare di anatomia, spesso si sente dire:
“non mi ricordo niente, o non più di tanto”, “a cosa mi serviva ricordarmi
la struttura della'vitamina B12?”, ecc. Si crea quindi il quadro seguente:
soprattutto i medici che non lavorano nel campo della ricerca scientifica,
1clinici, o i medici di famiglia che hanno il primo contatto con il paziente,
decisamente vorrebbero avere una maggiore conoscenza che va al di là del
gioco di “giocoliere” con alcune decine di farmaci abituali, perché - come
dicono - nella maggior parte dei casi il loro lavoro consiste in questo. Spesso
sono frustrati dal fatto che vorrebbero provare altri rimedi, ma hanno paura.

Paura anche dei propri colleghi, paura di essere derisi, isolati dall’ambien­
te, ecc., perché, come ho già detto, l’ambiente è particolare. Preferiscono
scegliere la strada più semplice e più sicura, dettata dal protocollo... Se il
colesterolo è alto si prescrivono le statine; per le artriti gli antiinfiammatori;
per l’asma la stessa cosa; per il raffreddore, di nuovo... le solite cose. Non
parlerò nemmeno degli antibiotici.

I naturopati che usano sostanze naturali, presenti in natura, sanno benis­


simo che importanza ha la dieta nella terapia. Per loro è LA BASE. È una
conoscenza immensa, ma gli studenti di medicina accademica ne sanno
poco o niente. Come possono saperne di più visto che durante tutto il
corso di studi hanno avuto solo due o tre lezioni sull’argomento? Anche se
riescono ad apprendere qualcosa da queste lezioni, dai discorsi che fanno
emerge che la conoscenza in proposito a loro trasmessa lascia veramente
perplessi. È preoccupante.
44

Da quel che so, non hanno neppure un’ora di lezione sui rimedi vegetali
o sull’erboristeria. In questo modo “elegante" si tralascia una bella fetta di
preziosa conoscenza medica. Conoscenza utile non solo al medico, ma...
soprattutto al paziente. Perché succede questo? Perché una conoscenza
fondamentale come l’influenza dell’alimentazione sulla salute dell’uomo
è a un livello così basso?

Basta sentire, alla radio o in TV, “dietologi diplomati” per capirlo. Come si
può essere di diverso parere quando sento una dietologa, supportata da
una professoressa di medicina, dire che per prevenire l'osteoporosi bisogna
assumere integratori di calcio, mangiare molti alimenti contenenti calcio
e, ovviamente, bere molto latte? Per queste signore il tempo si è fermato
a circa 30 o 40 anni fa.

Potremmo ignorare questi interventi se riguardassero, per esempio, gli


extraterrestri. Ma, riguardando persone che vivono sulla Terra, sono ridi­
coli e nello stesso tempo spaventosi. I naturopati e altri medici illuminati
e consapevoli sanno che tali consigli sono la ricetta per una catastrofe sa­
lutare annunciata. E come posso sorvolare questo argomento nel prossimi
capitoli?

Sono convinto che prima o poi i medici accademici inevitabilmente si rivol­


geranno alla medicina naturale, di pari passo con i naturopati, imparando
gli uni dagli altri, o almeno dialogando. Veramente ne vale la pena. Vale la
pena di farlo per i loro pazienti. La soddisfazione è garantita ad ambedue
le parti.

Ricordo che, solo qualche anno fa, un professore di medicina in Germania


fu distrutto dai propri “colleghi” medici perché osò introdurre il trattamento
ipertermico nella sua pratica medica, curando con successo tanti pazienti
oncologici (il trattamento consiste nell’innalzare la temperatura, di
solito di tutto il corpo, al di sopra dei 41°C e di mantenerla dai 20 ai
Introduzione 45

90 minuti: in queste condizioni le cellule tumorali diventano più sen­


sibili, per esempio, al farmaco chemioterapico e in tanti casi muoiono
anche senza di esso).

Questo metodo è usato da anni nelle cliniche in Messico. Ci sono stato...,


ho visto. Mi ricordo benissimo che circa 10 anni fa parlai di questo metodo
a oncologi in Polonia e subito ricevetti commenti del tipo: “ciarlatanerie”,
“presa in giro per spillar soldi”, “sciamanerie”, ecc ecc.

E oggi? Oggi gli .istituti oncologici in Polonia strombettano ai quattro venti


che il metodo meraviglioso applicato per curare i tumori è... l'ipertermia!
Prima lo criticavano e ridicolizzavano ed ora non fanno che lodarlo.

Per cui ripeto: arriverà il tempo in cui anche gli stessi istituti e i loro titolati
dipendenti (che oggi non ne vogliono sapere di metodi alternativi alle te­
rapie antitumorali o di altre malattie croniche) un giorno annunceranno ai
media grandi “rivelazioni”, che menti mediche più illuminate conoscono da
tanti anni.

ii Un filosofo tedesco, Arthur Schopenhauer, così disse:


*

“La verità attraversa sempre TRE tappe:


1) Viene ridicolizzata
2) Viene combattuta violentemente
\ 3) Viene accettata come “ovvia da sempre”.

Per questo motivo non perdo neanche un minuto in inutili discussioni con
i “dottori in medicina” la cui posizione è “io so meglio di tutti”, ecc. Invece,
senza esitare, parlo con quelli di mente aperta, assetata di conoscenza, per
i quali il bene del paziente costituisce la priorità assoluta. Esistono medici
così? NATURALMENTE! Ho una fortuna immensa, il piacere e l’onore di
collaborare con loro.
46

Mi rendo conto che l’ambiente medico si distingue per una particola­


re sensibilità alla critica, spesso assumendo la posizione: “solo io so
tutto”. Mi rendo anche conto che questo libro farà infuriare alcu­
ni medici. Lo so dai dibattiti che conduco con il mondo medico da
15 anni.

In ogni caso non generalizzo, perché so che ci sono medici dotati di vera
vocazione, ma ce ne sono anche di cialtroni, pigri e svogliati, e - ovvia­
mente- esistono anche i businessmen che prediligono il guadagno come
priorità, in ogni professione. Quando una guarnizione perde, la macchina
riparata da un “maestro del mestiere” non va come dovrebbe, la parete di
casa non è perfettamente verticale o le piastrelle in bagno sono leggermen­
te storte, ecc., si riesce a sopravvivere. Nel caso di “cialtroneria” medica
le cose si complicano. Molto spesso la soluzione di un problema medico
è semplicissima. Basta informarsi. Si può, basta volerlo.

Vorrei che questo libro fosse utile non solo ai medici ma anche ai pa­
zienti. Laddove potrò, farò riferimento a studi medici o clinici ben precisi.
Non si tratta solo di come curare ma, soprattutto, di come prevenire le
malattie. È un argomento “fiume", ma è veramente compreso? Sappiamo
veramente che cosa vuol dire prevenire? Come prevenire, per esempio,
i tumori? Darò una medaglia a chi, nell’universo di “programmi di preven­
zione”, comitati, organizzazioni, programmi radio e televisivi, riviste, ecc.,
troverà qualcosa di CONCRETO sulla prevenzione dei tumori. In genere
le indicazioni sono di questo tipo: non fumare, mangia più frutta e verdure,
passa più tempo all’aria aperta, fai moto, ecc. Tutto vero, ma., tutto ciò
ci proteggerà dal tumore? Se così fosse, le persone che non fumano,
mangiano frutta e verdure, fanno sport, ecc., non si ammalerebbero di
tumore. Sappiamo però che non è così. C’è qualcosa in più che possiamo
fare per proteggerci da questo male? Ovviamente c’è. Ma... chi lo sa?
Chi ne parla?
Introduzione 47

In questo libro affronteremo tutto ciò. Troverete molte informazioni


su “terapie occultate” e metodi di prevenzione delle malattie, anche
quelle croniche.

Nel caso di tumori la confusione regna. Se in un programma radiofonico per


più di mezz’ora si parla di prevenzione dei tumori raccomandando l’esecu­
zione di mammografia o colonscopia, abbiamo a che fare non solo con una
confusione di concetti in persone che dovrebbero esserne consapevoli, ma
anche con il trarre in inganno gli ascoltatori, e quindi la società.

Sia mammografia che colonscopia non hanno NIENTE a che fare con la
prevenzione dei tumori. Da dove viene l’abitudine, in tanti “programmi di
prevenzione”, di indicarli come forma di prevenzione? La mammografia non
è profilassi, è soltanto “DIAGNOSTICA” medica.

Non esiste un solo caso, tra milioni di donne, in cui la mammografia

(
abbia prevenuto l’insorgenza del tumore al seno. Al contrario, come
si sa, la mammografia favorisce l’insorgenza dei tumori.

La colonscopia scopre un tumore già esistente (ma se la proliferazione delle


cellule tumorali è presente sulla parte esterna dell’intestino, alla telecamera
può non essere visibile!). Anche la mammografia evidenzia un tumore già
esistente! (e, a volte, non lo scopre affatto!) e, come si è visto dopo anni di
utilizzo, non porta ai risultati aspettati: di questo vorrei parlare nel prossimo
libro. Se con questo metodo si scopre anche un tumore, di che prevenzione si
parla se esso esiste già! La prevenzione consiste nell’impedire la formazione
tumorale; quando il tumore si forma vuol dire che la prevenzione è fallita.

Dunque infilare l’esame mammografico o la colonscopia, come pure il


rilievo dei marker tumorali, in un sacco intitolato “prevenzione dei tumori”,
vuol dire trarre in inganno.
48

Non si parla neanche lontanamente di scoperta precoce del tumore al seno


attraverso la mammografia, quando è già presente nel seno da almeno
6 o persino 12 anni! Dunque di che diagnosi precoce si parla? Ma si può
scoprire il tumore al seno proprio 6 o 12 anni prima che lo scopra la mam­
mografia? Si può. Questo argomento sarà trattato nel prossimo libro.

Terapia dei sintomi. E le cause?

Nel nostro organismo ogni giorno si formano cellule con un DNA dan­
neggiato. Sì, potenzialmente sono cellule tumorali. Perché dunque non
tutti si ammalano di tumore? Succede principalmente perché (anche se
ci sono comunque altri motivi) il nostro sistema immunitario è in grado di
identificare queste cellule e di distruggerle. Quando però il sistema immu­
nitario non lavora correttamente, non è in grado di svolgere il lavoro per il
quale è stato creato. Non è in grado, quindi, di identificare e distruggere
le cellule tumorali. L’effetto di questa disfunzione del sistema immunitario
è una crescita irrefrenabile di masse tumorali, che il più delle volte si pre­
senta (ma spesso per molto tempo è silente) come un “nodulo tumorale".
Che cosa è dunque quel nodulo tumorale che non si forma senza una
ragione? Il nodulo tumorale è un SINTOMO che segnala l’inefficienza
del sistema immunitario in un organismo. In tal caso dunque è corretto
classificare questo stato come “malattia tumorale”? Direi di no, perché
è evidente che la causa della formazione del nodulo è la disfunzione del
sistema immunitario. Per cui non esiste, secondo me, la “malattia tumora­
le”, esiste invece la malattia del sistema immunitario. È difficile non essere
d'accordo, è pura logica. Se così è, perché la medicina accademica, con
irrefrenabile testardaggine, lotta contro un sintomo e non contro la causa?
Dove è la logica?

La medicina accademica a tutti costi vuole distruggere il sintomo, e cioè il


nodulo tumorale. Ha tre modi per farlo: avvelenarlo con la chemioterapia,
e così anche il paziente; “bruciarlo” attraverso la radioterapia che - come
Introduzione 49

la chemioterapia - favorisce l’insorgenza di tumori, e asportare il nodulo


chirurgicamente, senza mai la certezza di aver rimosso tutto il male, ecc...
Congratulazioni per la finezza. E la causa? Dove mettiamo il sistema
immunitario? Quello non si cura! Logica di un troglodita. Perché andare
a riparare una buca nell'asfalto UNA VOLTA quando invece si possono
riparare all’infinito centinaia di telai distrutti di macchine che ci sono finite
e continuano a finirci dentro? Il problema è che ogni macchina può essere
riparata anche sostituendo tutto il telaio, ma a un uomo distrutto da chemio­
terapia, radioterapia o chirurgia non può essere restituita la salute. A come
evitare tutto questo torneremo ancora.

In alcuni casi il tumore può essere scoperto anche molto precocemente,


usando un adeguato, semplicissimo test di gravidanza, che costa circa dai
7 ai 14€. Ma tutti medici lo sanno?

Spesso mi sento dire: “ho i marker tumorali alti, ma da altri accertamenti


non si vedono cambiamenti tumorali e il mio oncologo mi dice che “i marker
non si curano". Ha ragione. Non si curano i marker perché sarebbe senza
senso e non c’è bisogno di essere un medico per capirlo.

Quando però si tratta di colesterolo un po’ più alto, si dimentica tutto que­
sto. Eppure nulla succede senza una ragione. Se il livello di colesterolo
è alterato, ci deve essere una ragione per cui l'organismo (principalmente
il fegato) comincia ad aumentarne la produzione. Succede quando, per
qualche motivo, l’organismo ha bisogno di maggiore quantità di colesterolo.
Che motivo può esserci? Il più delle volte è uno stato infiammatorio, ma non
solo. In altre parole, nella maggior parte dei casi, un alto livello di colesterolo
nel sangue è un indicatore (marker) di qualche disagio. Per cui l’alto livello
di colesterolo è UN SINTOMO di uno stato patologico.

Perché dunque, con testardaggine maniacale, abbassiamo il livello di questo


indicatore, senza considerare la possibile CAUSA?
50

Il colesterolo trasporta le proteine indispensabili per la costruzione e rige­


nerazione dei tessuti. Abbassando il suo livello riduciamo il rifornimento
di queste fondamentali particelle elementari per i tessuti. Che senso ha?
Nessuno. Eppure le statine (secondo me sono semplicemente delle tossine)
che abbassano il livello di colesterolo, vengono prescritte in quantità spaven­
tose. Senza pensare si abbassa il livello dell'indicatore, non considerando la
CAUSA che ne provoca l’innalzamento. Questa paranoia di abbassare il livello
di colesterolo, come sappiamo, non ha limiti. È paragonabile alla distruzione
del termometro nella speranza di abbassare la temperatura del paziente.

Chiamo il colesterolo “un indicatore” a proposito, perché il colesterolo non

( è mai stato, non è, e mai sarà, CAUSA di arteriosclerosi, infarti ecc,


né di tutta una serie di patologie che vanno sotto il nome di “insuffi­
cienza coronarica”. Questo - spero - sarà argomento del prossimo libro.

Un altro esempio: se qualcuno soffre di intossicazione da piombo o altro


metallo pesante, in ospedale gli viene somministrata immediatamente l'EDTA
endovena (è una sostanza che rimuove i metalli pesanti dall'onanismo).
La medicina sa, dai tempi più remoti, che un tumore può essere provocato
da metalli pesanti presenti nell’organismo. Potrebbe sembrar giusto, di
conseguenza, immediatamente somministrare EDTA al paziente ricovera­
to con tumore, rimuovendo così una possibile CAUSA, ma....purtroppo...
non è così. Ovviamente esistono cliniche (ci sono stato e ho visto) in cui
ad OGNI paziente oncologico viene somministrato l’EDTA durante tutta la
degenza, immediatamente, dal primo giorno, ma... non in Polonia, e nem­
meno in tanti altri paesi.

Un oncologo che conosco e che lavora in un istituto oncologico molto co­


nosciuto in Polonia, al mio suggerimento di somministrare l'EDTA mi disse
apertamente: “Se lo facessi, il giorno dopo non avrei lavoro”. Il costo della
sostanza stessa, in Polonia, per una somministrazione pervia endovenosa,
è di circa 5 zi (intorno a 1.20 €), forse anche meno. Le infusioni per via en-
Introduzione 51

dovenosa sono applicate da più di 60 anni. Il rischio è bassissimo e hanno


un'efficacia altissima.

Invece si versano nel paziente litri di sostanze “chemioterapiche”, rimuo­


vendo i SINTOMI della malattia e non la causa. Migliorano la qualità della
sua vita? Gli effetti collaterali della chemioterapia sono ben conosciuti a tutti
quei lettori che hanno avuto la sfortuna di frequentare una persona am­
malata di tumore, “curata” in quel modo. Eppure si può fare diversamente,
si può curare un tumore senza stress, senza effetti collaterali e con costi
notevolmente più bassi.

L’intossicazione da metalli pesanti non necessariamente si presenta sotto


forma di stato acuto, come per esempio dopo un’ingestione casuale di
mercurio. I metalli pesanti svolgono nel nostro organismo un’azione lenta
e subdola, ma senza pietà. Provocano tante patologie e allora la medicina
accademica si concentra sulla terapia dei sintomi, terapia di qualcosa che
non si può guarire senza rimuoverne la causa.

Ancora non mi sono imbattuto nel caso in cui un medico, consapevolmente,


abbia prescritto al paziente di rimuovere i metalli pesanti. Perché? Perché
non ha modo di farlo. Perché anche se volesse usare I’ EDTA, in ospedale
non glielo permetterebbero: non fa parte del protocollo! Privatamente si
può, ma... 1: costa parecchio (circa 160-200 zf per somministrazione =
4 0-60 €); 2: l'attacco costante ai medici che lo prescrivono fa passare agli
altri la voglia di seguirli. “Le autorità’” della medicina accademica, per ovvi
motivi, faranno di tutto per evitare l’utilizzo dell’EDTA su larga scala. Ogni
tanto leggiamo le loro opinioni basate su “studi scientifici”, ecc.

Ovviamente queste “prove scientifiche” provengono da altre “autorità”’ che


ci tengono particolarmente a non diffondere l’uso dell’EDTA. La verità è che
ci sono studi che provano tramite angiografia l’efficacia dell’EDTA. È un
dettaglio che si vuole ignorare... Ci sono però anche altre prove: pazienti,
52

già con la richiesta di seri interventi chirurgici (impianto di stent o by-pass),


si sono sottoposti alla chelazione e non hanno più avuto problemi di salute.
Hanno evitato la chirurgia, i suoi postumi, alterazioni di memoria e altri effetti
collaterali, e non presentano più placche aterosclerotiche.

Bisognerebbe chiedere loro se è valsa la pena di sottoporsi alla chelazione.

A volte leggo ciò che affermano le cosiddette “autorità mediche”: “Un


effetto negativo della somministrazione dell’EDTA può essere una mor­
tale ipocalcemia (abbassamento del livello di calcio nel sangue)”. Se la
somministrazione dell’EDTA dovesse essere eseguita da una suddetta
“autorità”, avrei paura, e tanta. La verità è che, dopo circa 50.000.000 di
somministrazioni dell’EDTA, non si è verificato nessun decesso imputabile
in modo univoco a questa sostanza.

Posso dunque competere tranquillamente con una qualsiasi di queste


"autorità”, rappresentata il più delle volte da cardiochirurghi, e vedremo chi
può citare più prove scientifiche. Se non si vuole utilizzare il sicurissimo
EDTA e si decide invece di applicare i bypass, bisogna dire alla gente un
po’ di verità su questi interventi: per esempio che la sopravvivenza di questi
pazienti è del 60% dopo 10 anni dall'intervento; del 20% dopo 20 anni; del
6% dopo 30 anni. In altre parole, entro i primi 10 anni muore circa il 40% di
pazienti con bypass. Il 36 % necessita di un re-intervento. In genere dopo
30 anni il 94% dei pazienti necessita di nuovi interventi chirurgici. Ecco
perché il classico intervento di applicazione di un bypass è utile, ma è solo
un palliativo, non porta alla guarigione.

Ron T. van Domburg, Arie Pieter Kappetein, and Ad J.J.C. Bogers.


The clinica! outcome after coronary bypass surgery: a 30-year
follow-up study Thoraxcenter, Erasmus Medicai Centre, Room
Ba559, Dr Molewaterplein 40, Rotterdam, GD 3015, The Netherlands
Introduzione 53

Gli studi sopra mettono in luce “solo” la mortalità di pazienti con by-pass
dopo oltre 10 anni. E anche le altre complicanze che spesso si verificano
dopo interventi chirurgici di questo tipo, come, per esempio, infarto, ictus,
emorragie nella sede del bypass, infezione della ferita e all'interno della
cassa toracica, polmonite, insufficienza renale acuta, embolia polmonare.
Altri postumi sono possibili come, per esempio, problemi di memoria. Questo
per quanto riguarda i by-pass e gli stent che tendono a rioccludersi dopo
breve tempo.

Che cosa è meglio, dunque, EDTA o bypass? Ma forse non sarebbe meglio
prevenire l'aterosclerosi? Se prevenire è meglio, i lettori sanno già come
fare.

Per me, di nuovo, sorge un problema: tutto questo dovrebbe essere una
conoscenza COMUNE, insegnataci dai medici e non riportata in un libro
scritto da qualcuno senza il diploma di “dottore in medicina”.

Poco fa ho sentito alla radio un programma in cui si parlava di^ psoriasi.


L’ospite del programma, una dottoressa in dermatologia, giustamente diceva
che è un problema del sistema immunitario.

Descriveva i metodi di cura, ma... parlava di steroidi che rimuovono le in­


fiammazioni e di rimedi tipo pomate, balsami, ecc. applicati localmente sulla
pelle, direttamente sulle alterazioni patologiche. Eppure queste alterazioni
sulla pelle sono solo SINTOMI, non la causa. E la causa? L’aveva già detto:
disfunzione del sistema immunitario. Ha aggiunto qualcosa sulla terapia
del sistema immunitario? Niente. Dov’ è la logica? Dove la conoscenza?
Non c’è. Non c’è? Dimostrerò che la conoscenza c’è! Ma non è utilizzata.
Mi permetto soltanto di ricordare le due foto del paziente con psoriasi, mo­
strate alcune pagine fa e - sottolineo - non è un caso isolato. E per quanto
riguarda altre malattie croniche? La stessa cosa.
54

Molte di queste malattie, come l’appena citata psoriasi, appartengono alle


cosiddette malattie autoimmuni. Questo significa che il sistema immunitario
aggredisce il proprio organismo. In che cosa consiste la terapia ufficiale di
queste malattie? In realtà in nulla. Come ho detto prima, “si curano” i se­
gnali, si alleviano sintomi e sofferenza del paziente. Sappiamo però che
l’organismo non aggredisce sé stesso senza un motivo.

Sappiamo che la causa di queste malattie è una disfunzione del sistema


immunitario. E allora perché ci limitiamo ad alleviare il decorso della malattia
0 a rimuovere i sintomi senza curare proprio il sistema immunitario? Di queste
contraddizioni, mancando fondamentali leggi logiche, ce ne sono tante.

Bisogna ammettere che negli ultimi cent’ anni la medicina accademica


ha fatto grandi progressi. Lo si vede particolarmente nella medicina d’e­
mergenza: i medici riescono a resuscitare una persona veramente ridotta
“a brandelli”. Quel che la medicina riesce a fare oggi con i neonati, a mio
modesto parere, ha del miracoloso, perché che cos’altro può essere un
intervento chirurgico sul cuore vivo di un piccolo essere, ancora nel grembo
materno? Chirurgia, diagnostica, riabilitazione ecc., sono delle branche
della medicina in cui si sono fatti passi da gigante.

Per quanto riguarda le malattie croniche, però, siamo allo stesso punto di
decine d’anni fa. Di queste patologie “si curano” solo i sintomi o si alleviano
1disturbi. Non abbiamo risposte alle domande su come curare, per esempio,
sclerosi multipla, diabete, lupus, mucoviscidosi, sclerodermia, tiroidite cro­
nica (morbo di Hashimoto), colite ulcerosa del colon, asma, morbo di Crohn,
morbo di Buerger, oppure artrite reumatoide, osteoporosis o tumori, ecc.

Come viene curato un asmatico? Più frequentemente attraverso la som­


ministrazione di cortisone per aerosol. Perché? Perché è il modo più facile
e dà risultati immediati. Il cortisone velocemente inibisce un’infiammazione.
Introduzione 55

Rimane però irrisolto il problema fondamentale: che cosa ha provocato


l’infiammazione? Quale è la causa? Se non rimuoviamo la causa, la ma­
lattia ritornerà. Quale medico sa che la cura dell’asma non consiste nella
somministrazione di rimedi per rilassare i bronchi, né del cortisone ma, in
tanti casi, nell'acidificazione dello stomaco con sostanze semplici e naturali?
E l’asma se ne va.

Colgo l’occasione per accennare a una precisazione fattami da un illuminato


farmacista: “alcuni anni fa vennero ritirate dalla terapia dell’ asma le medici­
ne del gruppo dei cromoni. Poco costosi, efficaci e senza effetti collaterali.
Bastava somministrarli al paziente 3 mesi prima della pollinazione di alcune
piante e.... l’asma non c’era”.

Esattamente la stessa cosa accade in caso di reflusso. Che cosa fa un


medico il più delle volte? Prescrive un farmaco (un farmaco?) che neutralizzi
l’acido dello stomaco e il problema finisce qui. Veramente? In questo modo
si rimuove la causa del disturbo? Dopo aver neutralizzato l’acido cloridrico
o diminuito la sua produzione, il paziente si sente meglio perché è stata ab­
bassata l'acidità dello stomaco. Nei testi medici leggiamo che un’alta acidità
dello stomaco NON È LA CAUSA del reflusso. Dunque: somministrando
antiacidi rimuoviamo la causa o “curiamo” il sintomo, un indicatore che non
va curato? La terapia del reflusso spesso risulta efficace AUMENTANDO
L’ACIDITÀ’ dello stomaco!

In molti casi bisogna fare proprio questo (acidificare lo stomaco) e, per


esempio, aH’improvviso la fastidiosa depressione, legata al disturbo, re­
gredisce da sola! Bisogna soltanto saperlo. Quindi non c’è bisogno di
somministrare “alla cieca” farmaci antidepressivi, perché il più delle volte
non curano, ma mimetizzano i sintomi, esponendo il paziente ad una serie
di effetti collaterali. Che cosa viene rimosso? La causa della depressione
o soltanto i suoi sintomi?
56

La stessa cosa accade nel caso, per esempio, dell’artrite reumatoide: corti­
sone e.... il dolore sparisce. Il paziente è felice, anche se il suo fegato, reni,
intestino e sistema circolatorio,ecc., sono notevolmente meno entusiasti.

Terapia o fonte di problemi ancor più gravi?

Sì, sì... sento già voci di protesta: non sempre viene usato il cortisone
perché abbiamo farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS), come per
esempio, aspirina, ibuprom, ibuprofene, ketonal, acard tylenol, celebrex,
ecc. Ce n'è una marea. Questi “farmaci” abbassano l’efficienza del
sistema immunitario(i), al contrario di tante erbe che, quando ci amma­
liamo, lo stimolano ad un lavoro più intenso. Possiamo comprarli quasi tutti
senza ricetta, per esempio a un distributore di benzina. Dicendo “non sono
steroidi”, si è addormentata la nostra attenzione. Si è addormentata anche
l’attenzione di circa 16.500 americani che sono deceduti negli USA, in un
solo anno, dopo aver usato proprio farmaci antiinfiammatori non steroidei.
È finita qui? No, perché questi 16.500 decessi sono una media annuale
e non un singolo episodio. La cosa peggiore è che, in tutti i casi, questi
“farmaci” venivano usati secondo le indicazioni della casa produttrice.

Vale la pena di notare che il numero di decessi in seguito all’uso dei FANS
(16.500 casi) è quasi uguale al numero di decessi causati dal virus HIV
(16.685 casi) e quasi tre volte più alto del numero di decessi causati dal
tumore del collo dell’utero (4.441 casi). E nonostante ciò, non si odono
segnali d’allarme.

Singh G, Triadafiiopoulos G. Epidemiology of NSAID induced


gastrointestinal tract complications. J. Rheumatology 1999; 26:18

E altri farmaci? Si stima che, soltanto negli USA, gravi effetti collaterali
indotti dai farmaci compaiono in più di 2.2 milioni di persone all’anno, e più
di 100.000 muoiono per questo motivo.
Introduzione 57

Lazarou J, Pomeranz BH, Corey PN. Incidence of adverse drug


reactions in hospitalized patients: a meta-analysis of prospective
studies. JAMA 1998; 279(15): 1200-1205.

Questi dati sono spaventosi? Probabilmente sì, per i lettori. Questi dati sono
veri? Direi di no, perché sicuramente la realtà è peggiore. Userò i dati che
riguardano errori medici: Qui sono citati gli studi scientifici:

Leape LL. Error in medicine. JAMA 1994; 272(23): 1851-1857.

Bates DW, Cuilen DJ, Laird N, et al. Incidence of adverse drug


events and potential adverse drug events. Implications for
prevention. ADE Prevention Study Group. JAMA 1995; 274(1): 29-34.

Vincent C, Stanhope, Crowley-Murphy M. Reasons for not reporting


adverse incidents: an empirical study. J. Èva!. Clin. Pract. 1999;
5(1): 13-21.

Bates DW. Drugs and adverse drug reactions: how worried


should we be? JAMA 1998; 279(15): 1216-1217.

Dickinson, JG. FDA seeks to doublé effort on confusing drug


names. Dickinson's FDA Review 2000; 7(3): 13-14.

Studi che spiegaho come mai non tutti i casi di errori medici vengono
dichiarati. È ovvio, solo una piccola percentuale di errori viene dichiarata
dal medico stesso o dal suo superiore perché ciò comporta tutto un ven­
taglio di seri problemi per il medico o per l’istituzione per cui lavora... Chi
dichiara dunque questi errori? Il più delle volte la famiglia o il malato stesso,
se sopravvive. I dati nelle fonti citate indicano che viene dichiarato solo il
5-20% dei casi di decesso. E il resto? Gli autori di questi studi stimano
che - considerando tutti casi non dichiarati - la mortalità per errori iatrogeni
(solo negli USA) supererebbe considerevolmente gli 800.000 casi annui.

Se così è, si può ipotizzare, come ho scritto sopra, che “negli USA, gravi
effetti collaterali dei farmaci usati compaiono in più di 2.2 milioni di persone
58

all'anno e più di 100. 000 muoiono per questo motivo”? In altre parole,
TUTTI i casi di gravi effetti collaterali in seguito all'assunzione di farmaci
vengono dichiarati? Tutti i decessi in seguito all’assunzione di farmaci sono
segnalati? Con grande probabilità si può dire di no. E ciò nonostante che
il sistema americano di segnalazione di questi casi e l’esistenza di diversi
tipi di meccanismi di controllo, ecc, siano molto strutturati. E come è la
situazione in Polonia? Non ho dati credibili.

Gli americani più maliziosi citano i seguenti numeri:

- numero di medici in USA = 700.000

- numero di decessi casuali, provocati dai medici (solo quelli dichiarati)


= 120 000

- numero di questi decessi per ogni medico = 0.171

- numero di detentori (legali) di arma da fuoco negli USA = 80.000.000

- numero di decessi da arma da fuoco = 1.500

- numero di decessi da arma da fuoco per ogni detentore di tale arma


= 0.0000188

Da qui si evince che i medici sono 9.000 volte più pericolosi dei detentori
di armi da fuoco.

Ovviamente sto scherzando. Comunque il servizio sanitario, almeno quello


americano, non è messo molto bene. Ed il nostro, polacco? Non so se sia
messo meglio (escludo, ovviamente, l’ospedale di Lesna Gora nella fiction
polacca “Per la buona e cattiva sorte”).
Introduzione 59

Tanti pazienti sempre più spesso cercano soluzioni nella medicina alternati­
va. Che cosa significa il termine medicina alternativa o non convenzionale?
Nella maggior parte dei casi vuol dire: terapia con uso di sostanze naturali,
esistenti in natura, a differenza dei farmaci sintetizzati artificialmente.

La medicina naturopatica, che utilizza le sostanze naturali presenti in


natura, esiste da migliaia di anni. Solo relativamente di recente è stata
creata una medicina (quella contemporanea) che utilizza rimedi sintetici,
in alternativa a quelli usati da centinaia e più anni. Come mai, dunque,
quel che è statq usato tradizionalmente dai tempi di “Adamo ed Èva”,
aH’improvviso viene designato non convenzionale o alternativo, e ciò che
da poco tempo viene sintetizzato artificialmente è chiamato terapia tra­
dizionale? I farmaci sintetizzati artificialmente sono UN’ ALTERNATIVA
ai rimedi estratti dalle sostanze naturali. Da quando artificiale è meglio?
Perché artificiale?

Da circa 50 anni tanti medici, utilizzando con cura vitamine scelte e altre
sostanze nutrienti, riescono a guarire “l'inguaribile" sclerosi multipla, lupus,
psoriasi, morbo di Alzheimer, artrite reumatoide o schizofrenia: il tutto senza
costosi farmaci, senza effetti collaterali. Seguono ora le regole della cosid­
detta medicina ortomolecolare (Orthomolecular medicine). Questo termine
fu introdotto dal dott. Linus Pauling. Parleremo ancora di lui nel capitolo
sulla vitamina C. Il prefisso “orto”, dal greco “òp0óc;”, significa “giusto”. La
medicina ortomolecolare si occupa di terapie che applicano alte dosi di
vitamine e altri nutrienti, insieme a una dieta adeguata, nelle giuste dosi
per ogni organismo, in determinati stati di malattia. Gli effetti sono più che
spettacolari. Purtroppo, poco tempo dopo aver introdotto questo concetto,
il dott. Linus Pauling è stato quasi rinnegato, “scomunicato” daH’ambiente
medico. E ciò non sorprende più nessuno.

Non dimentichiamo mai una cosa semplicissima:


60

L’organismo umano non si ammala per carenza di farmaci, ma è la


carenza di sostanze naturali che provoca la malattia.

Noi, però, quando curiamo un paziente, non gli forniamo le sostanze di cui
ha bisogno. Lo riempiamo di sostanze chimiche prodotte artificialmente.
Sono sostanze sintetiche, non naturali e, per essere esplicito, “il nostro
fegato non sa di che farsene, deve espellerle”. Ogni farmaco ha una lun­
ghissima lista di effetti collaterali. Effetti che - come sappiamo - colpiscono
non solo il fegato.

Per un giusto funzionamento, l’organismo non ha bisogno di aspirina, eparina,


ibuprofene, statine e centinaia di altre sostanze di sintesi. Necessita invece
di vitamine, minerali, oligoelementi (elementi traccia), grassi, proteine, aria
pura, acqua pura e soprattutto di un’alimentazione naturale, non trasformata,
non modificata, non fortificata. Perché, dunque, vince l’artificiale? La storia
è più complicata.

L’ industria farmaceutica è l’artefice del male?

Ogni ditta farmaceutica deve avere un profitto, e grande. Se non lo rag­


giunge, le quote in borsa caleranno, gli sponsor se ne andranno e la
ditta sarà minacciata di fallimento. Ogni ditta aumenta il proprio profitto
quando riesce a brevettare qualcosa. Non possono essere brevettate,
però, le sostanze naturali presenti in natura, come per esempio vitamine
o minerali. Di conseguenza, per ottimizzare i profitti degli investitori, le
ditte farmaceutiche corrono a produrre sostanze che non sono presenti
in natura.

Per forza di cose, dunque, le medicine prodotte attualmente sono sostanze


create artificialmente. Dopo aver elaborato tali rimedi, la ditta chiede il bre­
vetto e solo allora ha la possibilità di raggiungere il maggior profitto possibile.
Questo iter burocratico dura circa 10 anni. Come proprietaria del brevetto,
Introduzione 61

di solito soltanto quella ditta - e nessun altro - ha il diritto di produrre e di


vendere la sostanza brevettata come farmaco. Nei dieci anni lavora con
una o più sostanze nuove da brevettare. Alla scadenza del brevetto tutte
le ditte farmaceutiche possono produrre il farmaco, ma sia il prezzo che gli
introiti diminuiscono vertiginosamente.

Perché un farmaco creato artificialmente sia idoneo alla vendita, la ditta


farmaceutica deve condurre innumerevoli e molto complicati studi clinici,
sottoposti a regole molto rigide per ciò che riguarda i test.

Terminati i test, i risultati vengono trasmessi ad un’apposita istituzione che


effettua la valutazione dal punto di vista dell'efficacia e della sicurezza.

Se queste vengono confermate, la ditta farmaceutica ottiene il permesso


per la produzione e la vendita.

L’obiettivo di queste procedure è proteggere il paziente dall'introduzione


e utilizzo di farmaci che possono essere pericolosi per la salute. E qui
emerge una notevole ipocrisia: come è possibile che per curare una malattia
tumorale vengano introdotti farmaci (?) tossici per il cuore o che favoriscono
proprio lo sviluppo del tumore? Contemporaneamente si cerca di spaventare
l’ambiente medico e la gente comune informandoli dei “pericolosi effetti”
dell’uso di alte dosi di alcune vitamine (per esempio la Vit. D3) o di minerali
(per esempio lo iodio) che, come dimostrerò in seguito, non provocano
effetti collaterali.

Data la nazione di provenienza delle industrie farmaceutiche, l’istituzione che


più spesso redige questi permessi è l’Agenzia per gli Alimenti ed i Medicinali
(Food and Drug Administration - FDA), l’ente governativo americano che
si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici. Le
condizioni poste alle industrie farmaceutiche richiedono spese esorbitanti.
Il costo medio per eseguire tutti i test clinici di un singolo farmaco, prima
62

di ottenere il permesso per la sua produzione e distribuzione, si aggira tra


i 500-1.500 milioni di dollari. Parecchio, per ogni tasca!

http://www.lef.org/magazine/mag2002/oct2002_awsi_01.html

Per questo motivo solo le ditte con un enorme capitale possono permettersi
gli studi clinici richiesti dalla FDA. Questi costi devono essere in qualche
modo compensati. Sono pagati dal paziente o dallo stato in cui è venduto
il farmaco (grazie alle tasse pagate dal paziente).

Effetti: inimmaginabili profitti ricavati che, nel caso dei farmaci, possono
arrivare a percentuali esorbitanti.

Il vero costo dei farmaci (negli USA)


PREZZO Costo della sostanza
NOME per il cliente attiva PROFITTO
per 100 cpr/cps (100 cpr/cps)
Celebrex 100 mg 130,27$ 0 ,6 0 $ 217,12%
Claritin 10 mg 215,17$ 0,71 $ 303,06 %
Keflex 250 mg 157,39$ 1,8 8 $ 83,72%
Lipitor 20 mg 272,37 $ 5 ,8 0 $ 46,96%
Norvasc 10 mg 1 8 8 ,2 9 $ 0,14$ 1344,93%
Paxil 20 mg 220,27 $ 7,6 0 $ 28,98%
Prevacid 30 mg 344,77 $ 1,01 $ 341,36%
Prilosec 20 mg 360,97 $ 0 ,5 2 $ 694,17%8
Prozac 20 mg 247,47 $ 0,11 $ 2249,73%
Tenormin 50 mg 104,47$ 0,13$ 803,62%
Vasotec 10 mg 102,37$ 0 ,2 0 $ 511,85%
Xanax 1 mg 136,79 $ 0,024 $ 5699,58%
Zestril 20 mg 8 9 ,8 9 $ 3 ,2 0 $ 28,09%
Zithromax 600 mg 1.482,19$ 18,78 $ 78,92%
Zocor 40 mg 350,27 $ 8 ,6 3 $ 40,59%
Zoloft 50 mg 206,87 $ 1,75$ 118,21%
Alcuni di questi farmaci non sono più protetti da brevetto. I dati della tabella riportano il
prezzo al dettaglio del farmaco al tempo in cui esso era soggetto a brevetto.
Introduzione 63

Dovremmo dunque avercela con le ditte farmaceutiche? Secondo me, no.


E per quale motivo?

Si tratta di ditte private, hanno i propri sponsor che si aspettano i maggiori


profitti dal capitale investito. Non c’è niente di male. Non sono istituti di
beneficenza. Come tutte le altre ditte che producono o forniscono servizi
(parrucchieri, meccanici, negozi di scarpe o chi le produce, proprietari di
imprese di pulizie, panifici, macellai, calzolai), sono sottoposti alle medesi­
me leggi di mercato. O guadagni o fallisci e, nel caso di direttori di piccole
o anche più granjJumprese, o crei profitti o vieni licenziato. Quando, nelle
grandi corporazioni, le retribuzioni dei membri del consiglio di amministra­
zione ammontano a decine di milioni di dollari annui a testa, non c’è spazio
per alcuna pietà. Inoltre, dato che il sistema di produzione e distribuzione
dei farmaci richiede enormi investimenti, le industrie farmaceutiche devono
compensarli in qualche modo. I profitti sono grandi, ma i costi pure. Tutto
questo è ovvio per ogni ditta. Non condanno le ditte farmaceutiche: come
tutte le altre, devono generare profitti. Invece i casi di volgari imbrogli, le
bugie contenute nei cosiddetti studi clinici, la corruzione, ecc, allo scopo
di ottenere profitti senza badare alla salute del paziente, sono cose as­
solutamente imperdonabili. E qui propongo la visione del film “Doctored”
(prodotto da Jeff Hayes).

Teoricamente il fatto che un dato farmaco abbia superato anni di rigidissimi


test, dovrebbe dare ai medici ed ai pazienti la certezza che il suo utilizzo
sia efficace e, soprattutto, sicuro. Come si sa, non è così. Non voglio cre­
are teorie cospiratorie contro l'industria farmaceutica e la FDA; comunque
non è neppure più possibile nascondere la corruzione su larga scala di
questa istituzione. Scandalose mancanze o atti di corruzione le hanno
fatto perdere la fiducia di cui ha goduto per tanti anni. Peccato. Non c'è da
meravigliarsi, visto che centinaia di farmaci ogni anno vengono ritirati dal
mercato perché si scopre che arrecano più danni che vantaggi, e in tanti
casi conducono alla morte dei pazienti invece che alla loro cura. Che va-
64

lore hanno, dunque, tutti questi studi clinici e le valutazioni dei funzionari
FDA? Oltretutto il 95% di questi studi viene non solo sponsorizzato, ma
anche condotto dalle ditte farmaceutiche che producono il farmaco. Più
del 75% dei più grandi scienziati in campo medico è retribuito dall’industria
farmaceutica. Il Journal of American Medicai Association (JAMA), analiz­
zando nel 2002 i dati dei farmaci ritenuti idonei al commercio, concluse
che le informazioni che li riguardavano erano soggettive addirittura nel
90% dei casi!

Anzi, spesso le ditte farmaceutiche conducono gli studi e le verifiche nei


PROPRI LABORATORI, senza nessun controllo esterno, senza la par­
tecipazione di altri laboratori indipendenti. Che credibilità hanno dunque
questi studi?

Molti americani, tra cui anche luminari medici, scherzosamente chiamano la


FDA Fiction and Death Administration, cioè Agenzia di Finzione e Morte.

Sappiamo anche che i farmaci forniti dall’industria farmaceutica sono sem­


pre più tossici. E neppure più efficaci. Non c’è da meravigliarsi che sempre
più pazienti si rivolgano a medici o terapeuti che non prescrivono artificiali
farmaci sintetici, ma piuttosto sostanze naturali. I pazienti cominciano a te­
mere le terapie ospedaliere e l'assunzione di farmaci prodotti dalle grandi
industrie farmaceutiche. Personalmente ritengo che:

“Grande tragedia deM’umanità è che la farmacia non è più al servizio


della medicina, ma la medicina è al servizio della farmacia”.

Una delle più prestigiose riviste mediche, il New England Journal of Medicine,
nel 1993 riportò la notizia che già nel 1990 il numero dei pazienti che
si affidavano a terapeuti praticanti medicina alternativa superava il
numero dei pazienti dei medici accademici.
Introduzione 65

Tutti noi siamo a conoscenza di casi di malati per i quali la medicina acca­
demica non ha potuto fare più niente e, non avendo più niente da offrire, il
paziente è stato lasciato solo con la sua sofferenza. Quante volte sentiamo,
nel caso di tumori: “bisogna assicurare una morte dignitosa, non possiamo
fare altro” Si dice apertamente che non c’è speranza, che il paziente sta
morendo. E quando la famiglia “non molla” e supplica di applicare “metodi
alternativi”, la risposta è unica: NO. Il medico “ha mollato". A mio parere
è una sorte di eutanasia. Vietata dalla legge! È il medico che condanna il
paziente alla morte. Non sono “parole a vanvera”, conosco personalmente un
grandissimo numero di pazienti - e la letteratura è piena zeppa di casi - in
cui il medico (?), in modo del tutto disumano, ha lasciato morire il paziente
e qualcun altro lo ha guarito. E allora? Allora spesso viene punito il medico
che guarisce. Quello che invece abbandona e lascia morire il paziente
rifiutando altri metodi, è libero. Perché un medico, in Canada, ha perso il
diritto di esercitare la professione? Perché somministrando 50.000 Ul di
vitamina D, guariva bambini dall’asma. Sottolineo: subito, efficacemente
e senza effetti collaterali. Dobbiamo vivere in un mondo così? C’è un motivo
per tutto questo? Eh sì, c’è.

L’obiettivo dei produttori di lampadine è di fabbricare lampadine che non si


consumano mai? Proprio loro per primi cominciarono, già in fase di proget­
tazione, a idearle in modo che dopo un certo periodo si bruciassero! Sanno
con precisione quanto dureranno. Per esperienza sappiamo che si brucia­
no sempre più spesso. Per abbassare i costi di produzione cominciarono
a produrle in Cina. Sorsero decine, centinaia di fabbriche di lampadine. Due
potenti industrie chiesero di sottoporre a dazio antydumping l’importazione
di lampadine dalla Cina. Il dazio doganale venne applicato a TUTTE le
fabbriche che importavano lampadine dalla Cina, ma... ESCLUDENDO da
quell’obbligo le due industrie che lo chiesero. Loro continuano a produrre
e importare le lampadine dalla Cina, ma...solo loro due, le due potenti
industrie. Nessun altro.
66

Non ci ricorda qualcosa? Le ditte farmaceutiche sono interessate a pro­


durre un farmaco che guarisca milioni di persone in breve tempo? Per
loro sarebbe una catastrofe. Non conviene. Così come dobbiamo com­
prare spesso lampadine, le ditte farmaceutiche non vogliono guarire ma
curare all’infinito. Farmaci che diano sollievo, sì, ma che non guariscano.
È così semplice...

Mi spiego meglio: immaginiamo che la somministrazione di rimedi sem­


plici, proprio come vitamine, minerali o altri poco costosi metodi di cura
dei tumori, provochino un brusco calo di malattie, per esempio, croniche,
compresi i tumori. Sarebbe necessaria la chemioterapia? Nella maggior
parte dei casi, no. La chemioterapia contribuisce notevolmente all’allunga­
mento della vita o guarigione dal tumore? NO! Ci sono altri mezzi efficaci,
ma... poco costosi? Sì. Perché dunque non vengono usati? Anzi, è vietato
usarli! Perché costano poco. Descriverò dettagliatamente in un altro libro
i metodi alternativi per curare i tumori perché è un argomento più vasto,
ma il meccanismo è lo stesso.

Un metodo efficace, ma che non si può brevettare, non può essere applicato
perché non farebbe la fortuna di nessuno.

Un medico americano calcolò che, se fosse applicata la chelazione (argo­


mento per un altro libro) su larga scala negli USA, più del 25% delle cliniche
private che si occupano di bypass e trapianti del cuore, dovrebbero chiudere
per mancanza di clienti.

Come ho detto sopra, la tragedia dell’umanità è che tempo fa la farmacia


serviva il medico, oggi il medico è servo della farmacia. Ne vediamo
esempi quotidianamente.

Medici e farmacisti hanno l’obbligo di aggiornarsi. Si chiama “formazione


continua”. Consiste nel raccogliere punti (ECM) per ogni corso fatto nell’arco
Introduzione 67

di 5 anni. I rispettivi ordini possono agire contro i professionisti che non si


adeguano.

Fino a poco tempo fa le strade polacche erano invase da rappresentanti


di ditte farmaceutiche. Guadagnavano soldi presentando ai medici i nuovi
farmaci prodotti dai loro datori di lavoro. Da qualche tempo sono spariti. Che
è successo? Le ditte farmaceutiche hanno avuto un’idea geniale. Perché
mantenere centinaia di rappresentanti, spendendo per macchine, computer
portatili, carburante, retribuzioni, alberghi, vitto, ecc? Ogni medico è obbli­
gato a raccogliere i punti ECM partecipando a corsi e conferenze mediche.
Basta retribuire abbastanza chi conduce il corso (con giusti titoli davanti al
cognome) e i medici si affretteranno a procurarsi questi punti, pagandosi
viaggio, albergo, vitto, ecc. Immediatamente si abbassano bruscamente
i costi del marketing e il guadagno cresce in maniera esponenziale. È così
che funziona adesso.

Molte volte ho sentito giovani medici dichiarare il loro disinteresse per


terapie o farmaci che non avessero superato studi clinici a doppio cieco
o randomizzati, ecc. Chiedere studi clinici sulla vitamina C o vitamina B 17
o su una marea di altre sostanze ugualmente efficaci, è come l’ingenuità di
un bambino che crede in Babbo Natale o alla cicogna che porta i bambini.
Questi studi non ci sono e non ci saranno mai. Non ci sono e non ci sa­
ranno perché nessuno, tranne l'industria farmaceutica, può permettersi di
finanziarli. Se per questi studi bisogna stanziare anche “miseri” 500 milioni
di dollari, senza dopo guadagnare un centesimo, possiamo aspettarli fino
alla morte... Inoltre, come ci insegna l’esperienza, oggigiorno la credibilità di
certi studi, in particolar modo quelli che potrebbero danneggiare gli interessi
dell’industria farmaceutica, è pari a zero.

Lo stesso vale per il commento che, se tali studi non hanno trovato posto tra
le pubblicazioni appartenenti alla cosiddetta lista di Filadelfia, il loro valore
è minimo (le pubblicazioni scientifiche che si trovano nella lista di
68

Filadelfia - Master Journal List - sono considerate le migliori in campo


e gli articoli ivi comparsi hanno un peso fondamentale, maggiore di
quelli comparsi in altre pubblicazioni meno conosciute).

Forse potrebbe essere vero ma, considerando la corruzione dilagante tra


recensori e editori delle importanti pubblicazioni mediche, bisogna prendere
questa loro valutazione con le pinze. Dimostrerò che, anche se un articolo
compare in un periodico di maggior prestigio, come The Lancet, ma tratta
di un fenomeno non “politicamente corretto”, l’effetto dell’articolo può essere
nullo, anche se dovesse suscitare una grandissima discussione e riflessione
nell’ambiente medico di tutto il mondo.

PubMed (Mediine) ti dirà la verità?

Sappiamo che tanti medici, spesso consultano un database di pubblicazioni


mediche come, per esempio, PubMed (Mediine). Non tutti sanno, però,
che contiene soltanto il 5/10% dei lavori pubblicati. Bisogna ricordarselo,
perché spesso si sente dire che non si è trovato qualcosa “nemmeno in
PubMed”. Il che non vuol dire che quell'argomento non sia stato trattato
da nessuna parte. Quando vado negli USA o mi metto in contatto con tanti
luminari medici che usano il metodp naturopatico per curare tumori e ma­
lattie croniche, sento parlare continuamente di pubblicazioni che la censura
di PubMed ha rifiutato. Pubblicazioni che descrivevano esperienze con
applicazione di terapie o uso di sostanze che esistono in natura, efficaci
e poco costose. Chissà perché non sono state pubblicate nella banca dati
PubMed? Qualcuno ha ancora dei dubbi? lo, no.

Quando partecipai a una conferenza organizzata dalla Cancer Control


Society a Los Angeles, i medici ivi presenti, soprattutto oncologi, aperta­
mente dichiararono che i migliori lavori che leggevano erano quelli rifiutati
dalla censura PubMed. Vale la pena di riflettere.
Introduzione 69

E se consideravano gli studi clinici accettati da PubMed, facevano notare


la loro sempre più scarsa credibilità. Sottolineavano anche il maggior peso
delle pubblicazioni rifiutate, contenenti osservazioni di tanti clinici che
usavano diverse sostanze naturali. Parlerò di tante di queste pubblicazioni
più avanti.

Nella lingua inglese è in uso, nel linguaggio medico, il termine poco felice
“anecdotal evidence”: niente a che vedere con aneddoti, si riferisce sem­
plicemente a “dati non confermati”, a osservazioni di un medico sui suoi
pazienti. Spesso,-però, udendo questa espressione, molti medici sono portati
a ignorare del tutto certi contenuti. Il più delle volte queste osservazioni
di “anecdotal evidence” hanno un grandissimo significato. Contengono
qualcosa di molto importante, anche se non emerge da studi clinici ufficiali.
Se, per esempio, un medico riesce a bloccare per alcuni anni il progresso
di una malattia tumorale o addirittura a ottenerne il regresso totale senza
chemioterapia, senza i suoi effetti collaterali... non sarebbe il caso di appro­
fondire subito? Se una malattia è classificata come “inguaribile”, a me non
importa se la sua guarigione è stata ottenuta solo in UN CASO. Occorre
approfondire accuratamente. Come mai si è verificata la guarigione? Come
quel medico o terapeuta ha potuto ottenere un certo risultato? Che importa
se in un solo caso? Forse per ora un solo caso? Un detto dice: “se solo un
corvo è bianco, vuol dire che non tutti i corvi sono neri”.

Le banche dati delle ricerche mediche sono piene di informazioni sul basso
livello di vitamina D in pazienti con malattie croniche. Lo confermano fonti
diverse tra di loro e - se così è - la logica vorrebbe che ci si preoccupasse
di alzare questo livello.

Quando questo è stato fatto, ricerche scientifiche hanno dimostrato che


l’innalzamento del livello di vitamina D aveva un effetto notevolmente positivo
per la salute. Anzi..., sono stati descritti casi nei quali la somministrazione
70

di alte dosi (che si rivelarono senza effetti collaterali, come ho detto prima)
ha portato, a volte, alla regressione di alcune apparentemente inguaribili
malattie. Ciò di nuovo ci induce a confermare la seguente tesi formulata da
alcuni medici, e non solo medici: non esistono malattie inguaribili, siamo
noi che non sappiamo COME guarirle. Per questo motivo, OGNI caso di
guarigione di una malattia descritta dalla medicina accademica come “in­
guaribile”, dovrebbe essere considerato e studiato con serietà.

Purtroppo la stragrande maggioranza di questi casi viene derisa e ignorata


proprio dai medici con formazione accademica. Fortunatamente esistono veri
medici che studiano i casi di guarigione con molta attenzione, si informano
COME VENGONO OTTENUTI i risultati e, a volte, di nascosto(l), tacendo­
lo ai colleghi, prescrivono la stessa terapia. Verificano che “funzioni”. Ma
perché nasconderlo? Per ora devono, perché altrimenti possono perdere
il lavoro o essere isolati dal proprio ambiente, il che significa che non po­
tranno esercitare, perché le loro “autorità”' possono revocare loro il diritto
di curare i malati. Per questo motivo numerosi medici, delusi dalla medicina
accademica, l’abbandonano e diventano omeopati, naturopati, ecc. Altri,
nonostante tutto, scelgono la strada “contro-corrente”, perché la voglia di
curare e di portare aiuto al malato sofferente prendono il sopravvento sulla
burocrazia che li controlla. E... curqno. Curano con metodi e con sostanze
che - come spesso dimostrerò - sono efficaci, innocui, ma... hanno un
difetto essenziale: costano poco e non possono essere brevettati.

La prassi dimostra, però, che questi medici coraggiosi vengono derisi


e isolati dal proprio ambiente. Triste, ma... vero. Anche tragico, perché ne
soffrono i pazienti. E tanto.

Dunque, in che direzione andranno le terapie? Sapendo - escludendo


le malattie genetiche - che la causa principale, soprattutto delle malattie
croniche, è la disfunzione del sistema immunitario, allora, ripristinando la
sua efficienza, riusciremmo a “guarire l’inguaribile”?
Introduzione 71

Come farlo? Di questo parla il libro e - spero - anche gli altri che seguiranno.

In queste pagine voglio far notare la necessità di un dialogo tra - generalizzan­


do - la medicina accademica e tutte le altre medicine chiamate “alternative”.
Scambiamoci esperienze, informazioni e osservazioni. Consultiamoci
a vicenda. Facciamo in modo che la conoscenza medica vada oltre a ciò
che ci viene insegnato all’università. Utilizziamo le risorse che possiedono
i terapeuti delle varie branche, i quali, forse, non hanno studi scientifici alle
spalle, ma possono vantare risultati efficaci. Non deridiamo qualcosa che
funziona solo perché non sappiamo come. Chiediamoci perché l’inguaribile
è stato guarito.

Se riusciremo a costruire -speriamo - un forum di esperienze, se i medici con


una formazione ufficiale potranno applicare liberamente metodi innovativi ma
efficaci, se potranno decidere del loro uso e parlarne senza paura nel proprio
ambiente, con il consenso del paziente e senza l’intromissione dei burocrati,
ne guadagnerà il paziente, ed è questo che conta. Ma è solo il paziente che ne
profitterà? Ovviamente no. Guadagnerà tantissimo lo stato, quindi tutti noi.

Il sistema immunitario

Nell’introduzione ho accennato che proprio il nostro sistema di difesa im­


munitaria è responsabile dell'insorgenza - o non - e dello sviluppo di una
malattia. Ovviamente fanno eccezione le malattie genetiche, alla base
delle quali ci sono difetti che non hanno niente a che fare con il sistema
immunitario.

Il sistema immunitario è un sistema biologico molto complesso e complicato.


Il suo buon funzionamento è possibile grazie a migliaia di diverse sostanze
come, per esempio, ormoni, acidi, enzimi, ecc. Molte di queste sostanze
sono già ben conosciute, ma tante rimangono ancora sconosciute. Non
è mio obiettivo descrivere la funzione del sistema immunitario o i suoi singoli
72

elementi. Importante è sottolineare che si tratta di un sistema fondamentale


per la fisiologia del nostro organismo. La capacità di mantenere in perfetto
equilibrio la complicata macchina biologica si chiama scientificamente
OMEOSTASI. Il nostro organismo cerca di mantenerla anche quando il
suo equilibrio viene disturbato da un qualsiasi agente esterno. Ma, a volte,
non ci riesce. E ci ammaliamo.

Che cosa, dunque, è necessario per mantenere questo equilibrio, per non
ammalarci? In parte conosciamo la risposta, ma... solo in parte. Perché
non sappiamo tutto? Perché la nostra conoscenza odierna è insufficiente
per capire tutti i processi che avvengono nel nostro organismo. Comunque
sappiamo già QUALCOSA...

Per funzionare bene il sistema immunitario, per esempio, deve avere a di­
sposizione le tante sostanze di cui necessita. Come ho già accennato, non
le elencherò. È sufficiente dire che sono necessarie giuste proteine, vitamine
e minerali. Anche i batteri sono molto importanti per il nostro organismo.
Invece grande ostacolo è costituito dai metalli pesanti, dai parassiti e da tutta
una gamma di varie tossine che provocano il cosiddetto stress ossidativo,
(per esempio pesticidi, erbicidi, farmaci, ecc.).
i

Suppongo che i nomi delle sostanze citate non costituiscano un problema.


Invece il concetto di stress ossidativo può essere poco chiaro, per cui lo
spiegherò brevemente.

Numerose reazioni nell’organismo avvengono in presenza di ossigeno.


Queste reazioni consistono nello scambio di elettroni. Gli elettroni si muo­
vono intorno al nucleo di un atomo in coppie. Quando un elettrone si
distacca dall'atomo di ossigeno, si forma una particella di ossigeno con un
elettrone spaiato, che non fa parte di una coppia stabile. Questa particella
è il cosiddetto “radicale libero”. Un radicale libero può esistere in maniera
Introduzione 73

indipendente. Senza approfondire oltre, i radicali liberi si formano non solo


nel caso di perdita dell'elettrone da parte dell'ossigeno, ma anche da parte
dell’azoto. I radicali liberi hanno forte potere ossidante. È un bene e un male
nello stesso tempo. I radicali liberi servono al nostro sistema immunitario
per combattere i patogeni: sono un bene.

Quando però i radicali liberi sono troppi e il nostro sistema antiossidante


endogeno non riesce a gestirli data la loro quantità, avvengono troppe
reazioni ossidanti: è un male, un grande male. Un radicale libero “ruba”
l’elettrone che gli manca ad altri atomi o particelle, che - a loro volta - lo
rubano ad altri ancora. E così si scatena una reazione a cascata.

Per fortuna nel nostro organismo esistono sostanze capaci di cedere un


elettrone neutralizzando il radicale libero. La sostanza stessa, comunque,
anche se per definizione diventata radicale libero, è innocua dopo aver
ceduto l’elettrone. Queste sostanze sono degli antiossidanti.

Abbiamo diversi tipi di radicali liberi, ma anche diversi tipi di antiossidanti


endogeni, prodotti dall’organismo.

Quando il numero di radicali liberi è alto e abbiamo antiossidanti Insufficienti


per disattivarli, viene meno l’equilibrio tra la formazione di radicali liberi e la
loro neutralizzazione. In altre parole, neN'organismo si verificano troppe
reazioni ossidanti.

Questo stato prende il nome di STRESS OSSIDATIVO e apre la strada


a tante malattie e alle conseguenti tragedie perché le reazioni ossidanti
distruggono elementi particolarmente importanti per il nostro organismo,
come lipidi, proteine, DNA del nucleo cellulare e DNA dei mitocondri (cor­
puscoli aH’interno della cellula deputati principalmente alla produzione di
energia essenziale per la vita).
Lo stress ossidativo può essere generato dall’ambiente, per esempio dalle
tossine contenute nel fumo di sigarette, dai patogeni presenti all’interno
della cellula o dalle radiazioni ionizzanti. Anche un esercizio fisico eseguito
in modo scorretto genera radicali liberi:

Dekkers JC, van Doornen LJP, Kemper HCG. The role of antioxidant
vitamins and enzymes in thè prevention of exercise-induced
muscle damage. Sports Med. 1996; 21: 213-238.

I radicali liberi ossidano il colesterolo LDL, che in questo modo diventa peri­
coloso. I grassi insaturi costituiscono gran parte di ogni membrana cellulare
del nostro corpo. Il danneggiamento di questi lipidi ha serie conseguenze
per la nostra salute.

Nel manuale di Biochimica di Harper, IV edizione (in Polonia testo base


di biochimica, ma non l’unico per gli studenti di medicina), nel capitolo
“Perossidazione dei lipidi come fonte di radicali liberi” (perossidazione
vuol dire OSSIDAZIONE, i lipidi sono semplicemente grassi) leggiamo:

“La perossidazione (auto-ossidazione) dei lipidi sottoposti all’azione dell'ossi­


geno non solo causa l’irrancidimento del cibo, ma anche il danneggiamento
dei tessuti in vivo, provocando reazioni infiammatorie, tumori, aterosclerosi,
invecchiamento, ecc. I radicali liberi che provocano reazioni dannose (...) si
liberano durante la formazione di perossidi di acidi grassi contenenti doppi
legami divisi da un gruppo metilico, dunque uguali a quelli che si trovano nei
naturali acidi grassi poiinsaturi. La perossidazione dei lipidi è una reazione
a cascata che assicura un continuo rifornimento di radicali liberi che, a loro
volta, danno inizio ad altre reazioni di perossidazione”.

Spiego ora in linguaggio più comprensibile: l'alterazione dei grassi poiinsa­


turi ad opera dell’ossigeno, cioè dei grassi di provenienza principalmente
Introduzione 75

vegetale, provoca seri danni all’organismo. Come è, dunque, questa storia?


I grassi vegetali sono sani o no? Questo tema sarà trattato più ampiamente
nel capitolo "Grassi”.

E adesso attenzione: ogni tossina provoca stress ossidativo. Questo


fenomeno viene sfruttato per “curare”.... i tumori! Ho messo apposta tra
virgolette la parola “curare” per segnalare un certo paradosso. La maggior
parte dei farmaci usati nella chemioterapia provocano ...stress ossidativo!
Questo è il loro compito! L’obiettivo dello stress ossidativo è distruggere le
cellule tumorali formando un gran numero di radicali liberi! Così “curiamo”
utilizzando qualcosa che - per definizione - è fortemente tossico per TUTTO
l’organismo. Anche la radiazione ionizzante della radioterapia provoca
la formazione di un gran numero di radicali liberi, soprattutto nel punto
irradiato. La teoria sostiene che le cellule tumorali sottoposte all’azione di
un gran numero di radicali liberi non riescono a sopravvivere... Ed è vero.
II problema è che non solo le cellule malate non riescono a sopravvivere
all’attacco di radicali liberi..., neppure quelle sane!

Effetti dello stress ossidativo: precoce invecchiamento delle cellule e - dun­


que - di tutto I’ organismo; formazione di sostanze nocive nell’organismo
che provocano malattie molto serie, tumori compresi. Si arriva a sistemici
stati infiammatori cronici, alterazione del processo respiratorio intracellulare,
mutazione delle cellule, ecc.

I radicali liberi sono legati all’insorgenza delle seguenti malattie: tumori,


diabete, p soriasi artrite reumatoide, morbo di Alzheimer, ipertensione,
insufficienza coronaria, arteriosclerosi, sclerosi multipla, pancreatite cro­
nica, tiroidite cronica, intossicazioni e stati infiammatori cronici del fegato,
gastrite e ulcera gastrica o duodenale, morbo di Crohn, colite ulcerosa
dell’intestino crasso, infiammazione cronica dei bronchi, fibrosi polmonare,
asma ecc.
76

Molti scienziati ritengono che tutte le malattie sono il risultato dello stress
ossiaattVtT' --------------------- ----- - ------

Non c’è bisogno di dilungarsi oltre, ineseguito, nel libro, useremo il ter­
mine "stress ossidativo”: per questo ho ritenuto utili alcuni chiarimenti in
proposito.
Vitamina C: il volto sconosciuto

Ho deciso di cominciare proprio dalla vitamina C, perché la mancata cono­


scenza della sua funzione nell’organismo e delle sue capacità terapeutiche
costituiscono una minaccia mortale per la vita umana. Sì, non conoscerla
bene può essere pericoloso. La vitamina C è la più diffusa, la conoscono
tutti. Purtroppo la sua popolarità non va di pari passo con la conoscenza
che se ne ha, e quindi con la possibilità di un suo utilizzo per salvare salute
e, addirittura, anche vite umane.

Questo capitolo è una raccolta di informazioni utili ai medici e ai loro pazienti.


Ho cercato di scriverlo in modo che sia comprensibile al lettore medio e,
nello stesso tempo, fonte concreta di conoscenza medica.

Tratterò di fatti reali, basandomi sulla letteratura medica, su studi o sull’im­


mensa conoscenza pratica di quei medici che utilizzano la vitamina C. Spesso
semplificherò alcuni concetti perché siano comprensibili a tutti i lettori. Chi
almeno una volta ha avuto modo di approfondire un testo scientifico in
campo medico, sa che cosa intendo.

