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Tranfa
Sbobinatura di Federica Giugliano
Introduzione
I traumi rappresentano il 18% dei casi di
interesse oftalmologico. Di fronte ad un
trauma facciale, la prima cosa che andiamo a
valutare sono le condizioni generali del
paziente (quando ci arriva un traumatizzato
la prima cosa che chiediamo prima di
accettarlo è: è in coma? è vigile? è
cosciente? sono presenti anche altri traumi?
spesso infatti sono pazienti polifratturati),
perché è ovvio che se il pz è in pericolo di
vita, il mio primo obiettivo è quello di
salvarlo.
Dopo di che posso passare alla valutazione
oftalmologica del caso, tenendo ben
presente che l'approccio alla traumatologia
da un punto di vista maxillo-facciale riguarda
le deformità ossee contratte durante l'incidente, mentre nel nostro caso la priorità sarà la preservazione della
funzione visiva. Dunque posso analizzare i problemi locali, quindi nel momento in cui ci arriva un trauma acuto
dobbiamo vedere se c’è stato:
un danno bulbare,
un'alterazione orbitario
un'emorragia retro-orbitaria
eventuale presenza di enfisema
un danno a livello del nervo ottico
danno alla funzione visiva
Passiamo alla valutazione perioculare, per verificare che non siano stati coinvolti i tessuti molli o le strutture
ossee. A questo riguardo è in genere quasi sempre necessario effettuare una diagnostica per immagini, si tratta
generalmente di una TAC senza mdc (mezzo di contrasto) che nell'ambito dei costi/benefici è particolarmente
vantaggiosa.
Possiamo concludere poi col trattamento che può essere a breve, medio e lungo termine.
Classificazione
Dal punto di vista della classificazione abbiamo:
fratture semplici (blown-in e blow-out sono le più
frequenti, soprattutto quest'ultima)
pure, dove non è coinvolto il bordo orbitario
impure, con coinvolgimento del bordo orbitario
fratture complesse, che possono coinvolgere più
ossa orbitarie, quindi spesso richiedono un
approccio multidisciplinare
corpi estranei endoorbitari.
Segni e sintomi
Se ci troviamo di fronte ad un esoftalmo dobbiamo pensare che c'è la riduzione del volume dell'orbita, quindi
una blow-in, una frattura del tetto che lo spinge in fuori e quindi preme sul globo oculare. Un'altra causa
potrebbe essere un’emorragia o un enfisema (presenza di aria) dell'orbita.
Se invece dovessimo notare un esoftalmo pulsante ci sono due ipotesi da dover vagliare:
frattura del tetto con un'erniazione cerebrale, che provoca una pulsazione sincrona con quella della porzione
cerebrale interessata, generalmente pari a quella del polso
una fistola caotido-cavernosa ad alto flusso
Questa immagine è un
esempio di un esoftalmo con i
relativi sintomi: vi sono
ecchimosi congiuntivali ed
emorragie palpebrali. Alla
TAC potete anche ricercare i
segni indiretti, qui non si vede
molto bene, ma c'è presenza di
sangue nel seno del mascellare
che in genere indica una
frattura del pavimento.
Un enoftalmo è invece caratterizzato da una dislocazione di tessuto nei seni paranasali e da un’alterazione
della distribuzione del grasso. La classica frattura che dà enoftalmo è la blow-out del pavimento (la cosiddetta
frattura da scoppio, in cui abbiamo aumento improvviso della pressione intraorbitaria che si scarica sulle pareti,
in particolare sul pavimento). Si ha deformazione del contorno orbitario come si vede in proiezione assiale.
La classica frattura blow-out è caratterizzata da una triade: enoftalmo, quindi si ha un distacco della palpebra
dal globo oculare che provoca ptosi ed ipo- o anestesia del nervo infraorbitario. L’enoftalmo è dovuto
chiaramente allo scoppio dell’orbita (e quindi il bulbo rientra). Questi sono i tre segni clinici che fanno
sospettare una blow-out del pavimento, indipendentemente se sia pura o impura. Ricordatevi che la frattura
blow out è detta “da scoppio”, infatti è dovuta ad un aumento improvviso della pressione intraorbitaria che va
a scaricarsi con le linee di tensione sulle ossa, qual è l’osso più fragile? Il pavimento orbitario. Questa frattura
può avvenire, per esempio, per un trauma contusivo da tappo di champagne, pallina da tennis ecc.
