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Alla mia famiglia,

a Matteo
agli amici,
ai miei insegnanti
con gratitudine

"Il più grande spreco nel mondo è la differenza tra ciò che
siamo e ciò che potremmo diventare".

Ben Herbster
Indice
Indice delle figure .................................................................................................................. 4

INTRODUZIONE ................................................................................................................. 5

CAPITOLO 1 ........................................................................................................................ 7

1. IL CONCETTO DI SALUTE ........................................................................................... 8

1.1 Cenni storici: la salute e lo sviluppo della pratica medica .............................................. 8

1.2 L‟evoluzione del concetto di salute ................................................................................. 9

1.3 Modelli sulla Salute ....................................................................................................... 15

I. Modello delle credenze sulla salute (Rosenstock, Becker, Maiman, 1975) ..... 15

II. Self Efficacy Model (Bandura 1977) ................................................................ 16

III. Teoria del comportamento pianificato (Ajzen, 1991),...................................... 18

IV. Locus of Control (Rotter) 1966 ........................................................................ 18

V. Modello Transteoretico (Prochaska e Di Clemente 1982) ............................... 19

VI. Teoria della Motivazione a proteggersi (Rogers 1983) .................................... 20

CAPITOLO 2 ...................................................................................................................... 21

2. L‟APPRENDIMENTO.................................................................................................... 22

2.1 La Motivazione e l‟apprendimento: La piramide dei bisogni di Maslow ..................... 23

2.2 La Teoria dell‟Apprendimento Trasformativo di Jack Mezirow .................................. 25

2.3 Paulo Freire – l‟educazione come pratica della libertà.................................................. 27

2.4 Apprendimento e sviluppo personale: il Coaching ....................................................... 29

2.5 Timothy Gallwey e John Withmore .............................................................................. 29

2.5 John Whitmore .............................................................................................................. 31

I. Il potenziale ...................................................................................................... 32

II. G.R.O.W ........................................................................................................... 33

III. The spirit of coaching – Conference on 10th September 2011- Global Co-
operation House London ............................................................................................ 34

CAPITOLO 3 ...................................................................................................................... 38

3. IMPARARE ATTRAVERSO IL CORPO ...................................................................... 39

2
3.1 Alexander Lowen – La Bioenergetica ........................................................................... 39

3.2 Il libro: La spiritualità del corpo .................................................................................... 41

I. La respirazione.................................................................................................. 42

II. Il lavoro con le emozioni .................................................................................. 43

III. Sessualità e spiritualità ..................................................................................... 44

IV. Il “grounding”: il legame con la realtà ............................................................. 45

V. Chiusura del libro ............................................................................................. 45

3.3 Ultime considerazioni. ................................................................................................... 46

3.4 Avi Grinberg - Il Metodo Grinberg® ............................................................................ 47

3.5 Il Libro: La paura, il dolore e altri amici ....................................................................... 48

I. Incontri con la Paura e il dolore ........................................................................ 48

II. I limiti dell‟esperienza. ..................................................................................... 49

III. Reazioni comuni al dolore e alla paura............................................................. 49

IV. La paura e il dolore come insegnanti. La posizione dello studente. ................. 51

V. La pratica .......................................................................................................... 52

VI. Condizioni ideali per allenarsi .......................................................................... 52

VII. Lasciare lavorare il corpo ................................................................................. 53

VIII. Prendersi la responsabilità della propria vita .................................................... 54

3.6 Il ruolo del corpo nel Metodo Grinberg......................................................................... 56

I. Come si usa il corpo ......................................................................................... 56

3.7 La mia storia con il Metodo Grinberg e l‟apprendimento attraverso il corpo ............... 58

3.8 Cosa vuol dire essere in salute e prendersi cura di sé ................................................... 58

3.9 Proposte di intervento .................................................................................................... 61

Conclusioni. ......................................................................................................................... 63

Bibliografia .......................................................................................................................... 64

Sitografia ............................................................................................................................. 66

3
Indice delle figure
Figura 1 La carta di Ottawa. ................................................................................................ 11
Figura 2 Dichiarazione sulla salute Shanghai...................................................................... 13
Figura 3 Modello delle credenze sulla salute. ..................................................................... 15
Figura 4 Self Efficacy Bandura. .......................................................................................... 17
Figura 5 Modello Transteoretico. ........................................................................................ 19
Figura 6 La piramide dei bisogni di Maslow....................................................................... 24
Figura 7 Scopo nella vita. .................................................................................................... 35

4
INTRODUZIONE

Fin da piccola uno dei miei talenti era prendermi cura delle persone, avevo un medico di
base agopunturista e osservando il suo lavoro riuscii a scoprire alcuni punti “magici” che
facevano passare il mal di testa alla mia mamma. Mi attirava il prendermi cura ma la mia
naturale repulsione per il sangue mi portò a non propendere per la medicina. Scelsi così
psicologia, per curare l‟anima e scoprii, sempre attraverso la mia famiglia che nel lontano
1983 praticava la macrobiotica, che il cibo è salute, e la salute è benessere a vari livelli.
Ero certa che ci fosse un legame indissolubile fra diversi livelli dell‟essere. Il corpo, il
movimento, la nutrizione, lo sviluppo della propriocezione, la consapevolezza e la cura che
ogni individuo ha di sé.
Iniziai psicologia spinta da un desiderio di imparare a decifrare i segnali del corpo e di
operare trasformazioni che rendessero la vita della gente migliore.
Mi venne l‟asma e dopo diverse crisi mi ritrovai spaventata e con una sentenza di cortisone
a vita. Benedissi mille e mille volte il cortisone e al contempo mi misi all‟opera per capire
cosa nella mia vita mi togliesse il fiato. Il non riuscire ad affrontare un piano di scale mi
fece provare la sensazione di essere anziana a ventiquattro anni e la mia determinazione
crebbe.
Trovai così il Metodo Grinberg, un approccio olistico all‟essere, una metodologia di
apprendimento che insegna alla persona a riconoscere e superare i propri limiti per
trasformarsi, evolvere, crescere e imparare a stare bene.
Stare bene per me assunse il significato totale di approccio all‟essere.
Pensiero, azione, emozione e bisogni devono essere allineati, ci si deve dare la libertà di
essere al meglio di sé, dando spazio ai propri talenti e alle proprie peculiarità per riuscire a
esprimersi e interagire nel mondo con le persone e l‟ambiente, trovando il modo di fare
della propria vita l‟espressione della propria natura.
Il percorso è indubbiamente lungo, oserei dire infinito, ossia fino alla fine della vita,
richiede impegno, attenzione, pratica e dedizione, ma i frutti sono veramente piacevoli e
ricchi.
Date queste premesse ho deciso, a questo punto della mia vita, di portare a termine la mia
strada accademica e questa tesi verte su ciò che m‟interessa da vent‟anni e che
m‟interesserà fino alla fine dei miei giorni cioè il rapporto fra il benessere fisico, mentale e
sociale e l‟apprendimento.
Questo lavoro si snoda su tre capitoli.

5
Nel primo capitolo illustro l‟approccio alla salute partendo dall‟evoluzione del concetto
medesimo per approdare alle teorie che hanno spiegato quali siano le forze che fanno si
che una persona si prenda cura di sé al livello fisico. Nel secondo capitolo indago
l‟apprendimento e il coaching cioè l‟abilità che hanno gli esseri umani di imparare a
migliorarsi. Nel terzo capitolo presento la Bioenergetica e il Metodo Grinberg che unisce
l‟apprendimento e il lavoro sul corpo per aumentare il benessere e la qualità della vita delle
persone.

6
CAPITOLO 1

In questo primo capitolo è esplorato il concetto di salute e la sua evoluzione da Ippocrate


alla carta di Ottawa. Secoli di storia del mondo e di approcci all‟essere e all‟individuo.
Solo dopo il dramma della Seconda Guerra Mondiale s‟inizia a parlare di diritto alla salute
e d‟impegno da parte degli stati a garantire la salute dei cittadini a vari livelli.
Solo nel 1984 con Ottawa si parla esplicitamente della responsabilità individuale come di
un fattore fondamentale nella costruzione del benessere. I cittadini devono voler
collaborare al proprio benessere e, come in ogni sistema, il benessere di una unità influenza
la collettività.
Si può ben vedere come l‟evoluzione sia stata costante e ci si può rapidamente rendere
conto di come ancora oggi il termine salute può essere usato in modo da delineare il
funzionamento o meno di un organo oppure può essere corredato di un più ampio
significato. Di solito nel linguaggio corrente si usa salute in modo meccanicistico, organi e
funzionamento del corpo, e stare bene per sottolineare altri aspetti. Troviamo dunque
ancora la dicotomia fra corpo e mente, fra aspetto fisico e psicologico.
Ho deciso dunque di illustrare teorie e modelli che hanno indagato la connessione fra i due
aspetti. Che cosa fa si che una persona si prenda cura di sé? Che cosa muove un individuo
alla prevenzione, cosa può essere insegnato o coltivato in una persona per sostenerla nello
sviluppo di una sensazione di fiducia e come può questa influenzare la sua vita?
Ritengo fondamentale informare le persone circa la necessità di non disgiungere l‟aspetto
fisico da quello emozionale, spirituale, cognitivo, relazionale. Oggi le ricerche ci
conducono a costatare come la salute del nostro intestino influenza grandemente la salute
del nostro umore, quella delle nostre emozioni e relazioni e di conseguenza la nostra
qualità di vita.
Quando nel campo educativo, psicologico, medico, sociologico smetteremo di dimenticare
la compenetrazione e l‟ecologia dei nostri sistemi potremmo veramente costruire salute e
guarigione.

7
1. IL CONCETTO DI SALUTE

1.1 Cenni storici: la salute e lo sviluppo della pratica medica


Nell‟antichità la salute era considerata un dono divino e la malattia era un fenomeno che
aveva una dimensione magica e religiosa.
Ippocrate che visse fa il 460 e il 377 a.C. cambiò del tutto la prospettiva introducendo il
concetto che Galeno tradusse con vis medicatrix naturae o forza curatrice naturale.1
Lo stato di malattia era visto come uno sforzo del corpo di ripristinare un equilibrio
disturbato. La differenza fra gli organismi viventi dalla materia non vivente era considerata
proprio questa capacità dei primi di riequilibrarsi.2
Da qui si ha l'approccio medico che vede nella natura “il miglior medico” o la “guaritrice
della malattia”. Ippocrate pensava perciò che lo scopo principale di un medico fosse di
aiutare la tendenza naturale del corpo, osservandone i movimenti, rimuovendone gli
ostacoli alle sue reazioni e permettendo così all'organismo di recuperare la salute.3 Questo
viene evidenziato nelle pratiche ippocratiche quali il salasso in cui un eccesso di un umore
percepito viene rimosso, riuscendo così ad aiutare a riequilibrare gli umori del corpo.4
Nella Roma antica, verso il 219 a.C. comparve il primo “medico” greco proveniente dal
Peloponneso tale Archagatos che fu accolto con tal entusiasmo da ricevere un ambulatorio
a spese dello stato. Pare che la tendenza di Archagatos di bruciare e tagliare le carni gli
fruttò l‟appellativo di “carnifex” (carnefice, macellaio).5
Molti, fra cui Plinio e Marco Porcio Catone sospettavano dei “medici greci” affermando
che il loro lavoro di “macellai” fosse un modo per vendicarsi della conquista romana dei
loro territori facendosi per altro pagare profumatamente.6
Il loro operato venne però considerato utile e sia Cesare che Augusto concedettero lo il
diritto di cittadinanza impedendo che fossero rispediti nella patria natia.7
Da questi cenni storici si vede come per salute si intendesse il corretto funzionamento di un
organo o del corpo e il ripristinare il funzionamento o “riparare” i danni diede origine alla
chirurgia.

1
ARMOCIDA G., Storia della medicina, Jaca Book, 1993, pag. 391.
2
GRUBE C.M.A., Greek medicine and the Greek genius, Phonix JSTOR, 1954, vol.8, pp. 123-135.
3
NEUBURGER M, in Isis, 1944, vol.35, pp. 16–28.
4
M. NEUBERGER M , The doctrine of the healing power of nature throughout the course of time,
Homeopathy College, New York, 1932, OCLC 10366814.
5
PLINIO NH, XXIX, 12 sgg.
6
PLINIO NH, XXIX, 14.
7
AUGUSTO, Suet.,Iul.,42, 3.

8
Con il crollo dell‟Impero Romano tutte le pratiche mediche, tecniche e scientifiche
subirono un decadimento, i religiosi conservarono e tramandarono il sapere fino al 1100
quando contribuirono al risveglio della medicina insieme alla scuola salernitana e araba.
Nacquero le prime università mediche e nel 1300 aprì la prima scuola di anatomia della
scuola bolognese.
La medicina medievale era un insieme di antiche idee che risentivano di una forte
influenza spirituale; questa commistione venne chiamata “complesso sciamanico” da
Claude Lévi-Strauss.8
Nel Rinascimento divennero più forti i rapporti tra medicina e scienze naturali e il nuovo
metodo scientifico. Inizia l‟età moderna caratterizzata dall‟approccio scientifico, si passa
alla medicina basata su prove di efficacia, l‟impulso della fisiologia, biologia, chimica e
delle scienze unito all‟aumento dell‟igiene, alla maggiore quantità di cibo portano ad un
innalzamento della qualità e dell‟aspettativa di vita.
Alla fine del 700 con la nascita della medicina scientifica e la trasformazione della società,
che diventa industriale, si afferma il modello biomedico. Morgagni, medico anatomista e
patologo italiano, dimostrò che alla base degli stati morbosi esisteva un‟alterazione degli
organi interni.
La salute quindi sussiste quando non c‟è malfunzionamento.
Nel 1900 si sviluppano le prime specializzazioni mediche. Secondo alcuni autori, ciò
avrebbe portato ad un graduale abbandono dell'approccio olistico alla persona ammalata a
favore di uno studio esclusivamente biologico e mirato ad uno specifico organo o sistema.

1.2 L’evoluzione del concetto di salute


Fino al primo dopo guerra la salute viene interpretata secondo il modello biomedico.
In questa visione i processi biologici sono unici responsabili della malattia che viene
interpretata come un guasto del corpo, che è una macchina, e che deve essere riparato.
Il modello biomedico è lineare, non tiene in considerazione il contesto sociale o l‟aspetto
psicologico, è di stampo organicista e comportamentista nel senso che collega ad un agente
patogeno la malattia che ne è la naturale risposta.
Questo modello crea, nel paziente, certezza e aspettativa. Il medico è visto come un
“meccanico” molto autorevole, custode di un grande sapere, che aggiusta la macchina
corpo che si è rotta.

