Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Psicologia cognitiva
Pagina 1 di 106
SOMMARIO:
1 COSA È LA PSICOLOGIA COGNITIVA.............................................................................................................. 11
Pagina 2 di 106
3.1 Che cos’è l’attenzione?........................................................................................................22
3.1.1 Proprietà dell’attenzione...............................................................................................22
3.1.1.1 L’attenzione è limitata.................................................................................................22
3.1.1.2 L’attenzione è selettiva................................................................................................22
3.1.1.3 L’attenzione è parte dell’architettura cognitiva di tutti..............................................22
3.1.2 Lo spotlight: metafora per l’attenzione.........................................................................23
3.2 Il magazzino sensoriale: piattaforma dell’attenzione..........................................................23
3.2.1 Capacità del magazzino sensoriale................................................................................24
3.2.2 Durata e decadimento dell’informazione nel magazzino sensoriale.............................24
3.2.3 Codifica delle informazioni nel magazzino sensoriale...................................................24
3.3 L’attenzione come filtro dell’input sensoriale.....................................................................25
3.3.1 Attenzione per le caratteristiche fisiche........................................................................25
3.3.2 Attenzione per il contenuto...........................................................................................25
3.3.3 Attenzione per la rilevanza.............................................................................................25
3.4 Processi attentivi automatici e controllati...........................................................................25
3.4.1 L’elaborazione automatica.............................................................................................26
3.4.2 L’elaborazione controllata.............................................................................................26
3.4.3 Perché due tipi di processi attentivi...............................................................................26
3.4.4 I pericoli dell’automaticità.............................................................................................26
3.5 L’attenzione è una risorsa....................................................................................................27
3.5.1 Attentional blink.............................................................................................................27
3.5.2 Cecità da ripetizione.......................................................................................................27
3.5.3 Cecità al cambiamento...................................................................................................27
3.5.4 Cecità da disattenzione..................................................................................................28
3.6 Neuropsicologia dell’attenzione..........................................................................................28
3.6.1 Simultaneoagnosia.........................................................................................................28
3.6.2 Eminegligenza................................................................................................................28
3.6.3 Disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD).................................................28
3.6.4 Malattia di Parkinson.....................................................................................................29
4 RICONOSCIMENTO DI PATTERN................................................................................................................... 30
Pagina 10 di 106
1 COSA È LA PSICOLOGIA COGNITIVA
La psicologia cognitiva, o studio scientifico della cognizione, è la branca della psicologia che studia:
i nostri processi mentali
il modo in cui essi influenzano le nostre capacità di interazione con il mondo circostante
I giudizi che formiamo sulle nostre esperienze sensoriali sono il risultato dei nostri processi interni,
ovvero delle trasformazioni delle stimolazioni fisiche, e non di ciò che i nostri sensi percepiscono.
Un esempio di ciò è l’effetto della distanza simbolica, in cui il tempo necessario a decidere quale
tra due cerchi ha diametro maggiore aumenta col diminuire della differenza tra i due cerchi; ciò
accade non perché vari la percezione, ma per il processo cognitivo sottostante (cfr. capitolo 8).
[Si verifica anche per i ciechi (immagine mentale orologio)].
Un esempio di ciò è l’effetto del raggruppamento per categoria, in cui quando ascoltiamo liste di
parole che appartengono a determinate categorie, poi tendiamo:
a ricordare parole non presenti nella lista ma compatibili con le categorie utilizzate
a ricordare insieme parole presenti nella lista quando appartenenti alla stessa categoria
In realtà, la spiegazione dell’attività umana necessita di teorie dei processi mentali (Chomsky 1959)
nascita della psicologia cognitiva, caratterizzata da 4 linee di studio:
1. percezione umana
2. fattori umani
3. simulazioni computerizzate del comportamento umano
4. neuroscienze cognitive
Infatti noi assimiliamo gli oggetti delle nostre esperienze sensoriali e le trasformiamo in strutture
dotate di organizzazione, costruendo un intero che è più della somma delle parti (es. è la melodia
che è più di una successione di suoni) [cap. 4 riconoscimento di pattern]
Inizialmente denominato human engineering, si occupava delle cause degli incidenti dovuti ai
piloti o agli operatori radar.
Pagina 12 di 106
1.2.3 Simulazione computerizzata del comportamento umano
La SC fu inizialmente utilizzata per sviluppare modelli del pensiero basati sulle ricerche della
Gestalt e della psicologia dei fattori umani.
3 importanti obiettivi:
1. scoprire come il cervello contribuisce all’attività cognitivas
2. usare scoperte neurologiche per testare teorie cognitive sul funzionamento della mente
3. trovare trattamenti per malattie neurologiche invalidanti
Il pioniere fu Pierre Paul Broca che iniziò lo studio degli effetti cognitivi e comportamentali di
traumi al cervello. Oggi si utilizzano tecniche di brain imaging.
Psicologia cognitiva e neuroscienze cognitive fanno parte della più vasta scienza cognitiva, che
riunisce le molte discipline dedicate allo studio dell’attività mentale e del comportamento
intelligente, con lo scopo di capire:
come le persone interagiscono in modo intelligente con l’ambiente
come i processi cognitivi si riflettono sul comportamento umano
Pagina 13 di 106
1.3 I metodi di ricerca della psicologia cognitiva
Ricerca cognitiva
progettata per individuare ed esaminare i processi cognitivi fondamentali alla base del
pensiero e del comportamento
utilizza metodi di ricerca indiretti
Semplici misure di accuratezza sono in grado mostrare risultati interessanti, a volte contro-
intuitivi.
Ad esempio, ricerche hanno mostrato che i postumi di una sbornia della notte precedente non
influiscono sull’accuratezza di un compito di vigilanza.
Con tale metodo si è evidenziato, ad esempio, che le nostre rievocazioni riflettono le nostre
interpretazioni, i nostri ricordi e anche la nostra cultura.
La psicologia cognitiva assume che il tempo di reazione rifletta specifici processi cognitivi
(Donders) e che quindi più complesso è il compito, maggiore sarà il tempo necessario per
completarlo.
Tale metodo è molto usato nell’approccio HIP che separa i processi cognitivi in processi
temporalmente separati che spiegano ogni frazione del tempo che intercorre tra uno stimolo e
una risposta.
Utilizzando questo metodo si sono studiate le differenze nell’aritmetica mentale della somma tra i
bambini (metodo del minimo numero da contare sulle dita) e i ragazzi (accesso diretto alla somma)
Pagina 14 di 106
1.4 Questo libro
Presenta le teorie e i modelli, dei processi cognitivi che hanno un impatto sulla nostra vita,
derivanti da:
ricerche degli psicologi cognitivi
esperienze quotidiane
attività del mondo reale
A volte tali universali sono mascherati da aspetti individuali/di gruppo; un esempio è il linguaggio,
poiché, anche se esistono 600 lingue, tuttavia tutti ne parliamo una (salvo eccezioni).
Ma il cervello non è unicamente una grande rete di nervi interconnessi, infatti l’aspetto più
dinamico del sistema nervoso sono le sinapsi, lo spazio vuoto tra neuroni, e i neurotrasmettitori
che in esse vengono rilasciati a seguito del propagarsi di un segnale elettrico lungo l’assone.
Pagina 16 di 106
I due emisferi sono uniti in vari punti da fasci di fibre detti commessure, anteriore, ippocampale,
fornice e corpo calloso.
I due emisferi sono asimmetrici, anteriore dx e posteriore sx sono più grandi delle corrispettive.
2.1.4 Localizzazione cerebrale
La localizzazione funzionale è l’ipotesi che funzioni cognitive diverse siano realizzate in aree
distinte del cervello. Nasce con Josef Gall e la sua frenologia alla fine del ‘700.
Oggi si sa che vi sono aree più specializzate di altre in certi compiti, ma in genere il cervello agisce
in concerto.
Un’altra suddivisione del cervello, basata sul concetto di localizzazione funzionale, è quella in lobi:
lobo occipitale
o corteccia visiva primaria
lobo parietale
o tatto, gusto, vista
lobo temporale
o elaborazione dei suoni, linguaggio, memoria a lungo termine
lobo frontale
o attenzione, memoria, problem solving, comunicazione
La plasticità cerebrale, ovvero il fatto che esso sia modificabile con l’esperienza, risulta evidente
quando apprendiamo nozioni, modalità di comportamento e stimoli nuovi.
Infatti queste attività richiedono la riorganizzazione o addirittura la creazione ex-novo di
connessioni neuronali, detta neurogenesi.
Nasciamo con tale capacità di neurogenesi ed essa dura per tutta la vita, rendendo il nostro
sistema nervoso capace di una plasticità incredibile.
Pagina 17 di 106
L’EEG può essere utilizzato anche per individuare i cambiamenti transitori del segnale cerebrale,
chiamati potenziali cerebrali relati a eventi (ERPs), che si manifestano come risposta immediata a
dell’individuo a eventi.
2.2.2 rTMS – Stimolazione Magnetica Transcranica ripetitiva
Metodo che influenza l’attività elettrica di un’area del cervello sia in attivazione che in inibizione.
Funziona creando una debole corrente elettrica, tramite magneti posti in prossimità della testa
della persona.
Negli anni ’70 fu introdotta la PET (positron emission tomography) che permise di visualizzare
l’attività cerebrale di soggetti coinvolti in attività cognitive, dalla misura indiretta della quantità di
sangue che circola in una data area.
Nel circolo del soggetto viene iniettato un radionuclide, sostanza che emettono positroni
o radionuclidi sono creati in un ciclotrone, che aggiunge protoni ai nuclei di atomi
stabili, creando nuclei instabili il cui protone in sovrannumero decade in un
neutrone e un positrone (antielettrone) ad alta energia
o quando il positrone incontra un elettrone, avviene un processo di mutua
annichilazione, con produzione di 2 raggi gamma in direzioni opposte
La testa del soggetto viene circondata di rivelatori di raggi gamma, e gli eventi di
annichilazione sono solo quelli che inducono una rilevazione simultanea di raggi gamma
Elaborazione dell’immagine: il metodo sottrattivo
o registrazione dell’attività nell’esecuzione della sequenza di controllo
o registrazione dell’attività nell’esecuzione della sequenza di controllo + attività
cognitiva target
o sottrazione
o l’attivazione residua è peculiare del processo cognitivo target
(Es.: ascoltare la musica ed elaborare la musica utilizzano le stesse aree cerebrali)
Limiti:
o la risoluzione spaziale della PET è limitata a 6-8 mm, la distanza media del punto di
annichilazione dal radionuclide emittente
o la risoluzione temporale delle PET è limitata dalla velocità di decadimento del
radionuclide
Funzionamento della fMRI: basata sul fatto che ossiemoglobina ed emoglobina ridotta (o
desossiemoglobina) hanno proprietà magnetiche diverse.
Infatti la desossiemoglobina è paramagnetica, in quanto il ferro in essa contenuto è scoperto (a
causa della perdita dei 4 ossigeni che lo coprivano) ciò introduce una disomogeneità nel campo
magnetico che la circonda che causa una più rapida desincronizzazione dei protoni
all’interruzione dell’impulso RF
minore attività = maggiore concentrazione relativa di desossiemoglobina = minore T2 scuro
maggiore attività = minore concentrazione relativa di desossiemoglobina = maggiore T2
luminoso
Anche in questo caso, l’immagine viene ricostruita con il metodo sottrattivo (cfr. PET)
1) 50% del metabolismo energetico totale dei neuroni è devoluto al mantenimento del potenziale
di riposo di membrana ogni variazione sul potenziale (potenziali d’azione, ma anche eccitatori o
inibitori sottosoglia) avrà effetti sulla velocità del metabolismo tempi brevi
Pagina 19 di 106
2) 50% del metabolismo energetico totale dei neuroni è devoluto ad atri processi biochimici
necessari per il funzionamento delle sinapsi ogni variazione (patologica) di tali processi avrà
effetti sulla velocità del metabolismo tempi lunghi
la VF misura gli effetti transienti di uno stimolo sull’attività elettrica del neurone e gli effetti
persistenti di un’alterazione patologica della biochimica dei neuroni
Utilizzando la fMRI si è visto che, durante la rivalità binoculare, onde di attività della corteccia
visiva primaria V1, si propagavano da una subregione all'altra, accompagnando le variazioni
percettive. Onde di attività simili si propagavano alle aree visive secondarie adiacenti V2 e V3.
Se il soggetto veniva distratto, le onde in V1 continuavano, mentre quelle in V2 e V3 si fermavano.
L'attenzione dunque, mediata da segnali a feedback della corteccia parietale e prefrontale, è
risultata essere importante per la produzione di stati percettivi coscienti.
