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12/05/2022

Sistema nervoso centrale dal punto di vista anatomico e dal punto di vista funzionale, in realtà ci
sono altri punti di vista, c’è quello evolutivo… però almeno questi danno una visione abbastanza
completa di quello che succede durante il funzionamento normale del nostro organismo ma
anche durante i vari tipi di patologie e come poi si può intervenire e sulla base di cosa nel caso di
una riabilitazione.

Considerando che questo è un corso di bioingegneria della riabilitazione bisogna comunque avere
una conoscenza dell’aspetto siologico.

Anatomia e funzionalità del sistema nervoso autonomo, brain computer interface (molto legate
all’ambito riabilitativo per diversi tipi di patologie), stimolazione trans-cranica ( è un modo per
stimolare il nostro SNC da un punto di vista sico e non farmacologico, andiamo a stimolare
qualcosa che può avere e etti sia di modulazione dell’attività siologica ma anche di intervento,
queste stimolazioni oggi sappiamo che non sono invasive). Queste ultime non sono stimolazioni
invasive, o in minima parte.

Il sistema nervoso è abbastanza complesso. In SNC non è solamente il nostro cervello, è


costituito da quello che noi de niamo cervello e dal midollo spinale, quindi tutta una parte di
sistema nervoso centrale che si inserisce nella colonna vertebrale. Con sistema periferico è tutta
quella parte del SN che parte dal SN centrale e arriva alla periferia. Il SNP si inserisce nel sistema
nervoso centrale sopratutto nella parte superiore della colonna. Questi due sistemi sono
fortemente legati tra loro sicamente strutturalmente e funzionalmente. Quello periferico si divide
poi in più parti: autonomo, viscerale,…

Il midollo spinale è quella parte del sistema nervoso centrale che percorre le nostre vertebre, da
quella coccigea a quella sacrale, e arriva da un lato ad essere connesso sia dal punto di vista di
produrre quelle informazioni che attivano la parte motoria, ma allo stesso tempo riceve
informazioni dalla parte sensoriale distribuita sul nostro corpo. Si ha una via ascendente e una
discendente (info di attuazione che partono dal SNC e arrivano alla periferia). Ci sono due percorsi
di conduzione.

A parte l’azione volontaria che noi possiamo pensare, il comando di muovere un arto parte dal
SNC scorre la catena nervosa e arriva ai motoneuroni…ma c’è poi una parte che bypassa la parte
cognitiva e crea quello che si chiama arco ri esso che passa dal SNC dove non si ha una parte
cognitiva attiva, non sono io che decido l’attuazione che faccio (esempio del ginocchio se si
colpisce sotto la rotula e la gamba si distende).

Quindi il nostro midollo spinale scorre lungo l’addome e le aree sono


indicate a seconda dell’altezza lungo la colonna. Si ha una parte di SN che è
cervicale, superiore, indicate con C; poi si ha una parte che è la parte
toracica (arti superiori) ed è indicata con T; poi si ha una parte indicata con L
che è la parte lombare e in ne la parte coccigea o sacrale indicata con S. A
anco ad ogni lettera c’è il numero della vertebra a cui si fa riferimento.

Ovviamente il midollo spinale (indicato in rosso nella gura qui a destra) non
arriva realmente alla parte sacrale ma termina prima, mentre la parte dei
nervi, di sistema nervoso che arriva in periferia, percorre tutta la nostra
colonna e poi esce dagli spazi inter-vertebrali.

Quasi tutto il sistema nervoso è protetto da una struttura ossea ma


ci sono delle aree non protette da osso. Quindi la colonna da un lato
e la scatola cranica dall’altro lato protegge il SN. Nella gura tutta la
parte arancione è la parte ossea. Nella parte ossea ci sono delle
aperture e da queste partono i nervi (gangli, motoneuroni,…) che
partono e vanno poi alla parte terminale. Il mio sistema nervoso
centrale è costituito dalla parte centrale dell’immagine che ha due parti. Una parte si chiama
materia grigia e l’altra materia bianca. Attorno a questa area si hanno degli involucri che si chiamo
Madre che sono protezioni del mio sistema nervoso. Il sistema nervoso ha dei gusci di protezione,
ci sono due gusci e uno si chiama dura mater, all’interno di questi gusci si ha un liquido. Tutti
questi tre elementi costituiscono la protezione del SN. Questa cosa non c’è solo nel midollo
spinale lungo la colonna, ma anche a livello del SNC a livello di scatola cranica.

La pia mater è la parte più interna, l’aracnoide è la parte più esterna. Poi si ha una parte ancora
più esterna chiamata dura mater, si chiama così perché è più spessa rispetto alla pia mater.
L’insieme di questi tre elementi prende il nome di meningi spinali. Poi si ha l’osso.

In basso si hanno poi due aperture rivolte verso la parte ventrale. Con parte ventrale si intende la
parte anteriore, verso il torace; mentre quando si parla di parte posteriore parliamo proprio di

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parte posteriore. Lo spazio che c’è tra l’osso e il SN, cioè la dura mater, prende il nome di spazio
subdurale. Normalmente questo spazio non c’è, questi due elementi sono molto attaccati tra loro,
ma purtroppo con patologie o con l’età questo spazio si forma ed è un problema ed è una
patologia dovuta alla deformazione della colonna, dell’osso. Questa area è proprio l’area usata
per inserire gli anestetici durante l’epidurale, questa area è molto piccola quindi l’inserimento
dell’anestetico nella colonna è molto pericoloso perchè si corre il rischio di forare la dura mater e
quindi intaccare il SN; danno che potrebbe essere anche letale oppure comunque molto grave
perchè si potrebbe perdere un percorso nervoso che potrebbe essere attuativo o sensoriale.

Dal midollo spinale partono 31 paia di nervi, dorsali (posteriori) e ventrali (anteriori). I nervi partono
tutti da due spazi, ma realmente questi possono partire dalla parte anteriore o posteriore del
midollo spinale. Generalmente si indicano due spigoli che sono i punti da cui nasce lo stimolo
nervoso che poi passa attraverso le aperture ed esce. Quindi si può avere il percorso dorsale che
passa dal corno dorsale oppure dal corno ventrale. Normalmente dalla parte posteriore abbiamo
la parte sensoriale, nella parte anteriore abbiamo la parte motoria. Le bre discendenti o
ascendenti sono spazialmente divise. Il motoneurone passerà per esempio sempre dallo stesso
lato del nostro SN.

I nervi spinali si dividono in nervi 8 cervicali, 12 toracici, 5 lombari, 5 sacrali e 1 coccigeo, sono
sempre a coppie, destra e sinistra, il nostro organismo è simmetrico. La parte nale della parte
coccigea prende il nome di cauda equina.

Gli strati che proteggono il nostro sistema nervoso. Si


hanno le meningi che si trovano nello scalpo (qui a
destra) sia nel midollo spinale. Sulla nostra testa subito
dopo lo strato corneo che è il derma dove abbiamo
anche la parte pilifera (i capelli), si ha l’osso che è lo
scalpo il teschio e poi la dura mater, lo strato
aracnoideo, poi la pia mater. In questi strati c’è un
liquido che permette al nostro cervello di potersi
muovere nella scatola cranica senza andare a sbattere contro il nostro teschio il nostro osso, vista
la sua viscosità si ha una funzione ammortizzatrice. Il nostro cervello si muove perchè ha un peso
e quindi è soggetto ad accelerazioni e l’urto è ammortizzato. Quindi è una funzione importante.

Il nostro sistema nervoso è dinamico, vuol dire che cerca sempre di sopperire alla mancanza di
qualcosa. Se si interrompe un percorso nervoso questo non vuol dire che quell’area, quella
funzionalità di quella zona l’abbiamo completamente persa, questo aspetto del SN si chiama
plasticità. Il sistema è plastico perché cerca di ritrovare un percorso tale per cui la funzionalità
possa essere ripresa, questa cosa non è sempre possibile ma spesso sì. Nonostante questo le
necrosi possono essere abbastanza gravi da poter perdere certe funzionalità. Ecco perchè
l’anatomia del nostro SN è una cosa e la funzionalità è un altro aspetto. Il recupero di una
funzionalità dovuta ad incidenti che hanno provocato una lesione del sistema nervoso può essere
recuperata entro i 6 mesi dall’incidente, dopo è quasi impossibile.

La necrosi, la rottura del SNC porta ad un processo clinico di induzione di coma farmacologico,
quindici cerca di congelare il sistema per permettere al sistema di recuperare in modo naturale e
con farmacologie adatte, il coma non può durare più di un mese. Dopodiché si passa ad una
parte di locking sindrome dove si cerca di risvegliarlo piano piano dando dei farmaci e durante
questo periodo si va a vedere quali sono le risposte automatiche dell’orgnasimo, per esempio la
risposta al dolore. Se risponde al dolore allora vuol dire che c’è un percorso neurale che ancora
esiste. Il paziente che esce dalla locking sindrome diventa un paziente in stato di minima
coscienza, che abbraccia una serie di condizioni perchè può essere sia lo stato vegetativo, quindi
il soggetto tetraplegico (al massimo muove gli occhi) sia a stati di minima coscienza con un grado
di attività che può essere maggiore. [Dopo si danno impulsi per cercare di risvegliare pian piano e
si vanno a vedere come l’organismo risponde a determinati stimoli se risponde e si guarda lo
stato del soggetto. Se danno segni di vita si parla di soggetti a minima coscienza.]

Le meningi proteggono il SN.

La materia bianca si chiama così perchè è la parte del sistema


nervoso ricoperto dallo strato mielinico. La mielina ha grosso
modo un colore chiaro, ecco perchè nell’immagine questa area si
vede chiara. Nella parte centrale in colore più scuro si ha la
materia grigia dove si hanno i corpi cellulari. Nella parte bianca si
hanno assoni ricoperti da mielina. Questa è una descrizione

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qualitativa, si possono avere anche situazioni diverse.

Esistono due solchi, due commisure una posteriore e una anteriore. Esistono poi due spigoli,
quello anteriore è il corno anteriore o ventrale e quello posteriore corno dorsale. Invece le aree
che si trovano tra i corni prendono il nome di funicoli anteriori posteriori e laterali. Si ha anche un
corno laterale, quindi alla ne abbiamo tre corni.

Tutto il nostro SNC è avvolto anche da tutta quella parte che gli porta la sostanza nutritiva, quindi
si ha una tta rete di arterie e vene, sia nel cervello sia nel midollo spinale. Questa tta rete di
capillari si chiama barriera nel cervello, che e ettivamente anche questa di per se fa una
protezione del SNC ed è una protezione rispetto a sostanze tossiche, quindi non permette il
passaggio di alcune molecole perchè non riescono a passare attraverso questa tta rete, questa
barriera sanguigna. Però ce ne sono alcune che passano, per esempio la nicotina.

Sul midollo spinale ci sono dei solchi e delle fessure così come si hanno nel SNC. La parte
posteriore del solco si chiama solco mediano posteriore e la parte anteriore/ventrale è la fessura
mediana anteriore. Questa è la terminologia dei clinici e dei medici.

Nella parte grigia si hanno i corpi cellulari e nella parte chiara gli assoni. Al
centro del nostro midollo spinale abbiamo un canale e al suo interno si ha un
liquido che come costituzione è lo stesso liquido che abbiamo nelle meningi
e nel nostro sistema nervoso centrale superiore, quindi nel nostro cervello.
All’interno della parte grigia possiamo avere dei inter-neuroni. Quindi
abbiamo motoneuroni nella parte ventrale e sensori nella parte dorsale, non
sono interscambiabili.

La parte ascendente è la parte sensoriale mentre quella discendente è


quella motoria attuativa, che riguarda non solo i muscoli ma anche tutte le ghiandole che devono
produrre qualcosa. Il sudore è una secrezione ghiandolare che permette da un lato la
termoregolazione (nel momento in cui la temperatura supera una data temperatura allora si ha
l’uscita di acqua) e poi alcune ghiandole sudoripare (sopratutto quelle delle zone di mani e piedi,
dove non c’è la zona pilifera perchè hanno un contatto diretto con il sistema nervoso) hanno una
stretta connessione con il sistema nervoso, e quindi possono produrre sudore anche solo per una
necessità non di termo regolazione, per esempio per stress ansia.

All’interno del nostro midollo spinale noi abbiamo un attraversamento del sistema nervoso
ventrale.

Questo descrive l’anatomia del midollo spinale. Per quanto riguarda il cervello la parte superiore
del nostro sistema nervoso centrale è anche questo diviso in aree: forebrain, midbrain e hindbrain.
C’è anche un processo evolutivo. All’inizio quando si
forma il nostro sistema nervoso è grosso modo un tubo
neurale, man mano che passa il tempo i mesi comincia a
prendere una forma si modi ca, la parte anteriore diventa
prosoencefalo, quella centrale mesencefalo e quella
posteriore di romboencefalo. Passando ancora il tempo il
SN prende a conformarsi nella forma che noi abbiamo
alla nascita. Pian piano queste aree cominciano a
crescere e a formarsi e da ogni area vengono fuori determinate altre zone. La parte azzurra è il
liquido.

In ognuno di queste zone si creano delle sacche che si chiamano ventricoli e all’interno delle quali
risiede sempre questo liquido. Per ogni zona si avrà un ventricolo diverso ma il liquido all’interno
sarà sempre lo stesso, quindi non cambia andando da una parte all’altra.

L’encefalo cresce andando a formare i due emisferi, il resto del


tubo si modi ca andando a formare il cervelletto e altri elementi.
Da un punto di vista reale questa distinzione tra aree non è netta.

Alla ne la forma del nostro cervello dopo l’evoluzione è quella


qui a destra.

A parte i due emisferi del cervello, che sono due perchè abbiamo
un solco che li divide, la parte interessante è quella interna.
Questa è un’area a cui di cilmente si arriva a meno che non ci si
vada con uno strumento di misura tale che possa segmentare il nostro cervello. Molti sistemi di
acquisizione dati prendono dati solo dai due emisferi e dal cervelletto (non è protetto dalla scatola
cranica) perchè è esterno, prendono dati super ciali. Tutta la parte interna non si può studiare con
strumenti super ciali si ha bisogno di qualcosa che attraversa. La risonanza magnetica è un
ottimo strumento perché riesce ad attraversare e a creare delle fette del nostro cervello, altrimenti

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si può entrare all’interno con onde elettromagnetiche oppure imaging attraverso l’emissione di
particelle ad alta energia (isotopi radiattivi).

L’area interna è importante perchè è sede di tantissime attività del nostro corpo. È sede anche
della ricostruzione a livello del sistema nervoso centrale del sistema periferico, quindi quest’ultimo
è ricostruito all’interno del sistema nervoso centrale.

I ventricoli sono queste cavità all’interno delle


quali c’è un liquido, questo liquido anche se è lo
stesso tipo di liquido cambia nome a seconda che
si trova nel midollo spinale e si chiama
cerebrospinal uid (CSF), altrimenti che si trovi nel
sistema nervoso centrale superiore. Il ventricolo è
importante perché in tutte queste aree ci sono
delle connessioni nervose, i ventricoli sono
posizionati in posizione ben precise del nostro
cervello legate sia alla parte interna sia alla parte
esterna. Tutto il nostro sistema nervoso centrale è immerso in questo liquido.

Nella gura qui a sinistra si vede come questo liquido passa nella parte
protettiva attraverso dei dotti e lo stesso liquido è quello che troviamo
all’interno dei ventricoli, nel canale spinale, è quello che passa all’interno del
cervelletto. Quindi tutto il nostro sistema nervoso centrale è immerso in questo
liquido, e ci sono degli spazi ben precisi con nomi ben precisi.

L’anatomia del nostro SNC è fatta da una forma un po’ strana e particolare di
solchi e gyri (ghiri) che danno questa conformazione particolarmente rugosa,
che aumenta in maniera enorme la super cie esterna del nostro cervello. Se noi
stendessimo il nostro cervello sarebbe molto grande da
quello che si può vedere. Tutta la parte esterna del nostro cervello, tutto lo
strato esterno è costituito da quella che è la corteccia cerebrale (nella
gura qui a destra è la parte un più scura centrale) che ha uno spesso di 4
mm e non di più. Tutti le inserzioni prendono il nome di solchi e tutta la
parte superiore prende il nome di gyrus, le parti più profonde si chiamano
fessure. Poi a seconda di dove si trovano hanno un nome speci co.

Grosso modo una visione molto semplicistica ci dice che la parte posteriore è molto legata alla
percezione, la parte superiore è legata al movimento e la parte frontale al pensiero. Realmente
non è proprio così ma questa è un’idea di massima.

Gli emisferi cerebrali si dividono in due lobi e questi a loro volta si


dividono in parte frontale, parietale, temporale, occipitale e una insula
(che è la parte più interna del solco). Entrambi i lobi hanno la stessa
divisione spaziale. La divisione tra i lobi prende il nome di solco centrale.
La fessura longitudinale divide i due emisferi e poi si ha una divisione tra
anteriore e posteriore e la divisione è data dal solco centrale.

Ogni gyrus ha anche uno scopo speci co una funzione. I gyri che si
trovano a cavallo del solco centrale hanno funzioni speci che e nome
speci co.

Poi si ha anche un solco laterale che divide il lobo


temporale da quello parietale. Poi si ha un solco
parieto-occipitale che separa i lobi occipitale e
parietale, e poi si ha la fessura cerebrale traversa che
separa la parte degli emisferi dalla parte del
cervelletto.

La fessura è molto
profonda, la
divisione tra i due emisferi arriva no al corpo calloso. Si
pensava all’inizio che il corpo calloso non mettesse in
comunicazione i due emisferi, poi è stato visto che i due
emisferi parlano tra loro.

Ganglio della base.

La corteccia cerebrale è una area molto importante e molto


sottile, qualche millimetro, ma è comunque divisa in strati. Si

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hanno almeno sei strati. Ha diverse funzionalità cognitive e sensoriale, ha diversi tipi di neuroni al
suo interno che hanno percorsi verticali (che vanno dall’interno del nostro SNC verso la super cie)
e orizzontali (connettono neuroni tra loro). Di solito è un’area nervosa con assoni molto brevi e
corti ma con tantissime connessioni.

Ci sono ben 52 aree diverse all’interno della corteccia. Ci sono circa 100 miliardi di neuroni e
ognuno ha 10 000 connessioni questo solo nella corteccia.

La corteccia cerebrale è poi divisa in un’area motoria, una associativa e una sensoriale. Questa
divisione non è solo funzionale ma anche spaziale, si sono identi cate queste aree nelle varie
zone del nostro cervello. L’area associativa integra le informazioni sensoriali in modo da proporre
poi quello che è l’output del nostro sistema verso una azione, è un’area strettamente connessa
con l’area motoria.

L’area sensoriale va dalla parte posteriore no al solco centrale.

L’area visiva è una parte della corteccia primaria occipitale subito sopra il cervelletto. In questa
zona arriva l’informazione visiva dalla retina. La parte subito sopra è la parte associativa dell’area
della corteccia indicata come area associativa visiva. Quindi le informazioni della vista vengono
integrate no a creare l’informazione visiva.

Allo stesso modo si ha un’area primaria uditiva e un’area associativa uditiva per creare una
informazione più di alto livello.

Anche per la corteccia motoria si ha la


parte primaria e la relativa parte
associativa. Si ha la corteccia
somatosensoriale, dove si legano le
funzioni motorie e quelle sensoriali.

Poi andando verso la parte frontale si ha


dopo l’area motoria nella corteccia
prefrontale si hanno dei meccanismi
interessanti e in questa area è stata
identi cata la working memory, un’area
associata alla memoria di lavoro senza la
quale non facciamo nessun compito
cognitivo, vicino si ha un’area legata alla
parte esecutiva dei compiti, scendendo
verso il basso verso la parte temporale si ha una parte di working memory legata al
riconoscimento degli oggetti. In questa area pre frontale sono anche trovate delle aree dovute al
riconoscimento delle sensazioni emotive. In questa zona la corteccia elabora le informazioni
emotive che arrivano dalla natura interna del nostro cervello, sopratutto dallo stato limbico e altre
zone. Qui si ha l’area di Broca, la parte del campo visivo,…

La parte visiva ha una parte sensoriale che è occipitale però ha un’area di elaborazione di
gestione del campo visivo che è pre frontale: quindi anche la distribuzione delle aree per la
stessa cosa è molto complessa. Ecco perchè a volte facendo una misura elettroencefalogra a si
vede che si accendono e si hanno aree informazioni da aree diverse. Si hanno informazioni
diverse per la stessa cosa da zone della corteccia diverse.

Nel sistema nervoso c’è un’area dedicata all’olfatto che è diversa dalle altre perchè la parte di
corteccia dedicata all’olfatto è interna perchè si trova sotto gli occhi ed ha una parte molto interna
al lobo temporale dove c’è la creazione dell’informazione, ma il bulbo olfattivo dove arriva la parte
sensoriale è frontale, quindi il percorso nervoso che va dai sensori nella cavità nasale al sistema
nervoso è tutto interno e cortissimo. Quindi non ci arriverò mai con un EEG perchè è tutto interno,
non c’è un biopotenziale che ci può arrivare. Ci sono delle teorie secondo le quali la sensazione
olfattiva non si propaga come una sostanza che fa un percorso ma arriva come un’onda piana
che si distribuisce in tutte le direzione contemporaneamente e poi passa attraverso la materia
facendo un tunnel.

Come hanno fatto quindi a capire quale è la parte del cervello che reagisce agli odori? Attraverso
l’imaging, attraverso l’attività del sangue. Si fa con un imaging, con la risonanza magnetica
funzionale.

All’interno dell’area motoria si ha l’area di Broca che è legata all’attività motoria dei muscoli che
portano poi alla parola e solo sulla faccia ne abbiamo molti.