Contrariamente alle regole, non comincerò dal cosiddetto cenno storico.


Prego gli interessati di rivolgersi per questo a Internet, ecc. Prima di passare
all'aspetto pratico, però, vorrei dire due parole sui primissimi divulgatori di
terapie a base di vitamina C.

Linus Puling (1901-1994). Scienziato americano, laureato in chimica.


È l'unico che, da solo - e non come membro di un team - ha ricevuto il
Premio Nobel... due volte! Riuscì a fare numerose scoperte nel campo
della chimica organica ed inorganica. Conosceva perfettamente la fisica
e la meccanica quantistica, che utilizzava negli studi sui legami chimici. In
campo medico fu autore di numerose scoperte nel settore delle malattie
genetiche, ematologia, immunologia, psichiatria, tecniche diagnostiche,
epidemiologia statistica, biomedicina e terapie naturali.

Albert Szent-Gyòrgyi (1893-1986). Nato in Ungheria, considerato il pa­


dre della vitamina C. Specializzato in biochimica, che studiò in Germania
e Olanda. Nel periodo in cui lavorava all’università di Cambridge, USA,
e alla Fondazione Mayo, scoprì ed isolò l'acido ascorbico, conosciuto
come vitamina C che, nella sua forma naturale, era stata scoperta nel
1907 (da Axel Holst e Alfred Frohlich). Definì correttamente la maggior
parte delle tappe di quel processo conosciuto in seguito con il nome
di Ciclo di Krebs. Nel 1937 ricevette il Premio Nobel per scoperte sulla
vitamina C.

È possibile, utilizzando la vitamina C, ottenere importanti risultati nel caso


di malattie contagiose, batteriche, tumori, schizofrenia, malattie cardiache,
aterosclerosi, ecc.?

Risulta proprio di sì. Tutti sanno che in caso di raffreddore il medico prescrive
una qualche dose di vitamina C , più... l'antibiotico. Mi chiedo se l'antibio­
tico sia necessario. Sappiamo che adesso l'utilizzo di certi farmaci, come
gli antibiotici, lascia segni nel nostro organismo. Basta leggere il foglietto
illustrativo allegato a qualsiasi antibiotico. La lista degli effetti collaterali
di solito è più lunga degli effetti positivi sperati. L'utilizzo prolungato, poi,
provoca veramente seri effetti negativi.

Sappiamo che la vitamina C è utilizzata come “supporto" della terapia anti­


biotica. Spesso il medico ne prescrive alte dosi, fino a 4.000 mg al giorno!

Nelle farmacie e nei supermercati si vendono compresse effervescenti di


vitamina C, contenenti ognuna 1000 mg di vitamina. Alcuni medici coraggiosi
consigliano, per esempio, 1000 mg ogni ora, per 6 ore consecutive! Sono
Vitamina C: il volto sconosciuto 79

6 grammi di vitamina C ! Una dose così alta non fa male? Migliora qualco­
sa? “E i reni?”, si chiederanno quasi tutti, pazienti e medici. Una dose così
alta non provocherà al paziente problemi maggiori della malattia stessa,
più effetti collaterali dell'antibiotico che assume? Possiamo utilizzare solo
la vitamina C al posto dell'antibiotico?

Sono tutte domande importanti, sia per il medico che per il paziente.
Importante è sapere la risposta della maggior parte dei medici. Risponderanno
subito che dosi così alte di vitamina C possono essere nocive. Pochi diranno
che non possono-esserlo. In molti dibattiti i medici per principio affermano
che si rifiutano di prescrivere alte dosi di vitamina C, ma in nessun dibattito
a cui ho partecipato sono stati in grado di motivarlo. Più spesso hanno ci­
tato il cosiddetto fabbisogno giornaliero, pari a 80mg per la donna e 90mg
per l’uomo!

Questi parametri - dicevano - sono “valori elaborati scientificamente”,


“ufficialmente raccomandati”, ecc. Qual è la verità? Chi l'h a deciso? Sulla
base di che?

Di quanta vitamina C abbiamo veramente bisogno?

Le prime indicazioni riguardo al fabbisogno giornaliero (R D A- Recommended


Daily Allowance) furono date già nel lontano 1943 da The Food and Nutrition
Board (USA). Nel 1996 un gruppo di scienziati, diretti dal dott. Mark Levine,
formatosi all’ Istituto Americano della Salute (NIH, National Health Institute)
si pose l’obiettivo di definire il fabbisogno giornaliero di vitamina C. I risultati
del loro lavoro furono considerati vincolanti. In seguito mi riferirò a questo
gruppo con il nome “comitato RDA”.

Dobbiamo cominciare, comunque, da alcune informazioni fondamentali


sulla vitamina C, in genere sconosciute... anche ai medici!
80

La natura bifasica dell’eliminazione della vitamina C

Prima fase: si verifica quando la concentrazione di vitamina C nel san­


gue è bassa, cioè inferiore a 70 microM. In questo caso nei reni avviene
il riassorbimento della vitamina C che non passa nelle urine e ritorna in
circolo.

Seconda fase: ha luogo quando la concentrazione di vitamina C nel san­


gue è alta, per esempio 10.000 microM. In tal caso i reni permettono “il
passaggio” del suo eccesso nelle urine e la rimozione dall'organismo.

Levine M, Conry-Cantilena C, Wang Y, Welch RW, Washko PW,


Dhariwal KR, Park JB, Lazarrev A, Graumlich JF, King J, Cantilena
LR. Vitamin C pharmacokinetics in healthy volunteers: Evidence
for a recommended dietary allowance. Proc. Nati. Acad. Sci. USA
1996; 93(8): 3704-3709.

Levine M, Wang Y, Padayatty SJ, Morrow J. A new recommended


dietary allowance of vitamin C for healthy young women. Proc.
Nati. Acad. Sci. USA 2001; 98(17): 9842-9846.

Lewin S. Vitam in C: Its M oiecuiar B io lo g y and M edicai Potential.


Academic Press, 1976.

Quanto tempo la vitamina C “sopravvive”


nel nostro organismo?

A volte userò il termine “emivita". È una parola chiave, anzi lo è il prefisso


“ermi”. Una sostanza assunta dal paziente, dopo un certo tempo, raggiun­
gerà nell’organismo il suo livello massimo. Non sappiamo, però, quando
Vitamina C: il volto sconosciuto 81

- in modo naturale - questa sostanza verrà demolita e smaltita comple­


tamente, fino al livello “zero”. Dunque, per convenzione, in questi casi si
usa definire il tempo richiesto per ridurla del 50%. Da ciò deriva la sua
“emivita”.

L’emivita della vitamina C varia da 8 a 40 giorni. Questo succede nel caso


di un basso livello di vitamina C nel sangue perché l’organismo cerca
di trattenerne la maggiore quantità nel momento in cui “il rifornimento
esterno” è scarso. In questo modo l’organismo si difende dalla compar­
sa dello scorbute,'malattia che può avere un decorso molto pericoloso
e portare al decesso quando il livello di vitamina C non viene fatto salire
velocemente.

Quando il nostro organismo è in fase due, cioè quando il rifornimento di


vitamina C è abbondante, l’emivita è di soli 30 minuti. Purtroppo il Comitato
RDA non ha preso ciò in considerazione.

Il dott. Robert F. Cathart ha curato con alte dosi di vitamina C più di 11.000
pazienti.

Cathcart, RF. Clinical trial of vitamin C. Medicai Tribune 1975;


June 25.

Cathcart, RF. Clinical use of large doses of ascorbic acid.


Presented at thè annual meeting of thè California Orthomolecular
Medicai Society, San Francisco, February 19, 1976.

Cathcart, RF. Vitamin C as a detoxifying agent. Presented at thè


annual meeting of thè Orthomolecular Medicai Society, San Francisco,
January 21, 1978.
82

Cathcart, RF. Vitamin C: The missing stress hormone. Presented


at thè annual meeting of thè Orthomolecular Medicai Society, San
Francisco, March 3, 1979.

Cathcart, RF. The method of determining properdoses of vitamin


C for thè treatment of disease by titrating to bowel tolerance. J.
Orthomolecular Psychiatry 1981; 10: 125-132.

Notò che un organismo sotto stress emotivo o fisico (per esempio infiam­
mazione, stato post-operatorio, infezioni batteriche, intossicazioni, ecc)
aumenta notevolmente il consumo di vitamina C. In tali condizioni il livello
ematico di vitamina C cala bruscamente fin quasi allo zero (!) se non si
provvede ad una sua somministrazione in dosi massicce. Quali dosi? Ci
arriveremo più avanti.

Il dott. Hugh Riordan, uno dei maggiori esperti di somministrazione di alte


dosi di vitamina C, in uno dei suoi studi ne ha misurato il livello nel suo
sangue. Era normale, cioè circa 1.3 - 1.7mg/dl.

Durante un esperimento nel proprio laboratorio un ragno lo morse in una


coscia. Un istante dopo decise di prelevarsi del sangue e scoprì che il
livello ematico di vitamina C era calato così tanto che non riuscì neppure
a misurarlo.

Pensando che sarebbe stato abbastanza facile integrare la vitamina C nell’or­


ganismo, chiese alla sua infermiera di fargliene un'infusione di 15g per
via endovenosa: una dose alta. Il giorno dopo il livello ematico di vitamina
C risultò di nuovo così basso che non riuscì a misurarlo. Il dott. Riordan di
nuovo assunse 15g di vitamina C per via endovenosa: l’effetto fu ancora
lo stesso di prima. Solo dopo cinque giorni di questa terapia il suo livello
ematico cominciò a raggiungere livelli misurabili, ma sempre nei limiti tipici
dello stato di carenza, cioè lo stato “pre-scorbutico”. Soltanto dopo diversi
Vitamina C: il volto sconosciuto 83

giorni di somministrazione di dosi molto elevate di vitamina C, il suo livello


tornò alla normalità. Vediamo, dunque, che anche un incidente relativamente
insignificante dal punto di vista medico richiede più di 75g di vitamina C per
via endovenosa perché essa ritorni a un livello ematico normale.

Considerando quanto sopra, torniamo ora alla dose giornaliera di vitamina


C raccomandata: ci accorgiamo che stabilirla non è così semplice.

Basta un’infezione dentale, la puntura di un’ape o qualsiasi altra infiam­


mazione e la situazione cambia bruscamente e... completamente! Anche
questo non fu considerato dal Comitato RDA.

È inoltre erronea la convinzione che la somministrazione del dosaggio mi­


nimo che previene l’insorgenza dello scorbuto, sia sufficiente per il nostro
organismo! Non basta, lo diceva anche Albert Szent-Gyòrgyi:

“Se nell’alimentazione non abbiamo una quantità sufficiente di vi­


tamina C, ci ammaleremo di scorbuto, così la medicina si è abituata
a trattare l’assenza di scorbuto come indice di uno stato di salute
soddisfacente. Penso sia un grande errore”.

Possiamo anche chiederci: in base a che cosa il Comitato RDA stabilì il


fabbisogno giornaliero di vitamina C?

Per stabilire questo valore, si fece riferimento al livello di vitamina C nei


neutrofili. I neutrofili sono una specie di globuli bianchi che fanno parte del
sistema immunitario dell’uomo. In altre parole, per trarre conclusioni valide
per tutto l’organismo bisogna scegliere un elemento adeguato per rappre­
sentarlo. Nel nostro organismo la vitamina C non si trova dappertutto nella
stessa concentrazione. In alcuni tessuti ce n’è poca, in altri moltissima. Nei
neutrofili ce n’è tantissima perché indispensabile per combattere efficacemen­
te i patogeni di vario genere. Nei neutrofili è indispensabile perché possano
84

combattere efficacemente i patogeni di vario genere. La quantità totale di


vitamina C nel nostro organismo è dunque distribuita in modo variabile.

Circa la metà della vitamina C nell’organismo è distribuita in alcuni tessuti


(reni, cervello, neutrofili...):

Lewin S. Vitam in C: Its M olecular B io lo g y and M edicai Potential


Academic Press, 1976.

In caso di carenza l’organismo cerca a tutti i costi di mantenere un alto livello


di vitamina C laddove è più necessario. Ciò significa che per mantenerne
un adeguato e costante livello nei neutrofili, ne verrà diminuita la quantità
in altri tessuti, nei quali può verificarsi una seria carenza.

Dunque, è giusto considerare i neutrofili come “modello” rappresentante il


fabbisogno di tutto l’organismo? Come venne motivata la raccomandazione
di questo “modello” per milioni di persone in tutto il mondo? Perché vennero
scelti proprio i neutrofili? A questa domanda il dott. Levine rispose: “perché
sono facili da testare”! Motivo che ogni scienziato considererebbe sempli­
cemente ridicolo. In questo caso, la scelta più facile ebbe conseguenze
particolarmente negative per milioni di persone.

Il Comitato RDA affermò di aver dimostrato nei suoi esperimenti che il


siero del sangue è saturo di vitamina C in seguito alla somministrazione di
200mg, o meno. Per dimostrarlo gli scienziati somministrarono una dose di
vitamina C e poi... aspettarono 12 ore prima di misurarne il livello ematico.
In questo modo affermarono che aumentandone la dose non si riusciva ad
aumentarne il livello ematico, raggiungendo un certo stato di “plateau”, che
in effetti era relativamente basso.

Ma avevano a che fare con la Seconda Fase di eliminazione della vita­


mina C dall’organismo e, in tal caso, l’emivita era di soli 30 minuti. Non
Vitamina C: il volto sconosciuto 85

è curioso che non presero in considerazione questo fatto? Tra l’altro an­
che dai loro stessi studi emergeva questo tipo di comportamento della
vitamina C!

Ho già spiegato il meccanismo con il quale viene introdotto un nuovo farmaco


sul mercato e la necessità che le case farmaceutiche hanno di condurre
costosissimi studi pluriennali. Gli studi devono essere condotti in un modo
particolare e sotto controllo. Devono essere studi in doppio cieco: devono
esserci gruppi di controllo che non applicano le modalità studiate o non
prendono il farma'co testato, ma solo un placebo, una sostanza neutra.
Molto spesso questi studi sono pluriennali e vengono svolti su migliaia
di persone. Lo stesso accade con le indicazioni dietetiche che vengono
suggerite a milioni di persone in tutto il mondo. È un approccio giusto?
Sicuramente, perché molte volte LA QUALITÀ di questi studi determina la
salute di intere generazioni.

Se dicessi che questi studi di importanza fondamentale, con conseguenze


su intere popolazioni, vennero svolti su. per esempio, sette persone,
tutti i medici senza eccezione mi deriderebbero e userebbero le pagine di
questo libro in modo diverso da quello previsto. E se aggiungessi che in
questi studi non fu previsto il cosiddetto gruppo di controllo... la reazione
sarebbe ancora peggiore.

Mi sembra che il dott. Levine e il suo team avrebbero dovuto seguire solide
procedure, ben progettate, come richiesto dagli standard descritti prima
e applicate negli studi medici. Altrimenti non hanno alcun valore rilevante.

Purtroppo questi studi furono svolti su persone giovani e sane. Anzi: all’inizio
esclusivamente su uomini. Eppure sarebbe stato ingenuo ipotizzare che le
raccomandazioni, in base all’esito di questi studi, riguardassero un gruppo
così ristretto. E le persone giovani e malate? Non tutti i giovani sono sani
solo perché sono giovani.
86

Ancora un piccolo dettaglio: in questi studi non ci fu un gruppo di


controllo (I) ed il gruppo di studio fu composto da... sì!... da sole sette
persone!

Levine M, Conry-Cantilena C, Wang Y, Welch RW, Washko PW,


Dhariwal KR, Park JB, Lazarrev A, Graumlich JF, King J, Cantilena
LR. Vitamin C pharmacokinetics in healthy volunteers: Evidence
for a recommended dietary allowance. Proc. Nati. Acad. Sci. USA
1996; 93(8): 3704-3709.

Levine M, Wang Y, Padayatty SJ, Morrow J. A new recommended


dietary allowance of vitamin C for healthy young women. Proc.
Nati. Acad. Sci. USA 2001; 98(17): 9842-9846.

Considerando quanto sopra, possiamo ritenere queste raccomandazioni


minimamente valide per la maggior parte delle persone? Raccomandazioni
per milioni di persone, basate su risultati ottenuti in un gruppo di solo sette
uomini giovani e sani, possono essere ritenute serie o non piuttosto uno
scherzo di cattivo gusto? Il mondo medico era obbligato a tenere in consi­
derazione queste raccomandazioni... e così fece.

Come il sistema digerente tollera la vitamina C

Secondo il dott. F. Cathart, una delle maggiori autorità nel campo della
vitamina C, un modo migliore di stabilirne in qualsiasi momento(!) il fabbi­
sogno dell’organismo è sfruttare il modo in cui viene tollerata dal sistema
digerente.

Notò che la quantità di vitamina C somministrata per bocca, tollerata dal


sistema digerente senza provocare diarrea, è più di 10 volte maggiore in
un organismo malato rispetto all’organismo sano della medesima persona.
In altre parole, in un individuo sano la diarrea può essere provocata da
Vitamina C: il volto sconosciuto 87

soli 2 g di vitamina C; se la stessa persona è malata seriamente, anche la


somministrazione di 30 g non provocherà diarrea. È un fenomeno molto
curioso, ma anche molto poco conosciuto.

Cathcart RF. Vitamin C: Titrating to bowel tolerance, anascorbe-


mia, and acute induced scurvy. Medicai Hypotheses 1981; 7(11):
1359-1376.

La soglia di tolleranza è facile da stabilire. Gradualmente, per esempio


ogni ora o ogni due ore, si aumenta la dose di vitamina C da assumere. Si
prosegue fino alla comparsa di leggera diarrea. In tal caso si diminuisce la
dose di, per esempio, 1g e... si va avanti. Molti clinici affermano che questa
quantità “sotto soglia” è la più efficace. Una quantità minore è molto meno
efficace. I malati di AIDS tollerano addirittura 100.000mg (100g) di vitamina
C al giorno. Il dott. Thomas E. Levy, clinico che da anni prescrive alte dosi di
vitamina C, è del parere che è molto positivo, dal punto di vista fisiologico,
provocare occasionalmente (per esempio una volta ogni alcuni mesi) e per
breve tempo, una leggera diarrea, usando la vitamina C. In questo modo
l’intestino tenue e l’intestino crasso vengono ripuliti dalle tossine. Senza
effetti collaterali.

Alcune fonti ufficiali affermano che, aumentandone la dose, diminuisce


l'assorbimento della vitamina C da parte dell’intestino.

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/3414575

Sì, ma... di nuovo citano studi fatti su sei uomini sani.

Come dimostrò il dott. Cathcart, durante la malattia la tolleranza da parte del


sistema digerente è notevolmente più alta! Avrebbero dovuto ripetere questi
studi su almeno alcune centinaia di persone molto malate. Dalla sua espe­
rienza clinica emerge che i risultati sarebbero stati notevolmente diversi.
88

Sicuramente, se sarà necessario, io applicherò il metodo del dott. Cathcart,


perché negli ultimi 10 anni, in una situazione in cui ne ebbi bisogno,“la
terapia” durò meno di 24 ore.

Provai questo metodo per la prima volta quando ebbi una forte infezione
delle vie respiratorie superiori, con febbre alta, forti dolori muscolari e tosse
molesta. Dalle ore 17 alle 3 di notte consumai circa 35g di vitamina C, senza
nessun disturbo del sistema digerente. Il giorno dopo, facendo la doccia,
non mi ricordai di essere stato malato! Non lo ero più, mi sentivo così bene
che me ne ero dimenticato!

Il giorno prima di andare all’estero (un lungo week-end di maggio) mi venne un


forte mal di denti con un grosso edema gengivale. Mi comportai nello stesso
modo. Il giorno dopo mi svegliai senza dolore e senza la tumefazione.

La vitamina C rimuove i metalli pesanti

Una proprietà della vitamina C poco conosciuta, anzi del tutto sconosciuta
in ambiente medico, è la sua capacità di rimuovere i metalli pesanti. Così,
se la vitamina C è presente neH’organismo in quantità sufficiente per sod­
disfare il suo fabbisogno, ogni grammo in più è in grado di rimuovere:

- 20,7 mg di piombo o
- 20,0 mg di mercurio o
- 7,5 mg di arsenico o
- 11,2 mg cadmio o
- 5,6 mg di nichel

Significa che, se nel nostro organismo abbiamo tutte e cinque le tossine,


abbiamo bisogno di 5 g di vitamina C pérTimuoverle tutte. Si consiglia,
particolarmente alle persone disidratate, il consumodTprebiotici e probiotici,
per prevenire il riassorbimento delle tossine nell'intestino crasso.
Vitamina C: il volto sconosciuto 89

La vitamina C, per rimuovere i metalli pesanti, collabora con elementi come


magnesio, zinco, selenio (particolarmente sotto forma di seleniometionina).
Qui bisogna puntualizzare che la carenza di magnesio aumenta la tossici­
tà dei metalli pesanti più di cento volte. Un’altra sostanza che potenzia la
vitamina C nel processo di rimozione dei metalli pesanti, è lo zolfo, che si
trova, per esempio, in aglio, cipolla, uova, zenzero o broccoli.

Perché, di solito, il medico non consiglia la vitamina C come profilassi?


Perché il più delle volte non ne conosce le proprietà descritte sopra.

Tossicità della vitamina C: il mito sfatato

Questo è un tema molto importante, particolarmente quando si tratta di


somministrare dosi altissime. Linus Pauling e Albert Szent Gyórgyi ritenevano
che la vitamina C non fosse una vitamina ma una sostanza nutriente. Più
avanti parleremo dei grandi effetti terapeutici della vitamina C prescritta in
dosi massicce, anche di 300g (300.000mg) ogni 24 ore.

Alte dosi di vitamina C, sorprendentemente, non sono tossiche. Addirittura


il Comitato RDA nel suo rapporto ammette che alte dosi di vitamina C:

- NON PROVOCANO formazione di calcoli renali


- NON PROVOCANO eccessivo accumulo di ioni di ferro
- NON PROVOCANO abbassamento del livello di vitamina B 12 e di
ioni di rame
- NON PROVOCANO aumento del fabbisogno di ossigeno
- NON PROVOCANO scorbuto secondario
- NON PROVOCANO effetto ossidante
- NON PROVOCANO erosione dello smalto dentale
- NON PROVOCANO reazioni allergiche.

Anche gli studi del dott. Levine lo confermano:


90

Levine M, Rumsey SC, Daruwala R, Park JB, Wang Y. Criteria and


recommendations for vitamin C intake. JAMA 1999; 281(15);
1415-1423.

Milioni di persone integrano la vitamina C in dosaggi misurati in grammi,


per molti anni, senza lamentare nessuno dei problemi elencati sopra.

Come viene misurata la pericolosità di un farmaco? Come vengono con­


frontati tra loro alcuni farmaci o sostanze? Si usa il cosiddetto Indice
Terapeutico (IT).

Questo indice è il rapporto tra la dose tossica, detta dose letale mediana
(DL) e la dose considerata terapeutica, detta dose efficace mediana (DE).

La dose è definita tossica quando provoca la morte del 50% degli animali
(p.es. ratti) che l’assumono e viene chiamata DL 50 (dose letale mediana,
in inglese Lethal Dose). Dunque, già in questa fase si applica una certa
"riserva”, non considerando il 100% ma solo il 50%.

Dunque:

IT = DL50/DE

Se un farmaco ha una dose terapeutica (DE) uguale a 1g/giorno, e la sua


DL50 è 2g/giorno:

IT = 2g /1 g = 2

Significa che, se a qualcuno viene somministrata una dose appena rad­


doppiata, esiste il 50% di probabilità che il paziente muoia. Se lo stesso
farmaco avesse un IT=10, per creare un serio pericolo (50% di probabilità
di decesso) bisognerebbe somministrare la dose aumentata di 10 volte.
Vitamina C: il volto sconosciuto 91

Quindi più alto è NT, più sicuro è il farmaco; più basso è l’IT, più peri­
coloso è il farmaco.

Per fare un esempio: un antidolorifico molto conosciuto e venduto senza

I ricetta, il paracetamolo, ha un IT = circa 25. Una sua dose bassissima di


4g può provocare una seria lesione al fegato e una dose di soli 15g il più
delle volte provoca il decesso. Negli USA il paracetamolo è la causa più
frequente di insufficienza epatica:

Ostapowicz Gì Fontana RJ, Schiodt FV, Larson A, Davern TJ, Han


SHB, McCashland TM, Shakil AO, Hay JE, Hynan L, Crippin JS, Blei
AT, Samuel G, Reisch J, Lee WM. Results of a prospective study
of acute liver failure at 17 tertiary care centers in thè United
States. Annals o f Internai Medicine 2002; 137(12): 947-954.

Il paracetamolo (IT=25), come si sa, è un farmaco di uso comune, come


l'aspirina e simili. Può essere acquistato anche a un distributore di benzina
o al supermercato.

Per fare un paragone, un grammo di vitamina C somministrato ad un uomo


che pesa circa 70 kg, ha un IT = 350 circa. In altre parole, se queU’uomo
volesse suicidarsi (con una certezza del 50%) dovrebbe assumere 350g
di vitamina C. Ovviamente questo non è possibile perché, come abbiamo
già detto, prima avrebbe raggiunto il limite di tolleranza intestinale e conse­
guente diarrea.

Vediamo che cosa dice il dott. Cathcart:

“In base alla mia esperienza di 14 anni e più, e con più di 11.000 pazienti,
dalle mie osservazioni emerge che (...) la persona che tollera una sommi­
nistrazione per bocca di 10-15g di vitamina C nelle 24 ore quando è sana,
può tollerare 30-60g quando soffre di un semplice raffreddore, 100g con un
92

raffreddore grave, 150g con un'influenza e 200g nel caso di mononucleosi


o, per esempio, polmonite virale.

I sintomi clinici, in questi e altri casi, vengono alleviati notevolmente


solo con l’utilizzo della vitamina C in dosi “sotto soglia”, fino alla
tolleranza intestinale (cioè una quantità appena inferiore di quella
che provoca la diarrea)”.

Il dott. Cathcart ne elenca i dosaggi e la frequenza, a seconda del disturbo:

disturbo grammi/24h dosi/24h


nessuno 4 -1 5 4 -6
raffreddore 3 0 -6 0 6 -1 0
raffreddore grave 6 0 -1 0 0 + 8 -1 5
influenza 100-150 8 -2 0
virus tipo ECHO 100-150 8 -2 0
mononucleosi 1 5 0-200+ 12-25
polmonite virale 10 0 -2 0 0 + 12-25
febbre da fieno, asma 1 5 -5 0 4 -8
coroidite 3 0 -1 0 0 4 -1 5
allergie 0 .5 -5 0 4 -8
scottature, ferite, interventi chirurgici 25 -1 5 0 + 6 -2 0
malattia tumorale 15-100 4 -1 5
spondilite anchilosante (Morbo di Bechterew) 15-100 4 -1 5
Sindrome di Reiter 1 5 -6 0 4 -1 0
artrite reumatoidale 15-100 4 -1 5
infezioni batteriche 3 0 -2 0 0 + 1 0 -2 5
epatite 3 0 -1 0 0 6 -1 5
candidosi 15-200+ 6 -2 5

Cathcart RF, Vitamin C: The nontoxic, non rate-limited, antioxidant


free radicai scavenger. Medicai Hypotheses 1985; 18:61-77.

Il dott. Cathcart afferma chiaramente che non ha osservato nessun altro


effetto collaterale, nessun effetto negativo con le dosi applicate ad un così
alto numero di pazienti in tanti anni. Tra l'altro non è l’unico medico che ha
riportato questi stessi risultati.
Vitamina C: il volto sconosciuto 93

Il Comitato RDA stabilì il limite massimo di 2g al dì, considerando il lieve


disagio intestinale. Quando questo disagio, però, è assente con 2 g e com­
pare solo con 150 g/dì, come dobbiamo interpretare il “limite massimo”
raccomandato? In tal caso, secondo le loro indicazioni (Comitato RDA), la
dose di 150g/dì può essere considerata il limite massimo per un uomo con
un certo stato di salute o di malattia. In un certo senso concordano quindi
con il metodo basato sulla tolleranza intestinale consigliato da Cathcart, il
quale spesso diceva ai suoi pazienti: “lei ha un’influenza da 200g”, oppure
“lei ha un raffreddore da 50g”.

Vitamina C e calcolosi

Quando si parla di alti dosaggi di vitamina C, ci interroghiamo sulla possibile


formazione di calcoli renali. Questa preoccupazione è fondata, particolarmente
quando l'opinione sull’argomento si basa su informazioni riportate su riviste
che nulla hanno a che fare con la medicina. In molti casi i medici che non han­
no approfondito l’argomento, affermano semplicemente: “è un acido e i calcoli
si formano in ambiente acido”. Forse è così, anche se - pure i nefrologi lo
ammettono - il processo di formazione dei calcoli renali non è conosciuto fino
in fondo. Esistono ipotesi più o meno veritiere, ma non risposte univoche.

Alla domanda se la vitamina C provoca la formazione di calcoli o no, po­


tremmo ottenere una risposta soddisfacente se riuscissimo a condurre
uno studio su più di sette persone e per un lungo periodo di tempo, magari
alcuni anni. Comunque, emerge un dato: osservando per 14 anni 85.557
donne che assumevano regolarmente alte dosi di vitamina C, non fu notato
alcun effetto negativo riguardo alla calcolosi renale.

Curhan GC, Willett WC, Speizer FE, Stampfer MJ. Megadose vitamin
C consumption does not cause kidney stones. Intake of vitamins
B6 and C and thè risk of kidney stones in women. J. Am. Soc.
Nephrol. 1999; 10(4): 840-845.
94

Ma... erano tutte donne: E gli uomini? Dunque, molto prima ancora furono
fatti studi su 45.251 uomini. I risultati furono che la somministrazione di 1.5g
di vitamina C nelle 24 ore diminuiva il rischio di calcolosi renale.

Curhan GC, Willett WC, Rimm EB, Stampfer MJ. A prospective


study of thè intake of vitamins C and B6, and thè risk of kidney
stones in men. J. Urol. 1996; 155(6): 1847-1851.

L’ipotesi che la vitamina C potesse provocare calcolosi renale era importante


da verificare, ma non fu confermata osservando persone che ne assumevano
alte dosi. Anzi, fu proposto di assumere proprio la vitamina C per curare la
calcolosi già esistente, e fu fatto esattamente così:

McCormick WJ. Lithogenesisand hypovitaminosis. Medicai Record


1946; 159: 410-413.

Il dott. Steve Hickey e il dott. Hilary Roberts, nel libro “Ascorbate - The
Science of Vitamin C”, affermano: “(...) la formazione di calcoli renali pare
aver luogo intorno ad un focolaio flogistico. Un’alta concentrazione di vita­
mina C è fortemente battericida e può prevenire la formazione di tali calcoli,
rimuovendo i batteri responsabili dello stato infiammatorio (...)”.

Gli studi seguenti provano anch’essi che dosi massicce di vitamina C non
aumentano il rischio di calcolosi renale:

Heinz-Schmidt K, HagmaierV, Hornig DH, Vuilleumier JP, Rutishauser


G. Urinary oxalate excretion after large intakes of ascorbic acid
in man. Am. J. d in . Nutr. 1981; 34(4): 305-311.

Sutton JL, Basu TK, Dickerson JWT. Effect of large doses of


ascorbic acid in man on some nitrogenous components of urine.
Human Nutr. 1983; 37(2): 136-140.
Vitamina C: il volto sconosciuto 95

Erden F, Hacisalihoglu A, Kocer Z, Simsek B, Nebioglu S. Effects


of vitamin C intake on whole blood plasma, leukocyte and urine
ascorbic acid and urine oxalic acid levels. Acta Vitaminol. Enzymol.
1985; 7(1-2): 123-130.

Tsao CS, Leung PY. Urinary ascorbic acid levels following thè
withdrawal of large doses of ascorbic acid in guinea pigs. J.
Nutr. 1988; 118(7): 895-900.

Gerster H. No'contribution of ascorbic acid to renai calcium


oxalate stones. Ann. Nutr. Metab. 1997; 41(5): 269-282.

Wandzilak TR, D’Andre SD, Davis PA, Williams HE. Effect of high dose
vitamin C on urinary oxalate levels. J. Urol. 1994; 151(4): 834-837.

L’esistenza di questi studi - a lungo termine e su grandi gruppi di persone,


condotti da professionisti di alta classe - non impedisce affatto a medici,
dietologi o giornalisti di affermare con testardaggine che la vitamina C pro­
voca calcolosi renale.

Altri effetti collaterali

La letteratura, in genere, cita gli effetti collaterali più comuni: diarrea, flatu­
lenza, mal di pancia, mal di testa, rash cutaneo. Bisogna dire chiaramente,
però, che effetti collaterali di questo tipo compaiono in seguito all’assunzione
di dosi veramente massicce. Il dott. Cathcart, e altri medici con pluriennale
esperienza in questo tipo di terapia, ritengono che sono ben tollerati da
circa l’80% dei pazienti.

Analizzando gli effetti collaterali, non si può non pensare che una even­
tuale diarrea, flatulenza o anche mal di pancia (passeggero), costituiscano
comunque un prezzo basso da pagare. Se paragoniamo questi effetti colla-
96

terali con quelli di un antibiotico o di altri farmaci usati laddove la vitamina


C potrebbe essere l’unico rimedio, ci rimane da riflettere su quali effetti
collaterali preferiamo.

Questo aspetto viene preso in considerazione dai clinici che devono valu­
tare il rapporto tra il costo e il vantaggio dell’utilizzo di un farmaco. Oppure
quando devono stabilire il rapporto tra il rischio dell'utilizzo di un rimedio
e i vantaggi sperati. In questi casi la vitamina C non ha pari.

Il paracetamolo è usato comunemente ed è causa di tante intossicazioni,


ma anche di decessi. Il numero delle intossicazioni da paracetamolo cre­
sce, almeno negli USA. In Polonia non sappiamo, perché questi dati non
vengono pubblicati; almeno io non sono riuscito a trovarli. Se qualcuno dei
lettori dispone di questi dati, volentieri vorrei conoscerli.

Una banale aspirina, reperibile dappertutto, ha effetti collaterali molto più


pericolosi della vitamina C, anche se utilizzata in alte dosi.

Altri farmaci, molto popolari e ugualmente facili da trovare, appartenenti al


gruppo dei farmaci antiinfiammatori non steroidei - FANS (p.es. Ibuprofen,
Ketoprofene, derivati dell’acido 5-aminosalicilico (5-ASA), p.es. sulfasalazi-
na o mesalazina, con il paracetamolo ecc.) sono ugualmente pericolosi.

Voglio ricordare che negli USA ogni anno vengono ospedalizzate 100.000
persone per gli effetti collaterali provocati dai FANS e 16.500 di esse muoi­
ono. Ogni anno! E nessuno lancia l’allarme, nessuno vieta l’uso di questi
“farmaci” che si diffondono a macchia d’olio aumentando - ovviamente -
i profitti delle industrie farmaceutiche.

Gurkirpal S. Recent considerations in nonsteroidal anti-inflam-


matory drug gastropathy. The American Journal o f Medicine 1998;
105(1): 31S-38S.
Vitamina C: il volto sconosciuto 97

Wolfe M, Lichtenstein D, Gurkirpal S. Gastrointestinal toxicity


of nonsteroidal antiinflammatory drugs. N. Engl. J. Med. 1999;
340(24): 1888-1889.

Anche il dott. Mark Levine afferma che “(...) si sono attribuiti erroneamente
effetti nocivi alla vitamina C, compresi quelli come ipoglicemia (troppo
basso livello di glucosio nel sangue), scorbuto secondario, sterilità, muta-
genesi (processo di mutamenti genetici) o distruzione della vitamina B 12.
L’ambiente medico dovrebbe essere consapevole che la vitamina C non
provoca effetti collaterali di questo tipo.”

Levine M, Rumsey SC, Daruwala R, Park JB, Wang Y. Criteria and


recommendationsforvitamin C intake. JAMA1999; 281(15): 1415-1423.

Nella sua pubblicazione il dott. Mark Levine si riferiva a casi non documen­
tati, comparsi sporadicamente e spesso accettati come veri, anche se con
la verità non avevano niente a che fare.

Stone I, Hoffer A. The genesis of medicai myths. Orthomolecular


Psychiatry 1976; 5(3): 163-168.

A volte compaiono articoli sulla mutagenesi della vitamina C, ma si tratta


esclusivamente di ipotesi. Chi le ha suggerite, non le ha mai provate, non
ha prodotto studi a lungo termine o osservazioni cliniche. Dobbiamo dunque
ignorare queste ipotesi? No, ma occorre approfondirle con calma e valutarle
bene, non solo superficialmente, a volte solo in base al titolo!

Teoricamente possono comparire problemi nel caso dei seguenti disturbi:

a) malattie renali

b) emocromatosi: raro disturbo genetico per cui l’organismo accumula


ferro in grandi quantità, che diventano nocive
98

c) malattia di Von Gierke: deficit dell'enzima G6PD (Glucosio-6-fosfato


deidrogenasi), disturbo molto raro.

Chi soffre di queste patologie dovrebbe assolutamente essere seguito da


medici specialisti nel caso assumesse vitamina C in alte dosi.

Il dott. Robert Cathcart sottolinea più volte, in diverse occasioni, che non
condivide queste obiezioni così generiche.

Afferma anche che, nonostante grandi sforzi, non è mai riuscito a contattare
l'autore di queste obiezioni a proposito della somministrazione di vitamina
C a malati con carenza di glucosio-6-fosfatasi. Continua a non capire su
quali basi sono nate. Può darsi che qualche pubblicazione gli sia sfuggita
e chiede di essere contattato nel caso ne venga trovata la fonte.

Cathcart indica due casi di emocromatosi che ha trattato con dosi massic­
ce di vitamina C senza alcun problema. Tra le migliaia di pazienti che ha
curato, non gli è mai capitato, nemmeno una volta, di notare una reazione
avversa attribuibile all’eccesso di ferro nel sangue.

Il dott. Klenner indica gli effetti collaterali notati in anni e anni di pratica:

Smith LH. Clinical Guide to thè Use of Vitamin C: The Clinical


Experiences of Frederick R. Klenner, M.D., abbreviated, summari-
zed and annotated by Lendon H. Smith. 1988. ISBN 0-943685-13-3.

e sono:

“(...) La diarrea è l’effetto collaterale più frequente. In alcuni casi è comparsa


irritazione della vena durante l’infusione e uno spasmo, ma soltanto quando
la vitamina C è stata somministrata troppo velocemente o in concentrazione
troppo alta. Raramente può comparire trombosi (un coagulo) se la con-
Vitamina C: il volto sconosciuto 99

centrazione della vitamina C supera i 500 mg/ml. Alcuni pazienti possono


svenire, ma soltanto quando la somministrazione è troppo veloce.

Non è stato descritto neppure un caso di morte provocata da sovra-


dosaggio di vitamina C.

Ovviamente non si può dire la stessa cosa di altri, apparentemente “innocui",


farmaci che compriamo a tonnellate senza ricetta.

La vitamina C può essere acquistata presso distributori di benzina, supe-


mercati o altri negozi. Purtroppo il contenuto di vitamina C in una capsula
(il più delle volte effervescente) è minima. In farmacia si può comprare
vitamina C di solo 1g, da sciogliere in acqua.

In questi casi abbiamo a che fare con lo stesso problema di base quando
vogliamo somministrare dosi misurate in “grammi” (e non in milligrammi),
per esempio 30, o 100 e più grammi.

In tal caso bisogna riflettere seriamente sugli effetti collaterali. Ai preparati


di questo tipo (perché non si tratta mai di vitamina C allo stato puro) sono
aggiunte diverse sostanze come, per esempio, stabilizzatori, riempitivi,
colle, coloranti, dolcificanti, ecc. Ognuna di loro può provocare sgradevoli
reazioni allergiche, a volte molto forti. Il che è ancor più sgradevole perché
il paziente può finire in ospedale.

In genere in questi preparati viene usato come dolcificante l’aspartame:


solo questo dovrebbe bastare per rinunciare al suo acquisto.

Dunque: effetti collaterali possono comparire con relativa facilità e velo­


cemente, ma non saranno provocati dalla vitamina C. Se, per esempio,
vogliamo assumere 30 o 50g di vitamina C, dovremo assumere 30 o 50
compresse di quel tipo. Sappiamo già che con questa quantità di vitamina
100

C non corriamo alcun rischio (tranne - forse - diarrea o flatulenza). Sono


invece i vari additivi che per molte persone possono costituire seri problem
di salute!

Sottolineo ancora, in pieno accordo con medici con pratica pluriennale in


questo campo su migliaia di pazienti e autori di studi scientifici e pubblica­
zioni mediche, ecc:

La somministrazione di alte dosi di vitamina C è molto meno perico­


losa della somministrazione di qualsiasi altro farmaco.

' In genere la vitamina C è ben tollerata da circa l’80% delle persone. In


alcuni rari casi di intolleranza, non bisogna rinunciarvi. Più spesso il motivo

I dell’intolleranza è l’irritazione dello stomaco, che scompare se la vitamina


C viene tamponata con calcio o sodio. In tal caso la vitamina C non è sotto
forma di acido ascorbico, ma di ascorbato di sodio o di calcio. Così prepa­
rata la vitamina C è facilmente reperibile, ma... non in Polonia! Può essere
importata dall’estero.

Non cito i link precisi perché non voglio essere accusato di fare pubblicità,
ma chiunque oggi voglia trovarne un distributore, sarà questione di pochi
minuti di ricerca su Internet.

La carenza di vitamina C provoca, tra l’altro, un problema nella produzione


di collagene. Il collagene è indispensabile per il normale funzionamento
dell’organismo.

Si trova non solo nella cartilagine e nelle articolazioni, ma costituisce


una importantissima parte del liquido extracellulare. Il nostro organismo
è quasi immerso in questo liquido e ciò ha un significato enorme e spesso
sottovalutato.
Vitamina C: il volto sconosciuto 101

Sulla vitamina C esistono più di 1.200 pubblicazioni mediche che descrivono


le sue incredibili capacità terapeutiche.

Farmacocinetica della vitamina C


(solo per gli interessati)

ATTENZIONE!

La dicitura “infusione endovena di vitamina C” SEMPRE,


in ogni caso descritto in questo libro, riguarda

In alte dosi l’ascorbato di sodio è tollerato meglio dell'acido ascorbico e - in


questo caso - si può ottenere un pH simile a quello del sangue.

Continuando a riferire altri casi di somministrazione di alte dosi di vitamina


C, dobbiamo capire come viene metabolizzata nel tempo e come cambia il
suo livello nel sangue con il tempo. Di questo si occupa la “farmacocinetica”.
Ovviamente la complessità di questi processi è immensa e, in ogni caso,
non sarà qui descritta in dettaglio. Chi è interessato ad approfondimenti
può farlo con l’aiuto della letteratura medica.

In poche parole questo è ciò che avviene:


Dopo la somministrazione di una singola dose, il livello di vitamina C nel
sangue aumenta bruscamente, raggiungendo il picco massimo dopo circa
1-2 ore. In seguito la vitamina già assorbita viene metabolizzata molto
velocemente perché con queste dosi e concentrazioni nel sangue la sua
emivita è di 30 min. Significa che ogni 30 minuti la quantità di vitamina
C nel sangue si dimezza.

Riordan NH, Riordan HD, Casciari JJ. Clinical and experimental


experìences with intravenous vitamin C. J. Orthomolec. Med.
2000; 15(4): 201-213.

Gli autori di questi studi (sorvolo su tanti dettagli di modellazione com­


puterizzata e valutazione di altri parametri) scrivono che la velocità con
cui la vitamina C viene eliminata dai reni è pressoché costante. Il che
è importantissimo.

Cito: “Abbiamo osservato che l’infusione endovena di 30g di vitamina C non


basta ad alzare il suo livello ematico a un valore sufficientemente tossico
per le cellule tumorali, cioè > 200mg/dl” (l'influenza della vitamina C sulle
cellule tumorali sarà analizzata più avanti).

Per ottenere l'effetto terapeutico desiderato, un'alta concentrazione di vi­


tamina C nel sangue DEVE essere mantenuta a lungo.

Considerando l’emivita molto breve, è necessario scegliere una dose adegua­


ta che DEVE essere somministrata a brevi intervalli. Un’unica dose, anche
se massiccia, non garantisce un livello sufficientemente alto in un lasso di
tempo abbastanza lungo, necessario per avere un effetto terapeutico, per
esempio, nella cura del tumore o di gravi infezioni batteriche o virali. Invece
una unica dose massiccia è necessaria e molto vantaggiosa nel caso di
infezioni acute o intossicazioni.
Vitamina C: il volto sconosciuto 103

Dato che, per esempio, per combattere un’infezione batterica o altro di­
sturbo (dopo parlerò di tanti casi) fino a guarigione completa, è necessario
raggiungere un livello ematico di vitamina C di 300mg/ml e mantenerlo per
48 ore (a volte più a lungo), è impossibile ottenere la guarigione con una
sola dose, anche massiccia. Già dopo breve tempo il livello ematico cala
sotto i 300mg/ml e l’organismo rimane indifeso. Anzi, è ovvio che anche
più somministrazioni, ma troppo distanti tra di loro, tipo due volte al giorno,
saranno poco efficaci e, in casi molto gravi, del tutto inefficaci. Significa
dunque che la vitamina C in alte dosi non ha effetti terapeutici? Ovviamente
no. L'effetto terapeutico è in funzione di tre parametri: dose, frequenza
e modo di somministrazione (per bocca o endovena). La giusta valutazione
di questi parametri nell’applicare la cura conseguente è INDISPENSABILE.
Non per curare, ma per guarire.

Occorre tener conto anche del seguente, importante fenomeno:

Dopo la somministrazione di qualsiasi dose, in breve si raggiunge la dose


massima. Come sappiamo l’emivita è di 30 minuti. Se in quel frattempo (cioè
nei 30 minuti dal raggiungimento del massimo livello) somministreremo LA
STESSA DOSE di prima, nel sangue avremo ancora la metà della prima
dose, cioè la dose somministrata più la metà della precedente. Nei suc­
cessivi 30 minuti ci sarà solo il 25% della prima e il 50% della seconda. Se
somministriamo adesso una terza dose uguale, dopo altri 30 minuti avremo
ancora il 12.5% della prima dose, il 25% della seconda e il 50% della terza,...
ultima. Questo calcolo è ovviamente semplificato perché la vitamina C non
aspetta 30 minuti per cominciare a sparire dal sangue. È un processo con­
tinuo e variabile, a seconda della sua concentrazione nel siero e nei tessuti.
Comunque questo esempio rende l’idea di ciò che avviene nel tempo.

Vediamo dunque che in teoria, per mantenere lo stesso livello, le dosi suc­
cessive non devono essere ugualmente alte (a causa della “sovrapposizione”
104

delle dosi) perché la vitamina C non si scompone immediatamente, ma ciò


avviene nel tempo alla velocità del 50% ogni 30minuti. Significa anche che
dosi più basse, ma più frequenti, avranno effetti migliori di dosi maggiori,
ma meno frequenti.

Fin qui ho parlato dell'infusione pervia endovenosa. E la somministrazione


per bocca? Avviene in modo simile.

Padayatty SJ, Sun H, Wang Y, Riordan HD, Hewitt SM, Katz A, Wesley
RA, Levine M. Vitamin C pharmacokinetics: Implications for orai
and intravenous use. Annals o f Internai Medicine', 140(7): 533-537.

Come si vede, grande è la differenza tra le due diverse modalità di som­


ministrazione al fine di raggiungere un certo livello ematico di vitamina
C. Quella per via endovenosa, anche in dosi relativamente basse, porta
al raggiungimento di un livello ematico anche centinaia di volte maggiore
rispetto a quella per via orale.

Anche se nell’assunzione per via orale ci sono differenze, a seconda del


tipo di vitamina C.

Endovena? Ma come?

Alcuni medici hanno ben spiegato, dettagliatamente, come preparare una


dose endovena. Citerò ora una versione elaborata per il progetto RECN AC
da Neil H. Riordan, Hugh D. Riordan, Ronald E. Hunnighake, medici con
grandissima esperienza sull’utilizzo della vitamina C:

Riordan NH, Riordan HD, Hunninghake RE. Intravenous Ascorbate


as a Chemotherapeutic and Biologie Response Modifying
Agent. Improvement of Human Functioning International, Wichita,
KS, USA.
Vitamina C: il volto sconosciuto 105

RECNAC è un progetto di Bio-Communications Research Institute, una se­


zione di The Center for thè Improvement of Human Functioning International
3100 North Hillside Avenue • Wichita • Kansas 67219 U.S.A. Tel: 001 316
682 3100 • Fax: 001 316 682 5054

Le loro indicazioni sono più esaurienti di altre. La procedura da essi ela­


borata si applica a pazienti tumorali, il che necessita di un’attenzione
particolare, perché - come hanno dimostrato - l’azione citotossica della
vitamina C può essere così forte da creare aH’organismo problemi con lo
smaltimento irocon veloce dei cataboliti (prodotti di decom posizione) delle
<célTule tumorale Può verificarsi il cosiddetto effetto di Herxheimer (cioè l’in­
tossicazione dell’organismo da tossine provenienti dalla decomposizione,
in questo caso, di cejlule tumorali). Per questo motivo i clinici consigliano
di raggiungere gradualmente la dose adeguata.

Il dott. Klenner, principale divulgatore e pioniere nell’uso di vitamina C in


alte dosi, nel caso di infezione consiglia una somministrazione molto veloce.
La prima dose può essere iniettata immediatamente dalla siringa, purché
la soluzione acquosa abbia un pH neutro ed ogni 1000mg devono essere
sciolti in almeno 5 cm3 di soluzione. Una regola generica: non aggiungere
altro nella soluzione, nessun'altra sostanza, solo ascorbato di sodio. La
quantità finale, 500ml con 50g di ascorbato di sodio, ha sempre dato buoni
risultati.

In base alla sua immensa esperienza, consiglia:

- Nel caso di intossicazione e grave infezione, la somministrazione deve


essere eseguita per infusione endovenosa, nella dose di 350-1200mg
per kg di peso del paziente. Nel caso di meningite virale o di un pa­
ziente in coma, somministrare il più presto possibile, cominciando
con una immediata iniezione endovena di 5-15g direttamente dalla
siringa.
106

- In casi critici, come per esempio intossicazione da funghi, morso di un


serpente, ecc, l’infusione va eseguita in un tempo di 5 0-60 minuti.

- Nei casi meno critici l’infusione può essere fatta più lentamente: tra
le due e le quattro ore.

- Occorre assicurare sempre una buona idratazione del paziente, par­


ticolarmente nel caso di patologie renali (in pazienti non dializzati).

Klenner F. Observations on thè dose and administration of


ascorbic acid when employed beyond thè range of a vitamin in
human pathology. Journal of Applied Nutrition 1971; 23(3&4): 61-88.

Siccome non è mai errato eccedere in prudenza, le indicazioni seguenti


sono tratte dal progetto RENAC, di cui sopra:

1. Nel caso di tumore maligno si consiglia la somministrazione gra­


duale di vitamina C per alcuni giorni, aumentando la dose fino al
livello necessario per evitare potenziali pericolose necrosi, emorragie
e morte. Un caso del genere si è verificato una sola volta, in seguito
alla somministrazione di una dose relativamente bassa (10g), ma
non tutti medici ne sono venuti a conoscenza.

Campbell A, Jack T. Acute reactions to mega ascorbic acid therapy


in malignant disease. Scott. Med. J. 1979; 24(2): 151-3.

Questo caso si è verificato nei primi anni 50 del XX sec., quando si


iniziava a prescrivere vitamina C ai pazienti tumorali.

2. È necessario accertare la corretta funzionalità renale, che il paziente


sia ben idratato e che il suo apparato urinario sia efficiente. Occorre
monitorare i parametri del sangue e delle urine.
Vitamina C: il volto sconosciuto 107

3. Dobbiamo assicurarci che il paziente non soffra di deficit di glucosio-


6-fosfato deidrogenasi, legato al rischio di emolisi. Anche se è una
patologia molto rara (in Polonia è presente soltanto nello 0.1% della
popolazione), bisogna esserne consapevoli.

4. Può comparire un leggero indolenzimento nel punto dell’iniezione


quando l’infusione viene eseguita troppo velocemente. Il dolore
diminuisce abbassando la velocità di somministrazione.

5. L’ascorbatojia proprietà chelanti ed in alcuni pazienti può verificarsi


un tremore muscolare causato dall’ abbassamento del livello di calcio.
Occorre bilanciarlo, per esempio, con gluconato di calcio.

6. Le controindicazioni sono: insufficienza renale, emodialisi cronica,


un anomalo livello di ferro (alto). I pazienti con tendenza alla forma­
zione di calcoli renali dovrebbero essere ben monitorati, anche se
due gruppi di scienziati hanno dimostrato che la somministrazione
orale di ossido di magnesio (300mg/dì) e di vitamina B6 (10mg/dì),
ne blocca la formazione.

Rattan V, Sidhu H, Vaidyanathan S, Thind SK, Nath R. Effect of


combined supplementation of magnesium oxide and pyridoxine
in calcium -oxalate stone form ers. Uro!. Res. 1994; 22(3):
161-5.

Prien EL, Gershoff SF. Magnesium oxide-pyridoxine therapy for


recurrent calcium oxalate calculi. J. Urol. 1974; 112(4): 509-512

7. Considerando il fatto che viene usata una relativamente grande quan­


tità di liquido, bisogna contemplare casi in cui tale somministrazione,
particolarmente quando contiene sodio, non è indicata in caso di
edema, scompenso cardiaco, edema addominale, ecc.
108

8. Come sempre nel caso di fleboclisi, seguire scrupolosamente ogni


procedura (per esempio, il posizionamento del venflon).

9. L’infusione deve essere eseguita sempre lentamente per evitare


l'infiammazione locale della vena (flebite). Scegliere sempre la vena
di calibro più grosso.

10. Un’osmolarità sotto 1200mOsm di solito è ben tollerata. Preparare


una soluzione adeguata è importantissimo per la sicurezza dell'infu­
sione e previene la lesione e l'infiammazione delle vene. La soluzione
dovrebbe avere la concentrazione che si avvicina il più possibile a
quella isotonica rispetto al siero del sangue (per l’ ascorbato di sodio
è 3.1%).

11. Dato che la vitamina C ha proprietà diuretiche, si consiglia al paziente


una buona idratazione prima dell'infusiQpe.

12. Con alte dosi può verificarsi una leggera ipoglicemia, quindi si consi­
glia ai pazienti un piccolo pasto o merenda prima, ma anche durante
l’infusione.

13. Si è notata anche l’esistenza di un effetto “rebound” (un contraccol


po): una brusca interruzione nella somministrazione di vitamina C ne
provoca il calo al di sotto del livello iniziale. È dovuto alla continua
secrezione dal fegato di enzimi metabolizzanti la vitamina C, nono­
stante l'interruzione della sua somministrazione. Per questo motivo
si consiglia, ancor prima di terminare l’infusione, la somministrazione
per bocca della stessa vitamina e una graduale diminuzione del
dosaggio quando così decide il medico.
Vitamina C: il volto sconosciuto 109

ATTENZIONE!

Esiste la possibilità che le comuni strisce usate dai diabetici per il test
glicemico possano indicare valori anomali, troppo alti. Si sospetta
che, essendo la struttura del glucosio molto simile a quella della vita­
mina C, il reagente possa reagire all’alto livello di vitamina C e non del
glucosio. Le strisce di nuova generazione non hanno questo difetto.
Il test di laboratorio fornisce valori veri.

Le analisi più frequenti, prima di cominciare la terapia con la vitamina C,


sono:

- morfologia completa
- elettroliti
- test per il deficit dell’enzima G6PD (Glucosio-6-fosfato deidrogenasi)
- analisi delle urine
- peso del paziente
- tipo e stato di avanzamento di alterazioni tumorali presenti
- marker adeguati
- diagnostica per immagini

Numerose soluzioni con alte dosi di vitamina C sono ipertoniche: non è un


problema a patto che l’infusione venga eseguita lentamente. In genere
con dosi fino a 15g si usa la soluzione di Ringer (Solutio Ringer Lactate);
sopra ai 15g (alcuni dicono sopra ai 30g) si usa l'acqua per preparazioni
iniettabili. Questa soluzione dovrebbe essere tamponata al pH 5.5 fino al
7.0. All'inizio si usa somministrare 15g di vitamina C in 250ml di soluzione
di Ringer per circa un’ora. A volte sono state eseguite due infusioni contem­
poraneamente. Qui, però, a parte l’immensa conoscenza del dott. Klenner
e di altri, vorrei sottolineare la necessità di procedere con grande prudenza
prima di acquisire la giusta esperienza.
110

Questo libro non vuole assolutamente essere un manuale medico. Allora


consiglio a chi vuole approfondire l’argomento le seguenti pubblicazioni,
contenenti descrizioni delle procedure:

Smith LH. Clinical Guide to thè Use of Vitamin C: The Clinical


Experiences of Frederick R. Klenner, M.D., abbreviated, summari-
zed and annotated by Lendon H. Smith. 1988. ISBN 0-943685-13-3.

Cameron E. Protocol forthe use of intravenous vitamin C in thè


treatment of cancer. Medicai hypotheses 1991; 36(3): 190-194.

In modo particolare raccomando questo articolo:

Challem J, Gonzalez MJ, Levy TE, Hunninghake, R, Matalon V.


Roundtable: Intravenous vitamin Cfortreating cancer. doi:10.1089/
act.2009.15206; Alternative and Complementary Therapies 2009;
15(2): 81-86.

In questa pubblicazione i migliori specialisti, clinici con lunga esperienza, si


scambiano informazioni sulla somministrazione di alte dosi di vitamina C.

Nonostante l’utilizzo di vitamina C in dosi che superano abbondantemente


i 100g, non si accenna da nessuna parte all’alterazione dell’equilibrio acido-
base. Può essere dovuto al fatto che per l’infusione viene utilizzata vitamina
C opportunamente tamponata sotto forma di ascorbato di sodio, cioè sale
di acido ascorbico, e non vitamina C nella forma pura di acido ascorbico,
che è l’acido per eccellenza.

Per prevenire la carenza di riserve di tamponi basici, già nel 1948, Klenner
somministrava semplicemente un cucchiaino da tè di normale bicarbonato
(di soda) sciolto in un bicchiere d’acqua, 4 volte al giorno (dose minore per
Vitamina C: il volto sconosciuto 111

Klenner FR. Virus pneumonia and its treatment with vitamin C.


Southern Medicine & Surgery 1948; 110(2): 36-38.

Oggigiorno il monitoraggio dell’equilibrio acido-base è banalmente semplice


e molto preciso. Ogni ospedale possiede un gasometro. L’esame dura circa
30 secondi; il costo è di circa 5 zi (circa 1 €).

Come accennato prima, la vitamina C lega il calcio, perciò Klenner ag­


giungeva 1g di giuconato di calcio. Avvalendosi, comunque, di adeguate
analisi di laboratocio, può essere monitorato con molta precisione il livello
di minerali, elettroliti, tamponi acido-base, ecc.

Klenner utilizzava almeno 10 cm3 di soluzione per sciogliere 1g di vitamina


C (ascorbato di sodio). Nei bambini piccoli la somministrazione avveniva
tramite un’iniezione intramuscolare ogni due ore. Agli interessati raccomando
la seguente pubblicazione, veramente interessante.

Smith LH. Clinical Guide to thè Use of Vitamin C: The Clinical


Experiences of Frederick R. Klenner, M.D., abbreviated, summari-
zed and annotated by Lendon H. Smith. 1988. ISBN 0-943685-13-3.

Cathcart, invece, consigliava la preparazione di una soluzione iniziale di


250g di ascorbato di sodio con concentrazione al 50%, a temperatura
ambiente e con pH=7.4, con l'aggiunta di una piccola quantità di EDTA
USP 150mg/ mi (sale bisodico biidrato dell’acido etilendiaminotetracetico),
e successivamente l’uso di questa soluzione per preparare l’infusione
endovena.

La sua infermiera notò che, non agitando la soluzione iniziale prima di raf­
freddarla in frigo ma soltanto dopo, appena prima di preparare la soluzione
per infusione, questa soluzione aveva un colore più chiaro, indicante una
minore quantità di deidroascorbato.
112

Utilizzando questo metodo, prendendo 60 cm3 della soluzione iniziale, aveva


30g; prendendo 120 cm3, aveva 60g di ascorbato di sodio. Aggiungendo
una dose adeguata di acqua per preparazioni iniettabili, otteneva 500 cm3
di soluzione pronta per infusione endovena (attenzione: altamente iperto-
nica). Per diminuire la differenza della pressione osmotica, si può utilizzare
acqua sterile per iniezioni.

L’utilizzo di piccole quantità di EDTA permette di catturare ioni “vaganti” di


ferro e di rame.

Cathcart precisa:

“(...) osservo che il paziente non sia ipocalcemico (anche se non mi è mai
capitato) o ipoglicemico (invoglio i pazienti a mangiare qualcosa durante
l’infusione) e disidratato (consiglio di bere acqua e, se necessario, rallento
l’infusione). In alcuni casi può comparire mal di testa alla fine della sommi­
nistrazione. Ma da quando in quella fase cominciai ad utilizzare alte dosi
per via orale, questi sintomi scomparvero^..)”.

Cathcart, RF. For MDs only: Preparation of Sodium Ascorbate for


IV and IM Use. Allergy, Environmental & Orthomolecular Medicine
1996.

A chi vuole personalmente ascoltare la lezione del dott. Cathcart, raccomando:

http://www.vitamincfoundation.org/videos

Il link sottostante indirizzerà i lettori al database di medicina ortomolecolare:


Vitamina C: il volto sconosciuto 113

http://www.orthomed.com

Ora basta con nozioni e teorie. In tutti i modi ho cercato di rendere questa
trattazione comprensibile al lettore medio e nello stesso tempo ho cercato
di dimostrare ai lettori medici che i loro colleghi americani hanno elaborato
molti anni fa procedure molto concrete.

Citerò solo alcuni esempi di come, in modo semplice, sicuro e poco costoso,
si può aiutare una persona malata, a volte anche con prognosi infausta,
infondendo in modo- adeguato la vitamina C endovena (ovviamente nella
forma di ascorbato di sodio!).

Nella parte seguente mi baserò sulla pratica pluriennale del dott. Klenner,
descritta in:

Smith LH. Clinical Guide to thè Use of Vitamin C: The Clinical


Experiences of Frederick R. Klenner, M.D., abbreviated, summari-
zed, and annotated by Lendon H. Smith. 1988. ISBN 0-943685-13-3.

1. L’acido ascorbico si lega alla membrana proteica del virus formando


una macromolecola che funziona come fattore frenante lo sviluppo
dell’infezione virale.

2. Se nell’organismo la quantità di vitamina C è sufficiente, il sistema


enzimatico è in grado di svolgere il suo compito. Cito: “Finché i glo­
buli bianchi non sono saturi di vitamina C, sono come soldati senza
proiettili per le loro armi”.

3. Il grado di neutralizzazione dei patogeni in un'infezione virale è pro­


porzionale alla concentrazione di vitamina C e al tempo di sommi­
nistrazione.
114

4. Klenner continuamente sottolinea che il mancato effetto terapeutico


della vitamina C di solito è dovuto alla somministrazione di dosi troppo
alte in un tempo troppo breve.

5. I sintomi di varicella o parotite diminuiscono notevolmente nel giro


di un’ora.

6. Dai 350mg ai 700mg di vitamina C/al kg (almeno) possono essere


somministrati insieme all'antibiotico nel caso di un’infezione virale
persistente.

7. Ai bambini piccoli faceva iniezioni di 2 -3 grammi ogni due ore. In


questo modo si possono iniettare anche 12 grammi in due o tre
muscoli diversi.

8. Sintomi di tetano o di streptococco beta emolitico regredivano in poche


ore dopo un’infusione e.v. veloce di vitamina C, dose di 500-700mg/
kg di peso.

9. Subdole infezioni virali (A/H1N1) possono essere curate definitiva­


mente in 5 giorni. Queste infezioni, curate con altri metodi, spesso si
concludevano con morte improvvisa ed incomprensibile.

Klenner fu testimone della morte di quattro di sei bambini (sotto


i 4 anni) nel lasso di tempo da 30 minuti a 4 ore dall'esame clinico
eseguito dal medico, lasso di tempo in cui non vennero curati per
l’impossibilità di fare la diagnosi. Nel referto fu scritto: “presenza di
un virus subdolo nel tessuto cerebrale”.

10. La polmonite virale, frequente effetto collaterale in seguito a infezione


A/H1N1 (e non solo), il più delle volte finisce col decesso. Dalle tre alle
sette iniezioni furono in genere sufficienti per una completa guarigione,
Vitamina C: il volto sconosciuto 115

confermata dalla radiografia. La maggior parte dei pazienti si è sentita


molto meglio già dopo un’ora. Il miglioramento decisivo è stato notato
dopo due ore dalla fine della somministrazione.

11. In alcuni pazienti la cianosi (colorazione blu-grigiastra della pelle


dovuta a mancanza di ossigeno) regrediva immediatamente dopo
la somministrazione di 500mg di vitamina C.

12. Poliomielite (malattia di Heine-Medina, polio): 60 casi, guariti al


100% in 3 -£ giorni(l), risultato mai visto nella storia della medicina.
Solitamente si pensava che, dopo la paralisi degli arti, fosse irre­
versibile. Per il dott. Klenner ciò risultò falso: la paralisi regrediva.

Klenner FR. The treatm ent o f poliom yelitis and other viru s dise-
ases w ith vitam in C. South Med. J. 1949; 3(7): 209-21

13. Epatite virale: la guarigione avviene in due, quattro giorni. Purtroppo


l’articolo citato non specifica il tipo di virus. Dagli esempi riportati, co­
munque, si evince che ciò riguardi anche il virus di tipo C. In tal caso la
terapia, però, è durata più a lungo. Klenner ripeteva: “l'ascorbato di sodio
nella dose di 900mg/kg di peso corporeo, somministrato ogni 8-12 ore,
provocherà un effetto terapeutico e la guarigione in due, quattro giorni".

Afferma che i suoi colleghi giapponesi usavano aggiungere sempre


circa 5g di vitamina C in ogni dose di sangue trasfuso. Risultato:
neppure un caso di epatite dopo migliaia di trasfusioni.

14. Vaiolo: la dose di 400mg/kg di peso in tre o quattro iniezioni porta al


completo essiccamento in 24 ore.

15. Pancreatite: Klenner usava 60g di ascorbato di sodio in 1000 mi di


soluzione di destrosio al 5%, somministrato con un’infusione endo-
vena relativamente veloce. Dopo 12 ore il paziente poteva già essere
dimesso senza sintomatologia.

