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ILLUSTRAZIONI
Jacques Roth
TRADUZIONE
Loretta Mazza
Titolo originale: THE THORAX
Copyright © 1991 by Eastland Press, Inc., Seattle, Washington, United States of America. All rights
reserved.
No part of this book may be reproduced or transmitted in any form or by any means without the
prior written permission of the publisher.
ISBN 978-88-8726-037-3
1a edizione 1999
Printed in Italy
ebook by ePubMATIC.com
Indice
Bibliografia
Indice delle figure
Indice degli argomenti
Prefazione all’edizione italiana
I permettendo al tempo stesso gli scambi con le altre cavità; tali scambi
dipendono dalle differenze di pressione intracavitarie e da una buona
armonia di tutti i tessuti componenti. Pierre Mercier dimostra, nei corsi da
lui tenuti, che l’asse generale del torace passa anteriormente al cuore, per
evitare che subisca compressioni e spasmi gravi durante le più svariate
attività. Infatti, il torace difende alcuni organi vitali grazie a un’apparente
rigidità, dovuta a una mobilità complessiva risultante dalla somma di
innumerevoli micromovimenti. Le numerose parti articolari che lo
compongono sono in grado di assorbire i violenti colpi provocati da
incidenti.
La medicina manuale tende a privilegiare le articolazioni vertebrali a
scapito di quelle toraciche, nonostante queste ultime siano le più esposte in
caso di traumi. Uno degli obiettivi di questo libro è valorizzare e
analizzare tutto il sistema osteo-articolare toracico per dedurne le
manipolazioni più adatte. Nelle precedenti opere dedicate alle
manipolazioni viscerali, abbiamo studiato le connessioni toraco-
addominali, insistendo sulla giunzione esofago-cardio-tuberositaria. In
questo libro il nostro interesse si sposta sulla giunzione cervico-toracica e
il relativo complesso miofasciale.
Manipolare una colonna vertebrale, nei frequentissimi casi di disturbi
vascolari dello stretto, è spesso utile ma non sufficiente poiché tutto il
sistema circolatorio cervico-toracico dipende, in parte, dalle fasce che
mantengono beanti le vene e i canali linfatici. Una fissazione
dell’aponevrosi cervicale media può provocare disturbi vascolari vertebro-
basilari invalidanti; in questi casi le sole liberazioni osteo-articolari non
bastano. I punti di inserzione pleuro-cervicali sono frequentemente stirati
negli incidenti automobilistici, comportando fissazioni pleuriche del gioco
articolare cervicale. In questo caso è opportuno manipolare i ligamenti
sospensori della pleura piuttosto che la colonna cervicale, per evitare di
provocare una nevralgia cervico-brachiale. Il nostro intento è cercare di
risolvere problemi di questo tipo.
Per realizzare il presente volume ci siamo basati sulle dissezioni da
noi eseguite per evitare di essere condizionati da principi puramente
teorici. È essenziale sperimentare direttamente sul cadavere gli effetti di
traumi e affezioni respiratorie sui tessuti molli del torace. Ma questo
lavoro di laboratorio, essendo basato su un’anatomia immobile, non deve
soppiantare gli insegnamenti della pratica clinica quotidiana, infatti, come
abbiamo sempre affermato: “La mano domina”. Il problema di un paziente
ammalato non si risolve sulla carta, le tecniche che riportiamo sono state
applicate varie volte e i test sono stati eseguiti “in vivo”.
Come di consueto, ci siamo avvalsi di radiografie e, in
quest’occasione, anche della TAC per dimostrare che, durante certi
movimenti, lo stretto toracico ha per sua natura un’ampiezza limitata. Le
esperienze fatte con l’ecodoppler hanno dimostrato l’efficacia di manovre
specifiche, ma anche l’estrema labilità degli effetti delle compressioni
vascolari dello stretto. Il flusso arterioso sottoclaveare può essere
disturbato in vari modi da un giorno all’altro e talvolta persino da un
momento all’altro in funzione: della posizione assunta durante il sonno o il
lavoro, dello stato emotivo, dell’attività ormonale ecc. Di conseguenza, in
assenza di disturbi oggettivi, al paziente vengono attribuiti tutti i sintomi di
uno stato depressivo. La TAC ha ampiamente mostrato che basta
pochissimo per provocare una tensione dello stretto e per questa ragione le
conclusioni di un ecodoppler sono, a volte, da interpretare attentamente.
La minima fissazione tissulare, insignificante in un’altra regione,
rivestirà qui un’importanza tale da comprimere un sistema vascolare di
grandi proporzioni e portata.
Spetta a noi essere in grado di esaminare il torace e il suo contenuto.
Capitolo 1
Parte generale
Indice
CAPITOLO 1
Anatomia toracica
La struttura rigida
La struttura molle
La struttura viscerale
Anatomia toracica
a conformazione di un torace può sembrare paradossale in quanto la
LA STRUTTURA RIGIDA
Il torace appare come una struttura rigida ma è costituito da almeno 150
articolazioni che gli conferiscono una flessibilità sorprendente. Una costa
mediana, per esempio, ha ben 6 articolazioni con le relative connessioni.
Spesso, in medicina manuale i terapeuti privilegiano il sistema osteo-
articolare vertebrale, a scapito di quello toracico, sicuramente molto più
esposto a ogni genere di trauma. Basti pensare che a ogni inspirazione
vengono coinvolte più di 150 articolazioni e una sola fissazione è in grado
di disturbare tutto il sistema meccanico, in maniera asintomatica, talmente
numerose sono le compensazioni possibili. Agli appassionati di numeri
ricordiamo che ogni giorno, per la sola respirazione, le articolazioni del
torace eseguono più di 3 milioni di movimenti.
LA STRUTTURA MOLLE
I visceri sono circondati da un sistema fasciale che li protegge e assicura
loro, al tempo stesso, una grande mobilità. Basti pensare ai 100 000
movimenti cardiaci quotidiani.
La struttura molle è contenuta e sospesa al torace cosicché ogni
fissazione del torace può aver effetti sugli organi che racchiude e
viceversa.
Per esempio, una lesione intercostale può fissare una porzione
pleurica in virtù dei rapporti tra gli intercostali interni, i sottocostali e la
pleura. La struttura molle è abbastanza pesante, i polmoni pesano circa 1,3
kg, ma fortunatamente la pressione sub-atmosferica intratoracica permette
ai polmoni di esercitare una trazione effettiva di poche centinaia di grammi
soltanto.
LA STRUTTURA VISCERALE
Costituita essenzialmente dal cuore e dai polmoni, possiede una mobilità
stupefacente. Qualsiasi coinvolgimento del suo sistema sospensore e di
contenimento può, a lungo andare, comportare una patologia organica vera
e propria. Ma i suoi organi possono anche sviluppare patologie intrinseche
che sono oggetto del nostro studio. Gli altri organi del torace, come il timo,
sono ancora piuttosto sconosciuti e non siamo in grado di fornire prove
sull’efficacia delle nostre tecniche. Una fissazione costale o pleurica
liberata, comporta un immediato miglioramento della capacità respiratoria,
ma come dimostrare gli effetti di un intervento sul timo? Soprattutto
quando, durante le dissezioni, ci si rende conto dell’esigua parte che ne
rimane a una certa età. Che significato ha stimolare il timo?
GRAVIDICO E OSTETRICO
Qualsiasi malposizione “in utero” ha effetti sul torace, effetti che si
traducono in scoliosi con deformazione toracica con conseguenti problemi
dello stretto toracico e dello iato. Per esempio, nei bambini in posizione
podalica si riscontra spesso un torcicollo congenito.
Quest’ultimo, essendo piuttosto una fissazione della giunzione
cervico-toracica, è difficile da diagnosticare subito. Il bambino tiene la
testa in flessione latero-rotata sempre dallo stesso lato. Si tratta di bambini
nei quali si riscontra generalmente un Sotto-Hall positivo e che potrebbero
sviluppare, in seguito, una sindrome dello stretto e uno squilibrio delle
inserzioni cervico-pleuriche con possibilità di cervicalgie e nevralgie
cervico-brachiali “di causa sconosciuta”. Di casi come questi se ne
riscontrano molti, i colloqui non rivelano alcun trauma specifico, le
manipolazioni cervicali praticate non hanno effetto, ma quelle sul torace
superiore alleviano rapidamente i dolori.
TRAUMATICO
Numerosi sono i traumi che colpiscono il torace, per esempio cadute sulle
spalle, il petto o la schiena. La nuca è molto mobile in confronto al torace
e le lesioni si localizzano soprattutto sulla giunzione cervico-toracica,
spesso molto profondamente, vicino alla 1a costa. Queste fissazioni
cervicali basse disturberanno il sistema pleuro-cervicale e fasciale toracico
superiore. Per questo motivo è importante controllare la parte interna della
cavità sottoclaveare. Gli incidenti automobilistici, come vedremo,
provocano molteplici lesioni toraciche, soprattutto quando il paziente ha la
cintura di sicurezza allacciata. Quest’ultima, indubbiamente, gli salverà la
vita ma gli provocherà anche lesioni toraciche alte, estremamente
complesse da trattare.
Il torace possiede una deformabilità straordinaria e le numerose
articolazioni che lo compongono permettono che i traumi si compensino
facilmente, anche dopo un forte urto. Ma a poco a poco, queste lesioni
riemergeranno, a volte anche molti anni dopo l’incidente, con grande
sorpresa dell’interessato.
VISCERALE
Tutte le patologie viscerali interferiscono sul torace e talvolta in modo
curioso.
Abbiamo avuto spesso giovani sportivi che ci hanno consultato per
dolori cervico-scapolari, accusati dopo una corsa di qualche chilometro. I
test di mobilità erano normali e solo i ligamenti cervico-pleurici erano
troppo tesi e fissati. Il colloquio e i test di ascolto hanno rilevato vecchie
lesioni di infezione primaria. Analizzando i fatti, ci si rende conto che la
corsa aumenta le tensioni miofasciali, il ritmo e la capacità respiratoria. La
pleura tende maggiormente i propri punti di inserzione e, dato che le
lesioni di infezione primaria sono situate vicino all’apice, il sistema di
inserzioni superiore ha già sofferto e perduto la propria elasticità e capacità
di distensione. Questi esempi dimostrano che il limite tra viscerale e
meccanico è minimo.
CHIRURGICO
La chirurgia toracica implica, senza dubbio, uno squilibrio della mobilità
toracica con conseguente concentrazione e focalizzazione di forze in una
zona particolare del sistema fasciale. Ma qualunque intervento chirurgico,
anche addomino-pelvico, ha un effetto destabilizzante sul torace. Si
riscontrano spesso pazienti che hanno subito più interventi chirurgici
consecutivi: il primo, per esempio, alla vescica, il secondo dopo un anno
per un’ernia inguinale e il terzo due anni più tardi per un’ernia iatale. Noi
osteopati crediamo alle tensioni reciproche. Per questo motivo persino in
caso di reflusso gastro-esofageo, che provoca spesso problemi respiratori,
trattiamo tutte le cicatrici chirurgiche presenti sull’organismo, poiché
possono provocare squilibri alle inserzioni del cardias.
INFETTIVO
Il polmone è il ricettore principale di tutte le infezioni che aggrediscono
l’organismo. I nostri studi di dissezione ci hanno mostrato la frequenza di
tali aggressioni. Dopo ogni infezione si forma del tessuto cicatriziale che
disturba la mobilità pleuro-polmonare nel suo complesso. Alcuni pensano,
senza però dimostrarlo, che le vaccinazioni, oltre al loro effetto protettivo,
possano provocare lesioni parenchimatose o una certa predisposizione a
esse.
Senza essere di parte, abbiamo potuto sperimentare noi stessi, grazie
ad alcune tecniche di ascolto, che alcuni giovani pazienti in seguito a
vaccinazioni sviluppavano fissazioni pleuro-polmonari non rilevate
precedentemente. Questi episodi non possono in alcun caso costituire una
prova della tossicità o dell’innocuità delle vaccinazioni. Ogni individuo è
così diverso dall’altro che risulta difficile credere a reazioni uguali per
tutti.
In questo paragrafo, riservato ai fattori di infezione, tra le cause di
fissazione bisogna aggiungere l’inquinamento, che per primo attacca il
sistema respiratorio. È senza dubbio uno dei principali fattori responsabili
di numerose lesioni polmonari e della predisposizione del sistema
respiratorio a ogni genere di malattia.
INVASIVO
Infine, il polmone e il torace sono soggetti a svariate invasioni tumorali e
gangliari. Le statistiche sul cancro del polmone sono spaventose. Per
questo motivo, nel Capitolo 4, abbiamo ritenuto opportuno elencare i
sintomi di questa malattia. Presto o tardi capiterà anche a voi di visitare un
paziente affetto da tumore. Allo stadio iniziale della malattia, i segni sono
poco chiari e possono far pensare a una banale algia vertebrale.
CAPITOLO 2
Il sistema osteo-articolare
L’articolazione sterno-claveare
L’articolazione acromio-claveare
I ligamenti acromio-claveari
Il ligamento coraco-claveare interno
Il ligamento acromio-coracoideo
Le articolazioni sterno-sternali
Le articolazioni condro-sternali e condro-costali
Il sistema muscolare
Il sottoclaveare
Il triangolare dello sterno
Gli intercostali
I sopracostali
Il diaframma
I muscoli sottoioidei
Gli scaleni
Il sistema fasciale
L’aponevrosi cervicale superficiale
Il muscolo pellicciaio del collo
L’aponevrosi cervicale media
L’aponevrosi profonda o prevertebrale
L’aponevrosi del sottoclaveare
L’aponevrosi clavi-coraco-ascellare
La pleura
L’apparato sospensore della pleura
Rapporti importanti
Note
I punti di inserzione toracici
Gli sfondati
Il pericardio
I ligamenti sterno-pericardici
I ligamenti vertebro-pericardici
I visceri
I polmoni
Le scissure
Il timo
Il cuore
La topografia anteriore del pericardio
La direzione delle coronarie
Il sistema vascolo-nervoso
L’aorta
I tronchi brachio-cefalici
L’arteria succlavia
La succlavia destra
La succlavia sinistra
La porzione extrascalenica
L’arteria vertebrale
La vena succlavia
Il canale toracico
La grande vena linfatica
L’apparato nervoso
Il simpatico cervicale
Il simpatico toracico
Il vago
Il nervo frenico
Il plesso solare
Il plesso cardiaco
Conclusioni
Anatomia applicata
ome nelle nostre precedenti opere, anche in questo caso non si tratta
Il sistema osteo-articolare
Riguarda tutto il sistema viscerale e vascolo-nervoso e ci si rende
rapidamente conto che questo sistema articolare è in stretta relazione con
gli organi. Una fissazione dell’articolazione sterno-claveare, per esempio,
potrà ripercuotersi sul cuore, sui polmoni o sul sistema vascolare.
L’ARTICOLAZIONE STERNO-CLAVEARE
Presenta un menisco articolare fibro-cartilaginoso. La faccetta sternale è
rivolta all’infuori, in alto e leggermente all’indietro. La faccetta claveare è
rivolta all’interno, in basso e leggermente in avanti. Le clavicole reggono
la parte superiore dello sterno e fanno opposizione all’infossamento dello
stesso.
È tenuta da quattro ligamenti (Figura 2-1):
Figura 2-1
L’articolazione sterno-claveare (da Testut e Jacob)
L’ARTICOLAZIONE ACROMIO-CLAVEARE
Questa artrodia presenta, in un terzo dei casi, un menisco intrarticolare. La
faccetta claveare è rivolta all’esterno e in basso, la faccetta acromiale in
dentro e in alto. La capsula è debole; esistono ligamenti acromio-claveari
propriamente detti, ligamenti coraco-claveari e acromio-coracoidei.
I ligamenti acromio-claveari
Rinforzano la clavicola, le fibre posteriori sono le più resistenti e si
possono dividere in due parti: coraco-claveare superiore e coraco-claveare
inferiore.
Sono trasversali e paralleli al piano della clavicola. È importante
ricordare che il ligamento inferiore scambia fibre con il ligamento conoide.
Il trapezoide: questa lamina fibrosa di spessore compreso tra 3 e 6
mm, si estende dalla parte postero-interna del coracoide alla clavicola, è
antero-esterno e obliquo in alto e in fuori.
Il conoide: il più interno, situato in un piano frontale, è quasi
verticale. Postero-interno, si estende in alto, in dietro e all’interno.
Il ligamento acromio-coracoideo
Si estende dalla parte inferiore dell’apice dell’acromion al bordo acromiale
coracoideo.
Ha la forma di un triangolo con fasci: anteriore, medio e posteriore.
Una borsa sierosa si interpone tra il ligamento e la capsula omerale.
È obliquo in alto, indietro e all’esterno.
Figura 2-2
I ligamenti coraco-claveari: il trapezoide e il conoide e relative direzioni (da Testut e Jacob)
Figura 2-3
Orientamento dei ligamenti coraco-claveari: vista dall’alto (da Charpy)
LE ARTICOLAZIONI STERNO-STERNALI
In origine, lo sterno è composto da diverse parti, che si riducono a tre
nell’età adulta: il manubrio, il corpo e il processo xifoideo. Queste tre parti
sono unite tra loro da due articolazioni rudimentali: la sternale superiore e
la sternale inferiore.
La sternale superiore: questa anfiartrosi presenta un ligamento
interosseo che sparisce solamente in età molto avanzata. È situata a livello
della seconda articolazione sterno-costale all’altezza dell’angolo di Louis.
Tale articolazione si può fissare nei traumi diretti: cadendo proni,
sbattendo contro il cruscotto e portando la cintura di sicurezza. Queste
fissazioni sono quasi sempre causa di problemi condro-sternali o condro-
costali superiori associati. La fibrocartilagine della sternale superiore
potrebbe essere paragonata ai dischi intervertebrali. Si continua all’esterno
con il ligamento interosseo della seconda condro-sternale; a volte, si può
riscontare una vera e propria fenditura articolare circondata da una
capsula.
È possibile affermare che non vi sia fissazione sternale superiore
senza coinvolgimento, perlomeno, della seconda articolazione condro-
sternale.
La sternale superiore: questa sincondrosi, ancora più rudimentale,
unisce il corpo sternale al processo xifoideo. Le fissazioni di questa
articolazione sono abbastanza rare, quando si verificano possono
comportare problemi digestivi gastro-esofagei.
Il sistema muscolare
Ricorderemo soltanto le inserzioni muscolari dei muscoli toracici di cui ci
serviremo per trattare le patologie intra ed extratoraciche.
Come abbiamo più volte sottolineato, i grandi muscoli ci interessano
poco, in quanto raramente responsabili di lesioni primarie; fungono da
serbatoio di tensione per l’organismo. Una fissazione del trapezio ha
scarso effetto sul quadro generale, eccetto rari casi di strappi miofibrillari
di origine traumatica; il trapezio è lo specchio delle tensioni psicologiche
dell’individuo. Uno stiramento del trapezio determina un buon
rilasciamento ma momentaneo. Perciò, preferiamo interessarci, per
esempio, a una fissazione sottoclaveare, più determinante e patogena.
IL SOTTOCLAVEARE
Questo muscolo è spesso trascurato dai terapeuti, sebbene le conseguenze
di una contrattura o di una fibrosi delle sue fibre siano serie. Lo stretto
toracico ha per sua natura un’ampiezza molto limitata e qualunque
disturbo del sistema muscolare contribuisce a restringerlo ulteriormente, al
punto di creare disturbi del flusso emodinamico.
Si tratta di una specie di cilindro attaccato sotto la clavicola, originato
dalla cartilagine della prima costa e dalla parte più interna della sua
porzione ossea (Figura 2-5). Le fibre muscolari si dirigono verso l’alto, in
fuori e indietro, per ricongiungersi sulla parte mediana della faccia interna
della clavicola. Ha pressappoco la stessa direzione del ligamento costo-
claveare. È contenuto in una sede osteo-fibrosa formata dalla sua
aponevrosi e dalla clavicola.
Le fibre esterne si uniscono in un potente tendine inserito tra il
ligamento conoide e trapezoide. Questo alloggiamento impedisce che il
sottoclaveare si possa manipolare escludendo i ligamenti conoide e
trapezoide.
Abbassa la clavicola e la spalla e quando la spalla è fissata solleva la
prima costa fungendo da inspiratore accessorio. È considerato un
ligamento attivo dell’articolazione sterno-claveare.
Riceve un ramo nervoso dalle coppie cervicali 5a e 6a; questo ramo si
anastomizza con il nervo frenico. Tale innervazione permette di spiegare
come qualunque irritazione del nervo frenico interessi il muscolo
sottoclaveare. Le irritazioni possono essere di origine viscerale (polmone,
fegato, vescicola biliare) o di origine peritoneale, essendo il peritoneo
innervato, in parte, dal nervo frenico nella sua parte superiore.
La faccia inferiore del sottoclaveare corrisponde alla prima costa, alla
vena succlavia, all’arteria succlavia e al plesso brachiale. Anteriormente è
ricoperto dalla spessa aponevrosi clavi-coraco-ascellare e dal grande
pettorale. Posteriormente corrisponde alla sede di origine dello sterno-
tiroideo e alla vena succlavia che rasenta il bordo posteriore della
clavicola.
GLI INTERCOSTALI
Esistono undici intercostali esterni e undici intercostali interni (Figura 2-
7).
Gli intercostali esterni: posteriormente partono dalle articolazioni
costo-vertebrali e si fermano, anteriormente, a livello delle articolazioni
condro-costali, dove le loro fibre carnose diventano aponeurotiche. Sono
obliqui, dall’alto in basso e da dietro in avanti.
Gli intercostali interni: partono dallo sterno e si fermano,
posteriormente, verso l’angolo posteriore delle coste. Sono in stretti
rapporti con l’aponevrosi endo-toracica e la pleura. Sono obliqui, dall’alto
in basso, da avanti indietro.
I sottocostali: sono situati tra la pleura costale e gli intercostali
interni, a 2 o 3 cm all’esterno delle articolazioni costo-vertebrali.
Semiaponeurotici, semimuscolari, si staccano dalla faccia interna di una
costa per unirsi alla faccia interna della costa sottostante o della
successiva. In genere, si trovano soltanto sulle coste mediane. I sottocostali
e il triangolare dello sterno fanno proseguire fino al torace il muscolo
trasverso dell’addome. Sono obliqui verso il basso e all’interno.
Figura 2-7
Gli intercostali, loro direzioni
I SOPRACOSTALI
Corti, appiattiti, triangolari, si estendono dalle apofisi trasverse dell’ultima
cervicale e dalle prime undici dorsali alle dodici coste. Poirier li suddivide
nel modo seguente: i sopracostali corti in fasci interni che si estendono
fino alla costa sottostante, i sopracostali lunghi in fasci esterni più lunghi
saltando una costa (Figura 2-8).
I sopracostali corti: si estendono dall’apice dell’apofisi trasversa alla
costa immediatamente sottostante. Il primo si estende da C7 alla prima
costa e l’ultimo da D11 alla 12a costa.
Figura 2-8
I sopracostali, loro direzioni (da Charpy e Nicolas)
IL DIAFRAMMA
Vi risparmieremo le numerose descrizioni di questo muscolo inspiratore
principale. Non si può, ovviamente, contestare il suo ruolo importante,
tuttavia non crediamo molto alle fissazioni patogene del diaframma o di
parte di esso.
Il diaframma, come tutti i grandi muscoli, funge da serbatoio di
tensione per l’organismo. I vari squilibri dell’organismo, di origine
psicologica o metabolica, possono fissare il diaframma. I sintomi sono una
limitazione della corsa di un emidiaframma o dell’intero diaframma.
Ottimi sono i benefici che si possono trarre dalle varie tecniche di
rilassamento o di stiramento. In osteopatia, le fissazioni di un
emidiaframma dipendono quasi sempre da una disfunzione viscerale
omolaterale o da una fissazione vertebrale o costale. Le ipomobilità di
tutto il diaframma sono dovute soprattutto a problemi psicologici o di
debolezza generale della persona.
Quando D12-L2 sono fissate le manipolazioni vertebrali producono
un effetto benefico sul diaframma.
I MUSCOLI SOTTOIOIDEI
Li trattiamo prima del sistema fasciale poiché, oltre al ruolo muscolare,
svolgono anche un ruolo di fascia attiva, rinforzando in particolare
l’azione dell’aponevrosi cervicale media.