La parte pre frontale è legata di più alla parte cognitiva. Le funzionalità esecutive che possono
essere associate a questa parte sono l’intelletto, il giudizio, la personalità, l’umore, la

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piani cazione, il controllo impulsivo, il ragionamento, la essibilità, l’empatia… queste
informazioni sono legate ad una parte pre frontale.

L’area di Wernicke è legata alla comprensione della parola.

Torniamo sulla parte più anatomica: come le aree del nostro sistema nervoso centrale superiore
sono collegate? Questo è proprio un discorso anatomico. Io ho tutti questi neuroni che in qualche
modo parlano l’uno con l’altro. Le varie aree corticali parlano l’una con l’altra, ma parlano anche
con la parte interna e anche con il midollo spinale e molte delle vie di comunicazioni, degli assoni
mielinici che mettono in comunicazione le varie aree si trovano nelle commisure e in aree che
prendono il nome di bre di associazione e di proiezioni. Dove stanno? Le commisure si trovano
nel corpo calloso, che è la via nella quale si ha la comunicazione tra i due emisferi ed è la parte
più grande. Le bre associative mettono in comunicazione aree diverse dell’area corticale. Le bre
di proiezione entrano nella parte più interna e mettono in comunicazione la parte corticale con la
parte più interna.

La comunicazione tra gli emisferi, tra la parte interna e la corteccia avviene a più alta velocità
perchè si hanno assoni mielinici.

Quindi le bre di proiezione hanno un percorso verticale, collegano la corteccia con la parte
interna sia dal punto di vista ascendente sia discendente. Le bre di associazione connettono le
varie parti degli emisferi e la parte anteriore e posteriore.

Si ha una parte che è la corona radiata ed è la distribuzione delle bre di proiezione. Questo fa
capire come l’informazione passa dalla corteccia no alla parte operativa.

Un ruolo molto importante è giocato all’interno del nostro SNC dai gangli della basi. Il ganglio
della base è una zona di nuclei, un’area di materia grigia, che incorpora tutti quelli che sono i
corpi cellulari. In particolare ci sono nuclei della parte subcorticale legati alla parte motoria, tutta
una parte di sistema extrapiramidale, collabora con la corteccia cerebrale nel controllo del
movimento, troviamo i nuclei caudati, i nuclei lentiformi, il putamen e i globus pallidus.

È responsabile legato anche ai cattivi movimenti, che possono essere di origine diversa. Per
esempio nel Parkinson si ha una perdita di inibizione della sostanza negra. Nella malattia di
Huntington si ha un’overstimolazione perchè c’è una degenerazione del corpo di aree della
corteccia.

Nel ganglio della base si possono trovare diverse patologie anche neurodegenerative, perchè in
qualche modo cambia la struttura neurale dovuta alla patologia.

Andiamo nella parte più interna diencefalo: talamo


ipotalamo e epitalamo. Siamo già nella parte molto
interna del sistema nervoso. Si ha una ghiandola
epiteliale (nell’immagine è il puntino rosso) e una
ghiandola pineale (elemento viola chiaro quasi bianco).
Queste ghiandole per quanto piccole hanno un ruolo
importante per l’equilibrio ormonale del nostro
organismo.

Talamo ha una forma di due lobi. Troviamo dei puntini e


tra i due lobi si ha il terzo ventricolo dove si ha il midollo
cerebrale. Ha diverse funzioni il talamo.

L’ipotalamo sono dei puntini è davanti e lateralmente


rispetto al terzo ventricolo.

È importante perchè si pensa che qui risieda il controllo


della maggior parte del sistema viscerale e anche quello
periferico perchè il sistema viscerale è il sistema periferico.
Il sistema periferico comprende anche il sistema
autonomico. Quindi in questa area ipotalamica si ha un
grosso collegamento informativo tra diverse aree interne
dell’organismo. Da un lato il sistema autonomico,
simpatico e parasimpatico, quindi informazioni dalla
pressione sanguigna, dall’heart rate, dal tratto intestinale, ghiandole sudoripare salivari,… Si ha
una poi una forte relazione con la risposta emotiva, piacevole o spiacevole,… si ha una relazione
con le emozioni, ovviamente molto ad alto livello perchè una emozione è una insieme di
sensazioni che però si codi cano nel nostro cervello, per esempio abbiamo idea della sensazione

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di rabbia o tristezza o… Poi anche risposte alla temperatura corporea, fame e sensazione di sete.
Regolazione di ritmi dormi veglia e del sonno.

Tra le ghiandole con cui abbiamo a che fare tra le più importanti sono la tiroide, le gonadi. Queste
ghiandole hanno poi un e etto importante sull’e etto ormonale che poi si ripercuote sul nostro
comportamento.

Il brain stem formato da midbrain, ponte e medulla oblongata,


è l’area sotto il talamo in verde nella gura. Tronco dell’encefalo
che è messo frontale rispetto al cervelletto. Al suo interno si
hanno 10 dei 12 paia dei nervi cranici. È connesso al talamo.
Anche lui all’interno ha una serie di
sostanze grigia e bianca. Quindi si
hanno dei corpi cellulari e delle parti di
comunicazione. La degenerazione
dell’area grigia è stato visto essere
causa del Parkinson o comunque
strettamente correlata ad essa.

Il midbrain ha una forma striata verso il basso che tende verso il basso. Il ponte ha una forma
striata orizzontale.

La medulla allungata ha una zona che prende il nome di zona piramidale di tipo longitudinale, dal
basso verso l’alto. La parte che divide le varie aree prende il nome di decussazione piramidale. È
responsabile del passaggio sensoriale verso la corteccia e il cervelletto. È poi strettamente
collegata anche all’attività autonomica. Come dicevamo il sistema nervoso centrale e quello
periferico sono separati sulla carta ma hanno forti interazioni anche anatomiche l’uno rispetto
all’altro. Si pensa sia sede la medulla di tantissime condizione autonomiche relative al controllo
nervoso di attività cardiaca, pressoria, sensazione di vomito…

Il tronco dell’encefalo si trova un po’ sotto la ne del nostro cranio, non è protetta dalla scatola
cranica e infatti è una delle parti più vulnerabili del nostro organismo.

Il cervelletto è un’area molto importante del nostro sistema nervoso centrale


anche esso ha una divisione. È formato da due parti simmetriche, si ha una
parte di materia grigia e bianca. Si ha una parte di trasmissione e una di
elaborazione delle informazioni. Il cervelletto ha una zona corticale diversa
che prende il nome di corteccia del cervelletto. È connesso anteriormente al
tronco dell’encefalo, infatti è proprio appoggiato sopra al tronco
dell’encefalo. Si identi cano nel cervelletto un lobo anteriore e un lobo
posteriore. C’è una fessura chiamata primaria che divide i lobi.

Le funzioni legate al cervelletto sono tante: il coordinamento, i movimenti ni/precisi, la postura,


equilibrio. Il cervelletto ha poi anche funzioni cognitive, un danno al cervelletto può portare a
diverse patologie. Può portare a incoordinazione dei movimenti, problemi della propriocezione dei
nostri arti nello spazio.

L’idrocefalo è legato ad un eccessivo accumulo del liquido cerebrale.

Iniziamo a parlare di funzionalità del sistema nervoso centrale.

Lobo frontale legato alla memoria, la gestione delle emozioni e il ragionamento e il decision
making, cioè la capacità di prendere decisioni. Al lobo frontale è poi associata anche la
personalità. Si è visto che questa area si attiva per tanti stati emotivi. Quando si descrive una
persona dal punto di vista psicologico la si descrive in due modi con le sue variabili di stato e di
tratto, le variabili di tratto sono variabili a breve termine e le variabili di stato sono a lungotermine.
Se guardiamo alla sfera a ettiva le variabili di stato sono l’umore e le variabili di tratto le emozioni.
Quindi con umore noi identi chiamo una condizione della persona che dura nel tempo, in questo
periodo sono depresso o stressato. La depressione è una variabile di stato. “Ora sono felice” è
una variabile di tratto, ora sono felice. Questa area risponde ovviamente alle sue variazioni veloci
che sono legate più a variabili di stato e le sue variazioni lente che sono legate più a variabili di
tratto. L’umore insieme alla parte cognitiva descrive la personalità di una persona.

Una persona parlando di personalità può essere estroversa o introversa, la prima esprime i propri
stati emotivi e nel secondo caso non parla di se quindi tutta l’area legata all’umore è legata anche
alla personalità della persona. La personalità è legata anche al comportamento non solo alle
attività cognitive.

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Area di broca, le attività che svolge e le patologie associate.

Un funzionamento alterato dell’attività dei lobi frontali può portare a tutta una serie di patologie di
tipo psico- siologico. Si parla in genere di disturbi e non di patologie. Non si parla di patologie
perchè in tanti studi non si è trovato una alterazione anatomica, ma si è trovato un’alterazione del
modo in cui arrivano le informazioni oppure ad una di erente attività dei lobi centrali. Si chiama
disturbo convinti che questi si possano risolvere.

Per la parte associata a Broca, l’afasia è legato ad un problema di disarticolazione, di inabilità


motorie legate al parlato della persona.

La zona orbito-frontale è l’area sede della lobotomia. In questa area sono associate patologie
abbastanza interessanti: l’epilessia, una cattiva risposta emotiva, un comportamento ripetitivo
(atteggiamenti compulsivi). La lobotomia viene fatta oggi in rari casi, per esempio in soggetti
particolarmente violenti per cercare di limitare l’aggressività, è stato fatto per dei serial killer.

Lobo parietale si pensa che la sua funzione sia associata ad una integrazione dell’informazione
sensoriale. Quali tipi di sensazioni e quali informazioni associate? Consapevolezza dello spazio.
Percezione del nostro corpo nello spazio e quindi sensazione propriocettiva, sopratutto quale è la
percezione delle nostre parti del nostro corpo nello spazio che ci circonda e la relazione tra di essi
(a occhi chiusi tocchiamoci il naso). Si ha la parte somato-sensoriale in questa rea, quindi la parte
sensitiva della nostra parte motoria. Nella parte più in basso si ha anche un’area associata al
gusto.

La parte del lobo occipitale è di interpretazione degli stimoli visivi. La parte più piccola quella più
posteriore è la parte visiva vera e propria.

Lobo temporale come funzioni primarie ha l’ascolto ma


anche la comprensione del linguaggio e il recupero delle
informazioni contenute nella memoria. Quindi ha una forte
funzione sia nel confronto sia della memoria sia di come
vengono presentati i dati. Al suo interno si ha l’area di
Wernicke, il problema associato ad una sua disfuzione è
l’inibizione della funzione della comprensione del linguaggio.

L’area di Wernicke e l’area di Broca sono connesse da un


fascicolo arcuato, che è una parte di materia bianca che
conette le due aree quindi permette alle due aree di
comunicare in modo diretto. Quindi abbiamo dei percorsi
diretti tra questi due oggetti, uno nel lobo frontale e uno nel lobo temporale. Questo spiega anche
come mai le due aree siano fortemente collegate tra loro. Il fascicolo è fatto di materia bianca.
Questo spiega che le due aree sono connesse sia da un punto di vista funzionale sia concettuale.
Problemi in una delle due zone si ripercuotono anche nell’altra.

17/05/2022

L’ultima volta stavamo guardando l’anatomia e le funzioni del nostro sistema nervoso centrale
sopratutto della parte superiore del SNC.

Lobo temporale è situato sotto la parte del cranio temporale. È importante perchè ci sono le aree
di comprensione del linguaggio. È coinvolto nella ricerca delle informazioni e quindi l’accesso alla
memoria.

Sulla parte motoria ci sarebbe tantissimo da dire, sia a livello di corteccia primaria, come questa
area è distribuita nella nostra corteccia sia sulla parte associativa, di come le informazioni
vengono legate, sia la parte attuativa e sia la parte sensoriale. La corteccia è la parte più estesa
del nostro sistema nervoso centrale soprattutto a livello superiore.

Una cosa interessante è un evento particolare di un personaggio: Phineas Gage. Era un operario
che metteva l’esplosivo nelle cave, parte una esplosione e gli si con cca un pezzo di metallo che
gli attraversa il cranio. La persona non ha mai perso conoscenza durante questo periodo, è
rimasto sempre sveglio. Una volta tolta la sbarra la persona ovviamente aveva subito un danno
cerebrale, ma da questo evento hanno capito molti dei ruoli che giocano le aree che sono state
attraversate da questa barra. Innanzitutto la persona non è morta. Il danno è passato dalla parte
prefrontale, lui ha perso completamente le inibizioni, era diventato una persona volgare e senza
nessun freno e aveva perso interesse nel fare le cose piacevoli. Da questo evento hanno
ricostruito che questa area avesse una relazione con la parte emozionale, perchè no ad allora
non c’era questa precisa cognizione spaziale che la parte del lobo frontale e preforntale avessero
una corrispondenza con la parte emotiva. Dal punto di vista sico e cognitivo la persona non ha
avuto grossi problemi, li ha avuti tutti quanti dal punto di vista emozionali.

Spesso si è capita la funzione di una data regione del cervello a seguito di un danno.

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Ad oggi 2022 noi abbiamo una conoscenza tuttora molto limitata di quelle che sono le funzioni del
nostro cervello, anche perchè è un’area nella quale si può agire con molta di coltà.

Di norma quando andiamo a fare un esperimento per capire una funzionalità si può agire in due
modi: o si provoca uno stimolo che vada a modi care qualcosa e poi facciamo una misura del
nostro organo per capire come questo funziona. Ovviamente non riusciamo ad andare a misurare
dentro con elettrodi perchè danneggiamo il sistema che vogliamo andare ad utilizzare.

Altra possibilità, lo stimolo lo possiamo fornire o attraverso una droga quindi somministriamo noi
un elemento che secondo la teoria del farmaco andrà ad essere assorbito in una area, oppure
diamo stimoli esterni. Con tutti gli organi questi modi servono per capire i meccanismi, ma con il
cervello questa cosa mette di coltà e incertezza.

L’anatomia del nostro sistema nervoso centrale è una cosa, sappiamo come è fatto, è stato
sezionato, però quale funzione questi neuroni giocano durante un determinato processo lo
conosciamo più o meno grossomodo, ma non con il dettaglio che vorremmo. E questo non ci
permette di fare determinate considerazione.

La funzionalità del SNC un po’ viene modi cata con le scoperte che pian piano avvengono. Un
aiuto che ci è stato dato negli ultimi dieci anni è la stimolazione transcranica.

Stimolazione transcranica è un meccanismo abbastanza particolare, e permette di modulare una


attività, non di farla nascere o interromperla, e questo dà una informazione sulla dinamica
dell’evoluzione di un processo cognitivo, emotivo,… Però la stimolazione transcranica non riesce
ad arrivare in profondità.

[questo paragrafo si sente male]

Quali sono le funzioni principali del sistema nervoso centrale? In particolare tre processi tra i più
importanti: la funzione talamocorticale, basa ganglio e il sistema limbico.

Il sistema talamocorticale comprende una serie di nuclei, non comprende un solo gruppo.

Il ganglio della base comprende anche questo una serie di nuclei.

Sono aree interne del nostro cervello e raggruppano informazioni che arrivano da tantissime aree
del nostro cervello, e infatti sono nuclei.

Quale è la funzione di come ?

Il processamento delle informazioni avviene con elementi eccitatore e inibitorie.

[Non si sente nulla nella registrazione]

Questa è la circuiteria che mette in relazione la corteccia cerebrale con il


talamo, con il corpo striato e la sostanza negra. All’interno di questi
collegamenti ci sono varie catene di processing che coinvolgono le parti
che abbiamo visto prima dal punto di vista
anatomico: il corpo striato che è connesso
con il globus palladium interno e esterno.
Il corpo striato che è connesso con altri
elementi attraverso una serie di
connessioni sia inibitorie sia eccitatore. In
particolare un danno legato alla parte striata porta a patologie come
quella di Huntigton.

Patologie neurodegenrative sono patologie che portano alla


distruzione del materiale neurale e questi sono particolarmente
intrattabili, nel senso non si ha una terapia riabilitativa che permetta
di recuperare le funzionalità perse. L’unico tipo di terapia in questo
caso è quella di tipo farmacologico. Finché io mantengo viva una
certa circuiteria, questa è probabile che possa rimanere viva per
plasticità, cioè il danno nel
tessuto neurale si avrà lo
stesso per la degenerazione
del tessuto stesso, ma il
cervello con la plasticità
potrebbe trovare strade di
processing diverse e
alternative che potrebbero mantenere quella funzionalità.

L’uscita del sistema ( gura a destra) è legata sopratutto a


questa relazione tra il talamo, il globus palladium, la
sostanza nigra e la corteccia sensorimotoria.

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L’area del ganglio della base è legata abbastanza a patologie del movimento e quindi provoca
alterazioni nei movimenti sopratutto.

Il globus pallaiud proietta un’informazione, fornisce una informazione alla nuclei ventrali e laterali e
anteriori del talamo.

La cosa interessante è come avvengono questi


processing queste comunicazioni? Noi sappiamo che ci
sono le connessione sinaptiche, ma il processo di
passaggio delle informazioni avviene attraverso i
neurotrasmettitori che sono legati a questo processing,
in particolare per i gangli della base sono stati studiati
questi tre che sono i più interessanti: dopamina,
glutammato e GABA. Le connessioni tra le varie parti
sono legate a questi elementi.

L’anello chiuso nella gura qui a destra tra il putamen, la


corteccia motoria, il talamo e così via, è legato con una
azione inibitoria verso il talamo e dal putamen verso il globus palladium interno e esterno, mentre
il talamo e la corteccia motoria hanno più una azione eccitatoria legata al rilascio del glutammato.
La sostanza nigra ha invece una attività diretta verso il putamen.

Molti risultati di queste attività sono ottenuti da esperimenti su animali anche molto invasivi. Con
analisi di sistema nervoso in vitro o in vivo in modo invasivo.

Quindi le maggiori funzioni del ganglio della base sono legati ai movimenti, al controllo dei
movimenti. Studi più recenti hanno visto che però ha un ruolo importante anche in alcune
funzione cognitive delle persone.

Sistema limbico. Lo possiamo vedere diviso in varie aree: corpo cingolato e ghiro
paraippocampale, formazione ippocampale, amigdala, area septale, ipotalamo, area talassica e
area corticale. Ancora una volta un gruppo di aree che parlano tra loro.
È un sistema molto interessato perchè le funzioni sono sia di
integrazione delle funzioni olfattive, viscerali, impulsi somatici,
controllo delle attività di sopravvivenza (corri o combatti),
comportamento emotivo e funzionalità legate alla memoria recente.

Sono tante le funzioni che il sistema libico ha. Il sistema limbico eve la
maggior parte dei suoi risultati a Papez, che ha postulato i primi
modelli legati al sistema limbico verso la metà del 1900. Il suo fu il
primo modello di interpretazione per la risposta emotiva.

Nella gura qui a destra vediamo come sono connessi i vari elementi.

L’ippocampo è diviso in tre aree CA1, CA2 e CA3. Queste aree interne hanno ruoli veramente
importanti. Le funzioni legate all’ippocampo sono sicuramente legate alla memoria a breve
termine e a lungo termine.

Molte delle funzioni emotive sono legate all’amigdala, che è una parte molto interna. Già l’attività
dell’amigdala è della seconda metà del 900. Ha una forma veramente piccola, come una
mandorla. È legata alle connessioni con il sistema autonomico. Quindi ci troviamo dentro il
sistema nervoso centrale superiore in uno degli anelli più complessi dal punto di vista circuitale e
in questa area troviamo un’inserzione dal punto di vista funzionale di tantissime attività del
sistema nervoso autonomico periferico, quindi controllo simpato-vagale. È proprio in questa area
che si viene a creare il Central Autonomical System, rete autonomica centrale. È come avere un
omuncolo autonomico all’interno del sistema nervoso centrale. All’amigdala sono dati come ruoli
di coinvolgere questa parte del sistema nervoso, il controllo della risposta autonomica Bianca
simpato-vagale, risposta viscerale (perché sistema periferico) e emozionale. Da questi risultati di
ricerca che si sono ottenuti da oggi si è iniziato a studiare una vera e propria via di comunicazione
cuore-cervello, dove non si va ad osservare il ruolo che il cervello ha sull’apparato
cardiovascolare perchè è un ruolo di omeostasi perchè è un ruolo di mantenimento della vita, ma
si va a vedere quale è il ruolo causa-e etto durante alcune attività speci che tra il cuore e l’attività
centrale. È stato visto che spesso è il cuore in se a portare informazioni, ad essere causa di
variazioni dell’attività centrale e non viceversa. Ovviamente non dovute alla sopravvivenza, non un
arresto cardiaco.

Anche l’amigdala ha una serie di nuclei, è divisa grosso modo in due aree, una dorsomediale e
una vetrolaterale-basolaterale-centrale. Sono tante le circuiterie coinvolte nella funzionalità del
nostro sistema limbico. La parte associativa e la parte cingolata sono messe assieme da parte

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della corteccia, ippocampo, brainstem, talamo anteriore,… essendoci
anche la parte spinale, quella ippocampale e quella talamica che anche
anatomicamente molte delle informazioni che arrivano dal sistema
nervoso autonomo possono essere pre processate dal sistema limbico.

Functional anatomy of brain in relation to psychiatric disorder


Problemi legati al sistema limbico ci porta a problemi legati alla
psichiatria.

In particolare uno dei più seri problemi complicati è la schizofrenia. La


schizofrenia ha da un lato un risultato pragmatico, ci sono cose che
cambiano a livello cerebrale. Cambia il volume di determinate aree per esempio, si può avere una
riduzione dei recettori del glutammato che causa poi problemi cognitivi, si possono avere
problemi anamotici dell’area pre frontale. Attraverso poi immagini PET e MRI hanno visto diverse
di erenze funzionalità nell’attività del lobo frontale e dell’ippocampo, e una attività ridotta dell’area
frontale.