8
LEVI-STRAUSS, Anthropologie structurale, Librairie Plon, Paris, 1958.

9
Possiamo notare come questa concezione della salute lasci il paziente senza grossa
responsabilità.
Il 7 aprile del 1948 entra in vigore a Ginevra OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità)
agenzia speciale dell‟ONU per la salute. L'obiettivo dell'OMS, così come precisato nella
relativa costituzione, è il raggiungimento da parte di tutte le popolazioni del livello più alto
possibile di salute. La salute viene definita come uno stato di completo benessere fisico,
mentale e sociale e non solamente come l‟assenza di malattia o infermità.9
In questo stesso periodo George Libman Engel, psichiatra statunitense, sviluppa la sua
carriera che lo porterà teorizzare con il collega Rochester il modello biopsicosociale che
verrà discusso in modo putativo in un articolo pubblicato nel 1977 dalla rivista Science.
Il modello biopsicosociale è una strategia di approccio alla persona, che attribuisce il
risultato della malattia, così come della salute, all'interazione intricata e variabile di fattori
biologici (genetici, biochimici, ecc.), fattori psicologici (umore, personalità
comportamento ecc.) e fattori sociali (culturali, familiari, socioeconomici, ecc.)10 Si
contrappone al modello biomedico, che attribuisce la malattia principalmente a fattori
biologici, come virus, geni o anomalie somatiche, che il medico deve identificare e
correggere.11
Questo modello propone un approccio alla salute coerente con la teoria generale dei
sistemi dell‟epistemologo Bertalanffy (1971).12
Tale teoria considera il mondo non come un complesso caotico di elementi, contraddistinto
dalla legge della causalità lineare, ma un organismo dotato di principi e leggi coinvolgenti
la totalità delle sue componenti costitutive. Bertalanffy conduce le proprie riflessioni in
alternativa all‟impostazione razionalistica classica, secondo la quale le singole parti sono
studiate e successivamente sommate le une alle altre, sul presupposto che il
comportamento relazionale sia di natura lineare (Aristotele, Galileo, Cartesio). La TGS si
schiera contro ogni tentativo di riduzionismo meccanicistico, contro il concetto di causa
effetto, contro la scomposizione della realtà in particelle tra loro isolate. Mette l‟accento
sull‟aspetto globale della conoscenza, sulla complessità strutturale del tutto, degli
organismi e sulle interazioni esistenti tra i vari fenomeni. Il concetto di sistema diviene

9
WHO, 1948 , p.1.
10
SANTROCK, J. W., A Topical Approach to Human Life-span Development, 3rd edn. St. Louis, MO:
McGraw-Hill, 2007.
11
ENGEL GEORGE L, The need for a new medical model: a challenge for biomedicine, in Science, vol.196,
1977, pp.129 - 136.
12
VON BERTALANFFY L., General System Theory. Foundations, Development, Applications. George
Braziller, New York, 1968.

10
così una nozione chiave per la formulazione di una nuova concezione scientifica del
mondo.
Il sistema può essere definito come un complesso di parti le quali, dotate di determinate
connotazioni, istituiscono tra loro relazioni, tali che il comportamento di ciascuna di esse
risulti contraddistinto dal legame in cui è coinvolto e viceversa. Tutte insieme conferiscono
al sistema proprietà, che non sono la mera derivazione della somma delle note distintive
delle parti, ma risultano del tutto originali. Ne deriva che nella totalità dell‟organismo
strutturato, il singolo elemento, per essere veramente conosciuto, va esaminato in
riferimento alla condotta di tutti gli altri e quindi a quella dell‟intero sistema, per cui la
variazione introdotta in una componente si ripercuote tanto sul funzionamento di tutto il
sistema quanto sul comportamento delle altre componenti. Il sistema è composto da
sottosistemi strutturati e in relazione tra loro secondo un vero e proprio ordine di priorità
(gerarchizzazione). Vi sono poi sistemi chiusi e sistemi aperti: i primi vivono ripiegati su
se stessi, i secondi istituiscono scambi con l‟ambiente circostante.13
Nel 1986 durante la prima conferenza internazionale sulla promozione della salute, viene
presentata la Carta di Ottawa sottoscritta dagli stati appartenenti all‟OMS.

Figura 1 La carta di Ottawa.

La Carta tratteggia e sancisce il concetto di promozione della salute che è il processo che
consente alle persone di esercitare un maggiore controllo sulla propria salute e di

13
VON BERTALANFFY L., General System Theory. Foundations, Development, Applications., George
Braziller, New York, 1968.

11
migliorarla. La partecipazione è fondamentale per supportare le azioni di promozione della
salute.
La promozione della salute rappresenta un processo sociale e politico globale, che non
comprende solo azioni volte a rafforzare le abilità e le capacità dei singoli individui, ma
anche azioni volte a modificare le condizioni sociali, ambientali ed economiche, in modo
da attenuare il loro impatto sulla salute del singolo e della collettività.

La Carta di Ottawa individua tre strategie fondamentali per la promozione della salute:

 advocacy, al fine di creare le condizioni essenziali per la salute precedentemente


indicate;
 enabling, per abilitare le persone a raggiungere il loro massimo potenziale di
salute;
 mediating, per mediare tra i diversi interessi esistenti nella società nel perseguire
obiettivi di salute.

Queste strategie sono supportate da cinque aree d‟azione prioritarie, come delineato nella
Carta di Ottawa per la promozione della salute:

 Costruire una politica pubblica per la salute


 Creare ambienti favorevoli alla salute
 Rafforzare l‟azione della comunità
 Sviluppare le abilità personali
 Riorientare i servizi sanitari14

Nel 2016 a Shanghai si è svolta la nona conferenza globale per la promozione della salute.
Il testo inizia così:

“We reaffirm health as a universal right, an essential resource for everyday living, a shared
social goal and a political priority for all countries. The UN Sustainable Development
Goals (SDGs) establish a duty to invest in health, ensure universal health coverage and

14
Glossario OMS della Promozione della Salute.

12
reduce health inequities for people of all ages. We are determined to leave no one
behind.”15
Le immagini ad essa correlate e rintracciabili sul sito dell‟Organizzazioni Mondiale della
sanità sono diverse e ne ho scelte tre:

Figura 2 Dichiarazione sulla salute Shanghai.

Siamo dunque partiti in questo breve viaggio attraverso il concetto di salute passando da un
modello passivo in cui le persone non sono competenti e devono essere tutelate dal medico
o dal sistema sanitario dopo, al modello dell‟empowerment, dove le persone sono
competenti e il sistema promuove e valorizza le competenze affinché le persone possano
effettuare scelte consapevoli e autonome.

15
Shanghai declaration.pdf.

13
Di seguito esamineremo le principali teorie che hanno studiato l‟approccio alla salute da
parte del singolo. Che cosa muove una persona a proteggere il proprio benessere? Che cosa
promuove la scelta del benessere? Quando e perché una persona sceglie di stare bene?
Ecco di seguito le principali teorie.

14
1.3 Modelli sulla Salute

I. Modello delle credenze sulla salute (Rosenstock, Becker, Maiman, 1975)

Figura 3 Modello delle credenze sulla salute.

Proposto da Rosenstock (1966) e modificato da Becker (1974). Più che un modello vero e
proprio è un‟associazione di variabili che influenzano il comportamento, il modo preciso in
cui queste variabili lavorano non è mai stato specificato.
Tale modello si articola sulla percezione di una malattia percepita come “minacciosa” per
il soggetto e sui conseguenti comportamenti preventivi. La probabilità di adozione di un
comportamento rilevante per la salute è influenzata da due processi di valutazione:
 valutazione della suscettibilità percepita (rischio personale di contrarre una malattia
“le mie probabilità di contrarre un tumore al seno sono elevate…...”)
 valutazione della gravità percepita, ovvero della pericolosità attribuita a una
patologia in termini di dolore, rischio di morte, conseguenze sociali (“l‟idea di un
tumore al seno mi terrorizza..”.)
 valutazione dei benefici (“se pratico ogni mese l‟autopalpazione, potrei prevenire
problemi futuri”) e degli ostacoli (“l‟autopalpazione mi fa perdere tempo e mi
provoca ansia”) associati al comportamento preventivo.1617

16
ROSENSTOCK I.M.: What research in motivation suggests for public health. Am J PublicHealth 50:295-
302, (Mar) 1960.
17
ROSENSTOCK I.M.: Why people use health services. Milbank Mem Fund Q 44:94-127,(Jul) 1966.

15
Gli aspetti meno studiati da questo modello sono la motivazione all‟azione e le spinte
all‟azione (ad esempio: avvertimento del medico, avvisi postali) forse per la difficoltà a
darne un costrutto unitario. Questo modello presuppone che i processi cognitivi in atto per
la presa di decisioni si svolgano contemporaneamente e in parallelo.18
Il modello ha sicuramente nei suoi punti forti il fatto di attribuire un ruolo importante alle
convinzioni personali nell‟interazione con le variabili sociali e laddove l‟evitamento della
malattia e la paura del contagio giocano un ruolo di primo piano, l‟HBM (Health Believe
Model) sembra la teoria più appropriata19
Per contro le sue capacità predittive non sono risultate incoraggianti. In una metanalisi20
è stata evidenziata una bassa correlazione fra i comportamenti e le componenti del modello
che prese singolarmente non spiegano più del 4% della varianza del comportamento
adottato.

II. Self Efficacy Model (Bandura 1977)


Nel 1977 Bandura introduce il concetto di autoefficacia percepita nel contesto delle teorie
di modificazione del comportamento. Secondo la teoria socio cognitiva di Bandura, il
cambiamento comportamentale è facilitato dalla sensazione di controllo su di sé.
Se le persone credono di poter fare qualcosa per risolvere un problema sono maggiormente
inclini ad agire e sono più motivate nel perseguire la decisione presa.21
La motivazione e l‟azione dipendono da tre tipi di aspettative:
 situazione-risultato (pensieri su cosa succederà, ad esempio nel caso di
suscettibilità ad una malattia): operano come determinanti distali e agiscono sul
comportamento principalmente attraverso le aspettative di azione-risultato.
Rappresentano la credenza che il mondo cambi senza il nostro personale
coinvolgimento. I rischi vengono percepiti ma la persona può sentirsi più o meno
vulnerabile ad essi (es ottimismo difensivo)
 azione-risultato (convinzioni circa il fatto che un comportamento produrrà o meno
un determinato risultato). Agiscono sul comportamento attraverso l‟intenzione e il
senso di autoefficacia.
 autoefficacia percepita (convinzione che il comportamento sia più o meno sotto il
nostro controllo). Ha un diretto impatto sul comportamento (fiducia e pensieri

18
Health Education Monographs, Vol. 2. No. 4.
19
BIDDLE and NIGG, 2000; MURRAY-JOHNSON et al., 2001.
20
HARRISON et al (1992).
21
BANDURA A., Il senso di autoefficacia. Aspettative su di sé e azione. Erikson, Trento, 2002.

16
ottimistici su di sé hanno un diretto effetto sulla performance) e un effetto indiretto
attraverso la sua influenza sull‟intenzione (gli individui tendono a mettere in atto i
comportamenti che percepiscono sotto il loro controllo)
Per mettere in atto un comportamento di salute devo quindi:
 considerare il mio livello di rischio (“potrei sviluppare…”)
 credere che il cambiamento comportamentale riduca il rischio (“se smetto di … il
mio rischio di sviluppare…. si ridurrà”)
 credere di essere in grado di modificare il comportamento22

Molte ricerche si sono basate su tale modello (controllo comportamenti sessuali a rischio,
esercizio fisico, controllo del peso e abitudini alimentari, dipendenze), a volte con risultati
molto soddisfacenti dimostrando che autoefficacia, aspettative di risultato e intenzione
sono i principali predittori dei comportamenti di salute23.
Importantissimo il concetto di Self efficacy che ha notevolmente influenzato la psicologia
e tutti gli studi sull‟umano.

Figura 4 Self Efficacy Bandura.

22
BANDURA A., Autoefficacia. Teoria e Applicazioni, Erikson, Trento, 2000.
23
SCHWARZER, 1992.

17
III. Teoria del comportamento pianificato (Ajzen, 1991),
La teoria del comportamento pianificato è un modello che spiega il comportamento umano
come conseguente ad un'intenzione che è a sua volta esito dell'interazione tra diverse
credenze, ovvero l'atteggiamento, le norme soggettive dell'individuo agente e la percezione
di controllo. Essa è un ampliamento della precedente Teoria dell'azione ragionata.24
Nella Teora dell‟azione Ragionata l‟intenzione è la sintesi di sue processi cognitivi
paralleli: attitudine individuale verso un comportamento e norme sociali rilevanti. Ruolo
centrale vien attribuito alle norme soggettive (credenze individuali rispetto al mondo
sociale). A queste dimensioni viene aggiunta la dimensione del controllo percepito sul
comportamento che può esser sintetizzato come un piano di azioni per perseguire un
obiettivo comportamentale.
Praticamente un individuo adotterà un comportamento se pensa che tale comportamento
produrrà un risultato che per lui ha un valore, se crede che le persone rilevanti per lui
vorrebbero che egli lo adottasse e se crede di avere le necessarie risorse ed opportunità per
adottarlo.

IV. Locus of Control (Rotter) 1966


Il concetto nasce dalla Teoria dell‟apprendimento sociale di Rotter.25
Nelle scienze psicologiche, il termine di derivazione anglofona Locus of control26 (luogo
di controllo), indica la modalità con cui un individuo ritiene che gli eventi della sua vita
siano prodotti da suoi comportamenti o azioni, oppure da cause esterne indipendenti dalla
sua volontà.
Vi sono due tipo di Locus of control: interno, esterno.
Una persona con Locus of control interno riterrà di essere responsabile per la propria salute
e attuerà comportamenti responsabili e preventivi, una persona con locus of control esterno
invece penserà che la salute dipenda dal destino o dal medico e quindi tenderà a non
prendersi cura attivamente della propria salute.

24
FISHBEIN, M. & AJZEN I., Belief, attitude, intention and behaviour: an introduction to theory and
research, Addison-Wesley, Boston, 1975.
25
ROTTER J.B., Social learning and clinical psychology. Prentice-Hall, New York, 1954.
26
ROTTER J.B., Generalized expectancies for internal versus external control of
reinforcement. Psychological Monographs, General and Applied, 80, 1, (N. 609), 1966.

18
V. Modello Transteoretico (Prochaska e Di Clemente 1982)
È uno dei modelli maggiormente utilizzati nell‟ambito della promozione della salute. Si
chiama transteoretico perché raggruppa aspetti peculiari di diverse teorie27. L‟enfasi è sulla
natura dinamica del comportamento, fondamentale l‟introduzione del ruolo del tempo e la
valutazione costi benefici.
Il modello è formato da tre dimensioni:
a. Gli stadi del cambiamento
b. I processi del cambiamento
c. Fattori psicologici che determinano il passaggio da uno stadio a quello successivo. Tra
questi aspetti gli autori parlano della bilancia decisionale che è una tecnica che favorisce
l‟emergere della consapevolezza e attiva i processi di cambiamento28.
a. Gli stadi del cambiamento sono:
 La precontemplazione - non si pensa di cambiare
 Contemplazione - si pensa di cambiare
 Determinazione - ci si prepara a cambiare
 Azione - si cambia
 Mantenimento - si mantiene il cambiamento
b. I processi del cambiamento sono cinque di tipo cognitivo esperienziale e cinque di
ordine comportamentale.29
c. I fattori psicologici considerati sono:
 Locus of control
 Self-efficacy
 Bilancia decisionale30

Figura 5 Modello Transteoretico.

27
MATTEUCCI I. ANGELI F., Comunicare la salute e promuovere il benessere. Teorie e modelli per
l‟intervento nella scuola, Hoepli, 2014.
28
DI CLEMENTE C., Self-Efficacy and Smoking Cessation Maintenance: A Preliminary Report. Cognitive
Therapy and Research, 5(2), Springer, Berlino, 1981, pagine 175-187.
29
DI CLEMENTE C., Gli Stadi del Cambiamento, Italian Psychiatric Journal, 1997.
30
PROCHASKA J.O, DI CLEMENTE C., Trans-theoretical therapy: Toward a more integrative model of
change, in Psychotherapy Theory Research & Practice 19(3):276-288, January 1982.

19
VI. Teoria della Motivazione a protegger si (Rogers 1983)
La teoria della motivazione a proteggersi. propone che le persone si proteggano in base a
quattro fattori: la gravità percepita di un evento minaccioso, la probabilità percepita
dell'occorrenza o vulnerabilità, l'efficacia del comportamento preventivo raccomandato e
l'autoefficacia percepita.31 La motivazione alla protezione deriva sia dalla valutazione della
minaccia che dalla valutazione delle abilità di coping.
 La valutazione delle minacce valuta la gravità della situazione ed esamina la gravità
della situazione.
 La valutazione del coping è come si risponde alla situazione e consiste sia in
efficacia che in auto-efficacia.
 L'efficacia è l'aspettativa individuale che l'esecuzione di raccomandazioni può
rimuovere la minaccia.
 L'auto-efficacia è la credenza nella capacità di eseguire con successo le linee
d'azione raccomandate. 32
La Teoria della motivazione a proteggersi è un modello che spiega perché le persone
intraprendano pratiche non salutari e offre suggerimenti per modificare tali comportamenti.
È educativo e motivazionale. A partire da Bandura il concetto si self efficacy cioè di
autoefficacia ha influenzato il lavoro di moltissimi studiosi. Sentirsi in grado determina
molte scelte e sicuramente influenza il modo in cui le persone percepiscono il proprio ruolo
nella propria esistenza.

