Storia
Abbiamo testimonianze di interventi chirurgici alla testa nell’antichità e quindi della presa di coscienza
dell’esistenza di involucri che avvolgevano il cervello e che andavano ricuciti.
Le fasce sono formate da t. connettivo, una rete che avvolge l’epimisio, i muscoli, l’endomisio e connette tutti
gli elementi ossei, muscolari e viscerali.
Leonardo aveva evidenziato nei suoi disegni il tessuto fasciale.
Nel 1500 Baglivi riportava che il t. connettivo aveva un ruolo importante nel dare informazioni meccaniche.
Andrew Still (1870 circa), medico americano, fondatore dell’osteopatia. Era il responsabile delle riserve indi-
ane in America ed era capitano della cavalleria nordista e quindi aveva la possibilità di fare molte dissezioni
di cadaveri. Perse tre figli a causa della difterite e perciò perse fiducia nella medicina ufficiale e nei farmaci.
Cominciò a studiare il corpo umano del cadavere e fu colpito dalla presenta della rete fibrosa del t. connettivo,
di colore madreperlaceo, che connetteva tutti gli organi del corpo.
Negli anni ‘30 una fisioterapista di nome Dicke era afflitta da arteriopatia obliterante e fu ricoverata per l’ am-
putazione di un arto inf. Durante il ricovero cominciò a toccare le zone dolenti: colonna, glutei e arto inf col-
pito. Col passare dei giorni notava un miglioramento della sintomatologia dolorosa, del trofismo e dell’afflusso
sanguigno all’arto colpito. Così col passare dei mesi rifiutò l’intervento e organizzò meglio il trattamento del
t. connettivale e dopo un anno guarì.
Nel frattempo in Germania i coniugi Teirich-Leube cercarono di spiegare in modo fisiologico i fenomeni rif-
lessi che si ripercuotevano sul derma (cute) e viceversa. Avevano sentito parlare dell’esperienza della Dicke e
delle ricerche svolte da Head in Inghilterra e da McKenzie e misero a punto, insieme alla Dicke, un protocollo
di trattamento di massaggio connettivale.
Head, in Inghilterra, aveva evidenziato delle zone di retrazione sul tronco che corrispondevano, secondo lui,
a organi viscerali. Più le retrazioni era dense più indicavano una anzianità della patolgia.
McKenzie invece aveva evidenziato zone di tumefazione (gonfiore) in corrispondenza di zone di infiammazi-
one acuta e subacuta.
Il massaggio connettivale è molto efficace ai fini diagnostici e del trattamento, ma è molto faticoso.
Sistema connettivale
Si parla di sistema dall’avvento della chirurgia moderna. Prima di allora le fasce erano solo un impedimento
per raggiungere gli organi o il tessuto che interessava e quindi veniva ricucito tutto insieme senza rispettare i
4 piani differenti. Tanto per fare un esempio a livello ortopedico anche oggi il perone è visto dai medici come
un osso poco importante, mentre per l’osteopatia è un osso fondamentale per la dinamica del piede.
A livello midollare (corna posteriori-mielomero) c’è un sistema di informazioni che permette di connettere
varie zone e di metterle in relazione nervosa. Su uno stesso livello midollare si hanno informazioni proveni-
enti dalla periferia, vale a dire dalla pelle (dermatomero), dai muscoli (miotoma) e dai visceri (viscerotoma),
che poi vengono trasmesse alle corna anteriori e inviate nuovamente in periferia: muscoli e visceri. Per i
visceri esiste un corno laterale che si trova su tutta la parte dorsale midollare.
Mielomero è la fetta di midollo dove arrivano le informazioni dalla periferia e dove vengono smistate le
risposte verso la pelle, i muscoli e i visceri. All’interno del mielomerro ci sono: dermotoma, miotoma, viscero-
toma. Il mielomero però non è solo un segmento midollare ma ha rapporti anche con i mielomeri superiori e
inferiori.
La colonna ossea e il midollo spinale sono, in fase embrionale, di uguale lunghezza, mentre a crescita ulti-
mata la colonna ossea ha uno sviluppo maggiore del segmento midollare.
E’ interessante conoscere la corrispondenza tra livello midollare e quello vertebrale.
Legge di Chippault
zona cervicale, si conta l’apofisi spinosa + 1 (es. a livello di C3 devo sommare + 1, quindi ho la IV radice cervi-
cale)
zona dorsale (fino a D6), numero della spinosa + 2
da D6 a D10, n° della spinosa + 3
da D11, l’uscita della III-IV-V radice lombare (radice significa che siamo all’interno della colonna vertebrale)
1
D12-L1, le radici sacrali e coccigee
Epoca moderna
Gabarel e Roques, due belgi, considerano 3 livelli di fasce (a seconda della profondità), paragonabili a cilin-
dri, ognuno all’interno dell’altro, che si muovono in sensi contrari uno rispetto all’altro.
Sergio Paoletti mise a punto l’anatomia (3 piani antomici) e fece una suddivisione in sistemi funzionali (di
cui avevano parlato anche Gabarel e Roques)
Poi abbiamo Busquet, Ida Rolf, Tricot, Souchard, Mezieres, Bianfait...la ginnastica posturale
Luigi Stecco
Thomas Mayers, americano, paragona il s. fasciale al sistema ferroviario, con stazioni e treni veloci, regiona-
li....
Pierre Tricot, .....è un libro da leggere al IV anno.
Caiazzo (?)
E’ bene distinguere tra fasce intese come miofasciale (vale a dire il lavoro di Busquet, le catene muscolari, i
contenitori muscolari) e il t. connettivale profondo, che troviamo anche nella cellula
Embriologia
Il t. connettivale ha una matrice embrionale ed è questo che spiega perché è presente in tutti i tessuti e la
globalità, vale a dire relazioni tra organo/strutture anche lontane l’una dall’altra
Dalla fecondazione dell’ovulo si formano due dischi embrionali: ectoderma/ectoblasta e endoderma/endo-
blasta.
Circa al 15° gg dalla fecondazione si forma un terzo disco, il mesoderma/mesoblasta, che si pone tra i due.
Da questi 3 dischi derivano tutti i tessuti del nostro corpo, che formeranno gli organi.
Ectoderma, originano i tessuti nobili, vale a dire che non si riproducono (per es. sistema nervoso)
Mesoderma, t. connettivale
Endoderma, i t. viscerali
dall’Ectoderma originano
SNC e periferico, epitelio sensoriale degli organi di senso, epiderma e suoi annessi (peli, unghie e ghiandole
cutanee, es. sudoripare, ghiandole mammarie), ipofisi, smalto dei denti.
Nell’uomo abbiamo struttura corporea (materia) -s. viscerale (movimento) -s. nervoso (spirito)
3 cerchi che si intersecano delimitando delle aree comuni
SPIRITO
ectoderma
SF* MOVIMENTO
S.N.C. endoderma
traumi viscerali
diafram. craniale o tentorio
traumi psichici (anima) diafram. toraco-addominale
tecniche funzionali disfunz. emozionali
tecniche a energie
muscolare (TEM)
4
2.Ginocchia. Spinta perpendicolare ai piatti
tibiali. Non è una contrazione del gran dorsale
ma è il corpo che si lascia andare, piegando un
p�����������������������������������������������
ò le ginocchia���������������������������������
. L������������������������������
’�����������������������������
Osteopata sente quale artico-
lazione gli dà più resistenza. Elimina quella che
gliene dà meno.
TEST di bilanciamento
Metto in bilanciamento le zone più lontane (anca e caviglia), sia che siano omo che controlaterali. Rimarrò
con 1 articolazione, su cui farò il test di mobilità. Se alla fine del test di bilanciamento le articolazioni da
testare sono dallo stesso lato e vicine devo cercare una posizione comoda delle mani. Oppure fare la tec-
nica di sommazione. Se per esempio sono rimaste anca e ginocchio omolaterali, comincio a fare pressione
sull’anca finchè sento che il tessuto non cede più, mantengo la tensione sull’anca e passo al ginocchio. Mi
fermo allo stop dei tessuti, tengo anca e ginocchio e torno sull’anca per sentire se cede ancora un po’ . Tengo
il nuovo grado di pressione e torno sul ginocchio...così fino ad avere l’articolazione più rigida.
Negli arti non ci sono le aponeurosi medie ma solo quelle superficiali e profonde. L’aponeurosi media si con-
fonde subito con quella profonda.
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PIEDE
Parte plantare
L’aponeurosi si suddivide in
superficiale e profonda
aponeurosi
plantare Aponeurosi Plantare SUPERFICIALE
aponeurosi media Esistono 3 porzioni:
plantare
interna mediana o centrale, interna e esterna.
aponeurosi Tutte e tre partono dalla tuberosità cal-
plantare caneare formando una lamina spessa
esterna madreperlacea a forma triangolare,
con apice posteriore.
L’aponeurosi plantare PROFONDA (APP) ha delle fibre piuttosto trasversali e si inserisce sui bordi inferiori
del I e V meta> avvolge la parte inf dei metatarsi e i muscoli interossei plantari formando il leg. intermeta-
tarsale trasverso profondo. Mantiene l’arco plantare trasversale tra I e V dito.
Parte plantare
SUPERFICIALE
mediana | leg trasverso superficiale e leg interdigitale
interna
esterna
PROFONDA | leg. intermetatarsale trasverso profondo
Parte dorsale
SUPERFICIALE
PEDIDIA
PROFONDA
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Parte dorsale
Ci sono 3 aponeurosi dorsali:
1. AD Superficiale
2. AD Pedidia (perché avvolge il m. pedidio o m. estensore breve delle dita> ori-
gina dal seno del tarso e si inserisce sulle prime falangi delle ultime quattro dita)
3. AD Profonda o interossea
L’aponeurosi dorsale ricopre i tendini dei mm. estensori e continua indietro e in
alto con i 3 legamenti anulari del tarso, che fanno da tramite verso al membrana
interossea della gamba.
1. Aponeurosi Superficiale> ricopre le guaine dei tendini dei mm. estensori
(retinaculum degli estensori) e continua indietro-alto con i 3 legamenti anulari del
tarso, che fanno da tramite verso la parte più profonda delle fasce a livello della
gamba, vale a dire l’aponeurosi tibiale e la membrana interossea della gamba.
L’aponeurosi superficiale dorsale va a collegarsi senza soluzione di continuo con
l’aponeurosi plantare superficiale interna ed esterna.
2. Sotto abbiamo l’aponeurosi Pedidia, che avvolge il m. pedidio, passa sotto i
tendini, ricopre i vasi pedidi e il nervo tibiale ant (quindi può dare disfunzioni dei
vasi e dei nervi) e si inserisce esternam. sul bordo del V meta e internam si ricongi-
unge all’aponeurosi superficiale a livello della guaina del tendine del m. estensore
lungo dell’alluce.
3. L’aponeurosi dorsale Profonda o interossea ingloba i metatarsi e ricopre i mm. interossei dorsali.
Bisogna pensare che tra piano profondo e superficiale ci sono sempre dei collegamenti.
AP profonda
APS mediana
Se invece un atleta si fa male e si pensa ad una contrattura, si tratta di una contrattura da allungamento
brusco (stiramento) o da troppo accorciamento? Bisogna fare una diagnosi differenziale con un test di
palpazione. Si mettono le mani sulla fascia muscolare e si chiudono gli occhi. Se le mani tendono ad allon-
tanarsi non faremo stretching o massaggio trasverso profondo, perché le fasce hanno subito un trauma da
stiramento.
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PRATICA
Fascia plantare superficiale
Pz supino, Osteopata seduto ai piedi del Pz
Test con il pollice
Con il pollice a martello si fanno alcuni
passaggi sulla pianta del piede per
sentire se ci sono delle granulazioni.
Partendo dalla posteriorità verso
l’avampiede. Se ci trova un granulo
come un chicco di caffé e dolente bi-
sogna fare attenzione perché potrebbe
essere un tumore. Se si trovano delle
granulazioni morbide si possono trattare facendo dei passaggi più profondi e più lenti. Si può anche far
mettere il Pz prono con il ginocchio flesso a 90°.
Test di allungamento e
accorciamento
Punto fisso con il pollice e teste metatarsali
punto mobile all’altezza delle
teste metatarsali. Bisogna es-
sere al punto giusto.
Sotto la pelle, sotto la fascia superficialis, ma a livello dell’aponeurosi superficiale. Se non dovesse andare in
allungamento, sarebbe una disfunzione osteopatica in accorciamento.
Posso fare una tecnica diretta, vale a dire faccio un’azione contro la barriera motrice e sfruttando la respi-
razione (l’Esp del Pz, fase di rilassamento) cerco di allungare l’aponeurosi. Oppure faccio una tecnica di
aggravamento, vale a dire accompagno la fascia in accorciamento e quando sento che la fascia è arrivata
al suo limite l’accompagno in allungamento. Poi ci sono delle tecniche funzionali in cui ci si mette in relazi-
one con l’impulso ritmico craniale (IRC) e in una fase di espansione faccio l’allungamento.
Test di allungamento
e accorciamento
8
Nel caso di
una fascia
pedidia re-
tratta ci sarà
Est Abd e RI
dell’alluce.
Per fare la
riduzione
bisogna
mettere un
punto fisso
prossimale. alluce in E-Abd-RI la “X” indica il punto fisso per
(in RI la faccia plant dell’alluce guarda verso l’int) allungare l’apon. pedidia
F
La correzione consiste
nel mettere l’alluce
in decoattazione e
invertire i parametri,
quindi F Add RE....
Add RE
e fare una sid- riduzione di una fascia
erazione (tec- pedidia retratta
nica energetica
vibratoria e
vibrazionale
che rilascia i
corpuscoli di siderazione
Pacini)
Variante:
siderazione
con l’altra
mano
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Legamenti anulari del tarso o retinaculum degli estensori
C’è un fascio sup, trasversale (al di sopra dei malleoli), 2 inferiori, dal malleolo int al
cuboide e l’altro dal cuboide allo scafoide. Sotto di essi scorrono i tendini dei mm.
estensori.
In inversione i tendini
degli estensori vanno
all’esterno e quindi si può
testare la loro mobilità
verso l’esterno.
10
In eversione il contrario,
vanno verso l’interno.
Mettiamo che l’estensore comune delle dita non vada verso l’interno
Metto il piede in eversione (la posizione favorente, perché in eversione i tendini vanno verso l’interno)
Aggancio i tendini che non si muovono e sidero.
siderazione in eversione
sem 3
Membrana interossea
È molto profonda. Machietti mostra con le mani il piano su cui si trova la membrana. L’80% delle fibre
che la compongono vanno dalla tibia al perone e sono disposte verso basso-dietro-fuori. Poi c’è il rin-
forzo nel 3° sup e inf con delle fibre, dal perone alla tibia, direzionate in senso opposto. Questo incrocio di
fibre lascia dei fori per il passaggio di elementi vascolo/nervosi.
Nella membrana interossea abbiamo due fori principali (ce ne sono anche altri ma solo 2 sono considerati
inportanti in osteopatia):
foro sup (nel 3° sup della gamba), per il passaggio dell��������������������������������������������������������
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arteria tibiale e del nervo tibiale anteriore o n. per-
oniero profondo
11
foro inf (nel 3° inf della gamba), per il passaggio dei vasi peronieri e del nervo pedidio
Se c’è per es. una restrizione del foro sup potremmo avere una irritazione nervosa del tibiale ant (di un
ramuncolo dello SPE) e ripercussioni vascolari, quindi un minor apporto arterioso, con presenza di crampi,
spasmi, parestesie nella loggia antero-lat della gamba e del piede.
Se c’è per es. una restrizione del foro inf avremo delle ripercussioni soprattutto vascolari di ritorno venoso,
quindi edemi e gonfiori a livello del piede.
Oltre a un interesse nervoso e vascolare la membrana interossea è importante dal punto di vista meccanico
perché s’inseriscono tutti i muscoli della gamba che arrivano fino al piede.
La membrana mischia le proprie fibre con quelle del periostio tibiale e peroniero. La membrana può dis-
tribuire o no le tensioni muscolari. Se non le ridistribuisce potremmo avere delle restrizioni di mobilità.
La membrana ha inoltre una funzione di tenuta tra tibia e perone. La tibia ��������������������������������
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un pilone mentre il perone orga-
nizza i movimenti soprattutto della caviglia (del retropiede).
Un trattamento della membrana interossea può essere fatto prima di una manovra di correzione di una
disfunzione sulla gamba, sul ginocchio o la caviglia oppure, preferibilmente, dopo un trattamento di dis-
torsione di caviglia (ved. protocollo di un trattamento ideale dato da Di Branco), per ristabilire gli equilibri
tensionali tra piede e ginocchio e le fasce di tutto l’arto inferiore.
La membrana interossea è la massima rappresentazione dell’aponeurosi profonda a livello dell’arto inferiore.
Bisogna ricordare che negli arti abbiamo solo 2 aponeurosi: superficiale e profonda, manca quella media.
E’ molto interna, abbastanza dura, madreperlacea, si trova su un piano parafrontale, divide la gamba in 2
logge:
1. ant-est (mm. estensori del piede, compresi i peronieri)
2. post-int (mm. flessori del piede)
La tensione di uno qualsiasi di questi muscoli può portare alla tensione della membrana interossea. La
tensione o va sul periostio o addirittura sulle trabecole o va in superficie. Noi non toccheremo mai la mem-
brana, a causa della presenza dei muscoli, ma sempre altri tessuti. Trattamento diretto con un contatto
indiretto.
A parte gli aspetti meccanici la membrana interossea ci interessa anche per altri aspetti. Ha infatti, insieme
alla membrana dell’avambraccio (di cui parleremo quando faremo l’arto sup), un’origine embriologica in
comune con i legamenti sospensori dei visceri e con gli involucri dei visceri. Siccome i tessuti hanno
memoria, chimicamente ci sarà sempre uno scambio tra membrana interossea e sistema viscerale, perché le
cellule da cui originano hanno la stessa matrice embriologica. Questo fa sì che ci siano degli scambi chimici
e piezoelettrici che si mettono in moto solo per via meccanica. Anche le informazioni ormonali viaggiano su
questo sistema reticolare-fasciale. La relazione con i visceri ci deve far pensare al sistemo nervoso neuroveg-
etativo-endocrino.
Chi ha spesso una distorsione di caviglia può avere una predisposizione a disturbi viscerali (app. digerente,
intestino). Oppure viceversa.
Per fare un altro esempio possiamo pensare al tunnel carpale, una patologia che spesso si presenta nelle
donne con una situazione ormonale particolare, per es. donne in menopausa oppure donne in allattamento.
In queste donne il tunnel carpale non è giustificato. In questi quadri bisogna curare prendendo tempo.
Bisogna valutare il quadro osseo, fare dei test di mobilità, perché per es. una disfunzione del semilunare o
del legamento anulare del carpo possono comprimere il n. mediano. La patologia del tunnel carpale (quindi
un’usura dei polsi) si giustifica in persone che lavorano nell’industria dei pneumatici, perché usano le mani
per tagliare, oppure persone che lavorano nelle cave con gli scalpellini o i martelli pneumatici (in questi casi
si formano delle calcificazioni a livello epitrocleare), oppure i potatori.
Un altro caso ������������������������������������������������������������������������������������������
rappresentato dalle persone che����������������������������������������������������������
soffrono di mal d’auto o mal di mare. Posono avere un mi-
gloramento da un trattamento della membrana interossea. Da provare!
Consigliato nei seguenti casi:
postumi di distorsione di caviglia, sindromi del tibiale ant. , deficit di apporto e ritorno sanguigno.
Controindicazioni
Pz con varici grosse e profonde. Si potrebbe provocare il distacco di un trombo.
12
PRATICA
piano della direzione dell’80% direzione dell’80% delle fibre dal perone fibre dal perone
membrana delle fibre dalla tibia fibre dalla tibia al alla tibia alla tibia
al perone (sopra) perone (sotto) (sopra) (sotto)
Si può procedere in due modi:
1) secondo i canoni del test di pressione, quindi in 6 fasi. Passo il pollice su tutta la lunghezza della mem-
brana, partendo dall’alto o dal basso. Proietto la pressione dalla superficie in profondità, cercando delle ten-
sioni. Faccio il test di pressione sia davanti sia dietro la membrana. Quando lo faccio dietro devo usare otto
dita e le posiziono nel setto intermuscolare che divide i due gemelli. Se trovo 2 o 3 zone di tensione devo
poi fare il test di bilanciamento, ossia scegliere la zona più resistente delle 3. Di solito le tensioni anteriori e
posteriori corrispondono.
test di pressione test di pressione posizione delle dita test di pressione test di pressione bilanciamento
con il pollice con il pollice dietro la gamba dietro la gamba dietro la gamba
dall’alto in basso dal basso in alto (alto) (basso)
Poi devo fare il test di mobilità della membrana interossea e quindi
devo spingere dietro-medialmente e avanti-esternamente.
A seguire devo fare il trattamento (o manovra di correzione), rifare il
test di mobilità e quello di pressione. In questo primo modo di trat-
tare la membrana lavoriamo a livello meccanico, vale a dire togliamo la
tensione meccanica.
spinta spinta
dietro avanti
mediale esterna
13
2) Trattamento di tutta la
membrana interossea (con-
sigliato da Maschietti). In
questo secondo modo lavo-
riamo a livello energetico-
informativo. Ci sono diverse
tecniche. È un trattamento
faticoso, perché ci sono delle
persone con i polpacci grossi e
robusti. In questo caso biso-
gna calcolare almeno 15 min.
a) contatto tibia e perone po-
steriormente. L’Osteopata è in
piedi perché in questo modo
può fare più forza.
b) pollici in direzione delle
fibre
a a. Osteopata in piedi b
c) otto dita sul polpaccio, perpendicolari
ai due gemelli, vanno in profondità e li
separano.
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punto fisso dietro muovo stop muovo
Esistono dei test per i tre tipi di concavità. Con i pollici devo fare punto fisso e con le dita il punto mobile.
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test concavità esterna test concavità interna test concavità anteriore
Se c’è plasticità vado oltre. Se non c’è plasticità, cerco di definire meglio la zona di tensione, quindi ripeto il
test su porzioni più ristrette della tibia
3. un recoil, ossia una manovra energetica contro la barriera motrice, che come un’onda va a dissipare le
tensioni. Come si esegue? Si appoggiano i due pollici uno sull’altro sulla zona in tensione e si accumula
tensione, si mantiene, poi si va alla ricerca, su un altro piano, di una seconda tensione, si mantengono tutte e
due, si cambia ancora piano e se ne cerca una terza. Poi si fa il recoil. Si spinge per creare una concavità. Op-
pure si mette tensione per creare un rimbalzo: tecnica del rebound (= rimbalzo).
16
recoil: tensione 1 recoil: + tensione 2 recoil: + tensione 3
direzione della spinta del recoil direzione della spinta direzione della spinta
del rebound (rimbalzo) del recoil (verso il lettino)
per una concavità anteriore
Es: faccio un test di concavità interna e mi accorgo che la tibia non va in questa direzione. Allora devo fare
una manovra di correzione per portare la tibia in concavità interna. Per fare il recoil dovrei mettermi dal lato
controlaterale alla tibia da trattare, invece con il rebound rimango dallo stesso lato della tibia da trattare.
1
2 3
1 2 3
Test sulla tibia
Essendo un osso lungo, devo sentire se si fa per es.
concavizzare esternamente (Fig. 1). Devo sentire la
qualità e non la quantità. Se sento che non riesco a
creare una concavità, vado a cercare le zone di densità,
prossimali e distali, e dove siano presenti faccio una
tecnica diretta contro la barriera motrice. E’ una tec-
nica di siderazione: 3 punti di appoggio (2 estremi e 1
centrale, Fig. 2), messa in tensione (Fig. 3), siderazione
(Fig. 4).
4
Di solito è il III inferiore della tibia la zona più soggetta a tensioni, perché ci sono meno muscoli, c’è l’articola-
zione della caviglia da sostenere, c’è meno spazio. Dopo aver fatto la siderazione rifaccio il test di concavità.
A seguire faccio un test per concavizzare internamente. Se sento che non riesco a creare una concavità inter-
na, vado a cercare le zone di densità.....ved. sopra.
5 6
Ginocchio PRATICA
Il Pz è supino con un cuscinetto sotto il ginocchio (Fig. 7), che consente le rotazioni. L’Osteopata deve poter
appoggiare i gomiti sul lettino. In questa posizione si fanno i test e, se si evidenziano delle restrizioni di mo-
bilità, bisogna trattarle e liberarle.
Test
RI e RE (Fig. 8)
Scivolamento int e Scivolamento est (Fig. 9, 10)
Scivolamento ant e Scivolamento post (Fig. 11, 12)
Decompressione e Compressione (Fig. 13, 14). Servono a ristabilire un equilibrio idrico e di posizionamento
dei menischi
18
7 8 9 10
Il Test di Compressione-Decompressione si può fare a due mani (Fig. 13, 14).
11 12 13 14
Test di Rotazione
La mano craniale fa una presa ben fissa sul femore, la rima articolare è libera, la mano caudale è sulla tibia
(Fig. 15). Immagino un piano orizzontale su cui far scorrere la tibia (Fig. 16). Si possono chiudere gli occhi
per concentrarsi. Il movimento non è visibile, ma si sente. Nel caso di una Rot int libera, si ha la sensazione di
un movimento che non finisce mai.
Non è un movimento quantitativo, quindi il piede non deve ruotare (Fig. 17), ma qualitativo.
16
15 17
19
Test di Scivolamento Ant
È l’unico caso in cui cambio il
punto fisso, che diventa per-
ciò la mano caudale (Fig. 18,
X
la mano sulla tibia con la x),
mentre la mano craniale spinge
verso la posteriorità.
18
Trattamento
Tecnica di aggravamento
Se per es. la tibia non va in RE si può optare per una tecnica di aggravamento: 1) si spinge verso la maggiore
ampiezza 2) si mantiene quando si arriva al massimo e si cerca di andare ancora un pò in quella direzione
3) quando si è al massimo e si sente che la struttura vuole tornare indietro, la si riaccompagna in correzione
(come caricare una molla).
Tecniche funzionali
Bisogna mettersi in ascolto dell’ IRC (impulso ritmico craniale), perché non si induce più niente. Nella fase di
F di solito il femore va in RI e la tibia in RE. Globalmente l’arto inf fa una RE, ossia tutto l’arto ruota esterna-
mente, però per la questione embriologica e per la direzione delle fasce, c’è subito un fine corsa per il femo-
re e quindi la tibia mi dà la sensazione di andare in RE. Sono le fasce superficiali che fanno sì che l’arto inf
vada tutto in RE, mentre le fasce profonde frenano il femore e lo portano in RI rispetto alla tibia che procede
in RE. Quindi devo valutare la RE della tibia in F e la RI nella fase di E, di ritorno.
Se la RE è minore della RI, la fase di F è meno importante dell’E.
La correzione avviene in questo modo:
nella fase di E aiuto la RI, l’accompagno
nella fase di F fermo le mani, blocco la tibia in RI
nella seconda fase di E l’accompagno ancora un po’ in RI
nella seconda fase di F blocco ancora
per 3-4 volte
finché non sento che si è caricata bene e allora nella fase di F la riaccompagno in correzione. Oppure può
succedere che non sento più niente. Questo vuol dire che le fasce si stanno organizzando a livello centrale
(le membrane di tensione reciproca) e poi ricomincerà l’IRC.
Siderazione sul m. popliteo (Fig.
19, 20, 21). È un intrarotatore.
Ha delle connessioni con il leg
popliteo e il leg menisco-femo-
rale (connesso al corno post del
menisco est). Non dobbiamo
sbagliarci con i mm. semimem-
branoso, semitendinoso e
gastrocnemi. Si può fare un test
per vedere se va meglio in alto-
19 20 21 dentro o basso-in fuori. Ma per
Fasce della coscia esperienza basta farlo vibrare e
Distinguiamo due setti intermuscolari, che dividono due logge: una si hanno buoni risultati a livello
antero-esterna e l’altra postero-interna (Fig. 22). Nel disegno si vede dell’equilibrio tensionale del gin.
una sezione orizzontale della coscia, al centro il femore, i 2 setti e le 2 logge. I due setti s’inseriscono sul
periostio. A livello dell’inserzione troviamo un canale che contiene vasi e nervi (non sono quelli importanti,
come per es, la safena o il n. femorale; infatti i nervi importanti hanno percorsi preferenziali, come per es. il n.
sciatico). Il setto è un accollamento della fascia che delimita delle logge. Ogni volta che troviamo un accol-
lamento (evidenziato dalla freccia), troveremo anche uno sdoppiamento, vale a dire un’altra loggia (Fig. 23,
20
24, 25). Dentro ciascuna loggia ci sono dei gruppi muscolari e delle logge più piccole (Fig. 26). Poi avremo
dei singoli muscoli, dei gruppi di fibre, le singole cellule, fino ad arrivare a strutture molto fini, il citoscheletro
(Fig. 27). Da qui parte la teoria della tensegrità, di cui parleremo nei prossimi anni. Le tensioni che si trovano
all’interno si possono trovare anche all’esterno.
22 23 24
25 26 27
Quindi la rete fasciale da molto fine, mi-
croscopica, diventa poi più macroscopica,
quindi le tensioni che si trovano all’interno,
si possono ritrovare all’esterno, a livello del
setto intermuscolare interno e esterno, che
sono le zone da trattare (Fig. 28).
28
21
Setto intermuscolare interno (SII)
A questo livello troviamo il canale degli ad-
duttori, che nel III inferiore prende il nome di
canale di Hunter (Fig. 29).
29
Questo canale ha una direzione dall’esterno
verso l’interno, è arrotolato (Fig. 30).
30
Questo canale si raddrizza se facciamo una F e RE d’anca
(Fig. 31).
31
Il SII rappresenta il limite tra la loggia po-
m. vasto steriore e quella antero-esterna (Fig. 32).
mediale
32 33
Esso si trova tra il m. vasto mediale (Fig.
33, 34) e il m. grande adduttore (Fig. 35).
m. grande
adduttore
34 35
22
Test sul decorso del SII per
sentire se ci sono tensioni
(Fig. 36, 37, 38).
36 37 38
Trattamento del SII (Fig.
36. 37, 38). Nella Fig. 41
Maschietti fa vedere la
direzione in cui devono
trazionare le dita.
Bisogna sempre fare
attenzione perché si passa
vicino a vasi e nervi.
39 40 41
Setto intermuscolare esterno (SIE)
Si trova tra il retto femorale e il tensore
della fascia lata (Fig. 42).
42
Il test cerca le tensioni a livello del m. tensore o
della bendelletta ileo-tibiale. Si può muovere in
avanti (Fig. 43).
43
E indietro (Fig. 44).
44
23
Se si sente per es. una tensione verso dietro, si può fare una siderazione. L’osteopata è dallo stesso lato
dell’arto da trattare. Siderazione: aggancio (Fig. 45) e siderazione (Fig. 46, 47).
45 46 47
sem 5 Maschietti
Triangolo di Scarpa
È difficile che si faccia un trattamento di questa zona. Si fa solo nelle patologie vascolari e linfatiche (quindi
con problematiche di irrorazione o drenaggio).
Il triangolo di Scarpa è delimitato dai seguenti muscoli e legamenti:
sartorio (bordo int del m. sartorio)
pettineo (bordo est del m. pettineo)
leg inguinale (base sup)
Questo triangolo è il proseguimento del canale inguinale. Ricopre la parte vascolare della radice della coscia.
Una tensione dell’aponeurosi che ricopre questo triangolo può dare delle costrizioni al pacchetto vascolo-
nervoso che passa al di sotto. Dovremo cercare di tenere libera da tensioni questa zona. Ricordate che sotto
il leg inguinale passano importanti nervi e vasi nei due sensi, sia verso l’arto inf che verso il torace.
Per ogni triangolo (o quadrilatero) da trattare si trattano i lati facendo dei punti fissi e dei punti mobili.
Test
Per testare l’elasticità del triangolo di Scarpa, si fa per es. punto fisso sul leg inguinale, che va dalla SIAS al
tubercolo pubico (x gialla della Fig. 1) e si tira il bordo esterno del m. pettineo (freccia bianca della Fig. 1) op-
pure si fa punto fisso sul leg inguinale e si tira il bordo interno del m. sartorio (Fig. 2) oppure il leg inguinale
fa da punto fisso e si tira sui due punti mobili, bordo int e est insieme (Fig. 3), per rendersi conto se c’è una
tensione.
1 2 3
24
Poi si fa una palpazione per sentire
se la zona è dura o morbida, se ci
sono delle tensioni o delle granula-
zioni (Fig. 4). Ci possono essere dei
linfonodi e si può sentire anche il
battito dell’arteria.
4
La correzione si farà in uno dei modi seguenti:
1. un punto fisso e un punto mobile oppure un punto fisso e due punti mobili (Fig. 5, 6, 7)
2. aggravamento: si accorcia la fascia ancora di più, come per caricare una molla e poi si allunga (Fig. 8, 9)
5 6 7
8 9
Legamento inguinale
Reperimento (Fig. 10). Test di tensione (Fig. 11).
10 11
Trattamento con tecnica di siderazione secondo Moneyron
1) faccio scorrere un po’ di pelle sul legamento o tendine che sto trattando (Fig. 12, 14, 15) e poi ritorno
facendo la siderazione (Fig. 16), in senso trasversale-perpendicolare (Fig. 13) alla direzione delle fibre del
legamento e invece parallelo al pacchetto vascolo-nervoso.
25
12 13
14 15 16
Moneyron
E’ un osteopata che ha ideato prima un test e poi un trattamento con questo tipo di siderazioni trattando il
Paz in piedi. E’ un argomento che si affronta in corsi post-graduate.
Membrana otturatoria
Va ad otturare il foro otturatorio. Si trova tra la branca ileo-pubica,
la branca montante ischio-pubica e l’ischio. S’inseriscono sopra i
mm. otturatori, interno ed esterno, in alto c’è un foro dove passa
il n. otturatore. E’ un elemento che organizza le pressioni interne
del bacino, ristabilisce gli equilibri pressori-tensionali tra l’arto inf e
la pelvi. A volte in presenza di una congestione della pelvi o delle
fasce profonde a livello della pelvi, può essere risolutivo o comun-
que ottimo trattare la membrana otturatoria. E’ come una pelle di
tamburo tesa sul foro otturatorio. Se aumenta la pressione dentro
il bacino la membrana cede. Per questo motivo si fa un test respira-
torio per valutare se la membrana è tesa o rilassata.
Si divide artificialmente la membrana in una zona sup-esterna e un’altra inf-interna. L’elemento divisore è
l’inserzione del m. Grande Add.
Test respiratorio sulla parte
sup-esterna del foro
Per trovare la porzione sup del
foro si segue con il dito medio
(Maschietti sconsiglia di usare il
pollice, Fig. 17, 18) il bordo sup
del m. Grande Add. In questo
modo si arriva sulla parte inf
della branca pubica. Da qui,
scendendo in basso, si trova
17 18 19 si trova la parte sup-esterna
del foro. Invece facendo un po’ di add d’anca si può arrivare a toccare la parte interna dell’artic. coxo-femora-
le (Fig. 19).
In inspirazione il diaframma si abbassa, i visceri vengono spostati in basso, aumenta la pressione nel bacino
e la membrana cede verso il basso.
26
Attenzione: se il Paz fa una respirazione toracica non ingaggia i visceri, quindi c’è il rischio di non sentire il
movimento della membrana.
Riduzioni
1) Se la membrana è tesa, si fa una leggera pressione per vincere la barriera visco-elastica. Oppure una
vibrazione che va sempre più in profondità, guadagnando durante l’espirazione (Fig. 20). Oppure dei movi-
menti circolatori con il pollice (secondo Bonetti) guadagnando in profondità ma senza forzare e rispettando
l’elasticità della membrana (Fig. 21). Oppure con il pollice sulla membrana si mobilizza l’anca con l’intento di
detendere la membrana (Fig. 22, 23).
2)Se la membrana è detesa si fa, in INsp, una vibrazione e si rilascia in modo brusco, per stimolarne il tono
20 21
22 23
Test respiratorio sulla parte inf-interna del foro
Per trovare la porzione inf del foro si segue il bordo inf del m. grande add e si arriva sulla porzione inf del
foro. Da qui salendo si trova la parte inf-interna del foro.
27
Srotolamento dell’arto inf
Ha lo scopo di riarmonizzare le fasce dell’arto inf
dopo aver ridotto le eventuali disfunzioni e quindi
alla fine del lavoro sull’arto inf o bacino. Bisogna dare
una costante compressione verso la radice dell’ar-
to (perché in compressione le fasce si rilassano) e
cercare in tutte le direzioni le tensioni. Quando si
trova una tensione il movimento si arresta (perché
c’è un blocco visco-elastico), allora si deve aspettare
che le tensioni si riorganizzino e si detendano e poi
si riparte.
Bonetti
Leg inguinale e prossimità anatomica
Dietro il leg inguinale passano, medialmente, l’ arteria e la vena femorale, e lateralmente, il m. ileo-psoas e il
n. femorale.
28
Inoltre passano dei piccoli rami. Esternamente il n. cutaneo lat. della coscia, che innerva la zona lat della
cocoscia e internamente il n. genitocrurale, che innerva la parte interna dei genitali esterni.
Tecniche di riduzione
1) Stiramento. Si comincia progressivamen-
te e lentamente ad allungare la struttura
fasciale fino a metterla in leggera tensione.
A quel punto si aspetta e quando si sente
che il tessuto si detende si procede oltre
fino a un’altra barriera visco-elastica e così
via. Bisogna fare attenzione a non forzare
perché così facendo si aumenta la tensione
fasciale anziché diminuirla.
29
2) Recoil (o togle).
Si appoggiano i pisiformi sulle
inserzioni del leg inguinale e si
mette in tensione.
30
3) fletto l’arto e continuo a comprimere
4) durante la flessione
il ginocchio si flette
e cade. Continuo a
comprimere verso la
tibia
5) uso la seconda
mano sul ginocchio,
per assecondare il
movimento e man-
tenere la compres-
sione sull’anca (una
mano spinge in
direzione della tibia
e l’altra in direzione
del femore)
31
Anno 2 sem 2 Maschietti
L’anno scorso abbiamo visto che le fasce possono essere classificate in 3 piani anatomici oppure in 3 sistemi
funzionali.
Ciascun sistema funzionale è soggetto a determinati traumi e viene trattato con tecniche adatte:
1. s. superficiale/strutturale > traumi contusivi, fratture, distorsioni... > tecniche dirette
2. s. profondo (ossia i visceri) > traumi emotivi > tecniche TEM
3. s. della dura madre > traumi psichici > tecniche di aggravamento o funzionali
Secondo Stil l’uomo si compone di Materia, Movimento e Spirito. Dall’intersezione di questi elementi origin-
nano delle strutture anatomiche:
da Materia e Spirito > Meningi o Membrane di Tensione Reciproca
da Spirito e Movimento > S. Nervoso Neurovegetativo
da Movimento e Materia > Meso o Epiploon
Ci sono diversi tipi di test, che ci permettono di capire se la disfunzione viene da uno dei suddetti sistemi
funzionali. Per es. ci sono diversi tipi di test sulla clavicola:
- test di mobilità, è un test meccanico-strutturale a carico del s. superficiale/strutturale; se qualcosa non va,
la causa è a livello di cartilagine, muscoli, ossa
- test respiratorio, è un test sul s. profondo (perché il diaframma influisce sul s. viscerale/profondo), per
vedere se c’è qualche viscere che impedisce il movimento
- test sull’IRC, per valutare il movimento delle clavicole sotto l’influenza dell’IRC; in questo caso si è in sinto-
nia con il s. della dura madre
Al termine si fa un test di bilanciamento, in cui si valuta, sulla base di ciò che si è sentito, qual è il sistema in
disfunzione.