Schizofrenia legata a una percezione che le persone hanno della propria personalità, quindi in
qualche modo legato alla parte pre frontale, perchè ad essa sono legati anche i processi emotivi,
quindi è una percezione dell’esterno. Spesso le persone che hanno questa patologie hanno anche
un secondo sintomo che è quello di sentire le voci.

Da un punto di vista anatomico c’è un allargamento dei ventricoli, che sono le sacche in cui c’è il
liquido cerebrale. Quindi cambia e ettivamente l’anatomia del sistema nervoso, sopratutto in
queste aree perchè si ha una riduzione dei volumi corticali della matrice grigia, che è legata alla
parte dei nuclei, alla parte non ricoperta di mielina. La mielina di per se ha un colore chiaro, quindi
la parte grigia nell’immagine è relativa alla componente amielinica. È legata poi ad una asimmetria
temporale, frontale e occipitale dei lobi. Si ha poi anche una diminuzione nella grandezza
dell’amigdala. È abbastanza invasiva come tipo di patologia. Va quindi a modi carsi proprio
l’anatomia del sistema nervoso.

La schizofrenia è quindi un problema serio sia dal punto di vista siologico sia funzionale.

Se ora pensiamo alle aree della visione e dell’ascolto, abbiamo visto che ci sono aree speci che:
area temporale (produzione del linguaggio) e si parla di visione (corteccia visiva). A nché una
persona veda delle immagini non reali ci deve essere una alterazione delle informazioni di area
associativa. Quindi ci deve essere un malfunzionamento, quindi nuove informazioni che si vanno a
sommare a quelle che arrivano realmente dai sensori e quindi dal mondo esterno, anche perchè
comunque percepiamo l’esterno. Cambiando il volume delle aree cambieranno le pressioni in
gioco. È da ricordarsi che comunque tutto il sistema nervoso è immerso in una sostanza acquosa,
a parte i ventricoli e il liquido cerebrale.

La diagnosi è comportamentale. Si parte dal fatto che il soggetto riporta di sentire voci che non
esistono, e già non è banale. Di norma la diagnosi clinica è solo basata sui sintomi.

Altro tipo di patologia abbastanza interessante e comune.

La schizofrenia è una patologia perchè ha questa evidenza anatomica, nei mood disorder non c’è
questa evidenza anatomica, ci sono solo alterazioni leggere. Di norma ci sono 9 sintomi, per
esempio il bipolare basta che abbia 5 sintomi su 9, ma su due bipolari potrebbero avere un solo
sintomo in comune eppure essere a tutti e due diagnosticata la stessa patologia. Anche nella
schizofrenia ci sono sintomi più evidenti, per esempio il sentire le voci, anche se oggi ci sono
studi che fanno vedere che anche altri tipi di anormalità portano ad avere questa allucinazione
cognitiva. Ci possono essere sintomatologie diverse o con poche cose in comune ma che
portano alla stessa diagnosi clinica.

Il problema della diagnosi clinica è che parte una terapia farmacologica che grossomodo è molto
simile che non dipende dal sintomo in se ma dipende dalla diagnosi clinica. Il problema delle
terapie farmacologiche è che quindi l’organismo si abitua ai farmaci, quindi magari prima risponde
e poi dopo non risponde più e allora i clinici devono cambiare principio attivo, e ogni principio
attivo però coinvolge più cose, quindi se da un lato fa bene da un altro lato si può avere un e etto
collaterale per altre motivi. Quasi tutti i farmaci per la depressione per esempio portano a degli
squilibri ormonali che portano all’aumento di peso, e questo può portate di conseguenza ad altre
patologie.

I mood disorder in generale comprendono tutti i disordini della sfera emotiva, quindi alterazioni
dell’umore, depressione, bipolarismo, mania,…disturbi ossessivi-compulsivi, la ripetizione
continua di un determinato processo. I mood disorder sono sopratutto legati all’alterazione della
percezione del mondo e di se stessi, quindi sia verso l’esterno sia verso se stessi.

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II mood disorder hanno terapie che non sono per forza farmacologiche? Ci sono molti gruppi di
ricerca che lavorano su questo. Quindi sono state sperimentate diverse tecniche. Non c’è una
terapia oggettiva che può essere considerata globale. Però sono stati studiati modelli matematici
e sici per prevenire i mutamenti dello stato dell’umore. Quale è il problema di queste tipologie di
pazienti? È che nessuno sa quando cambierà il loro stato umorale, nemmeno loro, quindi
passano da condizioni di vita normale a condizioni patologiche che sono depressione, mania, o
ansia e attacchi di panico per esempio. Questi eventi possono essere eventi temporanei che
succedono solo una volta nella vita, e in questo caso non si ha un disturbo. Il disturbo lo si ha
quando questi eventi si ripetono nel tempo per diverso periodo.

Il disturbo di panico può averlo avuto chiunque di noi, ma questo non vuol dire che noi abbiamo
questo disturbo che ci possa essere diagnosticato come patologia e disordine.

Quindi nei modelli molta dell’attività viene svolta nel cercare di prevedere una variazione dello
stato umorale. Se noi avessimo la bacchetta magica che ci dice che determinati marcatori ci
stanno dicendo che lo stato umorale sta cambiando seriamente allora si potrebbe anticipare
qualcosa. Comunque tutti quanti oscilliamo tra fasi più o meno positive e negative, quindi l’dea
sarebbe quella di avere un range di deviazione standard dentro al quale far stare questi marcatori,
se si riesce a vedere che c’è un trend troppo pronunciato agire per riuscire a mantenerlo
all’interno di questo range, e questo vorrebbe dire mantenere una vita normale nelle sue fasi
negative e positive.

Tante terapie vengono fatte dallo smartphone, con una continua consapevolezza da parte della
persona di come sta, del suo stato. Ci sono diverse applicazioni che ogni giorno chiedono alla
persona come sta, e il fatto che la persona riporti il suo stato quotidianamente è un po’ prendere
coscienza di quello che gli sta succedendo. Molte volte le persone non si rendono conto di quello
che sta succedendo.

Alcune terapie sono quelle che cercano di mantenere i livelli attraverso il rapporto con gli altri. Mi
sto isolando, me ne rendo conto, e si aumenta il rapporto con gli altri.

Quindi l’obiettivo è quello di prevedere le alterazioni, l’unico modo è quello, cercare di predire le
alterazioni prima che la fase diventi così profonda da essere cosi di cile uscirne.

Soprattutto nell’ultimo decennio è stato visto che quasi tutti noi siamo un po’ bipolari, variamo tra
fasi negative e fasi positive, ma anche famigerati depressi teoricamente non esisterebbero,
esisterebbero solo bipolari ma dove la fase depressiva è molto più profonda e pronunciata
rispetto alla fase maniacale o ipomaniacale. Tutti quanti passiamo attraverso questi stati.

Quando però questi stati si mantengono per tanto tempo allora diventano un problema perchè la
persona che è in questa fase, soprattutto se è nello stato depressivo, ha un problema non solo
con se stesso, ma anche con gli altri, con il mondo che lo circonda. Dall’altro lato la mania porta
invece a fare cose estreme, perchè la mania porta a considerarsi superiori, superuomini. Di norma
le persone che si sente dire che si sono suicidate, nella fase maniacale sono coscienti del fatto
che non vogliono più diventare depressi e quindi hanno la forza sia sica che psicologica per fare
l’atto estremo. In fase down la persona non riuscirebbe a fare nulla ne sicamente ne
mentalmente.

Come il cervello si ammala da questo punto di vista ancora non è chiaro.

Un’altra patologia di questo tipo è l’ADHD. Tutte queste hanno comunque una variazione
anatomo-funzionale del sistema nervoso centrale.

Se per esempio manca un’area, un sistema che in qualche modo media, potremmo non avere
nessun tipo paura, così potremmo non avere nessun tipo di emozioni.

Alcune variazioni potrebbero anche essere normali per qualcuno, perchè magari quella persona
ha delle zone del suo sistema nervoso centrale ridotte.

Dal punto di vista cognitivo per la patologia legata all’Alzheimer abbiamo dei segni molto precisi,
del tipo perdita di alcune funzioni cognitive e anche di alcune funzioni di riconoscimento di luoghi
e persone, ma soprattutto della memoria a breve termine. In genere le persone a ette da questa
patologia si ricorda molto bene della loro vita prima della patologia ma non hanno una chiara
conoscenza di quello che gli succede da quando è iniziato il processo patologico, proprio perchè
c’è un danno al livello della memoria a breve termine tra vari altri tipi di danni. È una patologia
neurodegenrativa. Ora ci sono degli studi genetici sulla genomica, famigliarità e non,… e altri tanti
aspetti. Purtroppo però gli studi sono così tanti e vari che alla ne non danno una metrica reale e
concreta.

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Ci sono una serie di test neuropsicologici che vengono fatti e attraverso questi può essere
diagnosticato un tipo di patologia che è legato alla sfera del sistema nervoso centrale.

Brain computer interface (BCI)


Fa parte delle human-machine interface, quindi interfaccia uomo-macchina-computer. È uno
strumento che a noi è molto utile perchè ci permette di realizzare un sistema automatico o quasi
per interagire con soggetti a etti da vari tipi di patologie. Da persone con problemi motori a
patologie mentali, quindi disturbi dell’umore. È quindi un modo per creare una terapia che segua
in qualche modo i dettami della clinica ma che sia dal punto di vista tecnico più quantitativa
perchè ci permette di valutare continuamente lo stato dei soggetti che si sottopongono.

Partiamo dalla parte tecnologica. Ha due aspetti fondamentali, da un lato si ha l’interfaccia di


uscita e dall’altro lato l’ingresso che è il brain. Quindi dobbiamo in qualche modo acquisire le
informazioni del nostro sistema nervoso centrale superiore, il cervello. Poi dobbiamo elaborare
queste informazioni in modo da estrarre da queste informazioni neuro- siologiche dei parametri
quantitativi che ci permettano di capire cosa sta succedendo.

Un esempio per la parte motoria banale è se supponiamo di avere un soggetto che ha avuto un
ictus cerebrale, quindi perde paresi, non riesce a muovere più il braccio. Creo quindi un sistema
che acquisisce le sue attività cerebrali per valutare la sua attività nel voler fare un determinato tipo
di movimento e si propone di conseguenza una attività computerizzata nella quale il soggetto
deve fare o provare a fare un determinato tipo di movimento. Poi si mettono tutta una serie di
sensori che fanno capire se alla ne il soggetto è riuscito a compiere quel movimento e se sì
come lo ha fatto qualitativamente e quantitativamente.

Dal punto di vista mentale ho un problema di alterazione dello stato dell’umore, quindi inqualche
modo si farà una misura dell’attività cerebrale, magari anche autonomica, e si può vedere una
alterazione dello stato emotivo o della bilancia simpato-vagale. Acquisendo tutte queste
informazioni poi si crea un loop, uno stimolo emotivo che viene fornito chiedendo per esempio di
fare un compito, etichettare banalmente se una faccia risulta essere positiva o negativa. Se la
percezione da parte della persona è giusta o alterata si avranno informazioni diverse, e quindi si
rieduca la persona se il sistema funziona bene a percepire nel modo corretto quella faccia.

La maggior parte degli esempi di BCI che si trovano in rete sono quasi tutti legati alla parte
motoria, attività su protesi. Se un soggetto utilizza una protesi e la sente integrata, la sente sua,
assume una postura normale, se non ha integrato la protesi la postura è diversa. Molte volte per
vedere questo aspetto se è stata integrata, se il soggetto la sente parte di se, al soggetto gli
levano la protesi e se la postura da corretta diventa scorretta allora probabilmente questo è
sintomo che il soggetto si era adattato alla protesi e il baricentro del corpo si è riadattato ad un
nuovo corpo in cui c’è il peso della protesi (che non pesa come l’altro braccio). Se invece non la
sente sua il soggetto ha una postura scorretta con la protesi e nel momento in cui gliela si toglie
assume una postura corretta.

Grosso modo ogni sistema machine ha uno schema come


quello in gura. Quindi acquisizione di una serie di
informazioni biologiche, siologiche, neurologiche,…
dipende dal tipo di sensore che si sta utilizzando. Il tipo di
informazione reale è il sensore che la fornisce e poi verrà
per forza trasformata in un segnale elettrico, in un
qualcosa che si può quanti care e utilizzare per
l’elaborazione. Quindi si ha un sistema di acquisizione,
processing, feature extraction e poi trasferimento dei
risultati in una serie di elementi. In un elemento di
visualizzazione, di video, audio, attuativo o anche
olfattivo. Ogni oggetto di questo tipo deve poi mandare
quel feedback, deve chiudere quell’anello tale per cui possiamo in qualche modo la risposta del
soggetto. Normalmente le informazioni che io estraggo dal mio sistema uomo sono quelle
informazioni che mi permettono di modulare lo stimolo a nché il soggetto raggiunga un
determinato obiettivo.

Quindi se io ho un soggetto che ha uno stroke, un problema di articolazione del braccio.


Normalmente il sioterapista gli direbbe di allungare il braccio e prendere una pallina. Questo
compito lo possiamo trasformare in qualcosa di molto ingegneristico, per esempio mettendo dei
sensori inerziali, o mettendo delle telecamere che possano poi ricostruire la cinematica del
movimento. Poi so nel fare quel compito quale parte del sistema nervoso centrare si dovrebbe
attivare, si mettono gli elettrodi e si fa un EEG. Poi si va a cerca un match tra quando lui compie e
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non compie il movimento e il movimento che ha fatto, e si va poi a vedere che questa cosa nelle
varie ripetizioni avvenga con un errore minore di una funzione di costo. Quindi utilizzo il mio
sistema per modulare anche lo stimolo. Mi rendo conto che il soggetto non muove la spalla,
quindi vado a cambiare lo stimolo, il compito, quindi posso automatizzare una terapia motoria e
posso portare questo tipo di tecnologia dall’ospedale alla casa del paziente.

Un altro esempio molto interessante è usare la BCI per far muovere un oggetto informatico, per
esempio il mouse.

Esistono varie tipologie di BCI: invasive, non invasive e semi


invasive. Da cosa dipende questa categorizzazione? Dal tipo di
elettrodi, dal tipo di sensori che utilizzo per acquisire
l’informazione siologica.

Non invasiva si utilizzano elettrodi superi ciali. Sistema invasivi


con elettrodi impiantabili, quindi sistemi che utilizzano elettrodi
inseriti in modo permanente o semi-permanente nel sistema
biologico. Elettrodi semi invasivi, qui ci sono diverse tipologie perchè si possono avere elettrodi
inseriti per un periodo e poi tolti successivamente, oppure elettrodi subcorticali ma non
subcranici.

C’è una diversa classi cazione sulla base di come vado ad acquisire informazioni sul mio sistema
siologico.

C’è una categorizzazione anche sulla modalità che io utilizzo per misurare le mie informazioni.

La generazione di un segnale elettrico porta con se anche la generazione di un segnale


magnetico.

Ora iniziamo a vedere anche un altro aspetto. Le brain computer interface è la scienza e
tecnologia dei dispositivi e dei sistemi che rispondono ad un processo neurale nel cervello che
genera attività motoria o processi cognitivi che modi cano l’attività motoria o mentale. Questa è
proprio la de nizione.

Tipologie di sistemi per acquisire i sistemi siologici, gli elettrodi possono essere di natura
diversa. Si può avere il wire-type microelectrodes, elettrodi quasi tutti di tipo micro. Il primo
impianto invasivo per la misura dell’attività cerebrale in uno schema di BCI non è degli anni 2000
ma precedente ed è stato fatto su una scimmia. Quindi microelettrodi, tutto sviluppato sul silicio,
sono elettrodi ad ago, sono micro perchè sono di dimensioni che vanno dai 13 ai 200 micrometri
di diametro e hanno una lunghezza di un millimetro. Stiamo parlando di oggetti molto piccolo, c’è
da considerare che vanno inseriti all’interno dei nostri sistemi nervosi. Sono wire-type perchè
sono connessi con lo. Normalmente in una matrice ci sono qualcosa come 128 elettrodi, in un
oggetto che ha una scala di 100 micron come dimensione super ciale.

Altra tipologia di elettrodo che viene utilizzato sono quasi tutti fatti con tecniche foto litogra che,
hanno super cie che va dai 5 ai 10 micron. Tutti questi microelettrodi sono degli anni 2000. Più o
meno hanno 4/5 strati: uno di silicio, uno ceramico, silicio, vetro e poliammide. Sono
elettronicamente isolati. Di norma sono costruiti attraverso un taglio laser per la precisione.

Questi sono solo alcuni degli elettrodi che vengono utilizzati, si hanno poi anche questi altri che
sono completamente generati sulla matrice di silicio, mentre gli altri sono generati più o meno su
materiale conduttore e poi spostati sul silicio. I silicon-based sono generati direttamente sul
silicio, sono quelli di ultima generazione e sono quelli che stanno avendo più successo oggi. Ci
sono per esempio sistemi di questo tipo per la misura del glucosio, sono impiantati sotto cute.

Sono quasi sempre costruiti per reazioni chimiche.

È proprio come la formazione di un vero e proprio chip, il silicio viene drogato, vengono aggiunti
atomi di altra natura. Si usa la stessa tecnologia per fare chip, microchip, microcrontollori.

La reazione che noi andiamo a leggere sull’elettrodo è una reazione che ovviamente avviene
sull’ago, ora qui entrano in gioco anche tutta una serie di leggi della chimica e della sica di come
un elemento si avvicina ad un elettrodo o meno. Alla ne non abbiamo che tutto l’oggetto che
stiamo prendendo in considerazione reagisce allo stesso modo con la matrice, con il bagno in cui
lo immergiamo.

Si ha un altro problema: la biocompatibilità degli elettrodi che si vanno ad inserire. Di


conseguenza questo è un problema abbastanza aperto perchè per qualsiasi materiale che non è
riconosciuto dall’organismo come un pezzo dell’organismo stesso vi è comunque una attivazione
di un processo anti in ammatorio, che porta piastrine e sostanze che cercano di proteggere
l’organismo e di tappare la falla, quindi di cicatrizzare e rendere disadratato l’elettrodo che quindi

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non è più in grado di leggere nulla. Questo avviene a livello cerebrale, a qualsiasi livello del nostro
organismo. Per un primo tempo però funzionano bene, poi va cambiata l’area, perchè un
processo in ammatorio porta anche all’accumulo di sostanze che servono a proteggere, ecco
perchè l’area in genere si gon a.

Ci sono poi microelettrodi ceramici, di norma basati su alluminia e ossigeno, che è una lega.
Questi elettrodi hanno la particolarità di ridurre il cross talk, il cross talk è un fenomeno puramente
elettrico, quando io ho due linee elettriche che portano una informazione e che sono vicine tra
loro, questi due oggetti si danno noia. Questo rumore, questa interferenza si chiama cross talk.
Spesso e volentieri è una cosa che si vuole evitare perchè io ho fatto una linea per ricevere
informazioni e un’altra per riceverne un’altra. Proviamo a pensare a 128 elettrodi in una matrice di
3 mm a che distanza saranno tra loro? Molto vicini, quindi il fenomeno è un fenomeno che
e ettivamente si genera. Il fatto che ci sia questo scambio di informazioni in più mi dà un errore di
valutazione, perchè io ho una informazioni aggiuntiva che non è reale, non è una informazione
relativa al fenomeno siologico che sto osservando ma è un fenomeno puramente elettrico. Avrò
informazione correlata tra loro in più rispetto a quella che sto misurando, quindi ho rumore da un
lato ed errore dall’altro. Quindi più diminuisco questo fenomeno migliore sarà la performance di
questo elettrodo. Gli elettrodi ceramici hanno questo bene cio sopratutto perchè la ceramica, che
è un isolante di per se, è un migliore isolante rispetto ad altri materiali isolanti.

Un problema dell’EEG in particolare è che è a etto da diversi errori particolari dovuti al fatto che
la testa è sede di tantissime cose non solo del cervello: di tantissimi muscoli e di movimenti
normali (occhi, masticazione, del collo,…). Tutte queste informazioni in più oltre a quelle
elettroencefalogra e vengono lette normalmente da un sistema EEG.

Messi i nostri sensori e acquisito il nostro segnale attraverso una strumentazione, noi prendiamo
questo segnale ed estraiamo le informazioni e misuriamo dei parametri. La modalità con la quale
io estraggo queste informazioni può essere diverse molto varia. Posso estrarre informazioni nel
tempo, e ottengo quelli che si chiamano parametri statistici non perchè misurano un qualcosa di
statistico ma perchè si fanno più misure e ottengo una popolazione ed estraggo la media o la
deviazione standard del segnale. Questo prevede che io abbia in testa o comunque abbia
piani cata un modello associato alle informazioni che io sto andando a misurare. Questo perchè
l’informazione che io sto andando a prendere è legata ad un processo mentale, è una
informazione che non è che si spegne mai, vuol dire che io la mia attività cerebrale ce l’ho
sempre, indipendentemente che io stia facendo il compito o meno. Per andare quindi ad estrarre
informazioni dalla mia attività cerebrale per forza di cosa devo fare una informazione che nasce da
un confronto, da un prima e un dopo. Se il soggetto non sta facendo nulla sta solo seduto non è
che non ha attività cerebrale, ce l’avrà comunque, e se io gli vado a chiedere di fare un compito io
dovrò cercare di massimizzare. Devo trovare un modello perchè devo trovare quello strumento
che mi permetta di vedere le di erenze massimizzando queste distanze tra quando il soggetto
faceva il compito e quando non faceva il compito. Ecco perchè diventa questa parte e assume un
ruolo fondamentale nella costruzione di questo sistema.