Come abbiamo visto prendersi cura di sé significa porre l‟attenzione al proprio benessere a
vari livelli. Nel prossimo capitolo presenterò il lavoro di studiosi e ricercatori che hanno
visto nell‟insegnamento la chiave di accesso al benessere.

31
ROGERS, R. W., A protection motivation theory of fear appeals and attitude change. Journal of
Psychology. 91 (1): pp. 93–114, 1975.
32
ROGERS, R.W. Cognitive and physiological processes in fear appeals and attitude change: A Revised
theory of protection motivation. In J. T. Cacioppo, & R. E. Petty (Eds.), Social Psychophysiology: A
Sourcebook (pp. 153-176). Guilford Press, New York, 1983.

20
CAPITOLO 2

In questo capitolo affronteremo un approccio allo stare bene che parte dal concetto di
apprendimento. Senza l‟apprendimento non possiamo evolvere. Imparare a riconoscere,
imparare a prestare attenzione, imparare a trasformare.
Partiremo da Maslow il quale studia i bisogni come base, carburante della motivazione.
La motivazione è una forza fondamentale per qualsiasi cosa, dallo svegliarci la mattina
all‟andare a dormire la sera ad una certa ora o ad un‟altra. Nelle piccole grandi cose della
vita la motivazione motiva le nostre azioni ed è una delle dimensioni importanti dell‟essere
umano.
Una volta che abbiamo iniziato a prenderci cura di noi al livello biologico e abbiamo
sistemato il livello di base, possiamo iniziare a volare. Chi può aiutarci a volare?
Qui entra prepotentemente la figura dell‟educatore, della persona che ci accompagna a
scoprire nuovi talenti a superare dei limiti e a riconoscerci nel nostro potenziale e quindi
nella nostra unicità e ruolo nel mondo.
Scopriremo la figura del coach.
Nata in un contesto sportivo, si sviluppa poi allargandosi al contesto psicologico. Un coach
è un allenatore cioè una persona che guida il processo di allenamento di alcune qualità,
movimenti, che costruisce una strategia, che coordina le attività in modo da arrivare ad un
traguardo.
Il Coach è un accompagnatore, è l‟insegnante stratega che cerca con l‟allievo/partner, la
strada migliore per arrivare al traguardo.
Il coach non sa quello che arriverà, al contrario egli socraticamente parlando sa di non
sapere, nel senso che l‟unica cosa certa che lo guida è l‟obiettivo con le tappe intermedie.
La trasformazione e i suoi frutti saranno scoperti nel cammino.
Essere un coach è in questa chiave un grande privilegio, si segue lo sbocciare dei fiori e si
festeggia il lavoro che è sempre una conquista.
Alla base della relazione di coaching stanno la responsabilità e consapevolezza.
Condividere la responsabilità del cambiamento e sviluppare la consapevolezza al fine di
poter gestire la propria trasformazione.

21
2. L’APPRENDIMENTO

L'apprendimento è un cambiamento relativamente permanente che deriva da una nuova


esperienza o dalla pratica di nuovi comportamenti, ovvero una modificazione di un
comportamento complesso, abbastanza stabile nel tempo, derivante dalle esperienze di vita
e/o dalle attività dal soggetto. Esso è dunque un processo "esperienziale": le nostre
esperienze, compresa l'attuazione di nuove attività, possono infatti influenzare
significativamente le nostre connessioni neuronali e quindi le nostre strutture cerebrali.
Dal punto di vista psicologico, l'apprendimento è dunque una funzione dell'adattamento di
un soggetto risultante dall'esperienza di un problema o contesto nuovo (o cambiamenti nel
contesto), ovvero un processo attivo di acquisizione di comportamenti stabili in funzione
dell'adattamento ai cambiamenti nell'ambiente (o contesto), che costituiscono per il
soggetto problemi da risolvere. In sostanza, dunque, apprendere vuol dire acquisire nuovi
modi di agire o reagire, per adattarsi ai cambiamenti dei contesti ambientali, compresi i
contesti relazionali. Se i comportamenti modificati dall'esperienza sono relativamente
semplici, si parla di condizionamento, fenomeno dovuto all'esposizione a nuovi stimoli
interni o esterni.
È possibile distinguere l'apprendimento dalla maturazione (che non dipende
dall'esposizione ad alcuno stimolo esterno, ma dallo sviluppo delle strutture biologiche
dell'individuo e della specie).
Con l'esposizione a contesti diversi, l'apprendimento tende ad aumentare le competenze e i
repertori comportamentali degli individui, ampliando la gamma di problemi che possono
affrontare e gestire. La maturazione tende a far emergere caratteristiche comuni in
individui ben adattati della stessa comunità. Cambiamenti del potenziale comportamentale
a breve termine, come ad esempio la stanchezza o transitorie influenze ormonali, non
costituiscono "apprendimento". Alcuni cambiamenti a lungo termine, viceversa, non
dipendono dall'apprendimento ma dall'avanzare dell'età (maturazione o invecchiamento).
Lo sviluppo personale, quindi, risulta un intreccio di apprendimento e maturazione.
Tra le abilità che possono essere apprese c'è l'apprendimento stesso. Si può apprendere ad
apprendere.

22
2.1 La Motivazione e l’apprendimento: La piramide dei bisogni di Maslow
Tra il 1943 e il 1954 lo psicologo statunitense Abraham Maslow concepì il concetto di
"Hierarchy of Needs" (Gerarchia dei Bisogni) e la divulgò nel libro Motivation and
Personality (Motivazione e Personalità) del 1954.
Dal punto di vista dell‟apprendimento, ogni individuo è motivato ad imparare cose nuove
che gli permetteranno di soddisfare bisogni sempre più alti.
Maslow rappresentò graficamente la gerarchia dei bisogni con una piramide detta la
piramide dei bisogni di Maslow.
Per Maslow questi bisogni sono innati, ma la maggior parte dei modi in cui possono venire
gratificati deve essere appresa.
L'incapacità di gratificare un bisogno si trasformerà in una disfunzione psichica o
fisiologica. Ogni bisogno rimarrà importante per la persona finché non verrà soddisfatto,
quando sarà gratificato, cesserà di essere importante, e potrà avvenire il passaggio al livello
successivo, più alto, e quindi avverrà una crescita nell‟individuo. La crescita individuale
quindi collegata alla soddisfazione di un determinato livello di bisogni che apre la
possibilità ad un passaggio ad un livello successivo superiore. Più la persona è evoluta più
rivolgerà la sia attenzione a bisogni alti.
La gerarchia di Maslow contiene cinque classi di bisogni fondamentali, anche se ne studiò
altri due che però non inserì nella gerarchia, e cioè i bisogni cognitivi, cioè i bisogni legati
alla conoscenza, alla comprensione ed all‟esplorazione, e i bisogni estetici, cioè i bisogni di
simmetria, di ordine e bellezza.
Più nel dettaglio alla base della piramide vi sono i bisogni fisiologici che comprendono i
bisogni legati al cibo, all'acqua, al calore ed al contatto sessuale. La deprivazione di questi
bisogni portano alla malattia e la preoccupazione per questi blocca la crescita.
Seguono i bisogni di sicurezza che comprendono i bisogni di protezione, dipendenza,
libertà dalla paura ed un ambiente stabile e strutturato. Un‟insufficiente gratificazione di
questi bisogni determinerà una tale preoccupazione da sfociare in forme di nevrosi.
Nel gradino successivo troviamo i bisogni di appartenenza e amore che comprendono lo
sforzo per conseguire forti relazioni interpersonali con una persona amata, un gruppo
familiare o un clan. Da notare che la deprivazione prolungata di questi bisogni conduce a
sentimenti di solitudine ed isolamento tali da causare gravi disturbi psichici.
Il bisogno di stima che comprende il bisogno di sentirsi competente e capace di controllare
la propria vita ed il desiderio di essere tenuto in buona considerazione dagli altri. Una

23
persona che non riesce a gratificare il bisogno di autostima, svilupperà sentimenti
d‟inferiorità ed impotenza mentale, con possibili manifestazioni di crisi depressive.
Il bisogno di autorealizzazione o motivazione alla crescita è l'ultimo dei cinque bisogni e
potrà realizzarsi solo a patto che tutti gli altri quattro abbiano avuto un esito positivo. A
proposito di questo Maslow disse: "Un uomo deve essere ciò che è capace di fare. Egli
deve essere coerente con la propria natura. L'autorealizzazione è un desiderio di diventare
sempre più ciò che si è idiosincraticamente, di diventare tutto ciò che si è capaci di
diventare”.33. Secondo questo psicologo una persona che si autorealizza ha una più alta
percentuale della realtà; dimostra una maggiore accettazione di sé, degli altri e della natura;
può essere più spontanea, si sente maggiormente a proprio agio con la solitudine o
dovendo affrontare una privazione, s‟impegna in relazioni interpersonali più profonde ed è
più creativa. Le persone a questo livello, poiché i loro bisogni sono soddisfatti, si sforzano
di diventare migliori, più efficaci, più auto realizzate.

Figura 6 La piramide dei bisogni di Maslow.

33
MASLOW A.H., Toward a Psychology of Being, D. Van Nostrand Company, New York, 1968.

24
2.2 La Teoria dell’Apprendimento Trasformativo di Jack Mezirow
Jack Mezirow è stato un sociologo statunitense, professore emerito al Teachers College
presso la Columbia University. Studioso dei processi di apprendimento in età adulta,
Mezirow è considerato il padre della teoria dell'Apprendimento Trasformativo.
L'ambizione di Mezirow consiste nell'insegnare a pensare, a ragionare, a riflettere
singolarmente a donne e uomini che si trovano in contesti formativi progettati per loro o in
quelle situazioni critiche che ogni adulto conosce e attraversa vivendo.
Mezirow identifica diversi tipi di apprendimento:
L’apprendimento strumentale: riguarda principalmente il modo in cui l'adulto agisce
sull'ambiente, in base ai propri scopi e agli obiettivi. L'azione strumentale comporta
sempre delle previsioni sugli eventi osservabili, fisici o sociali che possono dimostrarsi
esatte o inesatte. Quest‟azione si basa sulle conoscenze empiriche, ed è governata da regole
tecniche.
L’apprendimento Comunicativo: riguarda le interazioni tra adulti e il coinvolgimento delle
emozioni e dei sistemi valoriali. La ricerca d‟informazioni non è finalizzata al controllo e
alla manipolazione (vedi apprendimento strumentale), ma alla creazione di una vera
relazione con l'altro al fine di accrescere la qualità della percezione.
L’apprendimento Trasformativo: prevede un alto livello di riflessività da parte dell'adulto e
ha come obiettivo finale il cambiamento. Quest'ultima tipologia di apprendimento richiede
che l'adulto metta in discussione le proprie - Prospettive di Significato.

Le Prospettive di Significato e gli Schemi di Significato


Le prospettive di significato possono essere considerate dei filtri selettivi che
categorizzano il modo con il quale percepiamo la realtà. Esse fungono da schemi di
riferimento e indicano la struttura dei presupposti entro i quali la nostra esperienza
pregressa assimila e trasforma la nuova esperienza. Una prospettiva di significato è un set
abituale di aspettative che costituisce un quadro di riferimento orientativo che viene usato
nella proiezione di modelli simbolici e che funge da sistema di credenze.
Le PDS sono principalmente di tre tipi:
 Epistemologiche - includono gli schemi cognitivi, di apprendimento e di
intelligenza, la riflessività, le prospettive della fase di sviluppo
 Sociolinguistiche riguardano le norme sociali, i ruoli, i codici culturali/linguistici.
 Psicologiche includono il concetto di sé, l'area di localizzazione del controllo, le
inibizioni, i meccanismi psicologici di difesa.

25
Le PDS ordinano selettivamente ciò che apprendiamo e il modo in cui lo apprendiamo; per
questo ogni PDS contiene un certo numero di schemi di significato.
Lo schema di significato è costituito dalle conoscenze, dalle convinzioni, dai giudizi di
valore e dai sentimenti che si manifestano nell'interpretazione.
Gli schemi di significato altro non sono che le nostre manifestazioni concrete del nostro
orientamento abituale e delle nostre aspettative abituali (prospettive di significato) e
traducono queste aspettative generali nelle aspettative specifiche che guidano le nostre
azioni. Lo schema di significato può riferirsi a come fare una certa cosa (apprendimento
strumentale) a come interpretare ciò che intendono dire gli altri (apprendimento
comunicativo) o a come intendere se stessi.
Solitamente gli schemi di significato sono molto più soggetti all'esame critico e la loro
trasformazione mediante riflessione.
L'esperienza solitamente consolida i nostri schemi personali di categorizzazione
rafforzando le nostre aspettative su come dovrebbero andare le cose. È importante
precisare che la teoria trasformativa non si articola per fasi ma enfatizza l'importanza del
progressivo spostamento verso la riflessività nell'età adulta come funzione
dell'intenzionalità sostenendo che la riflessività migliora con l'incremento della capacità e
dell'esperienza, che possono venire influenzate in misura significativa dagli interventi degli
adulti. L'apprendimento trasformativo implica un maggior livello di consapevolezza del
contesto in cui si collocano le proprie convinzioni e sentimenti, una critica degli assunti e
delle premesse su cui si basano, una valutazione delle prospettive alternative, la decisione
di rinnegare una vecchia prospettiva sostituendola con una nuova, la capacità di
intraprendere delle azioni in base alla nuova prospettiva, il desiderio di integrare
quest'ultima nel più vasto contesto della propria vita.

Le dieci fasi della trasformazione


La trasformazione delle prospettive comporta:
 un senso rafforzato del Sé;
 una riflessione più critica del modo in cui le relazioni sociali e la cultura hanno
condizionato le proprie convinzioni e sentimenti;
 strategie e risorse più funzionali per l'azione.
Questo processo comporta il prendere consapevolezza sul come e sul perché gli assunti
hanno condizionato il modo di percepire, comprendere e sentire il mondo.

26
Le persone modificano le loro prospettive di significato per acquisirne di più inclusive,
discriminanti e integrative e per fare quindi delle scelte in base alle nuove conoscenze. La
trasformazione delle prospettive può avvenire tramite l'accumulazione di schemi di
significato trasformati che derivano da una serie di dilemmi, o in risposta a un dilemma
epocale esposto dall'esterno (per es. lutto).
Il dilemma disorientante che dà avvio al processo di discussione può scaturire da qualsiasi
evento, i cui costumi contraddicono delle presupposizioni che prima davamo per scontate.
In seguito ad uno studio nazionale sulle donne che riprendono gli studi universitari a
distanza di anni, Mezirow ha articolato il processo di trasformazione personale in dieci fasi
che risultavano, essere le seguenti:
1- Un dilemma disorientante. Il dilemma dà origine al processo di trasformazione e può
nascere da un evento imprevisto imposto dall'esterno (come un lutto, una malattia o una
promozione), dalla lettura di un libro o dalla visione di un film. In ogni caso si tratta di una
sfida ad una prospettiva consolidata che comporta dolore perché spesso si mettono in
discussione valori profondamente radicati e il nostro stesso senso del Sé.
2- Autoesame con sentimenti di paura, rabbia, colpa o vergogna.
3- Valutazione critica degli assunti epistemologici, socioculturali e psichici.
4- Scoperta di un vissuto di scontentezza, di difficoltà comune ad altri. Riconoscimento
che la propria situazione negativa e che il processo di trasformazione sono condivisi anche
da altre persone.
5- Esplorazione delle opzioni che prospettano nuovi ruoli, nuove relazioni e nuove azioni.
6- Pianificazione di un corso di azione.
7- Acquisizione di conoscenze e competenze utili all'implementazione dei propri piani.
8- Sperimentazione provvisoria di nuovi ruoli.
9- Familiarizzazione con nuovi ruoli e nuove relazioni.
10- Reintegrazione della propria vita sulla base delle condizioni imposte dalla nuova
prospettiva.34

2.3 Paulo Freire – l’educazione come pratica della libertà


“Nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo, gli uomini si educano insieme, con la
mediazione del mondo”.