Questi quattro muscoli sono disposti su due piani, il piano
superficiale comprende lo sterno-cleido-ioideo e l’omoioideo che
teoricamente rappresentano lo stesso muscolo. La parte mediana di questo
muscolo è diventata via via fibrosa prendendo il nome di aponevrosi
cervicale media. Il piano profondo è costituito dallo sterno-tiroideo e dal
tiro-ioideo (Figura 2-9).
Figura 2-9
I muscoli sottoioidei (da Charpy e Nicolas)
Figura 2-10
Gli scaleni e il tubercolo di Lisfranc, rapporti con i vasi sottoclaveari (da Charpy e Nicolas)
Il sistema fasciale
Il sistema fasciale toracico riveste una grandissima importanza che
analizzeremo unitamente a ogni fascia. Oltre ai ruoli che gli riconosciamo,
svolge anche quello di tensore della pleura e di attivatore veno-linfatico,
durante la respirazione.
Le aponevrosi non hanno tutte la stessa importanza e per questo
motivo le abbiano selezionate in funzione del loro interesse in osteopatia.
Non è possibile evidenziare le conseguenze di una fissazione della fascia
superficiale e coloro che hanno potuto praticare o assistere a dissezioni
sanno che questa fascia è troppo sottile per dare disturbi all’organismo.
Infatti ha lo spessore di un sottile foglio di cellophane morbido.
L’aponevrosi cervicale media, quella clavi-coraco-ascellare e la
pleura, a causa dei problemi che le loro fissazioni comportano, sono quelle
di maggior interesse. Tratteremo le altre solo superficialmente.
Figura 2-12
L’aponevrosi cervicale media, proiezione frontale (da Testut e Jacob)
L’APONEVROSI CLAVI-CORACO-ASCELLARE
Ci aiuterà a tendere l’aponevrosi cervicale media e ad agire sul muscolo
sottoclaveare. Si inserisce, in alto, sulla guaina del sottoclaveare e
sull’apofisi coracoide (Figura 2-14).
Si dirige in basso ricoprendo il triangolo clavi-pettorale, separando il
sottoclaveare dal piccolo pettorale. Circonda il piccolo pettorale,
terminando sulla sua aponevrosi, la pelle del cavo ascellare e l’aponevrosi
brachiale a livello del coraco-brachiale e del bicipite corto; è il ligamento
sospensore dell’ascella del Gerdy.
Questa aponevrosi collega la colonna cervicale e il torace al braccio;
per tenderla, come vedremo, bisogna posizionare il braccio in modo tale da
mettere in tensione il coraco-brachiale e il corto bicipite. Presenta spesso
un rinforzo, il ligamento coraco-claveare interno, che ci obbliga a cercare
accuratamente la mobilità coraco-claveare.
Figura 2-14
L’aponevrosi clavi-coraco-ascellare, proiezione sagittale (da Charpy e Nicolas)
LA PLEURA
Ciò che ci ha maggiormente interessato durante le nostre prime ricerche di
dissezione è stata, senza dubbio, la fascia. Non tratteremo il suo ruolo di
distributore di pressione e descriveremo soltanto la sua lamina parietale, in
funzione dell’importanza che riveste in osteopatia. Ci riguardano
soprattutto i suoi punti di inserzione.
Ricordiamoci che si verificano, abbastanza spesso, fissazioni
pleuriche dovute ai numerosi problemi che possono colpire il polmone:
inquinamento, infezione primaria, pneumopatie varie, pleuriti, tubercolosi,
pneumotoraci, traumi costali e, forse, gli effetti di alcune vaccinazioni.
La pleura è una delle strutture più sollecitate meccanicamente dai
24000 movimenti quotidiani del diaframma, soprattutto nei punti di
inserzione superiori dove le differenze di tensione miofasciali e di
pressione sono considerevoli.
Il foglietto parietale: avvolge tutta la cavità toracica in cui alloggiano
i polmoni, si tratta di un foglietto sottile che aderisce, nella sua parte
inferiore, al diaframma. Insisteremo soprattutto sul sistema sospensore e la
cupola pleurica e, in seguito, vedremo i diversi sfondati.
Figura 2-15
L’apparato sospensore della pleura e la cupola pleurica (da Charpy e Nicolas)
Rapporti importanti
Tra l’apparato sospensore della pleura, l’arteria e la vena succlavia e il
ganglio cervicale inferiore esistono rapporti la cui conoscenza è molto
importante.
Esso sale 2 o 3 cm al di sopra dell’estremità interna della clavicola.
Da avanti indietro, sul sistema sospensore appoggiano l’arteria e la
vena mammaria interne, la vena succlavia, l’arteria succlavia, il punto di
origine delle arterie vertebrali e intercostali superiori, il ganglio cervicale
inferiore e i rami più bassi del plesso brachiale.
All’interno del ligamento costo-pleurico, e tra quest’ultimo e il fascio
vertebro-pleurico, esiste una fossetta nella quale, sul fondo, alloggiano il
muscolo lungo del collo, il ganglio cervicale inferiore e l’arteria
intercostale superiore; tra i ligamenti della 1a costa si riscontra una
fenditura in cui passa il 1° nervo dorsale.
Esiste un’espansione aponevrotica che si estende dal bordo interno
della guaina dello scaleno anteriore alla faccia anteriore della cupola
pleurica, cha alcuni Autori definiscono ligamento scaleno-pleurico; il
nervo del sottoclaveare passa sulla sua faccia anteriore.
Note
Si può affermare che il punto di inserzione cervico-pleurico è una delle
regioni più interessanti dell’organismo. La pleura, costantemente in
movimento, ha bisogno di essere mantenuta in alto. Senza questo punto di
inserzione superiore, la mobilità pleuro-polmonare sarebbe fortemente
compromessa. Paradossalmente, la colonna cervicale è molto più mobile
del torace ma funge, al tempo stesso, da punto fisso superiore per il
sistema pleurico.
Gli apparati sospensori del labbro e del pericardio hanno i loro punti
di inserzione fissa sulla colonna vertebrale e, soprattutto, sull’aponevrosi
prevertebrale che si estende da C7 alle prime dorsali. Può anche essere
definito “diaframma cervico-toracico”, è cosparso di orifizi o spazi
cellulosi nei quali passano la pleura, il timo, i grossi tronchi vascolari, la
trachea e l’esofago. La *** parete periferica di questo “diaframma” è
composta, anteriormente, dalla giustapposizione di lamine, quali le
inserzioni sternali e claveari dell’aponevrosi cervicale media, lateralmente
dalle giunture vascolari e posteriormente dalle guaine viscerali e
dall’apparato muscolo-fibroso della pleura.
A nostro avviso, i problemi artrosici della colonna cervicale bassa
non sono completamente spiegati dalla mobilità della colonna cervicale e
dalle linee di gravità. È coinvolta probabilmente anche la tensione
permanente e attiva pleuro-polmonare. Siamo rimasti colpiti, durante il
servizio esercitato nei reparti di pneumologia, dal numero di cervicali
basse sovraffaticate ed erose riscontrate. Si potrebbero incriminare le
tensioni anomale dei muscoli inspiratori accessori ma questo fenomeno si
manifesta soprattutto in caso di ispessimento e di fibrosi pleurica.
Dati i rapporti tra i punti di inserzione pleurici e il sistema vascolo-
nervoso, è facile dedurre le patologie che si potrebbero riscontrare in
questo punto di incrocio altamente strategico, senza dimenticare gli effetti
che provocano sui diversi visceri.
I punti di inserzione toracici
La pleura parietale ricopre la parete sterno-costale in avanti, lateralmente e
in fuori. A questo livello è molto resistente e si raddoppia sulla propria
faccia profonda attraverso la fascia endo-toracica, a causa del cedimento
del tessuto cellulare sottopleurico.
La pleura costale si scolla abbastanza facilmente ed è proprio nei
coinvolgimenti pleurici che si verificano certe aderenze. Spessa e fibrosa,
la pleura può fissare una parte del polmone e addirittura la gabbia costale.
Non descriveremo le pleure mediastiniche in quanto non sono oggetto
di manipolazioni specifiche.
Gli sfondati
In osteopatia, questi sfondati acquistano importanza in presenza di postumi
di patologie pleuriche. In questi casi, le linee di riflessione pleurica
possono ostacolare tutta la meccanica pleuro-polmonare e costo-sternale,
anche in virtù degli scambi di fibre tra i muscoli sottocostali, intercostali
interni e la pleura (Figura 2-16). È interessante conoscere alcuni sfondati
per le specifiche tecniche applicabili.
Gli sfondati anteriori: i due sfondati anteriori sinistro e destro
delimitano tra loro una superficie a X, come due triangoli i cui vertici si
toccano. Nel bambino il triangolo superiore è occupato dal timo che,
nell’adulto, è sostituito da una massa cellulo-adiposa. Il triangolo inferiore
corrisponde al pericardio, a diretto contatto con il piano costo-sternale.
È possibile riscontrare varianti della formazione del triangolo
interpleuro-pericardico, ma si può ritenere che i due vertici si incontrino a
partire dalle articolazioni sterno-costali 3a e 4a, leggermente a sinistra della
linea mediana.
Lo sfondato anteriore destro: per tenderlo è bene ricordare alcune
zone di inserzione importanti sulle quali posizionare le mani:
Anteriormente:
– la 7a articolazione condro-sternale;
– l’8a cartilagine costale;
– la 9a e la 10a cartilagine costale.
Lateralmente:
– in basso: l’11a costa, a 2 o 3 cm dalla sua estremità anteriore;
– in alto: la 9a costa.
Posteriormente:
– all’interno: la 12a costa, lo sfondato fuoriesce posteriormente alla
12a costa da 1 a 1,5 cm.
Figura 2-16
Lo sfondato inferiore destro (da Testut e Jacob)
IL PERICARDIO
Questo sacco fibro-sieroso molto resistente misura 14 cm di altezza e 10
cm di larghezza alla base. Lo sterno è separato dal sacco fibroso
pericardico per mezzo del tessuto cellulare molle, concentrato in alto e in
basso, per formare i ligamenti sterno-pericardici superiore e inferiore.
Il timo regredisce intorno all’ottavo anno di vita per trasformarsi in
una massa fibrocellulo-adiposa che separa il pericardio dallo sterno, tra la
1a e la 3a costa. Anche in età avanzata si possono riscontrare, annodati in
questa massa di tessuto, lobuli timici. Alcuni Autori sostengono che il timo
si trasformi progressivamente in ligamenti del pericardio, affermazione
che abbiamo potuto verificare nelle dissezioni praticate.
Con la faccia posteriore il pericardio è in connessione con gli organi
contenuti nel mediastino posteriore e con il livello delle spinose da D4 a
D8. È importante ricordare che, in posizione verticale, D4 passa
leggermente al di sopra del cuore e D8 corrisponde alla parete
diaframmatica e alla punta del cuore.
Il pericardio ha legami importanti con l’esofago, al quale è
strettamente unito da tratti connettivali. La tonaca esterna del pericardio
scambia fibre con il pericardio.
Vedremo, nel capitolo dedicato alla patologia, che la diagnosi
differenziale tra un’esofagite, uno spasmo esofageo e un’affezione
cardiaca è molto complicata (vedi Capitolo 4).
La base del pericardio aderisce al foglietto anteriore del centro
frenico. Ci occuperemo del pericardio solo in quanto fascia e studieremo,
trattando del cuore, la sua esatta topografia.
I punti di inserzione del pericardio: la posizione eretta dell’uomo ha
costretto il pericardio a rinforzare i propri punti di inserzione superiori,
poiché il cuore non può permettersi di essere compresso in certe posizioni.
Secondo Pierre Mercier l’asse generale del torace passa a livello della
parte mediana del cuore: ciò spiegherebbe perché quest’organo è
scarsamente coinvolto nei movimenti del torace.
Il pericardio funge anche da strumento di fissaggio al centro frenico,
impedendo così ai grossi tronchi vascolari spasmi eccessivi durante certi
movimenti. Si riscontrano ligamenti sterno-pericardici e vertebro-
pericardici. Vi sono anche ligamenti freno-pericardici, ma riteniamo siano
poco interessanti da descrivere.
I ligamenti sterno-pericardici
Il superiore o sterno-costo-pericardico: di forma triangolare, s’inserisce
sul manubrio e sulle articolazioni sternali con la 1a costa. Una parte delle
fibre si fissa sul manubrio sternale e l’altra parte sull’aponevrosi cervicale
media; ancora una volta, riscontriamo questa aponevrosi e constatiamo il
suo ruolo primario nella giunzione cervico-toracica.
In posizione verticale e in decubito dorsale questo ligamento è
sospensore del pericardio.
L’inferiore o xifo-pericardico: di forma triangolare, origina dalla base
del processo xifoideo, scambia fibre con il diaframma e si inserisce sulla
parte mediana del diaframma.
Meno resistente rispetto al superiore, è sospensore del cuore in
posizione di decubito dorsale.
I ligamenti vertebro-pericardici
Si inseriscono su un ispessimento particolare dell’aponevrosi cervicale
profonda compreso tra C4 e D4. Alcune fibre si estendono alla parte
anteriore per formare guaine aponeurotiche sull’aorta e sui grossi vasi
della base del collo. La parte sinistra di questi ligamenti è quella più
importante. Per esempio, abbiamo potuto verificare che in seguito a
importanti patologie che coinvolgono il cuore, le fissazioni vertebro-
pericardiche si riscontrano principalmente a sinistra.
Abbiamo già visto, nella descrizione dei punti di inserzione pleurici,
il ruolo dell’aponevrosi prevertebrale in relazione soprattutto a C7, D1 e
D2.
Note: possiamo affermare che soprattutto i ligamenti sterno-costo-
pericardici e vertebro-pericardici svolgono un ruolo importante nel fissare
il pericardio, conferendo alla giunzione cervico-dorsale tutta l’importanza
che riveste in osteopatia. Prima di parlare del ruolo energetico di C7/D1, è
meglio sondare questa regione più a fondo, dal punto di vista anatomico,
per spiegare i buoni risultati ottenuti.
I visceri
Non li descriveremo in dettaglio, analizzeremo solo le loro diverse
particolarità in modo da affinare al meglio le tecniche per ottenere i
risultati migliori.
I POLMONI
Abbiamo sperimentato numerose tecniche per cercare di ottenere gli effetti
desiderati anche sui polmoni, ma solo quelle applicate ai punti di
inserzione pleurici e alle scissure hanno dato risultati apprezzabili. Perciò
non descriveremo i polmoni e cercheremo di semplificare la localizzazione
delle varie scissure che, malgrado la loro varietà, obbediscono a
determinate costanti (Figura 2-17 e 2-18).
Le scissure
La scissura interlobare sinistra: è molto obliqua e si estende dall’alto
verso il basso e dalla parte posteriore a quella anteriore. Superiormente e
posteriormente si estende verso la 4a articolazione costo-vertebrale e
termina, anteriormente in basso, verso la 6a condro-sternale, incrociando
obliquamente la 5a costa. Ricordiamo, al fine delle manipolazioni, che:
Figura 2-18
Le scissure, proiezione posteriore (da Charpy e Nicolas)
IL TIMO
Questa ghiandola è tuttora abbastanza sconosciuta. Alcuni osteopati
applicano tecniche di pompaggio la cui efficacia non è affatto
dimostrabile. Il timo è, come la milza, un organo non palpabile, se non in
presenza di gravi patologie; la sua stimolazione manuale è ancora teorica
e, fino a oggi, non è stato possibile percepirlo con le tecniche di ascolto a
disposizione.
Il timo è situato nella parte superiore del mediastino anteriore e segue
i movimenti respiratori. Come segnalato in precedenza, evolve durante la
crescita e si trasforma in tessuto cellulo-fibroso, svolgendo il ruolo di
ligamento sterno-pericardico superiore.
Delimitazioni: nel bambino esiste una porzione cervicale che, in
seguito, diventa unicamente intratoracica, in quanto la sua parte superiore
si riduce a una sorta di ligamento tirotimico.
Il limite superiore è la forchetta sternale e quello inferiore, variabile, è
situato attorno al 3° e 4° spazio intercostale.
La sua faccia postero-inferiore corrisponde al pericardio e le sue facce
laterali sono in relazione con la pleura mediastinica e i polmoni.
Il timo è circondato da una capsula fibrosa che aderisce al pericardio
e all’aponevrosi cervicale media, c’è bisogno di sottolineare ulteriormente
l’importanza di questa aponevrosi?
IL CUORE
Non descriveremo l’organo in sé, poiché l’osteopatia non può fare grandi
cose nelle cardiopatie vere e proprie. Si riscontra qualche successo nelle
precordialgie e, a quanto sembra, anche in certe affezioni coronariche, ma
non è possibile fornire la prova dei risultati conseguiti.
Analizzeremo la situazione del pericardio e la direzione delle arterie
coronariche, dato che la proiezione del pericardio si confonde, dal punto di
vista clinico, con la superficie di proiezione del cuore.
Figura 2-19
La topografia anteriore del pericardio (da Testut e Jacob)
Il sistema vascolo-nervoso
Come anticipato nella parte generale, il torace ha inizio a livello dello
stretto cervicotoracico. Lo stretto ha un’importanza cruciale per le
implicazioni vascolari che qualunque fissazione può causare. Manipolare
la colonna vertebrale e i visceri non basta se si dimentica di liberare tutti i
tessuti perivascolari. Anche se tutti gli elementi vascolari sono importanti,
vogliamo sottolineare in particolare l’arteria e la vena succlavie. Tutti gli
esami vascolari di questa regione si focalizzano sull’arteria, dimenticando
che la vena è localizzata prima dell’arteria perciò è la più esposta nelle
lesioni meccaniche dello stretto.
In particolare, ci occuperemo di descrivere la topografia del sistema
vascolo-nervoso utile alle nostre manipolazioni, o che ci consente di
evidenziare determinate particolarità.
L’AORTA
È situata nella parte mediana del manubrio sternale, l’estremità inferiore si
trova a livello della linea che congiunge le tre condro-sternali. L’estremità
superiore raggiunge la 1a articolazione condro-sternale sinistra, in questo
punto si piega indietro e a sinistra. Nell’adulto il punto più elevato che
raggiunge è situato a 2 cm circa dal bordo superiore della forchetta
sternale.
I TRONCHI BRACHIO-CEFALICI
Il tronco arterioso brachio-cefalico: è presente solo a destra. La sua
proiezione sullo sterno occupa la parte mediana dello stesso, limitato in
basso dalla linea che riunisce la parte inferiore delle prime due
articolazioni condro-sternali.
I tronchi venosi brachio-cefalici: il destro corrisponde alla sterno-
claveare destra e alla 1a condro-sternale destra.
Il sinistro corrisponde alla sterno-claveare sinistra e alla parte sternale
sulla linea che congiunge la sterno-claveare sinistra (parte inferiore) alla
parte interna del primo spazio intercostale destro.
Questi tronchi nascono dall’unione delle vene succlavie e delle
giugulari interne; sono circondati da tratti fibrosi generati dall’aponevrosi
cervicale media.
L’ARTERIA SUCCLAVIA
Ripetiamo ancora una volta che riteniamo questa arteria di capitale
importanza. Spessissimo si riscontra compressa all’interno degli elementi
osteo-mio-fibrosi dello stretto toracico, con i numerosi incidenti clinici che
ciò comporta (Figura 2-21).
Figura 2-21
La topografia vascolare sottoclaveare (da Charpy e Nicolas)
– la vertebrale;
– la toracica interna che ha anastomosi con l’epigastrica;
– il tronco tiro-bicervico-scapolare che origina, tra le altre, la
tiroidea inferiore;
– il tronco costo-cervicale che origina, tra le altre, le prime
intercostali.
– la cerebellare infero-anteriore;
– la cerebellare superiore;
– ramificazioni ponto-cerebellari;
– l’uditiva interna;
– la cerebrale posteriore.
La succlavia destra
Origina dal tronco arterioso brachio-cefalico, all’altezza della sterno-
claveare destra (Figura 2-22).
Rapporti
– Anteriormente: la pelle, il tessuto cellulare sottocutaneo, il
pellicciaio del collo, la clavicola, le inserzioni inferiori dello
sterno-cleido-mastoideo, dello sterno-cleidoioideo e dello sterno-
tiroideo.
– Inferiormente a questi muscoli, l’angolo venoso di Pirogoff, dove
nella vena succlavia confluiscono la vena giugulare esterna, interna
e anteriore, la vertebrale e la grande vena linfatica.
– Posteriormente al piano venoso, tre nervi incrociano la faccia
anteriore dell’arteria; in fuori il frenico, all’interno il vago e tra i
due una grossa ramificazione simpatica.
La succlavia sinistra
Proviene dalla parte più arretrata dell’arco dell’aorta, dunque è
intratoracica a sinistra. Tale caratteristica spiega come spesso, nei
coinvolgimenti pleuro-polmonari di sinistra, l’arteria sia compressa da
processi pleurici cicatriziali. Lo possiamo verificare durante le dissezioni.
L’arteria succlavia sinistra emerge a 3 cm all’esterno dell’estremità
della clavicola sinistra.
Rapporti
– Anteriormente: corrisponde alla carotide e all’origine del tronco
venoso brachio-cefalico sinistro che la separa dallo sterno.
– Posteriormente: è separata dalla colonna dorsale solo dal muscolo
lungo del collo.
– Internamente: corrisponde alla trachea e all’esofago, al nervo
ricorrente e ad alcuni gangli linfatici.
– Esternamente: alla pleura mediastinica.
La porzione extrascalenica
Corrisponde alla cavità sottoclaveare dove è meglio accessibile alle nostre
tecniche, ma anche più vulnerabile in caso di traumi (Figura 2-23).
Appoggia sulla 1a costa, nella parte esterna e posteriore del tubercolo
di Lisfranc, dove si inseriscono lo scaleno anteriore, il piccolo scaleno, il
ligamento costo-pleurico, un’espansione dell’aponevrosi prevertebrale e
della guaina del sottoclaveare e infine alcune fibre della cupola pleurica.
Abbiamo già sottolineato i suoi punti di inserzione nel capitolo dedicato
alla pleura.
È possibile la palpazione del tubercolo di Lisfranc a circa 1,5 cm
all’interno del centro della clavicola, spostando il dito avanti e indietro.
L’ARTERIA VERTEBRALE
Non vorremmo allontanarci dalla struttura toracica, oggetto di questo libro,
ma il principio osteopatico di lesione globale ce lo impone. Com’è
possibile menzionare lo stretto toracico senza parlare del collo e del
cranio? Essendo costretti a limitarci, accenneremo soltanto all’arteria
vertebro-basilare poiché la pratica clinica ci insegna, quotidianamente, che
un coinvolgimento sottoclaveare si ripercuote sul sistema vertebro-
basilare. Tratteremo queste patologie dettagliatamente, in particolare
quelle relative alle vertigini.
Figura 2-24
L’arteria vertebrale
LA VENA SUCCLAVIA
È curioso notare che in medicina, quando si tratta lo stretto toracico, ci si
occupa soltanto della patologia arteriosa. La vena succlavia è situata
anteriormente all’arteria che prende lo stesso nome e riteniamo che sia il
primo elemento vascolare a essere leso nei coinvolgimenti traumatici o
cicatriziali dello stretto.
Come abbiamo già sottolineato, la vena succlavia è una vena beante,
apertura dovuta alle aderenze della guaina vascolare alle diverse
aponevrosi.
Al di sopra della clavicola la vena è unita, per mezzo della sua faccia
anteriore, alla faccia profonda dell’aponevrosi cervicale media.
Al di sotto della clavicola è relativamente libera e scivola sulla prima
costa, ciononostante la parte antero-superiore aderisce alla guaina del
sottoclaveare. È circondata, in parte, da una solida fascia che origina
dall’aponevrosi del sottoclaveare, permettendole di unirsi alla faccia
superiore della 1a costa.
Ricordiamoci che questa apertura aumenta durante l’inspirazione e
sollevando il braccio e la clavicola, in assenza di fissazioni. Attraverso le
aponevrosi cervicale e media e quella del sottoclaveare possiamo ottenere
l’effetto desiderato sulla compressione della vena.
La vena succlavia, unendosi alla giugulare interna, forma un angolo
retto, aperto in alto e all’esterno, dal cui vertice fuoriescono la giugulare
esterna e anteriore, la grande vena linfatica a destra e il canale toracico a
sinistra. Questo angolo è chiamato angolo di Pyrogoff. Si trova sul punto
di inserzione claveare dello sterno-cleido-mastoideo, sul suo bordo
esterno.
