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Nell’anatomia umana si identificano 12 paia di nervi cranici pari e simmetrici, numerati in base
alla loro origine apparente in senso rostrocaudale:
L’emergenza dei nervi cranici è detta “apparente” poiché l’origine reale si trova nei nuclei di
sostanza grigia del tronco encefalico per la parte efferente, e nei gangli periferici per la parte
afferente. I nuclei sono localizzati nel tegmento del tronco encefalico con una distribuzione in
senso mediolaterale (nuclei somatomotori, visceroeffettori, viscerosensitivi e infine nuclei
somatosensitivi).
Ponte
Dal punto di vista utilitaristico, per il neurologo che sta visitando il paziente, riconoscere un
segno di interessamento di un nervo cranico vuol dire avere la certezza di trovarsi davanti a
una patologia che si sta svolgendo nel tronco dell’encefalo e quindi nella scatola cranica. Si
escludono quindi tutte le patologie dal forame occipitale in periferia. La conoscenza della
semeiotica dei nervi cranici è importante per averne una visione anatomo-funzionale e sapere
quali funzioni controllano, ma ha anche un grandissimo valore semeiotico-localizzatorio; quindi,
non solo ci dicono quale è la struttura interessata (tronco dell’ecenfalo), ma anche, in base alla
loro distribuzione cranio-caudale, a che livello del tronco dell’encefalo è localizzata una
disfunzione.
Per esempio, il III nervo cranico ha il nucleo nel mesencefalo, il IV un po’ più giù, il V a
metà del ponte, il VI esce alla giunzione tra il ponte e il bulbo in cui si hanno le radici di
uscita del X, del glossofaringeo (IX) e dell’ipoglosso (XII), e così via.
Esiste quindi una distribuzione cranio-caudale, dall’alto verso il basso, che ci consente di
localizzare le lesioni e che è importante conoscere anche per visualizzare i rapporti anatomici
tra essi.
La sequenza dei nervi cranici è importante per fare la diagnosi di livello. La risonanza, infatti,
a volte non riesce a individuare con precisione dove sono localizzate lesioni molto piccole;
inoltre, identifica più che altro lesioni strutturali e non disfunzioni della conduzione dell’impulso
nervoso. In ogni caso bisogna fare un’ipotesi di sindrome clinica localizzata per poter mirare gli
accertamenti su quella sede che pensiamo sia responsabile della lesione.
Per esempio:
- Se un paziente ha segni di interessamento di una via lunga motoria e ha associato un deficit
del III nervo cranico, noi possiamo ipotizzare che la lesione sia localizzata a livello del
mesencefalo dove c’è il nucleo del III nervo cranico.
- Se un paziente ha segni piramidali e deficit del velo del glossofaringeo, ipotizzeremo una
lesione a livello del bulbo.
- Se un paziente ha un deficit piramidale da una parte e facciale dell’altra (sindrome alterna),
la lesione sarà al confine tra il ponte e il mesencefalo.
Inoltre, conoscere l’anatomia del tronco dell’encefalo è importante non solo per la localizzazione
dei nuclei dei nervi cranici, ma anche per altre importanti funzioni: l'intera struttura del tronco
cerebrale è infatti percorsa da neuroni e da fasci di neuroni con diversa funzione. Sono presenti,
infatti:
Nel midollo spinale dall’embrione si sviluppano, al di dietro del sulcus limitans, delle strutture a
funzione afferente e sensitiva (in azzurro), che danno origine poi nell’adulto alle corna posteriori
del midollo spinale; quello invece che rappresenta la sostanza grigia al davanti del sulcus limitans,
il piatto basale, da origine nell’adulto ai nuclei di sostanza grigia delle corna anteriori che sono i
nuclei dei motoneuroni che vanno ai muscoli.
Anche nel tronco dell’encefalo viene rispettata questa somatotopia che viene sovvertita dalla
conformazione particolare del sulcus limitans a causa della presenza del quarto ventricolo, che ha
la forma di una losanga che si estende nel bulbo e nel ponte. Quindi anche qui il sulcus limitans è
la separazione tra le strutture sensitive e quelle motorie, solo che le sensitive sono postero-laterali
mentre quelle motorie sono ventrali e paramediali. Quindi i nuclei dei nervi cranici a funzione
sensitiva saranno localizzati lateralmente, mentre vicino alla linea mediana avremo i nuclei e le
colonne dei motoneuroni (somatiche o viscerali).
Dal corpo genicolato laterale originano le radiazioni ottiche, divise in un fascio superiore (parte
bassa del lobo parietale che contiene le fibre provenienti dalla parte superiore della retina) e
uno inferiore (lobo temporale che contiene fibre provenienti dalla retina inferiore). Le radiazioni
ottiche raggiungono la corteccia occipitale striata (area visiva primaria o area 17): al labbro
superiore della scissura calcarina terminano le fibre provenienti dai quadranti retinici superiori,
mentre al labbro inferiore terminano le fibre dei quadranti inferiori. A questo livello viene data
forma alle immagini e viene elaborato lo stimolo visivo.
Una lesione della corteccia occipitale può quindi portare dei soggetti con una vista perfetta a
non riconoscere gli oggetti, poiché manca la lettura simbolica di ciò che si vede.