34
MERIZOW J., Apprendimento e trasformazione. Il significato dell'esperienza e il valore della riflessione
nell'apprendimento degli adulti, Raffaello Cortina Editore, 2003.

27
Uno dei contemporanei di Mezirow che egli spesso nomina è Freire. Cito quest‟autore
perché in un una tesi in cui i contesti di imparare e insegnare sono centrali la sua opera e la
sua visione sono fondamentali. Possiamo riportare le sue parole all‟educazione intesa come
scuola ma anche a tutte quelle relazioni di aiuto e sviluppo personale in cui si segue una
persona passo dopo passo nel suo cammino, per apprendere cose nuove.
Freire è uno dei più grandi pedagogisti mai esistiti, è noto per aver elaborato un metodo di
alfabetizzazione che in sole quaranta ore insegnava agli adulti non solo a leggere e
scrivere, ma soprattutto a capire meglio il mondo.
Freire è autore di una ventina di libri. “La pedagogia degli oppressi” e “L‟educazione come
pratica della libertà”,35 pubblicati in Italia, contengono la sua riflessione teorica sul tema
dell‟alfabetizzazione.
A partire dalla premessa che l‟uomo non è un essere astratto ma radicato nel tempo e nello
spazio, Freire analizza le varie relazioni che intercorrono tra queste tre componenti
dall‟esperienza quotidiana. Da questo punto di osservazione anche le persone più semplici
sono in grado di fare una lettura della realtà, scoprendo gli inganni di cui sono vittime e
iniziando così un processo di liberazione, chiamato coscientizzazione.
A questo tipo di educazione Freire contrappone quella che definisce “educazione
depositaria” (oppure bancaria)- così definita perché l‟intervento educativo diventa un atto
del depositare (come nelle banche) – secondo la quale le persone si dividono tra coloro che
sanno e coloro che non sanno. Ai primi spetta comunicare agli altri il frutto del loro sapere,
trasmettere loro la sicurezza che credono di possedere, insieme alle norme di
comportamento. Dai secondi si pretende l‟umiltà di imparare, obbedire ed eseguire quanto
viene loro detto. Tale visione, secondo Freire, adottata da ogni tipo di dominatore, lascia il
mondo esattamente come lo trova, perché riduce l‟uomo a un mero esecutore di ordini.
Egli propone invece la “pedagogia degli oppressi”, che partendo dalla consapevolezza che
l‟azione di educare è indissolubilmente legata a quella dell‟imparare, ambisce non tanto a
conoscere, quanto a trasformare la realtà.
In questa nuova visione, il docente insegna e impara e il discente impara e insegna, e se
entrambi hanno mantenuto la principale caratteristica dell‟uomo, cioè la capacità di stupirsi
di fronte alle meraviglie della natura e della storia, saranno in grado non solo di
interpretare gli avvenimenti, ma anche di produrre dei cambiamenti significativi.

35
FREIRE P., L‟educazione come pratica della libertà, Mondadori, 1973.

28
Formare, in altri termini, è molto più che addestrare una persona, grande o piccola, giovane
o adulta, nell'uso di alcune abilità. Insegnare esige comprendere che educare è una forma
d‟intervento sul mondo.

2.4 Apprendimento e sviluppo personale: il Coaching


La Coach Federation (la più grande associazione mondiale di Coach professionisti, con
oltre trenta mila associati in 138 paesi), definisce il Coaching come una partnership con i
clienti che, attraverso un processo creativo, stimola la riflessione, ispirandoli a
massimizzare il proprio potenziale personale e professionale.36
Il coaching prevede un'attività professionale specialistica che ha come finalità il
raggiungimento degli obiettivi del cliente, in armonia con il mandato istituzionale.
L'attività di coaching è spesso affiancata da un termine che ne identifica i destinatari, per
esempio: business coaching, life coaching, relationship coaching, parent coaching,
leadership coaching, l'executive coaching, il team coaching e l‟health coaching.

2.5 Timothy Gallwey e John Withmore


Per il dizionario Treccani il termine coach descrive due professionalità:
1. Tecnico incaricato di allenare una squadra sportiva; anche, preparatore tecnico,
allenatore personale di un singolo atleta (in questo caso è sinonimo di personal trainer).
2. Estens. Professionista che aiuta a sviluppare la propria personalità e a riuscire nella vita,
negli studî, nel campo del lavoro (è noto anche come life coach).37
Timothy Gallwey raggruppa queste due professionalità.
Inizia come istruttore di tennis, di cui era giocatore ad alti livelli, durante un anno
sabbatico dalla sua carriera al college in economia.
In questo periodo Gallwey scoprì che invitando i suoi allievi a concentrarsi sui loro colpi
incitandoli a smettere di voler “fare bene” e calmando l‟interferenza che proveniva dalle
loro critiche interne, essi erano capaci di attingere dalle loro abilità naturali con grande
agio migliorando in modo notevole.
Da queste scoperte Gallwey scrisse il suo primo libro “Il gioco interiore del tennis”.
L‟introduzione al suo libro recita:

36
https://web.archive.org/web/20161019045745/https:/www.icf-italia.org/cose-il-coaching/
37
http://www.treccani.it/vocabolario/coach/

29
“Ogni partita è composta di due parti, una esteriore e una interiore. Il gioco esteriore è
quello in cui si gioca con un avversario esterno, per superare ostacoli esterni e raggiungere
un obiettivo esterno. La padronanza di questo gioco è l‟argomento di molti libri che
offrono indicazioni su come usare una racchetta o una mazza, o su come posizionare
gambe o torace per raggiungere i migliori risultati. Ma per qualche motivo la maggior parte
di noi considera tali indicazioni più facili da ricordare che da mettere in pratica.
La tesi di questo libro è che giocando senza prestare attenzione alle abilità, relativamente
trascurate, del Gioco Interiore non è possibile né crescere come atleti né trovare
soddisfazione personale. Tale gioco si svolge nella mente del giocatore, ed è una partita
contro alcuni ostacoli, quali ad esempio cali di concentrazione, nervosismo, dubbio e
disapprovazione.
In sostanza, è la partita che si gioca per superare le abitudini della mente che ci
impediscono di raggiungere una performance eccellente”.38
Poi continua
“Le vittorie nel Gioco Interiore magari non ci porteranno nuovi trofei, ma ci procureranno
delle ricompense più durature, e in grado di contribuire al nostro successo, in campo e
fuori. Chi si cimenta col Gioco Interiore valuta l‟arte della concentrazione rilassata più di
ogni altra abilità: scopre il vero fondamento della sicurezza in se stesso e impara che il
segreto per vincere qualunque partita è non sforzarsi troppo. Mira a quel tipo di
performance spontanea che si realizza solo quando la mente è calma e sembra un tutt‟uno
col corpo, che a sua volta trova dei sorprendenti modi per continuare a superare i propri
limiti. Inoltre, mentre cerca di andare oltre le normali difficoltà di una competizione, chi
ricorre al Gioco Interiore scopre una volontà di vittoria che è in grado di liberare tutta
l‟energia interiore e non si fa mai scoraggiare dalla sconfitta.
C‟è un processo molto più naturale ed efficace per imparare a fare quasi ogni cosa. È
simile a quello che tutti abbiamo utilizzato, ma presto dimenticato, quando abbiamo
imparato a parlare e a camminare. Utilizza le capacità intuitive della mente e gli emisferi
destro e sinistro del cervello. Tale processo non deve essere imparato: lo conosciamo già.
Dobbiamo solo disimparare le abitudini che interferiscono con esso, per poi lasciare che
succeda. Scoprire ed esplorare il potenziale del corpo umano è il fine del Gioco Interiore. E
in questo libro tale fine verrà esplorato attraverso il tennis”.39

38
GALLWEY T., Il gioco interiore del tennis. Come usare la mente per raggiungere l'eccellenza , Ultra
Edizioni, 1984.
39
ibidem

30
L‟approccio di Timothy Gallwey è stato applicato in diverse grandi aziende come metodo
per aumentare la performance individuale e per fare crescere il potenziale del gruppo.
Navigando sul suo sito40 nella sezione dedicata a lui Gallwey parla ancora più
specificamente del gioco interiore dicendo: “i pensieri, le emozioni, le motivazioni
possono sembrarci invisibili, persino a noi stessi ma hanno un grande impatto su come
vediamo noi stessi, le scelte che facciamo, come vediamo e trattiamo gli altri il che crea
molte delle condizioni esterne in cui viviamo.”
Questi concetti ci parlano di come ogni individuo costruisca il proprio stare bene agendo
una certa attitudine piuttosto che un‟altra e creando quindi le premesse per alcuni risultati.
Gallwey esprimendo questi concetti quarant‟anni fa, cambiò non solo il modo di allenare i
tennisti ma di sicuro la vita di molte persone.
Oggi ha ottantuno anni è considerato il papà del coaching ed è ancora attivo.

2.5 John Whitmore


John Whitmore inizia la sua carriera nelle corse automobilistiche. Una volta lasciato questo
campo s‟interessa alla psicologia transpersonale cioè a quell'approccio psicologico che si
occupa dello studio e della cultura della spiritualità e delle esperienze spirituali in un
contesto psicologico.
Tale metodo cominciò ad affermarsi nel campo della psicologia intorno agli anni sessanta,
a partire dall'opera di Maslow il quale per primo mise l'accento su una psicologia
“evolutiva” che considerasse lo “sviluppo delle potenzialità”, “la soddisfazione graduale
dei bisogni”, la relazione “tra persona e persona” nel rapporto terapeutico e l'esperienza
mistica, come momenti fondanti di un percorso di auto-realizzazione.
Nel 1970 incontra e inizia ad allenarsi e ad imparare con Gallwey. Nel 1979 crea The Inner
Game Britain, inizia allenando gli sportivi ma ben presto si rende conto che esistono le
potenzialità per applicare gli stessi concetti al mondo aziendale. Nel 1980 sviluppa metodi
e tecniche per aumentare la performance nelle organizzazioni e mostra come sia possibile
imparare e trovare un senso e la felicità al lavoro. Per questo è riconosciuto come il
fondatore del Businness Coaching.
Rispetto a Gallwey, Whitmore si concentrerà più sull‟allenamento del potenziale
personale piuttosto che sulle limitazioni e sulle interferenze del dialogo interiore.

40
http://theinnergame.com/about-tim-gallwey/

31
I. Il potenziale
Nel suo libro Coaching del 200341 Whitmore parla in apertura del potenziale scrivendo:
“Se un manager o un coach non sono loro stessi convinti per primi che le persone
possiedano molte più capacità di quelle che esprimono normalmente, allora non
riusciranno mai ad aiutarle a liberare le loro potenzialità nascoste. Si deve guardare alle
persone in termini di potenzialità, non di performance. Ed è proprio per questo motivo che
molti sistemi di valutazione fanno acqua da tutte le parti. Alle persone si richiede di dare il
meglio di sé costringendole però entro schemi e regole rigide da cui hanno difficoltà a
svincolarsi, impedite tanto dagli atteggiamenti dei capi quanto dai loro stessi freni
inibitori”.
Quest‟apertura di libro è quello che questa tesi vuole illustrare. Ognuno di noi per stare
bene può cercare di comprendere quali sono i propri schemi e le proprie regole fisse che gli
impediscono di svelare il proprio potenziale. Disvelare e mettere in atto il proprio
potenziale è fonte di benessere per l‟essere umano. È fonte di gioia, appagamento e
conseguentemente salute. Coloro i quali ci spronano nella nostra vita, ad esprimere il
nostro potenziale di là dalle regole, convinzioni, etichette sono le persone che
conquisteranno un posto nel nostro cuore che sarà frutto del riconoscere in loro capacità
che ci appartengono e che possono essere espresse in loro presenza. Whitmore parla della
necessità di riuscire a tirare fuori il meglio di noi, non durante i momenti di crisi ma nel
corso della vita di tutti i giorni. Si domanda come estrarre il meglio non quando si hanno le
spalle al muro ma molto prima, non spinti dalla necessità ma spronati dal desiderio e dalla
voglia di stare bene.
Parla di esperimenti nell‟educazione in cui la fiducia degli insegnanti in un gruppo al quale
insegnavano è stata fondamentale per determinare i risultati.
Scrive “ Il test consiste nell‟affidare gruppi di bambini mediamente dotati a diversi
insegnanti, facendo però loro credere che si tratti ora di elementi molto dotati, ora di
scolari con gravi difficoltà di apprendimento. Gli insegnanti svolgono per un certo periodo
la loro attività didattica seguendo un programma di studi prestabilito. I successivi test di
controllo rivelano che i risultati conseguiti dai bambini sono immancabilmente un riflesso
di ciò che gli insegnanti credevano a proposito delle loro capacità. Lo stesso vale nel
mondo del lavoro: la performance di un dipendente è in buona misura funzione di ciò che i
suoi capi pensano di lui”.

41
WITHMORE J,. Coaching, Sperling&Kupfer, 2003.

32
Il desiderio di migliorarsi, di essere attorniati da persone che sostengono e promuovono
l‟evoluzione, può essere una chiave di volta nella vita di una persona.
Sviluppare consapevolezza e responsabilità attraverso le domande aperte, attraverso
l‟investigazione per/di noi stessi per giungere alle nostre conclusioni e ai nostri risultati che
poi metteremo in atto nel mondo. L‟idea non è che qualcuno ci dica chi siamo o cosa
possiamo fare o meno. L‟idea è di rinascere a noi stessi.
Tutte le teorie che abbiamo visto nel primo capitolo cercano di spiegare cosa crea un
movimento nella persona se messa di fronte ad un problema di salute o prima che sia
ammalata ma che corra il rischio di esserlo. Si parla di persone che spesso non hanno tanta
voglia di stare bene, che fumano o hanno rapporti non protetti in situazioni limite anche se
sanno che può costargli la vita, o la qualità di vita. Le stesse persone possono essere
impiegate in un‟azienda o praticare uno sport e trovare qualcuno che decida di vedere oltre
a quello che fanno trasparire in quel momento. Il cambiamento, come dice Withmore, può
venire perché è necessario o può arrivare grazie alla chance di incontrare persone che sono
d‟ispirazione.
Una delle frasi più belle a parere mio è la seguente: “Con il coaching, dunque, non
intendiamo semplicemente una tecnica da applicare estemporaneamente e rigidamente in
circostanze specifiche: si tratta piuttosto di un modo di dirigere e trattare le persone, un
modo di pensare, e quindi anche un modo di essere. L‟auspicio è quindi che arrivi al più
presto il giorno in cui la parola coaching sparirà del tutto dal nostro vocabolario, essendo
ormai diventata in tutto e per tutto il modo di relazionarsi gli uni con gli altri sul lavoro e in
ogni altra situazione della vita”.

II. G.R.O.W
Il modello è un semplice metodo per fissare degli obiettivi e per risolvere dei problemi.
È stato sviluppato in Gran Bretagna ed è stato usato in modo massiccio fra gli anni ‟80 e
„90. Nonostante non si possa sapere chi veramente lo abbia creato, Graham42 Fine43, e Sir
John Whitmore hanno certamente contribuito alla creazione.44

42
GRAHAM A., “Behavioural coaching - the GROW model", In Excellence in coaching: the industry
guide (2nd ed.), Passmore J. editor, Kogan Page, pp.83–93, 2010.
43
FINE A., MERRILL R., You already know how to be great: a simple way to remove interference and
unlock your greatest potential, New York, Portfolio Penguin, 2010.
44
WHITMORE, J., Coaching for performance: GROWing human potential and purpose: the principles and
practice of coaching and leadership, Nicholas Brealey Publishing, 2009.

33
Di seguito la tabella:

The Goal is the end point, where the client wants to be. The goal has to be defined in
G Goal
such a way that it is very clear to the client when they have achieved it.

The Current Reality is where the client is now. What are the issues, the challenges,
R Reality
how far are they away from their goal?