Anche l'analisi delle percezioni multisensoriali, che scaturiscono dall'attività di numerose regioni
cerebrali e che noi viviamo in modo unitario (problema del collegamento) sono importanti per
l'analisi degli stati di coscienza.
Dai risultati ottenuti tramite VF è stato ipotizzato che si ha un'esperienza cosciente e unitaria di
una percezione multisensoriale quando l'attività delle aree che partecipano a tale esperienza
diventa temporaneamente sincrona
Pagina 20 di 106
Infine è stato dimostrato che, quando uno stimolo induce non un ricordo completo, ma solo un
senso di familiarità, si registra che l’attività cerebrale è circoscritta a poche regioni essenzialmente
unimodali, mentre il ricordo cosciente attiva simultaneamente più regioni multimodali (come
avviene nella percezione multisensoriale).
James ha definito l’attenzione come la presa di possesso, da parte della mente, di una percezione
tra le tante disponibili simultaneamente il cervello non le elabora tutte allo stesso modo
Ha inoltre introdotto la suddivisione attenzione in due tipologie che si è verificato attivano sub-
regioni diverse del cervello:
attenzione passiva o esogena = automatica, sostenuta da stimoli esterni e transitoria; è spesso
coinvolta l’amigdala, in particolare per stimoli emozionalmente rilevanti
attenzione attiva o endogena = volontaria, sostenuta dall’ideazione e prolungata nel tempo;
sono coinvolte aree parietali all’interno del solco intra-parietale e aree frontali
In generale:
l’attenzione è controllata da una particolare rete di aree corticali e sottocorticali
si ritiene che segnali provenienti dalle aree corticali superiori fluiscano per via retrograda alle
aree corticali sensoriali, amplificando la rappresentazione sensoriale degli stimoli attesi
ciò provoca l’incremento dell’efficienza delle prestazioni comportamentali, associato
all’attenzione (alla percezione cosciente)
Pagina 21 di 106
Pagina 22 di 106
3 L’ATTENZIONE
In ogni momento della nostra vita quotidiana noi notiamo cose ed evitiamo di prestare attenzione
ad altre. Nel frattempo altri stimoli entrano ed escono dal focus della nostra attenzione.
A volte ci sembra di riuscire a mettere a fuoco la nostra attenzione su due stimoli per volta
(guidare ascoltando la radio). Tutto ciò grazie al nostro sistema attentivo.
Agendo da filtro, il nostro sistema attentivo influisce su come percepiamo il flusso degli stimoli in
entrata; è noto ad esempio che percepiamo meglio i colori quando vi prestiamo attenzione.
La capacità selettiva di focalizzazione è così rapida che si può essere momentaneamente non
consapevoli di tutti gli stimoli esclusi; ad esempio l’elaborazione preattentiva è attivata dal solo
stimolo che in una scena possiede una caratteristica unica (es un cerchio rosso tra tanti quadrati
rossi, o un quadrato blu tra tanti quadrati rossi).
Quando invece l’oggetto target ha delle caratteristiche con altri oggetti presenti nella scena,
l’elaborazione preattentiva non è sufficiente, ma è necessario l’ sforzo attentivo più consistente
della elaborazione attentiva focalizzata.
Pagina 23 di 106
Quando a persone di tutte le età sono presentati stimoli nuovi, si attivano le vie del:
Dove = posizione degli input sensoriali (dalla corteccia visiva/uditiva al lobo parietale)
Che cosa = attivazione delle informazioni per il riconoscimento degli oggetti custodite in
memoria (dalla corteccia visiva/uditiva al lobo temporale)
Quando uno stimolo non rappresenta più una novità e non cattura più la nostra attenzione, si ha
l’abituazione.
L’esempio del fascio luminoso è calzante rispetto ad alcuni aspetti del funzionamento
dell’attenzione:
a) l’attenzione può essere spostata (senza spostare gli occhi, ma solo come movimento
interno al sistema attentivo) e focalizzata come un fascio di luce
b) è necessario un certo tempo (60msec) per spostare l’attenzione da un oggetto a un altro
(noi pensiamo di fare due cose contemporaneamente, perché il nostro focus attentivo si
sposta da un all’altra a una velocità di cui non siamo consapevoli)
c) l’attenzione ha una risoluzione spaziale limitata, ovvero è più concentrata al centro e più
fioca alla periferia
(si può avere un effetto di interferenza dei flankers, ovvero degli elementi “che
fiancheggiano”, sullo stimolo centrale target solo entro un grado di angolo visivo in torno al
target stesso)
d) esiste anche un numero limite di item (4), detto span di apprendimento, a cui possiamo
prestare attenzione contemporaneamente e senza sforzo, con un processo di stima veloce
e accurata chiamata subitizing.
Tale limite è pari a 4 (percepiamo con immediatezza una linea, un triangolo, un quadrato),
per insiemi di item più numerosi siamo costretti a contare gli oggetti.
Studi del cervello realizzati con la PET mostrano che le aree del cervello attivate dal
subitizing sono le stesse a prescindere dal numero di item, ciò che cambia è il livello di
attivazione della corteccia visiva.
Per fare ciò disponiamo di un magazzino sensoriale o buffer di memoria o memoria sensoriale o
magazzino dell’informazione sensoriale (SIS), che è un sistema di memoria:
nascosto, perché raramente siamo consapevoli del suo funzionamento
composto di memorie tampone, ovvero che trattengono e separano gli stimoli in ingresso
da altri stimoli
suddivise per tipologia di input sensoriale (es. magazzino ecoico)
caratterizzato da capacità, durata, decadimento e codifica
Pagina 24 di 106
N.B.: il magazzino è importante anche per la normale elaborazione visiva, in quanto durante i
movimenti saccadici di spostamento degli occhi, sebbene l’attività visiva si interrompa tra due
fissazioni, noi non percepiamo alcuna interruzione perché la memoria sensoriale fornisce una
persistenza delle immagini che colma il divario tra le due fissazioni.
Sperling ipotizzò che ciò fosse causato dal fatto che l’informazione lasciava la loro memoria più
velocemente rispetto a ciò che riuscivano a verbalizzare.
Utilizzò allora la tecnica di resoconto parziale in cui gli item erano ordinati in righe e dopo la
presentazione i soggetti ricevevano immediatamente l’indicazione di quale riga leggere.
All’aumentare del numero degli item presentati aumentava anche il numero degli item riferiti.
Ciò suggerisce che forse non c’è un limite alla capacità della memoria sensoriale in quanto a
numerosità degli item, ma è piuttosto la velocità di decadimento degli item dalla memoria
sensoriale che è maggiore della velocità con cui riusciamo a riferirli.
Sulla base di tale evidenza, si è poi studiato il fenomeno del mascheramento tra due item, ovvero:
se l’item 1 e seguito temporalmente a meno di 80 msec (0,08 sec) dall’item 2, il 2
sovrascriverà il primo, nascondendolo alla consapevolezza cosciente
se l’item 1 e seguito temporalmente più di 150 msec e a meno di 350 msec dall’item 2, i
due eventi sembrano interferire reciprocamente
se l’item 1 e seguito temporalmente a più di 350 msec (0,08 sec) dall’item 2, il primo sarà
stato elaborato e il 2 risulterà distinto
In questo modo si spiega il decadimento degli item dalla memoria sensoriale, poiché quando il
flusso di eventi è troppo ravvicinato, ogni nuovo evento copre il precedente, prima che questo
possa essere elaborato.
Pagina 26 di 106
chiuse = essere in grado di ripetere correttamente un’azione a partire da una varietà di
circostanze prevedibili (la tastiera)
aperte = essere in grado di ripetere correttamente un’azione a partire da una varietà di
circostanze non prevedibili, per cui sono richieste maggiori risorse attentive (guidare)
L’elaborazione automatica viene evidenziata dall’effetto Stroop (dal nome dello scopritore), che
dimostra l’interferenza sul processo di lettura causata dal conflitto tra il nome del colore in cui è
scritta una parola e il colore indicato dalla parola stessa.
Infatti leggere la parola è un processo automatico, decodificare il colore in cui è scritta è un
processo cognitivo consapevole.
Pagina 27 di 106
2. interazione insolita o inaspettata tra processi automatici e controllati (es. scheda elettorale
della Florida)
3.5 L’attenzione è una risorsa
La Teoria della capacità dell’attenzione sostiene che l’attenzione è una risorsa limitata, suddivisa
tra compiti e che quindi la nostra capacità di focalizzare l’attenzione varia con:
il numero dei compiti
la complessità dei compiti
il livello di attivazione mentale del momento
l’idea della limitatezza delle risorse attentive è ben illustrata dai seguenti 4 fenomeni.
Se la latenza tra due eventi è minore di 0,10 sec, il cervello li coglierà come un evento singolo e li
elaborerà entrambi.
Se la latenza tra due eventi è maggiore di 0,10 sec, il cervello deve finire di elaborare il primo
prima di elaborare il secondo, ma se la distanza temporale tra i due non è maggiore
dell’attentional blink, il secondo non sarà colto.
È un modo per il cervello di ignorare le distrazioni mentre è focalizzato sull’elaborazione del primo
stimolo target.
Non è dovuto ad una incapacità di separare visivamente gli stimoli, ma (come visto nel caso
precedente) è come se i due stimoli fossero in competizione per le nostre risorse attentive e
questo ci impedisce di capire se si tratta di due stimoli o uno solo.
In talo modo si possono creare parole illusorie dalla presentazione ravvicinata (temporalmente o
spazialmente sul foglio di carta) di due parole distinte (brake ush brush)
Pagina 28 di 106
La cecità al cambiamento è maggiore per gli oggetti inanimati, piuttosto che per per gli esseri
animati; ciò può essere un adattamento evolutivo legato alla sopravvivenza (accorgersi della
presenza di predatori, anche se periferici rispetto al focus attentivo).
3.5.4 Cecità da disattenzione
È un caso più grave rispetto alla cecità al cambiamento, nel quale si è ciechi ad interi eventi
periferici a causa della forte concentrazione di risorse attentive su un compito.
Ad esempio i compiti di memoria, di calcolo mentale e di ragionamento verbale possono
interferire gravemente con le nostre prestazioni alla guida (incidenti, soprattutto tamponamenti).
Si manifesta in caso di conversazioni telefoniche, a prescindere che le mani siano libere o meno, e
tale effetto risuta indipendente dall’età.
Si manifesta in forma molto ridotta quando dialoghiamo con un passeggero (si è cmq attenti in
due), e non si manifesta quando guidando ascoltiamo canzoni o un libro registrato.
3.6.1 Simultaneoagnosia
O sindrome di Bàlint, si riferisce alla difficoltà di riconoscere due o più oggetti
contemporaneamente.
A causa di ciò, spesso le persone urtano contro gli oggetti che non attivano il loro sistema
attentivo.
È talvolta causato da una lesione al lobo parietale.
3.6.2 Eminegligenza
O neglet, o negligenza spaziale unilaterale, consiste nel fatto che le persone affette non sono in
grado di spostare il loro focus attentivo su di una parte del loro campo visivo.
In pratica, è come se non vedessero metà del campo visivo, non per un deficit di percezione visiva,
ma per una parziale (vedi dopo) cecità attentiva.
È uno dei sintomi di un disturbo neurologico più esteso, chiamato sindrome del lobo parietale,
osservato non solo negli essere umani, ma anche in alcuni animali, e causato prevalentemente da
ictus.
Vi sono due fenomeni a dimostrazione che il deficit è attentivo:
durante la fase di recupero, che può essere notevole anche se non totale, i pazienti affetti
da eminegligenza mostrano un effetto simile alla cecità da ripetizione, ovvero riescono a
riconoscere due oggetti diversi posti nei due emicampi visivi, ma non due oggetti identici
oggetti posti nell’emicampo del neglect, possono comunque avere sui pazienti un effetto
inconsapevole
Pagina 29 di 106
In pratica, non si tratta di una riduzione dell’attenzione (deficit attentivo), ma del problema
opposto (deficit di inibizione attentiva), ovvero il focus attentivo dei bambini affetti da ADHD non
riesce a filtrare efficacemente gli input e cerca di includere troppi stimoli (esp. bambini ADHD vs
controllo, ascolto dicoico con canale da trascurare silente/parlante)
Sembra essere una patologia multifattoriale, con componente genetica.