Quello che valutiamo, dopo l’acuita visiva, è la presenza o meno di diplopia e su questa ci basiamo per l’iter
terapeutico.
Non necessariamente si ha un visus compromesso e non necessariamente diplopia. Ci possono essere delle
fratture dell’orbita in cui la periorbita non è stata intaccata, è presente una lesione al livello del pavimento
dell’orbita però se non ha diplopia o danno estetico non necessariamente deve essere trattato chirurgicamente
(cosa che farebbe il chirurgo maxillo facciale). Talune fratture quindi possono non essere trattate e la
guarigione sarà basata sul normale processo di consolidamento osseo. Altre fratture gravi invece possono dare
problemi con deficit funzionali più o meno gravi e devono quindi essere trattate (dislocazioni di frammenti a
livello infraorbitario, incarceramento di parti di tessuti molli nella rima di frattura, danni al nervo ottico, ecc.).
Inoltre se le trattiamo potremmo aggravare ulteriormente la situazione e provocare ad esempio una diplopia
iatrogena post chirurgica.
Quando la frattura comporta diplopia? Quando c’è una rottura della periorbita o un incarceramento muscolare
nell’ambito delle rime di frattura. Basta anche solo l’interessamento della guaina del muscolo per provocare
diplopia.
NB: non sempre lesioni piccoli non danno problemi, dipende da quanto tessuto impegna la linea di frattura
(che ad esempio se è ampia, può dare luogo a sequele come episodi sinusitici).
Quindi cosa andiamo a valutare?
Acuità visiva e motilità oculare. Queste sono le cose fondamentali, per noi oftalmologi, da andare a vedere
perché se la motilità oculare è conservata (valutabile con dei test specifici, che in genere facciamo fare sempre)
e se l’acuità visiva sono buone noi possiamo decidere di trattare o meno la frattura in relazione anche alla
situazione estetica che si configura. E’ chiaro che se c’è una diplopia allora il discorso cambia completamente.
Se c’è poi anche un deficit visivo entriamo in un’altra situazione ancora diversa.
La diplopia viene valutata con due posizioni dello sguardo: la primaria e l’inferoversione [per capirci, sguardo
dritto e sguardo in basso], perché sono quelle che il paziente utilizza di più nell’arco della giornata (leggere,
scendere le scale..). Se la diplopia è in supero versione [sguardo in alto], il paziente può anche decidere di non
operarsi.
Corpi estranei
Posso essere corpi estranei in quanto tali o anche
frammenti ossei che vanno a ledere il nervo ottico. I
corpi estranei spesso se sono piccoli, se non possono
dare problemi nel tempo, possono anche rimanere
nell’orbita perché, talvolta, per andare magari a
togliere un piccolo corpo estraneo tollerato, fate un
grosso intervento col rischio di non riuscire a trovarlo.
Se invece ci troviamo di fronte a materiali come ferro
o piombo allora il discorso può cambiare. Dobbiamo
soprattutto valutare se questi corpi estranei possono
causare granulomi o processi infiammatori dell’orbita
e causare nel tempo danni sensibili. Bisogna valutare anche se vanno a comprimere il nervo ottico o le
strutture bulbari.
Bisogna però escludere una vera e propria frattura del canale ottico, se non c’è stata è chiaro quindi
che il deficit visivo è legato all’effetto compressivo dell’edema conseguente al trauma, ma nel caso in
cui vi sia (diagnosticata con una tac), invece, è indispensabile effettuare un trattamento di
decompressione chirurgico di urgenza nelle prime 24-48 ore, prima che la funzione visiva venga
irrimediabilmente compromessa da un frammento osseo. A volte questi pazienti hanno dei traumi
cerebrali e il trauma del nervo ottico passa in secondo ordine.
Ricordatevi: il nervo ottico è un tessuto nervoso e non si riforma! Basta un’assenza di irrorazione al nervo ottico
di 20-30 min per determinare la cecità del soggetto. Questa è un’evenienza drammatica che può verificarsi in
tutti gli interventi sull’orbita. Basta solo lo spatolamento, quando andate per esempio a togliere grossi tumori
intraorbitari in cui, per farvi spazio, andate a comprimere le strutture e magari involontariamente comprimete
il nervo ottico. Spesso non c’è una causa evidente di una lesione precedente aterosclerotica, magari in soggetti
diabetici, per cui basta un tocco leggero (noi lo chiamiamo “tocco del diavolo”) per provocarne danno
irreparabile. Statisticamente, chi fa chirurgia dell’orbita, deve mettere in preventivo che una minima
percentuale di pazienti può andare involontariamente incontro a cecità come conseguenza di tali manovre
chirurgiche nell’ambito dell’intervento.