Se il “vincitore” del test di bilanciamento è il s. superficiale, si andranno a valutare muscoli, ossa e cartilagini.
Se a vincere è il s. profondo si valuteranno i visceri. Se invece vince il s. della dura madre si valuterà il cranio,
le membrane....
Questo è il motivo per cui le fasce sono state divise in 3 sistemi funzionali e non solo in 3 piani anatomici.
1. PIANO SUPERFICIALE
Comprende solo la pelle
Pelle
È una struttura di percezione tattile munita di propriocettori ed esterocettori, che ha il ruolo di protezione
32
meccanica, termica e chimica. È un organo di difesa immunitaria con ruolo sull’equilibrio idrominerale del
corpo e nella funzione respiratoria ed escretoria.
Ci sono 3 strati di pelle:
1. epidermide, costituita da un epitelio stratificato, separato dal derma (che è sottostante), per mezzo di
una lamina basale
2. derma, costituito da fibre collagene, fibre di elastina e fibre reticolate. L’insieme delle fibre crea l’elasticità
e tutte sono bagnate da una matrice che contiene cellule connettivali.
Il derma si suddivide ancora in 3 strati:
- un circuito di fibre lasse in tutte le direzioni
- fibre felpate ad orientamento orizzontale e obliquo
- uno spesso strato di fibre collagene che entrano nell’ipoderma
3.ipoderma, composto da fasce lasse che continuano con il derma e che contengono dei pannicoli adiposi,
i quali permettono gli scivolamenti. Contiene arterie, vene, vasi linfatici e nervi (sarebbe il corion, dove c’è
l’escorazione)
33
Aponeurosi epicranica
o galea capitis
m. auricolare ant-sup
m. frontale
m. auricolare ant-sup
m. orbitale
dell’occhio
m. auricolare ant-sup
m. nasale
m. elevatore
del labbro sup
e dell’ala del naso
m. elevatore
del labbro sup
m. piccolo zigomatico m. occipitale
m. orbicolare della bocca m. auricolare post
m. grande zigomatico
m. risorio
m. quadrato del labbro inf
m. mentale
m. triangolare
platisma
* Per es. la sut. sfeno-squamosa è ricoperta dal m. temporale e quindi dall’aponeurosi del temporale e poi
dall’aponeurosi epicranica, che la mette in collegamento con i mm. occipitali, masseteri, etc. Quindi una
tensione che viene da ATM (per es. una maleocclusione) si ripercuote sui mm. temporali e magari su quelli
occipitali, oppure capita il contrario, una tensione dell’a. superficiale (a livello nucale) tira la calotta - dove si
trova l’a. epicranica -, trasmette le tensioni sui mm. frontali, temporali o masseteri, causando così una com-
pressione delle suture oppure una disfunzione di un osso craniale, per es. frontale o temporali oppure prob
lemi di vista, masticazione o occlusione.
Aponeurosi superficiale
Ricopre tutti i mm. superficiali del corpo senza avere rapporti con i visceri. Visti i suoi punti d’inserzione pos-
siamo dire che si presenza come una puleggia di riflessione che rinvia le tensioni a distanza.
Ha un ruolo meccanico.
Inizia dall’alto con l’Aponeurosi Cervicale Sup che è un manicotto che avvolge parte della nuca e del collo.
Presenta due rinforzi/incroci di fibre:
- rafe mediano ant o linea alba cervicale
- rafe mediano post
L’A. superficiale parte dall’osso ioide, ricopre i mm. superficiali del collo come lo SCOM, trapezio, mm. sovra-
e sottoioidei, si confonde con l’aponeurosi del gran dorsale e continua con l’aponeurosi lombare.
A livello del torace ricopre le spalle, il deltoide, il sovra- e sottospinoso, il gran pettorale, forma l’ a. clavi- pec-
toro ascellare, continuando con l’apo. brachiale e antibrachiale per terminare con l’ apo. palmare e dorsale
della mano. In basso, dopo aver ricoperto l’addome, arriva all’AI formando prima l’apo. glutea, l’apo. femora-
le o crurale, l’a. tibiale, per arrivare poi all’apo. plantare e dorsale del piede.
Punti d’inserzione (IMPORTANTE perché ci lavoreremo spesso dato il ruolo meccanico di questa Apo)
Davanti: osso ioide, clavicola (sul DAVANTI della clavicola, quindi una sua tensione porta la clavicola in R
post), sterno, appendice xifoidea, le branche pubiche, i leg inguinali (un rinforzo).
Lateralmente: acromion e creste iliache
Dietro: apofisi spinose da C1 a L5, le scapole (particolarmente le spine delle scapole), il sacro e il coccige
AS: ulna, radio, membrana interossea, leg. anulare del carpo
AI: faccia lat della rotula, tuberosità int e est della tibia, perone, membrana interossea, leg. anulare del tarso
Mancano le inserzioni su femore e omero, perché sono delle leve (come nelle marionette). Ogni F ed E cra-
34
niale, come pure ogni inspirazione ed espirazione, corrisponde in periferia ad una RE e RI degli arti.
Domanda: nella fase di F craniale l’apofisi basilare sale, lo stesso succede all’asse aponeurotico centrale, al
core link e al sacro, mentre in fase inspiratoria il diaframma scende e così pure tutto ciò che vi è attaccato.
Come mai in periferia non troviamo traccia del salire o dello scendere ma solo una RE o RI?
La risposta potrebbe essere cercata da un lavoro di tesi.
Aponeurosi MEDIA
Ricopre i mm. del piano medio e in profondità ha contatti anche con i visceri. Fa da tramite tra ossa, muscoli
e visceri.
Punti d’inserzione
Osso ioide, clavicola (DIETRO-POST alla clavicola, quindi in caso di accorciam provoca una R ant), I costa,
inguaina i mm. sottoioidei e si divide in due foglietti:
- Foglietto superficiale> avvolge i mm. omoioidei, gli scaleni e il piano profondo dello SCOM (quindi ha un
indirizzo muscolare)
- Foglietto profondo> forma la parete ant della loggia tiroidea e timica, ricongiungendosi in basso con il
foglietto superficiale dell’a. profonda formando la lamina tiro-pericardica.
**Fino a 10 anni fa si pensava che le aponeurosi più profonde, ossia la fascia endotoracica - che si trova
dentro il torace al di fuori della pleura - e la fascia propria - che si trova al di fuori del peritoneo - erano for-
mati dall’a. profonda, mentre studi anatomici successivi hanno dimostrato che partecipa anche il foglietto
profondo dell’a. media. A livello perineale, ossia del piccolo bacino, i tre foglietti (superficiale, medio e pro-
fondo) sono ben distinti e si ricongiungono successivamente nel centro tendineo del perineo - che si trova
tra ano e vagina nella donna e tra ano e scroto nell’uomo -.
3. PIANO PROFONDO
Comprende la dura madre e le lamine basali, che vedremo al III anno
Il Test di TENSIONE degli arti superiori (AASS) è il corrispondente del test di pressione per gli AAII e
si compone di 6 fasi. Si parla di tensione per gli AASS anziché di pressione, perché gli AASS non lavorano sot-
to carico ma in sospensione. Inoltre gli AAII sono per lo più soggetti a patologie che finiscono in -osi (artro-
si....) mentre gli AASS a patologie che finiscono in -ite (periartrite, tendinite....).
35
Test di TENSIONE degli AASS
Il Pz è seduto sul lettino o una sedia con i piedi a terra. I suoi AASS non
devono toccare il bordo del lettino o della sedia.
L’Osteopata è dietro al Pz in piedi o seduto.
Secondo Maschietti il test si potrebbe fare anche con il Pz in piedi, anche
se bisognerebbe fare attenzione ai compensi.
Questo test va fatto su 3 zone fasciali-articolari (spalla, gomito, polso) e una
fasciale (membrana interossea tra ulna e radio). Per zona fasciale-articolare
s’intende non solo l’articolazione o le articolazioni (come nel caso della
spalla) ma tutte le strutture che fanno parte della zona della spalla.
36
1c. Membrana interossea:
si mettono gli AASS in RE-
supinati, l’Osteopata testa
la plasticità ossea dell’ulna
mettendo la colonna del
suo pollice posteriorm alla
cresta ulnare.
ERRATO: gomito in
iperestensione
1d. Polsi: gli AASS del Pz sono di
nuovo in RI e l’Osteopata mette
pollice e indice di entrambe le mani
ad anello e arriva fino alle basi del I e
V metacarpo.
2.Test di bilanciamento
Si bilanciano le zone più distanti.
Se le zone rimaste sono vicine, come per es. gomito e ulna omolaterali,
si può fare una tecnica di sommazione, che consiste nel partire da una
zona, per es. il gomito, arrivando alla massima tensione, poi si aggiunge
l’ulna, arrivando anche qui alla tensione massima. Delle due zone una
cederà prima dell’altra e quindi quella che resta è la zona più rigida.
3.Test di mobilità
Per denominare la disfunzione.
5.Test di mobilità
Per sentire se la disfunzione non c’è più
Sono test qualitativi e non quantitativi, ossia si valuta la qualità del movimento. Se un test è positivo, si pro-
cede poi con la riduzione, volta a ripristinare l’elasticità fisiologica del leg.
A clavicola
B I costa
C sterno
38
Mano int: davanti allo
sterno, dito medio subito
all’int dell’art. sterno-cla-
veare, dito indice davanti
alla testa della clavicola
(quindi II e III dito sono a
cavallo della rima artico-
lare)
39
Riduzioni di un leg sterno-claveare ANT fibrotico
Il test ha evidenziato che è fibrotico e accorciato. Bisogna allungarlo.
Tecnica1
Mano int: il dito medio
aggancia internam la
testa della clavicola
Mano est: come nel test,
spinta verso la post
Si procede così:
1. L’Osteopata chiede al
Pz una INspir (perché in
inspir la clavicola viene
già in avanti) dito medio aggancia internam la testa della clavicola
2. Mano int: mette in tensione e dà con la mano int. un impulso verso l’anteriorità, un’informazione energe-
tica* alla distensione/rilasciamento (sembra una siderazione, ma non lo è; nella siderazione il movimento
avviene trasversalmente alle fibre in disfunzione).
* Si dà un’informazione al leg di rilasciarsi attraverso la vibrazione dei corpuscoli di Pacini e Ruffini
Tecnica2_pisiforme
L’Osteopata reperisce la
testa della clavicola
Mano int: il pisiforme ag-
gancia internam la testa
della clavicola
Mano est: come sopra
40
Riduzioni di un leg sterno-claveare SUP fibrotico
L’Osteopata è seduto alla testa
del Pz. Ipotizziamo che siano
interessati entrambi i legam.
L’Osteopata lavora con en-
trambe le mani e appoggia il V
meta della mano dx e sin sulla
parte sup della porzione est
della clavicola.
Si procede così:
1. Spinge verso il basso
2. Con il III e IV dito di en-
trambe le mani aggancia
il bordo inf della clavicola
medialmente
41
Test: si allontanano le due mani tra loro
nella direzione delle fibre del m. suc-
clavio: dietro-alto-fuori
Tecnica3_VIBRAZIONI
Mano est: si fanno delle vibrazioni
con il pollice oppure a 4 dita
Tecnica4
Pz in decubito lat e Osteopata dietro di lui: passa sotto oppure sopra la clavicola, cercando di contattare il m.
succlavio in profondità. Muove il braccio del Pz, che agisce come una leva e muove quindi anche la clavicola.
42
passaggio SOTTO la clavicola
leg. trapezoide
43
L’Osteopata mette le unghie
dei suoi pollici a contatto tra
loro e nella direzione delle
fibre del legamento che vuole
testare.
Test: flette le ultime falangi
dei pollici
44
1.Tecnica
Moneyron,
in senso tra-
sversale alle fi-
bre del leg. (tec-
nica Moneyron,
che abbiamo
visto per il leg.
inguinale)
45
Tecnica 2: sidera-
zione con tecnica
Moneyron sotto
la clavicola o (se si
riesce a trovare il
passaggio) dietro
ad essa.
sider. Moneyron con 3 dita sider. SOTTO la clavicola sider. DIETRO la clavicola
Riduzione in compressione
In INspirazione: si mantiene
In Espirazione: si comprime e si
guadagna
Si ripete per 2-3 volte e poi nell’ul-
tima espiraz. si dà un impulso/
informazione.
46
girare la testa del Pz ATTENZIONE al viso del Pz errato incrociare le dita errato incrociare i pollici
Clavicola_Test di DEcompressione
Mi permette di discriminare dove si
trova la densità (dove l’osso non si lascia
DEcomprimere): centro, su tutto l’osso,
estremità distale o estremità prossimale.
L’Osteopata appoggia i pisiformi con
i polsi incrociati sulle estremità di una
clavicola e cerca di DEcomprimerla.
Riduzione in DEcompressione
In espirazione: si mantiene
In INspirazione: si DEcomprime e si gua-
dagna
Si ripete per 2-3 volte e poi nell’ultima
inspiraz. si dà un impulso/informazione.
47
sem 4 scapola
La spalla è formata da 5 articolazioni:
3 normali > 1. sterno-costo-clavicolare, 2. acromion-clavicolare, 3. gleno-omerale
2 false > 1. sottodeltoidea, 2. scapolo-toracica (quest’ultima è il tema di oggi).
Art. scapolo-toracica
Sul piano orizzontale/trasversale:
- tra scapola e p. frontale si forma un ang. di 30°
- tra scapola e clavicola si forma un ang. di 60°
- 2 spazi:
1 1. spazio omo-serratico (omo da omoplata),
2
60° fra m. sottoscapolare e m. grande dentato
(o dentato ant.)
2. spazio serro-toracico o toraco-serratico,
30° fra m. grande dentato e griglia costale (più pro-
fondo e anteriore)
2
1
48
Movimenti fisiologici della spalla e muscoli che vi partecipano
ABD ADD ELEVAZIONE ABBASSAMENTO
grande dentato e Sinergia delle fibre fibre sup del trapezio, Fibre inf del trapezio
piccolo pettorale medie del trapezio e angolare della scapo- e piccolo pettorale
romboidei la, romboidei
RE RI
Grande dentato e piccolo pettorale
fibre sup del trapezio RE RI e romboidei
Fra una abd massima e una add Fra una elevazione massima e Fra massima RE e massima RI
massima c’è una distanza di 15 cm un abbassamento massimo ci avremo 60° di escursione
sono 10-12 cm
PRATICA
Palpazione del contorno/bordi della scapola, Pz seduto.
Si può partire dall’angolo inf (Fig. 1, 2) e risalire sul bordo mediale (Fig. 3) fino a sentire un rilievo, ossia la
radice della spina della scapola (Fig. 4). Seguendo la spina si giunge all’acromion (Fig. 5) e poi, scendendo
verso il basso, si segue il contorno della glena omerale (Fig. 6, 7, 8) e si scende verso l’angolo inf.
1 2 3 4 5 6
49
7 8
Si possono inoltre palpare:
- l’angolo sup, che si trova davanti alla spina della scapola (Fig. 9, 10),
- l’angolo sup-mediale (si trova superando la radice della spina della scapola, Fig. 11, 12)
9 10 11 12
Si può anche partire dall’angolo inf
(Fig. 13), e risalire sul bordo est (Fig.
14,15), e arrivare a livello della glena
omerale (Fig. 16).
L’apofisi coracoidea è sotto la clavicola e
abbiamo già visto come si fa a reperirla
al seminario sulla clavicola.
13 14 15 16
Test sulla scapola
Si possono fare sia con il Pz seduto che in decubito laterale,
ma quest’ultima posizione è più comoda.
È importante controllare l’altezza del lettino (nel video il
lettino è troppo alto!!) e la posizione del Pz (la gamba sul
lettino flessa e quella sup distesa)
50
L’Osteopata procede in questo modo:
- abduce il braccio del Pz
- con la colonna del pollice e del I
meta contatta il bordo ant della
scapola
51
TEST
add abd
elevazione abbassamento
RE RI
Le manovre del test possono diventare un trattamento se sono esguite in maniera continua.
Trattamento
Può avere due obiettivi:
1. liberare la scapola > in questo caso l’Osteopata esegue i movimenti dei test in modo continuo e ripetuto
(quello che si diceva prima)
2. decontrarre alcuni muscoli che durante i test sono apparsi tesi. Sono i muscoli che abbiamo visto prima e
che sono responsabili dei movimenti di abd-add, RI-RE, elevaz-abbass.
52
Trattamento del m. grande
dentato_2
Il Pz come sopra
L’Osteopata procede così:
- mette il braccio del Pz in RI
......e poi come sopra
Trattamento del m.
sottoscapolare_1
L’Osteopata:
mano caudale, la colonna del polli-
ce si posiziona sulla faccia ant della
la scapola (attenzione al tendine
del m. gran dorsale!)
53
Trattamento del
m. sottoscapolare_2
Attenzione: la posizione dell’Osteopata
è dietro il Pz!
L’Osteopata:
mano anteriore, le quattro dita lunghe
sono sulla faccia ant della scapola
Tecnica:
movimenti circolari della scapola in senso
orario e antiorario
Tecnica:
la mano ant cerca di andare sempre più in profondità
I trattamenti visti finora sulla scapola vanno bene in tutte le patologie che comportano tendinite, capsulite
adesiva o nevrite scapolo-omerale, dove la causa è stata una ipofunzionalità della scapola con conseguente
meccanica sfavorevole dei movimenti della scapola e instaurarsi, nel tempo, di un conflitto acromion-clavea-
re (+ conflitto del tendine del m. sovraspinoso).
Vanno anche bene nelle mastectomie.
Da sapere che la spalla è un’articolazione che subisce traumi emotivi, quindi esplorate anche la componente
emozionale.
Riflessioni
La scapola collega:
- il braccio al tronco
- il braccio alla colonna
- la sfera ant e post del cranio
- i due cingoli
- l’arto sup con i visceri
A livello dell’arto inf. avevamo visto che la membrana interossea può essere in relazione con i visceri.
Il trattamento sulla spalla prevede anche un lavoro attivo sui muscoli*. Si dice che la scapola è annegata
nei muscoli e fa da relè con le fasce dei muscoli che la circondano. Si è visto da un lavoro di tesi che trattare
attivamente i muscoli della scapola abbassa l’ipertensione arteriosa. Far lavorare dei muscoli in una zona
significa sottrarre del sangue ad altre zone (lo vedremo anche in ginecologia). Per fare un esempio è come
se in un sistema idraulico chiuso si aumentasse il diametro dei tubi o si aprisse un rubinetto: di conseguenza
diminuisce la pressione.
Il seguente trattamento dei mm. adduttori è rivolto alle trigger bands (come i trigger point) attraverso l’uso
di manovre neuroconnettivali.
Trattamento del mm. adduttori_Trigger
Band
L’Osteopata:
mano posteriore, posiziona il dito medio, rinforzato
dal IV, o il pollice a metà dello spazio tra l’ang. inf
della scapola e le apofisi spinose.
mano anteriore, sostiene la testa del Pz
Tecnica:
- il Pz deve avere la sensazione di taglio (se non ha
questa sensazione bisogna ricominciare da capo)
III e IV dito pollice ...fino all’occipite
- aggancia il tessuto connettivale, sale parallela-
mente alla linea interspinosa e arriva all’occipite,
- ruota la mano e procede in avanti verso l’apofisi
mastoidea
- conclude con una siderazione
55
Trattamento del mm. elevatori_Trigger
Band
L’Osteopata posiziona il pollice al vertice dell’ang.
scapolo-clavicolare
Tecnica:
- il pollice va verso l’interno fino a sorpassare il
m. angolare della scapola, poi sale verso l’occipite
e procede come sopra
Tecnica:
- mani a placca sulle scapole
- test meccanico: l’Osteopata fa dei movimenti meccanici di abd, add, elevaz.....
- test respiratorio: l’Osteopata chiede al Pz di respirare profond. e sente i movimenti ellittici della scapola
- test sull’IRC: l’Osteopata bypassa la respirazione e si mette in ascolto dell’IRC
- test di bilanciamento: vince quello che cattura maggiormente l’attenzione dell’Osteopata; il risultato del
test di bilanciamento mi dice quale sistema influenza la scapola.
Può succedere che i test evidenzino prima una scapola e poi l’altra. Non importa. Devo valutare quale test è
più significativo e quello mi dirà quale spalla è da indagare con i test di mobilità.
56
M. omoioideo
Ha due ventri muscolari con una zona tendinea al centro,
che fa da puleggia di riflessione; in questa zona infatti è
agganciato da una fascia - l’aponeurosi media* -, che lo
tira verso il basso (freccia bianca sulla foto) e gli fa cam-
biare direzione, per orientarlo verso dentro-alto in corri-
spondenza dell’osso ioide.
Origine: parte ant, alta della scapola (omo = omoplata,
scapola).
Inserzione: osso ioide
57
Emitorace dx visto dal davanti
Freccia bianca: domo pleurico
Linea bianca continua: il perimetro del pericardio
Linea gialla continua: sterno
Linea bianca trattegg: il perimetro della parete toracica
post ricoperta dalla fascia endotoracica
Veduta dall’alto
Freccia bianca: la zona dove il polmone è molto
superficiale
Puntino bianco: trachea
Puntino giallo: esofago (dietro)
Veduta lat
Freccia bianca: la zona dove il polmone è molto
superficiale
Puntino bianco: trachea
58
Freccia bianca: m. scaleno ant
Triangolo giallo: zona in cui si trova il domo pleurico,
ossia l’apice dei polmoni (è palpabile)
Il domo pleurico è ricoperto (andando dall’est verso
l’int) dai seguenti tessuti:
- pelle
- aponeurosi superficiale
- aponeurosi media
- fascia endotoracica
- i due foglietti pleurici
59
platisma
60
Freccia bianca: legamenti sospensori del domo pleurico.
Ne parlano alcuni Autori (come per es. Paoletti) dicendo
che sono dei legamenti, che - come delle ”articolazioni”
fasciali-, collegano tra loro due zone fasciali interessanti
(nel nostro caso la loggia viscerale del collo con il torace).
I legamenti sospensori del domo pleurico
o leg vertebro-trasverso-costo-pleurici sono 3:
- il I fascio più int parte dal corpo vertebrale di D1 e va sul
domo pleurico, davanti al tubercolo di Lisfranc
- il II fascio parte dalla trasversa di C7 e va poco più dietro
del I fascio
- il III fascio, costo-pleurico, parte dalla porzione post del-
la I costola e arriva sulla zona del domo pleurico
61
Freccia gialla: m. omoioideo
Freccia magenta: plesso brachiale
62
C8 è un nervo che
si trova tra C7 e D1
apofisi trasversa di C7
le linee rosse sono le arterie
ganglio stellato*
3
2 vena succlavia
m. SCOM
clavicola
m. succlavio
K1 = prima costola
LEGENDA 1
1. Da qui parte l’aponeurosi clavi-pectoro-ascellare. È un’aponeurosi che ritroviamo nel cavo ascellare e che
fa da tramite tra quella superficiale e profonda
2. C1 C2 C3...sono le costole non le vertebre
3. m. scaleno Ant (si trova tra la vena e l’arteria); non è disegnato ma si trova in quella zona
* Il ganglio stellato è posteriore e fa parte della catena latero-vertebrale. È la riunione tra ganglio cervicale
inf e I ganglio toracico
63
vena succlavia*
inserzione del
m. scaleno Ant
LEGENDA 2
* Arteria e vena succlavia passano tra la I costola e la clavicola. Possono essere schiacciate da una tensione
persistente del m. succlavio
** Una disfunzione della I costola può dare complicanze nervose sul ganglio stellato (vertigini - se è coinvolto
il n. vestibolare -, vasocostrizioni di vene e arterie, problemi all’orecchio interno come acufeni e ronzii - se è coin-
volto il n. cocleare -). Il meccanismo che si crea è il seguente: spasmo del ganglio> compressione delle arterie>
non arriva più sangue necessario> vertigini, acufeni e ronzii.
64
ganglio stellato
C7
I costola
D1
cupola pleurica
65
Il lavoro sul Triangolo Sup ha lo scopo di liberare il decorso del pacchetto vascolo-nervoso.
I sintomi possono riguardare, a seconda del Pz, più i nervi o le arterie o le vene (con edemi per es.).
In presenza di una sintomatologia del plesso brachiale devo discriminare tra cause che interessano la radice
e cause piuttosto periferiche.
In caso di un percorso preciso del dolore, si può pensare ad una causa che ha colpito la radice.
Invece se ci sono dolori misti territorialmente, si è autorizzati a pensare che si tratti di una compressione a
livello periferico. Sull’arto inf avevamo visto la stessa cosa a livello del bacino.
1 2 3
4 5
Trattamento del Triang Sup_Pz seduto
1. Si possono usare le stesse tecniche del test in modo più profondo
2. Oppure si usa la respirazione. In INsp i tessuti si tendono e l’Osteopata guadagna, in ESP i tessuti si rilasciano
e l’Osteopata tiene per poi guadagnare con l’insp successiva.
66
Trattamento globale_Pz seduto
Con la mano est l’Osteopata blocca clavicola, costola e scapola mentre con la mano int
posiziona la testa del Pz per allungare:
- la zona ant-lat
- la zona lat
- la zona post-lat
- la zona post
la zona ant-lat
la zona post
67
M. omoioideo
Si può percepire il ventre muscolare prima
che si nasconda dietro lo SCOM, ossia nella
zona davanti al m. trapezio e con la clavicola
esternamente. Si sente una corda diretta in
avanti-dentro.
direzione in avanti-dentro
del m. omoioideo
Trattamento del
m. omoioideo
Ci sono 2 possibilità:
1. si può allungarlo meccani-
camente, nel senso che si al-
lontanano tra loro l’origine e
l’inserzione muscolare
68
Si può anche insegnare al Pz a fare
l’automobilizzazione.
69
3. Mano est, sul bordo ant
delle fibre sup del m. trapezio
Mano int, mobile sulla parete
post del m. SCOM
Trattamento del
m. scaleno ant
Bisogna cercare il tuber-
colo di Lisfranc, perché
su di esso s’inserisce il m.
scaleno ant. Siccome dietro
al tubercolo c’è l’arteria
succlavia e davanti la vena
succlavia bisogna essere
molto delicati.
tubercolo di Lisfranc
Attenzione a rimanere a livello fasciale e non muscolare né della pelle!
70
Trattamento globale_Pz
supino_testa fuori dal
lettino
Le direzioni di allungamento
sono le stesse viste sopra.
Con la testa fuori dal lettino si riesce ad allungare meglio la zona ant
portando la testa del Pz in estensione e la zona ant-lat combinando
estensione+rotazione.
Attenzione a non passare bruscamente dall’estensione alla rotazione!
Dopo aver allungato la zona ant è consigliabile riportare la testa in posizio-
ne neutra e in seguito ruotarla ed estenderla gradualemente.
1 2 3
4 5
71
Sem 5
TRIANGOLO INF della CLAVICOLA
Il Triang Inf è delimitato dai seguenti bordi:
superiormente > bordo inf della clavicola
lateralmente > bordo int della porzione
ant del m. deltoide
inferiormente > bordo sup del m. gran
pettorale.
Lo scorso sem abbiamo visto il triangolo sup, dove ci possono essere degli impingment,
alterazioni, costrizioni del segnale arterioso/venoso/nervoso. A livello del triangolo sup
oppure tra clavicola e I costa (dove passano - come se fossero i manici di due ombrelli -
arteria e vena succlavia) si può avere una restrizione (per es. per una contrazione del m.
succlavio, che s’inserisce appunto su clavicola e I costa) e di conseguenza delle pareste-
sie vascolari/nervose dell’arto sup.
Quando ci sono problematiche nervose va fatta una diagnosi precisa per differenziare
tra:
- problemi radicolari
- problemi tronculari
Bisogna quindi sia delimitare il territorio di distribuzione dell’irradiazione/parestesia/dolore sia conoscere l’in-
nervazione dei nervi del plesso brachiale.
Trattamento del Triangolo Inf della clavicola
1. Come per il test: si sceglie un punto fisso e un punto mobile oppure un punto fisso e due mobili
2. si usa la respirazione
3. si fa una leggera siderazione
APONEUROSI DELTOIDEA
È l’aponeurosi che avvolge il m. deltoide e permette
lo scivolamento sulla parte ossea, omerale.
I movimenti di questa aponeurosi si classificano in:
rotazione int (RI) e est (RE).
Palpazione
La presa sul m. deltoide (che è come il m. quadri-
cipite per il ginocchio) permette di avere delle in-
formazioni sul tonotrofismo del muscolo. Se c’è un
problema alla spalla il tonotrofismo del m. deltoide
si riduce.
72
Test dell’aponeurosi deltoidea
È bilaterale. Pz seduto e Osteopata alle
sue spalle.
Si procede così:
fascia - RI dell’ aponeurosi deltoidea> corrispon-
omero RE omerale de a una relativa RE dell’omero
RI fasciale - RE dell’ aponeurosi deltoidea> corri-
sponde a una relativa RI dell’omero
Si denomina la disfunzione.
RE
RI
RE
RI
2) di aggravamento >
1. si porta la fascia in RI, si aspetta,
si aggrava fino a quando si sente che la
fascia vuole ritornare
2. si accompagna in RE e si guadagna
3. si lascia e si rifà il test.
aggrav. in RI guadagno in RE
73
fascia superf. clavicola aponeurosi superf.
cervicale
sezione verticale aponeurosi aponeurosi superficiale
antero-posteriore media
della zona ascellare succlavio
aponeurosi claveo (o “clavi”)
pectoro ascellare
pacchetto vascolo nervoso
deltoide circondato dalla sua
fascia profonda
sotto-spinoso aponeurosi del
sotto-scapolare picc. pettorale:
foglietto superficiale
piccolo rotondo e profondo
gran pettorale
grande rotondo
legam. sospensore della
aponeurosi cavità ascellare
del gran dorsale o leg di GERDY
Test
Come per gli altri test (per es. il triangolo sup e quello inf ) si tratta di valutare le tensioni della struttura in esa-
me. Bisogna posizionare/gestire correttamente le mani.
Pz supino, Osteopata sul lato da testare con la mano del Pz sotto la sua ascella (è preferibile l’ascella del brac-
cio caudale, perché così si evita un’abd eccessiva).
L’Osteopata valuta con le colonne dei pollici:
- bordo ant e bordo post
- bordo int e bordo est.
Se il Pz è donna evitare di mettere la mano sul seno per contattare il bordo int.
74
presa consigliata troppa ABD posizione
dell’Osteopata
*Uno shock può essere fisico o psichico. In entrambi i casi si tratta di energia che entra e deve essere dissipata
dal sistema fasciale. Se il s. fasciale non riesce a farla uscire, l’energia si condensa in un punto rallentando la
mobilità (alcuni la chiamano cisti di energia o blocchi energetici. Si crea una disfunzione osteopatica dei tessuti.
Bisogna poi eliminare questa cisti con le tecniche più adeguate: thrust, siderazione, recoil, manipolazione
vertebrale, induzione fasciale.........(una carezza, uno sguardo). Non sono cazz....Certe volte guarisce la carezza
e non il thrust.
Alcuni anni fa è stato fatto un esperimento sul cibo che noi mangiamo. Un essere umano in buona salute emet-
te delle radiazioni e vibrazioni che sono state misurate nell’ordine di 6500 Angstrom (si legge Engstrom).
La frutta fresca e tutti i prodotti della natura stanno intorno ai 8000/9000/10.000 Angstrom, se vengono man-
giati subito. Si scende a 6000 A dopo 10 ore, a 4000 dopo 2 gg, a valori sotto zero per tempi più lunghi. Sotto
lo zero gli alimenti assorbono energia, la richiedono, sono parassiti.
Ci sono poi degli alimenti che stanno sui 6000 A e altri che stanno a zero (per es. la carne, i prodotti elaborati,
le farine).
Domanda: è possibile trasmettere con il nostro trattamento una vibrazione a 6500/8000 A? Dobbiamo pensa-
re a questo tipo di osteopatia, che va fatta con onestà, coscienza e amore. Secondo Maschietti non esiste un
protocollo di trattamento fasciale, perché è soggettivo quanto l’Osteopata decide di dare.
Controindicazioni
Tutte le formazioni nodulari infiammate: tumori, etc... (ved. sopra: esiti di mastectomie).
pisiforme
coracoide
Tecnica:
1. Pz INsp, non si fa nulla
2. Pz Esp, si mettono in tensione tutte le apon. contempor.
3. Pz INsp, non si fa nulla
4. Pz Esp, si guadagna
5. a inizio INsp, si reinforma la zona con un impulso/siderazio-
ne
siderazione
Setti intermuscolari del braccio
Ci sono 2 setti: interno ed esterno. Quello int è più delicato
perché ci passano i vasi (per es. le vene basilica e cefalica).
All’esterno si possono anche fare delle siderazioni tipo
Moneyron (mancano le immagini del setto est).
Il testo e il trattamento si fanno o con i pollici oppure
a quattro dita.
Gomito
Si fanno soprattutto delle normalizzazioni strutturali che già conosciamo (ved. Loss).
77
Avambraccio_ membrana interossea
La membrana interossea dell’avambraccio è interessante dal punto di vista vascolare e nervoso. Come per la
gamba è l’espressione più profonda delle aponeurosi, ha relazioni con i sistemi neurovegetativo e neuroen-
docrino (se una persona soffre di mal d’aria, mal di mare, mal d’auto oppure ha una situazione vegetativa non
bene equilibrata, il trattamento delle membrane interossee ristabilisce l’equilibrio del s. vegetativo).
Ogni sindrome dell’arto sup deve passare per il trattam della membrana interossea, perché è un mezzo im-
portante. In teoria si dovrebbero fare i test e il trattam, in pratica i test si fanno difficilmente, per es. nelle pseu-
do sindromi del tunnel carpale e si passa subito al protocollo di trattamento.
Indicazioni
- esiti di fratture
- distorsioni di gomito, spalla, polso, dita
La membrana interossea è sempre sottoposta a tensioni perché ha relazioni con i muscoli. Accidenti anche
superficiali si trasmettono in profondità e la membrana cerca di regolare queste tensioni rimanendovi alle
volte vittima (quando le tensioni non si dissipano e rimangono in questa sede).
Test
L’avambraccio del Pz non deve essere in ten-
sione, quindi si sceglie la posizione neutra
(né pronazione né supinazione)
1. test davanti e dietro la membrana
2. mobilizzazione delle due ossa
3. si va in profondità: anteriormente con
le dita della mano e posteriorm con i pollici
(a 90°)
5. percezione dell’IRC
78
IRC_schema
Tempo di Flessione> Arti SUP/ INF in RE globale Tempo di Estensione> Arti SUP/ INF in RI globale
Arto inf> relativa RI del femore, perché le fasce Arto inf> relativa RE del femore
della coscia confluiscono verso l’int (per questo
si sente un movimento ellittico)
Spesso nella pratica quotidiana sull’AS si testa brevemente e si fa il trattamento. Se c’è un punto preciso ci si
sofferma di più utilizzando per es. delle tecniche di aggravamento.....etc
Quasi sempre nel trattamento dell’AS si tratta ad un certo punto la membrana interossea e si finisce con lo
srotolamento delle fasce dell’AS per riequilibrare le tensioni rimaste.
Epicondilite
Spesso dipende da tensioni dei muscoli estensori (per es. nel tennista) ma in una grande percentuale di casi
si tratta di donne (che soffrono maggiormente anche di altre sindromi quali l’epitrocleiti, le tendiniti...). In tal
caso bisogna indagare se la Pz si trova in una fase particolare dove il s. ormonale sta cambiando (per es. inizio
menopausa, dopo di essa, durante e subito dopo l’allattamento, in gravidanza, tiroidite).
Protocollo di trattamento
Linee generali
- AS zona cervicale asse ormonale neurovegetativo> visceri
79
In particolare
1. test e valutazione del carpo ossia la zona di dolore (motivo per cui il Pz viene a studio), per escludere delle
disfunzioni strutturali
2. controllo dell’asse cervico-brachiale
3. cranio/occipite: per il talamo, ipotalamo, ipofisi
4. loggia viscerale del collo: per la tiroide
5. diaframma
6. fegato: è una sorta di laboratorio chimico
7. surreni, psoas
8. piccolo bacino: ovaia
9. sacro
10. arti inf (perché una disfunzione può essersi trasmessa al bacino)
80
linee trasversali linee longitudinali
C. Trattamento del dorso della mano
1. tracciare delle linee trasversali con il pollice a 90° da dx verso sin e viceversa (si sentono scrosciare sotto le
dita i tendini dei mm. estensori) procedendo dal polso verso i metacarpi*
81
82
Anno 3 sem 1
Quest’anno studieremo
- l’aponeurosi media ad indirizzo muscolare
- l’aponeurosi profonda (torace, addome, pelvi > le vedremo in modo generico)
- faringe e laringe
- test fasciali sul diaframma
- test fasciali sull’asse aponeurotico centrale
- test e trattam delle membrane di tensione reciproca (falce del cervello e tentorio del cervelletto)
Interessi
- Il fogl profondo dell’apo media si interessa della pervietà dei vasi venosi dello stretto toracico sup con un fo-
glietto teso tra i due mm. omoioidei. In questo modo protegge ed aiuta il drenaggio dei grossi tronchi venosi
che vanno dal cranio e dall’arto sup verso il torace.
La giusta tensione dell’aponeurosi fa sì che ci sia la giusta pervietà dei vasi; una tensione abnorme comporta
una difficoltà del grosso ritorno venoso.
- Dà protezione e sostegno, attraverso la creazione di una loggia, a tiroide e timo (il timo è una ghiandola che
in seguito si riassorbe)
- Sospende il pericardio.
Qualche anno fa si pensava che solo l’a. profonda facesse parte dell’asse aponevrotico centrale; in seguito a
dissezioni anatomiche si è visto invece che anche il foglietto profondo dell’ a. media vi prende parte.
Quindi quando si parla di fasce per es. del torace (es. fascia endotoracica) bisogna pensare che una certa per-
centuale è data dal fogl profondo dell’a. media.
Il fogl superf dell’a. media (ad indirizzo muscolare) ricopre i mm. scaleni e s’inserisce post sulla clavicola. Inve-
ce SCOM e m. trapezio sono ricoperti dall’a. superfic, che s’inserisce ant sulla clavicola.
Una tensione maggiore dell’a. superfic comporta una Rot POST della clavicola.
Una tensione maggiore dell’a. media (ad indirizzo muscolare) comporta una Rot ANT della clavicola.
83
Il fogl PROFONDO dell’a. media forma la
parete ant della loggia tiro-timica o loggia
foglietto tiroidea.
profondo Il fogl SUPERF dell’a. profonda forma la pa-
tiroid
e rete post della loggia tiro-timica.
foglietto Dopo aver formato la loggia tiroidea i due
superficiale foglietti si uniscono formando una lamina,
foglietto che s’inserisce sulla parte SUP del pericardio
aponeurosi media e quindi si chiama lamina tiro-pericardica,
superficiale
che è un mezzo di sospens. del pericardio.
lamina tiro- Una tensione dell’a. media a questo livello
foglietto pericardica
profondo può creare problemi a timo, tiroide, pericar-
dio.
aponeurosi profonda
Ci sono degli autori, per es. Sergio Paoletti, che fanno una classificaz diversa da quella che si fa al Cerdo in 3
piani (superficiale, medio, profondo). Ci sono infatti classificaz su 2 piani (superficiale e profondo), e altre su
5-6-7 piani (superficiale, aponeurosi esterne, aponeurosi interne, dura madre....). Maschietti ribadisce che la
classificazione in sistemi funzionali è molto valida perché permette di capire con pochi test qual è la zona
fasciale in disfunzione e quindi di trattare la lesione primaria o forse la secondaria/terziaria (sicuramente si rie-
sce a trovare la zona che al momento del test è in disfunzione di mobilità). La classificaz in 3 sistemi ci riporta
alle leggi di Stil (materia, movimento, spirito, ved. I anno). Sergio Paoletti parla di zone fasciali di relé, che lui
chiama “articolazioni fasciali”, le quali collegano due zone fasciali importanti. Nel caso della zona viscerale del
collo e del torace sono i legamenti vertebro/trasverso/costo/pleurici, ossia un rinforzo dell’a. media ad indiriz-
zo viscerale e dell’a. profonda.