Il campo visivo, nell’essere umano la visione è binoculare in cui la funzione visiva dei
due occhi coincide per gran parte sullo stesso spazio. Un difetto visivo a carico di metà
del campo visivo prende il nome di emianopsia e dipende da quale parte della via
intrassiale che forma il nervo sia compromessa; può essere epitemporale o binasale, e
solitamente è dovuta a lesioni retrochiasmatiche. Le quadrantopsie interessano un
quarto del campo visivo e sono dovute a una lesione isolata del corpo genicolato
laterale o a lesione parziale delle radiazioni ottiche. La valutazione perimetrica viene
fatta ponendosi davanti al soggetto e chiedendogli di fissare il naso dell’esaminatore:
ponendo le mani alla periferia del campo visivo secondo le diverse linee (orizzontale,
verticale, obliqua) e muovendole in modo alternato si chiede al paziente di segnalare
quale mano si stia muovendo (metodo del confronto). Ci sono anche altre modalità,
compresa la perimetria strumentale.
In questo modo si verifica la funzionalità del riflesso fotomotore: riduzione del calibro
della pupilla in risposta a uno stimolo luminoso (45°) sia nell’occhio stimolato (r.
fotomotore diretto), sia nell’occhio controlaterale (r. fotomotore consensuale). La
valutazione del riflesso fotomotore, infatti, tiene conto anche che la stimolazione
luminosa unilaterale produce una risposta anche nell’occhio controlaterale e questo
anche a causa dell’incrocio delle fibre. Il riflesso fotomotore è gestito dall’attivazione in
questo caso opposta del sistema simpatico e parasimpatico. Un riflesso positivo è
caratterizzato da isocoria, ossia dal fatto che in entrambi gli occhi ci sia lo stesso
diametro pupillare visto in statico e la stessa capacità di contrazione sotto lo stimolo
luminoso. Per anisocoria si intende invece una asimmetria pupillare, ossia una pupilla
più stretta da una parte e più dilatata dall’altra.
Di tutti e tre i nervi oculomotori, quello più comune da riconoscere come danneggiato è il terzo. La
motilità oculare si esplora o manualmente o strumentalmente; ad esempio, si può chiedere al
paziente di seguire un oggetto con lo sguardo e a questo oggetto si fanno percorrere traiettorie
orizzontali, verticali o oblique.
Il deficit oculare più frequente è la diplopia, ossia la doppia percezione dell’oggetto mentre si
eseguono determinati movimenti oculari o assumendo una certa posizione dello sguardo, causata
dalla mancata consensualità dei movimenti oculari dei due occhi e, a seconda del nervo cranico
coinvolto, l’immagine verrà percepita sdoppiata in verticale o in orizzontale. Altro deficit oculare è
lo strabismo, ossia una deviazione di un globo oculare con alterato allineamento degli assi visivi
dei due occhi.
Possiede un nucleo gelatinoso che percorre a forma di sigaro quasi tutta la lunghezza del
tronco dell’encefalo, e questo lo rende abbastanza vulnerabile dato che può essere colpito in
diverse sedi da lesioni nucleari. Il nervo emerge dalla superficie ventrale del ponte e perfora la
dura presso il margine superiore della rocca petrosa dove si espande a formare il ganglio di
Gasser, a cui fa capo tutta la componente sensitiva. Da qui si dipartono le tre branche terminali:
2. Mascellare: riguarda la parte antero-mediale del volto. Innerva la cute della guancia e del
labbro superiore, parte della regione temporale, la palpebra inferiore, la cute della porzione
laterale del naso in corrispondenza della narice, parte della mucosa del naso, le radici
dentali superiori, il nasofaringe, il seno mascellare, il palato molle, le tonsille e la mucosa
del palato.
3. Mandibolare: riguarda la parte inferiore e laterale del volto. È un nervo misto la cui
componente sensitiva innerva la mucosa della guancia e del labbro inferiore, la parte
superiore della cute dell’orecchio e del meato acustico, la membrana timpanica, la parotide,
e la parte temporale inferiore della cute del capo, i due terzi anteriori della lingua, le radici
dentali inferiori. La componente somatomotrice proviene dal nucleo motore del ponte
(nucleo masticatorio) e innerva i muscoli masticatori (temporale, massetere, pterigoidei,
miloioideo e ventre anteriore del digastrico, tensore del velo palatino e tensore del
timpano).
Alle tre branche del trigemino si trovano annessi diversi gangli parasimpatici con componente
visceroeffetrice, in rapporto con le funzioni vegetative (secrezione lacrimale, salivare, mucosa
nasale, della cavità orale, dei seni mascellari e frontali).
A seconda dei casi, una lesione può colpire più o meno selettivamente queste ramificazioni:
una lesione nucleare, a seconda della localizzazione nel tronco, può provocare il
coinvolgimento di una o più branche, mentre una lesione periferica, essendo il nervo anche
abbastanza lungo, interesserà le varie diramazioni più selettivamente, manifestandosi come
anestesia nel territorio corrispondente. Anche il normale mal di denti è un dolore trigeminale
perché la terza branca del trigemino va a innervare tutti gli alveoli dentari. È molto colpito anche
in caso di sclerosi multipla vista la sede e la dimensione del suo nucleo, e in certi casi la
malattia si presenta all’esordio proprio come una nevralgia trigeminale. Questo è dovuto alla
configurazione insolita del suo nucleo.
L’esame della funzione motoria consite nel testare l’efficienza dei muscoli masticatori.