There will be Obstacles stopping the client getting from where they are now to
Obstacles where they want to go. If there were no Obstacles the client would already have
reached their goal.
O

Once Obstacles have been identified, the client needs to find ways of dealing with
Options
them if they are to make progress. These are the Options.

Way The Options then need to be converted into action steps which will take the client to
W
Forward their goal. These are the Way Forward.

III. The spirit of coaching – Conference on 10th September 2011- Global Co-
operation House London
In questa conferenza John Withmore espone alcuni concetti che considera importanti alla
fine della sua carriera. L‟ho tradotta e ne ho estratto un sunto.45
Apre la conferenza dicendo che dobbiamo disimparare il vecchio per fare spazio e per
lasciare entrare il nuovo. Puntualizza come questo passaggio si a cruciale e a questo
passaggio ogni coach debba dedicare del tempo. Osservando la crisi finanziaria e il
contesto globale si dichiara convinto di dover abbandonare il vecchio modo di affrontare le
cose.
Siamo stati abituati all‟autocrazia e alla gerarchia, in ogni momento della nostra vita
abbiamo avuto qualcuno che ci diceva cosa fare; la mamma, la scuola, il capo etc. Crescere
significa assumersi delle responsabilità personali e il mondo lo si deve cambiare facendo
delle scelte responsabili. Il coaching è quindi uno strumento essenziale di cambiamento.
Uno dei “lavori” di coach per eccellenza è essere genitori. Per Withmore se i genitori
assegnassero ai loro figli delle responsabilità fin dalla tenera età senza scegliere e imporre
loro ordini ma dando loro la possibilità di vedere il risultato delle loro azioni, si

45
https://www.youtube.com/watch?v=XQ1FdpfW8X0&feature=youtu.be

34
otterrebbero degli adolescenti più pronti alla vita e al cambiamento e meno occupati a
essere ribelli.
Cambiare paradigma significa passare dalla paura alla fiducia, dal consumismo alla
sostenibilità, dall‟insegnamento all‟apprendimento, dalla dipendenza all‟interdipendenza.
Nel percorso di crescita e sviluppo personale l‟individuo incontra la spiritualità per gli
orientali fra la psicologia e la spiritualità non esiste una separazione, noi le dividiamo
mentre in realtà sono su un continuum. L‟evoluzione della psicologia, nata con la
psicoanalisi, il comportamentismo e il cognitivismo, ha visto un momento di passaggio
importante negli anni 60/70 con la nascita della psicologia Umanistica all‟Istituto Esalen in
California. Il principio fondante è che l‟attenzione permette all‟individuo di accorgersi
delle cose e di autocorreggersi e quindi crea consapevolezza. La consapevolezza è dunque
curativa di per sé.
Poi si sono affacciate la psicologia transpersonale e quella integrale.
Nella psicologia transpersonale vi sono molti esercizi spirituali. Quando le persone
iniziano a svegliarsi, hanno la sensazione che il mondo sia pieno di significato e che vi sia
uno scopo nella vita, un senso, una direzione. Propone dunque l‟esercizio di seguito al
pubblico in sala, raccomandandosi di prendersi del tempo per farlo.

Valori

Formazione Passioni

Modelli Scopo

Figura 7 Scopo nella vita.

35
Nel punto d‟intersezione fra i valori, le passioni, la formazione e i modelli che
consideriamo importanti nella nostra vita possiamo trovare il nostro scopo.
Parla di due tipi di persone: quelli sviluppati spiritualmente che molto hanno investito
senza però mantenere un contatto con la materialità della vita e quelli che, occupati a
soddisfare i bisogni materiali, non hanno pensato minimamente a promuovere la propria
spiritualità. Entrambe possibilmente avranno una crisi e dovranno trovare un equilibrio che
è, di fatto, il posto in cui troveranno il benessere.
Introduce poi il concetto di sub personalità che definisce come l‟interfaccia che adottiamo
nei vari contesti della nostra vita dove ci mettiamo “un vestito” quello del dottore,
dell‟impiegato, del marito, del padre. Queste sub personalità spesso hanno un dialogo
interno e ci dicono o ci proibiscono di fare delle cose. Derivano dalle nostre esperienze e
dalla nostra storia di vita che noi agiamo. Quando ci sviluppiamo compare un direttore
d‟orchestra che mette ordine e scarta le sub personalità che non servono. Questo è il nostro
vero IO, cioè la nostra vera natura.
Whitmore conclude dicendo che nonostante tutte le difficoltà e tutti i problemi questo è il
periodo più bello in cui vivere perché abbiamo il meglio per essere al meglio di noi.
Stimolato da una domanda del pubblico, risponde dicendo che nulla di quello che dirà, sarà
vero perché nulla di ciò che si dice è vero essendo il frutto delle personali storie di vita che
sono interpretazioni personali che spiegano come la vita funzioni. In questo caso è
importante vedere come ognuno abbia dei modelli e che il compito è superare i modelli,
riconoscerli ed esserne attenti.
Abbiamo un corpo, abbiamo delle emozioni, dei pensieri e li sentiamo nel corpo. Quello
che dobbiamo fare è pensare come un sistema, tutto è parte di un sistema nulla è separato,
tutto nel mondo è connesso, tutto ha un effetto sul resto. Bisogna imparare a pensare in
modo nuovo, in un modo in cui tutto è connesso per assumerci tutti la responsabilità delle
nostre azioni, per dare origine alla trasformazione.
La conferenza è piena di passione e desiderio di condividere con le persone l‟ardore per il
cambiamento e di sollecitarle al risveglio al fine di rendere il mondo un posto migliore per
tutti.

In questo capitolo abbiamo esplorato l‟apprendimento. Abbiamo visto che imparare è un


atto di volontà ed è anche un atto di ribellione. L‟allievo si ribella al suo modo di vedere le
cose, alla sua ignoranza e cerca nuovi spunti, nuove possibilità attraverso vari percorsi e

36
figure professionali che lo facilitano nella creazione di un nuovo processo di pensiero e di
conseguenza di azione. Nel prossimo capitolo affronterò l‟apprendimento attraverso il
corpo.

37
CAPITOLO 3

Chi era Lowen qual è stata la sua opera e cosa ci ha lasciato?


Chi è Avi Grinberg, che cosa ha insegnato e come?
Imparare attraverso il corpo è qualcosa che facciamo tutti, purtroppo nella cartesiana
dicotomia corpo mente siamo rimasti intrappolati. Ci pare ovvio che s‟impari attraverso il
cognitivo senza prestare attenzione ai processi che accadono nel nostro corpo.
Proverò in questo capitolo a fare una summa dei due precedenti mostrando come la salute e
il benessere siano la summa di un‟attenzione a “noi” nella nostra interezza.

38
3. IMPARARE ATTRAVERSO IL CORPO

3.1 Alexander Lowen – La Bioenergetica


Alexander Lowen è stato uno psicoterapeuta è psichiatra statunitense.
La bioenergetica si basa sull‟opera di Wilhelm Reich che Lowen conobbe nel 1940 alla
New School for Social Research di New York, dove Reich teneva un corso di analisi del
carattere.
Lowen fu colpito dal programma del corso, che verteva sull‟identità funzionale fra il
carattere di una persona e il suo atteggiamento corporeo, o armatura muscolare. Il termine
“armatura” o “corazza” indicava lo schema globale delle tensioni muscolari croniche del
corpo. Venivano definite così perché servivano a proteggere l‟individuo contro le
esperienze emotive dolorose e minacciose fungevano da schermatura contro gli impulsi
pericolosi della sua stessa personalità e contro gli attacchi da parte degli altri.46
Dopo questa conferenza Lowen decise di affrontare un percorso con Reich.
Sebbene gli insegnamenti di Reich inerenti l'analisi delle resistenze, l'analisi del carattere47,
il principio dell'identità funzionale tra psichico e somatico e la confutazione dell'istinto di
morte freudaiano (Thanatos)4849 influenzeranno la sua formazione 50, Lowen prenderà le
distanze da Reich in merito alle sue teorie energetiche e alle sue ipotesi sull'orgone, non
solo sviluppando un approccio psicoterapeutico differenziato, ma anche esplicitandolo in
varie occasioni51 e nei suoi stessi scritti5253.
Secondo l'analisi bioenergetica il carattere, inteso come unicità somato-psichica,
rappresenta l'organizzazione psicologica e corporea inconscia dell'individuo, che si
struttura a livello mentale con i meccanismi psicologici di difesa e a livello corporeo con
contrazioni muscolari croniche che, insieme all'impronta genetica, danno forma alla
postura e alla qualità della respirazione. Le frustrazioni infantili continuative suscitano una
risposta difensiva da parte dell'organismo con tensioni croniche dell'apparato muscolare,
una funzione respiratoria ridotta e, più in generale, in una riduzione dell'espressività. È una
risposta difensiva che mira ad allontanare il contatto con la frustrazione e il dolore, in
presenza di un ambiente ostile all'imperativo biologico che tende al piacere. Il prezzo

46
LOWEN A., Bioenergetica, Feltrinelli, 1983.
47
REICH W., Analisi del carattere, SugarCoanno, 1975.
48
FREUD S., Beyond the Pleasure Principle, Dover Publications Inc., 2015.
49
REICH W., Analisi del Carattere, Sugar Coanno 1975, p.67.
50
NARDONE G. SALVINI A., Dizionario internazionale di psicoterapia, Garzanti Libri, 2011, p.128.
51
SICA L., I segreti del corpo, in La Repubblica, 9 aprile 2004.
52
LOWEN A., Bioenergetica, Feltrinelli, 1983, pp. 29-36.
53
LOWEN A., Il linguaggio del Corpo, Feltrinelli, 1996, p. 4.

39
pagato è un processo di contrazione che si manifesta in una riduzione generale di motilità e
vitalità. Attraverso l'osservazione di questi messaggi corporei è possibile integrare i
contenuti verbali, arrivando a una comprensione più profonda delle dinamiche
dell'individuo. Nell'analisi bioenergetica l'attenta osservazione delle manifestazioni del
corpo54 e delle emozioni collegate, rappresenta uno strumento importante tanto quanto
l'interpretazione dei sogni e del materiale verbale. Il corpo è osservato non solo nella sua
realtà statica, ma anche e soprattutto nel suo modo di muoversi, respirare, lasciar uscire la
voce ed entrare in relazione. In quest‟ottica Lowen propone un insieme di esercizi
propriocettivi ed espressivi55. Partendo dai principi teorici dell'analisi del carattere
reichiana56, Lowen ne espande i concetti definendo una tipologia caratteriale articolata,
frutto del lavoro clinico con i suoi pazienti. Partendo dalla fase prenatale, l'individuo
attraversa una serie di fasi evolutive ognuna caratterizzata da un bisogno fondamentale.
La qualità della relazione con le figure primarie, in primo luogo con la madre, e il grado di
soddisfazione di tali bisogni, determinano diverse organizzazioni difensive psico-corporee,
con conseguente differenza di carica energetica e motilità.
Lowen propone tipologie caratteriali connotate da diversa distribuzione di tensioni
croniche e carica energetica. Quanto più l'individuo ha una struttura caratteriale nevrotica,
tanto maggiore è la contrazione psico-corporea e quindi minore la gamma di risposte
possibili agli stimoli vitali interni ed esterni. Il carattere rimane comunque, nel pensiero di
Lowen, espressione di una tensione alla vita, in quanto modalità unica e personale
attraverso cui un individuo è stato capace di difendersi e protendersi verso il piacere. Se da
una parte quindi l'Analisi Bioenergetica ha come obiettivo quello di rendere consapevole il
paziente delle limitazioni imposte dalla propria struttura caratteriale, così da permettere il
recupero di una maggiore vitalità, dall'altra ne riconosce l'unicità come espressione del suo
vissuto somato-psichico, unico e irripetibile. Per Lowen l'obiettivo della terapia non è più
solo il recupero di una sana e soddisfacente vita sessuale, come era invece per Reich57, ma
diventa la riconquista di una più ampia capacità di provare piacere e sperimentare la gioia
di vivere58. In quest'ottica il piacere viene identificato come possibilità di lasciar fluire
l'eccitazione vitale e la capacità di padroneggiarla per interagire in maniera vantaggiosa
con la realtà circostante. La salute vibrante di cui parla Lowen, si basa sulla capacità di

54
LOWEN A., Il linguaggio del corpo, Feltrinelli, 1978, p. 40.
55
LOWEN A., e LOWEN L., Espansione ed integrazione del corpo in Bioenergetica, Astrolabio, 1977.
56
LOWEN A., Il linguaggio del corpo, Feltrinelli, 1978, p. 141.
57
REICH W., The function of the orgasm, Orgone Institute Press, 1942.
58
LOWEN A., Il piacere, Astrolabio, 1984, p. 26.

40
respirare, aprirsi al movimento energetico interno ed esterno e alle sensazioni ed emozioni
connesse. Essa consente, momento per momento, un aggiustamento tra il contatto con il
proprio Sé (in senso sia corporeo che psicologico) e con il mondo. È la sintonia
dell'individuo con il proprio grounding, concetto che integra la percezione del proprio Sé
psico-corporeo con la realtà sociale.59

3.2 Il libro: La spiritualità del corpo


“La spiritualità del corpo, l‟armonia del corpo e della mente con la bioenergetica”, è un
libro che esce in Italia nel 1990 a cura di Astrolabio. A quell‟epoca Lowen aveva già
novanta anni e in questo testo porta delle novità; è un po‟ da considerarsi come la summa
di tutto il suo lavoro e l‟ultimo balzo in avanti. Anche questo libro unisce teoria e pratica
racchiusa in una serie di esercizi proposti al lettore.
In quest‟opera Lowen compie un atto innovativo per il suo lavoro e anche per il tempo in
cui si colloca il testo; egli, infatti, dichiara che la salute non può essere disgiunta dagli
aspetti spirituali, farlo significa ridurre il corpo a una macchina.
“Gli sforzi con cui cerchiamo di mantenerci in salute possono avere successo solo se della
salute abbiamo un concetto positivo.
Definirla come assenza di malattia è una visione negativa che considera il corpo come un
meccanico potrebbe considerare un‟automobile, le cui parti possono essere sostituite senza
danneggiarne il funzionamento. Non è così per nessun organismo vivente: sicuramente non
lo è per gli esseri umani.
Noi abbiamo sentimenti e sensazioni che nessuna macchina ha, ci muoviamo
spontaneamente cosa che nessuna macchina riesce a fare, e abbiamo un profondo legame
con gli altri viventi e la natura. La nostra spiritualità deriva proprio dal senso di questo
legame con una forza superiore o un ordine più grande di noi. Poco importa il nome che gli
diamo; potremmo non dargli affatto un nome, come fa la Bibbia. Se ammettiamo che gli
esseri umani sono creature spirituali dobbiamo anche ammettere un legame fra la
spiritualità e la salute”.60
Lowen colloca nel corpo la sede della spiritualità, “il corpo come manifestazione dello
spirito”61. Egli spiega che nella tradizione occidentale la spiritualità è astrazione ed è

59
HEINRICH-CLAUER V., Handbook Bioenergetic Analysis, Psychosozial-Verlag, 2011.
60
LOWEN A., La spiritualità del corpo, Astrolabio 1990 p. 11.
61
LOWEN A., La spiritualità del corpo, Astrolabio 1990 p. 36.

41
mistica, mentre in quella orientale, che egli riconosce più autentica, la spiritualità è
sperimentare la vita attraverso il corpo.
La bioenergetica integra concezioni orientali e occidentali; si serve del potere della mente
per capire le tensioni che legano il corpo e per eliminarle attiva l‟energia corporea. Il ponte
fra le due concezioni è quello di energia. L‟energia è la forza su cui poggia lo spirito ed è
la base della spiritualità del corpo. Usata consciamente diventa forza.
Come conservare ed aumentare l‟energia? Qui di seguito i fattori che influenzano la nostra
energia che Lowen descrive e sui quali propone di fare degli esercizi.