Ha una base biologica:
riduzione del flusso ematico dei lobi frontali (centri attenzione)
gangli della base di dimensioni inferiori al normale, con ipo-produzione di dopamina
(modulatore dell’attenzione)
Spesso viene trattata con medicinali a base di metilfenidato (Retalin), un’anfetamina che:
1. aumenta il flusso ematico nella corteccia frontale (aumento filtro attentivo)
2. ciò provoca la riduzione del flusso sanguigno alla corteccia motoria (diminuzione attività
motoria)
3. mantiene costante la disponibilità di dopamina (modulazione attenzione)
Pagina 30 di 106
4 RICONOSCIMENTO DI PATTERN
Il riconoscimento di pattern, o configurazioni, è il processo attraverso il quale un individuo utilizza
frammenti della stimolazione sensoriale per identificare ciò che ha esperito
Le componenti base di questo processo sono:
attività della memoria sensoriale (analisi degli aspetti rilevanti) ove le stimolazioni
sensoriali devono essere trattenute abbastanza a lungo per stimolare la…
attività dell’attenzione (focus attentivo) che le deve mettere a fuoco e inviare le
informazioni alla…
memoria a lungo termine (database delle conoscenze), che può operare il riconoscimento
Spesso sono necessari anni per sviluppare la capacità di riconoscere pattern con un minimo sforzo.
Sulla base del principio di pregnanza, le 6 leggi universali (cross-culturali) del raggruppamento
percettivo automatico formulate dalla Gestalt, aiutano a comprendere il processo di
riconoscimento bottom-up.
Pagina 32 di 106
4.3.1 Teoria delle caratteristiche distintive
Tale teoria spiega in che modo siamo in grado di distinguere gli oggetti in base alle loro
caratteristiche. Essa afferma che:
1. tutti gli stimoli percettivi complessi sono costituiti da attributi distintivi e separabili che
prendono il nome di caratteristiche, che guidano gli osservatori e rendono ciascun oggetto
distinguibile da un altro
2. le persone, quindi, riconoscono i pattern basandosi sulle caratteristiche percettive
individuali di base degli stessi, secondo i seguenti step:
a. valutano mentalmente la presenza/assenza di un elenco di caratteristiche distintive
nell’oggetto da riconoscere
b. confrontano tali caratteristiche con un insieme di caratteristiche immagazzinate
nella MLT (oggetti già incontrati)
Previsioni: oggetti che hanno in comune molte caratteristiche critiche dovrebbero essere difficili da
discriminare (es. lettere alfabetiche P e R) è vero!
N.B.: non tutte le caratteristiche sono ugualmente riconoscibili, alcune sembrano analizzate in
maniera diretta (es. neuroni che rispondono a linee con un dato orientamento).
Le persone affette da neglect, hanno un deficit specifico per l’elaborazione le caratteristiche locali,
mentre non lo manifestano per le caratteristiche globali.
Pagina 33 di 106
4.3.3 Teoria del confronto delle immagini (template matching)
Tale teoria spiega in che modo siamo in grado di assemblare le caratteristiche di un oggetto per
vederlo nel suo insieme.
Essa assume che abbiamo memorizzato un numero illimitato di pattern, copie precise di ciascun
oggetto incontrato nella nostra vita, etichettate col proprio nome, con le quali confrontiamo gli
oggetti della nostra esperienza. (Teoria simile a quella di Democrito, 400 a.c.)
È una teoria valida in caso di oggetti ben distinguibili da altri e precedentemente osservati in tutte
le loro possibili configurazioni.
Tale teoria non rende conto della nostra capacità di riconoscere nuovi oggetti.
Esperimenti sulla teoria del prototipo sono stati condotti sia utilizzando stimoli non naturali (es.
configurazioni di punti) che esperimenti basati sul modo di agire nel mondo reale, quindi dotati di
validità ecologica, come ad esempio il riconoscimento di volti tramite identikit.
Si noti che i prototipi di volti, da cui sono state derivate delle varianti, quando mostrati non
all’inizio ma successivamente, sono stati sempre identificati come “già visti”, a conferma che il
processo di riconoscimento (anche dei volti) viene effettuato sulla base di prototipi.
Pagina 34 di 106
L’importanza dell’elaborazione top-down è evidente nelle persone affette dalla sordità verbale
pura, una lesione neurologica che causa l’incapacità di udire le parole come linguaggio, pur
lasciando intatta la capacità di udirle come suono, nonché la capacità di leggere, scrivere e parlare.
4.4.2 Effetto di superiorità della parola
Per comprendere un linguaggio scritto di tipo alfabetico, si può dire A GRANDI LINEE che gli esseri
umani necessitano dell’elaborazione bottom-up per identificare le lettere e dell’elaborazione top-
down per riconoscere le parole, il loro significato e il loro contesto.
I due processi sono così interconnessi che identificare una parola aiuta a riconoscere anche le
lettere che la compongono, più di quando le lettere appaiono in stringhe casuali o da sole
effetto di superiorità della parola
Inoltre…
Anche se l’intuito ci direbbe che l’identificazione delle lettere precede quella della parola, in realtà
quando si legge si notano le lettere a malapena, tanto che alcune possono essere sbagliate o
mancanti, ma riusciamo a leggerle e comprenderne il senso ugualmente.
Tuttavia, quando gli errori o le omissioni sono tante, è ancora possibile comprendere frasi, ma è
importante che sia noto il contesto evidenza della potenza dell’elaborazione top-down
Una teoria cognitiva afferma che gli esseri umani possiedono una innata comprensione
dell’organizzazione strutturale dei volti, rappresentata come un prototipo del viso, che utilizziamo
per codificare e richiamare alla mente i volti che incontriamo teoria dei prototipi dei volti.
Come per gli oggetti, anche i prototipi dei volti si basano sulla nostra esperienza dei volti stessi;
anche ai neonati sono sufficienti brevi esperienze con un volto per creare un prototipo, che a sua
volta si rifletterà sulla preferenza del neonati per alcuni volti, compresi quello della madre (es.
tecnica della suzione non nutritiva, HASP)
Pagina 35 di 106
L’effetto dei prototipi peggiora quando i volti sono capovolti, in quanto non abbiamo pratica nel
vedere i volti in quella posizione. Infatti, se per i volti diritti noi effettuiamo un’elaborazione
d’insieme (tipo Gestalt), per i capovolti questa fallisce ed elaboriamo le singole caratteristiche.
4.5.2 Prototipi dei volti e riconoscimento di volti di altre razze
Un altro riconoscimento in cui non siamo efficienti e quello del riconoscimento di volti di altre
razze effetto cross-race.
Tuttavia tale effetto non è solo legato a una maggiore esperienza con i volti della nostra razza, ma
anche al fatto che tale esperienza influenza le nostre aspettative su come dovrebbe essere un
volto, ovvero influenza i processi top-down di riconoscimento dei pattern.
Infatti è stato dimostrato che i bambini non manifestano questo effetto, mentre gli adulti sì.
Anche la categorizzazione top-down dei volti in base alle caratteristiche superficiali (es. taglio e
colore dei capelli), aiuta le persone ad attribuire un volto a una razza, ma può influire sui giudizi di
riconoscimento (es. volti identici, ambigui rispetto alla razza, attribuiti a razze diverse in base al
taglio dei capelli e percepiti come diversi)
4.5.3.1 Prosopagnosia
O cecità per i volti, è la difficoltà di riconoscere i volti, anche quelli familiari, pur riconoscendo
alcune caratteristiche del volto, come l’età, e le emozioni espresse dalle espressioni facciali.
Sono proprio queste caratteristiche superficiali, nonché la voce ed altri caratteri fisici, a
permettere alle persone affette da tale deficit di riconoscere gli altri.
Esse, pertanto, non hanno in genere problemi a riconoscere volti capovolti, a rafforzare l’ipotesi
che il deficit riguardi l’analisi delle caratteristiche globali e la prototipizzazione del volto (processi
top-down) e non l’analisi delle caratteristiche specifiche (processi bottom-up).
La prosopagnosia può essere acquisita (dopo ictus) o evolutiva (deficit dalla nascita)
In genere l’esame del cervello mostra almeno un danno al giro fusiforme dell’emisfero destro.
4.5.3.2 Schizofrenia
I sintomi di tale sindrome sono percezioni, sentimenti e azioni anomale, difficoltà a esprimersi in
maniera logica e spesso difficoltà a identificare i volti e le emozioni espresse dal volto.
Spesso tali persone hanno un giro fusiforme inferiore alla media delle persone non affette da
schizofrenia (circa il 10% in entrambi gli emisferi).
4.5.3.3 Autismo
Il DSM definisce come disturbi dello spettro autistico un insieme di condizioni congenite che
implica deficit delle abilità sociali e di comunicazione.
In particolare, i bambini autistici non sembrano prestare attenzione ai volti come i bambini normali
e ciò potrebbe influire sulla loro capacità di comunicare e socializzare.
Pagina 36 di 106
Anche in questo caso si rileva che l’elaborazione dei volti non è globale, basata su prototipi, ma
basata sulle caratteristiche specifiche (infatti anche in questo caso non vi sono differenze con
l’elaborazione dei volti capovolti) e in particolare concentrata sulla bocca piuttosto che sugli occhi.
Infine l’attivazione del giro fusiforme è debole, come quando le persone no-aut. osservano
oggetti.
Chi siamo dipende da ciò che conosciamo, cioè dalla capacità di immagazzinare e poi ricordare ciò
che abbiamo appreso, cioè dalla memoria.
Pagina 37 di 106
5.1.1.2 L’importanza delle conoscenze precedenti
Il chunking efficace mostra che la MBT è in parte sovrapposta con la MLT, questo potrebbe
spiegare lo span ridotto dei bambini rispetto agli adulti, dovuto essenzialmente alle differenze di
esperienza.
[es. bambini esperti giocatori di scacchi e adulti non, memorizzare lista (bambini < adulti) vs
memorizzare disposizione su scacchiera (bambini > adulti)]
5.1.2.1 Interferenza
Può essere suddivisa in due categorie:
1. interferenza retroattiva = qualcosa che apprendiamo ora rende difficile ricordare qualcosa
che abbiamo appreso in passato (es. ricordare il precedente numero di telefono)
2. interferenza proattiva = qualcosa appreso in passato interferisce con la capacità di
rievocare eventi più recenti (es. chiamare il partner col nome di quello precedente)
a. può essere fermata se cambiamo il tipo di informazioni da ricordare (esami con
diversi argomenti)
b. fare una pausa durante lo studio è una strategia di apprendimento efficace, poiché
dedicandosi ad altro si riduce l’interferenza proattiva
5.1.2.2 Ripetizione
Le informazioni possono permanere in MBT per più di 18 sec se vi prestiamo attenzione; tale
processo viene definito ripetizione attiva (rehearsall). Vi sono due tipologie di ripetizione:
1. ripetizione di mantenimento = si ripete ripetutamente qualcosa al fine di tenerlo a mente
(aumentiamo il livello di attivazione)
2. ripetizione elaborativa = quando le informazioni sono messe in relazione con altre
informazioni che già possediamo, con un processo di elaborazione semantica (aumentiamo
il livello di attivazione)
Tale effetto è un esempio della interazione tra MBT e MLT, infatti i primi item sono quelli che
attirano l’attenzione e vengono ripetuti di più, quindi fissati in MLT mentre gli ultimi item sono
quelli ancora disponibili in MBT, ma per breve tempo.
Anche la modalità di presentazione (visiva o uditiva) degli item influisce sulla posizione seriale, in
particolare sulla coda finale:
se gli item sono ripetuti ad alta voce l’effetto di recenza è molto più importante che se gli
item sono visti e ripetuti mentalmente effetto modalità
questo perché in MBT le informazioni uditive sono più volatili di quelle visive e gli esseri
umani hanno probabilmente sviluppato la ripetizione basata sui suoni per mantenere le
informazioni uditive in MBT, disponibili per l’elaborazione
Pagina 39 di 106
5.3 La memoria di lavoro (la struttura sottostante alla MBT)
È un altro nome dato alla MBT da Miller – Galanter – Pribram, un modello che si focalizza sugli
aspetti attivi e strutturali della MBT e su come essa sia di supporto per compiere lavoro cognitivo.
Bradley e Hitch sostituirono il modello statico della MBT con quello di: “un sistema a capacità
limitata che ci permette di immagazzinare ed elaborare informazioni temporaneamente in modo
da poter eseguire le attività della nostra vita quotidiana”. Suddivisero la ML in 4 sottosistemi:
loop fonologico, taccuino visuo-spaziale (suddiviso in visual cache e inner scribe), buffer episodico,
che interagiscono con la MLT visiva e verbale e sono controllati dall’esecutivo centrale
5.3.1 Il loop fonologico
Il suono è uno dei codici base per la MBT (spesso leggendo in silenzio produciamo un discorso
interno o subvocale) di conseguenza uno dei sottosistemi della ML, il loop fonologico, è
dedicato all’immagazzinamento temporaneo di informazioni fonologiche e suddiviso in:
1. magazzino fonologico = contiene una rappresentazione acustica o fonologica dello stimolo
2. processo di controllo articolatorio = aggiorna di continuo, mantiene attivi (con un ciclo che
dura 2 sec) e conserva automaticamente gli item nel loop fonologico (come accade con la
ripetizione di mantenimento, però con un processo subvocale senza emissione di suono)
a. tale processo rende questo modello diverso da quello originario della MBT
b. più informazioni ci saranno da elaborare, minore sarà la velocità di ripetizione,
maggiore sarà la velocità di perdita dei dati
c. la capacità della MBT è limitata dal lavoro del PdCA
Entrambi richiedono il coinvolgimento di una parte dell’esecutivo centrale chiamata buffer visivo,
per creare le nostre immagini.
