Sei sulla pagina 1di 232

IL TORACE

Solo i tessuti sanno


Rollin Becker
Il torace

Jean-Pierre Barral, D.O.

ILLUSTRAZIONI
Jacques Roth

TRADUZIONE
Loretta Mazza
Titolo originale: THE THORAX

Copyright © 1991 by Eastland Press, Inc., Seattle, Washington, United States of America. All rights
reserved.
No part of this book may be reproduced or transmitted in any form or by any means without the
prior written permission of the publisher.

Edizione italiana © 1999 Castello Editore


via B. Ricasoli 2
20121 Milano

I diritti di traduzione, di riproduzione, di memorizzazione elettronica e di adattamento totale e


parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i
paesi.

L’editore ringrazia per i preziosi consigli e suggerimenti Luigi Ercolino.

Coordinamento editoriale: Sandro Mogni


Impaginazione: Galibariggi & Sinnone
Stampa: C.P.M. - Casarile (MI)

ISBN 978-88-8726-037-3
1a edizione 1999
Printed in Italy

ebook by ePubMATIC.com
Indice

Prefazione all’edizione italiana


Introduzione

CAPITOLO 1: Parte generale


CAPITOLO 2: Anatomia applicata
CAPITOLO 3: Fisiologia applicata
CAPITOLO 4: Patologia generale del torace
CAPITOLO 5: Diagnosi manuale e differenziale
CAPITOLO 6: Trattamenti

Bibliografia
Indice delle figure
Indice degli argomenti
Prefazione all’edizione italiana

gni “dietro” ha il suo “davanti”.

O Se Sutherland ha rimesso la testa sul corpo del paziente, Jean-Pierre


Barral gli ha ridato il suo “davanti”.
Mi ricordo ancora di quando studiavo alla European School of Osteopathy
di Maidstone, Inghilterra, e Jean-Pierre Barral era uno dei miei insegnanti.
Si diceva di lui che lo si poteva sorprendere, nei suoi momenti liberi e
anche la domenica pomeriggio, chino per ore sui libri di anatomia. Ciò mi
faceva riflettere sull’impegno costante che da sempre ha caratterizzato la
vita di tutti gli osteopati che hanno segnato la storia della nostra
professione.
D’altra parte sappiamo bene che solo acquistando una conoscenza
profonda del corpo umano, possiamo imparare a riconoscere sempre più
chiaramente cio che viene a trovarsi sotto le nostre dita: soltanto
divenendo abili nel distinguere il “normale” dall’“anormale”, possiamo
aiutare i nostri pazienti a ritrovare un loro equilibrio funzionale.
È raro trovare una persona che raduni in sé così tante qualità come
Jean-Pierre Barral: non solo, infatti, è un abile osteopata ma anche un
ricercatore, uno scrittore, e un ottimo insegnante, come possono
testimoniare tutti coloro che hanno assistito alle sue lezioni. Inoltre ciò che
colpisce è il suo carattere gentile, la sua modestia e disponibilità.
Questa nuova edizione de Il torace è stata arricchita con alcuni
aggiornamenti nonché resa più accessibile. È un lavoro che ci conduce
attraverso l’anatomia e la fisiologia, la patologia medica, le diagnosi
osteopatiche con la spiegazione di alcune tecniche specifiche. È un libro
capace di aprire molte porte al lettore attento, lasciandolo con il desiderio
di saperne ancora di più.
Nei miei incontri con Jean-Pierre Barral, ho avuto l’opportunità di
rendermi conto personalmente del dono che ha nell’insegnamento. Il suo
modo di pensare “osteopaticamente” colpisce per la sua semplicità e la sua
profondità. Nelle lezioni pratiche, inoltre, riesce a comunicare con
esattezza ciò che vuole che noi recepiamo, quando pone le sue mani sulle
nostre e le guida attraverso la palpazione e il trattamento.
Sono onorata che mi sia stata richiesto di scrivere questa prefazione.
Grazie Jean-Pierre.
Peta Sneddon
D.O., M.R.O.I., Osteopata
Introduzione

l torace ha il compito di proteggere gli organi che racchiude,

I permettendo al tempo stesso gli scambi con le altre cavità; tali scambi
dipendono dalle differenze di pressione intracavitarie e da una buona
armonia di tutti i tessuti componenti. Pierre Mercier dimostra, nei corsi da
lui tenuti, che l’asse generale del torace passa anteriormente al cuore, per
evitare che subisca compressioni e spasmi gravi durante le più svariate
attività. Infatti, il torace difende alcuni organi vitali grazie a un’apparente
rigidità, dovuta a una mobilità complessiva risultante dalla somma di
innumerevoli micromovimenti. Le numerose parti articolari che lo
compongono sono in grado di assorbire i violenti colpi provocati da
incidenti.
La medicina manuale tende a privilegiare le articolazioni vertebrali a
scapito di quelle toraciche, nonostante queste ultime siano le più esposte in
caso di traumi. Uno degli obiettivi di questo libro è valorizzare e
analizzare tutto il sistema osteo-articolare toracico per dedurne le
manipolazioni più adatte. Nelle precedenti opere dedicate alle
manipolazioni viscerali, abbiamo studiato le connessioni toraco-
addominali, insistendo sulla giunzione esofago-cardio-tuberositaria. In
questo libro il nostro interesse si sposta sulla giunzione cervico-toracica e
il relativo complesso miofasciale.
Manipolare una colonna vertebrale, nei frequentissimi casi di disturbi
vascolari dello stretto, è spesso utile ma non sufficiente poiché tutto il
sistema circolatorio cervico-toracico dipende, in parte, dalle fasce che
mantengono beanti le vene e i canali linfatici. Una fissazione
dell’aponevrosi cervicale media può provocare disturbi vascolari vertebro-
basilari invalidanti; in questi casi le sole liberazioni osteo-articolari non
bastano. I punti di inserzione pleuro-cervicali sono frequentemente stirati
negli incidenti automobilistici, comportando fissazioni pleuriche del gioco
articolare cervicale. In questo caso è opportuno manipolare i ligamenti
sospensori della pleura piuttosto che la colonna cervicale, per evitare di
provocare una nevralgia cervico-brachiale. Il nostro intento è cercare di
risolvere problemi di questo tipo.
Per realizzare il presente volume ci siamo basati sulle dissezioni da
noi eseguite per evitare di essere condizionati da principi puramente
teorici. È essenziale sperimentare direttamente sul cadavere gli effetti di
traumi e affezioni respiratorie sui tessuti molli del torace. Ma questo
lavoro di laboratorio, essendo basato su un’anatomia immobile, non deve
soppiantare gli insegnamenti della pratica clinica quotidiana, infatti, come
abbiamo sempre affermato: “La mano domina”. Il problema di un paziente
ammalato non si risolve sulla carta, le tecniche che riportiamo sono state
applicate varie volte e i test sono stati eseguiti “in vivo”.
Come di consueto, ci siamo avvalsi di radiografie e, in
quest’occasione, anche della TAC per dimostrare che, durante certi
movimenti, lo stretto toracico ha per sua natura un’ampiezza limitata. Le
esperienze fatte con l’ecodoppler hanno dimostrato l’efficacia di manovre
specifiche, ma anche l’estrema labilità degli effetti delle compressioni
vascolari dello stretto. Il flusso arterioso sottoclaveare può essere
disturbato in vari modi da un giorno all’altro e talvolta persino da un
momento all’altro in funzione: della posizione assunta durante il sonno o il
lavoro, dello stato emotivo, dell’attività ormonale ecc. Di conseguenza, in
assenza di disturbi oggettivi, al paziente vengono attribuiti tutti i sintomi di
uno stato depressivo. La TAC ha ampiamente mostrato che basta
pochissimo per provocare una tensione dello stretto e per questa ragione le
conclusioni di un ecodoppler sono, a volte, da interpretare attentamente.
La minima fissazione tissulare, insignificante in un’altra regione,
rivestirà qui un’importanza tale da comprimere un sistema vascolare di
grandi proporzioni e portata.
Spetta a noi essere in grado di esaminare il torace e il suo contenuto.
Capitolo 1
Parte generale
Indice

CAPITOLO 1

Anatomia toracica
La struttura rigida
La struttura molle
La struttura viscerale

Le origini delle lesioni toraciche


Gravidico e ostetrico
Traumatico
Viscerale
Chirurgico
Infettivo
Invasivo

La predominanza vascolare dello stretto


Concetti di base

Anatomia toracica
a conformazione di un torace può sembrare paradossale in quanto la

L sua apparente rigidità contrasta con migliaia di movimenti che, a


ogni respirazione, coinvolgono le articolazioni di cui è costituito, e
anche perché nasconde e protegge visceri primari in costante movimento.
Il cuore e i polmoni, per esempio, testimoniano l’estrema importanza del
torace che garantisce il movimento e la vita e, al contempo, li protegge
come un guscio.
Il torace si collega alle altre cavità attraverso due iati: lo stretto
cervico-toracico per quanto riguarda il cranio, lo iato addominale per
quanto riguarda l’addome. Questi iati sono punti deboli colpiti da
significative diversità di pressione e rilevanti tensioni meccaniche su tutti i
tessuti molli che li proteggono e li compenetrano. Nelle precedenti opere
abbiamo già studiato la giunzione esogafo-cardio-tuberositaria perciò, non
intendendo ripeterci, la considereremo già nota.
Studieremo alcuni punti chiave del torace, analizzandoli
dettagliatamente nei diversi capitoli del libro.

LA STRUTTURA RIGIDA
Il torace appare come una struttura rigida ma è costituito da almeno 150
articolazioni che gli conferiscono una flessibilità sorprendente. Una costa
mediana, per esempio, ha ben 6 articolazioni con le relative connessioni.
Spesso, in medicina manuale i terapeuti privilegiano il sistema osteo-
articolare vertebrale, a scapito di quello toracico, sicuramente molto più
esposto a ogni genere di trauma. Basti pensare che a ogni inspirazione
vengono coinvolte più di 150 articolazioni e una sola fissazione è in grado
di disturbare tutto il sistema meccanico, in maniera asintomatica, talmente
numerose sono le compensazioni possibili. Agli appassionati di numeri
ricordiamo che ogni giorno, per la sola respirazione, le articolazioni del
torace eseguono più di 3 milioni di movimenti.

LA STRUTTURA MOLLE
I visceri sono circondati da un sistema fasciale che li protegge e assicura
loro, al tempo stesso, una grande mobilità. Basti pensare ai 100 000
movimenti cardiaci quotidiani.
La struttura molle è contenuta e sospesa al torace cosicché ogni
fissazione del torace può aver effetti sugli organi che racchiude e
viceversa.
Per esempio, una lesione intercostale può fissare una porzione
pleurica in virtù dei rapporti tra gli intercostali interni, i sottocostali e la
pleura. La struttura molle è abbastanza pesante, i polmoni pesano circa 1,3
kg, ma fortunatamente la pressione sub-atmosferica intratoracica permette
ai polmoni di esercitare una trazione effettiva di poche centinaia di grammi
soltanto.

LA STRUTTURA VISCERALE
Costituita essenzialmente dal cuore e dai polmoni, possiede una mobilità
stupefacente. Qualsiasi coinvolgimento del suo sistema sospensore e di
contenimento può, a lungo andare, comportare una patologia organica vera
e propria. Ma i suoi organi possono anche sviluppare patologie intrinseche
che sono oggetto del nostro studio. Gli altri organi del torace, come il timo,
sono ancora piuttosto sconosciuti e non siamo in grado di fornire prove
sull’efficacia delle nostre tecniche. Una fissazione costale o pleurica
liberata, comporta un immediato miglioramento della capacità respiratoria,
ma come dimostrare gli effetti di un intervento sul timo? Soprattutto
quando, durante le dissezioni, ci si rende conto dell’esigua parte che ne
rimane a una certa età. Che significato ha stimolare il timo?

Le origini delle lesioni toraciche


Si riscontrano principalmente sotto forma di postumi di lesioni
meccaniche, infettive e tumorali, a volte interdipendenti. La diagnosi è
spesso difficile. Analizziamo per esempio un dolore toracico sinistro
localizzato in prossimità della 4a costa: si tratta di un problema di seno, di
cuore, di polmone o della 4a costa stessa? Sono queste le situazioni con le
quali un osteopata si confronta. I disturbi più importanti che colpiscono il
torace si possono dividere essenzialmente in sei categorie.

GRAVIDICO E OSTETRICO
Qualsiasi malposizione “in utero” ha effetti sul torace, effetti che si
traducono in scoliosi con deformazione toracica con conseguenti problemi
dello stretto toracico e dello iato. Per esempio, nei bambini in posizione
podalica si riscontra spesso un torcicollo congenito.
Quest’ultimo, essendo piuttosto una fissazione della giunzione
cervico-toracica, è difficile da diagnosticare subito. Il bambino tiene la
testa in flessione latero-rotata sempre dallo stesso lato. Si tratta di bambini
nei quali si riscontra generalmente un Sotto-Hall positivo e che potrebbero
sviluppare, in seguito, una sindrome dello stretto e uno squilibrio delle
inserzioni cervico-pleuriche con possibilità di cervicalgie e nevralgie
cervico-brachiali “di causa sconosciuta”. Di casi come questi se ne
riscontrano molti, i colloqui non rivelano alcun trauma specifico, le
manipolazioni cervicali praticate non hanno effetto, ma quelle sul torace
superiore alleviano rapidamente i dolori.

TRAUMATICO
Numerosi sono i traumi che colpiscono il torace, per esempio cadute sulle
spalle, il petto o la schiena. La nuca è molto mobile in confronto al torace
e le lesioni si localizzano soprattutto sulla giunzione cervico-toracica,
spesso molto profondamente, vicino alla 1a costa. Queste fissazioni
cervicali basse disturberanno il sistema pleuro-cervicale e fasciale toracico
superiore. Per questo motivo è importante controllare la parte interna della
cavità sottoclaveare. Gli incidenti automobilistici, come vedremo,
provocano molteplici lesioni toraciche, soprattutto quando il paziente ha la
cintura di sicurezza allacciata. Quest’ultima, indubbiamente, gli salverà la
vita ma gli provocherà anche lesioni toraciche alte, estremamente
complesse da trattare.
Il torace possiede una deformabilità straordinaria e le numerose
articolazioni che lo compongono permettono che i traumi si compensino
facilmente, anche dopo un forte urto. Ma a poco a poco, queste lesioni
riemergeranno, a volte anche molti anni dopo l’incidente, con grande
sorpresa dell’interessato.

VISCERALE
Tutte le patologie viscerali interferiscono sul torace e talvolta in modo
curioso.
Abbiamo avuto spesso giovani sportivi che ci hanno consultato per
dolori cervico-scapolari, accusati dopo una corsa di qualche chilometro. I
test di mobilità erano normali e solo i ligamenti cervico-pleurici erano
troppo tesi e fissati. Il colloquio e i test di ascolto hanno rilevato vecchie
lesioni di infezione primaria. Analizzando i fatti, ci si rende conto che la
corsa aumenta le tensioni miofasciali, il ritmo e la capacità respiratoria. La
pleura tende maggiormente i propri punti di inserzione e, dato che le
lesioni di infezione primaria sono situate vicino all’apice, il sistema di
inserzioni superiore ha già sofferto e perduto la propria elasticità e capacità
di distensione. Questi esempi dimostrano che il limite tra viscerale e
meccanico è minimo.

CHIRURGICO
La chirurgia toracica implica, senza dubbio, uno squilibrio della mobilità
toracica con conseguente concentrazione e focalizzazione di forze in una
zona particolare del sistema fasciale. Ma qualunque intervento chirurgico,
anche addomino-pelvico, ha un effetto destabilizzante sul torace. Si
riscontrano spesso pazienti che hanno subito più interventi chirurgici
consecutivi: il primo, per esempio, alla vescica, il secondo dopo un anno
per un’ernia inguinale e il terzo due anni più tardi per un’ernia iatale. Noi
osteopati crediamo alle tensioni reciproche. Per questo motivo persino in
caso di reflusso gastro-esofageo, che provoca spesso problemi respiratori,
trattiamo tutte le cicatrici chirurgiche presenti sull’organismo, poiché
possono provocare squilibri alle inserzioni del cardias.

INFETTIVO
Il polmone è il ricettore principale di tutte le infezioni che aggrediscono
l’organismo. I nostri studi di dissezione ci hanno mostrato la frequenza di
tali aggressioni. Dopo ogni infezione si forma del tessuto cicatriziale che
disturba la mobilità pleuro-polmonare nel suo complesso. Alcuni pensano,
senza però dimostrarlo, che le vaccinazioni, oltre al loro effetto protettivo,
possano provocare lesioni parenchimatose o una certa predisposizione a
esse.
Senza essere di parte, abbiamo potuto sperimentare noi stessi, grazie
ad alcune tecniche di ascolto, che alcuni giovani pazienti in seguito a
vaccinazioni sviluppavano fissazioni pleuro-polmonari non rilevate
precedentemente. Questi episodi non possono in alcun caso costituire una
prova della tossicità o dell’innocuità delle vaccinazioni. Ogni individuo è
così diverso dall’altro che risulta difficile credere a reazioni uguali per
tutti.
In questo paragrafo, riservato ai fattori di infezione, tra le cause di
fissazione bisogna aggiungere l’inquinamento, che per primo attacca il
sistema respiratorio. È senza dubbio uno dei principali fattori responsabili
di numerose lesioni polmonari e della predisposizione del sistema
respiratorio a ogni genere di malattia.

INVASIVO
Infine, il polmone e il torace sono soggetti a svariate invasioni tumorali e
gangliari. Le statistiche sul cancro del polmone sono spaventose. Per
questo motivo, nel Capitolo 4, abbiamo ritenuto opportuno elencare i
sintomi di questa malattia. Presto o tardi capiterà anche a voi di visitare un
paziente affetto da tumore. Allo stadio iniziale della malattia, i segni sono
poco chiari e possono far pensare a una banale algia vertebrale.

La predominanza vascolare dello stretto


È certamente il dato saliente del nostro studio: la maggior parte delle
lesioni toraciche producono effetti sul sistema vascolare dello stretto.
Vedremo che lo stretto ha per sua natura un’ampiezza molto limitata e tutti
gli elementi che racchiude sono compressi: la minima fissazione, che
nell’addome potrebbe essere banale, riveste qui un’enorme importanza.
Capiremo perché l’arteria succlavia è la “regina dello stretto”, ma perché
così spesso si dimentica la sua vena e il relativo sistema linfatico?
Tutti gli esami privilegiano il sistema arterioso, ma il nostro studio,
confermato dalla TAC, dimostrerà che è il sistema venoso quello
principalmente compresso nello stretto. La sua sintomatologia è tanto
subdola quanto invalidante. Nel Capitolo 2 studieremo il ruolo delle fasce
e quello dell’aponevrosi cervicale media nella circolazione venosa dello
stretto, il cui ruolo è sicuramente il meno conosciuto dai terapeuti ma il più
importante. È soprattutto grazie a questa aponevrosi che otteniamo buoni
risultati sulla circolazione vascolare della regione in oggetto.
Capitolo 2
Anatomia applicata
Indice

CAPITOLO 2

Il sistema osteo-articolare
L’articolazione sterno-claveare
L’articolazione acromio-claveare
I ligamenti acromio-claveari
Il ligamento coraco-claveare interno
Il ligamento acromio-coracoideo
Le articolazioni sterno-sternali
Le articolazioni condro-sternali e condro-costali

Il sistema muscolare
Il sottoclaveare
Il triangolare dello sterno
Gli intercostali
I sopracostali
Il diaframma
I muscoli sottoioidei
Gli scaleni

Il sistema fasciale
L’aponevrosi cervicale superficiale
Il muscolo pellicciaio del collo
L’aponevrosi cervicale media
L’aponevrosi profonda o prevertebrale
L’aponevrosi del sottoclaveare
L’aponevrosi clavi-coraco-ascellare
La pleura
L’apparato sospensore della pleura
Rapporti importanti
Note
I punti di inserzione toracici
Gli sfondati
Il pericardio
I ligamenti sterno-pericardici
I ligamenti vertebro-pericardici

I visceri
I polmoni
Le scissure
Il timo
Il cuore
La topografia anteriore del pericardio
La direzione delle coronarie

Il sistema vascolo-nervoso
L’aorta
I tronchi brachio-cefalici
L’arteria succlavia
La succlavia destra
La succlavia sinistra
La porzione extrascalenica
L’arteria vertebrale
La vena succlavia
Il canale toracico
La grande vena linfatica

L’apparato nervoso
Il simpatico cervicale
Il simpatico toracico
Il vago
Il nervo frenico
Il plesso solare
Il plesso cardiaco
Conclusioni
Anatomia applicata

ome nelle nostre precedenti opere, anche in questo caso non si tratta

C di riempire, alla bell’e meglio, qualche pagina di anatomia copiata


qua e là da vari libri. Consideriamo l’anatomia come già nota,
quindi ci occuperemo soltanto di sottolineare i punti chiave e i vari dettagli
indispensabili per la comprensione delle prove di mobilità e dei
trattamenti.
Per quanto riguarda l’anatomia facciamo riferimento agli autori
classici che, fedeli all’anatomia reale, non hanno tentato di trasformarla
per ottenere un buon risultato finale. Ci avvarremo anche dei risultati delle
diverse dissezioni da noi eseguite.
Successivamente affronteremo i seguenti sistemi: osteo-articolare,
fasciale, muscolare, vascolo-nervoso e viscerale. Verranno, inoltre,
evidenziate, man mano che si presenteranno, alcune funzioni poco
conosciute del sistema muscolare e fasciale.

Il sistema osteo-articolare
Riguarda tutto il sistema viscerale e vascolo-nervoso e ci si rende
rapidamente conto che questo sistema articolare è in stretta relazione con
gli organi. Una fissazione dell’articolazione sterno-claveare, per esempio,
potrà ripercuotersi sul cuore, sui polmoni o sul sistema vascolare.

L’ARTICOLAZIONE STERNO-CLAVEARE
Presenta un menisco articolare fibro-cartilaginoso. La faccetta sternale è
rivolta all’infuori, in alto e leggermente all’indietro. La faccetta claveare è
rivolta all’interno, in basso e leggermente in avanti. Le clavicole reggono
la parte superiore dello sterno e fanno opposizione all’infossamento dello
stesso.
È tenuta da quattro ligamenti (Figura 2-1):

Figura 2-1
L’articolazione sterno-claveare (da Testut e Jacob)

• un ligamento sterno-claveare anteriore, i cui fasci medi sono i più


resistenti;
• un ligamento sterno-claveare posteriore, le cui fibre sono oblique
verso il basso e all’interno; è in relazione con i muscoli sterno-
ioideo e sterno-cleido-tiroideo;
• un ligamento interclaveare, sopraclaveare e trasversale: unisce le
parti superiori e posteriore delle estremità interne delle clavicole
riempiendo parzialmente la concavità della forchetta sternale. La
sua faccia posteriore corrisponde al muscolo sterno-costo-tiroideo.
Questo ligamento si tende quando si abbassa il moncone della
spalla, caratteristica che sfrutteremo durante le prove e il
trattamento di questa articolazione. La presenza di questo
ligamento ci obbliga a trattare sempre le due articolazioni sterno-
claveari, in caso di fissazione;
• un ligamento costo-claveare: si estende dalla clavicola,
obliquamente verso il basso e all’interno, fino alla prima cartilagine
costale. È diviso in due lamine, l’una anteriore e l’altra posteriore,
tra le quali è possibile riscontrare una borsa sierosa. La presenza di
questo ligamento rende, in teoria, solide le articolazioni sterno-
claveari e le prime costo-sternali. Ma certi traumi, quali cadute
sulle spalle o compressioni dovute alle cinture di sicurezza,
possono creare fissazioni claveari senza lesioni costali e viceversa.

L’ARTICOLAZIONE ACROMIO-CLAVEARE
Questa artrodia presenta, in un terzo dei casi, un menisco intrarticolare. La
faccetta claveare è rivolta all’esterno e in basso, la faccetta acromiale in
dentro e in alto. La capsula è debole; esistono ligamenti acromio-claveari
propriamente detti, ligamenti coraco-claveari e acromio-coracoidei.

I ligamenti acromio-claveari
Rinforzano la clavicola, le fibre posteriori sono le più resistenti e si
possono dividere in due parti: coraco-claveare superiore e coraco-claveare
inferiore.
Sono trasversali e paralleli al piano della clavicola. È importante
ricordare che il ligamento inferiore scambia fibre con il ligamento conoide.
Il trapezoide: questa lamina fibrosa di spessore compreso tra 3 e 6
mm, si estende dalla parte postero-interna del coracoide alla clavicola, è
antero-esterno e obliquo in alto e in fuori.
Il conoide: il più interno, situato in un piano frontale, è quasi
verticale. Postero-interno, si estende in alto, in dietro e all’interno.

Questi due ligamenti si congiungono e formano, con la faccia interna


della clavicola, una specie di nicchia riempita di tessuto cellulare. Il bordo
esterno del muscolo sottoclaveare è contiguo a questa nicchia e scambia
fibre con questi ligamenti.

Il ligamento coraco-claveare interno


Questo sottile fascio fibroso si estende dalla faccia superiore dell’apofisi
coracoide alla clavicola, al labbro anteriore del solco del muscolo
sottoclaveare dove si confonde con l’aponevrosi di questo muscolo
(Figure 2-2 e 2-3).
Un buon trattamento dell’aponevrosi del muscolo sottoclaveare dovrà
includere uno stiramento coraco-claveare.

Il ligamento acromio-coracoideo
Si estende dalla parte inferiore dell’apice dell’acromion al bordo acromiale
coracoideo.
Ha la forma di un triangolo con fasci: anteriore, medio e posteriore.
Una borsa sierosa si interpone tra il ligamento e la capsula omerale.
È obliquo in alto, indietro e all’esterno.

Figura 2-2
I ligamenti coraco-claveari: il trapezoide e il conoide e relative direzioni (da Testut e Jacob)

Figura 2-3
Orientamento dei ligamenti coraco-claveari: vista dall’alto (da Charpy)

Questo ligamento è spesso privato del proprio ruolo di ligamento


poiché l’acromion, la coracoide e il ligamento acromio-coracoideo
formano una volta osteo-fibrosa sovrastante l’articolazione scapolo-
omerale. Ma lo si trova spesso fissato nei traumi diretti o indiretti della
spalla.

LE ARTICOLAZIONI STERNO-STERNALI
In origine, lo sterno è composto da diverse parti, che si riducono a tre
nell’età adulta: il manubrio, il corpo e il processo xifoideo. Queste tre parti
sono unite tra loro da due articolazioni rudimentali: la sternale superiore e
la sternale inferiore.
La sternale superiore: questa anfiartrosi presenta un ligamento
interosseo che sparisce solamente in età molto avanzata. È situata a livello
della seconda articolazione sterno-costale all’altezza dell’angolo di Louis.
Tale articolazione si può fissare nei traumi diretti: cadendo proni,
sbattendo contro il cruscotto e portando la cintura di sicurezza. Queste
fissazioni sono quasi sempre causa di problemi condro-sternali o condro-
costali superiori associati. La fibrocartilagine della sternale superiore
potrebbe essere paragonata ai dischi intervertebrali. Si continua all’esterno
con il ligamento interosseo della seconda condro-sternale; a volte, si può
riscontare una vera e propria fenditura articolare circondata da una
capsula.
È possibile affermare che non vi sia fissazione sternale superiore
senza coinvolgimento, perlomeno, della seconda articolazione condro-
sternale.
La sternale superiore: questa sincondrosi, ancora più rudimentale,
unisce il corpo sternale al processo xifoideo. Le fissazioni di questa
articolazione sono abbastanza rare, quando si verificano possono
comportare problemi digestivi gastro-esofagei.

LE ARTICOLAZIONI CONDRO-STERNALI E CONDRO-


COSTALI
Lo sterno si articola con le prime sette cartilagini costali; queste
articolazioni sono considerate artroidi. Sono contenute da una capsula,
manicotto fibroso costituito dal pericondrio costale, da un ligamento
raggiato anteriore e da un ligamento interosseo.
Le fibre superiori e inferiori di questo ligamento s’intersecano con
quelle del ligamento vicino. Le fibre medie si intersecano sulla linea
mediana con i ligamenti del lato opposto (Figura 2-4).
Una fissazione condro-sternale comporta, quasi sempre, una
fissazione dell’articolazione opposta e delle articolazioni condro-sternali
sopra e sottostanti.
I fasci del ligamento raggiato si mescolano alle fibre tendinee dei
grandi pettorali, spiegando in tal modo le numerose fissazioni costali di
persone sottoposte a grande sforzo fisico o dei ginnasti.
Sulle facce posteriori si trovano alcuni fasci fibrosi. La 7a condro-
costale è rinforzata da ligamenti costo-xifoidei.
Il ligamento interosseo è una lamina fibro-cartilaginosa che si estende
dalla cresta costale alla cartilagine.
Quando il paziente invecchia, il periostio dello sterno, che si unisce al
pericondrio delle cartilagini costali, si ossifica. La maggior parte degli
anatomisti non crede ai problemi articolari condro-costali, ma c’è
un’enorme differenza tra le conclusioni che si possono trarre da una
dissezione e quelle delle prove di mobilità sperimentate “in vivo”.
L’esperienza clinica ci dimostra, quotidianamente, l’esistenza di reali
problemi articolari o ligamentose di queste articolazioni.
Le articolazioni costo-condro-sternali sono, in teoria, delle sinartrosi
che uniscono l’osso costale e la cartilagine costale. Gli anatomisti
respingono il loro ruolo articolare ma queste articolazioni, grazie alla loro
elasticità, svolgono un ruolo importante per i tutti i movimenti globali del
torace. Si riscontrano vere e proprie fissazioni cartilaginose da non
trascurare a causa dei disturbi meccanici che comportano, anche nei
soggetti più anziani.
Figura 2-4
Le articolazioni costo-condro-sternali (da Charpy)

Il sistema muscolare
Ricorderemo soltanto le inserzioni muscolari dei muscoli toracici di cui ci
serviremo per trattare le patologie intra ed extratoraciche.
Come abbiamo più volte sottolineato, i grandi muscoli ci interessano
poco, in quanto raramente responsabili di lesioni primarie; fungono da
serbatoio di tensione per l’organismo. Una fissazione del trapezio ha
scarso effetto sul quadro generale, eccetto rari casi di strappi miofibrillari
di origine traumatica; il trapezio è lo specchio delle tensioni psicologiche
dell’individuo. Uno stiramento del trapezio determina un buon
rilasciamento ma momentaneo. Perciò, preferiamo interessarci, per
esempio, a una fissazione sottoclaveare, più determinante e patogena.

IL SOTTOCLAVEARE
Questo muscolo è spesso trascurato dai terapeuti, sebbene le conseguenze
di una contrattura o di una fibrosi delle sue fibre siano serie. Lo stretto
toracico ha per sua natura un’ampiezza molto limitata e qualunque
disturbo del sistema muscolare contribuisce a restringerlo ulteriormente, al
punto di creare disturbi del flusso emodinamico.
Si tratta di una specie di cilindro attaccato sotto la clavicola, originato
dalla cartilagine della prima costa e dalla parte più interna della sua
porzione ossea (Figura 2-5). Le fibre muscolari si dirigono verso l’alto, in
fuori e indietro, per ricongiungersi sulla parte mediana della faccia interna
della clavicola. Ha pressappoco la stessa direzione del ligamento costo-
claveare. È contenuto in una sede osteo-fibrosa formata dalla sua
aponevrosi e dalla clavicola.
Le fibre esterne si uniscono in un potente tendine inserito tra il
ligamento conoide e trapezoide. Questo alloggiamento impedisce che il
sottoclaveare si possa manipolare escludendo i ligamenti conoide e
trapezoide.
Abbassa la clavicola e la spalla e quando la spalla è fissata solleva la
prima costa fungendo da inspiratore accessorio. È considerato un
ligamento attivo dell’articolazione sterno-claveare.
Riceve un ramo nervoso dalle coppie cervicali 5a e 6a; questo ramo si
anastomizza con il nervo frenico. Tale innervazione permette di spiegare
come qualunque irritazione del nervo frenico interessi il muscolo
sottoclaveare. Le irritazioni possono essere di origine viscerale (polmone,
fegato, vescicola biliare) o di origine peritoneale, essendo il peritoneo
innervato, in parte, dal nervo frenico nella sua parte superiore.
La faccia inferiore del sottoclaveare corrisponde alla prima costa, alla
vena succlavia, all’arteria succlavia e al plesso brachiale. Anteriormente è
ricoperto dalla spessa aponevrosi clavi-coraco-ascellare e dal grande
pettorale. Posteriormente corrisponde alla sede di origine dello sterno-
tiroideo e alla vena succlavia che rasenta il bordo posteriore della
clavicola.

IL TRIANGOLARE DELLO STERNO


Questo sottile muscolo è disposto a ventaglio; è, piuttosto, muscolo-
fasciale. Origina da una breve aponevrosi dei bordi laterali del processo
xifoideo e dalle parti laterali del terzo inferiore dello sterno e spesso dalla
cartilagine della 4a costa. Da qui le fibre si dirigono in alto e all’esterno
sull’estremità esterna delle 6a, 5a, 4a, 3a cartilagini costali e più raramente
della 2a (Figura 2-6). Sottolineiamo le sue digitazioni inferiori trasversali,
che si estendono alla 6a costa e proseguono con il fascio superiore del
trasverso dell’addome.
Figura 2-5
Il sottoclaveare, i suoi rapporti con il conoide e il trapezoide (da Clemente)

Posteriormente corrisponde alla lamina parietale dello sfondato


anteriore della pleura, a cui aderisce. Alcuni lo considerano un espiratore,
senza però dimostrarlo, noi pensiamo che possa fissarsi nei coinvolgimenti
pleuro-polmonari, colpendo le articolazioni condro-sternali e condro-
costali. Allo stesso modo, le fissazioni del triangolare potrebbero essere
all’origine di dolori intratoracici latenti, che sfuggono a ogni diagnosi, e di
irritazioni di tipo peritoneale dovute a un’irritazione delle fibre superiori
del trasverso dell’addome.
Figura 2-6
Il triangolare dello sterno, direzione delle fibre (da Charpy e Nicolas)

GLI INTERCOSTALI
Esistono undici intercostali esterni e undici intercostali interni (Figura 2-
7).
Gli intercostali esterni: posteriormente partono dalle articolazioni
costo-vertebrali e si fermano, anteriormente, a livello delle articolazioni
condro-costali, dove le loro fibre carnose diventano aponeurotiche. Sono
obliqui, dall’alto in basso e da dietro in avanti.
Gli intercostali interni: partono dallo sterno e si fermano,
posteriormente, verso l’angolo posteriore delle coste. Sono in stretti
rapporti con l’aponevrosi endo-toracica e la pleura. Sono obliqui, dall’alto
in basso, da avanti indietro.
I sottocostali: sono situati tra la pleura costale e gli intercostali
interni, a 2 o 3 cm all’esterno delle articolazioni costo-vertebrali.
Semiaponeurotici, semimuscolari, si staccano dalla faccia interna di una
costa per unirsi alla faccia interna della costa sottostante o della
successiva. In genere, si trovano soltanto sulle coste mediane. I sottocostali
e il triangolare dello sterno fanno proseguire fino al torace il muscolo
trasverso dell’addome. Sono obliqui verso il basso e all’interno.

Figura 2-7
Gli intercostali, loro direzioni

Gli intercostali sembrano avere la funzione di regolatori della


pressione, evitando le depressioni intercostali durante i movimenti
respiratori importanti. Attenuerebbero le variazioni di pressione
importanti, formando una sorta di “timpano toracico”, come in caso di
tosse o di starnuti. Sono quasi sempre sclerotici nelle affezioni pleuriche,
come abbiamo potuto constatare nel corso delle dissezioni.
Gli intercostali sono la continuazione dei muscoli piccolo obliquo e
grande obliquo dell’addome. Alcuni pensano che i sottocostali svolgano il
ruolo di tensori pleurici.

I SOPRACOSTALI
Corti, appiattiti, triangolari, si estendono dalle apofisi trasverse dell’ultima
cervicale e dalle prime undici dorsali alle dodici coste. Poirier li suddivide
nel modo seguente: i sopracostali corti in fasci interni che si estendono
fino alla costa sottostante, i sopracostali lunghi in fasci esterni più lunghi
saltando una costa (Figura 2-8).
I sopracostali corti: si estendono dall’apice dell’apofisi trasversa alla
costa immediatamente sottostante. Il primo si estende da C7 alla prima
costa e l’ultimo da D11 alla 12a costa.

Figura 2-8
I sopracostali, loro direzioni (da Charpy e Nicolas)

I sopracostali lunghi: più esterni, si trovano soprattutto negli spazi


intercostali inferiori. Uniscono le apofisi trasverse, saltano una costa e due
spazi intercostali per unirsi all’angolo posteriore della costa. In teoria ce ne
sono quattro: il primo si estende dalla trasversa della 7a alla 9a costa e
l’ultimo dalla 10a trasversa alla 12a costa.
Abbiamo descritto brevemente i muscoli sopracostali poiché, secondo
la nostra esperienza, si trovano spesso fissati nei coinvolgimenti pleuro-
polmonari. I test di mobilità della colonna vertebrale sono, in questi casi,
relativamente buoni. Le coste sono fissate non a livello delle articolazioni
costo-vertebrali ma a livello degli angoli posteriori: in tal modo è difficile
spingere l’angolo costale in fuori e in avanti.

IL DIAFRAMMA
Vi risparmieremo le numerose descrizioni di questo muscolo inspiratore
principale. Non si può, ovviamente, contestare il suo ruolo importante,
tuttavia non crediamo molto alle fissazioni patogene del diaframma o di
parte di esso.
Il diaframma, come tutti i grandi muscoli, funge da serbatoio di
tensione per l’organismo. I vari squilibri dell’organismo, di origine
psicologica o metabolica, possono fissare il diaframma. I sintomi sono una
limitazione della corsa di un emidiaframma o dell’intero diaframma.
Ottimi sono i benefici che si possono trarre dalle varie tecniche di
rilassamento o di stiramento. In osteopatia, le fissazioni di un
emidiaframma dipendono quasi sempre da una disfunzione viscerale
omolaterale o da una fissazione vertebrale o costale. Le ipomobilità di
tutto il diaframma sono dovute soprattutto a problemi psicologici o di
debolezza generale della persona.
Quando D12-L2 sono fissate le manipolazioni vertebrali producono
un effetto benefico sul diaframma.

I MUSCOLI SOTTOIOIDEI
Li trattiamo prima del sistema fasciale poiché, oltre al ruolo muscolare,
svolgono anche un ruolo di fascia attiva, rinforzando in particolare
l’azione dell’aponevrosi cervicale media.
Questi quattro muscoli sono disposti su due piani, il piano
superficiale comprende lo sterno-cleido-ioideo e l’omoioideo che
teoricamente rappresentano lo stesso muscolo. La parte mediana di questo
muscolo è diventata via via fibrosa prendendo il nome di aponevrosi
cervicale media. Il piano profondo è costituito dallo sterno-tiroideo e dal
tiro-ioideo (Figura 2-9).
Figura 2-9
I muscoli sottoioidei (da Charpy e Nicolas)

Lo sterno-cleido-ioideo: origina dalla faccia posteriore dell’estremità


interna della clavicola, dal ligamento costo-claveare e dallo sterno, si
estende obliquamente in alto e all’interno e si inserisce sul bordo inferiore
dell’osso ioide.
L’omoioideo: origina dal bordo superiore della scapola proprio
all’interno della cavità coracoidea. Si estende in alto e all’interno fino al
bordo inferiore dell’osso ioide.
È avvolto a guaina dall’aponevrosi cervicale media con la quale
scambia fibre.
Lo sterno-tiroideo: origina dalla faccia posteriore del primo tratto
dello sterno e dalla faccia posteriore della cartilagine della 1a costa e, per
mezzo di alcune fibre, anche della cartilagine della 2a costa. Si dirige
obliquamente, in alto e in fuori, inserendosi sui due tubercoli della faccia
esterna della cartilagine tiroidea.
Scambia fibre con lo sterno-cleido-ioideo.

Figura 2-10
Gli scaleni e il tubercolo di Lisfranc, rapporti con i vasi sottoclaveari (da Charpy e Nicolas)

Il tiro-ioideo: prolunga lo sterno-tiroideo estendendosi dalla


cartilagine tiroidea all’osso ioide.
La contrazione di questi muscoli provoca l’abbassamento dell’osso
ioide e soprattutto la sua fissazione, permettendo, in tal modo,
l’abbassamento della mascella. Fissando l’inserzione inferiore dei muscoli
della regione sottoioidea, questi muscoli possono intervenire
nell’abbassamento della mascella.
Hanno anche un ruolo di fascia attiva e di tensori dell’aponevrosi
cervicale media, permettendo di ammortizzare importanti variazioni di
pressione che potrebbero colpire il sistema venoso cervico-toracico.
GLI SCALENI
Essendo muscoli noti, ricordiamo soltanto le loro inserzioni al fine di
chiarire, più avanti, certi stiramenti specifici (Figura 2-10).
Lo scaleno anteriore: le sue fibre si estendono dai tubercoli anteriori
delle apofisi trasverse di C3-C4-C5 e C6 alla faccia superiore della 1a
costa sul tubercolo di Lisfranc a 2-3 cm dalla sua estremità interna.
Lo scaleno medio: dai trasversi delle sei ultime cervicali si estende
alla parte superoesterna della 1a costa.
Lo scaleno posteriore: dai trasversi di C4-C5-C6 si fissa sul bordo
superiore della 2a costa.
Da notare che la guaina dello scaleno anteriore si unisce a quella del
sottoclaveare per circondare la vena succlavia. Ciò implica che qualunque
trattamento del muscolo sottoclaveare dovrà essere accompagnato da uno
stiramento dello scaleno anteriore.

Il sistema fasciale
Il sistema fasciale toracico riveste una grandissima importanza che
analizzeremo unitamente a ogni fascia. Oltre ai ruoli che gli riconosciamo,
svolge anche quello di tensore della pleura e di attivatore veno-linfatico,
durante la respirazione.
Le aponevrosi non hanno tutte la stessa importanza e per questo
motivo le abbiano selezionate in funzione del loro interesse in osteopatia.
Non è possibile evidenziare le conseguenze di una fissazione della fascia
superficiale e coloro che hanno potuto praticare o assistere a dissezioni
sanno che questa fascia è troppo sottile per dare disturbi all’organismo.
Infatti ha lo spessore di un sottile foglio di cellophane morbido.
L’aponevrosi cervicale media, quella clavi-coraco-ascellare e la
pleura, a causa dei problemi che le loro fissazioni comportano, sono quelle
di maggior interesse. Tratteremo le altre solo superficialmente.

L’APONEVROSI CERVICALE SUPERFICIALE


L’esperienza clinica ci ha fornito pochi elementi per poterle attribuire
particolare importanza. È superficiale, sottile e presenta pochi punti di
inserzione longitudinali. Tuttavia, un punto di inserzione importante è
situato sul grande corno e sul bordo inferiore del corpo dell’osso ioide e
sull’apice dell’apofisi ioidea.

IL MUSCOLO PELLICCIAIO DEL COLLO


Incrocia a X lo sterno-mastoideo in una guaina lamellare proveniente dalla
fascia trasversale e dalla pelle. Si unisce alla faccia anteriore del
mascellare.
Questo muscolo “d’espressione” svolge il ruolo di aponevrosi attiva
che, attraverso le sue variazioni di tonicità, attenua gli effetti della
pressione atmosferica sulla vena giugulare esterna e le vene che si
estendono alla cavità sottoclaveare. Meno importante dell’aponevrosi
cervicale media, la sua contrazione espande il collo e dilata i vasi. Il
muscolo pellicciaio del collo e l’aponevrosi cervicale superficiale operano
in sinergia.