I. La respirazione
“Il diritto di ogni persona nasce con il primo respiro. L‟intensità con cui avvertiamo questo
diritto si riflette nel nostro modo di respirare. Se respirassimo tutti come fanno con
naturalezza gli animali, il nostro livello energetico sarebbe alto e soffriremmo raramente di
stanchezza o depressione cronica. Ma nella nostra cultura il respiro è poco profondo e si
tende a trattenerlo”.62
Per Lowen respirare crea un‟onda che entra nel corpo e che ne esce creando un
movimento. Parla della respirazione come un atto che causa rumore, non è un‟attività priva
di suono e il fatto di incaponirci nel non emettere suoni è una delle cause della nostra
cattiva respirazione.
Nell‟atto respiratorio, i polmoni si espandono e, se saremo rilassati, riusciremo a fare
passare l‟aria fino alla base dei polmoni e per fare questo avremo bisogno di rilassare la
pancia bassa per creare spazio. Questo movimento ci metterà in contatto con le nostre
emozioni, con il bacino e quindi con il piacere. Avere una pancia piatta per Lowen è
sinonimo di poco contatto con la parte emotiva, ogni cosa piatta è priva di colori,
movimento.
La respirazione può però essere bloccata molto prima, nel petto. La rigidità della cassa
toracica impedisce l‟espansione. Dopo un urlo, un pianto, uno sfogo, la prima cosa che
sentiamo libera è il torace, il respiro. Ci sentiamo sollevati, leggeri, ci siamo tolti un peso
di dosso.
Parla delle sue esperienze trasformative legate alla respirazione, illustra diversi esercizi e
termina dicendo “è opportuno tornare alla nozione che i(n)spirare significa infondere in
qualcuno un influsso vivace, stimolante o esaltante come avviene nella inalazione di
ossigeno […]. Quando respiriamo profondamente, ci è più facile avere la sensazione che il
62
LOWEN A., La spiritualità del corpo, Astrolabio, 1990, p.37.

42
mondo è giusto, buono e bello. Siamo ispirati. È tragico allora che siano cosi così poche le
persone che respirano liberamente e bene.63

II. Il lavoro con le emozioni


“Sensazioni e sentimenti non sono semplici idee o credenze; sono qualcosa di più dei
processi mentali perché coinvolgono il corpo. Consistono in degli elementi: un‟attività
corporea e la percezione mentale di tale attività. Li possiamo quindi considerare una forza
unificatrice fra mente e corpo: una forza che collega la mente conscia all‟attività
corporea.”64
Lowen parla di come per trattenere le emozioni si debba esercitare una compressione e
contrazione muscolare. Con l‟andare del tempo questa contrazione diventa costante e
cronica, i muscoli s‟irrigidiscono e il blocco dell‟impulso diventa inconscio. Si perde la
consapevolezza dell‟emozione repressa e la sensibilità nella zona è diminuita. Dopo anni il
muscolo indebolito causerà del dolore ma a quel punto la persona non riuscirà più a creare
un nesso fra il dolore la tensione e la repressione del sentimento.
I muscoli cronicamente tesi irrigidiscono il corpo, ne distruggono la grazia, bloccando il
flusso di eccitazione.
Le emozioni sono per Lowen la diretta espressione dello spirito di una persona. Si può
giudicare la forza dello spirito di un individuo dall‟intensità dei suoi sentimenti, la
grandezza del suo spirito dalla loro profondità e la calma del suo spirito dalla loro quiete,
L‟amore, la rabbia, la paura, la tristezza e la gioia sono emozioni specifiche
L‟amore è espansivo, imprime una forte carica energetica alla superficie del corpo, il quale
acquista morbidezza, colorito e un‟animazione che lo rendono gradevole alla vista, infatti
quando siamo innamorati tutti ci dicono che siamo belli o comunque attiriamo a noi molte
persone.
Quando si congela si trasforma in odio, quindi è represso o congelato l‟impulso ad aprirsi.
L‟odio è la reazione secondaria all‟esperienza o alla minaccia di una ferita inferta da una
persona amata. La prima e immediata reazione è di tristezza e rabbia. La repressione di
questi sentimenti mediante la tensione muscolare crea il guscio di ghiaccio che imprigiona
il cuore e il sentimento di amore. La tristezza è la reazione naturale alla perdita dell‟amore.
Anche la rabbia ha a che fare con l‟amore, di solito non ci arrabbiamo con chi ci è
indifferente ma con chi amiamo e ci tratta in modo crudele.

63
LOWEN A., La spiritualità del corpo, Astrolabio, 1990, p.50.
64
LOWEN A., La spiritualità del corpo, Astrolabio, 1990, p.61.

43
Le emozioni si presentano per coppie polari: amore-odio, gioia e tristezza, rabbia e paura.
Dal punto di vista energetico la paura è l‟opposto della rabbia. Di fronte ad un pericolo o
aggrediamo e ci arrabbiamo o ci impauriamo e ritiriamo.
Lavorare per recuperare e lasciare affiorare le emozioni congelate è fondamentale per il
recupero dell‟integrità della sensazione nel corpo e anche nello spirito. Va quindi notato
che l‟obiettivo del lavoro non è l‟espressione del sentimento represso ma è il recupero della
grazia.
Lowen parla anche di due sentimenti generalizzati che non sono emozioni e che sono
l‟umiliazione e il senso di colpa.
L‟umiliazione si esprime nel corpo con l‟impossibilità di alzare la testa fino a creare,
specialmente nelle donne, quello che è chiamato “the widow‟s hump”, un rigonfiamento
alla base della nuca nella zona d‟intersezione con le spalle.
Il senso di colpa è chiamato da Lowen “l‟emozione che giudica”. Il senso di colpa è
associato all‟impressione di aver fatto qualche cosa di male. Si giudica così costantemente
il proprio comportamento. Per Lowen il senso di colpa non ha una particolare espressione
fisica ma è da legarsi alla propria sessualità e all‟esercizio della medesima da bambini con
conseguente rimprovero da parte dei genitori.
“La sensazione è la vita del corpo, come il pensiero è la vita della mente. Se l‟individuo
riesce a sentire la propria tensione non come un malessere o un dolore misterioso, ma come
difesa contro certi impulsi o certi sentimenti, attiverà la propria energia per allentare la
tensione e dare appropriata espressione al sentimento, ma non è un compito facile. Sapere e
sentire quanto si è stati offesi può essere fonte di profondissima sofferenza. Eppure ce ne
possiamo liberare solo sentendo le nostre tensioni e intuendo il loro nesso con i sentimenti
repressi di paura, rabbia, e tristezza. In molti casi il divenirne consapevoli porta a
manifestarli spontaneamente e scaricare così la tensione. Molti pazienti mi hanno detto di
essere riusciti, in situazioni penose, a parlare con grande spontaneità e sincerità, a tutto
vantaggio del rapporto in atto e dell‟autostima”.65

III. Sessualità e spiritualità


Il bambino fin da piccolo è inibito dal manifestare la sua forza, la sua vitalità e la sua
sessualità. Questa inibizione crea un blocco al livello del flusso vitale e conseguentemente
malessere.

65
LOWEN A., La spiritualità del corpo, Astrolabio, 1990, pp. 72-73.

44
Per Lowen il sesso come la defecazione e la minzione, ci porta in contatto con la nostra
natura animale e può essere difficile vedere il contatto fra la sessualità e la spiritualità. Di
fatto cuore e corpo sono uniti. L‟abbraccio al nostro compagno sessuale è pieno di amore e
desiderio ed è spirituale e sessuale insieme. Nelle antiche culture pagane, i riti di contatto
con la divinità erano spesso anche espressioni sessuali. L‟unione emotiva con l‟infinito non
può essere stabilita se non attraverso il corpo, in caso contrario sarà solo un‟idea nella
nostra mente.

IV. Il “grounding”: il legame con la realtà


Siamo come gli alberi, ancorati con un‟estremità alla terra e con l‟altra, ci protendiamo al
cielo. Più è forte la connessione con la terra maggiore sarà la possibilità di protendersi
verso l‟alto. La persona è grounded quando ha i piedi ben piantati a terra, cioè quando
quella persona sa chi è e dove è.
Quando diciamo che qualcuno non ha i piedi per terra o ha la testa fra le nuvole, non
intendiamo dirlo letteralmente ma intendiamo che la persona pone più attenzione al proprio
lavorio mentale piuttosto che a mettere un piede davanti all‟altro. Secondo Lowen il senso
fondamentale di sicurezza e di rapporto con la terra deriva dai primi anni di vita e dalla
sicurezza o mancanza che la madre ha trasmesso al figlio. Le ginocchia troppo tese non
permettono il grounding e non lasciano che scorra la forza nel corpo.
Questo capitolo è corredato da innumerevoli esercizi, molto più numerosi che nei capitoli
precedenti. Questo ci fa capire l‟importanza del grounding per Lowen.

V. Chiusura del libro


L‟ultima parte del libro è dedicata a spiegare la dinamica strutturale del corpo, a prendere
in considerazione il nostro viso, l‟espressione che facciamo più spesso e il lavoro per
acquietare la mente. Rispetto a quest‟argomento Lowen parla della meditazione come di un
modo per ottenere un po‟ di silenzio ma conferma che una battaglia per la risoluzione dei
conflitti interiori sia l‟unica cosa che porti alla quiete mentale.
Gli ultimi due capitoli sono sull‟amore, sulla fede, sulla grazia. Per Lowen la fede è una
risposta corporea alla vita, l‟apertura del sé alla fede è sempre positiva, perché fa
accrescere il livello di energia nel corpo. Non possiamo vivere e chiuderci alla vita e quindi
bisogna in qualche modo aver fiducia nella vita. Solo nella morte non abbiamo più fede né
amore giacché il nostro cuore cessa di battere.

45
Conclude dicendo che solo integrando e permettendo il flusso pieno dell‟energia nel corpo,
vivendo secondo il principio di essere fedeli a se stessi, ed estendendo tale principio alle
persone intorno, approcciandole con grazia e mantenendo un legame con un ordine
superiore, l‟uomo possa raggiungere la vera “spiritualità nel corpo”.

3.3 Ultime considerazioni.


Nel lavoro di Lowen s‟intrecciano tutto il tempo, la dimensione mentale e quella fisica.
Corpo, psiche, emozioni, spirito sono intimamente interconnessi. Lavorando su queste
dimensioni la persona può ripulire memorie, traumi e può ricostruire, ritrovare la propria
forza. La forza ci fa sentire integri, degni, abili. Ritroviamo il posto nel mondo, riusciamo
ad affrontare situazioni in cui avremmo manipolato, ci saremmo scusati, avremmo mentito.
La forza nel corpo si esprime a molti altri livelli anche quello spirituale e, grazie a Lowen,
abbiamo ricevuto in dono la possibilità di dare una cornice accademica e strutturata a
concetti che per lungo tempo sono stati considerati mistici ed esoterici.

46
3.4 Avi Grinberg - Il Metodo Grinberg®
Avi Grinberg66scoprì presto di avere una capacità naturale di entrare in contatto con il
dolore degli altri, di curarli e infine di influenzare il loro benessere generale.
Cercando un modo di implementare i suoi talenti naturali e poiché era per gran parte
autodidatta, s‟immerse nello studio del comportamento umano.
Parallelamente all‟acquisizione della teoria, esplorò le tecniche pratiche che offerte,
studiando diverse forme di massaggio, di lavoro con il corpo e le terapie somatiche. Per
sviluppare le qualità di rilassamento, di calma e concentrazione, praticò la meditazione, lo
yoga e le arti marziali. Lavorò inoltre come paramedico per due anni, accumulando
esperienza in campo medico.
Nel corso dei suoi viaggi ebbe la fortuna di incontrare guaritori indigeni delle tribù di
beduini nel Sinai e guaritori tribali in Sud America. Attraverso queste esperienze acquisì
una prospettiva totalmente differente nel considerare la cura della persona.
Dopo un decennio di lavoro con la gente, Avi Grinberg sperimentò un senso di frustrazione
e futilità poiché le persone divenivano interamente dipendenti da lui per il loro benessere.
Notò il verificarsi di uno schema ripetitivo: dopo il recupero coloro con cui aveva lavorato
ritornavano alla loro vita quotidiana e mesi dopo si ripresentavano nelle stesse condizioni
spesso peggiorate. Riconobbe che per curare in modo efficace, le persone dovevano essere
coinvolte personalmente nel loro processo di guarigione e di recupero.
Dopo aver praticato questo nuovo approccio per alcuni anni, un gruppo di persone gli
chiese di insegnare loro ciò che faceva. Quello che aveva praticato fino a quel momento in
modo naturale diventò una metodologia: il Metodo Grinberg. Sviluppò questo metodo per
insegnare agli altri a diventare operatori perché potessero insegnare alle persone a
migliorare il loro benessere e a creare nelle loro vite i cambiamenti che desideravano.
Aprì la prima scuola del Metodo Grinberg alla fine degli anni '80 in Israele.
Oggi continua la sua ricerca di sviluppo personale e professionale imparando di più sul
comportamento umano e usando questa conoscenza per sviluppare ulteriormente gli aspetti
del Metodo Grinberg. Istruisce e supervisiona gli insegnanti e i trainer del Metodo.
Avi Grinberg è autore di diversi libri tra cui La Riflessologia olistica (1989) e Foot
Analysis (1993). Il suo libro, La paura, il dolore e altri amici (1994), presenta i concetti di
base del Metodo Grinberg e offre modi pratici di utilizzo nella vita quotidiana. The
Magician‟s Call (1998) è il suo primo libro di narrativa. Questi libri sono stati tradotti in
molte lingue.
66
http//:www.grinbergmethod.com.

47
3.5 Il libro: La paura, il dolore e altri amici
In questa sezione presenterò il libro che Avi Grinberg ha scritto per illustrare alcuni dei
concetti fondamentali del Metodo Grinberg.
Nell‟introduzione Avi Grinberg parla di come gli esseri umani cerchino da tempo
immemore delle cure alla paura e al dolore. Dice di essersi messo egli stesso alla ricerca
della cura miracolosa leggendo molti libri, compiendo viaggi e riti, accostandosi a maestri
e sciamani di diverse culture per ritrovarsi sempre accanto alla paura e al dolore.
Lo scopo del libro non è quello di spiegare queste forze, né di analizzarle, né di fondare
una scuola di psicologia ma di offrire una metodologia alternativa che dia la possibilità alle
persone di avvicinarvisi.
Illustra la composizione del libro che consta di due parti: la prima teorica serve a
comprendere le due forze di cui si parla, la seconda pratica serve ad imparare a relazionarsi
in modo nuovo con la paura e il dolore.
Raccomanda di prendersi del tempo, nel corso della lettura, per riflettere sulla propria vita
ed osservare come paura e dolore abbiano giocato un ruolo e come ci si sia posti in diversi
contesti.
Conclude spiegando che il libro potrà portare cambiamento alle persone che sono capaci di
beneficiare della parola scritta e che s‟impegneranno nel mettere in pratica gli
insegnamenti.

I. Incontri con la Paura e il dolore


Quando lottiamo con la paura e il dolore nella nostra vita, acquisiamo una conoscenza
intima di queste forze e ci apriamo alla possibilità di mettere in campo e agire le nostre
qualità che ne risultano rafforzate e intensificate. Da questo processo affiora la bellezza e
la magia della vita. Come nelle favole e nei miti affrontiamo situazioni e problemi che
appaiono irrisolvibili ma nel corso delle azioni impariamo ad usare il coraggio, la
determinazione e sviluppiamo la nostra umanità espandendoci.
La paura e il dolore ci danno la possibilità di sviluppare la capacità di:
amare, avere rispetto di noi stessi, essere generosi, essere leali, essere creativi, sviluppare
la pazienza, improvvisare, ridere di noi.
La paura e il dolore appaiono frequentemente in momenti di crisi e superare uno stato di
crisi ci porta spesso ad una profonda trasformazione in cui abbiamo superato i limiti che di
solito ci auto imponiamo per andare oltre. Questa trasformazione e accrescimento porta
bellezza nella nostra esistenza.