Pagina 40 di 106
Esperimenti di attività concorrenti hanno dimostrato che loop fonologico e taccuino visuo-spaziale
sono sistemi separati e indipendenti.
Anche come posizione cerebrale, si trova nella porzione inferiore del lobo parietale, in prossimità
dell’area del magazzino fonologico, e agisce come un’interfaccia tra memoria episodica e sistemi
esecutivi. Inoltre:
lega insieme suoni e parole formando una sequenza connessa e basata sul tempo, che
mantiene le parole insieme come in una frase aumenta lo span MBT da 7 a 15 parole
spiega come le persone possano ricordare liste di item non in relazione tra loro (cfr. effetto
di posizione seriale)
essendo coinvolto in molti sistemi, sembra che esso sia ridondante in diverse aree cerebrali
Sembra localizzato in parte nella corteccia prefrontale, associata a funzioni esecutive come la
focalizzazione volontaria dell’attenzione e nei lobi frontali (da approfondire).
Un test che valuta il funzionamento dell’esecutivo centrale è il PASAT (Paced Auditory Serial
Addition Task): serie di numeri, sommane le cifre due ala volta e dire il risultato a voce alta (la
somma precedente interferisce con i due numeri della serie da sommare). Tale test risulta:
in relazione al funzionamento dell’esecutivo centrale
correlato positivamente con il livello di vigilanza
dipendente dal QI e dall’età
È ipotizzata una base biologica per l’efficienza dell’esecutivo centrale nella ML.
Pagina 41 di 106
5.4.1 La similarità fonologica
Lo span di memoria sembra ridursi quando gli item da ricordare hanno suoni simili e tale riduzione
si manifesta sia in caso di ascolto che di presentazione visiva.
Spiegazione:
1. presentazione vocale = il processo di controllo articolatorio che ripete i codici fonologici
delle lettere può confondersi con suoni simili
2. presentazione visiva = l’esecutivo centrale trasferisce una copia degli item visivi al loop
fonologico in forma di codice fonologico e poi si ricade nel caso precedente
Il modello della ML spiega quindi che la velocità di articolazione è la chiave della capacità limitata
della MBT.
Spiegazione:
tali suoni entrano nel loop fonologico e interferiscono con i suoni delle parole che dobbiamo
ricordare.
È utile tenere un diario delle proprie esperienze e delle emozioni ad esse associate,
l’interpretazione diminuisce l’impatto emozionale negativo.
Pagina 42 di 106
6 LA MEMORIA A LUNGO TERMINE (MLT)
È la porzione del nostro sistema di memoria che risulta composta da tutte le esperienze
(riconoscimento di pattern, come la capacità di decodificare il significato delle parole o di leggere)
e conoscenze (informazioni, idee) raccolte durante la vita.
Pagina 43 di 106
6.2 Caratteristiche della MLT
La MLT è considerata un sistema di memoria distinto dalla MBT/ML.
Tuttavia nuovi ricordi e conoscenza pregressa possono interferire (cfr. par 6.6 – come la
conoscenza pregressa influenza la memoria)
Tale andamento si rileva sia per il ricordo (la rievocazione libera) che per il riconoscimento.
Infine, molti dei ricordi recuperati nella MLT non sono copie esatte degli eventi accaduti, ma il
frutto di rielaborazioni effettuate sulla base dei dati di cui siamo in possesso.
A volte, pur avendo una forte sensazione di sapere, non riusciamo a ricordare la parola, fenomeno
chiamato TOT (tip of tongue) temporanea inaccessibilità di una parola in memoria.
Mostra come anche la codifica basata sul suono, oltre a quella semantica basata sul significato,
giochino un ruolo importante nel recupero delle parole, infatti se pronunciamo parole con suono
simile a quella che ci sfugge, probabilmente essa ci tornerà in mente.
Il fenomeno TOT può essere universale e aumenta con l’età
Pagina 45 di 106
6.5 Memoria autobiografia
La parte più consistente della memoria autobiografica è rappresentata dalla memoria episodica
retrospettiva delle nostre esperienze passate, degli eventi della nostra vita.
La chiave di tale memoria è che noi ne siamo gli attori centrali, noi siamo l’elemento coordinante
che lega insieme gli episodi in essa immagazzinati.
Nella memoria autobiografica la memoria episodica interagisce anche con quella semantica (es.
ricordarsi un’informazione e dove e come l’abbiamo imparata) codifica di molteplici aspetti di
un evento in MLT.
Da studi su persone con amnesia anterograda e/o retrograda si è evinto che memoria episodica e
semantica interagiscono ma sono comunque indipendenti.
Pagina 46 di 106
6.5.4 Memoria prospettica
La memoria prospettica è una sorta di memoria autobiografica proiettata nel futuro (le cose che
dobbiamo fare). Non è un sistema isolato poiché agisce con gli elementi retrospettivi (es. per
andare in un posto devo ricordarmi dove ho a macchina e come arrivare).
È causa di circa metà dei fallimenti nel ricordare e spesso falliamo perché non codifichiamo le
informazioni iniziali in modo esplicito.
La memoria prospettica si sviluppa presto nel corso della vita e migliora con l’età, per poi
declinare, in particolare il sottosistema della situazioni basate sul tempo.
Memoria retrospettiva e prospettica sono in conflitto tra loro per l’utilizzo delle risorse della ML
effetto del professore distratto (impegnato con la memoria retrospettiva, occupa le risorse della
ML e si dimentica le cose da fare)
Pagina 47 di 106
L’ippocampo infatti gioca un ruolo importante nell’immagazzinamento di nuove informazioni e
costituisce il centro di comando per il raccordo tra i vari aspetti della memoria, per creare una
memoria coerente; per il recupero sono utilizzate altre aree.
Pertanto se l’ippocampo viene danneggiato, i nuovi ricordi non vengono immagazzinati e non è
possibile recuperarli.
Se la regione para-ippocampale rimane intatta, i sistemi di apprendimento implicito di pattern
continuano comunque a funzionare (nonché la metamemoria).
La sindrome può essere fermata interrompendo l’assunzione di alcolici e arricchendo la dieta con
tiamina, ma i sintomi regrediscono solo nel 20% circa dei casi.
Episodi fortemente caratterizzati da emozioni positive o negative sono più facili da ricordare, ma
quando l’amigdala è danneggiata, sebbene il funzionamento della memoria esplicita è preservato,
viene persa la componente emotiva dei ricordi.
L’emozione non è solo una caratteristica aggiunta al ricordo, ma può influenzare sia la codifica che
il recupero
Codifica es. focalizzazione sull’arma, ovvero focalizzazione dell’attenzione verso stimoli legati
alla minaccia.
Recupero es. principio di Pollyanna, ovvero un meccanismo protettivo che si manifesta con:
tendenza a recuperare col tempo gli eventi piacevoli più di quelli spiacevoli
tendenza a ridurre col tempo l’impatto delle emozioni negative
aumenta con l’età
non funziona per le persone depresse (anzi si manifesta il contrario)
Pagina 48 di 106
6.6.1 I ricordi dei testimoni oculari
È un tipo importante di memoria episodica. Gli eventi, spesso associati a forti emozioni, sono
ricordati dal testimone come flashbulb memories, quindi caratterizzati da una sicurezza riguardo
all’accuratezza che però non corrisponde a una reale accuratezza.
Tali ricordi possono essere pesantemente influenzati da 2 aspetti.
Soprattutto quando siamo sottoposti a domande allusive o insidiose, o quando siamo costretti a
mentire su una situazione, creiamo ricordi falsi e non ricordiamo la loro fonte.
In tal modo finiamo col confondere realtà e fantasia.
Pagina 49 di 106
7 LA CONOSCENZA
La MLT non è solo un deposito di tutto ciò che sappiamo, ma soprattutto attraverso la memoria
semantica ci permette anche di fare inferenze e creare nuova conoscenza, senza necessità di
memorizzare nuove informazioni.
La memoria semantica contiene i cosiddetti schemi, ovvero combinazioni di conoscenze, separate
e specializzate, organizzate diversamente in funzione del loro utilizzo.
In media, scelti due nodi qualsiasi, utilizzando sinonimi e contrari dovrebbe essere possibile
trovare un collegamento tra i due nodi entro 3-4 collegamenti.
La teoria TLC fa 3 assunti sui meccanismi che regolano le decisioni delle persone quando vengono
loro rivolte delle domande:
1. tutti i collegamenti con la stessa posizione gerarchica hanno la stessa lunghezza
domande con stesso numero di collegamenti impiegheranno lo stesso tempo e sforzo
2. il sistema di archiviazione è efficiente le proprietà di un oggetto sono archiviate nel
nodo più alto della gerarchia appropriata, in modo da non essere ripetute a vari livelli
ottimizzazione delle risorse della MLT e ML
Pagina 50 di 106
3. processo di diffusione dell’attivazione
a. l’energia si diffonde dai nodi attivati dalla domanda allo stesso modo in tutte le
direzioni attraverso un livello/nodo per volta
b. ciò provoca l’attivazione di molti nodi non necessari e ci vengono in mente tante
cose non attinenti alla domanda
c. effetto della distanza nella rete o della distanza semantica maggiore è la
distanza tra soggetto e predicato, maggiore sarà il tempo necessario alla risposta
le domande relative alle proprietà richiedono un tempo maggiore rispetto a
domande classificatorie (le prime sono più giù nella gerarchia)
Peculiarità: una conseguenza della diffusione dell’attivazione è l’ipotesi del percorso ripetuto,
ovvero la ripetizione di un percorso accelera l’elaborazione.
Tale ipotesi si trova esclusivamente nelle teoria della struttura a rete e supporta la TLC.
Nascita di versioni alternative della TLC in cui le lunghezze di collegamenti corrispondenti possono
essere variabili (diversa rapidità), così come il numero di collegamenti per nodo (diversa forza).
Sono modelli difficili da testare perché tali variabilità si differenziano da individuo a individuo.
Le categorie (i livelli più alti della gerarchia nella TLC) sono come dei raggruppamenti di item
intorno al miglior esempio, rappresentate come delle colline nello spazio semantico, e sembrano
essere strutturate in modo simile lungo l’asse orizzontale e verticale (ad esempio per gli animali
dal più grande al più piccolo, e dal più aggressivo al più pacifico).
La centralità di un item è definita dalle sue caratteristiche (proprietà per la TLC), suddivise in:
caratteristiche definenti = quelle necessarie e sufficienti a specificare l’appartenenza a una
categoria (es. gli uccelli depongono le uova)
caratteristiche distintive = sono caratteristiche con cui abbiamo familiarità, ma non
caratterizzano tutti gli item di una categoria
I modelli basati sul prototipo sono strettamente collegati a questo approccio, infatti i prototipi
corrispondono ai migliori esempi delle categorie, sono quindi i più centrali.
La teoria FCM fa 3 assunti sui meccanismi che regolano le decisioni delle persone quando
vengono loro rivolte delle domande, su cui si basa il nome stesso della teoria:
Pagina 51 di 106
1. quando le persone pensano a categorie hanno un senso complessivo delle loro
caratteristiche
2. per decidere se una categoria è compresa in un’altra, tutte le caratteristiche della prima
sono genericamente confrontate con quelle della seconda per vedere se si sovrappongono
3. per decidere sulla sovrapposizione infine le persone utilizzano i loro criteri personali
(peculiarità della memoria semantica individuale)
Sulla base di tali assunti il processo seguito per rispondere a una domanda sarà il seguente:
isolare soggetto e predicato
accedere a tutte le caratteristiche definenti e distintive dei termini
confronto delle caratteristiche
o sovrapposizione totale risposta immediata positiva
o sovrapposizione nulla risposta immediata negativa
o sovrapposizione intermedia ulteriore confronto individuale sulle sole
caratteristiche definenti con esito finale sì/no
La TC ritiene invece che la conoscenza, apparentemente astratta, abbia invece basi percettive.
In pratica, la nostra prima esperienza di un oggetto viene immagazzinata nella MLT e il recupero è
esperito come un’immagine visiva (vero!), simulazione dell’input visivo iniziale.