2. Sensitiva: costituita da fibre sensitive somatiche e viscerali che si distribuiscono ai due terzi
anteriori della lingua (sensibilità gustativa specifica) e a una ristretta area cutanea del
padiglione auricolare per la sensibilità somatica. Comprende anche fibre parasimpatiche
che innervano le ghiandole sottomandibolari e sottolinguale.
È il nervo con il decorso intracranico più lungo ed è molto suscettibile a lesioni perché passa
vicino a superfici ossee come quella della rocca petrosa.
Le paralisi del facciale possono avere varie cause, la più comune e la più benigna è la paralisi
di Bell che è dovuta a un’infiammazione su base virale ma tende a guarire facilmente, quasi
spontaneamente. È una patologia trasversale che colpisce dagli adolescenti agli anziani. Il
nervo facciale però proprio per il suo decorso a contatto con superfici ossee è frequentemente
colpito e danneggiato da traumi cranici e patologie di contatto.
Le patologie legate al nervo sono per lo più di natura compressiva come il neurinoma, piccolo
tumore benigno che spesso colpisce il nervo.
È molto importante anche perché va a formare il nervo frenico, nervo che origina dal plesso
cervicale, in particolare da fibre che derivano dalle radici spinali comprese tra la 3° e la 5°
vertebra cervicale. È un nervo pari e ciascuno dei due nervi frenici provvede all’innervazione
motoria di una metà del diaframma.
La funzione dello sternocleidomastoideo viene valutata facendo ruotare il capo contro una
resistenza verso il lato opposto al muscolo esaminato, mentre il trapezio si esamina facendo
sollevare la spalla contro resistenza. In generale, in caso di lesione c’è una diminuzione del
trofismo e un’ipostenia che riguarda selettivamente questi tipi di movimento.
Nel tronco il nucleo sensitivo principale è diviso in tre componenti: nucleo della radice ascendente
(mesencefalico), nucleo principale (pontino) e nucleo della radice discendente (bulbospinale).
Il nervo emerge dalla superficie ventrale del ponte e perfora la dura presso il margine superiore
della rocca petrosa dove si espande a formare il ganglio di Gasser, a cui fa capo tutta la
componente sensitiva. Da qui si dipartono le tre branche terminali: in alto e medialmente il nervo
oftalmico, al centro il nervo mascellare, in basso e lateralmente il nervo mandibolare.
Può succedere che questo nervo vada incontro a infiammazione, causando la cosiddetta
nevralgia del trigemino.
La nevralgia del trigemino è una sindrome cronica, un disordine neuropatico che si manifesta con
crisi di dolore lancinante nelle aree del volto innervate dal trigemino: fronte e
occhio, mandibola fino al mento o alla parte superiore della guancia. Nella maggior parte dei casi il
disturbo colpisce un solo lato del volto (unilaterale), più comunemente il lato destro.
In questo caso, dolori lancinanti possono essere scatenati da stimolazioni molto lievi, come
radersi, toccarsi il volto, masticare, bere, lavarsi i denti, parlare, truccarsi, sorridere, lavarsi la
faccia o il vento che soffia sul volto. Inizialmente gli attacchi posso essere brevi e di lieve entità,
ma con il tempo la situazione può peggiorare, gli attacchi farsi più frequenti e il dolore diventare
sempre più lancinante.
Spesso il malfunzionamento del trigemino è dovuto a una vena o un’arteria che entra in contatto
con il trigemino alla base del cervello, premendo su di esso. Fra le cause sono inclusi
l’invecchiamento, la sclerosi multipla o altre malattie che portano alla perdita della guaina mielinica
che avvolge i nervi. Meno frequente è il caso in cui ad entrare in gioco sia la presenza di un
tumore. Infine, alcune persone soffrono di nevralgia del trigemino a causa di una lesione
cerebrale o di altre anomalie, ma talvolta può essere anche di origine idiopatica.
NERVO FACCIALE (VII)
Il nervo facciale è formato da due componenti:
1. Una componente costituita dal nervo facciale propriamente detto, composto da:
- Fibre motrici somatiche (originate nel ponte dal nucleo del facciale) per
l’innervazione dei muscoli mimici del volto, lo stapedio, il ventre posteriore del
digastrico e lo stiloioideo.
- Fibre parasimpatiche che originano dal nucleo salivatorio superiore e che terminano
nei gangli sottomandibolare e sottolinguale. Da qui le fibre postgangliari si dirigono
ad innervare le ghiandole omonime (ad eccezione della parotide).
Decorso del nervo facciale:
Il nervo facciale nasce da un nucleo
motore posto a livello del solco bulbo-
pontino. Dal tegmento pontino le fibre del
facciale decorrono dorsalmente e girano,
con una lunga ansa, attorno al nucleo del
VI nervo cranico; per questo motivo si
hanno quindi spesso delle patologie del
tronco dell’encefalo (nel pavimento del
quarto ventricolo) che colpiscono questa
zona provocando deficit sia del VI che del
VII nervo cranico.
A carico del VIII nervo cranico si possono sviluppare delle neoplasie, a volte benigne, come
lo Schwannoma dell’ottavo (chiamato Schwannoma vestibolare o neurinoma acustico) che
non infiltra e non dà metastasi, ma comprime e può essere considerato maligno dal punto
di vista della sede dei rapporti anatomici, perché se cresce tanto può schiacciare il tronco
deformandolo e interrompendo il circolo liquorale e dare di conseguenza un idrocefalo,
oppure può schiacciare altre strutture anatomiche.