48
II. I limiti dell’esperienza.
I limiti dell‟esperienza sono delineati dalla percentuale di potenziale che un individuo si dà
la possibilità di utilizzare.
Molte persone tendono a ripetersi al livello di pensiero, azione, emozione e al livello
corporeo di movimento e di percezione.
Il punto di riferimento è quella “posizione” dalla quale l‟individuo guarda, considera la
vita, e si relaziona alle cose. Definisce quindi una certa attitudine, un modo che la persona
ha di relazionarsi all‟esistenza. Spesso ci si è così abituati al proprio punto di riferimento
che lo si considera l‟unico possibile e non lo si mette mai in discussione, precludendosi la
possibilità di assumerne un altro. Qualsiasi cosa si ripeta nella nostra vita è il risultato di un
punto di riferimento fisso. Così, una persona agitata lo sarà sempre; la possibilità di
approcciarsi in modo calmo ad un dato evento sarà non solo impensabile ma impossibile.
Per farlo la persona in questione dovrebbe cambiare il proprio modo di vedere le cose ossia
il proprio punto di riferimento.
Il punto di riferimento si basa sulla cultura nella quale si è cresciuti, sulle abitudini
accumulate, sugli eventi che hanno lasciato un segno, sulle cose apprese e sulle attitudini
che la persona ha sviluppato.
Durante l‟esistenza la realtà intorno si modifica, i tempi, le mode e i contesti cambiano e
così dovrebbe essere per il punto di riferimento. Questo spesso non accade e dunque le
persone restringono il proprio campo d‟azione e d‟esperienza perché, per paura e per non
provare dolore, s‟irrigidiscono e non accettano di evolvere e cambiare. Uno dei risultati è
che le persone si rimpiccioliscono e costruiscono muri sempre più spessi che diventano la
propria difesa ma anche la loro prigione.

III. Reazioni comuni al dolore e alla paura


Il punto di riferimento è creato per affrontare le diverse situazioni della vita in modo
sempre uguale. Per far comprendere meglio il concetto Grinberg descrive dei “modi di
essere” in modo pronunciato ed estremo. Ecco l‟elenco:

Me il cavo da solo/a: alcune persone adottano questo punto di riferimento. Ogni data
situazione è presa come una lotta nella quale si deve superare la difficoltà senza chiedere
aiuto a nessuno. Sono persone che sembra non abbiano mai bisogno di nulla, che non

49
ridono molto. Una persona con questo schema, “stringe i denti e va avanti”, “punta i piedi
e procede”.
Alcune caratteristiche fisiche sono la mascella tesa, la tensione in mezzo agli occhi, il
mento rigido, la respirazione superficiale, spalle tese, muscoli tesi. I movimenti sono
nervosi e spesso la persona non è capace di rilassarsi pienamente.
Questa modalità di approccio alla difficoltà è considerata in diverse culture un rito di
passaggio. Il giovane deve superare la paura per diventare adulto e cavarsela da solo in
situazioni sconosciute. La differenza in questo caso è che la modalità “me la cavo da solo”
è richiesta una sola volta.

Ignorare. Se lo ignoro, non esiste: alcune persone che utilizzano questo meccanismo
ignorano i loro bisogni, sintomi, e sensazioni ma ignorano anche situazioni e persone che
le metterebbero in difficoltà. Le persone che ignorano sembrano sempre “essere altrove”,
non “essere presenti”. Questo modo di agire crea una rigidità nel corpo, gli occhi sono
piuttosto spenti, sono piuttosto freddi, e molto distaccati. La sensazione è di non poter
catturare la loro attenzione perché di fatto ignorano e appaiono indifferenti. La freddezza
che è richiesta nell‟ignorare è il prezzo più alto che la persona paga. Di solito porta nel
corpo a una certa rigidità e comporta la mancanza di empatia e di piacere nelle relazioni e
nel corpo. Colui che ignora spesso lo fa automaticamente e pertanto ignora il fatto di
ignorare avendo tagliato fuori tutta una fetta di esperienza.

Dare spiegazioni: spiegare e spiegarsela è uno dei modi in cui le persone superano la paura
e il dolore nel mondo occidentale. Molte persone usano la spiegazione per rendere le cose
meno paurose o meno dolorose. Il prezzo che si paga è smorzare i colori della vita.

Abbandonare: le persone che praticano questo punto di riferimento annullano e reprimono


le proprie passioni e desideri. Abbandonare implica spesso una certa dose di
autocompatimento e di sacrificio.
Potrebbe sembrare che queste persone siano deboli ma in realtà questa è una percezione
sbagliata. Abbandonare richiede molto autocontrollo sulla propria frustrazione, e
disciplina. Le persone che abbandonano sono spesso testarde e tendono ad avere delle
ideologie di sacrificio, c‟è sempre qualcuno o qualcosa di più importante di sé.
Grinberg parla di persone che in certe situazioni hanno abbandonato dei sogni o delle
aspirazioni descrivendo la sensazione come se qualcosa “morisse dentro di loro”

50
Al livello fisico il corpo sperimenta prolassi, gonfiori, pesantezza e lassismo. C‟è poca
vita, poco movimento, c‟è invecchiamento precoce, c‟è la resa.

Confusione: la confusione permette alla persona di non assumersi la responsabilità di


quello che sta accadendo. Le persone confuse dichiarano di esserlo e quindi di non poter
avere a che fare con quello che sta accadendo. Non riescono a prendere delle decisioni a
comunicare chiaramente a focalizzarsi. Spesso la confusione è accompagnata dall‟esigenza
di fare urgentemente qualcosa senza sapere cosa, il che crea ancora maggiore confusione.
Nel corpo è una sensazione di mancanza di punti fermi e di corsa continua.

La paralisi: può anche essere chiamata panico e le persone riportano la sensazione di non
potersi muovere. Spesso questo meccanismo appare nelle persone che sono fobiche
esponendole a volte a un vero pericolo.

IV. La paura e il dolore come insegnanti. La posizione dello studente.


Paura e dolore ci insegnano lezioni che possono essere dure, non volute, forti.
Sono insegnanti che non chiedono il permesso e che continuano ad erogare la propria
lezione nonostante le nostre resistenze e le nostre lamentele.
Queste forze nella nostra vita ci insegnano innanzi tutto ad esser umili e per esserlo
dobbiamo darci la possibilità di cambiare il nostro punto di riferimento si abbandonare il
vecchio per il nuovo. L‟umiltà ci fa accettare di avere una vita dinamica, consci che il
viaggio è più importante della meta. Ci conduce ad accettare che il nostro destino come
umani è di avere a che fare con queste forze in ogni caso e ci conduce ad abbracciare la
nostra posizione di studenti e di abbandonare quella di saccenti, testardi, orgogliosi.
Parlando con alcune persone che hanno scelto di abbracciare la posizione di studenti Avi
Grinberg riporta che il loro motore, lo stimolo che li fa avanzare è la passione per la vita.
Una passione che riscalda il cuore e che abbraccia il mondo.
Lo studente accetta di fare quello che è necessario adattandosi alle richieste degli
insegnanti, accetta di non sapere, accetta di conoscere attraverso l‟esperienza; conoscerà e
imparerà nuovi punti di riferimento ed è determinato a non abbandonare.
Con il tempo imparerà la disciplina, che lo condurrà a poter passare da un punto di
riferimento ad un altro, adattandosi alla vita diventando flessibile. (quello che oggi
chiameremo resilienza).
Ognuno deve iniziare ad imparare partendo da dove si trova.

51
Per farlo deve riconoscere i propri punti di riferimento, formatisi nel corso della propria
esistenza ed esercitati a lungo.
Deve essere d‟accordo a constatare quanto questa fissità nella vita lo abbia portato a
ripetere sempre le stesse cose e quindi a restringersi e a restringere le proprie esperienze.

V. La pratica
Quello che influenza la nostra esperienza in ogni momento è la cultura nella quale siamo
nati, le conclusioni personali che abbiamo tratto dalla nostra vita, le cicatrici e la forza che
riconosciamo di possedere.
Essenziali per imparare sono la curiosità, il desiderio di praticare, il credere di poter
cambiare le cose, la volontà di muoversi e anche il fatto di vedere l‟apprendimento come
una avventura, qualcosa che ci porterà a trasformarci in una persona diversa che sarà
capace di cose nuove.
Ognuno di noi sa di esser il proprio più feroce nemico e sa dunque di dover sviluppare una
strategia per continuare ad imparare senza rimanere ancorato alle scuse e ai blocchi che
spesso gli impediscono di procedere.
La domanda cruciale ora è: dov‟è il nostro punto di riferimento? È nel nostro corpo.
Il corpo impara attraverso la ripetizione. Una persona impara a diventare qualcosa quando
certe situazioni si ripetono ed egli reagisce sempre nello stesso modo. Queste ripetizioni
creano uno schema che diventa automatico e automaticamente si ripete.
Noi siamo il nostro corpo, anche se possiamo provare filosoficamente di essere di più di
questa casa temporanea, è chiaro che viviamo attraverso il nostro corpo.
L‟apprendimento avviene attraverso il corpo, attraverso le sensazioni e l‟esperienza.

VI. Condizioni ideali per allenarsi


Create una situazione nella quale la vostra attenzione non è distratta e nella quale sarete in
grado di concentrarvi e dirigere la vostra intenzione su una cosa.
Lo studente: sa che imparerà qualcosa di nuovo che desidera incontrare, non è preso con
pensieri che lo portano altrove, ha provveduto a soddisfare tutti i bisogni fisici, è vestito
con abiti comodi e non costrittivi.
La stanza ideale è una stanza in cui non vi sono stimoli eccessivi al livello visivo, olfattivo
uditivo, servono un materassino e una coperta, la luce deve essere diffusa e la temperatura
della stanza piacevole.

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In queste condizioni lo studente si ricorda che desidera allenarsi in modo da usare la paura
e il dolore come forze propellenti creando un cambiamento nel suo punto di vista nei
confronti della vita.

VII. Lasciare lavorare il corpo


Il corpo lavora tutto il tempo. Milioni di funzioni avvengono e sono state studiate al livello
anatomico, chimico e fisiologico.
Lasciar lavorare il corpo è un concetto che descrive un paradosso. Da un lato è un punto di
abbandono, di abbassamento del controllo, dall‟altro è un lavoro che necessita controllo,
direzione e risultati.
È un concetto che descrive uno stato nel quale fermiamo una forma di attività , dei
comportamenti o delle interferenze e lasciamo che il corpo faccia quietamente il suo lavoro
senza dargli fastidio.
In questa condizione siamo consapevoli del fatto che manteniamo un punto di riferimento
che ci mantiene in uno stato di stasi e così facendo non permettiamo al nostro corpo, che è
il nostro potenziale di esprimersi.
Possiamo usare il lavoro del corpo per avere a che fare con un sintomo cronico che
desidereremmo modificare oppure possiamo usarlo per aumentare il nostro potenziale.
Più il nostro corpo è imprigionato in un punto fisso di riferimento, maggiori e più spessi
saranno i filtri che separeranno l‟individuo da se stesso riducendo l‟intensità della
esperienza.
La domanda che chiede “come si fa a far lavorare il corpo” è simile a quella che si rivolge
al monaco zen; “se non interferiamo, accade. Le spiegazioni sarebbero artificiose, mistiche
e questo ci parla della nostra incapacità di esprimere l‟esperienza del corpo. Il linguaggio è
troppo ristretto per contenere l‟enormità di sensazioni e azioni che si susseguono. L‟unico
modo per imparare cos‟è lasciare lavorare il corpo è viverlo o come dice il saggio
all‟allievo “tu saprai quando lo saprai”.
Nella pratica possiamo partire da un dolore presente nel corpo. Sdraiarci, chiudere gli
occhi e focalizzare la nostra attenzione sul dolore. Incontreremo a questo punto tutte le
interferenze che fanno parte del nostro punto di riferimento, per esempio potremmo notare
pensieri di critica nei confronti di quello che stiamo cercando di fare, noia, fastidio,
sensazione di stanchezza etc. Tutte queste interferenze ci impediranno di focalizzarci sul
dolore. Nostro compito è imparare a mantenere l‟attenzione lì dove abbiamo deciso

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respirando e prestando pienamente attenzione al dolore per cercare di lasciare al corpo la
possibilità di “lavorare”.
Se quello con cui vogliamo lavorare è una paura possiamo entrare nella stanza di
allenamento con la cosa che ci mette in difficoltà, che sia l‟incontro con una persona cui
vogliamo dire qualcosa, che sia l‟esame, la conferenza, una serata importante, la paura di
avere successo etc.
Porremmo dunque l‟attenzione sul dolore o sulla situazione che ci fa paura e inizieremo a
respirare e a prestare attenzione al lavoro del corpo che potrà manifestarsi in un cambio di
temperatura, in una contrazione/rilassamento di muscoli, nel bisogno di muoversi, in un
tremore, o nella percezione di una corrente/ pulsazione nel corpo piuttosto che prurito. La
persona imparerà a riconoscere movimenti e sensazioni che di solito gli sono impedite
dallo schema e che inizieranno a manifestarsi. Apriremo la possibilità al nuovo di
accadere.

VIII. Prendersi la responsabilità della propria vita


Assumersi la responsabilità della propria vita significa relazionarsi in modo responsabile
nei confronti dei nostri punti di riferimento e delle nostre reazioni alle cose che ci fanno
paura o che ci addolorano. Significa prendere le redini e condurre/condurci anche quando
tutto dentro di noi ci dice di tornare ad essere quello che siamo stati abituati ad essere.
Quindi se abbiamo paura di stare da soli perché stare soli, significa “pericolo” e decidiamo
di andare a fare un viaggio in solitaria perché è questo che vorremmo, dobbiamo mettere in
conto che mille spie si accenderanno e che probabilmente dei fastidi al corpo
compariranno. Possiamo comunque mantenere la disciplina di accogliere la paura e il
dolore e trasformarli in energia senza farci limitare per compiere il nostro viaggio e tornare
trasformati. Torneremo e avremo imparato mille cose e probabilmente fra cui quella che il
vecchio punto di riferimento “solo è pericoloso”, è falso. Tutto questo costruirà nel tempo
la fiducia in noi stessi. Affrontare le nostre paure e i nostri dolori ci darà la possibilità di
constatare che il passaggio, seppur travagliato, è possibile e ci permetterà di ritrovarci
dall‟altra parte del tunnel vivi, più forti, più fiduciosi.
Si tratta dunque di abbracciare la possibilità di essere studenti nella vita, di vederla come
una avventura, un viaggio, una possibilità. Significa darci la possibilità di sbagliare, di non
sapere, di cadere ma anche di trionfare, di ricevere di essere sorretti e trasportati da mani
amichevoli e a volte invisibili.

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Il libro comprende tre esercizi molto dettagliati da praticare, che qui non descrivo perché
non ritengo siano necessari.
Si conclude dicendo che la nostra storia e chi siamo è nel nostro corpo. Richiamare alla
memoria un evento del passato ci porta a sentire determinate sensazioni nel corpo, ad avere
una certa emozione immagini o pensieri che riaffiorano alla mente. Quest‟abilità del corpo
è quella che ci permette di lavorare su di noi per ripulire vecchi ricordi, lasciare affiorare
emozioni o sensazioni nascoste e trasformare la nostra vita.
Concludo trascrivendo le ultime parole che chiudono il libro e che di sicuro rappresentano
la motivazione che sta alla base del lavoro di Avi Grinberg.

Last Words 67
This book can be seen as a question, an investigation, an opportunity… or maybe just as a
waste of time.

The day I asked my history what it wanted from me,


It answered that it wanted to live forever.
In order to do so , it was preserving me like a mummy wrapped inside it.

The day I asked the coward that I am


Why not be afraid….