L’APONEVROSI CERVICALE MEDIA


È, a nostro avviso, uno degli elementi essenziali della giunzione cervico-
toracica in quanto le sue fissazioni producono moltissime conseguenze sul
sistema circolatorio.
Si estende da un omoioideo all’altro. La sua inserzione inferiore
avviene sulla parte della scapola dove si fissano l’omoioideo, il bordo
posteriore della clavicola, la cartilagine della 1a costa, l’estremità interna
della clavicola e la faccia posteriore dello sterno. In alto si inserisce
sull’osso ioide (Figure 2-11 e 2-12).
Figura 2-11
L’aponevrosi cervicale media, proiezione sagittale (da Testut e Jacob)

Si può affermare che si unisce a tutti i punti osteo-fibrosi dell’orifizio


toracico superiore, ma sottolineiamo che si unisce anche all’aponevrosi del
muscolo sottoclaveare. Si fissa, al di sopra degli sterno-ioidei, al labbro
posteriore della cavità sternale e alla faccia posteriore dell’estremità
interna della clavicola. Lateralmente, aderisce al bordo anteriore dello
sterno-mastoideo. Talvolta, in questa aponevrosi sono presenti fibre
muscolari tra la clavicola e l’omoioideo.
Deriva da un antico muscolo uniforme, dissociato e trasformato nei
mammiferi primari. Si pensa sia un muscolo cleido-ioideo. Appare al sesto
mese fetale.
L’aponevrosi cervicale media non sembra avere un particolare ruolo
nella sospensione del pericardio e della pleura. Esiste un ligamento sterno-
pericardico superiore, che vedremo in seguito, che si unisce alla faccia
posteriore del manubrio sternale, sulla stessa linea dell’inserzione
dell’aponevrosi cervicale media. Esercitando trazione su quest’ultima, non
solleva il pericardio ma in caso di aderenza o di fibrosi, l’aponevrosi
cervicale media può fissare in parte il pericardio.

Figura 2-12
L’aponevrosi cervicale media, proiezione frontale (da Testut e Jacob)

Le si attribuiscono essenzialmente due funzioni: quella muscolare e


quella circolatoria.
La funzione muscolare: mantiene i muscoli sottoioidei in una
direzione fisiologica. Si tratta principalmente dell’omoioideo, dello sterno-
ioideo, del cleido-ioideo e del tiro-ioideo. Questi muscoli, essendo lunghi,
sottili e, a volte, curvi, hanno bisogno di tutori per svolgere perfettamente
la loro funzione.
La funzione circolatoria: le vene della base del collo attraversano
l’aponevrosi cervicale media per mezzo di canali fibrosi. L’aponevrosi
cervicale media circonda tutti i grandi vasi venosi come i tronchi venosi
brachio-cefalici, le vene tiroidee e le vene succlavie. Dato che l’aponevrosi
è fissata da ogni parte alle ossa, l’osso ioide, la clavicola, lo sterno,
mantiene beanti i canali. Mantenute aperte da un ramo fasciale che le
tende, le vene restano beanti. L’aponevrosi cervicale media svolge il ruolo
di tensore laterale delle vene. Questa apertura venosa permette di percepire
il “vuoto inspiratorio”, facilitando la circolazione venosa toraco-cervico-
cerebrale. Tale apertura aumenta a ogni inspirazione poiché la 1a costa, lo
sterno e la clavicola si allontanano a ogni inspirazione. Le aponevrosi si
tendono soprattutto lateralmente e in avanti, producendo un richiamo
sanguigno. La rigidità relativa di questa membrana tende a neutralizzare la
pressione esterna.
L’elevazione inspiratoria della parte superiore del torace, in alto e in
avanti, tende non soltanto l’aponevrosi cervicale media, ma anche tutte le
guaine vascolari toraciche. Si verifica tensione dell’aponevrosi anche
grazie alla flessione posteriore della nuca. In caso di incidenti chiamati
“colpo di frusta”, viene coinvolta l’aponevrosi media che, come vedremo,
è necessario liberare al fine di ristabilire una buona circolazione venosa
cervico-toracica e cerebrale posteriore.
Da notare che la vena vertebrale è beante per tutta la sua lunghezza
nel canale intertrasversale, e trasmette il richiamo inspiratorio fino alla
diploe del cranio. Una fissazione cervicale può avere conseguenze
sull’apertura della vena vertebrale e disturbarne la circolazione.

L’APONEVROSI PROFONDA O PREVERTEBRALE


Ricopre i muscoli posteriori del collo distribuiti sulla colonna vertebrale in
due gruppi: interni e esterni.
Il gruppo interno comprende il retto anteriore e il muscolo lungo del
collo. La sede interna si estende dalla base del cranio a D3 e si estende dal
ligamento comune vertebrale anteriore ai tubercoli anteriori delle apofisi
trasverse. A volte, scambia fibre con la dura madre.
Il gruppo esterno comprende gli scaleni. La guaina degli scaleni si
fissa ai tubercoli anteriori e posteriori delle apofisi trasverse, lascia passare
i nervi cervicali e diverse vene, per fissarsi sulla 1a costa.
L’aponevrosi prevertebrale è la parte cervicale della fascia endo-
toracica, trasversale e pelvica.
Si riscontra un’espansione aponeurotica che si estende dal bordo
interno della guaina dello scaleno anteriore alla faccia anteriore della
cupola pleurica. Tale espansione fa parte dell’apparato sospensore della
pleura, definito anche ligamento scaleno-pleurico. L’inserzione inferiore
dello scaleno anteriore sul tubercolo di Lisfranc ha un’importanza
considerevole in osteopatia poiché:
– alcune fibre della sua guaina rinforzano l’aponevrosi del
sottoclaveare;
– alcune fibre della sua guaina si mescolano ai ligamenti sospensori
della pleura.

L’APONEVROSI DEL SOTTOCLAVEARE


Questa solida aponevrosi s’inserisce sul bordo anteriore della clavicola per
avvolgere il muscolo sottoclaveare da avanti indietro fino al bordo
posteriore della clavicola. Costituisce la parete anteriore, posteriore e
inferiore della guaina osteo-fibrosa del sottoclaveare, essendo la parete
superiore formata dalla clavicola (Figura 2-13).
L’aponevrosi del sottoclaveare continua con l’aponevrosi cervicale
media e, in basso, con l’aponevrosi pettorale profonda.
Ogni trattamento dell’aponevrosi cervicale media ci obbliga a cercare
una fibrosi o aderenze dell’aponevrosi clavi-coraco-ascellare, che vedremo
in seguito. L’aponevrosi del sottoclaveare, per mezzo delle fibre in
comune con l’aponevrosi cervicale media, ha un proprio ruolo anche nella
circolazione veno-linfatica.
Figura 2-13
L’aponevrosi del sottoclaveare, rapporti con l’aponevrosi cervicale media e la vena succlavia (da
Testut e Jacob)

L’APONEVROSI CLAVI-CORACO-ASCELLARE
Ci aiuterà a tendere l’aponevrosi cervicale media e ad agire sul muscolo
sottoclaveare. Si inserisce, in alto, sulla guaina del sottoclaveare e
sull’apofisi coracoide (Figura 2-14).
Si dirige in basso ricoprendo il triangolo clavi-pettorale, separando il
sottoclaveare dal piccolo pettorale. Circonda il piccolo pettorale,
terminando sulla sua aponevrosi, la pelle del cavo ascellare e l’aponevrosi
brachiale a livello del coraco-brachiale e del bicipite corto; è il ligamento
sospensore dell’ascella del Gerdy.
Questa aponevrosi collega la colonna cervicale e il torace al braccio;
per tenderla, come vedremo, bisogna posizionare il braccio in modo tale da
mettere in tensione il coraco-brachiale e il corto bicipite. Presenta spesso
un rinforzo, il ligamento coraco-claveare interno, che ci obbliga a cercare
accuratamente la mobilità coraco-claveare.

Figura 2-14
L’aponevrosi clavi-coraco-ascellare, proiezione sagittale (da Charpy e Nicolas)

LA PLEURA
Ciò che ci ha maggiormente interessato durante le nostre prime ricerche di
dissezione è stata, senza dubbio, la fascia. Non tratteremo il suo ruolo di
distributore di pressione e descriveremo soltanto la sua lamina parietale, in
funzione dell’importanza che riveste in osteopatia. Ci riguardano
soprattutto i suoi punti di inserzione.
Ricordiamoci che si verificano, abbastanza spesso, fissazioni
pleuriche dovute ai numerosi problemi che possono colpire il polmone:
inquinamento, infezione primaria, pneumopatie varie, pleuriti, tubercolosi,
pneumotoraci, traumi costali e, forse, gli effetti di alcune vaccinazioni.
La pleura è una delle strutture più sollecitate meccanicamente dai
24000 movimenti quotidiani del diaframma, soprattutto nei punti di
inserzione superiori dove le differenze di tensione miofasciali e di
pressione sono considerevoli.
Il foglietto parietale: avvolge tutta la cavità toracica in cui alloggiano
i polmoni, si tratta di un foglietto sottile che aderisce, nella sua parte
inferiore, al diaframma. Insisteremo soprattutto sul sistema sospensore e la
cupola pleurica e, in seguito, vedremo i diversi sfondati.

L’apparato sospensore della pleura


La pleura parietale avvolge la parete polmonare e sfocia su una cupola di
tessuto connettivo chiamato anche sfondato superiore della pleura. In
questo modo la pleura si fissa allo scheletro. Questa cupola connettiva è
costituita da fibre muscolo-connettivali, si riscontrano ligamenti costo-
pleuro-vertrebrali, costo-pleurici e fibre del piccolo scaleno, se è presente,
e altre fasce (Figura 2-15).
Il piccolo scaleno: esistono numerose varianti ma, nei casi tipici, il
piccolo scaleno s’inserisce sulle apofisi trasverse di C6 e C7. Si fissa, in
seguito, al bordo superiore della 1a costa contro lo scaleno anteriore.
Scende tangenzialmente sulla cupola pleurica inviandole fibre.

Figura 2-15
L’apparato sospensore della pleura e la cupola pleurica (da Charpy e Nicolas)

Il piccolo scaleno è un vero tensore della pleura; Zuckerland ha


constatato la sua assenza in 17 casi su 60. Durante le dissezioni da noi
praticate abbiamo spesso trovato in sostituzione, in sua assenza, del tessuto
fibroso con fibre contrattili.
Il ligamento costo-pleuro-vertebrale: si riscontra soprattutto quando
manca il piccolo scaleno, proviene da C6-C7, si attacca alla cupola
pleurica, e termina sulla 1a costa contro lo scaleno anteriore, esattamente
come il piccolo scaleno.
Il ligamento costo-pleurico: si tratta di fibre connettive ispessite che
uniscono la cupola pleurica al collo della 1a costa. Da qui si estende al
bordo anteriore della 1a costa e termina vicino allo scaleno anteriore,
aderendo alla pleura.
Ancora una volta, ci si rende conto dell’importanza dei punti di
inserzione fibromuscolari attorno al tubercolo di Lisfranc dove si
riscontrano

– il punto di inserzione dello scaleno anteriore;


– il punto di inserzione del ligamento costo-pleurico;
– il punto di inserzione del piccolo scaleno;
– il punto di inserzione di un’espansione dell’aponevrosi
prevertebrale;
– il punto di inserzione di alcune fibre della cupola pleurica.

Fasce: le espansioni della fascia prevertebrale e delle aponevrosi


profonde del collo sono connesse alla pleura, trattenendola sulla colonna
cervicale, sul collo della 1a costa e su diversi visceri del torace, come
l’esofago e la trachea.
Si tratta di un piano fibroso diviso in due parti principali: la prima si
unisce da C4 a C7 e s’inserisce sulla cupola pleurica, la seconda si stacca
dall’aponevrosi pretracheale e si fissa sulla parte inferiore della cupola.

Rapporti importanti
Tra l’apparato sospensore della pleura, l’arteria e la vena succlavia e il
ganglio cervicale inferiore esistono rapporti la cui conoscenza è molto
importante.
Esso sale 2 o 3 cm al di sopra dell’estremità interna della clavicola.
Da avanti indietro, sul sistema sospensore appoggiano l’arteria e la
vena mammaria interne, la vena succlavia, l’arteria succlavia, il punto di
origine delle arterie vertebrali e intercostali superiori, il ganglio cervicale
inferiore e i rami più bassi del plesso brachiale.
All’interno del ligamento costo-pleurico, e tra quest’ultimo e il fascio
vertebro-pleurico, esiste una fossetta nella quale, sul fondo, alloggiano il
muscolo lungo del collo, il ganglio cervicale inferiore e l’arteria
intercostale superiore; tra i ligamenti della 1a costa si riscontra una
fenditura in cui passa il 1° nervo dorsale.
Esiste un’espansione aponevrotica che si estende dal bordo interno
della guaina dello scaleno anteriore alla faccia anteriore della cupola
pleurica, cha alcuni Autori definiscono ligamento scaleno-pleurico; il
nervo del sottoclaveare passa sulla sua faccia anteriore.

Note
Si può affermare che il punto di inserzione cervico-pleurico è una delle
regioni più interessanti dell’organismo. La pleura, costantemente in
movimento, ha bisogno di essere mantenuta in alto. Senza questo punto di
inserzione superiore, la mobilità pleuro-polmonare sarebbe fortemente
compromessa. Paradossalmente, la colonna cervicale è molto più mobile
del torace ma funge, al tempo stesso, da punto fisso superiore per il
sistema pleurico.
Gli apparati sospensori del labbro e del pericardio hanno i loro punti
di inserzione fissa sulla colonna vertebrale e, soprattutto, sull’aponevrosi
prevertebrale che si estende da C7 alle prime dorsali. Può anche essere
definito “diaframma cervico-toracico”, è cosparso di orifizi o spazi
cellulosi nei quali passano la pleura, il timo, i grossi tronchi vascolari, la
trachea e l’esofago. La *** parete periferica di questo “diaframma” è
composta, anteriormente, dalla giustapposizione di lamine, quali le
inserzioni sternali e claveari dell’aponevrosi cervicale media, lateralmente
dalle giunture vascolari e posteriormente dalle guaine viscerali e
dall’apparato muscolo-fibroso della pleura.
A nostro avviso, i problemi artrosici della colonna cervicale bassa
non sono completamente spiegati dalla mobilità della colonna cervicale e
dalle linee di gravità. È coinvolta probabilmente anche la tensione
permanente e attiva pleuro-polmonare. Siamo rimasti colpiti, durante il
servizio esercitato nei reparti di pneumologia, dal numero di cervicali
basse sovraffaticate ed erose riscontrate. Si potrebbero incriminare le
tensioni anomale dei muscoli inspiratori accessori ma questo fenomeno si
manifesta soprattutto in caso di ispessimento e di fibrosi pleurica.
Dati i rapporti tra i punti di inserzione pleurici e il sistema vascolo-
nervoso, è facile dedurre le patologie che si potrebbero riscontrare in
questo punto di incrocio altamente strategico, senza dimenticare gli effetti
che provocano sui diversi visceri.
I punti di inserzione toracici
La pleura parietale ricopre la parete sterno-costale in avanti, lateralmente e
in fuori. A questo livello è molto resistente e si raddoppia sulla propria
faccia profonda attraverso la fascia endo-toracica, a causa del cedimento
del tessuto cellulare sottopleurico.
La pleura costale si scolla abbastanza facilmente ed è proprio nei
coinvolgimenti pleurici che si verificano certe aderenze. Spessa e fibrosa,
la pleura può fissare una parte del polmone e addirittura la gabbia costale.
Non descriveremo le pleure mediastiniche in quanto non sono oggetto
di manipolazioni specifiche.

Gli sfondati
In osteopatia, questi sfondati acquistano importanza in presenza di postumi
di patologie pleuriche. In questi casi, le linee di riflessione pleurica
possono ostacolare tutta la meccanica pleuro-polmonare e costo-sternale,
anche in virtù degli scambi di fibre tra i muscoli sottocostali, intercostali
interni e la pleura (Figura 2-16). È interessante conoscere alcuni sfondati
per le specifiche tecniche applicabili.
Gli sfondati anteriori: i due sfondati anteriori sinistro e destro
delimitano tra loro una superficie a X, come due triangoli i cui vertici si
toccano. Nel bambino il triangolo superiore è occupato dal timo che,
nell’adulto, è sostituito da una massa cellulo-adiposa. Il triangolo inferiore
corrisponde al pericardio, a diretto contatto con il piano costo-sternale.
È possibile riscontrare varianti della formazione del triangolo
interpleuro-pericardico, ma si può ritenere che i due vertici si incontrino a
partire dalle articolazioni sterno-costali 3a e 4a, leggermente a sinistra della
linea mediana.
Lo sfondato anteriore destro: per tenderlo è bene ricordare alcune
zone di inserzione importanti sulle quali posizionare le mani:

– l’articolazione sterno-claveare destra;


– la 2a articolazione condro-sternale;
– la 7a articolazione condro-sternale.

Bisogna aggiungere anche la 4a articolazione condro-sternale che


utilizzeremo spesso in virtù della sua corrispondenza con la scissura
orizzontale destra.

Lo sfondato anteriore sinistro:


– l’articolazione sterno-claveare sinistra;
– la 4a articolazione condro-sternale sinistra;
– la 6a articolazione condro-sternale sinistra.

Gli sfondati anteriori aderiscono al triangolo dello sterno, gli


stiramenti di questo muscolo producono effetti sulle fissazioni pleuriche.

Gli sfondati inferiori: le loro inserzioni sono pressappoco uguali, sia a


destra sia a sinistra. Alcuni importanti punti di repere sono:

Anteriormente:
– la 7a articolazione condro-sternale;
– l’8a cartilagine costale;
– la 9a e la 10a cartilagine costale.
Lateralmente:
– in basso: l’11a costa, a 2 o 3 cm dalla sua estremità anteriore;
– in alto: la 9a costa.
Posteriormente:
– all’interno: la 12a costa, lo sfondato fuoriesce posteriormente alla
12a costa da 1 a 1,5 cm.

Figura 2-16
Lo sfondato inferiore destro (da Testut e Jacob)

Durante le manipolazioni ci avvarremo di questa caratteristica per


fissare la pleura;
– all’infuori: alla parte superiore della 10a costa (Figura 2-16).
Studieremo le scissure trattando dei polmoni.

IL PERICARDIO
Questo sacco fibro-sieroso molto resistente misura 14 cm di altezza e 10
cm di larghezza alla base. Lo sterno è separato dal sacco fibroso
pericardico per mezzo del tessuto cellulare molle, concentrato in alto e in
basso, per formare i ligamenti sterno-pericardici superiore e inferiore.
Il timo regredisce intorno all’ottavo anno di vita per trasformarsi in
una massa fibrocellulo-adiposa che separa il pericardio dallo sterno, tra la
1a e la 3a costa. Anche in età avanzata si possono riscontrare, annodati in
questa massa di tessuto, lobuli timici. Alcuni Autori sostengono che il timo
si trasformi progressivamente in ligamenti del pericardio, affermazione
che abbiamo potuto verificare nelle dissezioni praticate.
Con la faccia posteriore il pericardio è in connessione con gli organi
contenuti nel mediastino posteriore e con il livello delle spinose da D4 a
D8. È importante ricordare che, in posizione verticale, D4 passa
leggermente al di sopra del cuore e D8 corrisponde alla parete
diaframmatica e alla punta del cuore.
Il pericardio ha legami importanti con l’esofago, al quale è
strettamente unito da tratti connettivali. La tonaca esterna del pericardio
scambia fibre con il pericardio.
Vedremo, nel capitolo dedicato alla patologia, che la diagnosi
differenziale tra un’esofagite, uno spasmo esofageo e un’affezione
cardiaca è molto complicata (vedi Capitolo 4).
La base del pericardio aderisce al foglietto anteriore del centro
frenico. Ci occuperemo del pericardio solo in quanto fascia e studieremo,
trattando del cuore, la sua esatta topografia.
I punti di inserzione del pericardio: la posizione eretta dell’uomo ha
costretto il pericardio a rinforzare i propri punti di inserzione superiori,
poiché il cuore non può permettersi di essere compresso in certe posizioni.
Secondo Pierre Mercier l’asse generale del torace passa a livello della
parte mediana del cuore: ciò spiegherebbe perché quest’organo è
scarsamente coinvolto nei movimenti del torace.
Il pericardio funge anche da strumento di fissaggio al centro frenico,
impedendo così ai grossi tronchi vascolari spasmi eccessivi durante certi
movimenti. Si riscontrano ligamenti sterno-pericardici e vertebro-
pericardici. Vi sono anche ligamenti freno-pericardici, ma riteniamo siano
poco interessanti da descrivere.

I ligamenti sterno-pericardici
Il superiore o sterno-costo-pericardico: di forma triangolare, s’inserisce
sul manubrio e sulle articolazioni sternali con la 1a costa. Una parte delle
fibre si fissa sul manubrio sternale e l’altra parte sull’aponevrosi cervicale
media; ancora una volta, riscontriamo questa aponevrosi e constatiamo il
suo ruolo primario nella giunzione cervico-toracica.
In posizione verticale e in decubito dorsale questo ligamento è
sospensore del pericardio.
L’inferiore o xifo-pericardico: di forma triangolare, origina dalla base
del processo xifoideo, scambia fibre con il diaframma e si inserisce sulla
parte mediana del diaframma.
Meno resistente rispetto al superiore, è sospensore del cuore in
posizione di decubito dorsale.

I ligamenti vertebro-pericardici
Si inseriscono su un ispessimento particolare dell’aponevrosi cervicale
profonda compreso tra C4 e D4. Alcune fibre si estendono alla parte
anteriore per formare guaine aponeurotiche sull’aorta e sui grossi vasi
della base del collo. La parte sinistra di questi ligamenti è quella più
importante. Per esempio, abbiamo potuto verificare che in seguito a
importanti patologie che coinvolgono il cuore, le fissazioni vertebro-
pericardiche si riscontrano principalmente a sinistra.
Abbiamo già visto, nella descrizione dei punti di inserzione pleurici,
il ruolo dell’aponevrosi prevertebrale in relazione soprattutto a C7, D1 e
D2.
Note: possiamo affermare che soprattutto i ligamenti sterno-costo-
pericardici e vertebro-pericardici svolgono un ruolo importante nel fissare
il pericardio, conferendo alla giunzione cervico-dorsale tutta l’importanza
che riveste in osteopatia. Prima di parlare del ruolo energetico di C7/D1, è
meglio sondare questa regione più a fondo, dal punto di vista anatomico,
per spiegare i buoni risultati ottenuti.

I visceri
Non li descriveremo in dettaglio, analizzeremo solo le loro diverse
particolarità in modo da affinare al meglio le tecniche per ottenere i
risultati migliori.

I POLMONI
Abbiamo sperimentato numerose tecniche per cercare di ottenere gli effetti
desiderati anche sui polmoni, ma solo quelle applicate ai punti di
inserzione pleurici e alle scissure hanno dato risultati apprezzabili. Perciò
non descriveremo i polmoni e cercheremo di semplificare la localizzazione
delle varie scissure che, malgrado la loro varietà, obbediscono a
determinate costanti (Figura 2-17 e 2-18).

Le scissure
La scissura interlobare sinistra: è molto obliqua e si estende dall’alto
verso il basso e dalla parte posteriore a quella anteriore. Superiormente e
posteriormente si estende verso la 4a articolazione costo-vertebrale e
termina, anteriormente in basso, verso la 6a condro-sternale, incrociando
obliquamente la 5a costa. Ricordiamo, al fine delle manipolazioni, che:

– anteriormente è strettamente collegata alla 5a e 6a costa;


– posteriormente è strettamente collegata alla 4a e 5a costa.

La scissura di destra: dall’alto in basso, si dirige verso la 3a


articolazione costo-vertebrale e termina, inferiormente e anteriormente,
verso la 6a costa. Per le nostre tecniche ricordiamo che:

– anteriormente è strettamente collegata alla 6a costa;


– posteriormente è strettamente collegata alla 3a, 4a, 5a, e 6a costa,
dall’interno all’esterno.

La scissura orizzontale: posteriormente si separa dalla scissura


obliqua nella parte interna della scapola, tra la 4a e la 5a costa, e termina
anteriormente poco sotto la 3a articolazione condro-sternale. Ricordiamo
che la parte che ci interessa maggiormente è quella anteriore, in quanto
strettamente collegata alla 3a articolazione condro-sternale e alla 4a costa.
Figura 2-17
Gli sfondati pleurici e le scissure, proiezione anteriore (da Testut e Jacob)

Figura 2-18
Le scissure, proiezione posteriore (da Charpy e Nicolas)
IL TIMO
Questa ghiandola è tuttora abbastanza sconosciuta. Alcuni osteopati
applicano tecniche di pompaggio la cui efficacia non è affatto
dimostrabile. Il timo è, come la milza, un organo non palpabile, se non in
presenza di gravi patologie; la sua stimolazione manuale è ancora teorica
e, fino a oggi, non è stato possibile percepirlo con le tecniche di ascolto a
disposizione.
Il timo è situato nella parte superiore del mediastino anteriore e segue
i movimenti respiratori. Come segnalato in precedenza, evolve durante la
crescita e si trasforma in tessuto cellulo-fibroso, svolgendo il ruolo di
ligamento sterno-pericardico superiore.
Delimitazioni: nel bambino esiste una porzione cervicale che, in
seguito, diventa unicamente intratoracica, in quanto la sua parte superiore
si riduce a una sorta di ligamento tirotimico.
Il limite superiore è la forchetta sternale e quello inferiore, variabile, è
situato attorno al 3° e 4° spazio intercostale.
La sua faccia postero-inferiore corrisponde al pericardio e le sue facce
laterali sono in relazione con la pleura mediastinica e i polmoni.
Il timo è circondato da una capsula fibrosa che aderisce al pericardio
e all’aponevrosi cervicale media, c’è bisogno di sottolineare ulteriormente
l’importanza di questa aponevrosi?

IL CUORE
Non descriveremo l’organo in sé, poiché l’osteopatia non può fare grandi
cose nelle cardiopatie vere e proprie. Si riscontra qualche successo nelle
precordialgie e, a quanto sembra, anche in certe affezioni coronariche, ma
non è possibile fornire la prova dei risultati conseguiti.
Analizzeremo la situazione del pericardio e la direzione delle arterie
coronariche, dato che la proiezione del pericardio si confonde, dal punto di
vista clinico, con la superficie di proiezione del cuore.

La topografia anteriore del pericardio


Riteniamo più interessante questa topografia poiché le tecniche toraco-
pericardiche si eseguono principalmente per via anteriore. Come per lo
sfondato pleurico, anche in questo caso indicheremo i punti di repere
importanti (Figura 2-19). Il pericardio è delimitato:

– superiormente, da una linea che collega la 1a articolazione condro-


sternale sinistra alla 2a articolazione condro-sternale destra;
– inferiormente, da una linea che collega la 6a articolazione condro-
sternale destra al 6° spazio intercostale sinistro, a 6-8 cm circa dal
bordo sinistro dello sterno. Questa linea passa per la base del
processo xifoideo.

Rapporti con la pleura: solo una piccola parte del pericardio ha


rapporti diretti con la parete condro-sternale, il resto è ricoperto dagli
sfondati pleurici anteriori. A dire il vero, la pleura mediastinica non
aderisce direttamente al pericardio, ma attraverso un tessuto cellulo-
adiposo.

Figura 2-19
La topografia anteriore del pericardio (da Testut e Jacob)

La porzione extra-pleuro-polmonare del pericardio assomiglia


vagamente a un triangolo la cui base riunisce le due articolazioni condro-
sternali, il vertice è situato verso la 3a articolazione condro-sternale sinistra
e i bordi laterali seguono gli sfondati pleurici anteriori.
La sola porzione accessibile del pericardio è situata a sinistra, poiché
la parte destra è nascosta dietro lo sterno. Anche questa porzione ha la
forma di un triangolo, il cui vertice corrisponde alla 4a condro-sternale
sinistra, la base alla 6a e 7a condro-sternale sinistra, il lato destro al bordo
sinistro dello sterno e il lato sinistro allo sfondato anteriore sinistro.
È la sola porzione direttamente accessibile del pericardio, dove è
possibile tentare di applicare una tecnica di ascolto.

La direzione delle coronarie


L’arteria coronarica destra è obliqua in basso e a destra formando un
angolo di circa 40° con la linea sterno-xifoidea (Figura 2-20).
Quest’angolo ha inizio, all’incirca, verso la 3a articolazione condro-
sternale sinistra. L’arteria scende nel solco auricolo-ventricolare destro.
L’arteria coronarica sinistra origina dalla base dell’aorta sul terzo
medio del seno aortico, si divide subito in arteria circonflessa, discendente
nel solco auricolo-ventricolare sinistro, e in interventricolare anteriore.
Quella che ci interessa maggiormente è l’interventricolare anteriore
che forma, con la linea sterno-xifoidea, un angolo di circa 20°. Anche
questo angolo ha inizio verso la 3a articolazione condro-sternale.
Occasionalmente, come vedremo nel capitolo dedicato ai trattamenti, ci
occuperemo anche della divisione della coronaria sinistra e dei suoi due
rami.
Figura 2-20
La direzione delle coronarie (da Khale)

Il sistema vascolo-nervoso
Come anticipato nella parte generale, il torace ha inizio a livello dello
stretto cervicotoracico. Lo stretto ha un’importanza cruciale per le
implicazioni vascolari che qualunque fissazione può causare. Manipolare
la colonna vertebrale e i visceri non basta se si dimentica di liberare tutti i
tessuti perivascolari. Anche se tutti gli elementi vascolari sono importanti,
vogliamo sottolineare in particolare l’arteria e la vena succlavie. Tutti gli
esami vascolari di questa regione si focalizzano sull’arteria, dimenticando
che la vena è localizzata prima dell’arteria perciò è la più esposta nelle
lesioni meccaniche dello stretto.
In particolare, ci occuperemo di descrivere la topografia del sistema
vascolo-nervoso utile alle nostre manipolazioni, o che ci consente di
evidenziare determinate particolarità.

L’AORTA
È situata nella parte mediana del manubrio sternale, l’estremità inferiore si
trova a livello della linea che congiunge le tre condro-sternali. L’estremità
superiore raggiunge la 1a articolazione condro-sternale sinistra, in questo
punto si piega indietro e a sinistra. Nell’adulto il punto più elevato che
raggiunge è situato a 2 cm circa dal bordo superiore della forchetta
sternale.

I TRONCHI BRACHIO-CEFALICI
Il tronco arterioso brachio-cefalico: è presente solo a destra. La sua
proiezione sullo sterno occupa la parte mediana dello stesso, limitato in
basso dalla linea che riunisce la parte inferiore delle prime due
articolazioni condro-sternali.
I tronchi venosi brachio-cefalici: il destro corrisponde alla sterno-
claveare destra e alla 1a condro-sternale destra.
Il sinistro corrisponde alla sterno-claveare sinistra e alla parte sternale
sulla linea che congiunge la sterno-claveare sinistra (parte inferiore) alla
parte interna del primo spazio intercostale destro.
Questi tronchi nascono dall’unione delle vene succlavie e delle
giugulari interne; sono circondati da tratti fibrosi generati dall’aponevrosi
cervicale media.

L’ARTERIA SUCCLAVIA
Ripetiamo ancora una volta che riteniamo questa arteria di capitale
importanza. Spessissimo si riscontra compressa all’interno degli elementi
osteo-mio-fibrosi dello stretto toracico, con i numerosi incidenti clinici che
ciò comporta (Figura 2-21).
Figura 2-21
La topografia vascolare sottoclaveare (da Charpy e Nicolas)

A destra si estende dal tronco brachio-cefalico e, a sinistra, dall’arco


dell’aorta. La destra misura 6 cm di lunghezza e la sinistra 8 cm.
La destra è più spostata in avanti rispetto alla sinistra e più
voluminosa. Nella parte mediana, presentano un restringimento, o istmo. Il
diametro è di circa 8 mm.
Le numerose collaterali che originano, spiegano, in parte, la
molteplicità dei sintomi provocati dalla sua compressione, si riscontrano:

– la vertebrale;
– la toracica interna che ha anastomosi con l’epigastrica;
– il tronco tiro-bicervico-scapolare che origina, tra le altre, la
tiroidea inferiore;
– il tronco costo-cervicale che origina, tra le altre, le prime
intercostali.

Le due vertebrali si uniscono per formare il tronco basilare, le varie


collaterali di tale tronco spiegano i problemi di equilibrio imputabili alla
compressione della succlavia.
Il tronco basilare origina:

– la cerebellare infero-anteriore;
– la cerebellare superiore;
– ramificazioni ponto-cerebellari;
– l’uditiva interna;
– la cerebrale posteriore.

La succlavia destra
Origina dal tronco arterioso brachio-cefalico, all’altezza della sterno-
claveare destra (Figura 2-22).

Rapporti
– Anteriormente: la pelle, il tessuto cellulare sottocutaneo, il
pellicciaio del collo, la clavicola, le inserzioni inferiori dello
sterno-cleido-mastoideo, dello sterno-cleidoioideo e dello sterno-
tiroideo.
– Inferiormente a questi muscoli, l’angolo venoso di Pirogoff, dove
nella vena succlavia confluiscono la vena giugulare esterna, interna
e anteriore, la vertebrale e la grande vena linfatica.
– Posteriormente al piano venoso, tre nervi incrociano la faccia
anteriore dell’arteria; in fuori il frenico, all’interno il vago e tra i
due una grossa ramificazione simpatica.

Il nervo frenico le invia un ramo ricorrente che incrocia la sua faccia


inferiore per raggiungere il ganglio cervicale inferiore.
Il vago incrocia l’arteria molto vicino al luogo di origine della stessa,
leggermente all’interno dell’articolazione sterno-claveare, emettendo, a
quest’altezza, il nervo ricorrente.
Le strette relazioni tra l’arteria e i suoi nervi fanno sì che una
compressione vascolare si accompagni, in genere, a una compressione
nervosa, rendendo ancora più estesi i numerosi sintomi dello stretto
toracico.

– Posteriormente: la succlavia destra corrisponde all’apofisi


trasversa di C7 dalla quale è separata dal ganglio cervicale
inferiore, la 1a radice dorsale e il muscolo trasversopleurico.
Figura 2-22
L’arteria succlavia destra

Ciò sottolinea le possibili importanti conseguenze di una fibrosi dei


punti di inserzione cervico-pleurici.

– Inferiormente: corrisponde alla pleura, confermando


l’interdipendenza pleuro-sottoclaveare.

La succlavia sinistra
Proviene dalla parte più arretrata dell’arco dell’aorta, dunque è
intratoracica a sinistra. Tale caratteristica spiega come spesso, nei
coinvolgimenti pleuro-polmonari di sinistra, l’arteria sia compressa da
processi pleurici cicatriziali. Lo possiamo verificare durante le dissezioni.
L’arteria succlavia sinistra emerge a 3 cm all’esterno dell’estremità
della clavicola sinistra.

Rapporti
– Anteriormente: corrisponde alla carotide e all’origine del tronco
venoso brachio-cefalico sinistro che la separa dallo sterno.
– Posteriormente: è separata dalla colonna dorsale solo dal muscolo
lungo del collo.
– Internamente: corrisponde alla trachea e all’esofago, al nervo
ricorrente e ad alcuni gangli linfatici.
– Esternamente: alla pleura mediastinica.

La succlavia si suddivide in tre porzioni: intrascalenica, interscalenica


e extrascalenica, quest’ultima ci interessa maggiormente essendo il nostro
studio arbitrariamente limitato alla giunzione cervico-toracica.

La porzione extrascalenica
Corrisponde alla cavità sottoclaveare dove è meglio accessibile alle nostre
tecniche, ma anche più vulnerabile in caso di traumi (Figura 2-23).
Appoggia sulla 1a costa, nella parte esterna e posteriore del tubercolo
di Lisfranc, dove si inseriscono lo scaleno anteriore, il piccolo scaleno, il
ligamento costo-pleurico, un’espansione dell’aponevrosi prevertebrale e
della guaina del sottoclaveare e infine alcune fibre della cupola pleurica.
Abbiamo già sottolineato i suoi punti di inserzione nel capitolo dedicato
alla pleura.
È possibile la palpazione del tubercolo di Lisfranc a circa 1,5 cm
all’interno del centro della clavicola, spostando il dito avanti e indietro.

– Superiormente e posteriormente è in relazione con il plesso


brachiale che occupa l’angolo postero-inferiore della cavità
sopraclaveare.
– Anteriormente è in relazione soprattutto con la vena succlavia e i
piani di copertura omoclaveare; il pellicciaio del collo, il tessuto
cellulare sottocutaneo, l’aponevrosi cervicale superficiale e media e
l’omoioideo.
Figura 2-23
Rapporti tra i vasi sottoclaveari e la 1a costa (da Testut e Jacob)

La vertebrale, la mammaria interna, il tronco costo-cervicale e il


tronco tiro-bicervicoscapolare hanno origine internamente al bordo interno
dello scaleno anteriore. Dalla vertebrale al tronco tiro-bicervico-scapolare
non ci sono più di 25 mm, a conferma dell’estrema densità e ricchezza
della regione. Ogni compressione può tradursi in svariati sintomi a
seconda della parte vascolare lesa.
Dei rami sopratoracici della succlavia, tratteremo soltanto i rapporti
cervico-toracici dell’arteria vertebrale; le lesioni della vertebro-basilare
sono così numerose e patogene che è necessario accordarle la priorità.

L’ARTERIA VERTEBRALE
Non vorremmo allontanarci dalla struttura toracica, oggetto di questo libro,
ma il principio osteopatico di lesione globale ce lo impone. Com’è
possibile menzionare lo stretto toracico senza parlare del collo e del
cranio? Essendo costretti a limitarci, accenneremo soltanto all’arteria
vertebro-basilare poiché la pratica clinica ci insegna, quotidianamente, che
un coinvolgimento sottoclaveare si ripercuote sul sistema vertebro-
basilare. Tratteremo queste patologie dettagliatamente, in particolare
quelle relative alle vertigini.
Figura 2-24
L’arteria vertebrale

L’arteria vertebrale origina anteriormente all’apofisi trasversa di C7,


tra il muscolo lungo del collo e lo scaleno. Passa poi nell’orifizio
dell’apofisi trasversa di C6 per dirigersi tra l’atlante e l’asse dove descrive
una prima curva. All’interno della parte posteriore delle masse dell’atlante
descrive una seconda curva e attraversa la dura madre tra l’arco posteriore
dell’atlante e il foro occipitale. Termina nel tronco basilare dove va a
irrorare la parte posteriore del cervello, il cervello e l’orecchio interno
(Figura 2-24).

Relazioni alla base del collo


– Anteriormente: la vena vertebrale, l’ansa di Vieussens, il
simpatico cervicale e l’arteria tiroidea.
– Posteriormente: la giugulare posteriore, il ganglio cervicale
inferiore e il primo nervo toracico.
– Esternamente: il ligamento trasverso-pleurico.
– Internamente: la giugulare interna, la carotide primaria, il vago e,
su un piano più anteriore e più profondo, il muscolo lungo del
collo.

LA VENA SUCCLAVIA
È curioso notare che in medicina, quando si tratta lo stretto toracico, ci si
occupa soltanto della patologia arteriosa. La vena succlavia è situata
anteriormente all’arteria che prende lo stesso nome e riteniamo che sia il
primo elemento vascolare a essere leso nei coinvolgimenti traumatici o
cicatriziali dello stretto.
Come abbiamo già sottolineato, la vena succlavia è una vena beante,
apertura dovuta alle aderenze della guaina vascolare alle diverse
aponevrosi.
Al di sopra della clavicola la vena è unita, per mezzo della sua faccia
anteriore, alla faccia profonda dell’aponevrosi cervicale media.
Al di sotto della clavicola è relativamente libera e scivola sulla prima
costa, ciononostante la parte antero-superiore aderisce alla guaina del
sottoclaveare. È circondata, in parte, da una solida fascia che origina
dall’aponevrosi del sottoclaveare, permettendole di unirsi alla faccia
superiore della 1a costa.
Ricordiamoci che questa apertura aumenta durante l’inspirazione e
sollevando il braccio e la clavicola, in assenza di fissazioni. Attraverso le
aponevrosi cervicale e media e quella del sottoclaveare possiamo ottenere
l’effetto desiderato sulla compressione della vena.
La vena succlavia, unendosi alla giugulare interna, forma un angolo
retto, aperto in alto e all’esterno, dal cui vertice fuoriescono la giugulare
esterna e anteriore, la grande vena linfatica a destra e il canale toracico a
sinistra. Questo angolo è chiamato angolo di Pyrogoff. Si trova sul punto
di inserzione claveare dello sterno-cleido-mastoideo, sul suo bordo
esterno.

IL CANALE TORACICO
Raccoglie la linfa di tutta la regione sottodiaframmatica e della metà
sinistra di quella sovradiaframmatica. Termina nella confluenza della vena
sottoclaveare e giugulare sinistre, descrivendo una curva la cui concavità
inferiore è rivolta verso l’arteria succlavia. La presenza di questo canale
collettore giustifica la presenza del ganglio di Troisier, riscontrato nei
coinvolgimenti importanti, se non addirittura gravi, dell’addome.
LA GRANDE VENA LINFATICA
Raccoglie la linfa della metà destra della porzione sottodiaframmatica, per
terminare nella confluenza della vena giugulare interna e succlavia destra.
La presenza di gangli sottoclaveari a destra è, in teoria, dovuta alle
patologie fascio-toraco-mediastiniche ma, come abbiamo potuto
constatare, non si tratta di una regola assoluta.

L’apparato nervoso
Come il sistema arterioso, anche il sistema nervoso di questa regione è
particolarmente ricco e complesso. Ci occuperemo soltanto degli elementi
indispensabili alla diagnosi differenziale e alle nostre tecniche.

IL SIMPATICO CERVICALE
Si estende dalla base del cranio alla 1a costa, unito all’aponevrosi cervicale
media vi aderisce attraverso un foglietto fibroso, inducendo a ritenere che
le fissazioni di questa aponevrosi possano irritarlo. È costituito da tre
gangli di cui tratteremo soltanto l’inferiore, essendo il superiore troppo
distante dal torace e il medio spesso assente.
Il ganglio cervicale inferiore (o stellato): delle dimensioni di un
fagiolo, è situato contro il tubercolo anteriore della trasversa di C7 dal
quale è separato dalle inserzioni del muscolo lungo del collo (Figura 2-
25). È ricoperto dalla succlavia e dall’origine dell’arteria vertebrale. Ha
sede in una piccola nicchia sulla cupola della pleura, tra i ligamenti
vertebro-pleurici, costo-pleurici e il piccolo scaleno, quando è presente.
Figura 2-25
Il ganglio cervicale inferiore e il vago (da Charpy e Nicolas)

Riceve una o due ramificazioni comunicanti dell’ultimo o degli ultimi


due nervi cervicali e un ramo del primo nervo intercostale, racchiudendo
alcune fibre motrici dell’iride. Ciò potrebbe spiegare le miosi omolaterali,
nelle fissazioni di C7/D1 e della 1a costa. Il simpatico cervicale è adagiato
sull’aponevrosi prevertebrale, proprio all’interno dei tubercoli anteriori
delle apofisi trasverse. È unito a essa da un’espansione dell’aponevrosi
cervicale media.
I rami efferenti esterni del ganglio cervicale inferiore accompagnano
l’arteria vertebrale e i relativi vasi venosi prima nel canale intertrasversale
e poi nel cranio.
I rami interni hanno anastomosi con il nervo ricorrente e i nervi
cardiaci medio e inferiore. Il plesso cardiaco è un’associazione del vago e
del simpatico che dà origine, unitamente ad altri, ai plessi coronarici. Tutti
questi rapporti e connessioni possono spiegare le precordialgie funzionali e
gli spasmi coronarici spesso associati alle fissazioni delle prime coste e
soprattutto quella della prima costa sinistra. Emette la maggior parte dei
nervi cardiaci acceleratori del simpatico.
Situato molto in profondità anteriormente alla 1a costo-vertebrale,
nell’angolo formato dall’arteria vertebrale e dalla succlavia, è localizzato
in una nicchia formata da:

– la colonna vertebrale e il muscolo lungo del collo;


– la testa e il collo della 1a costa;
– gli scaleni;
– l’apparato sospensore della pleura.

Per raggiungerlo è necessario comprimere la vena vertebrale, il tronco


tiro-scapolare e l’intercostale superiore.

IL SIMPATICO TORACICO
Il primo ganglio toracico misura da 1 a 3 cm e molto spesso si unisce a una
parte del ganglio cervicale inferiore. Di forma ovoidale e semilunare, nella
concavità corrisponde alla parte postero-interna della succlavia, vicino al
punto di origine dalla vertebrale. È strettamente connesso alla 1a costo-
vertebrale.
Le ramificazioni efferenti essenziali sono i rami polmonari, aortici,
ossei (destinati soprattutto alle vertebre) e esofagei.