IL CANALE TORACICO
Raccoglie la linfa di tutta la regione sottodiaframmatica e della metà
sinistra di quella sovradiaframmatica. Termina nella confluenza della vena
sottoclaveare e giugulare sinistre, descrivendo una curva la cui concavità
inferiore è rivolta verso l’arteria succlavia. La presenza di questo canale
collettore giustifica la presenza del ganglio di Troisier, riscontrato nei
coinvolgimenti importanti, se non addirittura gravi, dell’addome.
LA GRANDE VENA LINFATICA
Raccoglie la linfa della metà destra della porzione sottodiaframmatica, per
terminare nella confluenza della vena giugulare interna e succlavia destra.
La presenza di gangli sottoclaveari a destra è, in teoria, dovuta alle
patologie fascio-toraco-mediastiniche ma, come abbiamo potuto
constatare, non si tratta di una regola assoluta.
L’apparato nervoso
Come il sistema arterioso, anche il sistema nervoso di questa regione è
particolarmente ricco e complesso. Ci occuperemo soltanto degli elementi
indispensabili alla diagnosi differenziale e alle nostre tecniche.
IL SIMPATICO CERVICALE
Si estende dalla base del cranio alla 1a costa, unito all’aponevrosi cervicale
media vi aderisce attraverso un foglietto fibroso, inducendo a ritenere che
le fissazioni di questa aponevrosi possano irritarlo. È costituito da tre
gangli di cui tratteremo soltanto l’inferiore, essendo il superiore troppo
distante dal torace e il medio spesso assente.
Il ganglio cervicale inferiore (o stellato): delle dimensioni di un
fagiolo, è situato contro il tubercolo anteriore della trasversa di C7 dal
quale è separato dalle inserzioni del muscolo lungo del collo (Figura 2-
25). È ricoperto dalla succlavia e dall’origine dell’arteria vertebrale. Ha
sede in una piccola nicchia sulla cupola della pleura, tra i ligamenti
vertebro-pleurici, costo-pleurici e il piccolo scaleno, quando è presente.
Figura 2-25
Il ganglio cervicale inferiore e il vago (da Charpy e Nicolas)
IL SIMPATICO TORACICO
Il primo ganglio toracico misura da 1 a 3 cm e molto spesso si unisce a una
parte del ganglio cervicale inferiore. Di forma ovoidale e semilunare, nella
concavità corrisponde alla parte postero-interna della succlavia, vicino al
punto di origine dalla vertebrale. È strettamente connesso alla 1a costo-
vertebrale.
Le ramificazioni efferenti essenziali sono i rami polmonari, aortici,
ossei (destinati soprattutto alle vertebre) e esofagei.
IL VAGO
Dal punto di origine bulbare, posteriormente all’oliva, si estende verso il
foro giugulare, il collo e il torace. È situato nell’angolo diedro, aperto
posteriormente, formato dal congiungimento della giugulare interna e dalla
carotide primaria. Prosegue nella guaina comune a questi due vasi, il vago
si riscontra anteriormente ed esternamente al simpatico, precisamente sulla
faccia anteriore delle trasverse di C6-C7.
A sinistra lo si riscontra nel punto di origine della carotide e della
succlavia sinistre, incrocia la faccia anteriore dell’aorta ed emette il
ricorrente sinistro. È situato sulla parte anteriore sinistra dell’esofago con
il quale esce dal torace (Figura 2-25).
Nell’orifizio superiore del torace si riscontra dietro la confluenza
venosa brachio-cefalico, internamente all’arteria succlavia.
I rapporti importanti tra il vago e la succlavia si riscontrano
soprattutto a destra, come vedremo.
A destra passa, anteriormente, tra la vena succlavia e l’arteria
succlavia, posteriormente, originando il ricorrente la cui ansa circonda la
succlavia. Esternamente il frenico circonda lo scaleno anteriore e invia un
ramo anastomotico vicino all’arteria succlavia, al ganglio cervicale
inferiore. Internamente i rami simpatici formano la parte anteriore
dell’ansa di Vieussens.
Le tre anse che circondano la succlavia destra sono:
– il ramo anastomotico del frenico al ganglio cervicale inferiore;
– l’ansa di Vieussens che ha origine dal simpatico;
– il ricorrente, che ha origine dal vago, attaccato alla cupola pleurica
(ciò spiega alcune paralisi laringee unilaterali nelle affezioni
pleuro-polmonari).
IL NERVO FRENICO
Ha origine, principalmente, dalla 4a coppia cervicale e, secondariamente,
dalla 3a e 5a per estendersi inferiormente, seguendo la faccia anteriore
dello scaleno anteriore. È unito a quest’ultimo per mezzo della sua
aponevrosi (Figura 2-26).
All’estremità inferiore dello scaleno anteriore, circonda il suo bordo
interno nel punto corrispondente allo spazio triangolare, separando i due
capi di inserzione dello sterno-cleidomastoideo: si tratta del triangolo di
Sedillot, punto doloroso nelle nevralgie del frenico (Figura 2-27).
Successivamente, passa tra la vena e l’arteria succlavie.
Perciò il frenico si estende sino al bordo interno del tubercolo di
Lisfranc, del quale ricordiamo la sede: sulla 1a costa, a 1,5 cm all’interno
del centro della clavicola, posteriormente a essa.
L’estremità interna della clavicola, la confluenza venosa di Pirogoff
composta della succlavia e della giugulare nel punto in cui sboccano la
vena giugulare esterna, vertebrale, giugulare posteriore e giugulare
anteriore, a destra la grande vena linfatica e a sinistra il canale toracico.
IL PLESSO SOLARE
È il “cervello addominale” degli antichi anatomisti. Si tratta di una serie di
gangli e di nervi che hanno anastomosi fra di loro; vi si trovano anche
arterie, vene, noduli di sostanze cromaffine, resti surrenali e tessuto
connettivo.
È situato sulla linea mediana della regione epigastrica profonda,
anteriormente all’aorta e ai pilastri del diaframma, inferiormente alla testa
del pancreas e internamente alle capsule surrenali. Il limite superiore è
rappresentato dall’orifizio aortico del diaframma e quello inferiore dalle
arterie renali.
Figura 2-26
Il nervo frenico (da Charpy e Nicolas)
IL PLESSO CARDIACO
I tre nervi cardiaci simpatici hanno anastomosi con i rami cardiaci del vago
e del ricorrente per formare il plesso cardiaco. Quest’ultimo è situato
attorno all’arco dell’aorta e sulla biforcazione dell’arteria polmonare.
Nelle nostre tecniche, operiamo il plesso cardiaco a sinistra della
linea sterno-xifoidea, attorno alla 3a condro-sternale. Anatomicamente
corrisponde al plesso cardiaco superficiale composto dai nervi cardiaci
superiori del vago e dal nervo sinistro del simpatico. È possibile
individuarlo soltanto per il fatto che è superficiale? Oppure perché è il più
importante dal punto di vista funzionale? Non siamo in grado di dirlo,
comunque è in questo punto che otteniamo i risultati migliori.
Figura 2-27
Il triangolo di Sedillot
Conclusioni
La giunzione cervico-toracica è, dal punto di vista anatomico, di una
ricchezza estrema. Ogni tensione anomala dei tessuti molli anteriori si
ripercuote sul piano vascolo-nervoso, mentre le tecniche osteopatiche
privilegiano ingiustamente il sistema osteo-articolare posteriore. Ci
dedicheremo a esplorare attentamente e descrivere questi tessuti molli
della parte anteriore retrosterno-claveare, dei quali segnaliamo i principali
punti di repere:
• i grossi vasi si trovano internamente all’angolo interno della cavità
claveare dove sono connessi alla cupola pleurica e all’apice
polmonare;
• i cordoni nervosi che originano dal plesso brachiale, si collocano
superiormente e posteriormente all’arteria succlavia. Occupano
l’angolo postero-inferiore della cavità sopraclaveare (Figura 2-28).
I punti “chiave”:
• Il tubercolo di Lisfranc situato sulla 1a costa a 2 cm all’interno del
centro della clavicola, inferiormente e posteriormente.
• L’inserzione inferiore dello scaleno anteriore, sul tubercolo di
Lisfranc, separando la vena e l’arteria succlavie.
• Il tubercolo anteriore di C7 dove si situa il ganglio cervicale
inferiore.
• Le apofisi trasverse di C6-C7 e la 1a costa, tra le quali si riscontra
il sistema sospensore della pleura.
• Il triangolo di Sédillot, all’estremità inferiore dello scaleno
anteriore, nello spazio compreso tra i due capi di inserzione dello
sterno-cleido-mastoideo, dove passa il frenico.
• La 4a, 5a, 6a costa, per i loro stretti rapporti con le scissure lobari.
• Le articolazioni sterno-claveari che proteggono e talvolta
comprimono tutto il sistema vascolare cervico-toracico.
Capitolo 3
Fisiologia applicata
Indice
CAPITOLO 3
La pleura
La meccanica pleurica
Le pressioni intrapleuriche
Le variazioni di pressione
Il gradiente verticale di pressione pleurica
Conclusioni
Fisiologia applicata
La pleura
Durante lo sviluppo embriologico, le due cavità pleuriche sono separate
dalla cavità centrale pericardica dalle lamine pleuro-pericardiche.
Rammentiamo che queste cavità pleuriche continuano con la cavità
peritoneale e anche per questo motivo siamo dunque obbligati a verificare
le tensioni peritoneali dopo ogni coinvolgimento pleurico e viceversa.
La pleura viscerale è composta da un sottilissimo strato di tessuto
connettivo, ricoperto da una pellicola di cellule mesoteliali.
La pleura parietale è costituita da fibre lisce, da fibre elastiche, da
numerosi vasi linfatici e da piccoli vasi. Riccamente innervata, è molto
dolorosa quando irritata. Abbiamo riscontrato varie sincopi gravi durante o
in seguito a perforazioni pleuriche. È molto importante liberare certe
lesioni costali per gli effetti che possono avere sulla pleura.
LA MECCANICA PLEURICA
La pleura viscerale è sottoposta a forze di ritrazione elastica polmonare
che la inducono a ritirarsi verso l’ilo.
Più il volume polmonare è importante, più le fibre elastiche sono tese
e tendono a tornare su se stesse con una forza inversamente proporzionale
alla distensione. Si riscontrano in questo caso le leggi che regolano gli
agonisti e gli antagonisti: per aiutare una mobilità difficile occorre spesso
lavorare sul movimento opposto.
Il foglietto parietale è sottoposto alle forze di ritrazione elastica del
torace, e tende ad allontanarsi dall’ilo polmonare in caso di volume debole
o medio.
I due foglietti sono uniti e contengono solamente 2 ml di liquido
sieroso per consentire il loro scivolamento. Questa quantità minima è
dovuta alle tensioni meccaniche contrarie. Ricordiamo che nella cavità
peritoneale se ne trovano 50 ml.
LE PRESSIONI INTRAPLEURICHE
Uno dei metodi più sicuri per misurare la pressione intrapleurica è inserire,
attraverso la gola, un tubo collegato a un palloncino, collocato nella parte
più bassa dell’esofago intratoracico. L’esofago risiede nel torace, tra i
polmoni e le pareti toraciche. Sottile, contrasta poco la trasmissione dei
cambiamenti di pressione. Questa caratteristica lo rende il luogo ideale per
calcolare le pressioni intrapleuriche. È necessario, tuttavia, non deglutire
ed eliminare le onde peristaltiche che modificano tali pressioni. Le
pressioni intrapleuriche sono state misurate anche immettendo una piccola
quantità di gas tra i due foglietti pleurici, creando in tal modo un leggero
pneumotorace. I due foglietti, in genere, sono strettamente uniti. La
pressione misurata in questi pneumotoraci, con l’ausilio di un catetere ad
aria, dipende dalle forze di ritrazione del polmone e della gabbia toracica,
in quanto la pressione pleurica superficiale è sub-atmosferica.
LE VARIAZIONI DI PRESSIONE
La pressione pleurica varia in funzione del volume polmonare. Nella parte
superiore è sempre negativa, vale a dire l’apice in posizione eretta o
seduta, e la regione sottosternale in decubito dorsale. È uno dei motivi che
spesso ci inducono a scegliere la posizione seduta per le manipolazioni
cervico-pleuriche e il decubito dorsale per manipolare la zona
mediastinica.
Osserviamo ciò che succede durante una respirazione normale
(Figura 3-1A) un’inspirazione profonda (Figura 3-1B) e un’espirazione
profonda (Figura 3-1C). Si tratta del gradiente di pressione pleurica. Le
cifre confermano che la pressione pleurica è sempre negativa nella parte
superiore, dove varia da – 37,5 cm d’acqua in caso di inspirazione forzata
a – 4,5 cm in caso di espirazione forzata.
Ci si rende conto delle considerevoli forze meccaniche contrarie, a
livello delle inserzioni cervico-pleuriche e anche che i coinvolgimenti
tissulari possono disturbare questo gioco di pressioni, colpendo, in tal
modo, l’espansione polmonare.
Da notare anche che nella stessa cavità si può riscontrare una
pressione negativa in alto e una pressione positiva in basso (Figura 3-1C):
ciò dimostra che il campo meccanico delle pressioni è molto complesso.
L’avevamo già sottolineato trattando della cavità addominale dove,
durante un’inspirazione profonda, la pressione intraperitoneale iuxta-
diaframmatica è negativa mentre è positiva nella parte mediana e inferiore.
Il polmone normale si distende di 200 ml circa quando la pressione
intrapleurica raggiunge 1 cm d’acqua: la compliance polmonare è perciò di
200 ml/cm d’acqua. Si può considerare il polmone una sacca contenente
300 milioni di piccole bolle che, sottoposte a variazioni di pressione
pleurica, tendono a collassarsi.
Figura 3-1
Le variazioni di pressione
INSPIRAZIONE
Gli intercostali esterni: elevano l’estremità anteriore di ogni costa e la
tendono in alto e all’esterno, aumentando in tal modo il diametro antero-
posteriore del torace. La loro contrazione tende gli spazi intercostali
evitando, in tal modo, di essere aspirati durante l’inspirazione.
Nell’uomo, i muscoli che si contraggono durante l’inspirazione sono
essenzialmente 5 o 6 intercostali esterni. Da notare che sono soprattutto i
primi sette spazi intercostali quelli molto ricchi di fusi neuromuscolari,
mentre il diaframma ne possiede pochi, e sono proprio gli spazi intercostali
superiori che meglio rispondono alle nostre tecniche.
I muscoli inspiratori accessori: gli scaleni e gli sterno-cleido-
mastoidei sono i muscoli inspiratori accessori più importanti. Si può
affermare che si contraggono solamente nelle inspirazioni profonde,
ciononostante la loro tensione a riposo è utile per lo stiramento verticale
del torace, equilibrando così le tensioni vertebrali dell’addome.
Gli altri muscoli inspiratori come i miloioidei, i digastrici e i muscoli
delle ali del naso favoriscono l’inspirazione non aumentando il volume
toracico ma riducendo le resistenze allo scorrimento dei gas. Orientano i
vari tubuli e le diverse fasce.
L’aponevrosi cervicale media: si può affermare che è uno degli
elementi importanti nella trasmissione delle differenze di pressione, a
livello cervico-toracico. Come abbiamo visto, si innesta sullo sterno, le
clavicole, le prime coste, i sottoclaveari e tutti i punti osteofibrosi
dell’orifizio superiore del torace favorendo la sua espansione durante
l’inspirazione. Innestandosi anche sulle guaine connettivali dei grossi vasi
della base del collo, del tronco venoso brachio-cefalico, delle vene
succlavie tiroidee ecc., permette di mantenere beanti questi orifizi.
Il vuoto dell’inspirazione può, in tal modo, riflettersi sulla dinamica
veno-linfatica.
Questo sistema fasciale, conosciuto per il suo ruolo statico e
dinamico, è indispensabile alla buona circolazione dei fluidi.
ESPIRAZIONE
È consuetudine dire che i muscoli espiratori sono quelli dell’addome, ma
tale affermazione è vera soltanto durante le respirazioni profonde e rapide,
nelle quali svolgono il ruolo di “armonizzatori” e di trasmettitori di
pressione. Nelle piccole espansioni espiratorie l’organismo reagisce
aumentando l’inspirazione per accentuare la pressione elastica di ritorno.
I muscoli intercostali interni, intercondrali, interossei e intercostali
mediani abbassano le coste spostandole in basso e all’interno. Tendono gli
spazi intercostali per evitare che si incurvino durante le variazioni di
pressione importanti, in caso di tosse, starnuti e deiezione, per esempio.
Anch’essi sono dei regolatori di pressione.
Il diaframma, che è il muscolo inspiratore per eccellenza, mantiene la
contrazione durante l’espirazione affinché il torace possa diminuire
progressivamente di volume, per rilasciarsi poi totalmente.
LA CIRCOLAZIONE DELL’ARIA
Ogni minuto nei polmoni entrano dai 7 agli 8 litri d’aria ma a causa dello
spazio morto solamente 5 litri di gas fresco entrano negli alveoli ogni
minuto, generando la ventilazione alveolare. Si può affermare che ogni
giorno entrano nei polmoni 10800 litri d’aria in media. Solamente il 5%
del volume d’aria assorbita è scambiato con il sangue.
Dei 5 litri d’aria che entrano negli alveoli, ogni minuto passano nel
sangue 300 ml di ossigeno, sostituiti da 250 ml di CO2.
LA VENTILAZIONE-PERFUSIONE
Abbiamo visto che la pressione aumenta nella parte bassa del polmone in
posizione eretta ma le modificazioni della respirazione gassosa sono meno
importanti di quelle del flusso sanguigno. Gli squilibri di ventilazione-
perfusione dipendono dal modo in cui il polmone è contenuto nella gabbia
toracica.
Le pressioni di espansione polmonare sono probabilmente più deboli
nelle zone in declivio, le quali devono resistere al peso di tutto il polmone.
La pressione intrapleurica è più elevata alla base del polmone che
all’apice. Le regioni del polmone in declivio hanno una grande
ventilazione a volume normale, poiché gli alveoli della base hanno un
volume inferiore a riposo e maggiore è la capacità di distensione. Le basi
polmonari svolgono un ruolo di maggior importanza nell’ossigenazione
del sangue arterioso, dato che ricevono più sangue.
Conclusioni
L’apice pleuro-polmonare è importante per le significative diverse tensioni
meccaniche esistenti, dovute ai movimenti respiratori. Una fissazione del
sistema sospensore pleurico può squilibrare tutta la meccanica pleuro-
toracica, colpendo, in tal modo, il gioco delle pressioni intrapleuriche. Tali
diversità di pressione permettono:
CAPITOLO 4
La diagnosi differenziale
Caratteristiche dei dolori meccanici
L’esame generale
Segni generali
L’osservazione del torace
L’ispezione del torace
La palpazione
Le adenopatie cervicali isolate
Atrofia muscolare
Il sistema polmonare
Le vibrazioni vocali
La percussione
L’auscultazione
Le modificazioni del murmure vescicolare
Gli strofinamenti
I sibili
Le anomalie della voce
Le dispnee
La tosse
Le algie toraciche
Origine non respiratoria
Origine respiratoria
Alcune malattie respiratorie
Il pneumotorace spontaneo
Il reflusso gastro-esofageo
L’esofago
Il cancro del polmone
I tumori primari
I tumori metastatici
I tumori del mediastino
La tubercolosi da infezione primaria
I coinvolgimenti diaframmatici
Le patologie cardio-vascolari
Segni generali
Il dolore
La dispnea
La palpazione
La percussione
L’esplorazione vascolare
Il sistema venoso
Il sistema arterioso
Le anomalie del polso
L’ipotensione
Alcune malattie cardiache
Le precordialgie
L’angina pectoris
L’infarto del miocardio
La pericardite
Alcune malattie arteriose
L’aneurisma dell’arco dell’aorta
La coartazione dell’aorta
Significato delle pulsazioni sistoliche anomale
L’arteriosclerosi
L’aterosclerosi
La dissezione dell’arteria vertebrale
Il seno
Conclusioni
Patologia generale del torace
La diagnosi differenziale
Numerose sono le difficoltà di interpretazione dei segni clinici dei dolori
toracici. Ricordiamoci che, a differenza dell’addome, siamo di fronte a un
contenitore, la gabbia toracica, sede di svariate fissazioni osteo-articolari,
che racchiude un contenuto formato da organi essenziali quali i polmoni e
il cuore. Questi organi possono dare numerosi e diversificati sintomi, a
volte simili a quelli del contenitore.
Cercheremo di evidenziare le insidie tipiche di questa regione.
Accanto a segni collegabili senza esitazione a visceralgie, ve ne sono altri,
più subdoli, da valutare con estrema prudenza. Talvolta la peggiore
radiografia vale più delle mani più esperte e, al minimo dubbio, è nostro
dovere affidare il paziente a uno specialista.
L’esperienza quotidiana ci è valsa per cercare di definire, a caratteri
generali, le differenze tra i segni clinici relativi a dolori osteo-articolari e
di altro genere. Ovviamente, ogni affermazione è passibile di
argomentazioni e siamo consapevoli che non esistono lesioni osteo-
articolari pure; facilitare, adattare e compensare sono concetti che fanno
parte del nostro bagaglio professionale ma è utile avere punti di repere
chiari e semplici.
L’esame generale
Analizzeremo ora gli elementi indispensabili alla diagnosi clinica generale,
mentre nel Capitolo 5 studieremo la diagnosi osteopatica.
Questo capitolo potrebbe sembrare troppo lungo ma ben presto, con
la pratica, gli elementi essenziali riaffioreranno da soli; ricordiamoci che
saremo giudicati più per gli errori che per i successi.
Quando un paziente vi consulta, si tratta sempre di un’algia costo-
vertebrale. Alcune fissazioni osteo-articolari possono spiegare una
dispnea, una fitta al costato, intercostalgie, precordialgie, mediastinalgie
ma a volte questi sintomi celano malattie più gravi per le quali una
diagnosi precoce può essere vitale. Attenzione: i pazienti si rivolgono a noi
quando avvertono i primi sintomi della malattia, perciò bisogna essere
prudenti; se la malattia fosse già a uno stadio avanzato, andrebbero
direttamente dallo specialista.
Abbiamo esitato a lungo prima di scrivere questi paragrafi sulla
diagnosi medica. Si tratta di una parte lunga, tediosa e, in tutta onestà,
avremmo preferito scrivere di ciò che è attinente all’“osteopatia pura”. Ma
è giocoforza constatare che, nella pratica, siamo portati a saper distinguere
quello che ci compete da quello che non ci compete e, a volte, è lecito
nutrire dubbi sulla diagnosi differenziale. C’è chi si basa su questo per
affermare che l’osteopatia dovrebbe esser esercitata solo da medici, noi
crediamo che la diagnosi medica sia difficile, ma di certo non più della
pratica manuale. Ci siamo avvalsi della nostra esperienza clinica
quotidiana, aggiungendo i vari commenti utili alla medicina osteopatica.
SEGNI GENERALI
• attitudini del malato, facies, osservazione del torace;
• febbre, brividi, modificazioni del polso e della pressione arteriosa;
• traspirazione, agitazione, dimagrimento;
• tipo di dolore toracico, localizzazione, inizio, intensità;
• dispnea, polipnea, bradipnea;
• rumori respiratori anomali:
– rantolo (sibilo laringo-tracheale),
– stertore (respirazione rumorosa con russamenti),
– sibili (sibili che accompagnano il murmure respiratorio);
• tosse (ritmo, quantità, qualità, espettorante o non); per esempio, in
caso di insufficienza ventricolare sinistra la tosse è notturna e
peggiora con il decubito.
LA PALPAZIONE
Gli osteopati hanno una buonissima capacità di palpazione ma troppo
orientata alle eventuali lesioni osteo-articolari. Nel torace bisogna
riconoscere se il problema è superficiale, profondo, muscolare, nervoso,
mediastinico o viscerale. Perciò è utile conoscere i punti frenici
interscalenici positivi di certi coinvolgimenti neurologici.
I test di mobilità costo-vertebrale sono molto esaustivi ma non
bastano per escludere una patologia più profonda. Prendiamo il caso di una
fissazione costo-vertebrale unilaterale, localizzata a livello delle ultime
articolazioni costo-vertebrali: può segnalare una infiammazione pleurica. È
il segno dei muscoli spinali di Ramond (contrattura unilaterale dei muscoli
paravertebrali a livello delle ultime articolazioni).
È importante saper riconoscere anche il segno di Ruault; appoggiando
le due mani sulle spalle del paziente, sentirete, durante l’inspirazione,
l’espansione irregolare o ritardata di uno degli apici. Può essere il segno di
un inizio di tubercolosi.