The day I asked pain how big it was compared to me

The day I stopped wanting things to last forever,


I discovered that there never had been any “good old days”

The day I wanted to love, burn, shine, and breathe so deeply that the sky would open…

….was the day I’ve heard my Creator command me to live an existence full of life, an
existence that makes use of all the gifts he equipped me with – fear and excitement, joy and
pain, jealousy and loyalty, sadness and anger

67
GRINBERG A., Fear and Pain and Other Friends, 1994.

55
3.6 Il ruolo del corpo nel Metodo Grinberg

Il lavoro con il Metodo Grinberg avviene attraverso il coinvolgimento costante del corpo.
Per questo la scuola per imparare a diventare professionisti del Metodo Grinberg dura tre
anni, e alla fine di ogni anno il futuro professionista deve superare un esame portando in
supervisione il lavoro svolto con un cliente. Questo serve a sviluppare una visione e una
strategia d‟insieme dove ci si assicura che non vi siano speculazioni mentali ma s‟impari a
gestire il lavoro con le reazioni e i punti di riferimento che limitano la persona, in modo
che possa riscoprire talenti e possibilità una volta superate le abitudini.
Il processo dunque è di apprendimento; le mani, le parole del professionista servono a
guidare l‟attenzione del cliente.
Per svolgere questo lavoro è dunque necessario sviluppare moltissima attenzione all‟altro,
empatia e al contempo distacco. Bisogna accompagnare le persone nel loro percorso di
apprendimento senza mai interferire, dare pareri o peggio consigli. Il lavoro è di
trasformazione personale, è riconoscere l‟ostacolo sulla strada e insegnare alla persona a
superarlo.
I. Come si usa il corpo
I movimenti che avvengono e che compongono un processo di apprendimento sono sempre
due: da un lato la persona impara degli esercizi e delle pratiche fisiche che la aiuteranno a
sviluppare delle qualità, per esempio la concentrazione, il silenzio, l‟attenzione al respiro,
la padronanza del movimento in una certa zona del corpo.
Dall‟altro imparerà il lavoro con il proprio punto di riferimento, reazione. In questa fase
per lavorare si sceglie sempre una situazione o un insieme di situazioni nella quale la
persona incontra la difficoltà. L‟allenamento avverrà nella stanza di lavoro ma anche nella
realtà. La persona imparerà a gestire lo schema ad assumere il controllo in modo da
scegliere cosa fare, essere, dire, e come gestire una certa situazione o situazioni simili.
Spesso durante il percorso sintomi fisici ricorrenti o persistenti scompaiono perché la
persona smette di ripetere una certa posizione che riflette anche una posizione nei confronti
della vita.
La persona acquisisce strumenti, aumenta il suo livello di energia e vitalità, impara ad
accorgersi quando ripete uno schema e si migliora, supera vecchie paure e dolori e
recupera qualità della vita e libertà personale.
In una recente intervista molti ballerini della Batsheva Company hanno parlato del loro
incontro con Avi Grinberg e del lavoro svolto per insegnare loro un uso ancora più

56
consapevole del corpo. Il video, disponibile su You Tube, descrive nelle parole dei
ballerini, la ricchezza di un approccio che ci dà la possibilità di conoscerci attraverso la
cosa più reale che abbiamo, il nostro corpo.
Il Metodo Grinberg può essere dunque applicato a tutti gli ambiti, e insegnato al singolo
come ai gruppi.

57
3.7 La mia storia con il Metodo Grinberg e l’apprendimento attraverso il corpo

Ho iniziato la scuola nel 1994. Soffrivo di asma e dopo aver fatto tutte le visite del caso e
aver capito che la via sarebbe stato il cortisone tutta la vita mi misi alla ricerca.
Portai in tasca il nebulizzatore per i successivi due anni ma nel frattempo iniziai ad
imparare quello che sarebbe diventato il mio lavoro.
Il mio punto di riferimento preferito era “non posso”. Non potevo nulla, neanche respirare.
Avevo molta paura. Paura della vita, delle cose nuove, volevo essere forte ma mi sentivo
debole e anche molto spaventata.
Mi ricordo molto bene le prime sessioni in cui la persona guidava la mia attenzione e mi
insegnava a respirare. Mi insegnava a prendere aria e guidava la mia attenzione in modo
che prendessi spazio. Io non potevo prendere spazio quindi la mia cassa toracica era rigida,
non si muoveva tanto, era bloccata. Recuperare spazio mi faceva un gran bene. Uscivo
dalle sessioni e per un po‟ di tempo mi sentivo meglio e imparavo a gestire la mia cassa
toracica e imparavo esercizi per ammorbidirla. Mentre praticavo gli esercizi per il respiro
la mente si calmava, e tutto tornava in proporzione.
Non starò qui a scrivere della mia storia personale e delle conclusioni che ne trassi, oggi
sono però certa che questo lavoro sia stato per me il veicolo di una vita migliore e che mi
abbia portato a godere della mia vita e mi abbia permesso si essere in ottima salute.
Per me oggi una cosa è vera se nel mio corpo risuona bene. Ogni percorso che affronto ha
un senso se mi trasforma anche al livello fisico. L‟università per esempio mi ha insegnato a
pensare in un modo diverso, più grande e contestualizzato e nell‟espressione di me ho
sicuramente guadagnato da questo percorso. Al livello fisico la sensazione quando penso è
diversa; sono quindi cambiata.
Posso dire di essere più in salute di due anni fa? Io asserisco di sì.

3.8 Cosa vuol dire essere in salute e prendersi cura di sé

Essere in salute significa darsi la possibilità di esprimersi e di essere a casa nella propria
pelle. Se abbiamo paura, se continuamente coltiviamo vecchi rancori, se pretendiamo di
avere sempre ragione, se ci lamentiamo continuamente non potremmo dire di avere una
vita sana.
In una visione non olistica, limitata e settoriale, si potrebbe dire, per esempio, che
lamentarsi sia una cosa innocua, una cosa che fa parte della personalità, la persona è fatta

58
così e non si può fare nulla; si potrebbe dire che la persona debba in qualche modo cercare
di limitare il lamentarsi, ma che no, non è una cosa che danneggia la persona. Per molti il
lamentarsi non è neanche qualcosa che debba essere preso in considerazione, non si va dal
professionista perché ci si lamenta, è il carattere.
Questa visione così diffusa e così poco lungimirante dell‟essere umano ci rimpicciolisce e
ci relega in una posizione di vittime e non ci offre la possibilità di vedere molti tratti del
nostro “carattere” come aspetti di noi di cui faremmo bene a prenderci cura per avere una
buona vita e per migliorare anche la vita di chi ci sta intorno.
Non è solo il manager, lo sportivo professionista, il dirigente, che debbono avere la visione
della vita in cui migliorarsi è un must. Dovremmo averla tutti, con la consapevolezza che
migliorarsi significa essere in salute ed essere in salute significa avere relazioni, risposte
emotive, psicologiche e fisiche che ci permettono di dare il meglio nelle diverse situazioni
della vita contribuendo a creare una esistenza migliore per noi e per coloro che ci stanno
intorno.
Uno studio sul lamentarsi ha messo in evidenza che tale pratica ha un effetto sia al livello
cerebrale che al livello del sistema immunitario.
Un articolo del 2018 di Mariangela Curtone sul “Giornale” recita:
“Sfogarsi, rimuginare su un problema, esprimere pareri negativi può essere liberatorio ma
va fatto con moderazione.
Il lamento è una modalità della mente che non aiuta per niente a risolvere i propri
problemi. Quando ci lamentiamo nel nostro corpo si attiva la produzione si cortisolo,
l‟ormone dello stress. Quest‟ormone ha effetti sull‟ippocampo, zona del cervello che ha
importanza nel processo di apprendimento ed è responsabile della memoria e dell'
immaginazione. Non ci stupiamo dunque se, dopo aver subito le lamentele di un nostro
amico, ci sentiamo poco creativi, tristi e depressi.
Uno studio condotto dalla Stanford University68 ha dimostrato che una mezz‟ora di ascolto
di lamentele è “pericolosa” perché i neuroni ne risentono e perdono la capacità di elaborare
creativamente delle soluzioni. Essi vanno letteralmente in "modalità off" perché il cervello
attraverso le sinapsi cataloga gli impulsi ricevuti e reputa le lamentele di basso livello. Da
non sottovalutare anche gli effetti negativi sull‟organismo come l‟abbassamento delle
difese immunitarie e in particolare sull‟apparato digerente che può riscontare l‟insorgere di
coliti e gastriti”69…..

68
https://www.news.stanford.edu/pr/96/960814shrnkgbrain.html
69
http://www.ilgiornale.it/news/life/4-motivi-lamentarsi-meno-1556901.html

59
Possiamo comprendere come una cosa considerata così banale da molti faccia male non
solo a chi si lamenta ma anche a chi riceve le lamentele.
Oggi grazie alla rete possiamo imparare e scoprire personaggi del calibro di Michael
Merzenich, che nei suoi studi sulla neuro plasticità insegna come il cervello sia predisposto
al cambiamento e che possa imparare continuamente cose nuove.
In un fantastico TED Talk del 200470, Merzenich dice che tutti i milioni di informazioni
che arrivano a noi, producono come risultato noi, la nostra incarnazione. Il fatto di ricevere
informazioni, ci produce. Noi siamo costruiti, siamo creati, nel nostro cervello attraverso
un cambiamento fisico che produce la nostra unicità. Siamo il frutto di storie ed esperienze
diverse, che ci portano ad una grande differenziazione. Parla a lungo e termina dicendo che
per mantenere una buona salute dobbiamo allenare il nostro cervello imparando sempre
qualcosa di nuovo in modo da mantenere il nostro corpo in salute con una buona qualità di
vita fino alla vecchiaia.

70
https://www.ted.com/talks/michael_merzenich_on_the_elastic_brain?language=it#t-810878

60
3.9 Proposte di intervento
Per concludere questo lavoro desidero proporre tre possibili interventi nelle scuole con i
bambini delle elementari, i ragazzi delle media e quelli del liceo.

Bambini delle elementari (a partire dalla terza)


Con i bimbi sceglierei di lavorare su un insieme di lezioni da base:
- attenzione al respiro. Respirare mettendo le mani sulla pancia, sul torace, sulle spalle.
- storie per imparare a gestire il dolore. Insegnerei loro attraverso delle storie a respirare
quando si fanno male e a rilassarsi nel dolore. Questo punto è fondamentale. La gestione
del dolore, che per il nostro corpo non fa differenza se derivi da un calcio o da un
tradimento, è essenziale nella nostra vita. Respirare nel dolore e rilassarsi significa
imparare a contenerlo e a non costruire sovrastrutture per difendersi.
- movimento e controllo del movimento nelle varie zone del corpo con la musica. Esercizi
per prendere confidenza con le varie zone del corpo. Divertimento e scoperta.
- descrizione delle sensazioni nelle varie zone del corpo. Usare la fantasia per descrivere le
sensazioni nel corpo. Dipingere per condividere i super poteri che possiamo sentire di
avere.
- imparare ad usare i suoni e il movimento per creare la concentrazione. La voce ci fa
vibrare e la vibrazione fa bene al corpo e crea diversi tipi di sensazione.
- esercizi di coppia e in gruppo per imparare a prestare attenzione all’altro e a cooperare
per raggiungere uno scopo potenziandosi. Poniamo le basi per la cooperazione e il
potenziamento reciproco, attraverso il gioco, il contatto la sperimentazione delle paura di
mettersi in gioco con un compagno nuovo o che non si conosce tanto. Approcciare il nuovo
con fiducia.

Ragazzi delle scuole medie


Dagli 11 ai 13 anni si iniziano a sperimentare molte dinamiche sociali.
Creerei un progetto che, oltre ad includere le precedenti lezioni, erogate adattandosi alle
esigenze dei più grandi, includesse anche la comunicazione.
- comunicare. Si può comunicare per passare un‟informazione, un messaggio, per
sottendere un messaggio, per esprimere la propria volontà, per dichiarare qualcosa.
Comunicare è fondamentale. Imparare a dire con chiarezza quello che si desidera dire è
parte essenziale per poter ricevere risposte altrettanto chiare ed è la base per non essere in
alcun modo travisati o manipolati. Questo ci dà una sensazione di forza e di controllo che

61
aumentano la nostra autostima. Il sopruso è spesso legato alla certezza di non essere accolti
e al conoscere solo la violenza come forma di comunicazione.
- il coraggio. Condividere il proprio pensiero con chiarezza e determinazione richiede
coraggio, che è una qualità che va allenata per poter essere utilizzata. Allenare il coraggio
sviluppa l‟abilità di gestire la paura. Superare la paura permettendola, sviluppa coraggio
altrimenti si avrà solo durezza, imposizione, orgoglio.
- il non giudizio. Cosa è un giudizio? È importante esprimerlo? se si quando? Cosa fa il
giudizio all‟altro e cosa crea il giudizio nel nostro corpo?
- il rispetto. Il corpo e lo spazio. La gestione dello spazio intorno per una convivenza
rispettosa e attenta dell‟umano e del pianeta in cui viviamo. Il rispetto del corpo, imparare
a sentire ciò che fa bene e a scegliere quello che ci nutre e fortifica e non quello che le
credenze impongono. Rispettare la propria unicità per rispettare quella degli altri.

Scuole superiori
A tutti i contenuti esposti finora aggiungerei il lavoro con una reazione automatica e
ripetitiva e il lavoro con il personaggio.
- reazione. Imparare a gestire una reazione è un insegnamento prezioso. Permette al
ragazzo di riconoscere un proprio limite e lavorarci da solo seppur nel contesto della
classe. Significa non avere la risposta ma impararne di nuove scoprendo in sé qualità e
possibilità ancora inesplorate.
- il personaggio descrivere il personaggio, cioè il modo di essere che utilizziamo più
spesso, ci aiuta a smontarlo e ci dà la possibilità di utilizzarlo in modo chiaro e puntuale se
necessario, lasciandolo da parte quando indesiderato.

62
Conclusioni.
Da sempre l‟uomo si confronta con proprio benessere, che sia soddisfare i bisogni di base o
di trovare il modo di esprimere la propria unicità.
In questo lavoro ho cercato di mettere in luce tre aspetti che i stanno molto a cuore:
1- Facciamo parte di un sistema in cui noi influenziamo noi stessi, le persone che ci stanno
intorno e il mondo e poiché un sistema è più della somma delle sue parti, possiamo fare la
differenza.
2 - Ognuno di noi ha una grande responsabilità, non solo del suo personale corpo, “orto”.
3 - Siamo esseri dotati di una straordinaria capacità di imparare, imparano anche gli
animali o le piante, ma noi impariamo in modo più profondo, dettagliato, astratto. Imparare
ci permette di affrontare la vita in modo diverso e porci domande nuove, in modo da
renderla interessante.
Imparare a riconoscere i propri limiti, lavorare per superarli ci permette di entrare in
contatto con la nostra forza ma anche con l‟umiltà che deriva dal fatto di vedere
chiaramente ciò che ancora non sappiamo fare o essere. È un mix perfetto fra vulnerabilità
e abilità di poter essere tutto ciò che si desidera.
Credo profondamente che se ogni essere di questo pianeta ponesse la propria attenzione sul
profondo legame che ci unisce tutti, piante, animali, rocce, mari, umani e ponesse come
obiettivo di considerare questa relazione di tutto con tutto in ogni sua azione, potremmo in
breve tempo migliorare la qualità di vita personale e globale.
Credo che tutti i contesti di cui ho parlato dovrebbero essere insegnati nelle scuole,
affinché imparare ad esprimere il proprio potenziale non fosse appannaggio o lusso di
pochi ma diventasse patrimonio culturale comune.
Concludo citando il sommo poeta che della ricerca fece la propria vita.

Nel verso 119 del canto XXVI dell‟Inferno di Dante Alighieri Ulisse si rivolge ai suoi
compagni per spronarli a continuare il loro viaggio oltre le colonne d‟Ercole, confine
ultimo del mondo allora conosciuto. Ulisse conclude così il suo appassionato appello:
“Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e
canoscenza”.71
Oltre ciò che conosciamo, oltre le nostre origini, possiamo espandere la nostra conoscenza
e scoprire le nostre virtù. Questo è ciò per cui siamo nati.

71
ALIGHIERI D., La Divina Commedia, verso 119 canto XXVI.

63
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