Il nervo facciale si immette poi nel canale facciale, dal quale esce dividendosi nei due rami
terminali: il tronco temporofacciale (muscoli della parte superiore del viso) e il tronco
cervicofacciale (muscoli della parte inferiore del viso).
In particolare, quando il nervo facciale esce dal solco bulbo-pontino, questo entra nel canale
osseo. Il nervo facciale è il nervo che percorre il più lungo tratto all’interno di un canale osseo, e
quando una struttura che deve essere nutrita passa all’interno di una struttura stretta è sempre a
rischio di danno, in quanto se il nervo subisse anche solo un piccolo processo che lo porti ad
aumentare di volume, si creerebbe subito un conflitto tra il contenitore e il contenuto e si
svilupperebbe un’ischemia.
Questo è il meccanismo alla base di tantissime forme di paralisi facciale, soprattutto la
paralisi di Bell, che è quella più facile da incontrare e che è una paralisi periferica dovuta a
un attacco virale di virus herpes simplex: il virus di per sé non fa danni, ma provoca una
reazione infiammatoria nel nervo che non può espandersi perché è contenuto in un canale
stretto. La pressione nel nervo aumenta e supera quella di perfusione dei capillari a tal
punto che il nervo va incontro a ischemia.
Questo condotto osseo non solo è lungo ma è anche angolato ed è diviso in tre segmenti:
labirintico, timpanico e mastoideo. Il segmento labirintico passa vicino alla chiocciola del
labirinto, il segmento timpanico corre vicino alla finestra del timpano e alla membrana timpanica
e il segmento mastoideo decorre nella mastoide. Il nervo decorre quindi vicino al labirinto, vicino
al timpano e poi piega in giù nell’osso mastoideo, per poi uscire dal forame stilomastoideo.
Essendo il condotto angolato, in caso di stiramento il nervo non può scorrere; inoltre, in questa
sede il nervo emette dei rami per lo stapedio, riceve fibre dalla corda del timpano, rami grande
petroso superiore e piccolo petroso del parasimpatico per la funzione secretoria. Ogni volta che
un nervo emette un ramo, quello diventa un punto di ancoraggio e ne limita il movimento e questo
vale per tutti i nervi, soprattutto andando verso la periferia. Per questo spesso si hanno lesioni da
stiramento nel plesso brachiale e lombare, ovvero dove i nervi si dividono, si intrecciano ed
emettono dei collaterali.
Un altro motivo di danno è di tipo microscopico; infatti, guardando una sezione del nervo facciale
appena fuori dal tronco dell’encefalo, si vede che è avvolto ancora dalla pia madre e
dall’aracnoide, ossia dalle meningi. Le fibre del nervo non sono protette da connettivo ma immerse
nel liquor, il liquido cefalo rachidiano, e quindi va a risentire di tutti quei processi patologici che
possono svilupparsi all’interno del sacco meningeo. Per esempio, le meningiti tubercolari danno
colate di nervi cranici e interessamento del facciale. La sindrome di Guillain Barrè, che è una
forma infiammatoria che colpisce le radici nervose, colpisce il nervo a questi livelli. Anche le
carcinomatosi meningee, neoplasie che infiltrano le meningi, danneggiano i nervi a questo livello.
Andando invece verso la periferia, il nervo diventa più protetto perché sviluppa un perinervio e
ancora più a valle anche un epinervio, cioè guaine di tessuto connettivo sempre più ricche in cui
decorrono i vasi che lo nutrono. Quindi in periferia il nervo è più robusto ed è soggetto alle
patologie che riguardano i nervi periferici non più quelle del sacco meningeo.
Compressione diretta: qualcosa che comprime il nervo come un tumore (il nervo facciale
può essere schiacciato a livello dell’angolo ponto-cerebellare da un neurinoma
dell’acustico/schwannoma dell’ottavo nervo cranico).
Ischemia: interruzione del nutrimento del tessuto nervoso; i nervi sono tessuti vivi che
devono essere nutriti con una propria vascolarizzazione, per cui una malattia che colpisce i
vasi può anche dare una neurite ischemica.
Fattori favorenti:
Decorso extra-assiale breve ma lunghi tragitti in canali ossei
Decorso angolato e numerose ramificazioni
Contatto con liquor
Assenza di strutture connettivali perineurali
Vascolarizzazione di tipo terminale:
- Circolo vertebro basilare arteria cerebellare anteriore inferiore
- Circolo della carotide esterna branca petrosa dell’arteria meningea medie e
branca stilomastoidea dell’arteria auricolare posteriore
Meccanismi vascolari (dolicoectasia, aneurismi, sclerosi vasale, trombosi arteriose e
venose, dissecazioni)
I nervi cranici possono essere colpiti in modo singolo o multiplo, ci sono regioni anatomiche
dove i nervi cranici decorrono in spazi ristretti, escono per forami particolari, attraversano delle
fessure dell’osso e queste sono sedi dove, se ce una patologia, essa colpisce i nervi che
corrono in quello spazio, come nel caso della sindrome della fessura orbitale superiore, della
sindrome del forame lacero o della sindrome del seno cavernoso.