IL VAGO
Dal punto di origine bulbare, posteriormente all’oliva, si estende verso il
foro giugulare, il collo e il torace. È situato nell’angolo diedro, aperto
posteriormente, formato dal congiungimento della giugulare interna e dalla
carotide primaria. Prosegue nella guaina comune a questi due vasi, il vago
si riscontra anteriormente ed esternamente al simpatico, precisamente sulla
faccia anteriore delle trasverse di C6-C7.
A sinistra lo si riscontra nel punto di origine della carotide e della
succlavia sinistre, incrocia la faccia anteriore dell’aorta ed emette il
ricorrente sinistro. È situato sulla parte anteriore sinistra dell’esofago con
il quale esce dal torace (Figura 2-25).
Nell’orifizio superiore del torace si riscontra dietro la confluenza
venosa brachio-cefalico, internamente all’arteria succlavia.
I rapporti importanti tra il vago e la succlavia si riscontrano
soprattutto a destra, come vedremo.
A destra passa, anteriormente, tra la vena succlavia e l’arteria
succlavia, posteriormente, originando il ricorrente la cui ansa circonda la
succlavia. Esternamente il frenico circonda lo scaleno anteriore e invia un
ramo anastomotico vicino all’arteria succlavia, al ganglio cervicale
inferiore. Internamente i rami simpatici formano la parte anteriore
dell’ansa di Vieussens.
Le tre anse che circondano la succlavia destra sono:
– il ramo anastomotico del frenico al ganglio cervicale inferiore;
– l’ansa di Vieussens che ha origine dal simpatico;
– il ricorrente, che ha origine dal vago, attaccato alla cupola pleurica
(ciò spiega alcune paralisi laringee unilaterali nelle affezioni
pleuro-polmonari).

È necessario, innanzitutto, localizzare le due carotidi primarie che si


estendono superiormente, esternamente e posteriormente all’uscita del
torace. Questa direzione segue una linea che parte dall’articolazione
sterno-claveare e arriva al cavo parotideo.
Tra il capo sternale e il capo claveare dello sterno-cleido-mastoideo,
la carotide è separata dalla pelle soltanto dall’aponevrosi superficiale e
dall’aponevrosi media.
Taluni sintomi, che analizzeremo nel Capitolo 4, possono essere
attribuiti a alcuni rami del vago, precisamente:

– i rami meningei provocano cefalee parietali;


– i rami sensitivi del condotto uditivo esterno provocano otalgie.

Descriveremo in seguito gli altri sintomi ma ricordiamo sin d’ora che


a destra le compressioni dello stretto si accompagnano spesso a irritazioni
neurogene.

IL NERVO FRENICO
Ha origine, principalmente, dalla 4a coppia cervicale e, secondariamente,
dalla 3a e 5a per estendersi inferiormente, seguendo la faccia anteriore
dello scaleno anteriore. È unito a quest’ultimo per mezzo della sua
aponevrosi (Figura 2-26).
All’estremità inferiore dello scaleno anteriore, circonda il suo bordo
interno nel punto corrispondente allo spazio triangolare, separando i due
capi di inserzione dello sterno-cleidomastoideo: si tratta del triangolo di
Sedillot, punto doloroso nelle nevralgie del frenico (Figura 2-27).
Successivamente, passa tra la vena e l’arteria succlavie.
Perciò il frenico si estende sino al bordo interno del tubercolo di
Lisfranc, del quale ricordiamo la sede: sulla 1a costa, a 1,5 cm all’interno
del centro della clavicola, posteriormente a essa.
L’estremità interna della clavicola, la confluenza venosa di Pirogoff
composta della succlavia e della giugulare nel punto in cui sboccano la
vena giugulare esterna, vertebrale, giugulare posteriore e giugulare
anteriore, a destra la grande vena linfatica e a sinistra il canale toracico.

IL PLESSO SOLARE
È il “cervello addominale” degli antichi anatomisti. Si tratta di una serie di
gangli e di nervi che hanno anastomosi fra di loro; vi si trovano anche
arterie, vene, noduli di sostanze cromaffine, resti surrenali e tessuto
connettivo.
È situato sulla linea mediana della regione epigastrica profonda,
anteriormente all’aorta e ai pilastri del diaframma, inferiormente alla testa
del pancreas e internamente alle capsule surrenali. Il limite superiore è
rappresentato dall’orifizio aortico del diaframma e quello inferiore dalle
arterie renali.

Figura 2-26
Il nervo frenico (da Charpy e Nicolas)

Il plesso solare è, inoltre, costituito dai gangli solari ai quali


appartengono i gangli semilunari, dei quali quello di destra riveste maggior
importanza. Delle dimensioni di un fagiolo, si trovano a ogni lato
dell’aorta e appoggiano sui pilastri diaframmatici.
Quando lavoriamo sul plesso solare, lo ritroviamo molto spesso a
destra della linea xifo-ombelicale, a 2-3 cm inferiormente alla 7a
cartilagine condro-costale destra. Non sappiamo con certezza se si tratta di
una predominanza anatomica destra, ma sappiamo che in quel punto le
reazioni sono più favorevoli.

IL PLESSO CARDIACO
I tre nervi cardiaci simpatici hanno anastomosi con i rami cardiaci del vago
e del ricorrente per formare il plesso cardiaco. Quest’ultimo è situato
attorno all’arco dell’aorta e sulla biforcazione dell’arteria polmonare.
Nelle nostre tecniche, operiamo il plesso cardiaco a sinistra della
linea sterno-xifoidea, attorno alla 3a condro-sternale. Anatomicamente
corrisponde al plesso cardiaco superficiale composto dai nervi cardiaci
superiori del vago e dal nervo sinistro del simpatico. È possibile
individuarlo soltanto per il fatto che è superficiale? Oppure perché è il più
importante dal punto di vista funzionale? Non siamo in grado di dirlo,
comunque è in questo punto che otteniamo i risultati migliori.
Figura 2-27
Il triangolo di Sedillot

Conclusioni
La giunzione cervico-toracica è, dal punto di vista anatomico, di una
ricchezza estrema. Ogni tensione anomala dei tessuti molli anteriori si
ripercuote sul piano vascolo-nervoso, mentre le tecniche osteopatiche
privilegiano ingiustamente il sistema osteo-articolare posteriore. Ci
dedicheremo a esplorare attentamente e descrivere questi tessuti molli
della parte anteriore retrosterno-claveare, dei quali segnaliamo i principali
punti di repere:
• i grossi vasi si trovano internamente all’angolo interno della cavità
claveare dove sono connessi alla cupola pleurica e all’apice
polmonare;
• i cordoni nervosi che originano dal plesso brachiale, si collocano
superiormente e posteriormente all’arteria succlavia. Occupano
l’angolo postero-inferiore della cavità sopraclaveare (Figura 2-28).

Da questa disposizione anatomica possiamo concludere, a grandi


linee, che:

• i traumi laterali cervico-toracici colpiscono maggiormente il


sistema nervoso;
• i traumi anteriori disturbano soprattutto il sistema vascolare;
• i postumi pleuro-polmonari colpiscono più frequentemente il
sistema vascolare.
Figura 2-28
Connessioni vascolo-nervose dello stretto toracico (da Clemente)

Non dimentichiamo che i coinvolgimenti vascolari veno-linfatici sono


più subdoli da diagnosticare e che, ripetiamo, la vena è la prima a essere
interessata nelle compressioni dello stretto toracico.
Ancora una volta, sottolineiamo il ruolo importantissimo del sistema
fasciale per la circolazione veno-linfatica dello stretto toracico, con una
menzione particolare per l’aponevrosi cervicale media.

I punti “chiave”:
• Il tubercolo di Lisfranc situato sulla 1a costa a 2 cm all’interno del
centro della clavicola, inferiormente e posteriormente.
• L’inserzione inferiore dello scaleno anteriore, sul tubercolo di
Lisfranc, separando la vena e l’arteria succlavie.
• Il tubercolo anteriore di C7 dove si situa il ganglio cervicale
inferiore.
• Le apofisi trasverse di C6-C7 e la 1a costa, tra le quali si riscontra
il sistema sospensore della pleura.
• Il triangolo di Sédillot, all’estremità inferiore dello scaleno
anteriore, nello spazio compreso tra i due capi di inserzione dello
sterno-cleido-mastoideo, dove passa il frenico.
• La 4a, 5a, 6a costa, per i loro stretti rapporti con le scissure lobari.
• Le articolazioni sterno-claveari che proteggono e talvolta
comprimono tutto il sistema vascolare cervico-toracico.
Capitolo 3
Fisiologia applicata
Indice

CAPITOLO 3

La pleura
La meccanica pleurica
Le pressioni intrapleuriche
Le variazioni di pressione
Il gradiente verticale di pressione pleurica

Ruolo del sistema miofasciale nella respirazione


Inspirazione
Espirazione

Dinamica del polmone


La circolazione dell’aria
La portata sanguigna polmonare
La ventilazione-perfusione

Conclusioni
Fisiologia applicata

urante tutti i nostri corsi insistiamo sulle differenze di pressione del

D corpo umano. È possibile separare il corpo umano in quattro cavità:


il cranio, il torace, l’addome e il piccolo bacino.
Se si considera la media delle pressioni di queste cavità, solo il torace
ha una pressione definita “negativa”, in quanto, in realtà, è soltanto infra-
atmosferica. Tali pressioni possono essere misurate in centimetri d’acqua.
Il cranio +15, il torace –5, l’addome +15, il piccolo bacino +20;
vedremo, però, che nella stessa cavità si possono riscontrare pressioni
differenti.
Dato che in una nostra precedente opera abbiamo già trattato di
questo gioco di pressioni, ci limiteremo qui a esporre concetti nuovi,
relativi solamente al torace.

La pleura
Durante lo sviluppo embriologico, le due cavità pleuriche sono separate
dalla cavità centrale pericardica dalle lamine pleuro-pericardiche.
Rammentiamo che queste cavità pleuriche continuano con la cavità
peritoneale e anche per questo motivo siamo dunque obbligati a verificare
le tensioni peritoneali dopo ogni coinvolgimento pleurico e viceversa.
La pleura viscerale è composta da un sottilissimo strato di tessuto
connettivo, ricoperto da una pellicola di cellule mesoteliali.
La pleura parietale è costituita da fibre lisce, da fibre elastiche, da
numerosi vasi linfatici e da piccoli vasi. Riccamente innervata, è molto
dolorosa quando irritata. Abbiamo riscontrato varie sincopi gravi durante o
in seguito a perforazioni pleuriche. È molto importante liberare certe
lesioni costali per gli effetti che possono avere sulla pleura.

LA MECCANICA PLEURICA
La pleura viscerale è sottoposta a forze di ritrazione elastica polmonare
che la inducono a ritirarsi verso l’ilo.
Più il volume polmonare è importante, più le fibre elastiche sono tese
e tendono a tornare su se stesse con una forza inversamente proporzionale
alla distensione. Si riscontrano in questo caso le leggi che regolano gli
agonisti e gli antagonisti: per aiutare una mobilità difficile occorre spesso
lavorare sul movimento opposto.
Il foglietto parietale è sottoposto alle forze di ritrazione elastica del
torace, e tende ad allontanarsi dall’ilo polmonare in caso di volume debole
o medio.
I due foglietti sono uniti e contengono solamente 2 ml di liquido
sieroso per consentire il loro scivolamento. Questa quantità minima è
dovuta alle tensioni meccaniche contrarie. Ricordiamo che nella cavità
peritoneale se ne trovano 50 ml.

LE PRESSIONI INTRAPLEURICHE
Uno dei metodi più sicuri per misurare la pressione intrapleurica è inserire,
attraverso la gola, un tubo collegato a un palloncino, collocato nella parte
più bassa dell’esofago intratoracico. L’esofago risiede nel torace, tra i
polmoni e le pareti toraciche. Sottile, contrasta poco la trasmissione dei
cambiamenti di pressione. Questa caratteristica lo rende il luogo ideale per
calcolare le pressioni intrapleuriche. È necessario, tuttavia, non deglutire
ed eliminare le onde peristaltiche che modificano tali pressioni. Le
pressioni intrapleuriche sono state misurate anche immettendo una piccola
quantità di gas tra i due foglietti pleurici, creando in tal modo un leggero
pneumotorace. I due foglietti, in genere, sono strettamente uniti. La
pressione misurata in questi pneumotoraci, con l’ausilio di un catetere ad
aria, dipende dalle forze di ritrazione del polmone e della gabbia toracica,
in quanto la pressione pleurica superficiale è sub-atmosferica.

LE VARIAZIONI DI PRESSIONE
La pressione pleurica varia in funzione del volume polmonare. Nella parte
superiore è sempre negativa, vale a dire l’apice in posizione eretta o
seduta, e la regione sottosternale in decubito dorsale. È uno dei motivi che
spesso ci inducono a scegliere la posizione seduta per le manipolazioni
cervico-pleuriche e il decubito dorsale per manipolare la zona
mediastinica.
Osserviamo ciò che succede durante una respirazione normale
(Figura 3-1A) un’inspirazione profonda (Figura 3-1B) e un’espirazione
profonda (Figura 3-1C). Si tratta del gradiente di pressione pleurica. Le
cifre confermano che la pressione pleurica è sempre negativa nella parte
superiore, dove varia da – 37,5 cm d’acqua in caso di inspirazione forzata
a – 4,5 cm in caso di espirazione forzata.
Ci si rende conto delle considerevoli forze meccaniche contrarie, a
livello delle inserzioni cervico-pleuriche e anche che i coinvolgimenti
tissulari possono disturbare questo gioco di pressioni, colpendo, in tal
modo, l’espansione polmonare.
Da notare anche che nella stessa cavità si può riscontrare una
pressione negativa in alto e una pressione positiva in basso (Figura 3-1C):
ciò dimostra che il campo meccanico delle pressioni è molto complesso.
L’avevamo già sottolineato trattando della cavità addominale dove,
durante un’inspirazione profonda, la pressione intraperitoneale iuxta-
diaframmatica è negativa mentre è positiva nella parte mediana e inferiore.
Il polmone normale si distende di 200 ml circa quando la pressione
intrapleurica raggiunge 1 cm d’acqua: la compliance polmonare è perciò di
200 ml/cm d’acqua. Si può considerare il polmone una sacca contenente
300 milioni di piccole bolle che, sottoposte a variazioni di pressione
pleurica, tendono a collassarsi.
Figura 3-1
Le variazioni di pressione

IL GRADIENTE VERTICALE DI PRESSIONE


PLEURICA
Riassumiamo le forze contrarie che governano il gradiente verticale.

• Il peso del polmone.


• Il peso dell’addome: agisce sul diaframma e la pleura.
Nell’animale, l’eviscerazione diminuisce il gradiente di pressione
pleurica ma l’ablazione del diaframma lo diminuisce ancora di più;
si può facilmente ribattere che per innalzare il diaframma è
necessario innanzitutto resecare i visceri a esso sospesi.
• La gabbia toracica: nell’uomo la compressione manuale della parte
inferiore della gabbia toracica riduce il gradiente verticale. Ciò
sottolinea l’importanza dell’equilibrio delle tensioni reciproche per
una buona armonia tissulare.

Nell’animale il gradiente verticale si può quantificare nel modo


seguente:

• 60% per l’addome e il diaframma;


• 25% per la gabbia toracica;
• 15% per il peso del polmone.

Queste percentuali evidenziano l’importanza del sistema peritoneo-


viscerale addominale sulle pressioni pleuriche. Non si ripeterà mai
abbastanza che l’uomo è un tutt’uno e che, senza trascurare i sintomi,
bisogna imparare ad andare oltre. Abbiamo potuto verificare spesso nella
pratica clinica che la liberazione di un organo aumenta l’espansione
polmonare e l’elasticità toracica.
La presenza di forze che, per il fenomeno della gravità, si
ripercuotono sul peso del polmone, dell’addome e della gabbia toracica, fa
sì che la pressione intrapleurica, in un individuo in posizione eretta, sia
maggiore di 7,5 cm d’acqua alla base rispetto all’apice.

Ruolo del sistema miofasciale nella respirazione


Intendiamo valorizzare i fattori più rilevanti dal punto di vista osteopatico,
sia concettuale sia terapeutico.
Il gas scorre come l’acqua dalle zone di alta pressione verso quelle di
bassa pressione. Affinché si verifichi l’inspirazione è necessario che la
pressione alveolare sia inferiore alla pressione atmosferica.
Nell’uomo, la respirazione normale avviene attraverso una
contrazione attiva dei muscoli inspiratori che espande il torace. Perciò, la
pressione intratoracica o intrapleurica diminuisce, il polmone è teso, gli
alveoli, i condotti alveolari e i bronchioli si dilatano.

INSPIRAZIONE
Gli intercostali esterni: elevano l’estremità anteriore di ogni costa e la
tendono in alto e all’esterno, aumentando in tal modo il diametro antero-
posteriore del torace. La loro contrazione tende gli spazi intercostali
evitando, in tal modo, di essere aspirati durante l’inspirazione.
Nell’uomo, i muscoli che si contraggono durante l’inspirazione sono
essenzialmente 5 o 6 intercostali esterni. Da notare che sono soprattutto i
primi sette spazi intercostali quelli molto ricchi di fusi neuromuscolari,
mentre il diaframma ne possiede pochi, e sono proprio gli spazi intercostali
superiori che meglio rispondono alle nostre tecniche.
I muscoli inspiratori accessori: gli scaleni e gli sterno-cleido-
mastoidei sono i muscoli inspiratori accessori più importanti. Si può
affermare che si contraggono solamente nelle inspirazioni profonde,
ciononostante la loro tensione a riposo è utile per lo stiramento verticale
del torace, equilibrando così le tensioni vertebrali dell’addome.
Gli altri muscoli inspiratori come i miloioidei, i digastrici e i muscoli
delle ali del naso favoriscono l’inspirazione non aumentando il volume
toracico ma riducendo le resistenze allo scorrimento dei gas. Orientano i
vari tubuli e le diverse fasce.
L’aponevrosi cervicale media: si può affermare che è uno degli
elementi importanti nella trasmissione delle differenze di pressione, a
livello cervico-toracico. Come abbiamo visto, si innesta sullo sterno, le
clavicole, le prime coste, i sottoclaveari e tutti i punti osteofibrosi
dell’orifizio superiore del torace favorendo la sua espansione durante
l’inspirazione. Innestandosi anche sulle guaine connettivali dei grossi vasi
della base del collo, del tronco venoso brachio-cefalico, delle vene
succlavie tiroidee ecc., permette di mantenere beanti questi orifizi.
Il vuoto dell’inspirazione può, in tal modo, riflettersi sulla dinamica
veno-linfatica.
Questo sistema fasciale, conosciuto per il suo ruolo statico e
dinamico, è indispensabile alla buona circolazione dei fluidi.

ESPIRAZIONE
È consuetudine dire che i muscoli espiratori sono quelli dell’addome, ma
tale affermazione è vera soltanto durante le respirazioni profonde e rapide,
nelle quali svolgono il ruolo di “armonizzatori” e di trasmettitori di
pressione. Nelle piccole espansioni espiratorie l’organismo reagisce
aumentando l’inspirazione per accentuare la pressione elastica di ritorno.
I muscoli intercostali interni, intercondrali, interossei e intercostali
mediani abbassano le coste spostandole in basso e all’interno. Tendono gli
spazi intercostali per evitare che si incurvino durante le variazioni di
pressione importanti, in caso di tosse, starnuti e deiezione, per esempio.
Anch’essi sono dei regolatori di pressione.
Il diaframma, che è il muscolo inspiratore per eccellenza, mantiene la
contrazione durante l’espirazione affinché il torace possa diminuire
progressivamente di volume, per rilasciarsi poi totalmente.

Dinamica del polmone

LA CIRCOLAZIONE DELL’ARIA
Ogni minuto nei polmoni entrano dai 7 agli 8 litri d’aria ma a causa dello
spazio morto solamente 5 litri di gas fresco entrano negli alveoli ogni
minuto, generando la ventilazione alveolare. Si può affermare che ogni
giorno entrano nei polmoni 10800 litri d’aria in media. Solamente il 5%
del volume d’aria assorbita è scambiato con il sangue.
Dei 5 litri d’aria che entrano negli alveoli, ogni minuto passano nel
sangue 300 ml di ossigeno, sostituiti da 250 ml di CO2.

LA PORTATA SANGUIGNA POLMONARE


Il polmone è l’unico organo che riceve tutta la circolazione sanguigna. In
un polmone, in un soggetto in posizione eretta, le regioni più basse sono le
meglio perfuse, mentre la perfusione è molto bassa all’apice polmonare. In
posizione supina, la portata sanguigna della base del polmone e dell’apice
sono uguali, ma la parte posteriore è più perfusa della parte anteriore. In
decubito laterale, le regioni più basse sono anche le meglio perfuse. Ciò
dipende dalle diverse depressioni idrostatiche all’interno del polmone.

LA VENTILAZIONE-PERFUSIONE
Abbiamo visto che la pressione aumenta nella parte bassa del polmone in
posizione eretta ma le modificazioni della respirazione gassosa sono meno
importanti di quelle del flusso sanguigno. Gli squilibri di ventilazione-
perfusione dipendono dal modo in cui il polmone è contenuto nella gabbia
toracica.
Le pressioni di espansione polmonare sono probabilmente più deboli
nelle zone in declivio, le quali devono resistere al peso di tutto il polmone.
La pressione intrapleurica è più elevata alla base del polmone che
all’apice. Le regioni del polmone in declivio hanno una grande
ventilazione a volume normale, poiché gli alveoli della base hanno un
volume inferiore a riposo e maggiore è la capacità di distensione. Le basi
polmonari svolgono un ruolo di maggior importanza nell’ossigenazione
del sangue arterioso, dato che ricevono più sangue.

Conclusioni
L’apice pleuro-polmonare è importante per le significative diverse tensioni
meccaniche esistenti, dovute ai movimenti respiratori. Una fissazione del
sistema sospensore pleurico può squilibrare tutta la meccanica pleuro-
toracica, colpendo, in tal modo, il gioco delle pressioni intrapleuriche. Tali
diversità di pressione permettono:

• il mantenimento e la coesione viscerale;


• l’armonia delle tensioni miofasciali;
• la buona circolazione dei fluidi: sangue, linfa, liquido extra-
cellulare e liquido cefalo-rachideo, attraverso i fenomeni di
aspirazione toracica e tubulare;
• un miglior rendimento cardiaco;
• una circolazione dell’aria;
• una ventilazione-perfusione;
• un transito esofageo.

Tutti questi elementi possono essere disturbati da un coinvolgimento


del sistema sospensore e tensore della pleura.
La regione inferiore del polmone è importante soprattutto per l’azione
che svolge nella perfusione sanguigna ed è vero che, al di là delle grandi
affezioni pleuriche, in questa regione i problemi meccanici pleuro-
polmonari sono meno importanti.
Capitolo 4
Patologia generale del torace
Indice

CAPITOLO 4

La diagnosi differenziale
Caratteristiche dei dolori meccanici

L’esame generale
Segni generali
L’osservazione del torace
L’ispezione del torace
La palpazione
Le adenopatie cervicali isolate
Atrofia muscolare

Il sistema polmonare
Le vibrazioni vocali
La percussione
L’auscultazione
Le modificazioni del murmure vescicolare
Gli strofinamenti
I sibili
Le anomalie della voce
Le dispnee
La tosse
Le algie toraciche
Origine non respiratoria
Origine respiratoria
Alcune malattie respiratorie
Il pneumotorace spontaneo
Il reflusso gastro-esofageo
L’esofago
Il cancro del polmone
I tumori primari
I tumori metastatici
I tumori del mediastino
La tubercolosi da infezione primaria
I coinvolgimenti diaframmatici

Le patologie cardio-vascolari
Segni generali
Il dolore
La dispnea
La palpazione
La percussione
L’esplorazione vascolare
Il sistema venoso
Il sistema arterioso
Le anomalie del polso
L’ipotensione
Alcune malattie cardiache
Le precordialgie
L’angina pectoris
L’infarto del miocardio
La pericardite
Alcune malattie arteriose
L’aneurisma dell’arco dell’aorta
La coartazione dell’aorta
Significato delle pulsazioni sistoliche anomale
L’arteriosclerosi
L’aterosclerosi
La dissezione dell’arteria vertebrale

Il seno

Conclusioni
Patologia generale del torace

La diagnosi differenziale
Numerose sono le difficoltà di interpretazione dei segni clinici dei dolori
toracici. Ricordiamoci che, a differenza dell’addome, siamo di fronte a un
contenitore, la gabbia toracica, sede di svariate fissazioni osteo-articolari,
che racchiude un contenuto formato da organi essenziali quali i polmoni e
il cuore. Questi organi possono dare numerosi e diversificati sintomi, a
volte simili a quelli del contenitore.
Cercheremo di evidenziare le insidie tipiche di questa regione.
Accanto a segni collegabili senza esitazione a visceralgie, ve ne sono altri,
più subdoli, da valutare con estrema prudenza. Talvolta la peggiore
radiografia vale più delle mani più esperte e, al minimo dubbio, è nostro
dovere affidare il paziente a uno specialista.
L’esperienza quotidiana ci è valsa per cercare di definire, a caratteri
generali, le differenze tra i segni clinici relativi a dolori osteo-articolari e
di altro genere. Ovviamente, ogni affermazione è passibile di
argomentazioni e siamo consapevoli che non esistono lesioni osteo-
articolari pure; facilitare, adattare e compensare sono concetti che fanno
parte del nostro bagaglio professionale ma è utile avere punti di repere
chiari e semplici.

CARATTERISTICHE DEI DOLORI MECCANICI


• Sono attenuati dal riposo e dall’immobilizzazione della parte
dolorante.
• I dolori notturni sono rari, eccezionali tra mezzanotte e le 3 del
mattino, a volte si avvertono dopo le 4 del mattino durante l’attività
vagale dell’organismo.
• Non sono accompagnati da febbre, né da disturbi infettivi né da
gangli.
Non sono accompagnati da disturbi ventilatori, e qualunque
colorazione anomala della pelle, delle labbra e degli occhi è
sospetta.
• Le visceralgie raramente precedono le artralgie. Un’angina può
essere dovuta a una cervicalgia, quando si manifesta dopo
quest’ultima. Al contrario, quando l’angina precede le artralgie,
bisogna essere vigili.
• Un problema meccanico non influenza considerevolmente e in
modo duraturo la pressione arteriosa e il polso. A volte può
succedere, perciò spiegheremo questi fenomeni in dettaglio più
avanti.
• La qualità del dolore non cambia rapidamente. Il dolore meccanico
è latente e può durare a lungo ma quando è iterativo e mutevole, e
soprattutto quando diventa generale, è bene essere cauti.
• Non danno un significativo senso di affaticamento, né sudorazione,
né agitazione e non sono accompagnati da senso di angoscia. Un
dolore che provoca angoscia profonda può essere segno di una
malattia grave.
• Il dolore meccanico è abbastanza localizzato e colpisce solo uno
dei due piani costali o vertebrali.
• Disturbano l’inpirazione senza tuttavia impedirla.
• La tosse, gli starnuti, lo sforzo aumentano il dolore, rendendolo
talvolta difficile da sopportare ma non lo irradiano al torace.
• Le algie meccaniche vertebro-costali sono rarissime nei bambini.
• Aumentano nei movimenti attivi ma durante i test di mobilità sono
relativamente localizzati.
• Nelle algie acute, il paziente assume una posizione flessa
anteriormente, accompagnata spesso da latero-flessione, ma non
soffre di agitazione o palpitazioni.

L’esame generale
Analizzeremo ora gli elementi indispensabili alla diagnosi clinica generale,
mentre nel Capitolo 5 studieremo la diagnosi osteopatica.
Questo capitolo potrebbe sembrare troppo lungo ma ben presto, con
la pratica, gli elementi essenziali riaffioreranno da soli; ricordiamoci che
saremo giudicati più per gli errori che per i successi.
Quando un paziente vi consulta, si tratta sempre di un’algia costo-
vertebrale. Alcune fissazioni osteo-articolari possono spiegare una
dispnea, una fitta al costato, intercostalgie, precordialgie, mediastinalgie
ma a volte questi sintomi celano malattie più gravi per le quali una
diagnosi precoce può essere vitale. Attenzione: i pazienti si rivolgono a noi
quando avvertono i primi sintomi della malattia, perciò bisogna essere
prudenti; se la malattia fosse già a uno stadio avanzato, andrebbero
direttamente dallo specialista.
Abbiamo esitato a lungo prima di scrivere questi paragrafi sulla
diagnosi medica. Si tratta di una parte lunga, tediosa e, in tutta onestà,
avremmo preferito scrivere di ciò che è attinente all’“osteopatia pura”. Ma
è giocoforza constatare che, nella pratica, siamo portati a saper distinguere
quello che ci compete da quello che non ci compete e, a volte, è lecito
nutrire dubbi sulla diagnosi differenziale. C’è chi si basa su questo per
affermare che l’osteopatia dovrebbe esser esercitata solo da medici, noi
crediamo che la diagnosi medica sia difficile, ma di certo non più della
pratica manuale. Ci siamo avvalsi della nostra esperienza clinica
quotidiana, aggiungendo i vari commenti utili alla medicina osteopatica.

SEGNI GENERALI
• attitudini del malato, facies, osservazione del torace;
• febbre, brividi, modificazioni del polso e della pressione arteriosa;
• traspirazione, agitazione, dimagrimento;
• tipo di dolore toracico, localizzazione, inizio, intensità;
• dispnea, polipnea, bradipnea;
• rumori respiratori anomali:
– rantolo (sibilo laringo-tracheale),
– stertore (respirazione rumorosa con russamenti),
– sibili (sibili che accompagnano il murmure respiratorio);
• tosse (ritmo, quantità, qualità, espettorante o non); per esempio, in
caso di insufficienza ventricolare sinistra la tosse è notturna e
peggiora con il decubito.

L’OSSERVAZIONE DEL TORACE


È necessario osservare l’espansione toracica e ovviamente uno squilibro
dell’ampiezza respiratoria dei due emitoraci. Le cause di questi squilibri
possono essere svariate, per esempio, un problema epatico impedisce la
buona mobilità dell’emitorace destro. Una fissazione costale può impedire
una buona mobilità di un emitorace: in tal caso, mantenendo la costa nel
senso della correzione, l’emitorace, in genere, riprende il suo normale
movimento.

L’ISPEZIONE DEL TORACE


• un edema localizzato a una base è segno di pleurite;
• un edema della parte superiore del torace può essere dovuto a una
compressione vascolare mediastinica;
• una circolazione venosa collaterale superficiale unilaterale nelle
regioni claveari può significare una compressione del sistema
veno-linfatico dovuta a tumore o aneurisma mediastinico.

LA PALPAZIONE
Gli osteopati hanno una buonissima capacità di palpazione ma troppo
orientata alle eventuali lesioni osteo-articolari. Nel torace bisogna
riconoscere se il problema è superficiale, profondo, muscolare, nervoso,
mediastinico o viscerale. Perciò è utile conoscere i punti frenici
interscalenici positivi di certi coinvolgimenti neurologici.
I test di mobilità costo-vertebrale sono molto esaustivi ma non
bastano per escludere una patologia più profonda. Prendiamo il caso di una
fissazione costo-vertebrale unilaterale, localizzata a livello delle ultime
articolazioni costo-vertebrali: può segnalare una infiammazione pleurica. È
il segno dei muscoli spinali di Ramond (contrattura unilaterale dei muscoli
paravertebrali a livello delle ultime articolazioni).
È importante saper riconoscere anche il segno di Ruault; appoggiando
le due mani sulle spalle del paziente, sentirete, durante l’inspirazione,
l’espansione irregolare o ritardata di uno degli apici. Può essere il segno di
un inizio di tubercolosi.
I segni di strofinamenti pleurici, accertati con l’ausilio della mano,
sono dovuti all’attrito dei due foglietti pleurici.
Talvolta, alla palpazione si avverte un enfisema sottocutaneo nelle
zone cervico-toraciche laterali che può essere il segno di un pneumotorace.
Ma abbiamo anche registrato una decina di casi di enfisemi sottocutanei
non rilevati dagli esami clinici eseguiti. Tuttavia questi casi avevano in
comune la caratteristica di essere accompagnati da fissazioni della giuntura
cervico-toracica. Perciò abbiamo ritenuto che le fissazioni cervico-
pleuriche potessero anche comportare un enfisema sottocutaneo da sforzo.

LE ADENOPATIE CERVICALI ISOLATE


Sono le più visibili, perciò è bene spiegarle. Le tumefazioni cervicali
laterali croniche o isolate, escluse tutte le tumefazioni infiammatorie acute,
possono segnalare gangli, cisti congenite, tumori neurogeni o vascolari
piuttosto rari. Le cisti congenite sono più frequenti, si riscontrano
soprattutto nei giovani adulti e negli adolescenti e non danno sintomi. Si
tratta spesso di una massa fluttuante e renitente (resiste ma cede
leggermente alla mobilizzazione), nella fase dello sviluppo queste cisti
sono più frequenti ma non dolorose.
Sempre più frequentemente trattiamo bambini affetti da cervicalgie
acute, non imputabili a sforzi particolari o traumi evidenti. I test di
mobilità sono quasi impossibili da eseguire, talmente il dolore è forte. Tali
cervicalgie non si devono manipolare! Alla palpazione si riscontrano
numerosi piccoli gangli che testimoniano un problema infettivo. Queste
cervicalgie spariscono da sole in pochi giorni. Rammentiamo che il dolore
articolare d’origine puramente traumatica è molto raro nel bambino, a
meno che sia la conseguenza di cadute sul coccige o di “piroette”, facendo
ginnastica.
Nell’adulto, la presenza di una tumefazione latero-cervicale o
sopraclaveare (ganglio di Troisier a sinistra) a formazione lenta può
corrispondere alla localizzazione gangliare di una patologia tumorale
maligna. Quando il o i gangli sono latero-cervicali, i problemi sono
cervico-facciali o mediastino-polmonari; quando sono sopraclaveari, sono
situati più in basso, nell’addome. Questa distinzione è comunque piuttosto
teorica. Una patologia gangliare d’origine linfomatosa si riscontra
soprattutto nel giovane adulto, la massa è allora più gangliare o consistente
e polilobata, ma non dura.

ATROFIA MUSCOLARE
Ci capita, ogni tanto, di riscontrare artrofie muscolari parziali o totali alle
quali il paziente è spesso rassegnato e non se ne cura più. Certi
coinvolgimenti virali influenzali possono distruggere una parte del sistema
nervoso periferico. Il paziente ci consulta unicamente per cervicalgie o
nevralgie cervico-brachiali, è necessario perciò ricercare tutti i segni
deficitari. Quando non si riscontra invasione tumorale, il recupero è
spontaneo oppure il muscolo resta paralizzato. Ogni anno riscontriamo 5
casi di paralisi deltoidea, più o meno parziale dovuta a influenza. In questi
casi è opportuno richiedere un quadro clinico completo dei riflessi
deltoidei, bicipitali e tricipitali. Ritroveremo il sistema nervoso nel
Capitolo 5.

Il sistema polmonare
LE VIBRAZIONI VOCALI
• Ogni aumento della densità del parenchima polmonare favorisce la
conduttività delle onde vibratorie.
• Ogni interposizione liquida o gassosa tra il parenchima e la parete
attenua o sopprime le vibrazioni vocali.
• Ogni genere di ostacolo disturba la penetrazione dell’aria nei
bronchi e ogni perdita di elasticità alveolare diminuisce la
conduzione delle vibrazioni.

Il test: si tratta del famoso test “Dica 33”; al paziente seduto si chiede
di dire “33”, arrotando le “r”. Si appoggia il palmo piatto su diverse parti
del torace per cogliere le vibrazioni vocali. Si deve avvertire una
vibrazione parietale leggera, meglio percettibile a destra che a sinistra in
ragione del calibro maggiore del bronco principale e del cuore. Questo test
è più facilmente interpretabile nelle persone con voce grave.

– Un aumento localizzato delle vibrazioni vocali segnala un processo


di condensazione: polmonite, congestione polmonare, tubercolosi,
focolaio d’infarto.
– Una diminuzione delle vibrazioni è sintomo di coinvolgimenti
polmonari leggeri, di un enfisema polmonare o di una stenosi
bronchiale.
– Un’assenza delle vibrazioni significa un versamento di liquido, un
pneumotorace, una pleuro-polmonite e una pachipleurite
(ispessimento della pleura costituito da tessuto connettivo molto
vascolarizzato, presente soprattutto nelle pleuriti croniche).

LA PERCUSSIONE
Permette di apprezzare le varie differenze di sonorità del torace e del suo
contenuto, confrontando sempre i due lati. Bisogna tenere in
considerazione la naturale differenza di sonorità dovuta ai diversi visceri
intratoracici, dato che le regioni cardiache ed epatiche sono più sorde.
Il paziente è seduto, la schiena è ricurva per aprire gli spazi
intercostali posteriori, oppure è in posizione di decubito dorsale, per
auscultare la parte anteriore.
Quando si riscontrano ottusità in luogo di una sonorità vescicolare
normale possono significare:

• una modificazione parenchimatosa,


• una interposizione di liquido parieto-parenchimatosa.

a) Un’ottusità totale significa:

• un focolaio di condensazione polmonare importante, polmonite e


congestione;
• un versamento di liquido localizzato, pleurite o versamento
pericardico, un edema sottopleurico, splenopolmoniti (congestione
del polmone che gli conferisce l’aspetto del tessuto splenico, senza
versamento ma con edema dovuto a un’infezione pneumococcica o
a tubercolosi).

b) Una subottusità significa:

• un focolaio di condensazione profondo ricoperto da una zona


parenchimatosa normale, come negli ascessi polmonari, nelle
congestioni, nelle polmoniti e nei tumori;
• focolai multipli ripartiti in un parenchima sano, broncopolmoniti,
tubercolosi, neoplasie;
• atelettasie (afflosciamento degli alveoli polmonari senza
ventilazione ma con circolazione sanguigna; è lo stato fetale del
polmone) o sclerosi parziali;

c) L’ottusità di una base significa:

• un versamento di liquido pleurico, quando è assoluta e ben


delimitata superiormente ma mobile ai cambiamenti di posizione;
• postumi pleurici, pleuriti e ispessimenti pleurici in caso di ottusità
o subottusità stabile con limite superiore non definito,
indipendentemente dalla posizione del paziente.
d) Un’ottusità anomala significa:

• una distensione enfisematosa del parenchima, quando è bilaterale;


• un pneumotorace, quando è unilaterale;
• uno skodismo (dal nome del medico austriaco Skoda) che ricopre
una zona anomalamente sorda; si tratta di un suono timpanico
leggero in caso di pleurite o di idropneumotorace.

e) Modificazioni dell’area cardiaca ed epatica:

L’area di ottusità cardiaca occupa una zona pressappoco triangolare,


contenuta tra il bordo sternale destro, in basso, la linea orizzontale
dell’ottusità epatica passante per la 5a costa a destra, e a sinistra la
linea obliqua che si espande dal 5° spazio intercostale al 2° spazio
intercostale.
Questa zona di ottusità comprende una zona di ottusità assoluta
localizzata nella parte interna del 4° e 5° spazio intercostale, a
contatto diretto della punta e della convessità del cuore con il torace.
Una modificazione di queste aree si accompagna spesso a una
deviazione viscerale dovuta a significative lesioni parenchimatose, a
ritiri pleurici cicatriziali o a versamenti importanti. Analizzeremo ora
tre elementi da conoscere.

L’angolo di Gerlan: è compreso tra la colonna vertebrale e il limite


superiore di un versamento pleurico passante per l’estremità posteriore
della curva di Damoiseau. Si tratta di un angolo acuto e sonoro.
La curva di Damoiseau: è la curva parabolica, a convessità superiore,
delimitante la parte superiore dei travasi pleurici.
Il triangolo di Grocco: è l’ottusità relativa, dalla forma di un triangolo
osservato dal lato sano, in caso di versamento pleurico unilaterale.
Localizzato lungo la colonna vertebrale, nella parte inferiore del torace,
corrisponde alla ritrazione degli organi mediastinici.

L’AUSCULTAZIONE
Le modificazioni del murmure vescicolare
1) Si riscontrano diminuzioni o assenza di murmure vescicolare in
tutti i fattori che provocano: riduzione della permeabilità all’aria
del parenchima polmonare o diminuzione dell’ingresso di aria nella
zona auscultata.
Si riscontra nell’iperemia, stasi sanguigna, edema polmonare,
perdita di elasticità alveolare, ostruzione bronchiale, distruzione
parenchimatosa e paresi dei muscoli inspiratori.
2) Si riscontra anche in tutte le interposizioni liquide o gassose tra il
polmone e la parete.

Gli strofinamenti
È necessario fare molta attenzione agli strofinamenti: questi rumori
patologici sono dovuti all’attrito dei due foglietti di una pleura infiammata.
La loro sonorità è simile a quella della carta secca o del cuoio nuovo. Gli
sfregamenti non sono né modificati né alterati dalla tosse e sono
percettibili nell’attimo stesso dell’espansione toracica.
Gli strofinamenti sono presenti nella fase iniziale e finale di una
pleurite, quando i due foglietti sono ancora a contatto, o vi ritornano.

I sibili
Sono trasmissioni patologiche sulla parete del rumore glottideo o tracheale
in luogo del murmure vescicolare:

• anforometallico: sibilo di determinati pneumotoraci;


• dolce, lontano, velato, espiratorio, acuto: è il sibilo delle pleuriti. In
“è” indica il limite superiore di un versamento pleurico, laddove il
parenchima polmonare ritorna a contatto con la parete.

Le anomalie della voce

• broncofonia: forte risonanza della voce nel petto;


• pettoriloquia: sembra uscire direttamente dal petto, nello
stetoscopio;
• egofonia: o pettoriloquia tremula e nasale. Il limite superiore del
versamento si localizza nel punto in cui la voce si percepisce
meglio.

Ogni anomalia della voce deve destare prudenza. Potrebbe essere


dovuta a processi di condensazione parenchimatosa, compressione
gangliare o a coinvolgimenti di certi nervi.

LE DISPNEE
Le polipnee: si tratta di respirazioni rapide e superficiali, spesso di
compensazione, ma prolungate e rilevanti, che possono essere sintomo di:
polmoniti, embolie polmonari, pleuriti, pneumotoraci e altri
coinvolgimenti che, per il dolore o la compensazione, diminuiscono
l’espansione respiratoria e ne aumentano il ritmo; ve ne sono anche di
origine cardiaca.
Le bradipnee: la respirazione lenta indica un disturbo all’ingresso o
all’uscita dell’aria inalata e non un’insufficieza funzionale parenchimatosa.
Le dispnee di origine meccanica: nei pazienti con fiato corto, quando
se ne riconosce l’origine costale o costo-vertebrale, è quasi sempre
l’inspirazione a essere disturbata, e il trattamento della zona fissata
permette al paziente di ristabilire, all’istante, l’espansione normale.
Talvolta, nei versamenti pleurici modesti, il trattamento degli spazi
intercostali affetti procura il medesimo miglioramento.

LA TOSSE
• dolorosa: si tratta principalmente di laringo-tracheiti e di inizi di
pleurite secca o pleuriti delle quali aggrava il dolore;
• secca: si tratta soprattutto di laringiti e pneumopatie acute allo
stadio iniziale, antecedente quello secretore; nelle pericarditi e
nelle pleuriti la tosse è chiaramente provocata dai cambiamenti di
posizione;
• convulsa: è sintomo di irritazioni o compressioni mediastiniche,
adenopatie tracheobronchiali, adeniti, affezioni cardiache o più
semplicemente di pertosse, che meglio caratterizza la tosse
convulsa;
• bitonale: si riscontra spesso in caso di irritazione ricorrente, nelle
mediastinopatie o nelle adenopatie tracheo-bronchiali;
• le emottisi: come sappiamo, è categoricamente controindicato ogni
genere di manipolazione. A volte, sono sintomo di tubercolosi, di
una dilatazione dei bronchi, di una stenosi mitrale, di un cancro
bronchiale o di problemi digestivi del tratto superiore.