16. Ustioni gravi: Klenner riteneva che la miglior dose di vit.C da som­
ministrare fosse da 30 a 100g, cioè 500mg per ogni kg di peso,
sciolta in soluzione di destrosio al 5% o in soluzione di Ringer in
concentrazione almeno di 18ml/g di vit.C. Il quarto o quinto giorno
(a seconda dell'estensione) avviene un notevole miglioramento ed
inizia la cicatrizzazione delle ferite.

17. Dato che la vitamina C stimola la produzione di endorfine, aiuta an­


che a eliminare il dolore. Ciò è importantissimo nel caso di pazienti
tumorali.

18. Insolazione: 500 mg vit.C/kg rimuovono i sintomi. Le scottature del


sole (anche di secondo grado) sono facili da guarire con un'infusione
endovena.

19. L’infusione endovena prima della chemioterapia previene, o dimi­


nuisce notevolmente, i fastidiosi effetti collaterali. Ne parleremo
dettagliatamente più avanti. Klenner somministrava 10 g e.v. prima
di un intervento chirurgico e 10 g dopo, in ogni infusione. Infondeva
30 g endovena al giorno, finché il paziente poteva tollerare il cibo e la
somministrazione per bocca. Notò che fratture e ferite guariscono
molto più velocemente. Alcuni chirurghi (anestesisti) alla fine di un
intervento somministravano 10 g di vitamina C e in 60 sec. i pazienti
si svegliavano senza nausea, vomito, ecc.

20. Intossicazione da piombo: con una dose di 350 mg/kg per via intra­
muscolare ogni due, quattro ore, la guarigione avveniva in 72 ore.
Vitamina C: il volto sconosciuto 117

21. Intossicazione da ossido di carbonio: gli effetti venivano rimossi


completamente circa 10 minuti dopo la somministrazione di 12g di
vitamina C endovena.

22. Punture di insetti, ragni e serpenti, reazioni allergiche: Klenner ap­


plicava 350 mg di vitamina C con l’aggiunta di calcio gluconato. Di
questi casi parlava come di “guarigioni miracolose".

Vorrei far notare che, nel caso di malattie virali, la medicina ufficiale ha
poco da offrire perphé i farmaci antibatterici non funzionano contro i virus.
I vaccini sono abbastanza controversi e, a dire la verità, quando l’organismo
viene attaccato da un virus, la terapia convenzionale spesso è poco, o per
niente, efficace.

Comunque Klenner e altri medici dimostrarono, senza ombra di dubbio,


l’efficacia della vitamina C somministrata per via endovenosa proprio nel
caso di malattie virali o di altre molto gravi come, per esempio, epatite virale
acuta, tetano o meningite virale. Altra patologia estremamente pericolosa,
particolarmente per i bambini, è la febbre reumatica. In tutti questi casi la
vitamina C fa veri miracoli.

Klenner dedicò moltissimo tempo al trattamento non convenzionale della


miastenia e della sclerosi multipla.

Klenner FR. Response of peripheral and centrai nerve pathology


to mega-doses of thè vitamin B complex and othermetabolites.
Journal of Applied Nutrition 1973; 25(304).

In una lettera all’editore del Tri-State Medicai Journal, Oct.1954,aperta­


mente affermò di guarire, con relativa facilità, la miastenia.
118

Nello studio inedito “Multiple sclerosis Diagnosis and Treatment


Suggestions”, 1980, di nuovo affermò che “ in tantissimi casi la malattia
compariva in seguito a infezione virale infantile (del tipo coxsackie), con
sintomatologia simile al morbillo. Inizialmente il sintomo poteva essere,
per esempio, di grave infezione polmonare o meningite, che regrediva per
ricomparire dopo venti o trent’anni sotto forma di sclerosi multipla. Si sa
che un 70% di casi compare in età dai 20 ai 40 anni.

Come accennato prima, la poliomielite o polio, malattia di Heine-Medina,


poliomyelitis, sono nomi della stessa malattia virale che negli anni 50 deci­
mò centinaia di bambini in tutto il mondo. Aveva un decorso molto violento
che spesso finiva con decesso o meningite o seria paralisi e deformazione
degli arti.

La malattia è provocata da uno dei virus più pericolosi. Il buon senso sug­
gerirebbe un immediato interesse verso un nuovo metodo di cura. Non si
potrebbe ipotizzare che, visti i risultati incredibilmente efficaci in questo
caso, la vitamina C potrebbe essere utilizzata anche contro altri virus, per
esempio il famoso virus H1N1 (virus dell’Influenza suina) che ha provocato
tanti decessi?

Il caso di un contadino della Nuova Zelanda conferma che la vitamina C rie­


sce a debellare anche questo pericoloso virus. Quando i medici decisero di
staccare gli apparecchi che mantenevano in vita quell'uomo, un familiare
suggerì l’utilizzo di vitamina C, di cui era venuto a conoscenza... su Internet.
Il medico curante ovviamente non lo ascoltò, preferiva lasciarlo morire. Ma
la fortissima pressione della famiglia vinse e furono somministrati 25g di
questa sostanza nutritiva. Fatta l’infusione endovena, solo due giorni dopo lo
stato del paziente migliorò. Il paziente cominciò a respirare autonomamente,
era in via di guarigione, sennonché fu sostituito il medico, e il nuovo vietò
successive somministrazioni di vitamina C. Lo stato del paziente peggiorò
subito. Quando fu di nuovo somministrata la vitamina C, come era prevedi­
Vitamina C: il volto sconosciuto 119

bile, lo stato del malato ricominciò a migliorare, a tal punto che il paziente
fu trasferito all’ospedale più vicino alla sua abitazione. Purtroppo... anche
lì il medico gli negò la vitamina C. Il suo stato cominciò a peggiorare di
nuovo. Fu allora che il medico fu costretto da un legale a somministrare la
vitamina C e.... dopo poche settimane il paziente guarì completamente.
A proposito..., il paziente soffriva di un tumore del sangue: leucemia.
Anche questa malattia sparì senza lasciar tracce.

La terapia in ospedale, prima della somministrazione di vitamina C, era


costata circa 300.P00 $. Invece la vitamina C costò 30 $. A una persona
intelligente basterebbe questo...

Si potrebbe pensare che almeno qualcuno, in quel piccolo paese, avesse


utilizzato il cervello, ma... ci sbaglieremmo. Gli ospedali in Nuova Zelanda
continuano a negare la terapia con vitamina C a pazienti con infezioni batte­
riche o virali, nonostante sia nella lista dei rimedi terapeutici. Probabilmente
tante persone moriranno ancora inutilmente...

Agli interessati raccomando anche il reportage riguardante il caso appena


descritto del contadino della Nuova Zelanda

http://www.youtube.com/watch?v=VrhkoFcOMII

Non è un caso isolato, e non è un caso che la vitamina C in alte dosi, per
via endovenosa, faccia veramente “miracoli”.

La letteratura degli anni '80 è piena di casi simili. E a che serve? Questo
metodo di cura continua addirittura a essere invisibile nell’ambiente
medico.
120

In molti ospedali cinesi esistono interi reparti in cui si somministra ai pazienti


vitamina C per via endovenosa. La si utilizza nella maggior parte dei casi.
Perché? Perché costa poco ed è molto efficace.

La pratica medica conferma che nelle 48 ore successive ad un intervento


chirurgico un po’ più complesso, il livello di vitamina C cala così bruscamente
che risulta irrilevabile. Tanti scienziati affermano per esempio, che lo stato
dell’organismo durante l’infarto è uno stato “scorbuto-simile’’ !

Il paziente operato deve essere protetto in particolar modo proprio nelle prime
48 ore, quando le sue risorse di vitamina C calano a zero. Sappiamo che
in tale momento critico qualsiasi banale infezione può portare al decesso.
E succede spesso. Quindi la polmonite in questo caso è pericolosissima. Che
cos'altro sappiamo? Che nell’organismo di quel paziente non c'è vitamina
C sufficiente a proteggerlo! Ma... veramente ne siamo consapevoli? Forse
che, tra decine di analisi, è di routine un controllo del livello di vitamina C? Se
non lo è, forse dovrebbe esserlo? Le conclusioni si suggeriscono da sole.

Nel momento critico successivo all’intervento, l'organismo è quasi com­


pletamente indifeso; logico sarebbe integrare immediatamente il livello
ematico di vitamina C! Ma viene fatto? Il paziente in attesa di intervento
i

è già fortemente stressato emotivamente, e tra breve si aggiungerà un po­


tente shock fisico, lo stress iatrogeno... Sappiamo che il livello di vitamina
C cala bruscamente ancor prima dell’intervento. Non sarebbe giudizioso
somministrare, come parte della PROCEDURA PREOPERATORIA, la
vitamina C? Ma viene fatto?

ATTENZIONE!

Con orrore ho appreso ultimamente che ai malati di tumore viene


somministrata per via endovenosa vitamina C sotto forma di acido
Vitamina C: il volto sconosciuto 121

ascorbico, nella dose di 2 g. Avverto che può essere mortalmente


pericoloso!

Si tratta forse di pazienti che cercavano di curarsi da soli perché


i medici rifiutavano loro un aiuto. Le persone disperate sono capaci
di gesti disperati ma, quando non si sa che cosa si fa, può finire in
tragedia.

Vitamina C e tumori

La vitamina C può curare il tumore? Questa domanda fondamentale spesso


viene rivolta da pazienti in cerca di metodi alternativi nella cura di tumori.
Si pongono la stessa domanda anche medici e scienziati. Sappiamo che
la vitamina C sicuramente porta vantaggi nella terapia di tumori. Che cosa
vuol dire, però, “porta vantaggi”?

Se la somministrazione di vitamina C migliorasse lo stato del paziente


dopo chemio o radioterapia, sarebbe già tanto. Se la vitamina C alleviasse
il forte dolore che quasi sempre accompagna la malattia tumorale, sareb­
be ancora meglio. E se distruggesse le cellule tumorali? Non sarebbe un
grande successo?

Ewan Cameron e Linus Pauling affermarono che, somministrando ai pa­


zienti affetti da tumore soltanto 10 g al giorno di vitamina C, questi malati
sopravvissero mediamente 300 giorni in più rispetto al gruppo di controllo.
Tutti erano stati classificati TERMINALI. Anzi, il 22% dei pazienti sopravvisse
più di un anno dopo essere stati considerati terminali, mentre nel gruppo
di controllo sopravvisse solo lo 0.4%. La vita media fu di 2,4 anni per 22
pazienti e superiore a 3 -5 anni per 8 pazienti. Scrivo “superiore a 3-5 anni”
perché al momento della pubblicazione dello studio quei pazienti erano
ancora in vita.
122

Alcuni scienziati contestarono i risultati di questo studio, dicendo che il


gruppo di controllo e quello sottoposto alla terapia non erano stati selezionati
adeguatamente. In seguito a queste critiche Cameron e Pauling condussero
ulteriori studi. I risultati che ottennero furono ancora migliori.

Cameron E, Pauling L. Supplemental ascorbate in thè supportive


treatment of cancer: Reevaluation of prolongation of survival
times in terminal human cancer. Proceedings o f thè National
Academy o f Sciences, USA 1978; 75(9): 4538-4542

Invece S.K. Lee, con il suo gruppo di collaboratori, dimostrò che la vitamina
C blocca lo sviluppo delle cellule tumorali della pelle:

Lee SK, Kang JS, Jung da J, Hur DY, Kim JE, Hahm E, Bae S, Kim
HW, Kim D, Cho BJ, Cho D, Shin DH, Hwang Yl, Lee WJ. Vitamin
C suppresses proliferation of thè human melanoma celi SK-
MEL-2 through thè inhibition of cyclooxygenase-2 (COX-2)
expression and thè modulation of insulin-like growth factor II
(IGF-II) production. J. Celi Physiol. 2008; 216(1): 180-8

S.W. Hong, con i colleghi, pubblicò risultati di suoi studi, affermando che la
vitamina C distrugge le cellule del tumore al seno accelerando l’apoptosi
(la morte programmata della cellula):

Hong SW, Jin DH, Hahm ES, Yim SH, Lim JS, Kim Kl, Yang Y, Lee
SS, Kang JS, Lee WJ, Lee WK, Lee MS. Ascorbate (vitamin C)
induces celi death through thè apoptosis-inducing factor in
human breast cancer cells. Oncol. Rep. 2007; 18(4): 811-5.

Neil H. Riordan e Hugh G. Riordan osservarono per 15 anni pazienti con


tumore che assumevano vitamina C come terapia di supporto. Nel rapporto
finale scrissero: “Inizialmente infondevamo 15g di vitamina C via endovena,
Vitamina C: il volto sconosciuto 123

una o due volte alla settimana. Risultò una diminuzione del dolore e in molti
casi la vita dei pazienti si allungò oltre le previsioni degli oncologi...”

Per 12 anni infusero per endovena 30g di vitamina C due volte alla setti­
mana. Risultò che le metastasi ai polmoni e al fegato, in un paziente con
tumore primario al rene, regredirono in poche settimane.

Riordan NH, Riordan HD, Hunninghake RE. Intravenous Ascorbate


as a Chemotherapeutic and Biologie Response Modifying Agent.
Improvementof Human Functioning International, Wichita, KS, USA.
« '

Hoffer, Pauling e Hardin condussero studi su 134 pazienti con tumore. I pa­
zienti vennero divisi in tre gruppi. Due gruppi vennero trattati con la vitamina
C, mediamente con dose di 12 g al giorno; il terzo, il gruppo di controllo, no.
L’età media era 53,1 anni. Risultò che per l’80% dei pazienti trattati con vita­
mina C, l’attesa di vita superò di 21 volte (!) quella del gruppo di controllo.

Hoffer A, Pauling L. Hardin Jones biostatistical analysis of mortality


data for cohorts of cancer patients with a large fraction surviving
at thè termination of thè study and a comparison of survival times
of cancer patients receiving large regular orai doses of vitamin
C and other nutrients with similar patients not receiving those
doses. Journal of Orthomolecular Medicine 1990; 5(3): 143-154.

Gli stessi autori condussero ulteriori studi, modificando la terapia con l'ag­
giunta di altre vitamine e nutrienti. I risultati furono ancora più promettenti.
La media di sopravvivenza per il 50% di pazienti superava i 5 anni, per
altri fu di 630 giorni. Ovviamente non tutti pazienti reagirono ugualmente
bene. Comunque fu dimostrato che il gruppo che meglio reagì fu 4 volte più
numeroso rispetto a studi precedenti condotti dagli stessi scienziati. Negli
studi precedenti gli autori presumevano che un altro 30% di un gruppo con
malattia avanzata forse avrebbe potuto raggiungere una sopravvivenza su
124

periore ai 5 anni, se fosse stato aggiunto loro un supporto ortomolecolare,


applicato da Hoffer in questo studio. Cito lo studio che riporta con precisione
i metodi statistici applicati, nonché una ricca letteratura.

Hoffer A, Pauling L. Hardin Jones biostatistical analysis of mortality


data for cohorts of cancer patients with a large fraction surviving
at thè termination of thè study and a comparison of survival times
of cancer patients receiving large regular orai doses of vitamin
C and other nutrients with similar patients not receiving those
doses. Journal o f Orthomolecular Medicine 1990; 5(3): 143-154.

Studi clinici condotti su 99 malati inguaribili da A. Murata sostengono che


i pazienti trattati con alte dosi di vitamina C sono vissuti molto più a lungo
(246 giorni in più) rispetto ai pazienti trattati con basse dosi della stessa
(43 giorni).

Murata A, Morishige F, Yamaguchi H. Prolongation of survival


times of terminal cancer patients by administration of large
doses of ascorbate. Int. J. Vitam. Nutr. Suppl. 1982; 23: 103-113.

Ricordiamoci che si parla di pazienti terminali.

La possibilità di allungare la vita di sei volte non può essere trascurata da


nessun medico. Questi risultati indicano un incredibile potenziale della
vitamina C nella terapia di tumori, specie in fase iniziale. Non si hanno pra­
ticamente effetti collaterali. Invece gli orribili effetti collaterali della chemio
o radioterapia sono noti a oncologi, pazienti e loro parenti.

Quei medici che trattano i loro pazienti con alte dosi di vitamina C instan­
cabilmente ne sottolineano l’azione antidolorifica. Il che assume un peso
non indifferente in caso di tumore:
Vitamina C: il volto sconosciuto 125

Ringsdorf WM. Vitamin C supplementation and relief from pain.


J. Ala. Dent. Assoc. 1969; 68(4): 47-50.

Jensen NH. Reduced pain from osteoarthritis in hip joint or knee


joint during treatment with calcium ascorbate. Ugeskr. Laeger.
2003; 165(25): 2563-2566.

Meritano un accenno anche gli studi svolti in Polonia. Uno studio molto
interessante sulla vitamina C come fattore di protezione delle cellule sane
(contro le alterazioni del DNA) in pazienti sottoposti a chemioterapia, è:

Blasiak J, Gloc E, Wozniak K, Mtynarski W, Stolarska M, Skórski


T, Majsterek I. Genotoxicity of idarubicin and its modulation by
vitamins C and E and amifostine. Chemico-Biological tnteractions
2002; 140(1): 1-18.

Judith Stoute ha scritto una relazione, dopo aver passato in rassegna 44


studi scientifici e articoli sulla terapia dei tumori con la vitamina C. La sua
pubblicazione contiene ampia letteratura al riguardo.

Stoute JO. The use of vitamin C with chemotherapy in cancer


treatment: An annotated bibliography. Journal o f Orthomolecular
Medicine 2004; 19(4).

In un lavoro estremamente interessante (ne consiglio vivamente ai medici


la lettura, contenente anche una ricca bibliografia), N.H. Riordan e colleghi
scrivono che la vitamina C distrugge selettivamente le cellule tumorali.
Inoltre evidenziano un fatto importantissimo che ci sarà utile nel prossimo
capitolo. Dato che l’azione della vitamina C in molti casi aumenta la produ­
zione di acqua ossigenata nell'onanismo, è importante sapere che, come
scrivono gli autori:
126

“...Nelle cellule normali sane, la catalasi (enzima che scinde l’acqua os­
sigenata) è presente in una concentrazione da 10 a 100 volte maggiore
i rispetto a quella delle cellule tumorali. Quando vengono somministrati rimedi
stimolanti la sintesi di acqua ossigenata nell’organismo, questo fatto è po­
I tenzialmente determinante per stabilire la dose tossica per le cellule sane
e per quelle tumorali. L’acido ascorbico e i suoi sali sono selettivamente
», tossici per le cellule tumorali, sia in vitro che in vivo. Venne dimostrato
che questa selettività è legata al meccanismo intracellulare di formazione
^dell'acqua ossigenata.

Di conseguenza la vitamina C appartiene ad una classe di sostanze


che, nella dose adeguata, distruggono selettivamente le cellule tu­
morali, lasciando intatte le cellule sane”.

Riordan NH, Riordan HD, Meng XL, Li Y, Jackson JA. Intravenous


ascorbate as a tumor cytotoxic chemotherapeutic agent. Med.
Hypotheses 1995; 44(3): 207-213.

Quanto sopra viene confermato dal prof. Randolf M. Hoves nella sua mono­
grafia (questa pubblicazione costituisce un raro compendio di conoscenza
per medici e studenti di medicina):

Howes RM. H y d ro g e n P e ro xid e : S c ie n tific , M e dicai, a n d


B iochem ical OverView. Equivocai Scientific Studies 2006.

Hoves scrive a pag.177:

“Ammettiamo che un livello alto di H,Oz nella cellula tumorale sia pari
a 100mM, mentre nella cellula sana è 10mM (ricordiamo che nella cellula
sana la catalasi, l'enzima che scinde l’acqua ossigenata, può essere mag­
giore anche di 100 volte).
Vitamina C: il volto sconosciuto 127

Ammettiamo che, per distruggere la cellula tumorale, il livello di H20 2


necessario sia pari a 150mM. Dunque, aumentando il livello di 50mM,
nella cellula tumorale raggiungerà 150mM, mentre in quella sana arriverà
a 60mM e la cellula sarà in grado di neutralizzarla. Questo esempio illustra
il meccanismo di selettività che caratterizza H,,02.

In genere la citotossicità della vitamina C, cioè la capacità di distruggere


le cellule tumorali, sembra essere regolata dall'acqua ossigenata, come
confermato da:

Mikino Y, Sakagami H, Takeda M. Induction of celi death by ascorbic


acid derivatives in human renai carcinoma and glioblastoma celi
lines. Anticancer Res. 1999; 19: 3125-3132.

Nakamura Y, Yamafuji K. Antitumor activities of oxidized products


of ascorbic acid. Sci. Bull. Fac. Kyushu Univ. 1968; 23: 119-125.

Yamafuji K, Nakamura Y, Omura H, Soeda T, Gyotoku K. Antitumor


potency of ascorbic, dehydroascorbic or 2,3- diketogulonic acid
and their action on deoxyribonucleic acid. Z. Krebsforsh. Klin.
Onkol./Cancer Res. d in . Oncol. 1971; 76: 1-7.

Omura H, Tornita Y, Yasuhiko N. Antitumor potentiality of some


ascorbate derivatives. J. Fac. Agr. Kyushu Univ. 1974; 18:181-189.

Fatto interessantissimo è che, come accennato prima, un’alta concentra­


zione di acqua ossigenata provoca la distruzione di cellule tumorali, mentre
una concentrazione bassissima addirittura stimola la divisione cellulare.

Davies KJA. The broad spectrum of responses to oxidants in


proliferating cells: a new paradigm for oxidative stress. Life
Sci. 1999; 48: 41-47.
128

Venne dimostrato pure che la quantità di acqua ossigenata prodotta diret­


tamente nelle cellule dipende direttamente dalla concentrazione di vitamina
C nel sangue.

Avakawa N, Nemoto S, Suzuki E, Otsuka M. Role of hydrogen


peroxide in thè inhibitory effect of ascorbate on celi growth. J.
Nutr. Sci. Vitaminol. 1994; 40: 219-227.

Dasgupta A, Zdunek T. In vitro lipid peroxidation of human serum


catalyzed by cupric ion: antioxidant ratherthan pro-oxidant role
of ascorbate. Life Sci. 1992; 50: 875-882.

Sakagami H, Satoh K, Sugaya K, et al. Effect of thè type of serum


in thè medium on sodium ascorbate-induced toxicity. Anticancer
Res. 1996; 16: 1937-1942.

Sakagami H, Satoh K, Taguchi S, Takeda M. Inhibition of cytotoxic


activity of ascorbate by human cancer patient sera. Anticancer
Res. 1997; 17: 425-428.

In letteratura è descritto anche un altro meccanismo di distruzione delle


cellule tumorali ad opera della vitamina C.

Nelle tappe finali del suo metabolismo, come già detto, la vitamina C viene
trasformata in acqua ossigenata, che agisce sulle cellule tumorali. Spesso
si dice che la vitamina C è una sicura “trasportatrice” di acqua ossigenata.
L’acqua ossigenata, a contatto con ioni di ferro, entra nella cosiddetta rea­
zione di Fenton, fonte di una grande quantità di radicali liberi (anche se, per
gli addetti ai lavori, la reazione di Fenton esiste solo in vitro). Sappiamo che
i radicali liberi distruggono le cellule, in particolare le membrane cellulari.
Sappiamo anche che nelle cellule tumorali si accumulano ioni di ferro in
grande quantità. E dunque aH’interno della cellula tumorale, per la reazione
Vitamina C: il volto sconosciuto 129

tra acqua ossigenata e ioni di ferro, si arriva ad uno stress ossidativo cosi
alto che la cellula muore, distrutta “daH’interno”.

Questo ci conduce ad un altro argomento interessante. Capita che ioni di


ferro o di rame possano essere presenti nell'organismo in forma libera,
non legati a nessuna molecola. In tal caso la somministrazione di piccole
quantità di vitamina C può far male. Il paziente può avvertire un malessere.
Qual è la soluzione? Occorre aumentarne la dose. Per fortuna succede
raramente. Il fatto ,è, che, in alcune condizioni, somministrando una dose
troppo bassa di vitamina C, può verificarsi stress ossidativo, dovuto al ferro
o al rame coinvolti nella reazione di Fenton, descritta sopra.

Sembra che questo fenomeno si verifichi quando neH’organismo ci sono


ioni liberi di ferro o rame e la dose di vitamina C si aggira sui 500-2000 mg.
L’aumento della dose immediatamente neutralizza i radicali liberi e tutto il
processo automaticamente viene fermato.

Come si vede, consigliando “per prudenza” dosi basse di vitamina C (100


o 500mg), si può provocare un problema. Può darsi che, con dosi più alte,
per esempio 500 o 2000mg, il paziente avverta una differenza, mentre
con dosi dell’ordine di 100 o 200mg, no. Ma ciò non significa che nel suo
organismo non succeda qualcosa di male. In altre parole: in genere si crede
che se una dose bassa fa male, una più alta farà peggio. In questo caso
è il contrario. Aumentando la dose, il paziente avrà un miglioramento.

Dunque, consigliando una dose di vitamina C inferiore ai 500 mg,


dobbiamo considerare una maggiore possibilità di reazioni negative
rispetto a dosi notevolmente più alte.

Semplicemente: in dose minore, la vitamina C provoca stress ossidativo


e si comporta come ossidante, radicale libero. Invece, aumentandone la
dose, la sua proprietà antiossidante prevale.
130

In effetti... questo tipo di reazione (cioè lo stress ossidativo) non è stato mai os­
servato in seguito a somministrazione di dosi alte, o massicce, di vitamina C.

Come scrivono il dott. Steve Hickey e il dott. Hilary Roberts nel loro libro:
“AscorbatejfThe Science of Vitamin e": “(...) L’utilizzo di alte dosi di vitamina
C è molto meno rischioso che non il suo utilizzo in dosi insufficienti (...)".

Vitamina C e chemioterapia

È un argomento che suscita molte controversie, causate da scarsa cono­


scenza. Molto spesso i pazienti sotto chemioterapia, non appena osano
esprimere la volontà di integrare la loro terapia con la vitamina C, vengono
spediti in “un angolino”. Perché? Per quale motivo? Non lo sa nessuno.

Quando si verifica la necessità di applicare un qualsiasi metodo terapeutico,


i medici si rifanno sempre a studi scientifici o a studi clinici dettagliatamente
descritti. Dato che gli studi clinici non sempre sono indicativi, tanti medici si
rivolgono alla cosiddetta Evidence Based Medicine, cioè alla medicina basata
su fatti emergenti, anche se neppure questo è un atteggiamento ideale.

Purtroppo nessun medico con cui ho parlato finora è stato in grado di indi­
carmi studi scientifici o descrizioni cliniche suH’utilizzo della vitamina C in
concomitanza con la chemioterapia, che dimostrassero la negatività di
tale abbinamento. Su cosa basano dunque la loro “conoscenza”? Questa
“conoscenza” non è fondata sui fatti ma esclusivamente su approssimazio­
ni, supposizioni. Il medico che non possiede questa conoscenza spesso
è costretto ad agire secondo la regola: “per sicurezza, NO". Chi ci perde?

Nella maggior parte dei casi l’equivoco è provocato dal fatto che la che­
mioterapia consiste nell’introduzione neH’organismo di massicce quantità
di sostanze ossidanti, fortemente tossiche. In altre parole, l’organismo
del malato viene inondato da una grande quantità di radicali liberi, nella
Vitamina C: il volto sconosciuto 131

speranza che la sostanza fortemente tossica distrugga le cellule tumorali


prima di quelle sane.

E che c’entra la vitamina C? Appunto, la vitamina C è uno dei più potenti


ANTIossidanti, una sostanza molto attiva che distrugge i radicali liberi. E qui
nasce un conflitto: perché la chemioterapia sia abbastanza tossica, deve
generare una grande quantità di OSSIDANTI, radicali liberi. Non sembra
logico quindi, l’utilizzo di vitamina C, che combatte i radicali liberi come
ANTIossidante.

Qui la parola chiave è “sembra”.

I medici non applicheranno mai una terapia che “sembra” buona. Eppure
in questo caso il rifiuto della terapia con vitamina C si basa esclusivamente
su ciò che “SEMBRA” al medico. Che la rifiuta!

Non esistono studi o osservazioni che affermino inequivocabilmente l'esito


negativo della chemioterapia contemporaneamente alla somministrazione
della vitamina C. E che tipo di studi o osservazioni esistono?

Kedar N. Prasad, con il suo team, ha analizzato 71 pubblicazioni mediche


sull'utilizzo della vitamina C parallelamente alla chemioterapia. Non han­
no trovato niente che provasse che gli antiossidanti (vitamina C) alterano
l’effetto terapeutico della chemioterapia. Al contrario.

Suggeriscono che l’utilizzo di vitamina C aumenta l’efficacia della chemio­


terapia!

Prasad KN, Kumar A, Kochupillai V, Cole WC. High doses of multiple


antioxidant vitamins: Essential ingredients in improving thè
efficacy of standard cancer therapy. Journal American College
o f Nutrition 1999, 18: 13-25.
132

Nella sua successiva pubblicazione K.N.Prasad conclude che:

- Gli antiossidanti frenano la crescita delle cellule tumorali e inoltre,


anche in sinergia con altri antiossidanti, rafforzano l’effetto terapeutico
della chemio o radioterapia.

- Gli antiossidanti proteggono le cellule sane dall’azione tossica della


chemioterapia.

- I timori degli oncologi, che gli antiossidanti rendano più difficile la


chemio o radioterapia, sono infondati.

Prasad KN, Cole WC, Prasad JE. Multiple antioxidant vitamins


as an adjunct to standard and experimental cancer therapies.
Z. Onkol/J. Oncol. 1999; 31: 1201-1078.

Queste non sono supposizioni o qualcosa che “sembra”. Sono fatti. Alle
stesse conclusioni arrivò Charles B. Simone con il suo team:

Simone CB, Simone NL, Simone CB. Nutrients and cancer tre­
atment. International Journal o f Integrative Medicine 1999; 1:
20-24.

Agli interessati raccomando anche una relazione clinica:

Riordan HD, Riordan NH, Jackson JA, Casciari JJ, Gonzàlez MJ,
Mora EM, Miranda-Massari JR, Rosario N, Rivera A. Intravenous
vitamin C as a chemotherapy agent: A report on clinical cases.
Puerto Rico Health Sciences Journal 2004; 23(2).

dove vengono descritti gli effetti terapeutici della terapia antitumorale sup­
portata dall’utilizzo di vitamina C. Vengono descritti 7 casi di pazienti trattati
Vitamina C: il volto sconosciuto 133

con vitamina C per infusione endovenosa, oppure con la vitamina C usata


contemporaneamente alla chemioterapia.

I casi descritti sono:

a) Tumore al rene
- Caso 1: metastasi al fegato e polmoni. Dopo 15 mesi di terapia il
referto oncologico recitava: “il paziente si sente bene, senza tracce
del tumore esistente”. Il paziente fu libero dal tumore per i successive
14 anni. Mojrì all'età di 84 anni per una cardiopatia.

- Caso 2: otto metastasi ai polmoni (1-3 cm). La paziente rifiutò chemio


e radioterapia. Dopo 3 anni di terapia con vitamina C ed altre sostanze
nutrienti, le cellule tumorali regredirono totalmente.

b) Tumore dell’Intestino crasso (stadio IV)

II tumore è diffuso nel tessuto adiposo circostante. Due grandi metastasi


epatiche confermate dall’esame citologico. Parziale resezione del fegato, che­
mioterapia. Prescrizione di cure palliative data la pessima prognosi. L’oncologo
sconsiglia la terapia con la vitamina C dicendo: "Non conosco studi che pro­
vino l'efficacia della vitamina C nel rallentare la malattia tumorale”. L'oncologo
“non conosceva questi studi”, il che non significava che non ci fossero. Solo
perché “lui non li conosceva” rifiutò la terapia!! Peccato che fu così ignorante.

Dopo 20 mesi di terapia vitaminica non furono più trovate cellule tumorali.
Sarebbe valsa la pena di studiare un po’ di più?

c) Tumore del pancreas

Metastasi diffuse a tutti gli organi. Nonostante una chemioterapia intensiva,


il CA-19-9 ha continuato a crescere fino a 74 000 U/ml (limite <33).
134

Dopo 6 mesi di terapia con vitamina C si arrestò lo sviluppo della malattia.


Il paziente morì superando comunque, abbondantemente, le aspettative
di vita.

d) Linfoma Non-Hodgkin’s

- Caso 1; diffuse degenerazioni tumorali intorno alla colonna vertebrale


(L4-L5). La paziente rifiuta la chemioterapia. Dopo 12 mesi di terapia
con la vitamina C, degenerazioni tumorali non sono state più rilevate.

- Caso 2: Ampie degenerazioni tumorali su ambedue i lati del corpo.


Applicata la chemioterapia, remissione iniziale. Alla ricomparsa
della malattia, un’ulteriore chemioterapia viene interrotta a causa
dell'insorgere di leucopenia e Herpes Zoster (virus). Dopo 3 mesi di
terapia con vitamina C, la TAC conferma l’assenza di masse tumorali.
La TAC successiva (dopo 7 mesi) conferma la guarigione. Il pazien­
te era dipendente dai sonniferi. Dopo 3 mesi di terapia si libera da
questa dipendenza.

e) Tumore al seno (stadio terminale)

Metastasi in quasi tutte le ossa. Dolore insopportabile anche con l’uso di


oppiacei. Dopo una settimana di terapia con vitamina C la paziente comincia
a passeggiare nei corridoi dell’ospedale. Tre mesi dopo l’inizio della terapia
la TAC rivela l’assenza di alcune masse tumorali nelle ossa del cranio. Dopo
6 mesi dall’inizio della terapia la paziente cade facendo la spesa al centro
commerciale. Muore per le lesioni subite.

Come sempre gli autori della relazione raccomandano di approfondire


gli studi. Tutti i casi citati erano in uno stadio molto avanzato di malat­
tia. L'utilizzo della vitamina C aiutò a controllare il dolore e migliorare il
benessere dei pazienti. Qui bisogna sottolineare che la dose di vitami­
Vitamina C: il volto sconosciuto 135

na C arrivò fino a 100g somministrati nel lasso di tempo di due ore. La


terapia, il più delle volte, durò diverse settimane, utilizzando, per esem­
pio, 65g due volte alla settimana. Gli autori sottolineano che la vitamina
C non solo non alterò la chemioterapia, ma influenzò positivamente il suo
decorso.

A dir la verità D. Labriola e R.Livingstone hanno indicato la possibilità di


interferenza degli antiossidanti con la chemioterapia ma la loro ipotesi,
basata su un unico caso, non è stata provata:
< *

Labriola D, Livingston R. Possible interactions between dietary


antioxidants and chemotherapy. Oncology 1999; 13:1003-1008;
and Editorialto TownsendLetterforDoctorsandPatients, 1999 Nov.

Tra l’altro P.Reilly e M.A. Gignac in modo efficace respingono questa ipotesi
con argomenti publicati in:

Reilly R Labriola’s editorial on antioxidants and chemotherapy.


Townsend Letter for Doctors and Patients 2000, Feb-M ar 2000,
90-91.

Gignac MA. Antioxidants and chemotherapy: What you need to


know before following Dr. Labriola’s advice. Townsend Letterfor
Doctors and Patients 2000 Feb-Mar, 88-89.

Inoltre gli scienziati confermano nei loro studi che l'aggiunta di vitamina
K3 (menadione) provoca un effetto sinergico con dosi alte di vitamina C,
potenziandone la forza distruttiva nei confronti delle cellule tumorali:

Venugopal M, Jamison JM, Gilloteaux J, et al. Synergistic antitumor


activity of vitamine C and K 3 on human urologie tumor celi
lines. Life Sci. 1996; 59:1389-1400.
136

Noto V, Taper HS, Jiang YH, Janssens J, Borite J, De Loeker W.


Effects of sodium ascorbate (vitamin C) and 2-methyl-1,4
naphthoquinone (vitamin K3) treatment of human tumor celi
growth in vitro. Cancer 1989; 63:901-906.

Gilloteaux J, Jamison JM, Arnold D, et al. Cancer celi necrosis


by autoschizis: synergism of antitumor activity of vitamin C:
vitamin K3 on human bladder carcinoma T-24 cells. Scanning
1998; 20:564-575.

Gilloteaux J, Jamison JM, Ervin E, Arnold D, Summers JL. Scanning


electron microscopy and transmission electron microscopy
aspects of thè synergistic antitumor activity of vitamin C/vitamin
K 3 combinations against human T-24 bladder carcinoma: another
kind of celi death. Scanning 1998; 20:208-209.

Gilloteaux J, Jamison JM, Arnold D, Taper HS, Summers JL.


Ultrastructural aspects of autoschizis: a new cancer celi death
induced by thè synergistic action of ascorbate/menadione on human
bladder carcinoma cells. Ultrastructural Pathol. 2001; 25:183-192.

In questi studi venne scoperto un meccanismo completamente diverso


di morte cellulare, chiamato “autoschizis”, diverso da apoptosi, necrosi
o oncosi.

Non avendo come obiettivo la scrittura di un manuale, consiglio a chi inte­


ressa di leggere l'articolo:

Gonzàlez MJ, Miranda-Massari JR, Mora EM, Guzmàn A, Riordan


NH, Riordan HD, Casciari JJ, Jackson JA, Romàn-Franco A.
Orthornolecular oncology review: Ascorbic acid and cancer
25 years later.
Vitamina C: il volto sconosciuto 137

dove troverà una lista di 173 pubblicazioni sugli argomenti accennati in


questo capitolo.

Comunque, considerando l’importanza dell’argomento, vale la pena di citare


alcune informazioni contenute in questa pubblicazione:

Si osservò che la dose apparentemente alta di 30g di vitamina C endovena,


somministrata a paziente affetto da tumore, non fu sufficiente per alzarne
il livello fino a quello necessario per distruggere le cellule tumorali, cioè
200-400 mg/dl. La somministrazione di 60g in 60 minuti, e subito dopo
9 *

altri 20g nei successivi 60 minuti, hanno permesso di mantenere, per 240
minuti, il livello di vitamina C sopra 400mg/dl, che è una concentrazione
distruttiva per le cellule tumorali:

Riordan NH, Riordan HD, Casciari JJ. Clinical and experimental


experiences with intravenous vitamin C. J. Orthomolec. Med.
2000; 15(4): 201-213.

È tutto? Ovviamente no. J.J. Casciari, con il suo team, ha messo in luce un
fatto importante: usato comunemente nella terapia delle malattie epatiche,
l’acido lipoico decisamente aumenta l'efficacia della vitamina C contro le cel­
lule tumorali. Se per distruggere il 50% delle cellule tumorali è necessaria la
concentrazione di 700 mg/dl, con l'aggiunta di acido lipoico lo stesso effetto si
raggiunge con la concentrazione di soli 120 mg/dl. Una differenza essenziale!

Casciari JJ, Riordan NH, Schmidt TL, Meng XL, Jackson JA,
Riordan HD. Cytotoxicity of ascorbate, lipoic acid and other
antioxidants in hollowfiber in vitro tumours. BrJ. Cancer 2001; 84:
1544-1550.

E nel caso della radioterapia? L’effetto della vitamina C è ugualmente positivo


e, in tanti casi, addirittura miracoloso. È stato dimostrato oltre ogni dubbio
138

che gli effetti collaterali della radioterapia possono essere notevolmente


alleviati, o del tutto eliminati, prescrivendo infusioni di vitamina C prima
e subito dopo. Pazienti sottoposti a radioterapia, e anche i loro medici
curanti, possono apprezzare ciò. La letteratura al riguardo è ricchissima
e conferma che non utilizzando vitamina C si espone il paziente a inutili
sofferenze e altre complicazioni provocate dalle radiazioni ionizzanti.

Quando uno tsunami distrusse la centrale atomica a Fukushima, ad un


gruppo di lavoratori impegnati a rimuovere gli effetti della catastrofe ven­
nero somministrati 25g di vitamina C endovena prima dell’inizio dei lavori.
Ad altri non venne somministrata. Dopo un’accurata analisi del loro stato
di salute, emerse che i lavoratori non trattati presentarono lesioni del DNA
e incremento dei parametri indicanti lo sviluppo di malattia tumorale. Il che,
ovviamente, era prevedibile. I lavoratori trattati con vitamina C non pre­
sentarono ALCUNA ALTERAZIONE del DNA. I parametri biochimici
legati allo sviluppo del tumore erano INALTERATI!

Alla fine dei lavori fu somministrata anche al gruppo non trattato e.... la loro
salute (DNA) tornò nella norma.

Si potrebbe gridare “Eureka”! I medici che condussero questo studio lo gri­


darono al governo giapponese ma... come previsto, le loro grida non ebbero
risposta. Non fu una scoperta particolare, perché i lettori conoscono già
gli effetti incredibili della vitamina C. Comunque i medici giapponesi dimo­
strarono ancora che l’azione della vitamina C nella sindrome da radiazione
è MIRACOLOSA!

Agli interessati raccomando:

http://tinyurl.com/vitaminacfukushimareport

e un film (con traduzione in polacco):


Vitamina C: il volto sconosciuto 139

http://tinyurl.com/fukushimawitaminac

È ovvio, dunque, che in OGNI caso di radioterapia sarebbe d’obbligo trat­


tare il paziente con vitamina C prima e dopo le radiazioni. Probabilmente
si risparmierebbero indescrivibili sofferenze ai pazienti. Ma... in questi casi
non viene usataf Óredo che questo sia semplicemente disumano.

Cito quindi che cosa e in quali dosi venne somministrato agli operai giapponesi:

- Infusioni endovena:

1) Acqua sterile 250ml


2) 12,5% MgSO 4 5ml
3) 50% Vit. C 50ml (25g)
4) Vit. B1 120mg
5) Vit. B2 2mg
6) Vit. B3 40mg
7) Vit. B5 254mg
8) Vit. B6 120mg
9) Vit. B12 1mg

Per bocca (due volte al giorno):

1) Vit. C liposomiale: ig
2) Acido alfa lipoico: 300mg
3) Selenio: 200mcg
4) Vitamina E: 200mg
5) Multi vitamina
140

Vi prego di notare che sono solo semplici nutrienti: nient’altro.

Non varrebbe la pena di incorniciare questa “ricetta” e appenderla sulla


parete di ogni istituto o reparto di radiologia? Non è un farmaco che richiede
anni di test. È soltanto ciò che l’organismo del paziente irradiato richie­
de urgentemente. Va somministrato IMMEDIATAMENTE. Ogni paziente
"radiologico" dovrebbe esigere questo trattamento. Il medico si rifiuterà?
Sicuramente sì, ma... in base a che? Sono sostanze innocue, si trovano in
ogni ospedale, costano poco e, cosa più importante, senza effetti collaterali.
Che scusa si troverà questa volta?

Leggerò un giorno, forse, la relazione di un radiologo dopo l’utilizzo di que­


sta procedura? Dubito...: una paziente mi scrisse una mail dicendomi, tra
l’altro: “Stranamente sono venuta a conoscenza del suo libro grazie a un
radiologo. Me lo ha mostrato e me lo ha consigliato, raccomandandomi,
però, di non dire niente a nessuno e di non fare il suo nome”.

Così è la vita...

Avversari

Tutti dunque concordano che la somministrazione di vitamina C nelle dosi


citate è efficace?

Esistono studi che dimostrano il contrario? Ovviamente sì, ma il risultato


dipende anche dagli autori di quelli studi. Tanti - contrari all'utilizzo della
vitamina C - citano un'indiscussa autorità come la clinica Mayo, negli USA.

Questa clinica condusse degli studi che concludevano che la vitamina C non
dava risultati positivi. Quando il dott. Pauling ne chiese la documentazione,
la clinica la rifiutò. In seguito venne fuori che questi studi erano stati condotti
in modo errato. Fu un semplice errore o piuttosto “risultati a richiesta”?
Vitamina C: il volto sconosciuto 141

Il mondo adora le autorità. Peccato che non tutti guardano con occhio critico
ciò che le autorità dicono o fanno. Come si vede, anche autorità come la
clinica Mayo commettono errori. Quel che è peggio, è difficile affermare
che alcuni errori vengono commessi inconsapevolmente.

Studi pubblicati da Agus e colleghi probabilmente crearono maggiore con­


fusione. Lui spiegò come la vitamina C arriva alle cellule, come viene qui
trasformata e concentrata. Nella pubblicazione gli autori semplicemente
IPOTIZZARONO che una maggiore concentrazione potesse creare alle
cellule tumorali condizioni favorevoli al loro sviluppo.

Agus DB, Vera JC, Golde DW. Stremai celi oxidation: a mechanism
by which tum ors obtain vitamin C. Cancer Ras. 1999; 59:
4555-4558.

Il suggerimento fu subito accettato incondizionatamente da molti medici. Non


si fecero domande, non approfondirono niente. Eppure le cellule tumorali
utilizzano glucosio come fonte principale di energia. Dato che la vitamina
C strutturalmente è molto simile al glucosio, richiesto in grandi quantità
dalla cellula tumorale (5-7 volte più della cellula sana, e alcuni scienziati
dicono addirittura 15 volte) e che per trasportare ambedue vengono usati gli
stessi mezzi (GLUT), è ovvio che la cellula tumorale è in grado di assorbire
maggiori quantità di vitamina C rispetto a quella sana.

La vitamina C agisce come antiossidante, ma - in alte concentrazioni - ha


pure proprietà citotossiche (nelle cellule tumorali) perché, come ossidante
e prò ossidante, porta alla formazione di acqua ossigenata intracellulare
(e questo l’ho già spiegato).

Su questo argomento sono stati condotti numerosi studi, tutti concordi


nell’affermare che la tossicità selettiva della vitamina C, nei confronti delle
cellule tumorali, è legata a questa sua proprietà:
142

Gonzàlez MJ, Mora E, Riordan NH, Riordan HD, Mojica R Rethinking


vitamin C and cancer: an update on nutritional oncology. Cancer
Prev. Int. 1998; 3:215-224.

Tsao CS, Dunhan WB, Leung PY. In vivo antineoplastic activity of


ascorbic acid for human mammary tumor. In Vivo 1988;2:147-150.

Tsao CS, Dunhan WB, Leung PY. Effect of ascorbic acid and its
derivatives on thè growth of human mammary tumor xenografts
in mice. Cancer J. 1989; 5:53-59.

Poydock ME. Effect of combined ascorbic acid and B12 on


survival of mice implanted with Ehrlich carcinoma and L1210
leukemia. Am. J. d in . Nutr. 1982; 54:1261s-1265s.

Edgar JA. Dehydroascorbic acid and celi division. Nature. 1970;


227:24-26.

Bram S, Froussard P, Guichard M, et al. Vitamin C preferential


toxicity for malignant melanoma cells Nature. 1980; 284:629-631.

Riordan NH, Riordan HD, Meng XL, Li Y, Jackson JA. Intravenous


ascorbate as a tumor cytotoxic chemotherapeutic agent. Med.
Hypotheses 1995; 44(3): 207-213.

Sakagami H, Satoh K. Pro-oxidant action of two antioxidants:


ascorbic acid and gallic acid. Anticancer Res. 1997; 17:221-224.

Da altri studi condotti su cellule del mieloma nel ratto, in vitro, è emerso
che una bassa concentrazione di vitamina C è necessaria per la crescita
di queste cellule.
Vitamina C: il volto sconosciuto 143

Park CH. Vitamin C and leukemia and preleukemia celi growth.


Prog. d in . Biol. Res. 1988; 259:321-330.

Dall’approfondimento di questi studi è risultato, comunque, che alte con­


centrazioni di vitamina C bloccano la crescita tumorale.

Koh WS, Lee SJ, Lee H, et al. Differential effects and transport
kinetics of ascorbate derivatives in leukemic celi lines. Anticancer
Res. 1998; 18:2487-2493.
,•
Un altro argomento “contro” lo abbiamo in un altro studio, che di nuovo
afferma che la vitamina C in basse dosi (25microM), senza aggiunta di altri
antiossidanti, stimola la crescita di cellule tumorali maligne, ma che - in
altre concentrazioni (circa 200microM) - ne blocca la crescita.

Prasad KN, Kumar R. Effect of individuai and multiple antioxidant


vitamins on growth and morphology of human nontumorigenic and
tumorigenicparotidacinarcellincultures.A/(yfr:Cancer:1996;26:11-19.

Dunque: invece che fornire prove “contro”, questi studi confermarono l’utilità
della somministrazione di alte dosi di vitamina C nelle patologie tumorali.

Il dott. Abram Hoffer, in 15 anni di osservazioni, notò che la combinazione


di vitamina C infusa per endovena, insieme alla somministrazione orale
di vitamina B3 (da 500 a 1.500 mg al giorno), innalzava notevolmente la
sopravvivenza dei pazienti affetti da tumore, in molti casi permettendone
la completa guarigione. Senza effetti collaterali.

Anche la sola vitamina B3 dimostra qualcosa del tutto sconosciuto al


medici. Basta dire che, usata in modo giusto, costituisce l’unico rimedio
naturale capace di abbassare il colesterolo totale senza pericolo, alzare I’
144

HDL (quello”buono”) e abbassare livello dei trigliceridi. Non occorre usare


costosi e pericolosi “farmaci” appartenenti al gruppo delle statine.

Somministrando alte dosi di vitamina B3, veniva curata definitivamente la


“inguaribile" schizofrenia, demenza, morbo di Alzheimer o altre patologie
del genere. Questo è un argomento molto interessante e lo lascio per il
mio prossimo libro.

Sulla vitamina C nella terapia del tumore veramente si possono scrivere


interi volumi.

Penso comunque che un lettore attento abbia trovato informazioni sufficienti


per farsi un'opinione sul suo utilizzo.

Invito calorosamente tutti lettori, e particolarmente i medici, ad approfondire


una ECCELENTE rassegna di informazioni sull’azione della vitamina C nella
malattia tumorale, realizzata da SCIENZIATI POLACCHI:

Jolanta Szymanska-Pasternak, Anna Janicka, Joanna Bober,


Witamina C ja k o orqz w walce z rakiem, Zaktad Chemii Medycznej
Pomorskiego Uniwersytetu Medycznego w Szczecinie

http://czasopisma.viamedica.pl/owpk/article/
view/9154/7781

Riepilogo

La vitamina C è UN NUTRIENTE.
Vitamina C: il volto sconosciuto 145

- LEVOGIRA è la giusta forma di vitamina C.

- Nel caso di malattia (anche un mal di denti) bisogna gradualmente


aumentare la dose di vitamina C fino al verificarsi di una leggera
diarrea e,successivamente, diminuirla al fine di evitare la diarrea.
Ma... non smettere di prenderla. Si può cominciare, per esempio, da
mezzo cucchiaino ogni ora.

- L’organismo in stato di malattia tollera anche dosi molto elevate di


vitamina 0- Significa che da malati riusciremo ad assumerne, senza
problemi, anche 30 o 50 grammi nelle 24 ore. Quando l’organismo
avrà combattuto la malattia, anche solo 4 grammi possono provocare
diarrea.

- Dopo la scomparsa dei sintomi NON SMETTERE di prendere la


vitamina C ancora per due o tre giorni, ma in dosi minori.

- La vitamina C rimuove i metalli pesanti.

- La vitamina C non provoca la formazione di calcoli renali, ma, poi­


ché viene eliminata per via renale, nel caso di alterazioni renali si
raccomanda di consultare il medico.

- Dosi minori e più frequenti vengono meglio assorbite.

- Nel caso di particolare intollerabilità all’acido ascorbico, si può utiliz­


zare il suo sale, l'ascorbato di sodio. Sotto questa forma la vitamina
C è meglio tollerata dall'apparato digerente.

- La vitamina C, sotto forma di ascorbato di sodio, somministrata per


via endovenosa in alte dosi, ha sia un’azione citotossica nei confronti
delle cellule tumorali (cioè le distrugge), sia un'azione antiangioge-
netica (diminuisce la formazione di nuovi vasi sanguini che il tumore
cerca di moltiplicare per poter sopravvivere).

La vitamina C abbinata alla chemioterapia risulta molto vantaggiosa,


non riducendo l'effetto terapeutico della chemioterapia ma solo gli
effetti collaterali.

La vitamina C ha un ruolo chiave nella produzione di collagene


nell’organismo, il che è estremamente importante nella terapia, per
esempio, dell'osteoporosi e in altre patologie in cui il tessuto con­
nettivo è indebolito.

La forma migliore di vitamina C è quella che si trova nella frutta. Si


sa che OGNI sostanza creata artificialmente viene metabolizzata
in modo diverso dalla sostanza naturale. La vitamina C conosciuta
come “acido ascorbico” è una notevole semplificazione.
Vitamina D: fatti e leggende metropolitane

Potrei dire adesso “prego, allacciare le cinture di sicurezza”. Il fatto che la


vitamina D svolga un ruolo importante nella prevenzione del rachitismo,
penso lo sappiano tutti. Per questo motivo non ha senso insistere su quel
che già sappiamo: in questo libro mi occuperò di fornire informazioni su
di essa sicuramente sconosciute alla maggior parte dei pazienti e, come
risulta da miei colloqui, anche ai medici.

Come ho accennato prima, tante informazioni che leggerete in questo libro


sono scientificamente recenti. In alcuni casi risalgono a soli 2 o 5 anni fa
(il libro è stato scritto nella primavera del 2013). Per i tempi medici, “in un
battibaleno”. Per cui la conoscenza sarà più completa fra altri 5 o più anni.
E quando comincerà l’uso “FORMALE” della vitamina D nella prevenzione
di un enorme numero di malattie? Probabilmente bisognerà aspettare altri
5 o 10 anni ancora.

Chiediamoci: vogliamo aspettare tanto? Possiamo permettercelo?

Perché occuparsi dell’importanza della vitamina D per un adulto o per una


donna gravida? È considerato facile correggere problemi del sistema osseo
dopo la nascita, o nell’adulto malato di osteoporosi, con integrazione di vita­
mina D. Dove è il problema? Parlando con medici o dietologi, non sentiamo
dire la stessa cosa? Cosi si è creduto finora. Così si è insegnato ai futuri
medici all’università. È questo dunque lo stato attuale delle conoscenze?
Vediamo il tutto più da vicino.

La vitamina D svolge un ruolo che va ben oltre il sistema osseo, come


hanno dimostrato numerosi scienziati in centinaia di pubblicazioni di lavori
scientifici. Sotto, solo alcune di esse:
148

Hollis BW. Circulating 25-hydroxyvitamin D levels indicative


of vitamin D sufficiency: implications for establishing a new
effective dietary intake recommendation for vitamin D. J. Nutr.
2005; 135: 317-22.

Giovannucci EG, Liu Y, Rimm EB, et al. Perspective study of


predictors of vitamin D status and cancer incidence and mortality
in men. J. Nati. Cancer Inst. 2006; 98: 451-9.

McGrath J. Does “imprinting” with low prenatal vitamin D con-


tribute to thè risk of various adult disorders? Med. Hypotheses
2001; 56: 367-71.

Eyles D, Brown J, MacKay-Sim A, McGrath J, Feron F. Vitamin D3


and brain development. Neuroscience 2003; 118: 641-53.

Liu PT, Stenger S, Li H, et al. Toll-like receptor triggering of


a vitamin D-mediated human antimicrobial response. Science
2006; 311:1770-3.

Se così è, è un inimmaginabile errore deH’arte medica considerarla una


sostanza importante per le ossa soltanto subito dopo la nascita o quando
cominciamo a soffrire di osteoporosi.

Anzi:

Come dimostra una marea di studi condotti negli ultimi anni, i recettori
della vitamina D si trovano in ogni cellula umana.

Questa informazione ha un significato FONDAMENTALE perché OGNI nostra


cellula deve reagire alla vitamina D e.... reagisce, a patto che sia presente
in quantità sufficiente. Se però finora si è pensato che la sua azione si limi­
Vitamina D: fatti e leggende metropolitane 149

tasse principalmente al sistema osseo, viene da chiedersi: quale può essere


il reale fabbisogno giornaliero? E infatti, secondo le raccomandazioni che
i medici sono tenuti a rispettare, la dose giornaliera di circa 400 Ul (Unità
Internazionali) non è in grado di soddisfare le necessità dell’organismo:

Hollis BW. Circulating 25-hydroxyvitamin D levels indicative


of vitamin D sufficiency: implications for establishing a new
effective dietary intake recommendation for vitamin D. J. Nutr.
2005; 135:317-^2.

Heaney RP, Davies RM, Chen TC, et al. Human serum 25-hydroxy-
cholecaliciferol response to extended orai dosing with
cholecalciferol. Am. J. d in . Nutr. 2003; 77:204 -10.

Possiamo ignorare il fatto che, come si evince dagli studi, il rischio di una
malattia terribile come la sclerosi multipla può ridursi notevolmente soltanto
correggendo il livello di vitamina D? Perché non lo sappiamo? Perché non
ne parliamo? Perché non facciamo qualcosa?

Munger KL, Levin LI, Hollis BW, Howard NS, Ascherio A. Serum
25-hydroxyvitamin D levels and risk of multiple sclerosis. JAMA
2006; 296(23):2832-8.

D. Ramagopalan SV, Maugeri NJ, Handunnetthi L, Lincoln MR, Chao


MJ, Sadovnick AD, Ebers GC, Knight JC. Expression of thè multiple
sclerosis-associated MHC class II Allele HLA-DRB1*1501 is
regulated by vitamin. PLoS Genet. 2009; 5(2):e1000369

MS Society of Canada. Genetic study supports vitamin D deficiency


as an environmental factor in MS susceptibility. http://mssociety.
ca/en/research/medmmo 20090205.htm
150

Queste notizie sono assolutamente meravigliose, pubblicazioni fantastiche.


Possiamo ignorarle? Bisogna aggiungere che esistono altri fattori scatenanti
la sclerosi multipla e altri elementi utili per curarla. Secondo me, migliaia
di persone affette da questa malattia soffrono inutilmente. Forse non tutte
potranno guarire del tutto ma, sicuramente, tante sofferenze potrebbero
esser loro alleviate. È vero, è necessario un approccio un po’ diverso, ma...
non meno efficace. Lo approfondiremo fra un attimo.

Quando, per esempio, accenno alla possibilità di somministrazione di ac­


qua ossigenata per via endovenosa, sempre vengo ascoltato con grande
interesse, anche perché parlo di esperienze reali, degli effetti di terapie
applicate a esseri umani, e non di esperimenti su animali di laboratorio.

Dunque l’interesse di solito è grandissimo, fatta eccezione per i medici. Qui


cominciano le solite difficoltà. No..., non perché, come dirà qualcuno:“beh...
perché un medico è un professionista e vuole prove, studi clinici o pubbli­
cazioni, ecc". No. Non si tratta di questo. Non voglio neppure parlare di
chi ricorre a certi gesti per farti capire che sei scemo. Sono casi senza
speranza, ma... parlo della mancanza di interesse, della totale mancanza
di voglia di approfondire l’argomento. Perché succede questo? In parte
perché semplicemente, da esseri umani, i mediici hanno paura. Perché il
sistema, all'interno del quale sono costretti a lavorare, non li lascia liberi di
scegliere la terapia. Il sistema legale veramente non ammette possibilità
di collaborazione tra paziente e medico. Quando qualcosa non va, si dà
sempre la colpa al medico, nonostante il paziente gli chieda di applicare
una certa terapia. Eppure è il malato stesso che dovrebbe prendere la
decisione definitiva: lottiamo per la sua salute e non per le ambizioni del
medico. Potrei scrivere un altro libro citando casi concreti.

Torniamo alla vitamina D. Dagli ultimi studi emerge che raccomandare


giornalmente la dose di 400UI non ha proprio nessun significato per la
salute umana.
Vitamina D: fatti e leggende metropolitane 151

Vitamina D: prevenzione di malattie croniche e tumori

Non è da escludere l’ipotesi che la carenza cronica di vitamina D esponga la


nostra società al rischio di insorgenza e sviluppo di estenuanti, lunghissime
malattie croniche, come tumori o malattie autoimmuni:

Hollis BW. Determining thè Nutritional Vitamin D Requirement thru


Evidence-Based Medicine. Medicai University of South Carolina,
Charleston, ÓC, USA.

Uno dei più conosciuti epidemiologi americani, esperto di vitamina D, il dott.


Cedric Garland, ormai deceduto, in base a studi pluriennali affermò che il
livello ottimale di vitamina D nel sangue dovrebbe essere - come minimo
- 60 ng/ml. Alle dosi consigliate e alla misurazione del livello di vitamina
D tornerò sopra in seguito.

In questo momento vorrei concentrarmi sulla PREVENZIONE di tante


malattie. Il dott. Garland riassunse così i suoi studi:

“Se il livello di vitamina D fosse giusto, cioè abbastanza alto, allora l’inci­
denza di tante malattie si ridurrebbe bruscamente. E così l’incidenza di
tumori (al rene, seno, intestino crasso e ovaie) o della sclerosi multipla si
ridurrebbe del 50-80% .”

Quanto sopra dovrebbe costituire LA BASE della prevenzione dei tumori.

Mi sembra che sia importante, per pazienti e medici, il fatto che la vitamina
D, in alte concentrazioni ematiche, veramente possa fare miracoli. Tra l'altro,
l’alta concentrazione dà inizio a un processo di formazione di gruppi albu-
minici con forti proprietà antibatteriche e antivirali. In altre parole significa
che il nostro organismo è in grado di produrre un antibiotico endogeno!
152

Anzi, un'opportuna quantità di vitamina D riesce ad attivare il sistema immu­


nitario così efficacemente da metterlo in grado di far fronte ad un patogeno
terribile come il Mycobacterium tuberculosis (in parole più semplici, quello
che provoca la tubercolosi). La tubercolosi comunemente viene collegata
ai polmoni ma, in realtà, può colpire anche altri organi, comprese le ossa
e la colonna vertebrale. Basta indagare in un reparto di malattie infettive
per capire quanto sia “facile" debellare questa malattia. O forse è meglio
non chiedere, perché per ascoltare certe risposte occorre avere nervi saldi.
Semplifico, ma non è una malattia facile da combattere.

Risulta che la vitamina D ci aiuta anche in questo caso, ma... ad una con­
dizione: il livello ematico di vitamina D deve raggiungere almeno i 32 ng/
mi. E non è poi così alto.

Il dott. Bruce Hollis, con un’esperienza di oltre 35 anni sulla vitamina D e più
di 200 pubblicazioni scientifiche, afferma:

“In base agli studi svolti, un livello ematico di vitamina D inferiore


a 32 ng/ml deve essere considerato una sua carenza”.

E Garland, come ho accennato prima, consigliava un livello minimo di 60 ng/ml.

Gli autori di una delle pubblicazioni concludono così: “Chi avrebbe mai
detto che una sostanza nutritiva così semplice avesse un significato così
globale per la salute umana?”

Hollis BW, Wagner CL. Vitamin D deficiency during pregnancy:


An ongoing epidemie. Am. J. d in . Nutr. 2006; 84(2): 273-273.

Si possono prevenire, dunque, le epidemie stagionali di influenze o raffred­


dori? La risposta viene da sé. Perché l'influenza compare stagionalmente?
Vitamina D: fatti e leggende metropolitane 153

Il cambio di stagione attiva un virus influenzale che non ha niente a che


fare con il calendario? Molto tempo fa fu provato che proprio tra l’autunno
e l'inverno cala la resistenza del sistema immunitario. Perché cala? Perché
gli piace così? O forse invece gli manca qualcosa?

Nonostante opinioni contrastanti, è stato dimostrato che la resistenza


immunitaria è legata alla luce solare, che agisce direttamente sulla pelle,
e che la sua carenza porta al calo di vitamina D nell'organismo. È un caso,
dunque, che gli scienziati abbiano dimostrato una concomitanza tra il calo
di vitamina D e l’incremento di infezioni influenzali e di altre patologie delle
/ ?
vie respiratorie?! Un puro caso...?

Di conseguenza: può essere abbassato il rischio di infezione influenzale


somministrando vitamina D?

Sì, può:

Urashima M, Segawa T, Okazaki M, Kurihara M, Wada Y, Ida H.


Randomized trial of vitamin D supplementation to prevent
seasonal influenza A in schoolchildren. Am J. d in . Nutr. 2010;
91(5):1255-60. doi:10.3945/ajcn.2009.29094.

Se avessimo un livello di vitamina D abbastanza alto nel periodo autunno-


inverno, forse saremmo meno esposti a queste infezioni. Tutto fa pensare che
sarebbe proprio così. Allora, forse sarebbero inutili i vaccini antinfluenzali?
Sì, ma... qui entriamo nel conflitto di interessi tra il paziente e chi produce
e distribuisce questi vaccini.

Può essere abbassato, in modo significativo, il rischio di diabete infantile


di tipo 1 (il peggiore) somministrando vitamina D fin “dalla prima infanzia”?
Sì, è possibile, addirittura dell’88%!
154

Hyppónen E, Laàrà E, Reunanen A, Jàrvelin M-R, Virtanen SM.


Intake of vitamin D and risk of type-1 diabetes: a birth-cohort
study. Lancet 2001; 358(9292), 1500-1503.

Quanta vitamina D è stata somministrata ai neonati durante questi studi?


2.000 IU al giorno! Ai neonati?! Vedo già pediatri scuotere la testa, increduli
perché... la dose ufficiale raccomandata agli adulti non è neppure la metà!
È successo qualcosa di male a questi neonati? Ovviamente no, si sono
mantenuti soltanto più sani di altri che non avevano preso questa vitamina.

Aggiungo anche: quando, secondo indicazioni governative (I), venne dimi­


nuita la dose di vitamina D prevista per i neonati, l’incidenza del diabete
infantile di tipo 1, all'età di circa 10 anni, arrivò alle stelle.

Non dovremmo subito cominciare a contestare qualcosa? Quanta vitamina


D viene somministrata ai neonati in Polonia? Una quantità molto inferiore,
ma... la si somministra ancora. Ma per quanto tempo? Dopo circa un anno vien
detto alle madri che non serve più perché il pericolo di rachitismo è passato!
Come, passato? È passato perché il bambino nel frattempo ha cominciato
a mangiare da solo. Come? Finora il bambino veniva nutrito al seno, aveva
dunque tutto il necessario nel latte della madre. Aveva. Tranne la giusta quan­
tità di vitamina D. Strano? Sicuramente sì.... Ci torneremo sopra più tardi.

Le carenze di vitamina D sono legate a un insufficiente sviluppo del bacino


femminile fin dalla prima infanzia. Ciò impedisce poi alle donne adulte un
parto naturale, a causa del bacino troppo stretto.

Volenti o nolenti, alla fine della gravidanza verranno sottoposte al cosid­


detto taglio cesareo. Sempre più spesso i medici contestano la necessità
di questo intervento, se eseguito “per scelta” delle pazienti. Ma, purtroppo,
a volte non c’è alternativa.
Vitamina D: fatti e leggende metropolitane 155

La vitamina D è importante anche per il corretto funzionamento dei muscoli.