Aponeurosi PROFONDA
Interessi
- Post-lat protegge i plessi nervosi cervicale e brachiale. In questa zona subito al di sopra dell’a. profonda tro-
viamo l’a. superfic, ossia una tenda con inserzioni ossee (perché ha un ruolo di trasmissione di forze)*.
I vari sdoppiamenti e accollamenti dell’a. profonda sono all’origine delle seguenti aponeurosi:
- a. pterigoidee
- a. faringee (che inglobano i mm costrittori della faringe)
- a. periesofagea
- a. peritracheale
- Ant scende e si sdoppia in 2 foglietti: uno davanti ai corpi vertebrali che si chiama foglietto prevertebrale
e uno dietro ai visceri che si chiama foglietto retroviscerale.
84
Tra fogl prevertebrale e retroviscerale c’è
uno spazio che si chiama spazio retrovi-
scerale di Henke, che serve a far scivo-
lare la parte viscerale su quella ossea e/o
viceversa. Nello spazio di Henke ci sono
delle lamine sagittali ant-post, le lamine
di Charpy, che hanno la funzione di te- tubercolo
nuta dei visceri (che altrimenti sarebbero faringeo
solo appesi al tubercolo faringeo e po-
trebbero tirare la testa verso il basso per trachea lamine di Charpy
azione della forza di gravità). esofago
Le suddette lamine, per avere una buona spazio retroviscerale
tenuta, dovrebbero avere una direzione di Henke C6
dall’alto verso il basso-dentro o basso-
fuori. Se avessero però una direzione
obliqua non sarebbe possibile alcun scor-
rimento e per questo motivo sono oriz- D4
zontali ant-post.
direzione obliqua
delle lamine
ERRATA
Indicazioni
Blocchi cervicali, in Pz artrosici anziani o giovani. Infatti le tensioni in questo distretto a lungo andare usurano
la cartilagine delle faccette articolari post e quindi causano un’artrosi precoce. Se manca lo scorrimento fa-
sciale il Pz ogni volta che deglutisce deve ingaggiare le articolazioni cervicali.
Oppure ci possono essere tensioni viscerali del collo che si possono ripercuotere a livello ormonale, si pensi
ad es. alla tiroide.
85
Ad ogni approccio nella zona del collo, in presenza di
artrosi, bisogna pensare a questa possibilità. Di con-
seguenza anziché mobilizzare le vertebre si devono
trattare le fasce del collo.
Anche piccole disfunzioni di laringe e faringe,
come ad es. un timbro ed un tono di voce particolari,
nel senso che sono cambiati nel corso della vita del
Pz, possono essere indicativi di una disfunzione fa-
sciale. Oppure problemi di deglutizione di carattere
lamina tiro- neurologico.
pericardica
C6
leg vertebro- Sappiamo che la lamina tiro-pericardica è un primo
pericardici elemento di sospensione del pericardio. Dall’a. pro-
pericardio D4 fonda, tra C6 e D4, partono delle lamine che costi-
tuiscono il secondo elemento di sospensione del
pericardio. Queste lamine si chiamano leg vertebro-
pericardici
sterno
C6
leg sterno-
pericardici SUP D4
leg sterno-
pericardici INF
diaframma leg freno-pericardici
Le fasce (a. profonda e fogl profondo dell’a. media o a. media a indirizzo viscerale) che dalla loggia viscerale
del collo entrano, senza soluzione di continuo, all’interno del torace si uniscono in uno strato unico che si
chiama fascia endotoracica.
La fascia endotoracica riveste internam la gabbia toracica (e deve sospendere polmoni, pericardio, me-
diastino...)
In basso la f. endotoracica arriva sopra il diaframma, lo avvolge e continua sotto di esso, dove cambia nome
e si chiama fascia propria. Alcuni la chiamano fascia trasversalis. In realtà la fascia trasversalis è una parte,
sia pur grande, della fascia propria. La f. trasversalis avvolge per gran parte i mm. trasversi dell’addome e da
qui deriva il suo nome.
Queste ultime due, poiché sappiamo che non c’è soluzione di continuo, provengono dalla fascia superficiale
dorsale, che poi diventa f. superficiale lombare o del quadrato dei lombi e, a un livello più profondo e ant,
fascia dello psoas.
Le fasce perirenale, perisurrenale e dello psoas sono adiacenti e un po’ si confondono tra loro.
Le arcate del diaframma, si pensi all’arcata di Sennac o dello psoas, sono formate da queste fasce.
La fascia delo psoas, procedendo verso l’avanti, andrà ad alloggiare gli ureteri e i tronchi nervosi del plesso
lombare.
Indicazioni
Ci possono essere dei Pz che lamentano dei dolori profondi agli arti inf senza un tragitto preciso, che possa
essere ricondotto per es. alla radice di L5 o S1. In questi casi bisogna pensare ad un’origine tronculare dei
disturbi e non radicolare. I tronchi infatti potrebbero avere dei problemi nella zona di sdoppiamento e di
passaggio attraverso lo psoas.
87
In tutto ciò non c’è soluzione di continuo. La globalità è nel nostro s. fasciale. La conoscenza anatomica della
topografia delle fasce ci permette di non barare e di essere razionali, logici, economici. Devo sapere l’origine e
il punto d’arrivo delle fasce e le loro relazioni con i tessuti vicini per saper impostare un trattamento, che abbia
alla base una logica, una causalità.
Il peritoneo si trova al di sopra dei visceri genito-urinari del piccolo bacino. Il limite osseo tra i s. genito-urinario
e il s. viscerale è a livello dello stretto sup del bacino (formato da: le due linee curve o linee innominate, il pro-
montorio del sacro e la sinfisi pubica). Questa è la delimitazione anatomica e nei casi di ptosi (= scivolamento)
viscerale, il piccolo bacino subirà dei carichi impropri a cui si dovrà adeguare. L’adattamento consiste nel tro-
vare un alloggiamento per i visceri che scivolano nel suo territorio. L’alloggiamento si realizza con un’apertura
delle ali iliache, ossia del grande bacino a cui corrisponde una chiusura del piccolo bacino.
Come conseguenza si ha il prolasso degli organi uro-genitali, poiché il pavimento pelvico perde la sua tensio-
ne fisiologica (Maschietti fa l’esempio di una tenda da camping che non è in tensione).
Le lamine sacro-retto-genito-vescico-pubiche derivano dalla fascia profonda che a questo livello si chiama
fascia iliaca.
I tre foglietti delle fasce perineali si saldano insieme in un punto preciso, che si chiama centro tendineo del
perineo e che si trova tra la vagina/scroto e il retto (è un nodulo piuttosto duro che si può sentire alla palpa-
zione). Trattando il centro tendineo* del perineo si trattano le fasce perineali e quindi il pavimento pelvico e
le fasce profonde.
*Con una tecnica a 4 dita (2 indici e 2 medi posti lateralmente al centro del perineo, il Pz è nella posizione
88
ginecologica)
Proiezione VIDEO
sem 2 _ Faringe
È composta di 2 zone:
- OROfaringe la deglutizione è la sua funzione principale
- RINOfaringe o NASOfaringe
L’orofaringe è un tubo sospeso alla base del cranio di 12 cm circa.
A livello della cartilagine cricoidea continua nell’esofago senza soluzione di continuo, per costituire il tubo
digerente.
La parete post della faringe è costituita da un setto o lamina connettivale, su un piano frontale, appiattito e
continuo.
Si apre in tre direzioni:
- alto-avanti nelle fosse nasali
- centro-avanti, nella cavità orale
- in basso sull’orifizio della laringe, che sfocia poi nella trachea (dove il bolo alimentare non deve transitare)
Rinofaringe
È la parte nasale della faringe e presenta l’orifizio della tromba di Eustachio.
Zona d’Interesse osteopatico in caso di:
- otiti sierose e purulente
- per ristabilire l’equilibrio tra orecchio-medio e rinofaringe
Si lavorano i mm. salpingo-faringei.
Orofaringe
La porzione orale inizia con il velo palatino ai cui lati si fissano le tonsille palatine.
Zona d’Interesse osteopatico, perché qui si può fare un drenaggio.
A livello laringeo, ma sempre facente parte della faringe, troviamo il seno piriforme, formazione a imbuto
che convoglia il cibo verso l’esofago.
La tunica mucosa aderisce poco a quella muscolare contribuendo all’elasticità della faringe stessa.
89
La tunica muscolare ha delle fibre orizzontali e verticali.
Distingueremo mm. costrittori e elevatori.
leg stiloioideo
m. stilofaringeo
m. costrittore SUP della faringe (porz. glossofaringea)
m. genioglosso
m. costrittore MED della faringe (porz. condrofaringea)
mandibola m. costrittore MED della faringe (porz. ceratofaringea)
grande corno dello ioide
m. genioioideo a. n. e v. laringei SUP
m. ioglosso
m. stiloioideo
membrana tiroioidea
m. costrittore INF della faringe (porz. tirofaringea)
m. tiroioideo
lamina (sin) della cartil. tiroidea tubercolo tiroideo INF
m. costrittore INF della faringe (porz. cricofaringea)
m. cricotiroideo (retto e obliquo) leg cricotracheale
I cartil. tracheale esofago
II cartil. tracheale
Il tessuto muscolare è ricoperto da una sottile aponevrosi che può scivolare sulla colonna cervicale grazie ad
uno spazio retrofaringeo (come lo spazio retroviscerale di Henke ma più alto, è il suo prolungamento),
che si completa con 2 spazi laterali parafaringei, che in basso sono in contatto con il mediastino e il
pericardio tramite i legamenti vertebro-pericardici (C6-D4), questi sono uno dei mezzi di sospensione del
pericardio.
Deglutizione
È l’atto che permette il transito degli alimenti liquidi e/o solidi dalla parte ant alla parte post-inf del tubo di-
90
gerente (della faringe). Per deglutire bene è necessaria una condizione essenziale: 1. chiudere la bocca (e poi
avere una buona dentizione). Neonati, bambini, anziani e coloro hanno problemi neurolgici non riescono a
chiudere bene la bocca e così sbavano o perdono il cibo dalla bocca.
A livello dell’istmo della gola il bolo può andare anatomicamente verso l’alto (naso) o il basso. La direzione
esatta è verso il basso. Il velo pendulo del palato, stimolato dallo sfregamento, fa contrarre il palato molle,
l’orifizio sup si chiude e così il cibo prende la giusta direzione post. Una forte pressione può far sì che il bolo
prenda la direzione sbagliata. Infatti possiamo deglutire anche a testa in giù ma se capita uno starnuto tutto
va di traverso.
Procedendo verso il basso ci sono di nuovo due direzioni possibili: epiglottide o trachea. La laringe (per feno-
meno riflesso) sale verso l’epiglottide con l’aiuto di diversi nn. cranici (non è l’epiglottide a scendere).
Il centro della deglutizione si trova a livello bulbare.
Le turbe della deglutizione DEVONO essere indagate in primo luogo dal neurologo e solo se sono funzionali
possono essere successivamente trattate dall’osteopata (ci possono essere dei tumori bulbari, che si manife-
stano principal a livello temporale con turbe della deglutizione).
91
cellule mastoidee
forame stilomastoideo
leg. sfenomandibolare dorso della sella
ghiandole faringee fascia faringobasilare
sincondrosi petroccip.
clivo m. elevatore palato
trachea
tonaca muscolare dell’esofago
laringe di un neonato
Laringe
La laringe si trova nella loggia viscerale del collo.
Nell’adulto con la testa in posizione eretta lo ioide si trova a livello di C3-C4.
Il bordo SUP della cartil. tiroidea si trova un livello vertebrale al di sotto quindi C4-C5.
Il bordo INF della cartil. cricoidea (sotto la tiroidea) si trova a livello della cerniera cervico dorsale C7-D1.
93
a livello di
C3-C4
a livello di
C4-C5
a livello di
C7-D1
Cartilagini e ossa dall’alto:
- cart. Epiglottica detta epiglottide
- Osso ioide
- cart. Tiroidea
- cart. Cricoidea
Cartilagini accessorie
- cart. Aritenoidi o Processi aritenoidei (sono accessorie ma importanti)
- 2 cart. Corniculate
Il pomo d’Adamo è la cartilagine tiroidea (sotto l’osso ioide). La cartilagine tiroidea non ha niente a che vedere
con la tiroide e si articola con la cartilagine cricoidea (articolazione tiro-cricoidea).
94
articolazione tiro-cricoidea
L’artic. tiro-cricoidea mette in tensione le corde vocali in senso ant-post (dà la gravità o acutezza della voce).
La cartilagine tiroidea presenta due lamine quadrilatere unite ant da una sorta di prua (il pomo d’Adamo).
Posteriormente le lamine terminano con 4 corna: 2 sup e 2 inf.
95
La parte interna delle corna inf si articola con le pareti lat della cartil cricoidea.
Il bordo sup della cartil. cricoidea (pallino azzurro nell’immagine) presenta 2 superfici articolari, che si artico-
lano con le cartil aritenoidi (pallino rosso nell’immagine).
Queste ultime hanno la forma di piramidi triangolari con un’apofisi ant detta processo vocale o processo ant,
dove s’inseriscono le corde vocali o legamenti vocali (si chiamano legamenti perché collegano due cartilagini
diverse: cartil aritenoide e cartil tiroidea).
Le cartilagini corniculate (pallino giallo nell’immagine) sono al di sopra delle cartilag aritenoidi. L’articolaz
crico-aritenoide determina la maggiore o minore apertura della fessura tra le 2 corde vocali dando così la
modulazione della voce.
96
Dal Kapandji
cartilagine CRICOIDEA
ha la forma di un anello il cui castone, posto
dietro, ha da ogni lato due faccette artico- cartilagine CORNICULATA
lari: m. aritenoideo trasverso
- faccetta tiroidea o faccetta inferiore, si ar-
ticola con il piccolo corno della cartil. tiroi- cartil. ARITENOIDEA
apofisi esterna castone della cartil. cricoidea
dea o muscolare
- faccetta aritenoidea o faccetta superiore, faccetta aritenoidea
accoglie la cartil. aritenoidea apofisi interna o vocale
m. crico-
cartilagini ARITENOIDEE aritenoideo lat faccetta tiroidea
sono poste ai due lati del castone cricoideo, cartilagine CRICOIDEA
hanno una forma grossolanamente pirami-
dale con delle apofisi: corde vocali
- apofisi superiore o cartil. corniculata
- apofisi interna o vocale, dove s’inseriscono le corde vocali inferiori
- apofisi esterna o muscolare, dove s’inserisce il m. crico-aritenoideo post
Cartilagine EPIGLOTTICA
cartilagine EPIGLOTTICA Ha la forma di un petalo di iris a concavità posteriore, i
suoi bordi esterni sono in rapporto con le cartil. corni
grande corno della grande corno della culate mediante i due leg.
cartil tiroidea cartil tiroidea ariteno-epiglottici.
Cartilagine TIROIDEA
leg. ariteno-epiglottici
è costituita da due lamine formanti un angolo
faccia interna diedro a sommità anteriore. Nella parte inf della
della cartil tiroidea sua faccia post è localizzato il punto d’inserzione
leg. crico-corniculare
sup (a Y) ant delle corde vocali inferiori.
cartil. INTERARITENOIDEA cresta obliqua
cartil. ARITENOIDEA
leg. crico-corniculare corde vocali inf
inf (a Y)
castone della cartil. cricoidea m. crico-aritenoideo laterale (dx)
mm. crico- m. crico-tiroideo
aritenoidei post piccolo corno della
cartil tiroidea
cartilagine CRICOIDEA
FONAZIONE
Le cartil. aritenoidee sono in equilibrio sul castone della cartil cricoidea sulla quale si articolano mediante la
faccetta aritenoidea. L’asse di questa articol. crico-aritenoidea (un’artrodia) è obliquo. Quando i mm. intera-
ritenoidei e il m. crico-aritenoideo post si contraggono, l’aritenoide ruota all’infuori e la sua apofisi vocale si
allontana dalla linea mediale. La corda vocale forma allora con la sua opposta un orifizio triangolare a vertice
anteriore.
Al contrario la contrazione del m. crico-aritenoideo lat fa ruotare l’aritenoide all’interno e ciò avvicina l’apofisi
vocale alla lnea mediana come pure la corda vocale.
97
Per la contrazione del m. crico-tiroideo la car-
tilagine tiroidea ruota attorno all’articolaz del
piccolo corno con la cricoide e la sua parte ant
si abbassa. Questo determina una messa in
tensione della corda vocale. Il m. crico-tiroideo
è innervato dal n. laringeo inf o ricorrente, è il
muscolo più importante della fonazione perché
regola la tensione delle corde vocali e l’altezza
del suono. allungamento della
corda vocale da
parte del m. crico-
tiroideo contratto
piccolo corno della
cartil tiroidea m. crico-tiroideo
(fonte: Kapandji, Fisiologia articolare)
m. aritenoideo trasverso
o interaritenoideo
m. crico-
mm. inter- aritenoideo lat
aritenoidei
PRATICA
Osteopata in piedi a dx del Pz (nell’immagine è a sin perché il pubblico possa vedere).
I test che vedremo sono indicati nei casi di Pz i cui motivi di consulto sono:
problemi cervicali
difficoltà alla deglutizione (non perché sia atipica ma per la presenza di tensioni)
torcicolli frequenti
Il trattamento che vedremo è inoltre utile per i seguenti motivi:
-a scopo preventivo per la colonna cervicale, la cui cartilagine può andare incontro ad usura in caso di tensio-
ni profonde delle strutture fasciali anteriori
-per favorire la vascolarizzazione e il drenaggio dell’arto superiore e delle strutture nervose che vi passano
3. Test di mobilità
Con una presa pollice-indice sull’osso ioide (ossia la struttura che in questo caso è risultata più in tensione)
muovo verso dx e sin, per sentire il lato più mobile e quello più rigido.
Avrò evidenziato a questo punto due zone (una con il test a tampone e l’altra con il test a tre dita). Se le zone
trovate sono una a dx e l’altra a sin posso fare il test seguente.
Scrosci
Facendo il test di mobilità su tutto il pacchetto cartilagineo posso sentire degli scrosci (Maschietti consiglia di
mobilizzare questa zona in caso di mal di gola per migliorare la circolazione arteriosa e il drenaggio).
Trattamento
In questa fase del trattamento si procede gradualmente verso le fasce profonde partendo da quelle superfi-
ciali.
1.Trattamento del
pavimento buccale
Si utilizza una presa pun-
to fisso/punto mobile.
Una mano fissa
e l’altra muove i tessuti.
La zona del pavimento buccale è importante perché è in relazione con i mm. costrittori della faringe e la co-
lonna cervicale.
99
2. Posso trattare il triangolo
superiore, come abbiamo vi-
sto nel II anno.
Tuttavia in questo caso, poi-
ché con i test visti sopra ho
trovato delle zone precise, mi
focalizzo su quelle.
Diagnosi differenziale
Se trovo una zona fasciale disfunzionale a livello cervicale, devo fare una diagnosi differenziale al fine di trova-
re la causa principale. Per fare una diagnosi differenziale sulla zona viscerale del collo devo testare:
- colonna cervicale
- clavicole
- visceri
1
sentire l’IRC sull’occipite
2
una mano sull’occipite, l’altra sulla clavicola due mani sulle clavicole
3
Alla fine si fa il Test di bilanciamento per scegliere il sistema più in disfunzione
Dopo la tecnica si fa di nuovo il test (in questo caso è il test per la disfunzione atipica) per verificare il buon
esito del trattamento.
Si può consigliare al Pz di fare un esercizio a casa: in posizione seduta, con il mento retratto, la colonna cervi-
cale allungata e la lingua tra i denti, deve deglutire senza retrarre la lingua. Se ci riesce bene, deve sporgere
via via la lingua più in fuori.
Per riassumere: questo lavoro sulle fasce del collo serve a migliorare il drenaggio e a prevenire artrosi precoci
cervicali.
102
sem 3_Asse aponevrotico centrale (AAC)
Premessa
area comune tra Materia area comune tra
L’AAC è il collegamento tra 3
Materia e Spirito mesoderma Materia e Movimento
sistemi (ved immagine dei 3
cerchi, anno 1). Una volta si
meningi o membrane diafram. pelvico meso e epiploon
di tensione reciproca disfunz. strutturali (leg. viscerali)
chiamava Tendine centrale,
un asse cranio-cervico-toraco- tecniche dirette
addomino-pelvico. È formato
da strutture profonde: l’apon.
profonda, l’apon. media ad
indirizzo viscerale, che costitu-
Spirito
ectoderma
S.N.C.
AAC Movimento
endoderma
traumi viscerali
iscono una struttura mediana diafr. craniale diafr. toraco-addominale
profonda senza una delimita- traumi psichici (anima) disfunz. emozionali
zione netta e che viene attra- tecniche funzionali tecniche a energie
versata da strutture trasversali, muscolare
che sono i diaframmi (cranico,
buccale, pterigoideo, toracico area comune tra
sup, toraco-addom, uro-genita- Spirito e Movimento
le, pelvico). s. nervoso neurovegetativo
Fino a 15 aa fa si faceva il trattamento dell’AAC o Tendine centrale, che consisteva nel riequilibrare i diaframmi
e funzionava. Oggi non si fa più, perché si è scoperto che si può rischiare di normalizzare degli elementi che
fanno parte di un sistema o due, per poi mettere in difficoltà il terzo. L’AAC è il relais tra i tre sistemi, per cui se
ne normalizzo solo uno o due, posso dal fastidio al terzo. Oggi si sfrutta solo il test sull’AAC per capire in breve
tempo qual è il sistema in disfunzione, per poi testarlo in modo specifico. In quest’ottica esiste anche il test
del diaframma.
Si è pensato allora di sfruttare il test dell’AAC. Quando? Con i Pz che non ci permettono di fare una sintesi ef-
ficace nel momento dell’anamnesi, oppure che non hanno un motivo di consulto definito. Possono essere Pz
che riferiscono per es. di non digerire bene, di sentirsi stanchi, di aver fatto degli esami diagnostici da cui non
è risultato niente di particolare, di avere dolori articolari, anzi più fastidi che dolori. Durante l’anamnesi riferi-
scono di non aver avuto problemi alla nascita, alla visita il sistema superficiale risulta nella norma, così pure il
sistema viscerale, non hanno avuto traumi. A questo punto non si sa da che parte cominciare. Il test dell’AAC
è una porta d’ingresso, così come abbiamo visto per la clavicola.
Testeremo l’AAC in tre modalità diverse sui 3 sistemi: strutturale, viscerale e della dura madre. E’ un test utile
per due motivi:
- ci fa trovare il sistema responsabile dei disagi del Pz,
- ci dà anche una localizzazione della zona in cui cercare la/le disfunzione.
1. Test di allungamento
La mano sull’occipite è ferma, mentre l’altra allun-
ga l’AACS.
2a 2b
L’altra mano è sul centro frenico (punto mobile).
*II e IV dito sulle emibasi sacrali, II dito al centro, eminenze tenar e ipotenar sugli AIL (Angoli Infero Laterali)
**bisogna posizionarsi al di sopra dell’apofisi xifoidea, perché il diaframma arriva sul V spazio intercostale
104
1.Test di allungamento 2.Test di accorciamento
Segno/memorizzo il
risultato (nel nostro
caso: AACS e AACI
non si allungano - ma
si accorciano +++)
Test sull’ AACS del Sistema della Dura Madre (metà superiore)
Si utilizza l’IRC. L’Osteopata si mette in ascolto.
Stessa presa del test sul sistema superficiale.
Durante un tempo di F si percepisce che il centro frenico sale, mentre in E scende
Segno/memorizzo il risultato
F E
105
Interpretazione dei risultati del Test
Sistema Superficiale
Dopo aver fatto i test si possono ottenere i seguenti due risultati:
1
nella porzione Sup > si allunga e non si accorcia
nella porzione Inf > si accorcia e non si allunga
si deduce che c’è qualcosa che tira in basso nella porzione INF, ossia dal diaframma in giù.
Di conseguenza si devono testare gli AAII, il bacino, sacro, coccige, pavimento pelvico e la colonna lombare
(tutto quello che è struttura).
1 si accorcia e
non si allunga
si allunga e non si accorcia
2 espira e
non inspira
2 scende e
non sale
scende e non sale
sem 4
Dobbiamo cercare dei movimenti passivi nei tre piani dello spazio, di cui il diaframma è vittima:
Latero-laterali
(di espansione
oppure.....
...unilaterali) >
in relazione con
le cupole (siste-
ma profondo)
108
Antero-posteriori >
in relazione con i pilastri
(sistema superficiale)
Supero-inferiori >
in relazione con il centro frenico
(sistema della dura madre)
TEST
Delimitiamo una linea superiore passan-
te per l’apofisi xifoidea
109
Trattamento dei pilastri
e delle bendellette del
diaframma
Si comincia da un Test dei pila-
stri > il Pz è supino, l’Osteopa-
ta posiziona i polpastrelli delle
dita tra le spinose e i mm. para-
vertebrali, poi traziona in avan-
ti, in fuori e in basso (nelle
immagini il Pz è seduto per
far vedere le direzioni della
trazione). Questo test insie-
me alla respirazione (nella
fase INspiratoria l’Osteopata
mantiene, mentre in quella
Esp guadagna) può diven-
tare un trattamento. Spesso
si sentono dei gorgoglii che
sono indice di rilassamento.
110
.....siderazione.
Bonetti
Bendellette
Una è arciforme, posta sul piano
trasverso. L’Osteopata si mette
nella posizione del test dei pilastri
del diaframma, leggermente più
in alto. Direzione della trazione: in
avanti e soprattutto in FUORI/la-
teralmente. Nella fase Espiratoria
si allunga/guadagna e nella fase
INspiratoria si mantiene.
111
L’altra è obliqua, in alto a sin, inter-
namente a K7. L’Osteopata si mette
seduto a dx del Pz. La direzione del-
la trazione è obliqua, in avanti. Nella
fase Espiratoria si allunga/guadagna
e nella fase INspiratoria si mantiene.
errata direzione
della trazione
sem 5
Catene fasciali
Maschietti ha adottato quelle di Paoletti con delle modifiche, che riguardano le zone/strutture d’incrocio del-
le catene e la possibilità che ne deriva di cambiare direzione. La zona dove maggiormente succede questo, a
livello del bacino, è il leg grande sacro ischiatico. Esso permette l’incrocio delle catene superficiali (o esterne)
con le catene profonde (o interne). Ci sono poi altre catene: anteriori, esterne, laterali e posteriori. Al IV anno
farete con la prof. Cattaneo le catene, in un’ottica ancora diversa.
2.Ascolto dai piedi > è una prova del 9, perché L’Osteopata sente se viene confermata oppure no la zona che
si è evidenziata con l’ascolto del cranio.
Con questa seconda parte del test l’Osteopata arriva a sentire al massimo fino alla zona lombare.
Nel caso di Raffaella non si fa la seconda parte del test (ascolto dai piedi), perché non si potrebbe arrivare a
sentire la spalla!
113
Posizione dell’Osteopata: seduto ai piedi del Pz con
la colonna del pollice sulla zona plantare anteriore
del calcagno, in modo da prendere d’infilata le linee
di forza che partono dalla pianta del piede e vanno
verso l’alto.
Intenzione: comprime i tessuti e cerca di capire dove
incontra una resistenza/muro, dove i tessuti non fan-
no proseguire.
Se sente una tensione a livello dell’anca (nel caso di Raffaella: anca dx) mobilizza l’anca. Si rimette in posi-
zione e riprova con la pressione.
Alla fine su Raffaella la zona finale positiva al test è in fossa iliaca dx. A questo punto si faranno dei test di
pressione e test più specifici nella zona d’interesse. Con questo test al massimo si può arrivare in zona pelvica
e addominale avendo cura di eliminare le interferenze lungo il percorso.
Il grado di pressione che l’Osteopata deve esercitare con i pollici è soggettivo. Egli deve immaginare una linea,
una sorta di colonnina di mercurio, che sale con l’aumentare della pressione e si dirige secondo un percorso
che bisogna sentire. Con il test dai piedi si potrebbe sentire anche la colonna vertebrale.
A questo proposito Maschietti ricorda di aver fatto un corso in cui il docente tramite l’ascolto sul cranio riu-
sciva a sentire una disfunzione di astragalo dx in anteriorità e sempre con la stessa presa a liberarla. Possono
sembrare cose assurde, però anche Maschietti dopo 3-4 mesi di allenamento era riuscito a fare lo stesso. Mo-
rale della favola: non mettere limiti alla sensibilità.
114
La falce
La consideriamo come se fosse un unico elemento, un nastro, che ha come due bordi, uno superiore e l’altro
inferiore. Alcuni Autori fanno notare che se stiriamo il bordo sup si accorcia il bordo inf e viceversa, quindi il
discorso si complica parecchio. Noi invece non consideriamo questi bordi. Siamo sempre nelle meccanica e,
almeno per i test, non usiamo l’IRC.
Con l’asse mediano della
mano mi metto in corrispon-
denza della sutura sagittale
in modo da trasmettere la
forza proprio a livello della
falce. Posteriormente arrivo
alla protuberanza occipitale
esterna e ant sulla glabella.
accorciamento allungamento
A cosa corrispondono accorciamento e allungamento della falce? Accorciamento = FLESSIONE e quindi au-
menta il diametro trasversale. Allungamento = ESTENSIONE e quindi aumento del diametro antero-post. In
Matteo possiamo pensare che ci sia una facilitazione all’estensione e non alla flessione, perché la falce si fa
allungare più facilmente di quanto si faccia comprimere.
Il tentorio
Per ACCORCIARE il tentorio
comprimo (semplice compres-
sione meccanica) al di SOPRA
dell’asse e quindi a livello delle
rocche petrose, sopra l’orecchio.
115
accorciamento del tentorio
Per STIRARE il tentorio
mi metto SOTTO l’asse,
a livello delle apofisi ma-
stoidee. Metto le emi-
nenze tenar delle mie
mani davanti alle apofisi
mastoidee e le spingo
dietro-dentro, facendo
quindi anche una prona-
zione dell’avambraccio,
ossia porto i temporali
in RE.
RE dei temporali
Riduzioni
a) se sento che la falce non si accorcia e si allunga bene, possiamo usare:
- Tecnica meccanica diretta o indiretta
116
In genere funzionano meglio le tecniche indirette in aggravamento per cui andrò ad allungare finché la strut-
tura mi dice che è pronta a tornare indietro; dopodiché la accompagno in accorciamento.
b) se sento che il tentorio non si accorcia e si allunga bene:
- prima lo allungo, poi cambio la presa e lo riaccompagno in accorciamento.
Analogamente quando non si allunga.
occipite in F
temporale in RE
occipite in E
temporale in RI
117
3. Recoil> su un
punto particolar-
mente duro sulla
falce.
In Pz con l’ernia del disco e con Laségue positivo è possibile allentare le tensioni della dura madre (è lei infatti
che dà dolore nel test di Lasegue). Maschietti fa così: chiede al Pz di sollevare l’arto inferiore con il piede a
martello fino a quando il Pz sente la trazione, il dolore. A quel punto fa un recoil sulla falce e fa riabbassare
la gamba. Ripetendo il test di Laségue nel 95% dei casi il dolore diminuisce e l’arto inf sale di più. È un tratta-
mento sintomatico.
Sinfisi mentoniera struttura Sutura interincisiva viscerale Glabella sistema della dura
(superficiale) (masticazione) madre (falce)
A seguire:
Test di pressione del pavimento buccale
Ioide, Cartilagine tiroidea e cricoidea (eventuale bilanciamento)
Zona tiroidea e timica
Sterno
118
Test a tampone del pavimento buccale
119
coste sup clavicola coste inf
Test di pressione degli arti superiori da supino
stomaco fegato
Test di trazione sull’addome (la mano è appoggiata sull’ombelico in uno dei due modi riportati nelle foto) e si
ascolta dove viene trazionata. Sulla zona evidenziata si fanno i test di pressione.
121
duodeno primo duodeno II duodeno III duodeno IV duodeno
pancreas
Palpazione dei 9 quadranti (senza entrare nello specifico, che vedremo con Viscerale)
Iliaci
Sinfisi pubica
123
124
125
Anno 4 sem 1_Bonetti
*Ricorda che
1) l’Ap. Media è a indirizzo
- muscolare o
- viscerale
126
Gli Inglesi quindi chiamano
Fascia Profonda ciò che i Francesi chiamano
Ap. Superficiale. Per intenderci la Fascia Superficialis
è quella che contiene il grasso, che sta subito sotto la cute, che finisce più o meno a livello di polsi e caviglie. Al
di sotto c’è la Fascia Profonda, che per i Francesi è l’Ap. Superficiale, le cui caratteristiche sono di avere delle
inserzioni ossee, tappezzare tutto il corpo e trasmettere delle forze meccaniche.
Poi gli Anglosassoni al di sotto della F. Profonda parlano di Fascia dei muscoli con le sue componenti: epimi-
sio (intorno al muscolo), perimisio (dentro il muscolo nei vari fascetti) e l’endomisio, che si colloca tra le fibre/
cellule muscolari e corrisponde nel muscolo alla Matrice Extra Cellulare (MEC). Vedremo poi il perché.
La Fascia dei muscoli degli Inglesi potrebbe corrispondere alla Ap. Media indirizzo muscolare dei Francesi,
però qui le classificazioni cominciano a divergere.
Poi segue la Fascia dei Visceri, che avvolge l’interno degli organi cavi, in particolare nel torace la Fascia
endotoracica e nell’addome la Fascia trasversalis. Questi Autori hanno poi paragonato lo strato esterno
delle meningi, ossia la Dura madre o Pachimeninge, a questa Fascia dei Visceri, perché la dura madre riveste
l’interno della cavità cranica e quindi a loro è sembrata come una fascia endotoracica del cranio o una fascia
trasversalis del cranio. Inoltre il paragone è possibile anche perché a livello istologico sono molto simili: fibro-
se entrambe, dense, stessa consistenza.
Da ultimo gli Inglesi mettono: Pleura, pericardio e peritoneo. Ognuna composta da 2 foglietti, uno parietale e
uno viscerale. E hanno paragonato a questo strato la Leptomeninge, perché anch’essa è formata da 2 foglietti:
aracnoide e piamadre. L’aracnoide sarebbe il foglietto parietale, mentre la piamadre sarebbe il foglietto visce-
rale in quanto è a contatto con il tessuto.
Nella classificazione francese sorge però un problema a livello degli arti. Vediamo perché (slide 5)
1.Esternamente c’è la cute, 2.a seguire una fascia giallastra che è la Fascia Superficialis, che contiene lo strato di
grasso. 3.Più in profondità abbiamo: la Fascia profonda o Deep Fascia o Ap. Superficiale. 4. A seguire: epimisio,
perimisio, endomisio o Fascia dei muscoli. Poi però se nell’arto è presente lo strato medio della muscolatura
con gli avvolgimenti interni della fascia che lo rivestono, i Francesi parlano di Ap. Media. Non sappiamo però
se intendono l’Ap. Media ad indirizzo muscolare o altro.
La confusione aumenta quando nell’arto parlano di Ap. Profonda. Strano, perché negli arti l’Ap. Profonda non
ci dovrebbe essere, siccome fa parte del sistema profondo. Negli arti dovrebbe esserci solo il sistema super-
ficiale, che termina con l’Ap. Media ad indirizzo muscolare. E invece nei libri francesi sulle fasce si parla di Ap.
Profonda degli arti, intendendo con questo: periostio e le membrane.
Mentre l’Ap. Profonda del tronco fa parte del Sistema Profondo, viscerale.
La MEC è una quella porzione di tessuto che sta fuori dalla cellula (Extra cellulare), quando le cellule hanno un
certo spazio tra loro, o tra una cellula e l’altra (in tal caso si chiama Matrice Inter Cellulare), quando c’è poco
spazio e le cellule sono praticamente attaccate tra loro. La Matrice è anche detta Sostanza Fondamentale ed
è piena di Protoglicani, Glicosaminoglicani, fibre collagene, elastina, quindi proteine strutturali. Nella Matrice
ci sono anche delle cellule caratteristiche della Matrice, ossia i Fibroblasti, poi ci sono delle cellule del Sistema
Immunitario, il capillare, le terminazioni nervose e il vaso linfatico. Questo sistema rappresenta/ricorda il tes-
suto connettivo, quindi la MEC rappresenta a livello microscopico il t. connettivo. Se noi prendiamo la Fascia
per es. del Muscolo che si avvolge sempre di più fino ad arrivare all’Endomisio, ora sappiamo che l’endomisio
rappresenta la MEC del tessuto muscolare, della fibra muscolare. Oppure se prendiamo la capsula esterna di
un fegato ora sappiamo che continua all’interno fino ad arrivare tra un epatocita e l’altro, fino a tutto lo spazio
di Matrice che sta all’interno del fegato tra una cellula e l’altra. Anche quello è fascia. All’interno della MEC si
deve inoltre distinguere una porzione, che si chiama Membrana Basale o Lamina Basale, che fa da sostegno a
cellule che devono essere aggregate tra loro.
Slide 7 > Qui abbiamo uno schema: delle cellule di un tessuto X (n° 10 nell’immagine), sotto di esso la Mem-
brana Basale molto sottile (n° 9) e sotto ancora la MEC con i Protoglicani, i Glicosaminoglicani, il Collagene, ter-
minazioni nervose ossia assoni, il capillare, il Fibrocita, cellule del sistema immunitario. La cosa che c’interessa
è che tutte queste strutture non sono mai a contatto diretto tra loro ma sempre attraverso l’interposizione di
MEC, perché essa ha funzioni di modulazione e di filtraggio, anche a livello biochimico, di tutte le sostanze
che viaggiano lì dentro.
Vediamo nel dettaglio. L’assone che si trova nella MEC a quale sistema appartiene? Al sistema nervoso veg-
etativo ortosimpatico (principalmente). Il sistema ortosimpatico è quello più rappresentato a livello del corpo
e ne innerva ogni cm2, mentre il sistema parasimpatico è presente solo in alcune zone, in alcune sezioni. Il
sistema ortosimpatico viaggia attraverso le arterie, dentro i nn. spinali e si dirama a livello microscopico fino al
capillare (fibre efferenti), dove rilascia mediatori chimici/neurotrasmettitori, per le cellule di quel determinato
parenchima (per es. i neuropeptidi) oppure per le cellule del s. immunitario (per es. la citochina) oppure i fattori
trofici (per il trofismo dei tessuti). Oltre a questo ci sono anche le fibre sensitive (afferenti) che tornano. Dove
viaggiano? Dove vanno? Cosa fanno? Sono fibre mieliniche, viscero-sensitive che viaggiano nuovamente con
il sistema ortosimpatico. Su queste vie afferenti viaggiano informazioni dolorifiche, termiche, meccaniche,
chemiocettive. Tutte queste informazioni sono utili al SNC per conoscere di volta in volta la situazione mec-
129
canica, biochimica, termica, dolorifica della MEC quindi fasciale e regolare alcuni parametri omeostatici. Ecco
perché nella MEC ci sono terminazioni nervose. Poi c’è una componente vascolare che porta nutrienti in gen-
erale (per es. ossigeno), ormoni e cellule del sistema immunitario (i globuli bianchi), che dovranno migrare
fuori dal torrente vascolare. Le tre grandi categorie sono: sistema trofico, sistema immunitario e sistema en-
docrino. Nella MEC avvengono ovviamente degli scambi sulla base di differenze di pressione e poi ci sono
i vasi linfatici che si portano via i cataboliti e eventualmente detriti o cellule varie, ossia o detriti o sostanze
in eccesso, tutto viene drenato. Quindi il drenaggio avviene o nel sangue o nel sistema linfatico. Pertanto
lo spazio della MEC ci dice che è un punto d’incontro di 3 grossi sistemi: nervoso, endocrino e immunitario.