I segni di strofinamenti pleurici, accertati con l’ausilio della mano,
sono dovuti all’attrito dei due foglietti pleurici.
Talvolta, alla palpazione si avverte un enfisema sottocutaneo nelle
zone cervico-toraciche laterali che può essere il segno di un pneumotorace.
Ma abbiamo anche registrato una decina di casi di enfisemi sottocutanei
non rilevati dagli esami clinici eseguiti. Tuttavia questi casi avevano in
comune la caratteristica di essere accompagnati da fissazioni della giuntura
cervico-toracica. Perciò abbiamo ritenuto che le fissazioni cervico-
pleuriche potessero anche comportare un enfisema sottocutaneo da sforzo.
ATROFIA MUSCOLARE
Ci capita, ogni tanto, di riscontrare artrofie muscolari parziali o totali alle
quali il paziente è spesso rassegnato e non se ne cura più. Certi
coinvolgimenti virali influenzali possono distruggere una parte del sistema
nervoso periferico. Il paziente ci consulta unicamente per cervicalgie o
nevralgie cervico-brachiali, è necessario perciò ricercare tutti i segni
deficitari. Quando non si riscontra invasione tumorale, il recupero è
spontaneo oppure il muscolo resta paralizzato. Ogni anno riscontriamo 5
casi di paralisi deltoidea, più o meno parziale dovuta a influenza. In questi
casi è opportuno richiedere un quadro clinico completo dei riflessi
deltoidei, bicipitali e tricipitali. Ritroveremo il sistema nervoso nel
Capitolo 5.
Il sistema polmonare
LE VIBRAZIONI VOCALI
• Ogni aumento della densità del parenchima polmonare favorisce la
conduttività delle onde vibratorie.
• Ogni interposizione liquida o gassosa tra il parenchima e la parete
attenua o sopprime le vibrazioni vocali.
• Ogni genere di ostacolo disturba la penetrazione dell’aria nei
bronchi e ogni perdita di elasticità alveolare diminuisce la
conduzione delle vibrazioni.
Il test: si tratta del famoso test “Dica 33”; al paziente seduto si chiede
di dire “33”, arrotando le “r”. Si appoggia il palmo piatto su diverse parti
del torace per cogliere le vibrazioni vocali. Si deve avvertire una
vibrazione parietale leggera, meglio percettibile a destra che a sinistra in
ragione del calibro maggiore del bronco principale e del cuore. Questo test
è più facilmente interpretabile nelle persone con voce grave.
LA PERCUSSIONE
Permette di apprezzare le varie differenze di sonorità del torace e del suo
contenuto, confrontando sempre i due lati. Bisogna tenere in
considerazione la naturale differenza di sonorità dovuta ai diversi visceri
intratoracici, dato che le regioni cardiache ed epatiche sono più sorde.
Il paziente è seduto, la schiena è ricurva per aprire gli spazi
intercostali posteriori, oppure è in posizione di decubito dorsale, per
auscultare la parte anteriore.
Quando si riscontrano ottusità in luogo di una sonorità vescicolare
normale possono significare:
L’AUSCULTAZIONE
Le modificazioni del murmure vescicolare
1) Si riscontrano diminuzioni o assenza di murmure vescicolare in
tutti i fattori che provocano: riduzione della permeabilità all’aria
del parenchima polmonare o diminuzione dell’ingresso di aria nella
zona auscultata.
Si riscontra nell’iperemia, stasi sanguigna, edema polmonare,
perdita di elasticità alveolare, ostruzione bronchiale, distruzione
parenchimatosa e paresi dei muscoli inspiratori.
2) Si riscontra anche in tutte le interposizioni liquide o gassose tra il
polmone e la parete.
Gli strofinamenti
È necessario fare molta attenzione agli strofinamenti: questi rumori
patologici sono dovuti all’attrito dei due foglietti di una pleura infiammata.
La loro sonorità è simile a quella della carta secca o del cuoio nuovo. Gli
sfregamenti non sono né modificati né alterati dalla tosse e sono
percettibili nell’attimo stesso dell’espansione toracica.
Gli strofinamenti sono presenti nella fase iniziale e finale di una
pleurite, quando i due foglietti sono ancora a contatto, o vi ritornano.
I sibili
Sono trasmissioni patologiche sulla parete del rumore glottideo o tracheale
in luogo del murmure vescicolare:
LE DISPNEE
Le polipnee: si tratta di respirazioni rapide e superficiali, spesso di
compensazione, ma prolungate e rilevanti, che possono essere sintomo di:
polmoniti, embolie polmonari, pleuriti, pneumotoraci e altri
coinvolgimenti che, per il dolore o la compensazione, diminuiscono
l’espansione respiratoria e ne aumentano il ritmo; ve ne sono anche di
origine cardiaca.
Le bradipnee: la respirazione lenta indica un disturbo all’ingresso o
all’uscita dell’aria inalata e non un’insufficieza funzionale parenchimatosa.
Le dispnee di origine meccanica: nei pazienti con fiato corto, quando
se ne riconosce l’origine costale o costo-vertebrale, è quasi sempre
l’inspirazione a essere disturbata, e il trattamento della zona fissata
permette al paziente di ristabilire, all’istante, l’espansione normale.
Talvolta, nei versamenti pleurici modesti, il trattamento degli spazi
intercostali affetti procura il medesimo miglioramento.
LA TOSSE
• dolorosa: si tratta principalmente di laringo-tracheiti e di inizi di
pleurite secca o pleuriti delle quali aggrava il dolore;
• secca: si tratta soprattutto di laringiti e pneumopatie acute allo
stadio iniziale, antecedente quello secretore; nelle pericarditi e
nelle pleuriti la tosse è chiaramente provocata dai cambiamenti di
posizione;
• convulsa: è sintomo di irritazioni o compressioni mediastiniche,
adenopatie tracheobronchiali, adeniti, affezioni cardiache o più
semplicemente di pertosse, che meglio caratterizza la tosse
convulsa;
• bitonale: si riscontra spesso in caso di irritazione ricorrente, nelle
mediastinopatie o nelle adenopatie tracheo-bronchiali;
• le emottisi: come sappiamo, è categoricamente controindicato ogni
genere di manipolazione. A volte, sono sintomo di tubercolosi, di
una dilatazione dei bronchi, di una stenosi mitrale, di un cancro
bronchiale o di problemi digestivi del tratto superiore.
Origine respiratoria
La pleura parietale è molto sensibile, pensiamo a un’origine pleurica:
IL PNEUMOTORACE SPONTANEO
Abbiamo registrato 6 casi di pneumotorace spontaneo. I pazienti ci
avevano consultato per cervicalgie o dorsalgie alte con irradiazioni
intercostali anteriori o posteriori. Sottolineiamo, in particolare, 3 casi
dovuti agli sforzi sostenuti dai pazienti per contrastare il forte vento,
praticando windsurf.
I test di mobilità evidenziavano fissazioni muscolo-ligamentose della
giunzione cervico-dorsale, senza tuttavia impedire il movimento; tali
fissazioni erano più frequenti a sinistra. I segni respiratori erano molto
deboli o addirittura inesistenti. Ci dedicheremo più approfonditamente alla
diagnosi differenziale nel Capitolo 5.
Si tratta spesso della rottura, nella pleura, di bolle enfisematose
sottopleuriche o di una fissurazione polmonare provocata da una costa
fratturata che ha perforato la pleura. La rottura pleurica e alveolare è
talvolta la conseguenza di una compressione o di uno stiramento brusco e
rapido della parete toracica, se gli alveoli sono dilatati e la glottide si
forma al momento dell’impatto.
Talvolta, nei movimenti forzati eseguiti dalle braccia e dalla colonna
cervicale, si tendono determinate fibre superiori della pleura, dando
origine a microrotture. Nella maggior parte dei casi si tratta di fibre del
sistema pleuro-cervicale, diventate leggermente fibrose alla palpazione.
Siamo convinti che numerosi pneumotoraci spontanei “a minima”
sfuggono a ogni diagnosi e si cicatrizzano da soli. Al paziente viene
diagnosticata una cervicalgia, una nevralgia cervico-brachiale o una
periartrite scapolo-omerale di origine artrosica o sconosciuta.
Nelle forme gravi di pneumotorace si ha la comparsa di un dolore
violento unilaterale a irradiazione laterale, accompagnato da dispnea e
tosse secca e convulsa. Si riscontra un silenzio respiratorio emitoracico,
una sonorità alla percussione, un’assenza di vibrazioni vocali, un sibilo
anforico e una pettoriloquia anforica (più raramente un tintinnio
metallico).
Altri segni sono evidenti da subito: sudorazione, cianosi, tachicardia,
tachipnea, enfisema sottocutaneo sotto forma di piccole bolle d’aria sotto
pelle crepitanti alla palpazione.
Nelle forme meno gravi si tratta di lievi dolori toracici, cervicalgie,
dolori alla spalla di manifestazione piuttosto rapida e spesso in relazione
con attività intensa o sforzi considerevoli. Nel caso più recente da noi
riscontrato, un paziente aveva tappezzato per due giorni un soffitto. Con le
braccia sollevate e la testa indietro la pleura è molto tesa, 24 ore dopo il
paziente ha avvertito un dolore al braccio sinistro irradiante sino alla punta
delle dita. L’esame clinico ha rilevato:
IL REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO
In questo paragrafo tratteremo unicamente le conseguenze respiratorie del
reflusso gastro-esofageo. Si pensa che almeno il 10% della popolazione
soffra di questo reflusso, con frequenti problemi respiratori; nel 60-80%
dei pazienti affetti da asma e bronchite cronica, si riscontra un reflusso
gastro-esofageo che può essere l’origine o la causa delle loro affezioni.
Vi sono reflussi, detti fisiologici, che durano meno di un minuto e che
sono facilmente neutralizzati dalla clearance salivare. Le forme atipiche di
reflusso gastro-esofageo come le faringiti, le angine, le otiti, le dispnee
sibilanti o le apnee ostruttive del lattante sono complicate da diagnosticare,
data l’intermittenza del reflusso.
Il reflusso gastro-esofageo sembra agire in diversi modi, attraverso
l’acidità stessa e la partecipazione di un meccanismo bronco-costrittore di
origine vagale. L’iperacidità bronchiale di questi soggetti dipende dal
reflusso di acido stesso. Un reflusso esobronchiale può, probabilmente,
dipendere da un’iperattività bronchiale, dovuta, a sua volta, alla
stimolazione della parte bassa dell’esofago provocata da un liquido acido.
Di norma, il reflusso gastro-esofageo richiede molte settimane, o mesi,
prima di provocare disturbi respiratori. Pare che qualunque dilatazione
toracica possa comportare una diminuzione di tono dello sfintere inferiore
dell’esofago e favorire un reflusso gastro-esofageo per effetto riflesso e lo
squilibrio delle tensioni reciproche miofacciali.
I sintomi: sono tutti quelli che si riscontrano nelle affezioni del
sistema polmonare e in quello otorinolaringoiatrico. Il reflusso gastro-
esofageo, per esempio, irrita i bronchi che rischiano di infettarsi; quanto
più l’infezione bronchiale è grave tanto meno è giustificato pensare a un
reflusso gastro-esofageo. Abbiamo dato sollievo e migliorato le condizioni
di numerosi pazienti portatori di broncopatie e di pneumopatie inspiegabili
diminuendo il reflusso gastro-esofageo (vedi Manipolazione viscerale 1 e
2).
L’ESOFAGO
Vi sono dolori toracici precordiali che ricordano l’angor, che possono
provenire, in realtà, dall’esofago. Basti pensare che effettivamente su 100
pazienti con dolori toracici che giustificano accertamenti cardiologici, 20
non presentano né stenosi organica, né spasmo coronarico. Nella medicina
classica più del 50% dei dolori di questo tipo è attribuita all’esofago, in
particolare al reflusso gastro-esofageo. Il problema non è chiarito
completamente poiché in certe cardiopatie si constatano anomalie della
motricità esofagea.
È bene essere molto prudenti se un malato accusa dolori esofagei
quando ingurgita. In osteopatia, determinate “cardiopatie” senza alcuna
diagnosi strutturale possono essere dovute a fissazioni osteo-articolari e a
certi coinvolgimenti del nervo vago.
In fase di consulto, in presenza di certe malattie polmonari recidivanti
si deve pensare a un reflusso gastro-esofageo: l’osteopatia può essere di
grande aiuto nelle disfunzioni iatali e, talvolta, può impedire la formazione
di un’esofagite il cui rischio cancerogeno è ben noto.
I tumori primari
Il paziente presenta tutti i segni di una lesione bronchiale con una tosse che
ha subito variazioni.
A volte si riscontrano artralgie, febbre, brividi, wheezing (rumore
respiratorio anomalo al momento della respirazione) ed emottisi in meno
del 10% dei casi. In certi casi il malato è asintomatico ma presenta
un’adenopatia pre-scalenica, affaticamento, angoscia e la sensazione di
avere una malattia grave.
Nello stadio avanzato, che ci riguarda meno, si riscontrano perdita di
peso, anoressia, nausea e vomito. In questa fase, il dolore in genere non è
più ben localizzato. Può insorgere anche raucedine dovuta all’invasione
del nervo ricorrente; segno già riscontrato all’insorgere della malattia,
quando il paziente ci aveva segnalato un cambiamento di voce.
Si possono riscontrare anche:
• pleuriti, disfagie dovute a invasione esofagea;
• paralisi diaframmatiche dovute al coinvolgimento del frenico;
• sindrome di Claude Bernard-Horner dovuta a invasione del
simpatico cervicale;
• adenopatie prescaleniche e claveari, ginecomastie, neuropatie
periferiche, miopatie atipiche, osteo-artropatie ipertrofizzanti,
porpora trombopenica ecc.
I tumori metastatici
Qualunque pneumopatia che si sviluppi lentamente in un paziente al di
sopra dei 40 anni può far pensare a un cancro bronchiale.
Nei casi che abbiamo riconosciuto (ne avremo certamente trascurati
altri) spesso i pazienti richiedevano consulti per vertebro-costalgie, dovute,
inizialmente, a sforzi anche lievi. Uno dei nostri pazienti si era fatto male
tentando di prendere una borsa sul sedile posteriore della propria
autovettura, avvertendo un violento dolore intercostale. I test di mobilità
hanno ovviamente evidenziato una fissazione costale ma la nostra
attenzione era stata attirata dalla raucedine, dalla presenza di due grossi
gangli sopraclaveari e dall’aspetto affaticato del paziente. Le radiografie
richieste purtroppo confermarono i nostri sospetti.
I COINVOLGIMENTI DIAFRAMMATICI
Si tratta soprattutto di spostamenti del diaframma verso l’alto o verso il
basso a seconda dell’origine toracica o addominale del problema. È
importante ricordare che l’emicupola destra è più alta di circa 4 cm per la
presenza del fegato.
Le patologie cardio-vascolari
Come per il sistema respiratorio non tratteremo tutte le patologie esistenti,
non ne saremmo in grado. Affronteremo quelle malattie che possono dare
sintomi simili a quelli di una fissazione articolare e presentare segni che ci
devono allarmare.
Come per il polmone, non ci occuperemo delle malattie cardio-
vascolari allo stadio avanzato ma studieremo quelle cardiopatie, nella loro
fase iniziale, che presentano segni clinici spesso ingannevoli.
Possiamo testimoniare decine di casi di pazienti affetti da vere
cardiopatie che si sono rivolti a noi per cervicalgie, dorsalgie, costalgie o
scapolalgie sottoponendoci esami clinici assolutamente negativi! Si tratta,
nella maggior parte dei casi, di coronariti o infarti in fase iniziale.
Sottolineiamo che è bene essere molto vigili con pazienti che
accusano dolori intercostali a sinistra, focalizzati attorno al 4° e 5° spazio,
in assenza di fissazioni costo-vertebrali importanti. In questi casi il
paziente si presenta spesso angosciato, agitato, e vagamente convinto di
essere in pericolo. È sorprendente constatare che quasi tutte le cardiopatie
sono accompagnate da fissazioni di C4, C5, C6, D4, D5, D6, che
garantiscono tuttavia una certa mobilità, a differenza di talune fissazioni
articolari primarie.
SEGNI GENERALI
Il dolore
È molto importante precisare alcuni punti:
• Le circostanze durante le quali il dolore si è manifestato
– spontaneo e senza causa apparente;
– dopo un’attività specifica o uno sforzo;
– postprandiale o in seguito a esposizione al freddo;
– a letto, durante il sonno, o durante attività sessuale.
• La localizzazione
– precordiale, retrosternale, a cinto, non ben localizzata;
– irradiante alle braccia, alla colonna cervicale, alle articolazioni
temporo-mandibolari, alla mascella inferiore, alla regione
diaframmatica o all’addome.
• La durata
– il dolore è alleviato dal riposo;
– il dolore cessa dopo conati di vomito ripetuti, che danno al paziente
sollievo immediato.
La dispnea
Si tratta probabilmente di:
LA PALPAZIONE
La palpazione clinica del cuore è limitata, è possibile localizzare e sentire
la pulsazione della punta, la regolarità, la forza e valutarne l’entità.
La pulsazione della punta di un cuore normale è localizzata sulla linea
medio-claveare, tra il 4° e 5° spazio intercostale sinistro. È dovuta
essenzialmente al movimento di ritrazione della punta del ventricolo
sinistro.
LA PERCUSSIONE
Rimandiamo al capitolo relativo alla patologia polmonare, ricordando però
che l’area dell’ottusità cardiaca non supera il limite destro dello sterno. Si
tratta di un triangolo delimitato, in basso, dalla linea orizzontale
dell’ottusità epatica, il cui bordo obliquo sinistro si estende dal 5° spazio
intercostale sinistro alla parte interna del 2° spazio sinistro.
L’ESPLORAZIONE VASCOLARE
Nel Capitolo 5 analizzeremo il test di Adson-Wright con tutte le relative
implicazioni diagnostiche e terapeutiche. In questa sede ci limiteremo ai
segni generali delle patologie vascolari.
Il sistema venoso
È necessario saper individuare:
Il sistema arterioso
Bisogna saper individuare un indurimento delle arterie periferiche e una
vibrazione anomala delle pareti vascolari, che possono essere
accompaganate da:
L’ipotensione
Eviteremo di trattare le cause più eclatanti come le emorragie. Pensiamo
piuttosto a uno stato anemico, una malattia infettiva acuta, poiché la febbre
causa molto spesso un abbassamento della pressione sanguigna. È bene
essere prudenti qualora si rilevi uno stato subfebrile, in presenza di
manifestazioni articolari dolorose o successivo a esse; potrebbe trattarsi di
reumatismi articolari acuti. Talvolta non vi è febbre e sono presenti solo
artralgie, ma nel bambino, per esempio, non è normale riscontrare, senza
un motivo apparente, dolori all’anca o al ginocchio.
È sempre meglio diffidare di un abbassamento di pressione nei
soggetti affetti da ulcera accertata. È assolutamente necessario misurare la
pressione di tutti i pazienti; una pressione più debole di più di due punti
deve far sospettare un’ulcera sanguinante. Abbiamo riscontrato tre casi di
dorsalgia acuta con ipotensione che, in realtà, celavano ulcere sul punto di
perforarsi.
Le precordialgie
Di origine neurogena: si riscontrano soprattutto in pazienti che lamentano
dolori improvvisi, di breve durata, non collegabili né a cause logiche né a
sforzi. Si localizzano attorno al 2°, 3° e 4° spazio intercostale.
Il dolore è come una puntura d’ago o una pugnalata ma non si
riscontrano irradiazioni cervico-brachiali né angoscia. A volte si
accompagna a palpitazioni e disritmia.
Spesso si conclude che si tratta di somatizzazione ma è sempre
meglio essere prudenti. Come ad altri terapeuti, anche a noi è capitato di
attribuire un’origine psicosomatica ad affezioni che si sono rivelate in
seguito reali problemi cardiaci. Purtroppo in questi casi le precordialgie
accusate dal paziente annunciavano vere cardiopatie. Nella donna
precordialgie di questo tipo possono segnalare problemi al seno.
Di origine meccanica: alcune fissazioni sterno-condro-costo-
vertebrali possono sembrare attacchi di cuore. Pensiamo a una fissazione
condro-costale irritata dai 24 000 movimenti respiratori quotidiani! Tale
fissazione dà origine a una condrite e ad un’infiammazione dei ligamenti,
inducendo il paziente a sospettare una patologia cardiaca. Tratteremo più
avanti la diagnosi differenziale. Ma è bene tenere presente da subito che un
problema cardiaco è quasi sempre accompagnato da una fissazione
cervicale sinistra. Potrebbe essere dovuto alla partecipazione del sistema
nervoso cervico-cardiaco, dei nervi vaghi e di certe fibre della fascia
cervico-pericardica, ma non è possibile dimostrarlo.
Di origine iatale o gastrica: si verificano spesso dopo un pasto o
un’emozione, in questi casi oltre a un’irradiazione pericardiaca si
riscontrano meteorismo, gastralgie e vomito. La diagnosi differenziale è
difficile, perciò l’ascolto locale riveste grande importanza. Si pensa che
queste irradiazioni cardiache siano dovute a sollecitazioni meccaniche
anomale dei nervi vaghi che accompagnano l’esofago nel tratto in cui
attraversa il diaframma.
Nelle ernie iatali si accusano spesso dolori anginoidi. In questi casi è
sempre meglio essere prudenti poiché anche certi dolori anginosi sono
alleviati dal vomito. Allo stesso modo si riscontra che la congestione
gastrica postprandiale è una delle cause dell’angina pectoris. Pensiamo,
senza però poterlo dimostrare, che la stimolazione meccanica dei vaghi
possa provocare spasmi coronarici.
L’angina pectoris
Abbiamo avuto vari pazienti affetti da angina pectoris i cui sintomi si
limitavano a una cervicalgia o una dorsalgia.
Nell’ultimo caso di angina che abbiamo esaminato, il paziente
accusava soltanto un vago disturbo a cinto, nella regione diaframmatica,
accompagnato da angoscia. (L’angina pectoris è l’insufficienza transitoria
di apporto sanguigno ossigenato dal miocardio).
Il dolore:
• si manifesta spesso durante un’attività fisica, uno sforzo,
coricandosi, in piena notte, durante l’atto sessuale o al risveglio;
• dura soltanto alcuni minuti;
• è meno localizzato in confronto alle precordialgie neurogene;
• può essere accusato nella regione retro o sottosternale, a cinto, al
petto, irradiante all’arto superiore talvolta, fino al bordo cubitale
del mignolo. Può anche risiedere unicamente nelle mascelle, in
gola, in assenza di sintomi toracici;
• è di tipo costrittivo e dà l’impressione di soffocamento, di
compressione, di stretta al cuore, obbligando, a volte, il soggetto a
fermarsi. Può provocare un blocco respiratorio (impressione di
respirazione impedita);
• si accompagna talvolta a profonda angoscia e alla sensazione di
morte imminente.
La pericardite
Il dolore è anginoide, a carattere di dolori toracici e di precordialgie
retrosternali. Si può irradiare alla colonna cervicale, al collo, alle mascelle
e al braccio sinistro. Può avere le stesse caratteristiche di un
coinvolgimento pleurico.
Tre pazienti venuti da noi per dorsalgia mediana, manifestasi
rapidamente, non attribuibile a sforzi e leggermente irradiante verso le
coste soffrivano, in realtà, di pericardite. La scarsa presenza di fissazioni
osteo-articolari ci aveva indotto a sospettare un problema viscerale
intratoracico.
Allo stadio avanzato si possono riscontrare febbre, strofinamenti
pericardici che danno l’impressione del rumore del cuoio nuovo e, nei 2/3
dei casi, un’ottusità cardiaca troppo estesa. A volte, la pulsazione della
punta sparisce e al suo posto si riscontra un polso paradosso e un
tamponamento cardiaco (compressione acuta del cuore a causa di un
versamento del pericardio).
La coartazione dell’aorta
È possibile riscontrare un restringimento o stenosi del lume aortico in
qualunque punto dell’aorta, sebbene si riscontri una maggiore incidenza al
di sotto del punto di origine dell’arteria succlavia sinistra, vicino
all’inserzione del ligamento arterioso. Una coartazione sottoduttale (sotto
il canale arterioso) dà pochi sintomi e, a volte, si manifesta con:
L’arteriosclerosi
È una degenerazione delle fibre muscolari della parete arteriosa con
indurimento e perdita di elasticità del vaso, ne sono colpite soprattutto le
arterie renali e muscolari.