In osteopatia capita, talvolta, che fissazioni costali o costo-vertebrali


provochino una lieve tosse secca. Si riscontra lo stesso tipo di tosse dopo
una manipolazione definita dog technique, in quanto aumenta il passaggio
dell’aria nei bronchi, si libera una parte del diaframma e, a volte, nelle
regioni costali mediane si distende la pleura agendo sugli intercostali
interni. La tosse si arresta molto rapidamente.
LE ALGIE TORACICHE
Elencheremo alcune algie toraciche di origine non respiratoria e
respiratoria. Non ci si spaventi per questo elenco, redatto semplicemente
sia per dimostrare che i problemi meccanici non spiegano tutto, sia per
ampliare la nostra conoscenza personale.

Origine non respiratoria


Possono ricondurre a:

• dolori osteo-articolari dovuti a traumi diretti e indiretti, dolori


riflessi della colonna cervicale;
• coinvolgimenti neurologici periferici del nervo frenico, vago o
intercostale; herpes zoster, anche in assenza di lesioni vescicolari
cutanee;
• miositi di varia origine;
• osteiti di origine infiammatoria, neoplasica o infettiva;
• problemi della mammella: mastosi, mastiti, mastodinie (dolori
nevralgici del seno di diversa origine, per esempio in caso di
ascessi o di cancro);
• affezioni reumatiche come la spondiloartrite anchilosante;
• manifestazioni cardio-circolatorie, anginose, coronariche,
pericardiche e aneurismatiche;
• affezioni mediastiniche, tumori, malattia di Hodgkin, esofagite,
mediastinite che provocano soltanto un disturbo locale al loro
insorgere;
• proiezioni digestive gastriche, ulcere, gastriti, ptosi, ernie iatali,
ernie diaframmatiche, reflussi gastro-esofagei, aerofagie, aerocolie,
problemi epatici, della cistifellea, appendicolari, splenici,
pancreatici, pielonefriti, salpingo-ovarici ecc.

Come vedremo, certe algie scapolo-omerali sono imputabili al


sistema urogenitale per mezzo del peritoneo. Si pensi ai dolori scapolo-
toracici provocati da culdoscopie e isterografie.

• precordialgie “di origine nervosa” ben localizzate verso il plesso


cardiaco superficiale, la cui proiezione si localizza a livello del 2° e
3° spazio intercostale.

Abbiamo deciso di abbreviare questo lungo elenco, consapevoli


dell’esistenza di numerose altre cause di algie toraciche non respiratorie.

Origine respiratoria
La pleura parietale è molto sensibile, pensiamo a un’origine pleurica:

• nelle algie vertebro-toraciche amplificate dalla tosse e dalle


inspirazioni profonde. Nelle algie dovute a pleuriti siero-fibrinose
acute, i dolori si localizzano verso le basi per risalire fino alla
regione ascellare;
• quando la fitta al costato è più limitata e superficiale, sembra una
nevralgia intercostale nelle pleuriti (pleuriti secche);
• nei pneumotoraci spontanei che analizzeremo in seguito.

Se, invece, è di tipo parenchimatoso solitamente non dà dolori ma


irrita la pleura per contiguità.
La fitta al costato è sottocapezzolare, improvvisa, violenta e intensa
nelle polmoniti conclamate. Quando è localizzata in basso e a destra, può
sembrare un’appendicite, una colecistite o una litiasi epatica o renale.
Nelle polmoniti conclamate, negli ascessi, nei tumori e nella tubercolosi si
riscontrano anche altre possibili localizzazioni, ma limitiamoci a queste.
Nonostante questa lista, l’esperienza clinica ci dimostra che un dolore
vertebro-toracico può nascondere una patologia interna più grave, per
esempio una pleurite secca, un pneumotorace spontaneo, una neoplasia e
una tubercolosi.
Possiamo, infatti, affermare di aver talvolta diagnosticato per primi
malattie di questo tipo, perciò, tra le numerose malattie possibili, ne
descriveremo quelle che si riscontrano più frequentemente.

Alcune malattie respiratorie


In teoria, i pazienti ci consultano soprattutto per artralgie e quasi mai per
affezioni viscerali intratoraciche. Ma determinati sintomi di malattie
cardio-respiratorie, nella loro fase iniziale, sono molto simili a quelli dei
problemi meccanici del torace. Come controindicazione a ogni tipo di
manipolazione si cita sempre l’inevitabile malattia di Pott (tubercolosi
vertebrale); in realtà, i sintomi sono piuttosto evidenti e quanti sono i casi
della malattia di Pott oggigiorno?
Al contrario, abbiamo visto diversi pazienti, affetti da cancro o
tubercolosi, consultarci per dorsalgie, periartriti scapolo-omerali,
cervicalgie o lombalgie. Una diagnosi precoce può trasformare una
condanna definitiva in speranza. Per questo motivo bisogna essere in grado
di riconoscere alcune importanti patologie; essere esperti nell’uso delle
mani non giustifica un errore di diagnosi.
Tanti sono i dubbi di un medico che esita tra una coronarite, un
infarto poco sintomatico, una fissazione condro-sternale o una
precordialgia da ansia. Abbiamo scelto alcune malattie riscontrate nella
pratica quotidiana; anche un pneumotorace da sforzo può dare gli stessi
sintomi di una fissazione C7/D1.
Anche se la possibilità di riscontrarle è minima, la soddisfazione di
essere di aiuto ai nostri pazienti dovrebbe prevalere sugli sforzi necessari
per acquisire queste conoscenze. Incominceremo dalle malattie
respiratorie, successivamente tratteremo quelle cardiovascolari.

IL PNEUMOTORACE SPONTANEO
Abbiamo registrato 6 casi di pneumotorace spontaneo. I pazienti ci
avevano consultato per cervicalgie o dorsalgie alte con irradiazioni
intercostali anteriori o posteriori. Sottolineiamo, in particolare, 3 casi
dovuti agli sforzi sostenuti dai pazienti per contrastare il forte vento,
praticando windsurf.
I test di mobilità evidenziavano fissazioni muscolo-ligamentose della
giunzione cervico-dorsale, senza tuttavia impedire il movimento; tali
fissazioni erano più frequenti a sinistra. I segni respiratori erano molto
deboli o addirittura inesistenti. Ci dedicheremo più approfonditamente alla
diagnosi differenziale nel Capitolo 5.
Si tratta spesso della rottura, nella pleura, di bolle enfisematose
sottopleuriche o di una fissurazione polmonare provocata da una costa
fratturata che ha perforato la pleura. La rottura pleurica e alveolare è
talvolta la conseguenza di una compressione o di uno stiramento brusco e
rapido della parete toracica, se gli alveoli sono dilatati e la glottide si
forma al momento dell’impatto.
Talvolta, nei movimenti forzati eseguiti dalle braccia e dalla colonna
cervicale, si tendono determinate fibre superiori della pleura, dando
origine a microrotture. Nella maggior parte dei casi si tratta di fibre del
sistema pleuro-cervicale, diventate leggermente fibrose alla palpazione.
Siamo convinti che numerosi pneumotoraci spontanei “a minima”
sfuggono a ogni diagnosi e si cicatrizzano da soli. Al paziente viene
diagnosticata una cervicalgia, una nevralgia cervico-brachiale o una
periartrite scapolo-omerale di origine artrosica o sconosciuta.
Nelle forme gravi di pneumotorace si ha la comparsa di un dolore
violento unilaterale a irradiazione laterale, accompagnato da dispnea e
tosse secca e convulsa. Si riscontra un silenzio respiratorio emitoracico,
una sonorità alla percussione, un’assenza di vibrazioni vocali, un sibilo
anforico e una pettoriloquia anforica (più raramente un tintinnio
metallico).
Altri segni sono evidenti da subito: sudorazione, cianosi, tachicardia,
tachipnea, enfisema sottocutaneo sotto forma di piccole bolle d’aria sotto
pelle crepitanti alla palpazione.
Nelle forme meno gravi si tratta di lievi dolori toracici, cervicalgie,
dolori alla spalla di manifestazione piuttosto rapida e spesso in relazione
con attività intensa o sforzi considerevoli. Nel caso più recente da noi
riscontrato, un paziente aveva tappezzato per due giorni un soffitto. Con le
braccia sollevate e la testa indietro la pleura è molto tesa, 24 ore dopo il
paziente ha avvertito un dolore al braccio sinistro irradiante sino alla punta
delle dita. L’esame clinico ha rilevato:

• una postura antalgica sinistra della colonna cervicale, con


l’avambraccio sinistro aderente al petto;
• una pressione arteriosa sistolica più debole di due punti a sinistra;
• una fissazione C5, C6, C7, D1 a sinistra;
• un’impossibilità a portare la colonna cervicale in flessione latero-
rotata a destra;
• un test di Sotto-Hall positivo a sinistra e una miosi a sinistra;
• un immediato sollievo comprimendo e sollevando l’emitorace
superiore sinistro;
• un ascolto globale in flessione anteriore e latero-flessione a
sinistra;
• una respirazione poco ampia ma normale, al contrario,
un’inspirazione profonda, dolorosa o addirittura impossibile;
• una colorazione bluastra e un edema della mano sinistra.

Di norma, non ci capita di trattare pneumotoraci significativi, ma, al


contrario, quelli di vecchia data, difficilmente diagnosticabili. Ogni
genere di manipolazione è pericolosa: il rischio di propagazione del
pneumotorace è reale, accompagnato anche da grave deficit respiratorio. I
pazienti sono da indirizzare a un servizio di pneumologia. In caso di
pneumotorace modesto, esteso a meno del 20% della zona polmonare, la
chiusura spontanea della fissurazione è, di prassi, tenuta sotto sorveglianza
medica.

IL REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO
In questo paragrafo tratteremo unicamente le conseguenze respiratorie del
reflusso gastro-esofageo. Si pensa che almeno il 10% della popolazione
soffra di questo reflusso, con frequenti problemi respiratori; nel 60-80%
dei pazienti affetti da asma e bronchite cronica, si riscontra un reflusso
gastro-esofageo che può essere l’origine o la causa delle loro affezioni.
Vi sono reflussi, detti fisiologici, che durano meno di un minuto e che
sono facilmente neutralizzati dalla clearance salivare. Le forme atipiche di
reflusso gastro-esofageo come le faringiti, le angine, le otiti, le dispnee
sibilanti o le apnee ostruttive del lattante sono complicate da diagnosticare,
data l’intermittenza del reflusso.
Il reflusso gastro-esofageo sembra agire in diversi modi, attraverso
l’acidità stessa e la partecipazione di un meccanismo bronco-costrittore di
origine vagale. L’iperacidità bronchiale di questi soggetti dipende dal
reflusso di acido stesso. Un reflusso esobronchiale può, probabilmente,
dipendere da un’iperattività bronchiale, dovuta, a sua volta, alla
stimolazione della parte bassa dell’esofago provocata da un liquido acido.
Di norma, il reflusso gastro-esofageo richiede molte settimane, o mesi,
prima di provocare disturbi respiratori. Pare che qualunque dilatazione
toracica possa comportare una diminuzione di tono dello sfintere inferiore
dell’esofago e favorire un reflusso gastro-esofageo per effetto riflesso e lo
squilibrio delle tensioni reciproche miofacciali.
I sintomi: sono tutti quelli che si riscontrano nelle affezioni del
sistema polmonare e in quello otorinolaringoiatrico. Il reflusso gastro-
esofageo, per esempio, irrita i bronchi che rischiano di infettarsi; quanto
più l’infezione bronchiale è grave tanto meno è giustificato pensare a un
reflusso gastro-esofageo. Abbiamo dato sollievo e migliorato le condizioni
di numerosi pazienti portatori di broncopatie e di pneumopatie inspiegabili
diminuendo il reflusso gastro-esofageo (vedi Manipolazione viscerale 1 e
2).

L’ESOFAGO
Vi sono dolori toracici precordiali che ricordano l’angor, che possono
provenire, in realtà, dall’esofago. Basti pensare che effettivamente su 100
pazienti con dolori toracici che giustificano accertamenti cardiologici, 20
non presentano né stenosi organica, né spasmo coronarico. Nella medicina
classica più del 50% dei dolori di questo tipo è attribuita all’esofago, in
particolare al reflusso gastro-esofageo. Il problema non è chiarito
completamente poiché in certe cardiopatie si constatano anomalie della
motricità esofagea.
È bene essere molto prudenti se un malato accusa dolori esofagei
quando ingurgita. In osteopatia, determinate “cardiopatie” senza alcuna
diagnosi strutturale possono essere dovute a fissazioni osteo-articolari e a
certi coinvolgimenti del nervo vago.
In fase di consulto, in presenza di certe malattie polmonari recidivanti
si deve pensare a un reflusso gastro-esofageo: l’osteopatia può essere di
grande aiuto nelle disfunzioni iatali e, talvolta, può impedire la formazione
di un’esofagite il cui rischio cancerogeno è ben noto.

IL CANCRO DEL POLMONE


Purtroppo riscontriamo spesso casi di cancro del polmone non
diagnosticato. Nella fase iniziale della malattia il paziente può chiedere un
consulto solamente per dolori vertebro-toracici piuttosto lievi di giorno ma
acuti di notte. Non sottolineeremo mai abbastanza quanto si debba
diffidare dei dolori che si accusano durante la notte.
Il tumore maligno è più frequente nell’uomo tra i 50 e i 70 anni,
cinque uomini su una donna ne sono colpiti, ma pare che le statistiche
siano destinate a cambiare continuamente a causa dell’aumento del
consumo di tabacco tra la popolazione femminile.

I tumori primari
Il paziente presenta tutti i segni di una lesione bronchiale con una tosse che
ha subito variazioni.
A volte si riscontrano artralgie, febbre, brividi, wheezing (rumore
respiratorio anomalo al momento della respirazione) ed emottisi in meno
del 10% dei casi. In certi casi il malato è asintomatico ma presenta
un’adenopatia pre-scalenica, affaticamento, angoscia e la sensazione di
avere una malattia grave.
Nello stadio avanzato, che ci riguarda meno, si riscontrano perdita di
peso, anoressia, nausea e vomito. In questa fase, il dolore in genere non è
più ben localizzato. Può insorgere anche raucedine dovuta all’invasione
del nervo ricorrente; segno già riscontrato all’insorgere della malattia,
quando il paziente ci aveva segnalato un cambiamento di voce.
Si possono riscontrare anche:
• pleuriti, disfagie dovute a invasione esofagea;
• paralisi diaframmatiche dovute al coinvolgimento del frenico;
• sindrome di Claude Bernard-Horner dovuta a invasione del
simpatico cervicale;
• adenopatie prescaleniche e claveari, ginecomastie, neuropatie
periferiche, miopatie atipiche, osteo-artropatie ipertrofizzanti,
porpora trombopenica ecc.

I tumori metastatici
Qualunque pneumopatia che si sviluppi lentamente in un paziente al di
sopra dei 40 anni può far pensare a un cancro bronchiale.
Nei casi che abbiamo riconosciuto (ne avremo certamente trascurati
altri) spesso i pazienti richiedevano consulti per vertebro-costalgie, dovute,
inizialmente, a sforzi anche lievi. Uno dei nostri pazienti si era fatto male
tentando di prendere una borsa sul sedile posteriore della propria
autovettura, avvertendo un violento dolore intercostale. I test di mobilità
hanno ovviamente evidenziato una fissazione costale ma la nostra
attenzione era stata attirata dalla raucedine, dalla presenza di due grossi
gangli sopraclaveari e dall’aspetto affaticato del paziente. Le radiografie
richieste purtroppo confermarono i nostri sospetti.

I TUMORI DEL MEDIASTINO


Nella maggior parte dei casi sono asintomatici ma possono manifestarsi
dolori toracici, dispnea e tosse.
I tumori neurogeni: sono i più frequenti. I tumori maligni sono più
frequenti nel bambino e soprattutto localizzati nel mediastino posteriore,
lungo la doccia paravertebrale anteriore.
Nei 2/3 dei casi si riscontrano dolori retrosternali profondi o dorsalgie
con irradiamenti costali non imputabili a sforzi o traumi. Insistiamo ancora
sul fatto che un’algia costo-vertebrale nel bambino non è normale:
questo ci deve indurre a riflettere prima di concludere che si tratta di una
banale algia della crescita. A volte, si riscontrano diarree, ipertensione,
sudori e vampate (crisi ripetute di vaso-dilatazione cutanea, specialmente
del viso).
La sindrome della vena cava superiore è presente in alcuni tumori del
mediastino superiore; la compressione della vena cava provoca: cianosi del
volto, sudori al volto, al collo e alle estremità degli arti superiori. A volte
si riscontra una circolazione venosa collaterale superficiale toracica alta.
LA TUBERCOLOSI DA INFEZIONE PRIMARIA
Si verifica soprattutto in età scolare. Il 75% delle infezioni primarie
restano latenti e passano inosservate. Il paziente chiede un consulto per
una cervicalgia bassa o per dolori alle spalle. Si notano soprattutto pallore,
magrezza, affaticamento, gangli pre-scalenici, retroclaveari e ascellari e
lievi accessi di febbre.
Si riscontra una certa recrudescenza di questa malattia, che può
riapparire molto tempo dopo il primo attacco. Al riguardo, sottoponiamo il
caso di un paziente venuto a consultaci per una dorsalgia mediana dovuta a
un’ulcera duodenale.
L’ascolto generale, l’ascolto locale e la diagnosi termica manuale
evidenziavano l’apice polmonare sinistro. Il paziente, stupito dalla nostra
diagnosi, ci riferì di aver avuto una tubercolosi all’apice sinistro, ma
trent’anni prima. Preoccupato, fece una radiografia che indicò una
riattivazione del focolaio tubercolotico.
Questo esempio dimostra quanto possa essere difficile una diagnosi
nel caso in cui il paziente accusi una dorsalgia dovuta a un’affezione
viscerale già accertata.
I segni sono numerosi, si possono infatti riscontrare:

• astenia, anoressia, accessi febbrili irregolari;


• manifestazioni rino-faringee o bronchiali che si trascinano da
tempo, stati pseudoinfluenzali;
• adenopatie, eritemi nodosi (eruzione di nodosità eritematose
dermo-epidermiche localizzate su gambe, piedi, più raramente
sugli avambracci) e una cherato-congiuntivite flittenulare
(rigonfiamento di siero trasparente).

I COINVOLGIMENTI DIAFRAMMATICI
Si tratta soprattutto di spostamenti del diaframma verso l’alto o verso il
basso a seconda dell’origine toracica o addominale del problema. È
importante ricordare che l’emicupola destra è più alta di circa 4 cm per la
presenza del fegato.

• verso l’alto: si potrebbe sospettare la presenza di una massa


intraddominale, un’ascite, un’obesità, una gravidanza, un tumore,
un’infezione, una paralisi tumorale del frenico, un trauma,
un’infezione con mobilità paradossa del diaframma.
• verso il basso: si potrebbe pensare a un pneumotorace o un
versamento pleurico.

Si riscontrano frequentemente spasmi di un emidiaframma che


evidenziano un emitorace meno mobile. Si tratta perlopiù di uno spasmo
dovuto a problemi di un organo sospeso al diaframma, o di una fissazione
costo-vertebrale e, più raramente, di una fissazione C4-C5 che irrita il
nervo frenico.
Non dimentichiamo le ernie iatali con le relative conseguenze
meccaniche sul torace e la loro incidenza sul reflusso gastro-esofago. Per
tutti i problemi del torace è opportuno analizzare lo iato.

Le patologie cardio-vascolari
Come per il sistema respiratorio non tratteremo tutte le patologie esistenti,
non ne saremmo in grado. Affronteremo quelle malattie che possono dare
sintomi simili a quelli di una fissazione articolare e presentare segni che ci
devono allarmare.
Come per il polmone, non ci occuperemo delle malattie cardio-
vascolari allo stadio avanzato ma studieremo quelle cardiopatie, nella loro
fase iniziale, che presentano segni clinici spesso ingannevoli.
Possiamo testimoniare decine di casi di pazienti affetti da vere
cardiopatie che si sono rivolti a noi per cervicalgie, dorsalgie, costalgie o
scapolalgie sottoponendoci esami clinici assolutamente negativi! Si tratta,
nella maggior parte dei casi, di coronariti o infarti in fase iniziale.
Sottolineiamo che è bene essere molto vigili con pazienti che
accusano dolori intercostali a sinistra, focalizzati attorno al 4° e 5° spazio,
in assenza di fissazioni costo-vertebrali importanti. In questi casi il
paziente si presenta spesso angosciato, agitato, e vagamente convinto di
essere in pericolo. È sorprendente constatare che quasi tutte le cardiopatie
sono accompagnate da fissazioni di C4, C5, C6, D4, D5, D6, che
garantiscono tuttavia una certa mobilità, a differenza di talune fissazioni
articolari primarie.

SEGNI GENERALI
Il dolore
È molto importante precisare alcuni punti:
• Le circostanze durante le quali il dolore si è manifestato
– spontaneo e senza causa apparente;
– dopo un’attività specifica o uno sforzo;
– postprandiale o in seguito a esposizione al freddo;
– a letto, durante il sonno, o durante attività sessuale.
• La localizzazione
– precordiale, retrosternale, a cinto, non ben localizzata;
– irradiante alle braccia, alla colonna cervicale, alle articolazioni
temporo-mandibolari, alla mascella inferiore, alla regione
diaframmatica o all’addome.
• La durata
– il dolore è alleviato dal riposo;
– il dolore cessa dopo conati di vomito ripetuti, che danno al paziente
sollievo immediato.

La dispnea
Si tratta probabilmente di:

– un affanno anomalo sproporzionato rispetto all’attività svolta;


– un senso di oppressione notturno che obbliga il paziente a mettersi
in posizione seduta, appoggiato a diversi cuscini, o ad alzarsi per
attenuare il dolore.

LA PALPAZIONE
La palpazione clinica del cuore è limitata, è possibile localizzare e sentire
la pulsazione della punta, la regolarità, la forza e valutarne l’entità.
La pulsazione della punta di un cuore normale è localizzata sulla linea
medio-claveare, tra il 4° e 5° spazio intercostale sinistro. È dovuta
essenzialmente al movimento di ritrazione della punta del ventricolo
sinistro.

LA PERCUSSIONE
Rimandiamo al capitolo relativo alla patologia polmonare, ricordando però
che l’area dell’ottusità cardiaca non supera il limite destro dello sterno. Si
tratta di un triangolo delimitato, in basso, dalla linea orizzontale
dell’ottusità epatica, il cui bordo obliquo sinistro si estende dal 5° spazio
intercostale sinistro alla parte interna del 2° spazio sinistro.
L’ESPLORAZIONE VASCOLARE
Nel Capitolo 5 analizzeremo il test di Adson-Wright con tutte le relative
implicazioni diagnostiche e terapeutiche. In questa sede ci limiteremo ai
segni generali delle patologie vascolari.

Il sistema venoso
È necessario saper individuare:

• una distensione, un’eventuale congestione dei grossi tronchi, un


turgore, uno stato di cianosi e infiltrato edematoso;
• una circolazione venosa collaterale superficiale, toracica o
addominale;
• la presenza di un polso venoso giugulare a battiti sistolici;
• l’eventualità di un reflusso epato-giugulare.
• un rumore di turbolenza percettibile a livello della giugulare
interna;
• il segno di Smith: si tratta di un murmure venoso apprezzabile a
livello della parte superiore dello sterno, leggermente a destra. Lo
si percepisce, di norma, nei bambini con adenopatie bronchiali,
comprimendo la circolazione venosa. Per apprezzare questo
murmure è necessario mettere la colonna cervicale in flessione
posteriore;
• un reflusso epato-giugulare.

Solitamente, comprimendo per 30-60 secondi l’ipocondrio destro la


pressione venosa giugulare non si modifica. Nei collassi cardiaci a destra i
battiti venosi sono amplificati, poiché la pressione addominale aumenta il
ritorno venoso sistematico. Il ventricolo non riesce a integrare il volume
supplementare di sangue e provoca un aumento della pressione venosa
nelle grandi vene.
In caso di reflusso epato-giugulare si individua, comprimendo la
regione epatica, il battito giugulare interno. Normalmente, questo esame si
esegue in decubito dorsale con il tronco sollevato a 30°, ma è possibile
eseguirlo anche in appoggio sottotoracico destro con il paziente in
posizione seduta.

Il sistema arterioso
Bisogna saper individuare un indurimento delle arterie periferiche e una
vibrazione anomala delle pareti vascolari, che possono essere
accompaganate da:

• il segno di Musset: si tratta di sobbalzi della testa ritmati dai


movimenti cardiaci, presenti in malati affetti da insufficienza
aortica, da aneurisma dell’arco dell’aorta o da gozzo esoftalmico;
• il segno di Gardarelli: si tratta di battiti sistolici laterali trasmessi
alla trachea e alla laringe, più visibili con la testa in iperestensione,
negli aneurismi dell’arco dell’aorta.

Le anomalie del polso


È necessario, naturalmente, rilevarne la frequenza: tachicardia o
bradicardia; il ritmo: disritmia o aritmia; la potenza: polso debole, fiacco o
insufficiente.
Il polso paradosso di Kussmaul: è una riduzione anomala del polso
associata a un abbassamento della pressione arteriosa sistolica durante
l’inspirazione. Può essere il segno di mediastinite, di versamento o sinfisi
del pericardio o di un ostacolo che impedisce l’ingresso di aria nella
trachea (croup, stenosi laringea ecc.).
Il polso dicroto: a ogni battito arterioso si verificano due sollevamenti
sistolici successivi. È caratteristico delle insufficienze aortiche e delle
cardio-miopatie ostruttive.
Confronto tra polso radiale e femorale: è possibile misurare
simultaneamente il polso radiale e quello femorale. Tale misurazione,
unitamente a quella della pressione arteriosa degli arti inferiori, può
rivelarsi molto utile in osteopatia. A volte l’assenza del polso su un braccio
può esser dovuta alla sindrome di Takayashu (malattia delle “donne” senza
polso arterioso) dovuta a una obliterazione dei grossi tronchi dell’aorta a
causa di una panarterite segmentale infiammatoria.
Da un punto di cista clinico si riscontrano: mancanza dei polsi sulle
braccia e sulle carotidi, claudicatio intermittens degli arti inferiori, sincopi
e disturbi della vista.

L’ipotensione
Eviteremo di trattare le cause più eclatanti come le emorragie. Pensiamo
piuttosto a uno stato anemico, una malattia infettiva acuta, poiché la febbre
causa molto spesso un abbassamento della pressione sanguigna. È bene
essere prudenti qualora si rilevi uno stato subfebrile, in presenza di
manifestazioni articolari dolorose o successivo a esse; potrebbe trattarsi di
reumatismi articolari acuti. Talvolta non vi è febbre e sono presenti solo
artralgie, ma nel bambino, per esempio, non è normale riscontrare, senza
un motivo apparente, dolori all’anca o al ginocchio.
È sempre meglio diffidare di un abbassamento di pressione nei
soggetti affetti da ulcera accertata. È assolutamente necessario misurare la
pressione di tutti i pazienti; una pressione più debole di più di due punti
deve far sospettare un’ulcera sanguinante. Abbiamo riscontrato tre casi di
dorsalgia acuta con ipotensione che, in realtà, celavano ulcere sul punto di
perforarsi.

ALCUNE MALATTIE CARDIACHE


Come di consueto, tra tutte le malattie sceglieremo quelle che presentano
sintomi che possono far pensare a problemi osteo-articolari, o quelle che
costituiscono un pericolo per il paziente.Tratteremo, innanzitutto, le
precordialgie senza coinvolgimento cardiaco.

Le precordialgie
Di origine neurogena: si riscontrano soprattutto in pazienti che lamentano
dolori improvvisi, di breve durata, non collegabili né a cause logiche né a
sforzi. Si localizzano attorno al 2°, 3° e 4° spazio intercostale.
Il dolore è come una puntura d’ago o una pugnalata ma non si
riscontrano irradiazioni cervico-brachiali né angoscia. A volte si
accompagna a palpitazioni e disritmia.
Spesso si conclude che si tratta di somatizzazione ma è sempre
meglio essere prudenti. Come ad altri terapeuti, anche a noi è capitato di
attribuire un’origine psicosomatica ad affezioni che si sono rivelate in
seguito reali problemi cardiaci. Purtroppo in questi casi le precordialgie
accusate dal paziente annunciavano vere cardiopatie. Nella donna
precordialgie di questo tipo possono segnalare problemi al seno.
Di origine meccanica: alcune fissazioni sterno-condro-costo-
vertebrali possono sembrare attacchi di cuore. Pensiamo a una fissazione
condro-costale irritata dai 24 000 movimenti respiratori quotidiani! Tale
fissazione dà origine a una condrite e ad un’infiammazione dei ligamenti,
inducendo il paziente a sospettare una patologia cardiaca. Tratteremo più
avanti la diagnosi differenziale. Ma è bene tenere presente da subito che un
problema cardiaco è quasi sempre accompagnato da una fissazione
cervicale sinistra. Potrebbe essere dovuto alla partecipazione del sistema
nervoso cervico-cardiaco, dei nervi vaghi e di certe fibre della fascia
cervico-pericardica, ma non è possibile dimostrarlo.
Di origine iatale o gastrica: si verificano spesso dopo un pasto o
un’emozione, in questi casi oltre a un’irradiazione pericardiaca si
riscontrano meteorismo, gastralgie e vomito. La diagnosi differenziale è
difficile, perciò l’ascolto locale riveste grande importanza. Si pensa che
queste irradiazioni cardiache siano dovute a sollecitazioni meccaniche
anomale dei nervi vaghi che accompagnano l’esofago nel tratto in cui
attraversa il diaframma.
Nelle ernie iatali si accusano spesso dolori anginoidi. In questi casi è
sempre meglio essere prudenti poiché anche certi dolori anginosi sono
alleviati dal vomito. Allo stesso modo si riscontra che la congestione
gastrica postprandiale è una delle cause dell’angina pectoris. Pensiamo,
senza però poterlo dimostrare, che la stimolazione meccanica dei vaghi
possa provocare spasmi coronarici.

L’angina pectoris
Abbiamo avuto vari pazienti affetti da angina pectoris i cui sintomi si
limitavano a una cervicalgia o una dorsalgia.
Nell’ultimo caso di angina che abbiamo esaminato, il paziente
accusava soltanto un vago disturbo a cinto, nella regione diaframmatica,
accompagnato da angoscia. (L’angina pectoris è l’insufficienza transitoria
di apporto sanguigno ossigenato dal miocardio).
Il dolore:
• si manifesta spesso durante un’attività fisica, uno sforzo,
coricandosi, in piena notte, durante l’atto sessuale o al risveglio;
• dura soltanto alcuni minuti;
• è meno localizzato in confronto alle precordialgie neurogene;
• può essere accusato nella regione retro o sottosternale, a cinto, al
petto, irradiante all’arto superiore talvolta, fino al bordo cubitale
del mignolo. Può anche risiedere unicamente nelle mascelle, in
gola, in assenza di sintomi toracici;
• è di tipo costrittivo e dà l’impressione di soffocamento, di
compressione, di stretta al cuore, obbligando, a volte, il soggetto a
fermarsi. Può provocare un blocco respiratorio (impressione di
respirazione impedita);
• si accompagna talvolta a profonda angoscia e alla sensazione di
morte imminente.

Attenzione alle forme poco sintomatiche o asintomatiche! Un dolore


costale, vertebrale, non giustificato, che appare bruscamente e arresta la
respirazione deve allarmarci. La presenza di un dolore isolato alla
mascella, non attribuibile a sforzo, può essere il segno di un’angina
pectoris e non di una cattiva articolazione mandibolare.

L’infarto del miocardio


Il dolore:
• è più netto, più intenso, addirittura insopportabile;
• si prolunga oltre i 30 secondi e non si allevia a riposo;
• le irradiazioni sono più nette e si estendono principalmente alla
colonna cervicale, alla mascella, alla schiena, all’addome talvolta,
fino al braccio destro;
• non si manifesta sempre in associazione a uno sforzo o un’attività
fisica e raramente se ne riconosce l’origine;
• si avverte soprattutto la notte ed è accompagnato da febbricola;
• il paziente si sente debole, con nausea e vertigini e a volte, vomita;
• la crisi dolorosa s’accompagna a pallore, lipotimia, ipotensione e
collasso.

Il 15-20% degli infarti del miocardio sono indolori, ma la frequenza


degli infarti non riconosciuti è certamente più elevata poiché questi
pazienti non si sottopongono ad accertamenti clinici. La frequenza di
questi infarti indolori aumenta con l’età: inizialmente, si manifestano
attraverso una dispnea e, più raramente, uno stato confusionale, un’aritmia
e un abbassamento di pressione.
I segni fisici: il paziente tipico colpito da infarto del miocardio è un
uomo di più di 50 anni, ansioso, talvolta agitato, affannato che cerca di
eruttare o di vomitare. Altri segni sono: pallore, traspirazione, estremità
fredde, polso rapido, pulsazione della punta del cuore difficile o
impossibile da percepire.

La pericardite
Il dolore è anginoide, a carattere di dolori toracici e di precordialgie
retrosternali. Si può irradiare alla colonna cervicale, al collo, alle mascelle
e al braccio sinistro. Può avere le stesse caratteristiche di un
coinvolgimento pleurico.
Tre pazienti venuti da noi per dorsalgia mediana, manifestasi
rapidamente, non attribuibile a sforzi e leggermente irradiante verso le
coste soffrivano, in realtà, di pericardite. La scarsa presenza di fissazioni
osteo-articolari ci aveva indotto a sospettare un problema viscerale
intratoracico.
Allo stadio avanzato si possono riscontrare febbre, strofinamenti
pericardici che danno l’impressione del rumore del cuoio nuovo e, nei 2/3
dei casi, un’ottusità cardiaca troppo estesa. A volte, la pulsazione della
punta sparisce e al suo posto si riscontra un polso paradosso e un
tamponamento cardiaco (compressione acuta del cuore a causa di un
versamento del pericardio).

ALCUNE MALATTIE ARTERIOSE


L’aneurisma dell’arco dell’aorta
Spesso si scopre nel corso di esami abituali, può dare sintomi quali:
• vari segni di compressione mediastinica, dolori anginoidi, tosse,
disfonia dovuta a compressione del ricorrente, dolori o malesseri
retro e parasternali;
• la sindrome di Claude Bernard-Horner (miosi, restringimento della
rima palpebrale ed enoftalamo, il globo oculare è situato in
profondità nell’orbita oculare); questa sindrome si accompagna,
quasi sempre, a un aumento della temperatura e a sudorazione
unilaterale della guancia, dovuta a paralisi del simpatico cervicale
dello stesso lato, nonché a lesioni del bulbo e degli emisferi
cerebrali.

Gli aneurismi sono estremamente difficili da diagnosticare e, nella


fase iniziale, i soli segni visibili sono spesso quelli riscontrabili nelle
artralgie. Recentemente abbiamo visitato un paziente per una scapolalgia
bilaterale non dovuta a traumi o sforzi. Subito abbiamo pensato a un
problema mediastinico ma la TAC ha evidenziato un aneurisma dell’arco
dell’aorta. Sfortunatamente, il paziente è deceduto durante l’intervento.
Anche gli aneurismi aortici, in teoria palpabili, sono difficilmente
diagnosticabili, abbiamo riscontrato più volte casi in cui il solo sintomo
tangibile era una lombalgia, come può testimoniare il mio stimato collega
Didier Prat.

La coartazione dell’aorta
È possibile riscontrare un restringimento o stenosi del lume aortico in
qualunque punto dell’aorta, sebbene si riscontri una maggiore incidenza al
di sotto del punto di origine dell’arteria succlavia sinistra, vicino
all’inserzione del ligamento arterioso. Una coartazione sottoduttale (sotto
il canale arterioso) dà pochi sintomi e, a volte, si manifesta con:

• cefalee, estremità fredde e claudicatio intermittens;


• soffio cardiaco o ipertensione degli arti superiori, accertati da
esami sistematici.

L’assenza, la diminuzione marcata o il ritardo delle pulsazioni


femorali, con una pressione arteriosa bassa o assente negli arti inferiori, in
contrasto con l’ipertensione degli arti superiori.
Nell’adulto, con la palpazione si individuano i vasi collaterali dilatati
e pulsanti negli spazi intercostali anteriori, i cavi ascellari o le regioni
interscapolari. Si può avvertire un soffio mesosistolico sulla faccia
anteriore del torace e lungo le apofisi spinose.

Significato delle pulsazioni sistoliche anomale

• nel 2° spazio intercostale destro: un aneurisma dell’arco dell’aorta;


• nella cavità epigastrica: un’aortite, un aneurisma dell’aorta
addominale, una dilatazione cardiaca;
• verso la trachea: un aneurisma iuxta-tracheale (segno di
Gardarelli);
• un aneurisma aortico, una malattia di Hogdkin, un cancro o
qualunque coinvolgimento invasivo in caso di edemi detti
“mobili”, con dilatazioni venose superficiali che interessano il
collo, le spalle e la faccia anteriore del torace, la causa è una
compressione dei tronchi venosi mediastinici;
• un’insufficienza tricuspidale in caso di polso venoso sistolico.

Conviene essere prudenti in caso di dispnee da sforzo che possono


essere sintomi di un’iposistolia o un inizio di insufficienza cardiaca. È un
campanello d’allarme valido quanto gli edemi serotini.

L’arteriosclerosi
È una degenerazione delle fibre muscolari della parete arteriosa con
indurimento e perdita di elasticità del vaso, ne sono colpite soprattutto le
arterie renali e muscolari.
Si riscontra l’aspetto contorto e l’indurimento classico con riduzione
del lume delle arterie superficiali, radiale, omerale, temporale, da non
confondere con i segni di un’ipertensione.
L’aterosclerosi
Si tratta di una forma di arteriosclerosi caratterizzata da un deposito
lipidico sulla tonaca interna del vaso, di conseguenza le fibre elastiche si
sclerotizzano e si calcificano.
La vibrazione o la mobilità anomala delle arterie superficiali, così
come il segno di Musset, sono sintomi della violenza delle contrazioni
ventricolari e della depressione intrarteriosa improvvisa che ne consegue.
Il segno di Musset è caratterizzato da sobbalzi della testa ritmati dai
battiti cardiaci, e denota un’insufficienza aortica (ne soffriva Alfred de
Musset), un aneurisma dell’arco dell’aorta o un gozzo esoftalmico.
L’instabilità del polso, con variazione significativa del numero delle
pulsazioni radiali, è sintomo di una ipotensione arteriosa, soprattutto nel
passaggio dalla posizione distesa a quella verticale.

La dissezione dell’arteria vertebrale


Questa malattia arteriosa “fuori tema” può essere importante nella terapia
manuale, poiché forse è la sola che può rendere pericolosa una
manipolazione cervicale. Si tratta di una fissura della tonaca media,
circonferenziale o longitudinale. È dovuta a lesioni degenerative della
tonaca media con distruzione delle fibre elastiche. Nel gomito formato
dall’arteria vertebrale tra C2 e l’occipite, le tensioni meccaniche sono
considerevoli; la letteratura americana, per esempio, riporta casi di rotture
arteriose dovute a manipolazione o riscontrate in soggetti che hanno
lavorato a lungo con le braccia sollevate e la testa all’indietro.
I sintomi sono deboli e spesso caratterizzati da vertigini, cefalgie e
lievi perdite di equilibrio. I test di mobilità non evidenziano fissazioni
significative. Non si deve mai manipolare una colonna vertebrale senza
fissazioni: si rischia di provocare lesioni gravi.

Il seno
Non abbiamo mai riscontrato malattie del timo e non intendiamo parlarne
solo per il gusto di riempire qualche pagina. Tuttavia, è necessario trattare
i problemi di un organo extratoracico: il seno.
Si potrebbe affermare che qualunque problema di seno è
accompagnato da fissazioni cervicali, dorsali o costali relative, soprattutto,
al lato del seno interessato.
Consigliamo ai nostri colleghi di essere particolarmente prudenti
quando una donna chiede un consulto per dolori cervico-dorsali focalizzati
attorno a C4 e D4, non imputabili a traumi o sforzi. È necessario palpare il
seno, i cavi ascellari e claveari alla ricerca di nodosità. Ci è capitato
persino di aver previsto manifestazioni tumorali, nonostante gli esami
richiesti dal medico fossero tutti negativi: la malattia si è purtroppo
manifestata mesi o anni più tardi.
Quando la malattia è più evidente, la paziente presenta spesso
fissazioni condro-sternali associate a nevralgia cervico-brachiale del lato
leso. Si tratta delle stesse fissazioni che si riscontrano in un uomo portatore
di cardiopatia.

Conclusioni
Statisticamente sono pochi i pazienti affetti da malattie importanti, se non
addirittura gravi, che chiedono un consulto per problemi osteo-articolari.
Ma il rischio esiste e salvare una vita merita ogni nostro sforzo.
In particolare, diffidate, per il bene del paziente, degli infarti che
richiedono una diagnosi rapida. La lista che segue, elenca, in ordine di
importanza, le malattie che abbiamo riscontrato con maggior frequenza:

• angina pectoris;
• pneumotorace spontaneo;
• coronarite;
• pleurite secca;
• infezione primaria;
• cancro polmonare;
• aneurisma.

Descriveremo i vari test vasculo-nervosi nel capitolo “Diagnosi


manuale e differenziale”, avendoli corredati di tecniche aggravanti o
allevianti, proprie della medicina osteopatica.
Capitolo 5
Diagnosi manuale e differenziale
Indice

CAPITOLO 5

L’ascolto globale

L’ascolto locale
Il sistema pleuro-polmonare
I polmoni
La pleura superiore
La pleura mediana
La pleura inferiore
I bronchi
Il mediastino
Il sistema cardiaco
Il cuore
Il pericardio
Il plesso cardiaco
La giunzione esofago-cardio-tuberositaria

I problemi vascolari dello stretto toracico


Il test di Sotto-Hall
Cause osteo-articolari di un test positivo
Cause miofasciali
Cause viscerali
Altre cause
I segni clinici di una compressione vascolare
Il furto della succlavia
I sintomi locali
Sintomi generali

I problemi neurologici dello stretto


I sintomi funzionali del nervo vago
Il simpatico
Innervazione
La catena simpatica toracica
Riflessi pilomotori
Nevriti e nevralgie
I riflessi addominali
Il frenico
I punti dolorosi riflessi del frenico
Il singhiozzo
I nervi intercostali
Le nevralgie cervico-brachiali
Sindromi neurologiche

I test di mobilità
Eziologia delle fissazioni meccaniche del torace
Conseguenze di un incidente automobilistico
La deformabilità del torace
Le cinture di sicurezza
Cadute sull’arto superiore
Malposizioni fetali
Lesioni ostetriche
I test osteo-articolari
La sterno-claveare
L’acromio-claveare
I ligamenti coraco-claveari
I ligamenti acromio-coracoidei
La compressione claveare longitudinale
Lo sterno
Le sterno-sternali
Il test sterno-dorsale
Le condro-sternali
I test muscolari
Il sottoclaveare
Il triangolare dello sterno
Gli intercostali
I sopracostali
Il diaframma
I test delle fasce
L’aponevrosi cervicale media
L’aponevrosi clavi-coraco-ascellare
La pleura
L’apparato sospensore cervico-pleurico
Gli sfondati anteriori
Gli sfondati inferiori
Il test pleurico globale
Il pericardio
I test dei visceri
Il polmone
Altri organi

Metodologia dei test


Diagnosi manuale e differenziale

L’ascolto globale
Per coloro che non hanno familiarità con questa terminologia, l’ascolto
globale consiste nel sentire manualmente tutte le tensioni tissulari di un
organismo. Tali differenti tensioni devono attirare la vostra mano nel
punto in cui sono più importanti, sono i tessuti che parlano e possono
indicare il luogo della lesione primaria.
Si esegue su un paziente in posizione eretta o seduta, con gli occhi
chiusi per eliminare eventuali interferenze esterne. Il corpo del paziente si
dirige verso il lato di lesione con un movimento di flessione laterale,
raramente accompagnato da rotazione. La lesione si colloca sulla mediana
dell’angolo formato dalla flessione laterale della colonna vertebrale (vedi
Manipolazione viscerale 1 e 2).
L’utilizzo delle tecniche di ascolto richiede, da parte del medico, una
preparazione mentale adeguata. Quando si ascolta, si deve essere passivi
per ricevere solo le informazioni provenienti dai tessuti del paziente.
Bisogna avere l’impressione che la mano attiri, quasi aspiri il paziente,
come se la “mano si congiungesse alla mente”. Nelle tecniche di
induzione, al contrario, la mano non deve attirare ma spingere in direzione
del paziente come se la “mente si dirigesse verso la mano”, in tal caso non
si è più recettori ma trasmettitori.
Consigliamo queste regole generali:

• L’organismo è sempre attirato dal lato della lesione più importante,


che si deve considerare primaria.
• Riferirsi sempre al lato del paziente e non al proprio.
• Il primo movimento è sempre quello giusto e quando la sua
esecuzione richiede troppo tempo, probabilmente, il paziente è
libero da fissazioni (ma è possibile?), oppure trattiene il movimento
o il terapeuta non riesce a essere neutro e manda in corto circuito
tutti i messaggi.
• Diffidare delle eventuali interferenze con il proprio ascolto o delle
idee preconcette che inconsciamente inducono a condurre il
paziente dove si desidera.
• Una lesione viscerale si traduce normalmente in una latero-
flessione.
• Una flessione laterale che termina con una rotazione indica una
lesione più precisa. Una flessione laterale, per esempio, la cui
mediana indica il fegato, segnala spesso un problema epatico
generale. Se, al termine di una flessione laterale destra, l’ascolto si
conclude con una rotazione sinistra potrebbe trattarsi di un disturbo
delle vie biliari extraepatiche, più precisamente della vescicola
biliare, dell’angiocolite o dello sfintere di Oddi.