Inoltre tutto ciò che esce dal capillare per andare alla cellula o quello che esce dal nervo passa per lo spazio
della MEC. Molte delle funzioni di scambio/passaggio sono modulate a livello meccanico e se nella MEC sono
presenti tensioni meccaniche a causa di un motivo X tutto questo sistema di scambi può essere alterato con
conseguenti scompensi sulla fisiologia cellulare, sull’irrorazione, sulla circolazione, tutto viene scompensato.
Perché il s. fasciale collega tutti gli ambiti dell’osteopatia (nervoso, endocrino e immunitario) sia da un punto
di vista macro che microscopico?
Slide 8 > Perché i 3 ambiti convivono nel Pz e sono tenuti insieme dal sistema fasciale. Molti studenti nelle
cliniche dicono: “Questo Pz è viscerale” e poi trattano solo il viscere. Non è così. Dovete avere in mente che un
problema viscerale può essere predominante in un certo momento, ma porta sicuramente ad un problema
muscolo-scheletrico e ad un problema sulla meccanica cranio-sacrale. Per cui bisogna sempre valutare ed
eventualmente trattare i 3 sistemi, dando magari maggiore importanza ad uno di esso in quel Pz. Non cadete
nell’errore di dire: questo Pz è per es. strutturale e poi trattate solo quel sistema.
Ora facciamo degli esempi di come si collegano tutti gli ambiti.
Slide 9 > Un problema viscerale può dare un problema cranio-sacrale? Certo perché le fasce che avvolgono i
visceri, attraverso l’Asse Aponeurotico Centrale, possono influenzare il sistema cranio-sacrale.
Oppure una lamina sacro-retto-vescico…del piccolo bacino può causare un problema sulla meccanica cran-
io-sacrale
Altra domanda: un problema del viscere può causare un problema muscolo-scheletrico? Certo perché dal
viscere, attraverso tensioni e retrazioni fasciali, si può mettere in torsione il sacro o una vertebra. A questo
discorso meccanico va aggiunta poi la componente di innervazione. Per cui se si lavora un viscere per forza
bisogna controllare gli altri due sistemi.
Partiamo da un altro punto: un problema muscolo-scheletrico può dare un problema viscerale? Sì, perché se
ho un bacino storto anche i visceri di quella zona lavorano male.
Un problema cranio-sacrale può dare un problema viscerale? Sì, per diversi collegamenti, per es. neuroveg-
etativi.
Slide 10 > Vediamo le fnzioni del sistema fasciale a livello macroscopico:
bisogna cambiare uno schema mentale e pensare che aponeurosi, strati, logge, setti …non dividono delle
zone ma le UNISCONO. Anche quando si lavora bisogna pensare che tutto è collegato. Di solito il muscolo
viene pensato come fibre muscolari che si contraggono, avvolte in un sistema connettivale che termina nel
tendine. Fate il discorso opposto: considerate muscolo, fascia e tendini come UN sistema connettivale con
al suo interno delle cellule che servono a farlo contrarre. Lo stesso vale per il fegato: pensatelo come una
spugna di connettivo riempita di cellule (gli epatociti). In questo modo è chiaro che tirando un elemento della
“spugna”, tutti gli elementi si organizzano secondo dei vettori di forza, delle tensioni, che agiscono a livello
cellulare (vedremo come).
Slide 11 > Il sistema fasciale è un enorme recettore per l’esterocezione (dovuta alla cute), la propriocezione
(dovuta ai recettori meccanici presenti nelle fasce, nei tendini, nei legamenti, nelle capsule), le sostanze chi-
miche e la temperatura. Tutte queste informazioni arrivano al SNC, che a sua volta reagisce regolando da una
parte la risposta del sistema muscolare. Per es. se ho un astragalo fuori posto, ho una tensione sulla capsula,
la tensione attiva certi recettori della capsula, i recettori mandano un’informazione prima midollare poi sovra
midollare, però poi ci sarà una risposta muscolare alterata. La stessa cosa avviene a livello di un viscere o
della MEC in generale. Se ho un PH alterato in acidosi, che cosa succede? Mettiamo che ho un’infiammazione
muscolare o una situazione di infiammazione cronica, per es al ginocchio per tanto tempo, questo significa
che si crea un terreno biochimico nella MEC che mi può variare le condizioni di PH. Quindi che cosa succede
a livello sistemico? Il corpo cercherà di riequilibrare il PH attraverso gli organi preposti, ossia i reni e i polmoni.
Per fare un es. si potrebbe avere un Pz che viene a studio per un problema infiammatorio al ginocchio, nel
quale risultano positivi i test sui reni e sul polmone. Come li mettiamo in relazione? Che cosa c’entra un pol-
130
mone con l’infiammazione da un’altra parte? C’entra per quanto abbiamo detto prima sul ruolo dei reni e dei
polmoni nel regolare l’acidosi.
Per quanto riguarda la vascolarizzazione e il drenaggio vedremo che delle tensioni meccaniche che avven-
gono nella MEC possono influire sulla capacità delle cellule endoteliali dei capillari a produrre nuove reti
capillari. Quindi anche la vascolarizzazione capillare, non quella macroscopica, può essere alterata, in bene o
in male, da una tensione fasciale che si trasmette fino alla MEC.
Stessa cosa per il drenaggio linfatico. Se il dotto linfatico a fondo cieco sta in un ambiente meccanico con delle
costrizioni, si chiude, non funzionare più come dovrebbe e manda a pallino tutta la fisiologia e l’equilibrio
pressorio, che permette il passaggio delle sostanze dal capillare all’interstizio e dall’interstizio al capillare
venoso.
Slide 12 > Stessa cosa per l’innervazione. Anche l’innervazione e la capacità di produrre e rilasciare neurotras-
mettitori dipendono dalle condizioni meccaniche della MEC, ossia della fascia.
Il sistema fasciale trasferisce delle forze, che sono:
traumatiche, per es. se si prende un colpo > vedremo come la forza del colpo si trasferisce grazie al s. fasciale
terapeutiche, ossia quelle che noi diamo al corpo
frequenze e ritmi, per es. la mobiltà, che è il ritmo determinato dal diaframma, oppure la motilità, ossia il ritmo
determinato dal sistema cranio-sacrale, che si può sentire sia sulla coscia che sul fegato. Poi vedremo altri
ritmi, che ci saranno utili per lavorare sul sistema fasciale.
Perché nel corpo esistono, sono importanti i ritmi (per es. respiratorio, circolatorio, cranio-sacrale)? Che sig-
nificato hanno? Agiscono sull’omeostasi e sulla fisiologia cellulare. Sono come un metronomo naturale. La
cellula risponde ai ritmi, sente i ritmi del corpo e in base ai ritmi del corpo gestisce le sue attività interne. I ritmi
è come se fossero i minuti, i secondi, le ore delle cellule. La cellula sa che cosa fare in base ai ritmi. Se il ritmo
viene scompensato per troppo tempo, si scombina questo sincronismo e quindi la cellula può andare incon-
tro ad una fisiologia alterata. Ecco perché in Osteopatia si cerca di ristabilire le corrette frequenze. Le cellule
sanno persino anticipare la sintesi delle proteine. I ritmi sono sia intrinseci che esterni, come per es. luce/buio
(per la secrezione ormonale) o i ritmi stagionali.
Slide 13 > A livello microscopico possiamo arrivare alle stesse conclusioni. Nella MEC le lamine basali integra-
no i diversi sistemi. Abbiamo detto che nella MEC c’è un’innervazione neurovegetativa. Dove va a finire? Prima
nel midollo e poi sale e va alla Sostanza Reticolare, Tratto Solitario e anello con il Nucleo dorsale del vago
(questo nucleo dà una risposta viscerale, ossia il riflesso viscero-viscerale > ripassare il percorso delle fibre del
n.vago e i riflessi viscero-viscerali controllati dal vago), Ipotalamo (che controlla, oltre al vegetativo, in parte il
sistema endocrino – ipofisi - e in parte il s. immunitario). Quindi anche in questo caso troviamo un centro che
controlla i 3 sistemi: nervoso, endocrino e immunitario. La stessa cosa che accadeva in periferia.
L’ipotalamo è poi connesso con il sistema limbico (emozioni, memoria) e con la corteccia (a più livelli: aree
associative etc, etc).
Domanda: un problema nel sistema limbico o nella corteccia mi può dare un problema nella MEC e nel sistema
fasciale a livello microscopico? Sì, perché c’è un collegamento nervoso diretto. Poi vedremo come. Nel sistema
fasciale ci sono delle strutture che hanno la capacità di aumentare lo stato di tono proprio della fascia,delle
aponeurosi > questo spiega perché un problema psichico, come per es. un lutto o un’incazz…(emozioni) pos-
sono bloccare il sistema fasciale, e quindi, attraverso il sistema fasciale, un viscere, una vertebra o la meccanica
cranio-sacrale. I Pz psichiatrici molto spesso hanno il ritmo e l’ampiezza cranio-sacrali squilibrati perché le
membrane di tensione reciproca aumentano lo stato di tensione.
Questo può accadere su un viscere o su una struttura qualsiasi. Se per es. mi rubano la macchina, mi licen-
ziano, mi muore il gatto e mi casca un mattone sull’alluce, non mi devo stupire se mi viene un colpo della
strega. Il soggetto, di fronte a certe condizioni di vita esterna, ha reagito in un certo modo emotivamente e,
per via delle connessioni nervose, c’è stata anche una risposta sul soma.
Oppure posso trovare in un Pz un diaframma duro come un mattone. Se dopo un po’ che lavoro il diaframma
il Pz si mette a piangere, non mi sorprendo o penso che il Pz è matto? E’ successo che ho allentato tensioni in
periferia, c’è stata un’afferenza, l’afferenza ha beccato il suo circuito neuronale (che nel tempo si è connesso
sinapticamente, per cui è facilitato) e che mi ha stimolato un’emozione sul sistema limbico e la corteccia.
Quindi i trattamenti somato-emozionali non sono niente di esoterico, ma molto reali. La cisti energetica è un
punto di tensione fasciale, che, una volta liberato, può stimolare delle emozioni. Infatti più i circuiti neuronali
vengono attivati più le connessioni diventano permanenti, per cui se una persona vive in uno stato depressivo
per tanto tempo, per es. per un lutto, ha formato certi collegamenti neuronali, che magari vanno a produrre
131
un blocco meccanico periferico. Se si libera in periferia la parte interessata, si attiva lo stesso circuito e alla
persona può venire in mente il lutto e tutte le emozioni connesse. Quindi è solo un discorso neurofisiologico,
niente di più.
Poi abbiamo il sistema vascolare, che arriva nella MEC e veicola ormoni (sistema endocrino) e cellule immu-
nitarie (sistema immunitario). Anche qui ritroviamo questi 3 sistemi, che tra l’altro comunicano tra di loro non
solo per una questione nervosa (SNVegetativo, ipotalamo, ipofisi) ma anche per una questione chimica, per
es. attraverso il sistema delle citochine, che agiscono in gran parte nella MEC e mettono in comunicazione il
sistema immunitario con quello che succede all’interno della MEC. Studieremo come la capacità di migrazi-
one dei neutrofili o la capacità con cui le cellule immunitarie escono dal sangue ed entrano negli spazi inter-
stiziali sono veicolate da cause chimiche ma anche meccaniche. Di conseguenza se la MEC sta in condizioni
meccaniche ottimali anche l’immunità diventa ottimale oppure può essere alterata.
Poi abbiamo il liquido cefalo-rachidiano. A che cosa serve? Ha una funzione meccanica e poi veicola molte
sostanze biochimiche: neurotrasmettitori, neuropeptidi…..
Nella moderna neurobiologia pare che solo una piccolissima percentuale dell’informazione sia veicolata at-
traverso i collegamenti sinaptici, mentre la maggior parte delle molecole informazionali, che hanno un’attività
sul neurone e sulle cellule gliali (che a loro volta intervengono in modo considerevole sull’attività neuronale)
viaggino attraverso il liquido cefalo-rachidiano. Quest’ultimo non è solo quello che sta nella Grande circolazi-
one: ventricoli e spazio subaracnoideo, bensì anche quello che entra, attraverso gli spazi di Wilschon Robin
situati intorno ai vasi, nello spazio intercellulare del tessuto nervoso, dove c’è la glia. Infatti il tessuto nervoso
sta a bagno nel liquido interstiziale cefalo-rachidiano, ricco di sostanze chimiche. Inoltre il liquido cefalo-
rachidiano comunica e viene drenato sia dal sangue, sia dalla mucosa della lamina cribrosa, attraverso i filetti
nervosi del 1° n. cranico (n. olfattivo). Nella mucosa viene preso in carico dal sistema linfatico. Un’altra parte
dove il liquido cefalo-rachidiano va a finire in periferia, attraverso gli spazi periconnettivali (attorno ai neu-
roni) dei nervi spinali, è rappresentata dagli spazi interstiziali, dalla MEC.
La terminazione nervosa che abbiamo visto nella slide 7 precedentemente è inguainata dal connettivo del
nervo: perinervio, epinervio, endonervio. All’interno di peri-, epi-, endo- c’è una parte del liquido cefalo-ra-
chidiano, che a monte è partito dallo spazio subaracnoideo e in periferia raggiunge gli spazi interstiziali. Quin-
di il liquido cefalo-rachidiano si connette con il sangue, la linfa e gli spazi interstiziali. Nello spazio interstiziale
arriva il capillare, attraverso cui filtra il liquido cefalo-rachidiano per raggiungere lo spazio interstiziale.
La MEC è composta da fibre, protoglicani, etc etc. Essi sono attaccati meccanicamente a delle proteine di
membrana che stanno sulla membrana cellulare. Le proteine di membrana comunicano all’interno, oltrepas-
sando la membrana, con il citoscheletro (impalcatura di microtubuli, microfilamenti..che stanno dentro la
cellula). Il citoscheletro a sua volta continua dentro con il nucleo, dove si trova il DNA. Quindi c’è una comuni-
cazione diretta, meccanica tra MEC e nucleo cellulare. Pertanto le forze meccaniche che agiscono nella MEC
influenzano direttamente il nucleo e quindi la fisiologia della cellula.
Il citoscheletro ancora però non solo il nucleo ma i vari organelli. Per es.tutta l’attività mitocondriale, il rilascio
delle vescicole nel citoplasma, l’attività del retino endoplasmatico è comandata in parte dalle tensioni che si
sviluppano nel citoscheletro e che a loro volta dipendono in parte da tensioni che si sviluppano fuori dalla
cellula e che a loro volta dipendono da tensioni che hanno origine dal sistema fasciale.
Slide 16 > Ci sono inoltre delle proprietà che riguardano il legame tra proteoglicani, glicosaminoglicani e
l’acqua e che influiscono sull’attività della cellula e la piezoelettricità. Se un cristallo viene compresso o stirato
meccanicamente produce un campo elettrico. AL contrario un campo elettrico che stimola un cristallo di un
certo tipo produce movimento/vibrazione: è un po’ quello che succede con gli orologi al quarzo. Il quarzo è
un cristallo, la batteria gli manda un impulso elettrico e il cristallo produce un movimento che fa appunto
muovere le lancette. Al contrario accade che ad es. l’osso ha questa componente: se viene stimolato mecca-
nicamente produce un campo elettrico. Nel femore la corticale esterna lavora in trazione e la corticale interna
in compressione. Nei due versanti si crea una differenza di cariche elettriche: positive da una parte e negative
dall’altra.Questa differenza di potenziale attiva o l’attività osteoblastica o l’attività osteoclastica, per cu attiva
la fisiologia cellulare. Questo discorso è valido nell’osso ma anche nel connettivo, perché ha delle proprietà
piezoelettriche. Se prendete una fascia e la comprimete o la tirate o create una restrizione di mobilità, lì si
crea un cambiamento del campo elettrico di quella zona, che influisce sulla fisiologia cellulare, perché tutte
le cellule hanno un potenziale elettrico e tutti gli scambi con l’ambiente extracellulare sono governati dai
potenziali elettrici: ioni, cariche elettriche, cariche che entrano-escono, pompe che salgono e si chiudono…
Se tutto ciò sta in un potenziale elettrico alterato anche tutti gli scambi lo sono.
132
Slide 20 > Si vede una placca motrice: un assone con un bottone sinaptico e la fibra muscolare. Che cosa c’è
nello spazio intersinaptico? Nella parte bianca dell’immagine è rappresentato l’endomisio, ossia la MEC. Ad-
dossata al sarcolemma ( ossia la membrana cellulare) c’è la membrana basale, che va a finire nello spazio si-
naptico. Quindi la membrana basale va a finire TRA le sinapsi e qui ha un’azione sulla modulazione, filtraggio,
selezione delle molecole di neurotrasmettitori, che escono nello spazio sinaptico e devono poi contattare i
siti di membrana. Potete immaginare che se c’è una tensione meccanica che arriva fino a questo livello, anche
la trasmissione sinaptica, a livello di placca motrice, può essere alterata, perché la fascia è tirata come non
dovrebbe. In questi casi l’ambiente chimico è in tilt.
La PNEI (Psico–Neuro–Endocrino–Immunologia), che è la branca della medicina che sta andando di moda
adesso e che studia le connessioni tra ta psiche e il sistema endocrino-immunitario-nervoso, trova come ter-
reno anatomico proprio la MEC, il sistema fasciale. Per cui il sistema fasciale a livello macroscopico connette
i 3 ambiti osteopatici, mentre a livello microscopico ha un’azione su molti parametri dell’omeostasi, della
fisiologia cellulare, etc etc
sem 2_Bonetti
La presenza
È intesa sia come presenza fisica che come presenza mentale, nel senso di concentrazione, essere lì in quel
momento, in quel luogo. Questo si collega direttamente con il secondo criterio: l’attenzione.
Slide 2 > Buon posizionamento dell’operatore. Comodo, confortevole, le articolazioni devono essere libere e
possibilmente posizionate in un punto neutro, libero da tensioni fisiche e psichiche.
Attitudine mentale dell’operatore che non deve vagare con il pensiero altrove.
Materialmente si devono seguire le indicazioni dettate dalle sensazioni palpatorie.
L’attenzione
Quando fate una palpazione sui tessuti dovete obbligatoriamente creare una bolla percettiva, escludere qual-
siasi sensazione che arriva dall’esterno e concentrare l’attenzione solo su ciò che si ha sotto le mani. In questo
modo fate in modo che al vostro Sistema Nervoso Centrale arrivino solo poche e specifiche informazioni e
non altre. Per es. se uno entra in un grande locale dove c’è una festa, percepisce movimento, musica, fumo, i
sensi vengono investiti improvvisamente da una serie di sensazioni confuse. Poi nel casino riconoscete il volto
di una persona amica e in quel preciso momento succede che tutta la vostra attenzione si focalizza, come in
un tubo, in un tunnel, solo lì, per cui tutti gli stimoli esterni (musica, confusione, etc etc………..) non ci sono
più, ma voi fate caso solo a quell’informazione. La stessa cosa dovete ricrearla con la mano, per tutto il tempo
che state a contatto con il tessuto, in modo tale che la vostra sensazione è raccolta solo dai recettori della
mano (è la pratica che faremo oggi, tra poco).
Slide 3 > Consente di circoscrivere uno “spazio percettivo”, una “bolla percettiva” chiusa da frontiere virtuali.
Nonostante altri stimoli continuino ad esistere esternamente non sono più considerati.
Consente di discriminare stimoli sensoriali (informazioni nello spazio percettivo) ai quali si è più interes-
sati.
142
Modifica la percezione tissutale in modo tangibile anche in base a dove è diretta.
Si determina “da dove” si percepisce e “cosa” si percepisce.
Questo permette di avere una comunicazione interattiva con i tessuti.
L’intenzione
Non c’è niente di esoterico, ma si può spiegare ricorrendo per es. alla fisica quantistica. Però magari ne ripar-
leremo al 5° - 6° anno, perché se non sapete fare una tecnica sul sacro è inutile che vi spiego cose più sottili.
Facciamo un passo indietro, però sappiate che l’intenzione può avere un effetto sull’ambiente esterno (lo
sentiremo oggi con le mani durante la pratica). Quindi l’intenzione è una forma di energia.
C’è inoltre una ditta americana, la Neurosky (www.neurosky.com), che ha “inventato” una sorta di trasduttore
che capta l’attività cerebrale di determinate onde, che sono trasmesse dal cervello quando è impegnato in
attività che richiedono attenzione, concentrazione, intenzione. La Neurosky la chiama “meditazione” ma è più
corretto, secondo Bonetti, chiamarla “intenzione”. Il cervello attivando determinate onde cerebrali produce
un determinato tipo di energia. Questa energia elettromagnetica viene captata da un trasduttore, collegato
ad un software, e fa fare alcune operazioni al computer oppure mette in azione l’omino di un semplice video-
gioco elettronico. La Neurosky però produce anche apparecchiature per persone disabili, per es. i tetraplegici,
che con il pensiero possono accendere il computer, spegnere la luce, accendere il frullatore, etc etc….. Questo
avviene perché c‘è una registrazione dell’attività cerebrale, che è una forma di energia. La stessa energia che
poi, vedremo con la pratica, non solo esiste ma ha anche un’azione esternamente su un tessuto.
Bonetti fa vedere un
video della Neurosky.
La persona che fa
l’esperimento deve
indossare una cuffia,
che ha un trasduttore a
livello del lobo frontale.
Le onde cerebrali sono di vari tipi (gamma, delta, beta, teta, etc etc…) e vengono misurate in Hz.
143
onde
onde beta onde
alfa gamma
Il grafico a fianco ne
riproduce alcune.
Quando il cervello è in una fase di attenzione o, dicono quelli della Neurosky, “meditazione” (ma possiamo
tranquillamente tradurre con intenzione) produce determinate onde, le quali, captate da un trasduttore, at-
tivano una determinata funzione. Nel nostro caso c’è l’omino del videogioco, il Neuroboy, che tira una palla,
incendia una macchina, etc etc…...
Slide 4 > Attenzione + ciò che si vuole ottenere.
Volontà di ricevere o inviare una informazione nel campo percettivo.
Sia nel test “voler sentire le modificazioni tissutali”.
Sia nel trattamento “voler indurre una modificazione verso la liberazione o verso una direzione, …”
La tensione
L’Osteopata deve adattarsi alle caratteristiche di densità, consistenza, elasticità del tessuto su cui poggia le
mani. Su un osso, un muscolo, un viscere la tensione cambia.
Slide 5 > Un incremento progressivo nella tensione (isometrica) delle dita e di tutta la mano, a contatto con
la struttura, permette di determinare, ad un certo punto, la percezione di cinetica spontanea della struttura
stessa.
Talvolta basta soltanto seguirne il movimento spontaneo per determinare una liberazione (Inibizione riflessa
del tono fasciale, vedi lezione sulla “Plasticità della Fascia”).
La densità
La densità è maggior materia nello stesso spazio. Sotto le mani si traduce in maggior durezza o resistenza del
tessuto.
Slide 6 > “ Entrare nella struttura ! ”
Accordo tra la tensione della mano e la materialità della struttura.
Accordo tra forza applicata e resistenza della struttura.
Sensazione di fluidità, plasticità.
144
La duplicazione
Quella situazione mentale in cui l’Osteopata visualizza la struttura anatomica che si percepisce com le mani.
Si cerca di visualizzare per es. la forma, la consistenza, il movimento…Questo è importante sia in fase di pal-
pazione, che per un test o per l’induzione di una tecnica. Quando Menichelli per es. dice, con la mano messa
in un certo modo, “Questo è stomaco!” e poi, cambiando la posizione della mano, dice “Così non è stomaco!”
e poi, ancora una volta, rimettendo la mano nella posizione corretta, ribadisce “Questo è stomaco!”, non lo
dice a caso.
Mettere il parametro “mano”
in un certo modo, significa
dare la possibilità ai recet-
tori di sentire una geome-
tria differente. Quando la
mano sente esattamente
la geometria di una strut-
tura, la riconosce meglio e
si adatta automaticamente
meglio, adattando anche
lo stato di tensione e via
discorendo.
Questo è stomaco! Così non è stomaco! Questo è stomaco!
Slide 7 > Visualizzazione delle strutture anatomiche sotto le mani (forma, geometria, consistenza,
rapporti, ….).
Importanza dello studio anatomico.
La velocità
Bisogna rispettare, se il tessuto ha un movimento, la sua velocità. Siccome tutti i tessuti si muovono, bisogna
per forza entrare in risonanza, in sincronia con i movimenti e rispettarne la velocità. Non bisogna mai forzare
qualcosa.
Slide 8 > Rispetto, coordinazione, sincronia con la velocità di movimento del tessuto.
Raggiungere armonia.
Induzione meccanica
In caso di tecnica, di correzione, ossia di induzione meccanica, non bisogna mai forzare il tessuto, ma portarlo
verso alcuni parametri di correzione in un determinato modo, soprattutto se lavorate sulla fascia, i tessuti
molli o il cranio. Bisogna assecondare e poi lanciare un movimento all’interno del tessuto. Per avere un’idea
è come spostare dal molo un’imbarcazione, ad es. una barca o un gommone. Di solito non si dà una spinta
improvvisa altrimenti non succede niente. Iniziate a spingere in modo lento e progressivo, sempre di più,
sempre di più e intanto la struttura si carica di una forza d’inerzia, ossia energia potenziale, e alla fine la barca
si sposta. Nel tessuto dovete cercare di avere la stessa azione verso un parametro di correzione, rispettando i
tempi della struttura.
Slide 9 > Influenza meccanica attiva applicata dall’operatore.
Si applica specialmente nelle tecniche di liberazione e riduzione. Non nei test.
Consiste nel lanciare e poi assecondare un movimento verso una determinata direzione. (Esempio del ca-
binato).
Non si deve mai forzare.
Tempo
Quando si cerca un rilasciamento o un normalizzazione bisogna aver pazienza, perché alcune strutture ri-
spondono dopo alcuni secondi, altre dopo minuti (l’abbiamo visto lo scorso seminario).
Slide 10 > Rispettare i tempi di modifica del tessuto.
Possono cambiare in base a molti parametri:
- della struttura (stato ultrastrutturale del connettivo, grado di facilitazione nervosa, …)
- del paziente e dell’operatore (situazione fisica, emotiva, …).
(vedi lezione “Plasticità della Fascia”).
145
Aver pazienza.
1° esercizio
Faremo in primo luogo un esercizio sull’attenzione, per cui vi chiederò di percepire la consistenza di vari livelli
anatomici, che sono: la cute, l’osso, che cosa succede quando si aumenta la pressione sull’osso. Poi vi chiederò
di sentire, una volta arrivati in profondità, se percepite dei movimenti, non m’interessa quali, ma solo se c’è
movimento e in quale direzione.
2° esercizio
Una volta che avete sentito come si muove quella struttura a quel livello, vi chiederò di spostare la vostra
attenzione ad es. su un’altra parte anatomica del Pz, che vi dirò io, per es. un piede o un ginocchio. Quindi il
vostro sforzo sarà doppio, perché l’attenzione dovrà restare contemporaneamente sia sul ginocchio (su cui
potete anche rivolgere lo sguardo) sia sulle mani, per percepire se ci sono dei cambiamenti rispetto ai movi-
menti che avete sentito prima. E questo lo farete su varie parti del corpo.
3° esercizio
Si chiederà l’intervento attivo del Pz, che dovrà, mentre l’Osteopata sente i movimenti sulla struttura, pensare
a cose piacevoli o spiacevoli. L’Osteopata dovrà percepire se ci sono o no dei cambiamenti. E poi ci confron-
tiamo.
E da ultimo lavoreremo sull’intenzione.
PRATICA SULL’INTENZIONE
Dopo essersi sincronizzati sul ritmo cranio sacrale (o sulla cinetica spontanea):
1. “Ordina mentalmente” ai tessuti di andare in espansione, successivamente in retrazione (senza indurli mec-
canicamente).
2. Chiedere alla struttura di portarsi in torsione prima da un lato, successivamente dall’altro (senza induzione
meccanica).
3. Impilamento. Si inizia da un parametro disfunzionale e si “segue” verso la maggior libertà. Da questo punto
si mantiene e si induce un altro parametro disfunzionale (la struttura segue nel senso di maggior libertà), si
mantiene e da qui si chiede un ulteriore parametro disfunzionale (la struttura segue nel senso di maggior
libertà), si mantiene ……
4. Conclusioni.
Pratica finale
Presenza: fisica e mentale.
Attenzione: sulla parte anatomica e sulle modificazioni tissutali. ((occhi aperti – occhi chiusi (?))
Intenzione: non meccanica ma mentale cosciente.
146
1.2.3. sono la base della comunicazione.
Tensione: nel corpo e nella mano.
Densità e livello: compressione sufficiente per poter “entrare nella struttura”, per arrivare al livello anatomico
che ci interessa per riceverne informazioni. È un equilibrio tra FORZA APPLICATA, RESISTENZA DEL TESSUTO.
Deve dare sensazione di fluidità.
Velocità: rispettare la velocità del movimento naturale dei tessuti.
Induzione meccanica: nelle tecniche, lanciare e assecondare un movimento senza forzarlo (non c’è nei test
funzionali).
Tempo: avere pazienza e rimanere concentrati.
Mi interessa sapere se avete sentito delle cose diverse: per es. movimenti, ritmi diversi da: 1. dentro, 2. dall’osso
e 3. dall’esterno, ossia da questi 3 livelli. E inoltre se avete sentito delle consistenze diverse tra i tre livelli. Alcuni
di voi riferiscono di aver avuto delle difficoltà nel passaggio dalla sensazione di duro dell’osso a quella più
morbida di “dentro il cranio”. Vi ricordo che dovrete affinare sempre più questa capacità, perché per fare un
test di mobilità per es. sul fegato, dovete oltrepassare il livello delle coste. Con questo esercizio di oggi dovrete
abituarvi a sentire il “duro” delle coste e poi, aumentando gradualmente la pressione, a sentire che la mano
entra dentro. A quel punto siete a livello del fegato e potete sentirne i movimenti, non prima, altrimenti siete
sulla gabbia toracica.
Questo per dirvi che il livello palpatorio anatomico è importantissimo. Basta avere una pressione legger-
mente più forte o più lieve che sentite fischi per fiaschi! Questo sulla testa, figuriamoci quando parliamo di
visceri come lo stomaco o il pancreas. La vostra palpazione deve essere effettuata in base al livello anatomico,
per sentire bene.
2° esercizio sull’attenzione
Ora facciamo una seconda pratica più difficile sull’attenzione. L’Osteopata deve mettersi in contatto con la
parte interna della testa (è possibile tuttavia scegliere uno degli altri livelli). Nelle mani dovete sentire come
una massa unica. Cominciate a percepire il movimento e la sua direzione. Poi vi farò spostare l’attenzione su
diverse aree del corpo del Pz, che potrete anche guardare con lo sguardo. Contemporaneamente dovete sen-
tire che cosa avviene sotto le vostre mani, se ci sono delle modificazioni oppure no.
147
1. Presa di contatto con la parte interna della testa del Pz
2. Fate attenzione al piede dx del Pz. Lo potete visualizzare
3. Ora visualizzate il ginocchio sin del Pz
4. Ora visualizzate lo stomaco del Pz
5. Ora il polmone dx
6. Ora tornate sulla testa
7. Lentamente staccate le mani
Mi interessa sapere chi ha percepito delle differenze con le mani, ogni volta che spostava l’attenzione da una
parte all’altra.
La maggior parte di voi ha sentito delle differenze. Questo avviene perché il sistema fasciale, che collega tutto
nel corpo, con lo spostare l’attenzione da una zona ad un’altra, manda informazioni differenti ai recettori. Sia-
mo un tutt’uno e quindi basta spostare l’attenzione, che la percezione della mano può cambiare. Figuriamoci
se, mentre state facendo un trattamento sul cranio o su un viscere, avete la testa da un’altra parte e pensate a
quello che dovete fare la mattina seguente! La vostra percezione in questo caso è falsata, cambia.
Avete sentito variazioni? Quando c’erano le situazioni negative? La maggior parte delle persone sente una
chiusura oppure un ritmo che diventa più stretto e magari più frequente. Questo è dovuto al fatto che ci sono
dei collegamenti neurologici tra la corteccia, il sistema limbico, le aree dei ricordi, l’affettività e il neurovegeta-
tivo, che innerva le fasce, il connettivo e ne regola lo stato di tensione. Quando c’è un pensiero negativo, c’è
un blocco dell’attività, perché aumenta la tensione del sistema fasciale. Mentre c’è un rilasciamento quando
c’è un’attivazione di pensieri positivi. Poi è ovvio che non per tutti è così matematico, ma per l’80-90% delle
persone è così. Tutto ciò che fa parte del somato-emozionale e che viene spacciato per esoterico, in realtà è
spiegabile, non c’è niente di esoterico (durante il trattamento di un ginocchio un Pz può ricordare un evento
spiacevole di molti anni prima: è normale, ci sono dei collegamenti neurologici che lo spiegano). Un evento
spiacevole può tradursi in una compressione del cranio oppure in una lombo sciatalgia, o una disfunzione
del ginocchio, dell’anca. Il blocco tissutale, la disfunzione avvengono in una zona che è già facilitata per altri
motivi: la famosa goccia che fa traboccare il vaso.
4° esercizio sull’intenzione
Le mani dell’Osteopata sono sempre passive, ma i suoi pensieri ordineranno ai tessuti di effettuare dei movi-
menti. È una sorta di attività cerebrale, l’induzione viene data con il pensiero.
1. Mettetevi in sincronia con i tessuti del Pz
2. Con la vostra intenzione cercate d’indurre con il pensiero un’espansione del cranio del Pz e poi una retrazi-
one. La mano dell’Osteopata è passiva e ascolta
3. Ora cercate d’indurre un movimento che ricorda la torsione, dx o sin, fate voi
4. Ora un movimento di lateroflessione-rotazione
5. Ora uno strain
6. Tornate in una situazione iniziale, di partenza, di neutralità e staccate lentamente le mani
Vi ricordo che nella fase di test bisogna essere neutri, mentre durante la tecnica vi aiutate con la visualizzazi-
one e con l’intenzione per amplificare l’efficacia della tecnica. Se infatti si fa un test con l’intenzione di trovare
una determinata disfunzione, 50% delle volte trovate quella disfunzione. Se durante il test vi fissate per es. nel
148
trovare una disfunzione di rotazione int di tibia, nell’80% dei casi la trovate! Perché siete voi a indurre la rotazi-
one int della tibia. Questo però non deve succedere, perché bisogna fare il test usando solo l’attenzione, per
poi aggiungere l’induzione quando si vuole avere un effetto su quel tessuto. In tal caso l’induzione amplifica la
manovra che si è scelto di eseguire. Attenzione + induzione amplificano l’effetto della tecnica e quindi anche
l’efficacia della manovra sul tessuto.
Queste informazioni non possiamo darvele al 1° anno, perché non ci avreste creduto, ci avreste preso per
matti. Dopo tre anni di esperienza avete già un substrato di un certo tipo. Sono cose difficili da capire per me
che le insegno, figuriamoci per voi! Da oggi in poi cercate di applicare sui test e sul trattamento questi principi,
perché vi cambiano l’efficacia del trattamento totalmente. Lo vedete da subito, già da domani. Aumentate le
vostre possibilità e percentuali di efficacia. E questa è la differenza tra lo scrocchiaossa o il fisioterapista diplo-
mato in osteopatia e l’osteopata, perché c’è molta gente in giro che è fisioterapista o scrocchiaossa travestita
da osteopata, ma non è osteopata. L’osteopatia inizia da qui, inizia dal fatto che si conosce l’anatomia e la fi-
siologia medica come l’avemaria. Tutto quello che facciamo in osteopatia e che sembra buttato lì è già scritto
sui libri. Bisogna però saperli leggerle in chiave osteopatica. Il Testut o il Guyton, letti in chiave osteopatica,
spiegano perché l’osteopatia funziona, fanno capire il Pz. Se nei test trovo per es. un “polmone” o un “rene”
devo pensare anche al ph. Se trovo un “glossofaringeo” devo pensare alla regolazione della pressione arte-
riosa, ossia tutti quei parametri che riguardano la fisiologia medica e non vengono presi in considerazione, ma
che ci fanno capire come in osteopatia non si può lavorare sul sintomo. Se il Pz viene a studio perché ha mal
di stomaco, a me della sua gastrite non me ne frega niente, perché può dipendere da un colon, da un vago
o da un’altra cosa che con lo stomaco non c’entra niente, per cui è inutile fare i test solo sullo stomaco. Qui vi
creo casini, lo so, però prendetelo come uno sfogo! Quindi non fermatevi sulle cose, ma continuate per conto
vostro a praticare, a studiare. Con questo lavoro studierete da qui alla pensione! ……..se lo volete far bene. Se
invece farete i fisioterapisti travestiti da osteopati e quindi farete sui vostri Pz una tecnica osteopatica e poi la
tecar, io m’in…zzo e vi mando i mercenari ucraini!! Chiaro?
5° esercizio a tre
Un Osteopata si mette sul sacro, l’altro sul cranio e cerca di indurre intenzionalmente, meccanicamente
sull’osso per es. torsione, flessione….La mano dell’Osteopata è sempre in ascolto, perché l’induzione avvi-
ene con l’intenzione. L’Osteopata che ha la mano sul sacro deve cercare di percepire quante volte cambia
l’induzione e possibilmente che cosa viene indotto (flessione, estensione, torsione…..). Fate 5 minuti a testa.
L’Osteopata che contatta il cranio induce 3-4 cambiamenti, non di più. Fatelo in silenzio e poi vi confrontate
senza far casino.
sem 3
3 1. ritmo respiratorio
2. ritmo cranio-sacrale
1 3. ritmo “qualsiasi”
2
Se si mette una mano al centro del foulard si sente
la risultante dei 3 ritmi di sopra, ossia la cinetica
spontanea. Se l’osteopata conosce la frequenza
dei ritmi di sopra (1, 2 e 3) può, appoggiando la
mano sui tessuti, andarla a cercare guidato dai re-
cettori della sua mano. Può ascoltare, separandolo
dagli altri, per es. solo il ritmo 1, oppure il ritmo 2…
La mano si sintonizza sulla frequenza conosciuta.
L’esercizio che faremo sarà quello di trovare diversi
livelli anatomici.
Su ogni livello andremo a sentire 3 ritmi possibili:
Esercizio 1
Cominciamo dalla
coscia. Una mano va
sotto e fa da punto
fisso e l’altra sopra.
3 Livelli Anatomici
1° livello. Per prima
cosa vado a sentire
la consistenza dei
vari livelli anatomici.
Il primo contatto è
molto superficiale e
si sente la consistenza di cute e fascia superficialis. Ovviamente in base alla quantità di grasso del Pz può
essere più o meno spessa. Si sente l’elasticità, la resistenza, le caratteristiche di questo tessuto.