La TC è incorporata nella teoria dei sistemi percettivi simbolici, che assume che la nostra
comprensione delle cose è basata sulla modalità percettiva attraverso la quale esse sono esperite
e che proprietà astratte e caratteristiche percettive siano integrate nella MLT e anche nella nostra
conoscenza semantica.
La TC è quindi compatibile con le due teorie precedenti, richiedendo solo che la nostra conoscenza
sia integrazione di concetti astratti ed esperienza diretta.
A differenza del modello della rete semantica, organizzato secondo categorie, il modello
connessionista prevede l’esistenza di unità comuni che collegano:
un oggetto (canarino)
a una proprietà generale (può, è)
e a una proprietà specifica (volare, uccello)
Tale modello permette di spiegare l’avanzamento dei sintomi della demenza semantica (prima si
perde la connessione tra nome e proprietà generali, poi tra nome e proprietà specifiche, compresa
infine la categoria).
La conoscenza per schemi si basa sull’esperienza pertanto gli schemi cambiano ed evolvono
rapidamente con il cambiare e l’aumentare della nostra esperienza.
Il termine script si usa per identificare gli schemi che indicano i comportamenti da tenere in
determinate situazioni.
La conoscenza per schemi, quindi anche gli script sono organizzati gerarchicamente (es. andare al
ristorante comportamento, ordinare, pagare chiamare il cameriere, chiedere il conto , etc.).
Sebbene gli schemi possano essere strutture della conoscenza autonome, spesso interagiscono tra
loro (es. schema operazione chirurgica interagisce con schema lavarsi le mani).
Gli schemi sono adattabili, possono essere modificati in base a condizioni dette variabili (es.
ristorante tradizionale, ristorante cinese).
Pagina 53 di 106
basandosi su tale concetto Schank e Abelson hanno sviluppato il programma SAM (Script Applier
Mechanism) in grado di analizzare storie stampate non tramite l’interpretazione letterale, ma
utilizzando uno script che simula come le persone interagiscono col loro ambiente.
7.2.2 Gli schemi possono trarre in inganno
Tuttavia il possedere uno schema per un evento o un concetto ci rende inclini a interpretare male
ciò che esperiamo.
È possibile infatti confondersi tra la personale conoscenza fornita dallo schema e la reale
conoscenza fornita dall’esperienza (es. l’abito non fa il monaco )
Talvolta gli schemi possono addirittura distorcere il ricordo di cose che abbiamo esperito
personalmente (es. la stanza dello studente); infatti poiché ci aiutano a riempire i vuoti,
contribuiscono alla creazione di false memorie, poiché ci fanno dare per scontata la presenza di
elementi coerenti con lo script.
Per quanto riguarda gli schemi mostrati dai bambini, il più importante è quello di risposta ai volti
(cfr. capitolo 4) per cui preferiscono ad esempio guardare una T piuttosto che una _|_
Pagina 54 di 106
Racconti bambini di 2 anni: riguardano eventi sorprendenti, formati di due parole separate da una
profonda ispirazione messaggio comunicato dalla prosodia (enfasi sulle parole)
Racconti bambini di 5 anni: sequenze di eventi (inizio, centro e fine), tenute insieme da un “e poi”
Racconti da > 5 anni a età adulta: si sviluppa la struttura fondamentale, detta schema narrativo
La ricerca ha identificato 4 tipi base di schema narrativo:
1. racconti = storie organizzate intorno alle esperienze personali dei parlanti, stimolati da
domande
2. cronache = narrazioni dettagliate di eventi recenti o che avverranno nel futuro
3. resoconti = sono come i racconti, ma iniziate spontaneamente dal parlante
4. storie romanzate = si adattano a uno degli schemi precedenti, ma sono basati su fatti e/o
personaggi inventati
La nostra tendenza ad affidarci agli schemi per la comprensione delle narrazioni dura per tutta la
vita e non declina con l’età.
L’idea di base è quella di fornire un sistema di riferimento (tipo schema) che aiuti a:
comprendere
immagazzinare
recuperare le informazioni
Un modo per fare ciò è fornire prima della lettura di un testo o di una storia, degli stimoli detti
organizzatori anticipati (possono essere anche immagini visive), utili a suggerire come organizzare
ciò che si sta leggendo.
Un altro modo è l’utilizzo di mappe narrative, adatte a studenti con disturbi dell’apprendimento.
Pagina 55 di 106
7.4.4 Schemi sulle persone
È un altro tipo di schema universalmente utilizzato, che collega tratti comuni della personalità ai
comportamenti che di solito sono da essi prodotti.
Pagina 56 di 106
1. grazie alla pratica ripetuta si creano strutture di recupero tra ML e aree rilevanti della MLT,
tali strutture di collegamento prendono il nome di memoria di lavoro a lungo termine
2. acquisendo notevoli informazioni relative a un solo argomento, si forma una collina di
conoscenza detta distretto semantico, in cui le informazioni importanti sono vicine e
l’accesso a tali informazioni è velocizzato, sempre nei limiti del distretto stesso
8 IMAGERY: UNA RAPPRESENTAZIONE SPECIALE DELLA MEMORIA
Le immagini mentali sono delle:
1. esperienze interne, apparentemente percettive
2. che proviamo in assenza di stimolazioni percettive esterne
3. sono sotto il nostro controllo
Non si limitano alla sola modalità visiva, ma possono coinvolgere anche le modalità:
uditiva = immaginare la musica
motoria = ricordare i passi di un ballo
tattile, gustativa, olfattiva
Le immagini mentali non devono essere confuse con le allucinazioni, che invece non sono sotto il
nostro controllo e sembrano provenire dall’esterno.
(es. immaginare un coniglio vicino a una mosca o vicino a un elefante, la nostra mente vede il
coniglio più grande nel primo caso e più piccolo nel secondo, siamo più veloci a rispondere a
domande sui dettagli del conigli nel primo caso che nel secondo).
8.1.2 Ricordare
Le immagini mentali sono di grande aiuto nel ricordare, in particolare nella rievocazione libera e
quando si creano associazioni (soprattutto bizzarre) tra gli elementi che si vuole ricordare.
(es. coppie di parolememorizzazione con ripetizione, con immagini non associate, con immagini
associatenessuna differenza nel riconoscimento, significativa differenza nella rievocazione
libera)
La capacità di formare immagini o addirittura fotografie mentali di qualcosa, non implica che la
codifica fatta permetta di capire il significato dei contenuti.
Pagina 57 di 106
8.1.3 Problem solving
Formare un’immagine mentale può aiutare il problem solving, ma non bisogna sottovalutare i
limiti dell’imagery, che sono sottili.
(es. divisione scritta larga risolta più velocemente di stessa divisione scritta stretta, perché nella
prima c’è più spazio tra i numeri per scrivere mentalmente il riporto!!!)
2. basate su codice proposizionale = una proposizione è la più piccola unità linguistica dotata
di significato cui può essere assegnato un valore di vero/falso
a. non assomigliano allo stimolo come la fotografia mentale
b. questo tipo di codice esprime il significato sotteso allo stimolo (es. una mappa
rappresentata come serie di indicazioni, non come immagine)
Per decidere quale dei due modelli sia il più indicato per rappresentare le immagini mentali, i
ricercatori si sono basati sulla ipotesi che il tipo di codice su cui sono basate le immagini mentali
può influenzare il loro utilizzo se il codice utilizzato è quello analogico, allora la scansione
mentale di una immagine deve evidenziare l’effetto della distanza, cioè il variare dei tempi di
risposta col variare della distanza tra i punti di riferimento dell’immagine riscontro
sperimentale a favore della codifica analogica sia per la MBT/ML che per la MLT.
Tuttavia esistono dei limiti all’uso delle immagini mentali basate su codice analogico, per cui esse
non sono del tutto equivalenti a delle fotografie:
1. abbiamo problemi nel trovare immagini nascoste in un’immagine mentale
2. abbiamo problemi nell’effettuare la rotazione di un’immagine mentale
Pagina 58 di 106
I test hanno mostrato che quando compito di imagery e modalità di risposta richiedevano lo stesso
formato di codifica (verbale/verbale o visivo/visivo) la risposta era più lenta, con scarto maggiore
nella modalità visiva
1. la scansione di una immagine mentale utilizza le stesse risorse cognitive della scansione
visiva
2. la codifica delle immagini mentali è più simile alla codifica di immagini che di stringhe di
parole
Gli stessi risultati si ottengono anche per rotazioni di oggetti tridimensionali sia sul piano pittorico
che su quello della profondità. Sono necessari circa 17,5 msec per ogni grado di roptazione su
ciascuno dei due piani.
Tali risultati supportano l’ipotesi della codifica analogica.
Prove effettuate con la PET mostrano che immaginare lettere grandi o piccole attiva le stesse aree
dei lobi occipitali coinvolte nella reale visualizzazione rispettivamente di immagini grandi o piccole.
processi immaginativi e percettivi chiamano in causa aree cerebrali comuni.
Un deficit neurologico come la difficoltà nel percepire e denominare oggetti, è sempre associata a
una difficoltà nell’immaginare tali oggetti, testata attraverso la capacità di disegnare.
Pagina 59 di 106
8.2.4 Imagery nei non vedenti
Esperimenti (di Kerr) sugli effetti immaginativi dei non vedenti (cecità congenita), hanno mostrato
effetti del tutto simili a quelli dei normovendenti.
Esp. coniglio vicino a mosca/elefante, esp. della mappa tridimensionale da toccare, esp. della
lettera braille da ruotare.
Lo stesso può accadere con i ricordi, infatti si definisce monitoraggio della realtà la capacità di
distinguere tra ricordi del mondo reale e ricordi generati dall’immaginazione.
Una discriminante per il monitoraggio è data dal fatto che spesso (anche non sempre) i ricordi reali
hanno più dettagli contestuali, mentre quelli basati sull’imagery riportano maggiori informazioni
sullo sforzo cognitivo compiuto per crearli.
Una modalità per effettuare il monitoraggio è basata sul controllo della fonte, ovvero il confronto
tra ricordo in oggetto e caratteristiche tipiche dei ricordi percettivi o dei ricordi da imagery.
Infine bisogna sottolineare che sebbene processi percettivi e imagery condividono molti processi,
non sono la stessa cosa: infatti esistono persone incapaci di immaginare oggetti ma che li
riconoscono e persone che possono immaginarli, ma non li riconoscono.
Infine persone con la sindrome di Charles Bonnet che non riescono a immaginare i colori, ma
hanno allucinazioni in cui vedono persone e oggetti colorati
(sindrome simulata bendando soggetti per 5 giorni, essi vedevano persone paesaggi oggetti, erano
consapevoli che fossero allucinazioni, ma non riuscivano ad impedire che si formassero)
Sembra che, con le dovute eccezioni (cfr. ultimo paragrafo), in genere parole concrete siano
associate a una doppia codifica, mentre parole astratte alla sola codifica verbale teoria del
doppio codice di Pavio
Lo stesso si verifica anche per l’attività dei lobi temporali mediali, associati alla MLT e
all’elaborazione del significato.
è il significato associato all’immagine, e non l’immagine mentale in sé, che genera la superiorità
dell’immagine la doppia codifica.
In particolare, le persone con una immaginazione più vivida, incontrano le maggiori difficoltà nel
distinguere tra ciò che hanno visto (es. parola o immagine reale) e ciò che hanno immaginato (es.
immagine mentale associata alla parola).
Attraverso studi di neuroimaging si è trovato che:
confondere il ricordo di un’immagine mentale associata a una parola con la parola letta,
attiva le seguenti aree cerebrali
o precuneo
Pagina 61 di 106
o corteccia parietale inferiore
o corteccia cingolata anteriore
identificare correttamente il ricordo di un’immagine mentale associata a una parola
rispetto alla parola letta, attiva le seguenti aree cerebrali
o corteccia prefrontale
o ippocampo anteriore sinistro
Un’ipotesi sulle differenze individuali nell’imaginary propone la natura adattiva della memoria
visiva e delle abilità spaziali (es. risulta alta negli Inuit dell’alaska, orientamento nella neve, caccia)
8.4.1 Imagery visiva vs imagery spaziale
Le differenze individuali nella capacità di formare immagini mentali dipendono dal tipo di imagery
utilizzata:
1. imagery visiva = si riferisce all’aspetto visivo di un oggetto, come forma, colore etc.
2. imagery spaziale = si riferisce alle relazioni spaziali tra le parti di un oggetto o alla sua
collocazione nello spazio; è importante nella comprensione di frasi e nel problem solving
Le due capacità si basano su processi cerebrali distinti, come si evince dallo studio di alcuni casi
neurologici.