Il paziente è seduto con le gambe penzoloni, di fronte a voi, con i


gomiti appoggiati sui palmi delle vostre mani mentre i suoi palmi
appoggiano sui vostri avambracci (Figura 5-1). Di norma, tirando
leggermente i gomiti verso di voi dovreste sentire uguale resistenza, allo
stesso modo, rilasciando dolcemente questa trazione, i gomiti dovrebbero
ritornare contemporaneamente nella posizione di partenza.
Nella fissazione della spalla o dell’arto superiore, la lesione è
localizzata dal lato dove la trazione è maggiore e dove il ritorno alla
posizione di partenza è più rapido.
È possibile delineare la fissazione facendo variare l’appoggio della
mano, dell’avambraccio o del gomito sul vostro stesso avambraccio o sulla
vostra mano.
Figura 5-1
L’ascolto degli arti superiori in posizione seduta

L’ascolto globale in posizione seduta è la posizione che si adotta per


il torace. Il paziente è seduto di fronte a voi con le gambe penzoloni per
eliminare tutte le informazioni provenienti dagli arti inferiori. La vostra
mano dominante è posizionata sul cranio, il dito medio nella direzione
della sutura sagittale, il palmo sull’occipite. Sia il medico sia il paziente
hanno gli occhi chiusi. Illustreremo ora l’ascolto percepito in riferimento
alle localizzazioni qui di seguito esaminate.
Il cranio: quando la mano posta sul cranio del paziente dà
l’impressione di sprofondare si potrebbe trattare di un problema suturale o
intracranico. In quattro casi abbiamo scoperto tumori non rilevati né
dall’EEG né dalla TAC precedentemente eseguiti.
La colonna cervicale: la testa si dirige in leggera flessione laterale
accompagnata da una lieve rotazione dal lato opposto alla flessione
laterale. Nelle fissazioni intertrasversali, nei problemi vertebrali della
giunzione cervico-dorsale, la testa si dirige in flessione posteriore e la fase
conclusiva del movimento si concentra su C7/D1, si tratta dell’ascolto
classico percepito in seguito a lesioni provocate dal “colpo di frusta”.
La cintura scapolare e l’arto superiore: la testa compie un’estesa
flessione laterale pura come se il parietale volesse toccare la spalla
interessata. Per una diagnosi più particolareggiata si può ricorrere
all’ascolto globale anteriore in posizione seduta.
Il sistema pleuro-polmonare: generalmente, il paziente si dirige in
flessione anteriore e in flessione laterale dal lato della lesione. Di norma,
nelle lesioni polmonari non si registra alcuna rotazione che, al contrario, si
riscontra nei disturbi pleurici. Per una diagnosi differenziale con la
colonna vertebrale, è sufficiente esercitare una pressione inibitrice sulle
apofisi trasverse interessate dalla rotazione, in caso di lesione vertebrale la
rotazione scompare. Per accertare una lesione pleurica, invitate il paziente
a fare una profonda inspirazione, in tal modo la tensione dei ligamenti
sospensori della pleura aumenta la flessione laterale e la rotazione. Si può
anche creare un punto di inibizione in direzione della cupola pleurica.
Abbiamo spesso trattato pazienti affetti da malattie pleuro-polmonari e ciò
che riportiamo lo abbiamo realmente sentito e non è frutto di
immaginazione.
Il cuore: la testa e la parte dorsale alta si dirigono in flessione
anteriore con una leggera rotazione a sinistra. La diagnosi differenziale
con le fissazioni costo-condro-sternali non è affatto semplice.
Di norma, durante questo test si esercita una pressione di inibizione
sull’articolazione fissata, se l’ascolto scompare potrebbe trattarsi di un
problema articolare. Ma un problema cardiaco può accompagnarsi a anche
a fissazioni condrali, in tal caso è bene avvalersi della sintomatologia.
Il seno: l’ascolto generale di un problema di seno si esegue come per
quello del polmone, vale a dire in flessione anteriore e leggera latero-
flessione. La diagnosi differenziale è più agevole, è sufficiente sollevare
leggermente il seno interessato: se l’ascolto si arresta, la ghiandola
mammaria può destare sospetti. È raro che i due seni diano un ascolto
simultaneamente, uno dei due predomina sempre, come avviene con tutti
gli organi doppi.

L’ascolto locale
Dopo aver eseguito l’ascolto generale, teoricamente, si conosce il lato
della lesione e il suo livello. Si può determinare se la lesione è toracica o
addomino-pelvica se è localizzata a sinistra o a destra. Ci limiteremo alle
lesioni toraciche.
Posizionate la mano sul torace del paziente in posizione supina, il
medio lungo la linea mediosterno-xifoidea, il palmo appena al di sotto del
processo xifoideo (Figura 5-2). Lasciate scivolare passivamente la mano
nel punto in cui viene attirata dalla lesione tissulare.

Figura 5-2
L’ascolto locale: posizione della mano

Le regole generali sono le seguenti:

• È sempre e soltanto il palmo che indica la lesione.


• Riferirsi sempre al lato del paziente.
• Uno scivolamento laterale è spesso indicativo di un
coinvolgimento viscerale generale, per esempio, il polmone destro.
• Uno scivolamento laterale, accompagnato da una rotazione-
inclinazione laterale cubitale o radiale denota un coinvolgimento
tubulare, della trachea, dei bronchi o dei canali vascolari.
• Un movimento compressivo corto indica spesso un problema
osteo-articolare, una precisa lesione pleuro-polmonare o un
processo invasivo. In un problema condrosternale, per esempio, il
palmo scivola verso l’articolazione, aderendo a quest’ultima.
• Movimenti a “tampone di carta assorbente” che non si arrestano
sono spesso dovuti all’ascolto di un plesso nervoso, di cui
riparleremo più avanti.
• La lesione è localizzata dove il palmo si arresta ma, a volte,
bisogna procedere per gradi. Supponiamo che il palmo sia attirato
verso destra e che l’attrazione non si arresti ma, essendo il
movimento articolare del pugno limitato, la mano si blocca. In tal
caso, spostate la mano parallelamente alla linea mediosterno-
xifoidea, collocando il palmo nel punto raggiunto dal movimento
precedente, e così via fino a che il movimento si arresta da solo.

IL SISTEMA PLEURO-POLMONARE
I polmoni
Generalmente, il palmo scivola in direzione degli apici polmonari, spesso
verso le articolazioni acromio-claveari. Se il paziente presenta una lesione
polmonare accertata, allenate l’ascolto alla percezione di questi
movimenti.
Per procedere a una diagnosi differenziale tra il polmone e l’acromio-
claveare, inibite l’articolazione spingendo l’estremità esterna della
clavicola verso l’acromion, al fine di allentarne le tensioni ligamentose.

La pleura superiore
Il palmo è attirato verso la colonna cervicale, seguendo una linea che passa
verso il centro della clavicola. Ogni volta che si riscontra un
coinvolgimento pleurico grave, vengono colpite le inserzioni pleuro-
cervicali che diventano fibrose e si ritraggono, come abbiamo spesso avuto
occasione di verificare durante le dissezioni.
Per accertare il coinvolgimento pleurico si possono inibire sia i
muscoli intertrasversari della colonna cervicale bassa sia il sistema di
inserzione cervico-pleurico spostando il pollice indietro rispetto al centro
della clavicola in direzione della parte superiore della 1a costa. Si può
anche chiedere al paziente di restare per un breve istante in espirazione
modica per rilasciare la tensione pleurica o, al contrario, di inspirare
profondamente per aumentarla.

La pleura mediana
La mano si dirige verso la parte mediana del torace dando l’impressione di
aderire a essa se fosse magnetizzata. L’appoggio è più esteso rispetto a una
fissazione condro-costale o condro-sternale. Ma questa diagnosi della
“pleura mediana” è piuttosto delicata da formulare.

La pleura inferiore
La mano si dirige, lateralmente e posteriormente, verso l’8a e la 9a costa.
L’ascolto della pleura inferiore, essendo localizzata in basso, può
confondersi con il fegato, lo stomaco, gli angoli colici, i reni e lo iato. In
questo caso è necessario inibire l’organo che si trova più vicino alla zona
di ascolto pleurico. È possibile eludere la pleura creando un punto di
inibizione posteriore nell’11° spazio intercostale, chiedendo al paziente di
restare per un breve istante in espirazione modica, oppure inibendo il
sistema sospensore.
Abbiamo provato ad applicare le tecniche di ascolto locale in
posizione prona o in decubito laterale, ma i risultati sono stati piuttosto
deludenti. Tutti i coinvolgimenti pleurici si possono percepire in decubito
dorsale.

I bronchi
Sono soprattutto i bronchi principali a dare un ascolto, localizzato vicino
alla loro intersezione. La mano scivola in direzione cefalica fino a che le
dita si avvicinano all’angolo di Louis, poi i palmi si dirigono al di fuori
dell’asse mediano del torace.

• Per il bronco principale sinistro, la mano forma un angolo di 60°


circa con l’asse mediano.
• Per il bronco principale destro, la mano forma un angolo di 30°
circa.

Per i piccoli bronchi, la mano aderisce al torace, come in presenza di


una fissazione condro-costale, per esempio.

IL MEDIASTINO
Questa regione anatomica comprende numerosi condotti arteriosi, venosi,
linfatici e digestivi, perciò l’ascolto del mediastino non è ben localizzato.
La mano si dirige in direzione cefalica, appoggiandosi allo sterno e
comprimendolo leggermente. È difficile interpretare l’ascolto poiché il
mediastino è costituito da troppi elementi. In pazienti con postumi di
tubercolosi e ritrazioni pleuro-mediastiniche accertate, la mano effettua
una rotazione radiale o cubitale. In pazienti affetti dalla malattia di
Hodgkin la mano aderisce posteriormente senza eseguire alcuna rotazione.
Ma la nostra esperienza in questo campo è poco significativa.

IL SISTEMA CARDIACO
Il cuore
Nelle cardiopatie vere e proprie, l’ascolto locale è abbastanza chiaro e
facilmente percettibile. La mano si dirige leggermente verso sinistra,
compiendo una rotazione cubitale. Più la rotazione cubitale è estesa, più il
coinvolgimento strutturale è importante; un semplice slittamento laterale
indica spesso un lieve disturbo funzionale. Talvolta, nelle lesioni
coronariche siamo in grado di indicare quale delle due coronarie è stata
colpita, come più volte sperimentato in pazienti con una lesione coronarica
accertata.

• Per la coronaria sinistra, l’indice forma con la linea mediosterno-


xifoidea un angolo di circa 30° verso sinistra, la parte superiore
della mano viene fortemente attirata verso la 2a articolazione
condro-sternale sinistra (Figura 2-20).
• Per la coronaria destra, la mano oltrepassa la linea mediana a
destra, disegnando un angolo di circa 40° a partire dalla 2a condro-
sternale destra.

Talvolta, si sente soltanto il palmo aderire al torace, in direzione del


punto di origine delle coronarie, senza rotazione. Un paziente infartuato o
affetto da coronaropatie ci offre l’opportunità di allenare la mano
all’ascolto: infatti, per quanto vecchie siano le lesioni i tessuti non
dimenticano mai. Per riscontrare lesioni di questo tipo è molto utile anche
la diagnosi termica manuale.

Il pericardio
Riguardo ai coinvolgimenti pericardici, la nostra esperienza è minore
rispetto a quelli cardiaci ma, come abbiamo potuto rilevare in almeno una
decina di casi, l’ascolto è abbastanza ben localizzato. La sola porzione
accessibile del pericardio, senza interposizione della pleura, ha la forma di
un piccolo triangolo il cui vertice si trova a livello della 4a condro-sternale
sinistra, la base a livello della 6a e 7a cartilagine costale, il lato destro
corrisponde al bordo sinistro dello sterno e il lato sinistro allo sfondato
anteriore sinistro che aderisce al triangolare dello sterno.
In caso di coinvolgimento del pericardio, il palmo della mano è
inizialmente attirato verso questo triangolo, e successivamente cerca di
spostarsi verso la parte superiore del torace. Si ha l’impressione che il
triangolo voglia dirigersi verso l’alto, restando tuttavia immobile.
Riteniamo che tale fenomeno sia dovuto ai ligamenti cervico-pericardici.
Ancora una volta siamo sorpresi di constatare quante fissazioni cervicali
sinistre siano, nell’uomo, in relazione con le cardiopatie.

Il plesso cardiaco
Molte persone presentano precordialgie in relazione o meno con il plesso
cardiaco superficiale. Questo plesso è importante per le tecniche di
liberazione emozionale che tratteremo più avanti.
La mano scivola in flessione laterale verso la 2a e 3a articolazione
condro-sternale dove si ferma il palmo. A differenza, però, degli altri
ascolti locali, la mano continua a muoversi in rotazione oraria o antioraria,
o a tampone di carta assorbente, ritornando ogni volta al punto di partenza.
Il movimento è abbastanza rapido, circa una ventina di oscillazioni al
minuto, più rapido, per esempio, dei sette movimenti al minuto dovuti alla
mobilità degli organi.
Più raramente, la mano aderisce al 4° e 5° spazio intercostale, forse
perché il sistema nervoso intracardiaco è molto importante. Nel primo caso
è possibile avvertire il plesso cardiaco al di sotto dell’arco dell’aorta prima
della sua distribuzione nel cuore.

La giunzione esofago-cardio-tuberositaria
Il palmo aderisce esattamente al di sotto del processo xifoideo,
leggermente a destra e in direzione della colonna vertebrale. Si riscontrano
spesso problemi di iato associati a pneumopatie e cardiopatie
presumibilmente dovute alla comune innervazione vagale.

I problemi vascolari dello stretto toracico


Come vedremo, i problemi vascolo-nervosi del torace sono essenzialmente
di origine vascolare e si localizzano a livello dello stretto toracico, dove i
grossi tronchi vascolari sono particolarmente esposti. Studieremo le
diverse cause di compressione vascolare e i relativi segni clinici.
Siamo rimasti sorpresi nel riscontrare una sindrome dello stretto
toracico nel 20% circa dei nostri pazienti. In un primo momento, abbiamo
dubitato di noi stessi, ma la palpazione non lascia adito all’immaginazione
sull’assenza o presenza di pulsazioni.
Gli ecodoppler richiesti non sempre evidenziavano la compressione
vascolare poiché spesso erano eseguiti in decubito dorsale, annullando in
tal modo gran parte della tensione dei tessuti molli. Oppure, le manovre di
Adson-Wright (braccio in abduzione rotazione esterna) erano mal eseguite.
Nelle opere precedenti abbiamo riportato le esperienze fatte con
l’ecodoppler, sottolineando che anche una liberazione fasciale addominale
debole può avere un effetto immediato sulla circolazione dell’arteria
succlavia. Dato che l’ecodoppler, che è essenzialmente un esame arterioso,
non rilevava alcuna anomalia, nonostante i nostri pazienti accusassero tutti
i sintomi vascolari dello stretto, la causa era da attribuire a un altro
elemento vascolare. Per questa ragione ci siamo serviti della TAC, per
cercare di determinare cosa avviene nello stretto toracico durante
determinati movimenti (Figure 5-3 e 5-4).
Il nostro scopo era determinare se, in soggetti senza alcun disturbo
funzionale dello stretto, è possibile riscontrare una compressione vascolare
normale. Abbiamo scelto due pazienti con un test di Adson-Wright
negativo. L’esame è stato eseguito inizialmente in decubito dorsale, con le
braccia lungo il corpo, successivamente con un braccio in abduzione-
rotazione esterna e infine con un braccio in abduzione-rotazione esterna
con la testa in rotazione dal lato opposto.
Figura 5-3
Sezione orizzontale del torace in D1. Soggetto in decubito dorsale con le braccia lungo il corpo. Le
grosse macchie nere corrispondono ai polmoni e alla trachea. Si nota che le clavicole sono sullo
stesso piano

Abbiamo richiesto le dimensioni del diametro dello stretto toracico,


dalla clavicola al bordo superiore della scapola e alla trasversa di C7. La
misurazione è stata molto difficile e, dopo numerosi tentativi, abbiamo
potuto trarre le seguenti conclusioni:

• nella manovra di Adson-Wright (Sotto-Hall) si verifica una


diminuzione anatomica dello stretto toracico. Le lastre eseguite
evidenziano una compressione dell’arteria e della vena succlavie
dovuta all’arretramento della clavicola;
• lo stretto toracico è perciò una zona in cui, in determinate
posizioni, i vasi sono compressi naturalmente, per questa ragione
anche una tensione miofasciale minima può provocare problemi
vascolari, sta a noi saper ispezionare bene questa regione;
• lo studio dell’anatomia e le dissezioni eseguite ci sono valse a
confermare l’ipotesi secondo la quale la vena succlavia è il primo
elemento a essere leso nei problemi di compressione dello stretto
toracico.

Riteniamo che questa sia la spiegazione dei numerosi sintomi, simili a


quelli della compressione dell’arteria succlavia, riscontrati in pazienti con
esami clinici negativi. Una compressione della vena succlavia è difficile da
dimostrare con esami non invasivi, ne tratteremo i sintomi più avanti.

Figura 5-4
Stessa sezione, ma con il braccio destro in posizione di Sotto-Hall/Adson-Wright. Si nota
l’arretramento della clavicola destra che comprime lo stretto toracico contro la colonna e la 1a costa.
Nella radiografia, la scapola appare spinta in avanti dalla rotazione esterna del braccio,
contribuendo anch’essa alla chiusura dello stretto

IL TEST DI SOTTO-HALL
Consiste, come noto, nel rilevare il polso radiale durante una manovra che
permette di traslare il braccio in abduzione-rotazione esterna e la testa in
rotazione dal lato opposto o in latero-flessione dallo stesso lato. Abbiamo
completato il test aggiungendo manovre di inibizione specifiche o di
aggravamento tissulare, indispensabili per determinare le cause che lo
rendono positivo, perciò lo possiamo definire test di Sotto-Hall completo.
È “positivo” quando il polso radiale scompare o diminuisce durante la sua
esecuzione.
Il Sotto-Hall è positivo in tutti i coinvolgimenti osteo-articolari,
viscerali e miofasciali relativi allo stretto. Si esegue quasi sempre in
posizione seduta affinché i tessuti molli siano in posizione di equilibrio
normale. Una diagnosi differenziale del Sotto-Hall richiede sia tecniche di
inibizione sia tecniche di aggravamento.
Le tecniche di inibizione: si tratta di inibire le tensioni tissulari
attraverso un appoggio dolce, eseguito con il pollice o il dito, dirigendosi
leggermente nel senso dell’ascolto. Si ritiene che l’appoggio arresti la
tensione tissulare diretta o riflessa responsabile del problema vascolare. Se
l’inibizione determina un ritorno del polso durante la manovra di Sotto-
Hall, la causa può essere la struttura inibita.
Le tecniche di aggravamento: consistono nell’esagerare una tensione
tissulare attraverso un appoggio digitale che rafforza la lesione, e nel
verificare se determinano un Sotto-Hall positivo.
Ipotizziamo il caso di un Sotto-Hall positivo, con implicazione,
rilevata dai test, dell’inserzione inferiore dello scaleno anteriore sul
tubercolo di Lisfranc. La tecnica di inibizione consiste nel mettere il
pollice sulla parte inferiore dello scaleno, dirigendolo dolcemente verso il
tubercolo di Lisfranc, come se l’intenzione fosse quella di avvicinare le
fibre inferiori alle loro inserzioni costali.
La tecnica di aggravamento si esegue spingendo la 1a costa verso il
basso o tendendo verso l’alto le fibre dello scaleno, per aumentarne la
tensione. Con un Sotto-Hall positivo, per esempio, rilasciate la rotazione
esterna del braccio fino al ritorno del polso radiale. Lasciate il braccio in
questa posizione e, con il pollice dell’altra mano, esagerate la tensione
dello scaleno anteriore, spingendo la 1a costa verso il basso. Se il polso si
arresta nuovamente, siete posizionati sulla giusta lesione tissulare.
Successivamente, bisognerà procedere a una diagnosi differenziale anche
con tutti gli altri tessuti molli, come vedremo in seguito.
La pressione arteriosa: frequentemente, con un Sotto-Hall positivo, si
riscontra un’anisopressione. La pressione arteriosa sistolica del lato di
lesione è spesso più debole di un punto o due. In genere, il trattamento
osteopatico la normalizza nel corso della seduta, se ne è la causa.
Analizziamo ora i diversi sintomi che possono dare un Sotto-Hall positivo.

Cause osteo-articolari di un test positivo


Con le dovute eccezioni, il sistema vascolare è quasi sempre disturbato
dalle fissazioni di C7/D1, dalla 1a costo-vertebrale, dalla sterno-claveare e
dalla 1a condro-sternale spesso fissate contemporaneamente.
C7/D1: per determinare se C7/D1 è la causa del Sotto-Hall, create con
il pollice un punto di inibizione sulla linea spinale e la traversa di C7, il
pollice appoggia dolcemente dal lato opposto al braccio esaminato.
La 1a costo-vertebrale: eseguite un’inibizione sulla parte posteriore
della costa contro D1, o un aggravamento che irriti il ganglio cervicale
inferiore.
La sterno-claveare e la 1a condro-sternale: si può affermare che
queste articolazioni siano quasi sempre fissate contemporaneamente. La
diagnosi differenziale si esegue sia in aggravamento sia in inibizione.

• in aggravamento: in caso di Sotto-Hall positivo, per esempio,


rilasciate dolcemente la rotazione esterna del braccio fino al ritorno
del polso. A questo punto, con il pollice dell’altra mano esercitate
una pressione posteriore su entrambe le articolazioni, se il polso
scompare nuovamente è lecito attribuirne la causa alle due
articolazioni.
• in inibizione: appoggiate il pollice contro la parte interna della
clavicola sul suo bordo inferiore, esercitando una spinta verso l’alto
e all’interno. Se la lesione è in questo punto, percepirete il ritorno
del polso. Esiste anche un’altra manovra che consiste
nell’esercitare una spinta sulla sterno-claveare opposta,
permettendo in tal modo il ritorno del polso.

Le cervicali basse: in via eccezionale, le lesioni osteo-articolari pure,


cervicali basse, possono dare un Sotto-Hall positivo. Sono quasi sempre
legate a un coinvolgimento dell’aponevrosi cervicale media o della pleura,
come vedremo più avanti. Eseguite un’inibizione sugli intertrasversari e
controllate il Sotto-Hall. Un test più specifico consiste nel posizionare la
testa del paziente in leggera latero-flessione, dal lato della cervicale bassa
sospetta, e spingere, con la mano libera, verso la base della testa, in modo
da concentrare l’appoggio sull’interapofisaria in causa. Se è primaria, la
compressione interapofisaria arresta il polso. Consigliamo questa tecnica
nei postumi del colpo di frusta, quando il paziente presenta una
sintomatologia vascolare.
Le costo-condro-sternali: nel caso in cui i test di mobilità rilevassero
una fissazione della 3a condro-sternale, in un soggetto con un Sotto-Hall
positivo, procedete nel modo seguente. Lasciate ritornare il braccio in
rotazione interna fino al ritorno del polso, mantenete invariata la posizione
del braccio e non esagerate troppo la rotazione. Eseguite, a questo punto,
una tecnica di aggravamento, con un dito della vostra mano libera
comprimete la 3a condro-costale indietro e leggermente all’interno, se è
coinvolta, il polso si arresterà immediatamente.
È possibile eseguire il test in inibizione, comprimendo la parte
sternale della 3a condrosternale in fuori, per avvicinare i due elementi,
oppure spingendo la 3a costa all’interno e leggermente in avanti.
Talvolta, il Sotto-Hall può essere disturbato da un callo osseo
claveare, da un processo megatrasverso di C6 o C7 o da un’eccessiva
obliquità della 1a costa.

Cause miofasciali
Il sottoclaveare: osservando una sezione sagittale dello stretto, ci si rende
conto che ogni spasmo, aderenza o fibrosi di questo muscolo può
contribuire a comprimere lo stretto, avvicinando la clavicola alla 1a costa.
Questo muscolo si può ledere in tutti i traumi del torace, inoltre, la sua
innervazione proviene soprattutto dal nervo frenico, che contribuisce
enormemente all’innervazione viscerale addominale, peritoneale e
toracica. Riteniamo, senza però poterlo dimostrare, che qualunque
irritazione viscerale possa, di riflesso, provocare uno spasmo di questo
muscolo. Si potrebbero spiegare in tal modo i risultati immediati ottenuti
durante le manipolazioni viscerali dolci ma anche la loro breve durata. È
bene non dimenticare mai che, essendo lo stretto toracico molto stretto e
ricco di elementi, le compensazioni sono limitate, per questa ragione è
sufficiente un semplice spasmo muscolare per comprimerlo.
Alcune contratture dei grandi muscoli che si inseriscono sulla
clavicola possono anche essere all’origine di un Sotto-Hall positivo ma la
situazione si ristabilisce da sé quando ritrovano spontaneamente il loro
tono originario.
La diagnosi differenziale: se sospettate un interessamento del
sottoclaveare, comprimete la clavicola in basso e leggermente all’interno
per rilasciare le sue fibre. Esiste un’altra tecnica più difficile da realizzare:
stringete leggermente il sottoclaveare mettendo il pollice nel cavo
sopraclaveare contro la clavicola collocando l’indice della stessa mano,
passando per via anteriore, tra la 1a costa e la clavicola dalla loro parte
interna, eserciterete in tal modo una vera e propria leva inibitrice del
sottoclaveare.
Le fasce: sono spesso causa di problemi vascolari dello stretto.
L’aponevrosi cervicale media: se si riscontra un interessamento di
questa aponevrosi, il Sotto-Hall è positivo, quando la testa è in flessione
latero-rotata dal lato opposto. Per confermare tale interessamento, riportate
la testa in posizione neutra o sollevate il braccio interessato in alto e
all’interno, ravvicinando in tal modo la clavicola alla colonna cervicale.
Non si tratta di un test specifico e può essere applicato anche per il
ligamento sospensore della pleura. È possibile inibire questa aponevrosi
anche mettendo un pollice leggermente al di sotto del tubercolo di
Lisfranc, sollevandola delicatamente in alto e all’interno. Con la pratica si
esegue un’inibizione con il semplice peso del pollice.
Il ligamento sospensore della pleura: è sovente implicato nei disturbi
dello stretto, la diagnosi differenziale a esso relativa si esegue sia
passivamente sia attivamente:

• passivamente: esercitate un’inibizione contro la cupola pleurica,


quando è accessibile, posteriormente alla 1a costa. Ma la differenza
rispetto all’aponevrosi cervicale media è minima.
• attivamente: è opportuno servirsi della respirazione. Con un Sotto-
Hall positivo, rilasciate la rotazione esterna del braccio fino a che il
polso ritorna, a questo punto invitate il paziente a inspirare
profondamente. Se la pleura è interessata, il polso si arresta di
nuovo attraverso la messa in tensione del ligamento sospensore che
comprimerà lo stretto.

Il pericardio e lo sfondato anteriore: li trattiamo insieme poiché è


difficile distinguerli con una diagnosi differenziale. Il paziente è seduto in
posizione di Sotto-Hall, con la schiena appoggiata al vostro petto. Con la
mano libera, collocata sul manubrio sternale, spingete lo sterno in alto e
leggermente indietro. Così facendo, si liberano tutti i componenti dello
stretto, alleggerendo il peso dei tessuti molli, come se il paziente fosse in
stato di imponderabilità.
Prima di concludere che si tratta di un problema pleuro-pericardico,
eseguite i test relativi agli elementi della parte superiore dello stretto.
I test dello sfondato inferiore non ci convincono poiché coinvolgono
troppo il sistema viscerale iuxta-diaframmatico. Una compressione
inibitrice dello sfondato inferiore destro, per esempio, inibirà, al contempo,
il fegato, il rene destro, l’angolo epatico del colon e non solo. Quando
trattate i disturbi dello stretto, non dimenticate le numerose fissazioni
viscerali addomino-pelviche già studiate in Manipolazione viscerale 1 e 2,
perché significherebbe venir meno al concetto di lesione totale.
Cause viscerali
Il polmone: di norma, nella pratica quotidiana, integriamo il polmone e la
pleura nelle tecniche di inibizione e di aggravamento che eseguiamo. E
come è possibile separarli? Nel corso di lesioni polmonari gravi, può
succedere che i test eseguiti sulle scissure valgano anche per la pleura, in
quanto mediati dalle coste.
Inibizione-aggravamento di una regione scissurale: prendiamo per
esempio la scissura destra, lasciando a voi la cura di applicare queste
tecniche alle altre scissure.
Il soggetto è seduto in posizione di Sotto-Hall, con la schiena
appoggiata al vostro petto. Con la mano libera comprimete in basso e
all’interno la 5a e la 6a costa, partendo dal bordo esterno della scapola fino
all’articolazione della 5a condro-sternale. Normalmente, nei disturbi della
scissura destra, il Sotto-Hall è a destra, la trazione inibitrice verrà
esercitata dal vostro avambraccio e dalla vostra mano sinistra posti davanti
al torace.
Il cuore: non è possibile separarlo dal pericardio e spesso nemmeno
dalla pleura, tuttavia esiste un test di inibizione che si esegue sulla sua
parte superiore.
Mettete il palmo della mano sulla 2a condro-sternale sinistra e le dita
sullo sterno, in direzione della 2a condro-sternale destra e leggermente
indietro. In tal modo, il polso radiale dovrebbe ritornare e spesso accelera,
è una delle rare tecniche che provocano un’accelerazione cardiaca. Non
siamo sicuri di esercitare un’azione unicamente sulla struttura cardiaca,
pensiamo infatti che la manovra coinvolga anche il plesso cardiaco, tanto
più che il test funziona soprattutto quando la mano si dirige nel senso
dell’ascolto.
La giunzione esofago-cardio-tuberositaria: non dimenticate che è
spesso causa di problemi intratoracici. L’inibizione si esegue nella zona di
proiezione dello iato, in appoggio sottocostale, eseguito al di sotto e
posteriormente alla 7a condro-sternale sinistra. Il soggetto è chinato in
avanti, il pollice spinge i tessuti nella zona di proiezione dello iato in basso
e in fuori per l’inibizione, e in alto all’interno per l’aggravamento. Non
confondete questa manovra con quella molto più superficiale del plesso
solare.

Altre cause
Altri fenomeni possono provocare l’assenza del polso radiale nel test di
Sotto-Hall.
La malattia di Raynaud: questa affezione è caratterizzata da disturbi
circolatori con andamento parossistico che provocano ischemie localizzate
a livello della mano. Il paziente sente le “dita morte”, molto doloranti,
teme soprattutto il freddo. Si pensa sia dovuta a un disturbo del simpatico
cervicale, di origine sconosciuta. Il pollice è colpito raramente, gli attacchi
si possono scatenare anche d’estate.
La malattia di Raynaud dà un Sotto-Hall positivo ma molto spesso
bilaterale, il che si verifica raramente nei problemi tissulari dello stretto.
Un Sotto-Hall bilaterale è spesso in relazione con il sistema nervoso
simpatico. In tal caso, bisogna controllare bene le cervicali basse e la 1a
condro-vertebrale relative al ganglio cervicale inferiore, che, a volte, è
possibile inibire eseguendo un appoggio del pollice verso la parte anteriore
della trasversa di C7, contro la 1a costo-vertebrale.
La malattia di Paget-Von-Schrötter è un coinvolgimento della vena
ascellare. Apparentemente primaria è, talvolta, la conseguenza di un
trauma, provoca edema del braccio, della spalla e del cuore e una
colorazione bluastra della mano. Un cardiologo ci ha fornito un quadro
semplice dei problemi vascolari della mano:

• mano bianca: problema arterioso;


• mano blu: problema venoso;
• mano dolorante: problema neurologico.

La sindrome di Takayashu: definita anche malattia delle “donne”


senza polso arterioso, è un’affezione rara che colpisce soprattutto soggetti
giovani di sesso femminile. È caratterizzata da un’occlusione dei grossi
tronchi dell’arco aortico e dell’arteria succlavia. È dovuta essenzialmente a
una lesione infiammatoria della tunica avventizia in seguito a trombosi. Da
un punto di vista clinico si manifestano: l’assenza del polso sulle braccia e
sulle carotidi, claudicatio intermittens degli arti inferiori, sincopi e disturbi
della vista.
Un’anomalia posizionale dell’arteria: in diversi pazienti abbiamo
riscontrato che l’arteria radiale non era nel suo solco abituale. In questi
casi il polso radiale deve essere cercato più in profondità e più all’interno.
Fare attenzione durante l’esecuzione del Sotto-Hall: è opportuno restare
sempre bene a contatto dell’arteria poiché la mobilizzazione del braccio,
durante l’esecuzione del test, può spostare il vostro appoggio.
Un’adenopatia: tutte le invasioni infiammatorie gangliari possono
provocare un’assenza del polso radiale in seguito alla compressione
dell’arteria succlavia o dell’arteria ascellare e, probabilmente, anche in
seguito a irritazione del sistema nervoso.
Un coinvolgimento dell’arteria succlavia, ascellare o brachiale:
quando il test di Sotto-Hall è positivo, verificate se il polso sottoclaveare è
ben percettibile. Si localizza al di fuori e posteriormente al tubercolo di
Lisfranc, a circa 1,5 cm all’interno del centro della clavicola, non è sempre
facile da localizzare.
Verificate anche il polso ascellare, localizzato tra la clavicola e il
piccolo pettorale o vicino all’apofisi coracoide esternamente al coraco-
brachiale o anche nello stesso cavo ascellare.
Controllate infine il polso omerale nella piega del gomito, vicino
all’inserzione inferiore del bicipite.
In caso di dubbio affidate il paziente a un angiologo, un ecodoppler
non è un esame invasivo e può evidenziare un coinvolgimento vascolare
che necessita di altre cure, ben più urgenti.
Un coinvolgimento tiroideo: abbiamo riscontrato una decina di casi in
cui i pazienti presentavano gozzi tiroidei così importanti da venire a
contatto con la cavità claveare. Il caso più recente è stato quello di una
giovane donna con un Sotto-Hall positivo a destra, normalizzato da un
lieve sollevamento della parte destra della tiroide. I soli segni presenti
erano ipotensione, ipertermia e iperiflessia; talvolta i sintomi di
un’ipertiroide non sono così diversi da quelli di un’ipotiroide e variano a
seconda dell’intensità dell’attività ormonale.
I tumori del mediastino: possono comprimere i grossi tronchi arteriosi
ma al contempo, come abbiamo potuto verificare, è possibile riscontrare
sintomi respiratori, retromediastinici, ipertensione e vampate di calore
(crisi ripetute di vasodilatazione cutanea, soprattutto al viso e alla parte
alta del torace).

I SEGNI CLINICI DI UNA COMPRESSIONE


VASCOLARE
Ricordiamo che la compressione vascolare dello stretto avviene soltanto in
determinate posizioni: testa all’indietro, braccia sollevate, mani/o dietro la
nuca o in decubito laterale. È rarissimo che si riscontri in una persona
sdraiata in una posizione normale.
Per questo motivo, i sintomi sono talvolta difficili da definire,
essendo labili e migliorando con il cambiamento della posizione.
Probabilmente sono più evidenti al mattino, al risveglio, quando il paziente
ha dormito in una “posizione di compressione”, per esempio con una mano
dietro la testa o in decubito laterale.
Interrogate il paziente su eventuali disturbi avvertiti al risveglio, è
importante sapere se migliorano nel corso della giornata, e controllate il
polso radiale in decubito laterale, spingendo la spalla superiore verso il
basso, aumentando in tal modo la compressione claveare.

Il furto della succlavia


Esiste una malattia definita “sindrome del furto della succlavia”,
interessante dal punto di vista del suo decorso. Si tratta della
sopravvenienza di incidenti neurologici ischemici, parossistici, con
vertigini, perdita di conoscenza, amaurosi (perdita completa della vista
senza alterazione dell’occhio) e amnesia, provocata da un arto superiore la
cui circolazione arteriosa è imperfetta. Ciò è dovuto a un’ostruzione
dell’arteria succlavia o del tronco brachio-cefalico a monte della
vertebrale, dovuta a stenosi o trombosi quasi sempre ateromatosica.
Ciò che in particolare ci riguarda è che, a valle dell’ostacolo, l’arteria
succlavia è alimentata dall’arteria vertebrale dove il sangue circola nella
direzione opposta proveniente dalla vertebrale controlaterale, dal tronco
basilare e dall’esagono di Willis.
Immaginate un paziente la cui succlavia è compressa nello stretto da
una cattiva posizione del braccio durante il sonno: al risveglio può
accusare vari sintomi locogenerali dovuti al fenomeno del furto arterioso,
che colpisce anche i tronchi basilari. Forse, è una delle spiegazioni dei
sintomi generali della compressione dello stretto.
Elenchiamo qui di seguito i sintomi locali e generali di una
compressione vascolare dello stretto.

I sintomi locali
Si tratta di tutti i sintomi locali di compressione vascolare arteriosa, e
precisamente:

• Intorpidimento e formicolio delle dita e degli arti superiori;


• dita bianche, raramente gonfie;
• disturbi trofici e più raramente muscolari.

Questi disturbi non sono permanenti e gli intorpidimenti devono


cessano quando il soggetto trova una posizione di “decompressione” dello
stretto, testa in rotazione omolaterale e mano sulla spalla opposta. In caso
di permanenza dei sintomi, è opportuno richiedere un esame vascolare.
I disturbi veno-linfatici: come abbiamo già affermato, trattando i
disturbi dello stretto, raramente si parla di compressione venosa e linfatica,
eppure le vene succlavie sono le prime a subire gli effetti della strettezza
naturale dello stretto. È possibile riscontrare i seguenti segni:

• dita gonfie di colorazione bluastra, formicolii;


• mano umidiccia, braccio edematoso, con lesione vascolare;
• più raramente edema latero-cervicale e sopraclaveare omolaterale.

Tre dei nostri pazienti affetti da questa compressione presentavano un


braccio così gonfio e pesante da dover essere sostenuto da una fascia ma,
generalmente, i segni sono meno evidenti. La lista dei sintomi che segue è
stata compilata sulla base dei disturbi accusati dai nostri pazienti.

Sintomi generali
Cefalee: inizialmente predominano quelle nella regione posteriore, per
irradiarsi, in seguito, sino alla regione frontale. I problemi della succlavia
hanno un’evidente inclinazione a ripercuotersi sull’arteria vertebro-
basilare, come già riscontrato nel fenomeno del furto arterioso. Di norma,
nella medicina osteopatica i risultati migliori si ottengono quando le
cefalee hanno origine nella parte posteriore.
Vertigini: generalmente si tratta di vertigini posizionali, scatenate cioè
da cambiamenti di posizione e, come è noto, nel passaggio dalla posizione
eretta a quella sdraiata. Queste vertigini non si verificano mai quando il
paziente si corica prono o si alza da posizione prona. Siate molto vigili
quando le vertigini non sono posizionali. Si risolvono abbastanza
rapidamente ma rendono estremamente ansioso il paziente che ha
l’impressione di “morire”.
Molto spesso queste vertigini si verificano quando i pazienti hanno
un’attività che li costringe a tenere le braccia sollevate e la testa
all’indietro. In tal caso si può pensare che il flusso della vertebro-basilare
diminuisca a causa della compressione della succlavia e della stretta della
vertebrale nei suoi gomiti occipito-cervicali.
Queste vertigini procurano una grande angoscia in quei pazienti che
la medicina tende velocemente a catalogare nel “calderone” dei malati
psicosomatici. Ma provate a immaginare lo smarrimento di coloro che
sono profondamente convinti di essere affetti da una malattia che nessuno
riconosce. Naturalmente, l’ansia che via via aumenta li rende più irritabili,
giustificando perciò un’interpretazione psicologica dei disturbi. L’ansia
aggrava tutte le reazioni del loro organismo, al punto che anche un piccolo
squilibrio vascolare potrebbe assumere proporzioni smisurate.
Cerchiamo di non dimenticare mai che un disturbo psicologico
comporta un Sotto-Hall positivo solo in via eccezionale. È nostro dovere di
medici rifiutare a priori l’etichetta “psicosomatico” e tentare di scoprire le
ragioni che disturbano il transito arterioso.
Non confondete queste vertigini con la malattia di Ménière nella
quale si associano vertigini, ronzii all’orecchio e sordità di durata
variabile.
Problemi di equilibrio: sono più rari delle vertigini e sopraggiungono
anche, nella maggior parte dei casi, in seguito a cambiamenti di posizione,
nelle attività che costringono a tenere le braccia sollevate e al mattino, al
risveglio.
Problemi dell’orecchio: a carattere di otalgie, sensazione di avere
l’orecchio tappato e, talvolta, diminuzione dell’acuità uditiva ma senza
sordità.
Problemi più diffusi: stato di confusione mattutina, il paziente accusa
risvegli difficili, idee poco chiare, alterazione della memoria e una cattiva
forma fisica generale. Nel corso della mattinata i sintomi vanno
scomparendo. Il sonno è spesso disturbato da incubi, controllate lo stretto
nei bambini con incubi cronici.
Problemi tiroidei: già evocati e lievi dolori cardiaci, toracici o
addominali attribuibili a un problema dell’arteria toracica interna che ha
anastomosi con l’epigastrica.

I problemi neurologici dello stretto


I diversi nervi dello stretto sono meno interessati dai problemi della
giunzione cervicotoracica, essendo localizzati più esternamente a
quest’ultima. Al contrario, sono colpiti nei traumi diretti o indiretti gravi,
coinvolgendo la colonna cervicale con il torace. Analizzeremo i problemi
dovuti al nervo vago e frenico, irritati meccanicamente a livello cervicale o
cervicotoracico.