In casi di trauma del nervo ottico la terapia prevede corticosteroidi ad alto dosaggio laddove riusciamo ad
intervenire in tempi rapidi, attuando appunto una decompressione farmacologica riducendo l’edema. Laddove
invece c’è un visus che, malgrado il trattamento di corticosteroidi ad alto dosaggio, va a decadere rapidamente
l’unico rimedio è la decompressione chirurgica del canale ottico. Il dosaggio di attacco di 30mg, viene in genere
ripetuto da uno da 15 mg, quindi dimezzato.
Trapdoor Syndrome
Parliamo adesso della trapdoor syndrome. Si tratta di una frattura a legno verde del pavimento mediale
all’infraorbitario, più frequente nei bambini. E’ una frattura in cui la lesione viene chiusa subito dal nostro
organismo, determinando la “chiusura” in essa di strutture periorbitarie (es. muscolo o sua guaina) al proprio
interno. Determina una estrema limitazione del movimento pur in assenza di segni clinici significativi. Si associa
a segni neurovegetativi per cui talvolta capita che il bambino torni da scuola, ha avuto un trauma (es. “rissa”),
ha segni neurovegetativi e si pensa a tutto fuorché ad una frattura dell’orbita che invece può dare questo tipo
di sintomatologia, perdendo peraltro quelle 24-48 ore che sono importanti per il trattamento corretto.
Quindi da cosa è caratterizzata?
Evidenza clinica minima
Frattura mediale dell’infraorbitario
Estrema limitazione del movimento
Dolore, nausea e vomito al movimento
Nell’immagine il cursore
indica la sede
dell’intrappolamento
Clinicamente il bambino non mostra niente ma, andando a vedere la motilità oculare, rilevate che a destra il
bulbo sale normalmente mentre a sinistra non sale.
Se il visus è conservato: nel caso di fratture semplici andiamo a valutare i movimenti oculari (diplopia);
nel caso di fratture complesse entriamo in un discorso pluridisciplinare che può coinvolgere, a seconda
di quello che è l’interessamento principale, non solo il patologo dell’orbita ma anche il chirurgo
maxillo-facciale, l’otorino, neurochirurgo ecc.
La lezione 2016 termina qui. Allego per completezza il resto della sbobinatura 2015
Traumi bulbari
Possono essere:
a bulbo chiuso: diretti o indiretti
a bulbo aperto.
Traumi a bulbo chiuso: andiamo a vedere al livello del segmento anteriore se c’è presenza di sangue in camera
anteriore (ipoema), se ci sono lesioni dell’iride (come iridochialisi, rottura dello sfintere, lacerazioni) oppure se
ci sono lesioni del cristallino (una dislocazione, una sublussazione o una cataratta traumatica) (laddove spesso
un’ipoema massivo va a nascondere i quadri che possono evidenziarsi a carico dell’iride, soprattutto nei
quadranti inferiori del bulbo oculare).
Traumi corneali.
Abbiamo visto che possiamo avere i traumi superficiali (a decorso quasi sempre benigno) e i profondi.
Dei profondi ne abbiamo già parlato quando trattammo della cheratite. I traumi superficiali interessano solo
l’epitelio corneale (abrasione). Quando il trauma corneale si estende aldilà della membrana di Bowmann allora
oltre all’abrasione possono essere riscontrati edema corneale, e , nei casi in cui il trauma riguardi anche il
cristallino e l’iride, ipoema e cataratta. I traumi superficiali possono essere facilmente recuperabili mentre per
quelli profondi la recuperabilità dipende dalla perdita di sostanza associata. Infatti i traumi profondi spesso
guariscono lasciando delle cicatrici (ricordatevi la differenza tra nubecola e leucoma. Ve lo ripeto: la nubecola è
un’alterazione della trasparenza corneale che è visibile soltanto con la lampada a fessura; mentre il leucoma è
un’alterazione corneale che è visibile ad occhio nudo (definizione dall’Enc. Treccani: nubecola In medicina, opacità biancastra
cicatriziale della cornea, di piccole dimensioni, di origine traumatica o infiammatoria; quando l’opacità è di maggiori dimensioni si parla di leucoma.).