Quindi il modo in cui io modello il mio sistema mi caratterizza e mi permette o mi preclude di fare
delle cose. Se io ho modellato il mio sistema in cui il mio comportamento è solo spettrale, avrò in
qualche modo linearizzato il mio sistema e quindi avrò escluso tutte le sue non linearità.

Normalmente la mia interfaccia il mio feedback muove la dinamica temporale dell’interfaccia


stessa per massimizzare. Proprio per questo motivo si parla di terapia. Se per ogni soggetto
dovessi fare uno studio questo sistema non potrei usarlo perchè tutte le volte lo vado a cambiare.
Per poter fare una terapia questo sistema deve ripetersi sempre nello stesso modo a nché io
possa ripetere le misure e confrontarle nel progresso temporale.

L’attività cerebrale può essere vista in diversi modi. Sicuramente un aspetto deriva dal sensore
che sto utilizzando. Se io uso una serie di elettrodi super ciali per acquisire il mio segnale
elettrico, immagino di avere una distribuzione di campo spaziale. Questo vuol dire che io avrò un
segnale che mi varia nel tempo e che mi farà più o meno oscillazioni strane, ma sarà continuo e
variabile nel tempo, sia che sia un segnale analogico sia discreto, in questo ultimo caso avrò una
serie che durerà per il tempo della mia acquisizione. Se io utilizzo dei microelettrodi, quindi se ho
un sensore che va ad analizzare la parte microscopica io posso ottenere o un segnale simile per
integrazione, quindi ltrando passa basso, oppure posso ottenere informazione più profonda
quindi informazione di tipo neurale, quindi di attività tra i neuroni che costituiscono il mio sistema
cerebrale. Ottengo in questo ultimo caso informazioni che prendono il nome di spike train, treno
di impulsi. I nostri neuroni comunicano tra loro attraverso una serie di impulsi, una serie di spike. Il

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tipo di informazioni in questi due casi è fortemente diverso, in un caso ho degli impulsi per i quali
cambia quasi sempre la frequenza del treno di impulsi e la durata ma l’ampiezza resta più o meno
sempre la stessa; dall’altro lato ho un segnale molto più smooth e dolce però è un segnale
continuo nel tempo. Questa di erenza mi obbliga a dover generare un sistema di analisi dei
parametri fortemente diverso.

Se utilizzo lo spike train, quindi micro elettrodi, quindi queste informazioni degli spike le
informazioni che posso estrarre possono essere diverse e ancora una volta da questo punto di
vista questo mi forzerà sul tipo di modelli che devo utilizzare. Posso analizzare direttamente gli
spike uno per uno e andare a vedere i processi elettrochimici legati allo scambio degli ioni sodio e
potassio per la generazione degli spike neurali. Altrimenti posso andare ad analizzare il treno di
impulsi nella sua interezza e andare quindi a vedere cosa cambia a livello del rate, della frequenza
di ring del nostro treno di impulsi. E questo cambia il metodo che devo implementare per poter
generare la mia informazione.

Se ho il mio segnale nel tempo, quindi elettrodi super ciali, grosso modo le tecniche che utilizzo
sono tecniche di Signal processing standard, sicuramente posso utilizzare analisi lineari,
trasformate di Fourier. Altra possibilità partendo sempre da un segnale di questo tipo, continuo
non spike train, posso andare a considerare questo segnale come tempo variante non stazionario,
e dividermi questo sistema in nestre più piccole, queste devono essere piccole abbastanza da
poterle considerare stazionarie; a questo punto rifaccio la stessa metodologie dove la mia
stazionarietà mi guida. Ovviamente in questo caso ottengo una ripetizione di cosa fa il mio
segnale in ognuna di queste nestre, di norma questa nestra si chiama epoca. E vado a fare una
analisi ad epoche.

Si può usare un sistema non lineare, dinamico, vado a studiare le non linearità perchè so dalla
teoria che un sistema siologico è normalmente complesso, che ammette quindi delle non
linearità. Una possibilità per studiare e comprendere le non linearità è di propormi questo segnale
in serie. Così come esiste la serie di Fourier che ha la prerogativa di avere le componenti
ortogonali l’una all’altra, perchè sono seni e coseni, quindi si crea una matrice orto normale nella
serie di Fourier. Però la trasformazione di Fourier non prende in considerazione le non linearità,
per poterle prendere in considerazione bisogna sfruttare altre serie (Volterra, wiener, Poisson). La
trasformazione in serie permette quindi di dividere questo segnale in oggetti che mi permettono di
andare a valutare le non linearità del segnale senza perdere informazioni. Queste serie si dividono
tra loro perché alcune sono formate da componenti ortogonali tra loro mentre altre non hanno
componenti ortogonali; alcune hanno memoria (sono costruite sulla base dei segnali precedenti) e
altre non hanno memoria (quindi non tengono conto di quello che succedeva prima).

Altra possibilità ancora che posso avere partendo serpe dal mio solito segnale che non è uno
spike train, è quello di usare delle metodiche per estrarre dei parametri più o meno semplici e poi
generare degli algoritmi intelligenti che imparino dai dati. L’esempio più semplice sono le reti
neurali, la rete neurale ha una base che è bio ispirata. Il neurone della rete neurale si ispira al
neurone umano, sempli cato e schematizzato. Quindi teoricamente posso pensare che un
sistema che ha una struttura simile a quella del mio cervello può capire il mio cervello. A un
sistema di questo tipo potrei dargli in pasto il mio elettroencefalogramma e a lui a dare il compito
di stimare la bontà di esecuzione di un task.

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Ci eravamo lasciati descrivendo quali erano gli approcci che vengono utilizzati per poter lavorare
con le informazioni che acquisiamo dal nostro cervello, per poter estrarre informazioni e chiudere
il ciclo e avere quindi un feedback da mandare all’interfaccia della Brain computer interfacce. In
generale ci sono diversi approcci. Quelli più interessanti sono quelli basati sulla capacità di
generare un modello del comportamento del sistema siologico, e studiare quel modello per poter
descrivere il comportamento e stimare le di erenze nelle varie condizioni. Di erenze che in questo
schema concettuale ci aiutano nel dare l’input all’interfaccia per poter creare un feedback.

Tra i vari metodi quelli più degni di nota sono quelli che si riferiscono a modelli probabilistici del
nostro sistema, che possono essere suddivisi in metodi che ricostruiscono il nostro sistema
ingresso-uscita con una serie numerica (serie di Volterra, wiener, poisson,…), ci sono altri modelli
come quelli generativi, che si basano su una formulazione bayesana della problematica, dove il
concetto è quello di stimare una pdf, quindi di non considerare il nostro sistema come un sistema
ingresso-uscita. Mi vado quindi a costruire il modello che genera le mie uscite. Quindi con
l’approccio bayesiano devo avere delle conoscenze a priori del mio sistema, dopodiché vado a
stimare per un qualche motivo come il sistema si comporta, e vado quindi a stimare una densità
di probabilità del mio sistema, e vado a predire la probabilità a posteriori, questa va poi ttata con

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i dati reali. Se poi io vado a ripetere l’esperimento la mia probabilità a posteriori diventa la mia
probabilità a priori dell’esperimento successivo. Quindi una volta stimata la prima probabilità a
posteriori io creo un processo iterativo dove vado ogni volta a ristimare ottimizzando il processo.
È un algoritmo ricorsivo di stima di densità di probabilità. Questa probabilità sarà
parametrizzabile, quindi ha sia una forma che dei parametri che la ttano nel mio problema
speci co. Quindi la stima di questa probabilità sarà poi collegata alla capacità di avere un buon
tting della mia probabilità a posteriori con dati reali. Ecco perchè il procedimento di iterazione
può essere governata da una funzione di costo che minimizza le di erenze di tting tra quelle che
io ho ottenuto e i passi successivi.

Uno tra i metodi o i modelli più utilizzati sopratutto nell’utilizzo di BCI per attività di movimento è il
ltro di Kalman, che parte dal presupposto che esiste una catena cinematica della quale io riesco
a stabilire la posizione del mio end-e ector, che è il punto nale della mia catena cinematica, e di
questa io riesco a stimare lo stato del sistema. È un approccio sistemestico, io ho delle variabili
attraverso le quali osservo il sistema, e mi vado a stimare lo stato successivo. Anche il ltro di
Kalman ha delle condizioni importanti. La prima condizione è che il mio processo (la ia uscita) sia
stato generato da un sistema lineare. La seconda condizione è che la distribuzione della forma
della densità di probabilità a posteriori sia di tipo gaussiano. Queste due condizioni molto forti
non hanno comunque vincolato l’utilizzo del ltro di Kalman che è stato comunque utilizzato
tantissimo.

Vi è un’altra metodologia importante e molto utilizzata che sono i particle lter che sono molto
simili perchè poi alla ne Kalman ha considerato un vero e proprio ltraggio, perchè il concetto
non è molto diverso. I particle lter si basano sullo stesso concetto, sempre sulla stima della
probabilità a posteriori con dei parametri che mi permettono di ottimizzare la funzione densità di
probabilità a posteriori. Quindi minimizzare l’errore commesso nella stima della probabilità a
posteriori o generare una funzione che mi permette di avere il tting ottimo dipende anche dalla
funzione che io ho scelto per generare questa ottimizzazione del processo, quindi dovrei
considerare entrambe le funzioni.

La tecnica di analisi monte Carlo prevede di considerare i nostri punti, i nostri output, non solo per
i valori che hanno, ma consente di sommare ad essi delle variabilità, degli errori. Questo permette
di avere non un punto per cui devono passare le mie curve le mie stime, ma un range di punti. Io
posso generare questa analisi anche essa come un processo iterativo in cui vado a generare tutte
le famiglie di funzioni che ttano non solo i punti che io ho ottenuto empiricamente dalle misure,
ma tutte le loro possibili famiglie. Anche nella monte Carlo Analysis dovrò imporre delle condizioni
su come posso avere queste variabilità, ci sono molti metodi e molti software.

La generalizzabilità di un approccio signi ca che se dovessi cambiare andrebbe comunque bene.


Mi permette di usare il mio sistema in modo più e cace e diventa più robusto.

Altra famiglia di metodologie che possiamo utilizzare dipende dalla natura dei dati, che possono
essere dati acquisiti per distribuzioni di campo oppure che io abbia proprio i dati neurali. Nella
BCI questa cosa si con gura con il fatto che io ho a disposizione un sistema EEG di super cie o
invasivo. Quando io ho a che fare con l’acquisizione di segnali siologici del mio cervello io ho
due possibilità di approccio: uno misuro per capire le informazioni che ottengo come con gurano
la mia uscita, problema diretto, io ho il sistema siologico faccio le mie misure e cerco di
ottimizzare il mio risultato in termini di tting; oppure io cerco di trovare un modo per
caratterizzare il mio sistema siologico che mi dica cosa sta facendo o cosa dovrebbe fare il mio
sistema sico.

Il problema inverso è sempre un problema mal posto, sopratutto perchè non mi da informazioni
speci che su quali sistemi siologici hanno generato quella misura che io ho preso. Ci sono varie
tecniche per cercare di risolvere i problemi inversi.

In caso del sistema nervoso questa cosa viene vista come l’encoding del mio sistema o il
decoding del mio sistema, come il sistema formula l’informazione e come io devo decodi care
l’informazione per avere la mia sorgente.

Quindi quando io ho a che fare con attività neurale, in particolare con gli spike train, con i treni di
impulsi che sono generati dalle mie reti neurali, ancora una volta ho diversi approcci per poterli
studiare, ma quelli più interessanti si basano anche essi su un approccio bayesiano e stocastico
del mio sistema. Vanno a creare un approccio che stima la densità di probabilità a posteriori
avendo delle conoscenze a priori sulla mia rete, attraverso la massimizzazione della likelihood,
cioè la funzione di verosimiglianza o cioè della probabilità.

Tra queste metodologie di stima della densità di probabilità per i sistemi neurali se ne ha uno in
particolare che prende il nome di Point Process, che si basa su un processo poissoniano.

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Il point process non è nient’altro che la stima della densità di probabilità attraverso un processo
stocastico e che si suppone sia poissoniano e che quindi abbia delle caratteristiche ben precise
che sono molto simili a quelle di una famiglia di risposte neurali.

Però il point processo, così come il Kalman lter, così come il metodo dei minimi quadrati
ricorsivi, … hanno un approccio ?. Considerano sempre l’approccio bayesiano, di stimare la
densità di probabilità, di avere delle informazioni a priori e di utilizzare le informazioni a posteriori
del primo step per andare a ttare quelli che si hanno dopo.

Tutti questi sistemi e approcci dipendono dal tipo di dato che si sta utilizzando.

Il dominio della frequenza ottenuto con l’analisi di Fourier ha sempre senso quando il mio sistema
è uniformemente distribuito. Se il sistema non è uniformemente campionato, non è
uniformemente distribuito, allora non posso usare algoritmi di Fourier ma devo utilizzare algoritmi
nel tempo, che mi permettono comunque di passare in frequenza ma basandosi per esempio su
trasformate Z.

Tra i metodi più interessanti e particolari possiamo elencare l’analisi delle componenti principali e
l’analisi delle componenti indipendenti. Questa metodologia può essere utilizzata per molti scopi,
uno per poter analizzare il problema inverso, io voglio capire quali aree del sistema nervoso hanno
generato quelle uscite perchè facendo questo poi io posso modulare l’interfaccia a nché spinga
verso quell’area cerebrale perchè magari c’è un brain injury, c’è stato uno stroke,… avrei bisogno
di sapere quali sono le sorgenti di segnali. In questi termini io ho un insieme di osservatori, che
sono i miei elettrodi disposti sullo scalpo e posso andare a cercare di incorrelare l’informazione
facendo l’ipotesi che l’informazione incorrelata sfrutti zone del mio cervello diverse.

Oppure l’Indipendenza statistica, dico che dai miei n canali estraggo le mie componenti
indipendenti identi cando queste componenti come aree diverse che hanno generato quel tipo di
pattern di uscita, quindi cerco di approcciarmi al problema inverso sapendo che è mal posto.

Ci sono altri possibili approcci. Il ltering spaziale, perchè ho una distribuzione bidimensionale dei
miei sistemi, le mie informazioni non arrivano da una sola uscita, io ho, quando vado a lavorare
con il mio cervello un insieme di uscite che non solo N ma sono distribuite in punti diversi. Io
quindi posso andare a sfruttare i ltri spaziali in diversi modi. Per discretizzare lo spazio delle mie
informazioni in ingresso e crearmi poi una distribuzione delle mie sorgenti in termini di elettrodi,
oppure posso caratterizzare il mio ltro per caratteristiche speci che del segnale. Quindi io vado a
ltrare per ottenere delle precise morfologie.

[…]

Il sistema EEG ha 128 canali. Una rete neurale è una famiglia di neuroni. I neuroni piramidali si
pensa che contribuiscano in modo maggiore alla generazione del campo, del potenziale di azione
super ciale. La corteccia ha però una forma molto strana, quindi non tutte le parti della corteccia
contribuiscono in ugual misura a generare un campo super ciale.

La distribuzione del sistema di acquisizione sullo scalpo è standardizzata solo per la


con gurazione 10/20, vuol dire posizione degli elettrodi sul mio scalpo. Un problema di
acquisizione di questo segnale è dovuto all’impedenza che c’è tra la cute e l’elettrodo. Questa
impedenza per tutti i sistemi EEG sia che siano corticali sia che siano super ciali deve essere
molto bassa perchè è la prima caduta di segnale che incontra il segnale EEG. Un segnale EEG in
genere ha un potenziale di 4 mV se non ci sono capelli o altro. Quindi una qualsiasi attenuazione
può portare a una perdita importante per il segnale. Quindi l’impedenza elettrodo-pelle deve
essere tenuta sempre sotto controllo. Se l’impedenza elettrodo-pelle cambia nelle varie posizioni
in modo troppo indipendente avremo su alcuni elettrodi segnali più forti e su altri elettrodi segnali
più deboli, troveremo quindi una di erenza in ampiezza del segnale non dovuta ad una reale
attività di segnale in una zona rispetto ad un altra, ma dovuto ad un reale problema sistematico di
acquisizione. Devono quindi essere tenute tutte più o meno simili e il più basse possibili.

Di norma un elettrodo o un gruppo di elettrodi nei sistemi EEG viene preso come riferimento,
quindi non andiamo a prendere i segnali come potenziali elettrici indipendenti, ma andremo a
prendere i potenziali come di erenze di potenziale tra gli elettrodi di misura e quelli di riferimento.

Quindi un segnale di tipo EEG molto spesso viene raccontato semplicemente nelle sue onde. Ha
un andamento che sembra un segnale pseudo-periodico, quindi può essere studiato
considerando bande di frequenza.

Perchè può essere acquisito un campo magnetico dai nostri segnali?

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Il campo elettrico che si genera da EEG è un campo elettrico tempo-variante, già solo per questo
motivo ha di conseguenza un campo magnetico, se fosse costante non ci sarebbe. Questo
campo magnetico molto basso può essere misurato con una bobina molto grosso perché
permette di concatenare, creare una mutua induzione tra il campo magnetico creato da me con la
bobina e poi andare a leggere le informazioni di campo relative all’attività cerebrale.

MEG è la misura del campo magnetico. Nella MEG l’e etto dell’osso è veramente molto meno
importante rispetto alla distorsione di campo elettrico. Questo ce lo aspettiamo perchè il campo
magnetico passa un po’ attraverso gli oggetti, sopratutto quelli rigidi, mentre il campo elettrico no
se non c’è un conduttore di elettroni.

Per quanto riguarda i segnali, le informazioni che posso estrarre, a parte la banda di frequenza,
molto interessanti per la situazione che stiamo considerando sono i potenziali evocati visivi,
quindi si dà uno stimolo visivo e si va a vedere cosa ha generato a livello di segnale EEG. Sono
stati i più utilizzati e quindi hanno più letteratura alle spalle.

Si possono usare le BCI anche per generare un comando. In questo caso il soggetto non fa alcun
tipo di attività ma in questo caso si hanno due possibili risposte ON o OFF. Se il soggetto decide
che la risposta ad un determinato quesito è ON o OFF guarda il relativo punto che ha un ickering
speci co, di conseguenza vado poi a guardare il potenziale evocato che sarà diverso rispetto al
fatto che il soggetto guardi l’altra risposta perchè ha un ickering diverso. Questo è un modo che
è stato implementato soprattutto per i soggetti che non hanno la possibilità di muovere le braccia
o le gambe ma possono muovere solo gli occhi. In questo modo questi soggetti possono scrivere
messaggi guardando delle lettere, ogni lettera ha una frequenza e genera un potenziale diverso.
Questo sistema diventa poi robusto perchè questo potenziale si ripete per ogni ash della lettera,
quindi è una famiglia di eventi quindi posso generare una serie di dati che posso poi andare a
stimare con metodi stocastici e probabilistici e di conseguenza ricostruire poi un alfabeto.
Ovviamente c’è un tempo computazionale per tutto ciò, ma i potenziali evocati durano poche
centinaia di millisecondi per la generazione del potenziale, quindi il tutto può avvenire nell’ordine
temporale del secondo.

Per fare questo tipo di approccio e di studio non ho bisogno di avere un EEG a 128 canali, posso
utilizzare il mio sistema EEG a due canali. Quindi dal punto di vista del sistema da utilizzare è
molto ridotto e anche molto più semplice da analizzare. I due canali saranno ovviamente centrati
sulla parte della corteccia visiva.

Ci sono una serie di metodologie per l’analisi di questi potenziali evocati. Analisi spettrale, metodi
non parametrici e parametrici, analisi della correlazione delle informazioni e analisi wavelet.

Sicuramente le tecniche più innovative sono quelli con le tecniche di intelligenza arti ciale.

La tecnica di classi cazione del machine learning può essere molto utile perchè spesso nel
dividere gli eventi in una computer interface io non voglio solo fare una analisi del segnale, ma
voglio fare una analisi del segnale mi aiuti a modulare una interfaccia. Quindi ho bisogno di una
informazione abbastanza robusta perchè poi mi deve generare un feedback. I classi catori in
questo caso possono essere utili perchè a volte le semplici di erenze statistiche non sono
abbastanza robuste e quindi ottengo dei falsi, quindi i classi catori degli algoritmi di intelligenza
arti ciali imparando dagli eventi di una determinata classe possono essere in questo caso più
e cienti per la generazione del feedback.

Altre possibili forme di potenziale che sono interessanti in questo studio sono i slow cortical
potential, quindi sono delle oscillazioni a bassa frequenza delle onde elettroencdefalogra che,
quindi sotto 1 Hz, e queste ci possono dare informazioni sull’attività cerebrale.

Tra le patologie che purtroppo creano dei problemi e che portano le persone a dover utilizzare
questo tipo di strumentazione, non solo per la terapia ma anche proprio per vivere, sicuramente
c’è la sclerosi laterale amiotro ca è una delle più importanti e serie e gravi dal punto di vista
siologica, e porta all’inabilità delle persone. Porta ad un blocco scheletrico dovuto a questa
perdita dell’attività muscolare, e ci possono varie motivazioni. Però la cosa interessante è che i
sistemi di BCI possono essere utilizzati, e sono poi molte volte utilizzati per poter continuare a
vivere, per poter comunicare con le persone e per poter fare certe cose. Poi questo tipo di
patologia ha una progressione, che porta ad uno stato di leggeri problemi no ad uno strato
sempre più grave dove si perde completamente l’utilizzo della parte muscolo-scheletrica. Quindi
le BCI possono essere molto utili.