I SINTOMI FUNZIONALI DEL NERVO VAGO


Cefalee: il vago genera rami sensitivi meningei che si distribuiscono alla
dura madre, che ricopre la fossa cerebellare del lato corrispondente, e
alcuni rami al seno laterale e occipitale. Le cefalee riscontrate sono spesso
abbastanza delimitate; il trattamento osteopatico dà risultati positivi anche
in caso di mal di testa superficiale. È molto difficile, invece, ottenere buoni
risultati nella tipica emicrania femminile, nella quale tutti i sintomi
cessano durante la gravidanza, come purtroppo testimoniano le nostre
statistiche.
Precordialgie: il paziente accusa talvolta un dolore sferzante nella
regione cardiaca, fortemente ansiogena. Questi dolori non insorgono
durante la notte ma piuttosto durante l’attività vagale verso le 4 o le 5 del
mattino, quando il paziente non dorme più. I dolori non lo svegliano.
Insorgono anche durante un’attività che obbliga a tenere le braccia
sollevate, durante sforzi importanti o a causa di stati di rabbia intensa.
Tachicardie: non sono la conseguenza di un’attività specifica ma si
manifestano senza una ragione apparente e accompagnano frequentemente
le precordialgie.
Dolori del condotto uditivo esterno: il paziente accusa un pizzicore
del condotto o semplicemente un fastidio all’orecchio.
Dolori faringei: il soggetto ha la sensazione di avere la gola irritata,
difficoltà a ingerire e deglutire, sebbene gli esami clinici non rivelino
anomalie. Siate molto prudenti quando un paziente ha difficoltà a ingerire
senza una ragione valida, è buona norma affidarlo a uno specialista.
Svariati disturbi di altro genere: associabili ai rami gastrici, epatici,
esofagei e al plesso solare.
Determinati risultati clinici inaspettati potrebbero forse essere la
conseguenza dell’effetto sul vago. Siamo rimasti stupiti di riscontrare, nel
corso delle nostre ricerche, il segno del plesso celiaco di Thomas e Roux.
Si tratta della scomparsa del polso nel momento in cui la mano deprime la
parete addominale a livello del cavo epigastrico, e noi che pensavamo di
apportare nuove scoperte …
È importante conoscere alcuni di questi test quando si sospetta un
coinvolgimento più grave.
Il riflesso velopalatino: alla sollecitazione dell’ugola deve
corrispondere un sollevamento del velo e una contrazione simmetrica dei
pilastri. In caso contrario si può sospettare un coinvolgimento bulbare.
Il riflesso del rigurgito: sollecitando la parte posteriore della faringe
si provoca una contrazione dei suoi muscoli e un sollevamento del velo del
palato. Se non si riscontra tale reazione, si potrebbe trattare di un
coinvolgimento del vago o del glosso-faringeo.
Ricordiamo che il vago emette il nervo ricorrente che abbraccia la
faccia inferiore dell’arteria, è unito alla cupola pleurica e può ledersi nei
coinvolgimenti pleuro-polmonari provocando anche, ma non solo, la
paralisi della laringe.
Avvertenze: siate molto prudenti in presenza di dolori, anestesia
parziale o parestesia della laringe e disturbi associati alla deglutizione. È
impossibile descrivere tutti i disturbi neurovegetativi indotti da un
coinvolgimento del vago. Quest’ultimo controlla l’innervazione dei
muscoli lisci dell’apparato digerente e respiratorio, il ritmo e il flusso
cardiaco. È l’agente di trasmissione della sensibilità dei visceri e dei
relativi riflessi, la sensazione viscerale e la sensazione subcosciente della
nostra esistenza dipendono dal vago: si tratta della cenestesi, che allo stato
patologico è difficile da sopportare e che, spesso, annuncia una malattia
grave.

IL SIMPATICO
Innervazione
Il torace è interessato soprattutto per mezzo del ganglio cervicale inferiore
e delle radici dorsali del simpatico, ammesso che sia possibile segmentare
questo nervo.
Il ganglio cervicale inferiore: posto anteriormente alla trasversa di
C7, è la fusione di quattro o cinque gangli cervicali e di uno o due gangli
toracici, si tratta di un ganglio nervoso cervico-toracico. Genera rami
vascolari e viscerali:

• vascolari: distribuiti alle arterie vertebrali e succlavie e ai plessi


vertebro-basilari;
• viscerali: i rami pleurici distribuiti alla cupola, i nervi cardiaci
inferiori, in associazione con il vago, forma i plessi coronarici
destinati alle arterie coronarie, spiegando così certi spasmi delle
coronarie nelle fissazioni della giunzione cervico-toracica.

I sintomi funzionali del simpatico: tutti i sintomi seguenti si


suppongono dovuti a un coinvolgimento del simpatico, ma non sempre è
possibile dimostrarlo.

• Cardiaci: problemi del ritmo cardiaco, plexalgie a carattere di


precordialgie e, probabilmente, spasmi coronarici.
• Circolatori: problemi circolatori del viso, degli arti superiori e
della parte superiore del torace spesso accompagnati da
sudorazione anomala.
• Oculari: le manipolazioni cervico-dorsali, talvolta, migliorano
l’acuità visiva conseguenza dell’effetto del simpatico sull’occhio.
Un paziente affetto da miosi unilaterale, associata a una fissazione
cervicale omolaterale, può trarre notevoli benefici dall’osteopatia.
A volte, il semplice fatto di eseguire un’inibizione in direzione del
ganglio stellato riduce la miosi.
• Digestivi: ci riferiamo al ricettacolo di tutti problemi della sfera
digestiva dove, innegabilmente, otteniamo buoni risultati, ma
quando è possibile attribuirli al simpatico e quando al
parasimpatico? Pensiamo sia inutile cercare di trovare una risposta,
appaiono talmente intricati sotto il bisturi che è quasi impossibile
distinguerli!
• Respiratori: un altro ricettacolo riguardante, in particolare, i
broncospasmi.

Riteniamo opportuno analizzare le sindromi di Claude Bernard-


Horner e di Pancoast-Tobias, che potreste riscontrare e che dimostrano
quanto si tenda a generalizzare i sintomi dovuti a lesioni nervose. Abbiamo
già descritto la prima, ma è proprio superfluo ricordarla ulteriormente?

La catena simpatica toracica


La catena simpatica toracica, compresa nel solco vertebrale, può, in caso di
lesione, presentare sintomi cosi numerosi che risulterebbe noioso elencare.
È importante, però, saper ispezionare le zone cutanee che presentano
colorazione ed elasticità diverse e che spesso segnalano una fissazione
vertebrale metamerica corrispondente. Ma a volte, si riscontrano anche
“false zone” in cui, per qualche ora o qualche giorno, si manifestano dolori
(più sopportabili rispetto alle zone realmente colpite), vescichette e
colorazione più scura della pelle. In questi casi, è facile attribuirsi buoni
risultati ma, in realtà, non si tratta che di una lieve irritazione di un ganglio
simpatico dorsale, che scompare da sola. Con questi sintomi è frequente
riscontrare una fissazione costo-vertebrale corrispondente, opportunamente
da manipolare.

Riflessi pilomotori
Sollecitando leggermente la nuca, le regioni ascellari o sottoclaveari, si
provoca l’erezione dei peli e la così detta “pelle d’oca”. Il mancato
riscontro di tale reazione giustificherebbe il sospetto di una lesione della
catena simpatica, dei plessi, dei nervi periferici e, talvolta, delle corna
laterali del midollo. Viene anche definito riflesso orripilatore.

Nevriti e nevralgie
Le nevriti sono legate a un’alterazione o una degenerazione del tessuto
nervoso, mentre le nevralgie sono una sofferenza del nervo senza substrato
anatomico. Le plexalgie evocano soprattutto un problema simpatico. Nella
terminologia che ci riguarda, in caso di dolori funzionali è meglio usare il
termine di nevralgie.

I riflessi addominali
Indotti con l’ausilio dell’unghia o di uno spillo, provocano normalmente
una contrazione unilaterale della parete addominale.
D6-D7: sono centri corrispondenti alla zona riflessogena
sopraombelicale;
D8-D9: la zona media o ombelicale;
D10-D11-D12: la zona inferiore o ipogastrica.
La loro assenza permette di localizzare il livello di radiculiti, tabe o
sclerosi a placche.

IL FRENICO
Il coinvolgimento del frenico è o troppo facile da diagnosticare, per
esempio in una paralisi con respirazione paradossa, oppure molto difficile,
come nelle forme più avanzate.

I punti dolorosi riflessi del frenico


Sono: C3-C4, il triangolo di Sédillot, la parte interna degli spazi
intercostali, l’estremità anteriore della 10a costa o bottone diaframmatico
di Guéneau de Mussy (situato esattamente nel punto di intersezione di due
linee di cui una continua la 10a costa e l’altra prolunga il bordo esterno
dello sterno – nella pleurite diaframmatica la pressione di questo punto è
quasi insopportabile), la spalla, per mezzo del ramo di C4, e il gomito
attraverso C5 (Figure 5-5 e 5-6). Possiamo testimoniare tre casi di “gomito
del tennista”, resistenti a tutti i trattamenti, che si sono rivelati essere
dolori riflessi di un coinvolgimento polmonare.
Figura 5-5
Accesso al nervo frenico
Figura 5-6
Bottone di De Mussy

Il singhiozzo
Questa contrazione brutale e ritmica del diaframma può essere dovuta alla
compressione cervicale, mediastinica o addominale del nervo frenico. Può
manifestare la sua irritazione a livello della pleura, del mediastino, del
diaframma, del pericardio o del peritoneo. Se un paziente soffre di
singhiozzo cronico (ne abbiamo avuti diversi), è opportuno essere prudenti
e richiedere subito un esame clinico.

I NERVI INTERCOSTALI
I primi sei nervi intercostali assicurano la sensibilità della parete antero-
laterale del torace. Il 4°, 5° e 6° nervo intercostale hanno la particolarità di
innervare la grande mammaria per mezzo del nervo perforante laterale e il
nervo del triangolare dello sterno.
Gli ultimi sei nervi intercostali inviano rami al peritoneo e alla parete
addominale.
Il 1° nervo intercostale è voluminoso e spesso unito al ganglio
cervicale inferiore, un coinvolgimento di quest’ultimo causa la sindrome di
Claude Bernard-Horner. Comprende fibre iridodilatatrici destinate alla
muscolatura intrinseca dell’occhio. Una miosi unilaterale ci impone di
controllare attentamente questa regione.
Il 12° nervo non è intercostale ma sottocostale. Origina una
ramificazione perforante laterale che innerva i tegumenti della regione
glutea e del grande trocantere. È possibile riscontrare parestesie del
trocantere anche in pazienti che presentano radiografie della coxofemorale
nella norma. Spesso sono dovute alle conseguenze di una vecchia caduta
sulle ultime coste, che dovranno perciò essere manipolate.
Abbiamo brevemente passato in rassegna il sistema nervoso toracico.
Come di consueto, ci siamo attenuti alla nostra esperienza pratica
quotidiana. Ma prima di concludere questo capitolo vorremmo consigliarvi
di ponderare attentamente i segni della sclerosi a placche. La diagnosi
della malattia allo stato iniziale è veramente molto difficile. Abbiamo
commesso errori di diagnosi in casi che non presentavano altri sintomi al
di fuori delle parestesie toraciche o degli arti inferiori. Gli esami eseguiti
erano tutti negativi ed è stato possibile pronunciare la diagnosi definitiva
solo due o tre anni dopo.
Diffidate delle parestesie isolate o associate a iperriflessie, dei segni
oculari, labirintici e vescicali, possono preannunciare una sclerosi a
placche.

LE NEVRALGIE CERVICO-BRACHIALI
I cordoni nervosi che originano dal plesso brachiale sono localizzati al di
sopra e posteriormente alla sottoclaveare. Occupano l’angolo postero-
inferiore del cavo sopraclaveare e sono meno interessati dalle
compressioni dello stretto rispetto al sistema vascolare. Le nevralgie hanno
diversa origine e sono dovute, di norma, a una delle seguenti cause.
Una cervico-artrosi: in questo caso, le radiografie mostrano il
coinvolgimento artrosico radicolare, i test di mobilità evidenziano una
fissazione cervicale bassa importante, l’appoggio intertrasversario o la
compressione cranio-cervicale, provoca o risveglia istantaneamente un
dolore. Siate prudenti in caso di nevralgie cervico-brachiali senza
fissazioni osteo-articolari.
Una fissazione C7-D1-1a costa: spesso in causa nelle nevralgie
cervico-brachiali, si riscontra una fissazione della 1a costa in posizione di
inspirazione. L’appoggio, verso il basso, della 1a costo-vertebrale deve
sbloccare immediatamente una radicalgia. Il Sotto-Hall è spesso positivo e
la pressione arteriosa sistolica omolaterale diminuita. Pensiamo sia dovuto
all’irritazione del ganglio cervicale inferiore (non dimenticate di verificare
la presenza di una miosi). Una radicalgia di origine cervicale o dorsale
alta, provoca, nella maggior parte dei casi, irradiazione dolorosa a uno o
due dita, più raramente a tutta la mano. La colorazione delle dita rimane
normale o subnormale, non si riscontrano né edemi né eritrosi (colorazione
rossa dei tegumenti).
Un’adenopatia: i plessi cervico-brachiali possono essere compressi
da un’invasione o infarto gangliare nei coinvolgimenti del viso, del collo e
del torace. È importante essere in grado di riconoscere le adenopatie della
regione cervicale, sopraclaveare e ascellare. Un ganglio di Troisier nel
cavo sopraclaveare sinistro potrebbe rivelare un coinvolgimento
addominale (vedi Capitolo 4). I gangli nel cavo sopraclaveare destro
evocano soprattutto un coinvolgimento superiore, del torace, del viso e del
cranio.
Un’invasione tumorale: di origine mediastinica o polmonare
(sindrome di Pancoast-Tobias).

SINDROMI NEUROLOGICHE
La sindrome di Claude Bernard-Horner: è dovuta a un’interruzione della
catena simpatica cervicale provocando miosi, ptosi, enoftalmo (il globo
oculare è situato più in profondità rispetto alla localizzazione abituale),
disturbi vasomotori (spesso si tratta di vasodilatazione) a una metà del
viso, esuberanza di secrezione sudorifera. Disturbi pilomotori, della
secrezione lacrimale, della messa a fuoco e tachicardia.
Può presentare un’eziologia traumatica, vascolare, tumorale o
adenopatica.
La sindrome di Pancoast-Tobias: si osserva nel corso dell’evoluzione
dei tumori maligni localizzati attorno all’apice polmonare, provoca dolori
che s’irradiano alla spalla, al braccio e alla mano, talvolta si verifica una
paresi della mano e la sindrome di Claude Bernard-Horner associata. Le
radiografie mostrano un’opacità dell’apice, a volte accompagnata da
lesioni ossee costo-vertebrali.
Tra i pazienti che ci hanno consultato per nevralgie cervico-brachiali
sei, in realtà, soffrivano di tumore polmonare. È curioso constatare che
spesso, nei casi gravi, si riconoscono dolori riflessi proiettati molto lontano
rispetto al luogo di origine mentre ci si rifiuta sistematicamente di
riconoscerli per dolori puramente funzionali.

I test di mobilità
Si tratta senza dubbio della parte più importante del libro, poiché da un test
di mobilità deriva automaticamente la manipolazione corretta. Non essere
in grado di valutare una struttura, significa privarsi dell’atto terapeutico
corrispondente. Il torace, come abbiamo già sottolineato nel Capitolo 4, è
un contenitore che protegge un contenuto formato, soprattutto, da visceri
vitali; una fissazione del contenitore produce effetti sul contenuto, e
viceversa. Iniziamo dal contenitore.

EZIOLOGIA DELLE FISSAZIONI MECCANICHE DEL


TORACE
Completiamo quanto già riportato nel capitolo “Parte Generale”.
Una ventina di anni fa, i pazienti ci consultavano soprattutto per
problemi toracici a seguito di traumi diretti sulla schiena, sulle spalle o
sullo sterno, dovuti, per esempio, a cadute da un albero o semplicemente
dalla posizione eretta. Ci consultavano anche per i postumi di affezioni
pleuro-polmonari, causa di cervico-dorsalgie. Oggi, le cose sono cambiate.
Oltre ai problemi citati, si devono aggiungere anche le conseguenze degli
incidenti automobilistici.

Conseguenze di un incidente automobilistico


Un corpo durante un incidente d’auto subisce pressioni eccezionali, infatti,
è stato calcolato che il “peso di collisione” di un uomo di 80 chili si
avvicina a 2,5 tonnellate, vale a dire il peso di un elefante. Entrano in
gioco vari fattori, per esempio la velocità alla quale si verifica l’incidente e
il lasso di tempo nel quale avviene. Pare, secondo le ricerche della casa
produttrice Volvo, che l’urto avvenga in 80/1000 di secondo; in questo
brevissimo arco di tempo viene scosso tutto il corpo e tutte le strutture che
lo compongono ne sono interessate e accumulano l’onda d’urto.
Subito dopo l’incidente, il paziente si sente “stordito” e soffre
lievemente ma in modo confuso. A poco a poco, durante le settimane
seguenti, i dolori si manifestano sotto forma di cervicalgie, cefalee,
sternalgie, costalgie ecc., come se gli elementi dell’organismo si
liberassero di tutta l’energia accumulata.
In caso di frattura, per esempio, l’energia accumulata da un osso si
manifesta brutalmente e scompare nel tratto della frattura. I tessuti molli,
quando sono coinvolti, si rompono solo in via eccezionale oppure
provocano lievi disordini ossei. Essi “accumulano” l’energia dell’onda
d’urto e la restituiscono progressivamente, dando luogo ai sintomi. I tessuti
molli soffrono, facendo al tempo stesso soffrire il paziente, permettendo
agli specialisti di diagnosticare con facilità una depressione postraumatica,
il che rende il paziente ancora più irritabile. È buona norma perciò,
esaminare questi tessuti molli mediante le tecniche di ascolto e i test di
mobilità.

La deformabilità del torace


Il torace è un’unita composta da più di 150 articolazioni e, in caso di urto,
tutte queste articolazioni assorbono una parte dell’energia che ne deriva.
Nella maggior parte dei casi, è lo sterno che riceve il colpo maggiore,
ripercuotendolo successivamente sulle coste e gli organi. Alcune
articolazioni permettono di compiere grandi movimenti, altre hanno
solamente un’elasticità cartilaginea. È importante controllare e trattare
anche queste ultime quanto le “grandi articolazioni”. Possiamo affermare
che la differenza tra un terapeuta e un altro sta proprio nel trascurale o
trattarle. Oggi sono molti coloro che praticano la terapia manuale e che si
occupano solamente di ciò che è troppo facilmente visibile e manipolabile.
Nella deformabilità del torace, tutte le fasce hanno un ruolo definito.
Un polmone, per esempio, che pesa 1,3 kg, in caso di trauma provoca
violenti strappi sui suoi punti di inserzione superiori. Questi ultimi
assorbono una parte del colpo subito, generando fissazioni cervicali. Il
nostro ruolo è di ispezionare tutto ciò che potrebbe aver subito fissazioni.
Nell’organismo, la regione toracica è di difficile apprendimento, in quanto,
nonostante la sua apparente mobilità complessiva, è composta da più di un
centinaio di elementi mobili, talvolta al limite della percettibilità.

Le cinture di sicurezza
La questione non è ovviamente quella di dubitare della loro utilità, siamo
perfettamente consapevoli che salvano molte vite.
Non possiamo, però, non evidenziare che creano lesioni osteo-
articolari specifiche della parte anteriore del torace, delle articolazioni
sterno- e acromio-claveari e delle coste. La cintura di sicurezza mantiene il
corpo contro il sedile impedendogli di schiacciarsi in avanti; in questa fase
dell’incidente, tutte le forze dell’onda d’urto si concentrano attorno alla
cintura. Quest’ultima poi respinge indietro le ossa e i tessuti molli sui quali
appoggia, mentre le altre strutture sono tirate in avanti; ciò spiega la
complessità delle conseguenti lesioni toraciche. Non dimenticate,
soprattutto in caso di dorsalgie postraumatiche, di controllare tutta la parte
anteriore del torace, così spesso trascurata.

Cadute sull’arto superiore


Si tratta, sovente, di cadute dirette sulla spalla che sollecitano il sistema dei
ligamenti acromio- e sterno-claveare in modo anomalo.
È importante, tuttavia, tener conto di certe cadute sul palmo della
mano, apparentemente insignificanti, poiché possono creare una lesione
sterno-claveare a carico dello stretto cervico-toracico.
Solitamente il paziente non si ricorda dell’episodio, per questo motivo
siamo più propensi a far affidamento a ciò che rivelano i tessuti piuttosto
che alla memoria del paziente stesso. Tra i casi di sublussazione della
spalla da noi riscontrati, una decina si è verificata di notte durante il sonno,
anche in pazienti con una muscolatura perfetta. Possono, infatti, essere
dovute a un rilasciamento del tono muscolare durante l’attività vagale del
primo mattino.

Malposizioni fetali
Le abbiamo già trattate nel capitolo “Parte generale”. Anch’esse sono
frequentemente ignorate, a eccezione delle malposizioni gravi o
riscontrabili dalle radiografie. Una malposizione fetale, benché minima,
può provocare una ritrazione dei tessuti molli della quale si potrebbe
soffrire anche per tutta la vita.
Nei lattanti e nei bambini piccoli si riscontrano attraverso l’ascolto
globale, comprimendo leggermente l’asse craniosacrale. Una mano
comprime il cranio in direzione caudale, l’altra il sacro in direzione
cefalica. In caso di problemi si assiste a un vero avvolgimento dell’asse
craniosacrale.

Lesioni ostetriche
Si provocano durante il passaggio della testa e del braccio. Per certi
ostetrici, l’assenza di fratture della clavicola è la prova di un parto ben
riuscito, la nozione di tessuto molle non rientra ancora nella loro
formazione professionale.
Abbiamo avuto occasione di assistere a un parto giudicato
perfettamente avvenuto; in realtà il bambino soffriva di uno stiramento del
plesso brachiale con paresi dell’arto superiore. Fortunatamente, pare che si
stia diffondendo una maggiore presa di coscienza del problema, infatti, le
lesioni ostetriche diminuiscono sempre più. A noi osteopati resta il
compito di decifrare queste sofferenze tissulari che, prima o poi,
diventeranno sintomatiche con grande meraviglia dei familiari o del
paziente, in base alla data della loro manifestazione. Anche in questo caso,
un colloquio non può che rimanere sul generico. Oltre all’ostetrico e ai
tessuti del paziente, chi può testimoniare la qualità di un parto?

I TEST OSTEO-ARTICOLARI
Per eseguire i nostri test preferiamo che il paziente assuma la posizione
seduta, in quanto non occulta le tensioni muscolo-ligamentose come può,
al contrario, accadere in posizione sdraiata.

La sterno-claveare
Ci è capitato, a volte, di riscontrare vere e proprie lussazioni o
sublussazioni di questa articolazione. La lesione è talmente evidente che
non necessità di test di mobilità. È illusorio e dannoso voler riposizionare
questa articolazione, è inutile e può irritare al punto tale da creare una
condrite.
Controllate sempre tutte e due le articolazioni, anche se
apparentemente una sola sembra fissata, in quanto accomunate dal
ligamento interclaveare.
I test in compressione-decompressione: il paziente è seduto di fronte a
voi con le gambe penzoloni. Con una mano abbracciate il moncone della
spalla in modo da poterlo traslare da dietro in avanti e dall’esterno
all’interno e viceversa, e con l’altra esaminate la sterno-claveare
posizionando una o due dita su di essa (Figura 5-7).
Il ligamento sterno-claveare posteriore: si oppone ai movimenti
posteriori dell’estremità interna della clavicola. Spingete la spalla in avanti
e all’interno focalizzando bene il movimento verso la sterno-claveare. Con
il pollice, o l’indice dell’altra mano, accompagnate il movimento
dell’estremità interna della clavicola indietro, accentuandolo leggermente.
In caso di fissazione il movimento è difficile o impossibile da eseguire.
Quando l’estremità interna della clavicola ritorna leggermente, respinta del
ligamento posteriore, è possibile apprezzare anche il ligamento anteriore.
È il ligamento più coinvolto nei traumi diretti dello sterno e nelle lesioni
dovute alle cinture di sicurezza.
Il ligamento sterno-claveare anteriore: si oppone ai movimenti
anteriori dell’estremità interna della clavicola. Respingete la spalla,
indietro, in fuori, fino a che l’estremità interna della clavicola si dirige in
avanti. Il pollice o l’indice, posizionati sull’articolazione, devono percepire
il movimento anteriore. Con la pratica, è possibile esaminare
contemporaneamente le due acromio-claveari. Questo ligamento viene leso
da cadute sulle spalle, talvolta anche sul lato dell’emitorace opposto al
trauma. Nelle lesioni provocate dalle cinture di sicurezza, la fissazione del
ligamento anteriore si verifica quando la clavicola viene respinta in avanti
dalle forze elastiche di resistenza.
Il ligamento interclaveare: si oppone al movimento superiore delle
estremità interne delle clavicole. Spingete prima una spalla poi l’altra
leggermente indietro, e soprattutto verso il basso in modo da far
decomprimere l’estremità interna verso l’alto.

Figura 5-7
Test sterno-claveare in compressione-decompressione
Con l’altra mano valutate la presenza e l’ampiezza del movimento. È
possibile ledere questo ligamento in caso di cadute sulla schiena e ogni
volta che il torace viene spinto con forza in avanti e verso il basso.

L’acromio-claveare
Si fissa soprattutto nei coinvolgimenti della sterno-claveare e nei traumi
della spalla. Le lussazioni dell’acromio-claveare, note a tutti, spesso sono
meno patogene delle relative fissazioni ligamentose.
Il test in compressione-decompressione: il paziente è seduto, come
per il test della sterno-claveare, ma il braccio è in abduzione a 90° circa e
appoggia sulla vostra coscia. Una mano tiene la spalla mentre l’altra
respinge l’estremità esterna della clavicola verso il basso e molto
leggermente all’interno.
Un movimento normale permette di sentire la clavicola dirigersi verso
il basso e tornare rapidamente nella posizione di partenza, un movimento
troppo ampio o troppo limitato testimonia la presenza di un disturbo. Si
possono anche controllare le fibre anteriori e posteriori, spingendo
l’estremità esterna della clavicola in avanti o indietro. È possibile anche
esaminare l’articolazione, il paziente è con il braccio in abduzione e
rotazione esterna, un dito, posto sull’estremità esterna della clavicola,
apprezza il movimento eseguito dall’altra mano che trasla l’avambraccio
successivamente indietro o in avanti.

I ligamenti coraco-claveari
Rammentiamo che la coracoide si trova, se il soggetto ha il braccio
penzoloni, all’apice del solco delto-pettorale o a 2,5 cm al di sotto del
punto in cui il terzo esterno della clavicola di unisce al terzo mediano.
Il trapezoide: un pollice tiene l’apofisi coracoide mentre l’altra mano
tira la parte esterna della clavicola in alto e in fuori. Lo si può controllare,
come il conoide in decubito dorsale, con le mani incrociate, mettendo un
pisiforme sulla coracoide e l’altro sulla clavicola ed esercitando una spinta
con le mani in senso contrario per stirarle.
Per il trapezoide, il pisiforme claveare si dirige in alto e in fuori e il
pisiforme coracoideo in basso e in dentro.
Il conoide: un pollice tiene la parte interna dell’apofisi coracoide,
mentre l’altra mano tira la parte mediana della clavicola in alto, indietro e
in dentro (Figura 5-8).
In principio, questi ligamenti sono difficili da esaminare, è opportuno
confrontarli sempre con il lato opposto. La loro fissazione ci obbliga a
ricercare quella del sottoclaveare, strettamente in relazione con essi dalla
sua parte esterna.

I ligamenti acromio-coracoidei
Nella stessa posizione, o in decubito dorsale o laterale, una mano fissa
l’acromion indietro, mentre il palmo dell’altra mano spinge l’apofisi
coracoide indietro e in dentro (Figura 5-9). Si apprezza l’elasticità e non il
movimento di questi ligamenti che, normalmente, fungono da volta osteo-
fibrosa ma, in caso di fissazione, possono falsare il gioco articolare della
cintura scapolare.

Figura 5-8
Test del ligamento conoide e trapezoide
Figura 5-9
Test dei ligamenti acromio-coracoidei

Figura 5-10
La compressione claveare longitudinale

La compressione claveare longitudinale


Il test claveare generale: permette di controllare tutte le fissazioni claveari
con una sola manovra. Si esegue in compressione claveare longitudinale.
Si può eseguire in decubito dorsale, laterale o in posizione seduta, noi
preferiamo il decubito dorsale. Si utilizzano le due eminenze ipotenar, una
posta sulla sterno-claveare e l’altra sull’acromio-claveare, dalla loro parte
claveare. Esercitando simultaneamente una spinta l’una verso l’altra
(Figura 5-10), in caso di fissazione non si avverte alcuna elasticità.
Bisogna allora analizzare se la resistenza è maggiore dalla parte mediana,
esterna o interna della clavicola.

Lo sterno
Questo osso piatto può essere definito il recettore di tutte le tensioni
meccaniche del torace. È importante per le sue articolazioni con le coste
ma anche per le proprie articolazioni sterno-sternali. Le tecniche di
compressione-decompressione antero-posteriori possono essere utili anche
per diagnosticare lesioni viscero-mediastiniche profonde.
La compressione-rilasciamento dello sterno: in questo test lo sterno si
può paragonare esattamente al sacro nel test dei ligamenti uterosacrali.
Inizialmente, si esercita una spinta verso l’angolo di Louis, in seguito, tra
quest’ultimo e il processo xifoideo.

1) se la compressione è difficile da eseguire, può trattarsi di fissazioni


costo-condrosternali localizzate dove lo sterno resiste
maggiormente al movimento;
Figura 5-11
Il sollevamento sternale

2) se la compressione si esegue facilmente ma il ritorno è difficile, si


può sospettare una tensione mediastinica o pericardica. Imparate a
esaminare tutte le parti dello sterno, allenandovi, per esempio, su
pazienti che presentano problemi pleurici o pericardici accertati, al
fine di percepire bene questo movimento di ritorno difficile.

Le compressioni a sinistra dello sterno danno una mobilità più


limitata, per la presenza del cuore.
Il sollevamento sternale: è un test eccellente per tutto il sistema
pleuro-mediastino-pericardico ma delicato da eseguire su certi soggetti.
L’indice di una mano si colloca a uncino contro, o sotto, la parte superiore
dello sterno tra le due sterno-claveari, l’indice dell’altra mano si posiziona
sotto o contro il processo xifoideo (Figura 5-11). I due indici tirano
leggermente il blocco sternale verso l’alto. Il movimento è interminabile,
una volta eseguito il sollevamento si lascia che lo sterno riprenda il suo
ritmo di inspir-espir, ed esso tenderà lievemente verso le zone fissate. Vi
consigliamo di applicare questo test per sentire il movimento di slittamento
sternale che, all’ascolto, sembra rimanere sospeso in uno still-point.
Le sterno-sternali
La sternale superiore (S1-S2): spesso gli effetti dei traumi si concentrano
sulla sternale superiore che si continua con la 2a condro-sternale; la sua
fissazione implica problemi articolari condro-sternali e una limitazione
dell’inspirazione profonda. Si colloca un palmo al di sopra dell’angolo di
Louis, vicinissimo alle sterno-claveari, e l’altro al di sotto. I due palmi
spingono le parti sternali corrispondenti una contro l’altra, come se
volessero dislocare l’angolo di Louis (Figura 5-12). Oppure, più
semplicemente, si può appoggiare il palmo sulla parte prominente
dell’angolo di Louis per apprezzarne l’elasticità; noi preferiamo eseguire
la prima tecnica, quando possibile.

Figura 5-12
La sternale superiore

La sternale inferiore: il test, più difficile rispetto alla superiore,


consiste nello spingere con un dito in direzione cefalica e anteriore il
processo xifoideo per valutarne l’elasticità. La sternale inferiore è molto
spesso lesa contemporaneamente alle 7e condro-sternali, in caso di colpi
frontali diretti (pugno, impatto contro il cruscotto e caduta sul ventre).

Il test sterno-dorsale
Il soggetto è seduto, un palmo è collocato contro le apofisi spinali di D4-
D5 e l’altra sullo sterno tra l’angolo di Louis e il processo xifoideo. Il test
consiste nel far scivolare lo sterno, dal basso verso l’alto o da destra a
sinistra, esercitando un controappoggio con la mano dorsale. Si tratta di un
test completo che mette in luce importanti fissazioni condro-sternali o
mediastiniche.

Le condro-sternali
È un peccato che gli anatomisti non siano osteopati, potrebbero sentire tutti
i movimenti eseguiti da queste articolazioni e riconoscere loro, finalmente,
la mobilità che meritano.
Dobbiamo ammettere, avendolo più volte sperimentato, che su un
cadavere sembrano immobili, ma su un corpo vivo non può sussistere
alcun dubbio sulla loro mobilità. Queste articolazioni sono sempre
coinvolte in caso di trauma diretto o di caduta laterale sulla spalla.
Ricordiamo che la respirazione o qualunque movimento del torace le
mobilizza, rendendo le loro fissazioni di primaria importanza.

Figura 5-13
Test condro-sternale, in posizione seduta

Nel test in compressione-decompressione in posizione seduta il


paziente è seduto come nell’esecuzione dei test delle sterno-claveari. Una
mano trasla il moncone della spalla in avanti e in dentro nei test in
compressione, e indietro e in fuori nei test in decompressione. Una o due
dita dell’altra mano si posizionano sulle articolazioni condro-sternali, per
sentire la mobilità della cartilagine sullo sterno (Figura 5-13).
In compressione il movimento antero-interno della spalla spinge la
cartilagine costale indietro rispetto allo sterno. Con il dito, ampliate il
movimento. In caso di fissazione si riscontrerà una sensazione di durezza e
dolore all’appoggio; infatti, una fissazione condro-sternale è molto
dolorosa all’appoggio, contrariamente a una sinartrosi, per esempio.
In decompressione lasciate tornare la cartilagine costale in avanti,
mobilizzando la spalla indietro e in fuori, il ritorno è apprezzato dal dito
costale.
Preferiamo il test in compressione, di più facile apprendimento, tanto
più che si accompagna a dolore in caso di fissazione.
Nel test in decubito dorsale il soggetto è in decubito dorsale. Con una
mano tendete il braccio del lato da esaminare in alto e molto leggermente
in dentro e, con il pollice dell’altra mano, comprimete la cartilagine costale
della condro-sternale interessata, verso il basso (Figura 5-14). Una
fissazione si può manifestare avvertendo una sensazione di durezza e
dolore. Questa, come vedremo, è anche la posizione di correzione.
I test per le condro-costali si eseguono esattamente come per le
condro-sternali, mettendo le dita sull’articolazione tra la costa e la sua
cartilagine, situata all’esterno della condrosternale, a circa due dita
traverse. Sono importanti poiché possono provocare fissazioni intercostali
croniche con possibili ripercussioni sulla pleura.
Figura 5-14
Test condro-sternale, in decubito dorsale

La 1a condro-sternale si esamina rispetto all’articolazione stessa e alla


clavicola, l’analizzeremo più dettagliatamente trattando del test del
sottoclaveare, con il quale condivide sempre le fissazioni.

I TEST MUSCOLARI
Abbiamo tralasciato i grandi muscoli quali i pettorali o i deltoidi perché
non presentano fissazioni croniche patogene. I loro spasmi acuti sono
sempre secondari e si liberano da soli. Certi muscoli, per i quali
indicheremo i test appropriati, possono essere completamente rilassati
dalla medicina manuale. Ed è proprio perché le loro manipolazioni danno
buoni risultati che è importante saperli valutare.

Il sottoclaveare
Ha origine dalla parte interna della 1a costa e si dirige in alto, in fuori e
indietro, unendosi sotto la clavicola. Lo si può esaminare in posizione
seduta, in decubito dorsale o in decubito laterale. Valutando il
sottoclaveare si esaminano, al tempo stesso e senza distinguerle, le fibre
del ligamento costo-claveare e la 1a condro-sternale.
Per il test in posizione seduta facciamo riferimento alla posizione
seduta classica. Il pollice di una mano mantiene in basso e in dentro la 1a
costa contro la propria articolazione condro-sternale, mentre le dita
dell’altra mano aderiscono alla parte antero-inferiore interna della
clavicola sollevandola in alto e all’interno. Non si tratta di un movimento
vero e proprio ma piuttosto di una sensazione di elasticità, in ogni caso è
necessario confrontare sempre i due lati.
Per il test in decubito dorsale il soggetto è nella stessa posizione nella
quale si eseguono i test condro-sternali in posizione sdraiata: una mano
solleva il braccio del paziente in alto, leggermente in dentro, mentre il
pollice dell’altra mano spinge verso il basso la parte interna della 1a costa
(Figura 5-15).
Il pollice di una mano aderisce sotto la clavicola per spingerla in alto
e in dentro, mentre il palmo dell’altra mano esercita un controappoggio
sulle 2e coste, spingendole in basso e in fuori.
Per il test, infine, in decubito laterale il paziente è sdraiato di fronte a
voi, con una mano portate il moncone della spalla in avanti e leggermente
in dentro, focalizzando il movimento sulla clavicola, mentre con l’altra
mano tenete la 1a costa spingendola leggermente indietro. Si può anche
eseguire mettendo un pollice sotto la parte anteriore della clavicola e
l’indice indietro, in profondità contro la clavicola, fate gioco sul muscolo
sottoclaveare per valutarne la mobilità, si tratta della leva del sottoclaveare
(Figura 5-16).
Preferiamo i test passivi a quelli attivi in cui si richiede al soggetto
un’inspirazione o una partecipazione muscolare. Sono più precisi e
permettono di ispezionare più facilmente tutte le fibre.
Quando si sospetta una fissazione del sottoclaveare, bisogna sempre
esaminare contemporaneamente anche il ligamento conoide e trapezoide,
con i quali scambia fibre.
Figura 5-15
Test del sottoclaveare, in decubito dorsale
Figura 5-16
La leva del sottoclaveare

Il triangolare dello sterno


È molto difficile, se non impossibile, eseguire un test specifico di questo
muscolo, mentre il suo trattamento è relativamente più facile. Questo
muscolo può ledersi nei traumi costo-sternali e nelle affezioni pleuriche. Si
potrebbe esaminarlo spingendo lo sterno in direzione caudale ma non
essendone sicuri, preferiamo non basarci su concetti astratti.

Gli intercostali
Gli intercostali esterni: occupano soprattutto le parti posteriori e latero-
anteriori degli spazi intercostali. Si possono esaminare in posizione seduta
o sdraiata. Si possono fissare, prevalentemente, in seguito a traumi costali.
In posizione seduta. Per la parte posteriore (Figura 5-17) il soggetto è
seduto con le mani dietro la nuca. Disponetevi dietro il paziente con un
piede appoggiato al lettino. Con una mano afferrate i due gomiti traslando
il torace in flessione anteriore e flessione latero-rotata dal lato opposto alle
coste esaminate. Con il pollice dell’altra mano traslate le coste in basso e
in avanti per apprezzare il gioco intercostale (Figura 5-17). Mentre il
pollice apprezza il movimento costale, fate gioco sulla colonna in flessione
posteriore, lasciandola successivamente tornare e procedendo in tal modo
fino all’esame completo di tutti i piani intercostali.
Per la parte laterale la posizione di partenza è uguale alla posizione
posteriore ma, al contrario, si esegue una flessione laterale senza rotazione
dal lato delle coste esaminate mentre il pollice trasla le coste in basso e in
dentro.
Per la parte anteriore gli intercostali esterni s’arrestano a livello delle
articolazioni condro-costali. Il paziente è nella stessa posizione. Mettete il
pollice, in avanti, contro il bordo superiore di una costa per spingerla in
basso e in dentro. Fate gioco sul torace, in flessione anteriore e posteriore,
per focalizzare il movimento sul giusto spazio intercostale.
In decubito dorsale: disponetevi alla testa del paziente o dietro la
spalla, dal lato degli intercostali esaminati. Con i due pollici, spingete le
coste in direzione caudale e leggermente indietro, oppure sollevate in alto
e in dentro, il braccio omolaterale con una mano, spingendo con l’altra il
bordo superiore delle coste, uno dopo l’altro in basso e in dentro.
Gli intercostali interni: raramente si applicano test specifici, in quanto
la loro fissazione impedisce alla costa inferiore di separarsi da quella
superiore. Ricordiamo che si arrestano all’angolo posteriore delle coste. Di
norma, quando si esegue il test in decubito dorsale, bisognerebbe, per gli
intercostali esterni, spingere le coste in basso e in dentro, e per gli
intercostali interni in basso, indietro e in fuori. Consigliamo di applicare
gli stessi test, cambiando leggermente la direzione al termine della spinta.
Figura 5-17
Test degli intercostali esterni, parte posteriore, in posizione seduta

Quando un intercostale esterno è fissato, lo è anche il corrispondente


intercostale interno. Sottolineiamo ancora una volta gli stretti rapporti tra
gli intercostali interni e la pleura. Un trauma toracico può causare una
fissazione pleurica, e viceversa, una fissazione pleurica può comportare
una fissazione costale. Non vi sono test specifici per i sottocostali, il loro
trattamento è identico a quello degli intercostali.

I sopracostali
Li abbiamo spesso trovati fissati nei coinvolgimenti toracici di vecchia
data. Molto semplicemente, si dirigono da una trasversa all’angolo
posteriore della costa sottostante, o due piani sotto; il test si esegue in
posizione seduta o prona.
In posizione seduta: il paziente è seduto di fronte a voi con le mani
dietro la nuca. Con una mano sollevate i gomiti e il tronco in rotazione
opposta al sopracostale esaminato e con il pollice dell’altra mano
apprezzate e accentuate l’allontanamento dell’angolo posteriore
interessato, in caso di fissazione l’angolo posteriore ha molta difficoltà ad
allontanarsi dalla linea delle apofisi spinose.
In posizione prona: il soggetto è prono con la testa in rotazione
opposta al sopracostale in esame. Mettete un palmo sull’angolo posteriore
della costa spingendola in basso e in fuori, mentre l’altro palmo esercita un
controappoggio sulla spinale sottostante. Di norma, si tratta più di una
capacità di distensione che di un movimento vero e proprio.
I muscoli sottoioidei e omoioidei sono trattati unitamente alle fasce
nel capitolo seguente.

Il diaframma
Ribadiamo ancora una volta che non crediamo alle fissazioni primarie del
diaframma. Una fissazione parziale di questo muscolo è il riflesso di
svariati problemi digestivi, emozionali o articolari in atto.
Le fissazioni emozionali: sono bilaterali e limitano la corsa del
diaframma, impedendogli di eseguire inspirazioni profonde. Il paziente ha
il fiato corto, ansima con facilità e presenta una predisposizione alla
spasmofilia. Durante l’ascolto locale il palmo della mano si dirige verso il
plesso solare o il plesso cardiaco. Un’inibizione di questi plessi libera
quasi totalmente le fissazioni.
Il soggetto presenta spesso un’iperriflessia e il segno di Chvostek, o
segno del facciale (contrazione della parte mediana del labbro superiore,
colpendo dolcemente il nervo facciale tra l’apofisi zigomatica e la
commessura labiale).
Ricordiamo che questo segno non è specifico di una malattia, si
osserva spesso nelle coliti croniche e nei soggetti ansiosi.
Le fissazioni digestive: sono unilaterali e corrispondono sovente alla
disfunzione di un organo sospeso al diaframma. In un coinvolgimento
epatico, per esempio, il fegato, più pesante, tende le relative inserzioni
freniche, limitandone la corsa. La capsula del Glisson e una parte del
peritoneo periepatico sono innervati dal nervo frenico e questa irritazione
del frenico può produrre uno spasmo dell’emidiaframma corrispondente
che diminuirà la sua corsa; si tratta di una semplice supposizione indotta
dalla nostra esperienza clinica.
I test di ascolto locale portano il palmo contro il fegato e una manovra
di inibizione epatica in inspir, di norma, ripristina una buona mobilità
dell’emicupola destra.
Le fissazioni osteo-articolari: numerose fissazioni osteo-articolari
possono limitare la corsa di un emidiaframma: le cervicali, mediante il
frenico e i ligamenti sospensori della pleura, le coste, mediante la pleura e
le inserzioni diaframmatiche, le dorso-lombari, mediante le inserzioni dei
pilastri del diaframma e le diverse ramificazioni nervose che vi si
distribuiscono. Le tecniche di ascolto generale e locale permetteranno di
identificare la struttura responsabile.
Esaminando il diaframma, è opportuno diffidare di un’eventuale
predominanza laterale, si può riscontrare, infatti, destrismo o mancinismo
anche di un emidiaframma, di un occhio o di un orecchio.

I TEST DELLE FASCE


Nei capitoli precedenti, abbiamo sottolineato i loro diversi ruoli. È di
primaria importanza essere in grado di esaminare questo sistema fasciale,
poiché è determinante nelle funzioni di respirazione e circolazione. È uno
dei pochi che è possibile tendere direttamente all’interno della gabbia
toracica per via retroclaveare.
Può essere colpito nei traumi cervico-toracici e nei coinvolgimenti
cardio-pleuro-polmonari. Si pensa che, come il sistema muscolare, in caso
di gravi traumi “memorizzi” le concentrazioni di energia conseguenti a un
urto subito.