Si riscontra l’aspetto contorto e l’indurimento classico con riduzione
del lume delle arterie superficiali, radiale, omerale, temporale, da non
confondere con i segni di un’ipertensione.
L’aterosclerosi
Si tratta di una forma di arteriosclerosi caratterizzata da un deposito
lipidico sulla tonaca interna del vaso, di conseguenza le fibre elastiche si
sclerotizzano e si calcificano.
La vibrazione o la mobilità anomala delle arterie superficiali, così
come il segno di Musset, sono sintomi della violenza delle contrazioni
ventricolari e della depressione intrarteriosa improvvisa che ne consegue.
Il segno di Musset è caratterizzato da sobbalzi della testa ritmati dai
battiti cardiaci, e denota un’insufficienza aortica (ne soffriva Alfred de
Musset), un aneurisma dell’arco dell’aorta o un gozzo esoftalmico.
L’instabilità del polso, con variazione significativa del numero delle
pulsazioni radiali, è sintomo di una ipotensione arteriosa, soprattutto nel
passaggio dalla posizione distesa a quella verticale.
Il seno
Non abbiamo mai riscontrato malattie del timo e non intendiamo parlarne
solo per il gusto di riempire qualche pagina. Tuttavia, è necessario trattare
i problemi di un organo extratoracico: il seno.
Si potrebbe affermare che qualunque problema di seno è
accompagnato da fissazioni cervicali, dorsali o costali relative, soprattutto,
al lato del seno interessato.
Consigliamo ai nostri colleghi di essere particolarmente prudenti
quando una donna chiede un consulto per dolori cervico-dorsali focalizzati
attorno a C4 e D4, non imputabili a traumi o sforzi. È necessario palpare il
seno, i cavi ascellari e claveari alla ricerca di nodosità. Ci è capitato
persino di aver previsto manifestazioni tumorali, nonostante gli esami
richiesti dal medico fossero tutti negativi: la malattia si è purtroppo
manifestata mesi o anni più tardi.
Quando la malattia è più evidente, la paziente presenta spesso
fissazioni condro-sternali associate a nevralgia cervico-brachiale del lato
leso. Si tratta delle stesse fissazioni che si riscontrano in un uomo portatore
di cardiopatia.
Conclusioni
Statisticamente sono pochi i pazienti affetti da malattie importanti, se non
addirittura gravi, che chiedono un consulto per problemi osteo-articolari.
Ma il rischio esiste e salvare una vita merita ogni nostro sforzo.
In particolare, diffidate, per il bene del paziente, degli infarti che
richiedono una diagnosi rapida. La lista che segue, elenca, in ordine di
importanza, le malattie che abbiamo riscontrato con maggior frequenza:
• angina pectoris;
• pneumotorace spontaneo;
• coronarite;
• pleurite secca;
• infezione primaria;
• cancro polmonare;
• aneurisma.
CAPITOLO 5
L’ascolto globale
L’ascolto locale
Il sistema pleuro-polmonare
I polmoni
La pleura superiore
La pleura mediana
La pleura inferiore
I bronchi
Il mediastino
Il sistema cardiaco
Il cuore
Il pericardio
Il plesso cardiaco
La giunzione esofago-cardio-tuberositaria
I test di mobilità
Eziologia delle fissazioni meccaniche del torace
Conseguenze di un incidente automobilistico
La deformabilità del torace
Le cinture di sicurezza
Cadute sull’arto superiore
Malposizioni fetali
Lesioni ostetriche
I test osteo-articolari
La sterno-claveare
L’acromio-claveare
I ligamenti coraco-claveari
I ligamenti acromio-coracoidei
La compressione claveare longitudinale
Lo sterno
Le sterno-sternali
Il test sterno-dorsale
Le condro-sternali
I test muscolari
Il sottoclaveare
Il triangolare dello sterno
Gli intercostali
I sopracostali
Il diaframma
I test delle fasce
L’aponevrosi cervicale media
L’aponevrosi clavi-coraco-ascellare
La pleura
L’apparato sospensore cervico-pleurico
Gli sfondati anteriori
Gli sfondati inferiori
Il test pleurico globale
Il pericardio
I test dei visceri
Il polmone
Altri organi
L’ascolto globale
Per coloro che non hanno familiarità con questa terminologia, l’ascolto
globale consiste nel sentire manualmente tutte le tensioni tissulari di un
organismo. Tali differenti tensioni devono attirare la vostra mano nel
punto in cui sono più importanti, sono i tessuti che parlano e possono
indicare il luogo della lesione primaria.
Si esegue su un paziente in posizione eretta o seduta, con gli occhi
chiusi per eliminare eventuali interferenze esterne. Il corpo del paziente si
dirige verso il lato di lesione con un movimento di flessione laterale,
raramente accompagnato da rotazione. La lesione si colloca sulla mediana
dell’angolo formato dalla flessione laterale della colonna vertebrale (vedi
Manipolazione viscerale 1 e 2).
L’utilizzo delle tecniche di ascolto richiede, da parte del medico, una
preparazione mentale adeguata. Quando si ascolta, si deve essere passivi
per ricevere solo le informazioni provenienti dai tessuti del paziente.
Bisogna avere l’impressione che la mano attiri, quasi aspiri il paziente,
come se la “mano si congiungesse alla mente”. Nelle tecniche di
induzione, al contrario, la mano non deve attirare ma spingere in direzione
del paziente come se la “mente si dirigesse verso la mano”, in tal caso non
si è più recettori ma trasmettitori.
Consigliamo queste regole generali:
L’ascolto locale
Dopo aver eseguito l’ascolto generale, teoricamente, si conosce il lato
della lesione e il suo livello. Si può determinare se la lesione è toracica o
addomino-pelvica se è localizzata a sinistra o a destra. Ci limiteremo alle
lesioni toraciche.
Posizionate la mano sul torace del paziente in posizione supina, il
medio lungo la linea mediosterno-xifoidea, il palmo appena al di sotto del
processo xifoideo (Figura 5-2). Lasciate scivolare passivamente la mano
nel punto in cui viene attirata dalla lesione tissulare.
Figura 5-2
L’ascolto locale: posizione della mano
IL SISTEMA PLEURO-POLMONARE
I polmoni
Generalmente, il palmo scivola in direzione degli apici polmonari, spesso
verso le articolazioni acromio-claveari. Se il paziente presenta una lesione
polmonare accertata, allenate l’ascolto alla percezione di questi
movimenti.
Per procedere a una diagnosi differenziale tra il polmone e l’acromio-
claveare, inibite l’articolazione spingendo l’estremità esterna della
clavicola verso l’acromion, al fine di allentarne le tensioni ligamentose.
La pleura superiore
Il palmo è attirato verso la colonna cervicale, seguendo una linea che passa
verso il centro della clavicola. Ogni volta che si riscontra un
coinvolgimento pleurico grave, vengono colpite le inserzioni pleuro-
cervicali che diventano fibrose e si ritraggono, come abbiamo spesso avuto
occasione di verificare durante le dissezioni.
Per accertare il coinvolgimento pleurico si possono inibire sia i
muscoli intertrasversari della colonna cervicale bassa sia il sistema di
inserzione cervico-pleurico spostando il pollice indietro rispetto al centro
della clavicola in direzione della parte superiore della 1a costa. Si può
anche chiedere al paziente di restare per un breve istante in espirazione
modica per rilasciare la tensione pleurica o, al contrario, di inspirare
profondamente per aumentarla.
La pleura mediana
La mano si dirige verso la parte mediana del torace dando l’impressione di
aderire a essa se fosse magnetizzata. L’appoggio è più esteso rispetto a una
fissazione condro-costale o condro-sternale. Ma questa diagnosi della
“pleura mediana” è piuttosto delicata da formulare.
La pleura inferiore
La mano si dirige, lateralmente e posteriormente, verso l’8a e la 9a costa.
L’ascolto della pleura inferiore, essendo localizzata in basso, può
confondersi con il fegato, lo stomaco, gli angoli colici, i reni e lo iato. In
questo caso è necessario inibire l’organo che si trova più vicino alla zona
di ascolto pleurico. È possibile eludere la pleura creando un punto di
inibizione posteriore nell’11° spazio intercostale, chiedendo al paziente di
restare per un breve istante in espirazione modica, oppure inibendo il
sistema sospensore.
Abbiamo provato ad applicare le tecniche di ascolto locale in
posizione prona o in decubito laterale, ma i risultati sono stati piuttosto
deludenti. Tutti i coinvolgimenti pleurici si possono percepire in decubito
dorsale.
I bronchi
Sono soprattutto i bronchi principali a dare un ascolto, localizzato vicino
alla loro intersezione. La mano scivola in direzione cefalica fino a che le
dita si avvicinano all’angolo di Louis, poi i palmi si dirigono al di fuori
dell’asse mediano del torace.
IL MEDIASTINO
Questa regione anatomica comprende numerosi condotti arteriosi, venosi,
linfatici e digestivi, perciò l’ascolto del mediastino non è ben localizzato.
La mano si dirige in direzione cefalica, appoggiandosi allo sterno e
comprimendolo leggermente. È difficile interpretare l’ascolto poiché il
mediastino è costituito da troppi elementi. In pazienti con postumi di
tubercolosi e ritrazioni pleuro-mediastiniche accertate, la mano effettua
una rotazione radiale o cubitale. In pazienti affetti dalla malattia di
Hodgkin la mano aderisce posteriormente senza eseguire alcuna rotazione.
Ma la nostra esperienza in questo campo è poco significativa.
IL SISTEMA CARDIACO
Il cuore
Nelle cardiopatie vere e proprie, l’ascolto locale è abbastanza chiaro e
facilmente percettibile. La mano si dirige leggermente verso sinistra,
compiendo una rotazione cubitale. Più la rotazione cubitale è estesa, più il
coinvolgimento strutturale è importante; un semplice slittamento laterale
indica spesso un lieve disturbo funzionale. Talvolta, nelle lesioni
coronariche siamo in grado di indicare quale delle due coronarie è stata
colpita, come più volte sperimentato in pazienti con una lesione coronarica
accertata.
Il pericardio
Riguardo ai coinvolgimenti pericardici, la nostra esperienza è minore
rispetto a quelli cardiaci ma, come abbiamo potuto rilevare in almeno una
decina di casi, l’ascolto è abbastanza ben localizzato. La sola porzione
accessibile del pericardio, senza interposizione della pleura, ha la forma di
un piccolo triangolo il cui vertice si trova a livello della 4a condro-sternale
sinistra, la base a livello della 6a e 7a cartilagine costale, il lato destro
corrisponde al bordo sinistro dello sterno e il lato sinistro allo sfondato
anteriore sinistro che aderisce al triangolare dello sterno.
In caso di coinvolgimento del pericardio, il palmo della mano è
inizialmente attirato verso questo triangolo, e successivamente cerca di
spostarsi verso la parte superiore del torace. Si ha l’impressione che il
triangolo voglia dirigersi verso l’alto, restando tuttavia immobile.
Riteniamo che tale fenomeno sia dovuto ai ligamenti cervico-pericardici.
Ancora una volta siamo sorpresi di constatare quante fissazioni cervicali
sinistre siano, nell’uomo, in relazione con le cardiopatie.
Il plesso cardiaco
Molte persone presentano precordialgie in relazione o meno con il plesso
cardiaco superficiale. Questo plesso è importante per le tecniche di
liberazione emozionale che tratteremo più avanti.
La mano scivola in flessione laterale verso la 2a e 3a articolazione
condro-sternale dove si ferma il palmo. A differenza, però, degli altri
ascolti locali, la mano continua a muoversi in rotazione oraria o antioraria,
o a tampone di carta assorbente, ritornando ogni volta al punto di partenza.
Il movimento è abbastanza rapido, circa una ventina di oscillazioni al
minuto, più rapido, per esempio, dei sette movimenti al minuto dovuti alla
mobilità degli organi.
Più raramente, la mano aderisce al 4° e 5° spazio intercostale, forse
perché il sistema nervoso intracardiaco è molto importante. Nel primo caso
è possibile avvertire il plesso cardiaco al di sotto dell’arco dell’aorta prima
della sua distribuzione nel cuore.
La giunzione esofago-cardio-tuberositaria
Il palmo aderisce esattamente al di sotto del processo xifoideo,
leggermente a destra e in direzione della colonna vertebrale. Si riscontrano
spesso problemi di iato associati a pneumopatie e cardiopatie
presumibilmente dovute alla comune innervazione vagale.
Figura 5-4
Stessa sezione, ma con il braccio destro in posizione di Sotto-Hall/Adson-Wright. Si nota
l’arretramento della clavicola destra che comprime lo stretto toracico contro la colonna e la 1a costa.
Nella radiografia, la scapola appare spinta in avanti dalla rotazione esterna del braccio,
contribuendo anch’essa alla chiusura dello stretto
IL TEST DI SOTTO-HALL
Consiste, come noto, nel rilevare il polso radiale durante una manovra che
permette di traslare il braccio in abduzione-rotazione esterna e la testa in
rotazione dal lato opposto o in latero-flessione dallo stesso lato. Abbiamo
completato il test aggiungendo manovre di inibizione specifiche o di
aggravamento tissulare, indispensabili per determinare le cause che lo
rendono positivo, perciò lo possiamo definire test di Sotto-Hall completo.
È “positivo” quando il polso radiale scompare o diminuisce durante la sua
esecuzione.
Il Sotto-Hall è positivo in tutti i coinvolgimenti osteo-articolari,
viscerali e miofasciali relativi allo stretto. Si esegue quasi sempre in
posizione seduta affinché i tessuti molli siano in posizione di equilibrio
normale. Una diagnosi differenziale del Sotto-Hall richiede sia tecniche di
inibizione sia tecniche di aggravamento.
Le tecniche di inibizione: si tratta di inibire le tensioni tissulari
attraverso un appoggio dolce, eseguito con il pollice o il dito, dirigendosi
leggermente nel senso dell’ascolto. Si ritiene che l’appoggio arresti la
tensione tissulare diretta o riflessa responsabile del problema vascolare. Se
l’inibizione determina un ritorno del polso durante la manovra di Sotto-
Hall, la causa può essere la struttura inibita.
Le tecniche di aggravamento: consistono nell’esagerare una tensione
tissulare attraverso un appoggio digitale che rafforza la lesione, e nel
verificare se determinano un Sotto-Hall positivo.
Ipotizziamo il caso di un Sotto-Hall positivo, con implicazione,
rilevata dai test, dell’inserzione inferiore dello scaleno anteriore sul
tubercolo di Lisfranc. La tecnica di inibizione consiste nel mettere il
pollice sulla parte inferiore dello scaleno, dirigendolo dolcemente verso il
tubercolo di Lisfranc, come se l’intenzione fosse quella di avvicinare le
fibre inferiori alle loro inserzioni costali.
La tecnica di aggravamento si esegue spingendo la 1a costa verso il
basso o tendendo verso l’alto le fibre dello scaleno, per aumentarne la
tensione. Con un Sotto-Hall positivo, per esempio, rilasciate la rotazione
esterna del braccio fino al ritorno del polso radiale. Lasciate il braccio in
questa posizione e, con il pollice dell’altra mano, esagerate la tensione
dello scaleno anteriore, spingendo la 1a costa verso il basso. Se il polso si
arresta nuovamente, siete posizionati sulla giusta lesione tissulare.
Successivamente, bisognerà procedere a una diagnosi differenziale anche
con tutti gli altri tessuti molli, come vedremo in seguito.
La pressione arteriosa: frequentemente, con un Sotto-Hall positivo, si
riscontra un’anisopressione. La pressione arteriosa sistolica del lato di
lesione è spesso più debole di un punto o due. In genere, il trattamento
osteopatico la normalizza nel corso della seduta, se ne è la causa.
Analizziamo ora i diversi sintomi che possono dare un Sotto-Hall positivo.
Cause miofasciali
Il sottoclaveare: osservando una sezione sagittale dello stretto, ci si rende
conto che ogni spasmo, aderenza o fibrosi di questo muscolo può
contribuire a comprimere lo stretto, avvicinando la clavicola alla 1a costa.
Questo muscolo si può ledere in tutti i traumi del torace, inoltre, la sua
innervazione proviene soprattutto dal nervo frenico, che contribuisce
enormemente all’innervazione viscerale addominale, peritoneale e
toracica. Riteniamo, senza però poterlo dimostrare, che qualunque
irritazione viscerale possa, di riflesso, provocare uno spasmo di questo
muscolo. Si potrebbero spiegare in tal modo i risultati immediati ottenuti
durante le manipolazioni viscerali dolci ma anche la loro breve durata. È
bene non dimenticare mai che, essendo lo stretto toracico molto stretto e
ricco di elementi, le compensazioni sono limitate, per questa ragione è
sufficiente un semplice spasmo muscolare per comprimerlo.
Alcune contratture dei grandi muscoli che si inseriscono sulla
clavicola possono anche essere all’origine di un Sotto-Hall positivo ma la
situazione si ristabilisce da sé quando ritrovano spontaneamente il loro
tono originario.
La diagnosi differenziale: se sospettate un interessamento del
sottoclaveare, comprimete la clavicola in basso e leggermente all’interno
per rilasciare le sue fibre. Esiste un’altra tecnica più difficile da realizzare:
stringete leggermente il sottoclaveare mettendo il pollice nel cavo
sopraclaveare contro la clavicola collocando l’indice della stessa mano,
passando per via anteriore, tra la 1a costa e la clavicola dalla loro parte
interna, eserciterete in tal modo una vera e propria leva inibitrice del
sottoclaveare.
Le fasce: sono spesso causa di problemi vascolari dello stretto.
L’aponevrosi cervicale media: se si riscontra un interessamento di
questa aponevrosi, il Sotto-Hall è positivo, quando la testa è in flessione
latero-rotata dal lato opposto. Per confermare tale interessamento, riportate
la testa in posizione neutra o sollevate il braccio interessato in alto e
all’interno, ravvicinando in tal modo la clavicola alla colonna cervicale.
Non si tratta di un test specifico e può essere applicato anche per il
ligamento sospensore della pleura. È possibile inibire questa aponevrosi
anche mettendo un pollice leggermente al di sotto del tubercolo di
Lisfranc, sollevandola delicatamente in alto e all’interno. Con la pratica si
esegue un’inibizione con il semplice peso del pollice.
Il ligamento sospensore della pleura: è sovente implicato nei disturbi
dello stretto, la diagnosi differenziale a esso relativa si esegue sia
passivamente sia attivamente:
Altre cause
Altri fenomeni possono provocare l’assenza del polso radiale nel test di
Sotto-Hall.
La malattia di Raynaud: questa affezione è caratterizzata da disturbi
circolatori con andamento parossistico che provocano ischemie localizzate
a livello della mano. Il paziente sente le “dita morte”, molto doloranti,
teme soprattutto il freddo. Si pensa sia dovuta a un disturbo del simpatico
cervicale, di origine sconosciuta. Il pollice è colpito raramente, gli attacchi
si possono scatenare anche d’estate.
La malattia di Raynaud dà un Sotto-Hall positivo ma molto spesso
bilaterale, il che si verifica raramente nei problemi tissulari dello stretto.
Un Sotto-Hall bilaterale è spesso in relazione con il sistema nervoso
simpatico. In tal caso, bisogna controllare bene le cervicali basse e la 1a
condro-vertebrale relative al ganglio cervicale inferiore, che, a volte, è
possibile inibire eseguendo un appoggio del pollice verso la parte anteriore
della trasversa di C7, contro la 1a costo-vertebrale.
La malattia di Paget-Von-Schrötter è un coinvolgimento della vena
ascellare. Apparentemente primaria è, talvolta, la conseguenza di un
trauma, provoca edema del braccio, della spalla e del cuore e una
colorazione bluastra della mano. Un cardiologo ci ha fornito un quadro
semplice dei problemi vascolari della mano:
I sintomi locali
Si tratta di tutti i sintomi locali di compressione vascolare arteriosa, e
precisamente:
Sintomi generali
Cefalee: inizialmente predominano quelle nella regione posteriore, per
irradiarsi, in seguito, sino alla regione frontale. I problemi della succlavia
hanno un’evidente inclinazione a ripercuotersi sull’arteria vertebro-
basilare, come già riscontrato nel fenomeno del furto arterioso. Di norma,
nella medicina osteopatica i risultati migliori si ottengono quando le
cefalee hanno origine nella parte posteriore.
Vertigini: generalmente si tratta di vertigini posizionali, scatenate cioè
da cambiamenti di posizione e, come è noto, nel passaggio dalla posizione
eretta a quella sdraiata. Queste vertigini non si verificano mai quando il
paziente si corica prono o si alza da posizione prona. Siate molto vigili
quando le vertigini non sono posizionali. Si risolvono abbastanza
rapidamente ma rendono estremamente ansioso il paziente che ha
l’impressione di “morire”.
Molto spesso queste vertigini si verificano quando i pazienti hanno
un’attività che li costringe a tenere le braccia sollevate e la testa
all’indietro. In tal caso si può pensare che il flusso della vertebro-basilare
diminuisca a causa della compressione della succlavia e della stretta della
vertebrale nei suoi gomiti occipito-cervicali.
Queste vertigini procurano una grande angoscia in quei pazienti che
la medicina tende velocemente a catalogare nel “calderone” dei malati
psicosomatici. Ma provate a immaginare lo smarrimento di coloro che
sono profondamente convinti di essere affetti da una malattia che nessuno
riconosce. Naturalmente, l’ansia che via via aumenta li rende più irritabili,
giustificando perciò un’interpretazione psicologica dei disturbi. L’ansia
aggrava tutte le reazioni del loro organismo, al punto che anche un piccolo
squilibrio vascolare potrebbe assumere proporzioni smisurate.
Cerchiamo di non dimenticare mai che un disturbo psicologico
comporta un Sotto-Hall positivo solo in via eccezionale. È nostro dovere di
medici rifiutare a priori l’etichetta “psicosomatico” e tentare di scoprire le
ragioni che disturbano il transito arterioso.
Non confondete queste vertigini con la malattia di Ménière nella
quale si associano vertigini, ronzii all’orecchio e sordità di durata
variabile.
Problemi di equilibrio: sono più rari delle vertigini e sopraggiungono
anche, nella maggior parte dei casi, in seguito a cambiamenti di posizione,
nelle attività che costringono a tenere le braccia sollevate e al mattino, al
risveglio.
Problemi dell’orecchio: a carattere di otalgie, sensazione di avere
l’orecchio tappato e, talvolta, diminuzione dell’acuità uditiva ma senza
sordità.
Problemi più diffusi: stato di confusione mattutina, il paziente accusa
risvegli difficili, idee poco chiare, alterazione della memoria e una cattiva
forma fisica generale. Nel corso della mattinata i sintomi vanno
scomparendo. Il sonno è spesso disturbato da incubi, controllate lo stretto
nei bambini con incubi cronici.
Problemi tiroidei: già evocati e lievi dolori cardiaci, toracici o
addominali attribuibili a un problema dell’arteria toracica interna che ha
anastomosi con l’epigastrica.
IL SIMPATICO
Innervazione
Il torace è interessato soprattutto per mezzo del ganglio cervicale inferiore
e delle radici dorsali del simpatico, ammesso che sia possibile segmentare
questo nervo.
Il ganglio cervicale inferiore: posto anteriormente alla trasversa di
C7, è la fusione di quattro o cinque gangli cervicali e di uno o due gangli
toracici, si tratta di un ganglio nervoso cervico-toracico. Genera rami
vascolari e viscerali:
Riflessi pilomotori
Sollecitando leggermente la nuca, le regioni ascellari o sottoclaveari, si
provoca l’erezione dei peli e la così detta “pelle d’oca”. Il mancato
riscontro di tale reazione giustificherebbe il sospetto di una lesione della
catena simpatica, dei plessi, dei nervi periferici e, talvolta, delle corna
laterali del midollo. Viene anche definito riflesso orripilatore.
Nevriti e nevralgie
Le nevriti sono legate a un’alterazione o una degenerazione del tessuto
nervoso, mentre le nevralgie sono una sofferenza del nervo senza substrato
anatomico. Le plexalgie evocano soprattutto un problema simpatico. Nella
terminologia che ci riguarda, in caso di dolori funzionali è meglio usare il
termine di nevralgie.
I riflessi addominali
Indotti con l’ausilio dell’unghia o di uno spillo, provocano normalmente
una contrazione unilaterale della parete addominale.
D6-D7: sono centri corrispondenti alla zona riflessogena
sopraombelicale;
D8-D9: la zona media o ombelicale;
D10-D11-D12: la zona inferiore o ipogastrica.