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Tutti i rumori sistematici, legati al sistema di acquisizione, hanno una frequenza superiore. Tutti i
rumori dovuti ad attività involontarie muscolo-scheletriche hanno frequenze superiori. Quindi
andando a misurare i potenziali slow molti di questi rumori sono fuori dalla banda di misura di
questi potenziali lenti. E quindi questi risultato questi potenziali quelli più robusti. Il rumore che
potrebbe essere più importante è forse solo quello respiratorio che ha una frequenza intorno
all’Hz, che potrebbe rientrare come attività metabolica.

Normalmente per un sistema di BCI basato su questo tipo di sistema si utilizzano pochi elettrodi.
Il segnale EEG viene ltrato passa banda e viene acquisito ad una frequenza di 100 Hz.

La stimolazione avviene attraverso stimoli a quattro lati (sopra sotto destra sinistra) e bisogna
determinare la direzione di movimento di un cursore attraverso gli elettrodi.

Se poi si utilizza una macchina intelligente avremo anche una fase di training perchè l’algoritmo
andrà addestrato e comunque la fase di training può essere utile per la stima dei parametri per
tutti gli algoritmi che si basano sul percorso plastico.

Poi viene utilizzato il feedback visivo per generare il movimento della mia interfaccia, in questo
caso sopra sotto destra o sinistra.

L’interfaccia può anche essere di tipo vocale, ovvero c’è una voce computerizzata che legge le
informazioni e i testi. Addirittura quelli più conformanti hanno già un repertorio di fasi già pronte, di
concetti già pronti, e questo velocizza la scelta, quindi il paziente non deve e ettivamente scrivere
tutto il messaggio.

I potenziali evocati sono rappresentati come una serie di picchi, con la lettera N per un picco
positivo e con la lettera P per un picco negativo (al contrario). Ogni lettera è poi associata ad un
numero che rappresenta il centinaio di millisecondi dalla generazione dello stimolo. Quindi P1
sarebbe P100, potenziale dopo 100 millisecondi dallo stimolo. P300 è molto famoso. In
particolare però c’è una particolarità nello studio degli evoked potentials, che è quella che
dobbiamo avere dei sistemi di acquisizione per cui si ha un campionamento del segnale che ci
permette di vedere le centinaia di millisecondi, e ci permetta di vedere l’evoluzione del segnale
tale da vedere il picco ogni 100 millisecondi. Dall’altro lato abbiamo bisogno di una
sincronizzazione importante tra lo stimolo, io devo sapere l’istante sul mio elettroencefalogramma
in cui è stato presentato lo stimolo al mio soggetto perchè questi segnali vengono caratterizzati
dalla distanza dalla presentazione dello stimolo. Non è neanche tanto vero che la P100 è
esattamente a 100 millisecondi, è più o meno, questo perchè comunque la sincronizzazione tra i
sistemi dipende dal metodo che ho usato per sincronizzare che non è banale; poi c’è un problema
anche hardware perché tutti i sistemi hardware non possono scendere sotto la loro costituzione,
quindi tutti i sistemi hanno un passo minimo sotto il quale non possono andare.

Quindi per lo studio di questo tipo di segnale, gli evoked potentials, io mi devo ancorare sulla
stimolazione.

Ancora una volta anche per questo tipo di approccio non basta il singolo stimolo per la stima
della risposta, ma abbiamo bisogno di una ripetizione di stimoli, altrimenti la stima della risposta
non è e ciente. Anche per renderlo robusto poi. Quindi io dovrò avere il mio stimolo che si ripete
nel tempo, il tempo di presentazione non deve essere inferiore alla durata del picco massimo che
voglio misurare.

Questi evoked potentials possono essere diversi a seconda di quale è l’area in cui lo sto andando
a prendere.

In particolare una delle strategie, il paradigma di Oddball, che viene utilizzato nella maggior parte
dei casi per cercare di proteggere dal rumore la nostra acquisizione è un paradigma dove non si
presenta un singolo stimolo da solo, ma si presenta uno stimolo immerso in oggetti di altra natura.
Per esempio una palla rossa immersa in un insieme di palle azzurre. Questo permette di essere
robusto, perchè permette di fare un confronto, permette di andare a valutare il nostro segnale non
come segnale assoluto ma come di erenza tra gli stimoli e questo mi permette di eliminare quello
che in un sistema elettronico si chiamerebbe rumore in modo comune e di andare ad enfatizzare
la di erenza tra gli stimoli. Avere una di erenza mi permette di avere più robustezza.

24/05/2022

Stavamo parlando di come poter usare tecnologie di BCI in diverse applicazioni. Avevamo visto
alcune forme del segnale EEG che potevano essere sfruttate per poter chiudere il nostro cerchio,
quindi passare dall’acquisizione del dato elaborato e restituire un feedback attraverso una
interfaccia, che può essere completamente software oppure attraverso una attuazione. Nel

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momento in cui si utilizza la parte di attuazione è abbastanza schematizzato e standardizzato
l’approccio che possiamo avere ed è quello di andare a localizzare i nostri sensori per
l’acquisizione del segnale EEG in aree speci che. Quindi non andare ad utilizzare un EEG
completo, ma andare a prendere delle aree veramente localizzate.

Oltre a prendere la super cie necessaria per acquisire questi dati, abbiamo anche la possibilità nel
nostro contesto di speci care una precisa banda di frequenza sulla quale lavorare. In particolare
prendere una banda di frequenza che è tra gli 8 e i 13 Hz, quindi andare a prendere la parte dei
ritmi mu dell’area senso-motoria de nita con gli elettrodi C4,C3 e Cz. Queste aree corticali sono
associate direttamente a una attività motoria e quindi possono essere sfruttati per identi care una
speci ca azione che la persona per il quale possiamo utilizzare questa strumentazione come
apparato riabilitativo o come auto-ausilio ad un problema.

Nello speci co possono essere usati o particolari forme di segnali come gli event-related
desynchronization, che fanno parte di questi ritmi, oppure i ritmi sincronizzati al movimenti. Quindi
possiamo usare entrambi questi oggetti, gli ERS e gli ERD, ma hanno signi cati diversi. Gli ERS
ri ettono una attività corticale che è sincrona all’attivazione, di norma è associata ad un aumento
dell’attività. Mentre gli ERD sono più che altro attivazioni corticali oscillanti, quindi questi tengono
conto di quella che è una attivazione asincrona della rete neurale e sono associate con un
decremento dell’attività che è relativa alla popolazione di neuroni che stiamo andando a prendere
in considerazione. Si calcola sempre una di erenza di attività rispetto ad una condizione
standard. Di norma la condizione standard è la condizione di rest, dal punto di vista formale
sarebbe una persona sdraiata ad occhi chiusi che non fa nulla, ma se ci troviamo in condizioni
patologiche allora il rest va riconsiderato a seconda di quello che può fare la persona.
L’importante è determinare una condizione di attività rispetto ad una condizione di non attività.
Questo delta è l’informazione che ci serve per determinare una possibile attivazione dell’area
speci ca.

Il movimento reale attiva le stesse aree del movimento immaginario. I soggetti non devono
compiere il movimento ma devono immaginare di compiere quel movimento. Ci sono ovviamente
dei valori associati diversi. La tecnica dei falsi colori ha messo in evidenza una attività simile tra i
soggetti che hanno immaginato il compito rispetto a quelle che hanno realmente e ettuato il
compito. Questa cosa viene sfruttata perchè se la persona è tetraplegica, quindi abbiamo
individui con una limitata funzionalità dei loro arti, posso scienti camente a ermare che il mio
sistema di BCI possa e ettivamente andare a prendere quella attivazione perchè ho una
corrispodenza reale che immaginando il movimento non realizzandolo concretamente ma l’area è
la stessa. Quindi posso posizionare il mio elettrodo lì. Abbiamo le basi scienti che per poter dire
che questa cosa può avvenire.

Il coe ciente di determinazione non è altro che la covarianza diviso la varianza dei due segnali
che è un indice molto simile all’andare a vedere la correlazione e l’incorrelazione dei segnali che
sto prendendo in considerazione.

Un altro tipo di informazione è andare ad estrarre l’informazione


spaziale dove mettiamo tutti i canali da una parte e le bande di
frequenza dall’altra. Questo è uno studio General purpose perchè fa
vedere come ogni banda di frequenza, e si vede come per le bande
comprese tra una decina di Hz e le 35 si hanno i massimi di potenza
per i vari canali. I vari canali sono poi localizzati sulla super cie dello
scalpo, quindi poi di conseguenza possiamo sempre ritornare a
quali canali e quali aree corticali questi canali stavano andando ad
indagare.

Questo paradigma è nato ed è stato sviluppato sopratutto per la parte sensori-motoria, e si trova
infatti una letteratura di applicazioni sia per soggetti che hanno di coltà di utilizzo degli arti
(quindi soggetti che non muovono le gambe). Questo paradigma lo stesso si può utilizzare in
moltissimi contesti, come per esempio il contesto emotivo, dove ovviamente devono cambiare la
tipologia di stimolo e la modalità con cui chiudiamo il loop.

Le emozioni di per se sono molto di cili da de nire, sono un output ad altissimo livello del nostro
sistema uomo perchè coinvolgono variazioni sia delle attività centrali si di varie attività
atuonomiche. È di cile anche descrivere lo stato emotivo e non è una cosa sconosciuta per la
scienza. Ci sono diverse teorie per esempio quella di Ekkman è quella delle sei emozioni di base
dalle quali si possono poi ricostruire tutte le altre emozioni, poi c’è quella di Russel che è una
teoria dimensionale delle emozioni, quindi emozioni divise in assi perpendicolari tra loro in modo

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da descrivere degli spazi emozionali, quindi uno schema abbastanza ingegneristico in cui io
posso mettere le emozioni in un punto nello spazio. Altrimenti ci sono altre teorie che tengono
conto non solo dello stato che la persona sta vivendo in quell’istante ma anche della storia della
persona, quindi ancora più complesso.

Ma è fatto che conosciamo tutti che noi proviamo emozioni e queste condizionano la nostra vita,
il nostro comportamento e la nostra relazione con gli altri. Infatti diverse patologie possono essere
relative a disturbi legati alla percezione dello stato emotivo e dell’ambiente che ci circonda.

Questo stesso paradigma può essere utilizzato in un protocollo BCI. Ovviamente le domande
quali sono? Si possono usare degli stimoli precisi (audio, video, immagini, odori,… oppure dei
mix). Si può usare l’immaginazione, si può far percorrere alla persona uno stato emotivo vissuto;
perchè poi noi con l’immaginazione cerchiamo di produrre qualcosa che conosciamo. Si può
utilizzare attraverso un algoritmo di piani cazione, si fa entrare in uno stato emotivo tipo gioco,
perchè il gioco stesso crea il coinvolgimento della persona. Tutti questi stimoli sono ovviamente
stimoli a più direzioni, e sottintendono processi e meccanismi diversi tra loro. Altrimenti si
possono indurre emozioni attraverso la somministrazione di farmaci speci ci che vanno ad
aumentare il rilascio di alcuni neurotrasmettitori che noi sappiamo essere associati ad una
emozione di tipo positivo o negativa.

La cosa non è semplicissima e si ha sempre una certa incertezza, una ambiguità di fondo, ma può
essere perseguita. Ultimamente si cerca sempre di più di usare il sistema nervoso periferico per
de nire le emozioni rispetto a quello centrale.

C’è un fatto da tenere in considerazione: mentre il comportamento può essere in qualche modo
forzato, io posso forzare l’espressione del mio viso o dei miei atteggiamenti, postura e movimento
delle mani; ma sicuramente è di cile di forzare il sistema nervoso, sia autonomo che centrale, a
non provare una emozione. Questa cosa porta a dire che se si riesce a caratterizzare uno stato
emotivo in termini di segnali del mio sistema nervoso centrale io posso sapere cosa prova una
persona durante una determinata stimolazione indipendentemente che lui voglia o non voglia
nasconderla.

Ovviamente ci sono delle strutture in termini di segnali e di variazioni di alcune attività che
dimostrano che ci sono aree che sono associate alle emozioni. Per esempio l’area prefrontale a
livello corticale, quindi la parte esterna del mio sistema nervoso centrale fortemente legata ad una
modulazione dello stato emotivo, ed infatti è una delle aree che vengono prese più in
considerazione per lo studio dei casi patologici di natura più psichiatrica.

Il sistema nervoso centrale è simmetrico, noi abbiamo i nostri solchi, la nostra struttura anatomica
con i due emisferi e sappiamo che questi due emisferi attuano la lateralizzazione ovvero quello
che fa la parte destra non per forza la fa anche la sinistra. Molte volte noi rispondiamo
preferibilmente o in modo maggioritario con una area preferenziale del nostro sistema nervoso
centrale piuttosto che con l’altra.

La risposta è che i nostri sistemi nervosi sono molto aspeci ci e quindi rispondono in modo
uguale a stimoli diversi, in modo paragonabile.

Come fare a calcolare questa di erenza di simmetria? Si usano degli elettrodi speci ci e si fa una
analisi. Si può ragionare in due metodi. Il primo è quello di prendere le mie serie temporali e da
queste estrarre i segnali, quindi dagli elettrodi direttamente vado a fare i confronti destra e
sinistra, faccio un’analisi delle sorgenti, quindi cerco di risolvere il problema inverso e sulle
sorgenti identi cate vado a fare la mia di erenza.

Alla ne si ottiene un indice che è identi cato come il rapporto dell’attività degli elettrodi sotto il
logaritmo come potenza di segnale e questo viene chiamato Frontal Asymmetry Index e il valore
di questo indice dice dove è stata l’attività se più a destra o a sinistra. Questo indice presuppone
che si faccia una analisi in frequenza, quindi presuppone che noi trasformiamo questi segnali nel
dominio di Fourier o attraverso altri metodi ed estraiamo quella che è la potenza del segnale in
una banda speci ca.

Normalmente noi acquisiamo un segnale dagli elettrodi e ne vado a prendere una epoca,
normalmente sono prese epoche di qualche secondo, e in queste nestre vado ad estrarre la
trasformata di fourirer. E si va a vedere come cambia la mia frequenza al passare delle mie
epoche. Non si sta facendo altro che una analisi tempo-frequenza, si va a vedere come varia il
segnale in frequenza al variare della mia epoca. Poi si sentitizza tutto in un numero che varia tra 0
e un limite e si va a vedere come cambia questo oggetti e si va a dire i vari tipi di attivazione.

Se lo stimolo è statico però le cose cominciano ad essere complesse perchè si ha una dinamica
dell’attività del sistema nervoso centrale anche se lo stimolo è lo stesso. Finché lo stimolo è

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dinamico io faccio seguire alla mia analisi tempo-frequenza la dinamica dello stimolo, quindi mi
immagino che la variazione sia dovuta e ettivamente alla variazione dello stimolo nel tempo.
Molto spesso si hanno però delle variazioni temporali presenti in uno stimolo statico, quindi si
hanno dei processi che si attivano in determinati istanti temporali e che poi cambiano con il
tempo che passa. Quindi anche quanto lo stimolo deve essere sostenuto per far si che si abbiano
parametri è un aspetto che va ad interferire sui risultati.

La simmetria frontale ha un relativo impatto su stimoli che hanno un diverso valore di arousal e
valenza. La valenza è un parametro che identi ca lo stimolo tra positivo e negativo. L’arousal
identi ca una sorta di eccitabilità, quanto lo stimolo è in grado di stimolare una risposta; è sempre
un valore positivo che parte da valori bassi no ad arrivare a valori alti.

Al concetto di emozioni è legato questo paradigma di approccio avoidance, il nostro approccio


nei confronti di uno stimolo può essere del tipo “mi approccio ad uno stimolo” oppure “fuggo
dallo stimolo”. La reazione ad uno sitmolo è divisa tra approccio o evito lo stimolo. Emozioni
positive promuovono questo approccio allo stimolo, le emozioni negative invece promuovono
questo comportamento di evitare lo stimolo. Da un punto di vista neurale un approccio porta
all’attivazione del sistema, mentre una avoidance porta ad una inibizione del sistema. Quindi mi
immagino che una emozione positiva abbia una attivazione più alta rispetto ad una emozione
negativa.

Una BCi prevede poi che tutto questo venga trasdotto in un ritorno, questo ritorno può essere un
biofeedback. Il biofeedback è rappresentare all’utente una sua uscita e attraverso questa
rappresentazione permettere all’utente come prima cosa di conoscere il suo comportamento (la
sua uscita in termine emotivo) e poi in altri casi se possibile modulare. Ne possiamo creare
tantissimi di biofeedback.

Prendiamo per esempio una persona che ha la fobia dei ragni e gli mostriamo come stimolo visivo
delle immagini subliminali dei ragni. Le immagini subliminali sono quelle immagini che appaiono
ad una velocità tale che il soggetto non si rende conto di ciò che sta vedendo, ma il suo sistema
percettivo sì però. Quindi io posso quindi cercare di riabilitare, in ambito di riabilitazione
neurocognitiva un sistema su una fobia, attraverso un sistema ad anello chiuso, cercando di far
riabituare la persona.

Ovviamente il feedback alla ne è chiuso su una interfaccia audio o video.

Uno degli stimoli delle interfacce che si stanno sviluppando negli ultimi tempo è con gli odori.
Emozioni come paura e felicità manipolate attraverso odori.

Bioelettromagnetismo
Uno degli aspetti più interessanti dell’uomo è l’elettromagnetismo. L’uomo alla ne è un soggetto
che è completamente immerso in un liquido pieno di oggetti che si muovono in questo liquido e
che hanno una carica positiva o negativa e queste cariche che si muovono nel tempo provocano
campi elettrici e magnetici.

Il bio elettro magnetismo sono fondamentali per capire come agire sull’uomo, come leggerlo. Ci
sono delle energie magnetiche e elettromagnetiche che il nostro organismo produce nell’ambiente
circostante.

Bio elettro magnetismo, cioè le proprietà elettriche del nostro organismo sono fondamentali per
capire come agire e leggere sull’uomo. Il bioelettromagnetismo si occupa di capire tutta una serie
di fenomeni. Da questa base scienti ca nascono tantissimi approcci. Se si guarda il corpo da una
scala molto alta potremmo veramente vedere l’uomo come un bipolo.
L’uomo può quindi essere visto da un punto di vista elettrico come un
sistema che produce delle linee di campo che poi si richiudono su se
stesse. Questo può far nascere l’idea non mal posta ma non veri cata
che ci sono delle energie magnetiche e elettromagnetiche che il nostro
organismo produce nell’ambiente circostante e che può in uenzare
l’ambiente e gli altri e può essere in uenzato dagli altri.

Da un punto di vista del nostro sistema uomo noi passiamo da un


comportamento magnetico verso uno più elettrico anche considerando i vari singoli organi. Le
misure sui vari organi sono regolate da leggi, e quelle piu interessanti sono quelle di Maxwell (che
ci fanno passare dall’elettricità all’elettromagnetismo) ma il modo in cui passiamo tra i campi e le
misure che possiamo fare è il principio di reciprocità.

L’oggetto all’interno del quale noi facciamo le nostre misure nell’uomo varia da una cosa all’altra.
Se pensiamo che una capacità può essere de nita in termini di coe ciente di dielettrico o altro in
base alla sostanza, all’interno del corpo umano noi possiamo de nire delle grandezze similari,
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quindi una permeabilità magnetica, un coe ciente dielettrico che però non sono variabili in una
sola dimensione ma in più dimensioni, quindi quantomeno variabili complesse che variano nel
tempo. Stimare questi oggetti ci permette di stimare gli organi che stiamo prendendo in
considerazione.

Il principio di reciprocità ci permette di relazionare gli e etti elettrici e gli e etti magnetici in termini
di materiali che sono sottoposti a questi e etti, quindi la corrispondenza tra un e etto e l’altro
e etto.

Lo stesso sistema nasce l’indagine, vado ad acquisire queste informazioni per capire come
funziona un organo e nasce anche la terapia, vado a modi care il comportamento per migliorare
una attività. Elettroterapia, magnetoterapia,…

Questo approccio è interessante ma non bastano le classiche leggi della sica, non basta vedere
questo oggetto come un vero e proprio conduttore elettrico o come un oggetto paramagnetico.
Questo oggetto va visto come un insieme di cose. Innanzitutto bisogna passare da una
condizione di corrente ad una densità di corrente, non si parla più di I ma di J, densità di corrente
volumetrica. Poi si deve avere questo sistema ha una condizione quasi statica, che si può de nire
in parte con le classiche formule. Tutto questo ci permette di modellare il nostro sistema e poi
simulare la situazione. Questi modelli nascono da una modellizzazione del sistema.

Partendo dal teorema di reciprocità di Helmotz che dice che l’e etto
che provoca un dielettrico, un volumetto con una di erenza di
potenziale all’interno di un materiale, può essere visto come
all’esterno come una di erenza di potenziale della corrente che lo ha
generato. Questo è duale al fatto che se io metto una batteria che
provoca questa di erenza di potenziale allora all’interno del volume
avrò una serie di linee di campo che sono il frutto del potenziale
all’interno. E i due rapporti sono uguali: la corrente prodotta diviso la di erenza prodotta dal primo
elemento attivo all’interno del materiale sarà uguale alla corrente imposta diviso la tensione
imposta nel secondo caso. Questo è il teorema di reciprocità e può essere reso più o meno
complicato.

Questo permette allo stesso modo di poter simulare l’attività cerebrale. Se io ho un modello di
sistema cerebrale, quindi modello di materiale, con costante dielettrica variabile, con costante
magnetica variabile, con date dimensioni, io posso allora imporre una legge di campo e attraverso
questa legge generare le onde oscillatorie che dovrei trovare se posizionassi degli elettrodi in
posizione speci che dello scalpo. Quindi il teorema di reciprocità dice che se ho una sorgente
l’e etto che trovo è pari a quello che gli sto fornendo dall’esterno. Questo permette di modellare
quello che succede quando metto un sistema attivo vicino al mio sistema biologico.