Se le lesioni sono focali, l’interessamento può essere unilaterale. Ci sono poi patologie che
colpiscono in modo diffuso le meningi del basicranio e che provocano delle neuropatie craniali
multiple bilaterali, come la carcinomatosi meningea, che si manifesta quando le meningi che
avvolgono il basicranio sono invase da un tessuto neoplastico a livello microscopico che infiltra
in modo progressivo tutti i nervi cranici; si tratta quindi di una forma bilaterale multipla
progressiva di interessamento dei nervi cranici.
Il tronco dell’encefalo e i nervi cranici sono di pertinenza del circolo posteriore vertebro-basilare.
Il nervo facciale è soggetto a neuropatie ischemiche perché è irrorato da due territori vascolari:
1. Dal circolo vertebro-basilare (intracranico) o meglio da un ramo dell’arteria basilare, che è
l’arteria cerebellare inferiore anteriore nella sua parte vicino al tronco dell’encefalo;
2. Dal circolo della carotide esterna che innerva la porzione più vicina al forame mastoideo
Quindi, all’intero di questo canale osseo si incontrano due circoli vascolari diversi che si
anastomizzano ma, come ogni volta che si verificano delle anastomosi, c’è sempre il rischio che
queste non siano sviluppate correttamente e che ci siano dei difetti di vascolarizzazione; sono
quindi territori di fragilità dove è facile che ci siano disturbi di nutrimento e questo provocherebbe
un’ischemia del nervo facciale.
Un esempio di questo processo ischemico si ha nel midollo spinale a livello di D7, dove l’arteria
spinale (discendente) e di Adamkiewicz (ascendente) si incontrano anastomizzandosi ma
spesso queste anastomosi non sono sviluppate correttamente e non essendoci compensi tra i
due territori vascolari si possono verificare delle mielopatie, ossia sofferenze del midollo
spinale su base ischemica.
Ci sono poi casi in cui il nervo è irritato, non danneggiato, da un’arteria vertebrale basilare a
decorso tortuoso.
PARALISI DEL FACCIALE
Disturbo di natura neurologica, la paralisi facciale è dovuta a un'alterazione funzionale del nervo
facciale (o VII nervo cranico).
Il controllo sopranucleare del facciale origina dall’area motoria, decorre nel ginocchio della capsula
interna nel fascio corticobulbare, attraversa il tegmento e si porta al nucleo motore del facciale,
innervando solo il controlaterale per quanto riguarda la muscolatura del terzo superiore della
faccia.
Ne risulta che la paralisi centrale del facciale è caratterizzata da paresi solo della parte
inferiore della faccia controlateralmente alla lesione, e si ha di conseguenza una paralisi
incompleta, con spianamento del solco nasogenieno, scomparsa del solco nasolabiale e
deviazione della rima orale verso il basso. Il paziente è impossibilitato a soffiare, fischiare,
gonfiare le guance.
La paralisi centrale è causata da lesione nella porzione ventrale dell’area motoria primaria
nel territorio dell’ACM, solitamente in seguito a danni vascolari o tumorali.
Myasthenia Gravis una malattia autoimmune in cui si sviluppano degli anticorpi contro i
recettori dell’acetilcolina, e questo provoca che i pazienti sviluppino un deficit motorio della
muscolatura facciale dato che l’impulso nervoso non è efficace e non attiva il muscolo. L’effetto
aumenta con la ripetitività del gesto perché la prima volta che si contrae il muscolo c’è
abbastanza acetilcolina, che va poi diminuendo perché non viene reintegrata, e si hanno così
contrazioni sempre meno efficaci, e questo vale anche per la fonazione, la masticazione e
l’espressione del viso (questi pazienti contando fino a dieci partono bene, ma dopo un po’ non
riescono più a muovere le labbra, cambiando anche espressione). È un deficit bilaterale.
Miopatie (muscolo, fibre muscolare malata) che coinvolgono i muscoli craniali ma anche gli arti
Valutare se malattia unilaterale o bilaterale, se l’esordio è acuto o lento e progressivo, se è un
disturbo isolato o se è associato ad altri disturbi dei nervi cranici o degli arti. (ad esempio, la
paralisi periferica di Bell è disturbo della muscolatura facciale isolato)
La paralisi facciale spesso è sottovalutata perché nei due terzi dei casi si risolve senza lasciare
traccia, ma bisogna ricordare che va a colpire l’espressione, il linguaggio e la mimica facciale di
persone a volte anche giovani (30% dei casi in forma grave) e questo può provocare un disagio
sociale non indifferente e ridurre di molto la qualità della vita.
Cause di paralisi del nervo facciale:
60% casi paralisi di Bell: paralisi ad eziologia virale
7% herpes zoster (fuoco di Sant’Antonio) può colpire il distretto craniale e il nervo
facciale. Sono importanti il piccolo fascio di fibre sensitive che portano il tatto della cute
del condotto uditivo esterno perché il virus si annida nei gangli dei neuroni sensitivi
somatici e in questo modo riesce a colpire anche il nervo facciale. Lo zoster è la
riattivazione del virus della varicella che resta silente nel ganglio sensitivo che innerva la
cute dell’orecchio, poi l’infiammazione si diffonde per contiguità alle fibre motorie del
nervo facciale (zoster cefalico) e può essere colpito anche l’ottavo nervo cranico insieme
ad altri nervi cranici. Colpisce l’anziano l’immunodepresso e si manifesta con un dolore
violentissimo alla regione periauricolare.