È stato dimostrato che la sua carenza può indebolire i muscoli del bacino
fino al punto di impedire il parto naturale. Il dott. Holick ha eseguito studi
su 400 donne incinte. Risultato: il giusto livello di vitamina D ha diminuito
di quattro volte il rischio di intervento chirurgico!

Merewood A, Mehta SD, Chen TC, Bauchner H, Holick MF.


Association between vitamin D deficiency and primary cesarean
section. J. din. Endocrino!. Metab. 2009; 94(3):940-5. doi:10.1210/jc.
2008-1217.

A tutti noi sta a cuore la salute dei nostri figli. In realtà, inconsapevolmen­
te, procuriamo loro veri disastri permettendo loro troppo zucchero, succhi
di frutta, bibite, ecc. Di questo parleremo ancora, ma.... non dovremmo
preoccuparcene ancor PRIMA della loro nascita? O forse prima della
gravidanza? Anche questo affronteremo nei prossimi capitoli. Perché quel
che facciamo per i nostri bambini, o quel che non facciamo ma dovremmo,
nella maggior parte dei casi attira la vendetta dei cieli (detto polacco). Vorrei
esporre ancora alcuni dati legati alla vitamina D somministrata alle donne
in gravidanza e poi durante l'allattamento.

Il dott. Hollis ha condotto una serie di studi molto interessanti. Ha dimostra­


to che, somministrando alle donne incinte 4.000 Ul di vitamina D, cioè 10
volte la dose raccomandata, non si sono verificati effetti negativi di alcun
tipo. Nessun effetto collaterale. Una donna ha preso 100.000 Ul di vitami­
na D al giorno (!) per alcuni mesi durante la gravidanza e ha partorito un
bambino, e poi un secondo bambino nella successiva gravidanza, sempre
senza effetti collaterali, né per la madre, né per il bambino. Nel suo latte
c'erano - attenzione! - 8.000 Ul di vitamina D per litro. Hollis ha dimostrato,
e i suoi studi lo confermano, che dosi così alte di vitamina D non causano
alcun effetto tossico.
156

Torniamo ora a quella “bevanda perfetta” che è il latte materno. Ha tutto,


tranne... - sì! - tranne la vitamina D! Particolarmente interessante è il fatto
che dosi alte, anche di 4000 Ul /giorno, non hanno portato ad un suo incre­
mento significativo nel latte materno. Solo aumentando la dose fino a 6.400
Ul, qualcosa "si è mosso" in modo tangibile. Hollis sottolinea: “se la donna
assumerà circa 6.000 Ul, ma anche 10.000 Ul di vitamina D al giorno, non
sarà necessario prescriverla ai neonati in forma artificiale. La troveranno nel
latte materno, ma solo se la madre ne assumerà una quantità sufficiente”.
Afferma, come regola generale, che circa il 10% della vitamina D assunta
dalla madre passa per via naturale nel suo latte. Cioè, prendendo circa
6.000 Ul/giorno, il bambino riceverà nel latte materno circa 600 Ul/ litro di
latte. PERFETTO! Lo sapeva dalla sua esperienza clinica da più di 25 anni
ma... allora non gli fu consentito di prescrivere alle future mamme, come
suggeriva, 4.000 IU di vitamina D, perché...“le avrebbe ammazzate subito".

Tossicità della vitamina D: miti sfatati

Così è stato fino al momento in cui un altro medico e scienziato, il dott.


Reinhold Vieth, ha pubblicato studi sulla tossicità della vitamina D:

Vieth R, Vitamin D toxicity, policy, and science, Journal o f Bone and


Minerai Research 2007; Voi. 22, Suppl. 2. doi:10.1359/JBMR.07S221

Vieth R. The mechanisms of vitamin D toxicity, Bone and Minerai


1990; 11:267-272.

In questi studi sosteneva che tante erano le inesattezze sulla tossicità della
vitamina D. Soltanto allora venne permesso al dott. Hollis di condurre gli
studi interessantissimi di cui ho parlato sopra.

Agli interessati, lettori e medici, consiglio vivamente la sua lezione:


Vitamina D: fatti e leggende metropolitane 157

www.youtube.com/watch?v=O0elnh4D08g

È possibile raggiungere un livello tossico di vitamina D? Sì..., ma non


succede con le dosi di cui stiamo parlando. Per tre settimane Hollis ha
preso 50.000 lU al giorno senza manifestare sintomi di tossicità. Vieth ha
pubblicato il casó ài un padre e di un figlio che, pensando fosse zucchero,
mettevano nel loro tè interi cucchiaini di vitamina D! Infatti vennero ac­
compagnati dal dott. Vieth con sintomi di intossicazione. Dopo un’analisi di
laboratorio molto accurate dello "zucchero” che avevano consumato, risultò
che la dose giornaliera era stata circa 1.700. 000 ILI di vitamina D (!) (sì,
sì,... un milione e settecento mila IU, non è sbagliato il numero di zeri) per...
7 mesi.

L’ Istituto Americano di Medicina dice ormai apertamente che il limite mas­


simo di sicurezza è di 10.000 IU di vitamina D al giorno!

Questo istituto è un’organizzazione molto conservatrice, prudentissima nelle


sue raccomandazioni, anche per timore di denunce che, come sappiamo,
negli USA raggiungono dimensioni irrazionalmente assurde. Dunque, se
questo istituto parla di 10.000 IU di vitamina D, ne parla, senza il minimo
dubbio, con piena attendibilità e grandi margini di sicurezza. È una prova
che la tossicità di questa vitamina è notevolmente più bassa di quanto si
possa pensare.

Purtroppo la mancanza di queste informazioni, soprattutto tra i medici, porta


alla paura quasi paranoica di prescriverla, e ciò provoca carenze di questa
vitamina e le serie conseguenze sulla salute qui descritte.
158

A tutti, senza eccezioni, raccomando la presentazione di Michael Holick


a Londra, nel 2011. In particolare la raccomando ai medici come “ compito
a casa”, se vogliono svolgere il loro ruolo in modo giusto:

http://drholick.com/2011/06/presentation-in-london-
at-the-vitamin-d-society-7-april-2011/

A chi, per motivi professionali, è interessato alla tossicità della vitamina D,


raccomando una presentazione molto interessante di Vieth:

http://www.youtube.com/watch?v=MIDWA9-cGdY

(Per gli addetti ai lavori..., forse anticipo la risposta a un dubbio che può
sorgere: no... non è stato notato un aumento pericoloso del livello di PTH
e neppure alterazione del livello di calcio. Nella sua presentazione, Vieth
spiega tutto).

Forse ho detto abbastanza sulla presunta tossicità della vitamina D. Ho do­


vuto affrontare questo argomento perché spesso sento che i medici temono
questa vitamina come il diavolo, perché “può essere sovradosata". È vero.
Ma, come si vede, è più facile esagerare con l’acqua, perché - si sa - si
può morire per un suo eccesso, ed anche prima di 7 mesi di sovradosaggio.
Dunque: un paziente forse non si sarebbe ammalato, o forse guarirebbe
prima se ciò non gli venisse impedito per mancanza di conoscenza.

Nell’ambiente scientifico che si occupa dell’influenza della vitamina D sul­


la salute umana, si ritiene comunemente che il livello di vitamina D non
Vitamina D: fatti e leggende metropolitane 159

dovrebbe essere inferiore a circa 35ng/mL e quello raccomandato invece


è intorno a 50-80ng/ml. Mentre più o meno 150ng/ml è il livello che non
dovrebbe essere superato.

Molto importante è la regolare somministrazione di vitamina D, anche in


piccole dosi, come per esempio 2000 ILI, ma tutti i giorni, piuttosto che due
o tre volte all’anno. Si sconsigliano 150.000 IU, o addirittura 350.000 ILI in
un’unica dose, come alcuni prescrivono.

Ogni tanto occorre controllare il livello di vitamina D, cioè del


metabolita descritto come 25(OH). Penso che TUTTI dovrebbero
farlo.

Il problema è che questo esame, pur rientrando nelle prestazioni erogate dal
SSN (il che è quasi un miracolo!), di costo contenuto, non viene prescritto
come PROFILASSI! Non ho incontrato ancora un medico che lo faccia.
Peccato, perché - come abbiamo visto - la prevenzione di tante malattie
farebbe risparmiare molte risorse.

Il costo di questi esami sarebbe ammortizzato immediatamente dalla


minore incidenza di numerose malattie che richiedono terapie molto co­
stose. Le limitazioni imposte dal sistema sanitario nazionale ai medici
fanno sì che questo esame non venga prescritto. Eppure dovrebbe essere
di routine.

Lo Stato risparmierebbe in questo modo centinaia di milioni. Fino allo sfi­


nimento sentiamo dire che la prevenzione costa molto meno della terapia,
ma - come si vede - quando si tratta della vitamina D, facciamo proprio il
contrario. Negli USA il livello di vitamina D è un esame prescritto più fre­
quentemente degli altri. Quando, dietro mio suggerimento, qualche paziente
chiedeva al medico curante che l'esame gli fosse prescritto, sempre gli
veniva risposto: “a che le serve?”.
160

Dunque come si relaziona tutto questo con l'affermazione della Preside della
Facoltà del Servizio Sanitario dell’Accademia Medica di Silesia a Katowice,
e contemporaneamente Direttore della Cattedra di Salute Femminile nell'I­
stituto di Profilassi delle Malattie Femminili e Sessuologia dell’Università
Medica di Silesia, professoressa dottoressa abilitata in scienze mediche,
Violetta Skrzypulec che giustamente afferma: “Non esiste in medicina
niente di più semplice della profilassi e niente di più difficile della
sua comprensione”.

http://www.wellnessday.eu/zdrowie/631-profilaktyczne-badania-
ginekologiczne-dlaczego-warto

Verità sacrosanta! Sono solo curioso: che cosa viene insegnato agli studenti
di medicina sulla vitamina D, sulla sua importanza per la salute umana
e nella PROFILASSI? Si accenna almeno alle conoscenze di cui si parla in
questo capitolo? Altrimenti dove impareranno tutto questo i futuri medici?
E ho solo accennato alla punta dell’iceberg. Altrimenti dovrei scrivere un
immenso volume dedicato esclusivamente alla vitamina D.

Non tanto tempo fa (sto scrivendo nel marzo 2013), alla radio, per una
settimana sola, hanno continuato a ripetere “i medici lanciano l’allarme
sulla carenza di vitamina D". È stato detto e... presto dimenticato. Ma c’è da
meravigliarsi? Non è seguito nulla, nessuna azione concreta. È succes­
so in occasione di un qualche convegno... di ginecologi. Benissimo! Un
grande merito il loro. Continuate così, ma che qualcuno FACCIA qualco­
sa di CONCRETO! Sono molto curioso: quanti ginecologi abitualmente
prescrivono alle loro pazienti l’esame 25(OH) e che cosa fanno in caso di
carenza? Quale livello è considerato insufficiente? Quello raccomandato
30 o 40 anni fa?

Bisogna sottolineare che, essendo la vitamina D liposolubile, per trarne


vantaggio deve essere assunta con un piatto contenente grasso. Non
Vitamina D: fatti e leggende metropolitane 161

importa se un’insalata con l’olio o un panino col burro. Deve esserci un


grasso. Altrimenti viene assorbita poco. A meno che non sia in versione
“sottolinguale”.

Peccato che poche siano le conoscenze fondamentali sulla vitamina D.


Grazie a queste nozioni, basate sui fatti citati e poche semplici azioni,
potremmo ridurre l’incidenza di diverse malattie: dal sovrappeso all'artrite
reumatoide, dall'ipertensione ai dolori della colonna vertebrale, dal diabete
ai crampi, dalle infezioni delle vie respiratorie superiori ad altre infezioni,
dalla fibromialgia ai tumori del seno, dell'Intestino crasso, pancreas, pro­
stata e ovaie.

La vitamina D previene ed aiuta a CURARE più efficacemente malattie


del cuore, demenze, depressioni, insonnia, psoriasi, sclerosi multipla, ecc.
C’è qualcuno che non vorrebbe utilizzarla? Non sono parole mie (purtroppo).
Scopo di questo capitolo è trasmettere le conoscenze di Michael Halick,
uno dei migliori esperti di vitamina D al mondo, medico e scienziato.

La vitamina D è un preziosissimo guardiano del corretto decorso della


gravidanza; influisce sul mantenimento del giusto peso corporeo; riduce
un’anomala crescita cellulare e protegge le cellule da infezioni e da malattie
croniche.

Che prevenga rachitismo o osteoporosi, lo sappiamo da tanto tempo. Poco


vien detto, però, sulla sua funzione in tutto l'organismo.

Cominciamo da alcune informazioni di base. Dove troviamo la vitamina D?


Purtroppo nell’alimentazione ne troviamo poca. Abbiamo visto sopra che
anche il latte materno ne contiene appena circa 25 U/l. il che vuol d ire -
niente! In altre parole, come ha dimostrato Bruce Hollis, se un neonato si
nutre solo di latte materno, prima o poi accuserà carenza di vitamina D. Per
questo è necessaria l'integrazione fin dal primo anno di vita. In seguito il
162

bambino comincerà a mangiare da solo, ma anche più spesso verrà espo­


sto al sole, che irradierà sempre una maggiore superficie del suo corpo.

Qui inserisco una digressione interessante: quando Holick espresse i suoi


dubbi su quale fosse il giusto livello di vitamina D nel sangue dei neonati,
si sentì dire dai medici curanti che le loro pazienti non potevano soffrire
di tale carenza perché “le nostre pazienti prendono la vitamina D come
integratore, bevono almeno due bicchieri di latte e non possono lamentare
carenza di questa vitamina”. Inoltre... tutte prendevano vitamina D nella dose
RACCOMANDATA dall’Istituto Americano di Medicina, cioè 600UI/giorno.
Holick riunì 40 di queste pazienti gravide, misurò loro il livello di vitamina
e ... quale fu il risultato? Il 76% delle madri e l'81% dei neonati, durante il
parto, risultarono avere un livello di vitamina D INFERIORE a 20 ng/ml!

Lee JM, Smith JR, Philipp BL, Chen TC, Mathieu J, Holick MF. Vitamin
D deficiency in a healthy group of mothers and newborn infants.
Clin. Pediatr. (Phila.) 2007; 46(1): 42-4.

Lo stesso Istituto definisce insufficiente una quantità così bassa di vitamina


D. Non ho niente da aggiungere, le conclusioni vengono da sole.

Se la carenza di vitamina D è il risultato di una integrazione nelle dosi rac­


comandate sopra, non è evidente, forse, che tale dose è troppo bassa? Se,
come spesso è riconosciuto ormai, con un livello di vitamina D INFERIORE
a 25 ng/ml, il rischio d’insorgenza di un tumore aumenta, forse dovremmo
preoccuparci un po’. Bisogna fare qualcosa. Ognuno deciderà per sé. Se
studi scientifici affermano che, aumentando il livello di vitamina D, può essere
ridotta l’incidenza dei tumori del 50% o più, che cosa dobbiamo aspettare?

Garland CF, Gorham ED, Mohr SB, Garland FC. Dose-response of


vitamin D and a mechanism for thè prevention of cancer.
Vitamina D: fatti e leggende metropolitane 163
Garland CF, Garland FC, Gorham ED, Lipkin M, Newmark H, Mohr
SB, and. Holick MF. The role of vitamin D in cancer prevention.

Ci sono ancora altri argomenti interessanti che riguardano la vitamina D. Ma,


per chiarirli fino in fondo, ci vorrebbe un altro libro. Dunque, accennerò solo
a qualcuno e di nuovo rimando gli interessati a fonti facilmente raggiungibili.

Tipi di vitamina D

Sintetizzata sulla pelle, la vitamina D viene trasportata al fegato ed ai


reni, dove viene metabolizzata ulteriormente. Il metabolita essenziale è la
vitamina D con la sigla 25(OH)D, o semplicemente 25(OH). Dopo ulteriore
trasformazione, particolarmente nei reni, diventa un metabolita chiamato
1.25(01-1)2 D3 o, semplicemente, 1.25(01-1).

Proprio il metabolita 1.25(01-1) è la sua forma attiva. Che cosa dunque do­
vremmo cercare come “livello di vitamina D nel sangue"? Bisogna cercare
SOLO ed esclusivamente il metabolita 25(OH). Perché? Perché l’ organismo
produce sempre una quantità costante di 1.25(OH) e il livello di saturazione
del sangue con la vitamina D viene indicato dal metabolita 25(OH).

Un’eccessiva quantità di 1.25(01-1) sarebbe tossica. Comunque, scienziati


hanno notato che nell’organismo avvengono reazioni che necessitano di
grandi quantità di questo metabolita, quantità che sarebbero tossiche.
Dunque, che cosa succede? Dagli studi risulta che la trasformazione di
25 (OH) in 1.25(OH) non avviene soltanto nei reni! Questa trasformazione
avviene localmente, nelle singole cellule dove in totale vengono prodotte
grandi quantità di 1.25(OH). Perché allora non veniamo intossicati? Perché
il nostro è un organismo meraviglioso, costruito così bene che, subito dopo
aver utilizzato questo metabolita attivo all'interno della cellula, lo neutralizza
immediatamente, sempre a livello cellulare. In altre parole, non esce fuori
dalla cellula per entrare in circolo.
Boyan BD, SchwartzZ. 1,25-dihydroxy vitamin D3 is an autocrine
regulatorof extracellularmatrix turnover and growthfactorrelease
via erp60-activated matrix vesicle matrix metalloproteinases

Hansdottir S, Monick MM, Hinde SL, Lovan N, Look DC, Hunninghake,


GW, Respiratory epithelial cells convert inactive vitamin D to
its active form.

E questo è quanto. Il resto è molto più complicato. Lo scrivo perché risulta


che il nostro organismo necessita veramente di molta, molta più vitamina
D di quanto venga raccomandato oggi.

Come ho già detto, si può diminuire l’incidenza di molte malattie mantenendo


un giusto livello di vitamina D. Se, per esempio - come sappiamo - le cellule
pancreatiche, che producono insulina, sono fornite di recettori di vitamina
D, questi recettori serviranno a qualcosa.

Purtroppo l’integrazione di vitamina D soltanto attraverso l’alimentazione


non porta a buoni risultati. La speranza che possa essere sufficiente non
è reale.

Un’altra fonte di vitamina D sono gli integratori. Ma qui abbiamo un problema.


Mentre, per esempio, negli USA la vitamina D si può comprare, e in grandi
quantità, in Polonia abbiamo seri problemi per i motivi descritti prima.

Il sole è la migliore fonte di vitamina D.


Ma... come beneficiarne in modo sicuro?

IL SOLE è la migliore fonte di vitamina D. Come? Ci raccomandano di


evitarlo perché provoca il tumore della pelle. Anzi, si dice e si scrive che le
radiazioni solari stimolano la formazione di radicali liberi. Che cosa signi­
fica, lo abbiamo spiegato prima. Eppure... la luce solare è molto salutare.
Vitamina D: fatti e leggende metropolitane 165

Ma perché ci viene raccomandato di evitarlo? Perché vengono sempre


raccomandate creme protettive che bloccano la luce solare? E il solario?
Si scrive tanto che le lampade non possono essere sicure e innocue per
la salute. E invece, non necessariamente è così. Appunto..., anche qui
notiamo una discreta confusione.

Per fare un po’ di ordine tra queste nozioni e non farsi prendere dal panico
provocato da “esperti”, occorre cominciare a chiarire: che cosa è la luce
solare? Come sappiamo, è composta da tanti colori diversi. Non entrando
. 4

troppo nei meandri della fisica, ricordiamo solo che la luce è un’onda elettro-
magnetica e, come tale, ha i suoi parametri. Per noi, in questo momento, il
più importante è la lunghezza. Le onde lunghe danno luce rossa, le più corte
quella gialla, e le più corte di tutte luce violetta, come nell’arcobaleno. Per
noi la più importante è la luce che ha l’onda ancora più corta (invisibile), che
chiamiamo luce ULTRAVIOLETTA. La lunghezza dell’onda è strettamente
legata all’energia trasmessa dalla luce, sotto forma di fotoni.

Per questo, la parte ultravioletta è stata divisa in tre parti: UVA, UVB e UVC.
Queste sigle vengono dall’inglese Ultraviolet, e le lettere A, B e C distinguono
una certa frazione di lunghezza. Ogni frazione, ogni tipo di luce ultravioletta
ha proprietà diverse, e questa è la chiave che ci servirà più avanti. Più corta
è l’onda, maggiore energia porta, e così:

- UVA - lunghezza d’onda: 320-400nm, arriva alla superficie terrestre.

- UVB - lunghezza d'onda: 281-289nm, viene completamente assorbita


dall’atmosfera; lunghezza d’onda di 290-319nm, nella maggior parte
supera l'atmosfera e arriva alla superficie terrestre.

- UVC - lunghezza d'onda: 200-280nm, è (o dovrebbe essere) com­


pletamente assorbita dall’ozono e non arriva alla Terra.
166

Sulla nostra pelle arriva dunque la luce di tipo UVA e UVB. A noi arriva
circa 100 volte più luce UVA che UVB. Anche se UVA porta meno energia
(maggiore lunghezza d’onda), ha maggiore capacità di penetrazione nella
pelle. È questa la parte del sole che stimola la formazione di radicali liberi,
condiziona il sistema immunitario, danneggia il collagene che costitui­
sce lo “scheletro” della nostra pelle e quindi provoca la formazione delle
rughe. Inoltre attiva cellule particolari della pelle, i cosiddetti melanociti
che, a loro volta, innescano il processo di formazione del pigmento della
pelle, l’abbronzatura. Proprio questo tipo di luce solare (UVA) viene con­
siderato la causa principale dell’insorgenza del tumore maligno della pelle
(melanoma).

La luce del tipo UVB, penetrando in misura minore negli strati della pelle,
può provocare tumori benigni; dopo una lunga esposizione provoca arros­
samento, ma con I® scottature può essere la causa anche del tumore
maligno (della pelle).

Nello stesso tempo, proprio l’UVB è una frazione di luce solare che
stimola la produzione di vitamina D, che protegge il nostro organismo
dai tumori.

Fino a poco fa la maggior parte delle creme solari bloccava proprio la


luce UVB. Grazie a loro si poteva stare al sole a volontà, senza scottature
e senza danni visibili. Come si evince dalle caratteristiche della luce citate
sopra, ciò non era il massimo per la nostra salute, perché le radiazioni più
nocive NON venivano bloccate.

Oggi quasi tutte le creme solari bloccano anche i raggi UVA. Quanta
e quale energia solare arriva alla Terra dipende da alcuni fattori. A causa
del “buco nell’ozono", purtroppo, tanta luce UVC, altamente energetica,
penetra fino alla Terra (soprattutto in alcune parti del mondo, come, per
esempio, in Australia). Ovviamente la maggior parte di queste tre frazioni
Vitamina D: fatti e leggende metropolitane 167

di luce arriva a noi a mezzogiorno, tra le 10.00 e le 15.00. Ciò è dovuto al


fatto che in quell'intervallo del giorno la luce attraversa lo strato più sottile
dell’atmosfera.

In quelle ore arrivano a noi molti UVA “cattivi”, ma anche molti UVB “buoni”.
La mattina e il pomeriggio, quando i raggi solari devono attraversare lo strato
atmosferico più spesso, arrivano sempre molti UVA e, purtroppo,... pochi
UVB. Per questo motivo il nostro organismo non è in grado di produrre la
benefica vitamina D né la mattina, né il pomeriggio.
4

Quindi i raggi solari “più sani” per noi arrivano PROPRIO A MEZZO­
GIORNO.

Ovviamente sono importanti anche altri fattori: stagione, latitudine geogra­


fica, livello sopra il mare, inquinamento, nuvolosità, ecc. Anche quando il
cielo è coperto, in modo particolare sulla spiaggia, per esempio, australiana,
possiamo ustionarci seriamente. Qualcuno può dire: “abito in Australia, dove
a Sydney abbiamo 300 giorni di sole all’anno, quindi ho abbastanza vitamina
D”. È vero che c’è tanto sole, ho trascorso 21 anni della mia vita in questa
bellissima città. Ma ... perché circa il 40% (alcune fonti parlano del 68%)
degli abitanti dell’Australia ha carenze di questa vitamina?

Michael Halick e il suo team hanno studiato l’influenza della posizione ge­
ografica sulla formazione di vitamina D grazie alla luce solare. È risultato
che all’altezza di Danzica, tra il mese di ottobre e marzo, l’organismo non
è in grado di sintetizzare nessuna quantità di vitamina D.

Webb AR, Kline L, Holick MF. Influence of season and latitude


on thè cutaneous synthesis of vitamin D3: exposure to winter
sunlight in Boston and Edmonton will not promote vitamin D3
synthesis in human skin. J. d in . Endocrinol. Metab. 1988; 67(2):
373-8.
168

Va bene, dirà qualcuno, ma “che cosa bisogna fare per approfittare dell’ef­
fetto benefico della luce solare senza farsi del male?". È semplice: come si
evince dalla descrizione delle caratteristiche UVA e UVB, bisogna ESPORSI
ALLA LUCE ma... non abbronzarsi. L’abbronzatura è una reazione della
pelle che, in una persona di razza bianca, urla “non voglio più sole!”.

Quel colore marrone dell'abbronzatura, da far invidia, fa si che la produ­


zione di vitamina D cali bruscamente! Le persone di carnagione scura si
abbronzano con più facilità, è vero, ma in genere queste persone hanno
anche un livello di vitamina D troppo basso. Per “rimediare" devono stare
di più al sole. Non a caso gli abitanti dell’Africa, o gli Aborigeni australiani,
hanno una pelle nera come il carbone. Il colore scuro li protegge dalle
ustioni ma, nello stesso tempo, per non soffrire di carenza di vitamina D, per
forza DEVONO stare al sole più a lungo rispetto alle persone di carnagione
più chiara...

Come dimostrano vari studi, negli USA le popolazioni di carnagione scura,


o proprio di razza nera, contraggono più spesso degli altri malattie provocate
da carenza di vitamina D. D'altra parte le razze nordiche hanno una pelle
così chiara perché anche una piccola quantità di luce solare permetta loro
la sintesi di vitamina D. Come si vede tutto ha una sua ragione. È saggia
Madre Natura.

Torniamo dunque alla domanda: “come fare per avere solo vantaggi senza
esporsi a pericoli?".

Halick consiglia: occorre trovare un tempo di esposizione individuale tale


che non provochi rossore il giorno dopo.

L’arrossamento della pelle 24 ore dopo essere stati al sole è il segnale


che ci siamo esposti troppo. Se esponiamo solo una parte del corpo, per
esempio solo le spalle, e se siamo in un luogo della Terra intensamente
Vitamina D: fatti e leggende metropolitane 169

irradiato, può bastare. Se siamo in Europa del nord, USA, Canada o Russia,
può essere troppo poco.

Comunque, in costume da bagno, probabilmente anche in quelle regioni, nel


pieno sole di mezzogiorno, 10-15 minuti sul davanti e 10-15 minuti sul dietro,
saranno sufficienti. Se riusciamo a comportarci così tutti giorni, sicuramente,
pur non essendo all’equatore, l’organismo produrrà vitamina D sufficiente. Se
andiamo in spiaggia, facciamolo quando il sole è relativamente alto. Prima
esponiamo il corpo alla luce solare terapeutica, permettiamo alla pelle di
interagire con la luce UVB per produrre vitamina D e, solo dopo, possiamo
spalmarci tutte le creme a volontà. Se possiamo farlo quotidianamente, non
c’è bisogno di integrazione. La vitamina D viene accumulata nel tessuto
adiposo e poi rilasciata gradualmente in diversi giorni. Per questo, se non
avremo sole per qualche giorno, non succede niente. Esponendo grandi
superfici del corpo, l'organismo è in grado di produrre anche 20.000 IU
di vitamina D. È molto. Dobbiamo temere un sovradosaggio? NO! Madre
Natura ci fornisce meccanismi di autocontrollo interno che non permettono
un sovradosaggio di vitamina D provocato dal sole. Bene!

Anzi..., l’emivita di vitamina D prodotta naturalmente dal sole è molto mag­


giore di quella proveniente dall'integrazione. La vitamina D prodotta dal sole
rimane nel sangue due/ tre volte più a lungo di quella integrata per bocca.
In questo modo aumenta il tempo che il nostro organismo ha per usufruirne
a nostro vantaggio, proteggendoci da diverse malattie menzionate prima.
Vediamo, dunque, che il sole “dosato" con saggezza ci fornisce solo salute.

Non esiste forma migliore di vitamina D di quella naturale prodotta dalla


luce del sole e, precisamente, dalla sua parte chiamata UVB.

Non sapendolo, abbiamo fatto molti errori. Scrivo al passato, perché così
è stato finora. Così spero. Da oggi sappiamo che la luce UVB non fa male,
anzi! Ricordiamo che l’abbronzatura è una REAZIONE DI DIFESA dell’or­
170

ganismo contro il “troppo sole" Quando, per premura materna, Il bambino,


subito all’inizio di stagione, diventa “bello abbronzato", grazie a sua madre
nello stesso tempo riduce la possibilità di produrre vitamina D nei giorni
successivi. Peccato. Mi dispiace per il bambino.

E che cosa fa la mamma in inverno? È una bellissima giornata di sole...,


forse anche un po’ gelida.... È domenica, mezzogiorno, il tempo per pre­
parare il pranzo (non in tutte le regioni, forse non in città, ma la domenica
spesso è così). I padri si sentono spesso dire: “potresti uscire finalmente
col bambino a fare due passi. Che veda un po' di sole, non c’è tutti giorni.”
L’organismo del bambino implora un po’ di sole! Almeno un po’ di vitamina
D! Ma, per non far prendere freddo al bambino, la mamma premurosa
lo imbacucca in modo che gli si vedano solo le guance e la punta del
naso. Ah..., e perché non si “bruci” al sole, spalma sulle guance e sul
nasino la crema protettiva. “SPF 30? no... gli metto SPF40, o forse 50!
Così sicuramente non si “brucia". Conosciamo questo, vero? Ovviamente
sto scherzando, ovviamente sto semplificando ma... sappiamo di che
cosa parlo. Allora, l’organismo del bambino non produce neppure una
minima quantità di vitamina D grazie al sole. La mamma premurosa l’ha
“protetto”.

Dunque: spero che i lettori non confonderanno più raggi UVA e UVB
e sapranno quale luce è “buona” e quale “cattiva”. Capiamo ora che dire:
“bisogna evitare il sole perché provoca tumori” o “I raggi UVB fanno male”,
è un grande equivoco.

E i solarium?

Sono nocivi? Dipende da COME vengono usati. Sapendo quel che già
sappiamo sulla luce UV, non possiamo dire che sono nocivi. Se li usiamo
per esporre il nostro corpo ai raggi UVB per seguire una terapia, sono
tutta salute.
Vitamina D: fatti e leggende metropolitane 171

Invece se vogliamo solo un’abbronzatura da far invidia, probabilmente ci


faremo solo del male. Inoltre il personale di solito non ha idea di quale tipo
di luce venga emessa dalle lampade utilizzate.

Bisogna sottolineare che, sotto una fonte di luce UV così intensa, così vicina
alla pelle, la nostra permanenza sotto la lampada dovrebbe limitarsi a soli
3 -4 minuti. Sì! Solo così. Salutare e poco costoso. È utile anche, mezz’ora
prima di andare al solarium, prendere, per esempio, 100mg di astaxantina
o 10.000-20.000 IU di vitamina A, oppure 300 microgrammi di selenio.
Sono forti antiossidanti e proteggono la pelle dalle scottature.

Ricordiamo: al solarium andiamo per esporci ai raggi solari per una


terapia, e non per abbronzarci.

Vale la pena investire in lampade UVB. Se ne può appendere qualcuna su


una parete, anche in un bagno piccolo. Bastano veramente 2 -3 minuti di
esposizione di tutto il corpo, per esempio dopo aver fatto la barba, dopo
un bagno nostro o dei nostri bambini, ma con regolarità.

Ed ora un po’ di pratica: che cosa deve fare la persona che, dopo aver letto
questo libro, consapevole della propria salute, farà un esame del livello di
vitamina D, e questa risulterà troppo bassa? Sicuramente vorrà chiedere
al medico la prescrizione, per esempio, di Devicap (nome di un farmaco
polacco contenente vitamina D). Le auguro molta fortuna perché nel 99%
dei casi non la riceverà. A meno che il medico non abbia letto questo libro.
Allora forse non darà la solita risposta: “a che le serve? si prescrive solo
ai neonati”.

Bambino di due anni con diversi problemi di salute quasi dalla nascita,
compresa una forte allergia. Inesistenti risultati di terapie, anche prescritte
da specialisti, compresa quella che dura almeno da 18 mesi. Effetti zero.
Genitori disperati perché “non sanno più che fare".
172

Domando se il pediatra ha prescrìtto il controllo del livello di vitamina D.


Ovviamente no. Suggerisco di farlo. Risultato: 15 ng/ml, e in questo caso,
con problemi di salute, dovrebbe essere circa 50 ng/ml.

- “Che cosa prende il bambino?", chiedo.


- “Devicap”, risponde la madre.
Penso tra me e me: Super! Chiedo: “Quanto?"
- “2.500 IU al giorno”.
- “Benissimo! Da quanto tempo?”
- “Dalla nascita ad oggi”.
Penso: Uuupss... qualcosa non va...! Chiedo:
- “Sicura? 2.500 IU? Quante gocce?”
- “5 gocce”.
Hmm... giusto, fa 2.500 Ul! Chiedo:
- “Con che cosa le prende?”
- “Sempre con del grasso”.
Che strano..., si dovrebbe assorbire e per qualche motivo il livello è sempre basso.
- “Che cosa ha detto il pediatra”?
- “Ha prescritto Cebion Multi, 10 gocce 1 volta al giorno, perché il bam­
bino è “troppo grande” per questo Devicap”.

Non so che cosa vuol dire “il bambino è troppo grande”, ma... il medico
sicuramente intendeva che non aveva più bisogno di dosi così alte di
Devicap. Ma come possiamo sapere “SENZA FARE ANALISI” che il livello
di vitamina D è giusto?

Ora guardiamo queste indicazioni e facciamo due conti:

- 30 gocce di Cebion Multi contengono 1.000 IU di vitamina D.

- Il bambino adesso riceve 10 gocce, cioè 1000/3=333 Ul, e finora


con Devicap, prendeva 2.500 Ul!!
Vitamina D: fatti e leggende metropolitane 173

- Vuol dire che il medico HA DIMINUITO la dose di 2.500 IU/333 IU,


cioè di 7.5 VOLTE!!!

Allora come può questo bambino alzare il suo livello così basso di vitamina D?

Spero che questo capitolo sia stato in qualche modo utile a tutti lettori. Forse
ha costretto alcuni a pensare, forse altri ad agire? Speriamo...

Mi auguro di aver iniziato insieme ai lettori un percorso verso una nuova


consapevolezza. Dunque, abbiamo cominciato dal Sistema Immunitario.
È tutto qui? Decisamente no! Voglio ribadire che la nostra salute dipende
dal nostro SI (Sistema Immunitario). Ma... gli basta una giusta quantità di
vitamina D o C per funzionare perfettamente? Purtroppo no... Il Sistema
Immunitario è molto più complicato e necessita di molto più... La sommi­
nistrazione di vitamina D è ovviamente una delle azioni di profilassi, ma
non l’unica.

Il Sistema Immunitario (SI) necessita di vitamine, minerali, di buone pro­


teine, buoni lipidi, buoni batteri, ecc. In caso di malattia, che è sempre il
risultato di una sua disfunzione, decisamente manca qualcosa... Il proble­
ma e la sfida consistono nel riconoscere e capire di che cosa l'organismo
ha bisogno. Per questo motivo curare le malattie croniche è così difficile:
non sappiamo quale integrazione suggerire. A maggior ragione perché il
Sistema Immunitario utilizza non solo le sostanze che gli forniamo noi, ma
altre migliaia che produce da solo e che non conosciamo...

Comunque, sforzandoci almeno di integrare ciò che possiamo, facciamo


un grande passo avanti verso l’omeostasi (la capacità di mantenere l’e­
quilibrio biologico necessario per una vita in salute). Che sostanze sono?
Come funzionano? Nei capitoli successivi cercherò di spiegare almeno
alcune nozioni, rendendomi conto di non possedere la conoscenza suffi­
ciente per comprendere completamente tutti i processi che avvengono nel
174

nostro organismo in ogni secondo della nostra vita. Conoscenze limitate


non permettono di fare una lista completa di queste sostanze, ma... farò
almeno un discorso pratico.

Terminando questo capitolo ho avuto un dilemma: ho una così grande quan­


tità di informazioni da trasmettere, ma... in che ordine dovrei farlo? Magari
scrivendo il prossimo capitolo sul colesterolo? Sapendo che cosa ho da
dire in proposito, ho pensato che in questo caso “le cinture di sicurezza”
non saranno sufficienti... perché queste informazioni colpiranno, e tanto!
Perciò lasciamole per dopo, anche se è un tema molto “attuale" e pieno di
inimmaginabili baggianate ripetute (purtroppo) per anni dai medici.

Quando scriverò sulla vitamina K2, come farlo senza dire la verità sulla
vitamina A? Per spiegare invece come guarire dall’aterosclerosi, occorre
approfondire diverse cose sulle vitamine D, K2 o A. Dovrò spiegarle, al­
trimenti non sarà chiaro ai lettori perché, per esempio, nelle arterie può
formarsi un osso! Addirittura completo di... midollo! Che cosa causa il
tessuto osseo nell'arteria?

Vediamo, comunque, che la nostra premura (o meglio, quella del nostro


medico) di mantenere un giusto livello di vitamina D, sarebbe già un grande
passo avanti per prevenire e curare tante malattie.

E magari, quando qualcuno dirà “per tre giorni di seguito ho preso 10.000
IU di vitamina D”, non udirà più la solita risposta (in questo caso del der­
matologo): “è un miracolo che lei sia viva/o”. (dialogo autentico)

Si sente tanto parlare di integrazione di varie vitamine o di calcio, per


esempio. Ma... non è pericoloso? A volte si!

Sempre più spesso si parla di integrazione di minerali, di selenio, per esem­


pio. Ma chi sa che il selenio ha tre forme diverse e ognuna ha un diverso
Vitamina D: fatti e leggende metropolitane 175

ruolo nell’organismo? Usiamo quella giusta? Usiamo la giusta forma della


vitamina o del minerale che vogliamo integrare? Il comune acido ascorbico
è la vitamina C? No.

Come no, se i medici ci dicono che la vitamina C è l’acido ascorbico. Ci


dicono anche che il colesterolo è la causa dell’aterosclerosi... Il che, ov­
viamente, non è vero.

Per prevenire l’osteoporosi ci raccomandano di consumare molti alimenti


contenenti calcio; ci fanno bere il latte integrandolo con prodotti farmaceutici
a base di calcio. Ma... non ho sentito i cosiddetti “esperti in alimentazione”
(per non parlare dei medici) dire che un’integrazione di questo tipo, se non
applicata nel modo giusto, può non solo favorire l’osteoporosi o peggiorarla,
ma addirittura minacciare la vita.

Spero di chiarirlo nel prossimo capitolo.

Riepilogo

- Occorre controllare il metabolita della vitamina D, chiamato 25(OH).

- La dose di vitamina D deve essere scelta in modo tale che il suo


livello nel sangue, cioè 25(OH), sia dai 50 ai 70 ng/ml. I controlli van­
no fatti, specialmente all'inizio dell’integrazione, ogni due mesi. Non
bisogna superare il livello ematico di 100 ng/ml. In caso di malattia
questo livello dovrebbe essere un po’ più elevato, ma sempre sotto
controllo di un saggio medico.

- La vitamina D va assunta sempre durante un pasto contenente grassi.

- Durante l’integrazione di vitamina D, È NECESSARIO somministrare


la vitamina K2-MK7 in dosi non inferiori a 100 microgrammi.
Si considera che la dose giornaliera sicura di vitamina D sia di circa
10.000 IU. A volte si usano altre unità, ma il calcolo è facile sapendo
che 1000 Ul= 25mcg o 1mcg=40UI, oppure 1mg=40 000UI

Il latte materno contiene piccolissime quantità di vitamina D. Circa il


10% della vitamina D che assume la madre passa nel suo latte nella
sua forma naturale e migliore.

Bisogna esporsi ai raggi solari (come spiegato prima), ma., non


abbronzarsi.

Il sole va “preso” possibilmente a mezzogiorno, quando sulla Terra


arrivano più raggi UVB.

Dopo l'esposizione terapeutica bisogna proteggere la pelle dall’ulte­


riore azione del sole.

Se possibile, non lavare la pelle dopo l’esposizione solare perché la


vitamina D sintetizzata necessita di circa 48 ore per essere assorbita.
Osteoporosi e la sconosciuta
vitamina K2

Prima di addentrarci in questo argomento, devo spiegare alcune cose che


riguardano il calcio nel nostro organismo.

A tanti lettori può sembrare strano il fatto che studi pubblicati recentemen­
te (2011) dimostrino che le donne che assumono integratori di calcio per
prevenire l’osteoporosi sono più soggette alla calcificazione delle arterie,
infarti o ictus, rispetto alle donne che non ne fanno uso.

Bolland MJ, Grey A, Avenell A, et al. Calcium supplements with or


without vitamin D and risk of cardiovascular events: reanalysis
of thè Women’s Health Initiative limited access dataset and
meta-analysis. BMJ 2011, 342: d2040.

Non è una mia scoperta..., tutto questo è stato descritto in uno dei periodici
medici più prestigiosi, come il British Medicai Journal. Qualcuno potrebbe
dire “ E allora? Un solo studio non dimostra nulla” È vero, ma ce ne sono
altri TRE che hanno confermato gli stessi risultati:

Bolland MJ, Avenell A, Baron JA, et al. Effectof calcium supplements


on risk of myocardial infarction and cardiovascular events: meta-
analysis. BMJ 2010, 341: c3691;

Bolland MJ, Barber PA, Doughty RN. Vascular events in healthy


older women receiving calcium supplementation: randomised
controlled trial. BMJ 2008, 336: 262;
178

Bolland MJ, Grey A, Avenali A, et al. Calcium supplements with or


without vitamin D and risk of cardiovascular events: reanalysis
of thè Women’s Health Initiative limited access dataset and
meta-analysis. BMJ 2011, 342: d2040.

E qui la situazione diventa più intrigante. Leggendo più attentamente i ri­


sultati di questi studi, possiamo notare che per ogni frattura che le donne
cercano di evitare con l’aiuto di integratori di calcio, si verificano DUE epi­
sodi pericolosi per la vita, legati alle coronarie, cioè alle arterie che irrorano
il muscolo cardiaco. La cosa ancor più curiosa è che non è stato trovato
legame tra la dose e l’effetto, ma è stato notato che l’effetto negativo era
causato dall’integrazione e non dal calcio contenuto nell'alimentazione!
Questo mette in dubbio le indicazioni di integrare il calcio attraverso i vari
preparati finora in uso. Gli autori di questi studi chiaramente suggeriscono
alle donne di non assumerli.

In seguito a queste pubblicazioni si è verificato un piccolo terremoto in


ambiente medico. Non ve ne è stato eco, però, in Polonia, anche se su
Internet si è scritto in proposito.

Una famosa organizzazione americana che si occupa di prevenzione (The


U.S. Preventive Services Task Forces) chiaramente sconsiglia alle donne
di assumere integratori di calcio per evitare fratture, perché, dopo aver
analizzato 137 studi, gli scienziati sono arrivati alla conclusione che non
c’è prova univoca che il calcio prevenga le fratture ossee. La FDA dichiara
esplicitamente che il calcio è utile soltanto durante la crescita delle ossa,
dall’infanzia alla prima gioventù, ma non a crescita compiuta. Perché allora
medici e dietologi instancabilmente consigliano “più” calcio?

I preparati contenenti calcio sono dunque pericolosi per la salute? I lettori,


e in particolar modo le lettrici, si chiederanno: “Com’è questa storia del
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 179

calcio, lo dobbiamo prendere per rinforzare le ossa, o no?” Il calcio rinforza


le ossa, o no? Certo, anche se... le ossa non sono composte solo di cal­
cio, e “rinforzare” le ossa solo con il calcio è un errore fondamentale. Ma
a questo torneremo in seguito.

La calcificazione delle arterie è una delle cause principali di morte in tanti


paesi di tutto il mondo. Ora chiediamoci perché il calcio si deposita nelle
arterie e non arriva alle ossa. Se non fosse così, il problema non sussistereb­
be. Com’è che, integrando il calcio, non solo non veniamo in nostro aiuto,
ma creiamo un grave danno? Qualcuno subito si chiederà: "Meglio avere
l'osteoporosi e vivere più a lungo, o non averla e morire prima del tempo?
Gli uomini allora possono dormire tranquilli perché questo problema non
li riguarda? Purtroppo questo problema tocca sia le donne che gli uomini,
di diverse fasce di età.

L’osteoporosi è invece una causa principale di decesso negli anziani, donne


e uomini. In questo caso l’integrazione con vitamina D e calcio aiuta, ma
non quanto ci aspetteremmo.

Si è osservata la CONTEMPORANEA carenza di calcio nelle ossa e II suo


eccesso nelle arterie! E... dovrebbe essere il contrario! Questo è il cosiddetto
“Paradosso del Calcio”.

Che cosa fare per non permettere lo scorretto depositarsi del calcio?
Come “dirigere” il calcio, proveniente dall’alimentazione o dall’integra­
zione, verso le ossa? Come fare affinché, invece di occludere le arterie,
rinforzi le ossa e i denti? Come costringere l’organismo a ripulire dal
calcio le pareti sclerotiche delle arterie e altri tessuti molli, e far sì che
vada alle ossa o ai denti? Qualcosa occorre fare, perché smettere di con­
sumare i prodotti contenenti calcio può portarci a buttare il bambino con
l’acqua sporca.
180

Prima, però, di approfondire questo argomento, soffermiamoci sull’osteopo-


rosi e l’arteriosclerosi (indurimento delle arterie). Paradossalmente queste
due patologie sono correlate.

Cominciamo con l’osteoporosi.

Perché questa patologia è così pericolosa? Non è difficile immaginare


che cosa succede in un corpo quando non ha una struttura rigida su cui
appoggiarsi, cioè quando non abbiamo ossa forti e resistenti. Hmm... forse
è difficile immaginarlo.Una visita in un ospizio qualunque rende presto l’idea,
ma bisogna veramente avere il coraggio di andarci. Perché? Perché non
è facile guardare una persona, nel pieno delle sue facoltà mentali, a volte
veramente lucidissima per la sua età, ma... che non riesce neppure ad
andare in bagno e, a volte, nemmeno a cambiare posizione a letto, girarsi
da un lato all’altro. La mancanza di movimento porta, a sua volta, all’atrofia
muscolare e... a un ulteriore indebolimento delle ossa. Invece le persone
che riescono a muoversi ancora, devono farlo con estrema prudenza,
perché anche un lievissimo trauma può provocare una frattura. La frattura
del braccio e del polso sono la “norma” e la frattura del femore può portare
a totale immobilità temporanea o permanente. La frattura del femore si
conclude con la morte nel giro di un anno nel 30% dei casi. È qualcosa di
molto serio. A volte un impatto “troppo vigoroso” con la la sedia può por­
tare a traumi della colonna vertebrale, con tutte le conseguenze del caso.
Ingobbimento e una notevole perdita di altezza dello scheletro sono tipici
segnali di tutto ciò, visibili a occhio nudo.

Probabilmente la maggior parte dei lettori penserà: “Non mi riguarda, non


succederà a me.” Mi affretto a rispondere che avere o no ossa sane con il
progredire dell’età dipende da che cosa facciamo o no da giovanissimi, ma
anche da piccoli. Per questo motivo capire questa patologia, e prevenirla,
è un dovere dei genitori. La “costruzione” di ossa sane, dense e nello stesso
tempo elastiche nei bambini, previene la loro degradazione in età avanzata.
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 181

Non aspettiamo..., se non ci curiamo da subito, un giorno in modo doloroso


sperimenteremo il detto: “La vecchiaia è una gran brutta cosa”. A patto di
arrivarci alla vecchiaia!

Quindi dobbiamo cominciare da..., appunto, da dove? Forse dal fatto che
l'osteoporosi non è soltanto perdita di calcio. Nelle ossa troviamo almeno
12 minerali:

- calcio
- potassio
- magnesio
- manganese
- silicio
- ferro
- zinco
- selenio
- boro
- fosforo
- zolfo
- cromo

e... tanti altri minerali in traccia, per esempio: lo stronzio.

Quindi le ossa non sono composte solo di calcio! Quando parliamo di osteo­
porosi o di densità ossea, ecc, sempre ci concentriamo sul calicò e sulla sua
integrazione, ma “più” significa “meglio”? Proprio no. Studi dimostrano che
spesso abbiamo calcio in eccesso e ciò comporta seri problemi di salute.
Da dove provengono queste quantità di calcio? Come, da dove? Quando
l'uomo mangiava ciò che offriva “Madre Natura” nella sua forma naturale
non c’erano problemi. Adesso, a causa dei processi ai quali sottoponiamo
gli alimenti, spesso gli elementi nutrizionali vengono distrutti. Quindi, che
facciamo...? Aggiungiamo, per esempio, calcio ad un prodotto che l’ha per­
182

so durante la trasformazione. Oggi quasi tutti i prodotti sono “fortificati”. In


pratica vuol dire che, tra le altre cose, si aggiunge calcio. In questo modo
abbiamo quasi dappertutto calcio introdotto artificialmente. Calcio viene
aggiunto nei succhi di frutta, nelle bevande, nei fiocchi d’avena che mangia­
mo a colazione, nella farina, nel latte ecc. Ci raccomandano di bere molto
latte per prevenire l’osteoporosi, mentre è stato confermato che proprio il
latte favorisce l’insorgenza dell’osteoporosi! Chiariremo questo tra un po’.

Bisogna sottolineare che c’è molta confusione a proposito della resistenza


delle ossa alle fratture. L’esame che testa la densità deN'osso, molto diffu­
so, non dà un quadro completo dello stato delle ossa. Le cosiddette “ossa
dense” non necessariamente garantiscono che tutto vada benissimo. In
breve “osso denso” significa che esso è duro, a volte molto duro. L’acciaio
inossidabile è molto duro, ma gli ingegneri non sempre lo usano perché
è anche “friabile”. Lo stesso succede con il tessuto osseo. Per questo, se
ci dicono che abbiamo ossa dure, non sempre è motivo di particolare gioia.
Due ossa della stessa densità possono avere resistenza alle fratture molto
diversa. Perché succede questo?

Principalmente perché a decidere se l’osso resiste o no alle fratture, è la


sua elasticità e flessibilità. Ovviamente la densità (il cosiddeto T-score)
è importante, ma non è l’unico parametro.

Per questo motivo lo si sta abbandonando per definire il rischio di frattura


o rottura dell'osso, e si sta iniziando a usare il termine “qualità dell’osso”.
Che cosa determina sia la densità che l’elasticità dell’osso, che cosa gli dà
quella resistenza (qualità) che cerchiamo?

Proviamo ad immaginare la rete di un recinto. Facciamo palline di calcio


mescolato ad acqua e tiriamole contro la rete. Con il tempo il calcio si
asciuga e si formerà una parete. Questo è all’incirca il modello dell’osso.
Che cosa rappresenta la rete? Che ruolo ha?
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 183

La rete corrisponde al collagene nella struttura dell’osso. In altre parole,


se non avremo una buona trama, come collagene, non riusciremo a co­
struire un buon osso. Per questo dobbiamo curare la sintesi del collagene.
La terapia dell’osteoporosi non è solo integrazione di minerali, ma anche
assunzione delle sostanze che favoriscono la corretta sintesi del collagene
che, insieme ai minerali, formerà un osso sano.

Si parla così poco dell'Importanza del collagene nel nostro organismo.


È proprio la sua presenza che fornisce alle ossa resistenza alla rottura e fa
sì che non si frantumino facilmente durante i traumi. Ripeto: le ossa sono
sane non solo grazie ai minerali che assumiamo e che assicurano densità,
ma proprio grazie al collagene, perché senza una sua giusta e compatta
struttura anche “ossa dense” si romperanno con facilità. Qualcuno ha mai
sentito, però, che nella classica terapia dell’osteoporosi, quella applicata
comunemente, vengano somministrate in quantità sostanze (supplemen­
tari alla dieta) che aiutino l'organismo a produrre da solo un buon, sano
collagene? Per questo serve, per esempio, il silicio, altrimenti nasceranno
problemi.

Servono grandi quantità di vitamina C, senza la quale la sintesi del collagene


è impossibile. Ne servono 3,6,8 grammi al giorno. Qui comincia la resistenza
della maggior parte dei medici, perché “sicuramente si formeranno calcoli
renali" e altre baggianate simili. Bisogna aggiungere alcuni aminoacidi, per
esempio la L-lisina o L-prolina, per facilitare la costruzione del collagene.
Allora sì che possiamo parlare di una corretta cura dell’osteoporosi.

Qualcuno sofferente di osteoporosi, o un suo conoscente, sicuramente


dirà che non ha mai ricevuto consigli dietetici, né preparati per una buona
sintesi del collagene. In tal caso la terapia dell’osteoporosi non ha alcun
senso. Perché la terapia dell’osteoporosi viene affrontata solo in modo così
primitivo, a senso unico, consigliando a volte la vitamina D e . . . . natural­
mente più calcio?
184

Per un buon funzionamento di tutto l’apparato osseo, bisogna ricordare


che aggiungere un elemento (calcio) senza considerarne altri, provocherà
quel disordine che vogliamo evitare. Aggiungendo solo calcio si crea uno
squilibrio minerale. Inoltre il calcio partecipa non solo alla costruzione delle
ossa, anche se questo è il ruolo principale.

Il tessuto osseo è sottoposto ad un continuo ricambio, come il tessuto del


fegato, o quello muscolare o di altri organi. In continuazione una parte delle
cellule ossee viene assorbita e, contemporaneamente, se ne formano di
nuove. Le cellule chiamate osteoblasti secernono la sostanza chiamata
osteocalcina, che favorisce l’accumulo di calcio nelle ossa.

Altre cellule, gli osteoclasti, rimuovono le cellule vecchie e consumate.


Questo processo avviene in tempi diversi, in età diverse. All’età di 25/30
anni circa, la costruzione di nuove ossa è più veloce della rimozione delle
vecchie cellule ossee. In seguito si assiste a un periodo di stabilizzazione
e poi, appunto, si verifica uno squilibrio che va fermato a tutti i costi. Se
prevale l'azione degli osteoclasti, più cellule vengono distrutte che costruite.
Se questo processo non viene fermato, la struttura ossea si indebolisce
tanto da generare facili fratture ossee e osteoporosi. Quale è la terapia
comunemente consigliata? È tragica.

Cominciamo però con un cenno storico. All’inizio del XX secolo, l'osteopo-


rosi era curata con gli estrogeni che prevengono la perdita di calcio nelle
ossa. Dopo la menopausa il loro livello si abbassa e il rischio di osteoporosi
cresce. Si è visto, però, che non è così semplice, perché donne con osteo­
porosi avanzata, anche assumendo alte dosi di estrogeni, non ottenevano
i risultati sperati. Gli scienziati cominciarono ad approfondire il processo di
rimodellamento osseo, cioè l’azione degli osteoblasti (costruttiva) e degli
osteoclasti (distruttiva). E se si riuscisse a rallentare l'azione degli osteo­
clasti, rallentando la lisi ossea? - si pensò. Allora più cellule rimarrebbero
nell'osso! Semplice!
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 185

Così nacque un gruppo di farmaci, più spesso applicato nella terapia dell’o-
steoporosi, chiamati bifosfonati, che producono l’azione descritta sopra.

Ovviamente... esistono anche altri farmaci appartenenti a gruppi diversi,


per esempio i cosiddetti Modulatori Selettivi del Recettore degli Estrogeni
(SERM) oppure il paratormone. Quindi basta prendere la giusta pillola e il
problema svanisce?

Purtroppo, nonostante i nomi scientifici, la pratica dimostra che queste


terapie sono lunghè, poco efficaci e con seri effetti collaterali. E così, per
fare un esempio, nel manuale “Malattie interne” del prof. A. Szczeklik (per
chi non lo sa, una Bibbia per gli studenti di medicina in Polonia), riguardo
ai bifosfonati, a pagina 1746 leggiamo:

Effetti indesiderati:

- mal di pancia
- nausea
- vomito
- stipsi
- diarrea
- meteorismo
- disturbi della deglutizione
- irritazione esofagea
- ulcerazione dell’esofago
- dolori ossei, muscolari e articolari
- restringimento dell’esofago

Alcuni disturbi possono essere gravi.

Che ne pensano di tutto questo i lettori? Sicuramente non è molto allettante.


Tutto qui? Gli scienziati svedesi sostengono di no, perché, come hanno
186

scritto nella pubblicazione del 2011, l’uso dei bifosfonati porta alle atipiche
rotture del femore! Come? Qualcosa che dovrebbe prevenire le rotture, le
provoca? Purtroppo, sì.

Schilcher J, Michaelsson K, Aspenberg P. Bisphosphonate use


and atypical fractures of thè femoral shaft. N. Engl. J. Med. 2011;
364: 1728-37.

Sulla pagina web dell'Ufficio Registrazione Prodotti Terapeutici, Prodotti


Medici e Prodotti Antibiotici (ufficio polacco), nella pubblicazione intitolata
“CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO TERAPEUTICO”, riguardo ai
bifosfonati leggiamo:

“La necrosi dell’osso della mandibola compariva anche nei pazienti con
osteoporosi che assumevano bifosfonati per via orale”.

Abbiamo già i primi pazienti con osteoporosi che vogliono volontariamente


sottoporsi alla terapia con bifosfonati?? No? Perché? Questa pubblicazione
ufficiale afferma che è “un prodotto terapeutico”... Cura così bene che può
portare alla necrosi della mandibola!

Qualcuno dei lettori ha mai visto che cosa succede ad una persona che
non ha la mandibola, o ce l'ha, ma in stato di decomposizione? A parte il
dolore atroce, può formarsi un’apertura (fistola), un canale che non dovreb­
be essere nel nostro corpo, perché attraverso questa apertura gli alimenti
fuoriescono dalla cavità buccale.

Quanto serio è questo problema?

A questo hanno dato risposta scienziati canadesi che hanno condotto


sull'argomento il più ampio studio finora, affermando che i bifosfonati
aumentano di almeno tre volte il rischio di necrosi mandibolare.
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 187

University of British Columbia. Popular osteoporosis drugs


triple risk of painful bone necrosis, study finds. ScienceDaily,
15 Jan. 2008. Web. 24 Nov. 2012. http://www.sciencedaily.com/
releases/2008/01/080115092048.htm

Uno dei maggiori produttori di bifosfonati nel 2014 ha pagato un enorme


risarcimento a 1.200 persone che hanno vinto il processo contro la casa
farmaceutica, provando che il farmaco provoca gravi problemi di salute.
Il farmaco non è stato ritirato perché alla casa farmaceutica conveniva di
più pagare il risarcimento che rinunciare alla vendita. Quindi si continua
a venderlo in grandi quantità, anche in Polonia.

Possiamo utilizzare i modulatori degli estrogeni, ma anche qui gli autori


avvertono:

“Somministrando dosi di 60 mg/ 24 h, diminuisce il rischio di frattura


delle vertebre ma, contemporaneamente, aumenta il rischio di trom­
bosi delle vene profonde e la frequenza delle vampate di calore”.

La trombosi delle vene profonde è molto pericolosa perché crea una minaccia
d’infarto cardiaco, cerebrale o polmonare, e di morte istantanea. E poi a una
donna in menopausa, o dopo, servono ancora le vampate di calore?

Vediamo ora quali sono i possibili trattamenti farmacologici con molecole di pa-
ratormoni o loro derivati, ma anche qui gli autori avvertono che può comparire:

- dolore agli arti


- mal di testa e vertigini
- nausea, vomito, reflusso gastro-esofageo
- depressione
- iperuremia (aumento dell’acido urico nel sangue)
- ipercalcemia (eccesso di calcio)
188

Ma a che serve il genio umano? Da poco è stato elaborato e introdotto


un farmaco di nuova generazione: dovrebbe essere il farmaco contro
l'osteoporosi atteso da tempo. Il suo nome chimico è: denosumab. Come
agisce? Come tutti gli altri bifosfonati, sfrutta soltanto un altro mecca­
nismo per bloccare la funzione degli osteoclasti. Ha effetti collaterali?
Alcuni ne ha...

Gli effetti collaterali osservati piu spesso durante ali studi clinici sono:

- mal di schiena
- dolore a mani e gambe
- reazioni della pelle (eritema, eczema)
- dolori muscolari, ossei, ligamentosi
- aumento del livello di colesterolo
- infezione della vescica
- vertigini
- infezioni delle vie respiratorie superiori
- edema delle mani, piedi, braccia
- sciatica
- insonnia
- artrosi della colonna vertebrale
- reflusso
- anemia
- polmonite
- prurito
- Herpes Zoster
- stato di debolezza generale.

La lista completa degli effetti collaterali è pubblicata sulla pagina FDA:

http://www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_docs/label/2012/
125320s0051lbl.pdf
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 189

Sono soltanto gli effetti collaterali che sono stati notati durante gli studi clinici.
Abbiamo detto prima che centinaia di farmaci sono stati ritirati dal mercato,
eppure è stato consentito il commercio di ognuno di essi, anche dopo questi
studi. Come si vede, gli studi dimostrano una cosa e la pratica un’altra. Che
cosa succederà in questo caso? Sicuramente lo vedremo fra alcuni anni...

Leggendo quanto sopra, possiamo chiederci se tali terapie curano o piut­


tosto sviluppano patologie?

E adesso, come ho anticipato prima, alcune parole sul latte. Si consiglia di


berne molto per prevenire l’osteoporosi. Lo sentiamo in tv, alla radio o nei
giornali. Questo argomento è trattato da esperti di tutte le razze... Strano,
però, che gli scienziati abbiano un’opinione diversa. Sostengono che “ il
consumo di latticini, particolarmente all'età di 20 anni circa, è legato ad un
maggior rischio di rottura del femore in età avanzata”.

Cumming RG, Klineberg RJ. Case-control study of risk factors


for hip fractures in thè elderly. American Journal of Epidemiology
1994; Voi. 139, No. 5.

Allora com'è questa storia? I nostri giovani devono bere molto latte? Per
fare cosa? Per facilitare fratture ossee in vecchiaia?

Tre anni dopo la pubblicazione di questi studi, un altro gruppo di scienziati


ne ha condotti più ampi su 77.761 donne, di età tra i 34 e i 59 anni, per 12
anni. Gli autori hanno concluso che “un aumentato consumo di latte o di altri
prodotti contenenti calcio da parte di donne adulte non previene le rotture
del femore o del braccio”.

Feskanich D, Willett WC, Stampfer MJ, Colditz GA. Milk, dietary


calcium, and bone fractures in women: A 12-year prospective
study. American Journal of Public Health 1997.
190

Il dott. Amy Lanou, direttore del Physicians Committee for Responsible


Medicine, Washington D.C. USA, ha detto chiaramente:

“Nei paesi in cui l’incidenza dell’osteoporosi è maggiore, si consuma


più latte e calcio nell’alimentazione. Quindi il presunto legame tra
consumo di latte e latticini e un miglioramento nella salute delle ossa
è pressoché inesistente.”

Preciso che non sono parole mie. E forse c’è qualcosa di vero nel detto:
“bevi il latte e sarai disabile”.

Questo è tutto sulle cosiddette “cure dell’osteoporosi”.

Come si sa anche gli uomini soffrono di osteoporosi, ma alle donne capita


più spesso. Prima della menopausa, quando il livello degli estrogeni nel
sangue della donna è ancora alto, è più facile la trasformazione della vit.
D nella sua forma attiva, utile per la costruzione delle ossa.

Diminuendo gli estrogeni, questo processo diventa più difficile. Quando dopo
la menopausa gli estrogeni calano bruscamente, aumenta l'attività degli
osteoclasti: il catabolismo (la demolizione) dell’osso aumenta e la massa
ossea diminuisce. Inoltre la diminuzione degli estrogeni provoca la sintesi
di una sostanza che, a sua volta, accelera la formazione degli osteoclasti!
Questa è una maledizione del sesso debole? Non c’è speranza? Sì che
c’è, ma non viene detto ad alta voce...

Che cosa fare allora? Prevenire! Ma ci arriviamo fra un attimo, torniamo di


nuovo alle ossa.

Come nel caso di altri tessuti, l’osso non è solo un rigido elemento, im­
mutabile nel tempo. Forse è difficile immaginarselo, ma l'osso veramente
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 191

vive. Oltre al fatto che costituiscono lo scheletro che sostiene tutto il nostro
corpo, le ossa svolgono altri, non meno importanti, ruoli.

Non tutti sanno che le ossa fanno parte del sistema endocrino, influen­
zano le reazioni a cui partecipa l’insulina, e quindi il passaggio del glucosio
all’interno delle cellule. Studi recenti dimostrano che proprio l'osteocalcina
funziona come un ormone, stimolando il pancreas a secernere l'insulina.
Ma... non è tutto...

Il diabete, come sappiamo, insieme a patologie cardiache, tumori, obesità,


osteoporosi, ecc., è una piaga dei nostri tempi. I costi per la società sono
astronomici. I costi emotivi legati, per esempio, alla necessità di amputare
un piede, sono inestimabili. L’attuale cura del diabete - e qui, questa volta,
esprimo il mio personale parere - è uno scherzo di cattivo gusto!

I malati di diabete di tipo 2 (T2) sanno, a volte, che il loro problema non è la
carenza di insulina. Questo è un problema legato al diabete di tipo 1 (T1).
Nel caso del diabete T 2, invece, fino ad un certo momento c’è eccesso
di insulina e il problema consiste nella diminuita sensibilità cellula­
re all’azione deirinsulinal L'insulina c'è, ma... le cellule sono diventate
resistenti alla sua azione. L’organismo non ama troppa insulina perché il
suo eccesso può essere molto pericoloso. Nella terapia del diabete (ma
che terapia è ? è soltanto un’ inibizione dei sintomi!) la lotta consiste nella
risensibilizzazione delle cellule all'insulina.

Qui vorrei fare una digressione perché ciò che spiego sotto è estremamente
importante. Il diabete è una potente minaccia alla salute. Come mai, per
esempio, 40 anni fa di diabete infantile non si parlava molto? Perché non era
così frequente come oggi. È uno scandalo alimentare il fatto che il diabete
192

di tipo 2 compaia adesso non solo nelle persone dopo i 50 ma, sempre più
spesso, nei giovani e bambini.

Perché lo chiamo scandalo alimentare? Ecco, vorrei citare alcuni fatti


estremamente importanti che riguardano l’alimentazione e la sua influenza
sull’insorgere del diabete. Da dove vengono tanti malati di diabete, parti­
colarmente di tipo 2?