Prendiamo il nostro caso speci co della testa e se ci avviciniamo un elemento attivo, che sia
elettrico o che sia magnetico, questo elemento attivo per il teorema di reciprocità genererà delle
linee di campo all’interno del nostro sistema testa/cervello che metteranno in moto i nostri
elementi elettrici, gli ioni, i neuorostrametittori,… seguendo il teorema di reciprocità.

Se io prendo una spira percorsa da corrente e genero un determinato campo e questo campo io
lo avvicino ad una testa produrrà almeno localmente un moto di ioni all’interno della testa. Posso
poi usare questo sistema come qualcosa che mi permetta di modulare e ottenere dei risultati e
questo si chiama Stimolazione Transcranica magnetica.

Allo stesso modo se io prendo due elettrodi e li appoggio sullo scalpo, piuttosto che leggere la
corrente io impongo una corrente, e questa corrente imposta tra i due elettrodi genererà dei
campi all’interno della testa e metteranno in moto delle cariche, degli ioni. Questa cosa si chiama
stimolazione transuranica elettrica.

Per il momento non si usa la stimolazione transuranica elettromagnetica perchè per controllare
queste variabili abbiamo bisogno nel tempo di dividere i due aspetti.

Coppie di spire percorse da corrente permettono di generare campi diversi. Queste due spire
possono permettere di pilotare la linea di campo che si vuole utilizzare per investire il sistema
biologico.

Questo sistema permette di capire come andare a stimolare il sistema nervoso centrale per
ottenere quello che è l’e etto che si vuole.

Da un punto di vista microscopico noi abbiamo a che fare con oggetti come assoni ricoperti da
mielina, dove si hanno parti cellulari sensibili alle variazioni di campo. Noi sappiamo che se
andassimo a mettere una di erenza di potenziale abbastanza importante allora potrebbe partire

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un potenziale di azione, perchè se io forzo gli ioni genero un potenziale di azione che poi si
propaga. Si può andare a generare il sistema in modo che produca determinati tipi di potenziale di
azione, quindi posso agire su determinate aree e reti neurali stimando attraverso il modello
integrate and re quali sono gli e etti sui potenziali, della mielina,…

Come faccio a fare una stimolazione trans cranica? Abbiamo diversi sistemi. Tra i vari sistemi
quello a stimolazione magnetica è un pochino più complesso rispetto a quello a stimolazione
elettrica. La stimolazione elettrica genera il potenziale retti cato e poi si
va ad accendere un oggetto (un tristore) che genera la corrente e deve
essere controllato. Nel nostro caso deve essere controllato tutto perchè
il campo che si vuole alla ne deve essere quello tale da poter
determinare e etti speci ci. In genere oggi si usano campi che sono
intorno a qualche tesla.

Quale è la di erenza con una FMRI? nell’FMRI si ha un magnete


permanente che è molto grosso, però qui si va a modulare l’e etto prodotto andando con le varie
bobine a modulare l’e etto del campo in modo da sincronizzare gli spin e andare a vedere come il
rilascio dello spin cambia a seconda dell’attività. Poi a seconda dei tempi di ritorno dello spin si
va ad estrarre le immagini che ci danno queste informazione.

Nel nostro caso non facciamo questo, noi produciamo un campo del tipo in gura, quindi locale, è
relativamente piccolo e direzionabile e deve agire su un punto ben preciso (area parietale,
temporale…). Questo lo si può fare attraverso l’uso di alcune strutture. Per esempio il Multi layer
cylinder coil dove il cilindro è un unico cilindro dove le spire hanno un certo numero di spine, è un
solenoide. Oppure si può avere una bobina generata da spire concentriche. Oppure si può avere
un insieme di cose, più dischi sovrapposti. In ognuno di questi casi io posso calcolare l’induttanza
che è fondamentale perchè attraverso l’induttanza posso estrarre le informazioni relative al campo
che ho generato.

Come faccio poi a valutare gli e etti di questo campo? Lo valuto attraverso una analisi che
dipende da quale obiettivo si ha.

L’e etto di una stimolazione diventa un impulso, uno stimolo che ha una durata temporale
limitata, quindi uno stimolo transiente che produce degli e etti. La cosa interessante della
stimolazione transcranica è che questo e etto termina dopo che termina la stimolazione. Il fatto
che termina è che lo possiamo dosare.

Si può attraverso la stima dei potenziali, dei parametri andare a generare gli oggetti che si vuole.

La stimolazione transcranica magnetica genera il campo con i vari strumenti, single coil, più
spire,… la stimolazione elettrica può avere anche altre possibili variabilità. Per esempio si può
imporre anche semplicemente un campo elettrico, quindi si impone un bel dipolo e si mette la
testa nel dipolo. Così si genera il campo elettrico. Si può generare uno stimolatore a corrente
continua, si impone che la corrente sia continua e non variabile nel tempo. Oppure si può andare
a fare con una stimolazione alternata e generare così una oscillazione, quindi che il segnale abbia
una determinata fase e ampiezza e pulsazione. Oppure si può generare un sistema che stimola
con un rumore random. Oppure addirittura il sistema di ultima generazione stimola la variabile
elettrica come una interferenza temporale.

Quale è l’obiettivo di queste stimolazioni elettriche così diverse? Andare a cercare di raggiungere
particolari settori speci ci del mio sistema nervoso, quindi andare a stimolare un determinato tipo
di neurone piuttosto che un altro tipo e cercare di andare a stimolare le aree che sono più interne
e profonde nel mio sistema.

La controparte della stimolazione a corrente elettrica è che spesso si è visto che gli e etti non
terminano subito dopo la stimolazione ma terminano dopo un certo periodo di tempo. Questo ha
due risvolti. Il risvolto negativo è che se faccio una stimolazione di un certo tipo e gli e etti durano
allora se ho un problema anche il problema durerà. La controparte positiva è che l’e etto della
stimolazione dura, quindi in una terapia si potrebbe avere un e etto maggiore perché dura di più
nel tempo.

Questi sono i tipi di stimolatori trans-cranici che posso utilizzare nel mio sistema.

25/05/2022

Continuiamo la nostra discussione sulle tipologie e le modalità con cui usare le stimolazioni
transcraniche. La TMS (transcranic magnetica stimulation) è stata etichettate e viene considerata
una stimolazione che non è invasiva. La capacità di usare una determinata strumentazione

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dipende sempre dalla capacità che ha il clinico di utilizzarla. Queste strumentazioni, anche su
soggetti sani, per poter essere utilizzate hanno bisogno di un protocollo approvato da una
comunità scienti ca. Di solito di queste comunità scienti che che approvano questi protocolli ce
ne è uno a livello nazionale e poi ci sono diverse commissioni locali, una per ogni ateneo/città.
Questa commissione etica è per la maggior parte composta da medici, quindi tutti gli esperimenti
devono di norma essere sottoposti a questo, e quindi avere l’approvazione se è possibile fare
quello studio o meno. Quindi è ancora più complicato creare un protocollo clinico che deve anche
essere approvato in termini di risultati attesi, quindi non è solamente il fatto di usare una
strumentazione per una terapia ma questa deve avere la certi cazione che porti dei bene ci a
coloro che la usano.

Quali sono le possibili applicazioni di una TMS dal punto di vista clinico? Si hanno sopratutto o
disordini di tipo neurologico o disordini di tipo psichiatrico. Quindi tutte quelle che sono patologie,
o disordini meglio, che possono essere modulati attraverso una stimolazione di questo tipo.

Un oggetto di questo tipo non induce un e etto permanente ma induce un e etto temporaneo,
quindi quello che noi ci aspettiamo è che vada a modi care localmente la distribuzione del campo
e quindi il moto delle cariche in questione, nel nostro caso ioni o l’attività della membrana,
attraverso una conduzione forzata creata dal campo. Questa cosa termina nel momento in cui io
tolgo il campo forzante. È una cosa transiente, dopo un certo tempo questa cosa nisce.

Ecco perchè un oggetto di questo tipo modula una attività già esistente, anche perchè i campi in
gioco sono bassi.

Quante e quali tipologie di stimolazione transcranica magnetica ci sono? Grossomodo sono due
le possibilità, una è quella di utilizzare la stimolazione una volta, e l’altra possibilità che sta
diventando sempre più frequente ed è diventato lo standard è quella di ripetere una stimolazione
transcranica, che viene quindi ripetuta allo stesso modo nel tempo. In questo modo si pensa che
gli e etti possano durare per più tempo. Questa stimolazione ripetuta si indica con la sigla rTMS.

La stimolazione transcranica magnetica non ha prodotto nella storia chissà quale grande risultato
ed è una metodologia che viene usata soprattutto in ambito di ricerca; mentre per quanto riguarda
le malattie psichiatriche e neurologiche si sono visti risultati più concreti. I risultati si vedono
sempre dal punto di vista statistico, anche se i dati sono clinici. Quindi un esperimento è valido se
ha una potenza statistica tale che ci permetta di vedere delle di erenze importanti.

È stata utilizzata anche dopo uno stroke, una ischemia cerebrale sempre dal punto di vista
motorio, ma tutti questi rimangono comunque studi di nicchia e soprattutto in ambito di ricerca
piuttosto che in ambito clinico. È importante dividere le due cose: lo stroke a livello di sistema
nervoso centrale è una area molto vasta perché va dalla necrosi di tessuti cerebrali dovuti a
incidenti o a ischemie cerebrali, ovviamente quando ci troviamo in una situazione di questo tipo il
tessuto che è andato in necrosi è di tipo morto, il cervello non è in grado di rigenerarsi. Il cervello
è dotato di plasticità, può cercare di riorganizzarsi per portare nuovi modi di conduzione in aree
che possono attivare una determinata azione comportamentale. Se io ho avuto una ischemia, una
paresi di una parte del corpo (non muovo una parte del braccio o della faccia) l’area che prima me
li muoveva se è andata in necrosi rimarrà in necrosi anche dopo. Però la plasticità può permettere
al cervello di trovare aree che possono cominciare quella funzione, che però non sarà mai identica
a prima. Sono talmente tante le connessioni nelle varie aree e allora questo è possibile che
succeda, ma solo dopo il primo mese dopo lo stroke.

Quindi un oggetto di questo tipo è interessante e sembra promettente perchè se io riesco a


stimolare una attività in una zona che non era adibita a quella attività, e quindi a creare un moto di
cariche verso una determinata attività allora pian piano per plasticità si può imparare una “nuova
strada”, se si creano nuove connessioni e acquisiscono una nuova funzionalità poi si è in grado di
migliorare l’attività. Il tutto ovviamente in un lasso di tempo molto breve dopo la necrosi.

Se la necrosi occupa aree particolari del cervello i pazienti vanno in stato vegetativo, cioè perdono
molte delle funzionalità. Quindi il luogo dove avviene il problema a livello cerebrale cambia
fortemente il risultato. La di erenza sta nella posizione dove sta il problema e non dipende dalle
dimensioni del problema. C’è da considerare che l cervello non è solo le connessioni neurali, non
è solo materia neurale ma ci sono tantissimi capillari che portano sangue e nutrimento. Quando
noi abbiamo una ischemia questa si ha perchè c’è una zona che non è irrorata, vuol dire che non
gli arriva nutrimenti, e quindi la parte cellulare va in necrosi perchè non arrivandogli il nutrimento
non ha modo di sopravvivere.

Una patologia molto interessante è quella del dolore cronico. Il dolore cronico è una patologia
abbastanza importante che abbraccia una bella fetta della popolazione mondiale, quindi non è

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una patologia di nicchia. Si hanno ancora pochissime conoscenze sulle cause del dolore cronico,
ci sono tantissimi studi e sono state provate tantissime strade, ma una conoscenza a meno che
non ci siano problemi morfologici evidenti, e molte volte non si hanno, non si capisce a cosa siano
dovuti. Una cosa però è capire l’insorgenza di una patologie e altra cosa è cercare di alleviare
questi stati di dolore che insorgono in momenti indesiderati e permangono nel tempo.

Quindi l’idea è che se si stimolano aree cerebrali che magari sono quelle dove la persona
percepisce un dolore, allora posso cercare di modulare il dolore.

La depressione e i mood disorders. Perchè si sente parlare molto di più di depressione piuttosto
che di altri disordini dell’umore? Questo perchè quando sopraggiunge la depressione profonda la
persona poi rimane inabile per mesi, non per un giorno e questo diventa un problema sia sociale
con le persone che stanno attorno alla persona sia lavorativo e la persona può stare in casa.
L’e cacia della stimolazione trans-cranica in questi soggetti è stata vista ed è stata applicata
soprattutto ai soggetti che sono resistenti alle cure farmacologiche.

Le cure farmacologiche esistono per i mood disorder, sono trattamenti clinici che esistono e sono
standardizzati, però hanno il problema che dopo un po’ di tempo che le persone li assumono si
assuefanno a questi farmaci e non rispondono piu. Normalmente allora lo psichiatra cambia il
farmaco, cambia il principio attivo, però fatto un certo numero di somministrazioni di principi attivi
diversi le persone cominciano a diventare resistenti a tutti i farmaci assunti e quindi ritornare allo
stesso principio attivo dopo un certo periodo di tempo è una pratica che si usa però non si
avranno gli stessi risultati della prima volta che quel principio era stato assunto. Quindi di
conseguenza è in base a questo che vengono applicate le stimolazioni trans-craniche, in modo da
aiutare il farmaco ad ottenere i risultati positivi per quella persona.

Come tutte le stimolazioni così come anche la maggior parte dei farmaci, la persona può avere un
e etto in relazione al farmaco che veramente ha fatto il suo e etto o perchè si autoconvinve che
quel farmaco ha avuto e etto, e questo si ha anche con la stimolazione. Quindi di norma si utilizza
la stimolazione dando e ettivamente la stimolazione, mentre altre volte non si da, si da una
stimolazione che in realtà non ha la stessa portata di quella reale e si è visto che però anche
questa produce e etti.

Prima di dire che una terapia clinica farmacologica non ha e etto e quindi la si sostituisce,
bisogna avere una statistica che quel tipo di pratica clinica non sta avendo e etto, e quindi è
di cilissimo stabilire questa cosa perchè bastano pochissimi casi che seguono il trend del
farmaco per poter dire che il farmaco gli e etti li ha.

Quindi di norma uno strumento che sostituisce un farmaco (come la stimolazione) è molto di cile
che si abbia. Ecco perché non si troverà mai che la stimolazione possa subentrare al posto di
qualcosa di farmacologico.

Quale è l’e etto che più si è evidenziato nell’applicazione di questa stimolazione trans-cranica per
i disturbi dell’umore? È stato classi cato che questo tipo di stimolazione in qualche modo
normalizza le abilità dell’area sia in termini di ipo-eccitabilità sia in termini di iper-eccitabilità.
Quindi una normalizzazione dell’eccitabilità come e etto della stimolazione sembra essere il
principio sulla base del quale questo oggetto ha il suo signi cato.

Di norma vengono associate le emozioni positive e quelle negative ai due emisferi in modo
diverso, l’emisfero destro è più sensibile ad una determinato tipo di emozioni e quello sinistro
all’atro tipo. Quello che è stato visto con la stimolazione è che una normalizzazione
dell’eccitabilità sull’emisfero sinistro prefrontale ( perchè è quella più indicata come associata alle
emozioni)… quindi è come se si facesse una sorta di reset.

È stato visto nei vari studi che ci sono bande di frequenza che sono più interessanti, che hanno
prodotto risultati più e cienti di altri. Alla ne dei conti la nostra attività cerebrale è data da una
serie di campi elettrici tempo varianti, essendo sistemi elettrici tempo varianti posso sempre
de nire delle bande di frequenza dove andare ad osservare, e questa è la motivazione per la quale
noi dividiamo poi i nostri EEG in bande.

Purtroppo però in questo ambito noi troviamo un tot numero di studi che avvallano una
determinata ipotesi e un certo numero di studi che vanno contro l’ipotesi. C’è poco da dire, di
norma la base è fatta sugli studi con risultati più evidenti.

È da tenere conto poi che i risultati di uno studio sono sempre de niti in termini statistici. La
statistica è una branca della matematica che sotto determinate ipotesi ci dice se probabilmente
succede qualcosa o no. Questo “probabilmente” signi ca che si ha una certa probabilità che
quella cosa si veri chi così come si ha una percentuale che questa cosa non si veri chi. E il

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metodo matematico sul quale si base la statistica che si sta proponendo può cambiare, e
cambiando il metodo cambiano i risultati. Poi possono cambiare le condiziono con le quali io
applico il metodo matematico.

La stimolazione per avere un risultato e ettivo e poter diventare una pratica ha bisogno di una
robustezza statistica, quindi non solo quante volte si applica quell’oggetto su quella persona, che
poi e ettivamente avrà un risultato, ma sarà anche su quante persone è stato applicato. Per poter
dire che la TMS è e ettivamente e cace per la depressione io dovrò avere un buon campione di
depressi, e la depressione si diagnostica con 5 sintomi su 9 (quindi io potrei avere anche depressi
con sintomatologia diversa, avendo un solo sintomo a comune). La pratica clinica vuole poi che
noi la strumentazione si testi per una buona quantità di anni prima di proporla, in genere 10 anni.

Quindi ci sono almeno tre generazioni di studi perché cambia la strumentazione, cambia la
capacità di pilotare la strumentazione e quindi si hanno e etti diversi.

Un’altra modalità di applicazione interessante delle TMS nasce con la generazione della
stimolazione magnetica è quella di poterla utilizzare su emisferi diversi in parallelo e questo ha
permesso anche di poter ottenere risultati di erenziali per i due emisferi.

Altre patologie sulle quali è applicata la stimolazione trans-cranica sono anche i disordini di ansia,
quindi il disordine ossessivo-compulsivo, disordine post-traumatico e disordine di panico. È stata
utilizzata poi anche nella terapia contro la schizofrenia, quello che è stato visto è che si è avuta
una riduzione delle allucinazioni e dell’ansia che sopraggiunge durante determinati momenti della
schizofrenia.

Si contrappone alla terapia di stimolazione magnetica la stimolazione ELETTRICA. La


strumentazione è molto diversa anche come ingombro. La strumentazione che generava prima
quel campo magnetico di qualche tesla è uno strumento abbastanza importante; mentre uno
strumento che deve generare una di erenza di potenziale a piccole correnti anche dal punto di
vista dell’ingombro è molto più piccolo.

La TMS ha una corrente che circola nelle spire dell’ordine dell’Ampere, la tES ha invece una
corrente che viene iniettata nel nostro sistema biologico che va dai 2 ai 4 mA. A livello di ricerca si
arriva no a 4 mA, a livello clinico non supera i 2 mA, quindi sono correnti veramente basse.

L’applicazione può essere a due poli o a singolo polo. Le più nuove che sono de nite HD-tES
(High density) hanno più elettrodi e su questi si può dividere la corrente.

Normalmente noi la dividiamo in due elettrodi e questi due saranno per forza di cose un anodo e
un catodo perchè il nostro campo elettrico si genera tra un polo positivo e un polo negativo. Gli
e etti all’anodo e al catodo della stimolazione elettrica sono diversi, quindi è importante sapere
come si sta imponendo la stimolazione trans-cranica. All’anodo si ha un incremento
dell’eccitabilità e al catodo si ha un decremento dell’eccitabilità.

Che cosa provoca? Modulazione dei potenziali di membrana, quindi una variazione della tensione
trans- membrana. Si hanno tensioni che possono variare da qualche minuto no a tempi anche
abbastanza lunghi (90 minuti), questo in ambito clinico. Di solito poi si ha la ripetizione del
trattamento nei mesi, quindi non un trattamento nell’arco della stessa giornata ma nell’arco dei
mesi.

I risultati degli studi possono essere fatti online misurando il comportamento o l’attività cerebrale
durante la stimolazione. Altrimenti gli studi possono essere fatti o ine, quindi post-processing e
di solito si va a vedere dopo una decina di minuti quale è stato il risultato prodotto questo perchè
l’e etto della sitmolazione elettrica mantiene il suo e etto nel tempo, anche una volta che io ho
terminato la mia stimolazione.

Come mai la stimolazione elettrica produce questo e etto coda molto più evidente rispetto alla
stimolazione magnetica? Il materiale che noi abbiamo tra i due elettrodi dal punto di vista elettrico
può essere considerato come un dielettrico che però non è puro, il mio cervello è fatto di
sostanze che si muovono e quindi se lo guardo come un dielettrico avrò perdite, e poi avrò parti
del cervello che non conducono, come tutti i materiali io però posso avere un e etto di
polarizzazione del mio sistema. Questo vuol dire che se io applico dei campi per lungo tempo
pian piano cresce un e etto di polarizzazione, quindi questi materiali si orientano in un certo
modo e poi dopo hanno bisogno di un tempo di rilassamento per tornare come prima. Questo
tempo di rilassamento è proprio il tempo per far terminare l’e etto della mia induzione elettrica.

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Tipologie di stimolazione elettrica. Io posso mettere un campo
elettrico continuo o variabile nel tempo. Per campo elettrico continuo
ci sarà una corrispondente corrente continua. Di norma la tDCS non
avrà un vero e proprio gradino, ma si avrà un gradino con un certo
tempo di salita e discesa e la posso applicare in un verso o in un altro.
Se io prima avevo anodo e catodo posso andare ad invertire le due
polarità e quindi invertire gli e etti, e questo mi permette di modulare
anche l’eccitabilità delle cellule all’anodo e al catodo.