Anche la paralisi di Bell all’esordio può essere percepita con un fastidio urente alla
zona periauricolare che è dovuto al nervo che si sta gonfiando a causa dell’edema in
risposta all’attacco del virus qualche giorno prima. Il dolore è dato dai nocicettori del
tessuto connettivo dell’epinervio che si sta gonfiando, un dolore diffuso che tende a
recedere quando si manifesta il deficit motorio, ma solitamente il paziente non lo
riferisce al medico perché non ci fa caso. Lo stesso non vale per lo zoster perché è
molto acuto anche per giorni.
Nella paralisi di Bell si può dare cortisone, mentre in quella da zoster è meglio
l’antivirale.
17 % traumi
6% tumori
4% infezioni borreliosi (malattia di Lyme) da puntura di zecca
3% forme congenite
2% spasmi facciali, iperattività del nervo
La paralisi di Bell (un tipo di paralisi del nervo facciale) è una debolezza o una paralisi improvvisa
dei muscoli di un lato del viso dovuta a un malfunzionamento del VII nervo cranico (nervo facciale).
Questo nervo muove i muscoli facciali, stimola le ghiandole salivari e lacrimali, consente ai due
terzi anteriori della lingua di rilevare i sapori e controlla un muscolo implicato nell’udito. L’infezione
causa il gonfiore del nervo. Quando il nervo è gonfio, è premuto (compresso) dagli stretti passaggi
nel cranio che percorre.
Epidemiologia:
Colpisce a qualunque età, maschi e femmine, è più frequente nei diabetici e negli ipertesi.
L’incidenza aumenta con l’età e c’è una piccola possibilità di recidiva, ovvero una persona che
ha già avuto paralisi ha un po’ più di probabilità di averne un'altra. Ha un’incidenza annuale di
15-30 casi per 100,000 persone.
Eziologia:
La causa può essere un’infezione virale o un disturbo immunitario che causa il gonfiore del
nervo facciale. Le evidenze indicano che alcune cause comuni della paralisi di Bell includono:
- Un’infezione da virus dell’herpes simplex di tipo 1 (che causa infezioni alla bocca, come
l’herpes labiale)
- Fuoco di Sant’Antonio
- Anche altri virus, come il coxsackievirus, il citomegalovirus e i virus che causano la
parotite, la rosolia, la mononucleosi o l’influenza
Sintomatologia:
Nella paralisi di Bell, il dolore dietro all’orecchio può essere il primo sintomo. I muscoli facciali
si indeboliscono improvvisamente, solitamente entro alcune ore. L’effetto varia da lieve
debolezza a completa paralisi. Entro 48-72 ore, la debolezza raggiunge il livello massimo di
gravità. È colpito un solo lato del viso. Il paziente presenta:
5. Possibile alterazione del gusto per la compromissione delle fibre sensitive della corda
del timpano che porta il gusto dei due terzi anteriori della lingua
7. Per quando riguarda la saliva, questa scola dall’angolo della bocca paralizzata ma la
produzione di saliva non si ferma perché le parotidi sono innervate dal sistema simpatico,
quindi non sono intaccate, e non lo sono neanche le ghiandole sottolinguali e
sottomandibolari che continuano a produrne normalmente.
Diagnosi:
Di solito, la paralisi del nervo facciale può essere diagnosticata e differenziata da altri disturbi
in base ai sintomi. Ad esempio, la paralisi del nervo facciale può essere distinta da un ictus
perché quest’ultimo causa solitamente debolezza solo nella parte inferiore di un lato del viso
invece che su tutto il viso. Le persone che hanno subito un ictus possono strizzare forte gli
occhi e aggrottare le sopracciglia. Inoltre, un ictus causa in genere debolezza di un braccio e/o
di una gamba.
Il medico è in grado di distinguere la paralisi di Bell da altri disturbi meno comuni che causano
paralisi del nervo facciale (come tumori, malattia di Lyme, altre infezioni, sarcoidosi, diabete e
fratture del cranio). Questi altri disturbi causano generalmente diversi sintomi e in molti di essi i
sintomi si sviluppano più lentamente. Pertanto, se il medico non è sicuro che la paralisi di Bell
sia la causa del disturbo, o se i sintomi si sono sviluppati gradualmente, vengono effettuati
degli esami, fra cui:
- Esami del sangue
- Radiografie
- Risonanza magnetica per immagini (RMI) o tomografia computerizzata (TC)
dell’encefalo
Ad esempio, possono essere effettuati esami del sangue per verificare la presenza di altre
cause della paralisi del nervo facciale quali ad esempio la malattia di Lyme e un esame del
sangue e una radiografia toracica per verificare la presenza di sarcoidosi.
Prognosi:
I due terzi dei casi guariscono in due o tre mesi, mentre un terzo guarisce con dei reliquati,
dipende dal tipo di danno nervoso. Se si ha soltanto un blocco neuro-aprassico, una
demielinizzazione segmentaria (danno alla guaina mielinica), si ha interruzione dell’impulso
nervoso e quindi paralisi, ma la fibra nervosa non degenera e la lesione di risolve in 60 giorni
circa. Se invece la lesione è interna e c’è una degenerazione dell’assone, il recupero sarà più
lento e meno completo lasciando dei reliquati, comincerà dall’alto verso il basso a partire
dall’ottavo mese fino al dodicesimo e così via. Il tipo di danno nervoso condiziona la prognosi.