La loro assenza permette di localizzare il livello di radiculiti, tabe o
sclerosi a placche.
IL FRENICO
Il coinvolgimento del frenico è o troppo facile da diagnosticare, per
esempio in una paralisi con respirazione paradossa, oppure molto difficile,
come nelle forme più avanzate.
Il singhiozzo
Questa contrazione brutale e ritmica del diaframma può essere dovuta alla
compressione cervicale, mediastinica o addominale del nervo frenico. Può
manifestare la sua irritazione a livello della pleura, del mediastino, del
diaframma, del pericardio o del peritoneo. Se un paziente soffre di
singhiozzo cronico (ne abbiamo avuti diversi), è opportuno essere prudenti
e richiedere subito un esame clinico.
I NERVI INTERCOSTALI
I primi sei nervi intercostali assicurano la sensibilità della parete antero-
laterale del torace. Il 4°, 5° e 6° nervo intercostale hanno la particolarità di
innervare la grande mammaria per mezzo del nervo perforante laterale e il
nervo del triangolare dello sterno.
Gli ultimi sei nervi intercostali inviano rami al peritoneo e alla parete
addominale.
Il 1° nervo intercostale è voluminoso e spesso unito al ganglio
cervicale inferiore, un coinvolgimento di quest’ultimo causa la sindrome di
Claude Bernard-Horner. Comprende fibre iridodilatatrici destinate alla
muscolatura intrinseca dell’occhio. Una miosi unilaterale ci impone di
controllare attentamente questa regione.
Il 12° nervo non è intercostale ma sottocostale. Origina una
ramificazione perforante laterale che innerva i tegumenti della regione
glutea e del grande trocantere. È possibile riscontrare parestesie del
trocantere anche in pazienti che presentano radiografie della coxofemorale
nella norma. Spesso sono dovute alle conseguenze di una vecchia caduta
sulle ultime coste, che dovranno perciò essere manipolate.
Abbiamo brevemente passato in rassegna il sistema nervoso toracico.
Come di consueto, ci siamo attenuti alla nostra esperienza pratica
quotidiana. Ma prima di concludere questo capitolo vorremmo consigliarvi
di ponderare attentamente i segni della sclerosi a placche. La diagnosi
della malattia allo stato iniziale è veramente molto difficile. Abbiamo
commesso errori di diagnosi in casi che non presentavano altri sintomi al
di fuori delle parestesie toraciche o degli arti inferiori. Gli esami eseguiti
erano tutti negativi ed è stato possibile pronunciare la diagnosi definitiva
solo due o tre anni dopo.
Diffidate delle parestesie isolate o associate a iperriflessie, dei segni
oculari, labirintici e vescicali, possono preannunciare una sclerosi a
placche.
LE NEVRALGIE CERVICO-BRACHIALI
I cordoni nervosi che originano dal plesso brachiale sono localizzati al di
sopra e posteriormente alla sottoclaveare. Occupano l’angolo postero-
inferiore del cavo sopraclaveare e sono meno interessati dalle
compressioni dello stretto rispetto al sistema vascolare. Le nevralgie hanno
diversa origine e sono dovute, di norma, a una delle seguenti cause.
Una cervico-artrosi: in questo caso, le radiografie mostrano il
coinvolgimento artrosico radicolare, i test di mobilità evidenziano una
fissazione cervicale bassa importante, l’appoggio intertrasversario o la
compressione cranio-cervicale, provoca o risveglia istantaneamente un
dolore. Siate prudenti in caso di nevralgie cervico-brachiali senza
fissazioni osteo-articolari.
Una fissazione C7-D1-1a costa: spesso in causa nelle nevralgie
cervico-brachiali, si riscontra una fissazione della 1a costa in posizione di
inspirazione. L’appoggio, verso il basso, della 1a costo-vertebrale deve
sbloccare immediatamente una radicalgia. Il Sotto-Hall è spesso positivo e
la pressione arteriosa sistolica omolaterale diminuita. Pensiamo sia dovuto
all’irritazione del ganglio cervicale inferiore (non dimenticate di verificare
la presenza di una miosi). Una radicalgia di origine cervicale o dorsale
alta, provoca, nella maggior parte dei casi, irradiazione dolorosa a uno o
due dita, più raramente a tutta la mano. La colorazione delle dita rimane
normale o subnormale, non si riscontrano né edemi né eritrosi (colorazione
rossa dei tegumenti).
Un’adenopatia: i plessi cervico-brachiali possono essere compressi
da un’invasione o infarto gangliare nei coinvolgimenti del viso, del collo e
del torace. È importante essere in grado di riconoscere le adenopatie della
regione cervicale, sopraclaveare e ascellare. Un ganglio di Troisier nel
cavo sopraclaveare sinistro potrebbe rivelare un coinvolgimento
addominale (vedi Capitolo 4). I gangli nel cavo sopraclaveare destro
evocano soprattutto un coinvolgimento superiore, del torace, del viso e del
cranio.
Un’invasione tumorale: di origine mediastinica o polmonare
(sindrome di Pancoast-Tobias).
SINDROMI NEUROLOGICHE
La sindrome di Claude Bernard-Horner: è dovuta a un’interruzione della
catena simpatica cervicale provocando miosi, ptosi, enoftalmo (il globo
oculare è situato più in profondità rispetto alla localizzazione abituale),
disturbi vasomotori (spesso si tratta di vasodilatazione) a una metà del
viso, esuberanza di secrezione sudorifera. Disturbi pilomotori, della
secrezione lacrimale, della messa a fuoco e tachicardia.
Può presentare un’eziologia traumatica, vascolare, tumorale o
adenopatica.
La sindrome di Pancoast-Tobias: si osserva nel corso dell’evoluzione
dei tumori maligni localizzati attorno all’apice polmonare, provoca dolori
che s’irradiano alla spalla, al braccio e alla mano, talvolta si verifica una
paresi della mano e la sindrome di Claude Bernard-Horner associata. Le
radiografie mostrano un’opacità dell’apice, a volte accompagnata da
lesioni ossee costo-vertebrali.
Tra i pazienti che ci hanno consultato per nevralgie cervico-brachiali
sei, in realtà, soffrivano di tumore polmonare. È curioso constatare che
spesso, nei casi gravi, si riconoscono dolori riflessi proiettati molto lontano
rispetto al luogo di origine mentre ci si rifiuta sistematicamente di
riconoscerli per dolori puramente funzionali.
I test di mobilità
Si tratta senza dubbio della parte più importante del libro, poiché da un test
di mobilità deriva automaticamente la manipolazione corretta. Non essere
in grado di valutare una struttura, significa privarsi dell’atto terapeutico
corrispondente. Il torace, come abbiamo già sottolineato nel Capitolo 4, è
un contenitore che protegge un contenuto formato, soprattutto, da visceri
vitali; una fissazione del contenitore produce effetti sul contenuto, e
viceversa. Iniziamo dal contenitore.
Le cinture di sicurezza
La questione non è ovviamente quella di dubitare della loro utilità, siamo
perfettamente consapevoli che salvano molte vite.
Non possiamo, però, non evidenziare che creano lesioni osteo-
articolari specifiche della parte anteriore del torace, delle articolazioni
sterno- e acromio-claveari e delle coste. La cintura di sicurezza mantiene il
corpo contro il sedile impedendogli di schiacciarsi in avanti; in questa fase
dell’incidente, tutte le forze dell’onda d’urto si concentrano attorno alla
cintura. Quest’ultima poi respinge indietro le ossa e i tessuti molli sui quali
appoggia, mentre le altre strutture sono tirate in avanti; ciò spiega la
complessità delle conseguenti lesioni toraciche. Non dimenticate,
soprattutto in caso di dorsalgie postraumatiche, di controllare tutta la parte
anteriore del torace, così spesso trascurata.
Malposizioni fetali
Le abbiamo già trattate nel capitolo “Parte generale”. Anch’esse sono
frequentemente ignorate, a eccezione delle malposizioni gravi o
riscontrabili dalle radiografie. Una malposizione fetale, benché minima,
può provocare una ritrazione dei tessuti molli della quale si potrebbe
soffrire anche per tutta la vita.
Nei lattanti e nei bambini piccoli si riscontrano attraverso l’ascolto
globale, comprimendo leggermente l’asse craniosacrale. Una mano
comprime il cranio in direzione caudale, l’altra il sacro in direzione
cefalica. In caso di problemi si assiste a un vero avvolgimento dell’asse
craniosacrale.
Lesioni ostetriche
Si provocano durante il passaggio della testa e del braccio. Per certi
ostetrici, l’assenza di fratture della clavicola è la prova di un parto ben
riuscito, la nozione di tessuto molle non rientra ancora nella loro
formazione professionale.
Abbiamo avuto occasione di assistere a un parto giudicato
perfettamente avvenuto; in realtà il bambino soffriva di uno stiramento del
plesso brachiale con paresi dell’arto superiore. Fortunatamente, pare che si
stia diffondendo una maggiore presa di coscienza del problema, infatti, le
lesioni ostetriche diminuiscono sempre più. A noi osteopati resta il
compito di decifrare queste sofferenze tissulari che, prima o poi,
diventeranno sintomatiche con grande meraviglia dei familiari o del
paziente, in base alla data della loro manifestazione. Anche in questo caso,
un colloquio non può che rimanere sul generico. Oltre all’ostetrico e ai
tessuti del paziente, chi può testimoniare la qualità di un parto?
I TEST OSTEO-ARTICOLARI
Per eseguire i nostri test preferiamo che il paziente assuma la posizione
seduta, in quanto non occulta le tensioni muscolo-ligamentose come può,
al contrario, accadere in posizione sdraiata.
La sterno-claveare
Ci è capitato, a volte, di riscontrare vere e proprie lussazioni o
sublussazioni di questa articolazione. La lesione è talmente evidente che
non necessità di test di mobilità. È illusorio e dannoso voler riposizionare
questa articolazione, è inutile e può irritare al punto tale da creare una
condrite.
Controllate sempre tutte e due le articolazioni, anche se
apparentemente una sola sembra fissata, in quanto accomunate dal
ligamento interclaveare.
I test in compressione-decompressione: il paziente è seduto di fronte a
voi con le gambe penzoloni. Con una mano abbracciate il moncone della
spalla in modo da poterlo traslare da dietro in avanti e dall’esterno
all’interno e viceversa, e con l’altra esaminate la sterno-claveare
posizionando una o due dita su di essa (Figura 5-7).
Il ligamento sterno-claveare posteriore: si oppone ai movimenti
posteriori dell’estremità interna della clavicola. Spingete la spalla in avanti
e all’interno focalizzando bene il movimento verso la sterno-claveare. Con
il pollice, o l’indice dell’altra mano, accompagnate il movimento
dell’estremità interna della clavicola indietro, accentuandolo leggermente.
In caso di fissazione il movimento è difficile o impossibile da eseguire.
Quando l’estremità interna della clavicola ritorna leggermente, respinta del
ligamento posteriore, è possibile apprezzare anche il ligamento anteriore.
È il ligamento più coinvolto nei traumi diretti dello sterno e nelle lesioni
dovute alle cinture di sicurezza.
Il ligamento sterno-claveare anteriore: si oppone ai movimenti
anteriori dell’estremità interna della clavicola. Respingete la spalla,
indietro, in fuori, fino a che l’estremità interna della clavicola si dirige in
avanti. Il pollice o l’indice, posizionati sull’articolazione, devono percepire
il movimento anteriore. Con la pratica, è possibile esaminare
contemporaneamente le due acromio-claveari. Questo ligamento viene leso
da cadute sulle spalle, talvolta anche sul lato dell’emitorace opposto al
trauma. Nelle lesioni provocate dalle cinture di sicurezza, la fissazione del
ligamento anteriore si verifica quando la clavicola viene respinta in avanti
dalle forze elastiche di resistenza.
Il ligamento interclaveare: si oppone al movimento superiore delle
estremità interne delle clavicole. Spingete prima una spalla poi l’altra
leggermente indietro, e soprattutto verso il basso in modo da far
decomprimere l’estremità interna verso l’alto.
Figura 5-7
Test sterno-claveare in compressione-decompressione
Con l’altra mano valutate la presenza e l’ampiezza del movimento. È
possibile ledere questo ligamento in caso di cadute sulla schiena e ogni
volta che il torace viene spinto con forza in avanti e verso il basso.
L’acromio-claveare
Si fissa soprattutto nei coinvolgimenti della sterno-claveare e nei traumi
della spalla. Le lussazioni dell’acromio-claveare, note a tutti, spesso sono
meno patogene delle relative fissazioni ligamentose.
Il test in compressione-decompressione: il paziente è seduto, come
per il test della sterno-claveare, ma il braccio è in abduzione a 90° circa e
appoggia sulla vostra coscia. Una mano tiene la spalla mentre l’altra
respinge l’estremità esterna della clavicola verso il basso e molto
leggermente all’interno.
Un movimento normale permette di sentire la clavicola dirigersi verso
il basso e tornare rapidamente nella posizione di partenza, un movimento
troppo ampio o troppo limitato testimonia la presenza di un disturbo. Si
possono anche controllare le fibre anteriori e posteriori, spingendo
l’estremità esterna della clavicola in avanti o indietro. È possibile anche
esaminare l’articolazione, il paziente è con il braccio in abduzione e
rotazione esterna, un dito, posto sull’estremità esterna della clavicola,
apprezza il movimento eseguito dall’altra mano che trasla l’avambraccio
successivamente indietro o in avanti.
I ligamenti coraco-claveari
Rammentiamo che la coracoide si trova, se il soggetto ha il braccio
penzoloni, all’apice del solco delto-pettorale o a 2,5 cm al di sotto del
punto in cui il terzo esterno della clavicola di unisce al terzo mediano.
Il trapezoide: un pollice tiene l’apofisi coracoide mentre l’altra mano
tira la parte esterna della clavicola in alto e in fuori. Lo si può controllare,
come il conoide in decubito dorsale, con le mani incrociate, mettendo un
pisiforme sulla coracoide e l’altro sulla clavicola ed esercitando una spinta
con le mani in senso contrario per stirarle.
Per il trapezoide, il pisiforme claveare si dirige in alto e in fuori e il
pisiforme coracoideo in basso e in dentro.
Il conoide: un pollice tiene la parte interna dell’apofisi coracoide,
mentre l’altra mano tira la parte mediana della clavicola in alto, indietro e
in dentro (Figura 5-8).
In principio, questi ligamenti sono difficili da esaminare, è opportuno
confrontarli sempre con il lato opposto. La loro fissazione ci obbliga a
ricercare quella del sottoclaveare, strettamente in relazione con essi dalla
sua parte esterna.
I ligamenti acromio-coracoidei
Nella stessa posizione, o in decubito dorsale o laterale, una mano fissa
l’acromion indietro, mentre il palmo dell’altra mano spinge l’apofisi
coracoide indietro e in dentro (Figura 5-9). Si apprezza l’elasticità e non il
movimento di questi ligamenti che, normalmente, fungono da volta osteo-
fibrosa ma, in caso di fissazione, possono falsare il gioco articolare della
cintura scapolare.
Figura 5-8
Test del ligamento conoide e trapezoide
Figura 5-9
Test dei ligamenti acromio-coracoidei
Figura 5-10
La compressione claveare longitudinale
Lo sterno
Questo osso piatto può essere definito il recettore di tutte le tensioni
meccaniche del torace. È importante per le sue articolazioni con le coste
ma anche per le proprie articolazioni sterno-sternali. Le tecniche di
compressione-decompressione antero-posteriori possono essere utili anche
per diagnosticare lesioni viscero-mediastiniche profonde.
La compressione-rilasciamento dello sterno: in questo test lo sterno si
può paragonare esattamente al sacro nel test dei ligamenti uterosacrali.
Inizialmente, si esercita una spinta verso l’angolo di Louis, in seguito, tra
quest’ultimo e il processo xifoideo.
Figura 5-12
La sternale superiore
Il test sterno-dorsale
Il soggetto è seduto, un palmo è collocato contro le apofisi spinali di D4-
D5 e l’altra sullo sterno tra l’angolo di Louis e il processo xifoideo. Il test
consiste nel far scivolare lo sterno, dal basso verso l’alto o da destra a
sinistra, esercitando un controappoggio con la mano dorsale. Si tratta di un
test completo che mette in luce importanti fissazioni condro-sternali o
mediastiniche.
Le condro-sternali
È un peccato che gli anatomisti non siano osteopati, potrebbero sentire tutti
i movimenti eseguiti da queste articolazioni e riconoscere loro, finalmente,
la mobilità che meritano.
Dobbiamo ammettere, avendolo più volte sperimentato, che su un
cadavere sembrano immobili, ma su un corpo vivo non può sussistere
alcun dubbio sulla loro mobilità. Queste articolazioni sono sempre
coinvolte in caso di trauma diretto o di caduta laterale sulla spalla.
Ricordiamo che la respirazione o qualunque movimento del torace le
mobilizza, rendendo le loro fissazioni di primaria importanza.
Figura 5-13
Test condro-sternale, in posizione seduta
I TEST MUSCOLARI
Abbiamo tralasciato i grandi muscoli quali i pettorali o i deltoidi perché
non presentano fissazioni croniche patogene. I loro spasmi acuti sono
sempre secondari e si liberano da soli. Certi muscoli, per i quali
indicheremo i test appropriati, possono essere completamente rilassati
dalla medicina manuale. Ed è proprio perché le loro manipolazioni danno
buoni risultati che è importante saperli valutare.
Il sottoclaveare
Ha origine dalla parte interna della 1a costa e si dirige in alto, in fuori e
indietro, unendosi sotto la clavicola. Lo si può esaminare in posizione
seduta, in decubito dorsale o in decubito laterale. Valutando il
sottoclaveare si esaminano, al tempo stesso e senza distinguerle, le fibre
del ligamento costo-claveare e la 1a condro-sternale.
Per il test in posizione seduta facciamo riferimento alla posizione
seduta classica. Il pollice di una mano mantiene in basso e in dentro la 1a
costa contro la propria articolazione condro-sternale, mentre le dita
dell’altra mano aderiscono alla parte antero-inferiore interna della
clavicola sollevandola in alto e all’interno. Non si tratta di un movimento
vero e proprio ma piuttosto di una sensazione di elasticità, in ogni caso è
necessario confrontare sempre i due lati.
Per il test in decubito dorsale il soggetto è nella stessa posizione nella
quale si eseguono i test condro-sternali in posizione sdraiata: una mano
solleva il braccio del paziente in alto, leggermente in dentro, mentre il
pollice dell’altra mano spinge verso il basso la parte interna della 1a costa
(Figura 5-15).
Il pollice di una mano aderisce sotto la clavicola per spingerla in alto
e in dentro, mentre il palmo dell’altra mano esercita un controappoggio
sulle 2e coste, spingendole in basso e in fuori.
Per il test, infine, in decubito laterale il paziente è sdraiato di fronte a
voi, con una mano portate il moncone della spalla in avanti e leggermente
in dentro, focalizzando il movimento sulla clavicola, mentre con l’altra
mano tenete la 1a costa spingendola leggermente indietro. Si può anche
eseguire mettendo un pollice sotto la parte anteriore della clavicola e
l’indice indietro, in profondità contro la clavicola, fate gioco sul muscolo
sottoclaveare per valutarne la mobilità, si tratta della leva del sottoclaveare
(Figura 5-16).
Preferiamo i test passivi a quelli attivi in cui si richiede al soggetto
un’inspirazione o una partecipazione muscolare. Sono più precisi e
permettono di ispezionare più facilmente tutte le fibre.
Quando si sospetta una fissazione del sottoclaveare, bisogna sempre
esaminare contemporaneamente anche il ligamento conoide e trapezoide,
con i quali scambia fibre.
Figura 5-15
Test del sottoclaveare, in decubito dorsale
Figura 5-16
La leva del sottoclaveare
Gli intercostali
Gli intercostali esterni: occupano soprattutto le parti posteriori e latero-
anteriori degli spazi intercostali. Si possono esaminare in posizione seduta
o sdraiata. Si possono fissare, prevalentemente, in seguito a traumi costali.
In posizione seduta. Per la parte posteriore (Figura 5-17) il soggetto è
seduto con le mani dietro la nuca. Disponetevi dietro il paziente con un
piede appoggiato al lettino. Con una mano afferrate i due gomiti traslando
il torace in flessione anteriore e flessione latero-rotata dal lato opposto alle
coste esaminate. Con il pollice dell’altra mano traslate le coste in basso e
in avanti per apprezzare il gioco intercostale (Figura 5-17). Mentre il
pollice apprezza il movimento costale, fate gioco sulla colonna in flessione
posteriore, lasciandola successivamente tornare e procedendo in tal modo
fino all’esame completo di tutti i piani intercostali.
Per la parte laterale la posizione di partenza è uguale alla posizione
posteriore ma, al contrario, si esegue una flessione laterale senza rotazione
dal lato delle coste esaminate mentre il pollice trasla le coste in basso e in
dentro.
Per la parte anteriore gli intercostali esterni s’arrestano a livello delle
articolazioni condro-costali. Il paziente è nella stessa posizione. Mettete il
pollice, in avanti, contro il bordo superiore di una costa per spingerla in
basso e in dentro. Fate gioco sul torace, in flessione anteriore e posteriore,
per focalizzare il movimento sul giusto spazio intercostale.
In decubito dorsale: disponetevi alla testa del paziente o dietro la
spalla, dal lato degli intercostali esaminati. Con i due pollici, spingete le
coste in direzione caudale e leggermente indietro, oppure sollevate in alto
e in dentro, il braccio omolaterale con una mano, spingendo con l’altra il
bordo superiore delle coste, uno dopo l’altro in basso e in dentro.
Gli intercostali interni: raramente si applicano test specifici, in quanto
la loro fissazione impedisce alla costa inferiore di separarsi da quella
superiore. Ricordiamo che si arrestano all’angolo posteriore delle coste. Di
norma, quando si esegue il test in decubito dorsale, bisognerebbe, per gli
intercostali esterni, spingere le coste in basso e in dentro, e per gli
intercostali interni in basso, indietro e in fuori. Consigliamo di applicare
gli stessi test, cambiando leggermente la direzione al termine della spinta.
Figura 5-17
Test degli intercostali esterni, parte posteriore, in posizione seduta
I sopracostali
Li abbiamo spesso trovati fissati nei coinvolgimenti toracici di vecchia
data. Molto semplicemente, si dirigono da una trasversa all’angolo
posteriore della costa sottostante, o due piani sotto; il test si esegue in
posizione seduta o prona.
In posizione seduta: il paziente è seduto di fronte a voi con le mani
dietro la nuca. Con una mano sollevate i gomiti e il tronco in rotazione
opposta al sopracostale esaminato e con il pollice dell’altra mano
apprezzate e accentuate l’allontanamento dell’angolo posteriore
interessato, in caso di fissazione l’angolo posteriore ha molta difficoltà ad
allontanarsi dalla linea delle apofisi spinose.
In posizione prona: il soggetto è prono con la testa in rotazione
opposta al sopracostale in esame. Mettete un palmo sull’angolo posteriore
della costa spingendola in basso e in fuori, mentre l’altro palmo esercita un
controappoggio sulla spinale sottostante. Di norma, si tratta più di una
capacità di distensione che di un movimento vero e proprio.
I muscoli sottoioidei e omoioidei sono trattati unitamente alle fasce
nel capitolo seguente.
Il diaframma
Ribadiamo ancora una volta che non crediamo alle fissazioni primarie del
diaframma. Una fissazione parziale di questo muscolo è il riflesso di
svariati problemi digestivi, emozionali o articolari in atto.
Le fissazioni emozionali: sono bilaterali e limitano la corsa del
diaframma, impedendogli di eseguire inspirazioni profonde. Il paziente ha
il fiato corto, ansima con facilità e presenta una predisposizione alla
spasmofilia. Durante l’ascolto locale il palmo della mano si dirige verso il
plesso solare o il plesso cardiaco. Un’inibizione di questi plessi libera
quasi totalmente le fissazioni.
Il soggetto presenta spesso un’iperriflessia e il segno di Chvostek, o
segno del facciale (contrazione della parte mediana del labbro superiore,
colpendo dolcemente il nervo facciale tra l’apofisi zigomatica e la
commessura labiale).
Ricordiamo che questo segno non è specifico di una malattia, si
osserva spesso nelle coliti croniche e nei soggetti ansiosi.