Tali risultati si sono evidenziati nello studio dello stile cognitivo visualizzatore-verbalizzatore, che
esprime quanto le persone utilizzino rappresentazioni visuo-spaziali o parole nella soluzione di
problemi matematici.
I mappatori abili risultano anche migliori nell’imagery spaziale e nella capacità di ricordare
l’informazione visiva.
Pagina 62 di 106
i tempi di risposta sulle proprietà cinematiche aumentano all’aumentare della complessità
del sistema, a indicare che i soggetti:
o mettono in moto una parte alla volta del sistema solo nella misura necessaria a
rispondere alla domanda
o non guardano il sistema in funzione tutto insieme come in un’immagine globale in
movimento
muovere un modello mentale non è come riprodurre un film nella propria testa
Sono stati effettuati studi per verificare se l’attivazione della corteccia motoria corrisponde ad
effettivi cambiamenti nella performance:
1. gruppo imagery e gruppo controllo con dito ingessato, i primi visualizzano per giorni di
allenare il dito i secondi no, tolto il gesso si rileva notevole differenza
Pagina 63 di 106
2. gruppo imagery e gruppo controllo pallavolisti, i primi visualizzano per giorni situazioni di
passaggio i secondi no, alla fine i migliori visualizzatori avevano ottenuto il maggiore
miglioramento nelle prestazioni
A parità di motivazione però, l’imagery non produce i miglioramenti della reale pratica sportiva.
8.5.2 Imagery e mappe mentali
La nostra rappresentazione mentale di stati, paesi sembra caratterizzata da linee regolari, definite
e non disordinate. Le persone tendono a collocare i luoghi secondo angoli retti.
Le mappe mentali non sono quindi organizzate come vere fotografie, ma le persone usano un
procedimento euristico per cui fanno rientrare confini irregolari in una sorta di griglia, così da:
1. conservare l’informazione nella maniera più ordinata possibile
2. anche a costo di perdere i dettagli
Infine nel rappresentare la posizione delle città all’interno degli stati, in genere le posizioni spaziali
sono organizzate in modo gerarchico.
8.5.3 Mnemotecniche
Sono piani ben appresi e memorizzati nella MLT, il cui scopo è quello di immagazzinare e in seguito
recuperare informazioni che altrimenti sarebbero immagazzinate solo nella MBT.
Spesso, ma non sempre, utilizzano l’imagery visiva, anche basata su immagini proposte da altri.
Tali tecniche non possono tuttavia superare difficoltà di comprensione di base.
Pagina 64 di 106
La memorizzazione migliora in ascolto piuttosto che in lettura, perché nel secondo caso lettura è
imagery si contendono le risorse del sistema visivo.
Come nel metodo dei loci, l’ordine è determinato dall’immagine contestuale: lì un luogo, qui
l’immagine collegata alla rima.
Per contro:
1. nel tempo una parola chiave può essere associata a più di un’immagine
2. non è immediato fare il percorso contrario, cioè parola nella propria lingua immagine
parola chiave la parola nella nuova lingua
Inoltre, come la memoria interagisce con altri processi cognitivi, influenzando con i ricordi il modo
in cui percepiamo e interpretiamo il mondo intorno a noi, così il linguaggio influenza altri aspetti
della cognizione umana.
Affinché un sistema di comunicazione sia definito un linguaggio naturale (o lingua nativa di una
persona) deve avere le 4 caratteristiche seguenti:
1. messaggio
2. vincoli fisici (di costruzione del messaggio)
3. mezzo di comunicazione
4. vincoli sociali (di contenuti esprimibili e modalità di esprimerli)
Da qui in poi gli enunciati linguistici verranno definiti come espressioni (che possono essere verbali
o gestuali), poiché le persone non sempre comunicano con frasi complete eppure riescono a
esprimere messaggi chiari.
Pagina 67 di 106
9.1.3 Il mezzo di comunicazione: il linguaggio parlato e la gestualità
I messaggi possono assumere molte forme: parlate, scritte, gestuali.
Ma per il linguaggio ci sono solo 2 mezzi universalmente riconosciuti: voce e gestualità:
il linguaggio parlato è universale, infatti tutti i bambini diventano padroni di una lingua
nativa che ha suoni verbali come mezzo fondamentale, se:
o sono in grado di udire
o sono immersi in un ambiente linguistico
il linguaggio gestuale, allo stesso modo, viene acquisito se i bambini si trovano in un
ambiente in cui gli adulti comunicano attraverso la gestualità
La scrittura, terza forma che può assumere la comunicazione di un messaggio, pur trovandosi in
tutto il mondo NON è un universale, bensì è una capacità che come la sua controparte, la lettura,
deve essere sviluppata. Ciò non accade per tutti gli utilizzatori di una lingua.
Tutte le lingue moderne ricadono in tre classi fondamentali, distinguibili in base alla dimensione
delle unità linguistiche usate nella scrittura:
1. sistema alfabetico o fonologico: le unità linguistiche sono lettere o gruppi di lettere, che
corrispondono ai suoni del linguaggio parlato
2. sistema sillabico: le unità linguistiche sono una lettera o un simbolo che corrispondono a
una sillaba di una parola pronunciata
3. sistemi logografici (parola-figura): le unità linguistiche sono pittogrammi che corrispondono
a parole intere o concetti della lingua
Pagina 68 di 106
9.1.5 Il linguaggio e gli animali
Sebbene siano in grado di comprendere il significato associato a determinate parole, non vi sono
evidenze sperimentali che la comunicazione animale possieda regole sintattiche o pragmatiche.
Tuttavia alcuni animali posseggono l’intelligenza per acquisire forme rudimentali di linguaggio e
ricercatori comportamentisti sono riusciti a insegnare regole sintattiche elementari a primati, con
metodi che si sono rivelati utili anche per la riabilitazione delle abilità comunicative e sociali di
base dei bambini autistici.
Anche se le restanti 3 combinazioni sintattiche non sono utilizzate, tuttavia noi siamo in grado di
comprenderle (es. Yoda usa VOS).
La prosodia è un importante strumento di comunicazione nei primi mesi di vita del bambino, e
assume caratteristiche particolari linguaggio del caregiver o maternese
In pratica è la melodia a trasmettere il messaggio e non le parole:
qualità canora ascendente complimento
qualità acuta discendente rimprovero
9.2.4.1 La Turnazione
Esiste una caratteristica universale delle interazioni tra bambino e caregiver, chiamata turnazione,
utile per indurre il bambino a rispondere.
In queste interazioni reciproche, il caregiver sembra trattare il bambino come un partner che
sappia già comunicare in modo esauriente. Questo comportamento:
attiva l’attenzione del bambino
modella il comportamento comunicativo del bambino
Pagina 70 di 106
il controllo dell’interazione è tutto a carico del caregiver per bambini udenti, distribuito più
equamente per bambini non udenti
MacWhinney = “i bambini trascorrono buona parte del primo anno di vita perdendo la capacità di
fare confronti che non sono utilizzati nel parlato cui sono esposti”.
Tale categorizzazione è universale, sebbene alcune funzioni siano più difficili da esprimere in
alcune lingue, o siano vietate da pragmatica in altre (es. domandare nel linguaggio Luo - Kenia).
Anche se le regole non vengono mai direttamente spiegate al bambino essi le utilizzano e vengono
raramente corretti.
Allo stesso modo, i bambini sono in grado di comprendere il significato di parole non
esplicitamente definite e di costruire spontaneamente frasi mai udite prima
ovvero i bambini sono particolarmente abili a creare frasi rispetto alla povertà dello stimolo
ricevuto (Chomsky)
è probabile che il bambino abbia capacità linguistiche innate
gli universali del linguaggio emergerebbero da questa predisposizione biologica per il linguaggio
All’età di 4 anni improvvisamente c’è un peggioramento nella gestione delle irregolarità sintattiche
della propria lingua, detto regolarizzazione.
Pagina 71 di 106
Tale fase si manifesta quando i bambini diventano consapevoli delle regole linguistiche e applicano
automaticamente (generalizzazione).
Verso i 5 anni diventano consapevoli delle irregolarità grammaticali e sono in grado di applicare
regole fonologiche e sintattiche in modo appropriato.
Le lesioni all’emisfero dominante influenzano allo stesso modo sia udenti che non udenti.
Pagina 72 di 106
9.3.3.2 Lesioni all’emisfero non dominante
Tali lesioni generano deficit nella capacità di comprendere l’intenzionalità o i sottintesi di un
messaggio, la morale di una storia, le metafore e il linguaggio figurato
Le lesioni all’emisfero NON dominante influenzano allo stesso modo sia udenti che non udenti.
9.3.3.3 Emisferectomia
È la rimozione chirurgica dell’emisfero dominante, necessaria in caso di epilessia grave.
Se il danno avviene in giovane età, grazie alla plasticità del cervello, ovvero la sua capacità di
creare nuove connessioni e preservare le sue funzioni, le funzioni linguistiche saranno acquisite
dall’emisfero non dominante. Altrimenti la prognosi sarà negativa.
Poiché tale afasia riguarda la produzione linguistica, è detta afasia non fluente.
9.3.3.5 La localizzazione del linguaggio: area di Wernicke
Persone con afasia di Wernicke:
parlano fluentemente, ma le frasi sono senza senso e non sono consapevoli del loro deficit
hanno difficoltà a comprendere il linguaggio parlato (anche la loro voce registrata) e scritto
Poiché tale afasia riguarda l’elaborazione semantica ma non la produzione linguistica, è detta
afasia fluente.
Bambini selvaggi, deprivati dell’ambiente linguistico, una volta ritrovati non sono mai riusciti ad
acquisire una padronanza completa del linguaggio (es. Victor, Genie).
Pagina 73 di 106
9.4 Intelligenza e linguaggio
Sebbene alcune sindromi possano causare problemi nell’apprendimento del linguaggio, da
un’analisi approfondita intelligenza e linguaggio risultano essere due sistemi cognitivi piuttosto
indipendenti.
Causa ritardo da lieve a grave a severo, con conseguenti e proporzionali problematiche nella
padronanza del linguaggio PRO legame intelligenza - linguaggio
Ipotesi di Saphir-Whorf o del relativismo linguistico = la lingua che un individuo parla dà forma
inconsciamente alla sua visione del mondo connessione linguaggio – pensiero.
Base dell’ipotesi = numerosità di termini Inuit per indicare la neve, potrebbe corrispondere a una
diversa percezione della stessa
Pagina 74 di 106
9.5.1 Il linguaggio controlla la cognizione? No
Il relativismo linguistico si esplica in 2 regole:
1. se un fenomeno viene indicato con un numero di parole diverso da due lingue diverse è
probabile che possa essere compreso in modo diverso
2. se un fenomeno viene indicato con un numero di parole uguale da due lingue diverse è
probabile che possa essere compreso allo stesso modo
Se si effettua un test sul riconoscimento dei colori utilizzando dischi colorati nei colori focali, i
risultati saranno simili a prescindere dalla lingua di appartenenza dei soggetti e dall’età non
sono le parole a determinare i nostri concetti!! CONTRO relativismo linguistico
N.B.: i colori focali sono anche ottimi appigli per la memoria (sia memorizzazione che richiamo)
Pagina 75 di 106
1. persone che parlano lingue che hanno distinzioni diverse mostrano percezioni e
comportamenti identici
2. bambini e adulti che parlano una lesta lingua hanno comportamenti diversi
9.5.2.1 Aritmetica
È stato dimostrato che i termini usati per i numeri nelle diverse lingue possono influenzare la
velocità di apprendimento dei bambini.
Le lingue come il cinese, giapponese o gaelico ad esempio dicono 11 = dieciuno, che è più intuitivo
in quanto esprime una chiara regola numerica, rispetto a 11 = undici.
Da studi cross-nazionali i bambini di madrelingua asiatica sono più bravi degli inglesi o italiani sia
nei test di competenza aritmetica che nelle prove di conteggio.
Si noti che se un bimbo italiano sbaglia dicendo dieciuno, sta applicando la logica che le lingue
asiatiche hanno invece inglobato nei numeri stessi.
9.5.2.2 Imagery
Il linguaggio può aiutarci a codificare le informazioni in modi non intenzionali. Nella lingua dei
segni, ad esempio, l’osservatore spesso deve mettersi nella prospettiva del segnante, eseguendo
mentalmente una rotazione spaziale risultano effettivamente più bravi nelle rotazioni spaziali
la lingua dei segni ha sviluppato un’abilità cognitiva più generale.
10 IL LINGUAGGIO E L’ELABORAZIONE COGNITIVA
Questo capitolo descrive la sequenza dei processi cognitivi che permette a ogni essere umano di
capire e produrre il linguaggio e cosa accade quando questi processi non funzionano.
Infine descrive i processi cognitivi implicati nella lettura, sebbene essa non sia un universale
cognitivo.