Per capire il danno nervoso bisogna fare un’elettromiografia, ma si hanno anche indicatori che
ci permettono di fare diagnosi senza esami strumentali:
- Se il paziente non arriva mai ad avere un deficit completo dei muscoli, ma la paralisi rimane
parziale il danno non può essere completo di tutto il nervo quindi in recupero sarà buono.
- Se un paziente ha un deficit completo di tutti i muscoli e inizia ad avere i primi segni di
recupero intorno al primo mese, vuol dire che qualche fibra era in devirilizzazione ma non
degenerata e anche in questo caso il recupero sarà buono.
- Se invece non ci sono segni di recupero dopo uno o due mesi, allora vuol dire che tutte le
fibre sono degenerale e bisogna lavorare per un primo recupero al sesto mese e da lì in
avanti un recupero lento.
Trattamento:
Se i sintomi sono presenti da meno di 48 ore, viene somministrato per via orale un
corticosteroide, come il prednisone, per ridurre il gonfiore del nervo. L’assunzione di un
corticosteroide accelera leggermente e migliora il recupero del movimento. Il cortisone è
consigliato nei giovani che non hanno fattori di rischio per salvare il più possibile delle fibre
nervose e muscolari. Per quando riguarda anziani diabetici o immunodepressi meglio agire in
modo diverso perché il cortisone potrebbe dare più effetti negativi che benefici dato che i fattori
di rischio sono molti.
Non è chiaro se i farmaci antivirali siano utili, compresi gli antivirali che sono efficaci contro le
cause comuni della paralisi di Bell quali aciclovir, famciclovir o valaciclovir, che vengono
utilizzati per trattare il virus dell’herpes simplex e il virus dell’herpes zoster. Tuttavia, a volte gli
antivirali vengono prescritti assieme a un corticosteroide. Non è chiaro se questa combinazione
sia più efficace di un corticosteroide da solo.
Se l’occhio non riesce a chiudersi completamente, deve essere protetto dalla secchezza per
ridurre il rischio di lesioni oculari. Colliri composti da lacrime artificiali o soluzione salina
vengono applicati nell’occhio finché questo non riesce a chiudersi completamente. Le persone
possono aver bisogno di portare a volte un cerotto oculare, in particolare durante il sonno.
Raramente, in casi gravi, le palpebre superiori e inferiori sono cucite insieme.
Sintomi:
• Le rughe della fronte sono spianate
• L’occhio è più aperto perché normalmente
la dimensione della rima palpebrale è un
equilibrio tra l’orbicolare dell’occhio
innervato dal facciale e l’elevatore della
palpebra innervato dal terzo nervo
cranico, ma in questo caso l’orbicolare è
paralizzato e l’elevatore vince quindi
l’occhio rimane più aperto e
volontariamente non si riesce a chiuderlo
• La bocca è tirata dal lato sano perché
dall’altra parte è paralizzata e non
controbilancia
• Le vescicole dello zoster si possono avere
sull’orecchio o più raramente sul velo del
palato o della lingua.
Manifestazioni precoci:
• Neurite craniale (>> VII nervo cranico, può essere
bilaterale). Compare nel 10% dei soggetti non trattati,
prognosi buona con trattamento.
• Radicoloneurite con coinvolgimento segmentario
asimmetrico
Manifestazioni tardive:
• Polineuropatia sensitivo-motoria distale
• Polineurite sensitiva associata ad ACA
Sindrome di Melkersson-Rosenthal
Colpisce prevalentemente minori di 16 anni e si manifesta con paralisi facciali multiple bilaterali
e recidivanti con alternanza di lato. Questi soggetti non hanno grosse asimmetrie di volto
perché il rapporto di paralisi tra i lati è sempre 6:5 o 5:5 e, finché non c’è un grande scarto tra
destra e sinistra, non si mostrano asimmetrie rilevanti anche se ne hanno moltissime.
Di solito, le paralisi facciali recidivano da entrambi i lati, quando lo fanno unilateralmente vuol
dire che da quel lato c’è qualcosa di anatomico che la favorisce, tipo un tumore. Con il tempo i
sintomi di questa paralisi recedono e quando i pazienti arrivano dal medico gli edemi si sono
già riassorbiti, bisogna perciò sempre chiedere se all’esordio erano presenti gonfiori.
Nelle paralisi del nervo facciale in generale i 2/3 guarisce completamente senza residui: se si tratta
di forme parziali la guarigione sarà rapida, per le forme totali ma con segni di recupero entro il
primo mese la prognosi sarà positiva ma più lenta.
In genere una paralisi facciale idiopatica, di cui la Paralisi di Bell è quella più frequente, ha un
decorso benigno nei 2/3 dei casi. 1/3 dei casi può presentare dei reliquati (=postumi). Uno dei
reliquati è rappresentato dallo spasmo facciale, poi vi è per esempio la contrattura post-
paralitica, dunque lo sviluppo di uno stato tonico di tensione dell’emivolto colpito, che da
flaccido paretico tende a diventare ipertonico. Le asimmetrie del volto di questi pazienti tendono
quindi a ribaltare rispetto a quello che era lo stato nella paralisi acuta. Infatti, nella fase acuta
della paralisi, dal lato leso abbiamo una fronte spianata, un occhio più aperto e la bocca deviata
dal lato sano. Quando dopo un anno il paziente rientrerà in quei pochi casi che sviluppano una
contrattura di tipo post-paralitico, avremmo l’opposto, ossia rughe accentuate, occhio più chiuso
e bocca stirata da quel lato.