2° livello. Poi aumentate la pressione in modo lento e progressivo e sentirete che questa consistenza mor-
bida, superficiale comincia a cambiare, perché state entrando nel tessuto muscolare, che ovviamente ha una
consistenza diversa dal tessuto sottocutaneo. Sentirete che l’elasticità e la resistenza del tessuto cambiano,
perché siete sul muscolo. Memorizzate questi parametri.
3° livello. Poi aumentate la pressione in modo lento e progressivo e sentite che la consistenza del muscolo
cambia di nuovo e diventa duro, perché siete arrivati all’osso.
Ho quindi sentito 3 consistenze diverse e so che la mia pressione è arrivata su 3 livelli diversi.
Poi spostiamo l’attenzione sulla motilità, determinata dal ritmo cranio-sacrale (siamo sempre sul piano ana-
tomico superficiale). L’attenzione deve funzionare un po’ come la manopola della radio: da una frequenza
respiratoria devo passare ad un frequenza cranio-sacrale. Sembra difficile ma in realtà è meno difficile di
quanto sembra, perché voi avete già esperienza con l’ascolto sul cranio di ritmo e ampiezza, il vostro cervello
e i vostri recettori hanno già memorizzato, come sensazione, ritmo e ampiezza. Provate a immaginare di ap-
poggiare le mani, anziché sulla coscia, sul cranio del Pz. In questo modo la vostra attenzione va su un movi-
mento guidato dal ritmo cranio-sacrale.
Piano superficiale | Tempo di F | alto e Rot int Piano superficiale | Tempo di E | basso e Rot est
152
2° livello. Andiamo su un piano
più profondo, all’interno del
muscolo. Anche qui percepite
mobilità (diaframma) e motil-
ità (ritmo cranio-sacrale). Nella
motilità in teoria dovreste sen-
tire:
Piano medio | Tempo di F | alto e Rot int...... .....Rot est in fase finale
153
Poi dopo questo esercizio prendete la coscia del Pz tra le due mani, fate una pressione adeguata, non troppo
forte, in modo che tra le mani avete un blocco e la sensazione di avere un’unica massa e percepite la cinetica
spontanea. Ricordate che è un ritmo totalmente indipendente dalla respirazione e dal ritmo cranio-sacrale. E’
un movimento che vi parte sotto le mani in modo più o meno evidente.
In questo esercizio ipotizziamo, per semplicità, che la mano che lavora sia quella sopra la coscia mentre quella
sotto non fa niente. Con l’esperienza riuscirete a percepire con entrambe le mani, perché dovete sentire tutto
il manicotto fasciale muoversi.
Poi da soli cercherete i 3 livelli e le 2 frequenze (mobilità e motilità) sulla gamba e sul piede, e la cinetica spon-
tanea in modo globale. Fate attenzione anche se percepite questi ritmi, in termini d’intensità e di ampiezza,
meglio sulla coscia piuttosto che sulla gamba o sul piede. In teoria, se le fasce sono libere, si dovrebbero sentir
bene i ritmi su tutti e tre i segmenti corporei: coscia, gamba, piede, cioè tutto l’arto inf dovrebbe muoversi
all’unisono e contenere questi 3 ritmi.
Se invece capita di sentire meno i ritmi sulla gamba, può voler dire che il sistema
è bloccato in qualche punto. Vediamo degli esempi, che possono essere utili
nell’orientamento. Immaginiamo un Pz in cui si sentono bene i ritmi sulla coscia,
meno bene sulla gamba e niente sul piede > siccome il sistema veicola delle forze
meccaniche, significa che queste forze meccaniche si sono interrotte, sono state
ostacolate in un punto che potrebbe essere il ginocchio. Nel ginocchio ci potreb-
be essere una restrizione di mobilità del sistema fasciale, che ha la sua origine in
qualsiasi struttura anatomica: legamento, cicatrice, sinovia infiammata, una tibia
in Rot Int, un perone in posteriorità. Il sistema fasciale viene quindi bloccato a quel
livello.
Un altro esempio: se sento bene i ritmi sulla coscia e sulla gamba e niente sul
piede, posso immaginare che ci sia una restrizione di mobilità sulla caviglia.
Un altro esempio: se sento bene i ritmi sulla coscia e sul piede e niente sulla gam-
ba, posso immaginare che ci sia un problema intrinseco della tibia, per es. a carico
della membrana interossea oppure riconducibile ad una vecchia frattura oppure
perché ha avuto un trauma sulla tibia il giorno prima e si è procurato una lesione
intraossea di tibia. Possiamo anche paragonare le sensazioni che abbiamo su un arto con il controlaterale.
Se sento bene i ritmi su arto e niente sull’altro è probabile che la restrizione sia sull’anca o sul bacino. Quindi
questa tecnica vi può per es. confermare un test di pressione.
154
Nell’arto SUPERIORE la situazione
cambia.
155
La stessa cosa vale per i visceri dell’addome, perché
quando devo lavorare per es. sul pancreas, so che sto
sul pancreas se riconosco le varie consistenze dei tessu-
ti: muscolare, entro nell’addome, sento l’intestino, poi la
consistenza aumenta, diventa più duro e poi percepisco
il battito dell’aorta, allora torno indietro un pochino, ar-
rivo sul duro che ho sentito un poco prima del battito
dell’aorta e probabilmente quello è il pancreas. La vostra
attenzione deve stare sulla consistenza, indipendente-
mente dalla respirazione del Pz.
Ora facciamo la pratica sullo stomaco e a seguire sul fegato, che è quasi tutto sottocostale, per cui se non en-
trate bene sul livello giusto non potete fare un buon test di mobilità.
Mettendo la mano sul fegato si sente in primo
luogo il duro della griglia costale. Se chiedete
al Pz una respirazione più accentuata la vostra
mano seguirà il ritmo della griglia costale. Con
una pressione lenta e graduale entro, sento che
a un certo punto la consistenza cambia e …
vuh… la mano entra dentro. Chiedo al Pz una
respirazione più accentuata e sento che questa
volta la mano segue il movimento del fegato.
156
La stessa cosa tirate lo stom-
si può fare aco e avete la
sulla milza. sensazione di
Contattate un risucchio,
la milza at-
traverso le
coste, entrate
nella gabbia
toracica, arriv-
ate a contatto
della milza,
che qualcosa arriva sulla vostra mano sin
e la risucchia da dentro.
L’esercizio da fare ora è > trovare veramente lo stomaco, prima con la mano sopracostale poi aggiungendo
l’altra sottocostale. Poi fate il test di mobilità sullo stomaco e infine cercate di sentire la motilità (quindi ritmo
e ampiezza sulla frequenza cranio-sacrale). Questo esercizio sulla motilità viscerale lo facciamo solo ora e qui,
per fare pratica, mentre da un punto di vista lavorativo non si usa (una volta lo si faceva ma ora no, altrimenti
c’è troppa carne sul fuoco). In teoria sappiate che un viscere può essere testato sulla mobilità, sulla motilità
e su altri ritmi ancora. Per ora, per fare pratica, immaginate di avere le mani, anziché sul fegato, sul cranio e
cercate di sentire la motilità. Nel momento in cui conoscete ritmo e ampiezza del cranio, le ritrovate pure sul
viscere. Calcolate che il movimento del viscere nella moTilità è simile, come direzione, a quello della moBilità,
mentre l’ampiezza e la frequenza sono diverse.
Infine, con le mani nella stessa posizione, sentite la cinetica spontanea. Staccate la corteccia e sentite se la
mano viene attratta in una direzione.
In Alessia si sente per es. che lo stoma-
co si avvita e va verso dietro. Può darsi
che nella parte post ci sia qualcosa
che magari tira: coda del pancreas?
milza? altro? Se fate il test di pressione
sull’addome potete averne la confer-
ma.
In effetti in Alessia risulta + l’ipocondrio sin, su cui bisogna indagare ulteriormente. Come vi dicevo, questo
lavoro sulla cinetica spontanea vi può aiutare a confermare un test di pressione. Oppure dopo aver lavorato
su un viscere, posso fare il test sulla cinetica spontanea e lavorarla direttamente nel modo visto prima: trovo
lo still point, aspetto, riparte il movimento…oppure sento un rammollimento del tessuto. E’ un lavoro fasciale
sui visceri, chiamamolo così.
157
sem 5_Bonetti (al sem 4 non ci sono state lezioni di fasce).
In queste due ore vorrei che miglioraste le capacità palpatorie, perché se non palpate in modo giusto una
struttura, di qualsiasi tipo essa sia, non risultano efficaci né il test né tanto meno il trattamento. Inoltre c’è
spesso una sorta di scetticismo nel trovare alcune strutture, si dice “quello non si può sentire” oppure “quello
non si può trovare”....... personalmente non sono d’accordo su questo, perché si può sentire tutto, la cosa im-
portante e sapere cosa e come cercare e trovare la struttura interessata. Quando non si sa né cosa né come,
è chiaro che non si sente niente. Dopo proveremo e vi farò sentire il famoso pancreas, che molti dicono che
non si sente. Invece vi assicuro che si sente nettamente e si sente anche la mobilità del pancreas. L’importante
è stare sul livello giusto.
Bonetti proietta le slide: palpazione delle fasce.
1. Quando palpate vanno adottati i criteri di palpazione: l’attenzione, la bolla percettiva....
Dovete stare molto concentrati su quello che state palpando, soprattutto all’inizio. La palpazione è una fase
di apprendimento da un punto di vista neurofisiologico. Quando leggendo apprendete delle informazioni ci
sono delle aree cerebrali della memoria che vanno incontro a cambiamenti da un punto di vista anatomico
(si creano delle sinapsi). Più l’informazione viene reiterata nel tempo e più i cambiamenti diventano duraturi
a livello neuronale. La stessa cosa dovete fare con la mano. La mano e piena di recettori (come l’occhio che
legge le informazioni). La mano ha dei recettori che mandano le informazioni a livello centrale, il livello cen-
trale le elabora in termini di consistenza del tessuto, di elasticità, di temperatura, di ruvido, di morbido, di tutte
le caratteristiche che potete percepire a livello palpatorio. Queste informazioni arrivano a delle aree cerebrali
dove innescano un processo di apprendimento e di memoria, che è identico a quello che fate studiando sui
libri. Questa memoria vi serve per trovare alcune strutture in modo facile e automatico su più pazienti. È un
po’ come guidare la macchina, all’inizio è difficile ma dopo diventa una stupidaggine a forza di farlo. Non ser-
vono neanche chissà quanti pazienti e chissà quanti anni di esperienza. Quello che serve è sapere cosa dovete
cercare e come cercarlo. Una volta che lo avete sentito 5-6 volte e la vostra mano e la vostra memoria hanno
memorizzato queste 5-6 volte, alla fine il processo è appreso e lo potete riapplicare su chiunque.
La pratica che ora faremo dovrà tener presente la ricerca delle caratteristiche della struttura (può essere qual-
siasi struttura: un osso, una vertebra, il cranio, una membrana...... tuttavia oggi faremo la pratica su un viscere),
sia in termini di resistenza, elasticità che in termini di giusto livello anatomico. Per fare questo dovete avere in
mente l’anatomia topografica della zona, perché è quella che vi aiuta a capire quanta pressione dovete fare
per arrivare su un determinato viscere, che magari è anteriore o posteriore e via dicendo.
Ricordate che uno dei criteri della palpazione è la duplicazione, per cui dovete avere un’idea della geometria,
della forma della struttura che state palpando. Se per es. conosco la forma del rene quando sono sul polo in-
feriore riesco a posizionarmi sull’ilo del rene senza sbagliarmi.
È anche importante riconoscere le diverse consistenze del tessuto. Faremo una palpazione su diversi livelli
anatomici e dovrete fare attenzione a “quanto il tessuto è morbido” oppure “quanto mi resiste” al tatto. Poi
dovrò riconoscere quando arrivo su un piano muscolare e a come cambia la resistenza del piano muscolare
sotto la mano e dovrò percepire la diversa resistenza. Dopo il piano muscolare scenderò e arriverò ad un altro
piano e dovrò percepire e riconoscere la diversa resistenza di questo piano. La palpazione va fatta su queste
modalità che abbiamo appena detto.
Puoi faremo la ricerca delle frequenze. Su ogni struttura si possono sentire diverse frequenze:
158
1. la mobilità (ossia il movimento del viscere
in relazione al diaframma)
2. la motilità (ossia un movimento che è in
sintonia con il ritmo cranio sacrale), che quin-
di avrà un’ampiezza e una frequenza diverse
dalla mobilità e inoltre delle direzioni di movi-
mento leggermente diverse
3. la motricità, che è di due tipi, ossia:
a. la vasomotricità (che abbiamo percepito
con il test di emodinamica “pieno/vuoto”
3b. la visceromotricità, ossia la peristalsi = i
movimenti intrinseci del viscere (si dice che
non si sentano, in realtà non si sentono perché
non sono mai stati presi in considerazione).
Bonetti dice che se uno sente la mobilità e la motilità, è capace di sentire anche la peristalsi.
Poi ci sono altre frequenze che vedrete quando farete dei master sul viscerale dopo il sesto anno.
Adesso applicheremo questi principi alla pratica.
Cominciamo con una pratica a coppie e poi passeremo ad una pratica a tre.
Nella pratica a coppie sentiremo:
1. la mobilità di un viscere (in teoria la sapete sentire, ma oggi vorrei che la sentiate alla perfezione)
2. la cinetica spontanea. Essa è un movimento intrinseco che si può sentire su qualsiasi struttura del corpo,
così come si sentono le altre frequenze e che è la risultante degli altri ritmi del corpo. Vi ricordate quando ab-
biamo fatto l’esempio della maglietta che veniva mossa da tre persone con tre frequenze diverse?
La cinetica spontanea è quel ritmo che si sente quando, staccata la corteccia, si sente partire le mani in
una determinata direzione. Alle volte le mani vengono attirate con un movimento lento e progressivo verso
una direzione qualsiasi. Questa direzione è dovuta alla presenza di restrizioni fasciali che possono essere vi-
cine oppure a distanza in qualsiasi punto del corpo. Se la Pz ha una restrizione del sistema facciale superficiale
o profondo a livello per es. della fossa iliaca e sto facendo un test sullo stomaco, la cinetica spontanea fa si che
le mie mani vengano attirate, con un movimento lento e progressivo, verso il punto di restrizione.
Nel caso della cinetica spontanea devo valutare sia la direzione sia la lunghezza. Infatti se il punto di restriz-
ione è vicino allo stomaco sentirò un ritmo di cinetica spontanea breve.
Se invece la restrizione di mobilità è
lontana dallo stomaco sentirò una
trazione lunga, in questo caso avrò la
percezione di un movimento che con-
tinua, continua, continua quasi senza
fine perché la distanza tra lo stomaco e
per esempio il ginocchio è lunga.
159
Quindi ricordate che con la cinetica spontanea, che può essere applicata anche ad una vertebra oppure una
costola, dovete considerare la direzione e la lunghezza.
Un lavoro sulla cinetica spontanea è già di per sé un trattamento. Tuttavia può avere anche un significato di
tipo “diagnostico” che può confermare alcuni test. Facciamo un esempio. Dopo aver fatto tutti i test osteo-
patici: i nove quadranti, le vertebre, il sacro……… risultano positivi lo stomaco e una vertebra dorsale, che
potrebbe essere in relazione con lo stomaco. Mi chiedo se la restrizione di mobilità della vertebra dorsale
può influire meccanicamente, con un collegamento fasciale sullo stomaco. Per trovare la risposta posso fare
un test di inibizione oppure mettere le mani sullo stomaco e sentire la cinetica spontanea. Se c’è un collega-
mento meccanico sentirò che le mie mani sullo stomaco vengono attirate verso la vertebra dorsale. Oppure se
per esempio il collegamento è con una spalla le mie mani sullo stomaco vengono attirate verso quella spalla
con una lunghezza che è più o meno lunga. Se invece ci fosse stato per esempio un collegamento con il lobo
inferiore del polmone avrei sentito che le mie mani sullo stomaco venivano attirate con una lunghezza breve
in direzione del lobo inferiore del polmone.
Trattamento. Le mie mani sullo stomaco sono attratte da un movimento di cinetica spontanea verso la
spalla sinistra con un movimento lungo. Ad un certo punto però la trazione si ferma, sono arrivato ad uno
still point. In questo caso mi fermo e aspetto che il movimento riparta verso per esempio un’altra direzione.
Seguirò quindi questa seconda direzione fino a sentire un secondo still point. Mi fermo e aspetto fino a quan-
do il movimento riparte. Lo seguo nuovamente e così per 3-4 still point.
Vi ricordate la lezione sulla saturazione di energia? Quando una struttura libera energia vengono liberate
delle energie secondarie, che possono essere:
calore
rumore
movimento
Quando arrivo ad uno ad uno still point e il tessuto riparte in un’altra direzione vuol dire che sta liberando
energia potenziale sotto forma di movimento (che è una dissipazione di energia). Quindi ad ogni successivo
still point la fascia si libera di energia potenziale che era trattenuta. Nello still point si può sentire del calore
(e questo lo sente anche il paziente) oppure dei rumori come per esempio degli scrosci (come prendere della
neve fresca in mano e schiacciarla).
4. Ritornate indietro al duro della gabbia toracica e provate a sentire che cosa suc-
cede sulla mobilità, quindi sulla respirazione. Sentirete la gabbia toracica che si es-
pande in inspiro e si contrae in espiro.
stomaco in INsp
stomaco in Esp
161
La stessa cosa si può fare con il fegato met-
tendo le mani solo sulla griglia costale:
1. le mani sentono il morbido del
sottocute
2. poi il duro della griglia costale e le mani
si muovono in sincronia con il ritmo respi-
ratorio
milza in INsp
milza in Esp
162
Il movimento della
milza è lo stesso di
quello della coda del
pancreas
coda del
coda del pancreas
pancreas in Esp
in INsp
Dopo l’esercizio sulla mobilità dello stomaco (1) andate a percepire gli altri ritmi:
2. la cinetica spontanea (stacco la corteccia e sento dove vengono attirate le mani) dello stomaco e del fe-
gato
3. la motilità, il ritmo cranio sacrale, mettendovi in gruppi di tre. La motilità è stata tolta dal corso di viscerale
per una questione di tempo, altrimenti bisognava aggiungere un altro anno solo per sentire la motilità. Sap-
piate però che una disfunzione su qualunque struttura del corpo come per es. una tibia o un stomaco si può
organizzare su più livelli: sia su una mobilità meccanica-articolare, sia su una mobilità viscerale, che su una
motilità cranio sacrale.
Sul perone si può sentire con un pò di attenzione il ritmo cranio sacrale, che è
coordinato con la flesso-estensione del cranio. La stessa cosa la potete sentire
sullo stomaco. Potreste trovare su un Pz che ha la gastrite, su cui avete fatto tutti
i test, che è positivo al test di pressione mentre è negativo al test di mobilità sullo
stomaco, ossia la mobilità va bene sia in inspiro che in espiro. Che fare? Devo con-
trollare se questa disfunzione dello stomaco si è organizzata su un altro livello,
come per es. la cinetica spontanea oppure su una motilità cranio sacrale, ossia
in relazione alla meccanica del cranio. Quindi cercate di percepire la motilità del
viscere in questo esercizio che faremo oggi anche se non la studierete nel corso
di studi qui al CERDO. Se sapete sentire tutti questi ritmi allenate la vostra mano
ad una percezione più fine e così vi toglierete ogni scetticismo quando sentirete
parlare di recoil sull’arteria renale oppure su un’arteria testicolare. Non avrete più
dubbi perché avrete affinato la vostra capacità percettiva.
Anche la cinetica spontanea ha una normalità: metto le mani, sento il viscere, stacco la corteccia, sento
partire un movimento in una direzione e poi sento un movimento contrario di uguale ampiezza che mi riporta
al punto di partenza, poi riparte nella stessa direzione e ritorna indietro con la stessa ampiezza, quindi sento
un movimento armonico che non è in sintonia né con la respirazione né con il ritmo cranio sacrale ma è un
movimento a parte, che mi indica che la zona è libera da restrizioni (una condizione difficile trovare perché di
solito siamo pieni di disfunzioni osteopatiche, sulla cinetica spontanea troverete sempre delle disfunzioni).
Per quanto riguarda il ritmo cranio sacrale le mani sullo stomaco sono nella stessa posizione del test di mobil-
ità, le direzioni sono molto simili a quelle del test di mobilità ma con un’ampiezza diversa (sono molto meno
ampi) ed una frequenza diversa (perché è quella del ritmo cranio sacrale e non quella respiratoria). Questo
accade perché gli organi vengono attirati dalla base del cranio nella parte centrale verso l’asse aponeurotico
centrale, quindi tutta la parte centrale degli organi viene tirata su, mentre la parte esterna tende ad espan-
dersi.
Per sentire la motilità cranio sacrale vi consiglio di mettervi in 3: uno si mette alla testa del Pz con le mani sul
cranio del Pz e con la testa fa da segnatempo, senza parlare, e fa un “si” ogni volta che c’è il passaggio dalla
flesso-estensione. In questo modo l’Osteopata con le mani sullo stomaco ha un feedback visivo e cerca di
capire se quello che sente è coordinato con il segnale che gli arriva dal collega.
Ricapitolando
1. esercizio sui livelli sia sullo stomaco che sul fegato (discriminare tra il movimento della gabbia toracica e
quello del viscere)
2. Cinetica spontanea
3. Motilità = ritmo cranio sacrale, in gruppi di tre
163
Esercizio con i COLORI
Facciamo un esercizio: guardate la scrivania e concentrate la vostra attenzione sul verde…. sull’arancione……..
sul blu,......sul nero…….sul rosso……..sul rosso su fondo nero.
Quello che adesso avete fatto con la vista dovete farlo con la palpazione. Ovviamente per poter riconoscere
un colore tra tanti altri su una scrivania bisogna averlo già visto in precedenza e quindi conoscerlo, altrimenti
non si può focalizzare l’attenzione. L’equivalente di questo a livello palpatorio e la conoscenza dell’anatomia
e quindi la consapevolezza del livello anatomico. Se vi avessi chiesto di guardare il microfono tutti avreste
puntato lo sguardo sul microfono perché ne conoscete la forma, la geometria e quindi lo riconoscete anche
in mezzo al casino. È molto semplice esercitare le mani a fare quello che fanno gli occhi, basta avere chiaro
che cosa si cerca e dove.
Se per es. cerco un oggetto che conosco dentro il mio zainetto, sono sicuro che le mie mani, anche se lo
zainetto è pieno di varie cose, riusciranno a trovarlo. Si tratta infatti solo di un allenamento a cui dobbiamo
sottoporre le nostre mani.
La coda del pancreas potete sentirla attraverso la milza. Per prima cosa dovete arrivare al livello della milza.
Quando siete sul livello con la mano sin, potrete seguire il movimento a coppia della testa e della coda del
pancreas.
Chi non credesse all’utilità del trattamento del pancreas potrebbe fare la prova seguente:
misurare la glicemia di un Pz prima e dopo il trattamento. Potrà verificare che si abbassa (succede in 18 casi
su 20).
165
Anno 5 sem 1_Bonetti
Facciamo queste lezioni per capire gli effetti sui tessuti, sulle strutture e gli organi delle tecniche che utiliz-
ziamo e poi perché vorrei che foste in grado di aggiustare…… lo space shuttle! ossia il nostro corpo, una mac-
china estremamente raffinata e complicata. Però se non sapete come funziona, non siete neanche in grado di
aggiustarla. Le tecniche sono importantissime ma non dimenticate che sono solo degli strumenti. L’osteopatia
non è una tecnica, ma il modo in cui voi utilizzate una tecnica. Per avere il “modo” dovete conoscere che cosa
state aggiustando.
La tensegrità
Questa parola è un neologismo, che deriva dalla contrazione di due parole inglesi che sono tensional e in-
tegrity, ossia integrità tensionale. È una logica di costruzione, perché è stata studiata per la prima volta da un
architetto. È stata usata in architettura per costruire determinati tipi di strutture: sono delle strutture costruite
secondo delle leggi fisiche ben precise e che hanno la capacità di avere la massima efficacia strutturale, ossia
la massima stabilità, e la massima capacità di reagire a sollecitazioni esterne con il minimo materiale. Qual-
cuno, in ambito biologico, ha notato che questa legge esiste anche in biologia e l’hanno adattata al funziona-
mento cellulare (come vedremo). Questo funzionamento cellulare applicato alla meccanica è quello che noi
scateniamo quando facciamo qualsiasi tipo di tecnica sul Pz.
166
In virtù di questo che ho detto, quello che noi perce-
Slide 2 piamo come struttura, per es la cattedra, il lettino…
TENSEGRITA’ = TENSEGRITY (tensional integrity) sono composti da: atomi e gli atomi sono composti da
Logica di costruzione che persegue il minimo protoni, neutroni, elettroni, che sono le particelle aven-
sforzo e la massima efficacia! ti massa. Se voi però prendete lo spazio occupato da
SOLIDITA’ DELLE NORMALI STRUTTURE: un atomo e lo confrontate con lo spazio occupato da
• Peso = forza di gravità (archi, volte, mura, …) queste particelle aventi massa, scoprirete che lo spazio
• Peso + tiranti = forza di gravità + tensione se occupato da queste particelle e quindi la massa corri-
necessario (capriata, strutture a sartie, …) sponde solo all’1%. Il 99% dell’atomo è vuoto. Il lettino
STRUTTURE TENSEGRILI: che ai nostri sensi sembra così solido, così materiale in
• Tensione e compressione = indipendenti realtà al 99% è “vuoto”, non c’è materia, o meglio ce n’è
(quasi) dalla forza peso talmente poca (1%) che è quasi inesistente.
Slide 3 E allora che cosa sento con le mani? Sento en-
STRUTTURA = ? ergia, perché la materia fisica è solamente en-
• Complesso di eventi energetici autoassemblanti ergia condensata e organizzata nello spazio e
UNIVERSO FISICO, MATERIA = energia – spazio – tempo. nel tempo. Noi sentiamo gli eventi energetici
Per il 99% il mondo fisico è composto da “vuoto”. (protoni, neutroni…) che tengono insieme la
• È necessaria per permettere una manifestazione materia.
nell’universo fisico
STRUTTURA DELL’ATOMO, MOLECOLE, …. PROTEINE,
CELLULE, … ORGANISMO, … GALASSIE, … UNIVERSO.
STRUTTURE TENSEGRILI
Slide 4
Forze di attrazione degli elettroni (tensione)
equilibrate
dalle forze del nucleo (compressione).
L’atomo ad es è una struttura di tipo tensegrile, nel cui nucleo ci sono delle
grandi forze di compressione, che tengono insieme l’atomo, e la nuvola
di elettroni orbita intorno al nucleo perché è trattenuta da forze di ten-
sione dovute alle scariche elettriche. Alcuni studiosi hanno visto che non
solo l’atomo ma anche le molecole, le proteine, le cellule, l’organismo, le
galassie, l’universo sono strutture tensegrili, perché ci sono sempre delle
forze di compressione e tensione che tengono insieme questi elementi in
un determinato modo.
167
Un es di questo è la banale ruota della bicicletta,
che è una struttura tensegrile molto elementare.
Perché i raggi pur così sottili sopportano pesanti
sollecitazioni? Perché tutti i raggi tirano il cerchio
verso di sé, verso il centro, creano tensione e
questa tensione omnidirezionale dà stabilità alla
struttura. Per questo anche con poco materiale la
ruota della bicicletta riesce a sopportare grandi
sollecitazioni.
I punti in compressione in questo caso sono: il punto di contatto con il terreno e il punto del pignone dove
si scarica il peso. Il resto della struttura è in tensione omnidirezionale e continua.
Nel momento in cui la tensione si allenta su alcuni raggi, alla prima buca la ruota si storce, la struttura non ha
più stabilità e si rompe. La stessa cosa accade al nostro corpo, alla nostra struttura muscolo scheletrica (ma po-
tremmo aggiungere a tutti i livelli compreso quello cellulare). Anche l’osso è una struttura tensegrile, per cui
lavorando sulla tensione si riequilibra automaticamente anche la compressione; è la stessa cosa quando fate
il test di pressione e bilanciamento: essendo il corpo una struttura tensegrile (per farla breve), ci deve essere
un equilibrio tra le tensioni e le compressioni. Quando fate il bilanciamento, create nella struttura un aumento
di compressioni in un punto, che si deve bilanciare con le tensioni; per cui create un cambiamento meccanico
a distanza a livello di un’altra articolazione (è un po’ più complicato di così ma per ora diciamo questo). Il bi-
lanciamento funziona sul principio che è valido anche per la ruota della bicicletta. Non vi deve meravigliare il
fatto che ci possa essere un bilanciamento. Vi sarete chiesti: com’è possibile che spingendo un punto si allenta
un altro punto? Perché siamo un sistema in cui c’è un equilibrio di forze. Cambiando l’equilibrio delle forze, le
forze stesse cambiano da un’altra parte, per compensazione o per interazione con altri elementi.
168
Frattali e Autosimilarità
Slide 7
TRIANGOLO: Figura base del concetto di Tensegrità
e della geometria frattale.
169
tubercolo ant di C1
(linea A-P) centro di torsione vertebrale;
intersezione delle linee A-P e Slide 9
carrefour vascolo- P-A, di cui la risultante è la linea
centrale di gravità del corpo Incrocio delle linee di
nervoso e apice
dei triang. sup e inf ripercussioni dalla sfera inf e sup; gravità = 2 tetraedri in
(linee A-P e P-A) ha grosse relazioni con il cuore. opposizione
passaggio della linea A-P;
....movimenti di torsione che
sono importanti nella scoliosi
davanti L2-L3 centro di gravità che corrisponde
(passaggio a D4 (linea centrale di gravità del
della linea P-A) corpo)
i 2 acetaboli
(passaggio sacro e coccige (linea A-P)
della linea P-A)
Slide 10
Somma di triangoli = complessità crescente
170
Slide 11
Pallini bianchi = tensione
Zone blu = compressione
Struttura base di una α-elica
(i pallini bianchi evidenziano i legami H)
Slide 12
Più la struttura (autosimile) è complessa più la stessa
sollecitazione esterna provoca minor deformazione
nella forma e nel volume.
171
sere l’osso, soprattutto alcune
Slide 14
ossa come per es il femore,
Struttura geodetica = Strutture pretensionate = puntoni
che lavora sia in tensione che
puntoni giuntati che lavora- in compressione e tiranti in tensione
in compressione; all’interno ci
no contemporaneamente in
sono delle trabecolature che ris-
tensione e compressione.
pettano delle linee di forza, che
rispettano una serie di forze di
tensione e compressione).
Le strutture pretensionate
sono costituite da cilindri o pun-
toni, adatti a sopportare la com-
pressione, e da cavi, che svilup-
pano le forze in tensione (una
struttura del genere potrebbe
essere l’apparato muscolo
scheletrico, in cui le ossa sono
deputate a sopportare la com-
pressione, mentre tutto l’appa-
rato muscolare, fasciale, legamentoso è deputato a sviluppare forze di tensione omnidirezionali). Vi siete mai
chiesti perché esiste un tono muscolare? Per tenere insieme la struttura geodetica del corpo umano. Se to-
gliessimo il tono muscolare la struttura corporea collasserebbe. Se ci fate caso su un’articolazione non ar-
rivano mai fibre muscolari perfettamente verticali, ma oblique e lo stesso si può dire dei tendini, le cui strut-
ture continuano con i legamenti o le strutture fibrose: non sono mai paralleli agli assi meccanici, ma sempre
incrociati. In un ginocchio per es tutte le fibre muscolari, tendinee, legamentose cercano di mantenere una
omnidirezionalità della tensione ed è questo che tiene insieme la struttura.
Anche le strutture pneumatiche, come per es un pallone o una vescica sono di tipo tensegrile, perché hanno
una tensione continua, che è data dalla tensione dell’involucro esterno, e una pressione discontinua che è
data dalle molecole del contenuto, che può essere gassoso o liquido.
Slide 15
Strutture pneumatiche:
• Tensione continua dell’involucro esterno
• Compressione discontinua di parte del contenuto
172
Ricordiamo alcune proprietà
Slide 16
delle strutture tensegrili:
Proprietà delle strutture tensegrili
per evitare il collasso la strut-
Geometriche: in quiete il sistema possiede una forma ben stabilita risul-
tura risulta pretensionata (con
tante dalla posizione relativa di puntoni e tiranti e dal loro equilibrio in-
“quel” tipo di tensione), ossia
terno. Per evitare il collasso la struttura risulta pretensionata.
deve avere una sorta di iso-
Dinamiche: la struttura reagisce internamente alle sollecitazioni esterne
tono. La stessa cosa vale per
con tensioni in compressione su alcuni puntoni (discontinuità in com-
un’articolazione. Se prendia-
pressione) e con tensioni su tutti i tiranti (continuità in trazione).
mo per es un’anca e ci chiedi-
Cinematiche: la struttura assume configurazioni deformate determinate
amo perché viene l’artrosi
in funzione del carico esterno applicato e tenderà a riassumere la forma
oppure perché ci sono dei
originaria (stato di equilibrio) una volta rimosso il carico.
problemi, la risposta è: per-
ché nel tempo alcuni gruppi
Le forze vengono trasmesse in modo continuo a tutti gli elementi fino
muscolari hanno lavorato in
ai più lontani.
modo tensionale differente
Tutti gli elementi si ridispongono e si orientano lungo l’asse della forza.
da altri gruppi muscolari, così
All’interno della struttura le forze di tensione si dispongono lungo la linea
da creare uno squilibrio o tra
più breve tra due punti di compressione (geodetica).
le forze di compressione o tra
quelle di tensione. Questo squilibrio delle forze tensive crea il problema funzionale. A livello cellulare avviene
la stessa cosa e vedremo che cosa questo comporta.
Un’altra proprietà delle strutture tensegrili è il fatto che siano in parte elastiche. Se dall’esterno si comprime
una struttura tensegrili, essa si deforma entro un certo limite e poi, tolto il carico, ritorna alla forma iniziale.
Inoltre se comprimo o sollecito in un punto una struttura tensegrile, la sollecitazione verrà risentita su tutti gli
elementi strutturali, fino ai più lontani (è quello che noi osteopati facciamo; non stupiamoci se lavorando per
es un temporale notiamo un cambiamento sull’iliaco oppure se lavorando un iliaco notiamo un cambiamento
sul calcagno…. succede perché c’è una connessione. Qualsiasi sollecitazione che io dò si trasmette a tutti gli
elementi in modo più o meno evidente.
Se dò una sollecitazione creo un vettore e tutti gli elementi strutturali si organizzano secondo questo vettore.
Questo vale per es nel recoil: dò un impulso è così creo una riorganizzazione su un determinato vettore che
ho dato.
Oppure con le tecniche V-spread che farete, vedrete applicata la proprietà secondo la quale all’interno della
struttura le forze di tensione si dispongono lungo la linea più breve tra due punti di compressione (che in
geometria si chiama geodetica).
Esistono delle tecniche sul cranio per cui se vo-
glio lavorare una sutura, creo dei punti in com-
pressione a cavallo della sutura e poi do un’altra
compressione sul punto diametralmente op-
posto. In questo modo creo una riorganizzazi-
one degli elementi strutturali, ossia delle ossa
del cranio, delle membrane, del cervello lungo
un determinato vettore.
Quindi le forze meccaniche si ridispongono su questa linea breve che ho rappresentato.
Le strutture tensegrili hanno anche la proprietà dell’irrigidimento lineare, che significa che più le sollecito
e più tendono ad irrigidirsi, perché la tensione all’interno della struttura aumenta. Questa proprietà a livello
cellulare è un modo per evitare la deformazione plastica, è una tecnica di autoprotezione cellulare.
173
Slide 17
Irrigidimento lineare: aumento della rigidità interna in modo da opporsi alla deformazione plastica
(tecnica di “autoprotezione” cellulare).
Slide 21
Il citoscheletro è connes-
so con l’ambiente ester-
no (MATRICE EXTRACEL-
LULARE)
174
Il citoscheletro è composto da microfilamenti
Slide 22
fatti da actina, ossia una proteina contrattile.
CITOSCHELETRO = composto da:
Questi microfilamenti sono assimilabili ai ti-
• Microfilamenti (F e G Actina - Fibre di tensione) = tiranti
ranti delle strutture tensegrili.
• Filamenti intermedi = tiranti
Poi ci sono dei filamenti intermedi, anch’essi
• Microtubuli (Attività di organelli e vescicole) = puntoni
assimilabili ai tiranti perché anch’essi hanno
MEMBRANA NUCLEARE = connessa con il citoscheletro e
proprietà contrattili. Infine ci sono i microtu-
presenta pori a forma ottaedrica a diaframma 10 nm
buli, che sono i puntoni, ossia quei cilindri che
NUCLEO = la cromatina è connessa con il citoscheletro
devono sopportare le forze in compressione.
Quindi il citoscheletro cellulare è una struttura
tensegrile.
Non dovete immaginare che il trasporto delle sostanze all’interno della cellula avvenga nel vuoto o in un gel,
all’interno del quale gli organelli siano sparsi a caso, non è così. Tutto viene veicolato e spostato all’interno
della cellula grazie al citoscheletro.
VIDEO
Questo è un microtubulo sul quale una molecola trasporta una vescicola.
Tutto ciò che passa nel citoscheletro (per es i mitocondri) si muove sui microtubuli. Tutto è ancorato. Il cito-
scheletro è connesso all’interno con la membrana esterna del nucleo e con la cromatina.
175
Slide 23
Questa immagine è l’es del citoscheletro,
in cui si vede che tutto ciò che sta den-
tro la cellula è ancorato al citoscheletro
stesso. Molto spesso si creano delle reti
di citoscheletro più fitte vicino ai bordi
del citoscheletro (sono i microfilamen-
ti e i filamenti intermedi dotati di pro-
prietà contrattile) e questo serve a dare
tensione alla membrana cellulare. An-
che la proprietà meccanica della mem-
brana cellulare favorisce o impedisce
alcune funzioni della cellula (per es apre
o chiude i pori, quindi apre o chiude la
capacità di comunicazione della cellula
con l’ambiente esterno). Tutte le cellule
hanno proprietà contrattili, nel senso
che aumentano o diminuiscono lo stato
di tensione grazie a queste proprietà
meccaniche del citoscheletro.
Lo fanno in funzione dell’attività che stanno svolgendo ma anche in funzione delle forze meccaniche che ar-
rivano dall’esterno, quindi dalla matrice extracellulare.
Slide 24 La matrice extracellulare è com-
MATRICE EXTRACELLULARE composta da: posta da fibre (collagene, elasti-
SOSTANZA AMORFA – SOSTANZA FIBROSA - CELLULE na..), da strutture molecolari (es
PROTEINE STRUTTURALI = fibre collagene, elastiche, reticolari, i protoglicani PG, i glicosamino-
fibronectina, … disperse nella matrice costituiscono un ancoraggio glicani GAG..) > entrambe pro-
meccanico per la cellula. dotte dal fibroblasto, la cellula
COLLAGENE TIPO I = resistente alla trazione (tendini, derma, fasce, del connettivo. Nella matrice
organi, … ) extracellulare troviamo inoltre
COLLAGENE TIPO III = in organi sottoposti a modificazione di forma/ svariati altri tipi di cellule che
volume. servono alle attività che avven-
INTEGRINE = FOCAL CONTACTS (meccanocettori) (collegamento gono nella matrice extracel-
meccanico diretto tra ambiente extracellulare ed intracellulare). lulare, attività che hanno a che
fare con: immunità, infiammazi-
Gli elementi del citoscheletro e della matrice costituiscono i “binari” one, fisiologia cellulare, ossia
che guidano lo spostamento di cellule, organelli e sostanze. l’attività di tutti i tessuti.