Altrimenti posso usare come fenomeno elettrico una sinusoide e


quindi si ha un campo oscillante e si ha una tACS. Quindi si ha una
corrente alternata positiva o negativa. In generale un oggetto di
questo tipo produce comunque un e etto positivo o negativo con un
periodo che è quello che io uso per stimolare il mio sistema. Quindi in
questo tipo di stimolazione oltre all’ampiezza del segnale, e quindi la
corrente massima che io posso indurre, ho anche un e etto dovuto
alla frequenza con che sto utilizzando e anche un e etto dovuto alla fase, perchè io posso partire
con fasi nulle o diverse. In questo caso avrò sempre e etto opposto rispetto ad anodo e catodo
ma è tempo-variante con una legge che si conosce.

La tACS la posso usare con valore medio nullo (e di norma si usa così) oppure ci posso mettere
un valore medio diverso da 0. In questo caso genero una o-tDCS dove non solo ho una fase
oscillante ma ho anche un valore medio. Il valore medio ovviamente mi implica un valore di
campo mediamente sempre esistente e quindi si hanno due e etti: si ha l’e etto oscillante del
campo e l’e etto contino.

Altra possibilità è quella di usare un qualcosa del quale si conosce la funzione di densità, cioè
vado a prendere il rumore. Il rumore ha una caratteristica importante, cioè lo posso caratterizzare
dal punto di vista statistico: io so che un rumore gaussiano ha un certo valore medio che si può
supporre anche nullo e una certa variazione standard. Quale è la cosa positiva che ha un rumore
gaussiano rispetto a una delle precedenti metodologie? Se se ne fa l’analisi in frequenza la tDCS
è un oggetto che ha una unica componente frequenziale a 0 Hz, quindi si ha un picco al tempo
zero e poi più nulla. Se si va a prendere una tACS che è una sinusoide, io ho due componenti
frequenziali alla frequenza con cui sto stimolando. Prendendo la o-tDCS io ho una componente
frequnziale in 0 data dal valore medio dell’onda e una alla frequenza di oscillazione. Se prendo un
rumore e ne vado a fare lo spettro si hanno molte più frequenze, sto investendo il sistema con una
serie di componenti molto più ampie, questo è interessante perché dalla siologia si sa che non
tutti gli elementi che sono all’interno del mio sistema hanno lo stesso comportamento in
frequenza. Quindi o si fa una carrellata in frequenza, si parte da f0, poi f1,… quindi si ha un
oscillatore che cambia la frequenza e costa molto di piu. Oppure prendo e uso un rumore
gaussiano. Cosa ancora migliore è se si avesse una delta di Dirac perchè prende tutte le
frequenze, ma io non sono in grado di generare una delta di Dirac ma posso generare qualcosa
che ci assomiglia, ovvero il rumore gaussiano. Questa stimolazione con il rumore si chiama tRNS,
e l’e etto all’anodo e al catodo è statisticamente lo stesso, in questo modo ho i due e etti
statisticamente parlando che non sono diversi. Quindi non ci si deve porre il problema in questo
caso di come si pongono gli elettrodi.

L’obiettivo principale poi di questa stimolazione è quello di arrivare in profondità. Così si riesce a
stimolare la parte corticale. Le correnti tenendo però comunque ad andare verso la super cie del
nostro conduttore, quindi non si riesce quasi mai a stimolare bene la parte profonda. E per questo
c’è anche un’altra tipologia che cerca di ovviare a questi problemi.

tDCS tipicamente ha una corrente molto bassa, micro ampere, nestre di stimolazione dai 5 ai 13
minuti, l’e etto opposto quindi quello riverso dopo circa 20 minuti in modo da poter avere l’e etto
anodo e catodo su entrambi i lati della stimolazione.

tACS è utilizzabile nelle varie bande a seconda delle bande che si utilizzano (teta, alfa, beta,…)
induce oscillazioni alla frequenza obiettiva che è la frequenza di oscillazione. Il phase locking,
stiamo parlando di oggetti che variano nel tempo con una variabilità precisa data dalla mia
oscillazione, quindi si ha ovviamente una fase. Il phase locking è fare in modo che le variazioni
della fase si aggancino a qualcosa, quindi io posso agganciare queste variazioni di fase e andare
a vedere se la fase delle mie oscillazioni cerebrali è in qualche modo agganciata alla fase della
mia stimolazione. Ci sono proprio dei modellini per valutare questo, ci sono proprio due oscillatori,
uno è quello che io sto utilizzando per stimolare e l’altro è quello che uso per misurare se le fase
sono agganciate. Poi posso modulare il tutto a nché la fase rimanga agganciata per un certo

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periodo di tempo e poi vedere se questa stimolazione che ha la proprietà di avere una
sincronizzazione di fase mi produce degli e etti diversi che se non ci fosse. Gli e etti possono
durare no a 30 minuti dopo la stimolazione. Una cosa interessante è la causalità delle
oscillazioni, si ha tutta una teoria sulla causalità: io ho qualcosa e dico che questo qualcosa
provoca un e etto e dico che è causale se l’e etto non può avvenire prima che ci sia stata la
sorgente. Quindi un sistema è causale se non può anticipare l’ingresso. In questo caso gli e etti
delle oscillazioni in ambito cognitivo sono causali, sono indotte dalla stimolazione che sto
utilizzando. Questa cosa non è ovvia nché non la dimostriamo.

Cosa molto interessate è il Cross-Frequency Coupling. Io quando vado ad applicare la mia


stimolazione trans-cranica la posso applicare in molti modi. Un e etto interessante è
l’accoppiamento cross-frequenza, cioè io genero una determinata oscillazione in una determinata
banda con il mio sistema di stimolazione e io vedo che a questa oscillazione si associano dei
risultati in una determinata banda e dei risultati in altre bande. Questo vuol dire che questa
oscillazione che è avvenuta attraverso la mia stimolazione, quindi in qualche modo io prima avevo
ssato la frequenza, non produce solo ed esclusivamente l’e etto alla stessa frequenza della mia
sorgente ma produce e etti anche a bande diverse e ci sono dei metodi per vedere se questi
e etti sono accoppiati. Il cervello non si spegne mai, quindi troverò sempre delle bande, quello
che va fatto è capire se quelle oscillazioni sono state generate dalla mia sorgente. Ci sono dei
metodi di sincronizzazione e accoppiamento per vedere se ci sono relazioni.

Stimolazione attraverso il random noise (tRNS). I range tipici che vengono utilizzati vanno ad 0.1 a
640 Hz in clinica. Alcuni studi hanno confrontato cosa succede tra le basse e le alte frequenze,
quello che hanno visto è che tutte le bande di frequenze incrementano l’ampiezza dei potenziali
motori.

Alcuni farmaci aiutano e aumentano l’e etto della stimolazione. In particolare quello che è stato
visto è che gli e etti all’anodo dipendono per esempio dai canali del sodio e del calcio, ma anche
il glutammato e il GABA riescono a modulare questi canali, e questo non ci dovrebbe sorprendere
perchè sono dei neurotrasmettitori.

La cosa interessante è che gli e etti all’anodo e al catodo sono diversi, quindi al catodo non ho
un e etto importante dei canali, questo purtroppo da un lato può essere interessante se io voglio
promuovere una determinata apertura dei canali del sodio o di altro, dall’altro lato devo tenere
sotto controllo quale elettrodo è l’anodo e quale il catodo e il modo in cui è stato impostato il
potenziale.

Come avviene la conduzione elettrica nel mio sistema nervoso? Il fatto che il cervello abbia una
super cie strana e non omogenea provoca una distribuzione molto super ciale delle linee di
campo che vanno dal primo elettrodo all’altro.

Come posso applicare una stimolazione trans-cranica? La posso applicare super cialmente,
quindi in modo non invasivo con elettrodi super ciali; ma la posso anche fare in modo invasivo
andando ad inserire un elettrodo all’interno del sistema. Si può introdurre anche l’elettrodo
all’interno del mio sistema biologico e ovviamente gli e etti saranno diversi.

La polarizzazione del cervello in base al campo è dovuta al fatto che noi carichiamo particelle,
proteine e ioni che si muovono per gradiente di potenziale. La polarizzazione è un e etto elettrico
che rimane.

Come si applica? Con un gel si va ad abbassare l’impedenza elettrodo-pelle che è un problema


molto serio. Da un lato si fa perchè si ha subito una caduta di tensione sulla parte super ciale
dell’elettrodo e la pelle, e quindi anche se io pensavo di introdurre una data corrente non riesco a
farlo. Aumentano troppo la corrente per fare in modo che passi si può però provocare un e etto
joule non voluto sull’impedenza elettrodo-pelle. Realmente io non ho una impedenza reale, però
l’e etto joule si può veri care e quindi si può bruciare la pelle.

Come faccio a capire che e etti sto avendo sul mio sistema siologico? Ho più possibilità la
prima è quella di andare a misurare quello che sto facendo, la seconda è cercare di avere dei
modelli computazionali che mi permettano di simulare quello che sta succedendo. Per fare in
modo di avere questi modelli computazionali io ho bisogno dei parametri elettrici dei miei tessuti

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cerebrali e poi la conformazione anatomica. I parametri elettrici siologici sono più di cili e
complicati da avere.

31/05/2022

Ritorniamo alle nostre stimolazioni transcraniche. Questa viene sfrutta in questo corso perchè ci
permette di mettere insieme aspetti diversi legati al concetto riabilitativo e di monitoraggio. Vista
che la complessità è molto utile riuscire a trovare dei modi per riuscire a simulare quale è il
comportamento del sistema nervoso centrale e di studiarlo questo sistema anche sotto aspetti
di erenti. Ovviamente lo studio del sistema nervoso centrale per le applicazioni dipendono molto
anche dalle varie strumentazioni che si hanno a disposizione per poterlo fare.

[…]

Si usano dei modelli tridimensionali della scatola cranica, che sono molto vicini rispetto al modello
sferico e concentrico. Questi sono modelli molto più vicini al reale, ma si parte comunque da un
approccio che si basa su un modello, quindi si parte da una base che è che il modello è fatto in
quel modo, che il tessuto è fatto in quel modo,… per quanto queste possano essere informazioni
ricavate dall’imaging, dalla ricostruzione attraverso le immagini.

Quindi sono dal punto di vista anatomico molto buone e valide, hanno delle forme che
ricostruiscono la super cie in maniera molto valida anche all’interno della super cie. Dal punto di
vista del calcolo di questa cosa cosa ci serve sapere? A noi ci interessa sapere quale è la
permeabilità magnetica dei tessuti e come questa cambia in funzione della frequenza o delle
correnti in gioco o delle elettromagnetiche in gioco, e quali sono i coe cienti epsilon reali dei
tessuti, o il più vicino possibile a quelli reali dei tessuti. Dovremmo fare anche qui delle ipotesi di
omogeneità almeno di una parziale omogeneità del tessuto, anche se daremo una conducibilità
elettrica immaginaria, quindi un numero complesso o a più dimensioni, dove cerchiamo di stimare
il comportamento anche in funzione della variabilità della frequenza dell’onda che stiamo
utilizzando. Quindi nel caso di stimolazione alternata, con corrente alternata. Quindi è importante
capire come fare ad utilizzare questo oggetto.

Normalmente si parte da un approccio guidato dalle ipotesi. Tutti i modelli partono dal fatto che ci
sono delle conoscenze che non vanno escluse a priori. Per esempio sappiamo che la corrente ha
un determinato comportamento mano a mano che vengono attraversati i tessuti, quindi sappiamo
che abbiamo un decremento della corrente nello scalpo, come sappiamo che c’è un decremento
della corrente nel cervello, e sappiamo anche spiegarcelo bene perchè da un lato non si hanno
ioni mentre dall’altro si hanno ioni liberi di muoversi. Sappiamo dalla siologia che abbiamo un
decremento della modulazione della parte della corteccia motoria e questo è ottenuto attraverso
tecniche di TMS. Sappiamo che c’è un andamento temporale della corrente che ha una riduzione
di intensità per esempio quando ci troviamo nella corteccia motoria. Sappiamo dalle conoscenze
cliniche che si ha un decremento per e etto degli analgesici. Quindi la modalità con cui noi
stimiamo gli e etti che otteniamo sono un mix tra il modello che abbiamo creato sul quale
andiamo ad inserire i nostri dati e quelle che sono le conoscenze che abbiamo ottenuto dai vari
punti di vista (neurologico, clinico, siologico, modellistico, patologico,…).

Riuscire a capire quello che succede senza avere un modello è una cosa abbastanza ardua.
Questo perchè ci sono tantissime variabili in gioco. A parte la variabilità intra e inter soggetto,
quindi all’interno dei gruppi e all’interno dello stesso soggetto, si ha poi anche una variabilità di
stimolazione. Quando noi andiamo a stimolare dal punto di vista della corrente, dal punto di vista
elettrico, noi sappiamo per la legge di Ohm che la tensione è pari alla corrente per la resistenza,
ma non abbiamo nessuna delle due costante, quindi abbiamo il prodotto di una incognita per una
incognita, quindi abbiamo almeno due variabili che si modulano nella loro variabilità temporale
applicando una determinata tensione. Questa cosa ci porta nella indeterminazione di uno dei due
parametri.

Se si ha un circuito banalmente dove si applica una legge di Ohm e si


ssa per esempio la corrente questa è pari alla formula scritta
nell’immagine qui a destra più a destra.

Altrimenti si può avere una soluzione in cui al posto del generatore E si ha


un generatore variabile e la resistenza diventa una impedenza Z =R+jX, e
anche la corrente sarà funzione del tempo come il generatore E(t). Quindi
in questo caso la corrente sarà I(t)=E(t)/Z. Tutto invece che in funzione del
tempo può anche essere funzione della frequenza, non cambia nulla.

Z avrà una parte resistiva di frequenza 0 R(0)+j epsilon e una capacità funzione di una frequenza,
e anche l’epsilon potrebbe essere anch’essa funzione della frequenza. Anche epsilon è un
oggetto complesso che avrà una parte reale che teoricamente ha frequenza nulla e una parte

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immaginaria che può variare in base alla frequenza. Con frequenza si intende qualcosa che in
relazione con la variabilità della sorgente E.

Tutto questo potrebbe anche essere tempo variante. Perchè vorremmo che sia variabile nel
tempo? Perchè noi vorremmo che l’oggetto I(t)=E(t)/Z sia una costante. Di norma come si fa
questa cosa? Si fa in un modo che è allo stesso tempo semplice e di cile.

Supponiamo di avere uno scalpo con una serie di elettrodi messi in certo modo e collegati al
circuito. E le linee di campo si richiudono da un elettrdo all’altro. Prima dello scalpo si inserisce
una piccola resistenza o impedenza che deve essere costante e il più piccola possibile. Ci si va
poi a misurare con un sistema di misura chiamato Volt la corrente reale che circola, che deve
essere piccola.

All’interno del nostro circuito la corrente non dovrebbe cambiare mai, e questa non cambia se il
mio generatore ha una potenza nita, se la potenza è portabile cambia nel tempo e se cambia la
potenza cambia I e cambia V.

Nel caso in cui invece si sia attaccati alla corrente elettrica allora questo
elemento potrebbe avere una corrente costante e si deve continuamente
misurare questa corrente su una piccola resistenza e questo oggetto
(Volt) deve avere un sistema di controllo che andrà a modi care il
generatore di ingresso, aumentando o diminuendo la sua dinamica, si
andrà a creare un anello chiuso per mantenere costante la corrente nel
sistema. Permette di mantenere anche all’interno del nostro sistema
biologico la stessa quantità di corrente.

Dal punto di vista elettronico non è di cile fare una cosa del genere.

La parte immaginaria dell’epsilon dipende dalle caratteristiche siologiche del nostro sistema ed è
funzione dell’attività elettrochimica.

Se si pensa a come è fatta una pila. Si ha un elemento di metallo immerso in un bagno dove ci
sono ioni liberi di muoversi, sul metallo si formeranno degli strati e dall’altra parte si ha la risposta
di usiva che segue la legge di Fick. Io mi troverò in una situazione dove a destra non si ha una
vera pila, ovvero ungano standard omogeneo con gli elettroni liberi di muoversi, si ha una
situazione mista: si hanno ioni liberi di muoversi con dimensioni diverse, con velocità di di usione
diversa,… quindi la stessa forza elettromotrice che magari fa muovere gli ioni Na+ ad una velocità
fare muovere gli ioni H+ ad un’altra velocità semplicemente perchè hanno un peso diverso e un
volume diverso. Quindi il risultato di questo è che l’epsilon(f) immaginaria è una cosa molto
strana, che cambia con la frequenza, quindi con il generatore di tensione, e cambia da soggetto a
soggetto perchè gli strati sono diversi.

Questo spiega anche perchè un’onda elettromagnetica di tipo telefono, noi investiamo il nostro
cervello quando parliamo al telefono con onde di frequenza di 2,4 GHz che mettono in moto
cariche indipendentemente dalla nostra volontà, e questo sistema purtroppo in uisce sull’attività
del nostro sistema nervoso e può provocare anche dei danni.

Non è un dispositivo semplice di per se. Quindi viste tutte queste variabilità capire anche
e ettivamente come si distribuiscono le cariche in una super cie come quella della corteccia, che
è l’ultimo strato, ma prendendo entrambi gli emisferi essa ha una conformazione così rugosa così
particolare che anche il moto delle cariche è legato all’anatomia, quindi non è per niente semplice
e banale e quindi un modello sicuramente ci aiuterebbe. E c’è stato un po’ di lavoro in questo
senso. Ci sono diversi lavori in letteratura che cercano di generare modelli di campo all’interno del
nostro sistema nervoso con diversi settings e con gurazioni, che ci permettono di capire più o
meno quale sarà il movimento delle cariche all’interno della nostra stimolazione.

In questi modelli la stimolazione è banale perchè il modello è fatto con soli due elettrodi, uno
frontale/prefrontale e uno parietale/temporale.

Questo ha permesso però di costruire dei sistemi dei modelli dei simulatori delle linee di campo
lasciando prevedere più o meno come si comporta il nostro sistema.

Da questa analisi sico-matematico c’è poi da passare a quelli che sono gli e etti sull’uomo.
Capire quindi un gradiente di concentrazione di corrente al catodo che tipo di e etto ha dal punto
di vista del mio sistema nervoso centrale e ancora di più sul mio comportamento? Questo è
l’obiettivo.

Un’altra possibilità per andare a vedere quello che sta succedendo è quello di mettere insieme i
sistemi di stimolazione e i sistemi di lettura. Anche semplicemente per trovare il punto esatto di
stimolazione. Io posso a questo punto decidere che se voglio avere una stimolazione in un
determinato punto il modello mi dice quale elettrodo attivare per la stimolazione per averla in quel
determinato punto. Quindi avere un numero ad alta densità con un sistema di questo tipo mi

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permette di poter decidere il punto di applicazione, permette di fare un targeting, decidere
l’obiettivo per il quale ottimizzare la stimolazione. Questo potrebbe anche essere un insieme di
elettrodi, quindi non avere un unico catodo e anodo, ma ottimizzare questo avendo più sistemi più
anodi e più catodi o fare una stimolazione ibrida che cambia elettrodi per mantenere la
stimolazione sempre sulla stessa area cerebrale, perchè il punto non è semplicemente stimolare,
ma stimolare dove voglio per il tempo che voglio che non è così banale.

Quindi i punti chiave sono focalizzare/decidere quale è l’obiettivo, decidere quale deve essere la
dimensione dello stimolo in termini di dimensione dell’obiettivo o anche profondità/super cialità
dell’obiettivo, essendo il mio sistema nervoso disposto in maniera diversa e avendo quindi una
certa disposizione spaziale in tre dimensioni io posso puntare anche a dire che voglio stimolare
una determinata area no ad arrivare tot centimetri dallo scalpo. Questi sono gli obiettivi a livello
di simulazione e posso pensare di farlo, a livello reale mi accorgo che non posso arrivare a
profondità troppo elevate. Però considerate sempre che nel sistema nervoso centrale le
profondità di alcuni millimetri o centimetri vuol dire coinvolgere aree corticali e strati del nostro
sistema nervoso diverso che hanno funzionalità diverse. Ricordarsi che la corteccia ha sei strati
ed è di qualche millimetro, quindi già arrivare ad un centimetro vuol dire che siamo andati in
un’altra area, stiamo stimolando non solo la corteccia ma anche aree interne. Non arriveremo
all’amigdala, non ci arriveremo mai, ma arriviamo a stimolare altre aree e queste possono dare
e etti diversi.

Quindi l’obiettivo del multi elettrodo ha fondamentalmente queste possibilità. Normalmente il


limite di corrente è intorno a qualche milliAmpere.

Sicuramente una delle cose interessanti è il modello di usivo. All’interno del nostro sistema
nervoso la legge che governa il moto delle cariche è una di usione di carica, non è una legge di
Ohm pura, non si ha un moto di cariche guidate. È regolato dalla legge di Fick, che relazione la
velocità di movimento con il gradiente spaziale attraverso coe cienti. Quindi c’è il gradiente di
concentrazione da un lato legato allo spazio super ciale e un gradiente temporale.

Quindi tra il modello standard con due elettrodi che troviamo attualmente in uso in alcune cliniche
e il modello focale localizzato c’è una di erenza anche in termini di quanto siamo in grado di
stimolare aree molto limitate del nostro sistema nervoso centrale rispetto ad avere un
comportamento generalizzato su tutta una area.

Se si pensa all’anatomia del sistema nervoso centrale, a come molte aree sono vicine l’una
all’altra avendo funzionalità diverse la precisione con la quale andiamo a stimolare una
determinata area ci può far avere e etti solo su quell’area che andiamo a stimolare.

Alcuni vantaggi poi si hanno nell’uso combinato di più strumentazioni. Per esempio correlare la
nostra attività con misure attraverso imaging, o accoppiare i dati con modelli più avanzati.

Questo giusto per dare un’idea di questo approccio modellistico molto interessante.