Il meccanismo dell'insorgenza del diabete di questo tipo è relativamente


semplice ma..., come al solito, non se ne parla. Peccato. Sono sicuro che
la sua comprensione aiuti molti lettori ad evitarlo, soprattutto nei bambini.
Dunque...

Sappiamo che le cellule del nostro organismo necessitano di glucosio. Il


glucosio viene introdotto all’intemo delle cellule grazie a particolari tra­
sportatori. L'organismo umano ha una velocità di assorbire i grassi limitata
e se, aH’improvviso, consumiamo moltissimi grassi, il più delle volte avremo
diarrea e ne elimineremo I’ eccesso. Nel caso dei carboidrati, trasformati
poi in glucosio, non c’è questo limite. Quindi, particolarmente dopo aver
assunto zuccheri semplici, cioè alimenti o bevande dolci, assorbiamo quasi
tutti i carboidrati e zuccheri. Senza limiti.

L’eccesso di glucosio nel sangue è molto dannoso per il sistema nervoso, gli
organi interni ecc. Il suo livello nel sangue oscilla, è vero, ma non dovrebbe
superare un certo limite.

Dopo aver consumato un dolcetto o una bevanda contenenti zuccheri


semplici, il glucosio nel sangue sale, e molto. L'organismo si difende allora
contro una quantità così alta di glucosio e attiva meccanismi per abbassarne
il livello. Il pancreas, in risposta al segnale dato daH’organismo, produce
grandi quantità di insulina.
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 193

Grazie all’insulina l’eccesso di glucosio è spinto, quasi forzatamente,


all’interno della cellula. Il suo livello nel sangue si abbassa. Se le cellule,
però, sono sature di glucosio, allora l’eccesso viene trasformato in un’altra
sostanza, il cosiddetto glicogeno, che viene immagazzinato principalmente
nel fegato e nei muscoli. Se il glucosio eccede ancora, allora viene trasfor­
mato (sempre in presenza di insulina) in grasso, depositato, per esempio,
nei fianchi. Risultato: ingrassiamo.

Ingrassiamo non a causa dei grassi. Mangiando grasso non diventiamo


obesi. Ingrassiamo per eccesso di carboidrati.

Come si vede, tutto il meccanismo è molto semplice ed efficace. Allora


dov'è il problema?

Il problema è che il nostro organismo non sopporta l’eccesso di insulina,


che è utilissima in molti casi, ma soltanto in piccole quantità controllate
daH’organismo. Quando però, in seguito a grande consumo di carboidrati,
l’organismo è letteralmente inondato da questo ormone, allora si hanno
effetti negativi perché comincia a difendersi. In che modo?

Quando nel sangue compare IMPROVVISAMENTE troppo glucosio, il


pancreas secerne grandi quantità di insulina che, come già spiegato,
è indispensabile per diminuirne il livello. Non è un problema se succede spo­
radicamente. Se invece avviene regolarmente, allora l’organismo “vede”che
il pancreas non è in grado di soddisfare questa costante richiesta di insulina
e provvede alla formazione di nuove cellule pancreatiche per aumentarne
il numero e l’efficacia.

Di conseguenza il pancreas può produrre più insulina. Purtroppo... a causa


del nostro modo di alimentarci, permane il vizio di mantenere un alto livel­
lo di glucosio. Non cambiamo le nostre abitudini alimentari. Assorbiamo
194

sempre più carboidrati. A un certo punto, la quantità di INSULINA in circolo


diventa pericolosa per la salute. E allora...? Allora lo stesso glucosio, che
all’inizio stimolava la formazione di cellule pancreatiche, ora comincia a di­
struggerle. Cominciano a diminuire e noi non assumiamo meno carboidrati,
non abbassiamo il livello di glucosio, e così nasce il problema: rispetto allo
stesso livello di glucosio abbiamo sempre meno insulina. Ma non è finita...
Ora arriva il peggio. Quando le oscillazioni di glucosio nel sangue sono
relativamente piccole (il colore nero nello schema sotto), non succede
niente di male; quando, però, il suo livello sale rapidamente, a scatti (colore
grigio), allora OGNI VOLTA che il glucosio sale, le cellule diventano più
resistenti all’azione dell’insulina.

Ovviamente più spesso accade e più saie il livello di glucosio, più cresce
la resistenza delle cellule all'insulina.

Il tutto non accade velocemente, ma sempre ad ogni brusco aumento della


glicemia. La situazione è dunque la seguente: le cellule producenti insulina
diminuiscono, diventano sempre più resistenti all'insulina e la glicemia non
diminuisce. L’organismo non riesce più ad abbassarla efficacemente. Effetto:
IL DIABETE DI TIPO 2.
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 195

Vediamo quindi quanto sono pericolosi questi bruschi sbalzi di glicemia.


Perché succede questo? Perché non ci rendiamo conto di alcuni fatti.
Prendiamo, per esempio, un qualunque succo di frutta.

Quasi tutte le mamme offrono ai bambini succhi di frutta, perché sono


sani. Tutti i succhi di frutta in vendita sono pastorizzati, quindi hanno pochi
valori; bisognerebbe, invece, leggere l’etichetta e vedere quanto zucchero
contiene una bottiglietta.

Di solito, tra i carboidrati, sono precisati 10-14 gr di zucchero ogni 100 mi


di succo. Il che significa che 100 mi di succo contengono almeno due
cucchiaini di zucchero, dato che un cucchiaino PIENO pesa circa 5 g.
Solitamente una bottiglietta contiene 330 mi di succo.

Quindi in ogni bottiglietta ci sono quasi 7 cucchiaini COLMI di zucchero.


Domanda: quale madre verserebbe da bere al bambino 300 mi d'acqua
con 7 cucchiaini di zucchero? Ogni giorno. Sicuramente nessuna madre
pensante lo farebbe, ma... con il succo lo fa! E soltanto una volta al giorno?
Lo stesso succede con varie bevande gassate e non. Nel periodo estivo,
come mi dicono le mamme, i bimbi riescono a bere 3 -4 bottigliette di suc­
chi vari. Consumano, quindi, anche 28 cucchiaini di zucchero! C’è di più...,
i bimbi che giocano consumano il glucosio velocemente, con lo sforzo fisico
il glucosio cala, ma...

Dopo poco il bambino riceve un’altra grossa iniezione, grazie a un altro


succo o bevanda. Senza contare che nel frattempo, magari, mangia una
banana o una merendina, una pera, una susina, o chips, croccantini o altri
prodotti ad altissimo contenuto zuccherino.

Ricordiamo che ogni volta che il bambino consuma questo tipo di cibo o di
bevande, si alza velocemente il livello di glucosio nel sangue. Così ogni volta
196

aumenta la resistenza delle cellule all’azione dell’insulina. Passano alcuni


anni e al ragazzo di 12 o 16 anni, improvvisamente, viene diagnosticato il
diabete di tipo 2. Tutti si meravigliano. Perché? Genitori distratti hanno fatto
al figlio questo “regalo”.

Soltanto i genitori? Più di una nonna, nonno, zia o zio si ammalerebbero se


non offrissero al nipotino un cioccolatino, una merendina, una caramella, un
lecca-lecca, ecc. Quando si interrompe il gioco di un bambino con “ vuoi la
merendina?” o “ bevi il succo di frutta” oppure “ nonna ti dà un lecca lecca”,
veramente non so che cosa fare con persone del genere.

Un altro fatto: per qualche motivo il nostro organismo, prima di mezzo­


giorno, è più resistente all’insulina che non dopo mezzogiorno. In altre
parole: Madre Natura ci ha creato in modo che la mattina dovremmo aste­
nerci dal consumo di grandi quantità di carboidrati perché le cellule non le
gradiscono! Che cosa mangiano i bambini proprio la mattina? Un panino
al prosciutto e formaggio? Un uovo? Pane e burro? No..., un panino con
qualche dolcissima sostanza spalmata sopra o una delle tante merendine
confezionate. A scuola, l’acqua? Ma no! Un “sano” succo di frutta, anzi,
meglio due.

E per merenda? Un’altra merendina o qualsiasi altro dolciume. Sì..., proprio


contro natura. E gli effetti sono quelli che sono. L’obesità dei bambini non
è dovuta maggiormente alla mancanza di movimento o alle lunghe sedute
davanti alla tv o al computer. No.., è il risultato dell'eccessivo consumo di
carboidrati. E negli adulti? Lo stesso.

Ora possiamo chiederci: “E che c’entrano le ossa?” Centrano, perché


oltre a stimolare il pancreas, l’osteocalcina, di cui abbiamo parlato prima,
condiziona la sensibilità delle cellule all'azione dell’insulina!
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 197

Lee NK, Sowa H, Hinoi E, et al. Endocrine regulation of energy


metabolism by thè skeleton. Celi 2007; 130(3): 456-69, 11.

Proprio non vorrei ora ripetere: “Chi conosce questi fatti? Chi può non sa­
perli e chi invece dovrebbe?” Perché ancora il libro non è terminato e già
mi sono stancato di insistere su questo.

Un altro problema che comincia ad affliggere gli uomini è un basso numero


di spermatozoi e il precoce calo di testosterone. È un problema molto serio,
legato non solo alla salute.

E che cosa ha a che fare con le ossa?, mi direte. Sono stati pubblicati
studi che dimostrano che l’osteocalcina aiuta a regolare la produzione di
testosterone!

Oury F, Sumara G, Sumara O, et al. Endocrine regulation of male


fertility by thè skeleton. Celi 2011, 44(5): 796-809.

Quando sono stati pubblicati questi studi? Nel 2011. Quanti anni fa? Oggi,
mentre sto scrivendo, sono passati due anni. Chi li conosce oggi? Appunto...

E adesso accenniamo a un altro aspetto importante del calcio: le nostre


cellule, tranne quelle adipose, usano intensamente ioni di sodio e di potassio
per trasportare diversi elementi all’interno e all'esterno delle cellule. Grazie
a questo meccanismo, chiamato “pompa sodio-potassio”, le nostre cellule ri­
cevono tutto ciò che è indispensabile al loro buon funzionamento. Soprattutto
glucosio e aminoacidi vengono trasportati all’interno della cellula.

L’eccesso di calcio altera il delicato equilibrio minerale, causando deposito


di calcio nei tessuti molli. Altera anche l'equilibrio minerale negli spazi in­
tercellulari, che a sua volta provoca ulteriori problemi di salute, compresa
la disfunzione della pompa sodio - potassio.
198

Quando l’organismo riceve troppo calcio, si altera l’equilibrio tra calcio e ma­
gnesio, che deve essere circa 2:1. E così i reni cominciano a risparmiare il
magnesio, perché è carente rispetto al calcio.

Ciò provoca la perdita di grandi quantità di sodio e di potassio proprio


quando l’organismo ne ha un bisogno disperato, perché sodio e potassio
sono necessari perché il cuore batta ritmicamente, perché le cellule mu­
scolari si contraggano efficacemente, perché le fibre nervose conducano
gli stimoli correttamente, perché l'organismo possa regolare la pressione
sanguigna,ecc. Non è possibile disturbare questi processi senza pagarne
il prezzo.

Fonte di sodio è il sale. Non fanno che consigliarci di LIMITARE il consumo


di sale, cioè... di consumare ancor meno sodio. Quante volte sentiamo orgo­
gliosamente dire: “lo il sale non lo uso quasi per niente”. Ha senso? Sì! Ma
soltanto se usiamo il sale sbagliato. Il sale cattivo provoca tanti problemi,
ma non tutti i sali sono cattivi.

Perdendo sale provochiamo altri problemi. Il nostro stomaco funziona


correttamente solo quando è molto acido. Soltanto in questo caso svolge
bene il suo ruolo. I succhi gastrici sono composti principalmente da acido
cloridrico. Qual è il componente dell’acido cloridrico? Il cloro. Qual è il
modo sicuro per introdurre cloro neH’organismo? Ricordiamo la sostanza
il cui simbolo chimico è NaCI, cioè SODIO e CLORO? Questo è il sale.
Si può somministrare acido cloridrico per bocca. Approfondiremo questo
argomento quando “prenderemo per le corna” il reflusso, che infastidisce
tante persone. Si può somministrare acido cloridrico anche per via endo­
vena! Ma questo, a dopo.

Uno stomaco fortemente acidificato costituisce una barriera naturale contro


diversi patogeni: batteri, parassiti, muffe, funghi. Anzi..., un giusto grado di
acidità permette allo stomaco di assorbire tante sostanze indispensabili.
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 199

Uno stomaco alcalinizzato, cioè meno “acido”, non permette l’assorbimento


di ferro o di vitamina B12. E quindi: anemia, Ma... non solo. Una insuffi­
ciente acidità significa che non digeriamo bene le proteine, e questo crea
una serie di problemi, comprese le allergie e il reflusso (SII! spesso è un
sintomo della scarsa acidità nello stomaco). L'influenza che ha l’acidità
di stomaco sulla nostra salute è decisamente sottovalutata.

Passiamo ora alle arterie, la cui stenosi porta all’infarto. Un restringimento


del lume delle arterie, la cosiddetta “placca aterosclerotica”, è - in linea di
massima - una formazione composta da calcio, colesterolo e coaguli.
Capita che un trombo (un coagulo all'Interno dei vasi sanguigni) si stacchi,
diventando embolo, per bloccare, per esempio, l’arteria che porta il sangue
alla maggior parte del muscolo cardiaco e in tal caso si può verificare un
decesso immediato. Se l’embolo blocca una piccola arteria, a volte un in­
farto può anche passare inosservato. Se invece va ad occludere un'arteria
cerebrale, abbiamo un ictus. L’ipossia conseguente all’infarto o all’ictus
può interessare una maggiore o minor parte o del muscolo cardiaco o del
cervello con gli esiti più o meno gravi che tutti conosciamo.

Nella maggior parte dei casi l'impedimento di flusso nelle arterie si verifica
piuttosto lentamente perché la placca aterosclerotica non si forma da un
giorno all’altro. Ma.... è una conseguenza inevitabile. Quando inizia? Presto,
perché segni di cambiamenti aterosclerotici vengono già alla luce in giovani
di circa 25 anni di età. Quindi è un argomento importantissimo anche per
i lettori giovani, se ce ne sono, perché generalmente a questa età si pensa
di essere indistruttibili.

Come si vede, la placca aterosclerotica è pericolosissima. Con questo il


colesterolo non è mai stato, non è, e mai sarà la sua causa. Un livello
di colesterolo alto o basso - contrariamente all’opinione sbagliata, diffusa
anche dai medici - non significa che avremo maggiore o minore probabilità
d’infarto. Se il colesterolo fosse la causa dell'aterosclerosi, allora persone
200

con un basso livello di colesterolo non dovrebbero soffrirne, e di infarto, in


tal caso, non si dovrebbe neanche parlare.

Ed ora attenzione!... La verità è un’altra. Lo so che sarà una sorpresa: sta­


tisticamente vanno incontro all'infarto lo stesso numero di persone sia
con basso che con alto livello di colesterolo.

Fonarow GC, French WJ, Frederick PD. Trends in thè use of


lipid-lowering medications at discharge in patients with acute
myocardial infarction. Am. Heart J. 2009; 157(1): 185-194e2.
doi:10.1016/j.ahj.2008.09.001.

Se così è, perché abbassare il livello di colesterolo assumendo “farmaci”,


se in realtà non c’è nessun vantaggio e gli effetti collaterali sono invece
molto seri? Studi pluriennali dimostrano che più alto è il livello di coleste­
rolo, più lunga è la vita e viceversa. Il tema colesterolo, e le volgari bugie
o equivoci legati all'abbassamento del suo livello, saranno l’argomento del
mio prossimo libro.

Torniamo al calcio. Ho accennato sopra che il processo di costruzione


e demolizione delle cellule ossee è continuo. Si è notato, inoltre, che cellule
ossee si formano non solo nelle ossa. Se non nelle ossa, allora dove?

E qui avremo un’altra sorpresa: a volte succede che l’Indurimento delle


arterie, provocato dal calcio ivi depositato, è un tessuto osseo a tutti
gli effetti! Osso? Nelle arterie? Possiamo immaginare qualcosa del gene­
re? Si..., è difficile. E poi di che osso si parla senza il midollo? Detto troppo
presto: anche l’osso nell’arteria può avere... il midollo!

Bostròm K, Watson KE, Horn S, et al. Bone morphogenetic protein


expression in human atherosclerotic lesions. J. d in . Invest. 1993;
91(4): 1800-09.
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 201
Gli osteoblasti e gli osteoclasti sono impazziti completamente, senza con­
trollo, costruendo ossa nelle... arterie.

Gli autori del lavoro appena citato scrivono che, se esaminiamo al micro­
scopio quel tessuto osseo, potremo constatare che... non si nota alcuna
differenza con il tessuto osseo, per esempio, del nostro scheletro. In altre
parole: la calcificazione delle arterie è un processo di costruzione di ossa,
solo che ciò succede nel posto sbagliato. Che cosa provoca allora questo
errore? Forse, in realtà, il problema non è l'eccesso di calcio ma il suo
trasporto nel posto giusto (ossa e denti)?

Magari sarebbe meglio avere un “poliziotto” che dirige il traffico di calcio


e lo indirizza nel posto giusto? Sì..., questo sarebbe il massimo. È possibi­
le? Sì. Allora perché non succede? Forse non è determinante la quantità
di calcio? Che cosa succede con il calcio una volta assorbito e portato
nel circolo sanguigno? Che cosa causa questo suo caotico e pericoloso
depositarsi nelle arterie? Che cosa è importante per la prevenzione e cura
dell'osteoporosi? Perché la maggior parte delle donne, ma anche degli uo­
mini, di una certa età sono condannati alle sofferenze provocate da questa
patologia?

Adesso sappiamo che tutto questo è un effetto della carenza di vitami­


na K2.

Ah..., è semplice. Un salto in farmacia, solo una vitamina, sicuramente pos­


siamo comprarla senza ricetta. Chiediamo e, subito, la risposta: “Sì abbiamo
la vitamina K”. Allora noi: “Non K, ma K2, cioè menaquinone”. Uuuuups!
E ora cominciamo le solite “arrampicate”, comincia la verifica dei prodotti
di tutti i grossisti. Non c’è! “Abbiamo K1.." e noi: “No, no. DEVE essere la
K2”. Non volendo provocare ulteriore imbarazzo al farmacista, usciamo.
Cerchiamo “un aiuto” altrove..., forse dal nostro medico o dietologo? Qui
mi fermo: possiamo indovinare la risposta.
202

Prima di continuare dobbiamo chiarire in modo molto sintetico - prometto


- come funziona la vitamina K2.

La vitamina K2 attiva alcuni composti albuminici che sono presenti nel nostro
organismo, ma è come se si fossero addormentati. Sono pronti all’azione,
ma solo se qualcosa li "sveglia”. Una di queste sostanze, nominata prima,
è l’osteocalcina

Ora, attenzione: l’osteocalcina che dalla Vit K2 viene “svegliata”, cioè


attivata, fa sì che il calcio venga diretto nelle ossa e nei denti, cioè
là dove deve andare.

La vitamina K2 attiva anche un’altra proteina, chiamata MGP, che fa sì


che il calcio già depositato, per esempio, nelle arterie o altri tessuti molli,
venga rimosso. Ricordiamoci solo queste tre lettere: MGP, perché ci
torneremo su ancora.

Quando la vitamina K2 è carente, queste due sostanze, osteocalcina e MGP,


dormono, non sono attive, non funzionano. Non c’è nessuno - o meglio
niente - che diriga il calcio alle ossa o ai denti; non c’è niente che possa
spostare via il calcio, già depositato nelle arterie o in altri tessuti, fuori da essi
e dirigerlo nelle ossa. Che cosa succede allora? Tutto ciò che ho descritto
sopra. Il calcio inizia a spostarsi caoticamente, scegliendo la via più facile,
verso i tessuti molli; “farsi strada” verso i tessuti duri (ossa e denti) è troppo
difficile. Ovviamente non tutto il calcio assorbito si deposita nelle arterie.
Alcuni studi indicano che la quantità di calcio, rispetto ad altri componenti
delle placche aterosclerotiche, è quasi costante; altri studi indicano che la
quantità di calcio a volte è altissima, a volte bassissima. Per noi non ha
importanza. Importante è che l’arteria non è la giusta sede per il calcio.
E qui basta.

Ancora un attimo di pazienza...


Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 203

Nel nostro organismo, ogni secondo della nostra vita, hanno luogo tante
e diverse reazioni chimiche. Alla maggior parte di esse partecipano le al­
bumine, che sono enzimi. Un enzima è una sostanza che catalizza alcune
reazioni, oppure controlla il loro decorso e, per poter cominciare a lavorare,
ha bisogno di un certo tipo di aiuto, un input, un liberatore. Questo liberatore
(o cofattore) è la vitamina K2, che provoca l'attivazione di un’enzima, che
a sua volta attiva la giusta forma di osteocalcina e MGP, permettendo loro
di legarsi con il calcio. Questo processo riguarda anche la vitamina K1 ma,
per semplificare, mi limito al minimo indispensabile.

Che cosa ha a che fare tutto questo con il fabbisogno di vitamina D? Più
vitamina D c'è, più facilmente il calcio viene assorbito. Va bene, ma... più
calcio che non sa dove andare, è un male, grande male. Che cosa significa?
Significa che - in particolar modo quando prendiamo supplementi di
vitamina D3 o preparati di calcio - abbiamo bisogno di tanta vitamina
K2; altrimenti ci creeremo seri problemi di salute. Non vorrei annoiare
con la solita domanda “ Ma... chi lo sa? Chi ne parla?”. Lo so, mi ripeto,
ma è difficile non farlo quando la società è completamente disinformata,
quando ci ammaliamo a migliaia soltanto perché ci manca la giusta infor­
mazione. La persona comune non è obbligata a cercare informazioni su
come mantenersi in buona salute; paga per la maggior parte della sua vita
perché altri si informino e sappiano curarla EFFICACEMENTE quando
si ammalerà.

Ancora più importante sarebbe che qualcuno, la cui formazione paghiamo


in quanto contribuenti, ci dicesse come prevenire le malattie. Che farsene
dei programmi radio o televisivi che spiegano come curare le varie malat­
tie? Il cittadino medio vuole sapere COME curare? Probabilmente, no... Un
cittadino medio è, o comunque dovrebbe essere, più interessato a come
prevenire le malattie che possono capitargli in qualsiasi momento della vita.
E a proposito di chi decide come distribuire i fondi dello Stato? Prevenire
costa molto meno che curare.
204

Come ho dimostrato sopra, la scarsa conoscenza non solo colpisce, ma


è proprio pericolosa! Un esempio preso dalla vita (accennato prima, in oc­
casione della descrizione della vit.D): una trasmissione radiofonica (a dire il
vero non solo una e non solo radiofonica) ascoltata da migliaia di persone.
Si parla di osteoporosi. Per 20 minuti ascolto come si “cura" l’osteoporosi.
La “cura" - l’ho già descritto - è tragica; e poi, per più di 10 minuti, si parla
di prevenzione, e sento soltanto “più calcio”. NIENTE, invece, viene detto
sulla vitamina D, e nemmeno mezza parola sulla vitamina K2, senza le quali
questi consigli sono semplicemente pericolosi. Allora non ho veramente il
sacrosanto diritto di arrabbiarmi?

Questo tipo di consigli veniva elargito niente di meno che da un professore di


medicina di “età avanzata”, specialista in malattie delle ossa, e da una signora
dietologa piuttosto giovane. Allora la mia salute è nelle mani giuste? Se un
professore universitario diffonde consigli sull’osteoporosi, risalenti ad una co­
noscenza di 40 anni fa, e la giovane signora li ripete, che cosa devo pensare?
Chi ne sa di più al proposito: un professore? No. Una dietologa diplomata?
Neppure. A chi devo rivolgermi per curare l’osteoporosi della mamma, nonna,
nonno, conoscente, ecc? A chi devo chiedere aiuto, un consiglio su come
prevenire questa patologia? Se non mi prendo io cura di me stesso, chi lo fa?
Il mio indaffarato medico di famiglia che, quando gli ho chiesto della vitamina
K2, ha sbarrato gli occhi stupito? E quando gli ho chiesto una ricetta per la
vitamina D (si trattava di Dewikap) mi ha risposto che è solo per i neonati?

Le vitamine ed i minerali nel nostro organismo funzionano come attivatori,


cofattori, aiutanti, liberatori, ecc. È una specie di sistema dei vasi comunicanti.
Con carenze di vitamine e minerali il nostro organismo non può funzionare
correttamente. In genere siamo consapevoli della necessità di far uso di
vitamine, ma molto meno consapevoli della necessità di assumere minerali.
Senza di essi le vitamine non sanno che cosa fare. Di minerali di solito non
si parla, o se ne parla appena.
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 205

Mancanza di Vit. D, carenza di Vit. K2, eccesso di calcio: le conseguenze


sono gravi. Sembra un circolo vizioso che si alimenta da solo, provocando
problemi di salute sempre più pericolosi. Che cosa rappresenta dunque
la Vit. K2?

La storia della Vit. K2 è affascinante. Non la descriverò qui interamente,


ma alcuni importantissimi fatti meritano di essere ricordati.

Nato nel 1870, Weston A. Price, medico dentista americano, era un uomo
straordinario. Non si limitava solo a trapanare I denti, ma... pensava. Non ai
soldi che guadagnava e che, ovviamente, erano in proporzione al numero
dei suoi pazienti. Si chiedeva del perché di tanti pazienti, se le patologie
dentali neH'uomo fossero naturali e perché stranamente così diffuse. Viaggiò
molto. Lontano. Girò tutto il mondo, dall’Alaska fino alle primitive regioni
dellAfrica, Australia, Nuova Zelanda, le isole del Pacifico e della Scozia,
dai paesini inaccessibili della Svizzera ai deserti delle Ande o nella giungla
sudamericana. Notò che i popoli che vivevano in posti così isolati erano
sani, avevano denti sani e non usavano né dentifrici né spazzolini. Anzi,
erano sorprendentemente resistenti alle malattie che, già allora, erano una
vera piaga della civilizzazione.

Il dott. Price notò che appena qualcuno abbandonava questi posti, da noi
considerati “selvaggi", per trasferirsi in paesi “civilizzati”, subito veniva as­
salito dalle stesse malattie che distruggevano noi tutti. Succedeva sempre.
Senza eccezioni. Osservò anche che per prima cosa compariva la carie
dentale. Già allora notò il legame, che noi oggi scopriamo di nuovo, tra la
salute dei denti e il rischio della comparsa di cardiopatie.

De Oliveira C, Watt R, Hamer M. Toothbrushing, inflammation,


and risk of cardiovascular disease: results from Scottish Health
Survey. SMJ2010, 340: c2451.
206

Rimase intrigato dal fatto che, non appena la prima generazione dei genitori
della “giungla” cominciò ad alimentarsi come noi adesso, le facce dei loro
figli - cioè la seconda generazione - cambiavano. Più frequentemente la
parte cranio-facciale si restringeva, si storcevano i denti e compariva un
affollamento per mancanza di spazio nelle mascelle visibilmente più strette.

Photo C Prioo-PottEOgcr Nutritati Foundkboo Photo G Prioe-Pattrager Nutritaa Fountatac


wurw.pfioft-potlagar.arg www.ptioft-poaagar.arg

Foto: a sinistra un ragazzo dell'isola Samoa, figlio di genitori che si nutri­


vano in modo tradizionale. Il ragazzo a destra, anche lui di Samoa, è figlio
di genitori con alimentazione “occidentale”!

Price descrisse centinaia di casi simili in persone appartenenti a razze diverse.


La conclusione fu: “Probabilmente il problema non è una sostanza contenuta
nella dieta “occidentale” che provoca questo tipo di deformazioni e malattie den­
tali e gengivali. Tutto porta a pensare che esista una sostanza, LA MANCANZA
della quale nella dieta genera problemi di questo tipo”. Per molto tempo non
seppe che sostanza fosse e, per questo motivo, la chiamò sostanza X.

Price, WA. N u tritio n a n d P h ysica l Degeneration, 8th ed. 2008. La


Mesa, CA: Price-Pottenger Nutrition Foundation, 1.
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 207

Fece migliaia di analisi chimiche. Le conclusioni furono sempre le stesse: l’ali­


mentazione della gente lontana dall’Occidente conteneva almeno quattro volte
più minerali e vitamine idrosolubili e oltre dieci volte più vitamine liposolubili, del­
la dieta "occidentale." Da eccellente investigatore trasse ulteriori conclusioni.

Nelle sue ricerche dimostrò che le vitamine liposolubili costituiscono la base


di una dieta sana. Le chiamò attivatori.

Nella sua pubblicazione, a pagina 241, scrisse:


4

“È possibile soffrire per carenza di minerali, abbondantemente presenti


nella dieta, se non possono essere utilizzati dall’organismo a causa della
mancanza di attivatori liposolubili”

Price, WA. N utritio n and P hysical Degeneration, 8th ed. 2008. La


Mesa, CA: Price-Pottenger Nutrition Foundation, 241.

Questa pubblicazione, durante la stesura di questo libro, era disponibile


gratuitamente su:

http://journeytoforever.org/farm_library/price/pricetoc.html

Analizzando diverse sostanze nutritive, ne individuò una in particolare che


aveva un’influenza decisamente superiore sul nostro stato di salute, soprat­
tutto di denti e ossa. Individuò questa sostanza nei rossi d’uovo, nelle uova
dei pesci, in alcuni organi e particolarmente nel grasso del burro proveniente
dalle mucche che pascolavano su erba che cresce velocemente. In questo
tipo di burro isolò le frazioni lipidiche che contenevano questa sostanza
e cominciò a somministrarla ai suoi pazienti come integratore alimentare.

Potè farlo perché a quei tempi non esistevano ancora i meccanismi che
vietavano, come oggi, di somministrare ai pazienti qualcosa che non fosse
208

passato attraverso studi costosissimi, non fosse pubblicato nelle riviste della
“lista” di Filadelfia, non fosse sintetizzato artificialmente, ecc. Questa filiera la
conosciamo già. Nessuno lo insultava chiamandolo ciarlatano o stregone che
usa mezzi non ammessi, alternativi o quant’altro. Risultati delle sue terapie?
I pazienti curati con questo “rimedio miracoloso” in breve non ebbero bisogno
di trapano, altre cure, otturazione di denti, ecc. Documentò tutti i risultati e li
pubblicò, mostrando tanti esempi di radiografie, tipo “prima” e “dopo" l’appli­
cazione di una dieta leggermente modificata. I risultati toglievano il flato.

Negli anni successivi gli scienziati cercarono di identificare questa misteriosa


sostanza. Solo nel 2007 il mistero fu svelato e descritto:

Masterjohn C. On thè trail of thè elusive X-factor: A sixty-two-


year-old mystery finally solved. Wise Traditions 2007; volume 8,
number 1, pp. 14-32.

Price mostrò che una carenza di vitamine liposolubili, e particolarmente -


come sappiamo adesso - della Vit. K2, responsabile della giusta distribuzione
di calcio nell’organismo, è causa della demineralizzazione di ossa e denti.
Purtroppo a quei tempi egli non aveva accesso alla tecnologia moderna.
Peccato, perché si sarebbe reso conto subito di quanto aveva ragione!
Avrebbe potuto verificare che la carenza di vitamina K2 fa sì che il calcio
si depositi nelle arterie e altri tessuti molli.

Nonostante non avesse accesso alla tecnologia, notò il seguente fatto,


importantissimo:

Aumentando la quantità di Vit. K2 nella nostra dieta, quasi automatica-


mente diminuisce il numero di decessi per cardiopatie e... viceversa.

Tutto ciò non ci fa riflettere? Che ne pensano al proposito cardiologi o altri


specialisti? E i dietologi? E che cosa rispondono tutti quei sapientoni, spe­
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 209

cialisti in “prevenzione" delle cardiopatie? Lo dico io: niente! Perché non


ne sanno niente. Qualche lettore ha mai sentito il suo medico curante una
sola volta parlare dell’influenza della Vit. K2 sulla nostra salute? Eppure
bastano pochi minuti e il preziosissimo internet “sputerà” una marea di studi
scientifici riguardo a questo argomento.

Price fu prima di tutto un CLINICO. I suoi studi non saranno mai ripetuti,
perché chi li finanzierebbe? Perché allora queste conoscenze, esistenti da
70 anni, sono sprofondate nel dimenticatoio? Ritorniamo comunque alla
vitamina K2.

Nel 1943 uno scienziato americano, Edward Doisy, e un biochimico danese,


Henrik Dam, ricevettero il premio Nobel per la medicina e la fisiologia grazie
alla scoperta della sostanza coinvolta nella coagulazione, cioè la Vit. K1.
Ambedue sapevano che la Vit. K si presenta in due forme, segnate come
K1 e K2, che avevano anche nomi diversi:

- Vit. K1 o filochinone, fitomenadione, phylloquinone

- Vit. K2 o menachinone, menaquinone

Eppure per più di mezzo secolo si è ritenuto che fosse LA STESSA vita­
mina; non si è fatto caso alle diverse proprietà di queste due forme e, di
conseguenza, dei diversi ruoli che hanno nell’organismo.

Anzi, lo stesso Henrik Dam disse che: “ Sembra poco probabile che la vita­
mina K come tale possa svolgere un qualsiasi ruolo nella prevenzione
della carie dentale ”. Se, dicendo “come tale”, intendeva la Vit. K1, ovviamen­
te aveva ragione; però la Vit. K2 svolge un ruolo notevolmente DIVERSO.

Ancor oggi, tanti anni dopo la scoperta dell'esistenza della Vit. K2 e della
sua funzione completamente diversa da quella della Vit. K1, queste due
210

vitamine sono continuamente trattate come se fossero la stessa cosa. Su


tante pagine Internet, i cui autori sono specialisti medici, continuamente
vengono confusi i ruoli di ambedue le vitamine, nonostante questi siano
completamente differenti! Mi fa orrore, perché non abbiamo a che fare con
un tubo che perde, ma con un organismo umano, e un po’ di precisione
farebbe una grande differenza.

Come si può scrivere che “è stata dimostrata una relazione positiva tra il con­
sumo di Vit. K nella dieta e una notevole diminuzione del rischio di fratture in
un gruppo di donne che assumevano alte dosi di vitamina K”? In quale forma?
Se solo laVit. K1 è di solito conosciuta, qualcuno può pensare che ci si riferi­
sca alla sua forma (K1). E non è così! Questa mancanza di precisione è molto
pericolosa. Se qualcuno, desiderando integrare l’alimentazione nella speran­
za, per esempio, di combattere l'osteoporosi, chiedesse in farmacia la Vit. K,
sicuramente otterrebbe la Vit. K1! E non è quella giusta! Errata è anche la
convinzione che sia sufficiente 1 microgrammo di Vit. K al giorno solo perché
così ha deciso una qualche organizzazione. Possiamo dormire tranquilli?

La Vit. K1 si ricicla nell’organismo e per questo motivo ne bastano quantità così


piccole. Ma non avviene lo stesso con la Vit. K2, della quale occorrono 100,
ma anche 500 microgrammi al giorno! Così parlare di Vit. K senza precisare di
quaie tipo, è come dire a qualcuno di prendere la macchina. E alla domanda
“Quale?”, rispondere: “Come, quale? Quella che ha 4 ruote e un volante".

Mi spiego meglio. È poco chiaro a tutti, e non accettabile da un medico, dire


che un malato soffre di carenza di vitamina B. Subito verrebbe chiesto:“Ma
quale vitamina B? Ce ne sono tante e ognuna ha funzioni diverse!”

Ogni medico si altererebbe se un collega confondesse la Vit. B12 con, per


esempio, la B3, solo perché.... una è B a l’altra è B. Un medico così distratto
sarebbe giudicato male. Ma quando la stessa precisa cosa accade con la
Vit. K1 e K2 non si odono proteste. Perché? Perché per contestare qual­
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 211

cosa bisogna avere sull’argomento almeno conoscenze di base. Questo


conferma che la conoscenza, anche tra i medici, sulla Vit. K2, è pratica-
mente nulla.

Per molto tempo ancora si è pensato che la carenza di Vit. K fosse facile da
diagnosticare e anche molto rara, e che questa vitamina avesse un ruolo
soltanto nella coagulazione.

Finché nel 1975 gli scienziati scoprirono un’albumina Vit. K2 dipendente,


l’osteocalcina. Nonostante questa fantastica scoperta, il mondo medico
ignorò la notizia; soltanto nel 1997 fu scoperta la “marea” di funzioni che la
vitamina K2 ha nell’organismo! Scrivo questo libro nel 2013,16 anni dopo.
E in tutti questi anni non avremmo dovuto gridare ad alta voce queste
scoperte? Fare qualcosa di concreto? INFORMARE la gente che esiste un
rimedio così semplice per non ammalarsi? Ancora non ci viene detto niente
delle vitamine K2, D, A, E e di altre sostanze,pur sapendo che hanno un
incommensurabile ruolo nella prevenzione di malattie della nostra civiltà
che costano cifre da capogiro ad ogni stato. Questo libro è un mio grido
personale. Ma perché sono io a dover gridare?

O forse - come scrisse il poeta Wladyslaw Broniewski - dovrei aver paura?

Quando all'improvviso di notte,


nel frastuono di ferro
soldati picchieranno alla porta
con i loro fucili?

E allora che succederà? Scherzo, ma...

Quando il dottor Semmelweis rese noto che i medici possono provocare


infezioni mortali se non si lavano bene le mani prima di un’operazione, il
mondo medico gli si rivoltò contro. Fu distrutto dal suo stesso ambiente. Fu
rinchiuso in manicomio (può capitare anche a me?). Ma alla fine i medici
cominciarono a lavarsi le mani prima delle operazioni ed oggi per tutti noi
è cosa ovvia. Peccato che cominciarono a farlo 50 anni dopo la scoperta
di Semmelweis!

Quante persone sono morte nel frattempo? Inutilmente. Quante hanno


sofferto per la morte dei loro cari e quante soffrono ancora, solo perché
non ci viene detto ciò che OGNI uomo dovrebbe sapere? A meno che...
non voglia morire prima.

La Vit. K2 ha un'azione miracolosa non solo nel caso di cardiopatie o ma­


lattie di ossa e denti, ma anche nell'invecchiamento, tumori, Alzheimer,
sclerosi multipla, ecc.

Booth SL. Skeletal functions of vitamin K-dependent proteins:


Not just for clotting anymore. Nutr. Rev. 1997; 55(7): 282-84.

Cranenburg EC, Schurgers LJ, Vermeer C. Vitam in K: The


coagulation vitamin that became omnipotent. Thromb. Haemost.
2007; 98(1): 120-25.

Gast GC, et al. A high menaquinone intake reduces thè incidence


of coronary heart disease. Nutr. Metab. Cardiovasc. Dis. 2009;
19(7): 504-10;

Beulens JW, et al. High dietary menaquinone intake is associated


with reduced coronary calcification. Atherosclerosis 2009; 203(2):
489-93.

McCann JC and Ames B. Vitamin K, an example of triage theory:


Is micronutrient inadequacy linked to diseases of aging? Am.
J. d in . Nutr 2009; 90(4): 889-907, doi:10.3945/ajcn.2009.27930.
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 213

Vermeer C and Theuwissen E. Vitamin K, osteoporosis and


degenerative diseases of ageing. Menopause Int. 2011; 17:19-23,
doi:10.1258/mi.2011.011006.

Geleijnse JM, Vermeer C, Grobbee DE, et al. Dietary intake of


menaquinone is associated with a reduced risk of coronary
heartdisease: The Rotterdam Study. J. Nutr. 2004; 134: 3100-05

Pizzorno L. Vitamin D and vitamin K team up to lower CVD risk.


LongevityMed. Rev., online reference. http://www.lmreview.com/articles/
view/vitamin-d-and-vitamin-k-team-up-to-lower-cvd-risk-part-l/

Kameda T, Miyazawa K, Mori Y, et al. Vitamin K2 inhibits osteoclastic


bone resorption by inducing osteoclast apoptosis. Biochem.
Biophys. Res. Commun. 1996; 220(3): 515-19.

Kimur I, Tanizaki Y, Sato S, Saito K, Takahashi K. Menaquinone (vitamin


K2) therapy for bronchial asthma. II. Clinical effect of menaquinone
on bronchial asthma. Acta Med. Okayama 1975; 29(2): 127-35.

Fa pensare il fatto che un farmacista non sappia NIENTE della vitamina K2;
anche gli studenti di medicina non ne sanno granché e - quel che è peggio
- poco anche i medici. Allora diciamo ora qualcosa sull’argomento, sosti­
tuendo le varie Facoltà di Medicina, perché nessuna di queste informazioni
ho trovato in un qualche libro di testo per studenti di medicina. Forse questo
libro dovrebbe diventare per loro “ lettura obbligatoria”? Ovviamente sto
scherzando, ma forse non del tutto! Comunque, se lo leggono, impareranno
qualcosa in più, il tutto a vantaggio dei loro futuri pazienti, visto che a lezione
non ne hanno sentito parlare, e neppure nei libri.

Anche se di Vit. K ve ne sono almeno sette tipi, per noi le sue due forme
più importanti sono la K1 e la K2.
214

La Vit. K1 è presente in una forma, ma la K2 ha due forme che ci interes­


sano.

Vitamine K2-MK7 e K2-MK4

Non analizzeremo qui le differenti strutture chimiche, ma ci concentreremo


su ciò che è importante per noi nella nostra PRATICA.

Fonte di Vit. K1 sono principalmente le verdure a foglia larga. Fonti di Vit. K2


sono almeno due, a seconda della versione K2-MK4 o K2-MK7. La Vit. K2-
MK4 è prodotta nei tessuti animali e le sue fonti principali sono: carne, rossi
d’uovo e burro. Invece la vitamina K2-MK7 si forma in presenza di batteri.

La Vit. K1 svolge il suo ruolo principale nella coagulazione, mentre la


Vit. K2 non ha quasi nessuna influenza su di essa. Veramente esiste un
meccanismo che permette la trasformazione della Vit. K 1 in Vit. K2 e vicever­
sa (succede nell’intestino), ma in questo modo si forma pochissima vitamina
K2 che non influisce in realtà sul livello delle vitamine K nell’organismo.

Suttie JW. The importance of menaquinones in human nutrition.


Annual Revìew o f Nutrition 1995; 15:399-417. doi:10.1146/annurev.
nu.15.070195.002151. PMID 8527227.

Weber P. Vitamin K and bone health. Nutrition 2001; 17(10): 880-887.


doi:10.1016/S0899-9007(01)00709-2. PMID 11684396.

Quindi abbiamo una quantità sufficiente di vitamina K2? Si è visto che non
è così. Da qui deriva tutto il ventaglio di problemi di salute che ho citato
sopra. Non c'è il minimo dubbio che la miglior fonte di qualsiasi nutriente
è l’alimentazione. Purtroppo sappiamo quale tipo di alimentazione abbiamo
oggi e non mi dilungherò su questo. Chi è interessato a questo argomento si
rende conto che l’alimentazione odierna è più fonte di problemi di salute che
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 215

di salute stessa. Secondo me nessuna integrazione è migliore di una sana


alimentazione, ma viviamo in tempi in cui non possiamo contare sui nutrienti
contenuti nel nostro cibo. E quindi l’integrazione è un male necessario.

Se consideriamo seriamente un'integrazione con Vit. K2, dobbiamo cono­


scere le differenze tra le sue due versioni.

Vitamina K2-MK4

Come ho già detto, la sua fonte naturale sono i prodotti di origine animale.
Gli integratori contenenti questa vitamina,comunque, non sono del tutto
naturali. Forse qualcuno troverà la vitamina K2-MK4 nella forma presente,
per esempio, nel rosso d’uovo, lo non l’ho trovata. Isolare naturalmente
la vitamina K2-MK4 è molto costoso. Così viene prodotta sinteticamente,
estraendola dalla pianta Nicotiana tabacum, ovvero il tabacco. La vitamina
K2-MK4 la si può trovare anche con il nome “Menatetrenone".

Come indicano gli esempi clinici, l’uso di questa forma di vitamina K2 per­
mette il pieno sfruttamento dei suoi vantaggi e delle sue proprietà.

La dose-tipo della K2-MK4 usata in tanti studi è di 45 mg al giorno.

A differenza di altri integratori ottenuti attraverso la sintesi chimica, l’uso


di questa forma di Vit. K2 sembra essere abbastanza sicuro. Si presenta,
però, un piccolo problema. Ricordiamo che cosa è l’emivita di un farmaco.
Di una qualsiasi sostanza assunta che ha un’emivita (il tempo di dimezza­
mento) di un'ora, dopo un’ora nel sangue ne rimane solo la metà. Nell’ora
successiva rimane solo un quarto della quantità iniziale, ecc.

Per sfruttare appieno una sostanza nell’organismo, essa deve permanere ad


un certo livello per un minimo di tempo sufficiente. Altrimenti se il suo livello
nel sangue scende al di sotto del livello terapeutico, l’effetto del suo uso può
216

essere minimo o addirittura nullo. La vitamina K2-MK4 ha un’emivita relativa­


mente breve. Rimane nel sangue solo alcune ore e abbastanza presto scende
a un livello che non ha valore terapeutico, cioè... “non funziona più”. Per man­
tenere il livello giusto bisogna assumerla almeno tre volte al giorno, per
esempio 15mg 3 volte al giorno. Questo può essere il motivo per cui alcune
persone non riescono a mantenere il livello terapeutico minimo, curativo.

Vitamina K2-MK7

Come integratore esiste da poco tempo. È stato dimostrato più volte che
ha gli stessi pregi della MK4, ma la sua emivita è più lunga, quindi non
c’è bisogno di assumerla 3 volte al giorno: ne basta una somministrazione.

Schurgers LJ et al. Vitamin K-containing dietary supplements:


comparison of synthetic vitamin K1 and natto-derived mena-
quinone-7. Blood 2007; 109(8): 3279-83.

Inoltre gli scienziati olandesi:

Gast GC, de Roos NM, Sluijs I, Bots ML, Beulens JW, Geleijnse JM,
Witteman JC, Grobbee DE, Peeters PH, van der Schouw YT. A high
menaquinone reduces thè incidence of coronary heart disease
in women. Nutr. Metab. Cardiovasc. Dis. 2009

van Summeren MJ, van Coeverden SC, Schurgers LJ, Braam LA,
Noirt F, Uiterwaai CS, Kuis W, Vermeer C. K vitamins status is
associated with childhood bone minerai content. B r J. Nutr.
2008; 1-7.

dopo 10 anni di studi e osservazioni hanno dimostrato che la versione MK7


della Vit. K2 ha un’importanza fondamentale per prevenire l’accumulo
di calcio nelle arterie.
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 217

In altri studi hanno osservato 4.600 uomini di età superiore ai 55 anni,


dimostrando che: chi aveva un maggiore livello di Vit. K2, aveva il rischio
di aterosclerosi grave più basso del 52%; il rischio di patologie coronarie
inferiore del 41%; il rischio di morte a causa di patologie coronarie minore
del 51%, e il rischio di morte per altre cause minore del 26%.

Come si vede, l’influenza della Vit. K2 sulla prevenzione delle patologie


coronarie è maggiore di quanto ci si potrebbe aspettare. E rileviamo anche
che prevenire quel fenomeno, che senza pietà spedisce centinaia di persone
al giorno “all’altro mondo”, può essere banalmente semplice!

Ma si è sentito qualcosa in proposito? Come sempre, niente. Chi ne è con­


sapevole? C’è un lettore che, leggendo per l’ennesima volta in questo libro
quanto è importante questa vitamina per LA PREVENZIONE della scle­
rosi delle arterie (che porta direttamente a infarto o ictus), ha mai sentito
QUALCOSA in proposito, ovunque..., alla radio, in TV, sui giornali, dove tanti,
spesso esperti e altamente titolati, si esprimono sulla cosiddetta “lotta contro
l'aterosclerosi”? Chi ha perso madre, padre, fratello, sorella, amico o cono­
scente, ecc, a causa di infarto o ictus, può sentirsi in qualche modo truffato?

Come ho detto, il tipo K2-MK7 permane nel sangue più a lungo e a livello
più stabile. In più... non si è verificata la tossicità della vitamina K2I Un
fatto importantissimo, perché subito diamo una risposta alle domande: “Ma
è tossica?”, oppure “si può sovradosare questa sostanza?”

Come se fosse finita la lista dei benefici che la Vit. K2 ci riserva!

All’inizio di questo capitolo ho scritto sulla terapia dell'osteoporosi. Ho scritto


anche, e qui mi permetto di citare me stesso:

“Come si sa anche gli uomini soffrono di osteoporosi, ma alle donne capita


più spesso. Prima della menopausa, quando il livello degli estrogeni nel
218

sangue della donna è ancora alto, è più facile la trasformazione della vit.
D nella sua forma attiva, utile per la costruzione delle ossa.

Diminuendo gli estrogeni, questo processo diventa più difficile. Quando dopo
la menopausa gli estrogeni calano bruscamente, aumenta l’attività degli
osteoclasti: il catabolismo (la demolizione) dell'osso aumenta e la massa
ossea diminuisce. Inoltre la diminuzione degli estrogeni provoca la sintesi
di una sostanza che, a sua volta, accelera la formazione degli osteoclasti!
Questa è una maledizione del sesso debole? Non c’è speranza? Sì che
c’è, ma non viene detto ad alta voce...”.

Ripeto: chi ci informa della vitamina K2? Anche quando si parla di osteoporo­
si, ci viene consigliato “più calcio e più calcio", consiglio fatale per la salute,
come ho dimostrato. Eppure è stato chiarito che i processi che favoriscono
l’osteoporosi possono essere fermati con l'integrazione di Vit. K2.

Kaneki M, Hedges SJ, Hosoi T, et al. Japanese fermented soybean


food as thè major determinant of thè large geographic difference
in circulating levels of vitamin K2: Possible implications for
hip-fracture risk. Nutrition 2001, 17(4): 315-21. 23.

Tsukamoto V, Ichise H, Kakuda H, et al. Intake of fermented soybean


(natto) increases circulating vitamin K2 (menaquinone-7) and
y-carboxylated osteocalcin concentration in normal individuals.
J. Bone Miner. Metab. 2000, 18(4): 216-22.

Kameda T, Miyazawa K, Mori Y, et al. Vitamin K2 inhibits osteoclastic


bone resorption by inducing osteoclast apoptosis. Biochem.
Biophys. Res. Commun. 1996; 220(3): 515-19.

Invogliare a bere latte realmente ha senso? Proprio ora che il latte in com­
mercio è soltanto quello pastorizzato, quindi senza valori nutritivi? Come
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 219

abbiamo visto, un'aumentata quantità di calcio, senza “equilibrare” con la


Vit. K2, può peggiorare la nostra salute. Allora, forse, bere II latte non ha
senso per prevenire l'osteoporosi, visto che anche gli studi lo dimostrano.

Perché in Giappone, solo in quello orientale, dove si beve poco latte e si


consumano pochi cibi contenenti calcio, l'incidenza dell'osteoporosi è note­
volmente più bassa? Perché riempirsi di calcio non è la cosa più importante
nella prevenzione dell’osteoporosi. Perché proprio i giapponesi? Perché
nella cucina giapponese orientale si usa il natto in gran quantità. Che cosa
è il natto? È soia fermentata. Ha un gusto orribile, ha l'odore della vecchia
scarpa di gomma usata a lungo e ancora umida, ma... è un piatto incredi­
bilmente ricco di naturale Vit. K2 in versione MK7!

Buon appetito!

Per un’europeo forse è una sfida culinaria, ma per le giapponesi è un vero


toccasana; nelle regioni in cui si consuma molto natto, si registra un evidente
minor numero di fratture delle ossa.

Kaneki M, Hedges SJ, Hosoi T, et al. Japanese fermented soybean


food as thè major deferminant of thè large geographic difference
in circulating levels of vitamin K2: Possible implications for
hip-fracture risk. Nutrition 2001; 17(4): 315-21.

Tutto questo è bellissimo, ma come mangiare questo natto? Non è così


tragico.. Sul mercato ci sono già degli integratori contenenti la Vit. K2-MK7,
che funzionano come il MK7 contenuto nel natto:

Tsukamoto V, Ichise H, Kakuda H, et al. Intake of fermented soybean


(natto) increases circulating vitamin K2 (menaquinone-7) and
y-carboxylated osteocalcin concentration in normal individuals.
J. Bone Miner. Metab. 2000, 18(4): 216-22.
220

Abbiamo elencato tutti i pregi della Vit. K2? Ma no....

Una delle complicanze nei pazienti trapiantati è ... l’osteoporosi. In questi


casi il rischio dell’insorgenza di osteoporosi post-operatoria aumenta anche
di 34 volte!

Ramsey-Goldman R, Dunn JE, Dunlop DD, et al. Increased risk of


fracture in patients receiving solid organ transplants. J. Bone
Miner. Res. 1999; 14(3): 456-63.

Questo costituisce, ovviamente, un enorme problema. A che cosa è dovuto?


Dopo ogni intervento chirurgico importante, esiste il rischio di trombosi,
che può portare a morte immediata quando un trombo si stacca e ottura
un'arteria che irrora cuore, cervello o polmoni.

Per prevenire ciò, i malati assumono preparati anticoagulanti. Il più delle volte
eparina, acenocumarolo o Coumadin, che è il nome commerciale. Invece il
principio attivo è una sostanza chiamata warfarin. BLOCCA l’azione della
Vit. K1 che, come sappiamo, ha un ruolo principale nella coagulazione del
sangue. Per questo motivo viene raccomandato ai pazienti di non mangiare
verdure a foglia larga ricche di Vit. K1, perché in questo caso non ha senso.
Purtroppo... il warfarin blocca anche la Vit. K2, con tutte le conseguenze
che conosciamo, dovute alla sua carenza.

Perciò i pazienti che prendono medicine “per fluidificare il sangue'1devono essere


consapevoli che esse alterano la funzione della Vit. K2 e - di conseguenza - fa­
voriscono arteriosclerosi e infarti, nonché - come sappiamo già - l’osteoporosi,
che trova aperte le porte per diffondersi. Per questo motivo, oltre agli altri, i pa­
zienti che assumono warfarin e altri anticoagulanti non possono farlo a lungo.

E qui si nota un fenomeno curioso. Può sembrare che quando ci interessa


mantenere bassa la coagulazione, non dovremmo prendere nessuna Vit. K;
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 221
se però assumiamo 50 microgrammi di Vit. K2-MK7 al giorno, non solo non
alteriamo la coagulazione ma preveniamo l’osteoporosi! I pazienti che prendo­
no il warfarin sanno quanto è difficile mantenere stabile il livello dei parametri
di coagulazione, e quanto devono stare attenti a ciò che mangiano. Questa
instabilità è legata al basso livello delle Vit. K.

Sconce E, Khan T, Mason J, et al. Patients with unstable control


have poorer dietary intake of vitamin K compared to patients
with stable control of anticoagulation. Thromb. Haemost. 2005;
93: 872-75.

Con una dose piccola di Vit. K2-MK7, fino a 50 microgrammi al giorno, non
solo diminuisce il rischio di insorgenza di osteoporosi e di calcificazione delle
arterie, ma si ottiene maggiore stabilità dei parametri di coagulazione.

Da una parte scoaguliamo il sangue perché scorra più facilmente attraverso


le arterie calcificate, e dall’altra la stessa sostanza che fluidifica il sangue
provoca la calcificazione delle arterie. La medicina odierna è “stravolta” fino
a questo punto. Qualcuno si meraviglia ancora? Che cosa si può fare se,
somministrando anticoagulanti, si provoca la calcificazione delle arterie?
Sembra che anche in tal caso si può rimediare assumendo la Vit. K2

Schurgers L. Regression of warfarin-induced mediai elastocal-


cinosis by high intake of vitamin K in rats. Blood 2007; 109(7);
2823-31.

Qualcuno dirà “ sì....nei ratti”. Loro, però, sono usati spesso dagli studiosi
perché, anche se a molti lettori sembra strano, come mammiferi abbiamo
molte cose in comune.

Un esempio reale; in un malato è stata diagnosticata una stenosi del lume


della valvola aortica, causata da calcificazione, come succede nelle arte­
222

rie (da dove arriva il calcio nella valvola? Ora lo sappiamo). É una valvola
attraverso la quale il cuore spinge il sangue in tutto il sistema circolatorio. Il
primo tratto di questo sistema è la nostra arteria maggiore, l'aorta. La valvola
aortica calcificata, occlusa da strati di calcio, ha un diametro molto sotto la
norma e questo impedisce notevolmente il flusso di sangue dal cuore all’a­
orta. Ciò comporta dolori al torace, svenimenti, vertigini, facile stanchezza,
ecc. All’inizio questi sintomi spesso vengono ignorati perché si manifestano
solo in seguito a un maggiore sforzo fisico. Col tempo, però, quando nella
valvola si deposita sempre più calcio, i sintomi si aggravano notevolmente
e l'organismo del malato smette di funzionare come dovrebbe. In casi estremi
si arriva alla morte. Sicuramente, tra i familiari o gli amici dei lettori, c’è chi
ha dovuto sottoporsi a “trapianto della valvola" calcificata. La calcificazio­
ne può verificarsi non solo nella valvola aortica. La diminuita efficienza
della valvola viene stabilita misurando il lume attraversato dal sangue.

In condizioni normali il lume misura circa 3 cm2, ma in questo malato si era


ridotto a soli 1,6 cm2. Nonostante tanti sforzi non si è riusciti a trovare un
farmaco capace di rimuovere efficacemente questi depositi di calcio senza
provocare effetti collaterali. Perciò l’unica soluzione, in questi casi, è un’o­
perazione a cuore aperto, durante la quale il chirurgo asporta la valvola
calcificata e la sostituisce con una nuova. Se non ci saranno complicanze
e il paziente sopravviverà, fino alla fine della sua vita dovrà prendere me­
dicine affinché il suo organismo non rigetti il trapianto e per mantenere un
certo livello di coagulazione, ecc. Ogni intervento chirurgico sulle valvole
cardiache (indipendentemente dalla tecnica usata per arrivare alla valvola)
è un’impresa rischiosa ma, a volte, l’unica possibile, cioè l’unica considerata
dai chirurghi. Ed è questo che è stato proposto al malato sopra descritto.

Vogliamo ricordare che la calcificazione delle arterie poteva essere rimossa


nei ratti? Il nostro malato non era un ratto. Era un dentista in pensione, si
chiamava Sam, aveva 69 anni e aveva avuto anche fortuna. Cominciamo
dalla fortuna. Bisogna essere immensamente fortunati per trovare un medico
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 223

che conosce a fondo il vero significato di una sana alimentazione e che


capisce veramente la funzione delle vitamine. Non perché sia difficile, ma...
come ho già detto, “a scuola non lo insegnano”. Il dott. William Davis era
un medico così “positivamente caricato". Quale è stato l’effetto delle sue
cure (cioè Vit. D e Vit. K2)? Dopo 10 mesi il lume della valvola aortica di
Sam misurava 2.9 cm2. In altre parole la sua valvola era tornata allo stato
normale. Valeva la pena provare?

Pensate che cosa succederebbe se l’uso delle poco costose, onnipresenti


vitamine, eliminasse l'aterosclerosi e rendesse inutili bypass, trapianti
cardiaci, trapianti delle valvole, ecc. Chi si spaventerebbe? I soliti ignoti.

Analizzando la funzione delle ossa ho accennato che le ossa fanno parte


del sistema endocrino, anche se non tutti se ne rendono conto. Ho scritto
“anche" per ricordare che:

“I malati di diabete di tipo 2 (T2) sanno, a volte, che II loro problema non è la
carenza di insulina. Questo è un problema legato al diabete di tipo 1 (T1).
Nel caso del diabete T 2, invece, fino ad un certo momento c'è eccesso
di insulina e il problema consiste nella diminuita sensibilità cellula­
re all’azione dell'Insulina! L’insulina c’è, ma... le cellule sono diventate
resistenti alla sua azione. L’organismo non ama troppa insulina perché il
suo eccesso può essere molto pericoloso. Nella terapia del diabete - ma
che terapia è ? è soltanto un’ inibizione dei sintomi! - la lotta consiste nella
risensibilizzazione delle cellule all'Insulina.”

E che c’entra la Vit. K2? Abbastanza... Come è stato accertato, il pancreas,


l’organo che produce insulina e che controlla il livello dello zucchero nel
sangue, è un secondo serbatoio di Vit. K2, subito dopo le ossa. Per motivi
etici, negli studi scientifici sull’uomo non si provoca una drastica carenza di
vitamina K2, ma quando lo si fa con gli animali, cominciano ad ammalarsi
di...? Si, è così! Di diabete.
224

Sakamoto N, Wakabayashi I, Sakamoto K. Low vitamin K intake


effects on glucose tolerance in rats. Int. J. Vitam. Nutr. Res. 1999;
69(1): 27-31.

Effetti simili si notano anche nelle persone:

Sakamoto N, Nishiike T, Iguchi H, et al. Relationship between acute


insulin response and vitamin K intake in healthy young male
volunteers. Diabetes Nutr. Metab. 1999; 12(1): 37-41.

Una sola settimana di somministrazione di Vit. K2 basta per dimezzare


il livello di insulina postprandiale in un uomo non sofferente di diabete:

Sakamoto N, Nishiike I, Iguchi H, et al. Possible effects of one week


vitamin K (menaquinone-4) tablets intake on glucose tolerance
in healthy young male volunteers with different descarboxy
prothrombin levels. Clin. Nutr. 2000; 19(4): 259-63.

Questo significa che la Vit. K2 aiuta l’insulina nel suo lavoro. Prima si ab­
bassa la glicemia, meglio è. Il nostro organismo, sappiamo già, si difende
dall’eccesso di insulina. Succede perché l'eccesso favorisce l’insorgenza
di tante malattie, tumori e obesità compresi. Ricordo che - come descritto
nella rivista Celi del 2007 - l’osteocalcina, che dirige il calcio nelle ossa
e nei denti, sensibilizzando le cellule all'insulina, influisce sulla sua attività
e il glucosio passa più facilmente dal sangue alle cellule.

La Vit. K2 attiva l’osteocalcina, il che significa che mantenere il giusto


livello di Vit. K2 diventa un obiettivo primario per ogni diabetico. Studiosi
coreani hanno dimostrato anche che solo l’osteocalcina attivata dalla
Vit. K2 migliora la tolleranza al glucosio e sensibilizza le cellule
all’insulina.
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 225

Hwang YC, Jeong IK, Ahn KJ, et al. The uncarboxylated form of
osteocalcin is associateci with improved glucose tolerance
and enhanced beta-cell function in middle-aged male subjects.
Diabetes Metab. Res. Rev. 2009; 25(8): 768-72.

Penso di non dover spiegare quanto siano importanti queste informazioni


per i diabetici. Non ho incontrato però neppure un diabetico al quale sia
stata consigliata dal medico l’assunzione di Vit. K2.

La Vit. K2 influisce anche sull’artrite reumatoide. Questa malattia è spaven­


tosamente frequente. Domandate ai vostri conoscenti se loro stessi o i loro
cari si lamentano di problemi alle articolazioni. Chiedete anche che effetto
hanno le loro terapie. Quasi nessuno. Forse è un male delle persone in età
avanzata? Ma no! Ne soffrono milioni di persone, purtroppo. La carenza
di Vit. K2 stimola un’eccessiva attività degli osteoclasti, che rimuovono le
vecchie cellule nelle ossa. Lo stesso avviene nelle articolazioni. Gli studi
clinici confermano l’utilità della Vit. K2, insieme ad altri rimedi contro l'oste-
oporosi, per prevenire la degenerazione delle articolazioni.

Morishita M, Nagashima M, Wauke K, et al. Osteoclast inhibitory


effects of vitamin K2 alone or in combination with etidronate or
risedronate in patients with rheumatoid arthritis: 2-year results.
J. Rheumatol. 2008; 35(3): 407-13. 10.

Potrei finire di parlare della vitamina K2 ma, semplicemente, non è possi­


bile. Non ancora....

Come posso omettere ai lettori che la Vit. K2 svolge un ruolo chiave


nelle patologie legate al sistema nervoso centrale o alla percezione del
mondo circostante, come, per esempio, nella sindrome di Alzheimer? So
che tanti lettori non ci pensano perché “è solo una malattia degli anziani”.
226

È vero, ma sempre più spesso compare in persone di 50 anni! E poi, non


saremo vecchi un giorno? Probabilmente sì, se ci arriveremo e non mo­
riremo prima. O forse sarebbe meglio morire prima piuttosto che soffrire
del Morbo di Alzheimer? Hmm.Jn questo momento, credo, nessuno si
auguri una morte precoce. Come facciamo a sapere che non ci colpirà?
Chi ce lo garantisce? Se conoscete qualcuno che ne soffre, non vi è mai
passato per la mente “forse è meglio che muoia”? Chi dei lettori vorrebbe
invecchiare così e convivere con questa malattia fino alla misericordiosa
fine? Ma... forse...? Forse, semplicemente,non è meglio procurarsi questa
vitamina? E averne un livello adeguato nell'organismo, particolarmente
nel cervello!

Come emerge dagli studi, e ne citerò uno solo, un giusto livello di Vit. K2
può prevenire l’insorgenza di questa sindrome. OKI II 25% della gente ha
un maggior rischio di ammalarsi di Alzheimer a causa di una certa albumi­
na (per i curiosi: si tratta della cosiddetta forma E4 della apolipoproteina).
È stato accertato che i malati di Alzheimer hanno sempre un bassissimo
livello di Vit. K2. È stato dimostrato anche che la Vit. K2 ha una importanza
rilevante nel metabolismo del calcio nel cervello:

Presse N, Shatenstein B, Kergoat MJ, Ferland G. Low vitamin


K intakes in community-dwelling elders at an early stage of
Alzheimer’s disease. J. Am. Diet Assoc. 2008; 108(12): 2095-9.
doi:10.1016/j.jada.2008.09.013.

Allison AC. The possible role of vitamin K deficiency in thè


pathogenesis of Alzheimer’s disease and augmenting thè brain
damage associated with cardiovascular disease. Med. Hypotheses
2001; 57(2): 151-55.

Perché è così? È semplice, vogliamo ricordare di nuovo che l’osteocalcina


è una sostanza che inserisce calcio nelle ossa? Si trova anche nel cervello.
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 227

È stato dimostrato che le persone con albumina E4 hanno osteocalcina non


solo nelle ossa, ma anche nel cervello. Ricordiamoci però che l'osteocalcina
non vale niente se non viene attivata proprio dalla Vit. K2. Gli effetti del Morbo
di Alzheimer disturbano seriamente il metabolismo del calcio nel cervello.