Hanno capacità di aumentare o diminuire il loro stato tensionale
e modificare il substrato e l’ambiente in cui avvengono tutte le attività
intra ed extracellulari.
176
matrice extracellulare
Slide 25
L’immagine qui accanto è un altro es di come il
citoscheletro lega e àncora gli organelli.
citoscheletro
Slide 25
L’immagine qui accanto è un es di come il citoscheletro sia
legato con le proteine di membrana, che hanno un’estremità
rivolta all’esterno, proteine che a loro volta sono legate mec-
canicamente con i PG, i GAG o le fibre collagene, per cui
c’è un collegamento meccanico diretto tra il citoscheletro
e la membrana extracellulare. Quindi la fascia o connettivo
lo dovete sempre immaginare direttamente e meccanica-
mente collegato al citoscheletro della cellula. Quando tiro
una fascia in realtà sto tirando anche il citoscheletro cellulare
del tessuto su cui arriva la tensione: può essere un epatocita
oppure una fibra muscolare….
177
C’è un collegamento tra cellula e matrice. Tutti gli eventi di
Slide 27 tipo meccanico (o biochimico) che avvengono nella matrice
LIVELLO MICROSCOPICO = collegamento extracellulare si ripercuotono automaticamente a livello
cellula - matrice. meccanico sul citoscheletro e sul DNA.
• Tramite il tessuto connettivo si ha un Questo è importante perché i biologi e i fisiologi hanno visto
collegamento con porzioni più grandi. come ad es le tensioni meccaniche agenti in questo modo
• A seconda delle tensioni meccaniche si sulla cellula possono provocare: oncogenesi, un’alterata
hanno modificazioni sulla fisiologia (onco- replicazione del DNA oppure un’anormale funzione,… In
genesi, replicazione del DNA, normale fun- seguito vedremo anche le ripercussioni sulle funzioni del
zione, sistema immunitario, PG/GAG, apop- sistema immunitario, sulle funzioni dei PG e GAG, sulla pre-
tosi, vascolarizzazione, innervazione, …) senza o meno dell’apoptosi (= morte cellulare, che fisio-
logicamente deve esserci mentre se è assente o è troppa
LIVELLO MACROSCOPICO = uomo - sistema succedono delle cose poco piacevoli), la vascolarizzazione
tensegrile: capillare e l’innervazione del tessuto.
• tono muscolare, membrane a tensione A livello macroscopico esistono nel corpo umano delle
reciproca,... (elementi in tensione) strutture, come il tono muscolare, le membrane di tensione
• ossa, articolazioni,… (elementi in compres- reciproca e il sistema fasciale, che sono assimilabili agli el-
sione) ementi in tensione di un sistema tensegrile, mentre le ossa
e le articolazioni sono gli elementi in compressione.
Ora vediamo che cosa succede alle cellule quando vengono sot-
Slide 28
toposte a delle sollecitazioni meccaniche attraverso la matrice
TENSEGRITA’ E CELLULE
extracellulare, quindi attraverso le fasce. A questo proposito
• HARVARD Medical School
dovete immaginare qualsiasi restrizione di mobilità, non sol-
• Massachussetts Institute of Technology
tanto un problema fasciale. Anche una restrizione di mobilità su
(center of bioengineering)
una faccetta articolare o su un ginocchio o sull’articolazione ra-
• Molecular Geodesic Inc.
dio-ulnare si trasmette automaticamente a tutti i livelli, sempre
più piccoli, fino al livello cellulare, che sia questo un miocita oppure un controblasta o un ostecita….il funzi-
onamento è uguale per tutti i tipi di cellule. Le fonti a cui faccio riferimento sono quelle indicate su slide 28.
Gli studiosi hanno fatto un modello di struttura tensegrile che raf-
Slide 29 figurava il citoscheletro cellulare, all’interno della quale c’era un’altra
Modello tensegrile di cellula struttura tensegrile più piccola, in rosso, che rappresentava il nu-
ancorata a substrato rigido (1). cleo cellulare, collegato al citoscheletro. Il tutto era ancorato ad un
Comportamento del medesimo substrato meccanico, che visualizzava la matrice extracellulare e poi
modello al momento del rilascio hanno applicato una certa tensione al substrato. Poi hanno rilasciato
della tensione sul substrato (2). la tensione e hanno osservato che la cellula cambiava la forma (nel
nostro caso prima era quadrangolare e poi è diventata più rotonda).
1quadrangolare 2 rotonda
Poi hanno studiato il comportamento della cellula e come viene sollecitato il nucleo sottoponendoli a forze di
trazione e compressione oppure a forze di taglio oppure alla locomozione.
178
forze di compressione
forze di trazione
locomozione
Sapete che molte cellule che sono migranti, si muovono in questo modo: allungano alcuni elementi cito-
scheletrici che si ancorano al substrato, quindi alla matrice extracellulare, poi il resto segue.
179
Ancorandosi alla matrice extracellulare, è importante che quest’ultima abbia una determinata tensione mec-
canica. Su diversi tipi di cellule gli studiosi hanno visto che a seconda della forma che la cellula assumeva, in
base alla tensione della matrice extracellulare, cambiando la forma della cellula (per es facendo diventare
schiacciata una cellula che doveva essere rotonda), questa cambia i programmi genetici. Il DNA ne risente e ci
sono delle modificazioni proprio sulla duplicazione del DNA. Ecco perché un epatocita deve avere quella for-
ma e non un’altra. Se ci sono delle condizioni in cui un epatocita cambia la sua forma, quella cellula potrebbe
cambiare la replicazione del DNA, con pro-
Slide 33 grammi genetici alterati per cui poi crea ad
• CELLULE (diversi tipi) = programmi genetici differenziati es una cellula tumorale, una cellula alterata.
a seconda della forma. Vedremo che molti tumori del fegato sono
• NEURITE = La ricrescita dipende dalle tensioni e com- dovuti ad alterazioni meccaniche della parte
pressioni sull’impalcatura di actina presente = plasticità fibrosa del fegato. L’es classico è quello della
sistema nervoso??? (sprouding???). cirrosi, che provoca una fibrotizzazione di al-
• MIGRAZIONE DEI FIBROBLASTI - “durotassi”. cune zone all’interno del fegato, fibrotizzazi-
• MIGRAZIONE DEI NEUTROFILI = difesa immunitaria one che provoca un cambiamento delle forze
• CELLULE EPATICHE = la replicazione del DNA è “ancor- meccaniche, che a loro volta cambiano la for-
aggio-dipendente” e “forma-dipendente”. ma cellulare (sappiamo che in seguito alla cir-
• CELLULE ENDOTELIALI CAPILLARI = generazione ed rosi viene il cancro e ora conosciamo anche il
involuzione delle reti capillari … “legge dell’arteria” motivo, ossia una questione puramente mec-
canica).
Un’altra struttura è il neurite. La ricrescita dell’assone dopo una sezione dipende dalle tensioni e compres-
sioni dell’impalcatura di actina che sta dentro il neurite. Sapete che gli assoni non sono vuoti ma hanno den-
tro un’ impalcatura citoscheletrica, anche nell’assone. Succede quello che abbiamo visto per la locomozione
cellulare.
Se taglio un assone rimane un
moncherino ed esso ricresce
perché allunga degli elementi
citoscheletrici, li àncora al sub-
strato e poi fa crescere il resto
dell’assone. Questo ancorag-
gio avviene solamente se c’è un
equilibrio di forze meccaniche
nel substrato in cui l’assone
deve ancorare le due compo-
nenti citoscheletriche.
Quanto appena detto apre due discorsi: uno è quello dello sprouding (= la capacità di creare nuove con-
nessioni, quindi la plasticità del sistema nervoso). A noi osteopati questo interessa perché quando facciamo
ad es delle tecniche sul cranio, che cosa facciamo in realtà? Cambiamo gli equilibri meccanici. E queste forze
meccaniche dove si risentono all’interno? Sulle membrane, quindi sulla dura madre, però la dura madre è col-
legata con elementi fibrosi all’aracnoide, che a sua volta è collegata con elementi fibrosi alla pia madre, che è
attaccata con un tessuto cellulare al tessuto nervoso. Sapete che alcune circonvoluzioni lasciano un’impronta
180
sulla faccia endocranica, per cui c’è un’intimità meccanica e quando cambiate le forze meccaniche sulle ossa,
questa forza meccanica viene risentita anche all’interno della scatola cranica attraverso i neuroni. Quindi la
capacità di sprouding può essere cambiata cambiando le forze meccaniche su un tessuto nervoso. A questo
proposito a livello clinico ci sono delle condizioni che cambiano. Quando lavorate il cranio di un Pz, cambiano
alcune situazioni che sono dovute al funzionamento delle connessioni nervose. Ci può essere per es un Pz
che non ha più capacità di attenzione, ha problemi di concentrazione, perdita di memoria, tutte situazioni
che riportano a un cattivo funzionamento di alcune aree cerebrali. Lavorando sul cranio molto spesso queste
situazioni si modificano. Perché? Perché avete modificato delle condizioni meccaniche che hanno favorito un
miglior funzionamento del tessuto nervoso, tra cui c’è anche la plasticità, la capacità di creare nuove connes-
sioni. La memoria, l’apprendimento sono questo: nuove connessioni che si creano e che vengono più o meno
fissate.
L’altro discorso, che mi è stato confermato da alcuni neurochirurghi, è che quando suturano dei nervi de-
vono stare attenti a non creare né troppe né poche tensioni, altrimenti l’assone non rigenera, non si at-
tacca, perché è una questione meccanica che rende possibile la riuscita dell’operazione.
Un’altra cellula su cui sono stati fatti degli esperimenti è il fibroblasta. Esso produce i suoi elementi, ossia col-
lagene, elastina, PG…. proprio grazie anche alle tensioni meccaniche che gli arrivano. In base alla tensione, al
tipo di forze meccaniche e alla loro durata il fibroblasta produce più elementi anziché altri e questo significa
che cambia in proporzione i costituenti, quindi l’ultrastruttura del tessuto connettivo. La seconda cosa è la
migrazione dei fibroblasti. Essi migrano, per es in particolari condizioni come la riparazione delle ferite, essi
migrano verso la zona in cui c’è stato l’insulto. Come fanno a migrare? Migrano grazie a delle tensioni meccan-
iche del substrato. Il fibroblasta sente la tensione meccanica dell’ambiente esterno e si muove in base a quello
che sente (più duro, meno duro, durezza giusta per lui). Per questo motivo è stato coniato un nuovo termine:
la durotassi (= la capacità di spostamento in base alla durezza del substrato). È il focolaio della lesione a
creare il grado di tensione riconosciuto dal fibroblasta. Quando un tessuto viene tagliato o viene insultato o
viene infiammato, che cosa succede? Nell’infiammazione per es il cambiamento di temperatura nella zona
cambia la consistenza e la tensione a carico del connettivo, il cambiamento del pH cambia la consistenza del
tessuto e questi cambiamenti vengono recepiti dal fibroblasta lo guidano nella sua migrazione. Ma non solo
dal fibroblasta bensì anche dalle cellule del sistema immunitario, tra cui per es il neutrofilo (un’altra cellula
studiata). Quando c’è una risposta immunitaria o un processo infiammatorio il neutrofilo, che viene portato
dal sangue (grazie a degli eventi chimici tra cui la chemiotassi), grazie all’aumento della fenestrazione del
capillare (il capillare è costituito da tante cellule endoteliali disposte in modo da formare un tubo e attaccate
più o meno le une alle altre; in corso di un processo infiammatorio gli spazi tra una cellula e l’altra si aprono,
come se il tubo del capillare si riempisse di fessure, da cui possono uscire ed entrare materiali) passa dal
torrente sanguigno alla matrice extracellulare, per andare ad aggredire batteri, virus, frammenti di... Questa
capacità di migrazione del neutrofilo, che si chiama diametesi, è veicolata non solo da richiami chimici (che-
miotassi) ma anche da richiami meccanici, per cui è sulla base della durezza, della tensione del substrato della
matrice extracellulare che il neutrofilo ha maggiori o minori capacità di migrare verso la zona dove deve agire.
Per cui anche le capacità del sistema immunitario vengono modificate, alterate o modulate dalle tensioni
meccaniche che stanno nella matrice extracellulare, quindi nella fascia.
Anche sugli epatociti sono stati fatti diversi studi e hanno visto che la replicazione del DNA è ancoraggio-
dipendente e forma-dipendente, quindi dipende dalla forma dell’epatocita, che non deve essere né schi-
acciato, né allungato (l’epatocita deve avere la sua forma e non un’altra). Pensate che quando lavorate sui
legamenti del fegato state lavorando su tensioni meccaniche, che arrivano all’interno dell’organo attraverso
il tessuto connettivo, arrivano alla matrice extracellulare e all’epatocita e l’epatocita potrebbe avere dei prob-
lemi di funzionamento dovuti alla tensione meccanica dei legamenti. Quando voi liberate l’organo dalla ten-
sione create una riorganizzazione meccanica all’interno del tessuto e quindi a livello dell’epatocita, che ritorna
libero di lavorare come deve.
Anche le cellule endoteliali dei capillari sottostanno a delle leggi meccaniche e questo ci riporta alla legge
dell’arteria di Still.
181
Slide 34
Quest’immagine rappre-
senta la crescita del neu-
rite, come si àncora grazie
ai microtubuli, ai filamenti
contrattili, che si àncorano
al substrato, la matrice ex-
tracellulare, e trazionano i
microtubuli verso di loro,
per cui di volta in volta c’è
un ancoraggio e un suc-
cessivo allungamento del
citoscheletro: ancoraggio-
allungamento, ancorag-
gio-allungamento…e così
il neurite tende a crescere,
a rigenerare.
Slide 36
L’immagine sopra della slide 36 rappresenta la sezione di un capillare. Se due cellule dell’endotelio vengono
messe in compressione, perché cambiano le forze meccaniche nell’endotelio, queste cellule tendono a prolif-
erare e a creare per es altre due cellule nel modo in cui si vede nell’immagine. Se le due nuove cellule vengono
compresse, esse prolificano ulteriormente e creano altre nuove cellule. In tutti i punti in cui c’è uno squilibrio
di forze meccaniche o una compressione o forze meccaniche particolari le cellule endoteliali proliferano e
creano nuovi capillari, fino a creare una vera e propria rete. Quindi le capacità di angiogenesi o di capillariz-
zazione o di irrorazione di un tessuto sono dipendenti da forze meccaniche che agiscono su questo tessuto.
Questo è valido sia in condizioni di tumore sia in condizioni più fisiologiche in cui bisogna irrorare un tessuto,
per cui la corretta situazione meccanica a carico della matrice extracellulare, cioè del tessuto fasciale, connet-
tivo, crea le migliori condizioni per la sua irrorazione, in base ovviamente alle funzioni del tessuto.
La stessa cosa vale
per le ghiandole.
Nell’immagine ac-
canto della slide 36
sono rappresentate
delle ghiandole
che potrebbero
stare nella mucosa
intestinale. Se sot-
toposte a compres-
sioni, creano proli-
ferazione cellulare e quindi la formazione di reti ghiandolari sempre più complesse. Questo vale sia nella
formazione che nell’involuzione. Tensioni di un certo tipo possono far involvere le reti capillari e quindi dan-
neggiare i tessuti con una mancanza di irrorazione. Quando lavorate e ristabilite un equilibrio meccanico a
182
livello dei tessuti, agire anche sulla corretta irrorazione (legge dell’arteria) e sulla corretta innervazione micro-
scopicamente.
Ora passiamo dalla cellula al tessuto connettivo per vedere come la tensegrità agisce sul tessuto connettivo e
che cosa succede al suo interno in base al cambiamento delle forze meccaniche.
Abbiamo visto che la fascia collega tutte le
Slide 40
parti del corpo non solo dal punto di vista
RUOLO DEL TESSUTO CONNETTIVO/FASCIA/MATRICE EXTRA-
macroscopico e microscopico ma anche
CELLULARE/TESSUTO DI BASE/SOSTANZA DI BASE.
dal punto di vista biochimico (manteni-
Collegamento di tutte le parti del corpo da un punto di vista:
mento dell’omeostasi) e meccanico (colle-
• BIOCHIMICO (mantenimento dell’omeostasi)
gamento e distribuzione delle forze). Però
• MECCANICO (collegamento e distribuzione delle forze)
è anche vero che la fascia, la matrice ex-
Collegamento tra:
tracellulare collega diverse strutture che
• cellula/sangue/linfa/nervo = Terreno
sono: la cellula, i capillari artero-venosi, i
CONDENSAZIONE DEI PRINCIPI DELL’OSTEOPATIA
capillari linfatici e il nervo.
Tutte queste strutture costituiscono insieme nel loro funzionamento il famoso “terreno” su cui voi dovete
lavorare. Tutte queste strutture (la cellula, i capillari artero-venosi, i capillari linfatici e il nervo) hanno come
substrato anatomico la matrice extracellulare, cioè la fascia.
I costituenti della matrice extracellulare sono: PG,
Slide 41 GAG, fibre, acido ialuronico, fibrociti e poi all’interno
COSTITUENTI (dal punto di vista funzionale) bisogna mettere altre cellule come ad es i macrofagi,
DELLA MATRICE EXTRACELLULARE (ECM) i mastociti, o altre cellule del sistema immunitario
• Proteoglicani e glicosaminoglicani (PG/GAG) che sono fisse nel connettivo. Prima abbiamo parlato
• Fibre (collageno – elastina) del neutrofilo, che però si trova nel sangue, fa parte
• Acido ialuronico (HA) dei globuli bianchi ed esce dal torrente sanguigno
• Fibrociti solamente in determinate circostanze. Invece nei tes-
• Macrofagi ed altre cellule del sistema immunitario suti, nel connettivo ci sono cellule fisse, che servono
• Assoni terminali vegetativi come prima difesa nel caso di un insulto. Nella ma-
• Terminazioni viscero – sensitive trice extracellulare ci sono poi degli assoni terminali
• GLICOCALICE (glicoproteine e glicolipidi) vegetativi, delle terminazioni viscero-sensitive e poi
c’è una membrana o lamina basale che si addossa
alla membrana cellulare e tra di esse c’è uno strato
Slide 50 di molecole, chiamato glicocalice, formato da glico-
GLICOCALICE = rappresenta uno strato glicidico con proteine e glicolipidi (sono l’insieme dei recettori di
importanti capacità informative. membrana, delle proteine di membrana… e si chia-
È determinante per: ma glicocalice, perché è costituito da glico+…..).
ancoraggio delle cellule alla matrice
identificazione cellulare
adesione intercellulare
elaborazione delle informazioni che arrivano alla
cellula, rappresenta una sorta di MEMORIA A BREVE
TERMINE dei tessuti.
183
Tutto questo insieme di strutture, soprattutto le
Slide 42 prime: le fibre e i PG, GAG, producono una rete
In particolare ha importanza la rete tridimensionale* tridimensionale che ha diverse funzioni. Quindi la
formata da PG/GAG e proteine strutturali (collageno, matrice extracellulare ha diverse funzioni, come si
elastina, fibronectina, …) che svolgono azione di: legge nella slide 42.
• filtro molecolare
• mantenimento della coerenza meccanica del tessuto
• collegamento tra sistema ENDOCRINO, SNV, SNC.
• interazione con l’H2O
• mantenimento temperatura cellulare/corporea
• trasmissione delle informazioni
• stoccaggio/deposito di sostanze nutritive e tossiche
* Risponde alle leggi meccaniche tensegrili
All’interno della fascia ci sono i seguenti
Slide 43
elementi in tensione (ossia i tiranti):
Anche nella fascia si ritrova un’organizzazione tensegrile:
- fibre strutturali, come collageno, elastina
ELEMENTI IN TENSIONE (tiranti)
- miofibroblasti (=f ibre muscolari lisce
• Fibre strutturali (collageno, elastina, …)
sparse)> sono le cellule che stanno nella
• Fibre muscolari lisce sparse (soprattutto nel connettivo lasso)
fascia e che ne aumentano o diminuis-
• Elementi molecolari di actina – miosina
cono la tensione
• Attraverso la connessione con le fibre muscolari (tutti i tipi)
- elementi sparsi di actina e di miosina
ELEMENTI IN COMPRESSIONE (puntoni)
E poi ci sono degli
• PG/GAG legati all’acqua
elementi in compressione:
• Punti di contatto meccanico tra gli elementi (giunzioni)
PG, GAG legati all’acqua >sono gli elementi
che devono reagire alle forze di compress.
Esempio molto valido nella cartilagine.
che arrivano sulla matrice extracellulare.
Slide 44
Nella matrice extracellulare tutte le strutture che
SPAZIO TRA CELLULA – CAPILLARE – NERVO –
abbiamo nominato prima, ossia la cellula, i cap-
CAPILLARI LINFATICI
illari artero-venosi, i capillari linfatici e il nervo
Queste strutture non vengono mai a contatto diretto.
non vengono mai a contatto diretto tra di loro,
TUTTE le sostanze che transitano da una all’altra hanno
ma creano un passaggio obbligato per tutto ciò
un passaggio obbligato attraverso lo “spazio” della
che deve passare tra la cellula, il capillare, il ner-
matrice extracellulare/tessuto connettivo/fascia.
vo..etc, per cui la matrice extracellulare, cioè
Sono sottoposte ad una azione di filtraggio, selezione
la fascia è importante perché filtra, seleziona e
e modulazione grazie alle strutture esistenti in questo
modula tutte le sostanze, anche a livello chimi-
spazio.
co, che devono arrivare o uscire dalla cellula.
LUOGO DI AZIONE ED INCONTRO TRA L’OSTEOPATIA
MACROSCOPICA E L’OSTEOPATIA MICROSCOPICA
Quindi la fisiologia cellulare è in stretta dipendenza dalle condizioni meccaniche e biochimiche della matrice
extracellulare, cioè della fascia. Senza queste condizioni meccaniche si sconvolge tutta la fisiologia cellulare.
184
Sull’immagine accanto (slide
49) c’è lo schema della matrice
extracellulare e vediamo:
- un capillare con le cellule en-
doteliali che formano appunto
il tubo capillare
- degli assoni o delle termi-
nazioni libere, sia sensitive
che motorie, che fanno capo
al sistema neurovegetativo.
Le terminazioni sensitive
che cosa ci stanno a fare lì?
Alcune sentono le modificazi-
oni dell’ambiente meccanico:
queste informazioni arrivano
al corno post del midollo, poi
possono far riflesso 1.con la
Porzione Intermedia di esso
e raggiungere:
a) un viscere, per es lo stom-
aco (questo è un circuito
viscero-effettore > avrà un ef-
fetto sulla mucosa del viscere
oppure un effetto di vasocostrizione)
corteccia b) o la fascia stessa (perché nella fascia ci sono i miofibroblasti che aumen-
tano o diminuiscono il tono della fascia > si crea un riflesso tra la condiz-
terminazioni ione meccanica della fascia e la fascia stessa),
libere 2. oppure con i Motoneuroni Alfa e Gamma (questo è un circuito musco-
sensitive lo-scheletrico).
In più le informazioni meccaniche dal midollo possono andare anche
3.verso l’alto, verso il cervello, raggiungendo diverse strutture del tron-
co encefalico: la sostanza reticolare, talamo e ipotalamo e la corteccia.
Tutto viene registrato fino alla corteccia.
Le informazioni che raggiungono la corteccia hanno poi un effetto per-
ché l’ipotalamo ad es comanda il neurovegetativo e, attraverso di esso,
comanda anche l’asse endocrino e il sistema immunitario.
Questo per quanto riguarda le condizioni meccaniche, ma a livello della
matrice extracellulare la terminazione nervosa capta anche l’ambiente
chimico, quindi le variazioni di pH, la presenza di citochine, di sostanze
la fascia dell’infiammazione come per es le prostaglandine oppure capta alcune
circuito un viscere: sostanze, che sono sia dei neurotrasmettitori del sistema nervoso che
muscolo- lo stomaco
scheletrico sostanze dell’infiammazione come l’istamina e la serotonina, prodotte
durante le risposte infiammatorie. Quindi captano tutte queste situazioni a livello della fascia e creano una
serie di reazioni sia sul muscolo-scheletrico sia sul viscere sia sulla vasocostrizione sia sulla fascia stessa e poi
fanno arrivare alla corteccia queste indicazioni che serviranno per un’attivazione dei grandi sistemi che de-
vono regolare l’omeostasi e quindi di nuovo: endocrino, immunitario, vegetativo.
Che cosa ci sta a fare nella matrice extracellulare la terminazione effettrice? Regola per es la tensione delle
fibre muscolari lisce, quindi regola la tensione della fascia in funzione delle informazioni afferenti.
Dalla fisiologia si sa che la maggior parte dei neuroni, soprattutto quelli del neurovegetativo, non libera un
solo neurotrasmettitore (una volta si diceva che l’ortosimpatico libera acetilcolina nella sinapsi pre e post-
gangliare e la noradrenalina come neurotrasmettitore finale; in realtà non è così, perché non produce solo
noradrenalina), ma una serie di sostanze che arrivano nella matrice extracellulare e che sono:
- alcuni neuropeptidi (= sostanze chimiche che aiutano il neurotrasmettitore nella sua attività)
- sostanze che hanno il potere della citochina, come per es le interleuchine, che regolano e modulano i pro-
185
cessi infiammatori
- sostanze che hanno un’attività sulla cellula, ossia sostanze che servono per la fisiologia cellulare. È stato di-
mostrato che le tensioni meccaniche sulla matrice extracellulare influenzano la capacità di rilascio di neurotr-
asmettitori e delle sostanze chimiche a carico del neurovegetativo. Per cui anche la cellula che ha bisogno di
queste sostanze, come per es i fattori di crescita oppure di fattori stimolanti la proliferazione cellulare, liberati
dal neurovegetativo dipende per la sua funzionalità e per la sua omeostasi dal neurovegetativo. Le tensioni
meccaniche che agiscono nella matrice extracellulare regolano oppure impediscono o favoriscono la liber-
azione di queste sostanze da parte del neurovegetativo. Pensate a quanto casino può creare una restrizione
fasciale in un punto qualsiasi.
Sempre nella matrice extracellulare abbiamo anche dei macrofagi, ossia delle cellule di difesa, o dei mas-
tociti, che liberano per es l’istamina, il fibroblasta e il capillare artero-venoso, sanguigno, la cui fisiologia
dipende dalle forze meccaniche che agiscono sul capillare stesso (ricordate il passaggio tra arteria > arteriola
> metacapillare, dotato ancora di fibre muscolari lisce che fanno da sfintere e regolano l’afflusso di sangue in
determinate zone e i capillari). La regolazione dell’irrorazione sanguigna in un tessuto non è dovuta solo ad
un funzionamento meccanico di vasocostrizione-vasodilatazione, ma è dovuta anche alla liberazione di una
serie di sostanze chimiche, che favoriscono o meno il passaggio di sostanze dall’interno all’esterno del capil-
lare. Ripetiamo: il passaggio di sostanze dall’interno all’esterno del capillare è dovuto non soltanto a tensioni
meccaniche presenti nella matrice extracellulare ma anche a tensioni presenti all’interno del capillare, nel
flusso sanguigno. Quando il sangue scorre nel vaso crea un’attrito, crea forze meccaniche e, in base a queste
forze meccaniche, succedono determinate cose sul tubo vascolare.
Poi c’è il capillare linfatico, che è a fondo cieco, aspira tutte le schifezze presenti nella matrice extracellulare:
liquidi, prodotti di scarto, macromolecole, frammenti di batteri…. etc etc. Questa sorta di microsciacquone va
a finire nella circolazione linfatica, nei linfonodi, nel dotto linfatico sin o toracico e nel dotto linfatico dx. Non
dimenticate che la circolazione linfatica parte dalla fascia, perché tutte queste sostanze e tutte queste circo-
lazioni sono interconnesse. Il torrente sanguigno a livello della matrice extracellulare ha delle comunicazioni
di sostanze con il liquido presente nella matrice extracellulare, che è il liquido interstiziale. Quest’ultimo va a
finire nel sistema linfatico, e il linfatico va a finire nel sistema ematico e l’ematico produce, nei plessi corioidei,
la circolazione del liquido cefalo-rachidiano. Il liquido cefalo-rachidiano viene riassorbito nella circolazione
sanguigna e in parte nel linfatico della mucosa nasale. Queste 4 circolazioni: ematica, liquido cefalo-ra-
chidiano, linfatica, liquidi interstiziali, sono comunicanti tra di loro a livello microscopico e gran parte del
sostanze che girano attraverso questi liquidi si ritrovano in diverse zone del corpo. Se un mastocita presente
nella matrice extracellulare si rompe durante un processo infiammatorio e rilascia istamina, questa istamina
ha un’azione locale, poi va nel sangue (attraverso il capillare) e arriva per es al sistema nervoso centrale, dove
funziona come un neurotrasmettitore, così come la serotonina e viceversa. Questo è un es che vi faccio per
spiegarvi alcune cose della clinica. Immaginate un Pz che viene al vostro studio per un mal di schiena. Voi
fate i vostri test, l’anamnesi e viene fuori che ha delle allergie, delle intolleranze alimentari, ha gonfiori ad-
dominali, è intollerante al latte… a che cosa pensate? Al tenue. Ok. Fate i vostri test di inibizione e il tenue
risulta positivo, per cui lo trattate. Poi però il Pz vi dice che soffre di mal di testa, da sempre, un mal di testa
pulsante nella regione frontale. Mettete in relazione il mal di testa con il tenue? A causa dell’intolleranza la
mucosa intestinale si infiamma, la serotonina è uno dei trasmettitori dell’infiammazione ed è contenuta per
l’80% del corpo nelle cellule neuroendocrine della mucosa intestinale del tenue, per cui essa viene liberata
con l’infiammazione, va nel sangue, arriva nel cervello, dove la serotonina è un potente vasocostrittore, per
cui provoca delle cefalee di tipo vascolare, pulsante. La maggior parte dei farmaci anticefalea sono degli ini-
bitori dei recettori della serotonina. Questo per dire che dal mal di schiena, dal tenue, dal mal di pancia siete
arrivati alla cefalea attraverso la circolazione di sostanze, il libero scambio dei fluidi, che è quello che diceva
Still, la base dell’osteopatia.
Ricordate che queste quattro circolazioni comunicano tra di loro e fanno parte delle fasce, sono delle fasce
liquide, ma dobbiamo considerarle come i tessuti connettivi, perché connettono diverse parti del corpo. Ci
sono tessuti connettivi solidi, fibrosi e tessuti connettivi liquidi interconnessi tra loro.
186
Un es che vi può far capire l’importanza della
matrice extracellulare è l’ immagine accanto in
cui si vede lo spazio sinaptico in cui si infiltra la
membrana basale (= quella parte di matrice
extracellulare più a ridosso della cellula). A questo
livello la membrana basale modula, filtra, selez-
iona il rilascio di tutto ciò che il neurone butta
nella cellula. La molecola di acetilcolina non arriva
dalla membrana presinaptica a quella postsinap-
tica muovendosi in uno spazio vuoto, ma viene
presa in carico, si fa spazio in una rete molecolare
di microfibrille e viene trasportata dall’altra parte.
Se le tensioni a questo livello cambiano, la mole-
cola non arriva alla destinazione finale, ma viene
disintegrata prima.
Il neurotrasmettitore, per es l’acetilcolina, che
destino ha?
1. Raggiunge il recettore e attiva qualcosa sulla
membrana dall’altra parte
2. Una parte viene distrutta dagli enzimi, per es
l’acetilcolinesterasi, e i prodotti di scarto vengono
ripresi dalla membrana presinaptica e riciclati
3. Una parte si disperde negli spazi esterni e va nel liquido extracellulare, liquido che la trasporta in altre
zone. Qual è la matrice extracellulare del cervello? È tutto l’insieme delle cellule gliali. Quando le sinapsi
del cervello liberano un neurotrasmettitore, parte di questi neurotrasmettitori diffondono liberamente nel
liquido extracellulare del tessuto nervoso. Che cosa diventa poi il liquido extracellulare del tessuto nervoso?
Liquor. Il liquido extracellulare, che sta in mezzo ai neuroni alle cellule gliali, è in comunicazione col liquor,
perché le cellule ependimali che tappezzano i ventricoli sono anch’esse fenestrate e ci sono dei punti in cui
esiste una comunicazione. Il neurotrasmettitore che esce dalla sinapsi, va al liquido interstiziale, viaggia nei
liquidi interstiziali e poi rientra nel liquido cefalo-rachidiano, se ne va in giro di nuovo. È un altro tipo di comu-
nicazione libera come quella che abbiamo visto prima. Neurotrasmettitori che vengono prodotti dal cervello
durante determinate attività del cervello, si possono ritrovare nel liquor, e se si trovano nel liquor si possono
trovare nel sangue e quindi se ne vanno in giro per il corpo, andando a dare effetti diversi in base ai recettori
che troveranno in giro nel corpo. Se il cervello produce glutammato o gaba, questo gaba lo ritroverò anche
nel sangue e in altri tipi di circolazione e mi darà un’azione per es sul polmone, sull’apparato digerente, cre-
ando per es un cambiamento della peristalsi, un cambiamento della secrezione di acido cloridrico. Questo
per dire che l’attività cerebrale può influire a livello dell’attività organica, quindi non siamo mai disconnessi.
Anche l’attività cerebrale del sistema nervoso ha una funzione diretta attraverso la veicolazione di questi
neurotrasmettitori attraverso i liquidi. E non solo. Alcuni neurotrasmettitori che vengono prodotti in alcune
zone del cervello, attraverso il liquido interstiziale, agiscono e attivano altre aree del cervello e questa è la
cosiddetta Volume Trasmission, che è diversa dalla Wire Trasmission. La Wire Trasmission è quella classica,
sinaptica, cavi che trasportano informazione, sinapsi, neuroni….La Volume Trasmission è quella che avviene
attraverso i fluidi: i neurotrasmettitori grazie al liquido interstiziale e al liquor viaggiano da una parte all’altra
del cervello. Questo concetto spiega in parte alcune tecniche dette liquorali, che si fanno anche in osteopatia,
pur senza sapere perché funzionano. Bonetti critica il fatto che si spieghi ancora oggi l’efficacia delle tecniche
osteopatiche facendo riferimento a Irwin Corr, un autore degli anni ’60.
Comunque per fortuna da qualche tempo a questa parte si parla anche in osteopatia di Volume Trasmission:
è un metodo di comunicazione di determinate aree del cervello e attraverso il liquor di neurotrasmettitori,
è una sorta di apparato “endocrino”all’interno del cervello, sostanze che vengono vincolate dai liquidi, come
avviene per il sangue per il resto del corpo.
187
sem 2
La volta scorsa avevamo visto alcuni concetti sull’applicazione della tensegrità a livello cellulare, mentre oggi
vedremo qualcosa sull’applicazione dei concetti tensegrili sulla matrice extracellulare.
Vi ricordo che la matrice extracellulare rappresenta una parte di tutto quello spazio extracellulare che sta tra
una cellula e l’altra e sta soprattutto tra alcune strutture che sono, oltre alla cellula, il capillare, il nervo e il vaso
linfatico. Queste strutture sono anatomicamente separate: nel corpo non c’è un punto in cui un capillare entra
in contatto diretto con una cellula oppure un nervo con una cellula o un vaso linfatico con un capillare. Queste
strutture sono sempre divise da uno spazio che è appunto lo spazio extracellulare. Dallo spazio extracellulare
si sviluppa la matrice extracellulare (MEC o ECM), che è composta da un insieme di fibre: collagene, elastina,
PG, GAG…. ossia tutte le componenti del tessuto connettivo e pertanto sono una rappresentazione a livello
microscopico della fascia (sistema fasciale). Tra una cellula e l’altra spesso c’è l’interposizione di matrice extra-
cellulare, organizzata però in maniera diversa, motivo per cui viene chiamato spazio intercellulare.
L’altra volta avevamo visto che in prossimità delle membrane cellulari c’è la lamina basale, che è composta
dagli stessi elementi/fibre della matrice extracellulare, però in proporzioni diverse, e comprende una struttura
che sta in prossimità della lamina basale e fa parte della membrana cellulare e che si chiama glicocalice (=
l’insieme di tutte le glicoproteine, dei glicolipidi, che fanno parte della membrana cellulare e che compren-
dono, oltre ai recettori, alle proteine di membrana, alle proteine transmembrana, anche tutto un insieme di
componenti glico-proteiche o glico-lipidiche).
Lo spazio che c’è
tra la cellula, il
capillare, le ter-
minazioni ner-
vose e il vaso lin-
fatico è occupato
da matrice extra-
cellulare, quindi
dalla fascia e
avevamo detto
che le condiz-
ioni meccaniche
che agiscono
sulla matrice ex-
tracellulare con-
dizionano tutti
i vari scambi di
sostanze tra tutti
questi elementi,
ossia tutto ciò
che deve uscire dal capillare per raggiungere la cellula oppure le sostanze di scarto che dalla cellula devono
tornare al capillare o devono essere portate via ad es dal sistema linfatico oppure l’attività delle terminazioni
nervose, che sono sia sensitive sia efferenti, quindi effettrici.
Avevamo visto che le terminazioni nervose, che fanno parte principalmente dell’ortosimpatico, emettono
nella matrice extracellulare non solo neurotrasmettitori ma anche altre sostanze, che sono per es fattori di
crescita, che servono per l’attività cellulare o per l’attività del tessuto a questo livello, sostanze che stimola-
no il sistema immunitario e funzionano come citochine… per cui tutto ciò che avviene a questo livello, che
è gran parte di ciò con cui ci andiamo a scontrare ogni giorno nel nostro lavoro, vale a dire l’infiammazione,
viene attivato e modulato in questo spazio. Tutto quello che avviene a questo livello è estremamente impor-
tante per la salute in generale dell’uomo. Questa zona rappresenta anatomicamente il famoso terreno della
persona. Se lì ci sono le corrette condizioni meccaniche e biochimiche tutti gli scambi e l’attività cellulare fun-
zionano come dovrebbero funzionare: è la base di partenza per la salute. Nel momento in cui questo sistema
viene sregolato si apre la porta per qualsiasi tipo di patologia; di solito inizia con una patologia di tipo infiam-
matorio e poi sfocia in patologie più gravi, che possono essere anche patologie tumorali, come avevamo visto
l’altra volta parlando della cellula.
188
Avevamo visto che la lamina basale modula il passaggio dei neurotrasmettitori.
La rete di PG/GAG ha notevoli capacità di costruzione/ All’interno della matrice extracellulare è sta-
demolizione per adattarsi alle situazioni contingenti (omeo- ta individuata una struttura funzionale che
stasi), questo grazie: è stata chiamata matrisoma, che sarebbe
alle proprietà intrinseche dei PG/GAG l’unione di PG e GAG insieme ad alcune pro-
ai polimeri degli zuccheri e al glicocalice teine strutturali, a proteine reticolari e a pro-
teine variabilmente collegate con le strutture
UNITA’ FUNZIONALE DELLA MATRICE (MATRISOMA) appena nominate. Le proteine variabilmente
Costituito da: collegate sono ormoni, fattori di crescita,
PG/GAG neurotrasmettitori, metaboliti, cataboliti…..
proteine strutturali
proteine reticolari
proteine variabili collegate transitoriamente (ormoni, fattori
di crescita, neurotrasmettitori, metaboliti, cataboliti, ...)