La stimolazione tDCS e tACS generata dall’interferenza temporale e la terapia elettrocompulsiva


hanno alla base un meccanismo similare, cioè condividono degli aspetti che sono importanti. E i
modelli che abbiamo visto ci aiutano a capire come funzionano questi oggetti. Modelli che
possono essere diretti, quindi di misura che generano dei potenziali, oppure anche modelli inversi,
per vedere cosa sta andando a generare.

Tra tutte queste terapie ce ne è una che è l’ECT, che è la terapia elettro compulsiva, che è il
classico elettro shock che è una stimolazione elettrica ne più ne meno che viene fatta sul sistema
nervoso però cambiano i paradigmi, i valori elettrici che sono messi in gioco. Anche per questa
terapia sono stati generati dei modelli nell’ultimo decennio per poterla utilizzare, perché non è per
forza qualcosa di negativo è una terapia. Però le correnti e le tensioni in gioco possono cambiare,
arrivare da un setup di tipo statico oppure considerare un set dinamico, e si può passare da
correnti dell’ordine di qualche milli ampere a correnti dell’ordine di qualche centinaio di
milliampere. Quindi capite bene che le di erenze sono importanti e anche gli e etti, perchè il fatto
che la stimolazione sia data ad una determinata frequenza piuttosto che ad un’altra cambia
l’e etto che ne otteniamo.

La modalità con cui noi utilizziamo un modello statico o un modello dinamico cambia la modalità
con cui si propaga la corrente sul nostro sistema nervoso.

Ci sono stati degli studi per vedere come si propaga il segnale, questi studi sono importanti
perchè si cerca di rispondere a quesiti che sono stati posti diversi anni fa sulla terapia elettro
compulsiva.

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Attualmente la terapia viene fatta soprattutto in pazienti psichiatrici o in pazienti che hanno
particolari patologie per le quali le terapie farmacologiche non hanno alcun e etto. La terapia
elettrocompulsiva ha valori di corrente bassi, ma viene fatta per prolungati periodi di tempo per
avere e etti che durano nel tempo. L’idea di base era quella di generare una sorta di rese
dell’attività cerebrale, l’idea dell’accendere e spengere per fare in modo che si resetti e ricominci a
funzionare in modo corretto. Questa cosa in realtà non è vera, il sistema non si resetta, ma questa
terapia a corrente aiuta la cinetica farmacologica. Questa stessa tecnica adesso viene usata con
delle microcorrenti anche come terapia per il dolore di uso sul corpo, quindi viene utilizzata per
di ondere gli analgesici all’interno dei tessuti e quindi anche in sioterapia o post trauma. Ora si
sta evolvendo questa tecnologia anche per l’uso di queste stesse metodiche in dolori cronici, cioè
dolori che permangono per molto tempo.

Questi modelli di scalpo permettono di capire le di erenze tra tDCS e tACS applicate per
prolungati periodo di tempo. Succede che cambia quello che sappiamo, cioè oltre i 5 minuti si
inverte l’andamento di una tecnica rispetto all’altro.

Un aspetto sicuramente interessante è osservare questo fenomeno dal punto di vista della rete
che soggiace alla stimolazione e un fenomeno importante è il fenomeno dell’adattamento della
rete ai potenziali, alle grandezze elettriche con la quale questa viene stimolata.

L’interferenza temporale ci permette di accedere e di andare a stimolare aree più interne più
profonde.

Una particolare attenzione va posta sulla rete di capillari che sono presenti nel nostro sistema
nervoso centrale. Tendenzialmente è una cosa di cui non se ne parla granché, ma abbiamo una
tta rete di capillari che giustamente portano le sostanze nutritive e l’ossigeno al nostro sistema
nervoso. Ma hanno anche un’altra funzione speci ca: creano una barriera, questa protezione per il
nostro sistema nervoso. Una barriera ha diverse sostanze perché è una rete, e provocano anche
una barriera per il passaggio della corrente. Quindi avere un sistema
di scattering dovuto a tutti questi capillari provocano un moto di
cariche in cui la corrente ha di coltà a passare. Questa barriera crea
dei problemi per voler accedere alle aree più profonde da un lato,
ma dall’altro funge da protezione. Ci sono però delle sostanze che
riescono a passare questa barriera, come per esempio la nicotina,
gli zuccheri,… e questi elementi riescono ad arrivare in zone profonde del nostro sistema nervoso
centrale, del nostro cervello e avere degli e etti, il cervello non è in grado di proteggersi da questi
oggetti.

Vediamo ora l’utilizzo della neuromodulazione per l’applicazione al dolore cronico. Il dolore
cronico ha diverso siopatologie, non è una sindrome acuta ma è un dolore che perdura nel
tempo. È associato di solito a cambiamenti plastici nel nostro sistema nervoso che portano a una
fenomenologia sia a livello centrale sia a livello periferico con una iper sensibilizzazione a livello
periferico. È stato studiato questo dolore cronico ed è stato visto che c’è una in ammazione che
porta alla produzione di molti mediatori, come i recettori delle proteine g e attivazione di altri
messaggeri.

Molti dei recettori del dolore sono localizzati nel midollo, quindi abbiamo una attivazione di tutti
questi sensori che ci fanno poi percepire questo dolore in aree speci che del nostro corpo,
speci che a livello del sistema autonomico. Però per il dolore cronico di solito non si ha un danno
periferico reale, non si ha un vero e proprio problema nel sistema periferico del nostro corpo. Di
solito è il risultato di una cattiva plasticità del nostro sistema, di solito, non sempre.

La neurostimolazione ha il compito di andare a stimolare i nuclei della base, quindi la parte più
interna, più profonda che possa in qualche modo avere un e etto direttamente sul midollo spinale
che è proprio la parte più profonda del nostro sistema.

La stimolazione dovrebbe arrivare e avere e etto a livello del giro cingolato, del talamo per poter
avere una in uenza diretta sul midollo spinale.

Le tecniche pensate prima erano quelle di utilizzare o una stimolazione transcranica ma di tipo
magnetica, ripetitiva, oppure la stimolazione con corrente diretta simmetrica,…

C’è una forte variabilità tra gli individui dovuti alla natura del dolore cronico. Ci sono speci che
zone associate con le varie tipologie di dolore. È possibile agire sul dolore cronico in diversi modi,
non c’è una cura de nitiva ma si hanno comunque dei risultati interessanti. Si hanno degli e etti

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associati a lungo termine: si ha una perdita dell’e cacia. Poi ci sono delle domande che ci
possiamo porre su quello che è il rimodellamento della tipologia di stimolazione. Un altro punto
importante è l’impulso con il quale viene stimolato l’oggetto e il fatto che possiamo utilizzare
frequenze variabili e questo lo capiamo anche dal fatto che il nostro sistema, la nostra
conducibilità, dipende anche dalle frequenze con cui entra in gioco la stimolazione.

Anche la stimolazione magnetica può essere guidata attraverso l’elettroencefalogramma.


Ovviamente possono essere usate contemporaneamente, l’elettroencefalogramma viene utilizzato
per guidare la direzione della stimolazione transcranica, quindi in qualche modo ci permette di
avere un risultato quasi immediato dell’e etto, per capire come poterla rendere e cace ed
e ciente.

Una cosa interessante è che è stato visto che durante la stimolazione transcranica magnetica si
ha una perdita delle capacità cognitive, quindi un abbassamento. È stato visto che poi si ha un
e etto anche sulla parte motoria prolungato ed e cace e quindi questo è positivo.

08/06/2022

Un aspetto importante è quello della Motor imagery, cioè l’immaginazione di fare un determinato
movimento. Nello speci co è la creazione di una esperienza nella mente, che sia uditiva, visuale,
tattile, olfattiva… dipende un po’ dal tipo di parte sensoriale che vogliamo prendere in
considerazione e può essere estesa a tutti i sensi e non solo ai sensi, infatti abbiamo anche una
immaginazione cinestetica e organica.

L’immaginazione coinvolge dei processi cognitivi. Quella più conosciuta è la Motor imagery (MI) e
si riferisce all’attività motoria, quindi le persone possono in qualche modo immaginare un
movimento senza farlo realmente e quello che a noi interessa è la rappresentazione mentale che
questo movimento immaginato ha.

Questo tipo di esercizio, di task, può essere fatto anche attraverso allenamento, possono fare
pratica nel fare questo. È molto utilizzato e l’obiettivo di questa cosa può essere nalizzata a
creare una terapia su alcuni pazienti in modo da riabilitare o da generare, nel caso in cui sia
assente, una immagine interna di un possibile movimento. Realmente quando pensiamo ad un
movimento senza realmente farlo abbiamo una attivazione di aree cerebrali che si sovrappongono
anche se parzialmente a quelle che realmente facciamo durante il movimento.

Ci sono delle ipotesi come per esempio quella di simulazione, immaginare una azione coinvolge
gli stessi circuiti neurali di una azione realmente fatta. Questo può essere imparato, c’è tutto un
paradigma nel quale il soggetto impara. L’imparare questa cosa diventa automaticamente la
riabilitazione laddove questa possibilità, questa performance non è utilizzata. Quindi diventa un
vero e proprio task che coinvolge una parte cognitiva e diventa di conseguenza una pratica, e
quindi una attività vicina a quella reale e questo ci permette in qualche modo nel caso in cui noi
riusciamo a monitorarla in termini di attivazione cerebrali legati a questo, a valutare come questa
attività viene fatta dalle persone. Anche se il movimento è variabile e altro.

Una cosa importante, questo paradigma può essere sfruttato benissimo in tantissimi task
riabilitativi, ed e ettivamente viene utilizzato.

Quindi si può pensare a questa cosa come ad una sorta di brain computer interface dove
realmente non abbiamo una azione ne una interfaccia ma una valutazione, quindi poi nella fase di
learning questo può diventare un feedback da fare sulle persone in modo da potergli dare la
possibilità di dare loro migliori prestazioni. Diventa comunque un ciclo chiuso, un anello, dove
abbiamo intervention, valutazione e poi attraverso il feedback una modi ca in termini delle
variabili che vogliamo prendere in considerazione: che può essere l’abilità, l’intensità con con cui
viene immaginato il movimento, il controllo del movimento, oppure la velocità o altre tipologie di
parametri con i quali possiamo valutare la qualità di questo paradigma.

Capite bene che una attività di questo tipo può diventare di per se un processo da far fare ai
soggetti, da un altro lato può diventare un mix tra movimenti realmente eseguiti e movimenti
immaginati. Non è poi neanche troppo costoso in termini di attività e strumentazione da utilizzare
per questo paradigma.

Dove questo paradigma può avere un bene cio e ciente? Quando abbiamo un vincolo sui
movimenti che possono essere di un arto superiore o inferire dovuto ad un problema del sistema
nervoso centrale, questa pratica, si pensi ad uno stroke che ha bloccato in qualche modo parte
dei movimenti, e si può iniziare con una riabilitazione del tutto immaginativa e poi passare e
vedere se questo può riattivare l’attività motoria reale.

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Quello che è stato visto è che c’è nella rappresentazione della corteccia un decremento, una
compressione dell’attivazione corticale quando c’è un decremento dell’ingresso, quindi una
diminuzione della capacità immaginativa; così come c’è una rappresentazione un aumento
dell’area coinvolta quando c’è un incremento dell’attività. Questo porta quindi a poter modulare
l’attività in modo da poter ottenere i risultati sperati. Ci sono diverse metanalisi su come poter
modi care la motor imagery e come può essere creato un protocollo riabilitativo legato a questo.

Più a lungo le persone fanno la motor imagery e gli e etti poi possono diminuire. C’è una fatica
mentale che si ha dopo 20 minuti dopo che i soggetti attuano questotask, e questo può alla ne
portare a ridurre, può portare a non avere il miglioramento sperato e le motivazioni possono
essere tante.

È comunque una attività cognitiva e come tutte le attività cognitive porta ad avere una fatica a
lungo andare, una fatica mentale e quindi un decremento delle performance dei soggetti sotto
esame in quel momento.

Una cosa che è stata valutata ed è stata dimostrata è che le capacità immaginative migliorano le
abilità delle persone nel fare quel movimento. Si pensi quindi ad un atleta che deve fare una
determinata performance che si allena anche mentalmente nel fare un determinato movimento.
Questo allenamento mentale non è altro che un task immaginativo, lui crea nella sua mente il
movimento da fare. Questo porta a dei meccanismi automatici, quindi quel determinato
movimento diventa più rapido e preciso di quello che viene fatto dalla sola pratica. La pratica sì
allena una memoria sica, ma nello stesso tempo aumenta e migliora la memoria, crea la memoria
del movimento stesso che può essere poi ancora di più incrementata da un allenamento di tipo
immaginativo.

La stessa cosa può avvenire anche in pazienti che hanno problemi motori. Considerate che anche
in pazienti che hanno blocco totale del movimento, l’immaginazione del movimento provoca una
attivazione delle aree motorie legate a quel movimento, anche se loro realmente questo
movimento non lo riescono a fare. Per coloro poi che hanno problemi di simmetria (emiplegia)
anche se non avranno la simmetria, non la riusciranno a guadagnare, ma possono comunque
immaginare di camminare in modo simmetrico e corretto e quindi riattivare le aree mentali
immaginando il movimento seguendo il pro lo del modo corretto.

Il fatto di immaginare una cattiva motor imagery può portare anche ad un cattivo learning, quindi
ad un errore nell’apprendimento. Quindi c’è bisogno di un controllo di come questo può essere
fatto. Ci sono dei protocolli, per esempio il Grande Motor Imagery, che è un po’ standardizzato,
dove c’è prima una valutazione attraverso delle immagini e poi viene attivato questo task di motor
imagery dove può essere in qualche modo quall’area della corteccia in modo da riattivare il
movimento.

Spesso questo task può essere usato anche quando c’è la presenza di dolore nel creare quel
movimento. Si pensi quindi a tutte quelle patologie dove la terapia non viene attuata o è attuata
male perchè il soggetto sente dolore nel fare quel movimento, può essere preceduta da una fase
di motor imagery in cui il soggetto pensa al movimento stesso senza realmente farlo e quindi
senza provare dolore. Questo attenua o modula e prepara il soggetto al movimento senza avere il
dolore. Questo dolore può provocare un blocco nella riabilitazione e questo può quindi aiutare i
soggetti a portare a termine un compito riabilitativo.

Ci possono essere delle misure per veri care se e ettivamente un task riesce ad avere un
risultato. Ci sono misure sopratutto cliniche, sia di tipo primario sia di tipo secondario. Primario
come risultato della pratica stessa, ci sono una serie di scale e test che sono standardizzati e
possono dare una misura quantitativa dell’e cacia del test che viene fatto. Oppure come misura
secondaria, quindi come risultato secondario, analisi Biomeccanica dei movimenti per esempio,
quindi come esami nali dopo la pratica mentale stessa.

I risultati nali sono che il motor imagery insieme ad un trattamento molto più e cace sopratutto
per le funzioni superiori piuttosto che fare solo attività mentale, è nel confronto tra la pratica
mentale e gli altri trattamenti convenzionali i risultati sono più e caci quando la la pratica mentale
è svolta assieme al trattamento. Questo sembra ovvio ma se non è dimostrato non è mai ovvio.

Quindi i risultati conclusivi sono anche meno rispetto a quelli aspettati, comunque non c’è
evidenza di poter usare la pratica mentale con il trattamento come se fosse una cura, anche se ci
sono dei risultati promettenti. Tutto questo dipende anche dal tipo di problema/patologia che si
a ronta. Però la cosa più importante è che non c’è un modo di dosare. Se il motor imagery fosse
una terapia avremmo bisogno di una misura che ci dica come somministrare questa terapia.
Questo è un po’ il problema di tutte le terapie empiriche: cioè quante volte somministrare la

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terapia? Quanto lunga deve essere la terapia? Perchè ci sono poi dei contro e etti come la fatica
mentale. Quindi nché non si avrà anche una misura quantitativa, una sorte di dosimetro della
terapia, sarà sempre comunque di cile confrontare i risultati dei diversi studi, perchè non
essendoci uno standard vero e proprio su come utilizzarla, ogni gruppo alla ne usa delle
modalità proprie che vengono poi dalle esperienze dei clinici e dalle esperienze dei tecnici che
aiutano le persone nella riabilitazione stessa.

In particolare ci sono alcuni studi interessanti sulla funzione della mano, dopo un intervento di
ricostruzione del tendine.

Ci sono delle implicazioni cliniche dirette dell’e etto che il motor imagery ha sul sistema nervoso
centrale e che quindi questo porta a dire che c’è un aiuto, ci sono stati diversi studi anche in
questi termini facendo un vero e proprio protocollo clinico.

Perchè è importante questo motor imagery?

Vediamo ora qualche altra terapia interessante.

Una terapia interessante ma che in realtà ha una base dovuta al motor imagery è la terapia allo
specchio. Viene chiesto di attuare la terapia attraverso lo specchio. Questa terapia si basa sul
fatto che il soggetto può fare il movimento nativo e questo porta a migliorare o a creare una
terapia di immaginazione.

Se si pensa a questa tipologia con una mano il soggetto fa realmente il movimento e si guarda
allo specchio come se il movimento anche l’altra mano realmente lo facesse; e con l’altra mano
reale nascosta tende a rifare il movimento anche se non verrà fatto in modo corretto. Quello che
verrà fatto alla ne è basarsi sul principio dei moto neuroni. Il moto neurone si riaddestra, cerca di
imitare il comportamento che viene visto. Quindi in qualche modo è una sorta di riabilitazione
attraverso un apprendimento di moto neurone di un comportamento che viene fatto attraverso lo
specchio.

Si sfrutta il principio della capacità immaginativa, si cerca di immaginare un movimento e quindi


riattivare tutta una serie di parti del nostro sistema nervoso centrale per compiere questa attività.

[si sente male]

Un esempio si ha con l’arto fantasma, dove gli oggetti dicono che hanno sensazioni tattile e
motorie riferite all’arto mancante.

Se noi abbiamo comunque il movimento dell’altra area, allora questa cosa è abbastanza
signi cativa.

Molto spesso questi moto neuroni non coinvolgono anche delle illusioni visive e questo porta ad
avere sia dal punto di vista della memoria del dolore sia dal punto di vista delle illusioni porta ad
avere delle risposte reali.

Chi utilizza questo tipo di terapia? Chi so re di distonia focale, di Parkinson, sindrome di Dejerii…

La mirror therapy viene utilizzata spesso per l’attivazione motoria dopo lo stroke e ha una e cacia
se confrontata con un placebo o con una terapia che non è stata pensata per avere gli stessi
e etti.

Questo è uno degli approcci più di ultima generazione. La neurofacilitazioe non è e cace
attraverso il moto neurone. Il fatto di usare oggetti reali piuttosto che oggetti simulati migliora le
funzionalità del movimento. Questa terapia può portare ad un miglioramento delle prestazioni.

L’apprendimento attraverso moto neuroni è un modo di apprendere un movimento che


sicuramente bene cia a quei pazienti che hanno la possibilità di fare pratica attraverso diversi
conteseti ambientali. Sicuramente gli aspetti più importanti sono la capacità di migliorare il
coordinamento motorio e la preparazione al movimento, diminuire i tempi di preparazione al
movimento.

Ci sono diverse terapie, c’è quella occupazionale, contemporanea,… cambia la modalità razionale
che c’è dietro, di essere una terapia orientata all’utente nale, dove per esempio l’utente è al
centro della terapia e quindi permette al soggetto di raggiungere un ripristino dell’attività motoria
attraverso l’uso di oggetti reali piuttosto che oggetti immaginati e di usarli allo specchio in modo
da attivare i neuroni specchio.

Quello che ci interessa è come avviene il feedback, e il feedback è di tipo visivo è l’illusione del
movimento che si riceve, che il soggetto ha perchè guarda allo specchio il movimento fatto e
questo fornisce un feedback al sistema nervoso centrale sulla congruenza del movimento stesso.
Alla ne come sono stati valutati questi risultati? Sono stati valutati con misure di indagine, una tra

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le più importanti è l’fMRI, che ovviamente coinvolge un numero ridotto di soggetti in condizioni
particolari. Altrimenti viene fatta semplicemente valutando il comportamento del soggetto o
valutandone l’elettroencefalogramma, che però ha un’indagine dei dati non banali, quindi spesso
e volentieri lo sta clinico non è in grado o non è allenato a vedere i dati attraverso un EEG.

Questo per chiudere l’anello, per vedere come molte delle patologie che coivolgono il sistema
nervoso centrale, molte terapie ad esso legate sono legate ad attività motorie con patologie che
coinvolgono soprattutto il movimento e altrettante sono legate alla parte emotiva con terapie
sopratutto farmacologiche e terapie nascenti dal punto di vista della riabilitazione.

Esiste un nuovo concetto legato all’intelligenza emotiva che attualmente non è sfruttato dal punto
di vista clinico per la riabilitazione, è solo in ricerca, sopratutto viene utilizzato in termini di ricerca.
C’è un forte legame tra le patologie dell’umore generale, emotive, che riguardano la sfera a ettiva
e i disturbi legati all’assunzione del cibo, questa correlazione è stata dimostrata che i due disturbi
sono legati tra loro, ma non è ancora chiaro chi dei due causi l’altro.

In questo contesto standard si può inserire la stimolazione trans cranica che può modulare e
migliorare quella che è l’e cacia di un trattamento rispetto allo standard. Quindi l’e cacia di una
terapia riabilitativa, sopratutto quella magnetica, per il disturbo dell’umore e della depressione può
essere aiutata attraverso la stimolazione magnetica trans-cranica. Su quella di corrente, quella
elettrica ci sono tanti studi attualmente in corso e non c’è ancora una congruenza di risultati e
quindi non si può dire con la stessa forza che porta e etti analoghi. Probabilmente anche perché
la terapia magnetica riesce ad arrivare più in profondità nella stimolazione delle aree corticali.

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