In realtà la capacità di segmentare i suoni in parole o proposizioni (p. minima = soggetto + verbo),
non è sempre perfetta. L’esistenza di errori nella segmentazione mostra che:
le fasi iniziali dell’elaborazione sono imperfette
le informazioni necessarie ad una segmentazione corretta sono fornite da:
o ciò che ci aspettiamo di sentire
o la corrispondenza tra flusso di suoni/gesti e la sintassi+semantica che già
conosciamo
Tuttavia guardare la bocca del parlante non può essere l’unico aspetto chiave per la percezione del
parlato, infatti:
comprendiamo il parlato al buio o al telefono
le persone con disartria riescono ancora a comprendere il parlato
i non vedenti imparano a parlare
ricavare indizi osservando l’articolazione motoria è uno dei tanti fattori che ci permettono di
comprendere il parlato.
Pagina 77 di 106
a. rileviamo i suoni all’inizio della parola viene attivata la coorte delle parole in MLT
con suoni simili alla parola target da identificare
b. attivazione delle fonti di informazioni aggiuntive per l’eliminazione delle parole
della coorte fino all’identificazione della parola target contesto, sintassi,
semantica, ulteriori suoni
c. dimostrata sperimentalmente osservando i movimenti degli occhi tra parole simili
scritte quando si ascolta di una di esse
Pagina 78 di 106
Se uno dei due emisferi è intatto, si riesce a comprendere ciò che viene detto (con difficoltà in
presenza di preposizioni come prima/dopo o sotto/sopra) ma non si riesce a ripeterlo. Difficoltà a
leggere a voce alta. Capacità di parlare, ma con ripetizione di suoni e sillabe.
comprensione del parlato nei due emisferi, produzione del parlato nell’emisfero sx
In definitiva è difficile stabilire la natura del lessico, perché è molto ricco di possibilità; in
particolare, ciò che recuperiamo dal lessico è influenzato dal contesto e quando recuperiamo in tal
modo il significato di una parola ambigua, non siamo consapevoli dei suoi significati alternativi.
10.2.2 Ambiguità e comprensione
Comprendere frasi ambigue richiede uno sforzo cognitivo maggiore, perché spesso arrivati a un
certo punto dobbiamo recuperare o rianalizzare il significato dell’intera frase.
L’umorismo si basa spesso su questo tipo di sorpresa.
Pagina 79 di 106
10.3 Dalle parole alla frase: la grammatica dei casi
Una volta identificate le parole e compreso il significato, il passo successivo nel processo di
comprensione è quello di costruire un messaggio.
Gli psicologi cognitivi hanno lavorato a lungo per stabilire se nella mente di una persona esista una
grammatica particolare per ricavare il significato di un enunciato e hanno identificato la
grammatica dei casi, ovvero una serie universale di concetti espressi nelle frasi di tutte le lingue.
In pratica:
1. quando ascoltiamo le frasi
2. le separiamo in elementi sintattico-semantici chiamati casi
3. per costruire il messaggio del parlante
I casi sono delle componenti così critiche per la comprensione di una frase, che:
se un caso importante vene tralasciato dal parlante
esso viene aggiunto mentalmente da chi ascolta
Un esempio è l’aggiunta dell’utensile mancante, che viene mostrato anche dai bambini, che può
addirittura funzionare come indizio per ricordare una frase (dalla quale è mancante).
10.4 La comprensione (di quello che dobbiamo fare) della frase: il processo di utilizzo
L’ultimo passo nel processo di comprensione è quello di costruire il significato di una frase e
comprendere il messaggio (senso) che il parlante vuole comunicarci.
Tale fase è chiamata processo di utilizzo poiché si suppone che l’ascoltatore utilizzerà in qualche
modo il messaggio veicolato dal parlante la comprensione determina un impegno aggiuntivo a
carico dell’ascoltatore.
Pagina 80 di 106
Sebbene gli atti linguistici siano degli universali, esistono differenze culturali e di genere nel modo
in cui vengono eseguiti.
Se l’ascoltatore non riesce a ricostruire un senso di realtà dall’enunciato del parlante, il messaggio
in esso contenuto non sarà compreso.
L’ascoltatore inoltre usa il senso di realtà per completare eventuali informazioni mancanti, al
punto che anche se non prestiamo attenzione a tutte le parole, riusciamo a ricavare il significato di
un enunciato.
Anche gli individui affetti da afasia ricostruiscono frasi a partire da parole chiave che riescono a
identificare usando il senso di realtà.
La risposta a una frase con dato implicito, richiede un tempo maggiore (181 msec in più) rispetto
ad una frase equivalente in cui il dato è esplicito.
A loro volta le informazioni integrate, possono funzionare come indizi per il recupero di ciò che si è
ascoltato (letto).
Pagina 82 di 106
10.5.2.1 Ricordare l’essenza (Gist)
La conoscenza già in nostro possesso non offre solo indizi per la comprensione, ma può fornire una
prospettiva sul discorso, che favorisce sia la sua comprensione che il suo recupero.
La memoria di un discorso è infatti semantica e non letterale, viene costruito un modello del
contenuto, una rappresentazione mentale dell’essenza del messaggio, che contiene più
informazioni di quelle letteralmente presenti nel discorso (integrazione con la MLT).
Tempi di risposta a domande che coinvolgono la MLT, dopo attivazione della MLT con frasi
contenenti sequenze di fatti causali, coerenti con la domanda, sono più rapidi rispetto ad
attivazione con frasi contenenti sequenze di fatti temporali, non coerenti con la domanda.
Esiste anche la via ad accesso indiretto, che ha una fase aggiuntiva rispetto alla precedente in ,
ovvero la ricodifica fonologica da elementi visivi a suoni del parlato.
È probabile che analisi visiva e ricodifica fonologica operino in parallelo, ma con velocità diverse. A
seconda delle condizioni la lettura viene effettuata dalla via che termina prima l’elaborazione
Pagina 83 di 106
10.6.1 La ricodifica fonologica
O decodifica grafema-fonema, è il modo in cui tradizionalmente si insegna a leggere: le
caratteristiche basate sul suono fanno da tramite tra le caratteristiche visive della parola e
l’accesso al lessico (il suo significato).
I lettori più abili usano i suoni delle parole per aiutarsi nella lettura; infatti da vari test risulta che
mentre e persone leggono in modalità silenziosa c’è una crescente attività elettrica associata alla
pronuncia delle parole.
A supporto della ricodifica fonemica ci sono alcune evidenze legate a errori di correzione di scritti:
difficoltà a identificare errori quanto la parola scorretta ha suono simile a quella corretta
difficoltà a identificare errori dovuti a mancanza di lettere mute (h)
Questo evidenzia:
separazione neurologica tra consapevolezza fonemica / riconoscimento della parola scritta
insufficienza della sola consapevolezza fonemica al riconoscimento della parola scritta
Pagina 84 di 106
l’ipotesi della doppia via sostiene che il lettore ha potenzialmente a disposizione entrambe le vie
per la comprensione della lettura che esse operano in parallelo ma con velocità diverse, per cui
vince quella che finirà prima, ovvero:
l’accesso visivo diretto vince più spesso
la ricodifica fonologica vince quando si leggono nuove parole o frasi complesse
Tra i bambini esiste una correlazione positiva tra consapevolezza fonemica e capacità di lettura.
Sul lungo termine tale effetto svanisce, in particolare per quanto attiene la comprensione del
testo.
Pagina 85 di 106
10.6.5.1 Lo span di lettura
Test di Daneman e Carpenter:
leggere una serie di frasi al alta voce e ricordare la parola finale di ciascuna frase definizione di
span di lettura come numero di parole che si riescono a ricordare (da 2 a 7 parole finali di frasi).
Lo span di lettura, combinato con le performance della ML, si è rivelato predittivo del grado di
comprensione della lettura, cosa che non si può fare considerando solo la ML.
Infatti persone con span di lettura ampio hanno maggiori risorse disponibili quando leggono,
quindi quando incontrano parole ambigue mantengono le proprie interpretazioni aperte fino a che
sono disponibili info maggiori maggiore capacità e rapidità di comprensione di frasi complesse.
Le persone con span ridotto, invece, tendono a saltare alle conclusioni.
Tuttavia esistono evidenze che vi siano anomalie nei cervelli dei maschi dislessici , non presenti nei
cervelli dei lettori tipici ectopia = cellule disposte in posizione atipica, che lasciano presagire
difficoltà nello sviluppo iniziale del cervello.
Sappiamo che il cervello elabora il segnale dei nostri occhi solo quando sono fermi, non durante il
movimento; gli occhi fissano il testo per circa 200-250 msec, poi compiono un movimento
saccadico e la saccade dipende dalle parole seguenti: vengono saltate le parole brevi e fissate
quelle più lunghe lette 80% parole piene e solo 35% parole funzione.
Esistono notevoli differenze nei pattern dei movimenti oculari; i lettori esperti:
hanno tempi di fissazioni più vicini al limite inferiore
creano saccadi più ampie
saltano più parole brevi
compiono poche saccadi regressive (tornare indietro per capire meglio)
Pagina 86 di 106
sono più lenti nel leggere la fina di una frase perché lasciano aperta l’interpretazione fino a
sufficienti info
I lettori dislessici hanno tutto al contrario, in particolare l’ultimo punto dimostra che hanno un
span di lettura ridotto, e questo può influenzare l’elaborazione della relazione tra simbolo e suono,
ovvero la decodifica fonemica.
Esp 1 (Yekovich) = confronto tra lettori scarsi, metà esperti calcio metà no
comprensione brano generico uguale, comprensione brano calcio maggiore in esperiti di calcio
Paradosso: bisogna conoscere ciò che viene letto per capire bene ciò che viene letto
Le basse capacità di lettura possono essere compensate accrescendo la conoscenza di ciò che
viene letto.
Pagina 87 di 106
11 RISOLVERE PROBLEMI
Per tutta la vita risolviamo problemi il problem solving è un processo cognitivo importante:
la memoria comprende il problem solving rispondiamo a domande come se risolvessimo
problemi
il linguaggio coinvolge il problem solving cerchiamo di comprendere l’atto linguistico, il
dato-nuovo
Il PS ci viene facile e naturale, poiché creiamo e immagazziniamo nella nostra memoria una libreria
mentale di procedure utili a gestire i problemi che incontriamo:
alcuni metodi sembrano immagazzinati nella memoria procedurale e applicati in modo
automatico (cap. 6)
altri metodi richiedono un impegno mirato e consapevole e sono conservati nella memoria
semantica dichiarativa (cap. 6-7)
Come si vede, tali diverse modalità di ragionamento attivano aree cerebrali diverse.
L’impatto del framing è importante soprattutto sui problemi mal definiti e mette in gioco i valori
propri del solutore, per cui i significati attribuiti diventano più importanti dei meri calcoli.
Pagina 89 di 106
11.3 Risolvere problemi: il ragionamento analogico
Si basa sulla rilevazione di somiglianze tra problemi attuali e problemi già affrontati in precedenza.
È tipico di molte situazioni della vita quotidiana, ma anche comunemente utilizzato per
interpretare i risultati in campo scientifico.
È utilizzato in particolare per la soluzione di problemi ben definiti (tutte le info sono note), o per
quelli a dominio chiuso (tutte le info possono esser apprese) ove sulla base delle nostre
competenze di base (in MLT) possiamo fare delle inferenze e poi di ragionare per analogia.
11.4.2 La creatività
Possibile nella soluzione di problemi mal definiti, accade quando le soluzioni che troviamo sono sia
utili che insolite.
In genere accade quando si riesce a superare la fissità funzionale, ossia quando si riesce a pensare
a un elemento del problema come a qualcosa di diverso da come viene usualmente considerato
(es. il problema delle due funi la fune considerata come un pendolo, non è l’unica soluzione ma
è la più creativa).
In genere il processo di problem solving creativo è descrivibile in 4 fasi:
1. preparazione = rappresentazione del problema e mantenimento in ML
2. incubazione= attivazione ed elaborazione inconsapevole di conoscenze/soluzioni pregresse
3. insight (illuminazione) = loro assemblaggio in un modo diverso dal solito nuova idea e
passaggio alla consapevolezza cosciente
4. verifica = la nuova consapevolezza viene applicata al problema
Tuttavia anche qui in genere sbagliamo, applicando sempre il bias di conferma, ovvero scegliendo
H2 sempre compatibili con H1: quindi in pratica è come se non stessimo generando ipotesi
alternative, ma stessimo solo cercando di verificare H1 in tanti modi diversi (es. test 2-4-6).
Pagina 91 di 106
11.6 I computer e la simulazione del problem solving
Obiettivo = capire come le persone rappresentano i problemi (e anche gli obiettivi).