Il matrisoma è una sorta di sistema di trasporto con cui le sostanze vengono trasportate per es all’esterno
della cellula verso il capillare, è come queste sostanze attraversano la matrice extracellulare. I matrisomi for-
mano una sorta di sistema di trasporto fatto a cilindri (i cilindri di Heine, dal nome del suo scopritore), cilindri
tridimensionali che si formano e si disgregano nel giro di millisecondi.
Dovete immaginare lo spazio per es tra la
cellula e il capillare non come uno spazio
rigido, fisso, ma come un qualcosa che è in
continua elaborazione, dove ci sono questi
elementi strutturali come i PG, GAG, le pro-
teine, il collagene etc… che si disgregano e
si formano continuamente in base alle ne-
cessità del tessuto in modo molto dinamico.
All’interno del tessuto si creano queste strut-
ture cilindriche che sono formate grosso
modo come nell’ immagine accanto, dove
hanno all’interno e all’esterno una parte
idrofila e una parte idrofoba, dove le altre
molecole si legano transitoriamente per ve-
nire trasportate o all’interno o all’esterno del
cilindro attraverso la matrice extracellulare.
È come se, volendo andare da un punto A a un punto B si formasse una struttura cilindrica che fa migrare la
molecola da A verso B, dopodiché il cilindro si disgrega e se ne forma un altro che fa migrare la molecola da B
diverso C e via dicendo fino ad arrivare a destinazione: questi sono i cilindri di Heine e sono uno dei sistemi di
trasporto che sono stati visti formarsi all’interno della matrice extracellulare.
Un’altra struttura che fa parte del sistema fasciale e che è di estrema importanza per la vita cellulare è il glico-
calice, che è l’insieme di glicoproteine e glicolipidi che stanno all’esterno della cellula.
Il glicocalice ha le seguenti funzioni:
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GLICOCALICE = rappresenta uno strato glicidico
1. ancorare la cellula alla matrice extracellulare
con importanti capacità informative. 2. identificazione cellulare > è come se fosse una
È determinante per: divisa proteica, di cui è dotata ogni cellula e che per-
ancoraggio delle cellule alla matrice mette per es a cellule simili di identificarla (questo è
identificazione cellulare importante per es nella morfogenesi, quando le cel-
adesione intercellulare lule si differenziano e si aggregano tutte in uno stesso
elaborazione delle informazioni che arrivano alla tessuto. Come fa una cellula a sapere che è simile ad
cellula, rappresenta una sorta di MEMORIA A BREVE un’altra? Perché porta una specie di divisa, formata
TERMINE dei tessuti. dall’insieme di glicoproteine e glicolipidi che stanno
intorno alla membrana, è come se fosse un ricono-
scimento chimico)
3. adesione intercellulare > per far aderire nei tessuti due cellule simili, per es due epatociti
189
4. la funzione più importante > elaborare informazioni che arrivano alla cellula (per alcuni studiosi questa
è una sorta di memoria a breve termine a livello dei tessuti). A livello tissutale ci sono due tipi di memoria:
una memoria a lungo termine data dal DNA (dà ai tessuti l’impronta stabile, come per es il colore degli occhi
o alcune componenti che rimangono sempre le stesse) e una memoria a breve termine data dal glicocalice,
che reagisce a qualsiasi perturbazione che arriva alla cellula, sia di tipo chimico (se per es arriva una cellula
o un neurotrasmettitore) sia di tipo meccanico (se per es l’ambiente meccanico in cui è immersa la cellula
cambia).
Alcuni studiosi hanno fatto dei calcoli e hanno
4 zuccheri semplici possono formare più di 35.000 tet-
visto che 4 zuccheri semplici, di cui è composto
rasaccaridi.
il glicocalice possono formare nelle varie combi-
4 aminoacidi possono formare solo 24 tertrapeptidi.
nazioni circa 35.000 tetrasaccaridi, mentre i quat-
I geni dispongono di 20 aminoacidi codificati in 4 nucle-
tro aminoacidi presenti nel DNA formano 24 tet-
otidi ordinati in triplette che formano 64 combinazioni
rapeptidi. Si è così calcolato che a livello del DNA
lungo il DNA.
si possono fare 64 combinazioni mentre a livello
Servono per le strutture durevoli – MEMORIA A LUNGO
del glicocalice ce ne possono fare 35.000, un po’
TERMINE.
come avere un alfabeto di 64 lettere e un altro di
Per il mantenimento dell’omeostasi (risposte veloci) il
35.000 lettere, questo secondo ha un valore infor-
corpo si affida agli zuccheri del GLICOCALICE che han-
mativo decisamente più elevato. Infatti il glicocal-
no molte più possibilità di combinazione –MEMORIA A
ice, praticamente la membrana della cellula, deve
BREVE TEMINE. TUTTE LE INFORMAZIONI PASSANO
reagire a qualsiasi tipo di perturbazione: quando
PER IL GLICOCALICE
arriva una molecola, un neurotrasmettitore, il
glicocalice deve reagire immediatamente.
L’insieme di queste strutture: i cilindri di
PG/GAG, PROTEINE STRUTTURALI e il FILTRO MOLECOLARE Heine, il glicocalice, le proteine strutturali
PG/GAG e proteine strutturali formano un filtro molecolare all’interno della matrice extracellulare costi-
che può meccanicamente e biochimicamente includere o tuiscono una sorta di filtro molecolare, che
escludere tutte le molecole che vanno e vengono tra capil- è una delle attività principali della matrice
lare – cellula – nervo – linfa. extracellulare, ossia della fascia. Che cosa
L’azione filtrante dipende da: succede? Si forma una sorta di rete tridimen-
dimensione delle molecole sionale con dei pori, come un setaccio per la
carica elettrica farina. Tutte le sostanze che devono uscire
dimensione dei pori del filtro (tensione della fascia) dalla cellula e andare per esempio al capillare
concentrazione di PG/GAG ed elettroliti o dal capillare verso la cellula o altre sostanze
pH che girano nella matrice extracellulare ven-
sollecitazioni meccaniche gono filtrate da questa struttura.
Vengono filtrate in base alla dimensione delle molecole, quindi per una pura ragione meccanica. Immagin-
are di avere un setaccio per la farina: una parte della farina passa attraverso i pori, mentre i grani più grossi
rimangono bloccati. La matrice extracellulare fa la stessa cosa a livello molecolare. Per avere una buona azione
di filtraggio i pori devono avere tutti o lo stesso calibro o perlomeno una determinata dimensione. Se pren-
dete la rete del setaccio e la tirate con una forza meccanica inadeguata, provocherete la chiusura di alcuni pori
in alcuni punti e l’apertura esagerata di altri in un’altra zona, per cui quando metterete la farina passerà tutto
e non ci sarà più attività filtrante. La stessa cosa avviene per la matrice extracellulare. Nel momento in cui ci
sono delle forze meccaniche che alterano l’equilibrio meccanico della matrice extracellulare, l’azione filtrante
che dipende dalla dimensione delle molecole non c’è più, per cui nella matrice extracellulare ci saranno mole-
cole o sostanze che non dovrebbero esserci e d’altra parte non ci saranno quelle sostanze che dovrebbero
invece esserci. Questo discorso dipende anche dalla carica elettrica delle molecole. Prima abbiamo detto che
nei cilindri di Heine c’è una componente idrofila e un’altra idrofoba e questa componente dipende dalla carica
elettrica e dall’interazione tra queste molecole e l’acqua contenuta nella matrice extracellulare. Altri fattori
che influiscono sull’attività di filtro della matrice extracellulare sono il pH della fascia e le sollecitazioni mec-
caniche che agiscono su di essa.
190
La superstruttura (tensegrile) a rete tridimensionale di PG/ Per fare degli es avevamo detto che sulla fas-
GAG ha importanza nella coerenza meccanica del tessuto. cia arrivano delle fibre nervose neurovegeta-
Per suo tramite gli assoni vegetativi sono soggetti ad una tive, che non formano delle vere e proprie
specifica tensione meccanica ed elettrica che regola la lib- sinapsi ma delle sinapsi a distanza. Le fibre
erazione dei neurotrasmettitori. neurovegetative terminano nella fascia ed
Traumi - tensegrità emettono lì alcune sostanze. Si verifica una
sorta di riflesso assonico. Quando la fibra
La matrice extracellulare è collegata tramite: neurovegetativa arriva nella fascia emette
i capillari al sistema ghiandolare endocrino alcune sostanze, grazie ad una componente
le terminazioni vegetative al sistema nervoso centrale efferente presente nella fibra. Molto spesso
Tutti e due i sistemi si collegano a livello del midollo allun- però la fibra neurovegetativa ha dei rami
gato e dell’ipotalamo, ne risulta una attività informativa nei che captano la composizione chimica pre-
confronti dei centri superiori (psico-neuro-endocrino-im- sente nella fascia e che quindi veicolano
munologia). un’informazione afferente.
191
Il legame con l’acqua è importante per il mantenimento
2. mantenimento della differenza di temper- della temperatura tra interno ed esterno della cellula. In
atura tra ambiente intra ed extracellulare generale la temperatura interna (TI) della cellula deve es-
sere sempre maggiore rispetto alla temperatura esterna
temperatura interna (TI) deve essere sempre (TE). Quando la temperatura interna è uguale a quella es-
maggiore della temperatura esterna (TE) terna la cellula tende a morire. Il mantenimento di queste
TI > TE = k temperature è dovuto alla presenza di acqua nella matrice
Se TI = TE si ha la morte cellulare extracellulare e funziona come una sorta di radiatore bio-
logico. Quando PG/GAG sono in grado di legare l’acqua in un determinato modo in base alle necessità meta-
boliche del tessuto viene mantenuto questo rapporto tra la temperatura interna e quella esterna, rapporto
che è fondamentale per l’attività cellulare. Alcuni tipi di patologie interferiscono proprio su questo meccan-
ismo: i PG/GAG non riescono più a legare l’acqua, il connettivo tende a disidratare e molte cellule di alcuni
tessuti tendono a morire perché non è mantenuta la differenza di temperatura tra interno ed esterno della
cellula.
Un’altra caratteristica del legame tra PG/GAG e l’acqua è
3. trasmissione di informazioni (teoria dei
la capacità di trasmettere informazioni (ricordate che an-
cristalli liquidi)
che una molecola è un’informazione che arriva alla cellula)
all’interno della matrice extracellulare. A questo propos-
cos’è un cristallo liquido = metafase tra
ito qualcuno ha tirato fuori la teoria dei cristalli liquidi. Il
liquido e solido/cristallino
cristallo liquido è una struttura cristallina che sta in una
(es dei cristalli liquidi ottici)
fase tra il solido e il liquido, senza essere né l’uno né l’altro.
L’acqua si può definire un vero liquido solo
Questo è vero per es nei cristalli liquidi ottici che sono
oltre i 60°C.
quelli che stanno nelle vaschette dell’orologio al quarzo:
Tra i 0°C e i 60°C mantiene delle caratteristiche
questi cristalli hanno delle proprietà particolari, perché in
cristalline.
base a come arriva la corrente sul cristallo liquido, essi si
la fase liquida e la fase cristallina sono in equi-
orientano in un determinato modo nello spazio e, in base
librio a 37,5 °C
a come si orientano nello spazio, sono in grado di riflettere
un aumento della temperatura potrebbe avere
la luce esterna o no. Se per es i cristalli del mio orologio
un effetto di reset delle informazioni (febbre)
sono tutti orientati in avanti verso di voi, non riflettono la
luce, per cui voi non vedete il numero sul quadrante. Nel momento in cui arriva un impulso elettrico, il cris-
tallo si orienta in modo differente e a quel punto riflette la luce, per cui voi vedete poi il numero sul quadrante
dell’orologio. Vi è visto che nel tessuto connettivo l’unione di acqua e PG/GAG ha delle proprietà simili ai cris-
talli liquidi. Si è visto che l’acqua, legata ai PG/GAG, sta a metà tra una fase liquida e una fase cristallina proprio
quando la temperatura corrisponde a 37,5° C, ossia la temperatura interna del corpo. Questa situazione fa sì
che si creino delle condizioni elettromagnetiche e meccaniche all’interno della matrice extracellulare che fa-
cilitano il passaggio di molecole oppure l’attività cellulare in generale oppure il blocco dell’attività batterica;
infatti si pensa che la febbre sia una sorta di meccanismo con cui, aumentando la temperatura corporea, i
cristalli liquidi diventano ancora più liquidi bloccando in questo modo il trasporto di informazioni, per es
dell’attività batterica.
192
I PG/GAG hanno anche la proprietà di legare alcune
PG/GAG e sostanze nutritive/tossiche
sostanze nutritive/tossiche. Spesso legano i carboidra-
Essi possono legare:
ti come il glucosio e il galattosio, le proteine, gli acidi
carboidrati (glucosio e galattosio)
grassi e d’acqua, vale a dire tutte le sostanze nutritive
proteine (gruppi NH)
principali. Quindi la Matrice EC può diventare una sorta
acidi grassi
di deposito di sostanze organiche e allo stesso tempo
acqua
anche molte sostanze tossiche possono essere con-
Il fibrocita ha bisogno di polisaccaridi per costru-
tenute al suo interno e questo capita quando la MEC
ire i costituenti della matrice (collageno, PG/GAG,
perde la sua coerenza meccanica: tensioni inadeguate
elastina, fibronectina, …).
su un tessuto o un organo, per es il fegato, fanno sì che
I carboidrati superflui oltre ad essere immagazzi-
certe sostanze non vengano eliminate bensì siano de-
nati come glicogeno (muscolo, fegato) portano a
positate nella MEC, nella fascia del fegato creando così
maggior formazione di PG/GAG e proteine strut-
delle alterazioni, dei danni sulla fisiologia degli epatoc-
turali nel connettivo sottocutaneo e interstiziale.
iti e di altre cellule che fanno parte del fegato. Questo
Obesi e diabetici hanno maggior contenuto di
può facilitare l’instaurarsi di una patologia o di un dis-
collageno.
turbo funzionale.
Ora andiamo sul macroscopico e vediamo l’uomo come sistema tensegrile.
L’uomo è composto da diversi tipi di strutture, alcune
L’uomo si può considerare un sistema tensegrile delle quali sono state assimilate alle strutture tensegrili.
composto dall’insieme di: Le strutture pretensionate, ossia quelle formate da cilindri
strutture pretensionate: arti, colonna verte- e cavi, sono state equiparate agli arti, alla colonna verte-
brale, dischi intervertebrali, … brale, al disco intervertebrale; le strutture geodetiche, per
strutture geodetiche: cellule, … le loro proprietà meccaniche, sono state paragonate alle
strutture pneumatiche: addome, visceri e or- cellule, al cranio…; le strutture pneumatiche, che fanno
gani, vasi, … sempre parte delle strutture tensegrili, sono state assimi-
miste: cranio, bacino, torace, … late all’addome, ai visceri, ai vasi…
Nel corpo esistono degli elementi in compressione:
Elementi in compressione:
principalmente le ossa, molte delle quali lavorano
ossa (compressione e trazione)
sia in compressione che in trazione (è quello che
articolazioni (relativamente) (???)
succede nelle strutture geodetiche), poi le artico-
tessuti molli sottoposti a contatto/carico (cute - ip-
lazioni (Bonetti dice che è relativo, perché ci sono
ercheratosi, cuscinetti adiposi), zone di contatto con
degli studi contrastanti, nel senso che alcuni autori
fluidi, gas, contenuti in genere (nelle strutture idro/
hanno visto che, proprio perché il corpo umano è
pneumatiche)
una struttura tensegrile, sulle articolazioni non c’è
Elementi in tensione:
una grossa sollecitazione in compressione, anzi le
muscoli (tono muscolare)
articolazioni lavorano quasi in assenza di gravità e
legamenti (supporto meccanico e informativo)
di peso). Gli elementi in tensione del corpo umano
fasce / MTC
sono: i muscoli, i legamenti, le varie fasce, le mem-
ltri elementi in tensione (citoscheletro, fibre varie, …)
brane…
Le teorie sulle capacità di carico e la biomeccanica Tutte queste idee sono venute fuori perché alcuni
classica andrebbero quantomeno integrate. ricercatori hanno cominciato a studiare i carichi di
1. Molte delle nostre strutture se fossero costruite sec- rottura di alcune strutture, principalmente ossa e
ondo le leggi architettoniche classiche andrebbero in- cartilagini articolari, sottoposti a sollecitazioni an-
contro a rottura. che durante la vita quotidiana. Hanno visto che
2. Non riusciremmo a sopportare alcune sollecitazioni molte di queste strutture dovrebbero andare in-
e molti traumi. contro a rottura se si facesse uno studio secondo
3. La nostra biomeccanica non cambia se cambiamo le leggi newtoniane classiche, ossia leggi che ve-
posizione rispetto alla forza di gravità (proni, su- dono il corpo come un insieme di fulcri, carrucole,
pini, a testa in giù camminando sulle braccia, …) o in leve…
assenza di gravità (viaggi aerospaziali).
193
In più si sono chiesti “Come mai una giraffa riesce a muovere
la testa, che pesa comunque svariati kg, su un braccio di leva
(=collo) così lungo?”. Per poterlo fare dovrebbe avere una
struttura muscolare tripla rispetto a quella che in realtà c’é.
La stessa cosa vale per gli animali preistorici
194
Perché? Se su una colonna normale metto 100 kg, essi
vengono trasmessi su ogni segmento sino a terra. Se
per es io pensassi 80 kg e mi mettessi in appoggio mo-
nopodalico, su ogni segmento avrei un peso di 80 kg.
Oltre al funzionamento meccanico in con- Hanno calcolato che un centometrista che fa X km all’ora, nel
dizioni normali anche la capacità di resist- momento in cui è al massimo della velocità e appoggia il pie-
ere alle sollecitazioni cambia. de a terra, sul ginocchio dovrebbe arrivare un carico tale (se si
fa uno studio secondo le leve) da far scoppiare la cartilagine!
Nella visione biomeccanica classica (leve, Questo però non avviene, perché il carico viene ridistribuito
momenti di forza, carrucole, …) molte su tutti i punti della struttura, fra punti sia in tensione che in
strutture non resisterebbero. compressione. La contrazione muscolare fa sì che l’aumento di
tensione scarichi in percentuale i chili dal ginocchio.
195
La stessa cosa l’hanno vista sui sesa-
moidi, gli ossicini del piede, sui quali,
durante una partita per es di rugby,
possono arrivare pressioni pari a
1000 N (Newton), tali quindi da frat-
turarli. Oppure ad ogni falcata ci
dovrebbe essere una rottura dei ses-
amoidi, cosa che non avviene perché
il sesamoide fa parte di un comples-
so strutturale integrato all’interno di
tendini, strutture legamentose…per cui il peso che arriva sul sesamoide in realtà è ridistribuito in percentuale
su tutte le componenti del piede, dell’arto inferiore…
La stessa cosa l’hanno vista sui
muscoli erettori della colonna. Se
una persona solleva un carico di
10 kg in questo modo…. gli eret-
tori della colonna fanno uno sforzo
che può arrivare fino a 16.000 N,
un valore che provocherebbe la
lacerazione del muscolo. Tuttavia
i muscoli non si lacerano perché
il carico viene ridistribuito in un
modo diverso su tutte le strutture
del corpo.
La stessa cosa vale per la col-
onna vertebrale: sul Kapandij
viene detto che sollevare un
carico a gambe distese, pro-
voca su L5 una pressione
molto vicina a quella di rot-
tura della vertebra. Ma allora,
si chiede Bonetti, che cosa
dovrebbe succedere ai sol-
levatori di pesi? Dovrebbero
fratturarsi tutti. Questo non
accade perché lo sforzo viene
ridistribuito su diverse strut-
ture in modo differente e più
carico c’è, più il corpo recluta
automaticamente gruppi
muscolari via via crescenti, c’è un’irradiazione del reclutamento muscolare. Questo corrisponde proprio
all’irrigidimento lineare delle strutture tensegrili: più carico c’è e più la struttura tende ad irrigidirsi, ad uti-
lizzare (in questo caso) più gruppi muscolari, per salvaguardare alcune strutture dal pericolo di frattura.
196
Stesso discorso si può fare per il
disco intervertebrale, che è cos-
tituito da una parte interna, per-
lopiù acqua, sottoposta a forze di
compressione e intorno, a 360°,
una struttura che è sottoposta a
forze di tensione (ricordate che le
strutture tensegrili lavorano con
questo tipo di forze: c’è un equi-
librio di tensioni omnidirezionali, a
360°, che vengono qui equilibrate
da forze in compressione su alcuni
punti della struttura). Il disco inter-
vertebrale è in sé una struttura
tensegrile, anche perché la direzione delle fibre nei vari anelli che compongono l’anulus cambia e questo fa sì
che ci sia una ridistribuzione a 360° delle forze.
La stessa cosa avviene nella spiegazione del perché i carichi sulla colonna vertebrale
diminuiscono o aumentano in alcune condizioni. In posizione seduta gravano su L5-S1
circa 150 kg, mentre in piedi il peso diminuisce. Perché? Perché il peso del corpo viene
ridistribuito anche sugli arti inferiori, ecco perché c’è meno peso su L5-S1. Se uno calco-
lasse il peso solamente sulla base della forza di gravità, dovrebbe essere uguale sia da
seduto che in piedi. Questo fa pensare che ci siano delle condizioni meccaniche diverse
rispetto a quelle che sono state studiate di solito.
197
Inoltre molte delle articolazione del corpo um-
ano lavorano su piani obliqui, per es la colon-
na vertebrale (anche se è sempre stata studia-
ta come una colonna): pensate alle curve della
colonna, all’orientamento delle superfici arti-
colari. Anche nel piede la maggior parte delle
articolazione, escludendo la sottoastragalica,
stanno su un piano verticale. Anche nel ginoc-
chio il punto di contatto dei condili con i piatti
tibiali è una superficie molto ristretta, per cui
tutto il peso del corpo va su un punto partico-
lare, fattore questo che creerebbe delle con-
dizioni meccaniche tali per cui la cartilagine,
con qualsiasi sollecitazione, potrebbe esserne
distrutta. Per questo dobbiamo ipotizzare un
sistema di funzionamento delle articolazioni
un po’ diverso da come lo si è pensato finora.
Le articolazioni vengono integrate in un sistema di elementi in tensione che le mantengono, per cui non è tanto
la forza di gravità che agisce sulle articolazioni quanto l’equilibrio tensivo che deve agire sull’articolazione stessa.
Quando ci sono per es dei traumi o un processo artrosico, la prima cosa che viene detta è di mantenere il tono
muscolare. Perché? Sembrerebbe un controsenso perché se si prendono due capi articolari tenuti insieme da
una serie di muscoli, aumentando la forza muscolare ci dovrebbe essere una compressione maggiore all’interno
all’interno dell’articolazione, e invece questo non avviene, anzi di solito avviene il contrario: più aumenta lo
stato di tensione muscolare e più l’articolazione tende quasi a diastasare. Perché viene l’artrosi dell’anca?
Perché di solito c’è un cattivo centrag-
gio della testa del femore nel cotile.
Però il centraggio è dovuto all’attività
dei vari gruppi muscolari che agiscono
sull’anca. Nel momento in cui alcuni
gruppi muscolari non lavorano come gli
altri, sia come equilibrio di tensione che
come tono, c’è un cambiamento della
tensione e viene a mancare il centraggio
della testa del femore, con formazione di artrosi o nella parte superiore del cotile (si dice che sia la più
comune, perché a causa del peso la testa femorale spinge verso l’alto) o in quella inferiore. Ma perché si svi-
luppa nella parte inferiore? Evidentemente perché la forza di gravità non agisce solo dal basso verso l’alto e
viceversa e l’anca è un sistema che deve essere in equilibrio di tensioni per essere centrata. L’anca se ne frega
fino a un certo punto della forza di gravità e della forza peso, altrimenti dovrebbero esserci artrosi solo nella
parte superiore del cotile.
198
Alcuni studiosi si sono chi-
esti se i capi articolari si toc-
chino realmente. Per verifi-
care questo durante delle
operazioni chirurgiche al
ginocchio hanno utilizzato
una sostanza tipo inchiostro
e hanno poi sottoposto il gi-
nocchio a diversi carichi, fino
a 98 kg. Hanno visto che tra le
due cartilagini rimane sem-
pre un film liquido, quindi le
cartilagini pur con un carico
di 98 kg non si toccano tra
di loro. La stessa cosa l’hanno
verificata sull’anca carican-
dola con 127 kg, sul gomito,
sulle metatarso-falangee.
199
Un es di funzionamento è il pistone
idro-pneumatico. Mettiamo che la
struttura nell’immagine accanto sia
un ginocchio con il liquido sinoviale
all’interno e la capsula, i legamenti, i
tendini all’esterno. Nel momento in
cui c’è una compressione verso l’alto
anche il liquido viene compresso,
però è mantenuto all’interno da tutto
il sistema di tensionamento omnidir-
ezionale fasciale e muscolare, così da
evitare la compressione dei due capi
articolari. Quindi la compressione
iniziale attiva il sistema fasciale e
muscolare che realizza il contrario di
quanto ci si aspetterebbe, ossia una
diastasi dei capi articolari.
Quindi la compressione iniziale attiva il sistema fasciale e muscolare che realizza il contrario di quanto ci si
aspetterebbe, ossia una diastasi dei capi articolari.
Questa è un’immagine di
come è fatta la cartilagine:
le fibre si orientano nella
parte prossima alla cavità ar-
ticolare in modo tangenziale
e nella parte lontana dalla
cavità articolare sono orien-
tate in modo colonnare. Un
struttura simile è più adatta
ad ammortizzare sollecitazi-
oni di taglio piuttosto che
reagire a sollecitazioni di
compressione.
sollecitazioni di taglio
200
Inoltre le strutture tensegrili sono strutture pneu-
matiche e nel corpo sono presenti una serie di
pressioni che devono essere mantenute ad un
certo livello. Tra di queste ci sono delle pressioni
negative come per es nello spazio epidurale, nelle
cavità articolari, nel pericardio, nella pleura e nello
spazio interstiziale dei tessuti lassi, ossia nella ma-
trice extracellulare (serve per l’equilibrio di Star-
ling, per far sì che ci sia sempre un passaggio di
liquido e di sostanze tra la parte arteriolare del cap-
illare e la parte venulare: nell’interstizio l’equilibrio
dinamico dei fluidi è mantenuto proprio perché c’è
una pressione negativa di -3 mm Hg, che è mante-
nuta dalla suzione continua del capillare linfatico,
che fa una sorta di sottovuoto).
Il torace in sé potrebbe essere una
struttura tensegrile, perché
1. la colonna vertebrale è in sé una
struttura tensegrile, con zone di com-
pressione (principalmente i dischi) e
zone di tensione (i muscoli sia corti
che lunghi)
2. ha delle zone ossee e articolari di
compressione come le cartilagini e lo
sterno
3. ha delle zone che sono dei sistemi
pretensionati come per es le costole
4. ha delle zone di tensione come i le-
gamenti, i muscoli, il sistema fasciale
(le pleure, i legamenti viscerali) che
devono mantenere a livello del medi-
astino la pervietà dei grossi vasi.
201
Il torace è una struttura che è fatta per lavorare verso l’espansione, perché sia la componente ossea che quella
muscolare servono ad espandere i vari diametri (dietro c’è una cifosi, che a sua volta porta verso l’esterno)
e questo perché all’interno del torace ci sono dei visceri che devono lavorare verso l’espansione (polmoni,
cuore: se quest’ultimo venisse compresso non potrebbe neanche riempirsi, esofago: se ci fosse una compres-
sione il bolo alimentare non potrebbe passare). L’addome invece lavora al contrario, soprattutto in compres-
sione, infatti ha una lordosi che spinge verso l’avanti, ha una struttura muscolare (gli addominali, gli obliqui)
che comprime verso dentro, come una sorta di corsetto, con la loro tensione comprime le strutture addomi-
nali e inoltre nell’addome ci sono degli organi che, per la loro fisiologia, lavorano meglio in uno stato di com-
pressione: sono tutti gli organi che devono sminuzzare, disgregare, devono stare a contatto del materiale per
l’assorbimento (l’apparato digerente) o devono secernere (pancreas).
202
CALCOLI EFFETTUATI SU MANICHINI DA CRASH-TEST Ora vediamo qualcosa che riguarda la tensegrità
Pugno (boxe) = 400 kg ~ e i traumi, soprattutto l’energia meccanica che
Calcio (tae kwon do, muay thai, …) = 800-900 kg ~ passa nella fascia in una situazione traumatica.
Ginocchiata (muay thai)* = oltre 1000 kg ~ Sono stati fatti dei calcoli da cui risulta che un
*stessa forza di impatto (per unità di superficie) regis- pugno (boxe) o un calcio o una ginocchiata (arti
trata durante un incidente di auto a 56 km/h marziali) sviluppano determinati kilogrammi
per unità di superficie, kilogrammi che dovreb-
La singola parte si romperebbe, ma l’insieme delle parti, bero fratturare alcune strutture.
assemblate in un determinato modo, resiste.
Anche l’energia chimica provoca aumento di tensione L’altra volta avevamo detto che nella matrice ex-
a livello della membrana cellulare. tracellulare possono essere contenute alcune
Le fibre contrattili presenti nella porzione endocellu- sostanze tossiche o sostanze di altro tipo: esse
lare periferica aumentano la tensione così come al- in pratica rappresentano un’energia chimica. Se
cune parti del citoscheletro. una cellula viene immersa in un ambiente chimico
Lo scopo è quello di diminuire la comunicazione tra non adeguato, aumenta il suo livello di tensione,
ambiente interno ed esterno modificando la permea- perché reagisce all’ambiente tossico esterno cer-
bilità della membrana. cando di chiudere tutte le possibilità di comunica-
zione tra l’interno e l’esterno della cellula.
Aumentando la tensione del citoscheletro, aumenta la tensione della membrana citoplasmatica con la con-
seguenza che anche i pori e i canali vengano chiusi o riducano la loro attività; dovete immaginare che una
cellula immersa in un ambiente tossico che non voglia più avere scambi con l’esterno: questo è poi quello che
crea in molti organi la sensazione di duro, quando quest’organo è in uno stato disfunzionale/tossico. Se trovate
per es un fegato duro non dovete pensare solo a ad una congestione di tipo venoso, che fa sì che l’organo
sia pieno di sangue, ma anche al fatto che gli epatociti siano in uno stato di tensione maggiore rispetto alla
norma, per una cattiva situazione chimica o biochimica della matrice extracellulare dell’organo.
Domanda 1: meridiani e cilindri di Heine
Risposta: immaginate i cilindri di Heine nella matrice ex-
205
Se i due punti Se invece il Pz appare spezzato e non ci sono mai due
vicini sono punti vicini allineati, avrò uno schema misto.
anteriori lo
schema sarà Lo schema generale del Pz è uguale a dx e a sin.
globalmente Ci possono essere delle piccole differenze dovute
anteriore. alle rotazione. Guardare il lato dx e confrontarlo con
il sin fa parte di un altro tipo di osservazione, un al-
tro livello, che non interessa in questo test. Se un Pz è
globalmente anteriore a dx, sarà globalmente anteri-
ore anche a sin. Che ci fate con uno schema anteriore
dx e posteriore sin? In questo caso o è presente una
scoliosi o altre deformità, ma comunque è un’altra
cosa, non si può parlare di schema generale.
Vi potete confondere se, nel valutare lo schema del Pz, partite dall’alto anziché dal basso.
Bonetti fa un es: così (immagine accanto) sembro anteriore (se partite dall’alto) ma in
realtà sono posteriore, perché acromion e trocantere sono post e sono due punti conti-
gui. Gli schemi globali possibili sono 3 > ant (viscerale), post (strutturale) e misto (cranio-
sacrale).
Dopo aver osservato il Pz immagino una tabella con tre sezioni: viscerale (=ant), struttur-
ale (=post) e misto (=duramerico, cranio-sacrale).
Se nel mio Pz riscontrato uno schema globalmente anteriore, metto una crocetta in corri-
spondenza di viscerale.
206
Al contrario una F Anche con una E
d’anca con RI non d’anca e una RE il Pz
sarebbe coerente con cadrebbe, quindi l’E
lo schema globale del d’anca non sarebbe
Pz, perché lo farebbe coerente con il suo
cadere. schema.
Se l’arto inferiore su cui Pz carica è coerente con il suo schema globale, metto un’altra crocetta in corrispon-
denza di viscerale. Se invece l’arto inferiore non è coerente metto una crocetta in corrispondenza di struttur-
ale.
schema globale ANT e
appoggio coerente
Facciamo ora il caso di un Pz con uno schema globale posteriore. In questo caso l’appoggio coerente è l’arto
inferiore in carico, in estensione e rotazione interna. Tutti gli altri tipi di appoggio non sarebbero confortevoli
per il Pz, sarebbero degli appoggi incoerenti rispetto allo schema globale. Quindi se ho trovato con un Pz con
schema globale posteriore, metto una freccia in corrispondenza di strutturale. Se ha un approccio coerente
metto una seconda X in corrispondenza di strutturale.
schema globale ANT e
appoggio coerente
3. Se ho un Pz con uno schema misto, non ho fatto il test degli appoggi, quindi avrò solo 2 + (= schema misto,
esito cranio-sacrale al test sull’AAC).
Andrò a controllare so-
prattutto il sistema cranio-
sacrale.
4. Se ho una situazione mista con due + sul viscerale e un + su strutturale: schema anteriore, appoggio inco-
erente, esito viscerale al test sull’AAC, andrò a controllare quelle strutture che mi collegano due visceri
(= epiploon, legamenti tra
due visceri, un’aderenza
tra pleura e pericardio op-
pure l’accollamento di due
anse intestinali).
5. Se ho una situazione mista con un + su viscerale e un + su strutturale: schema posteriore, appoggio incoer-
ente, esito strutturale al test sull’AAC, andrò a vedere quel tessuto/struttura che mi collega il viscere alla
struttura, intesa come pa-
reti/parti esterne (= mesi,
legamenti, per es il lega-
mento vertebro-pericardi-
co o sterno-pericardico, il
mesentere).
6. Poi posso avere una situazione in cui ho trovato uno schema misto (un +) e un esito viscerale al test sull’AAC
(un’altra X).
Andrò a vedere principal-
mente il sistema neuroveg-
etativo (SNV).
8. Nell’ultimo caso Bonetti ha messo delle + dappertutto, per indicare un gran casino, non si capisce con
questo test che cosa abbia il Pz, oppure si è trovata una positività ovunque. È comunque un’indicazione di una
compromissione dei gran-
di sistemi del Pz: asse en-
docrino, AAC, distonia neu-
rovegetativa, ossia tutti i
sistemi che agiscono sulla
globalità del Pz sono messi in disfunzione da qualcosa. Però di solito è difficile che capiti questa situazione.
209
sem 3
La linfa (slide 3)
Si forma nella M.E.C. (=Matrice Extra Cellulare)
Si differenzia in base al tessuto da quale nasce (in tal caso si chiama istolinfa). L’istolinfa è la linfa che si genera
in un determinato tessuto, per es dagli epatociti nel fegato o dal connettivo oppure dal tessuto muscolare.
La linfa è costituita da diversi elementi (il cosiddetto carico di pertinenza linfatica):
- plasmaproteine (carico albuminoideo) = lipoproteine, ormoni, enzimi, … legati a proteine
- liquidi (carico idrico) = sono i liquidi interstiziali
- cellule non intrinsecamente mobili (carico cellulare) = sono delle cellule che hanno abbandonato il loro
gruppo di appartenenza, di solito sono cellule cancerogene che si sono staccate e sono state portate via dal
sistema linfatico (eritrociti, cellule morte, cellule che hanno lasciato il loro gruppo cellulare, macrofagi con il
contenuto fagocitato); già da questo si capisce che quando c’è un ingrossamento dei linfonodi, soprattutto
quando i linfonodi sono molto dolorosi e fissi, dovete pensare a due cose: infezione e tumore. Se in alcune
aree del corpo come per es i cavi (cavo popliteo, cavo ascellare…) trovate dei linfonodi ingrossati, dolorosi e
fissi dovete pensare subito (in generale) o a un’infezione o a qualcosa di più grave, e poi distinguere.
- Elementi estranei (carico corpuscolato) = elementi corpuscolati come fuliggine, polvere, batteri, … Da dove
arrivano fuliggine e polvere? Dalle vie aeree, dal polmone, infatti il polmone è ricco di linfatici, perché oltre a
essere un organo emuntore è un organo immunitario, come l’intestino e soprattutto il tenue. Infatti polmone
e intestino sono le prime porte d’ingresso all’interno dell’organismo e oltretutto sono delle porte d’ingresso
estremamente sottili. Pensate per es allo spazio sottile tra alveolo e vasi sanguigni oppure alla barriera intesti-
210
nale nel villo e microvillo: in entrambi i casi si tratta di uno strato, uno strato e mezzo di cellule; ecco perché lì
ci deve essere un sistema immunitario molto rappresentato. Ricordatevi di questo perché nella vostra visione
osteopatica dovete fare anche una relazione tra sistemi e tra organi. Il lavoro che fate sui visceri non si limita
a risolvere un banale mal di pancia, ma dovete fare una sintesi sul Pz e riconoscere alcuni processi fisiologici,
che molto spesso integrano più sistemi e più organi tra loro. Se avete un Pz con un dolore dorsale sulla colon-
na, che soffre di gastrite, è anemico e sul quale trovate una positività sull’intestino, come mettete in relazione
il tenue con lo stomaco, con il mal di schiena e con l’anemia? Dalle vertebre dorsali parte l’innervazione per lo
stomaco (1° collegamento). L’intestino si può collegare con l’anemia per un problema di male assorbimento
del ferro (2° collegamento). L’intestino si può collegare con lo stomaco perché nello stomaco avviene la ioniz-
zazione del ferro (3° collegamento), perché l’acidità dello stomaco serve a ionizzare il ferro che viene ingerito
con l’alimentazione, altrimenti il ferro non può essere assorbito dal tenue. Il ferro assunto con l’alimentazione
viene degradato/ionizzato dall’acidità dello stomaco e assorbito dagli enterociti del tenue. Quindi quando
trovate un Pz con questi sintomi non dovete limitarvi a trattare soltanto la colonna dorsale e lo stomaco,
ma dovete mettere in relazione stomaco e intestino tenue dato che all’anamnesi il Pz riferisce di soffrire di
anemia. Se vogliamo lavorare sulla globalità dobbiamo mettere anche in relazione dei sistemi. Il sistema linfa-
tico è una delle grandi circolazioni che fanno parte delle quattro circolazioni principali del corpo (sanguigna,
linfatica, dei liquidi interstiziali, del liquido cefalo-rachidiano). Queste quattro circolazioni sono anatomica-
mente comunicanti (in alcuni punti), per cui un batterio che entra nel sistema linfatico può passare poi nel
liquor, ovviamente dopo aver passato determinate barriere. Queste quattro circolazioni mettono in relazione
non solo diverse aree del corpo ma anche funzioni viscerali differenti.
- Acidi grassi a catena lunga (carico adiposo) = soprattutto nell’intestino attraverso la chimolinfa. Gli acidi a
catena corta vengono riassorbiti a livello intestinale e prendono la via della vena porta.
Inoltre la linfa contiene fibrinogeno e in alcune condizioni può coagulare. In alcune condizioni patologiche la
linfa può coagulare oppure aumentare la sua viscosità e quindi diminuire le capacità di circolazione all’interno
del sistema linfatico.
Esiste anche la prelinfa, che è la linfa che non è ancora entrata nei vasi linfatici e quindi si trova nella matrice
extracellulare. Inoltre ci sono alcuni organi come il rene e il sistema nervoso che non hanno vasi linfatici, per
cui tutti i cataboliti che vengono prodotti all’interno di questi tessuti vengono eliminati attraverso il sistema
degli spazi perivascolari di Virchow-Robin.