L’aponevrosi cervicale media


Non tratteremo l’aponevrosi cervicale superficiale, troppo sottile per avere
vere e proprie fissazioni. È possibile esaminare l’aponevrosi cervicale
mediana in posizione seduta o sdraiata. Il suo esame implica molto spesso
una tensione dei muscoli omoioideo e sottoioidei. In teoria, si procede nel
modo seguente: tenete e tirate l’osso ioide spingendo verso il basso la
clavicola, la 1a costa e parte della scapola. Possiamo tenere l’osso ioide in
decubito dorsale, mentre in posizione seduta la sua presa risulta più
difficile.
Non forniamo test specifici per i muscoli sottoioidei poiché si
valutano come l’aponevrosi cervicale media e le loro fissazioni sembrano
decisamente poco causali e meno patogene di quelle dell’aponevrosi.
Per il test in decubito dorsale una prima modalità (Figura 5-18)
prevede il paziente disteso con le braccia lungo il corpo. Con il pollice e
l’indice di una mano tenete l’osso ioide, mentre con il pollice o il palmo
dell’altra spingete i seguenti diversi elementi:

• la clavicola e la 1a costa, concentrando l’appoggio verso


l’estremità interna della clavicola;
• la parte mediana della clavicola;
• la parte supero-interna della scapola.

Una fissazione si manifesta con una scarsa capacità di distensione


dell’aponevrosi, talvolta visibile a occhio nudo, durante la manovra. Si
devono assolutamente confrontare i due lati.
Una seconda modalità prevede il paziente nella stessa posizione ma
con la testa in flessione latero-rotata dal lato opposto, appoggiata al vostro
addome o alla vostra coscia. Mettete le dita di una mano, ben aperte, sullo
spazio compreso tra l’osso ioide e la clavicola, mentre l’altra mano stira la
clavicola in direzione caudale e in fuori. Eseguendo questo stiramento, con
il vostro addome mobilizzate la testa del paziente dal lato opposto alla
clavicola esaminata. Si tratta di un test complicato da spiegare ma
abbastanza facile da eseguire.
È possibile eseguirlo anche in un altro modo. Con un pollice fissate
varie parti dell’aponevrosi in profondità nel cavo claveare, sulla scapola e
sulla 1a costa, mentre con il vostro addome eseguite degli stiramenti ben
imperniati sul pollice che tiene l’aponevrosi, definendo così, in modo
preciso, le zone lese.

Figura 5-18
Test dell’aponevrosi cervicale media, in decubito dorsale
Per il test in posizione seduta (Figura 5-19) il paziente è seduto con la
schiena contro di voi. Una mano tende la testa e la colonna cervicale in
flessione latero-rotata dal lato opposto all’aponevrosi cervicale media
esaminata, mentre con il pollice dell’altra mano mantenete l’aponevrosi
rispettivamente nella sua parte esterna, media e interna. Si può
rimproverare a questa tecnica di mettere in tensione gli scaleni ma è facile
distinguere una tensione aponevrotica da una tensione muscolare
scalenica.
Nella sua parte interna, non basta fissare l’aponevrosi contro la parte
posteriore della sterno-claveare ma è necessario anche respingerla indietro
e in basso per aumentarne la tensione.

L’aponevrosi clavi-coraco-ascellare
Per esaminare l’aponevrosi del sottoclaveare si procede come per il test del
muscolo che circonda. La clavi-coraco-ascellare s’inserisce essenzialmente
sull’apofisi coracoide, l’aponevrosi brachiale e l’aponevrosi del
sottoclaveare. L’esame si esegue soprattutto in decubito dorsale.
Il test: il paziente è in decubito dorsale con le gambe distese e la testa
in flessione late-rorotata dal lato opposto all’aponevrosi da valutare, il
braccio, in abduzione-rotazione esterna, è appoggiato sul lettino:
posizionate la testa in flessione latero-rotata esterna per fissare la clavicola
e l’aponevrosi cervicale media che scambia fibre con la clavi-coraco-
ascellare; il braccio è in abduzione-rotazione esterna per fissare
l’aponevrosi brachiale, dove termina la clavi-coraco-ascellare.
Figura 5-19
Test dell’aponevrosi cervicale media, in posizione seduta

Posizionate un palmo contro la parte antero-inferiore della clavicola


per tenerla, e ponete l’altro palmo contro la coracoide, spingendola in fuori
e in basso. Con le mani incrociate, è più facile spingere la clavicola in
basso e in dentro e la coracoide in alto e in fuori; confrontate i due lati.
In caso di fissazione importante, il movimento è difficile e mette a
disagio il paziente (sensazione di oppressione). Con la pratica, si può
eseguire questo test anche sostituendo l’appoggio claveare con un
appoggio cervicale laterale, per mettere in tensione l’aponevrosi cervicale
media e, indirettamente, la clavi-coraco-ascellare.

La pleura
È molto difficile tentare di esaminarla interamente, ma l’esperienza ci ha
dimostrato che tre sono le parti importanti: l’apparato sospensore cervico-
pleurico, lo sfondato anteriore e quello inferiore. La pleura può essere
colpita in tutti le affezioni pleuro-polmonari e i traumi toracici.
Ricordiamo che si può lesionare anche nelle attività che richiedono
movimenti forzati delle braccia; tali lesioni possono comportare
cervicalgie iterative. I sintomi migliorano alcuni giorni dopo le
manipolazioni cervicali per riapparire sistematicamente poco dopo.

L’apparato sospensore cervico-pleurico


Molto brevemente, questo apparato si estende dalle ultime cervicali
alle prime due coste. Ricordatevi tutte le inserzioni attigue al tubercolo di
Lisfranc, è per questo motivo che ci servirà da punto di appoggio inferiore.
I test si eseguono in posizione seduta e in decubito dorsale e laterale.
Il test passivo in posizione seduta ci è congeniale poiché la forza di
gravità svolge il suo ruolo consueto e il polmone esercita la sua normale
trazione.
Il soggetto è seduto contro di voi con il braccio appoggiato sul vostro
ginocchio. Collocate il pollice di una mano dietro la clavicola e in
profondità contro il tubercolo di Lisfranc, e con l’altra mano mobilizzate la
testa del paziente in flessione latero-rotata, finché sentite le fibre pleuro-
cervicali tendersi sotto le vostre dita.
Attenzione ai crepitii sottocutanei che possono essere dovuti a un
enfisema, in relazione con un pneumotorace. Il pollice esamina le diverse
fibre provenienti dalla colonna cervicale fino alla 1a costa. Per questo
motivo si dirige in direzione del collo della 1a costa dove si attacca il
ligamento costo-pleurico.
Durante il test, una fissazione si manifesta attraverso fibre ispessite,
difficili da mobilizzare e disturbi inspiratori. Talvolta, il soggetto tossisce a
causa della vicinanza del nervo frenico e della stimolazione pleurica. Si
può eseguire questo test anche agendo come se le diverse fibre del
ligamento sospensore fossero corde di chitarra. Confrontando la loro
capacità di distensione, localizzerete abbastanza rapidamente le loro
fissazioni.
Per il test attivo, nella stessa posizione, collocate il pollice contro la
a
1 costa ma invitate il paziente a inspirare un po’ più profondamente. In
caso di fissazione, sentite sotto il vostro dito una tensione fasciale molto
importante, mentre il soggetto avverte tensione al petto accompagnata da
un disturbo respiratorio.
Durante l’inspirazione, con il pollice spingete verso il braccio la
parete anteriore della 1a costa. Una fissazione articolare cervico-vertebrale
o costo-sternale dà l’impressione di un “blocco osseo”, mentre una
fissazione cervico-pleurica frena ma, al tempo stesso, permette il
movimento.
Per il test in decubito dorsale (Figura 5-20) il paziente è supino con
la testa appoggiata al vostro addome. Con le mani controllate i punti di
inserzione superiori della pleura.
I due pollici sono posizionati all’interno dei cavi sopraclaveari, uno
contro il tubercolo di Lisfranc e l’altro, più indietro, contro il collo della 1a
costa. Con l’addome, muovete la testa in latero-flessione da un lato
all’altro per ispezionare successivamente i vari punti di inserzione pleurici.
Si può eseguire anche collocando un pollice da ciascun lato. Questo test è
molto valido, in quanto permette di confrontare i due lati e di agire, senza
sforzo, sulla colonna cervicale. I pollici apprezzano la capacità di
distensione cervico-pleurica, agendo sulle diverse fasce come fossero
corde di chitarra.
Per il test in decubito laterale il soggetto è di fianco con la gamba
superiore flessa e l’altra, al contrario, distesa per permettere una buona
stabilità. Una mano abbraccia la spalla per dirigerla in basso e in dentro,
mentre il pollice dell’altra mano controlla a fondo le tensioni del ligamento
sospensore.
Il collo del paziente, essendo quest’ultimo in decubito laterale, è già
in latero-flessione, sistematelo perciò in leggera rotazione. Senza dubbio è
il test che permette la penetrazione più profonda, dal momento che non si
agisce sulla rotazione della testa, il pollice e la mano sulla spalla cercano
in qualche misura di tendere i ligamenti cervico-pleurici per valutarli.
Il pollice fa gioco anche su tutte le fasce, comprese quelle all’interno
del cavo claveare, senza tralasciare la parte situata più indietro, contro il
collo della 1a costa.
Figura 5-20
Test cervico-pleurico, in decubito dorsale

Gli sfondati anteriori


Le loro inserzioni sono abbastanza complesse ma l’esperienza clinica
ci ha dimostrato che la loro fissazione si colloca, soprattutto, intorno alle
4e articolazioni condro-sternali. Inizialmente, si esaminavano gli sfondati
agendo sull’elasticità costale per mobilizzarli, disdegnando in tal modo
tutte le articolazioni sterno-condro-costali. Esiste però un altro test più
affidabile. Il paziente è in decubito dorsale con le gambe distese e le
braccia lungo il corpo. Posizionati dietro la testa del soggetto, esercitate,
con i due palmi, una compressione laterale intorno alle 4e condro-sternali.
Innanzitutto, trovate un appoggio in direzione della colonna vertebrale, poi
lateralmente in fuori.
L’appoggio si esegue mentre il soggetto è in espirazione; invitate
allora il paziente a inspirare profondamente (l’appoggio non deve essere
troppo forte: deciso, ma confortevole); in caso di fissazione il soggetto
avverte una forte tensione mediotoracica, che lo disturba, obbligandolo
spesso a tossire, o arrecando disturbo o dolore alle spalle. È lo stesso tipo
di dolore che può avvertire una persona costipata, o quando si sforza per
favorire la deiezione, tossisce o si sottopone a isterografia o un esame
ginecologico un po’ troppo deciso. Con la pratica, il vostro appoggio
diventerà sarà sempre più leggero e avvertirete una tensione a sinistra, a
destra o da ambo i lati.

Gli sfondati inferiori


Anche per questo test, tra le varie inserzioni costali inferiori ci
serviremo soltanto della 7a condro-costale, anteriormente della 7a e 8a
costa, e posteriormente dell’11a costa. Il test si esegue più facilmente in
posizione seduta, dove si può trattenere con maggior facilità la porzione
latero-posteriore dello sfondato.
Per il test il paziente è seduto con le gambe penzoloni, di fronte a voi
con le mani appoggiate sulle cosce. Invitatelo a espirare profondamente
mentre collocate le vostre mani da una parte e dall’altra del torace. I pollici
sono indietro, contro le 11e coste, mentre gli indici sono situati contro le
8e coste, in direzione delle 7e condro-costali.
Quando il soggetto inspira, comprimete in dentro le coste,
spingendole al contempo verso il basso. Se il soggetto presenta
un’aderenza o fissazione dello sfondato, avverte un disturbo respiratorio
significativo, o lo stimolo della tosse o una tensione al torace e talvolta nei
cavi sopraclaveari.
Lo sfondato inferiore è colpito soprattutto nei problemi pleuro-
polmonari gravi; dato che è per sua natura lento, la sua capacità di
compensazione è considerevole. È interessato pochissimo dai traumi
dovuti agli incidenti d’auto, eccetto quando le ultime coste sono fratturate.

Il test pleurico globale


Consiste nel mettere in tensione simultaneamente lo sfondato
superiore e quello inferiore; lo eseguiamo, d’abitudine, in decubito dorsale.
Figura 5-21
Test pleurico globale, in decubito dorsale

Per il test (Figura 5-21) il soggetto è supino con le gambe distese, il


braccio del lato esaminato in abduzione-rotazione esterna e la testa in
flessione latero-rotata dal lato opposto al segmento pleurico analizzato.
Con le braccia incrociate, accentuate, con una mano, la flessione-rotazione
della testa, per tendere i ligamenti cervico-pleurici e, con l’altra, spingete
in basso e in dentro lo sfondato inferiore durante un’inspirazione, come
abbiamo visto in precedenza.
Sottoponete voi stessi a questo test, per rendervi conto di cosa può
essere una pleura. In caso di fissazione, la tensione è troppo forte e obbliga
il soggetto a interrompere l’inspirazione. Chiedete al paziente di riferire
dove si focalizzano le tensioni maggiori; con la pratica le sentirete da soli.

Il pericardio
Abbiamo l’abitudine di esaminare meno le fissazioni pericardiche rispetto
a quelle pleuriche. In un coinvolgimento pericardico, riscontrato
radiologicamente o chirurgicamente, le tensioni si manifestano
essenzialmente verso i ligamenti sterno-costo-pericardici e i ligamenti
vertebro-pericardici. Per controllarli, limitiamoci a qualche elemento: le
cervicali basse, il manubrio e D4. Il test può essere eseguito in posizione
seduta o coricata, da noi preferita.
Per il test il paziente è supino con le gambe distese, le braccia lungo il
corpo e la testa in flessione latero-rotata a destra, appoggiata al vostro
addome. Adottiamo questa posizione della testa, per mettere in tensione i
ligamenti vertebro-pericardici, più spessi e resistenti dal lato sinistro.
Collocate un palmo sul manubrio e l’altro sotto la spinale di D4. Il test
consiste nell’aumentare la rotazione della testa e nel tirare verso il basso e
leggermente a sinistra D4 e il manubrio sternale.
In alcuni casi di postumi pericardici da noi riscontrati, il cuore
aumentava e accelerava i battiti sistolici a ogni stiramento, ma è necessaria
molta pratica prima di poter trarre tali conclusioni.

I TEST DEI VISCERI


I visceri intratoracici sono estremamente difficili da analizzare, proprio per
la presenza del torace che, proteggendoli, ne difende l’accessibilità.
L’esperienza ci ha dimostrato che è più importante esaminare e manipolare
le loro fasce che tentare di mobilizzarli. In questa breve sezione, citeremo
soltanto alcune tecniche di provata efficacia (per informazioni più
approfondite vedi Manipolazione viscerale 1 e 2).

Il polmone
È illusorio tentare di separare l’analisi della pleura da quella del polmone.
Inoltre, è necessario aggiungere quella delle scissure: linee che si trovano
spesso fissate nei coinvolgimenti pleuro-polmonari di una certa portata.
Abbiamo spesso avuto occasione di esaminare queste scissure in pazienti
affetti da pneumopatia cronica. Dato che in questi test sono implicati anche
altri elementi, preferiamo sostituire il termine scissure con quello di
regione scissurale.
La regione scissurale interlobare sinistra. Il paziente è in decubito
laterale destro con la gamba superiore flessa e l’altra distesa. Posizionati
dietro il paziente, mettete un palmo indietro sulla 5a costa vicinissimo alla
scapola, e l’altro sulla parte anteriore della 6a costa, vicinissimo
all’articolazione condro-costale. Durante l’espirazione, accompagnate
questa costa in basso e in dentro trattenendola durante l’inspirazione
(Figura 5-22). Se il soggetto avverte disturbi, o difficoltà a inspirare,
potrebbe trattarsi di fissazione scissurale.
Figura 5-22
Test della regione scissurale interlobare sinistra

È opportuno essere consapevoli sin d’ora, anche se stentate a valutare


questo test, che le scissure devono essere trattate in tutti i coinvolgimenti
pleuro-polmonari e, soprattutto, nelle fissazioni dell’apparato sospensore.
La regione scissurale destra si può analizzare in decubito laterale
sinistro.
La scissura orizzontale: collocate un palmo vicinissimo al bordo
esterno della scapola tra la 4a e la 5a costa, e il resto della mano in
direzione della 3a condro-sternale in modo da comprendere bene la 4a
costa. Con l’altra mano, accentuate la compressione, spingendo la mano in
basso e in fuori durante l’espirazione, come per decomprimere la 3a
sternale focalizzando tutte le pressioni su quest’ultima.
Mantenete la pressione durante l’inspirazione e valutate le eventuali
reazioni come in precedenza.
La scussura obliqua destra: posizionate un palmo contro il bordo
esterno della scapola, a livello della 5a costa, con le dita lungo la 5a costa,
e l’altro palmo sulla 6a costa, con le dita in direzione della 6a condro-
sternale e procedete come per gli altri test.
Abbiamo tentato di eseguire questi testi in posizione prona, ma è
molto difficile differenziarli da quelli delle articolazioni costo-vertebrali.
Al contrario, si possono eseguire in decubito dorsale ma in questa
posizione, viene occultata gran parte delle scissure.
Questi test non sono certamente specifici per le scissure, poiché tutte
le mobilizzazioni del torace coinvolgono numerosi elementi. Li abbiamo
eseguiti su soggetti con postumi di pleurite localizzata al livello delle
scissure polmonari: risvegliavano il dolore quando erano in fase acuta.

Altri organi
Il cuore: in tutta franchezza, non conosciamo test di mobilità per il cuore, e
il solo test che ci sembra realizzabile è quello per la parte mediosuperiore
del pericardio. Tuttavia, nel capitolo “I trattamenti” analizzeremo le
tecniche da applicare nella direzione delle coronarie (vedi Capitolo 6).
Il timo: non disponiamo di test da sottoporvi. Come la milza, si tratta
di un organo che, quando è palpabile e riconoscibile, deve indurre alla
prudenza. Perciò, consigliate ai pazienti di rivolgersi, con urgenza, a
servizi specialistici adeguati.
La giunzione esofago-cardio-tuberositaria: non dimenticate di
esaminare questa giunzione, in quanto è troppo spesso responsabile di
disturbi viscerali intratoracici, in particolare può favorire il reflusso gastro-
esofageo. Per quanto riguarda i test da applicare, potete far riferimento alle
nostre opere precedenti, Manipolazione viscerale 1 e 2.

Metodologia dei test


Abitualmente, per le diagnosi manuali, procediamo nel seguente ordine:

• ascolto globale;
• ascolto locale;
• test osteo-articolari;
• test miofasciali;
• ascolto dei plessi.

I test devono essere eseguiti rapidamente e delicatamente per evitare


il rischio di creare fissazioni durante la loro esecuzione, in caso di dubbio
abbandonate l’elemento esaminato a vantaggio di un altro, e ricominciate
il test.
Ricordate: più li eseguite con forza, più sentirete le vostre dita e
non i tessuti del paziente.
Capitolo 6
I trattamenti
Indice

CAPITOLO 6

Parte generale
Il compenso-scompenso
La localizzazione delle tecniche
Le liberazioni articolari
Le liberazioni muscolari
Le liberazioni ligamento-fasciali
La liberazione dei plessi

Il sistema osteo-articolare
La sterno-claveare
Il ligamento sterno-claveare posteriore
Il ligamento sterno-claveare anteriore
Il ligamento interclaveare
L’acromio-claveare
I ligamenti coraco-claveari
La liberazione claveare generale
Lo sterno
La sterno-sternale superiore
L’induzione in sollevamento sternale
La tecnica sterno-dorsale
Le condro-sternali
Le condro-costali

Il sistema muscolare
Il sottoclaveare
Il triangolare dello sterno
Gli intercostali esterni
La parte antero-laterale
La parte posteriore
Gli intercostali interni
I sopracostali
Il diaframma

Le fasce
L’aponevrosi cervicale media
L’aponevrosi clavi-coraco-ascellare
La pleura
L’apparato sospensore cervico-pleurico
La pleura mediana
Le manipolazioni pleuriche globali
Il pericardio e il mediastino

I visceri
I polmoni
Il cuore

I plessi nervosi
Il plesso solare
La coordinazione dei plessi

Metodologia del trattamento


I trattamenti

Parte generale
Per quanto riguarda il trattamento osteopatico, condividiamo, senza
riserve, il principio stilliano basato sulla liberazione strutturale. Quando
Still afferma che: “La regola dell’arteria è suprema”, in realtà non si
riferisce solo all’arteria ma anche allo spazio tissulare circostante. Lo
stretto toracico è senza dubbio l’esempio migliore per immaginare il
concetto osteopatico stilliano.
L’osteopatia esercita con l’uso delle mani, e con la più grande
precisione possibile, una spinta correttrice su tessuti affetti da spasmi,
fissati o fibrosi, che hanno perso la propria capacità di distensione
naturale. Questi tessuti molli possono irritare, disturbare o comprimere il
sistema vascolo-nervoso, viscerale o osteo-articolare con i numerosi
problemi che ne conseguono: cattiva irrigazione arteriosa, venosa, linfatica
e di liquidi e ipereccitabilità nervosa loco-regionale, creando lesioni
spasmodiche su tutti gli elementi contrattili (in tal modo, uno spasmo
dell’arteria può ridurre il lume dell’arteria stessa per vasocostrizione).
Tutti questi disturbi producono, inizialmente, uno squilibrio locale,
che diventa in seguito regionale e infine generale, disturbando l’omeostasi.
A volte, una semplice fissazione può avere pesanti conseguenze, in virtù
delle leggi del compenso-scompenso.

IL COMPENSO-SCOMPENSO
Un individuo in buona salute è un individuo ben compensato. Tutti quanti
subiamo stress nervosi indispensabili alla vita, che hanno inizio “in utero”
e ci accompagnano nel corso della nostra esistenza. Sono indispensabili in
quanto fungono da stimoli. Tutto il nostro passato emozionale e
relazionale è sempre presente, poiché il nostro organismo conserva nella
memoria tutti i traumi subiti, di origine infettiva, traumatica, psicologica,
metabolica o conseguenti a vaccinazioni. L’inquinamento, per esempio, è
onnipresente e ci aggredisce in continuazione. L’apparente buona salute è
dovuta a un buon compenso-adattamento all’ambiente ma molto spesso,
siamo al limite dello scompenso.
Quest’ultimo può insorgere a causa di un trauma banale, un’infezione
o un problema psicologico apparentemente recente. Ci sorprendono le
reazioni violente dell’organismo ad aggressioni apparentemente di poco
conto come, per esempio, una lombaggine acuta alquanto invalidante,
spesso conseguenza di un semplice starnuto o dell’aver raccolto un oggetto
leggero da terra, come, per esempio, un fiammifero.
Non ci si può limitare a credere che la lombaggine sia dovuta a una
semplice tensione meccanica. Quando si interroga il paziente si nota,
infatti, che precedentemente ha sofferto di angina, di colite, di
un’infezione genitale, di astenia, per l’applicazione di una spirale ecc. È
vero che esistono discopatie vere e proprie, ma come spiegare tutti i
cedimenti discali, le costo-fitosi, le uncartrosi radiologicamente visibili ma
del tutto asintomatici, riscontrabili in pazienti che ci consultano per
problemi non articolari?
Il ruolo dell’osteopata è quello di equilibrare abilmente le tensioni
meccaniche del corpo per agire sull’equilibrio generale del corpo stesso.
Se le lesioni osteopatiche rappresentassero soltanto il 20% delle lesioni
complessive dell’individuo, il trattamento osteopatico basterebbe a
impedire l’insorgere della fase di scompenso. Per questo motivo dobbiamo
essere in grado di esaminare tutte le lesioni tissulari presenti (e ce ne sono
tante!) per poterle correggere con le nostre tecniche.

LA LOCALIZZAZIONE DELLE TECNICHE


Le nostre tecniche sono, in genere, applicate alle articolazioni, ai muscoli,
alle fasce, ai ligamenti, agli organi e ai plessi nervosi. Tutto il torace è
interdipendente, a tal punto che una fissazione di una acromio-claveare,
per esempio, può avere effetti sull’arteria succlavia, a causa dello
squilibrio delle tensioni reciproche.

Le liberazioni articolari
Consistono nel mettere in tensione i tessuti molli periarticolari al fine di
liberali, operando sullo stiramento-riflesso dei piccoli muscoli corti, sullo
stiramento diretto dei ligamenti, sugli antagonisti muscolari oppure su
microadesioni intrarticolari. Non crediamo molto ai riposizionamenti
articolari, a eccezione delle lussazioni delle condro-sterno-costali e del
coccige, per esempio. Ci è capitato, comunque, di correggere tibiotarsiche
e peroneo-tibiali dove le ossa erano scivolate letteralmente le une sulle
altre, perdendo l’allineamento abituale, ma si tratta di casi piuttosto rari.

Le liberazioni muscolari
Alcuni piccoli muscoli, come quelli obliqui, i retti della nuca o gli
intertrasversali possono essere rilassati in modo duraturo con le nostre
tecniche di aggiustamento specifico.
Riteniamo, come più volte ribadito, che non sia vantaggioso
manipolare i grossi muscoli, il rilassamento ottenuto è debole e di breve
durata. Li definiamo, per il ruolo che svolgono, il serbatoio di tensione
dell’organismo e sono: il quadrato del lombo, lo psoas, il trapezio e, più
raramente, il diaframma. Assorbono gli eccessi di tensione del sistema
meccanico, metabolico e psichico, per questo motivo meritano
l’appellativo di “cestini dei rifiuti dell’organismo”, senza alcuna
connotazione negativa. La liberazione di uno psoas colpito da spasmo
riguarda la medicina naturale, altre liberazioni sono invece più adeguate a
questo genere di trattamento.

Le liberazioni ligamento-fasciali
Questi tessuti, apparentemente semplici, sono in parte ancora sconosciuti.
Sono stati l’oggetto di uno studio molto dettagliato dei nostri colleghi
Gabarel e Roques che tuttavia sfocia in numerosi interrogativi senza
risposta.
La correzione di questi tessuti avviene per stiramenti diretti, secondo
le precise direzioni segnalate dai test. Come per tutti i tessuti molli che
manipoliamo, la direzione e la rapidità sono, in assoluto, i principali criteri
da rispettare. Lo stesso stiramento, eseguito più lentamente e in una
direzione leggermente diversa non darà alcun risultato. Fino a oggi, non
abbiamo ancora chiarito il meccanismo del rilasciamento ottenuto ma,
senza alcun dubbio, non è una questione di forza, come hanno potuto
verificare coloro che hanno visto Chauffour all’opera.
Determinate fasce non possono essere sottoposte a test specifici,
come quelle del mediastino o del cuore; per tale ragione le tecniche di
ascolto tissulare sono insostituibili. Lasciare che l’organismo esprima le
proprie tensioni e prescindere dalle nostre teorie ci obbliga a essere più
umili e a constatare che possiamo trovare solo ciò che conosciamo, vale a
dire molto poco. Quando l’organismo ci indica un tessuto che non
conosciamo, possiamo comunque tentare di liberarlo, impegnandoci però,
quanto prima, a rispolverare i nostri libri di anatomia per far luce su di
esso.
Teoricamente, i ligamenti reagiscono come le fasce e i muscoli e sono
dotati di recettori di Golgi sensibili allo stiramento. Ciononostante, le fasce
reagiscono maggiormente alle manipolazioni; sistemando il tendine di un
muscolo lungo si ottiene soltanto un effetto transitorio, mentre è più
duraturo nelle fasce. Riserviamo comunque un posto particolare ai
ligamenti del piccolo bacino che, essendo quasi tutti provvisti di fibre
contrattili, determinano, con tutta probabilità, i successi ottenuti in ambito
uro-genitale.
A volte si riscontrano fibre contrattili anche nei ligamenti sospensori
della pleura, a livello dello iato (muscoli di Juvara e Rouget) e nel sistema
di contenimento della giunzione duodeno-digiunale (muscolo di Treitz).
Abbiamo già fatto notare la rapidità con la quale può avvenire un
incidente d’auto (80/1.000 di secondo); le fasce sembrano più colpite da
traumi ultrarapidi piuttosto che da stiramenti lenti, perciò riteniamo che
prima di qualunque manipolazione sia necessario decifrare accuratamente i
codici tissulari.
I ligamenti e le fasce si liberano per mezzo di uno stiramento breve,
nel senso delle fibre, servendosi talvolta dell’effetto “rimbalzo”.

La liberazione dei plessi


I plessi sono l’insieme di numerosi nervi provenienti in gran parte dal
sistema simpatico e parasimpatico. Gli antichi li chiamavano i “cervelli
periferici”, una cosa è certa: riflettono perfettamente lo stato nervoso degli
individui. Il torace dipende soprattutto dal ganglio cervicale inferiore, dal
plesso cardiaco e dal plesso solare. Il nostro problema sarà quello di
liberare dapprima un plesso, poi l’altro e infine di coordinarli.
Per liberare un plesso bisogna appoggiarvi la mano ed “ascoltarlo”.
Come abbiamo avuto modo di constatare dalla diagnosi, se un plesso è
“troppo teso”, l’ascolto è rapido, poco profondo, di tipo rotatorio orario e
antiorario, a tampone di carta assorbente o anche dalla superficie in
profondità.
Si procede nel senso dell’ascolto, esagerandolo leggermente, fino a
che si sente la mano, a poco a poco, rallentare e fermarsi. L’arresto
dell’ascolto significa il successo della manovra. I primi istanti in cui si
incoraggia il movimento della mano sono molto importanti, provate ad
arrestarvi all’improvviso, l’ascolto non avrà successo.
La coordinazione dei plessi: quando un plesso è rilasciato si passa al
successivo, cominciando da quello situato più in basso, poi si lasciano le
mani appoggiate su ciascun plesso. Se non si percepisce alcun movimento
significa che entrambi sono rilasciati, mentre se il movimento è ancora
percettibile bisogna continuare. Il problema è quello di allineare
l’espansione e il ritmo dei due plessi allo scopo di diminuirli, fino a non
percepirne l’ascolto. Se questo tentativo fallisce, lasciate una mano dove
l’ascolto è più forte e appoggiate l’altra sul frontale sinistro iniziando una
nuova tecnica di coordinazione.
Il frontale sinistro reagisce come il capofila dei plessi, appoggiate la
mano superficialmente sulla parte sinistra della fronte e procedete come se
fosse un plesso.

Il sistema osteo-articolare

LA STERNO-CLAVEARE
Ancora una volta, raccomandiamo di non cercare mai di correggere una
lussazione sterno-claveare, si corre il rischio di generare una condrite. Al
contrario, queste lussazioni necessitano di un lavoro di rilasciamento
fasciale.
Si devono sempre trattare entrambe le articolazioni anche se soltanto
una di esse sembra fissata.

Il ligamento sterno-claveare posteriore


In decubito dorsale: il soggetto è in decubito dorsale, le mani sull’addome
e le gambe distese. Portate il pisiforme di un palmo sull’estremità interna
della clavicola ed esercitate una breve spinta diretta leggermente in alto, in
fuori e indietro. Si dovrebbe sentire la clavicola compiere un piccolo
movimento posteriore e poi ritornare, all’inizio sono sufficienti due
manovre. Si possono anche affiancare i due pisiformi, oppure traslare, con
l’altra mano, la spalla omolaterale in avanti e all’interno.
In posizione seduta: il soggetto è seduto con la schiena contro di voi,
le gambe penzoloni. Per una sterno-claveare destra, il suo braccio è
appoggiato sulla vostra coscia destra e il vostro piede appoggia sul lettino.
La vostra mano destra abbraccia la spalla destra per spingerla in avanti e
all’interno, mentre il pisiforme sinistro trasla la parte interna della
clavicola indietro e leggermente in fuori.

Il ligamento sterno-claveare anteriore


In decubito dorsale, 1a modalità: il paziente è nella stessa posizione.
Create un appoggio, per la sterno-claveare destra, per esempio, con il
palmo sinistro sulla parte esterna della clavicola vicino all’articolazione
acromio-claveare, e con il palmo destro (il pisiforme o le dita) sulla parte
superiore dell’estremità interna della clavicola, il più profondamente
possibile, contro il bordo superiore. Il palmo destro esercita una pressione
in fuori e leggermente in avanti, mentre il palmo sinistro dirige la propria
pressione in fuori e in basso.
In certi pazienti è possibile ottenere un sollevamento claveare
focalizzando il movimento sull’estremità interna della clavicola.
Nella 2a modalità (Figura 6-1) il paziente è nella stessa posizione,
incrociate le mani in modo da portare, per una sterno-claveare destra, il
palmo sinistro sullo sterno contro la sterno-claveare opposta e il destro
sulla parte esterna della clavicola. Il palmo destro spinge in fuori e indietro
e decomprime in avanti la clavicola. Questo spostamento in avanti sarà
accentuato dal palmo sinistro che spingerà lo sterno indietro e a sinistra. Si
tratta di una tecnica indicata quando la sterno-claveare comprime la
sottoclaveare o il tronco brachio-cefalico.
Figura 6-1
Manipolazione del ligamento sterno-claveare anteriore, in decubito dorsale

Figura 6-2
Manipolazione del ligamento sterno-claveare anteriore, in posizione seduta

In posizione seduta (Figura 6-2) il soggetto è seduto di fronte a voi, il


braccio del lato opposto alla sterno-claveare manipolata è appoggiato sul
vostro ginocchio. Portate il palmo della mano sulla cavità sopraclaveare, in
appoggio sulla parte interna della clavicola, il pollice resta dietro, contro
l’angolo posteriore della 1a costa e della 1a costo-trasversale. L’altra mano
è posta sul parietale opposto, il gomito è in appoggio sulla spalla. La mano
“claveare” spinge, in basso e in avanti, verso la sterno-claveare opposta,
mentre l’altra mano inclina la colonna cervicale in senso opposto alla
spinta claveare. È indispensabile far gioco sull’elasticità di tutto il corpo,
la manipolazione si esegue quando la sollecitazione è massima.

Il ligamento interclaveare
Collocate i due pisiformi nella cavità soprasternale, in appoggio contro la
parte interna delle due articolazioni sterno-claveari ed esercitate una spinta
correttrice diretta in fuori, molto leggermente in avanti e in direzione
caudale.
Concludete il trattamento dei ligamenti sterno-claveari anteriori con
quest’ultima tecnica.

L’ACROMIO-CLAVEARE
Anche per questa articolazione, è illusorio tentare di “far rientrare” una
clavicola lussata nella propria sede. Il nostro compito è semplicemente
quello di liberare i tessuti sofferenti, garantendo loro una miglior capacità
di distensione.
In caso di lussazione vera e propria, certe fibre si sono rotte
definitivamente, perciò non necessitano di un trattamento osteopatico che,
al contrario, è molto utile per tutte le fibre circostanti. Spesso si riscontra
che, dopo il trattamento, l’aspetto della lussazione è invariato, ma il
paziente si sente sollevato, alleviato.
In decubito dorsale: il soggetto è in decubito dorsale, con le mani
appoggiate sull’addome. Incrociate le mani in modo tale che, per
un’acromio-claveare destra, il palmo sinistro sia posizionato contro il
bordo interno dell’acromion e il palmo destro sulla parte mediana della
clavicola. Il palmo sinistro spinge in fuori e indietro, mentre il destro trasla
la clavicola in dentro e in alto.
In posizione seduta: il paziente è seduto, con la schiena contro di voi
e le gambe penzoloni. Incrociate le mani. La tecnica è uguale a quella della
manovra precedente. Però è necessario esercitare un appoggio acromiale
più verso il basso che all’indietro e, al contempo, far gioco sull’elasticità
toracica.

I LIGAMENTI CORACO-CLAVEARI
Il soggetto è in decubito dorsale con le mani appoggiate sull’addome.
Il trapezoide: con le mani incrociate, posizionate un pisiforme in
modo da tenere la parte interna della coracoide, l’altro all’interno
dell’acromio-claveare, per esercitare una spinta in alto e in dentro.
Il conoide (Figura 6-3): nella stessa posizione, portate un pisiforme
contro la parte interna della coracoide e l’altro contro il bordo anteriore
della clavicola, verso il suo terzo esterno. Esercitate una breve spinta in
alto, indietro e all’interno.

Figura 6-3
Manipolazione dei ligamenti coraco-claveari, il conoide

I ligamenti trapezoide e conoide sono spesso coinvolti nelle lesioni


del sottoclaveare, particolarmente patogeni per il sistema vascolare
adiacente. La correzione dell’uno implica quella dell’altro, si consiglia di
eseguire prima la correzione del sottoclaveare e poi quella dei coraco-
claveari.
Il ligamento acromio-coracoideo: non svolge il ruolo di ligamento,
come quelli analizzati, ma può sviluppare microaderenze e tendersi nei
traumi gravi della spalla: il nostro scopo è ripristinare la sua capacità di
distensione. Con le braccia incrociate, portate un pisiforme contro
l’acromion e l’altro contro la coracoide ed esercitate una spinta in modo da
allontanare i vostri pisiformi. Dal lato acromiale l’aggiustamento si esegue
in fuori e in alto, dal lato coracoideo, in dentro e in basso. Il paziente è
posto in decubito dorsale con le mani appoggiate sull’addome.

LA LIBERAZIONE CLAVEARE GENERALE


Si può ottenere in compressione o decompressione longitudinale.
In compressione longitudinale (Figura 6-4) il paziente è in decubito
dorsale, con le mani sull’addome, appoggiate un pisiforme contro la parte
claveare dell’articolazione acromio-claveare e l’altro sull’estremità interna
della clavicola. Le mani esercitano una spinta l’una contro l’altra,
rilasciatele quando si raggiunge la massima tensione. È una buona tecnica
di “rimbalzo”.
In decompressione longitudinale la posizione è la stessa ma le mani
sono incrociate. Posizionatevi dietro o davanti al paziente. Le mani
esercitano una spinta contraria l’una rispetto all’altra e si rilasciano solo
quando si raggiunge la massima tensione.

Figura 6-4
Liberazione claveare generale, in compressione longitudinale
Applichiamo queste tecniche soprattutto dopo i traumi diretti della
spalla e, in particolare, nelle lesioni provocate dalla cintura di sicurezza.

LO STERNO
Questa cassa di risonanza di tutti i traumi toracici è curiosamente
trascurata dalla terapia manuale, pur meritando tutta la nostra cura.

La sterno-sternale superiore
È bene ricordare che la sua fissazione comporta sempre quella della 2a
condro-sternale. La correzione può essere eseguita sia in compressione sia
in decompressione (Figura 6-5).
Il paziente è sdraiato con le braccia lungo il corpo. Disponetevi
lateralmente e applicate un pisiforme contro la cavità soprasternale,
debordando leggermente il manubrio, l’altro pisiforme è posto proprio
sotto l’angolo di Louis. In compressione i due pisiformi spingono l’uno
verso l’altro come a rendere più sporgente questo angolo, allentate
l’appoggio una volta raggiunta la massima tensione. Nella manovra di
decompressione i pisiformi compiranno il movimento inverso, tendendo
longitudinalmente lo sterno.
Utilizziamo queste tecniche in tutti i postumi di traumi toracici e a
seguito di problemi pleuro-pericardici.

L’induzione in sollevamento sternale


IL paziente è in decubito dorsale con le mani sull’addome, disponetevi
lateralmente e appoggiate l’indice di una mano contro la forchetta sternale
(agganciandola quando possibile) e l’indice dell’altra contro o sotto (a
seconda del paziente) il processo xifoideo. I due indici comprimono lo
sterno sollevandolo molto leggermente, procedete nel senso dell’ascolto.
Dapprima si procede nel senso dell’ascolto lasciandolo tornare più volte
fino al suo arresto, che indica anche la fine della manovra.
Figura 6-5
Manipolazione della sterno-sternale, in compressione longitudinale

Questa tecnica è da applicare alla fine del trattamento, dopo tutte le


manovre dirette a equilibrare le tensioni reciproche sterno-toraciche.
È anche il modo migliore di manipolare il processo xifoideo, salvo i
rari casi in cui è in sublussazione, e necessita di una tecnica diretta laterale.
Le fissazioni della sternale inferiore non danno sintomi evidenti, eccetto in
presenza di un’ernia iatale o di uno squilibrio delle tensioni miofasciali
iatali. Riteniamo anzi che possa contribuire a provocare tali squilibri,
spesso in relazione con le fissazioni sterno-mediastiniche.

La tecnica sterno-dorsale
Si esegue in posizione distesa con le braccia lungo il corpo. Appoggiate la
testa del paziente al vostro addome con la colonna cervicale flessa. Una
mano è posta sullo sterno, con il palmo sull’angolo di Louis, e l’altra mano
contro le apofisi spinose, con il palmo a livello di D4. La mano sternale
dirige la propria spinta in direzione caudale e leggermente indietro, mentre
la mano dorsale esegue una trazione in direzione cefalica (Figura 6-6).
Raggiunta la massima elasticità allentate a rimbalzo due o tre volte, poi
invertite la direzione delle mani: la mano dorsale, questa volta, spinge in
direzione caudale e la mano sternale esercita una trazione in direzione
cefalica, servendosi anche del rimbalzo.
Si ricorre alla tecnica sterno-dorsale nei postumi dei traumi toracici
che comportano fissazioni dorsali, e a seguito di affezioni pleuro-cardio-
polmonari.

Figura 6-6
La tecnica sterno-dorsale

Le condro-sternali
Ammettiamo di avere una certa inclinazione per queste articolazioni le cui
fissazioni, troppo spesso trascurate, possono comportare precordialgie,
tachicardie e dispnee da sforzo, fissazioni dorsali recidivanti, sensazioni di
disturbo e fastidio toracico, soprattutto in decubito laterale o in posizione
prona. Molto spesso sono lese dalle cinture di sicurezza e da cadute sulle
mani.
Preferiamo lavorare in decubito dorsale con le mani sull’addome.
Disponetevi lateralmente, appoggiate il pisiforme di una mano sulla
porzione condrale interessata, contro lo sterno, mentre con l’altra mano
afferrate il polso e sollevate l’arto superiore omolaterale. Normalmente, si
distinguono due tipi di fissazioni che possono essere vere e proprie
sublussazioni, una anteriore e una posteriore.
La sublussazione anteriore (Figura 6-7): con il pisiforme esercitate
una pressione in basso e leggermente in fuori, simultaneamente con l’altra
mano sollevate l’arto superiore omolaterale del paziente fino a individuare
una tensione a livello dell’appoggio condrale. Questa fase, estremamente
importante, si esegue variando la posizione dell’arto superiore.
A questo stadio di massima tensione, eseguite un thrust in basso e
leggermente in fuori, non è raro sentire, al momento della correzione, il
rumore caratteristico degli aggiustamenti vertebrali. La spinta non deve
essere forte, poiché rischierebbe di creare una condrite o una lesione della
costo-condrale corrispondente.
Per la sublussazione posteriore esistono due modalità.
1a modalità (passivamente): si assume la stessa posizione generale,
ma posizionando il pisiforme sulla porzione sternale, dato che lo scopo è
di respingere in avanti la parte condrale. In questa tecnica è fondamentale
trovare il giusto equilibrio tra la trazione dell’arto superiore e l’appoggio
del pisiforme.
2a modalità (con la respirazione): disponetevi dietro il paziente e
ponete il pisiforme di una mano sulla porzione condrale interessata mentre
l’altro palmo esercita un controappoggio sulla parte sternale
corrispondente. Invitate il paziente a inspirare ed espirare più volte a
fondo, al momento dell’espirazione spingete e mantenete la parte condrale
indietro e leggermente in fuori.
Rilasciate la pressione nel momento esatto in cui il paziente inizia una
profonda inspirazione. Tutte le forze del torace si concentrano
sull’appoggio del pisiforme, liberando la porzione condrale verso l’alto.
Utilizzeremo la respirazione, ripetuta due o tre volte, anche in altre
manovre estremamente efficaci; questa tecnica è definita “liberazione
tissulare respiratoria”.
Figura 6-7
Manipolazione di una condro-sternale, in sublussazione anteriore

Le condro-costali
Si applicano le stesse tecniche ma bisogna essere ancora più delicati
durante la loro esecuzione poiché la cartilagine ossea è molto fragile.
Spesso, le lesioni condro-costali si correggono con le liberazioni sterno-
condrali ma è assolutamente necessario trattarle entrambe. Ricordiamoci
che queste articolazioni sono in movimento permanente dovuto alla
respirazione e questo spiega, in gran parte, il loro potere patogeno. La 1a
condro-dorsale si manipola con il sottoclaveare che descriveremo nel
paragrafo seguente.