Alcuni scienziati ritengono che il cervello di un malato di Alzheimer in qualche


modo assomiglia all’organismo di un diabetico perché il suo cervello non
usa il glucosio nel modo giusto. Per questo, a volte, questo Morbo viene
chiamato “ diabete di tipo 3”. La somministrazione di insulina in questi malati
migliora notevolmente il loro stato di salute. Da ciò si deduce che l’aumento
della sensibilità delle cellule del cervello all'insulina, grazie all’aumento della
Vit. K2 nel cervello, possa prevenire, ritardare o addirittura inibire i sintomi
di questa pericolosa malattia.

Craft S. Insulin resistance syndrome and Alzheimer’s disease:


age- and obesity-related effects on memory, amyloid, and
inflammation. NeuroBiol. Aging 2005; 26(Suppl) 1: 65-69, 37.

Qui bisogna sottolineare che la quantità maggiore di Vit. K2 si accumula


non solo nel pancreas, saliva e nelle ossa dello sterno, ma anche nel cer­
vello. Ma solo quando ce n’è in quantità sufficiente. Se consideriamo tutta
la Vit. K nel cervello, cioè la K1 e la K2, la K2 è il 70-93% dell’insieme.

Thijssen HHW, Drittij-Reijnders MJ. Vitamin K status in human


tissues: tissue-specific accumulation of phylloquinone and
menaquionone-4. BrJ. Nutr. 1996; 75: 121-127.

Inoltre nel cervello abbiamo una sostanza che previene la distruzione delle
cellule cerebrali, aiuta il loro sano sviluppo e la corretta funzionalità. Tutti
vorrebbero che questi meccanismi funzionassero bene nel loro cervello
ma... non sempre possono. Perché? Perché l'azione di questa sostanza
è condizionata dalla presenza di una giusta quantità di Vit. K2,,
228

Bosio A, Binzeck E, Stoffel W. Functional breakdown of thè lipid


bilayerof thè myelin membrane in centrai and peripheral nervous
System by disrupted galactocerebroside synthesis. Proc. Nati.
Acad. Sci. USA. 1996; 93: 13280-13285.

E adesso una cattiva notizia per tutti: ci sono altre sostanze nel nostro
cervello la cui funzione è condizionata dalla presenza della Vit. K2. Non
affronterò ora l'argomento perché questo doveva essere un libro di facile
lettura. Faccio soltanto notare che, purtroppo... con l’età, il livello di Vit. K2
nel cervello diminuisce e, come vediamo, a questo è legata l’insorgenza di
malattie neurodegenerative.

Denisova NA, Booth SL. Vitamin K and sphingolipid metabolismi


Evidence to date. Nutr. Rev. 2005; 63(4): 110-121.

È una notizia dolorosa..., allora per tirarvi su aggiungo che anche le persone
con tendenza alla formazione di calcoli renali troveranno qui qualcosa di
interessante. Come sappiamo l'incidenza della calcolosi renale è abbastanza
alta. Anche nei reni si accumulano grandi quantità di Vit. K2, ma perché?
Perché i reni producono un’albumina che inibisce la produzione di calcoli
renali. Questa albumina è circa 20 volte meno efficace dell’albumina attivata
dalla Vit. K2. Da qui la conclusione che la carenza di Vit. K2 può contribuire
(insieme ad altre 50 cause) alla formazione di calcoli renali.

Vermeer C, Soute BAM, Ulrich MMW, van de Loo PGF. Vitamin


K and thè urogenital tract. Haemostasis. 1986; 16: 246-257.

La storia si ripete... ma non finisce qui, perché le interazioni tra la Vit. K2 e il


nostro organismo sono numerose. Ma non sono l’obiettivo di questo libro. Con
tutto ciò che ho scritto voglio far notare che il mondo delle scoperte mediche
non è fermo. È un mondo molto dinamico. Tutto ciò che abbiamo appreso in
questo capitolo sull'Importanza della Vit. K2 spero susciterà una giusta reazione
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 229

non solo nei lettori non-medici. Ma... forse - e ci conto molto - stimolerà i me­
dici a prescrivere ai loro pazienti la vitamina K2? Forse saranno invogliati ad
approfondire l’argomento. Forse saranno in grado di aiutare i loro pazienti con
risultati che finora potevano solo sognarsi, lo l’ho fatto e continuo a farlo con
risultati strepitosi, anche se sulle pareti ho diplomi di altro tipo. Perché no? Non
è stata rivelata tossicità nonostante la somministrazione di dosaggi altissimi.

Allora, cari dottori... non avrete più scuse! Non aspettate, per carità di Dio,
studi randomizzati, a doppio cieco, su una semplice e atossica vitamina!
CURATE! Forse guarirete “l'inguaribile"!

La miglior fonte di qualunque vitamina non sono i supplementi. La fonte


ideale è l’alimentazione. A patto che contenga tutto ciò di cui abbiamo
bisogno. Le fonti naturali della Vit. K2 sono:

VIT K2
PRODOTTI quantità di MK4 e MK7
in microgrammi/100g
natto 1103,4 0%MK4, solo MK7
fegato d’oca 369,0 100% MK4
formaggi stagionati 76,3 6% MK4
formaggi freschi 56,5 6,5 MK4
rosso d'uovo 32,1 98% MK4
coscia d'oca 31,1 100% MK4
burro 15,0 100% MK4
fegato di pollo 14,1 100% MK4
salame ungherese 9,0 100% MK4
carne di pollo 8,9 100% MK4
pancetta 5,6 100% MK4
fegato di vitello 5,0 100% MK4
crauti 4,8 8% MK4
latte intero 1.0 100% MK4
latte scremato al 2% 0,5 100% MK4
salmone 0,5 100% MK4
sgombro 0,4 100% MK4
chiara d'uovo 0.4 100% MK4

Fonte: Rheaume-Bleue, Kate Vitamin K2 and thè Calcium Paradox: How a Little-
Known Vitamin Could Save YourLife. 2011, John Wìley and Sons, p. 209.
230

All’inizio ho accennato ad una malattia, la sclerosi multipla, e agli straordi­


nari risultati delle terapie con alte dosi di vitamina D3. In che cosa consiste
questa patologia?

Immaginiamo che i nostri nervi siano sottili fili elettrici, anzi... fasci di fili. Si
sa che ogni filo deve essere isolato dagli altri perché altrimenti si verifica
un corto circuito che impedisce la trasmissione di un qualsiasi tipo di se­
gnale. Quindi lo stato delle guaine isolanti ha un ruolo chiave. Ogni nervo
ha la sua guaina isolante, chiamata mielina. Quando, per motivi finora
ignoti, questa guaina viene lesa, i nervi adiacenti tra di loro vanno in corto
circuito e i segnali che invia il cervello non scorrono lungo i nervi giusti ma,
piuttosto, “saltano” in modo incontrollabile, da un nervo all’altro, ai nervi che
non dovrebbero utilizzare. Provocano così seri disturbi che si manifestano
attraverso i sintomi accusati dai malati di sclerosi multipla. I loro muscoli
cominciano a contrarsi in modo incontrollabile. I nervi innervano però non
solo i muscoli, ma ogni organo del nostro corpo. Il cervello comincia a per­
dere il controllo sugli organi: il malato soffre per disturbi di coordinazione
dei movimenti, incontrollati movimenti dei muscoli, perdita della sensibilità,
sdoppiamento della vista, incontinenza, ecc. Si arriva alla paralisi e, spesso,
alla morte. Molto triste è il fatto che tutto questo può durare anni.

La Vit. K2, anche in questo caso, si è rivelata di un'importanza determi­


nante, perché contribuisce alla corretta formazione della guaina isolante
e protettiva; la mielina.

Thijssen HM, et al. Vitamin K status in human tissues: Tissue-


specific accumulation of phylloquinone and menaquinone-4
BrJ. Nutr. 1996 Jan, 75(1): 121-27. 13. MS

Questa è veramente UNA GRAN COSA! Adesso ho una sola domanda:


chi dei malati di sclerosi multipla ha avuto una prescrizione di Vit. K2 o di
alte dosi di Vit. D3?
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 231

Perché si arriva alla distruzione della mielina? Gli scienziati, sempre più spesso,
segnalano che causa di malattie neurologiche sono i radicali liberi in eccesso.
Che vuol dire? Che, come ho spiegato prima, si arriva allo stress ossidativo.
Semplificando: si producono più radicali liberi di quanto le nostre difese immunitarie
riescano a neutralizzare. Come sappiamo, i radicali liberi hanno forza distruttiva,
sfruttata dal nostro organism a nostro vantaggio, a patto che la loro produzione
non sfugga al controllo. In tal caso i radicali liberi rivolgono la loro forza catabolica,
distruttiva, contro il nostro organismo, provocando l’insorgenza di quasi tutte le
malattie che conosciamo. Ci sono numerose prove che il Morbo di Alzheimer
è caratterizzato, al suo primo stadio, dalla presenza di forte stress ossidativo.

Su B, Wang X, Nunomura A, Moreira PI, Lee HG, Perry G, Smith


MA, Zhu X. Oxidative stress signaling in Alzheimer’s. Current
Alzheimer Research 2008; 5.6: 525.

Questo è proprio l'effetto dell'azione dei radicali liberi. La loro forza distruttiva
è anche la causa della distruzione della mielina. Questa la cattiva notizia,
ora quella buona.

La vitamina K2 non è un antiossidante, non cede gli elettroni (come per


esempio la Vit. C), non neutralizza i radicali liberi che si sono già formati.
Fa molto di più...: previene la loro formazione nel cervello! Inoltre la Vit. K2
può prevenire ictus, ritardo mentale, epilessia, se la futura madre se ne
assicura un adeguato livello:

Li J, Lin JC, Wang H, et al. Novel role of vitamin K in preventing


oxidative injury to developing oligodendrocytes and neurons.
J. Neurosci. 2003; 23(13): 5816-26. 34.

Li J, Wang H, Rosenberg PA. Vitamin K prevents oxidative celi


death by inhibiting activation of 12-lipoxygenase in developing
oligodendrocytes. J. Neurosci. Res. 2009; 87(9): 1997-2005.
232

Veramente ho intenzione di scrivere un altro libro sulla terapia dei tumori,


ma... scrivendo sulla Vit. K2 non si può omettere la sua importanza per
malattie di questo genere. Ora indicherò solo alcuni studi, altri ne citerò
in un altro libro. EPIC è un’ organizzazione europea creata, tra l'altro, per
studiare l’influenza dell’alimentazione sull’insorgenza di malattie croniche,
compresi i tumori. Sono stati condotti studi più che decennali su più di 24.000
donne e uomini nella fascia di età 35/64, con la seguente conclusione:

“Le persone con un maggiore consumo di Vit. K2 correvano un rischio


di malattie tumorali minore del 30%”.

E poi:

“Soltanto la Vit. K2 ha dimostrato queste proprietà, non la Vit. K1”

Nimptsch K, Rohrmann S, Kaaks R, et al. Dietary vitamin K intake


in relation to cancer incidence and mortality: results from thè
Heidelberg Cohort of thè European Prospective Investigation
into Cancer and Nutrition (EPIC-Heidelberg). Am. J. Clin. Nutr.
2010; 91(5): 1348-58.

Si è osservato che la Vit. K2 inibisce tutti i tini di tumori oolmonari!

Yoshida T, Miyazawa K, Kasuga I. Apoptosis induction of vitamin


K2 in lung carcinoma celi lines: The possibility of vitamin K2
therapy for lung cancer. Int. J. Oncol. 2003; 23(3): 627-32.

Non è qualcosa che dovrebbe immediatamente farci almeno riflettere?


Quale oncologo (che legge questo libro) prescrive questa vitamina ai suoi
pazienti affetti da questo tumore così aggressivo? Nessuno dei pazienti con
tumore polmonare, con i quali ho parlato, mi ha accennato che gli è stata
prescritta. Nessuno.
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 233

Sono io a dover insegnare agli oncologi? Anche se non volessi, mi tocca


farlo. Cari oncologi..., la Vit. K2 costa poco e non potete contare sul fatto
che la casa farmaceutica vi faccia un corso su questo argomento. Non ci
guadagna nulla. Avete una sostanza naturale, poco costosa, senza nes­
sun effetto collaterale. Nessuno! Possiede, invece, fenomenali proprietà di
prevenzione e cura. Non aspettate. Curate questa gente così gravemente
malata!

La Vit. K2 ha un effetto così benefico anche sui tumori della prostata, del
sangue (leucemia) o del fegato.

Lamson DW and Plaza SM. The anticancer effects of vitamin K.


Altern. Med. Rev. 2003; 8: 303-18. 22.

Yaguchi M, Miyazawa K, Katagiri T, et al. Vitamin K2 and its


derivatives induce apoptosis in leukemia cells and enhance
thè effect of ali-trans retinoic acid. Leukemia 1997, 11(6):
779-87. 23.

Iguchi T, Miyazawa K, Asada M, et al. Combined treatment of


leukemia cells with vitamin K2 and 1alpha,25-dihydroxy vitamin
D3 enhances monocytic differentiation along with becoming
resistant to apoptosis by induction of cytoplasmic p21 CIP1.
Int. J. Oncol. 2005; 27(4): 893-900.

Habu D, Shiomi S, Tamori A, et al. Role of vitamin K2 in thè


development of hepatocellular carcinoma in women with virai
cirrhosis of thè liver. JAMA 2004; 292(3): 358-61. 26.

Otsuka M, Kato N, Shao RX, et al. Vitamin K2 inhibits thè growth


and invasiveness of hepatocellular carcinoma cells via protein
kinase A activation. Hepatology 2004; 40(1): 243-25.
234

Accenno solo a un fatto: sono stati condotti tantissimi studi, da diversi


scienziati, in diversi centri scientifici di ricerca. I risultati sono stati sempre
gli stessi.

SOLTANTO LA VITAMINA K2 ha dimostrato un effetto così benefico


sulla salute deM’uomo, non la vitamina K1.

Tutti i medici sanno molto sulla Vit. K1, ma poco sulla Vit. K2. Che peccato!
E che paradosso il fatto che che la conoscenza sull’azione, relativamente
limitata, della Vit. K1 sia notevole, e invece quella sulla Vit. K2, che ha una
immensa importanza per tutto l’organismo umano, sia quasi nulla! Che cosa
ci rispondono i rettori delle facoltà mediche?

Allora forse la Vit. K1 non ci serve? Si, e molto, ma la Vit. K1 si può riciclare,
l’organismo la risintetizza continuamente, a meno che questo meccanismo
non venga bloccato da farmaci anticoagulanti, con tutte le conseguenze de­
scritte sopra. Non voglio affrontare qui l’argomento perché è piuttosto tecnico
e un lettore medio si annoierebbe. Chi è interessato, lo può approfondire.

La Vit. K2 agisce nei seguenti casi:

- invecchiamento dell’organismo
- osteoporosi
- Morbo di Alzheimer e altre malattie neurologiche
- rughe
- vene varicose
- diabete
- artrite
- sclerosi multipla
- malattie tumorali
- gravidanza e difficoltà di concepimento
Osteoporosi e la sconosciuta vitamina K2 235

- salute del nascituro


- testosterone e fertilità maschile
- denti e sviluppo cranio - mandibolare

Spero che da oggi i lettori di questo libro, chiunque siano, approfittino delle
informazioni che contiene.

Riepilogo

- la Vit. K2 previene molte malattie e non è tossica

- la miglior forma della Vit. K2 è la K2-MK7

- la dose sufficiente è 100 microgrammi al giorno

- nel caso di integrazione con Vit. D bisogna aumentare la dose della


Vit. K2 fino a 200/300 microgrammi al giorno

la Vit. K2 va assunta con i cibi contenenti lipidi


La vitamina A: che cosa non sappiamo

Dopo aver parlato delle vitamine D e K2, non possiamo trascurare la vita­
mina A. Apparentemente la si conosce abbastanza, ma è proprio così?

Tutti noi sappiamo che le carote sono ricche di vitamina A, anche se in realtà
non è così. Contengono invece una sostanza chiamata beta-carotene, la
cosiddetta provitamina. Dopo averla assorbita, il fegato produce vitamina A.
La stessa vitamina A si chiama retinolo, anche se in realtà sono tre sostan­
ze chiamate retinoidi (ognuna svolge un ruolo diverso). Per fortuna questa
vitamina è facile da acquistare, si trova in tutte le farmacie. Probabilmente
non durerà ancora a lungo. Per ora siamo fortunati, perché è risaputo che
è partito un procedimento che mira a bloccare il libero e illimitato accesso
a tutte le vitamine.

http://www.stopcodex.pl/

Dunque in vegetali come carote o pomodori non troviamo la vitamina A, ma


i beta-caroteni, che devono essere trasformati dal fegato in vitamina A dopo
essere stati assorbiti. Solo che questo assorbimento di beta carotene non
funziona tanto bene. Facendo il paragone con l’assorbimento della vitamina
A, il beta-carotene viene assorbito solo al 20-50%. Anzi, per qualche strano
motivo, più carotene consumiamo, più il suo assorbimento diminuisce.

Novotny JA, Harrison DJ, Pawlosky R, et al. Beta-carotene con-


version to vitamin A decreases as thè dietary dose increases
in humans. J. Nutr. 2010; 140(5): 915-18.

Wood M. New clues about carotenes revealed. Agricultural


Research 2001; 49(3): 12-13.
238

Bisogna ricordarselo. Ho già visto bimbi piccoli “infarciti” di succo di carota


dalle mamme, fino ad avere un colorito arancione perché... il succo di carota
è così sano. Lo è, ma è meglio approfondire.

Anche quando viene assorbito, il beta-carotene non viene trasformato


in vitamina A nella proporzione 1:1. Gli studi affermano che per produrre
un’unità di vitamina A ci vogliono da 6 a 48 unità di beta carotene.

Solomons NW, Bulus J. Plant sources of provitamin A and human


nutriture. Nutrition Review 1993; 51:1992-4.

Le popolazioni che si affidano al beta carotene come unica fonte di vitamina


A rischiano di soffrire della sua carenza. In Indonesia, dove veramente si
mangiano tante verdure a foglia larga, sono stati condotti studi su donne
gravide. Consumavano così tante verdure che, in teoria, il loro livello di
vitamina A avrebbe dovuto essere tre volte superiore alla norma.

Effetto: carenza di vitamina A.

De Pee S, West CE, et al. Lack of improvement in vitamin A status


with increased consumption of dark green leafy vegetables.
Lancet 1995; 346: 75-81.

Lo sanno gli esperti dietologi? Queste sono informazioni molto importanti


quando si consiglia che cosa e quanto mangiare. In modo particolare alle
donne in gravidanza.

Inoltre la trasformazione di beta-carotene in vitamina A raramente avviene


in condizioni ottimali. L'organismo dei diabetici o dei malati di ipotiroidismo,
quindi una buona fetta della nostra società, non riesce del tutto - o quasi -
a fare questa trasformazione. Queste persone, e sono centinaia di migliaia,
hanno un grosso problema. Possono anche non saperlo.
La vitamina A: che cosa non sappiamo 239

Anche la mancanza della cistifellea può costituire un problema, perché in


questo caso la bile non è sufficiente ad assorbire bene il beta-carotene.
Secondo le mie osservazioni, nel 99% dei casi la cistifellea viene asportata
inutilmente: ci sono metodi più semplici per rimuovere i calcoli, conservan­
dola. Non c'è bisogno di interventi chirurgici rischiosi o di laparoscopia,
anch'essa non priva di rischi. Come eliminare i calcoli biliari lo diremo dopo,
forse in un altro libro.

Per funzionare bene la tiroide ha bisogno non solo di iodio, ma anche di


vitamina A.

I piatti ricchi di questa vitamina aiutano anche i diabetici perché favorisco­


no la guarigione delle ferite, particolarmente dei piedi, e anche il giusto
funzionamento degli occhi.

Anche nell'organismo di un bambino questa trasformazione non avviene


bene. E un neonato non riesce affatto a trasformare il beta-carotene in vita­
mina A. Per questo motivo i bambini piccoli devono assorbire vitamina
A dal burro, dai rossi d’uovo o da altri grassi animali. Ricordiamocelo.

Se su una confezione viene scritto che il prodotto, per esempio un succo


di carota, contiene vitamina A, allora:

1. non è vero;

2. se così fosse, sarebbe una vitamina sintetica.

Per sopperire anche alle minime esigenze dell'organismo, o piuttosto alle


raccomandazioni della dose giornaliera di questa vitamina, dovremmo con­
sumare un'enorme quantità di verdure contenenti beta-carotene. Dunque, la
migliore fonte sono prodotti come burro, rossi d'uovo, grassi animali. Ma...
ci vietiamo il consumo di questi prodotti a causa del.... colesterolo. Nel
240

prossimo libro dimostrerò che questi tipi di divieto sono solo un’infondata
stupidità. Non posso dire altrimenti.

Proprio il consumo eccessivo di grassi poiinsaturi, vegetali, oltre ad altri effetti


negativi, impedisce la trasformazione del beta-carotene in vitamina A:

Dunne LJ. N u tritio n Almanac. 3rd Edìtion, McGraw-Hill, 1990.

La tragedia che si scatenò in tante parti del mondo in seguito alla Guerra
contro i grassi animali, è praticamente indescrivibile. La verità sul cole­
sterolo fu descritta dettagliatamente dal dott. Uffe Ravnscov nel suo libro
intitolato “Il colesterolo: la bugia scientifica". A suo tempo fu un assoluto
trionfo editoriale negli USA e, esaurito, fu venduto su Amazon a 999 $ l’uno!
(La traduzione in polacco è acquistabile per l’equivalente di circa 10 €).

I sali biliari partecipano alla trasformazione dei caroteni in vitamina A. Ma


quando il pasto contiene pochi grassi, viene prodotta pochissima bile. Quante
volte si vedono persone consumare insalatine varie di verdure, ma... per
carità, senza alcun grasso!

Oppure vediamo persone sgranocchiare la carota cruda, perché fa bene!


A chi? Non solo il fanatico salutista consuma beta carotene che, solo
nel migliore dei casi, viene trasformato in vitamina A solo per 1/6, ma lo
consuma senza grassi, quindi senza secrezione biliare. Siccome le carote
crude contengono tanta fibra che stimola la peristalsi, non occorre essere
un “dott. in medicina” per capire che quel beta carotene molto velocemente
lascerà l’organismo, dirigendosi “a sud” (nella parte inferiore del corpo),
cioè in bagno.

Stranamente non sento “esperti” dietologi raccomandare il consumo di ca­


rote crude col burro, per esempio, perché il burro è cattivo, grasso, perché
contiene colesterolo e... altre baggianate simili.
La vitamina A: che cosa non sappiamo 241

Per cui la prossima volta che leggeremo che “il prodotto è arricchito di beta
carotene”, o che “contiene vitamina A sotto forma di beta carotene” (il che -
come sappiamo - è un errore fondamentale), domandiamoci che cosa vuol
dire e quante condizioni devono verificarsi per trasformarlo in vitamina A.

È vero che l'organismo riesce ad immagazzinare grandi quantità di questa


vitamina nel fegato e negli altri organi, per cui un adulto può godere di buona
salute relativamente a lungo, utilizzando queste riserve. Ma l'organismo può
anche perderle velocemente. Un’attività fisica intensa, uno sforzo fisico, un
periodo di crescita, una gravidanza, un allattamento al seno, uno stress
0 un’infezione faranno sì che le riserve si esauriscano presto.

Cominceremo ad ammalarci. I bambini malati di rosolia possono perdere


le riserve di vitamina A così velocemente da andare incontro alla minaccia
di perdere la vista.

1 bambini nutriti con molte proteine e pochi grassi crescono alti e, il più
delle volte, miopi. Diete proteiche così popolari, come la pazza - a mio
parere - dieta Dukan, non solo appesantiscono fegato e reni fortemente ed
inutilmente, ma una grande quantità di proteine, accompagnata da scarso
consumo di grassi animali, bruscamente “risucchia” la vitamina A dall'or­
ganismo. Vale la pena di ricordarlo se si vuole seguire la “dieta Dukan”.

Non tanto tempo fa, quando nell’ambito di aiuti internazionali venne spedita
in Guatemala una enorme quantità di latte magro in polvere, tante persone
persero la vista. Il latte contiene molte proteine e, se è “magro”, è quasi
totalmente privo di grasso. Gli effetti furono tragici.

Sappiamo che la vitamina A è importante per la vista, per lo stato della pelle
e delle mucose. Ma non solo..., è conosciuta anche come fattore protettivo
contro le infezioni. La sua carenza si manifesta proprio con l’aumento di
infezioni, dal raffreddore all' HIV.
242

Un suo ruolo meno conosciuto è legato al corretto funzionamento delle ossa.


Apposta uso la parola “funzionamento”, perché - come ho detto prima - l'osso
è un organo, solo che non è composto da tessuto molle. Ho spiegato che le
vecchie cellule ossee vengono distrutte dagli osteoclasti per permettere di
sostituirle con le nuove. Apparentemente sembra che la vitamina A provochi
la distruzione delle ossa, ma l'azione degli osteoclasti è molto importante
perché permettono la costruzione di nuove cellule ossee. La vitamina A sti­
mola dunque l’azione degli osteoclasti e, grazie ad essa, si formano dei
composti che permettono la mineralizzazione dell’osso. Inoltre supporta la
funzione deH’osteocalcina che, a sua volta, viene attivata dalla vitamina K2,
e per questo viene considerata sostanza “collaborante” con la vitamina K2.

A volte si sente dire che la vitamina A funge da antagonista della vitamina


D. Spesso abbiamo a che fare con un fenomeno dove 1+1= 3. In altre
parole, l’effetto dell’azione di due sostanze INSIEME è maggiore rispetto
alla somma delle loro azioni se separate. Si chiama sinergia. È quel che
succede nel caso delle vitamine A e D.

Oliva A, Ragione FD, Fratta M, et al. Effect of retinole acid on


osteocalcin gene expression in human osteoblasts. Biochem.
Biophys. Res. Commuti. 1993, 191(3): 908-14.

Il problema è come mantenerle in equilibrio tra di loro, come nel caso dei
minerali. I prodotti ricchi di vitamina A, consumati dagli Scandinavi, possono
aumentare l’incidenza di fratture del femore. Come ha affermato uno dei
ricercatori, un alto consumo di vitamina A, in Scandinavia, può potenziare
gli effetti provocati da un basso assorbimento di calcio. E ciò a causa della
mancanza di sole e della carenza di vitamina D. Cioè: troppa A e poca D:

Johansson S and Melhus H. Vitamin A antagonizes calcium


response to vitamin D in man. J. Bone Miner Res. 2001 Oct,
16(10): 1899-905.
La vitamina A: che cosa non sappiamo 243

Qui si presenta un fatto importante. Nella stragrande maggioranza degli


studi sulla vitamina A o vitamina D è stata utilizzata una sola vitamina, o la
A o la D. Sono state somministrate anche in dosi alte, ma... separatamente,
il che ha determinato la loro tossicità.

Quando però sono state somministrate INSIEME, la loro tossicità non


si è verificata, indipendentemente dalla dose applicata.

Metz AL, Walser MM, Olsen WG. The interaction of vitamins A and
D related to skeletal development in thè turkey poult. J. Nutr.
1985; 115(7): 929-35.

Questo è MOLTO IMPORTANTE! Importante perché, prima di assumere


qualsiasi dose di vitamina D o A, pensiamo alla domanda che ci faremo
e che ogni medico si farà subito: “E la tossicità”? La risposta la conosciamo.
Tanta più vitamina D consumeremo, tanta più vitamina K2 dovremo inte­
grare. Necessariamente. Siccome la vitamina K2 non ha tossicità, rimane
solo la questione del suo prezzo.

L’esame del livello della vitamina K2

Questo valore non viene misurato direttamente. Ricordiamo che abbiamo


neH’organismo l'osteocalcina, la quale deve essere “risvegliata" dalla vitamina
K2. Questo processo di risveglio si chiama carbossilazione. L’osteocalcina
“non svegliata”, “non stimolata” a causa della carenza di vitamina K2, la
chiameremo non carbossilata. Il suo livello può essere misurato. Se è alto,
significa che la vitamina K2 scarseggia.

Un po’ sopra ho parlato di tumore e del fatto che non ci viene detto niente
di concreto a proposito della sua prevenzione. Si inventa un “programma”
dopo l’altro, si conducono infiniti e inutili dibattiti. Ho dimostrato quanto
importanti siano le vitamine D e K2 sia per la sua prevenzione che per la
244

cura. Non ho mai sentito nessuno, e da nessuna parte, parlare del potere
di queste vitamine in questi casi.

Ritengo, come ho già detto, che i medici praticamente non ne sappiano


nulla. Gli studenti di medicina non ne sono informati. La scarsa conoscen­
za di questo argomento ha una spiegazione. Chi dei medici che stanno
leggendo questo libro (spero ce ne siano) ha frequentato un corso dove
si insegna in modo approfondito l’influenza di queste vitamine sulla salute
e il loro ruolo nella prevenzione di un gran numero di patologie che afflig­
gono intere popolazioni? La risposta la conosciamo tutti. “A scuola non si
è affrontato l'argomento?”

No. E all'università? Alla facoltà di medicina? Nemmeno. Veramente...?

“Molti tumori neH’uomo hanno origine nelle cellule epiteliali. La


differenziazione di queste cellule dipende dai retinoidi. Alcuni
studi epidemiologici dimostrano che esiste una relazione inversa
tra il contenuto di vitamina A nel cibo e il rischio d'insorgenza
di tumore. Inoltre in alcuni esperimenti è stato dimostrato che
la somministrazione di retinoidi diminuisce l’attività di alcuni
carcinogeni...”.

E un po’ più avanti:

“Le proprietà antiossidanti di entrambe le vitamine nominate


(vit. A e beta carotene), liposolubili, possono generare un’a­
zione antitumorale”.

Anche questo non lo si sa? No. Come no, se sì? Questo è un frammento
della “bibbia biochimica” di ogni studente di medicina in Polonia, intitolata:
"Biochimica di Harper, ed.IV, pag. 763”.
La vitamina A: che cosa non sappiamo 245

Ma qualcuno ha mai sentito gli esperti onnipresenti, parlando di prevenzio­


ne dei tumori, accennare minimamente alla vitamina A? lo, mai... Eppure
“a scuola se ne parlava".

Sicuro? Forse avevano tralasciato questo capitolo? Peccato perché gli


autori degli studi:

Formelli F, Meneghini E, Cavadini E. Plasma retinol and prognosis


of postmenopausal breast cancer patients. Cancer Epidemiol.
Biomarkers Prev. 2009; 18(1): 42-48.

hanno dimostrato che:

“Un basso livello di vitamina A nel sangue può chiaramente


indicare grande probabilità di insorgenza di un tumore al seno
in una donna dopo la menopausa. Gli esperti in questo campo
raccomandano già da adesso di controllarne il livello nelle donne
per una prevenzione e diagnosi precoce del cancro al seno”.

L’immensa importanza che tutto questo ha, la sanno tutti oramai. Beh..., forse
non proprio tutti. I lettori lo sanno. Peccato, però, che non dicono NIENTE in
proposito i vari specialisti dei “programmi” di prevenzione dei tumori, ascoltati
quasi con “devozione". E forse non se la meritano. Lascio il giudizio ai lettori.

Questi studi sono di fondamentale importanza, soprattutto per la salute e la


vita di tantissime donne, perché forse è più importante controllare il livello
di vitamina A che sottoporsi a mammografia.

Controllare il livello di vitamina A è molto semplice, mentre - come risulta


dagli studi - la mammografia non è innocua. Ne parleremo probabilmente
in un’altra occasione.
246

È tutto sulla vitamina A? No! È molto importante nello sviluppo dell’em­


brione, nella prevenzione del distacco del feto dalla parete dell’utero o per
assicurare la giusta quantità di latte alla madre.

Ortega RM, Andrés P, Martinez RM, et al. Vitamin A status during


thè third trimester of pregnancy in Spanish women: influence
on concentrations of vitamin A in breast milk. Am. J. d in . Nutr.
1997; 66(3): 564-68.

Cioè alla donna che riesce a rimanere incinta. I problemi che hanno mi­
gliaia di coppie con la gravidanza sono da tutti conosciuti. Una delle cause
più comuni è il basso contenuto di spermatozoi nello sperma maschile.
È un grosso problema perché così non si può rimanere incinte, almeno
non nel modo più piacevole, quello naturale. Ma, anche in questo caso,
la vitamina A può essere d’aiuto per il suo ruolo “chiave” nella formazione
dello sperma:

Hogart CA and Griswald MD. The key role of vitam in A in


spermatogenesis. J. d in . Invest 2010, 120(4): 956-62.

Appena ci avviciniamo alla stagione autunno-inverno, gli esperti ci avvertono


dell’arrivo di influenze e raffreddori. La pratica lo conferma perché a volte
interi asili nido, asili e scuole sono infettati. Alcuni bambini, più di altri, sono
sensibili a queste infezioni. I pediatri vengono assaliti! E i pediatri sono
sempre meno numerosi...

Ma chi sa veramente come preparare un bambino, e noi stessi, alla “sta­


gione influenzale”? Quando ho proposto alle mamme “L’ESPOSIZIONE
TERAPEUTICA AL SOLE” dei bambini (non l’abbronzatura!) o una inte­
grazione con vitamina D, A o K2, in tutti casi, senza eccezioni (!), dopo
aver seguito il mio consiglio, i bambini nel periodo invernale non si sono
ammalati come i loro coetanei.
La vitamina A: che cosa non sappiamo 247

Quasi 20 anni fa, in Australia, furono studiati bambini che con particolare
facilità contraevano infezioni delle vie respiratorie superiori. Un cruccio per
ogni mamma di uno o più bambini in età pre-scolare. Gli studi mostrarono
che i bambini che prendevano solo 1.500 Ul di vitamina A si ammalavano
molto più raramente di quelli trattati con placebo:

Pinnock CB, Douglas RM, Badcock NR. Vitamin A status in children


who are prone to respiratory tract infections. Aust. Paediatr. J.
1986; 22: 95-99.

In alcune famiglie vige ancora “la regola della nonna”: una volta alla setti­
mana fegato a pranzo! Perché? Perché la nonna ha sempre saputo che in
questo modo i bambini non si ammalano così spesso. Semplice? Sembra di
sì, ma noi dobbiamo dimostrare per forza che ne sappiamo più di lei, di lei
che non era “dott.in medicina” e non aveva mai avuto accesso a computer
o microscopi. Non ne aveva bisogno.

Perché prediligeva il fegato? Perché contiene tantissima vitamina A


NATURALE. Non in capsule. Ricco di vitamina A è il fegato di bovino: in
100 grammi ve ne sono 17.000-27.000 Ul; nel fegato di pollo circa 11.000
Ul; nel fegato di oca quasi 30.000 Ul; nel fegato di maiale circa 22.000 Ul.
E in quello di vitello? Quasi 40.000 Ul:

http://nutritiondata.self.com/facts/lamb-veal-and-game-products/
4671/2

Un cucchiaio di buon olio di pesce contiene più di 13.000 Ul:

http://nutritiondata.self.eom/facts/fats-and-oils/628/2

Ovviamente qualcuno si chiederà subito se corriamo il pericolo di intossi­


cazione. Finché non diamo al bambino il fegato di un orso polare, questo
248

pericolo non esiste. 100 gr del suo fegato contengono circa 1.800.000 Ul
di vitamina A.

Tempo fa, negli asili, specialmente in autunno o inverno, ogni bambino


obbligatoriamente prendeva 1 cucchiaio di olio di pesce al giorno. I lettori
nati 40 anni fa, o prima, se lo ricordano.

Sicuramente si ricorderanno anche, come me, che i bambini non si amma­


lavano come oggi! A chi dava noia questo rimedio?

Probabilmente solo ai bambini, perché alcuni detestavano l’olio di pesce


e la maestra era irremovibile!

I genitori di alcuni bambini oggi potrebbero considerare la somministrazio­


ne di un cucchiaio di olio di pesce una barbarie! Ma.... nessuno dice che
il bambino deve inghiottire un intero cucchiaio di olio di pesce in un' unica
dose! Ci sono decine di “trucchi” per somministrarlo ai bimbi, come per
esempio inumidendo un panino o una fetta di pane, più un pizzico di sale.
Dovrebbe essere il sale dell’Himalaya, o celtico, o di Klodawa (sale polacco),
da comprare in negozi che vendono alimenti sani. Basta che non sia il sale
del supermercato, quello iodato, per intenderci. Lo prenderanno! E non se
ne accorgeranno neppure. E che i genitori facciano loro compagnia. Non
succederà loro nulla, al limite saranno più sani.

Gli studi sulla tossicità della vitamina A hanno dimostrato che i primi sintomi
di intossicazione da questa vitamina, in adulti che prendevano una
dose di 100.000 Ul, comparivano solo dopo circa 6 mesi di assunzione
quotidiana; in alcuni dopo qualche anno. I sintomi sono reversibili dopo
l’interruzione della somministrazione.

Tempo fa sono stati pubblicati studi sulla presunta tossicità della vitamina
A sul feto di donne in gravidanza. Poi quando è venuto fuori che questi
La vitamina A: che cosa non sappiamo 249

studi peccavano di seri errori fondamentali, sono andati nel “dimenticatoio”.


Invece quando è stata somministrata, in modo strettamente controllato,
una dose di 50.000 Ul al giorno a donne incinte e a neonati (I), non sono
risultati danni neurologici di alcun tipo.

Mastroiacovo, P. and others. High vitamin A intake in early


pregnancy and major malformations: A multicenter prospective
controlled study. Teratology January 1999 59(1): 1-2.

Gli stessi risultati sono stati ottenuti da ricercatori svizzeri che, dopo aver
somministrato 30.000 Ul di vitamina A a donne in gravidanza, non hanno
rilevato nessun effetto collaterale nei neonati.

Wiegand, U. W. and others. Safety of vitamin A: Recent results.


International Journal o f Vitamin and Nutrition Research 1998, 68(6):
411-6.

Nessun effetto avverso è stato osservato neppure in persone che hanno


assunto a lungo dosi due volte superiori alla dose giornaliera raccomandata,
cioè 3.000 Ul.

Johnson EJ, Krall EA, Dawson-Hughes B, et al. The lack of effects


of multivitamins containing vitamin A on serum retinyl esters
and liver function tests in healthy women. J. Am. Coll. Nutr. 1992,
11:682-86.

Inoltre, ulteriori studi su dosi di 25.000 Ul in bambini dai 2 ai 12 anni non


hanno evidenziato danni al fegato o altri effetti negativi:

Sibulesky L, Hayes KC, Pronczuk A, et al. Safety of <7500 RE


(<25000 IU) vitamin A daily in adults with retinitis pigmentosa.
Am. J. Clin. Nutr. 1999, 69(4): 656-63.
Risultati di sovradosaggio sono: pelle secca, prurito, caduta di capelli, mal
di testa, ispessimento osseo o danneggiamento del fegato. È interessante
notare che alcuni di questi sintomi sono caratteristici anche della... carenza
di vitamina A. È dovuto al fatto che alcuni sintomi della tossicità della vita­
mina A sono il risultato della carenza delle vitamine D e K2:

Rheaume-Bleue K. Vitamin K2 and thè Calcium Paradox: How


a Little-Known Vitamin Could Save Your Life. 2011; John Wiley,
194.

Consiglio vivamente questa pubblicazione: una buona parte di questo


capitolo si basa su di essa.

Come sempre, il punto è: mantenere un certo equilibrio. Per questo non


posso scrivere sulla vitamina D ignorando le vitamine K2 e A.

La vitamina A è stata usata anche per altri scopi. Per esempio, la som­
m inistrazione di 100.000 Ul al giorno a donne con abbondante
sanguinamento mestruale ha portato alla guarigione di questo di­
sturbo nel 92% dei casi. Vale la pena di ricordarselo? Penso di sì, perché
è un problema che affligge migliaia di donne. Forse potrebbero evitarlo.
Ma... perché non vengono aiutate?

I malati di psoriasi quasi sempre hanno un basso livello di vitamina A. Questo


particolare è stato descritto quasi 20 anni fa in Acta Dermato Venereologica,
Jul 1994 74(4):298-301. Poi The Lancet ha pubblicato nel marzo del 1998
studi affermanti che pazienti post ictus, con un alto livello di vitamina A,
avevano molto maggiori possibilità di recupero, senza postumi. Tutto questo
non merita forse un approfondimento?!

La vitamina A protegge dal tumore ai polmoni ed alla vescica neH’uomo. (Alt


Cancer Inst Monogr Dee 1985 69:137-42). In Germania 14 su 20 pazienti
La vitamina A: che cosa non sappiamo 251

con tumore alla prostata sono stati guariti totalmente e 5 hanno ottenuto
una regressione parziale usando la vitamina A come uno degli elementi di
terapia NATURALE (Drugs Exp Clin Res 2000;26(65-6):249-52).

Comunque attenzione al consumo di beta caroteni sinteticil Alcuni


studi hanno confermato che possono favorire l’insorgenza di tumoril
Non succede con i caroteni naturali.

Riepilogo

- la vitamina A ha un’azione ubiquitaria, come le vitamine D e K2.

- la vitamina A in dose preventiva, cioè circa 2.000-10.000 Ul, insieme


alle vitamine D e K2, non è tossica.

Evitare il consumo di beta carotene sintetico.


La Vitamina E che non conosciamo

Anche qui sono nati tantissimi equivoci.

La Vit. E NON È UN’UNICA SOSTANZA.

A differenza della Vit. C, quando parliamo di Vit. E dobbiamo ricordare che


ci riferiamo a un gruppo di 8 sostanze diverse divise in:

- Tocoferoli
- Tocotrienoli

Ognuno di questi gruppi è composto di quattro sottogruppi: alfa, beta,


gamma e delta. Così abbiamo:

- alfa tocoferolo e alfa tocotrienolo,


- beta tocoferolo e beta tocotrienolo,
- gamma tocoferolo e gamma tocotrienolo,
- delta tocoferolo e delta tocotrienolo.

Circa 70 anni fa un composto di tocoferoli veniva venduto come Vit. E. Quasi


per caso uno dei dipendenti della ditta Kodak notò che nella soia poteva
essere isolato un composto naturale di tocoferoli.

Più tardi i fratelli Shute, in Canada, dimostrarono che l'arteriosclerosi


poteva essere limitata somministrando un composto naturale di to­
coferoli. Fu una notizia meravigliosa, ma... non per loro. L’ambiente medico
immediatamente sferrò un attacco massiccio e dette il via a una propaganda
su larga scala contro l'utilizzo di questa vitamina.
254

In quel periodo, cioè nel 1941, l’industria farmaceutica Hoffman La Roche


produsse una versione sintetica di Vit. E - alfa tocoferolo, dimostrando che
favoriva l’innalzamento della Vit. E, anche se c’è chi dice che ciò succedeva
solo perché la forma sintetica non viene assorbita dalle cellule. L’appoggio
dato dalla grande finanza a questa ditta fece sì che, da quel momento,
l’ambiente medico iniziasse a considerare l’alfa tocoferolo come l'unico
componente utile di tutta la Vit. E. Ovviamente non è vero.

Anzi: molto accuratamente vengono diffuse informazioni - beh..., anche


studi - che la Vit. E... fa male! Qual è la verità?

Siccome, come si dice, “il diavolo sta nei dettagli”, dobbiamo domarlo un po'
spiegandone alcuni, solo quelli che ci permetteranno di capire come stanno
le cose. Come accennato prima, non possiamo parlare di buoni o cattivi
risultati dati dalla Vit. E senza precisare di quale degli otto elementi si tratta
e - cosa ancora più importante - se l’elemento è naturale o sintetico.

Le differenze possono “valer oro" o - meglio - “valere la salute”. Come ho det­


to sopra, ci sono molti studi che dimostrano, senza dubbio alcuno, che il beta
carotene sintetico provoca tumori, mentre la sua forma naturale li previene.

Dunque: vediamo come si riesce a fare un lavaggio del cervello con “studi”
che dimostrano che la Vit. E incrementa la mortalità:

Miller ER III, Pastor-Barriuso R, Dalai D, Riemersma RA, Appel LJ,


Guallar E, Meta-analysis: High-dosage vitamin E supplementation
may increase ali-cause mortality. Annals of Internai Medicine 2005;
Voi. 142, Issue 1, pp. 37-46.

È solo una cosiddetta meta-analisi, cioè vengono formulate ipotesi dopo


aver analizzato un certo numero di studi sull’argomento. In questo caso
vennero analizzati 19 diversi studi sull’applicazione della Vit. E.
La vitamina E che non conosciamo 255

Una pubblicazione seria, in una rivista seria, scritta da - sembrerebbe -


persone serie. Il guaio è che ha fatto il giro del mondo intero. I media hanno
diffuso questa notizia senza pensare, senza verificare. Perché avrebbero
dovuto? È stata scritta da vere autorità. Come sappiamo, la fiducia nelle
cosiddette autorità sta calando bruscamente in tanti campi. Bisogna dunque
contestarle! Non dobbiamo averne paura!

Altri ricercatori lo hanno fatto e hanno esaminato quegli studi molto atten­
tamente:

Houston M. Meta-analysis, metaphysics and mythology: Scientific


and clinical perspective on thè controversies regarding vitamin
E for thè prevention and treatment of disease in humans. Journal
ofthe American Nutraceutical Association 2005; Voi. 8 No. 1.

Che cosa è venuto fuori? Che si sono occupati di un'unica forma di Vit. E,
cioè l’alfa tocoferolo e, nella maggior parte dei casi, nella sua versione
SINTETICA. Che valore hanno studi così? Nessuno. Forse soltanto quando
confermano che la versione sintetica non dà i vantaggi attesi, ma questo
lo si sapeva già da tempo. Invece la diffusione di notizie che la vitamina
E come tale è nociva, è un volgare imbroglio.

Altri studi sostengono che l’assunzione di Vit. E come integratore, per


curare o prevenire l’insorgenza di malattie cardiache, non produce
alcun risultato positivo nell’abbassare il rischio d’infarto o di morte
per altre cardiopatie. (Arch Intern Med. 2004;164:1552-1556).

Di nuovo è stata usata un’unica forma della vitamina, l’alfa tocoferolo.


Eppure gli autori hanno affermato senza esitare di aver usato la Vit. E,
nascondendo il fatto che dei suoi otto elementi ne è stato usato uno solo,
che non è la Vit. E! Come chiamare questo atteggiamento? Non hanno
scritto che “somministrare un solo componente della Vit. E, come l’alfa
256

tocoferolo, non ha senso”. No. Hanno scritto che la somministrazione di


Vit. E non ha senso, senza averla testata!

Quali conclusioni può trarre il lettore medio da queste informazioni? È inutile


usare la Vit. E perché non funziona. E un medico? Idem. Perché?

Perché nel 95% dei casi, abitualmente, i medici leggono solo i titoli o le
sintesi dei lavori scientifici. Dunque dopo aver letto pubblicazioni del genere,
apparentemente serie, un medico la prescriverà a qualcuno? No, perché
gli studi “hanno dimostrato” che non ha senso.

Per ottenere risultati migliori con la Vit. E, forse occorrerebbe prendere in


considerazione anche il resto degli suoi ingredienti. Per un qualche scopo,
forse, Madre Natura ha fornito gli altri sette?

Ricercatori dell’Università di Uppsala, in Svezia, hanno affermato che il


composto di tocoferoli alfa, gamma e delta è caratterizzato da alte proprietà
antiossidanti che proteggono i globuli rossi, Hanno queste proprietà, ma
solo se agiscono insieme, in sinergia.

Un altro gruppo di sostanze che compongono la Vit. E, i tocotrienoli, ha


proprietà ancora più interessanti. A lungo sono state trascurate dai ricer­
catori. La miglior fonte di queste sostanze sono i semi di palma. Una volta
studiati, è risultato il loro potere antiossidante 4 0-60 volte maggiore dell'alfa
tocoferolo!

Qualcuno dirà: “Si parla molto di questa vitamina come di una sostanza che
protegge il nostro cuore”. Sappiamo che uno dei maggiori problemi di salute
dei cosiddetti “paesi civilizzati” è proprio il grande numero di infarti. In massa
si interviene con i cosiddetti bypass e, quando non bastano, si trapiantano
cuori. In massa si impiantano nelle arterie occluse anche i cosiddetti stent,
che dovrebbero facilitare l’afflusso del sangue nel cuore. Lo sappiamo.
La vitamina E che non conosciamo 257

Sappiamo pure che, dato l’alto numero di questi malati, i costi affrontati
da ogni paese sono enormi. Queste terapie hanno veramente un costo
altissimo. Paghiamo tutti noi. Non importa se questi soldi provengono dalle
tasse o dalle multe fatte con gli autovelox. Sorge la domanda: è necessario?
Secondo me, NO. Basta riflettere e introdurre giusti accorgimenti preven­
tivi per impedire la formazione di placche aterosclerotiche che occludono
le arterie e per permettere la rimozione di quelle già esistenti. E basta...
Come farlo lo sappiamo dai capitoli precedenti. Lo facciamo? No. Si può
fare ancora di più?

I ricercatori della Jordan Heart Foundation, New Jersey, e dell’ Elmhurst


Medicai Center, New York, hanno dimostrato che un composto di tocotrie-
noli di semi di palma permette di rimuovere i depositi di colesterolo
dalle arterie in circa 6 mesi.

Kooyenga DK, Geller M, Watkins TR, Bierenbaum ML. Antioxidant-


induced regression of carotid stenosis overthree-years. Proceedings
ofthe 16th International Congress of Nutrition. Montreal, July 29,1997.

Semplice vero? Ma noi che facciamo? Preferiamo ricorrere agli stent,


trapiantare i cuori, tagliare le arterie per estrarre le placche occludenti,
ecc. E, ovviamente, che ce ne sia bisogno o no, sempre abbassiamo il
livello di colesterolo con un veleno creato apposta, che si chiama “farmaco
anticolesterolo”.

II colesterolo non ha nessun ruolo nell’Insorgenza dell’aterosclerosi, lo


sappiamo da tanto tempo. Importante è lo stato delle pareti arteriose, che
permette o no l’attecchimento di colesterolo ossidato, calcio, coaguli, ecc...

Uno degli migliori esperti nel campo, il dott. Barrie Tan, paragona la super­
ficie antiaderente di una padella in teflon, che non permette l’attecchimento,
a quella di un nastro di velcro, che fa attecchire tutto con estrema facilità.
258

Tanti studi indicano che i delta tocotrienoli dimostrano proprietà che ren­
dono la superficie delle arterie simile a quella di una “padella antiaderente”.
Semplifico al massimo, ovviamente, per rendere meglio l’idea, ma invito chi
è interessato a leggere ed analizzare:

Theriault A, Chao JT, and Gapor A, Tocotrienol is thè most effective


vitaminEforreducingendothelialexpressionofadhesionmolecules
and adhesion to monocytes. Atherosclerosis 2002; 160 (1): 21-30.

Chao JT, Gapor A, Theriault A. Inhibitory effectof delta-tocotrienol,


a HMG CoA reductase inhibitor, on monocyte-endothelial celi
adhesion. J. Nutr. Sci. Vitaminol. (Tokyo) 2002; 48 (5): 332-337.

Naito Y et al. Tocotrienols reduce 25-hydroxycholesterol-induced


monocyte-endothelial celi interaction by inhibiting thè surface
expression of adhesion molecules. Atherosclerosis 2005; 180
(1): 19-25.

Un vero cruccio per milioni di persone è l’ipertensione arteriosa. Il proble­


ma è che i farmaci raccomandati dalla medicina accademica hanno effetti
collaterali molto seri. La somministrazione di grandi quantità di coenzima
Q10 invece porta, con il tempo, alla normalizzazione della pressione. Non
solo senza effetti collaterali, ma con tanti altri vantaggi (è un argomento
che sto preparando per il prossimo libro).

È stato dimostrato che la somministrazione del coenzima Q10 insieme ai


tocotrienoli ha un effetto ancora migliore sulla normalizzazione della pres­
sione arteriosa. Sempre senza effetti collaterali:

Newaz MA et al. Nitric oxide synthase activity in blood vessels


of spontaneously hypertensive rats: antioxidant protection by
gamma-tocotrienol. J. Physioi. Pharmacol. 2003; 54 (3): 319-327.
La vitamina E che non conosciamo 259

Rosenfeldt FL et al. Coenzyme Q10 in thè treatment of hypertension:


A meta-analysis of thè clinical trials. J. Hum. Hypertens. 2007;
21 (4): 297-306.

Tutto efficace e poco costoso. Questi studi sono stati condotti da sciama­
ni? O forse da guaritori impossessati? No. Occorre aggiungere qualcosa
sull’importanza epocale di questa scoperta? Neppure.

Sì..., non c’è bisogno di aggiungere altro. Ma occorre chiedersi: CHI NE


È A CONOSCENZA? Chi dei lettori ne sapeva qualcosa?

Quando, con rispetto parlando, studi “fatti con i piedi” hanno “dimostrato"
che la Vit. E non serve a nulla, tutto il mondo è venuto a saperlo! Perché
nessuno, in modo analogo, ha sparso “ai quattro venti” la notizia di queste
grandiose scoperte? A proposito: si tratta di un’unica scoperta? Ma no!

Ho spiegato che lo stesso effetto si ottiene con le vitamine K2, D e A. Esiste


dunque un unico modo? No, ce ne sono altri. Perché quindi i media non
ne danno notizia?

Perché, parlando di prevenzione di patologie cardiache legate all’ateroscle­


rosi, nessuno ci dice che è così facile metterla in atto? Ormai lo sappiamo:
l’aterosclerosi è reversibile. Eppure nessuno formalmente, ufficialmente,
lo dirà. Provate a chiederlo.

Qui anticipo i saggi commenti che sempre mi vengono rivolti: “la medicina
accademica si basa sempre su studi seri, randomizzati, in doppio cieco,
e non su notizie di alcuni studi o osservazioni”. Oppure: “finché il farmaco
(vitamina!) non è sottoposto a studi specifici, pubblicati nelle riviste della lista
di Filadelfia, ecc. ecc...”. Dunque? Che succede? Preferite semplicemente
guardare la gente soffrire e ammalarsi inutilmente? Quali studi dobbiamo
aspettare? Su una sostanza naturale? Comunque non la si potrà brevetta-
260

re, quindi nessun guadagno, il che vuol dire che MAI NESSUNO LI FARÀ.
Aspettare? O forse prendere noi in mano le redini? Nelle nostre mani.

Possono essere ignorati studi che dimostrano l’azione preventiva e pro­


tettiva della Vit. E, in modo particolare dei tocotrienoli, nelle malattie del
sistema nervoso?:

Theriault A, Chao JT, Wang Q, Gapor A, Adeli K. Tocotrienol:


a review of its therapeutic potential. Clinical biochemistry 1999;
32.5: 309-319

Sen CK, Khanna S, Roy S. Tocotrienol: thè naturai vitamin E to


defend thè nervous System? Ann. NYAcad. Sci. 2004; 1031:127-42.

Khanna S et al. Neuroprotective properties of thè naturai vitamin


E alpha-tocotrienol. Stroke 2005; 36 (10): 2258-2264.

Vitamina E: colesterolo e tumori

Per coloro che assurdamente ancora temono il colesterolo, e per i medici


che non curano il paziente ma curano il suo “livello di colesterolo”, ho una
buona notizia. I tocotrienoli abbassano il livello di colesterolo:

DeBose-Boyd R. Tocotrienol mechanism in cholesterol-lowering.


UT Southwestern Medicai Center, Dallas, Texas.

Le statine, prescritte ormai in maniera massiva e automatica ai “malati di


colesterolo”, abbassano, sì, efficacemente il suo livello, ma nello stesso
tempo, però, hanno fatali effetti collaterali che distruggono il cuore ed altri
organi. Ma.... abbassano il colesterolo. I tocotrienoli, invece, lo abbassano
La vitamina E che non conosciamo 261

senza gli effetti avversi causati dalle statine presenti sul mercato sotto vari
nomi commerciali: Bayeoi, Lipobay, Torvatin, Sortis, Torvast, Torvacard,
Zocor, Simvacard, Mevacor, Crestor, ecc.

Come si fa a capire che un farmaco appartiene al gruppo delle stati­


ne? Sulla confezione può esserci solo un nome commerciale, come
sopra, ma sotto, o sul foglietto illustrativo, c’è il nome del principio
attivo che termina in -statina o -statinum.

I tocotrienoli rallentano la crescita delle cellule tumorali nei tumori al seno,


fegato, prostata, pelle, pancreas, intestino crasso, polmoni, sangue, ghiandole
linfatiche, collo dell’utero e nervi. Mentre i tocoferoli non hanno quest’azione.

Huanbiao M. Mevalonate-suppressive tocotrienols for cancer


chemoprevention and adjuvant therapy. Department of Nutrition
and Food Sciences, Texas Woman’s University, Denton, Texas.

Ciffolilli S, Legnaioli S, Piroddi M, Pierpaoli E, Provinciali M, Galli F. On


thè superiority of hypomethyl (delta- and gamma-) tocotrienols
as anticancer agents in neu-positive breast cancer.

Nel 2000, il dott. Sylvester dell’Università della Luisiana (USA), ha dimo­


strato che il delta tocotrienolo è il più potente composto della Vit. E che
diminuisce la divisione e moltiplicazione delle cellule tumorali. Ha osservato
anche che il delta tocotrienolo stimola il processo di apoptosi, proprio ciò
che è necessario nella battaglia contro il tumore.

Queste proprietà del delta tocotrienolo, nel caso di tumori della pelle (mela­
noma), del seno, della prostata, del pancreas e dell’intestino crasso, vennero
confermate da altri studi condotti da altri ricercatori:
262

Mclntyre BS et al. Antiproliferative and apoptotic effects of


tocopherols and tocotrienols on preneoplastic and neoplastic
mouse mammary epithelial cells. Proc. Soc. Exp. Biol. Med. 2000;
224 (4): 292-301.

McAnally JA et al. Tocotrienols potentiate lovastatin-mediated


growth suppression in vitro and in vivo. Exp. Biol. Med. (Maywood)
2007; 232 (4): 523-531.

Nesaretnam K. et al. Tocotrienols inhibit thè growth of human


breast cancer cells irrespective of estrogen receptor status.
Lipids 1998; 33 (5): 461-469.

Conte C. et al. Gamma-tocotrienol metabolism and antiproliferative


effect in prostate cancer cells. Ann. NY Acad. Sci. 2004; 1031,
391-394.

Eitsuka T, Nakagawa K, and Miyazawa T. Down-regulation of


telomerase activity in DLD-1 human colorectal adenocarcinoma
cells by tocotrienol. Biochem. Biophys. Res. Commun. 2006; 348
(1): 170-175

Malata MP, Sebti S. Delta-tocotrienol treatment and prevention


of pancreatic cancer. 2008. Lee Moffitt Cancer Center & Research
Institute, University of South Florida (Tampa).

È una scoperta importante? Certamente sì! Ma forse solo per chi vuole
prevenire un tumore o ne è già colpito.

Non voglio essere maligno, quindi non chiederò ai lettori se hanno mai visto
prescrivere tocotrienoli a qualche malato di tumore, o se hanno sentito “un
La vitamina E che non conosciamo 263

esperto” nella prevenzione di tumori accennare “per sbaglio”, balbettan­


do, ai tocotrienoli o ad altre sostanze, come per esempio le vitamine D,
K2 o A.

E non è finita qui..., ne parleremo molto più dettagliatamente in un altro


libro, dove approfondiremo l'argomento senza più ascoltare baggianate
sulla prevenzione dei tumori: mammografie o colonscopie sono metodi
diagnostici e non di prevenzione!

Prego subito i lettori di non attaccare i medici. Come ho scritto nell’in­


troduzione, come fanno a sapere tutto ciò? Non ne sono stati informati né
all’università, né durante i corsi di aggiornamento organizzati dalle loro
organizzazioni o associazioni. Sappiamo che questi corsi sono patrocinati,
e spesso finanziati, dalle industrie farmaceutiche; le informazioni saranno
quelle volute dallo sponsor, che ha interesse a vendere la maggior quantità
delle sostanze che produce, chiamate farmaci. Sostanze che, per procu­
rare guadagni da capogiro, non possono essere naturali: devono essere
sintetiche.

I tocotrienoli hanno anche un'azione antinfiammatoria. Gli stati infiammatori


favoriscono l’insorgenza di tante altre malattie. Anzi: fondamentalmente
quasi tutte le malattie sono legate ad uno stato infiammatorio, maggiore
o minore che sia (aterosclerosi, diabete, sclerosi multipla, Morbo di Crohn,
artrite reumatoide, ecc).

Spesso l’insorgenza di un tumore viene preceduta dalla presenza di


uno stato infiammatorio cronico, che possiamo anche ignorare. Per
questo motivo sempre occorre combattere le infiammazioni che perman­
gono a lungo e diventano croniche. Prima ho spiegato come agiscono
gli antiinfiammatori steroidei (cortisoni) e non (FANS), e con quali effetti
collaterali.
Ho spiegato anche l’azione antinfiammatoria della Vit. D, esente da effetti
collaterali, ecc. Ma solo la Vit. D ha questa azione? Ovviamente no. Anche
i tocotrienoli. La loro azione antinfiammatoria è particolarmente importan­
te quando abbiamo a che fare con il tumore, sia nella terapia che nella
prevenzione:

Aggarwal BA. The role of tocotrienols in inflammatory diseases.


Cytokine Research Laboratory, Department of ExperimentalTherapeutics,
The University of Texas M. D. Anderson Cancer Center, Houston, Texas.

I tocotrienoli sono stati testati anche su malati con tumore al pancreas, tumore
particolarmente aggressivo e virulento che, praticamente, non lascia speranze.
II 95% dei pazienti sopravvive solo 6-12 mesi dalla diagnosi. Risulta però che
i delta tocotrienoli ne bloccano la crescita, bloccando la divisione delle sue cel-
luJe. Abbiamo detto che la cellula tumorale “dimentica di morire" (apoptosi: è la
morte programmata) e cresce senza limiti. Come ripristinare questa funzione
di morte programmata? Gli studi affermano che i tocotrienoli riescono a farlo.

Hanno un’azione simile nel caso di tumore al fegato, proprio ripristinando


l’apoptosi, la morte cellulare naturale.

Malata MP, Sebti S. Delta-tocotrienol treatment and prevention


of pancreatic Cancer. 2008. Lee Moffitt Cancer Center & Research
Institute, University of South Florida (Tampa).

Sakai M et al. Apoptosis induction by gamma-tocotrienol in human


hepatoma HepSB cells. J. Nutr. Biochem. 2006; 17 (10): 672-676.

Uno dei meccanismi sfruttati dal tumore per sopravvivere è la formazione


di un proprio sistema circolatorio (il cosiddetto fenomeno di angiogenesi),
che gli permette di nutrirsi e, di conseguenza, crescere senza limiti.
La vitamina E che non conosciamo 265

È ovvio dunque che, se riuscissimo a frenare questo fenomeno, riusciremmo


anche a frenare la crescita della massa tumorale e a provocarne la regres­
sione. Purtroppo, con i metodi attualmente applicati, è una guerra persa.

Ci sono altre patologie in cui avviene un’anomala proliferazione di vasi


sanguigni, per esempio nella psoriasi. Esistono ovviamente rimedi antian-
giogenetici ma, come al solito, il loro utilizzo è legato a effetti collaterali
molto pericolosi. Esistono, comunque, sostanze naturali che bloccano l’an-
giogenesi, per esempio l’artemisinina o anche la Vit. C. Ma il mondo della
medicina accademica fa finta di non vedere. Il motivo è sempre il solito:
la sostanza naturale non è brevettabile. Non c’è guadagno, dunque non
c'è speranza di una formale introduzione di queste sostanze nel protocollo
ufficiale di cura di un paziente molto malato. Il business vince ancora...

Risulta che i tocotrienoli abbiano la proprietà di frenare la formazione dei


nuovi vasi sanguini che il tumore cerca di costruirsi:

Mizushina Y et al. Inhibitory effect of tocotrienol on eukaryotic


DNA polymerase lambda and angiogenesis. Biochem. Biophys.
Res. Commuti. 2006; 339 (3): 949-955.

Nakagawa K, Shibata A, Yamashita S, Tsuzuki T, Kariya J, Oikawa S,


Miyazawa T. In vivo angiogenesis is suppressed by unsaturated
vitamin E, tocotrienol. J. Nutr. 2007; 137:1938-1943.

Dunque: è importante tutto ciò per la nostra salute e per le terapie? Eccome!
Ma quale lettore di questo libro, affetto da tumore, è stato mai consigliato
di prendere i tocotrienoli? Una foresta di mani alzate... Forse un giorno.

Più volte ho parlato di radicali liberi e degli antiossidanti che li neutralizzano.


Anche in questo caso i tocotrienoli hanno dimostrato la loro forza:
266

Kline K, Vu W, Sanders BG. Vitamin E: mechanisms of action as


tum orceil growth inhibitors. J. Nutr. 2001; 131 (1); 161S-163S.

Indicazioni pratiche:

A prescindere dallo spazio dedicato ai tocotrienoli, non significa che


i tocoferoli non siano importanti. A volte è meglio non farne uso, altre
volte è bene abbinarli ai tocotrienoli. Bisogna conoscerli per applicarli
nel modo migliore e per dare consigli ottimali. E non come spesso
succede con la Vit. C.

Se occorre abbassare il livello dei trigliceridi o del colesterolo, o quan­


do abbiamo a che fare con un tumore, è più vantaggioso usare solo
i tocotrienoli, senza o con piccole quantità di tocoferoli. In questi casi
il tocoferolo disturba. Quindi in questi casi i tocoferoli e i tocotrienoli
dovrebbero essere assunti separatamente, per esempio a distanza
di circa 8 ore.

Uno dei maggiori esperti di Vit. E, il dott. Barrie Tan, consiglia di


assumere i tocoferoli la mattina e i tocotrienoli la sera, durante il pa­
sto, perché l’organismo produce la maggior quantità di colesterolo
intorno alla mezzanotte.

Nel caso di utilizzo di Vit. E in forma topica, come la crema per la pelle,
i tocoferoli non interferiscono con i tocotrienoli e agiscono insieme,
in sinergia, meglio che separati.

Sempre più spesso abbiamo casi di infezioni croniche delle vie respiratorie,
provocate dal batterio Clamydia pneumoniae. È stato dimostrato che
eliminare questo batterio è molto utile, per esempio, nella terapia dei
malati di sclerosi multipla.
La vitamina E che non conosciamo 267

Inoltre.... questo batterio è stato trovato anche nella placca aterosclerotica


e si è visto che favorisce lo sviluppo di arteriosclerosi e aterosclerosi.

Gli studi condotti da Tan dimostrano che i tocotrienoli, in particolare i delta


tocotrienoli, hanno un grande ruolo nella riduzione degli stati infiammatori
provocati da questo batterio.

E adesso un po’ di “mambo jumbo” scientifico: solo per “i partico­


larmente diligenti”:

Nella maggior parte degli studi sono stati usati isomeri puri dei tocotrienoli.
In studi precedenti i tocotrienoli sono stati classificati secondo le loro pro­
prietà, o meglio secondo la loro efficacia nella terapia di malattie cardiache
e tumorali. Dalla maggiore efficacia alla minore, nel seguente modo: delta
tocotrienolo > gamma tokotrienolo >alfa tokotrienolo.