EPISPASMO FACCIALE
La contrattura post-paralitica non va confusa con un altro stato di iper-attività della muscolatura
facciale che si chiama emispasmo facciale. Si tratta di una condizione che non fa seguito ad
una paralisi facciale periferica, ma è una condizione che si sviluppa in un soggetto che non ha
mai avuto paralisi facciali e che comincia a presentare delle contrazioni toniche o toniche
cloniche. Toniche sta ad indicare una contrazione sostenuta, mentre clonica una contrazione
fasica di breve durata, tonico clonico rappresenta dunque un mix tra le due condizioni.
Assenza di dolore
Accentuato dal sorridere, parlare, gonfiare le gote, fare smorfie, corrugare la fronte
Scatenato da: luce intensa, soffio d’aria, lettura, monitor TV, fatica, guida prolungata
Si tratta di una patologia del nervo facciale che riguarda quel lato, dovuta ad un’irritazione del
nervo facciale stesso, o meglio del punto dove esce dal tronco dell’encefalo e dove abbiamo
visto che è avvolto da mielina centrale. Lì può quindi entrare in contatto con un’arteria che
nell’anziano tende ad indurirsi per dei fenomeni di arteriosclerosi. Nell’arteria circola sangue a
pressione arteriosa elevata che ad ogni pulsazione del cuore pulsa contro la parete, e irrita il
nervo, lo lede, determinando una demielinizzazione segmentaria. Si ha quindi un
danneggiamento della guaina mielinica di alcune fibre, e si dice che in quella zona si ha
un’eccitazione ectopica. La fibra solitamente conduce un impulso che nasce a livello del
monticolo assonico, in questi casi tuttavia si ha un’eccitazione al di fuori del giusto sito.
L’impulso elettrico nasce così dove vi è il contatto nervo-vaso e si trasmette verso la periferia,
ma anche per connessione elettrica tra fibre affiancate a più fibre, che sono poste l’una vicina
all’altra. Si hanno quindi più muscoli di un emilato che sono invasi contemporaneamente da una
scarica elettrica che nasce in quel punto di demielinizzazione segmentaria, che è dovuta a
questo conflitto neuro-vascolare.
Si cura con la tossina botulinica, ed è una condizione che colpisce soprattutto gli anziani, poiché
è negli anziani che si manifesta questa tortuosità dei vasi. Tuttavia, il conflitto neuro-vascolare
non è presente in tutti i malati e a volte lo ritroviamo anche in pazienti che non hanno
l’emispasmo facciale. La terapia prevede dunque l’utilizzo della tossina botulinica iniettata a
livello dei muscoli iperattivi.
Nei casi che cominciano in età giovanile e che sono molto invalidanti si può risolvere del tutto la
situazione con un intervento neurochirurgico, tramite il quale si apre il cranio e si pone un
isolante tra vaso e nervo; questo intervento ha un’ottima risoluzione della sintomatologia, e
raramente si hanno delle complicanze. La tossina botulinica non ha effetti collaterali, ma non è
risolutiva e va continuata nel tempo (il paziente dovrebbe sottoporvisi ogni 3 mesi per tutta la
durata della sua vita).
BLEFAROSPASMO
È una distonia focale caratterizzata dalla contrazione
bilaterale, involontaria ed intensa del muscolo orbicolare
dell’occhio
Prevalenza 5-10/100.000
Ammiccamento frequente
Compromissione della funzione visiva
Fotofobia, irritazione oculare, occhio secco
Rappresenta un’altra condizione di iperattività dei muscoli facciali perioculari. Si tratta di una
condizione che si manifesta bilateralmente. In questo caso il paziente chiude gli occhi
bilateralmente e forzatamente, a causa della contrazione bilaterale dei muscoli orbicolari.
Essendo colpiti contemporaneamente i due lati, è improbabile che si tratti di un danno del
nervo, poiché dovrebbero essere lesi i due nervi facciali contemporaneamente e ciò è
praticamente impossibile. Si tratta dunque di una patologia centrale del cervello, come lesioni
del tronco o malfunzionamento dei circuiti dei gangli della base, ma si riscontra al nel
parkinsonismo. Il blefarospasmo si colloca all’interno di uno spettro di condizioni che riguardano
la cosiddetta aprassia dell’apertura degli occhi. Il paziente cerca di aprire gli occhi, ma il
comando non risulta efficace. Non si tratta tuttavia di una paralisi, in quanto qualche volta
funziona e qualche volta no, e non vi è nessuno spasmo, contrazione attiva. Nella pratica clinica
ognuno ha un mix delle due componenti, e mentre la componente di spasmo risponde alla
tossina botulinica, la componente di aprassia dell’apertura degli occhi no.
La terapia anche in questo caso è rappresentata dalla tossina botulinica negli orbicolari delle
palpebre.
L’iperattività motoria è inibita da uno stimolo sensitivo particolare che si chiama gesto
antagonista. Il gesto antagonista per una distonia come il torcicollo è mettere una mano sulla
guancia: in questo modo la stimolazione tattile trigeminale inibisce la contrazione tonica del
collo. Il gesto antagonista del blefarospasmo può invece essere un rumore improvviso, per
esempio battere un colpo sul tavolo fa aprire gli occhi.