Traumi iridei
Traumi a bulbo chiuso
Segmento posteriore
1) Contusivi diretti: Rottura della coroide, foro maculare (quindi con perdita significativa della funzionalità),
distacco posteriore del vitreo, commotio retinae, contusione e lacerazione dell’epitelio pigmentato.
Ricordatevi che spesso l’emovitreo di per sé spesso si riassorbe anche con la sola terapia farmacologica.
Non dimenticate tuttavia che episodi ripetuti di emovitreo portano ad una organizzazione del tessuto
ematico presente e quindi alla perdita di trasparenza del vitreo stesso.
2) Contusivi indiretti.
Sindrome del bambino scosso.
Retinopatia da colpo di frusta (quello che si verifica in seguito a colpi di frusta in seguito a traumi della strada)
Retinopatia da manovra di Valsalva.
Esse possono causare dei traumi al livello del bulbo posteriore.
I puntini lacrimali in quanto tali sono invece interessati più raramente perché rinforzati da uno sfintere di
tessuto fibroso. Quindi quelli più frequenti sono a carico dei canalini superiori ed inferiori e quello comune.
Ricordatevi ovviamente una cosa importante che vale per tutta la patologia delle vie lacrimali: il canalicolo
inferiore contribuisce al drenaggio delle vie lacrimali per il 70%, mentre il canalicolo superiore contribuisce al
drenaggio delle lacrime solo per il 30%. Il che vuol dire che non necessariamente quando abbiamo un deficit
del canalicolo inferiore (da trauma od occlusione generica) il soggetto avrà l’epifora che è il segno classico di
una alterazione del deflusso delle vie lacrimali. Quindi talvolta il canalicolo superiore può essere vicariante
anche soltanto col suo 30% di contributo. Il più delle volte però, laddove c’è un danno significativo del
canalicolo inferiore si ha un deficit del deflusso lacrimale con epifora.
In genere si aspettano 12-24 ore per favorire la risoluzione dell’edema ma non oltre perché magari, soprattutto
nella lacerazione dei canalicoli c’è il rischio di perdere la possibilità di favorire il trattamento.
Le vie lacrimali basse sono colpite più raramente perché in genere hanno una protezione ossea. Il più delle
volte si ha un coinvolgimento in fratture che coinvolgono non soltanto l’oculista ma anche altri specialisti.
Ricordatevi che laddove è presente un enfisema sicuramente si ha una frattura della parete mediale dell’orbita
con interessamento anche delle vie lacrimali oltre che delle vie respiratorie. Anche qui si aspettano 24-48 ore
per favorire il riassorbimento dell’edema e degli eventuali ematomi in caso di trattamento precoce.
traumatologia palpebrale.
Le lesioni vanno distinte in lesioni che interessano e non interessano il margine palpebrale. In
superficiali(quando penetrano oltre il muscolo orbicolare) e profonde (quando coinvolgono strutture sotto il
muscolo orbicolare). Ricordatevi che dal punto di vista anatomico noi dividiamo la palpebra in due foglietti: uno
cutaneo-muscolare anteriore e uno tarso-congiuntivale posteriore.
Nelle lesioni che interessano il margine palpebrale va valutato il possibile coinvolgimento anche dei puntini
lacrimali, quindi le vie lacrimali di deflusso perché spesso alle lesioni palpebrali mediali si associa una lesione
anche delle vie lacrimali sottostanti.
Per quanto riguarda quello che facciamo nelle lesioni palpebrali, vige la regola del quarto: laddove c’è una
perdita di tessuto a causa per esempio di una lesione neoplastica o traumatica, fino ad una quarto
dell’estensione della palpebra noi riusciamo a chiuderla in maniera diretta ricucendo i due lembi (in genere
nell’adulto anche fino ad un terzo perché i tessuti risultano più lassi), laddove invece si dovesse verificare una
perdita di tessuto superiore al terzo allora non è possibile suturare direttamente le palpebre e quindi bisogna
ricorrere a dei lembi per ricostruire, quindi ad una plastica palpebrale.