La Gestalt elaborò ipotesi basandosi sulla catalogazione di soluzioni intelligenti a problemi
Attualmente si utilizza la simulazione computerizzata (modelli di Newell – Simon) del problem
solving umano (rappresentazione del problema, schemi di ragionamento, decisioni)
Differenze tra solutori possono essere attribuite al fatto che alcune persone lavorano con uno
spazio del problema più completo di altre.
La seconda è meno efficace della prima e si analizzano molte opzioni e passi irrilevanti.
Una ulteriore strategia di ricerca è quella della ricerca all’indietro, in cui si compie il percorso
inverso dall’obiettivo alla situazione attuale, per identificare la direzione da prendere per la
soluzione del problema.
Pagina 92 di 106
11.6.4.1 Hill climbing
Tale metodo afferma che bisogna sempre avanzare verso l’obiettivo e mai andare in una direzione
che sembra allontanarsi dall’obiettivo (non tornare sui propri passi, non scegliere altro percorso).
È una strategia che tutti applichiamo quasi in automatico, ma per risolvere certi problemi in cui è
necessario allontanarsi momentaneamente dall’obiettivo per raggiungerlo, rappresenta un limite
(es. problema dell’attraversamento del fiume).
Tale tipo di analisi e modo di procedere si manifesta spessissimo nel problem solving, e di fatto in
ogni compito complesso (es. prendere una scatola da un posto naturalmente inaccessibile).
Con l’introduzione del concetto di sistemi di produzione, ovvero librerie presenti in MLT formate
da coppie condizione-azione, si è sviluppata la più complessa teoria cognitiva ACT-R.
Pagina 93 di 106
12 IL RAGIONAMENTO
Gli animali sono ingegnosi, ma non hanno la capacità di ragionamento degli esseri umani che
permette loro di adottare rapidamente strategie in funzione dei cambiamenti spaziali e temporali.
12.2.1 Stadio 1
All’età di 4 anni il bambino e capace di trarre inferenze dal connettivo oppure (relazione
condizionale = fai A oppure succede B).
All’età di 5-6 anni riescono a scegliere la soluzione giusta tra due (questo può essere A oppure B,
non è A quindi è B).
Pagina 94 di 106
È come se avessero una librerie di procedure logiche che vengono applicate in modo automatico.
C’è consapevolezza del problema, ma non della logica utilizzata per risolverlo.
12.2.2 Stadio 2
Dai 6 ai 10 anni sono in grado di affrontare dilemmi in cui non c’è un’unica soluzione giusta
(questo può essere A o B o C, non è A quindi può essere B o C).
12.2.3 Stadio 3
Verso gli 11 anni raggiungono lo stadio in cui sono in grado di ragionare su affermazioni che sanno
essere false possono applicare il ragionamento controfattuale.
Riescono anche a valutare se una conclusione ha validità logica, ovvero se deriva logicamente da
una serie di premesse, a prescindere dall’essere vera o meno.
Il ragionamento lineare non può essere applicato ai problemi non lineari, ovvero non
rappresentabili su una linea.
Un’altra capacità alla base del ragionamento lineare è quella di applicare alla seriazione la
transitività, un’abilità che si acquisisce con l’età e richiede buone capacità di memoria, ovvero:
1. dati 3 elementi
2. se una relazione lineare lega 1 – 2 e 2 – 3
3. allora lega anche 1 – 3
Errori nel ragionamento lineare possono essere indotti quando si applicano seriazione e transitività
a dimensioni che non sono seriabili, come l’amore o il vedere.
Inoltre, poiché le difficoltà nell’elaborazione linguistica sono legata ai limiti della capacità della
memoria di lavoro, tali limiti influiscono anche sulla velocità e accuratezza del ragionamento
lineare.
sillogismi basati su termini non marcati sono risolti più velocemente e con meno errori rispetto
a sillogismi basati su termini marcati
Tuttavia, per il principio dei marcatori, se sillogismo e domanda utilizzano termini marcati, le
risposte saranno cmq più lente rispetto all’utilizzo dei termini non marcati.
Pagina 96 di 106
12.3.4 Il ragionamento e le narrazioni
Il ragionamento lineare è stato anche studiato applicato non a sillogismi lineari, ma alla lettura di
un brano seguita da domande.
Gli aspetti fondamentali del ragionamento, studiati dalla psicologia cognitiva, sono 2:
1. la rappresentazione delle frasi del problema
Pagina 97 di 106
2. le procedure adottate per passare dalle premesse alle conclusioni (i 3 tipi di ragionamento)
12.4.2 3 tipi di ragionamento
Esistono 3 tipi di ragionamento:
deduzione = quando ragioniamo passando dal caso generale a quello particolare
partendo da presupposti veri si arriva sempre a conclusioni vere
induzione = quando ragioniamo passando dal caso particolare a quello generale
partendo da presupposti veri non si arriva sempre a principi generali veri
abduzione = è un tipo di induzione usata da scienziati e detective, in cui si trae la
conclusione che offre la migliore spiegazione delle premesse, anche se non
necessariamente è quella corretta
La difficoltà nella rappresentazione di un problema, è che la maggior parte delle frasi può avere
più di un diagramma di Eulero associato tra i quali bisogna scegliere quello corretto.
2. nella rappresentazione del problema: infatti, spesso ciò che ci pare un paradosso, ovvero
un’affermazione contraddittoria, è tale solo perché credenze e pregiudizi influenzano dalla
nostra rappresentazione di un problema e ci condizionano nell’analisi delle premesse
Pagina 98 di 106
Il belief bias si verifica quando c’è contrasto tra il Sistema 1 (euristico) e il Sistema 2 (analitico).
12.6 Schemi di ragionamento
Sono delle regole e procedure che possiamo eseguire in modo automatico per trarre o valutare
delle conclusioni. (cfr. anche schemi di memoria cap. 7)
Innanzi tutto quando una regola è realistica, è possibile che abbiamo degli esempi simili in MLT e
possiamo ragionare per analogia.
La regola del bere, ad esempio, è una regola deontica ovvero riguarda permessi e obblighi; a tali
regole possiamo associare degli schemi di ragionamento automatici, i ragionamenti pragmatici,
che hanno 4 strutture caratteristiche generali (ragionamento condizionale):
1. Se si deve agire la precondizione deve essere soddisfatta
2. Se NON si deve agire la precondizione può NON essere soddisfatta
3. Se la precondizione è soddisfatta allora si può agire
4. Se la precondizione NON è soddisfatta allora NON si deve agire
Risulta che le regole realistiche attivano uno di questi 4 schemi di ragionamento pragmatico,
invece le regole arbitrarie in genere non evocano questi schemi e incontriamo più problemi nel
risolverle.
Poiché il contesto può evocare l’attivazione degli schemi di ragionamento condizionale, anche le
regole arbitrarie presentate in modo opportuno, possono essere risolte con maggiore facilità.
È stato dimostrato che attivare nei soggetti il contratto sociale (e non solo avere un contesto che
attiva lo schema di ragionamento pragmatico condizionale) migliora le performance del compito di
selezione di Wason nella fase di interpretazione, anche per le regole arbitrarie.
Pagina 99 di 106
Talvolta facciamo errori di ragionamento non solo perché non riusciamo a interpretare
correttamente la regola, ma anche perché non riusciamo a ricordare le nostre interpretazioni; ciò
dimostra l’importanza della memoria nel ragionamento.
12.6.4 Comprensione del compito di ragionamento
Come visto sopra, l’interpretazione della regola è fondamentale per applicare lo schema di
ragionamento appropriato.
Ma allo stesso modo è importante comprendere correttamente qual è l’azione da compiere:
verificare che la regola è falsa (vocale – numero)
verificare che la regola è violata (bere – età)
Il pensiero schizofrenico è detto paralogico, perché utilizza le regole della logica, ma basate su
principi di somiglianza, anche molto debole, piuttosto che sull’inclusione o sulle relazioni lineari.
Gli schizofrenici, se messi davanti a test in cui scoprire logiche di raggruppamento di item simili, si
bloccano perché non sanno scegliere una tra le tante delle opzioni disponibili, ma cercano di
soddisfarle tutte.
Probabilmente si tratta di una predominanza del Sistema 1 euristico sul Sistema 2 analitico, che
porta a una estremizzazione tendenze di risposta normali.
Ciò si collega all’ipotesi che la schizofrenia sia dovuta a una disfunzione della corteccia prefrontale,
specialmente la porzione associata ai circuiti dopaminergici.
Tale probabilità può essere uguale per tutti gli eventi che stiamo considerando, oppure variare e il
nostro comportamento varierà con essa.
(es. abbiamo uno scoppio dell’estinzione quando la macchinetta non eroga ciò che vogliamo)
Limiti:
1. nella vita quotidiana la probabilità di un evento è raramente nota
2. la nostra stima del valore di un esito può cambiare da un momento a un altro
3. l’utilità soggettiva non funziona quando la scelta include una perdita (cfr.
il pensiero inconscio ha un ruolo importante della fase di incubazione del problem solving
Al contrario, gli algoritmi sono insiemi di regole chiaramente definite che risolveranno sempre il
problema a patto di avere sufficiente tempo a disposizione.
13.2.1.1 Rappresentatività
Questa euristica ci porta a calcolare la probabilità di un evento non attraverso i metodi standard,
ma in funzione della somiglianza con un altro evento la cui probabilità ci è già nota.
Quando le condizioni dei problemi sono presentate come probabilità, si tende ad applicare questa
euristica nel modo sbagliato, trascurando il dato della probabilità di base (cfr. par. successivo).
Invece il calcolo migliora notevolmente quando le condizioni sono presentate come frequenze.
13.2.1.2 Disponibilità
Questa euristica si basa sullo stimare la frequenza di un evento in base alla facilità con cui
recuperiamo casi esemplari dalla memoria.
Importante nel marketing (prezzo vecchio esposto nei saldi), in ambito clinico (colloquio di
accettazione).
Laddove sorga un conflitto tra sistemi1 e 2, si manifestano differenze individuali nella capacità di
privilegiare l’attività del sistema analitico a capito di quello euristico e quindi differenze
nell’accuratezza del ragionamento default – interventionist – processing.
L’ipotesi del marcatore somatico afferma che il circuito cerebrale responsabile dell’elaborazione
emozionale dell’intero corpo rappresenta anche il sistema base associato al prendere decisioni.
Un ruolo particolare è giocato dalla corteccia prefrontale ventro-mediale (VM).
Un altro aspetto di questa fallacia, chiamata anche fallacia del Concorde, è che quando le persone
si trovano a scegliere uno tra due costi effettuati, invece di applicare la regola dell’utilità soggettiva
che tiene conto del valore che un dato costo ha per la persona, scelgono l’opzione più costosa
invece di quella più allettante (ovvero che ha più valore soggettivo).
Per recuperare le perdite, alcuni utilizzano la strategia di raddoppio detta sistema Martingala
(puntare il doppio di quello che si è perso all’ultima mano).
Tale fallacia accade perché la combinazione di due eventi sembra corrispondere meglio alle nostre
personali aspettative e in questo modo possiamo applicare l’euristica della rappresentatività
non si usa la probabilità di base e non si inibisce l’elaborazione automatica.
Tale errore spesso si rileva in inchieste giornalistiche o analisi statistiche sulla criminalità o sulle
malattie, in cui segniamo i confini dell’indagine dopo aver identificato la zona in cui c’è un cluster,
secondo noi, anomalo.
Si collega al concetto psicologico di locus of control, ovvero la percezione individuale del locus
delle cause principali degli eventi della vita:
locus interno = vincere è frutto dell’abilità, che può controllare l’esito di processi casuali
la mano calda è un’abilità del giocatore
locus esterno = vincere è frutto della fortuna, che può controllare l’esito dei processi
casuali la mano calda è il risultato della fortuna
Pagina 105 di 106
13.6 Guadagni e perdite: la teoria del prospetto
Il framing, o effetto del contesto, non solo può influenzare l’interpretazione dei dati numerici nel
problem solving, ma può influenzare anche l’interpretazione dei valori quando dobbiamo
prendere una decisione teoria del prospetto, poi diventata teoria cumulativa del prospetto.
Si basa sul fatto che guadagni e perdite non hanno lo stesso valore per le persone: le perdite
sembrano avere più peso rispetto ai guadagni.
Su questa base, l’effetto di framing si manifesta così:
quando un risultato è inquadrato in termini di guadagno, le persone sono avverse al rischio
e preferiscono la cosa certa preferiscono il guadagno certo a quello incerto
quando un risultato è inquadrato in termini di perdita, le persone sono più propense al
rischio per evitare la perdita preferiscono la perdita incerta a quella certa