Precisiamo che l'alfa tocoferolo (cioè la forma più venduta in farmacia come
“Vit. E"1 non ha quasi dimostrato efficacia. In seguito sono stati condotti
altri studi usando tocoferoli estratti dai semi di palma, al momento la fonte
più ricca di queste sostanze.

Il gamma tocotrienolo e l’alfa tocotrienolo sono stati considerati i più efficaci


nelle malattie cardiache e tumorali. Dato che i tocotrienoli estratti dai semi
di palma contengono molti gamma tocotrienoli e relativamente pochi delta
tocotrienoli, per questo motivo il gamma tocotrienolo è stato considerato,
a quei tempi, “l’ingrediente d’oro".

Un’altra autorità nel campo dei tocotrienoli, il dott. Quershi, insieme a un


gruppo di ricercatori che collaboravano con lui, ha dimostrato chiaramente
268

che la maggior efficacia appartiene al delta tocotrienolo. Altri studi hanno


confermato la sua superiorità assoluta, seguita dal gamma tocotrienolo:

Song BL, DeBose-Boyd RA. Insig-dependent ubiquitination


and degradation of 3-hydroxy-3-m ethylglutaryl coenzyme
A reductase stimulated by delta- and gamma-tocotrienols. J.
Biol. Chem. 2006; 281 (35): 25054-25061.

Yu SG, Thomas AM, Gapor A, Tan B, Qureshi N, Qureshi AA.


Dose-response impact of various tocotrienols on serum
lipid parameters in 5-week-old female chickens. Lipids 2006;
41:453-461.

Mclntyre BS et al. Antiproliferative and apoptotic effects of


tocopherols and tocotrienols on preneoplastic and neoplastic
mouse mammary epithelial cells. Proc. Soc. Exp. Biol. Med. 2000;
224 (4): 292-301.

A chi è interessato ad approfondimenti, consiglio:

Second International Tocotrienol Symposium, hosted by American


River Nutrition, Ine., in Conjunction with thè 103rd AOCS Annual
Meeting

Una vera miniera di conoscenza sui tocotrienoli è:

Tan B, Watson RR, Preedy VR. Tocotrienols: Vitamin E beyond


Tocopherols
La vitamina E che non conosciamo 269

Spesso sulle confezioni leggiamo che alcuni prodotti contengono Vit. E nella
forma di alfa tocoferolo. La forma sintetica è segnata come di-alfa to­
coferolo. Va evitata. Purtroppo, decisamente più spesso, la Vit. E viene
venduta sotto la forma dei poco efficaci tocoferoli. Su tante confezioni
leggiamo solo: Vit. E, nient’altro. Siamo in grado di capire che questa
scritta non ha alcun senso ma, per cambiarla, bisogna... sì, bisogna avere
sufficiente conoscenza. Conoscenza fondamentale perché, come vedia­
mo, la differenza tra i diversi componenti è notevole ed essenziale per la
prevenzione, per una terapia o “solo” per conservare una buona salute.

La struttura della Vit. E ricorda molto quella della Vit. K2, ma è l’unica cosa
che hanno in comune. La Vit. E, conosciuta sopratutto come antiossidante,
protegge dall’ossidazione gli acidi poiinsaturi, componenti della membrana
cellulare.

È un bene perché - come sappiamo - il processo di ossidazione dei grassi


porta alla formazione di grandi quantità di radicali liberi. Ultimamente sempre
più spesso si parla dell’Importanza della Vit. E per la produzione di ormoni
nell’organismo. È una questione importantissima quando si consumano
grandi quantità di oli vegetali.

L’industria sfrutta quest’azione protettiva della Vit. E aggiungendola agli oli


prodotti in grandi quantità, per proteggerli da ossidazione e irrancidimento.

Ottima fonte di vitamina E sono (in milligrammi/100g):

Olio di girasole 65
Girasole 38
Olio di palma 33
Mandorle 24
Olio di colza 23
270

- Nocciole 22.6
- Germogli di grano 15.1
- Olio di oliva 13
- Olio di mais 13
- Olio di soia 12.6
- Olio vegetale 11
- Olio di germogli di grano 150
- Noccioline americane 9.3
- Uova di pesce 7
- Pistacchi 5.2
- Anguilla 4
- Grano 2.8
- Noci 2.6
- Burro 2.4
- Avocado 1.3
- Fagioli di soia 0.9
- Pomodori 0.6

Ovviamente esistono in vendita integratori con i delta e gamma tocotrienoli,


ma purtroppo non in Polonia.

Riepilogo

- La Vit. E ha otto componenti.

- Le forme più attive sono quelle appartenenti al gruppo dei tocotrienoli


ottenuti dai semi di un arbusto, l'achiote (Bixa Orellana).

- I tocotrienoli abbassano il livello di colesterolo come le statine, ma


senza effetti collaterali.
La vitamina E che non conosciamo 271

- Il dott. Tan consiglia l’assunzione di tocoferoli la mattina e di toco-


trienoli la sera.

- In casi particolari, per esempio tumori, si applicano i tocotrienoli


tipo delta.

- I tocotrienoli in dosi di 100mg/al giorno fino a 200mg/al giorno, ab­


bassano il livello del colesterolo e dei trigliceridi. Dosi superiori non
portano ulteriori vantaggi.

La dose sicura di tocotrienoli per l’uomo è 200-1.000 mg.


Minerali: il loro significato per
la salute dell’uomo

Perché ci servono i minerali? Le vitamine da sole non bastano? Dipende da


che cosa vogliamo ottenere. Vogliamo una vita breve in cattiva salute o in otti­
ma salute arrivare fino a 140 anni, come previsto nel nostro codice genetico?

Bisogna rendersi conto che senza minerali e elementi di traccia morirem­


mo, come moriremmo per carenza di vitamine. In breve: le vitamine senza
minerali sono inutili e, viceversa, anche i minerali senza le vitamine.

Vediamo così che è del tutto privo di senso integrare con vitamine senza
equilibrare i minerali. Eppure sentiamo raramente, molto raramente, parlare
del ruolo dei minerali nell'organismo umano, nonostante abbiano la stessa
importanza di vitamine, proteine o grassi. La nostra prevenzione si basa
principalmente sul “mangiare più verdura e frutta, più movimento, ecc.”
Tutto vero, ma... verdure e frutta possono sintetizzare alcune vitamine,
ma nessun vegetale o frutto può da solo sintetizzare la minima frazione di
milligrammo di qualunque minerale.

E qui sorge la domanda: “perché allora si dice che le verdure, in particolar


modo, li contengono?”. La risposta è: “perché, in realtà, dovrebbero con­
tenerli”. Ma è così? Dipende. Da che cosa? I vegetali contengono minerali
ed elementi di traccia che assorbono dal terreno in cui crescono. È la loro
unica fonte, non ne hanno altra. Per cui il contenuto di minerali nelle verdure
dipende solo dalla qualità del terreno. Come è questa qualità? Pessima!
Uguale alla qualità delle verdure che attualmente compriamo. Perché
è così? Perché un coltivatore, un farmer come dicono gli inglesi, non è in­
teressato alla quantità di minerali contenuta nei suoi prodotti. Non gliene
importa niente perché viene pagato per il peso delle verdure, non per quali
e quanti minerali contengono! Più tonnellate vende, più soldi guadagna. Un
274

coltivatore saggio non le mangia, le vende agli altri, e basta. Per il suo uso
personale ha un altro piccolo orto, che coltiva con fertilizzanti naturali, non
con sostanze chimiche, ecc.

"Sostanze per proteggere” le piante in agricoltura sono usate in gran quan­


tità e sono ottime! Veramente una rivelazione. Bisogna ammettere che
qui la scienza ha fatto passi da gigante. Queste sostanze funzionano e gli
agricoltori ne comprano a tonnellate per proteggere le loro colture dalla
distruzione. Non proteggono solo chi le mangerà. Ma non è un problema
dell'agricoltore. Il suo unico problema è il peso delle verdure da vendere.

Un altro discorso va fatto per il latte. Il “produttore di latte” guadagna non


solo grazie al numero di litri che vende, ma anche grazie alla sua purezza
e al suo contenuto di grassi. È già qualcosa. Una persona sensata direbbe:
“perché non legare il prezzo al contenuto di minerali, vitamine, enzimi, ecc,
di cui abbiamo bisogno...? Questo sarebbe il valore nutritivo del latte.

Ma così non si può fare, solo ed esclusivamente a causa di una disarmante


ipocrisia e perdita di guadagni. “Quale ipocrisia, quali guadagni?” qualcuno
si chiederà. Lo spiego subito:

Ammettiamo che il produttore venga pagato di più per un latte super sano,
contenente tutta la gamma di minerali, vitamine, enzimi, proteine, ecc. E poi?
Nel giro di sole 24 ore il suo latte verrebbe comunque trasformato dalla
centrale fino a perdere ogni traccia di tutto il suo valore in vitamine, enzimi
o minerali, nonostante venga ripetuto che il latte è sano. Non è ipocrisia
tutto questo e perdita di guadagno? Perché pagare qualcosa che dopo un
attimo verrà gettato via?

Ora dobbiamo ricordare un particolare: per mantenere un buon stato di


salute un uomo necessita di 60 minerali, 16 vitamine, 12 tipi di proteine e 2
tipi grassi essenziali. Ogni giorno.
Minerali: il loro significato per la salute dell’uomo 275

Dove trovare questi minerali? A che cosa ci servono? Farò riferimento a ciò
che pubblicò in proposito il dott. Wallach, veterinario e autore di indagini
molto scrupolose. Merita la nostra attenzione. In campo veterinario sono
state eliminate molte malattie somministrando minerali agli animali. Nell’uomo
queste malattie esistono come prima. Perché? Wallach afferma che una
delle cause è l’assicurazione sanitaria di cui godiamo noi umani, a diffe­
renza degli animali. Probabilmente ha un po’ di ragione. Se a un allevatore
si ammala una mucca o un altro animale, il veterinario deve guarirlo. Le
persone, invece, possono essere curate all'infinito... Pagherà sempre una
qualche assicurazione.

Siccome i minerali per lo più si trovano (o dovrebbero) nelle verdure, è molto


più salutare bere succhi vegetali piuttosto che quelli di frutta. Solo il fatto
che i succhi vegetali contengono meno zucchero è un motivo sufficiente per
sceglierli. Una visita, anche nel migliore supermercato in Polonia, dimostra,
però, che il 99% dei succhi in vendita sono di frutta. Neppure nei supermer­
cati più grandi troviamo succhi vegetali. In Polonia non c’è la consuetudine
di bere succhi vegetali. Peccato! Saremmo più sani.

Sappiamo naturalmente abbastanza sull’Importanza del calcio o del ma­


gnesio per la salute. Diversi libri trattano l’argomento e non voglio ripetermi.
Molto meno però sappiamo sul selenio e sullo iodio.
Iodio e malattie della tiroide:
lo scadimento della medicina contemporanea

Cominciamo dallo iodio, un semplice elemento in traccia, per carenza del


quale possiamo ammalarci gravemente, ma anche morire.

Dedico questo capitolo a tutti i malati con patologie della tiroide, ai


medici e, in modo particolare, agli endocrinologi. So che, leggen­
dolo, alcuni diventeranno furiosi, ma... non c’è scampo da certi dati
di fatto.

Se in questo nostro metaforico volo è con noi un endocrinologo, forse è me­


glio che abbandoni questo aereo perché il volo sarà per lui molto turbolento
e scioccante. Meglio risparmiare i nervi. Ovviamente sto scherzando, ma
non dicono che gli integratori a base di iodio sono pericolosi? Oppure che
non si può assumere lo iodio in dose maggiore di quella raccomandata?
Questa paura dello iodio - come quella della Vit. D - viene inculcata agli
studenti di medicina da decine di anni, non appena passano il portone delle
loro rispettabili università. Risultato: tanti malati inutilmente. È comunemente
riconosciuto che lo iodio è necessario per il corretto funzionamento della
tiroide. Il che, ovviamente, è vero. Ma... non è tutto.

Lo iodio svolge un ruolo importante nello sviluppo del feto. La sua carenza,
in casi estremi, porta a ipotiroidismo congenito e cretinismo. Anche senza
arrivare a situazioni così estreme, l’importanza dello iodio per lo sviluppo
del bambino è enorme.

Hetzel BS. lodine and neuropsychological development. J. Nutr.


2000; 130(2S Supp!):493S-495S.
278

Parlando di bambini e ragazzi, la meta-analisi (un’analisi dei risultati di


tanti studi) attribuisce alla carenza di iodio la causa di un Ql (quoziente
d'intelligenza) più basso.

Tiwari BD, Godbole MM, Chattopadhyay N, Mandai A, Mithal A.


Learning disabilities and poor motivation to achieve due to
prolonged iodine deficiency. Am. J. din. Nutr. 1996; 63(5): 782-786.
(PubMed)

Bleichrodt N, Shrestha RM, West CE, Hautvast JG, van de Vijver


FJ, Born MP. The benefits of adequate iodine intake. Nutr. Rev.
1996; 54(4 Pt 2):S72-78.

La carenza di iodio nelle donne in gravidanza provoca difetti congeniti


nel bambino, aborti, nascituri nati morti. E le donne carenti di iodio che
allattano possono aver problemi nell’assicurare ai bambini la giusta dose
di questo elemento.

Hetzel BS, Clugston GA. lodine. In: Shils M, Olson JA, Shike M,
Ross AC, eds. M odern N u tritio n in Health and Disease. 9th ed.
Baltimore: Williams & Wilkins; 1999:253-264.

La verità è che relativamente di recente è stata scoperta la presenza di


mcettori dello iodio sulla superficie di ogni cellula del nostro oroa-
Dismo^come neLcaso della Vit, D. Quindi subito sorge il dubbio (come
nel caso della Vit. D): “se così è, forse abbiamo necessità di questo iodio
più di quanto ci viene detto? Qual è il vero fabbisogno rispetto alle dosi
attualmente raccomandate? Beh..., molto diverso.

Come nei capitoli precedenti, mi servirò delle conoscenze di scienziati


medici che, come si dice in Polonia, si sono consumati i denti sull’uso dello
iodio nelle terapie. Meritano ascolto. Non io, ma proprio loro, affermano
Iodio e malattie della tiroide: lo scadimento della medicina... 279

che lo iodio è uno degli elementi conosciuti più sicuri e indispensabili


aH’uomo.

Secondo loro è l’unico elemento che in totale sicurezza può essere consu­
mato in quantità maggiori dei 150 MICRO grammi raccomandati al giorno.
Dunque possiamo ipotizzare che l’assunzione casuale di una dose 10 volte
maggiore di quella raccomandata non ci farà male. È vero? Ovviamente no!
Direi proprio che è una baggianata. Perché? Perché, come è stato dimostrato
da chi se ne intende, lo iodio può essere assolutamente sicuro anche se
consumato in dosi 100.000 volte superiori a quelle raccomandate.

Sorpresi? Suppongo di si. Un po’ di pazienza...

Iodio: una forma sicura e una pericolosa

Ad un numeroso gruppo di pazienti malati ai polmoni furono prescritti 6.000


mg (!) di ioduro di potassio al giorno. È successo loro qualcosa di male o di
pericoloso? No. E questa quantità è stata loro somministrata per anni!

Bernecker C. Interm ittent therapy with potassium iodide in


chronic obstructive disease of thè airways... Acta Allerg. 1969;
24:171

National Council on Radiation Protection and Measurements.


Protection of thè thyroid gland in thè event of release of radio-
iodine. NCRP, Washington, DC, 1977.

Herxheimer H. Effect of iodide treatment on thyroid function.


New Eng. J. Med. 1977; 297: 171

Sicuramente tanti lettori si domanderanno: come mai? La risposta è molto


semplice. Come sono stati messi nello stesso mazzo la luce UVA e UVB,
280

la Vit. K1 e K2 e tutti gli otto ingredienti della Vit. E, lo stesso è stato fatto
con lo iodio. Dov’è il problema? Lo iodio è presente in due forme:

- iodio organico

- iodio inorganico

L’unica forma sicura di iodio è quella inorganica, non radioattiva.

Purtroppo i gravi effetti collaterali, provocati dai preparati contenenti iodio,


vengono attribuiti esclusivamente allo iodio, mentre la vera colpevole è tutta
la particella alla quale lo iodio è legato. Da qui nasce l'equivoco.

Per cui ogni volta che parleremo di iodio, parleremo sempre, senza ecce­
zione, della sua forma INorganica e NON radioattiva.

Ricordiamo:

- iodio inorganico e non radioattivo: BENE

- iodio organico e radioattivo: MALE

Lo iodio, come tale, non è pericoloso. Invece sotto forma di molecola or­
ganica sì, lo è, e molto.

Da parecchio tempo sono comparse pubblicazioni sugli effetti negativi


dello iodio nelle terapie. Il più delle volte i titoli stessi hanno allarmato il
lettore perché contenenti affermazioni del tipo: “ipertiroidismo provocato
dallo iodio..." o “intossicazione provocata dallo iodio...” ecc. Analizzandole
meglio, però, si evince che, sì, provocavano effetti collaterali, ma lo iodio
utilizzato nei preparati (farmaci) era in forma organica! Veramente è così
difficile distinguere l’erbaccia dal grano?
Iodio e malattie della tiroide: lo scadimento della medicina... 281

Basta leggere alcuni di questi articoli e poi possiamo fermarci perché il


nostro cervello ha già codificato che “lo iodio è pericoloso”.

Per esempio:

Fradkin JE, W olff J. lodide-induced thyrotoxicosis. Medicine


1983; 62:1-20

La natura umana, di per sé, predilige le generalizzazioni: sono più facili da


accettare. Invece un’analisi più approfondita richiede un minimo di sforzo
e per farlo siamo troppo pigri. E così mettiamo, di nuovo, nello stesso mazzo
l'innocuo iodio inorganico (per esempio la soluzione di Lugol) insieme al
tossico iodio organico, cioè quello contenuto nei farmaci prodotti dall'indu­
stria farmaceutica.

Lo iodio è stato il primo elemento testato sugli esseri umani, eppure la sua
carenza è la più diffusa al mondo.

Delange FM. lodine Deficiency. In: Werner & Ingbar’s The Thyroid.
Braverman LE and Utiger RD, editors. Lippincott Williams & Wilkins,
2000; 295-329.

Tante volte i medici parlano della carenza di iodio, ecc. Quanti di loro consi­
gliano l’integrazione di iodio, ma nella sua forma migliore, quella inorganica?
Lo iodio spaventa.

Come dicono esperti sostenitori dell’importanza dello iodio per la nostra


salute, questa “iodofobia” non è giustificata, non ha nessun fondamento,
anche perché le tre generazioni di medici che hanno somministrato iodio,
nella forma di iodio/ioduro di potassio, in dosi addirittura dai 12.5 fino ai
37.6 mg (mg, non microgrammi), hanno dimostrato la sua totale sicurezza.
Non è chiaro, comunque, perché l’ambiente medico, con molto fervore, dif-
282

fonda qualunque - anche il più banale - effetto collaterale provocato dalla


forma inorganica dello iodio, mentre, nello stesso tempo, è infinitamente
tollerante quando si tratta dei serissimi effetti collaterali della sua forma
organica e radioattiva.

Abraham GE, The safe and effective implementation of orthoio-


dosupplementation in medicai practice.

Al momento di decidere la terapia da scegliere e la prescrizione di iodio,


aH’improvviso ci dimentichiamo delle sue due forme. Di nuovo, tutto nello
stesso mazzo: si attribuiscono effetti collaterali all’elemento in sé, senza
distinguere la forma chimica usata. La mancanza di logica è terrificante.

Eppure, più di cent’anni fa, si cominciò a somministrare iodio in forma


inorganica, come panacea di quasi tutto:

- paralisi
- aneurisma
- intossicazione da piombo o mercurio
- aterosclerosi
- malattie della tiroide
- emofilia
- discinesi (incontrollati movimenti del corpo)
- scrofulosi (infiammazione dei linfonodi generata da micobatteri)
- fistola lacrimale,
- patologie dell’anca
- sifilide
- infiammazioni acute
- cancrena
- gotta
- lupus
Iodio e malattie della tiroide: lo scadimento della medicina... 283

- difterite
- asma
- ulcerazioni
- bronchite
- ascesso, foruncolo
- patereccio (lat. panaritium)
- geloni

Ovviamente questa lista non è completa. Già negli anni 1820-1840 com­
parvero numerose pubblicazioni sui vantaggi della somministrazione di
preparati di iodio (inorganico!). Purtroppo queste pubblicazioni stranamente
“evaporarono” dagli archivi di tutte le biblioteche americane. Non è la prima
volta che succede. E non solo con le pubblicazioni riguardanti lo iodio.

Come ho detto prima, all’università Baylor in Texas, il dott. Charles Farr


scoprì un’azione straordinaria dell’acqua ossigenata somministrata pervia
endovenosa! Curava l’inguaribile. Non avvenne in un garage, come per
tanti pionieri di scienze tecniche ma, per alcuni anni, nei laboratori di una
seria università. I risultati furono scioccanti (ne parlerò in un altro libro).
Anche i volumi contenenti i suoi studi, documentazioni, descrizioni, risultati,
“evaporarono” misteriosamente.

Albert Szent-Gyòrgyi, premio Nobel, medico che nell’anno 1928 cristallizzò


la Vit. C, disse: “Quando ero ancora uno studente di medicina, lo iodio in
forma Kl (ioduro di potassio) fu considerato un rimedio universale. Nessuno
sapeva come funzionasse, ma ebbe effetti molto positivi su un paziente.
Tra noi studenti era popolare il detto: “se non sai dove e perché, prescrivi
K e I” (che in inglese fa rima, ma non nella traduzione).

Nel 1956 esistevano già 1.700 preparati contenenti iodio e migliaia di prove
della loro efficacia e sicurezza:
284

Kelly FC. lodine in medicine and pharmacy since its discovery


1811-1961. Proc. R. Soc. Med. 1961: 54:831-836

Iodio: terapia delle “inguaribili” malattie della tiroide

Tutti i lettori sono a conoscenza che le patologie più frequenti della tiroi­
de sono iper- o ipotiroidismo. Se la somministrazione di iodio in caso di
ipotiroidismo è ancora abbastanza tollerato, in caso di ipertiroidismo il sugge­
rimento suscita una pessima reazione nei medici. L'ipertiroidismo può essere
provocato da un’auto-aggressione dell'organismo (malattia autoimmune),
come nel caso del Morbo di Graves-Basedow, oppure non autoimmune).
Il Morbo di Graves-Basedow costituisce il 90% dei casi di ipertiroidismo.

Braverman LE and Utiger RD. Introduction to thyrotoxicosis. In:


Werner & Ingbar’s The Thyroid. Braverman LE and Utiger RD, editors.
Lippincott Williams & Wilkins, 2000; 515-517.

Ripeto che oggi non sappiamo curare le malattie autoimmuni. Questi malati
sono condannati a non guarire mai se si rivolgono a un medico che non sa
curare questo tipo di malattia. Gli studenti di medicina, ancor prima della
laurea, vengono privati di qualsiasi pensiero critico e autonomo, indottrinati
come sono, fin dall’Inizio della carriera professionale, che queste malattie
sono inguaribili.

Lo stesso succede anche con il Morbo di Graves-Basedow. Di nuovo citerò


un manuale per studenti di medicina, “Medicina interna” del prof. Andrzej
Szczeklik. Alla pagina 1.055, intitolata “La terapia”, leggiamo:

Nel caso del Morbo di Graves-Basedov, non esiste terapia delle cause,
quindi vengono curati i sintomi”
S c?6u^o^c l\XUo\^

Iodio e malattie della tiroide: lo scadimento della medicina... 285

(Ho qualche difficoltà ad usare la parola "curare” in questo caso, perché non
si vedono gli esiti di questa cura. E lascio decidere ai lettori se, placando
i sintomi, si può parlare di cura o di terapia. Non intendo cominciare una
guerra semantica).

In altre parole: l'ipertiroidismo causato dal Morbo di Graves-Basedow


è considerato inguaribile. Questo viene insegnato agli studenti, che
non dovranno pensarci più sopra. Loro già sanno. Non si può guarire.
Vorranno dunque chiedersi COME curarlo (per guarirlo)? Per fare cosa?
È inutile!

Nella clinica del dott. Biedl questa patologia veniva curata e anche i pazienti
con una forma acuta reagivano benissimo alla somministrazione di iodio.
Una sostanza semplice, innocua e poco costosa:

Redisch W and Perloff WH, The medicai treatment of hyperthyroi-


dism. Endocrinology 1940; 26:221-228.

Somministrando iodio solo nei casi di ipertiroidismo (non dimentichiamo


che in questi casi ci viene detto che - per amor di Dio! - non lo si può usa­
re), la guarigione avvenne nell’ 88% dei casi. Altri medici affermarono che
somministrando solo una semplice soluzione di Lugol nella dose di 6 -9 0
mg, ottenevano la guarigione nel 92% dei casi. Dose 600 volte maggiore
di quella oggi raccomandata! Vennero guariti pazienti da una malattia che
oggi colpisce milioni di persone, particolarmente le donne. Non c’è bisogno
di aggiungere che - ovviamente - non ci furono effetti collaterali. Il tutto fu
riportato in pubblicazioni mediche.

Thompson WO, Thompson PK, Brailey AG, et al. Prolonged tre­


atment of exophthalmic goiter by iodine alone. Arch. Int. Med.
1930: 45:481-502
286

Starr P, Walcott HP, Segali HN, et al. The effect of iodine in exo-
phthalmic goiter. Atl. Med. J. 1924; 34:355-364.

I risultati furono straordinari. Vorrei qui far notare ai lettori un piccolo ma


importante dettaglio che potrebbe essere sfuggito. Questi fantastici casi
di GUARIGIONE furono il risultato di somministrazione di iodio. E furono
descritti quasi 100 anni fa!

Dunque: allora i medici conoscevano la cura. E oggi non più? Questo è il


“progresso" raggiunto in questo campo. Abbiamo fatto passi indietro. È evi­
dente. Dispiace solo per chi si ammala oggi: se fossero vissuti 100 anni fa,
sarebbero guariti. E oggi?

Oggi abbiamo a che fare con un’amnesia di massa tra i medici. Stranamente
sono stati dimenticati tutti gli studi precedenti, le osservazioni e i successi
raggiunti grazie a una sostanza semplice e poco costosa:

Oggi la terapia dell’ipertiroidismo consiste in:

a) somministrazione di sostanze sintetiche, le cosiddette sostanze antiti­


roidee o tireostatici, che provocano una lunga lista di effetti collaterali

b) applicazione di iodio radioattivo per “friggere" la tiroide, il che favo­


risce l’insorgenza del tumore della tiroide (tornerò a questo dopo),

c) l'uso del bisturi: tagliare e.... il paziente è a posto! Veramente? Chi


ci è passato sa che cosa intendo.

Quale centro medico, con la tecnologia più moderna a disposizione, può


vantare il 90% di guarigioni dell’ipertiroidismo SENZA l’uso di pericolosi
farmaci come il nocivo iodio radioattivo, e senza il bisturi? E soprattutto
senza effetti collaterali? Questa è una vergogna e un fallimento. Non pos­
Iodio e malattie della tiroide: lo scadimento della medicina... 287

siamo consolarci cantando la solita canzoncina: “Polacchi, non è successo


niente di male”, perché:

a) possiamo forse cantarla ai deceduti invano? O a chi ci ha rimesso la


salute grazie alle “cure” contro l’ipertiroidismo? O a chi non ha più la
tiroide perché gli è stata asportata inutilmente e ora per sempre sarà
dipendente dalla “grazia” dell'Industria farmaceutica che gli fornirà
ormoni tiroidei a vita?

b) la canzoncina polacca:" Non è successo niente di male" suggerisce


che qualcosa fosse successo, ma niente di grave e che non succederà
più. In questo caso, invece, sta succedendo ancora, ogni giorno...
ogni anno. Senza la speranza di finire questa pazza “tarantella”
e senza speranza di porre fine alla finzione che “di questo male non
si guarisce”.

Lo iodio veniva usato nella terapia del Morbo di Graves-Basedow già nel
1940 da... von Basedow stesso (!) e da Stokes nel 1854.

Von Basedow GA. Exophthalmos durch Hyperrophie des


Zellgewebes in der Augenhoehle. Wsrchr. Ges. Heilk. 1840;
6:197.

Stokes W. Diseases o fth e Heart and Aorta. Lindsay and Blakston,


Philadelphia, 1854

Invece il dott. Trousseau guarì una donna da questa malattia, per puro
caso. Non fu l’unico a riuscirci, ma il caso è abbastanza curioso. Avrebbe
dovuto prescriverle Digitalis, ma per distrazione le prescrisse la soluzione di
Lugol, nella dose di 15-20 gocce al giorno per due settimane. Significa che
questa signora prese 75-100 mg di iodio. Oggi tale prescrizione sarebbe
scioccante per un medico!
288

Per fortuna Trousseau non sapeva che “questa malattia non si cura cosi’”.
Ignorava anche che oggi i manuali medici insegnano che “è una malattia
inguaribile”. E così la guarì!

Riprendiamo fiato: secondo le leggi deH’aerodinamica il bombo non do­


vrebbe poter volare ma... vola. Perché? Perché non conosce le regole
dell’aerodinamica.

Faccio notare: Trousseau non sapeva che cosa aveva prescritto alla paziente,
né la paziente sapeva che cosa stava assumendo. Si potrebbe quasi dire
che questo fu un primo studio "in doppio cieco”.

Otteneva la remissione di questa malattia anche solo con la somministra­


zione di ioduro di potassio per lungo tempo.

Trousseau A. Lectures on Clinical Medicine. Voi. 2, Lecture XIX


Exophthalmic goitre of Graves’ disease. New Sydenham Society,
London, 1868; 587.

Ma solo Trousseau curava ciò che i medici oggi non sanno curare? Ma
no! Anche altri medici. E ci sono pubblicazioni in cui sono descritte le cure
e sono anche citati medici che hanno guarito il Morbo di Graves-Basedow
senza ricorrere alla chirurgia.

Thompson W, Thompson PK, Brailey AG, et al. Prolonged treatment of


exophthalmic goiter by iodine alone. Arch. Int. Med. 1930; 45:481-502.

Oggi non lo curiamo in modo così elegante. Oggi sappiamo far di meglio.
Oggi la tiroide viene avvelenata, tagliata o fritta con iodio radioattivo.

Responsabilmente bisogna ammettere che esistono rari casi in cui, nono­


stante una lunga somministrazione, il paziente non reagisce. In tal caso
Iodio e malattie della tiroide: lo scadimento della medicina... 289

bisogna trovare una soluzione più radicale, ma solo dopo il fallimento della
terapia con lo iodio, non automaticamente. Ho già premesso che non sono
nemico di farmaci, chemioterapia o chirurgia così per partito preso.

Servono, ma solo quando sono assolutamente indispensabili. In alcuni


casi non possiamo fare a meno della mano e del bisturi del chirurgo. Qui
vorrei ricordare che nella famosa clinica Mayo, negli USA, venne utilizzata
la soluzione di Lugol prima e dopo un intervento chirurgico, e ciò permise
di evitare tanti postumi.

Sottolineo che gli studi citati non vennero eseguiti in un garage o in una
cucina, anche se risalgono a tanto tempo fa. Per esempio, il dott. P. Beebe,
di New York, così descrive la sua più che decennale esperienza nella terapia
dell’ipertiroidismo somministrando iodio:

“Dalla mia esperienza risulta che lo iodio è una delle migliori sostanze
terapeutiche che abbiamo per curare il gozzo nella sua forma ipertiroidea.
Certamente, come nel caso di ogni farmaco forte, si può far danno, come
si può far danno applicando altri farmaci. Negli ultimi dieci anni ho curato
un gran numero di malati di ipertiroidismo e, nella maggior parte dei casi,
l’utilizzo di iodio ha costituito parte della terapia. Non vi è nessun pericolo
se la dose viene scelta adeguatamente al caso. L’eccessiva sensibilità allo
iodio, descritta da alcuni autori, è un fenomeno raro. Se la dose è adegua­
tamente regolata, non c’è rischio di effetti collaterali”. (Nell’originale si parla
di “iodismo”, che probabilmente voleva significare intossicazione da iodio,
o “Basedow” provocato da iodio):

Beebe SP. lodine in thè treatment of goiter. M. Ree. 1921; 99:


996-999.

La letteratura scientifica suggerisce che l'utilizzo della soluzione di Lugol da


parte dei medici di “quel tempo”, nel caso del Morbo di Graves-Basedow,
290

dà risultati molto migliori - e con meno complicanze - dell’utilizzo separato


di iodio o di ioduro di potassio:

Cohn BNE. Absorption of compound solution of iodine from


thè gastro-intestinal tract. Arch. Interri. Med. 1932; 49:950-956.

Thompson W, Thompson PK, Brailey AG, et al. Prolonged treatment of


exophthalmic goiter by iodine alone. Arch. Int. Med. 1930; 45:481-502.

Cowell SJ and Mellanby E. The effect of iodine on hyperthyroidism


in man. Quart. J. Med. 1924-1925; 18:1-18.

DeCourcy JL. The use of Lugol’s solution in exophthalmic goitre.


Ann. Surg. 1927; 86:871-876.

Plummer HS, Boothby WM. The value of iodine in exophthalmic


goiter... J. lowa Med. Soc. 1924; 14:65.

Plummer WA. lodine in thè treatment of goiter. Med. CI. North


America 1925; 8:1145-1151.

Lahey FH. The use of iodine in goitre. Boston Med. & Surg. J.
1925; 193:487-490.

Starr P, Walcott HP, Segali HN, et al. The effect of iodin in


exophthalmic goiter. Arch. In Med. 1924; 34:355-364.

Fraser FR. lodine in exophthalmic goitre. BMJ 1925; 1:1.

Ovviamente, a quei tempi, i medici non introducevano altri elementi di cura


legati a cambiamenti dell’alimentazione. Allora poco si sapeva di vitamine,
minerali o di sostanze o elementi di traccia indispensabili per la salute
umana. Oggi sappiamo molto di più sull’argomento. Sappiamo quanto sia
importante un’alimentazione adeguata. Oggi, volendo, si potrebbe curare
Iodio e malattie della tiroide: lo scadimento della medicina... 291

questa patologia ancora meglio. Nella pubblicazione (sulla quale si basa


la maggior parte di questo capitolo):

Abraham GE. The safe and effective implementation of orthoio-


dosupplementation in medicai practice

il dott. Abraham cita un esempio - tra centinaia - di terapie che evitano di


“friggere" o tagliare la tiroide. Riporto sotto i risultati, nella tabella intitolata
“l’effetto di integrazione, comprendente iodio/ioduro di potassio in dose 12.5
mg/giorno, con un completo programma di alimentazione sui parametric
della tiroide di una paziente 40-enne con Morbo di Graves-Basedow”.

T a b le 3

Effect of Supplementation with a Complete Nutritional Program


Combined with Iodine/Iodide at 12.S mg/day on Thyroid Function Tests
in a 40-year-old Female Patient with Graves* Disease
I. B e fo re S u p p le m e n ta tio n II I. A fte r O n e M o n th o n lo d o ra l® — I T a b le t/D a y
T S H < 0.01 p U /m l T SH = 2 .3 pU /m l
T o tal T 4 = 18 p g /d L T otal T 4 » 8.0 pg/dL
T otal T , = 44 2 ng/dL T otal T 3 = 195 ng/dL
F rec T 4 = 5 ng/dL F ree T 4 ■ 1.2 ng/dL
II. A f te r O n e M o n th o n C o m p le te N u tritio n a l IV . A f te r T h r e e M o n tila on lo d o ra l® — 1 T a b le t/D a y
S u p p le m e n ta tio n w ith 1.200 m g M a g n e s lu m /d a y T S H not m caaured
T S H < 0 .0 3 p U /m l T otal T 4 = 9.0 pg/dL
T otal T 4 = 16 p g /d L T otal T 3 = 156 ng/dL
T otal T , = 299 ng/dL F ree T 4 = 1.6 ng/dL
F rec T 4 » 5.6 ng/dL

I. Prima di iniziare l’integrazione


II. Dopo un mese di applicazione del programma alimentare completo con inte­
grazione di 1.200 mg di magnesio al giorno
III. Dopo un mese di somministrazione di lodoral (soluzione di Lugol in compresse
con 12.5 mg di iodio): 1 compressa al giorno
IV. Dopo tre mesi di somministrazione di lodoral: 1 compressa al giorno.

ATTENZIONE:

lodoral R è un preparato contenente 5 mg di iodio e 7.5 mg di ioduro


di potassio. È dunque la soluzione di Lugol in compresse. Adesso
è l’unico preparato dei genere sul mercato, purtroppo solo negli USA.
292

E allora? Si può guarire l’inguaribile? Naturalmente. Bisogna solo sapere


come. Non è parere solo mio, ma anche dei medici che già lo fanno: gua­
riscono. Molto tempo fa, il professor Julian Aleksandrowicz, nel suo libro
“Non esistono malati inguaribili”, scrisse: “Insufficiente è soltanto la nostra
conoscenza”. Ed è questa conoscenza che dovremmo acquisire. Ma - come
si vede - non sempre vogliamo o possiamo farlo.

Più di una volta ho “puntato il dito” sulla mancanza di coerenza nella prepa­
razione data ai medici. In questo caso li difendo sempre. Come posso fare
altrimenti, visto che non viene loro insegnato, dimostrato, detto qualcosa
durante i loro studi?.

La mente di un medico sveglio, dopo aver letto che l’ipertiroidismo veniva


curato così efficacemente già 100 anni fa, dovrebbe illuminarsi come
un albero di Natale. Ma come può farlo, se non ne è a conoscenza? Lui sa
soltanto quello che gli è stato insegnato. E che cosa gli è stato insegnato?
Andiamo subito a verificarlo, per esempio, in un manuale di biochimica.

Biochimica di Harper, ed. IV. Cerchiamo nell’indice tutti i capitoli in cui viene
nominato lo iodio per approfondire. Leggiamo:

- Iodio: funzione, metabolismo, carenza, eccesso, p.783”

- Il fabbisogno giornaliero, p.787”

Troviamo anche “Il ruolo neH’organismo’”, p. 17. Via, ricominciamo da capo.


Andiamo a pagina 17 e cerchiamo la spiegazione del ruolo dello iodio nell’or­
ganismo. Eccola! Ma c’è una parola sola nella tabella 2-1: iodio. E accanto
un numero, 0.00005%. Che cosa indica la tabella? Dice: “Approssimativa
composizione chimica del corpo umano". Così poco iodio? Forse non è così
importante? OK, cerchiamo ancora “il ruolo dello iodio nell’organismo” a p.17.
Ma non c’è altro in questa pagina. Beh, gli autori forse non intendevano il suo
Iodio e malattie della tiroide: lo scadimento della medicina... 293

ruolo, ma la sua quantità nell’organismo. Sarà!? Oh! per fortuna nell'indice


troviamo anche: “iodio, funzione, metabolismo, carenza, eccesso, p.783";
“fabbisogno giornaliero, p.787". Finalmente avremo almeno quattro pagine
su questo iodio perché, a giudicare dai titoli, dovrebbe essere un elemento
importante. Ci facciamo un caffè e andiamo a p. 783 per cominciare la
lettura. Uuupss! Un'altra tabella! Che dice sullo iodio?

- Funzioni: è parte integrante della tiroxina (T4) e della triiodotironina


(T3)

- Metabolismo: accumulato nella tiroide sotto forma di tireoglobulina

- Fonti: pesce e frutti di mare, sale iodato.

- Malattie e sintomi da carenza: Nei bambini: cretinismo. Negli adulti:


gozzo e ipotiroidismo, mixedema

- La malattia e sintomi da eccesso: ipertiroidismo, gozzo

STOP!

Sintomo da eccesso è l’ipertiroidismo? Eppure l'ipertiroidismo si curava


somministrando iodio in dose 500 volte maggiore rispetto a quella giorna­
liera. Qualcosa non va...

Abbiamo terminato presto la lettura della prima pagina, ancor prima di


prendere il nostro caffè. Restano ancora altre tre pagine da leggere. Sulla
784, di nuovo una tabella, ma niente sullo iodio. A p.785 nemmeno una
parola, e il caffè è sempre caldo.... A p. 786, un’altra tabella, ma anche qui
niente! A p. 787, sì, c'è una tabella! E qui finalmente troviamo la parola io­
dio. UNA sola! È nella colonna che indica la dose alimentare! (Ovviamente
si indica anche la dose consigliata di Vit. K, come unica sostanza, il che
294

è un’evidente baggianata, l'abbiamo già capito). Un po' poco sullo iodio...


Torniamo a controllare l’indice. Niente da fare, non c’è altro. Non ci arrendia­
mo. Consultiamo un altro testo, “Malattie interne”, e il risultato è identico.

Il caffè è sempre lì, caldo ancora, e noi “studenti” sappiamo già tutto sul­
lo iodio. Possiamo cominciare a curare. Forte è la medicina, la s’impara
presto. Sto scherzando? Chiaro. Ma chi adesso si è divertito? O piuttosto
terrorizzato? Probabilmente chi ha la tiroide malata.

Uno dei medici mi ha raccontato un'usanza di cui ha sentito parlare: tante


persone, colpite da uno strano malessere che i loro medici non sanno più
affrontare, si recano in un paesino sperduto, a Podlasie, da una signora
che “sussurra” preghiere di guarigione e riesce ad aiutarli. La signora “sus­
surrante” si concentra, prega e poi fa bere un bicchiere d’acqua alla quale
aggiunge mezza bottiglietta di un liquido, tingendola di un color marrone
intenso. È molto disgustoso, ma aiuta! Che cosa ha aggiunto? Sì, tutti hanno
indovinato. La soluzione di Lugol!

Prima di proseguire, forse qualcuno è interessato: “QUANTO iodio venne


prescritto per ottenere questi risultati?”.

In breve: la dose usata fu di 0.1-0.3 mi di soluzione di Lugol, che si tradu­


ce in 12.5-37.5 mg di iodio: una dose 88-250 volte maggiore delle dosi
raccomandate oggi!

Perché proprio questa quantità? Fu il risultato di un’ultracentenaria


esperienza collettiva di un gran numero di medici clinici.

Hmm..., questo è in chiaro contrasto con il “metodo” usato per stabilire il


cosiddetto “normale livello di colesterolo”, cioè 200 mg/ml, che venne sta­
bilito da tre tizi in un corridoio, senza alcun studio né osservazione, ecc.
Iodio e malattie della tiroide: lo scadimento della medicina... 295

(i dettagli nel prossimo libro).

Qualcuno dirà: “Va beh.... abbiamo in vendita il sale iodato”. Sì, solo che per
soddisfare almeno la minima quantità di iodio richiesta dall’organismo, circa
12.5 mg, bisognerebbe consumare quasi 165 gr di sale, cioè 35 cucchiaini
da tè. Forse qualcuno ci riesce, lo: passo. Anche se qualcuno ci riuscisse,
probabilmente si procurerebbe notevoli danni.

Qualcun altro dirà: “avremmo comunque mangiato la dose giusta, è un sale


sano”. Forse non per tutti. Decisamente non per coloro che, consumandolo,
si sono ammalati e continuano ad ammalarsi. Il sale iodato contiene iodio,
ma solo nella forma di ioduro di potassio. E il nostro organismo DEVE avere
anche iodio in forma elementare, non legata, così come lo è nella soluzione
di Lugol. Il tessuto del seno, per esempio, per rimanere sano ha bisogno di
iodio elementare. È solo un esempio.

Vale la pena di notare che, prima di introdurre il sale iodato, negli USA in
realtà non esistevano malattie tiroidee autoimmuni, come per esempio il
Morbo di Hashimoto, nonostante che in quel periodo i medici americani
utilizzassero litri di soluzione di Lugol, quasi per ogni male.

(Il Morbo di Hashimoto è una tiroidite cronica. Secondo i manuali, è ingua­


ribile. Ovviamente non è vero: dal Morbo di Hashimoto si guarisce, bisogna
solo sapere come curarlo. Così come nel caso di aterosclerosi, osteoporosis
e altre patologie “inguaribili”).

Gaitan E, Nelson NC and Poole GV. Endemie goiter and endemie


thyroid disorders... World J. Surg. 1991; 15:205-215

Weaver DK, Batsakis JG, and Nishiyama RH. Relationship of iodine


to “Lymphocytic Goiters.” Arch. Surg. 1968; 98:183-186
296

Quando nel 1930 l’industria farmaceutica dette inizio alla produzione di


ormoni tiroidei, gli endocrinologi cominciarono a prescriverli ai pazienti con
ipotiroidismo e con semplice gozzo, al posto della soluzione di Lugol usata
da decenni. Gli endocrinologi supponevano che, utilizzando sale iodato,
la carenza di iodio sarebbe stata combattuta, il che - come abbiamo visto
- è lontano dalla verità. Già nel 1950 la maggior parte degli endocrinologi
trascurava il fatto che il fabbisogno di iodio non si limita esclusivamente alla
tiroide e che i loro predecessori, utilizzando per decine di anni molto più
iodio di quello raccomandato oggi, restituivano salute alla gente.

Sappiamo che lo iodio è necessario alla tiroide per sintetizzare la tiroxina,


conosciuta come T4. Invece di utilizzare lo iodio per permettere alla tiroide
la sintesi di questo ormone, cominciarono a somministrare un ormone
pronto! Oggi Eutyrox è onnipresente. Il nostro organismo ha precisissimi
meccanismi di controllo della quantità di ormone prodotto e secreto. Mai
e poi mai, assumendolo dall’esterno, potremmo indovinare la dose giusta
richiesta daH’organismo. Da ciò derivano effetti collaterali, come nel caso
dell' insulina. Molto meglio stimolare la tiroide con lo iodio, perché produca
da sola il T4 nella quantità necessaria e a momento debito. È vero che
l’organismo trasforma poi il T4 in T3, una forma attiva, ma... perché usare
un ormone sintetico quando quello naturale, prodotto dalla tiroide, è mol­
to più sano? Che cosa ha provocato questo atteggiamento “strano”? Ha
vinto un ormone sintetizzato artificialmente, ma qualcuno ci ha rimesso la
salute. Principalmente le donne, che adesso più frequentemente soffrono
di ipertensione, diabete, obesità, tumori al seno e alla tiroide:

Abraham GE, Flechas JD, and Hakala JC. Orthoiodosupplementation:


lodine sufficiency of thè whole human body. The Originai Internist
2002; 9:30-41.

Veramente ci siamo dimenticati che l’utilizzo di un “surrogato” della tiroxina


(T4) incrementa il rischio d’insorgenza del tumore al seno?
Iodio e malattie della tiroide: lo scadimento della medicina... 297

Ghandrakant C, Kapdim MD, and Wolfe JN. Breast cancer rela-


tionship to thyroid supplements for hypothyroidism. JAMA
1976; 238:1124.

Questi sono anche i risultati della iodiofobia che fu scatenata e tuttora


presente.

“Effetto Wolff-Chaikoff”: un imbroglio


ossequiato dalla medicina ancora oggi

Come si spiega, dunque, che oggi lo iodio viene evitato come fosse peste,
mentre prima della seconda guerra mondiale era considerato la panacea
di tutti i mali?

Kelly FC. lodine in medicine and pharmacy since its discovery:


1811-1961. Proc. R. Soc. Med. 1961; 54:831-836.

Chi causò l'abbandono di un modo così semplice di curare?

La prima, e forse maggiore, responsabile fu una pubblicazione del 1948


a cura di due scienziati:

Wolff J and Chaikoff IL. Plasma inorganic iodide as a homeostatic


regulator of thyroid function. J. Biol. Chem. 1948; 174:
555-564

Ora chiederei ai medici, e particolarmente agli endocrinologi, di riflettere.

Per coloro che non sono laureati in medicina, prima di spiegare meglio,
devo fare una premessa. Quando la tiroide è satura di iodio come un
secchio pieno d’acqua, non è in grado di assorbirne neppure una “goc­
cia” in più. Questa sua caratteristica fu sfruttata dopo la catastrofe di
298

Chemobyl, quando l’aria si riempì di polveri di iodio radioattivo. Vennero


somministrate grandi quantità di soluzione di Lugol. Non ho mai sentito
che qualcuno fosse morto per questo. Lo iodio, contenuto in così gran­
de quantità nella soluzione, saturò totalmente la tiroide, impedendole
l'assorbimento dello iodio radioattivo delle polveri tossiche perché era
già“piena”. Se non fosse stata saturata dallo iodio della soluzione di Lugol,
avrebbe assorbito lo iodio radioattivo con gravi conseguenze: la distru­
zione della tiroide con alta probabilità di sviluppo di tumori. Sarebbe stata
una tragedia. Questo successe allora. Oggi “APPOSTA” prescriviamo
iodio radioattivo perché così “curiamo” la tiroide. Che bel “progresso”
in medicina!

Torniamo alla pubblicazione di W olff e Chaikoff. Scrissero le loro os­


servazioni in seguito alla somministrazione intraperitoneale di ioduro in
quantità crescenti. Osservarono che fu quasi impossibile captare lo iodio
radioattivo somministrato successivamente. Ora sappiamo perché: la
tiroide di quei topi era stata saturata precedentemente dallo iodio. Come
interpretarono, però, questi due signori i risultati delle loro osservazioni?
Non ci crederete! Affermarono che “un così alto livello di iodio inorganico
blocca la produzione di ormoni tiroidei, causando ipotiroidismo e formazione
di gozzo.

E la loro conclusione “lo iodio è pericoloso” si diffuse nel mondo. Ereditò


addirittura i loro nomi: “Effetto Wolff-Chaikoff”. Se è formalmente consi­
derato “un effetto" di qualcosa, si evince che debba essere vero.

Il mondo medico ebbe uno scossone. L’attacco allo iodio si scatenò alla
velocità della luce. In seguito a questo articolo ne uscirono altri, insieme
a numerosissime pubblicazioni che avvertivano della sua pericolosità.
Venne rimosso da tutti i prodotti e sostituito con la versione organica, nociva
per l’uomo! I mulini smisero di aggiungerlo alla farina e, per renderla più
Iodio e malattie della tiroide: lo scadimento della medicina... 299

soffice, usarono i composti di bromo! Si... BROMO! Non sbaglio. Veniamo


avvelenati. I composti di bromo in realtà vengono rimossi, ma... dal sale.
E ci martellano di consumare meno sale possibile! Nello stesso tempo ri­
sultò che sostituendo la combinazione iodio/ioduro di potassio con il bromo
andava crescendo l’incidenza del tumore al seno e alla tiroide. Un caso?

Pennington JA and Schoen SA. Total diet study: Estimated dietary


intakes of nutritional elements, 1982-1991. Internai J. Vit. Nutr.
1996; 66:350-362.

Il mondo medico diffuse le informazioni sulPEffetto Wolff-Chaikoff” in tutte


le facoltà di medicina del mondo. L’entusiasmo entrò nelle università dalla
porta, ma il cervello... uscì dalla finestra. Nessuno, per farsi un’opinione
e prendere decisioni, aspettò la conferma di queste notizie così eclatanti
da parte di un qualche diverso istituto. Eppure la conferma di una ricerca
è sempre, senza alcuna eccezione, la regola base per accettare un’ affer­
mazione scientifica. È sempre stato così, ma non in questo caso. E che
succederebbe se nessun altro fosse in grado di ripetere i loro studi con lo
stesso “effetto”? In tal caso dovremmo cestinarli insieme alla conclusione.
Si fa sempre così. Sono stati svolti altri studi? Ovviamente sì. Mai nessuno
è riuscito ad ottenere lo stesso risultato! Non c’è stata, e non c’è ripetibilità
della sperimentazione di Wolff-Chaikoff. Il che, in condizioni normali, porta
al totale rigetto dei loro risultati.

Nel frattempo l’informazione sulPEffetto Wolff-Chaikoff” ha raggiunto gli


ambienti medici, senza verifiche, senza conferme. E si è curata la gente
diversamente. Sappiamo con quali risultati.

Mi piace ricordare la conclusione dei loro studi: “un così alto livello di iodio
inorganico blocca la produzione di ormoni tiroidei, causando ipotiroidismo
e formazione di gozzo”.
300

Che vuol dire "così alto”? Gli studi in vitro dimostrarono che la concentrazione
di ioduro necessario per provocare l'effetto descritto da Wolff e Chaikoff fu
di quattro ordini di grandezza maggiore di quelle utilizzate da loro! E quella
fu veramente altissima.

Pitsiavas V, Smerdely P, and Boyages SC. Amiodarone compared


with iodine exhibits a potent and persistent inhibitory effect on
TSH-stimulated cAMP production in vitro: A possible mechanism
to explain amiodarone-induced hypothyroidism. European J.
Endocr. 1999; 140:241-249.

Che cosa significa in questo caso? Significa che per provocare quell’effetto
neH’uomo e non nel ratto, bisognerebbe prescrivere 50 grdi ioduro di potassio
al giorno, pari a 50.000.000 microgrammi! Ricordiamo le raccomandazioni
ufficiali? Dovrebbero essere appena 150 microgrammi.

Abraham GE. The History of lodine in Medicine Part Ili: Thyroid


Fixation and Medicai lodophobia.

Qualcuno ha notato questo “piccolo” dettaglio? Ma, no! In tante pubbli­


cazioni mediche questo fatto viene citato come... conferma dell’ “Effetto
Wolff-Chaikoff”!

Questo argomento è così importante perché è stato la causa di una “corre­


zione” terribilmente dannosa nella terapia della tiroide, condannando milioni
di persone a perdita di salute e a cure sbagliate della loro patologia.

È tutto? Magari!

Chiedo scusa - ma il problema è serio - se ancora una volta ripeto e sot­


tolineo il senso della conclusione di Wolff e Chaikoff:
Iodio e malattie della tiroide: lo scadimento della medicina... 301

“Un così alto livello di iodio inorganico blocca la produzione di ormoni tiroidei,
causando iootiroidismo e formazione di gozzo".

Perché questa ripetizione? Perché in seguito venne fuori che questi due
“scienziati”, nei topi usati per i loro esperimenti, neppure misurarono il livello
di questi ormoni! E in questi topi non risultò né gozzo, né ipotiroidismo!
Dunque fu un volgare IMBROGLIO!

Nel 1970 venne di nuovo studiata e rivalutata l’azione della soluzione di


Lugol, somministrandola a esseri umani - e non ai topi! - nella dose di 30
mg (5 gocce di soluzione) tre volte al giorno. Questi studi, ben progettati
ed eseguiti, SMENTIRONO totalmente I' “Effetto Wolff-Chaikoff”. Queste
le conclusioni:

“NeH’ipertiroidismo, lo iodio/ioduro di potassio contenuto nella so­


luzione di Lugol, somministrato nella dose di 90 mg (I), stimola una
tendenza fisiologica alla normalizzazione del funzionamento della
tiroide ed è un effetto positivo”.

Wartofsky L, Ransil BJ, and Ingbar SH. Inhibition by iodine of thè


release of thyroxine from thè thyroid glands of patients with
thyrotoxicosis. J. d in . Invest. 1970; 49:78-86.

La valanga provocata dagli iodofobi era inarrestabile ormai. Tutto il mon­


do medico in modo insensato e acritico accettò l’imbroglio dello studio di
Wolff e Chaikoff come “certezza” e cominciò a “curare” così come vie­
ne fatto tutt’oggi. Almeno un’università cestinò l’“ Effetto Wolff-Chaikoff?
Macché..., si continua, con testardaggine, a considerarlo il motivo per
non usare lo iodio inorganico nelle terapie (deN'uomo, e non del topo).
Cascano le braccia! O forse dovremmo chiederci se abbiamo uno psichiatra
a bordo?
302

Terapia delia tiroide - un passo indietro


della medicina contemporanea

Come si evince dagli esempi riportati, da numerosi studi e dalla pratica


ultracentenaria su molte migliaia di persone, la somministrazione di iodio,
nella soluzione di Lugol, porta alla guarigione dall’ipertiroidismo ed alla
conseguente “normalizzazione del funzionamento della tiroide". È vera­
mente così difficile prenderne nota e comprenderlo? Non occorrerebbe
chiedersi: “in nome di che cosa ad un malato con ipertiroidismo “si brucia”
letteralmente la tiroide con una sostanza radioattiva “di Chemobyl” con
tutte le sue conseguenze, quando, dopo la catastrofe di quel reattore, per
paura che mezza Europa potesse rimanere intossicata, in mezzo al pani­
co, fu somministrata - sì! - la soluzione di Lugol? Dunque, la soluzione di
Lugol adesso farebbe del male a qualcuno? Si sa, farebbe male, e tanto,
ma non al paziente.

Adesso qualche esempio di pagine polacche in Internet (volutamente senza


indirizzo):

- “Molto importante ed efficace metodo di cura è quello con lo


iodio radioattivo”.
In questo contesto mi suona strana la parola “cura" come se si trattasse
di un centro benessere S.p.a. per le vacanze. Chi ha subito questa “cura”
sa qual è la verità. Ricordiamoci che questo iodio radioattivo è sempre lo
stesso iodio dal quale ci siamo protetti - noi e le nostre tiroidi - dopo la
tragedia di Chernobyl. E adesso è un mezzo terapeutico!

oppure:

- “Nella maggior parte dei casi si prescrivono farmaci anti-tiroidei (tire-


ostatici). Comunque, sempre più spesso, viene applicata la terapia
con radioiodio”.
Iodio e malattie della tiroide: lo scadimento della medicina... 303

Poi:

- La terapia del Morbo di Graves-Basedow è esclusivamente sinto­


matica. Non conosciamo ancora un mezzo per neutralizzare
o prevenire un attacco di anticorpi”.
Veramente non conosciamo il modo per curare questa malattia in modo
efficace e sicuro? Oppure abbiamo una cataratta così avanzata che ci
rende ciechi?

Più avanti ancora:

- “Prescriviamo farmaci appartenenti a due gruppi: farmaci anti-tiroidei


e iodio radioattivo. I primi possono alterare la morfologia del sangue
e occorre fare prelievi per controllarlo. Lo iodio, invece, distrugge il
tessuto tiroideo, quindi vanno controllate le concentrazioni durante
la terapia."
Faccio notare le parole: “Lo iodio, invece, distrugge il tessuto tiroideo”.
Capisco che siano inserite nel contesto della prima frase, ma... qualcuno
non molto addentro potrebbe pensare che sia vero. Non sarebbe stato me­
glio scrivere: “Lo iodio radioattivo distrugge il tessuto tiroideo”? Almeno
sarebbe onesto e, soprattutto, vero.

E qui un’altra “ciliegina”:

- “Sempre più spesso viene utilizzata la terapia con radioiodio, un


metodo efficace e sicuro”.
Se questo metodo è così efficace e sicuro, forse sarebbe più economico por­
tare i malati direttamente a Chernobyl per sottoporli a radiazioni. Gratuite.

Lì il suolo è ancora radioattivo... Potrebbe essere “una S.p.a. ucraina per


malati di tiroide” e l'autore dell'articolo potrebbe farne il direttore. Ovviamente
mi sto burlando di lui. Ma, sbaglio?
304

L’uso dello Iodio radioattivo nella terapia del Morbo di Basedow è legato
all’Insorgenza di leucemia e di altri tumori:

Wartofsky L. Has thè use of antithyroid drugs for Graves’ disease


become obsolete? Thyroid 1993; 3:335-344.

A parte questo, è... “un metodo sicuro”.

Per un buon funzionamento del nostro organismo non è necessaria nes­


suna - ripeto, nessuna - dose di radiazioni o di sostanze radioattive. La
prescrizione di farmaci anti-tiroidei provoca il rischio di intossicazione del
fegato, così forte che più volte ne è necessario il trapianto. E talora può
verificarsi anche il decesso del paziente.

Williams KV, Nayak S, Becker D, et al. Fifty years of experience


with propylthiouracil-associated hepatotoxicity: What have we
learned. J. d in . Endocr. Metab. 1997; 82:1727-1733

Ripeto: il nostro organismo non si ammala per carenza di farmaci, ma per


carenza di sostanze naturali, come per esempio lo iodio. Nella sua forma
inorganica, però.

Come si vede, esiste una grande urgenza di aggiornare i medici, spiegando


bene la differenza tra la forma organica ed inorganica dello iodio.

Nel suo libro “Non esistono malati inguaribili”, il professor Julian Aleksandrowicz
scrisse: “Nelle mense universitarie, un gruppo di studenti, nutrito con cibi salati
con sale naturale per tre mesi, rispetto a quelli alimentati come sempre a base
di piatti cotti con sale raffinato, ebbe un aumento deH’immunoglobulina IgM
da 137 mg% a 240 mg%; un incremento dell’attività della fosfatasi alcalina
dei granulociti (indice da 63 a 116) e la diminuzione d’incidenza di affezioni
delle alte vie respiratorie (corizza). Il contenuto di ferro nel siero sanguigno
Iodio e malattie della tiroide: lo scadimento della medicina... 305

degli studenti che consumavano sale naturale aumentò, dopo sette giorni
dall’inizio della sperimentazione, da 16.09 a 23.15 micromol/l.” Questo è im­
portantissimo. Ma... gli studenti di medicina lo sanno?

E non è tutto. Si parla tanto della possibilità di far uso di diversi integratori, minerali,
ecc. Ma una delle cause principali di tutte le malattie è la spaventosa intossica­
zione dell'ambiente, cioè del terreno, dell'alimentazione, dell'aria e dell'acqua...

Le sostanze nocive per l'uomo rimangono, in tanti casi, nel nostro corpo per
sempre. Tranne alcune, il nostro organismo non è in grado di eliminarle. La
loro presenza disturba l'azione di tante sostanze indispensabili per la salute
o le distrugge del tutto. Ci ammaliamo senza la possibilità di guarire, a volte
moriamo. A meno che non smettiamo di curare i sintomi e rimuoviamo invece
la causa. Come rimuovere però metalli pesanti o altre sostanze tossiche?
Veramente non è facile. Non prendiamoci in giro: le varie diete non rimuovono
queste tossine, a meno che non siano localizzate nel tessuto adiposo.

Una giusta integrazione di iodio porta ad un incremento delle tossine rimosse


con le urine. E non si tratta di tossine qualsiasi. Dopo solo tre compresse
del sopracitato lodoral, nelle urine dei pazienti sono comparse quantità 20
volte maggiori di composti di bromo e fluoro. L’eliminazione delle tossine
è stata veloce. L’integrazione è stata efficace anche per eliminare con le
urine sostanze come mercurio, cadmio, arsenico o alluminio. È un risultato
molto importante. Di questa opportunità abbiamo bisogno, e tanto!

Sarebbe errato pensare che lo iodio serva solo alla tiroide. Anche altri
organi ne hanno tanto bisogno e, senza, si ammalano.

Organi come la mucosa dello stomaco, seni o ghiandole salivari, conten­


gono iodio in concentrazione quasi pari a quella nella tiroide. Altri organi
che necessitano assolutamente di iodio sono: ovaie, prostata, timo, pelle,
cervello, articolazioni, arterie e ossa.
306

Venturi S, Donati FM, Venturi M, et al. Role of iodine in evolution


and carcinogenesis of thyroid, breast and stomach. Adv. Clin.
Pathol. 2000; 4:11-17.

I dottori Guy Abraham, Flechas e Brownstein, in base alla loro pluriennale


esperienza affermano che la dose ottimale, che soddisfa il reale fabbiso­
gno di TUTTO l’organismo, è di circa 12.5 mg al giorno. Le loro ricerche
hanno riguardato più di 4.000 persone che hanno assunto 12.5 mg di iodio
al giorno; i diabetici, invece, fino a 100 mg al giorno. È risultato che tali
dosaggi di iodio hanno portato alla totale guarigione di dolorosissimi noduli
al seno; i diabetici hanno potuto ridurre l’insulina; i pazienti con fibromialgia
(un dolore diffuso dappertutto, particolarmente nei muscoli e nelle articola­
zioni) hanno avuto bisogno di meno farmaci o sono guariti completamente;
i sofferenti di cefalea se la sono scordata del tutto. Non sanno perché, ma
lo iodio funziona e tanta è stata la gratitudine dei pazienti.

Flechas, JD. Orthoiodosupplementation in a primary care prac-


tice. The Originai Internisi 2005\ 12(2): 8 9-96

Le funzioni della tiroide sono rimaste invariate nel 99% dei pazienti. Effetti
collaterali come allergia, ingrossamento delle ghiandole salivari o della
tiroide, oppure effetti di sovradosaggio, sono comparsi raramente, in meno
dell’1% dei pazienti. Tutto ciò, paragonato a terapie con i farmaci abituali,
è un risultato più che eccezionale. Invece sintomi da eccesso di iodio -
accompagnati da gusto metallico, rinorrea o rash cutaneo simile all’acne
- in realtà furono causati dalla disintossicazione dai bromuri e, dopo aver
diminuito la dose di iodio, sono scomparsi del tutto:

Brownstein D. Clinical experience with inorganic, non-radioactive


iodine/iodide. The Originai Internisi 2005; 12(3): 105-108. Available
at: http://www.optimox.com/pics/lodine/IOD-09/IOD_09.htm.
Iodio e malattie della tiroide: lo scadimento della medicina... 307

L’amidarone, farmaco d’uso comune contro l’aritmia, nella sua struttura


chimica è molto simile alla tiroxina. I pazienti che prendono 300 mg di
Amidarone, ricevono 9 mg al giorno di iodio organico ivi contenuto. Questo
non preoccupa affatto i medici: non ne sono allarmati, non temono questo
iodio, anche se 9 mg sono 9.000 microgrammi e la dose raccomanda­
ta è di soli 150 microgrammi. Veramente siamo di fronte ad una logica
contorta.

Purtroppo l’Amidarone provoca ipotiroidismo nel 20% dei pazienti. Gli


endocrinologi incolpano di ciò lo iodio liberato dal farmaco e non la nociva
molecola organica. Lo fanno senza alcuna prova per sostenere la loro tesi.

Basarla S, Cooper DS. Amiodarone and thè thyroid. Am. J. Med.


2005; 118:706-714.

Vale ben la pena di conoscere tutto ciò. Vale la pena sapere anche che lo
iodio ha un ruolo chiave nella prevenzione del tumore al seno, oggi una vera
epidemia. Come detto sopra, i seni - e non solo la tiroide - costituiscono un
relativamente grande magazzino di iodio. Più i seni sono grossi, più iodio
è necessario. Il loro tessuto ha bisogno di iodio per rimanere sano. Altrimenti
nascono diversi problemi di salute. Quando lo iodio scarseggia, la tiroide
ed altri organi cercano di captarne il più possibile, e così scarseggia per
tutti. La sua carenza in organi come tiroide, seni, ovaie, ecc, apre la strada
direttamente a malattie di questi organi.