Il sistema muscolare

IL SOTTOCLAVEARE
Il sottoclaveare si manipola simultaneamente al ligamento costo-claveare e
alla 1a condro-costale. È un ligamento ancora trascurato nelle terapie
manuali, sebbene ci si renda conto che può comprimere l’apparato
vascolare sottoclaveare. Lo scopo è quello di separare la clavicola dalla 1a
costa, per ottenere un rilasciamento muscolo-fasciale. Lo si tratta in
decubito dorsale o laterale.
In decubito dorsale, 1a modalità: il paziente è in decubito dorsale con
braccia e gambe distese. Collocatevi dal lato del sottoclaveare da trattare,
tenete con una mano il polso o il moncone della spalla del paziente e
appoggiate il pollice dell’altra mano tra la clavicola e la 1a costa, vicino
alle relative articolazioni sternali. Traslate l’arto superiore o la spalla in
avanti e all’interno, fino a percepire una tensione sotto il pollice. Quando
la tensione è massima, eseguite un aggiustamento con il pollice spingendo
la 1a costa indietro e in fuori. Durante la manipolazione, è possibile
esercitare, simultaneamente, una breve trazione del braccio. Di norma,
sono sufficienti uno o due aggiustamenti.
2a modalità: incrociate le mani e posizionate un palmo contro il terzo
interno della clavicola e l’altro sulle due prime coste. La mano claveare
spinge in direzione cefalica e in dentro, mentre la mano costale esercita un
aggiustamento in direzione caudale e in fuori.
In decubito laterale: il paziente è in decubito laterale sul fianco
opposto al sottoclaveare da trattare. Mettete un palmo sullo sterno con il
pollice tra la clavicola e la 1a costa nella loro parte interna e l’altro palmo
sulla parte posteriore del moncone della spalla (Figura 6-8). Il pollice
esercita una spinta in fuori e indietro, mentre l’altra mano porta la spalla in
avanti e in dentro, eseguite un thrust quando la tensione è massima.
In posizione seduta: in soggetto è seduto di fronte a voi con le gambe
flesse. Appoggiati al paziente, mettete il pollice di una mano tra la 1a costa
e la clavicola nella loro parte interna e il palmo dell’altra dietro la spalla
omolaterale. Traslate la spalla in avanti e in dentro e il pollice indietro e in
fuori, eseguite l’aggiustamento quando la tensione è massima.
Potete anche far appoggiare il braccio del paziente sulla vostra coscia,
con il piede appoggiato al lettino, fate gioco con il vostro arto inferiore per
traslare la spalla del paziente.
Con questa modalità è possibile applicare un’altra tecnica. Sollevate
la spalla e mantenetela sollevata prima di portarla in avanti e in dentro,
l’elevazione della spalla comporta già uno stiramento del sottoclaveare.
Queste manovre si eseguono a seguito di traumi della spalla o del
torace, dopo cadute sulle mani o sui gomiti e in tutti i casi di aggressione
delle vie respiratorie alte, in particolare dopo una tubercolosi o una
pleurite.

Figura 6-8
Manipolazione del sottoclaveare, in decubito laterale

IL TRIANGOLARE DELLO STERNO


Il test specifico ci sembra rischioso, ammesso che esista un aggiustamento
specifico. Noi pensiamo di no, e siamo convinti che sia manipolato
sistematicamente durante il trattamento dello sterno e degli intercostali.
Nelle fissazioni toraciche importanti o in seguito ad affezione pleurica,
può essere utile eseguire stiramenti delle sue fibre.
Il paziente è in decubito dorsale, le braccia e le gambe sono distese.
Lateralmente, con le mani incrociate mettete un palmo al di sotto del
manubrio (le fibre del triangolare si inseriscono soltanto sul terzo inferiore
dello sterno) e l’altro palmo sulle coste mediane verso le condro-costali.
La mano sternale spinge verso il lettino e in direzione cefalica, mentre la
mano costale immobilizza le coste in direzione caudale e in fuori (Figura
6-9). Questa tecnica deve essere eseguita da tutti e due i lati. Con questa
manovra, abbiamo talvolta liberato fissazioni di cui non avevamo il
minimo sospetto.

Figura 6-9
Manipolazione sterno-costale, nella direzione delle fibre del triangolare

GLI INTERCOSTALI ESTERNI


La parte antero-laterale
Il paziente è in decubito dorsale, con le gambe flesse e le mani
sull’addome. Disponetevi lateralmente. Numerose sono le varianti,
elencheremo quelle che utilizziamo abitualmente.
1a modalità: la posizione è identica a quella del triangolare; con le
mani incrociate, mettete un palmo sullo sterno e l’altro contro il bordo
inferiore della costa superiore dello spazio intercostale interessato. Durante
l’espirazione, trattenete il bordo costale, spingendolo in fuori e in direzione
cefalica, e spingete lo sterno in direzione caudale e indietro. Preferiamo
eseguire questa manipolazione durante l’espirazione, poiché essa aumenta
l’elasticità costale.
2a modalità: per la regione laterale questa tecnica si può eseguire in
decubito laterale, tenendo il braccio omolaterale con una mano e mettendo
il palmo dell’altra mano sul bordo superiore della costa inferiore dello
spazio intercostale interessato. La mano che tiene il braccio lo porta in alto
e indietro fino a che la tensione dei tessuti si ripercuote sul palmo costale
(Figura 6-10). Come per le tecniche condro-sternali, eseguite un thrust o
più stiramenti quando percepite che la sollecitazione della tensione è
massima.

La parte posteriore
Il paziente è prono, con le braccia lungo il corpo e la testa in rotazione dal
lato opposto all’intercostale manipolato. Con le mani incrociate,
appoggiate un pisiforme sulla parte esterna dell’angolo posteriore, e
mettete l’altro sul bordo costale inferiore del muscolo intercostale
interessato, manipolate al termine di un’espirazione e quando la tensione è
massima.

Figura 6-10
Manipolazione degli intercostali esterni in decubito laterale

La liberazione tissulare respiratoria: per queste manovre può essere


utilizzata la tecnica di liberazione tissulare respiratoria già vista, che
consiste nel mantenere la tensione muscolo-ligamentosa fino al termine di
un’espirazione profonda e nel rilasciarla prontamente nel preciso momento
in cui ha inizio un’inspirazione profonda. Analizzando le impressioni
percepite dal paziente (lievi dolori alle spalle, alle cavità sopraclaveari e
lieve tosse da irritazione) si riscontrano le caratteristiche degli stiramenti
pleurici.

GLI INTERCOSTALI INTERNI


Si applicano gli stessi metodi ma si varia la direzione dell’aggiustamento.
Per quanto riguarda la parte anteriore, per esempio, con le mani incrociate
mettete un pisiforme sul bordo superiore della costa inferiore
dell’intercostale interno interessato e l’altro pisiforme contro il bordo
esterno dello sterno.
La mano costale si dirige in fuori, indietro e in direzione caudale,
mente la mano sternale spingerà in direzione cefalica e in dentro. Anziché
creare un appoggio sternale, lo si crea sulla costa sovrastante, in tal caso la
manovra è più delicata da eseguire e molto spesso gli spazi intercostali
sono troppo stretti per permetterla.

I SOPRACOSTALI
Il paziente è prono, con le braccia fuori dal lettino, la testa in rotazione dal
lato opposto al sopracostale interessato. Disponetevi lateralmente e
posizionate un pisiforme sull’intervallo che separa l’apofisi spinosa dalla
trasversa e l’altro sull’angolo posteriore della costa situata al di sotto (per
la parte inferiore del torace due piani sotto). La mano vertebrale mantiene
o spinge leggermente la vertebra in direzione cefalica e dal lato opposto,
mentre la mano costale si dirige in fuori, in avanti e in direzione caudale.
La manipolazione si esegue al termine dell’espirazione, quando la tensione
tissulare è massima oppure in liberazione tissulare respiratoria.

IL DIAFRAMMA
Non siamo in grado di fornirvi tecniche specifiche per il diaframma in
quanto non si conoscono. Abbiamo già affermato nel Capitolo 5, che non
crediamo molto alle fissazioni primarie del diaframma. Per liberarlo,
cercate di valutarne le varie cause quali i fattori emotivi, digestivi e osteo-
articolari. Alla fine del capitolo analizzeremo le tecniche impiegate per la
liberazione emozionale. Per quanto riguarda il sistema digestivo, potete far
riferimento alle nostre precedenti opere.

Le fasce
L’APONEVROSI CERVICALE MEDIA
Come già spiegato nei Capitoli 2 e 5 è senza dubbio uno dei punti forti del
trattamento. Questa aponevrosi è il recettore di tutti i traumi riguardanti la
colonna cervicale e il torace e di tutte le affezioni cardio-pleuro-polmonari.
I suoi rapporti vascolari la rendono spesso determinante nei problemi di
circolazione dello stretto cervico-toracico.
La manipolazione si esegue in decubito dorsale o in posizione seduta.
In decubito dorsale: il paziente è supino, con braccia e gambe lungo il
corpo e la testa appoggiata al vostro addome. Collocate il pollice di una
mano nella cavità sopraclaveare contro la 1a costa, verso il tubercolo di
Lisfranc e il palmo in posizione più arretrata, contro il bordo superiore
della scapola.
Per posizionare il pollice, eseguite una latero-flessione cervicale
omolaterale. Il pisiforme dell’altra mano può essere posizionato tra la 1a
costa e la clavicola, per stirare contemporaneamente il sottoclaveare,
oppure fungere da controappoggio sulla spalla opposta, oppure ancora
tenere ferma la colonna cervicale (Figura 6-11).
Con il vostro addome eseguite delle flessioni laterali della colonna
cervicale, dal lato opposto all’aponevrosi da trattare, fino a che sentite la
tensione fasciale sul pollice e sul palmo. Il pollice non resta inattivo anzi
ricerca le zone più tese per mettere a punto il loro stiramento. Variate la
flessione anteriore della colonna cervicale per concentrare lo stiramento
sulla porzione anteriore o postero-laterale dell’aponevrosi. Questa tecnica
è comoda sia per il paziente sia per il medico. Evitate un contatto troppo
rigido del pollice.
Non ci convincono le tecniche dirette di correzione che trattengono
l’osso ioide. Al contrario, le tecniche di induzione ci sembrano più
efficaci. Eseguitele mettendo una mano sull’osso ioide e l’altra sulla
clavicola e la 1a costa. Seguite la direzione dell’ascolto e ripetete la
manovra fino all’arresto dell’ascolto stesso.
In posizione seduta: il paziente è seduto con le gambe penzoloni e la
schiena contro di voi, il braccio del lato opposto all’aponevrosi interessata
è adagiato sulla vostra coscia, mentre il vostro piede è sul lettino. Mettete
l’indice di una mano lungo la clavicola in direzione della sterno-claveare e
il pollice più indietro, verso il bordo superiore della scapola; l’altra mano è
posizionata sulla testa del paziente, il vostro gomito appoggia sulla spalla
opposta all’aponevrosi manipolata (Figura 6-12).
Figura 6-11
Manipolazione dell’aponevrosi cervicale media in decubito dorsale

Figura 6-12
Manipolazione dell’aponevrosi cervicale media, in posizione seduta
La mano sternale spinge la clavicola in basso, in dentro e in avanti,
mentre l’altra mano fa gioco sulla latero-flessione e sulla rotazione
cervicale. Manipolate quando sotto si avverte la massima tensione. Dato
che il torace del paziente è contro la gamba che avete appoggiato al lettino,
potete variare la posizione per accrescere le tensioni fasciali. Questa ottima
tecnica necessita di una buona coordinazione e di una buona
sincronizzazione di tutto il vostro corpo.
Quando un’aponevrosi cervicale media è fissata, si devono sempre
liberare il sottoclaveare e i ligamenti conoide e trapezoide corrispondenti.

L’APONEVROSI CLAVI-CORACO-ASCELLARE
In decubito dorsale: il paziente è sdraiato con le gambe distese, il braccio
del lato interessato è in abduzione-rotazione esterna, per fissare una parte
dell’aponevrosi brachiale. La testa del paziente è appoggiata al vostro
addome. Con le braccia incrociate, posizionate le mani sulle apofisi
coracoidi spingendole in fuori, indietro e leggermente in direzione caudale.
Traslate la nuca del paziente in flessione laterale dal lato opposto
all’aponevrosi manipolata, ed esercitate un thrust quando la tensione è
massima (Figura 6-13). La posizione della nuca stira l’aponevrosi
cervicale media, unita alla clavi-coraco-ascellare sull’aponevrosi del
sottoclaveare.
In posizione seduta: il paziente è seduto con le gambe penzoloni, la
schiena contro di voi, il braccio del lato opposto all’aponevrosi interessata
in appoggio sulla vostra coscia, essendo il vostro piede sul lettino.
Figura 6-13
Manipolazione dell’aponevrosi clavi-coraco-ascellare, in decubito dorsale

Posizionate un palmo sull’apofisi coracoide e l’altro sulla testa del


paziente per far variare la flessione laterale cervicale alla ricerca della
sollecitazione massima della tensione dell’aponevrosi cervicale media. A
quel punto esercitate un thrust sull’apofisi coracoide dall’alto in basso e da
dentro in fuori.
La liberazione del cavo ascellare: questa tecnica si esegue per le
nevralgie cervico-brachiali molto dolorose. Il gomito del paziente è
appoggiato sulla vostra coscia, una mano è posizionata sulla spalla mentre
le dita dell’altra mano penetrano nel cavo ascellare, per liberare le tensioni
fasciali, tendendole come corde di chitarra.
Naturalmente potreste avere delle sorprese, data la zona da trattare!
Nelle nevralgie cervico-brachiali si può agire allo stesso modo sui
nervi del plesso brachiale. Le tecniche definite a “corde di chitarra”
devono essere dolci, per non rischiare di provocare parestesie scomode e
durature.
Si manipola l’aponevrosi clavi-coraco-ascellare in seguito a cadute
sulle spalle e sulle parti laterali del torace, quando il dolore si irradia dalle
clavicole verso le braccia.
LA PLEURA
Spesso, le tecniche di rilasciamento della pleura si eseguono sulla parte
mediana e inferiore, ma molto raramente sulle sue inserzioni superiori,
anch’esse invece molto importanti da rilasciare.

L’apparato sospensore cervico-pleurico


Ricordiamoci che la posizione seduta ha il vantaggio di rispettare le
tensioni miofasciali e le pressioni intratoraciche.
Il soggetto è seduto con le gambe penzoloni e la schiena contro di voi,
il braccio del lato opposto alla parte pleurica interessata è appoggiato alla
vostra coscia. Mettete il pollice o l’indice di una mano dietro la clavicola e
in profondità contro il tubercolo di Lisfranc, mentre il palmo appoggia
sulla clavicola. L’altra mano è posizionata sulla testa del paziente, per
permettere di variare posizione, allo scopo di sollecitare la tensione delle
fibre pleuro-cervicali. Sono necessarie una flessione laterale e una
rotazione abbastanza importanti.
Il pollice o l’indice permettono di far gioco sui ligamenti cervico-
pleurici, come fossero corde di chitarra. Dopo aver eseguito questo lavoro
locale, invitate il paziente a effettuare inspirazioni sempre più profonde e
durante l’inspirazione spingete la 1a costa in basso, in fuori e molto
leggermente indietro, stirando, al contempo, la colonna cervicale in
flessione laterorotata dal lato opposto.
Attenzione: è uno stiramento abbastanza forte. Abbiate la precauzione
di iniziare molto dolcemente, cessate la manovra se il paziente accusa un
dolore al petto. Di norma, sono sufficienti 4-5 stiramenti.
In liberazione tissulare respiratoria: quando tutto l’apparato
sospensore è in tensione massima chiedete al paziente di espirare bene a
fondo e, nel preciso momento in cui inizia un’inspirazione profonda,
rilasciate l’appoggio cleido-costale.
Se la manovra è riuscita, il torace esegue un movimento a molla verso
l’alto.
In decubito dorsale: il paziente è supino, con le gambe distese, le
mani sull’addome e la testa appoggiata al vostro addome. Mettete un
pollice sulla 1a costa vicino al tubercolo di Lisfranc, il palmo della mano è
in appoggio sulla clavicola, l’altra mano, sistematicamente posizionata,
funge da controappoggio.
Traslate, con il vostro addome, la colonna cervicale in flessione
latero-rotata dal lato opposto all’apparato sospensore trattato mentre la
vostra mano respinge la clavicola e la 1a costa in fuori, indietro e in
direzione caudale. Esercitate a questo punto sia un thrust sia una
liberazione tissulare respiratoria.
È meglio eseguire queste tecniche da entrambi i lati al fine di
equilibrare le tensioni reciproche pleuriche alte che rivestono una certa
importanza.

La pleura mediana
Con questo termine intendiamo sia gli sfondati anteriori sia la pleura
parietale del torace mediano.
Il paziente è supino con la testa appoggiata al vostro addome. Con le mani
incrociate, mettete un palmo sulla 3a, 4a e 5a costa esternamente alle
condro-costali e l’altro sulla parte mediana dello sterno. Al termine
dell’espirazione la mano costale si dirige in fuori, indietro e in direzione
caudale e la mano sternale in direzione costale, mantenete l’appoggio ed
eseguite la tecnica di liberazione tissulare respiratoria.
Con l’addome inclinate la testa in flessione latero-rotata dal lato
opposto. Vi consigliamo di provare queste tecniche su voi stessi, resterete
sorpresi della loro forza e delle sensazioni intratoraciche percepite.

Le manipolazioni pleuriche globali


Trattare soltanto gli sfondati inferiori non ci soddisfa, perciò preferiamo
integrarli nel trattamento pleurico globale, di grande efficacia. Queste
tecniche si eseguono in decubito dorsale e in posizione seduta.
In decubito dorsale, 1a modalità: stiramento (Figura 6-14). Il
soggetto è sdraiato con le mani lungo il corpo, le ginocchia flesse dal lato
opposto all’emitorace trattato che poggia sul lettino. Anche la testa è in
flessione latero-rotata dal lato opposto. Con le braccia incrociate, mettete
una mano sulla testa per tendere in flessione latero-rotata la colonna
cervicale e l’altra sullo sfondato inferiore, sotto la 7a condro-costale.
La mano costale si muove in direzione caudale e in fuori (Figura 6-
14) e, quando la tensione è massima, entrambe le mani lasciano
prontamente il loro appoggio o mantengono lo stiramento per il tempo di
un’espirazione lenta e profonda.
2a modalità, in liberazione tissulare respiratoria: è la stessa
posizione, ma le braccia non sono incrociate e la mano cranica si posiziona
contro la clavicola e la 1a costa. Durante un’espirazione lenta e profonda le
mani comprimono letteralmente il torace, dirigendosi l’una verso l’altra
fino al limite della compressione possibile.
Successivamente, rilasciano l’appoggio nel momento esatto
dell’inizio di un’ampia e rapida inspirazione, che distende l’emitorace e la
relativa pleura. Le mani possono anche mantenere la compressione
dell’emitorace durante un’inspirazione profonda.
In posizione seduta: il paziente è seduto con le gambe penzoloni e la
schiena contro di voi. Il braccio del lato trattato appoggia sulla vostra
coscia. Una mano tiene le parti laterali della 9a, 10a e 11a costa e l’altra
trasla la testa in flessione latero-rotata dal lato opposto al segmento
pleurico interessato. La mano costale, aiutata dall’appoggio della vostra
gamba, spinge le coste in basso e in dentro (Figura 6-15). Quando le mani
sono in appoggio massimo, invitate il paziente a effettuare e mantenere
un’espirazione profonda.
Si può eseguire uno stiramento diretto anche cambiando l’appoggio
superiore. Il paziente mette la mano dietro la nuca, dal lato da manipolare,
la vostra mano superiore stira il gomito in alto, indietro e in dentro mentre
la vostra mano costale si dirige in basso, in dentro e in avanti.

Figura 6-14
Manipolazione pleurica globale, in decubito dorsale
Figura 6-15
Manipolazione pleurica globale, in posizione seduta

IL PERICARDIO E IL MEDIASTINO
Eseguiamo la tecnica sterno-dorsale descritta per lo sterno, in posizione
seduta o sdraiata ma integrandola con una liberazione tissulare respiratoria.
Non riteniamo possibile separare gli stiramenti del pericardio da quelli del
mediastino.

I visceri

I POLMONI
La regione scissurale interlobare sinistra: il paziente è in decubito laterale
dal lato destro, posizionate un palmo, o entrambi, sulla 5a costa vicino alla
scapola e l’altro sulla parte anteriore della 6a costa vicino alla sua
articolazione condro-costale.
Durante un’espirazione lenta e profonda, spingete i palmi in avanti, in
basso e in dentro, focalizzando il movimento verso la 6a condro-sternale,
mantenete questo appoggio mentre il paziente compie un’inspirazione
profonda (Figura 6-16). Pare che la tecnica in liberazione tissulare
respiratoria abbia maggior effetto sulle articolazioni condro-sternali che
sui polmoni stessi.

Figura 6-16
Rilasciamento della regione scissurale interlobare sinistra

La regione scissurale obliqua destra: si esegue secondo la stessa


modalità ma il paziente è in decubito laterale sinistro. Queste tecniche si
possono eseguire anche con una mano che tende il braccio omolaterale
mentre l’altra tende le coste interessate.
La tecnica in doppio appoggio: disponetevi alla testa del paziente in
posizione supina. Mettete i due palmi contro le parti antero-laterali della 5a
e 6a costa, le mani appoggiate l’una verso l’altra. Mantenere bene questa
compressione fino al termine dell’espirazione poi invitate il paziente a
inspirare lentamente e profondamente.
Le tecniche delle scissure non sono, ovviamente, molto specifiche,
poiché integrano numerosi altri elementi, ma sono efficaci. Si applicano su
soggetti con “un intenso vissuto polmonare” che presentano numerose
algie toraciche e cervico-dorsali.

IL CUORE
Ci è capitato di trattare numerosi pazienti operati a cuore aperto. Non
accusavano dolori cardiaci veri e propri ma dolori al torace,
particolarmente bistrattato durante l’intervento. Abbiamo anche avuto
pazienti affetti da coronaropatia i cui test di ascolto e la diagnosi termica
manuale indicavano molto chiaramente la lesione.
Nel corso delle tecniche di ascolto, le mani erano inevitabilmente
portate in direzione delle arterie coronariche. I pazienti provavano grande
sollievo per gli stiramenti effettuati seguendo la direzione delle coronarie.

Figura 6-17
Stiramento nella direzione delle coronarie

Descriviamo ora questa tecnica ma non definitela uno stiramento


coronarico, infatti, non è mai stato dimostrato che si tratti proprio di
questo. Il solo elemento concreto che possiamo fornire è che queste
tecniche arrecano sollievo.
Gli stiramenti nella direzione delle coronarie: il paziente è in
decubito dorsale, con le mani appoggiate sull’addome. Posizionatevi dietro
il paziente, con le mani incrociate, mettete un palmo sulla 3a condro-
sternale sinistra e l’altro tra la 3a e la 4a condro-sternale destra. La mano
collocata a destra spinge in fuori e indietro, formando un angolo di 40°
circa con la linea medio-sterno-xifoidea, mentre la mano sinistra esercita
una pressione, in fuori, indietro e in direzione caudale formando un angolo
di circa 20° con la stessa linea (la spinta esterna è pressoché caudale). Le
mani agiscono durante l’espirazione, si può anche lavorare in una sola
direzione alla volta, in tal caso l’altra mano funge da controappoggio
(Figura 6-17).
Quando eseguite queste tecniche su un paziente affetto da
coronaropatia accertata, assicuratevi che non presenti segni di infarto e
parlategli di stiramenti toracici piuttosto che di stiramenti nella direzione
delle coronarie, per non peggiorare il suo stato ansioso. Ripetiamo che
queste tecniche portano grande sollievo, ma i loro effetti diretti sulle
coronarie sono del tutto ipotetici.

I plessi nervosi
Il paziente è in decubito dorsale, con braccia e gambe distese.

IL PLESSO SOLARE
Posizionate il palmo di una mano sulla parte più alta dell’addome,
l’eminenza tenar contro la 7a condro-costale e la restante parte della mano
in direzione della linea xifo-ombelicale. L’appoggio della mano è leggero,
per non avvertire la motilità degli organi sottostanti.
Il plesso cardiaco superficiale: mettete il palmo sulla 3a e 4a
cartilagine condro-sternale; il medio forma con la linea mediosterno-
xifoidea un angolo di circa 30°.
Il ganglio cervicale inferiore: posizionate, delicatamente, il pollice in
direzione della parte anteriore della trasversa di C7, o, in un soggetto più
obeso, vicino alla porzione anterolaterale della 1a costo-vertebrale.
L’ascolto di questo ganglio trasla il pollice in leggera rotazione assiale
oraria e antioraria, accompagnata da uno scivolamento laterale interno e
esterno.
Il palmo della mano posizionata sulla regione sternale è immobile o si
muove molto poco. Il ganglio cervicale inferiore destro è quello più
efficace, anche se non siamo in grado si spiegarne la ragione. L’appoggio
del pollice non deve essere causa di fastidi, tosse o miosi dell’occhio
omolaterale!
Si rilasciano i plessi, dapprima procedendo nel senso dell’ascolto, poi
tornando alla posizione di origine e così di seguito fino a che il movimento
si arresta da solo.

LA COORDINAZIONE DEI PLESSI


Si inizia dal plesso solare, segue quello cardiaco e infine il ganglio
cervicale inferiore. Abbiamo l’abitudine di coordinare tra loro soprattutto
il plesso cardiaco e quello solare e di controllare il plesso ipogastrico che
si percepisce al di sotto della sinfisi pubica, leggermente a sinistra. Lo
scopo è di dare ai plessi un movimento di ascolto dello stesso ritmo e della
stessa ampiezza, fino a che l’ascolto si arresta da solo. È importante che il
vostro corpo sia a uguale distanza dai due plessi trattati e che accordiate a
entrambi lo stesso trattamento, che si conclude quando le mani si fermano
da sole.

Metodologia del trattamento


È nostra consuetudine procedere nell’ordine seguente:

• il sistema miofasciale;
• il sistema viscerale;
• il sistema osteo-articolare;
• la motilità e il rilasciamento dei plessi.

Di norma, non si applicano subito le tecniche di aggiustamento


specifiche, soprattutto quelle vertebrali. La loro grande efficacia è la prova
della loro potenza, ma tendono a occultare e mandare in corto circuito tutti
gli altri squilibri tissulari. Si inizia dalle tecniche di liberazione delle fasce
e dei visceri, evidenziando, in relazione con il rilasciamento conseguito, le
lesioni osteo-articolari. Dopo ogni manipolazione, ricordate di verificare il
miglioramento del test di Sotto-Hall e la pressione arteriosa di entrambe le
braccia (se all’inizio della seduta i parametri sono disturbati, potranno
esservi utili come punti di riferimento).
Talvolta resterete sorpresi di constatare il potere patogeno di una
piccola fissazione considerata trascurabile. Queste piccole fissazioni sono
difficili da diagnosticare perciò, oltre ai test di mobilità, è necessario
conoscere anche le tecniche di ascolto locale e generale. Non abbiamo
altre manovre di motilità da descrivere oltre a quelle già spiegate in
Manipolazione viscerale 1 e 2. Per esempio, non siamo ancora a
conoscenza di tecniche di motilità per il cuore e non è nostra consuetudine
lavorare di fantasia né inventare.
Non dimenticate che liberare una piccola fissazione condro-sternale
può avere effetto su tutto il torace e rendere la respirazione più facile e più
ampia.

Conclusione
Pur avendo concluso il presente volume, siamo coscienti di aver aperto
soltanto uno spiraglio, perciò continueremo le nostre ricerche dedicandoci,
in particolare, al sistema viscerale e intratoracico con gli stessi principi
basilari:

• studiare ulteriormente l’anatomia sui libri e attraverso radiografie e


dissezioni;
• basarci sulla pratica clinica quotidiana;
• cercare di trasmettere tutti questi messaggi alla mano, che deve
sentire e curare al tempo stesso.
Bibliografia

Bochuberg C., Traitement ostéopathique des rhinites et sinusites


chroniques, Maloine, Paris.

Chauffour et Guillot, Le lien mécanique ostéopathique, Maloine, Paris.

Comroe J.H., Physiologie de la respiration, 2° édition, Masson, Paris


1978.

Contamin R.; Bernard P.; Ferrieux J., Gynécologie générale, Vigot, Paris.

Cruveilhier J., Traité d’anatomie humaine, Octave Doin, Paris.

Davenport H.W., Physiologie de l’appareil digestif, 2° édition, Masson,


Paris.

Delmas A., Voies et centres nerveux, 10° édition, Masson, Paris.

Dousset H., L’examen du malade en clientèle, 6° édition, Maloine, Paris.

Gabarel et Roques, Les fasciae, Maloine, Paris 1985.

Gray, Descriptive and applied anatomy, Longmans, London.

Grégoire R.; Oberlin S., Précis d’anatomie, J.P. Baillère, Paris.

Harrison Tr., Principes de médecine interne, Flammarion, Médecine


Sciences, Paris.

Herman J. et Cier J.F., Précis de physiologie, Masson, Paris.


Hugues F.Cl., Pathologie respiratoire, Heures de France, 1971.

Issartel L. et M., L’ostéopathie exactement, Robert Laffont, Paris.

Kahle W.; Leonhardt H.; Platzer W., Anatomie des viscères, Flammarion,
Paris.

Kamina P., Anatomie gynécologique obstétricale, Maloine, Paris.

Korr L., The Neurobiologic Mechanisms in Manipulative Therapy, Plenum


Press, New York.

Laborit H., L’inhibition de l’action. Biologie, physiologie, psychologie,


sociologie, Masson, Paris.

Lansac J. et Lacomte P., Gynécologie pour le praticien, Simep,


Villeurbanne.

Lavieille; Roux; Stanoyevitch, Le système vertébro-basilaire, Solal,


Marseille 1986.

Lazorthes G., Le système nerveux périphérique

Mathieu; Barral; Mercier, Diagnostic articulaire vertébral, S.B.O.R.T.M.


Charleroi.

Mercier; Barral, Manipulations viscérales, Maloine, Paris.

Poirier; Charpy; Nicola, Traité d’anatomie humaine, Masson, Paris 1912.

Préfaut Ch., L’essentiel en physiologie respiratoire, Sauramps Médical,


Diffusion Vigot, Paris 1986.

Renaud R.; Sermet H.; Ritter J.; Bohler J.L.; Eberst B.; Gamerre M.;
Jacquemin B.; Serment G., Les incontinences urinaires chez la femme,
Masson, Paris.

Robert J.G.; Palmer R.; Boury-Heyler C.; Cohen J., Précis de gynécologie,
Masson, Paris.

Rouvier H., Anatomie humaine, Masson, Paris.


Taurelle R., Obstétrique, France Médical Edition, Paris.

Testut et Jacob, Anatomie topographique, Gaston Doin, Paris.

Tourris H. de; Henrion R.; Delecour M., Gynécologie et obstétrique,


Masson, Paris.

Upledger J.E., Thérapie cranio-sacrée, I.P.C.O., Paris.

Waligora H.; Perlemuter L., Anatomie, Masson, Paris.

West J.B., Physiologie respiratoire, Medsi, Paris 1986.

Wright S., Physiologie appliquée à la médecine, 2° édition, Flammarion,


Médecine-Sciences, Paris.
Indice delle figure

CAPITOLO 2
2-1: L’articolazione sterno-claveare
2-2: I ligamenti coraco-claveari: il trapezoide e il conoide e relative direzioni
2-3: Orientamento dei ligamenti coraco-claveari: vista dall’alto
2-4: Le articolazioni costo-condro-sternali
2-5: Il sottoclaveare, i suoi rapporti con il conoide e il trapezoide
2-6: Il triangolare dello sterno, direzione delle fibre
2-7: Gli intercostali, loro direzioni
2-8: I sopracostali, loro direzioni
2-9: I muscoli sottoioidei
2-10: Gli scaleni e il tubercolo di Lisfranc, rapporti con i vasi sottoclaveari
2-11: L’aponevrosi cervicale media, proiezione sagittale
2-12: L’aponevrosi cervicale media, proiezione frontale
2-13: L’aponevrosi del sottoclaveare, rapporti con l’aponevrosi cervicale media e la vena succlavia
2-14: L’aponevrosi clavi-coraco-ascellare, proiezione sagittale
2-15: L’apparato sospensore della pleura e la cupola pleurica
2-16: Lo sfondato inferiore destro
2-17: Gli sfondati pleurici e le scissure, proiezione anteriore
2-18: Le scissure, proiezione posteriore
2-19: La topografia anteriore del pericardio
2-20: La direzione delle coronarie
2-21: La topografia vascolare sottoclaveare
2-22: L’arteria succlavia destra
2-23: Rapporti tra i vasi sottoclaveari e la 1a costa
2-24: L’arteria vertebrale
2-25: Il ganglio cervicale inferiore e il vago
2-26: Il nervo frenico
2-27: Il triangolo di Sedillot
2-28: Connessioni vascolo-nervose dello stretto toracico

CAPITOLO 3
3-1: Le variazioni di pressione

CAPITOLO 5
5-1: L’ascolto degli arti superiori in posizione seduta
5-2: L’ascolto locale: posizione della mano
5-3: Sezione orizzontale del torace in D1. Soggetto in decubito dorsale con le braccia lungo il
corpo. Le grosse macchie nere corrispondono ai polmoni e alla trachea. Si nota che le
clavicole sono sullo stesso piano.
5-4: Stessa sezione, ma con il braccio destro in posizione di Sotto-Hall/Adson-Wright. Si nota
l’arretramento della clavicola destra che comprime lo stretto toracico contro la colonna e la 1a
costa. Nella radiografia, la scapola appare spinta in avanti dalla rotazione esterna del braccio,
contribuendo anch’essa alla chiusura dello stretto
5-5: Accesso al nervo frenico
5-6: Bottone di De Mussy
5-7: Test sterno-claveare in compressione-decompressione
5-8: Test del ligamento conoide e trapezoide.
5-9: Test dei ligamenti acromio-coracoidei
5-10: La compressione claveare longitudinale
5-11: Il sollevamento sternale
5-12: La sternale superiore
5-13: Test condro-sternale, in posizione seduta
5-14: Test condro-sternale, in decubito dorsale
5-15: Test del sottoclaveare, in decubito dorsale
5-16: La leva del sottoclaveare
5-17: Test degli intercostali esterni, parte posteriore, in posizione seduta
5-18: Test dell’aponevrosi cervicale media, in decubito dorsale
5-19: Test dell’aponevrosi cervicale media, in posizione seduta
5-20: Test cervico-pleurico, in decubito dorsale
5-21: Test pleurico globale, in decubito dorsale
5-22: Test della regione scissurale interlobare sinistra

CAPITOLO 6
6-1: Manipolazione del ligamento sterno-claveare anteriore, in decubito dorsale
6-2: Manipolazione del ligamento sterno-claveare anteriore, in posizione seduta
6-3: Manipolazione dei ligamenti coraco-claveari, il conoide
6-4: Liberazione claveare generale, in compressione longitudinale
6-5: Manipolazione della sterno-sternale, in compressione longitudinale
6-6: La tecnica sterno-dorsale
6-7: Manipolazione di una condro-sternale, in sublussazione anteriore
6-8: Manipolazione del sottoclaveare, in decubito laterale
6-9: Manipolazione sterno-costale, nella direzione delle fibre del triangolare
6-10: Manipolazione degli intercostali esterni in decubito laterale
6-11: Manipolazione dell’aponevrosi cervicale media in decubito dorsale
6-12: Manipolazione dell’aponevrosi cervicale media, in posizione seduta
6-13: Manipolazione dell’aponevrosi clavi-coraco-ascellare, in decubito dorsale
6-14: Manipolazione pleurica globale, in decubito dorsale
6-15: Manipolazione pleurica globale, in posizione seduta
6-16: Rilasciamento della regione scissurale interlobare sinistra
6-17: Stiramento della direzione delle coronarie
Indice degli argomenti

CAPITOLO 1

Anatomia toracica
La struttura rigida
La struttura molle
La struttura viscerale.

Le origini delle lesioni toraciche


Gravidico e ostetrico
Traumatico
Viscerale
Chirurgico
Infettivo
Invasivo

La predominanza vascolare dello stretto

CAPITOLO 2

Il sistema osteo-articolare
L’articolazione sterno-claveare
L’articolazione acromio-claveare
I ligamenti acromio-claveari
Il ligamento coraco-claveare interno
Il ligamento acromio-coracoideo
Le articolazioni sterno-sternali
Le articolazioni condro-sternali e condro-costali
Il sistema muscolare
Il sottoclaveare
Il triangolare dello sterno
Gli intercostali
I sopracostali
Il diaframma
I muscoli sottoioidei
Gli scaleni

Il sistema fasciale
L’aponevrosi cervicale superficiale
Il muscolo pellicciaio del collo
L’aponevrosi cervicale media
L’aponevrosi profonda o prevertebrale
L’aponevrosi del sottoclaveare
L’aponevrosi clavi-coraco-ascellare
La pleura
L’apparato sospensore della pleura
Rapporti importanti
Note
I punti di inserzione toracici
Gli sfondati
Il pericardio
I ligamenti sterno-pericardici
I ligamenti vertebro-pericardici

I visceri
I polmoni
Le scissure
Il timo
Il cuore
La topografia anteriore del pericardio
La direzione delle coronarie

Il sistema vascolo-nervoso
L’aorta
I tronchi brachio-cefalici
L’arteria succlavia
La succlavia destra
La succlavia sinistra
La porzione extrascalenica
L’arteria vertebrale
La vena succlavia
Il canale toracico
La grande vena linfatica

L’apparato nervoso
Il simpatico cervicale
Il simpatico toracico
Il vago
Il nervo frenico
Il plesso solare
Il plesso cardiaco

Conclusioni

CAPITOLO 3

La pleura
La meccanica pleurica
Le pressioni intrapleuriche
Le variazioni di pressione
Il gradiente verticale di pressione pleurica

Ruolo del sistema miofasciale nella respirazione


Inspirazione
Espirazione

Dinamica del polmone


La circolazione dell’aria
La portata sanguigna polmonare
La ventilazione-perfusione

Conclusioni

CAPITOLO 4
La diagnosi differenziale
Caratteristiche dei dolori meccanici

L’esame generale
Segni generali
L’osservazione del torace
L’ispezione del torace
La palpazione
Le adenopatie cervicali isolate
Atrofia muscolare

Il sistema polmonare
Le vibrazioni vocali
La percussione
L’auscultazione
Le modificazioni del murmure vescicolare
Gli strofinamenti
I sibili
Le anomalie della voce
Le dispnee
La tosse
Le algie toraciche
Origine non respiratoria
Origine respiratoria

Alcune malattie respiratorie


Il pneumotorace spontaneo
Il reflusso gastro-esofageo
L’esofago
Il cancro del polmone
I tumori primari
I tumori metastatici
I tumori del mediastino
La tubercolosi da infezione primaria
I coinvolgimenti diaframmatici

Le patologie cardio-vascolari
Segni generali
Il dolore
La dispnea
La palpazione
La percussione
L’esplorazione vascolare
Il sistema venoso
Il sistema arterioso
Le anomalie del polso
L’ipotensione
Alcune malattie cardiache
Le precordialgie
L’angina pectoris
L’infarto del miocardio
La pericardite
Alcune malattie arteriose
L’aneurisma dell’arco dell’aorta
La coartazione dell’aorta
Significato delle pulsazioni sistoliche anomale
L’arteriosclerosi
L’aterosclerosi
La dissezione dell’arteria vertebrale

Il seno

Conclusioni

CAPITOLO 5

L’ascolto globale

L’ascolto locale
Il sistema pleuro-polmonare
I polmoni
La pleura superiore
La pleura mediana
La pleura inferiore
I bronchi
Il mediastino
Il sistema cardiaco
Il cuore
Il pericardio
Il plesso cardiaco
La giunzione esofago-cardio-tuberositaria

I problemi vascolari dello stretto toracico


Il test di Sotto-Hall
Cause osteo-articolari di un test positivo
Cause miofasciali
Cause viscerali
Altre cause
I segni clinici di una compressione vascolare
Il furto della succlavia
I sintomi locali
Sintomi generali

I problemi neurologici dello stretto


I sintomi funzionali del nervo vago
Il simpatico
Innervazione
La catena simpatica toracica
Riflessi pilomotori
Nevriti e nevralgie
I riflessi addominali
Il frenico
I punti dolorosi riflessi del frenico
Il singhiozzo
I nervi intercostali
Le nevralgie cervico-brachiali
Sindromi neurologiche

I test di mobilità
Eziologia delle fissazioni meccaniche del torace
Conseguenze di un incidente automobilistico
La deformabilità del torace
Le cinture di sicurezza
Cadute sull’arto superiore
Malposizioni fetali
Lesioni ostetriche
I test osteo-articolari
La sterno-claveare
L’acromio-claveare
I ligamenti coraco-claveari
I ligamenti acromio-coracoidei
La compressione claveare longitudinale
Lo sterno
Le sterno-sternali
Il test sterno-dorsale
Le condro-sternali
I test muscolari
Il sottoclaveare
Il triangolare dello sterno
Gli intercostali
I sopracostali
Il diaframma
I test delle fasce
L’aponevrosi cervicale media
L’aponevrosi clavi-coraco-ascellare
La pleura
L’apparato sospensore cervico-pleurico
Gli sfondati anteriori
Gli sfondati inferiori
Il test pleurico globale
Il pericardio
I test dei visceri
Il polmone
Altri organi

Metodologia dei test

CAPITOLO 6

Parte generale
Il compenso-scompenso
La localizzazione delle tecniche
Le liberazioni articolari
Le liberazioni muscolari
Le liberazioni ligamento-fasciali
La liberazione dei plessi

Il sistema osteo-articolare
La sterno-claveare
Il ligamento sterno-claveare posteriore
Il ligamento sterno-claveare anteriore
Il ligamento interclaveare
L’acromio-claveare
I ligamenti coraco-claveari
La liberazione claveare generale
Lo sterno
La sterno-sternale superiore
L’induzione in sollevamento sternale
La tecnica sterno-dorsale
Le condro-sternali
Le condro-costali

Il sistema muscolare
Il sottoclaveare
Il triangolare dello sterno
Gli intercostali esterni
La parte antero-laterale
La parte posteriore
Gli intercostali interni
I sopracostali
Il diaframma

Le fasce
L’aponevrosi cervicale media
L’aponevrosi clavi-coraco-ascellare
La pleura
L’apparato sospensore cervico-pleurico
La pleura mediana
Le manipolazioni pleuriche globali
Il pericardio e il mediastino
I visceri
I polmoni
Il cuore

I plessi nervosi
Il plesso solare
La coordinazione dei plessi

Metodologia del trattamento


Altre pubblicazioni di Castello Editore

collana di kinesiologia applicata

Kinesiologia Applicata - Synopsis


David S. Walther
557 pagine, 450 disegni, 200 foto

Kinesiologia Applicata - Volume 2


Testa, collo e mandibola: dolori e disfunzioni. L’apparato stomatognatico
David S. Walther
542 pagine, 240 disegni, 200 foto

Kinesiologia Applicata - Flowchart Manual


Il manuale pratico
David Leaf
700 pagine, 1450 disegni, 305 foto

collana di osteopatia

I quattro testi fondamentali di Andrew Taylor Still, fondatore dell’osteopatia


Volume 1 - Osteopatia: ricerca e pratica
Volume 2 - Autobiografia di A.T. Still
Volume 3 - La filosofia e i principi meccanici dell’osteopatia
Volume 4 - Filosofia dell’osteopatia

Manipolazione viscerale 1
Jean-Pierre Barral, Pierre Mercier

Manipolazione viscerale 2
Jean-Pierre Barral

Il torace
Jean-Pierre Barral

Manipolazione urogenitale
Jean-Pierre Barral

Diagnosi termica manuale


Jean-Pierre Barral

pubblicazioni periodiche

AK - Il Giornale Internazionale di Kinesiologia Applicata e Medicina Kinesiologica


Rivista trimestrale in abbonamento che presenta tutte le nuove tecniche terapeutiche e interviste con
i maggiori protagonisti della medicina kinesiologica

Potrebbero piacerti anche