Le fissazioni digestive: sono unilaterali e corrispondono sovente alla
disfunzione di un organo sospeso al diaframma. In un coinvolgimento
epatico, per esempio, il fegato, più pesante, tende le relative inserzioni
freniche, limitandone la corsa. La capsula del Glisson e una parte del
peritoneo periepatico sono innervati dal nervo frenico e questa irritazione
del frenico può produrre uno spasmo dell’emidiaframma corrispondente
che diminuirà la sua corsa; si tratta di una semplice supposizione indotta
dalla nostra esperienza clinica.
I test di ascolto locale portano il palmo contro il fegato e una manovra
di inibizione epatica in inspir, di norma, ripristina una buona mobilità
dell’emicupola destra.
Le fissazioni osteo-articolari: numerose fissazioni osteo-articolari
possono limitare la corsa di un emidiaframma: le cervicali, mediante il
frenico e i ligamenti sospensori della pleura, le coste, mediante la pleura e
le inserzioni diaframmatiche, le dorso-lombari, mediante le inserzioni dei
pilastri del diaframma e le diverse ramificazioni nervose che vi si
distribuiscono. Le tecniche di ascolto generale e locale permetteranno di
identificare la struttura responsabile.
Esaminando il diaframma, è opportuno diffidare di un’eventuale
predominanza laterale, si può riscontrare, infatti, destrismo o mancinismo
anche di un emidiaframma, di un occhio o di un orecchio.
Figura 5-18
Test dell’aponevrosi cervicale media, in decubito dorsale
Per il test in posizione seduta (Figura 5-19) il paziente è seduto con la
schiena contro di voi. Una mano tende la testa e la colonna cervicale in
flessione latero-rotata dal lato opposto all’aponevrosi cervicale media
esaminata, mentre con il pollice dell’altra mano mantenete l’aponevrosi
rispettivamente nella sua parte esterna, media e interna. Si può
rimproverare a questa tecnica di mettere in tensione gli scaleni ma è facile
distinguere una tensione aponevrotica da una tensione muscolare
scalenica.
Nella sua parte interna, non basta fissare l’aponevrosi contro la parte
posteriore della sterno-claveare ma è necessario anche respingerla indietro
e in basso per aumentarne la tensione.
L’aponevrosi clavi-coraco-ascellare
Per esaminare l’aponevrosi del sottoclaveare si procede come per il test del
muscolo che circonda. La clavi-coraco-ascellare s’inserisce essenzialmente
sull’apofisi coracoide, l’aponevrosi brachiale e l’aponevrosi del
sottoclaveare. L’esame si esegue soprattutto in decubito dorsale.
Il test: il paziente è in decubito dorsale con le gambe distese e la testa
in flessione late-rorotata dal lato opposto all’aponevrosi da valutare, il
braccio, in abduzione-rotazione esterna, è appoggiato sul lettino:
posizionate la testa in flessione latero-rotata esterna per fissare la clavicola
e l’aponevrosi cervicale media che scambia fibre con la clavi-coraco-
ascellare; il braccio è in abduzione-rotazione esterna per fissare
l’aponevrosi brachiale, dove termina la clavi-coraco-ascellare.
Figura 5-19
Test dell’aponevrosi cervicale media, in posizione seduta
La pleura
È molto difficile tentare di esaminarla interamente, ma l’esperienza ci ha
dimostrato che tre sono le parti importanti: l’apparato sospensore cervico-
pleurico, lo sfondato anteriore e quello inferiore. La pleura può essere
colpita in tutti le affezioni pleuro-polmonari e i traumi toracici.
Ricordiamo che si può lesionare anche nelle attività che richiedono
movimenti forzati delle braccia; tali lesioni possono comportare
cervicalgie iterative. I sintomi migliorano alcuni giorni dopo le
manipolazioni cervicali per riapparire sistematicamente poco dopo.
Il pericardio
Abbiamo l’abitudine di esaminare meno le fissazioni pericardiche rispetto
a quelle pleuriche. In un coinvolgimento pericardico, riscontrato
radiologicamente o chirurgicamente, le tensioni si manifestano
essenzialmente verso i ligamenti sterno-costo-pericardici e i ligamenti
vertebro-pericardici. Per controllarli, limitiamoci a qualche elemento: le
cervicali basse, il manubrio e D4. Il test può essere eseguito in posizione
seduta o coricata, da noi preferita.
Per il test il paziente è supino con le gambe distese, le braccia lungo il
corpo e la testa in flessione latero-rotata a destra, appoggiata al vostro
addome. Adottiamo questa posizione della testa, per mettere in tensione i
ligamenti vertebro-pericardici, più spessi e resistenti dal lato sinistro.
Collocate un palmo sul manubrio e l’altro sotto la spinale di D4. Il test
consiste nell’aumentare la rotazione della testa e nel tirare verso il basso e
leggermente a sinistra D4 e il manubrio sternale.
In alcuni casi di postumi pericardici da noi riscontrati, il cuore
aumentava e accelerava i battiti sistolici a ogni stiramento, ma è necessaria
molta pratica prima di poter trarre tali conclusioni.
Il polmone
È illusorio tentare di separare l’analisi della pleura da quella del polmone.
Inoltre, è necessario aggiungere quella delle scissure: linee che si trovano
spesso fissate nei coinvolgimenti pleuro-polmonari di una certa portata.
Abbiamo spesso avuto occasione di esaminare queste scissure in pazienti
affetti da pneumopatia cronica. Dato che in questi test sono implicati anche
altri elementi, preferiamo sostituire il termine scissure con quello di
regione scissurale.
La regione scissurale interlobare sinistra. Il paziente è in decubito
laterale destro con la gamba superiore flessa e l’altra distesa. Posizionati
dietro il paziente, mettete un palmo indietro sulla 5a costa vicinissimo alla
scapola, e l’altro sulla parte anteriore della 6a costa, vicinissimo
all’articolazione condro-costale. Durante l’espirazione, accompagnate
questa costa in basso e in dentro trattenendola durante l’inspirazione
(Figura 5-22). Se il soggetto avverte disturbi, o difficoltà a inspirare,
potrebbe trattarsi di fissazione scissurale.
Figura 5-22
Test della regione scissurale interlobare sinistra
Altri organi
Il cuore: in tutta franchezza, non conosciamo test di mobilità per il cuore, e
il solo test che ci sembra realizzabile è quello per la parte mediosuperiore
del pericardio. Tuttavia, nel capitolo “I trattamenti” analizzeremo le
tecniche da applicare nella direzione delle coronarie (vedi Capitolo 6).
Il timo: non disponiamo di test da sottoporvi. Come la milza, si tratta
di un organo che, quando è palpabile e riconoscibile, deve indurre alla
prudenza. Perciò, consigliate ai pazienti di rivolgersi, con urgenza, a
servizi specialistici adeguati.
La giunzione esofago-cardio-tuberositaria: non dimenticate di
esaminare questa giunzione, in quanto è troppo spesso responsabile di
disturbi viscerali intratoracici, in particolare può favorire il reflusso gastro-
esofageo. Per quanto riguarda i test da applicare, potete far riferimento alle
nostre opere precedenti, Manipolazione viscerale 1 e 2.
• ascolto globale;
• ascolto locale;
• test osteo-articolari;
• test miofasciali;
• ascolto dei plessi.
CAPITOLO 6
Parte generale
Il compenso-scompenso
La localizzazione delle tecniche
Le liberazioni articolari
Le liberazioni muscolari
Le liberazioni ligamento-fasciali
La liberazione dei plessi
Il sistema osteo-articolare
La sterno-claveare
Il ligamento sterno-claveare posteriore
Il ligamento sterno-claveare anteriore
Il ligamento interclaveare
L’acromio-claveare
I ligamenti coraco-claveari
La liberazione claveare generale
Lo sterno
La sterno-sternale superiore
L’induzione in sollevamento sternale
La tecnica sterno-dorsale
Le condro-sternali
Le condro-costali
Il sistema muscolare
Il sottoclaveare
Il triangolare dello sterno
Gli intercostali esterni
La parte antero-laterale
La parte posteriore
Gli intercostali interni
I sopracostali
Il diaframma
Le fasce
L’aponevrosi cervicale media
L’aponevrosi clavi-coraco-ascellare
La pleura
L’apparato sospensore cervico-pleurico
La pleura mediana
Le manipolazioni pleuriche globali
Il pericardio e il mediastino
I visceri
I polmoni
Il cuore
I plessi nervosi
Il plesso solare
La coordinazione dei plessi
Parte generale
Per quanto riguarda il trattamento osteopatico, condividiamo, senza
riserve, il principio stilliano basato sulla liberazione strutturale. Quando
Still afferma che: “La regola dell’arteria è suprema”, in realtà non si
riferisce solo all’arteria ma anche allo spazio tissulare circostante. Lo
stretto toracico è senza dubbio l’esempio migliore per immaginare il
concetto osteopatico stilliano.
L’osteopatia esercita con l’uso delle mani, e con la più grande
precisione possibile, una spinta correttrice su tessuti affetti da spasmi,
fissati o fibrosi, che hanno perso la propria capacità di distensione
naturale. Questi tessuti molli possono irritare, disturbare o comprimere il
sistema vascolo-nervoso, viscerale o osteo-articolare con i numerosi
problemi che ne conseguono: cattiva irrigazione arteriosa, venosa, linfatica
e di liquidi e ipereccitabilità nervosa loco-regionale, creando lesioni
spasmodiche su tutti gli elementi contrattili (in tal modo, uno spasmo
dell’arteria può ridurre il lume dell’arteria stessa per vasocostrizione).
Tutti questi disturbi producono, inizialmente, uno squilibrio locale,
che diventa in seguito regionale e infine generale, disturbando l’omeostasi.
A volte, una semplice fissazione può avere pesanti conseguenze, in virtù
delle leggi del compenso-scompenso.
IL COMPENSO-SCOMPENSO
Un individuo in buona salute è un individuo ben compensato. Tutti quanti
subiamo stress nervosi indispensabili alla vita, che hanno inizio “in utero”
e ci accompagnano nel corso della nostra esistenza. Sono indispensabili in
quanto fungono da stimoli. Tutto il nostro passato emozionale e
relazionale è sempre presente, poiché il nostro organismo conserva nella
memoria tutti i traumi subiti, di origine infettiva, traumatica, psicologica,
metabolica o conseguenti a vaccinazioni. L’inquinamento, per esempio, è
onnipresente e ci aggredisce in continuazione. L’apparente buona salute è
dovuta a un buon compenso-adattamento all’ambiente ma molto spesso,
siamo al limite dello scompenso.
Quest’ultimo può insorgere a causa di un trauma banale, un’infezione
o un problema psicologico apparentemente recente. Ci sorprendono le
reazioni violente dell’organismo ad aggressioni apparentemente di poco
conto come, per esempio, una lombaggine acuta alquanto invalidante,
spesso conseguenza di un semplice starnuto o dell’aver raccolto un oggetto
leggero da terra, come, per esempio, un fiammifero.
Non ci si può limitare a credere che la lombaggine sia dovuta a una
semplice tensione meccanica. Quando si interroga il paziente si nota,
infatti, che precedentemente ha sofferto di angina, di colite, di
un’infezione genitale, di astenia, per l’applicazione di una spirale ecc. È
vero che esistono discopatie vere e proprie, ma come spiegare tutti i
cedimenti discali, le costo-fitosi, le uncartrosi radiologicamente visibili ma
del tutto asintomatici, riscontrabili in pazienti che ci consultano per
problemi non articolari?
Il ruolo dell’osteopata è quello di equilibrare abilmente le tensioni
meccaniche del corpo per agire sull’equilibrio generale del corpo stesso.
Se le lesioni osteopatiche rappresentassero soltanto il 20% delle lesioni
complessive dell’individuo, il trattamento osteopatico basterebbe a
impedire l’insorgere della fase di scompenso. Per questo motivo dobbiamo
essere in grado di esaminare tutte le lesioni tissulari presenti (e ce ne sono
tante!) per poterle correggere con le nostre tecniche.
Le liberazioni articolari
Consistono nel mettere in tensione i tessuti molli periarticolari al fine di
liberali, operando sullo stiramento-riflesso dei piccoli muscoli corti, sullo
stiramento diretto dei ligamenti, sugli antagonisti muscolari oppure su
microadesioni intrarticolari. Non crediamo molto ai riposizionamenti
articolari, a eccezione delle lussazioni delle condro-sterno-costali e del
coccige, per esempio. Ci è capitato, comunque, di correggere tibiotarsiche
e peroneo-tibiali dove le ossa erano scivolate letteralmente le une sulle
altre, perdendo l’allineamento abituale, ma si tratta di casi piuttosto rari.
Le liberazioni muscolari
Alcuni piccoli muscoli, come quelli obliqui, i retti della nuca o gli
intertrasversali possono essere rilassati in modo duraturo con le nostre
tecniche di aggiustamento specifico.
Riteniamo, come più volte ribadito, che non sia vantaggioso
manipolare i grossi muscoli, il rilassamento ottenuto è debole e di breve
durata. Li definiamo, per il ruolo che svolgono, il serbatoio di tensione
dell’organismo e sono: il quadrato del lombo, lo psoas, il trapezio e, più
raramente, il diaframma. Assorbono gli eccessi di tensione del sistema
meccanico, metabolico e psichico, per questo motivo meritano
l’appellativo di “cestini dei rifiuti dell’organismo”, senza alcuna
connotazione negativa. La liberazione di uno psoas colpito da spasmo
riguarda la medicina naturale, altre liberazioni sono invece più adeguate a
questo genere di trattamento.
Le liberazioni ligamento-fasciali
Questi tessuti, apparentemente semplici, sono in parte ancora sconosciuti.
Sono stati l’oggetto di uno studio molto dettagliato dei nostri colleghi
Gabarel e Roques che tuttavia sfocia in numerosi interrogativi senza
risposta.
La correzione di questi tessuti avviene per stiramenti diretti, secondo
le precise direzioni segnalate dai test. Come per tutti i tessuti molli che
manipoliamo, la direzione e la rapidità sono, in assoluto, i principali criteri
da rispettare. Lo stesso stiramento, eseguito più lentamente e in una
direzione leggermente diversa non darà alcun risultato. Fino a oggi, non
abbiamo ancora chiarito il meccanismo del rilasciamento ottenuto ma,
senza alcun dubbio, non è una questione di forza, come hanno potuto
verificare coloro che hanno visto Chauffour all’opera.
Determinate fasce non possono essere sottoposte a test specifici,
come quelle del mediastino o del cuore; per tale ragione le tecniche di
ascolto tissulare sono insostituibili. Lasciare che l’organismo esprima le
proprie tensioni e prescindere dalle nostre teorie ci obbliga a essere più
umili e a constatare che possiamo trovare solo ciò che conosciamo, vale a
dire molto poco. Quando l’organismo ci indica un tessuto che non
conosciamo, possiamo comunque tentare di liberarlo, impegnandoci però,
quanto prima, a rispolverare i nostri libri di anatomia per far luce su di
esso.
Teoricamente, i ligamenti reagiscono come le fasce e i muscoli e sono
dotati di recettori di Golgi sensibili allo stiramento. Ciononostante, le fasce
reagiscono maggiormente alle manipolazioni; sistemando il tendine di un
muscolo lungo si ottiene soltanto un effetto transitorio, mentre è più
duraturo nelle fasce. Riserviamo comunque un posto particolare ai
ligamenti del piccolo bacino che, essendo quasi tutti provvisti di fibre
contrattili, determinano, con tutta probabilità, i successi ottenuti in ambito
uro-genitale.
A volte si riscontrano fibre contrattili anche nei ligamenti sospensori
della pleura, a livello dello iato (muscoli di Juvara e Rouget) e nel sistema
di contenimento della giunzione duodeno-digiunale (muscolo di Treitz).
Abbiamo già fatto notare la rapidità con la quale può avvenire un
incidente d’auto (80/1.000 di secondo); le fasce sembrano più colpite da
traumi ultrarapidi piuttosto che da stiramenti lenti, perciò riteniamo che
prima di qualunque manipolazione sia necessario decifrare accuratamente i
codici tissulari.
I ligamenti e le fasce si liberano per mezzo di uno stiramento breve,
nel senso delle fibre, servendosi talvolta dell’effetto “rimbalzo”.
Il sistema osteo-articolare
LA STERNO-CLAVEARE
Ancora una volta, raccomandiamo di non cercare mai di correggere una
lussazione sterno-claveare, si corre il rischio di generare una condrite. Al
contrario, queste lussazioni necessitano di un lavoro di rilasciamento
fasciale.
Si devono sempre trattare entrambe le articolazioni anche se soltanto
una di esse sembra fissata.
Figura 6-2
Manipolazione del ligamento sterno-claveare anteriore, in posizione seduta
Il ligamento interclaveare
Collocate i due pisiformi nella cavità soprasternale, in appoggio contro la
parte interna delle due articolazioni sterno-claveari ed esercitate una spinta
correttrice diretta in fuori, molto leggermente in avanti e in direzione
caudale.
Concludete il trattamento dei ligamenti sterno-claveari anteriori con
quest’ultima tecnica.
L’ACROMIO-CLAVEARE
Anche per questa articolazione, è illusorio tentare di “far rientrare” una
clavicola lussata nella propria sede. Il nostro compito è semplicemente
quello di liberare i tessuti sofferenti, garantendo loro una miglior capacità
di distensione.
In caso di lussazione vera e propria, certe fibre si sono rotte
definitivamente, perciò non necessitano di un trattamento osteopatico che,
al contrario, è molto utile per tutte le fibre circostanti. Spesso si riscontra
che, dopo il trattamento, l’aspetto della lussazione è invariato, ma il
paziente si sente sollevato, alleviato.
In decubito dorsale: il soggetto è in decubito dorsale, con le mani
appoggiate sull’addome. Incrociate le mani in modo tale che, per
un’acromio-claveare destra, il palmo sinistro sia posizionato contro il
bordo interno dell’acromion e il palmo destro sulla parte mediana della
clavicola. Il palmo sinistro spinge in fuori e indietro, mentre il destro trasla
la clavicola in dentro e in alto.
In posizione seduta: il paziente è seduto, con la schiena contro di voi
e le gambe penzoloni. Incrociate le mani. La tecnica è uguale a quella della
manovra precedente. Però è necessario esercitare un appoggio acromiale
più verso il basso che all’indietro e, al contempo, far gioco sull’elasticità
toracica.
I LIGAMENTI CORACO-CLAVEARI
Il soggetto è in decubito dorsale con le mani appoggiate sull’addome.
Il trapezoide: con le mani incrociate, posizionate un pisiforme in
modo da tenere la parte interna della coracoide, l’altro all’interno
dell’acromio-claveare, per esercitare una spinta in alto e in dentro.
Il conoide (Figura 6-3): nella stessa posizione, portate un pisiforme
contro la parte interna della coracoide e l’altro contro il bordo anteriore
della clavicola, verso il suo terzo esterno. Esercitate una breve spinta in
alto, indietro e all’interno.
Figura 6-3
Manipolazione dei ligamenti coraco-claveari, il conoide
Figura 6-4
Liberazione claveare generale, in compressione longitudinale
Applichiamo queste tecniche soprattutto dopo i traumi diretti della
spalla e, in particolare, nelle lesioni provocate dalla cintura di sicurezza.
LO STERNO
Questa cassa di risonanza di tutti i traumi toracici è curiosamente
trascurata dalla terapia manuale, pur meritando tutta la nostra cura.
La sterno-sternale superiore
È bene ricordare che la sua fissazione comporta sempre quella della 2a
condro-sternale. La correzione può essere eseguita sia in compressione sia
in decompressione (Figura 6-5).
Il paziente è sdraiato con le braccia lungo il corpo. Disponetevi
lateralmente e applicate un pisiforme contro la cavità soprasternale,
debordando leggermente il manubrio, l’altro pisiforme è posto proprio
sotto l’angolo di Louis. In compressione i due pisiformi spingono l’uno
verso l’altro come a rendere più sporgente questo angolo, allentate
l’appoggio una volta raggiunta la massima tensione. Nella manovra di
decompressione i pisiformi compiranno il movimento inverso, tendendo
longitudinalmente lo sterno.
Utilizziamo queste tecniche in tutti i postumi di traumi toracici e a
seguito di problemi pleuro-pericardici.
La tecnica sterno-dorsale
Si esegue in posizione distesa con le braccia lungo il corpo. Appoggiate la
testa del paziente al vostro addome con la colonna cervicale flessa. Una
mano è posta sullo sterno, con il palmo sull’angolo di Louis, e l’altra mano
contro le apofisi spinose, con il palmo a livello di D4. La mano sternale
dirige la propria spinta in direzione caudale e leggermente indietro, mentre
la mano dorsale esegue una trazione in direzione cefalica (Figura 6-6).
Raggiunta la massima elasticità allentate a rimbalzo due o tre volte, poi
invertite la direzione delle mani: la mano dorsale, questa volta, spinge in
direzione caudale e la mano sternale esercita una trazione in direzione
cefalica, servendosi anche del rimbalzo.
Si ricorre alla tecnica sterno-dorsale nei postumi dei traumi toracici
che comportano fissazioni dorsali, e a seguito di affezioni pleuro-cardio-
polmonari.
Figura 6-6
La tecnica sterno-dorsale
Le condro-sternali
Ammettiamo di avere una certa inclinazione per queste articolazioni le cui
fissazioni, troppo spesso trascurate, possono comportare precordialgie,
tachicardie e dispnee da sforzo, fissazioni dorsali recidivanti, sensazioni di
disturbo e fastidio toracico, soprattutto in decubito laterale o in posizione
prona. Molto spesso sono lese dalle cinture di sicurezza e da cadute sulle
mani.
Preferiamo lavorare in decubito dorsale con le mani sull’addome.
Disponetevi lateralmente, appoggiate il pisiforme di una mano sulla
porzione condrale interessata, contro lo sterno, mentre con l’altra mano
afferrate il polso e sollevate l’arto superiore omolaterale. Normalmente, si
distinguono due tipi di fissazioni che possono essere vere e proprie
sublussazioni, una anteriore e una posteriore.
La sublussazione anteriore (Figura 6-7): con il pisiforme esercitate
una pressione in basso e leggermente in fuori, simultaneamente con l’altra
mano sollevate l’arto superiore omolaterale del paziente fino a individuare
una tensione a livello dell’appoggio condrale. Questa fase, estremamente
importante, si esegue variando la posizione dell’arto superiore.
A questo stadio di massima tensione, eseguite un thrust in basso e
leggermente in fuori, non è raro sentire, al momento della correzione, il
rumore caratteristico degli aggiustamenti vertebrali. La spinta non deve
essere forte, poiché rischierebbe di creare una condrite o una lesione della
costo-condrale corrispondente.
Per la sublussazione posteriore esistono due modalità.
1a modalità (passivamente): si assume la stessa posizione generale,
ma posizionando il pisiforme sulla porzione sternale, dato che lo scopo è
di respingere in avanti la parte condrale. In questa tecnica è fondamentale
trovare il giusto equilibrio tra la trazione dell’arto superiore e l’appoggio
del pisiforme.
2a modalità (con la respirazione): disponetevi dietro il paziente e
ponete il pisiforme di una mano sulla porzione condrale interessata mentre
l’altro palmo esercita un controappoggio sulla parte sternale
corrispondente. Invitate il paziente a inspirare ed espirare più volte a
fondo, al momento dell’espirazione spingete e mantenete la parte condrale
indietro e leggermente in fuori.
Rilasciate la pressione nel momento esatto in cui il paziente inizia una
profonda inspirazione. Tutte le forze del torace si concentrano
sull’appoggio del pisiforme, liberando la porzione condrale verso l’alto.
Utilizzeremo la respirazione, ripetuta due o tre volte, anche in altre
manovre estremamente efficaci; questa tecnica è definita “liberazione
tissulare respiratoria”.
Figura 6-7
Manipolazione di una condro-sternale, in sublussazione anteriore
Le condro-costali
Si applicano le stesse tecniche ma bisogna essere ancora più delicati
durante la loro esecuzione poiché la cartilagine ossea è molto fragile.
Spesso, le lesioni condro-costali si correggono con le liberazioni sterno-
condrali ma è assolutamente necessario trattarle entrambe. Ricordiamoci
che queste articolazioni sono in movimento permanente dovuto alla
respirazione e questo spiega, in gran parte, il loro potere patogeno. La 1a
condro-dorsale si manipola con il sottoclaveare che descriveremo nel
paragrafo seguente.