Influenza dello iodio sul metabolismo


ormonale. E che altro?

Nelle donne, in particolare, esiste un forte legame tra iodio e produzione


di ormoni come gli estrogeni. Gli estrogeni vengono sintetizzati anche
neH’uomo, anche se in quantità minori.
308

Ciò vale anche per il il testosterone nelle donne. Un'alterazione del delicato
equilibrio di questi ormoni può provocare un tumore. Gli estrogeni sono
indispensabili per lo sviluppo e il funzionamento di ovaie, utero o seni.

I principali tipi di estrogeni sono:

a) estrone (E1),

b) estradiolo (E2)

c) estriolo (E3).

La questione è che ogni donna non solo necessita di questi ormoni per
il corretto funzionamento del suo organismo, ma ne ha bisogno in dosi
e proporzioni adeguate. È molto importante perché, per esempio, l’estriolo
presenta proprietà antitumorali.

Dunque: quando parliamo di terapia ormonale sostitutiva, è necessario un


preciso monitoraggio della quantità e dei rapporti quantitativi tra questi tre
tipi di estrogeni. Lo scopo della terapia, come dice il nome, è sostituire questi
ormoni sintetizzati dal corpo, somministrandoli dall’esterno. Non potendo
monitorare i loro rapporti quantitativi, facilmente si può provocare un dise­
quilibrio e, in seguito, l’insorgenza di patologie tipiche in questi casi, come
dolorosi noduli al seno, obesità, tumori, ecc. Per questo ogni frazione va
segnata, misurata, ma... per qualche motivo in Polonia si controlla l’estriolo
e l’estradiolo, ma non l'estrone. Perché? Non lo so.

II dott. Jonathan Wright, un “guerriero” americano molto conosciuto (per gli


snob, un “fighter") nel campo degli estrogeni, ha dimostrato che lo iodio,
nella forma della soluzione di Lugol, aiuta a mantenere gli estrogeni nelle
giuste proporzioni.
Iodio e malattie della tiroide: lo scadimento della medicina... 309

Inoltre ha dimostrato che questa soluzione chiaramente favorisce la produ­


zione di estriolo, l’estrogeno che previene l'insorgenza di tumori.

Il dott. D. Brownstein, altro specialista in questo campo, ha confermato


che lo iodio aiuta a mantenere il rapporto tra gli estrogeni in modo tale che
l'organismo della donna produca più benefico estriolo. In caso di carenza
di iodio, è quasi impossibile mantenere l'equilibrio degli estrogeni.

Per questo motivo spesso ci troviamo in situazioni in cui un endocrinologo


a tutti i costi cerca di riequilibrare gli estrogeni in una paziente, ma non ci
riesce perché prima non ha integrato lo iodio carente. Spesso, dunque, agi­
sce “alla cieca”. L’eccesso di estrogeni, come l’eccesso di insulina, è molto
pericoloso. Quando “manipoliamo” le quantità degli estrogeni somministrati
dall’esterno a donne in post-menopausa, le difficoltà nel mantenere il loro
giusto equilibrio costituiscono dunque un problema. E, come sappiamo,
a volte finisce male.

È stato dimostrato che la carenza di iodio è accompagnata da alterazioni


nella produzione di estrogeni nelle ovaie, nonché da cambiamenti nel
funzionamento dei recettori di estrogeni nei seni. In questi casi le ovaie
cominciano a produrre troppi estrogeni e i recettori di estrogeni nei seni,
iper-sensibilizzati, li captano più facilmente. È un male, perché ciò può
portare all’insorgenza di tumore al seno.

Slebodzinski AB. Ovarian iodide uptake and triiodothyronine


generation in follicular fluid: The enigma of thyroid ovary
interaction. Domest. Anim. Endocrinol. 29(1): 97-103, July 2005.

Siiteri, P. Increased availability of serum estrogens in breast


cancer: A new hypothesis. Hormones and Breast Cancer, Banbury
report no. 8, Gold Spring Harbor Laboratories. 1981.
310

L’integrazione di iodio normalizza completamente questo stato. A patto che


la si faccia. Ma... quale donna la fa? Proprio questo è uno degli elementi
importanti nella prevenzione del tumore al seno. Allora la cosiddetta “dia­
gnosi precoce” non serve più. Per aver partecipato a una conferenza a Los
Angeles sulla terapia alternativa del tumore, mi ricordo benissimo il caso di
una donna con tumore al seno che era guarita completamente integrando
soltanto lo iodio.

La malattia della tiroide non riguarda solo la tiroide. Specialisti americani


molto conosciuti, che si occupano di iodio, tiroide e tumori, sono concordi
nell’affermare che il deficit di iodio aumenta l’insorgenza di tumori al seno,
stomaco, tiroide, laringe, ovaie e utero:

Stadel, VV. Dietary iodine and risk of breast, endometrial and


ovarian cancer. Lancet 1976; 1:890-891

Talamini, R. Selected medicai conditions and risk of breast cancer.


British Journal of Cancer 1997; 75(11): 1699-1703

Venturi, S. Role of iodine in evolution and carcinogenesis of


thyroid, breast and stomach. Adv. d in . Path. 2000; 4:11-17

Già nel 1896 fu notato il legame tra ipotiroidismo e tumore. Anche se non
vennero condotti studi concreti, dall’esperienza clinica di tanti medici risul­
ta che questo legame esiste. Significa che le donne con ipotiroidismo più
spesso si ammalano di tumore al seno:

Smyth PPA. Thyroid disease and breast cancer. J. Endocrin.


Invest. 16:396, 1993

Perry M. Thyroid function in patients with breast cancer. Ann.


Roy. Coll. Surg. Engl. 60, 1978.
Iodio e malattie della tiroide: lo scadimento della medicina... 311

L’ipotiroidismo favorisce, ovviamente, una diminuita resistenza di tutto


l’organismo. Come ho già detto, un sistema immunitario mal funzionante
è causa di tumori. In caso di ipotiroidismo, i processi biochimici avvengo­
no più lentamente, compaiono stanchezza, secchezza della pelle, freddo
alle estremità del corpo, sovrappeso, e tanti malati riferiscono che “il loro
cervello lavora a rilento”. Somministrando ormone tiroideo si possono
alleviare questi sintomi. Di nuovo “curiamo” i sintomi, ma alleviarli non
vuol dire rimuoverne la causa! La causa è la carenza di iodio. Lo iodio
è assolutamente necessario perché l’organismo sia in grado di produrre
un’energia sufficiente.

Se, in caso di carenza di iodio, “stimoliamo” la tiroide somministrando ormoni


artificiali, come per esempio l’Eutirox, allora:

a) Artificialmente acceleriamo il metabolismo, il paziente perde peso,


è più lucido, si sente meglio, ecc. Il paziente è contento e il suo me­
dico pure. Ma... lo iodio non c’è, come prima.

b) Accelerare artificialmente il metabolismo prescrivendo Eutirox, senza


integrazione di iodio, provoca un fabbisogno di iodio ancora mag­
giore. È il cane che si morde la coda, perché la tiroide (senza iodio)
funziona in modo coatto e ciò di cui ha veramente bisogno comunque
non le viene fornito.

È un procedimento pericoloso perché abbiamo portato l’organismo ad


uno stato di accelerazione forzata, quindi necessita di ancora più iodio.
Controlliamo gli ormoni tiroidei FT3/FT4 e tutto sembra OK, ma dopo un
po’ di tempo il paziente si ammala ancora. E questa volta compare una
diversa patologia. Ricordiamoci che lo iodio serve non solo alla tiroide....

È facile dedurre che, se nel momento in cui compare una patologia causata
dalla carenza di una sostanza necessaria al funzionamento di diversi organi,
312

noi “supportiamo” artificialmente un organo solo, provocando contempo­


raneamente un maggior fabbisogno di questa sostanza, prima o poi altri
organi ce lo segnaleranno. E lo faranno, ammalandosi. E così andremo
a curare un altro organo eliminando i sintomi, perché della vera causa ci
siamo già dimenticati. E siamo da capo. Senza fine..., cioè fino alla fine,
ma non quella che vorremmo.

Angelina Jolie, famosa attrice americana, nel 2013 ha sconvolto il mondo


rivelando di aver rimosso ambedue i seni per paura del tumore. La deci­
sione fu presa in seguito alla notizia che il gene BRCA1, responsabile della
riparazione cellulare nel suo organismo, era mutato. Quando la funzione
di questo gene viene indebolita, i danni provocati portano all’insorgenza
di tumore al seno con altissima probabilità (anche del 90%). Gli scienziati,
poco tempo fa, hanno affermato che la combinazione di iodio e ioduro di
potassio (soluzione di Lugol) stimolerebbe la maggiore attività del gene
BRCA1, il che, naturalmente, è molto vantaggioso. Significa che la sommi­
nistrazione della soluzione di Lugol, in questi casi, proteggerà le donne al
cento per cento dal tumore?

Certamente no, è ovvio, ma... non tutte le donne saranno mai sottoposte a un
esame di questo tipo. E poi si parla di PROBABILITÀ e non di certezza al
100%. In altre parole: merita che questa probabilità venga ridimensionata.

Un modo semplice, e sempre fattibile, è assicurare all’organismo la quantità


sufficiente di iodio.

Ancora una importantissima precisazione. Non è mio obiettivo la spiega­


zione dettagliata delle reazioni biochimiche con partecipazione di iodio
o delle trasformazioni che subisce. Devo sottolineare, però, che lo iodio
viene trasformato all’interno deH’organismo in presenza di tante sostanze
di traccia e, particolarmente, di magnesio e selenio.
Iodio e malattie della tiroide: lo scadimento della medicina... 313

Per questo motivo lancio un avvertimento: non andate di corsa in farmacia


a comprare la soluzione di Lugol per berla in modo incosciente, senza con­
siderare questo aspetto. In un paese africano, durante una campagna contro
la carenza di iodio, venne introdotto il sale iodato. Dopo un certo periodo,
all'Improvviso, si osservarono numerosi casi di patologie tiroidee. Venne
dimenticato che durante il metabolismo dello iodio è necessario il selenio.

Dunque: la questione dell’integrazione di iodio deve comprendere non solo


la sua carenza, ma anche le conseguenti esigenze del metabolismo dei
minerali e delle vitamine, assicurando in modo particolare la giusta quantità
di selenio, ma anche di magnesio, rame e vitamine B2 e B3.

Il selenio non solo è essenziale nella terapia delle malattie tiroidee, ma -


come indicano le ultime ricerche - il suo ruolo è incisivo nella prevenzione
e terapia del tumore. In questo caso la sua presenza è così determinante
che descriverò i dettagli della sua azione e - precisamente - delle sue tre
forme principali, in un altro libro in cui approfondirò il tema di una terapia
del tumore completamente diversa da quella praticata attualmente.

Non è mio obiettivo descrivere qui il metodo di cura delle patologie della
tiroide, ma dimostrare che la tiroide può essere curata molto meglio di
quanto si faccia adesso.

Attenzione!

In centinaia di mail che ricevo la questione della terapia della tiroide è sor­
prendentemente frequente. Mi si rivolgono domande del tipo: che metodo
consiglia per curare Hashimoto? Quanta soluzione di Lugol devo prendere?,
ecc. Anche se dalle malattie della tiroide si può guarire, tutto il processo non
è semplice e la terapia non è uguale per tutti. Rispondo che occorre essere
seguiti da un endocrinologo che sa che cosa fare. Purtroppo mi rendo conto
314

che non è facile trovarlo. Proprio per questo, come ho sottolineato all’inizio,
dedico questo capitolo proprio agli endocrinologi, invitandoli a riflettere
e applicare questo tipo di terapia, perché - come abbiamo visto - si può
curare e guarire il malato alla tiroide senza procurargli inutili sofferenze. Qui
non si tratta di una semplice integrazione, ma della terapia di un complicato
e sensibile sistema endocrino. E non lo si può fare per telefono o via mail.
Quindi non aggiungo ora un riepilogo, perché un endocrinologo, dopo aver
letto queste pagine, saprà come fare.
Grassi: argomento semplice,
ma poco conosciuto

Non entrerò nella complicata biochimica dei grassi, non è questo il no­
stro obiettivo. Concentriamoci sugli aspetti pratici della loro funzione
neH’organismo.

I grassi sono composti da sostanze che dal punto di vista chimico sono
degli acidi. Abbiamo tre tipi fondamentali di acidi grassi (FA):

a) saturi
b) monoinsaturi
c) poiinsaturi

In genere nella nostra alimentazione troviamo un misto di questi acidi grassi:


l’olio di oliva, per esempio, contiene più acidi monoinsaturi, mentre l’olio di
cocco quasi tutti acidi saturi. I grassi animali, in genere, contengono quelli
saturi e gli oli vegetali quelli insaturi. L’abbiamo sentito tante volte, ma que­
sto che cosa significa, in pratica, per la nostra salute? Un cenno alla teoria
e sarà tutto chiarissimo.

Semplificando, la molecola di un acido grasso può presentarsi così:

H H H H H H H H H
1 1 1 1
1 I 1 1 |1 1 I 1
H -C - c - c -C -C -C - c - c - C - - -C O O H
1 1 1 1 1 1 1 1 1
H H H H H H H H H

Come vediamo, la molecola è composta da un certo numero di atomi di


carbonio (C) e di idrogeno (H). Ci sono tanti grassi diversi, di diverse lun­
ghezze causate da un numero altrettanto diverso di atomi di carbonio. È per
316

questo motivo che vediamo quei puntini alla fine della catena: indicano la
possibile variazione della lunghezza della catena, dipendente dal numero
di atomi di carbonio presenti in un certo acido grasso. Le lettere COOH
indicano semplicemente che si tratta di un “acido”. Ogni atomo di carbonio
presenta legami singoli (stabili in quanto saturi) con gli atomi d'idrogeno
(eccetto il gruppo COOH).

Ogni trattino sta a significare un legame chimico singolo. È molto importante.


In una catena così non c'è posto per nessun altro legame tra un atomo di
carbonio e altri elementi. Per tale motivo questi grassi, avendo tutti legami
saturi, vengono chiamati “saturi” e costituiscono la maggior parte dei grassi
animali.

Se viene a mancare un atomo di idrogeno, come mostra il disegno sotto,

H H H H H H
H H H
H H
| | | | | |1
1 1
1 |1
1
1 1 1
C - c - c -C -C -C - c -C = C - C - c - C - ■■- - C O O H
l l1 11 1 1 1 1 1 1 1 1 1
H H H H H H H H H H H H

questo acido grasso viene chiamato MONOinsaturo, perché gli viene


a mancare UN atomo di idrogeno. In tal caso tra due carboni adiacenti si
forma un doppio legame (=). Ricordiamocelo, perché è essenziale per le
reazioni dei grassi nel nostro organismo. Contando da sinistra, vediamo
che il primo atomo d’idrogeno mancante lo abbiamo in corrispondenza del
nono carbonio. Un acido grasso di questo tipo si chiama Omega 9. È il tipo
di grasso presente nell’olio di oliva e di colza. L’organismo umano è in grado
di sintetizzarlo e quindi non ci è indispensabile.

Una piccola nota tecnica per i più esperti: per evidenziare il legame doppio
mi sono servito di uno schema semplificato, in realtà il carbonio è sempre
quadrivalente.
Grassi: argomento semplice, ma poco conosciuto 317

Il doppio legame (=) che si forma è molto instabile e in tal caso l’acido
“cerca” la possibilità di completarlo con un altro elemento. Un elemento
che facilmente si lega alla catena dell’acido grasso è l’ossigeno. Quando si
verifica questa unione, spezzando il legame doppio, si parla di ossidazione
dell’acido grasso, che viene distrutto con gravi conseguenze per la nostra
salute. Un altro fenomeno molto dannoso, che avviene durante il processo
di ossidazione dei grassi, è la formazione di radicali liberi (che ho nominato
prima): sono molto nocivi per noi.

Da ricordare:

Numerose reazioni nel nostro organismo avvengono in presenza di ossi­


geno. In queste reazioni avviene lo scambio di elettroni che si muovono
in coppie intorno al nucleo. Quando si stacca un elettrone da un atomo di
ossigeno, questi perde la sua stabilità, perché la coppia di elettroni esterni
è incompleta, diventando un cosiddetto “radicale libero”. Un radicale libero
può esistere in modo indipendente. Senza approfondire ulteriormente,
i radicali liberi si formano non solo nel caso della perdita di un’elettrone da
parte dell’ossigeno, ma anche dell’azoto. I radicali liberi hanno un grande
potere ossidante. È un bene ed un male nello stesso tempo. Sono utiliz­
zati dal nostro sistema immunitario per combattere i patogeni. E questo
è un bene.

Quando però la quantità di radicali liberi cresce ed il nostro sistema an­


tiossidante endogeno non è capace di neutralizzarli in tempo, avvengono
troppe reazioni ossidanti. E ciò è un male, un grande male. Un radicale
libero, per raggiungere la propria stabilità, “ruba” un elettrone ad un altro
atomo o molecola che, a sua volta, strappa un elettrone ad un altro ancora.
E così abbiamo a che fare con una reazione a cascata.

Per fortuna nel nostro organismo si trovano sostanze che, cedendo un


elettrone e neutralizzando il radicale libero, per la loro peculiarità non sono
318

dannose. Anche se cedendo un elettrone, diventano - per definizione - un


radicale libero. Queste sostanze sono gli antiossidanti endogeni.

Ci sono diversi tipi di radicali liberi e altrettanti ossidanti endogeni (prodotti


daH’organismo stesso).

Quando abbiamo troppi radicali liberi e produciamo antiossidanti insufficienti


per disattivarli, viene meno l’equilibrio tra di loro, a vantaggio dei radicali
liberi. In altre parole, avvengono troppe reazioni ossidanti.

Questa situazione prende il nome di STRESS OSSIDATIVO. Ed è un primo


passo verso numerose malattie e tante tragedie che le accompagnano,
perché le reazioni ossidanti sono distruttive e danneggiano elementi par­
ticolarmente importanti del nostro organismo, quali lipidi, proteine, DNA
nucleare, DNA mitocondriale (il mitocondrio è un organulo all’Interno della
cellula dove viene prodotta, principalmente, l’energia indispensabile per
la vita).

Lo stress ossidativo viene provocato, tra l’altro, da condizioni ambienta­


li, come per esempio le tossine del fumo di sigarette (...) o le radiazioni
ionizzanti.

In altre parole, l'ossidazione degli acidi grassi è molto dannosa per l’uomo.

Quando avviene? Sempre dove c'è ossigeno, e nel nostro organismo ce


n’è tanto. Quando lasciamo un olio, contenente acido grasso insaturo
composto da molecole con almeno un atomo d’idrogeno mancante (quindi
con almeno un legame doppio, quello instabile, per intenderci) a contatto
con l’aria per un po’ di tempo, questo prende un cattivo odore. Diciamo
che diventa rancido. Questo è effetto dell’ossidazione. Per rallentare que­
sto processo, dopo l’apertura l’olio va tenuto in frigorifero, perché a basse
temperature questo processo rallenta notevolmente.
Grassi: argomento semplice, ma poco conosciuto 319

Se è così, nel corpo umano, la cui temperatura è 36.6°C, il processo di os­


sidazione dell'acido grasso avverrà molto più velocemente e con maggiore
formazione di radicali liberi.

E questo succede quando abbiamo troppi grassi insaturi neH’organismo!


Sappiamo che il nostro corpo produce sostanze che riescono a neutra­
lizzarli, ma quando sono troppi e il nostro sistema immunitario non riesce
a combatterli, ci ammaliamo, e tanto!

E che cosa succede se, per esempio, questo grasso viene scaldato a con­
tatto con l’aria e non nel nostro corpo? Si comporterà a seconda delle
leggi della chimica. Più lungo è il tempo e più alta è la temperatura, più
i processi di ossidazione e produzione di radicali liberi avvengono veloce­
mente. Possiamo scaldare, per esempio, questo grasso alla temperatura
di 90 o 100° C e le reazioni saranno velocissime. Possiamo andare oltre
scaldandolo a 180 gradi, per esempio, e trasformarlo in una fabbrica di
radicali liberi. Ma per far cosa?

Vediamo che un tale comportamento non ha senso, perché dannoso per la


salute. Così dicono la scienza e il buon senso. Ma è così che facciamo?

Alcuni sì, ma sono pochi; altri no, e sono molto più numerosi. Ogni giorno
migliaia di persone versano olio di oliva in padella per scaldarlo a 180°
e friggere, per esempio, carne, verdure, crèpes, pesce, ecc. Fanno male?

Bene, no, perché l’ossigeno deH’aria si lega a quel legame doppio e si for­
mano numerosi radicali liberi. Dunque, non fanno bene, ma c’è di peggio,
molto peggio....

Se nella catena dell’acido grasso il primo legame, con un atomo d'idrogeno


mancante, si trova in corrispondenza del carbonio numero 6, questo acido
grasso si chiamerà Omega 6:
320

H H H H H H H H H H
| | | | 1 |
1 1
1 11 11 1
1
C- c - c - c -C =C-C - c =C-C -C - c - -C O O H
l1 l
1 l
1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
H H H H H H H H H H H H

In questo caso vediamo che il primo legame doppio è presente in posizione


6 e un altro in posizione 9. Per tale motivo questi grassi vengono chiamati
poiinsaturi. In pratica, che cosa significa per noi? Per prima cosa: è un grasso
INDISPENSABILE per un essere umano. Ma significa che un olio di questo
tipo, in padella, alla temperatura di circa 180 °C, reagirà all'ossigeno due
volte più velocemente rispetto all’olio di oliva! A questo tipo appartengono:
olio di girasole, di semi d'uva, borragine, zucca, soia, mais.

Probabilmente adesso possiamo rispondere alla domanda se è giusto usare


questo tipo d’olio per friggere. Noooo...? Come no, se sulle etichette sta
scritto: “particolarmente adatto per friggere"? Lascio giudicare ai lettori e....
ai magistrati. Può esserci di peggio, ancora? Sì, è possibile...

Prendiamo per esempio un olio popolare come l’olio di lino:

H H H H H
H H H H
| | | |1
1 11
| 1I 11
C-C =C-C -c =C-C -c =C-C -C - C - -C O O H
i 1i 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
H H H H H H H H H H H H

Come si vede, il primo atomo di carbone mancante di idrogeno è il nr 3.


Dunque è un grasso (e precisamente un acido grasso) del tipo Omega 3.
Questo è un grasso ESSENZIALE, indispensabile al nostro organismo
perché non riesce a sintetizzarlo. La cosa più importante, però, è che pos­
siede addirittura 3 legami doppi! Quindi riscaldarlo è una vera catastrofe
salutare. Nessuno sano di mente lo farà, a meno che non sappia che cosa
sta facendo. Questo grasso, anche in frigo, diventa rancido velocemente.
Grassi: argomento semplice, ma poco conosciuto 321

Non dimenticherò come, alcuni anni fa, giovani mamme si scambiavano


consigli su un portale Internet. Per esempio: “l’olio di lino è molto sano
e bisogna darlo ai bimbi piccoli, ma per renderlo buono, veramente sano,
bisogna versarlo in una pentola, scaldare quasi fino a ebollizione mescolando
lentamente per “eliminare tutti i batteri", raffreddarlo e servirlo al bambino”.
Viene solo da piangere...

Una giovane mamma inesperta può essere perdonata. Ma quando vedo


in un negozio un olio vegetale poiinsaturo (con due legami doppi), con
l'aggiunta di olio di lino (con tre legami doppi), con la scritta sull’etichetta
“particolarmente adatto alla frittura”, comincio a dubitare di tutto ciò che
dovrebbe essere logico e di buon senso, particolarmente quando si tratta
della nostra salute.

Abbiamo dunque chiara - spero - la risposta alla domanda frequentissi­


ma: “che cosa usare per friggere?”. Come si vede, se proprio vogliamo
o dobbiamo friggere, meglio farlo adoperando un grasso che non si può
ossidare. Questo ormai è chiaro e ovvio. Dunque quale grasso usare se gli
oli vegetali non sono adatti perché, in questo caso, “generano” forti tossine?
E qui una piccola sorpresa. Un grasso adatto per questo scopo è l’OLIO
di cocco. Si! Un olio!

Sull’olio di cocco si potrebbero scrivere moltissime pagine. Per noi la cosa


essenziale è il fatto che, nonostante sia un olio vegetale, è composto per
il 95-97% da catene SATURE! Gli oli saturi, come ricordiamo, non si os­
sidano. Sento già obiettare che, siccome è saturo, è dannosissimo per la
salute. Sono voci che testimoniano la mancanza di conoscenze più recenti,
quindi non me ne occuperò qui. Questo sarà argomento di un mio prossimo
libro, nel quale chiarirò la questione dettagliatamente; insieme anche ad
altre opinioni, apparentemente controverse, come per esempio “il coleste­
rolo fa male perché provoca l’arteriosclerosi”, o “il grasso fa ingrassare”,
ecc. Il grasso, ovviamente, non fa ingrassare. È molto semplice, ma molto
322

complicato per tanti. In questo mio prossimo libro, sulla base di ricerche
scientifiche, dimostrerò che il consumo di grasso non è in relazione con
l’incidenza di cardiopatie o arteriosclerosi.

Ma torniamo ora agli oli!

Dunque tutti gli oli sono cattivi? Non è così. Gli oli vegetali ci sono molto
utili, particolarmente quelli ricchi in essenziali acidi grassi insaturi.

Leggende metropolitane sugli Acidi Grassi


Insaturi Essenziali: SMENTITE

Vorrei dedicare alcune righe ad alcuni aspetti significativi degli Acidi Grassi
Insaturi Essenziali (EFA Insaturi). Che cosa significa “essenziali”? Che l’or­
ganismo non è in grado di sintetizzarli. Questi grassi sono INDISPENSABILI
per il corretto funzionamento dell’organismo. Devono essere forniti dall’ester­
no, meglio dall’alimentazione. In caso di loro carenza, ci ammaliamo. Visto
che sono cosi importanti, ne abbiamo bisogno in grandi quantità o anche
piccole? Di quanto omega 3 e di quanto omega 6 abbiamo bisogno? Tutti
li conoscono, ma non tutti conoscono le ultime novità al riguardo.

Cominciamo dai grassi Omega 3. Che cosa ne sappiamo? Sappiamo che


sono sani. Prima di tutto favoriscono il buon funzionamento del cuore.
Sappiamo che particolarmente il grasso di pesce è molto ricco di Omega
3. In ogni farmacia le mensole si deformano sotto il peso di integratori con
la scritta: “Omega 3, di un qualche pesce”, “la migliore fonte di acidi grassi
essenziali”. E qui sorge un problema.

Perché? Perché non è vero. “Vedo” già, con gli occhi dell’immaginazione,
espressioni di sorpresa. Speriamo solo di sorpresa, perché per tanti potrebbe
anche essere una sensazione del tipo: “Ecco, di nuovo Lui capovolge tutto”.
Purtroppo non posso farci niente. Sono fatti.
Grassi: argomento semplice, ma poco conosciuto 323
In più, scientifici. Quindi cercherò di spiegarli velocemente.

Esistono solo DUE acidi grassi essenziali (e indispensabili), e sono:

a) Acido Alfa Linolenico (ALA - Alfa Linolenic Acid), appartenente


agli acidi di tipo Omega 3. Grandi quantità si trovano nell’olio di lino
(circa il 53%) e di colza (ma solo circa il 10%).

b) Acido Linoleico (spesso con il nome LA, dall’inglese Linoleic Acid),


appartenente agli acidi grassi di tipo Omega 6. Grandi quantità sono
presenti nell’olio di cartamo (Carthamus tinctorius), borragine, papa­
vero, semi d’uva o semi di girasole.

Qualcuno può chiedere: “e l’olio di pesce dove sta?”. Ci viene detto che
è l’olio più sano per l’uomo. Guardiamolo un po’ meglio perché - come si
dice - “il diavolo sta nei dettagli!”

Acido ALA (alfa linolenicol

Che cosa succede dopo il consumo di grasso Omega 3, come l'Acido Alfa
Linolenico (ALA)? Il nostro organismo lo trasforma in altri due acidi grassi,
anche loro del tipo Omega 3, con nomi molto più complicati:

- EPA: acido eicosapentaenoico

- DHA: acido docosaesaenoico

Ma questi non sono Acidi Grassi Insaturi Essenziali, perché il nostro orga­
nismo li produce da solo.

Prendiamo il primo integratore “Omega 3” che capita, prodotto con olio di


pesce. Più spesso viene scritto sulla confezione che il preparato è “una
324

ricca fonte di Acidi Grassi Insaturi Essenziali”. Guardiamo gli ingredienti


contenuti, elencati dal produttore: EPA e DHA. Ma EPA e DHA non sono
acidi essenziali (indispensabili) per noi! Per quanto riguarda gli Omega 3,
lo è soltanto l’acido ALA.

Non dico che il produttore lo faccia apposta, ma questa descrizione del


prodotto non corrisponde alla verità.

Acido LA (Linoleico)

In questo caso l’iter è simile. Dopo l’assunzione di questo acido (essenzia­


le!) l'organismo lo trasforma in altri due: GLA e AA (Gamma Linolenic Acid
e Arachidonic Acid, cioè acido gamma-linolenico e acido arachidonico).
Ma il GLA e l'AA non sono né essenziali, né indispensabili perché prodotti
dall'organismo stesso. Se guardiamo tutti i preparati presenti nelle farmacie
(sono meno numerosi, però, degli Omega 3), vedremo informazioni simili
sulle confezioni: contengono Indispensabili Acidi Grassi Insaturi. Il che,
ovviamente, non è vero.

Che cosa sono Primari e Derivati EFA insaturi

Introduciamo un concetto nuovo per quanto riguarda gli EFA Insaturi. Ci


sarà più facile comprendere tutto.

Distinguiamo gli Acidi Grassi Insaturi Essenziali, cioè ALA (Omega 3) e LA


(Omega 6) e chiamiamoli Acidi Grassi Insaturi Essenziali PRIMARI (ALA
e LA), che l’organismo non riesce a sintetizzare da solo.

Invece trasformando ALA (Omega 3), l'organismo produce EPA, DHA,


sempre Omega 3. Mentre trasformando LA (Omega 6), produce GLA, AA,
sempre Omega 6. Questi 4 acidi grassi trasformati sono chiamati DERIVATI
degli Acidi Grassi Insaturi Essenziali.
Grassi: argomento semplice, ma poco conosciuto 325
Ora una piccola precisazione: anche se EPA e DHA provengono dall'acido
ALA del gruppo Omega 3 ed appartengono pure loro al gruppo Omega
3, hanno un ruolo nell’organismo e una struttura chimica completamente
diversa dall'ALA. Quindi anche se l’ALA e i suoi derivati sono tutti acidi
Omega 3, bisogna distinguerli in Primari e Derivati.

La stessa cosa vale per gli acidi del gruppo Omega 6. Dunque: il Primario
acido LA e i suoi Derivati GLA e AA, appartengono tutti al gruppo Omega 6.

Faccio notare che il numero “3” o “6” legato al nome Omega non si riferisce
al numero di legami doppi. Significa semplicemente che IL PRIMO lega­
me doppio compare in posizione 3 o 6. I legami doppi possono essere 5
o più.

In questo caso abbiamo a che fare con la stessa confusione che fac­
ciamo tra sostanze che hanno proprietà diverse. Ribadisco: ALA, EPA,
DHA appartengono allo stesso gruppo Omega 3, ma ognuno svolge un
ruolo diverso neH’organismo. Lo stesso vale per gli Omega 6 ai quali ap­
partengono LA, GLA e AA. Risulta importante per la nostra salute non
distinguere tra Omega 3 e Omega 6, ma tra la forma Primaria e quella
Derivata.

Quanto sopra è basilare perché - come vedremo fra un attimo - le ultime


ricerche scientifiche affermano che i medici, del tutto inconsapevolmente,
prescrivono dosi eccessive di Omega 3 nella versione DERIVATI, pensando
che siano Acidi Grassi Insaturi Essenziali. E procurano alla nostra salute
più danni che vantaggi.

ATTENZIONE:

1. L’organismo umano trasforma gli acidi Primari in Derivati nella giusta


misura alle proprie esigenze.
326

2. Non più del 5% degli acidi Primari viene trasformato in Derivati e, se­
condo alcuni scienziati, solo l'1% di quelli appartenenti agli Omega 3.

3. Anche se l'organismo trasforma gli acidi Primari in Derivati, il processo


inverso è IMPOSSIBILE.

Se soffriamo di carenza di acidi Primari, indipendentemente dall’aumentato


consumo di acidi Derivati, il nostro organismo non sintetizzerà per niente
i Primari anche se ne ha bisogno in quantità maggiori rispetto ai Derivati.

Per un lungo periodo (più di 30 anni) si è pensato che all’organismo oc­


corressero grandi quantità di acidi Derivati e pochi Primari. Questo veniva
insegnato nelle facoltà di medicina in tutto il mondo. Si pensava anche
che l’organismo trasformasse la maggior parte degli acidi Primari in acidi
Derivati. Inoltre veniva raccomandata l’integrazione con Omega 3 in gran­
de quantità, considerando il consumo di Omega 6 eccessivo rispetto agli
Omega3.

Veniva detto che il giusto rapporto tra gli Omega 6 e gli Omega 3 dovesse
essere pari a 2:1, mentre l’effetto della dieta standard è il rapporto 10:1
e perfino 40:1. Si cominciò a raccomandare il consumo di grandi quantità
di Omega 3 per equilibrare l'eccesso di Omega 6.

Tranne che nel cervello e nel sistema nervoso, che incide sul peso di un
uomo adulto solo per il 3%, in altri tessuti, nel plasma e nelle membrane
cellulari si trovano soltanto tracce dei DERIVATI. L'integrazione a base di
olio di pesce composto da DERIVATI, cioè EPA e DHA, risultò un errore
medico perché non si sapeva che questi acidi venivano raccomandati in
quantità di 100, ma anche 500 volte, superiori alla quantità normalmente
prodotta dal nostro organismo. Questo fatto dovette per forza avere riper­
cussioni sulla nostra salute.
Grassi: argomento semplice, ma poco conosciuto 327

Risulta che dopo l’interruzione di integrazione con olio di pesce, gli


effetti negativi perdurano ancora per 18 settimane.

Queste informazioni sono state pubblicate da una delle più prestigiose


riviste legate alla nutrizione deH'uomo:

Delarue J, Labarthe F, Cohen F. Fish-oil supplementation reduces


stimulation of plasma glucose fluxes during exercise in untrained
males. British Journal of Nutrition 2003; 90.04: 777-786.

Per molti anni si è affermato che i grassi Omega 6 sono dannosi per la
salute. Nel 2009, la American Heart Association formalmente dichiarò
infondate queste affermazioni.

Harris WS, Mozaffarian D, et al. Omega-6 fatty acids and risk for
cardiovascular disease Circulation 2009; 119: 902-907.

Il dibattito nacque dal fatto che uno degli acidi Derivati Omega 6, lAcido
Arachidonico (AA), risulta un elemento fondamentale per le sostanze prò
infiammatorie. Da qui sorse la preoccupazione (comunque mai confermata)
che il consumo degli Omega 6 potesse aumentare il rischio di numerose
patologie cardiovascolari.

“Questo rispecchia una comprensione piuttosto ingenua della biochimica”


disse il dott. William S. Harris, direttore del Centro di Studio di Alimentazione
e Metabolismo presso l’Università del Dakota del Sud, e della Scuola di
Medicina a Stanford, negli USA, capo del team scientifico che pubbli­
cò la sua relazione scientifica nel più conosciuto periodico cardiologico
“Circulation”, dicendo: “Gli Omega 6 possiedono proprietà fortemente
antinfiammatorie (...). Scorretto è considerare gli Omega 6 come
pro-infiammatori”.
328

Il dott. DF Horrobin, un vero esperto in materia di grassi, notò invece che:

a) dopo l’assunzione di Omega 6 Primario, l’organismo produce la


giusta quantità del Derivato GLA, che a sua volta dà origine ad una
sostanza fortemente antinfiammatoria di nome PGE1, con proprietà
molto interessanti. Per esempio:

• dilata i vasi sanguini e, di conseguenza, abbassa la pressione


sanguigna

• ferma l'aggregazione delle piastrine del sangue facilitando il flusso

• rallenta la sintesi di colesterolo

• regolarizza il funzionamento del sistema immunitario

• rallenta la secrezione dell'enzima responsabile della liberazione


dell’acido arachidonico (AA) nello stato infiammatorio.

Inoltre:

b) La sintesi di PGE1 porta ad una diminuita trasformazione dell’AA in


sostanze nocive.

c) Non ci sono prove che l’acido arachidonico (AA) sia nocivo finché
non viene trasformato in metaboliti nocivi.

d) L’acido arachidonico (AA) è indispensabile in quanto uno dei principali


elementi delle membrane cellulari. Le giuste quantità di GLA, sinte­
tizzate dall’Omega 6 Primario LA (e l'organismo sa di quanto GLA
necessita) mantengono l’AA all'Interno delle membrane cellulari non
permettendo loro di trasformarsi in metaboliti nocivi.
Grassi: argomento semplice, ma poco conosciuto 329

e) Gli Omega 6 Primari svolgono nel nostro organismo un ruolo maggiore


e notevolmente più importante degli Omega 3.

f) Gli acidi Omega 3 hanno un grande significato biologico, ma non


sono così importanti per la salute quanto gli Omega 6.

g) Uno stato di carenza di Omega 6, provocato nell'animale o neH’uomo,


facilmente causa effetti negativi a livello biologico e biochimico. Risulta
difficile, però, in modo ugualmente semplice e veloce, provocare effetti
negativi da carenza di Omega 3, anche se sono importanti pure loro.

h) Per provocare visibili effetti biologici, gli Omega 3 devono essere


somministrati insieme agli Omega 6. Invece gli Omega 6 dimostra­
no un'attività biologica anche quando vengono consumati senza gli
Omega 3.

i) La carenza CONTEMPORANEA di Omega 3 e di Omega 6, con


conseguenze negative, venne corretta facilmente e velocemen­
te somministrando soltanto Omega 6. Il tentativo di far regredire
gli effetti negativi, somministrando solo gli Omega 3, non ebbe
ugual successo. Anzi. Un’integrazione di Omega 3, in tal caso,
portava, per esempio, alla diminuzione della resistenza dei vasi
sanguini.

j) Nel latte materno e nella maggior parte dei tessuti umani, il rapporto
tra gli Omega 6 e gli Omega 3 varia da 3:1 a 9:1 (nel latte umano 10:1;
nella maggioranza dei tessuti da 4:1 fino a 7:1; e nel grasso ancora
di più). Anche se nella dieta prevalgono i grassi di tipo Omega 3,
l’organismo preferisce conservare gli Omega 6.

Non è né il momento, né il luogo di avventurarsi in meandri biologici e bio­


chimici. Quindi invito gli interessati ad approfondire:
330

Horrobin DF. N u tritio n al and m edicai im portance of


gam m a-linoleic acid. Prog. Lipid Res. 1992; Voi. 31, No. 2,
163-194.

Circa il 14% del peso del cervello umano è composto dai derivati di Omega
3, cioè da EPA e DHA. Però l’acido arachidonico (AA) costituisce il 10% di
tutti i grassi nell’organismo. I sostenitori dell’integrazione con olio di pesce
non lo dicono. Gli acidi grassi Omega 6 costituiscono una frazione domi­
nante dei grassi che compongono il corpo umano.

Spector AA. Plasma free fatty acids and lipoproteins as sources


of polyunsaturated fatty acid for thè brain. Journal o f Molecular
Neuroscience 2001, Voi. 16: 159-165,

Di conseguenza si ritiene che il giusto rapporto tra Omega 6 e Omega


3 dovrebbe essere circa 11:1. Significa che dovremmo consumare molti
più Omega 6. Ma... ci vien detto che già ne consumiamo troppi. Dove è il
problema?

Qui arriviamo al dunque. I grassi Omega 6 sono presenti nell’alimentazione


in grandi quantità, particolarmente nell’olio, ma il processo di produzione
prevede di sottoporli più volte a riscaldamento ad una alta temperatura
(fino a circa 300°C).

http://www.nutrilife.pl/index.php?art=52

Effetto: l’olio “prodotto” così è biologicamente alterato. Le proprietà benefiche


dei Primari EFA Insaturi vengono irreversibilmente rimosse. La differenza
rispetto agli oli spremuti a freddo (alla temperatura di circa 50°C) è stata
del tutto ignorata per molti anni. Soltanto recentemente viene presa in
considerazione la loro qualità decisamente migliore.
Grassi: argomento semplice, ma poco conosciuto 331

Anton SD, et al. Differential effects of adulterateci versus una-


dulterated forms of linoleic acid on cardiovascular health, J.
Integr. Med. 2013; 11(1): 2-10.

Spaventoso è il fatto che così poche persone si rendono conto di quanto


questo sia importante per la nostra salute.

Anzi - come ho detto prima - abbiamo a che fare con una sorta di paradosso
medico. I medici, a volte, non vogliono sentire che cosa dicono gli scienziati
se ciò non rientra nella loro “realtà politicamente corretta”.

Da decine di anni, del tutto senza alcun fondamento, siamo messi in


guardia sul consumo di grassi saturi, cioè quelli animali, perché (come
si afferma tutt'oggi) causano la formazione di placche aterosclerotiche,
provocando infarto e, spesso, morte istantanea. Lo si ripete da anni, anche
se nessuno ha studiato la composizione delle placche aterosclerotiche con
la dovuta precisione. Sappiamo che sono causa di tragedie per milioni di
persone in tutto il mondo. Nessuno allora (30 o più anni fa) conosceva
veramente la loro composizione. Con il progresso della tecnologia e dei
metodi d'indagine è stato possibile analizzarle con molta precisione. Che
cosa è venuto fuori?

Nella composizione delia placca aferoselerotica sono state trovate


più di 12 sostanze ma... neppure una traccia di grassi animali!

Possiamo leggerlo e rileggerlo. Fu pubblicato nel famoso “The Lancet”, il top


nel mondo delle pubblicazioni mediche, “di più" non si può. Altri scienziati
hanno confermato questo risultato. Indipendentemente l’uno dall’altro.

Felton CV, et al. Dietary polyunsaturated fatty acids and com-


positions of human aortic plaque. Lancet 1994; 344:1195-1196.
332

Waddington E., et al. Identification and quantification of unique


fatty acid and oxidative products in human atherosclerotic
plaque using high-performance lipid chromatography, Annals
o f Biochemistry 2001; 292(2): 234-244.

Kuhn H, et al. Structure elucidation of oxygenated lipids in human


atherosclerotic lesions. Eicosanoids 1992; 5:17-22.

Perché l’ambiente medico non si è accorto di un fatto così significativo?


È stato più comodo ignorarlo. Ne sarebbe sconvolto tutto il suo mondo, ver­
rebbero messi in discussione tanti lavori scientifici, dottorati, ecc.... Meglio
far finta di niente e - contro la scienza, contro qualsiasi logica, contro il
buon senso, contro l’onestà scientifica, contro l'interesse del paziente (!)
- continuare ad affermare con testardaggine che la placca aterosclerotica
si forma da grassi animali. Meglio cullarsi nella bugia!

Continuiamo a colpevolizzare i grassi animali saturi mentre la colpa della


formazione di placche aterosclerotiche ricade sugli acidi Omega 6 alterati
durante la spremitura. Ma... solo questi? Abbiamo comprato olio vegetale
che per il 50% circa è già alterato biologicamente. Lo versiamo in padella,
scaldiamo a quasi 200°C e.... lo alteriamo ancora, e poi, insieme alla co­
toletta fritta, lo consumiamo. Buon appetito!

Faccio notare che causa della formazione delle placche aterosclerotiche


sono altre sostanze, ma non il colesterolo. Approfondirò questo argomento
in un altro libro, come ho già accennato.

Torniamo per un attimo ancora all’influenza che ha la temperatura sugli acidi


grassi insaturi. Ricordiamo che l’azione nociva dell’alta temperatura, cioè la
produzione di radicali liberi a cascata, è legata alla quantità di legami doppi
che facilmente interagiscono con l'ossigeno. Abbiamo detto che l’olio di lino
con tre legami doppi è particolarmente sensibile all’alta temperatura e di
Grassi: argomento semplice, ma poco conosciuto 333

conseguenza produce molti radicali liberi nocivi per la salute. Per questo
motivo non è assolutamente adatto per friggere.

Gli Omega 3 Derivati, ciò è EPA e DHA, da questo punto di vista sono
ancora peggiori perché l’EPA ha cinque legami doppi ed il DHA addirittura
sei! Ora non possiamo più dubitare che scaldare questi grassi e consu­
marli non è un bene per la nostra salute. Tante persone però lo fanno
con grande gusto, fantasia, frequenza, e quasi celebrando. Succede ogni
volta che friggiamo il pesce. Sì, il pesce! Il pesce e l'olio in esso conte­
nuto non contiene Omega 3 Primari, ma EPA e DHA, cioè gli Omega 3
Derivati!

Sono sostanze che servono e - come sappiamo - l’organismo le sintetizza


da solo. Ma in nessun caso ci servono in forma ossidata. E ormai sappiamo
perché.

Adesso sorge la domanda: “Come è possibile? Il pesce è sano, i giapponesi


ne consumano tanto e sono sani”. Non è proprio così... I giapponesi man­
giano grandi quantità di pesce, è vero, ma in prevalenza crudo! Sappiamo
che alla base della dieta giapponese ci sono sushi e sashimi. Sono piatti di
pesce, ma crudo. La frittura di pesce, purtroppo, è un’idea europea. ! giap­
ponesi a volte “scottano” il pesce al vapore, a volte con l'olio, ma appena
per alcuni secondi. Noi invece...

Mi viene in mente il titolo di un programma televisivo “So cosa mangio”.


Veramente sappiamo che cosa mangiamo?

Studi scientifici affermano inequivocabilmente che:

Uno degli elementi essenziali per mantenere a lungo la buona salute


è un regolare consumo di Essenziali Acidi Grassi Insaturi in forma
PRIMARIA.
334

Non è difficile. Basta mescolare l’olio di lino (meglio biologico) con


l’olio di cartamo, nel rapporto di circa 1:3. Un cucchiaino, non più di due
al giorno, e abbiamo ciò di cui ha così tanto bisogno il nostro organismo.

Ma a una condizione: gli oli devono essere spremuti veramente a freddo


e non trasformati in nessun altro modo. I vantaggi sono inestimabili.

Già nel 1925 il dott. Otto Warburg dimostrò che quando il livello di ossi­
genazione della cellula cala di circa il 30% del suo valore normale, allora
questa cellula, irreversibilmente, si trasforma in cellula tumorale. Oggi
sempre più centri di ricerca tornano a considerare questa scoperta. In
altre parole, la carenza di ossigeno nella cellula porta all’insorgenza di
tumore. Questo fatto venne considerato la causa “primaria” dei tumori.
Altre cause come metalli pesanti, componenti del fumo di sigarette, radia­
zioni ionizzanti e altre onnipresenti tossine, sono state considerate cause
“secondarie”. Come fornire dunque ossigeno alle cellule? Lo sport o, addi­
rittura, la respirazione di ossigeno puro favorirà l’ossigenazione del sangue,
ma non necessariamente l’ossigenazione delle cellule. Bisogna rendersi
conto che l'ossigeno deve superare 7 barriere costituite da membrane
cellulari per arrivare, alla fine, alla cellula (e in particolare ai mitocondri
al suo interno), dove viene consumato per normali processi biochimici
di ogni tipo.

Se il trasporto dell’ossigeno attraverso le membrane cellulari è difficoltoso,


è chiaro che un problema serio si cela dietro la porta. Come sappiamo, la
permeabilità delle membrane cellulari dipende dalla loro struttura e gli EPA
Insaturi Primari svolgono un ruolo principale nel mantenerle in salute. Da
qui la conclusione che il consumo di EFA Insaturi Primari è uno dei metodi
essenziali, più importanti e semplici, per prevenire i tumori. Il consumo di
questi acidi grassi migliora la permeabilità della membrana e, rendendola
così più funzionale, facilita l’ingresso dell’ossigeno all’interno della cellula.
Grassi: argomento semplice, ma poco conosciuto 335

L’ossigenazione a livello cellulare, a sua volta, è la base della terapia e della


prevenzione dei tumori.

La stragrande maggioranza dei tumori sono i CARCINOMI (neoplasie


epiteliali maligne), il che vuol dire che derivano dal tessuto che riveste
i nostri organi, cioè dal tessuto epiteliale (sia esso tessuto di rivestimento
o ghiandolare). Invece altri tipi di tumore, i SARCOMI, sono tumori del tes­
suto connettivo. Però, sia nella pelle che nell’epitelio di rivestimento degli
organi, generalmente non ci sono Omega 3, ma soltanto Omega 6. Sembra
logico, dunque, che per il corretto funzionamento del tessuto epiteliale sia
necessario il rifornimento della giusta quantità di acidi grassi Omega 6 di
buona qualità.

Un ruolo sconosciuto dei grassi Primari:


Omega 3 e Omega 6. Quali sono migliori?

L’azione della Vit. D, A o E può essere supportata notevolmente utilizzan­


do gli EFA Insaturi Primari, anche perché hanno un meccanismo d’azione
completamente diverso da altri acidi grassi. Se qualcuno soffre di tumore,
è malato tutto il suo organismo e non solo l’organo dove è localizzata la massa
tumorale. L’azione degli EFA Insaturi Primari ha luogo in tutto l’organismo,
ecco perché il loro utilizzo, in questo caso, è particolarmente azzeccato.

Il professor Brian Scott Peskin e il dott. Amid Habib hanno affrontato que­
sti argomenti, citando le fonti, nel libro “The Hidden story of Cancer”. Ne
raccomando la lettura.

Per i dietologi e per chi vuole perdere peso ho una buona notizia.

Già nel 1976, Il dott. H. Kasper dimostrò che utilizzando Omega 6 PRIMARI,
si può perdere peso molto più facilmente.
336

Questi i risultati degli studi:

1. Aggiungendo alla dieta Omega 6 Primari, si ottiene una maggior perdi­


ta di peso indipendentemente dal valore calorico del cibo consumato.

2. Pur consumando più cibo, e quindi una maggior quantità di calorie,


il dimagrimento è pari a quello ottenuto con una dieta standard di
1000 kcal.

3. Sorprendente è osservare la mancata correlazione tra aumento di


peso e aumento di calorie. Che ne dicono i sostenitori del conteggio
delle calorie?

4. Quando il grasso viene sostituito con la corrispondente (dal punto di


vista calorico) quantità di carboidrati, si arresta la perdita di peso.

5. Gli Omega 6 Primari (buona qualità) possiedono naturali proprietà


che favoriscono la riduzione del peso (ma non l’olio d’oliva).

6. Utilizzando Omega 6 Primari e riducendo il consumo di carboidrati, il


metabolismo dei lipidi, cioè la quantità di colesterolo e di trigliceridi,
migliora notevolmente.

Kasper H, et al. Response of body weight to a low carbohydrate,


high fat diet in normal and obese subjects. American Journal of
Clinica! Nutrition 1973; 26: February, 197-204.

Spero che quanto sopra sia sufficiente per ora. Almeno per chi cerca risposte
a domande fondamentali.
Grassi: argomento semplice, ma poco conosciuto 337

Riepilogo

- I grassi saturi, cioè animali, non sono causa di aterosclerosi.

- Per friggere non dobbiamo usare grassi vegetali, ad eccezione


dell’olio di cocco.

- Gli oli vegetali dovrebbero essere usati solo a freddo.

- Gli oli vegetali dovrebbero essere spremuti solo a freddo.

- Esistono soltanto DUE ESSENZIALI (e indispensabili!) acidi grassi.

- Oli di pesce, o preparati di pesce, tipo Omega 3 NON CONTENGONO


acidi grassi indispensabili, contengono solo i loro derivati.

- Non bisogna usare troppi oli vegetali o preparati del tipo Omega 3.

- Una buona soluzione preventiva è il consumo di oli di lino spremuti


a freddo e non trasformati (per il loro contenuto di acidi grassi Omega
3 primari), e di oli come quello di girasole o di cartamo, contenenti
acidi grassi Omega 6 primari.
Conclusione

Mentre stavo terminando la stesura di questo libro, ci fu un gran parlare,


nei media polacchi, di un bambino avvelenato dai funghi. Fu necessario il
trapianto del fegato. Mi venne un serio dubbio. Non conosco i particolari.
Non so come fu curato questo bimbo all’ospedale, ma sono sicuro che
non gli venne somministrata Vit. C. Ricordo che ogni intossicazione pro­
voca stress ossidativo. In altre parole, questa sostanza tossica può aver
provocato la formazione di un gran numero di radicali liberi. La vitamina C,
somministrata per via endovenosa, anche in piccole quantità (per esempio
3-10 g) neutralizza istantaneamente quasi ogni tossina! Senza effetti col­
laterali. Suppongo che il fegato di quel bambino si sarebbe potuto salvare,
se... Appunto, se... che cosa?

Se suoi genitori avessero avuto vitamina C in casa e avessero saputo che


occorreva somministrarla immediatamente in grande quantità (ammesso
che il bambino potesse ancora assumere qualcosa per bocca). È ovvio
che la vitamina C non avrebbe peggiorato la situazione gravissima in cui il
bambino si è trovato dopo aver consumato funghi tossici! Se solo i genitori
avessero saputo di poter fare qualcosa di utile prima del ricovero in ospe­
dale, già da subito avrebbe avuto inizio la protezione del suo fegato. Ogni
ora, a volte ogni minuto, contano.

E all’ospedale? Se immediatamente, senza aspettare, avessero sommini­


strato al bambino 500 mg di acido ascorbico e, dopo pochi minuti, avessero
deciso l’infusione di ascorbato di sodio per via endovenosa, secondo le mie
conoscenze molto probabilmente il fegato di quel bambino sarebbe stato
salvato. Quanti casi di varie intossicazioni si verificano ogni anno? Migliaia!
Potremmo salvare tanti esseri umani.
340

Quando potrà succedere questo? Se un medico ne fosse a conoscenza


e non avesse paura! So bene che ci sono le procedure, so che la vitamina
C non fa parte dei protocolli, ecc. ecc. Ma la vita umana è più importante.
Sempre. Senza eccezioni.

Durante la stesura di questo libro i media hanno riportato la notizia che


in Siria, Afghanistan e Pakistan, centinaia di bambini si sono ammalati di
polio. Ovviamente è stato attivato un ampio programma di vaccinazione
per prevenire la diffusione del virus. Ma i bambini già malati? Quanti di loro
rimarranno paralizzati a vita inutilmente? Quanti moriranno? Potremmo
chiederci: dov’è il dott. Klenner? Colgo l'occasione per porre la domanda:
che cosa è veramente la polio? Ci sono tante tesi che indicano proprio
i vaccini come colpevoli dell’epidemia di polio. Qual è la verità? Consiglio di
vedere un affascinante, e nello stesso tempo scioccante, video della dott.
ssa Suzanne Humphries:

http://tinyurl.com/nng8wl9

Nominato più volte, pioniere nell'uso della vitamina C, il dott. Fryderyk


Klenner era solito somministrare una grande quantità di vitamina C ad ogni
paziente del suo ospedale, a volte anche agonizzante, ancor prima di fare
la diagnosi e decidere la successiva terapia. Nei 50 anni della sua pratica,
nessuno è morto in seguito alla somministrazione di vitamina C. E tanti
pazienti sono stati salvati grazie ad essa.

Oggi un medico non esita a somministrare peggiori veleni come farmaci,


a patto che siano accettati dal sistema sanitario. In tal caso, se il paziente
muore, il medico è protetto. Questo succede frequentemente nei reparti
oncologici. Le sostanze chemio-terapeutiche sono i peggiori veleni e ven­
Conclusione 341
gono “versati a catinelle" nel corpo dei pazienti. Il loro risultato positivo
rimane alquanto controverso e gli effetti collaterali sono spaventosi. Molti
pazienti muoiono non percausa del tumore stesso, ma a causa della terapia.
E quindi? Niente. Tutto deve essere svolto secondo le procedure. In questo
modo muoiono migliaia di persone. Secondo le procedure. Cominciamo
a cogliere questa follia?

Ogni autunno veniamo informati delle perdite miliardarie del Sistema Sanitario
Nazionale, provocate dalle cure di semplici raffreddori o influenze e da
assenze sul posto di lavoro. Sappiamo come le difese immunitarie dell'or-
ganismo umano possono essere rinforzate con metodi estremamente
semplici. Applicando alcuni, poco costosi, nutrienti di base. Come affermano
gli studi citati e le esperienze ricordate in questo libro, potremmo ridurre
notevolmente i casi di influenza, aterosclerosi, osteoporosi, diabete, scle­
rosi multipla, psoriasi, asma, tumori e altre patologie qui descritte. Circola
ancora un’ombra di dubbio?

Ogni anno, soltanto negli USA, muoiono più di 100.000 persone a causa
degli effetti collaterali provocati dai farmaci. Ovvero: in 30 anni sono morti
per questi motivi circa 3.000.000 di persone)

Negli ultimi 30 anni non si è verificato neppure un decesso per sovradosag-


gio di vitamine, somministrate in dosi che superano anche alcune migliaia
di volte la cosiddetta dose raccomandata.

Il mio sogno è che un giorno ognuno possa liberamente scegliere la terapia


e che l’ambiente accademico si liberi delle limitazioni che rendono difficile
la cura dei malati. Che venga accettato il semplice fatto che - se non co­
nosciamo qualcosa - non vuol dire che non esista; se non lo capiamo, non
vuol dire che non funzioni. Che termini, tra le altre assurdità, la folle farsa
intorno aH’omeopatia, confusa ormai con quel “mostriciattolo” artificiale, la
cosiddetta “omeopatia clinica”.
342

Un esempio:

Sono andato in farmacia per comprare Traumheel in fiale (è un rimedio


omeopatico).

- C’è, ma ci vuole la ricetta - mi hanno risposto


- Perché ci vuole la ricetta?
- Perché è in fiale.
- Non fa niente, lo bevo.
- Non glielo posso dare lo stesso senza ricetta.
- Qual è la sua composizione? Che cosa contiene di così pericoloso?
- In realtà c’è solo acqua e lattosio, lo zucchero che si trova nel latte, anzi,
a dir la verità, non contiene nulla.
- Dunque, se non contiene che acqua zuccherata, perché ci vuole la
ricetta?
- Non lo so, così è scritto..., solo dietro ricetta.
- Va bene, dove la trovo?
- Dal medico.
- Uno qualunque?
- Sì.
- Qualunque medico? Ma la medicina accademica non riconosce l'omeopa­
tia. Come può un medico farmi la ricetta di qualcosa che non conosce?
- Questo non lo so.
- Va bene, conosco un omeopata, gli chiederò la ricetta.
- Non potrò accettarla.
- È un omeopata diplomato e la scuola che ha fatto è riconosciuta dal
Ministero dell'Istruzione.
- Non fa niente, non potrò accettare la sua ricetta.
- Allora mi faccia capire: è valida la ricetta di chi non ha la minima
idea suH’argomento e non quella di chi lo conosce ed è formalmente
qualificato?
- Viviamo in un mondo così.
Conclusione MI

Vorrei che “un mondo così" cambiasse al più presto. Spero n u d i* <
arrivino tempi in cui compreremo latte al supermercato dietro rinfitta fggi fi
contiene lattosio, e frutta in farmacia perché contiene vitamlrin (

Applicando la profilassi poco costosa descritta nel libro, ci sarebbe minor


sofferenza, e sarebbe molto inferiore il costo sociale delle terapie d io um
va su tutti noi. Di continuo sentiamo dire che mancano fondi per In annllA
pubblica. Sì, con l’attuale sistema di profilassi e terapie “la coperln mirf
sempre troppo corta. Sappiamo che possiamo operare dei cambiamenti
abbastanza facilmente. Ovvio che bisogna smuovere tutta una macchine
burocratica che possiede un potere invalidante. Ecco perché occorre corniti
ciare dalle basi, dal rapporto paziente - medico. Non ci resta che aspettare
che i medici si muovano. Non occorre grande coraggio, ma conoscenza,
corretta informazione. Spero di aver fornito in questo libro alcune informa
zioni necessarie sia ai pazienti che ai medici.

Aggiungo:

Tutti i lettori sono pregati di non prendere iniziative terapeutiche


da soli. Vi chiedo, per favore, di consultare il medico. Vale la pena
almeno di provare.

I suggerimenti contenuti in questo libro forniscono esclusivamente


informazioni che ovviamente possono essere utilizzate. Ma ogni or­
ganismo può reagire diversamente. Nonostante le similitudini, noi,
Homo Sapiens, siamo diversi l’uno dall’altro.

Per favore, ricordiamocelo.


Per il futuro

Argomenti per libri futuri:

Vorrei affrontare i metodi di cura dei tumori senza ricorrere a chemioterapia,


radioterapia o interventi chirurgici. Sono metodi molto efficaci, ma - per
motivi che già conosciamo - non vengono diffusi. Diversi tra loro, con ottimi
risultati, a volte eccezionali, vengono utilizzati da più di 50 anni. Scriverei di
molti casi, osservazioni o studi, nonché di tecniche e sostanze facilmente
reperibili, poco costose ed efficaci.

Affronterei molti argomenti controversi, come per esempio l’effetto nocivo di


mammografia o di altri esami come la TAC, oppure gli esami PET, insensati,
molto nocivi e poco vantaggiosi a scopo terapeutico.

In seguito al grande interesse - ma grande confusione - intorno alla vitamina


B17, descriverei in dettaglio la sua funzione, nonché quella di altre sostanze,
come la vitamina K3 e la vitamina B15, del tutto sconosciute. Non è vero che
le uniche terapie del tumore siano chemioterapia, radioterapia e chirurgia.
Esistono altri metodi, forse anche più efficaci, ma - sicuramente - privi dei
terribili effetti collaterali causati dalle terapie ufficiali.

Vorrei dedicarmi a quei metodi e sostanze naturali che prevengono l’insorgen­


za di tante malattie. Ma, soprattutto, alle cure di numerose malattie croniche
con metodi del tutto naturali. Patologie croniche come artrite reumatoide,
sclerosi multipla, diabete, reflusso, asma, patologie delle coronarie, psoriasi,
ecc, sono un fallimento della medicina contemporanea perché non si riesce
a guarirle, si riesce solo a curarle e a curarle senza fine.
346
Descriverei dettagliatamente I FATTI legati alla bugia intitolata “colestero­
lo", chiarendo, in base a studi clinici e pratica medica, quale è LA CAUSA
dell'aterosclerosi e degli infarti.

Smonterei la legenda metropolitana che l'aterosclerosi è irreversibile,


che bypass o trapianti delle valvole sclerotiche sono l’unica soluzione.
Scriverei di studi svolti che affermano il mancato legame tra consumo di
grassi o livello di colesterolo e insorgenza di aterosclerosi e conseguenti
infarti. Aggiungerei pure l’insensato uso di farmaci per abbassare il livello
del colesterolo e i loro effetti collaterali causa di serie patologie, anche non
legate al cuore.

Vorrei raccontare esperienze di clinici nella somministrazione di acqua


ossigenata per via endovenosa o di acido cloridrico; spiegare in che cosa
consiste la chelazione, quali sono suoi effetti, vantaggi e difetti. Quali sono
le caratteristiche di una sana nutrizione; quale dieta è buona e quale danno­
sa. In poche parole: di come dovremmo prenderci cura della nostra salute,
perché se non lo facciamo noi stessi, come si vede, non lo farà nessun
altro per noi. Solo noi, sani o malati, non anteponiamo possibili, maggiori
vantaggi economici alla nostra salute.

Si parla tanto di esercizio fisico. Ma tutti gli esercizi sono salutari? Chissà
se la popolare aerobica o il correre (esercizio “così facile”) portano più
vantaggi o danni? Perché, a volte, persone giovani e sportive muoiono
d’infarto? Come fare movimento senza farsi del male? Perché un malato
cardiologico trae più vantaggi da faticosi esercizi ginnici e non dal tranquillo
“trottare” su un tapis roulant?

Come possiamo rallentare il processo d'invecchiamento e mantenere in


forma il nostro organismo? Si può fare moltissimo, in modo semplice, facile
e piacevole.
Per il futuro MS

Ho usato il condizionale perché non so se scriverò questi libri, o n«* tu


dipende da Voi Lettori. Vi prego di esprimere la vostra opinione. Devo m i ivi
ancora? Forse è sufficiente ciò che ho già scritto? Forse devo fare qua Iti
modifica? Dovrei mantenere lo stesso stile narrativo, semplice e con< i»"
senza approfondimenti scientifici, ma - dove possibile - citando fonti con
crete, ecc? I miei libri non sono per me: sono - o aspirano ad essero pni
persone che cercano soluzioni o risposte che la medicina contempomno
o i media non forniscono. Quindi, per favore, scrivetemi almeno una frinì
di commento sul mio blog:

http://jerzyzieba.blogspot.com

Il sito del libro è:

www.ukryteterapie.pl

Sul sito potete iscrivervi alla newsletter lasciando il vostro indirizzo e-mail.
A tutti gli iscritti invierò informazioni su argomenti interessanti riguardanti
la salute, medicina, incontri, ecc.

Invito tutti lettori, la newsletter è gratuita e potete cancellarvi in qualsiasi


momento.

Grazie a tutti,

L’autore
Jerzy Zif ba dii pln di 20 anni si occupa (
di naturopatla, partii (ilarmente quella
riferita al naturai*1 metodo di cura
e prevenzione di malattie ironiche
e tumori.
Il libro "Terapie u m ilia te " t> stato
scritto dopo tanti anni ili analisi di i
studi e pubbllca/loni, sionosdute
anche ne<|ll stessi ambienti medici.
L'autore pubblica articoli nel media,
fa conferenze su semplici d efficaci
metodi di terapia v pieivnjtlone,
senza rlcorieie a rimedi sintetizzati
artificialmente

(...) grazie all'eccezionale talento di un autore oc ere citi » ir dizione


ben documentata, ricca di straordinariamente in i| » . unente
nascosti, risultati di ricerche. La trama non v Intuii, i notizie
casuali o pensieri di augurio. In un certo senso r fiu ti ., n MI filiti!
e raccolta in diversi angoli del mondo, offerta al I r t i » i M f i irci
sia intrigante dalla prima a ll’ultima pagina
Rafal Baran (dottore in medicina)

La prima parte si legge come un tenibile libm iiiult, ■• siile riti


fatto che in un giallo vengono uccise u n a n im i i - Ul uiirte
si rivolge soprattutto ai medici. Che. n ,n pan fai, .< , ,, *rsn ha
la possibilità di accedere a rimedi e melo, ti, iw , , I r i,‘ j, , 1
La soddisfazione è immensa quando siamo di a m i ,, 11 he
hanno rinunciato a terapie ultem in
Antoni Krasicki (dottore in me, tu m.

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