Il sistema muscolare
IL SOTTOCLAVEARE
Il sottoclaveare si manipola simultaneamente al ligamento costo-claveare e
alla 1a condro-costale. È un ligamento ancora trascurato nelle terapie
manuali, sebbene ci si renda conto che può comprimere l’apparato
vascolare sottoclaveare. Lo scopo è quello di separare la clavicola dalla 1a
costa, per ottenere un rilasciamento muscolo-fasciale. Lo si tratta in
decubito dorsale o laterale.
In decubito dorsale, 1a modalità: il paziente è in decubito dorsale con
braccia e gambe distese. Collocatevi dal lato del sottoclaveare da trattare,
tenete con una mano il polso o il moncone della spalla del paziente e
appoggiate il pollice dell’altra mano tra la clavicola e la 1a costa, vicino
alle relative articolazioni sternali. Traslate l’arto superiore o la spalla in
avanti e all’interno, fino a percepire una tensione sotto il pollice. Quando
la tensione è massima, eseguite un aggiustamento con il pollice spingendo
la 1a costa indietro e in fuori. Durante la manipolazione, è possibile
esercitare, simultaneamente, una breve trazione del braccio. Di norma,
sono sufficienti uno o due aggiustamenti.
2a modalità: incrociate le mani e posizionate un palmo contro il terzo
interno della clavicola e l’altro sulle due prime coste. La mano claveare
spinge in direzione cefalica e in dentro, mentre la mano costale esercita un
aggiustamento in direzione caudale e in fuori.
In decubito laterale: il paziente è in decubito laterale sul fianco
opposto al sottoclaveare da trattare. Mettete un palmo sullo sterno con il
pollice tra la clavicola e la 1a costa nella loro parte interna e l’altro palmo
sulla parte posteriore del moncone della spalla (Figura 6-8). Il pollice
esercita una spinta in fuori e indietro, mentre l’altra mano porta la spalla in
avanti e in dentro, eseguite un thrust quando la tensione è massima.
In posizione seduta: in soggetto è seduto di fronte a voi con le gambe
flesse. Appoggiati al paziente, mettete il pollice di una mano tra la 1a costa
e la clavicola nella loro parte interna e il palmo dell’altra dietro la spalla
omolaterale. Traslate la spalla in avanti e in dentro e il pollice indietro e in
fuori, eseguite l’aggiustamento quando la tensione è massima.
Potete anche far appoggiare il braccio del paziente sulla vostra coscia,
con il piede appoggiato al lettino, fate gioco con il vostro arto inferiore per
traslare la spalla del paziente.
Con questa modalità è possibile applicare un’altra tecnica. Sollevate
la spalla e mantenetela sollevata prima di portarla in avanti e in dentro,
l’elevazione della spalla comporta già uno stiramento del sottoclaveare.
Queste manovre si eseguono a seguito di traumi della spalla o del
torace, dopo cadute sulle mani o sui gomiti e in tutti i casi di aggressione
delle vie respiratorie alte, in particolare dopo una tubercolosi o una
pleurite.
Figura 6-8
Manipolazione del sottoclaveare, in decubito laterale
Figura 6-9
Manipolazione sterno-costale, nella direzione delle fibre del triangolare
La parte posteriore
Il paziente è prono, con le braccia lungo il corpo e la testa in rotazione dal
lato opposto all’intercostale manipolato. Con le mani incrociate,
appoggiate un pisiforme sulla parte esterna dell’angolo posteriore, e
mettete l’altro sul bordo costale inferiore del muscolo intercostale
interessato, manipolate al termine di un’espirazione e quando la tensione è
massima.
Figura 6-10
Manipolazione degli intercostali esterni in decubito laterale
I SOPRACOSTALI
Il paziente è prono, con le braccia fuori dal lettino, la testa in rotazione dal
lato opposto al sopracostale interessato. Disponetevi lateralmente e
posizionate un pisiforme sull’intervallo che separa l’apofisi spinosa dalla
trasversa e l’altro sull’angolo posteriore della costa situata al di sotto (per
la parte inferiore del torace due piani sotto). La mano vertebrale mantiene
o spinge leggermente la vertebra in direzione cefalica e dal lato opposto,
mentre la mano costale si dirige in fuori, in avanti e in direzione caudale.
La manipolazione si esegue al termine dell’espirazione, quando la tensione
tissulare è massima oppure in liberazione tissulare respiratoria.
IL DIAFRAMMA
Non siamo in grado di fornirvi tecniche specifiche per il diaframma in
quanto non si conoscono. Abbiamo già affermato nel Capitolo 5, che non
crediamo molto alle fissazioni primarie del diaframma. Per liberarlo,
cercate di valutarne le varie cause quali i fattori emotivi, digestivi e osteo-
articolari. Alla fine del capitolo analizzeremo le tecniche impiegate per la
liberazione emozionale. Per quanto riguarda il sistema digestivo, potete far
riferimento alle nostre precedenti opere.
Le fasce
L’APONEVROSI CERVICALE MEDIA
Come già spiegato nei Capitoli 2 e 5 è senza dubbio uno dei punti forti del
trattamento. Questa aponevrosi è il recettore di tutti i traumi riguardanti la
colonna cervicale e il torace e di tutte le affezioni cardio-pleuro-polmonari.
I suoi rapporti vascolari la rendono spesso determinante nei problemi di
circolazione dello stretto cervico-toracico.
La manipolazione si esegue in decubito dorsale o in posizione seduta.
In decubito dorsale: il paziente è supino, con braccia e gambe lungo il
corpo e la testa appoggiata al vostro addome. Collocate il pollice di una
mano nella cavità sopraclaveare contro la 1a costa, verso il tubercolo di
Lisfranc e il palmo in posizione più arretrata, contro il bordo superiore
della scapola.
Per posizionare il pollice, eseguite una latero-flessione cervicale
omolaterale. Il pisiforme dell’altra mano può essere posizionato tra la 1a
costa e la clavicola, per stirare contemporaneamente il sottoclaveare,
oppure fungere da controappoggio sulla spalla opposta, oppure ancora
tenere ferma la colonna cervicale (Figura 6-11).
Con il vostro addome eseguite delle flessioni laterali della colonna
cervicale, dal lato opposto all’aponevrosi da trattare, fino a che sentite la
tensione fasciale sul pollice e sul palmo. Il pollice non resta inattivo anzi
ricerca le zone più tese per mettere a punto il loro stiramento. Variate la
flessione anteriore della colonna cervicale per concentrare lo stiramento
sulla porzione anteriore o postero-laterale dell’aponevrosi. Questa tecnica
è comoda sia per il paziente sia per il medico. Evitate un contatto troppo
rigido del pollice.
Non ci convincono le tecniche dirette di correzione che trattengono
l’osso ioide. Al contrario, le tecniche di induzione ci sembrano più
efficaci. Eseguitele mettendo una mano sull’osso ioide e l’altra sulla
clavicola e la 1a costa. Seguite la direzione dell’ascolto e ripetete la
manovra fino all’arresto dell’ascolto stesso.
In posizione seduta: il paziente è seduto con le gambe penzoloni e la
schiena contro di voi, il braccio del lato opposto all’aponevrosi interessata
è adagiato sulla vostra coscia, mentre il vostro piede è sul lettino. Mettete
l’indice di una mano lungo la clavicola in direzione della sterno-claveare e
il pollice più indietro, verso il bordo superiore della scapola; l’altra mano è
posizionata sulla testa del paziente, il vostro gomito appoggia sulla spalla
opposta all’aponevrosi manipolata (Figura 6-12).
Figura 6-11
Manipolazione dell’aponevrosi cervicale media in decubito dorsale
Figura 6-12
Manipolazione dell’aponevrosi cervicale media, in posizione seduta
La mano sternale spinge la clavicola in basso, in dentro e in avanti,
mentre l’altra mano fa gioco sulla latero-flessione e sulla rotazione
cervicale. Manipolate quando sotto si avverte la massima tensione. Dato
che il torace del paziente è contro la gamba che avete appoggiato al lettino,
potete variare la posizione per accrescere le tensioni fasciali. Questa ottima
tecnica necessita di una buona coordinazione e di una buona
sincronizzazione di tutto il vostro corpo.
Quando un’aponevrosi cervicale media è fissata, si devono sempre
liberare il sottoclaveare e i ligamenti conoide e trapezoide corrispondenti.
L’APONEVROSI CLAVI-CORACO-ASCELLARE
In decubito dorsale: il paziente è sdraiato con le gambe distese, il braccio
del lato interessato è in abduzione-rotazione esterna, per fissare una parte
dell’aponevrosi brachiale. La testa del paziente è appoggiata al vostro
addome. Con le braccia incrociate, posizionate le mani sulle apofisi
coracoidi spingendole in fuori, indietro e leggermente in direzione caudale.
Traslate la nuca del paziente in flessione laterale dal lato opposto
all’aponevrosi manipolata, ed esercitate un thrust quando la tensione è
massima (Figura 6-13). La posizione della nuca stira l’aponevrosi
cervicale media, unita alla clavi-coraco-ascellare sull’aponevrosi del
sottoclaveare.
In posizione seduta: il paziente è seduto con le gambe penzoloni, la
schiena contro di voi, il braccio del lato opposto all’aponevrosi interessata
in appoggio sulla vostra coscia, essendo il vostro piede sul lettino.
Figura 6-13
Manipolazione dell’aponevrosi clavi-coraco-ascellare, in decubito dorsale
La pleura mediana
Con questo termine intendiamo sia gli sfondati anteriori sia la pleura
parietale del torace mediano.
Il paziente è supino con la testa appoggiata al vostro addome. Con le mani
incrociate, mettete un palmo sulla 3a, 4a e 5a costa esternamente alle
condro-costali e l’altro sulla parte mediana dello sterno. Al termine
dell’espirazione la mano costale si dirige in fuori, indietro e in direzione
caudale e la mano sternale in direzione costale, mantenete l’appoggio ed
eseguite la tecnica di liberazione tissulare respiratoria.
Con l’addome inclinate la testa in flessione latero-rotata dal lato
opposto. Vi consigliamo di provare queste tecniche su voi stessi, resterete
sorpresi della loro forza e delle sensazioni intratoraciche percepite.
Figura 6-14
Manipolazione pleurica globale, in decubito dorsale
Figura 6-15
Manipolazione pleurica globale, in posizione seduta
IL PERICARDIO E IL MEDIASTINO
Eseguiamo la tecnica sterno-dorsale descritta per lo sterno, in posizione
seduta o sdraiata ma integrandola con una liberazione tissulare respiratoria.
Non riteniamo possibile separare gli stiramenti del pericardio da quelli del
mediastino.
I visceri
I POLMONI
La regione scissurale interlobare sinistra: il paziente è in decubito laterale
dal lato destro, posizionate un palmo, o entrambi, sulla 5a costa vicino alla
scapola e l’altro sulla parte anteriore della 6a costa vicino alla sua
articolazione condro-costale.
Durante un’espirazione lenta e profonda, spingete i palmi in avanti, in
basso e in dentro, focalizzando il movimento verso la 6a condro-sternale,
mantenete questo appoggio mentre il paziente compie un’inspirazione
profonda (Figura 6-16). Pare che la tecnica in liberazione tissulare
respiratoria abbia maggior effetto sulle articolazioni condro-sternali che
sui polmoni stessi.
Figura 6-16
Rilasciamento della regione scissurale interlobare sinistra
IL CUORE
Ci è capitato di trattare numerosi pazienti operati a cuore aperto. Non
accusavano dolori cardiaci veri e propri ma dolori al torace,
particolarmente bistrattato durante l’intervento. Abbiamo anche avuto
pazienti affetti da coronaropatia i cui test di ascolto e la diagnosi termica
manuale indicavano molto chiaramente la lesione.
Nel corso delle tecniche di ascolto, le mani erano inevitabilmente
portate in direzione delle arterie coronariche. I pazienti provavano grande
sollievo per gli stiramenti effettuati seguendo la direzione delle coronarie.
Figura 6-17
Stiramento nella direzione delle coronarie
I plessi nervosi
Il paziente è in decubito dorsale, con braccia e gambe distese.
IL PLESSO SOLARE
Posizionate il palmo di una mano sulla parte più alta dell’addome,
l’eminenza tenar contro la 7a condro-costale e la restante parte della mano
in direzione della linea xifo-ombelicale. L’appoggio della mano è leggero,
per non avvertire la motilità degli organi sottostanti.
Il plesso cardiaco superficiale: mettete il palmo sulla 3a e 4a
cartilagine condro-sternale; il medio forma con la linea mediosterno-
xifoidea un angolo di circa 30°.
Il ganglio cervicale inferiore: posizionate, delicatamente, il pollice in
direzione della parte anteriore della trasversa di C7, o, in un soggetto più
obeso, vicino alla porzione anterolaterale della 1a costo-vertebrale.
L’ascolto di questo ganglio trasla il pollice in leggera rotazione assiale
oraria e antioraria, accompagnata da uno scivolamento laterale interno e
esterno.
Il palmo della mano posizionata sulla regione sternale è immobile o si
muove molto poco. Il ganglio cervicale inferiore destro è quello più
efficace, anche se non siamo in grado si spiegarne la ragione. L’appoggio
del pollice non deve essere causa di fastidi, tosse o miosi dell’occhio
omolaterale!
Si rilasciano i plessi, dapprima procedendo nel senso dell’ascolto, poi
tornando alla posizione di origine e così di seguito fino a che il movimento
si arresta da solo.
• il sistema miofasciale;
• il sistema viscerale;
• il sistema osteo-articolare;
• la motilità e il rilasciamento dei plessi.
Conclusione
Pur avendo concluso il presente volume, siamo coscienti di aver aperto
soltanto uno spiraglio, perciò continueremo le nostre ricerche dedicandoci,
in particolare, al sistema viscerale e intratoracico con gli stessi principi
basilari:
Contamin R.; Bernard P.; Ferrieux J., Gynécologie générale, Vigot, Paris.
Kahle W.; Leonhardt H.; Platzer W., Anatomie des viscères, Flammarion,
Paris.
Renaud R.; Sermet H.; Ritter J.; Bohler J.L.; Eberst B.; Gamerre M.;
Jacquemin B.; Serment G., Les incontinences urinaires chez la femme,
Masson, Paris.
Robert J.G.; Palmer R.; Boury-Heyler C.; Cohen J., Précis de gynécologie,
Masson, Paris.
CAPITOLO 2
2-1: L’articolazione sterno-claveare
2-2: I ligamenti coraco-claveari: il trapezoide e il conoide e relative direzioni
2-3: Orientamento dei ligamenti coraco-claveari: vista dall’alto
2-4: Le articolazioni costo-condro-sternali
2-5: Il sottoclaveare, i suoi rapporti con il conoide e il trapezoide
2-6: Il triangolare dello sterno, direzione delle fibre
2-7: Gli intercostali, loro direzioni
2-8: I sopracostali, loro direzioni
2-9: I muscoli sottoioidei
2-10: Gli scaleni e il tubercolo di Lisfranc, rapporti con i vasi sottoclaveari
2-11: L’aponevrosi cervicale media, proiezione sagittale
2-12: L’aponevrosi cervicale media, proiezione frontale
2-13: L’aponevrosi del sottoclaveare, rapporti con l’aponevrosi cervicale media e la vena succlavia
2-14: L’aponevrosi clavi-coraco-ascellare, proiezione sagittale
2-15: L’apparato sospensore della pleura e la cupola pleurica
2-16: Lo sfondato inferiore destro
2-17: Gli sfondati pleurici e le scissure, proiezione anteriore
2-18: Le scissure, proiezione posteriore
2-19: La topografia anteriore del pericardio
2-20: La direzione delle coronarie
2-21: La topografia vascolare sottoclaveare
2-22: L’arteria succlavia destra
2-23: Rapporti tra i vasi sottoclaveari e la 1a costa
2-24: L’arteria vertebrale
2-25: Il ganglio cervicale inferiore e il vago
2-26: Il nervo frenico
2-27: Il triangolo di Sedillot
2-28: Connessioni vascolo-nervose dello stretto toracico
CAPITOLO 3
3-1: Le variazioni di pressione
CAPITOLO 5
5-1: L’ascolto degli arti superiori in posizione seduta
5-2: L’ascolto locale: posizione della mano
5-3: Sezione orizzontale del torace in D1. Soggetto in decubito dorsale con le braccia lungo il
corpo. Le grosse macchie nere corrispondono ai polmoni e alla trachea. Si nota che le
clavicole sono sullo stesso piano.
5-4: Stessa sezione, ma con il braccio destro in posizione di Sotto-Hall/Adson-Wright. Si nota
l’arretramento della clavicola destra che comprime lo stretto toracico contro la colonna e la 1a
costa. Nella radiografia, la scapola appare spinta in avanti dalla rotazione esterna del braccio,
contribuendo anch’essa alla chiusura dello stretto
5-5: Accesso al nervo frenico
5-6: Bottone di De Mussy
5-7: Test sterno-claveare in compressione-decompressione
5-8: Test del ligamento conoide e trapezoide.
5-9: Test dei ligamenti acromio-coracoidei
5-10: La compressione claveare longitudinale
5-11: Il sollevamento sternale
5-12: La sternale superiore
5-13: Test condro-sternale, in posizione seduta
5-14: Test condro-sternale, in decubito dorsale
5-15: Test del sottoclaveare, in decubito dorsale
5-16: La leva del sottoclaveare
5-17: Test degli intercostali esterni, parte posteriore, in posizione seduta
5-18: Test dell’aponevrosi cervicale media, in decubito dorsale
5-19: Test dell’aponevrosi cervicale media, in posizione seduta
5-20: Test cervico-pleurico, in decubito dorsale
5-21: Test pleurico globale, in decubito dorsale
5-22: Test della regione scissurale interlobare sinistra
CAPITOLO 6
6-1: Manipolazione del ligamento sterno-claveare anteriore, in decubito dorsale
6-2: Manipolazione del ligamento sterno-claveare anteriore, in posizione seduta
6-3: Manipolazione dei ligamenti coraco-claveari, il conoide
6-4: Liberazione claveare generale, in compressione longitudinale
6-5: Manipolazione della sterno-sternale, in compressione longitudinale
6-6: La tecnica sterno-dorsale
6-7: Manipolazione di una condro-sternale, in sublussazione anteriore
6-8: Manipolazione del sottoclaveare, in decubito laterale
6-9: Manipolazione sterno-costale, nella direzione delle fibre del triangolare
6-10: Manipolazione degli intercostali esterni in decubito laterale
6-11: Manipolazione dell’aponevrosi cervicale media in decubito dorsale
6-12: Manipolazione dell’aponevrosi cervicale media, in posizione seduta
6-13: Manipolazione dell’aponevrosi clavi-coraco-ascellare, in decubito dorsale
6-14: Manipolazione pleurica globale, in decubito dorsale
6-15: Manipolazione pleurica globale, in posizione seduta
6-16: Rilasciamento della regione scissurale interlobare sinistra
6-17: Stiramento della direzione delle coronarie
Indice degli argomenti
CAPITOLO 1
Anatomia toracica
La struttura rigida
La struttura molle
La struttura viscerale.
CAPITOLO 2
Il sistema osteo-articolare
L’articolazione sterno-claveare
L’articolazione acromio-claveare
I ligamenti acromio-claveari
Il ligamento coraco-claveare interno
Il ligamento acromio-coracoideo
Le articolazioni sterno-sternali
Le articolazioni condro-sternali e condro-costali
Il sistema muscolare
Il sottoclaveare
Il triangolare dello sterno
Gli intercostali
I sopracostali
Il diaframma
I muscoli sottoioidei
Gli scaleni
Il sistema fasciale
L’aponevrosi cervicale superficiale
Il muscolo pellicciaio del collo
L’aponevrosi cervicale media
L’aponevrosi profonda o prevertebrale
L’aponevrosi del sottoclaveare
L’aponevrosi clavi-coraco-ascellare
La pleura
L’apparato sospensore della pleura
Rapporti importanti
Note
I punti di inserzione toracici
Gli sfondati
Il pericardio
I ligamenti sterno-pericardici
I ligamenti vertebro-pericardici
I visceri
I polmoni
Le scissure
Il timo
Il cuore
La topografia anteriore del pericardio
La direzione delle coronarie
Il sistema vascolo-nervoso
L’aorta
I tronchi brachio-cefalici
L’arteria succlavia
La succlavia destra
La succlavia sinistra
La porzione extrascalenica
L’arteria vertebrale
La vena succlavia
Il canale toracico
La grande vena linfatica
L’apparato nervoso
Il simpatico cervicale
Il simpatico toracico
Il vago
Il nervo frenico
Il plesso solare
Il plesso cardiaco
Conclusioni
CAPITOLO 3
La pleura
La meccanica pleurica
Le pressioni intrapleuriche
Le variazioni di pressione
Il gradiente verticale di pressione pleurica
Conclusioni
CAPITOLO 4
La diagnosi differenziale
Caratteristiche dei dolori meccanici
L’esame generale
Segni generali
L’osservazione del torace
L’ispezione del torace
La palpazione
Le adenopatie cervicali isolate
Atrofia muscolare
Il sistema polmonare
Le vibrazioni vocali
La percussione
L’auscultazione
Le modificazioni del murmure vescicolare
Gli strofinamenti
I sibili
Le anomalie della voce
Le dispnee
La tosse
Le algie toraciche
Origine non respiratoria
Origine respiratoria
Le patologie cardio-vascolari
Segni generali
Il dolore
La dispnea
La palpazione
La percussione
L’esplorazione vascolare
Il sistema venoso
Il sistema arterioso
Le anomalie del polso
L’ipotensione
Alcune malattie cardiache
Le precordialgie
L’angina pectoris
L’infarto del miocardio
La pericardite
Alcune malattie arteriose
L’aneurisma dell’arco dell’aorta
La coartazione dell’aorta
Significato delle pulsazioni sistoliche anomale
L’arteriosclerosi
L’aterosclerosi
La dissezione dell’arteria vertebrale
Il seno
Conclusioni
CAPITOLO 5
L’ascolto globale
L’ascolto locale
Il sistema pleuro-polmonare
I polmoni
La pleura superiore
La pleura mediana
La pleura inferiore
I bronchi
Il mediastino
Il sistema cardiaco
Il cuore
Il pericardio
Il plesso cardiaco
La giunzione esofago-cardio-tuberositaria
I test di mobilità
Eziologia delle fissazioni meccaniche del torace
Conseguenze di un incidente automobilistico
La deformabilità del torace
Le cinture di sicurezza
Cadute sull’arto superiore
Malposizioni fetali
Lesioni ostetriche
I test osteo-articolari
La sterno-claveare
L’acromio-claveare
I ligamenti coraco-claveari
I ligamenti acromio-coracoidei
La compressione claveare longitudinale
Lo sterno
Le sterno-sternali
Il test sterno-dorsale
Le condro-sternali
I test muscolari
Il sottoclaveare
Il triangolare dello sterno
Gli intercostali
I sopracostali
Il diaframma
I test delle fasce
L’aponevrosi cervicale media
L’aponevrosi clavi-coraco-ascellare
La pleura
L’apparato sospensore cervico-pleurico
Gli sfondati anteriori
Gli sfondati inferiori
Il test pleurico globale
Il pericardio
I test dei visceri
Il polmone
Altri organi
CAPITOLO 6
Parte generale
Il compenso-scompenso
La localizzazione delle tecniche
Le liberazioni articolari
Le liberazioni muscolari
Le liberazioni ligamento-fasciali
La liberazione dei plessi
Il sistema osteo-articolare
La sterno-claveare
Il ligamento sterno-claveare posteriore
Il ligamento sterno-claveare anteriore
Il ligamento interclaveare
L’acromio-claveare
I ligamenti coraco-claveari
La liberazione claveare generale
Lo sterno
La sterno-sternale superiore
L’induzione in sollevamento sternale
La tecnica sterno-dorsale
Le condro-sternali
Le condro-costali
Il sistema muscolare
Il sottoclaveare
Il triangolare dello sterno
Gli intercostali esterni
La parte antero-laterale
La parte posteriore
Gli intercostali interni
I sopracostali
Il diaframma
Le fasce
L’aponevrosi cervicale media
L’aponevrosi clavi-coraco-ascellare
La pleura
L’apparato sospensore cervico-pleurico
La pleura mediana
Le manipolazioni pleuriche globali
Il pericardio e il mediastino
I visceri
I polmoni
Il cuore
I plessi nervosi
Il plesso solare
La coordinazione dei plessi
collana di osteopatia
Manipolazione viscerale 1
Jean-Pierre Barral, Pierre Mercier
Manipolazione viscerale 2
Jean-Pierre Barral
Il torace
Jean-Pierre Barral
Manipolazione urogenitale
Jean-Pierre Barral
pubblicazioni periodiche