La prelinfa (slide 5)
costituisce il carico di pertinenza linfatica nel momento in cui si trova ancora nel tessuto e non è ancora nelle
vie linfatiche.
Lo spazio perivascolare di Virchow-Robin rappresenta la più comune vie di trasporto prelinfatica. È molto
rappresentato nel sistema nervoso centrale ed in alcuni organi.
2. cellule di un sup-
porto di vario tipo
come per esempio
gli astrociti, oligo-
dendrociti…e la
MEC
211
3. il capillare arte-
rioso è avvolto da
una membrana che
è costituita da un
tessuto sottopiale
(= sta sotto la pia)
dove circola la linfa
Le sostanze di scarico entrano attraverso le finestre del tessuto sottopiale in una specie di intercapedine, che
si crea tra la parete endoteliale del vaso arterioso e la membrana del tessuto sottopiale circostante. È un po’
come un tubo dentro un tubo. La circolazione della linfa è garantita dalla contrazione ritmica delle arteriole.
Questa però non è la barriera ematoencefalica. La barriera ematoencefalica è costituita da cellule, soprattutto
astrociti, che hanno un prolungamento verso il neurone e un altro verso il vaso sanguigno e che svolgono
una funzione di passaggio, di transito. Al contrario la lamina basale, che sta intorno ai vasi, chiude meccanica-
mente il passaggio di sostanze che possono fuoriuscire dal capillare. In alcuni punti non c’è la barriera emato-
encefalica e lì, attraverso lo spazio perivascolare di Virchow-Robin, la linfa passa dentro il capillare arterioso.
La stessa cosa si verifica nel rene per cui tutti i cataboliti del nefrone vengono portati via con questo sistema.
In caso di disfunzione del sistema linfatico nello spazio perivascolare di Virchow-Robin o nella matrice extra-
cellulare si può avere un linfedema.
Nella parte venosa del capillare succede invece il contrario. C’è la seguente forza che tende a far rientrare il
materiale nella circolazione sanguigna:
la pressione oncotica del sangue, ossia le proteine che richiamano materiale
Tale forza è contrastata dalle seguenti forze che tendono a trattenere queste sostanze nell’interstizio:
1. la pressione del capillare venoso, che impedisce alle sostanze di entrare facilmente
2. la pressione negativa del liquido interstiziale
3. la pressione oncotica del liquido interstiziale
Tra questi due tipi di forze vince tuttavia quella che porta le sostanze all’interno del capillare venoso, sostanze
che poi vengono portate via.
213
Forze pressorie medie lungo tutto il capillare (arterioso e venoso). Equilibrio di Starling. (slide 9)
Forze media verso l’interno: Forze media verso l’esterno:
Pressione oncotica del plasma 28 mm Hg Pressione capillare media 17,3 mm Hg
Pressione interstiziale (negativa) 3
Pressione oncotica liquido interstiziale 8
------------
28,3 mm Hg
Forze media verso l’esterno (28,3 – 28,0) = 0,3 mm Hg
Questo provoca una fuoriuscita netta dal capillare di liquidi con 0,3 mm Hg. I liquidi in eccesso sono eliminati
dal sistema linfatico.
Esistono molte variazioni in base al tessuto (cervello, muscolo, fegato, reni, …).
Quando si fa una media delle varie pressioni venose e arteriose, interne ed esterne (e questo è l’equilibrio
di Starling) vince una forza media di 0,3 mm Hg che tende a portare verso l’esterno le sostanze. Quindi nella
circolazione capillare arteriosa c’è sempre materiale che tende ad uscire dal capillare e a rimanere all’interno
della MEC (è una condizione fisiologica), da cui tuttavia viene rimosso grazie all’aspirazione continua dei cap-
illari linfatici, che quindi mantengono una situazione di equilibrio. I capillari linfatici sono un po’ come le
pompe di sentina delle navi: le navi imbarcano sempre acqua e ci sono navi che hanno le pompe di sentina
(che aspirano gli imbarchi di acqua) sempre attive.
Se però la pressione dell’interstizio, che dovrebbe es- Slide 10
sere di -3 mm Hg, si avvicina, per diversi motivi (pro- Il sistema linfatico mantiene lo stato di pressioni
cessi infiammatori, aumento della pressione capillare, rimuovendo il liquido in eccesso (2-3 litri al dì).
tensione fasciale meccanica che si ripercuote nella Elimina gli elementi proteici in eccesso, i grassi,
matrice extracellulare), a 0 mm Hg, ossia una pres- cataboliti, grosse particelle come i batteri, …
sione uguale a quella atmosferica, il flusso linfatico Se la pressione dell’interstizio si avvicina a 0 mm Hg
incrementa fino a 20 volte, per aspirare ancora di più il flusso linfatico incrementa fino a 20 volte.
e cercare di mantenere un equilibrio.
Inoltre la linfa trasporta gli elementi della diges- Trasporto degli elementi della digestione (Slide 12)
tione, soprattutto quelli che vengono dai pro- Soprattutto la linfa proveniente dall’intestino tenue, e
cessi di assorbimento del tenue (qui si forma la poco dall’intestino crasso, (chilo-linfa) è ricca di macro-
chilolinfa del tenue o istolinfa del tenue). proteine e chilomicroni (goccioline di grasso).
La sua circolazione è lenta 2 lt al giorno, ma se stimolata
può aumentare molto.
214
La linfa ha un ruolo immunitario Ruolo immunitario (Slide 13)
perché trasporta: Trasporto di linfociti.
linfociti Trasporto di antigeni.
antigeni (li trasporta per poi aggredirli I linfociti presenti nel sangue, nella linfa, nel connettivo, negli
sia nei linfonodi sia per gettarli poi nel epiteli. Si aggregano alle plasmacellule in ammassi presenti
flusso sanguigno dove vengono filtrati nel connettivo lasso della tonaca propria del tratto digerente e
dagli organi emuntori: fegato, milza…) respiratorio. E si aggregano tra loro nel timo, nei linfonodi, nelle
tonsille, nella milza (polpa bianca).
Il sistema linfatico (trasportatore di linfa) contribuisce alla for-
mazione del tessuto linfatico (produzione e differenziazione dei
linfociti, insieme al midollo osseo).
Il sistema linfatico inizia con un capillare a fondo
Anatomia del sistema linfatico (Slide 14)
cieco a livello della MEC, dove il capillare aspira
Il sistema inizia a fondo cieco nel tessuto.
vari materiali. Li aspira perché il capillare linfatico
Il linfangione è l’unità funzionale delle vie linfatiche.
è costituito da unità funzionali che si chiamano
linfangioni, dove ci sono delle cellule endoteliali piatte e sovrapposte, come le tegole di un tetto, che for-
mano il diametro del capillare e costituiscono quindi il tubo capillare. I linfangioni si comportano come dei
capillari, almeno fino a un certo calibro, ossia fino alle arteriole e ai metacapillari. Infatti i capillari non hanno fi-
bre muscolari lisce, invece i metacapillari sì, perché a livello del metacapillare è necessaria la contrazione della
muscolatura liscia presente nella parete del vaso. Lo stesso avviene nei vasi linfatici dove a partire da un certo
livello sono presenti fibre muscolari lisce, la cui contrazione determina la forza di aspirazione all’interno del
capillare linfatico, come avviene per un’arteriola o un vaso sanguigno. Lungo il vaso linfatico ci sono diverse
valvole che servono a non far tornare indietro il flusso e tra una valvola e l’altra ci sono i linfangioni, ossia le
unità funzionali del sistema linfatico.
215
I dotti hanno territori di competenza diversi:
il dotto linfatico sin (o toracico) drena tutta la parte sinistra del cor-
po, la parte inferiore dell’addome e gli arti inferiori. Forma la cisterna
chyli o dotto di Pequet, poi va su nel mediastino e si getta nell’ a.
succlavia di sin.
il dotto infatico dx drena una parte della testa a dx ma soprattutto il
torace dx, una parte del fegato e l’arto superiore dx. È molto corto e
si getta direttamente nell’ a. succlavia di dx.
Questo vi dice che una disfunzione di clavicola può interferire con
l’attività di scarico del sistema linfatico a questo livello. Dovete pen-
sare a: mm. scaleni, K1-K2, C7-D1, clavicola, fasce del triangolo sovra
clavicolare…. dovete sempre vedere l’anatomia in chiave osteopatica
e fare le relazioni tra la struttura e le funzioni.
217
Milza, pancreas, stomaco, duodeno, cistifellea, superficie inferiore del fegato drenano attraverso il truncus
coeliacus.
Il tenue e crasso attraverso il truncus intestinalis.
Il mesentere è ricchissimo di linfonodi.
Parte del fegato e la sua superficie convessa drena attraverso i suoi vasi ai linfonodi mediastinici e sopradia-
frammatici e poi al dotto linfatico dx.
Esistono delle zone di deflusso del sistema linfatico, zone che avete già trattato nelle lezioni sul sistema fas-
ciale e che sono le zone dei cavi: es il cavo popliteo dell’arto inferiore. Se un Pz ha le gambe gonfie bisogna
controllare il cavo popliteo e i linfonodi inguinali, che stanno nel triangolo di Scarpa. Se trovate dei linfonodi
dolenti, ingrossati nel triangolo di Scarpa dovete pensare o a un’infezione o a qualcosa di più grave a livello
degli organi del piccolo bacino, dei genitali esterni o dell’arto inferiore, perché i linfonodi inguinali raccolgono
la linfa anche da queste regioni.
Nella cavità addominale i vasi linfatici raggiungono la biforcazione dell’aorta e formano il tronco lombare dx e
il tronco lombare sin che si immettono nella cisterna chyli o di Pequet (che sta a livello di D12-L2), che a volte
può non esserci oppure formarsi sopra o sotto lo iato aortico. In questi tronchi arriva la linfa drenata dal trun-
cus coeliacus (nome latino per distinguerlo dal tronco celiaco arterioso), dove passano vasi linfatici proveni-
enti da: uretere, rene, surrene, milza, pancreas, stomaco, duodeno, cistifellea, superficie inferiore del fegato.
Slide 28
Slide 27
Torace esterno e arti superiori
Tre tronchi (destri e sinistri) raccolgono la linfa dagli or-
Il cavo ascellare e linfonodi sottoclaveari
gani toracici interni.
rappresentano una via di deflusso.
Tronchi bronco-mediastinici: raccolgono dai linfonodi
Nell’arto superiore il gomito rappresenta
ai lati dell’aorta, dell’esofago, dai polmoni e dal parte del
una stazione intermedia delle via linfat-
mediastino. Il sinistro preleva dal lobo superiore del pol-
iche.
mone, mentre il destro preleva dal lobo inferiore del pol-
Testa e collo
mone sinistro, dal cuore e dal polmone destro.
Il truncus jugularis (dx e sin) porta la linfa
Tronchi mediastinici anteriori: il destro sfocia diretta-
della cute, dei muscoli e dei visceri della
mente nell’angolo venoso destro o prima nel broncome-
testa e del collo all’angolo venoso omolat-
diastinico destro. Il sinistro nel dotto toracico.
erale.
Tronchi parasternali: si comportano come i precedenti.
Si anastomizza con le vie di drenaggio del
cervello (cefalea linfatica).
218
Slide 29
Cervello
Il carico linfatico viene probabilmente drenato in al-
cune aree dove i capillari sanguigni possiedono amp-
ie fenestrature (area postrema nel pavimento del 4°
ventricolo, recesso ottico nel pavimento del 3° ven-
tricolo, peduncolo ipofisario, neuroipofisi, epifisi
nel tetto del 3° ventricolo).
Da qui esce in parte nell’LCR, in parte attraverso i
nervi olfattori nella mucosa nasale e rinofaringea
per arrivare ai linfonodi del collo. Addirittura hanno
calcolato che il 40% del carico linfatico del cervello
venga drenato dalla mucosa nasale e del palato.
219
Slide 30 Slide 31
Il tronco encefalico, la fossa cranica posteriore e lo L’occhio drena attraverso la Capsula di
spazio epidurale superiore viene drenato da capillari Tenone la linfa che si produce a livello della
linfatici che si formano a livello del forame magno e congiuntiva dei muscoli orbitari e del gras-
che immettono in linfonodi sottooccipitali. so retrobulbare. Da qui arriva ai linfatici del
Inoltre gli spazi perivascolari di Virchow-Robin lascia- volto e del collo.
no passare le prelinfa attraverso le arterie carotidi L’orecchio interno drena a livello della mu-
e le vene giugulari. Da qui la prelinfa viene captata cosa dell’ orecchio medio.
dai numerosi capillari linfatici del collo.
Slide 33
Tecniche linfatiche
Migliorano le funzione del sistema linfatico in linea generale e quelle del sistema immunitario (medicina
osteopatica).
1. Aprire le vie di deflusso.
2. Lavoro sui diaframmi (soprattutto toraco-addominale e toracico superiore).
3. Stimolazioni vertebrali.
4. Mediastino (lo vedremo il 6° anno) e Pompa toracica (ha una doppia valenza, infatti rientra sia nel cir-
cuito emodinamico che nel trattamento del sistema linfatico, perché c’è l’ingresso dei due dotti).
5. Lavoro sugli organi emuntori.
Slide 34 Slide 35
1. aprire le vie di deflusso 2. lavoro sui diaframmi
Lavoro fasciale e di mobilità su: Pavimento pelvico
- cavo popliteo Soprattutto pilastri.
- regione inguinale C7/D1, k1, k2, clavicole.
- mesentere
- diaframma e pilastri (iato aortico) 3. stimolazioni vertebrali
- mediastino Attraverso il SNV (?).
- stretto toracico superiore (sin e/o dx) Blocco di C7-D1-D2 azione su C6-C7-D1 in later-
- regione sottooccipitale, fori laceri anteriori e oflessione rotazione.
posteriori, forame magno, meningi, etmoide, Inibizione tra C5 e C6 per 90 sec.
fosse nasali, fasce profonde collo Blocco di L1, D12, D11 azione su L2, L1, D12.
- cavo ascellare Inibizione tra L2 e L3 per 90 sec.
- gomito anteriore
Per quanto riguarda le stimolazioni vertebrali bisogna bloccare C7 per lavorare su C6, bloccare di uno per
lavorare sulla C7 e bloccare D2 per lavorare su D1. Poi si deve fare una inibizione sulle trasverse tra C5 e C6 per
90 secondi. A seguire si lavora la parte lombare. Si blocca L1 per lavorare su L2, si blocca D12 per lavorare su
L1…. Da ultimo bisogna inibire le trasverse tra L2 e L3 per 90 sec
220
Slide 36
4. mediastino e pom-
pa toracica
5. organi emuntori
Fegato, milza, reni, pol-
moni, tenue, sistema
fasciale.
Pratica
1.Vediamo una tecnica per allentare i pilastri del diaframma. In questa tecnica si usano i pollici: si posizio-
nano ai lati dell’ombelico del Pz (a livello all’incirca di L3).
221
Se volete potete chiedere al Pz di
piegare leggermente il busto in
avanti per cercare di entrare an-
cora meglio. Quando arrivate sulla
parete posteriore sentite i pilastri.
A questo punto potete sentire se
un pilastro è più duro dell’altro,
mantenere la pressione (su en-
trambi, ma maggiore su quello più
duro) e dopo un po’ sentire che ce-
dono.
Ricordate che i pilastri formano l’orifizio aortico dove passa anche il dotto del sistema linfatico.
2. Tecnica di stimolazione di alcuni gangli superiori dorsali e
inferiori lombari. La stimolazione dei gangli della parte superiore
e inferiore del corpo ha lo scopo di stimolare, attraverso il sistema
ortosimpatico, la vasomotricità del sistema linfatico (abbiamo visto
infatti che il sistema ortosimpatico si occupa della stimolazione del
sistema linfatico). Dopo aver stimolato i gangli superiori dorsali, vale
a dire il ganglio stellato e i primi gangli toracici, si inibiscono i gangli
cervicali tra C5 e C6 per far sì che la stimolazione non raggiunga i
gangli cervicali medio e superiore, ossia i gangli che formano i nervi
cardiaci (si ipotizza infatti che una iperstimolazione di questi gangli
potrebbe causare, in un Pz particolarmente predisposto,una tachi-
cardia o una ipervasostimolazione arteriosa del cranio).
La stessa cosa si fa per i gangli inferiori, in cui dopo aver stimolato alcuni gangli si inibisce il livello tra L2 e L3,
al fine di evitare una iperstimolazione orto sugli organi del piccolo bacino e quindi per proteggerli (questo
è la spiegazione che a Bonetti sembra più credibile, anche se non è sicuro al 100%; fino a qualche anno fa si
insegnava questa tecnica senza alcuna spiegazione).
Blocco C7 per ....reperisce C7
lavorare su C6. e la blocca, in-
Pz sul fianco clina e ruota la
dx, l’Osteopata testa del Pz a
sorregge con sin fino a che
l’avambraccio sente che la
la testa il Pz.... chiusura in chi-
ave è arrivata a
C6 e poi stimo-
la per 20 volte
(con inclinazi-
one e rotazione)
il ganglio dx di C6 (è un po’ quello
che si faceva sulla stimolazione
della catena latero-vertebrale a
livello dorsale: la tecnica di stimo-
lazione delle dorsali non si può ap-
plicare a livello cervicale con il Pz
prono perché la lordosi cervicale la
renderebbe inefficace).
223
pollice e indice
sem 4
Sistema linfatico
un trattamento completo del sistema linfatico in senso osteopatico dura una seduta di trattamento oppure
si può decidere, all’interno di una seduta di trattamento, di applicare in un determinato distretto che si sta
trattando alcune tecniche per il sistema linfatico. Se avete per es un Pz con un problema all’arto inferiore e tro-
vate positiva la zona del piccolo bacino, andrete a lavorare il sistema fasciale di quella zona e questo migliorerà
di per sé la dinamica funzionale del sistema linfatico; poi andrete a lavorare il sistema linfatico relativo all’arto
inferiore partendo con l’apertura di alcune zone verso cui deve defluire la linfa e che per l’arto inferiore sono: il
cavo popliteo, il triangolo di Scarpa, i pilastri del diaframma (per il passaggio dello iato aortico: abbiamo visto
l’altra lezione che la cisterna di Pecquet passa di lì), la parte mediastinica (dove i dotti linfatici s’immettono
sulle arterie succlavie; avevamo visto la distinzione tra lato dx e sin: il lato destro comprende tronco dx e arto
superiore dx, mentre il lato sin comprende tutti e due gli arti inferiori, tronco sin e arto superiore sin).
Un trattamento linfatico completo prevede il trattamento di una serie di zone, previa verifica che a quei livelli
non ci siano delle disfunzioni.
Ora farete una pratica cominciando con i test sulle zone del sistema linfatico; se trovate delle disfunzioni
le trattate e poi applicate le tecniche linfatiche in modo generale, sapendo che (come dicevamo poco fa)
224
potete anche adattarle ad un settore. Se ho un Pz con un problema all’arto superiore dx, tratterò le zone di
deflusso dell’arto superiore dx e il mediastino; poi dovrete controllare che questo problema all’arto superiore
non dipenda da visceri della zona toracica (principalmente cuore e polmoni, nelle donne anche la ghiandola
mammaria - tenete presente questo anche nei casi di cervicalgia).
Pratica
Lavoro fasciale sulle vie di deflusso
Slide 34 Slide 35
1. aprire le vie di deflusso 2. lavoro sui diaframmi
Lavoro fasciale e di mobilità su: Pavimento pelvico
- cavo popliteo* Soprattutto pilastri *
- regione inguinale C7/D1, k1, k2, clavicole *
- mesentere *
- diaframma e pilastri (iato aortico) 3. stimolazioni vertebrali *
- mediastino * Attraverso il SNV (?).
- stretto toracico superiore (sin e/o dx) Blocco di C7-D1-D2 azione su C6-C7-D1 in later-
- regione sottoccipitale, fori laceri anteriori e pos- oflessione rotazione.
teriori*, forame magno, meningi, etmoide, fosse Inibizione tra C5 e C6 per 90 sec.
nasali, fasce profonde collo * Blocco di L1, D12, D11 azione su L2, L1, D12.
- cavo ascellare Inibizione tra L2 e L3 per 90 sec.
- gomito anteriore *
*Cavo popliteo: ha la forma di una losanga, per cui testate tutti i lati. Cer-
cate di lavorare la barriera tissutale. Entrate nei tessuti, sentite e lavorate
le restrizioni di mobilità: aspettate che i tessuti si rilascino, guadagnate,
aspettate di nuovo e così via….lavorate con criterio
*Mesentere: ricordate che questa è una zona reflessogena molto importante, ricca di meccanorecettori, che
influiscono sulla tonicità del sistema nervoso ortosimpatico, sistema che regola la vaso motricità non solo del
circolo sanguigno ma anche di quello linfatico
*Mediastino: una zona non solo ricca di linfonodi ma in cui passano anche i dotti, soprattutto il dotto toracico
sin
*Regione sottoccipitale…: questa regione è importante soprattutto se pensate al sistema linfatico della
testa. Vi ricordate che vi ho parlato delle cefalee linfatiche? Nel cervello non ci sono vasi linfatici, però anche il
tessuto nervoso, come qualsiasi altro tessuto, produce linfa, la quale viene drenata negli spazi perivascolare
di Virchow-Robin, che sono quegli spazi perivascolari in cui s’immette la linfa.
225
Quindi intorno al tubo vascolare c’è una mem-
brana che crea uno spazio, all’interno del quale
si immette la perilinfa, che viene poi drenata
in parte nel torrente sanguigno e in parte ver-
so la mucosa nasale (ecco perché tra le zone
da trattare trovate l’etmoide, le fosse nasali e
nelle fasce profonde del collo).
Ricordate che circa il 40% della linfa prodotta
dal tessuto nervoso cerebrale viene drenata a
livello delle fosse nasali: da qui derivano pos-
sibili cause di mal di testa.
foro
lacero
ANT foro
lacero POST
o giugulare
foro ottico
foro ovale
*Gomito anteriore: questa zona forma un cavo come quello popliteo e va trattata allo stesso modo
226
*Soprattutto pilastri: perché i pilastri formano lo iato aortico e cisterna chyli
subito sotto (a volte anche sopra) di esso si forma la cisterna di
Pecquet o cisterna chyli; se i pilastri del diaframma sono tesi pos-
sono ridurre il passaggio della linfa a monte della cisterna chyli (la
cisterna è una sorta di dilatazione del dotto linfatico
*C7/D1, k1, k2, clavicole: oltre a questo anche le fasce del trian-
golo sovraclavicolare
*3. stimolazioni vertebrali: danno un impulso, una facilitazione
al sistema nervoso ortosimpatico e quindi stimolano la tonicità,
la capacità di pompa dei linfangioni (unità funzionale del sistema
linfatico). Stimolando i gangli della catena Lattea lo vertebrale di
un certo tratto della colonna vertebrale cerchiamo di stimolare la
vasomotricità linfatica. È una tecnica generale, come la tecnica di
stimolazione del sacro per prima cosa si stimola un tratto cervico-
dorsale e poi in un secondo momento un tratto dorso-lombare.
Per la stimolazione
del tratto cervico-
dorsale
il Pz è sul fianco
e l’Osteopata con la
mano caudale: blocca C7
mano craniale: sostiene
la testa del Pz metten-
do i parametri di....
227
inclinazione e....
fino a che sente di es-
sere arrivato, come
in una sorta di chiu-
sura in chiave, a C6.
L’obiettivo infatti è
quello di inclinare e
ruotare C6 affinché la
trasversa di C6 posizio-
nata verso il lettino sti-
rotazione moli il ganglio della
catena latero-vertebrale che le sta davanti.
Poi l’Osteopata si sposta di un livello sotto, blocca D1 e inclina e ruota la colonna del cervicale del Pz fino a
quando sente di essere arrivato su C7.
Poi va a un livello ancora sotto, blocca D2 e si stimola D1.
Bonetti consiglia tra 10 e 20 ripetizioni su ciascun ganglio. Considerando che ogni vertebra ha due gangli
(uno a dx e uno a sin) bisogna fare tra le 20 e le 40 ripetizioni su ciascuna vertebra.
inibizione tra C5 e C6
Si termina la stimolazione sul tratto cervico-dorsale (sia a dx
che a sin) con un’inibizione tra C5 e C6.
228
zione migliore).
2. pisiforme
229
L’Osteopata lavora
con le spalle, per non
faticare; ha le gambe
appoggiate al lettino.
Poi sale di un livello:
l’Osteopata blocca
D12 e ruota le verte-
bre fino a L1.
Sale ancora di un livel-
lo: blocca D12 e lavora
su D 11.
Si applica la tecnica ai
gangli di dx e di sin.
inibizione tra L2 e L3
La stimolazione vertebrale dovrebbe rilanciare in senso generale l’attività di pompa del sistema linfatico.
Bonetti non ha trovato la spiegazione del perché la stimolazione vertebrale si concentri su queste due zone.
Sono tecniche che si basano sull’esperienza personale degli osteopati, quindi tecniche su base empirica.
Domanda: se per un problema di edema gli AAII si può lavorare soltanto sulla cerniera dorso-lombare
Risposta: Bonetti dice di sì, in linea teorica, ma consiglia comunque di lavorare entrambe le cerniere, perché il
230
sistema linfatico è unico e porta in circolo molte sostanze.
Dopo bisogna concludere con altri due step Slide 36
4. mediastino e pompa toracica
5. organi emuntori
Fegato, milza, reni, polmoni, tenue,
sistema fasciale*
*Prima di arrivare a questo punto avrete già fatto tutti i vostri test sui visceri e quindi saprete già quali sono i
visceri in disfunzione. Questo significa che anche questo protocollo, come tutti gli altri che vi sono stati dati, in
sostanza vi indica delle zone da trattare nel caso in cui risultino in disfunzione. Infatti se rimangono in disfun-
zione interferiscono sulla dinamica di un sistema, in questo caso quello linfatico. Se invece queste zone non
sono in disfunzione non le trattate.
sem 5
Oltre a testare verso l’alto e verso alto–dx ed alto–sin, si possono testare anche le
rotazioni e gli altri movimenti sui vari piani dello spazio.
231
Colon ascendente–
colon discendente–sigma
Mano caudale: appoggio e punto fisso sul
sacro;
mano craniale: ingloba il colon ascendente, il
colon discendente o il sigma, testa ed even-
tualmente esegue la tecnica.
In questa tecnica, oltre che alla presa, cam-
biano le direzioni di esecuzione del test e
dell’eventuale tecnica: per il colon ascen-
dente si testa (ed eventualmente si tratta)
trazionando verso la spalla dx, per il colon di-
scendente e per il sigma verso la spalla sin.
Reni
Mano caudale: appoggio e punto fisso sul sacro;
mano craniale: ingloba rene, testa ed eventualmente
esegue la tecnica.
In questa tecnica, oltre che alla presa, cambiano le
direzioni di esecuzione del test e dell’eventuale tec-
nica: per il rene (sia dx che sin) si testa (ed eventual-
mente si tratta) trazionando in direzione alto–den-
tro (il binario del rene è lo psoas).
Piccolo bacino
Mano caudale: appoggio e punto fisso sul sacro;
mano craniale: si colloca a livello dell’ipogastrio per inglobare gli organi del piccolo bacino; il bordo radiale del
I dito al di sopra della sinfisi e poi appoggio a piatto il resto della mano.
È una tecnica generale e non specifica che non sfrutta la trazione (è difficoltosa) ma sfrutta la compressione.
232
Dopo aver preso contatto, la compressione avviene nella
direzione dietro–basso (verso il coccige) fino ad avvertire
risposta a livello del sacro, non si deve comprimere ulterior-
mente perché si sta approcciando una zona molto delicata.
Una volta raggiunto il livello, si può lavorare sia sulla respi-
razione che sulla cinetica spontanea. Se si lavora con gli
atti respiratori, si ascolta il movimento fasciale in Insp e si
può lavorare con tecnica diretta o in aggravamento, poi si
individua un altro movimento, lo si corregge fino a riarmo-
nizzare. Se si lavora con la cinetica spontanea, non si fa rifer-
imento agli atti respiratori, ma si entra in ascolto fasciale,
si individuano gli “still points” e si eliminano in maniera da
riarmonizzare.
Test delle rotazioni e degli altri movimenti sui vari piani dello spazio anche per i seguenti organi:
cieco e
colon ascendente colon discendente sigma rene
A livello lombare si possono approcciare anche organi specifici come il duodeno ed il pancreas.
Duodeno
Mano caudale: ingloba il duodeno, testa ed eventualmente esegue la tecnica;
mano craniale: appoggio e punto fisso sulla colonna lombare.
Una volta reperito e posti a livello del duodeno, si fa punto
fisso post e ci si interessa della mano che contatta il viscere: a
questo livello non si può trazionare perché il duodeno è in
parte attaccato alla parete post, quindi si testano in maniera
meccanica i movimenti che compie il viscere durante la respi-
razione ed i vari movimenti sui diversi piani dello spazio; se vi
è un ingaggio immediato della colonna lombare, si sospetta
una responsabilità viscerale. Il lavoro può essere effettuato in
tecnica diretta fino a eliminare le tensioni fasciali.
Pancreas
Mano caudale: ingloba il pancreas, testa ed eventualmente
esegue la tecnica;
mano craniale: appoggio e punto fisso sulla colonna lom-
bare.
233
Anno 6 sem 2 (non ci sono state lezioni al sem 1)
punto sterno 1 punto sullo sterno > la pressione viene fatta in senso ant-post.
234
La pressione
viene fatta in 2 punti inf
senso lat-later-
ale, perché bi-
sogna testare
l’andamento
delle coste che
si muovono a
manico di sec-
chio.
2 punti sup
Con il test di pressione su questi 5 punti potete individuare un settore al di sotto del quale potrebbe esserci
un problema. Poi vi farò vedere altri test e tecniche per discriminare se si tratta di un problema a carico del
polmone, del cuore, del pericardio….(lo vedremo in ambito viscerale).
Trattamento dei punti superiori
Osteopata alla testa il Pz con le mani che cercano di contattare più superficie pos-
sibile. Adesso arriva la cosa difficile perché con la palpazione dovete superare tutti
i tessuti che incontrate a partire dalla superficie, ossia lo strato muscolare, il duro
delle coste (via via che andate verso la profondità potete usare il peso del vostro
corpo), sentirete che continuando a spingere a un certo punto il duro delle coste
cede.
236
Egli è ben appoggiato sui gomiti perché deve
fare una specie di leva in avanti con i gomiti,
senza tuttavia avere l’intenzione di voler solleva-
re il torace del Pz. Qui la palpazione è più difficile
perché c’è l’interposizione della scapola, quindi
la pressione delle mani dell’Osteopata deve su-
perare due piani ossei. Durante la pratica diver-
titevi a sentire la stratificazione dei tessuti.
Partendo dal piano superficiale per andare verso quello profondo sentirete il morbido muscolare (m. sot-
tospinoso), il duro osseo della scapola, poi di nuovo un tessuto morbido, a seguire il duro osseo delle coste.
Se sentite che da una parte entrate e dall’altra no, sulla zona morbida vi fermate mentre su quella più dura
continuate a dare una certa pressione finché non sentite che siete entrati nel torace.
Una volta entrati nel torace dovete riequilibrare la
pressione tra le due mani e a quel punto fate partire
la tecnica sulla cinetica spontanea. La pressione che
fate sulle mani è relativamente leggera, se sentite
che faticate vuol dire che state alzando il Pz e quindi
siete andati oltre, perché per superare il piano delle
coste non serve una grossa pressione. La tecnica
non è faticosa, l’errore comune è quello di premere
parecchio, quasi per alzare il torace del Pz, ma se fate
così non sentite niente e faticate inutilmente.
non sollevare il Pz
Motore: la cinetica spontanea e la mobilità (=il diaframma_la cinetica respiratoria)
Se qualcuno non sente la cinetica spontanea vuol dire che è una pippa. In tal caso allora cambiate il motore e
lavorate sulla respirazione. Anche in questo caso sentirete che ad ogni espirazione le mani, se c’è una disfun-
zione di mobilità, vengono portate verso una certa zona. Ora però nella pratica cercate di concentrarvi sulla
cinetica spontanea.
Emozioni
Ricordate che quando la fascia endotoracica a livello dello sterno va in spasmo (perché c’è un muscolo pos-
teriormente allo sterno che può andare in spasmo), dà al Pz un senso di oppressione, non solo in senso fisico
ma anche emotivo: si scatena una situazione pseudo-ansiosa, il Pz prova un malessere emotivo. Molto spesso
liberando questa zona librerate non solo le coste, ma date al Pz la sensazione di sentirsi meglio, di essere più
sollevato. Sono tecniche adatte a Pz che soffrono di crisi di panico e di ansia. Questo misto di malessere fisico
ed emotivo è anche quello che provano per es i Pz che stanno per avere un infarto: hanno come la sensazione
di morte imminente. Queste situazioni emotive vengono scatenate dai tessuti che stanno in quest’area dello
sterno.
La cinetica spontanea
È un ritmo che si sente mettendo le mani e che non equivale
né a quello respiratorio né a quello craniale. Se ci sono delle
restrizioni di mobilità della cinetica spontanea le mani par-
tono in una certa direzione. Le restrizioni di mobilità ci sono
quasi sempre, quindi se metto una mano sul polmone dx e ho
una restrizione di mobilità per es sul fianco dx, si creano dei
vettori di forza sul sistema fasciale che fanno sì che la mano
venga attratta verso il fianco dx. Con le mani si sente non solo
la direzione ma anche la distanza dal punto in disfunzione.
237
Se metto una mano sul polmone dx e ho una restrizione di mobilità per es all’anca
dx sentirò una trazione lunga diretta verso l’anca dx: sento un movimento che
parte e continua, continua….dura per un po’. Quando la restrizione è vicina il movi-
mento parte e finisce subito dopo.
Se non ci sono restrizioni di mobilità e la fascia è libera (cosa rara perché è quasi impossibile che nel corpo
non ci siano restrizioni) si sente un movimento armonico in tutte le direzioni, per cui parte in una direzione
e poi c’è un movimento uguale e contrario di ritorno, ossia la fascia non vi porta da nessuna parte in modo
specifico, non si ferma mai.
1° still
point
238
O un rammollimento e in
questo caso fermo la tecni-
ca oppure la mano riparte
verso un 3° still point. Anche
qui stessa cosa: o un ram-
3° still mollimento o riparte verso
point un 4° still point. Non si sta
un’ora a fare questa tecnica
perché dopo 4-5 still point
si ferma la tecnica.
Infatti ogni volta che la fascia si ferma e poi riparte con un movimento, significa che c’è un passaggio di en-
ergia da potenziale a cinetica, per cui attraverso il movimento si libera energia, la fascia ad ogni still point
libera energia e quindi si libera dalle tensioni. Ecco perché bastano 4-5 still point.
Quando fate delle tecniche sulla
cinetica spontanea con due mani
in appoggio come in questo caso
della fascia endotoracica, potreste
sentire che una mano va da una
parte e l’altra in un’altra direzione
e che si comportano in modo in-
dipendente, per cui magari una
mano arriva subito allo still point
mentre l’altra invece continua.
Può darsi che quando la seconda mano si è fermata riparta la prima mano. Oppure potreste sentire che le due
mani viaggiano all’unisono, ……. dipende…….. potrete sentire di tutto perché ovviamente avete due punti
d’appoggio. Se ho due tensioni una in alto e l’altra in basso e metto due mani sul polmoni sentirò forse che
una mano viene trazionata verso l’alto e l’altra verso il basso o un mix tra le due.
239
La tecnica dei tre cilindri serve per testare e trat- Slide 2
tare tutte le aderenze o accollamenti che pos- Scopo della tecnica
sono esserci sul sistema fasciale a livello medi- Testare i due emitorace in rapporto al corpo e al sistema
astinico ma anche sulla parte periferica, quindi cardio -pericardico
sulle pleure dell’emitorace che state trattando. Testare le aderenze pleuriche, soprattutto quelle medias-
Sono tecniche adatte in quei casi in cui volete tiniche, e le fissazioni legamentose.
migliorare la meccanica respiratoria, la funzi- Correggere la conseguente restrizione di mobilità.
one polmonare, esiti di pleuriti o di interventi
chirurgici al torace…. ci sono moltissime indi- Principi della tecnica
cazioni. Si considerano i due emitorace come 2 cilindri che si mo-
bilizzano su 3 piani in rapporto ad un cilindro più piccolo
rappresentato dal cuore e dal pericardio.
osta
IX c
recesso
polmonare
241
Sterno > appoggiato sul moncone della spalla del Pz
per dare una pressione lat-laterale.....
Compressione convergente +
Compressione lat-laterale
> l’Osteopata deve avere la sensazione
di avere un blocco tra le mani ossia
l’emitorace del Pz
1 convergente
+ lat-laterale
1. Test di compressione e di rilascio (una specie di rebound, come quello che si fa sullo sterno) > per sentire
in quale fase c’è una resistenza maggiore. Nella normalità si deve avere la stessa sensazione di elasticità sia
nella fase di compressione che in quella di rilascio. Dopo aver fatto le tecniche correttive sui tre assi e i tre
piani si ripeterà questo test e si dovrà sentire che l’elasticità del polmone è di nuovo nella norma che non c’è
nessuna restrizione in nessuna delle due fasi.
2. Test respiratorio > si deve sentire
che l’emitorace si espande (in INsp) e si
rilascia (in Esp) uniformemente
2 INsp Esp
242
Molto spesso invece si sente una zona
che è ferma (dove c’è la X nell’immagine
accanto) e una che si espande. Dopo
aver trattato l’emitorace si ripeterà an-
che questo test e si dovrà sentire che il
polmone si è normalizzato
243
decompressione sul piano frontale > la decompressione
si fa come per staccare il cilindro esterno da quello centrale
che fa punto fisso
4
asse ant-post > movimenti d’inclinazione
5
Nel test movimenti d’inclinazione è sbagliato muovere la scapola.
244
asse lat-lat > movimenti di flesso-estensione
6
Troverò delle disfunzioni su determinati piani e assi. Nella correzione posso procedere in due modi:
1. correggendo parametro per parametro con una tecnica di aggravamento (aggravando la disfunzione)
o diretta (verso il movimento opposto). Inoltre la tecnica può essere o meccanica (pur tenendo conto delle
barriere tissutali) oppure sulla mobilità seguendo il ritmo della respirazione. Però siccome il test è meccanico
vi consiglio di fare la correzione con una tecnica meccanica
2. oppure impilando i parametri tra di loro, per es inclinazione e scivolamento in alto (questi erano i param-
etri che trovato in disfunzione nel vostro collega) > aggravo l’inclinazione, poi aggiungo lo scivolamento e
aspetto. Poi sentirò che si ferma tutto e quando partirà un movimento di liberazione lo asseconderò verso i
parametri della normalizzazione.
Altra presa
È una presa con gli avambracci, uno davanti e l’altro dietro all’emitorace del Pz e in più l’appoggio del torace
dell’Osteopata sulla spalla del Pz per la spinta lat-laterale.
245
Test respiratorio Slide 11
Se facendo il test respiratorio vi siete accorti che una zona Test sulla respirazione
dell’emitorace del Pz non si espande uniformemente, dovete pen- Uno scivolamento in basso caratter-
sare a due cose: izza un’ipertonia o disfunzione del
1. problematiche locali a carico dell’organo, ossia il polmone: leg diaframma toraco-addominale.
polmonari, pleura……. Uno scivolamento verso l’alto car-
2. se è l’apice del polmone che non si espande >pensate a prob- atterizza un’ipertonia o disfunzione
lematiche che fanno riferimento all’orifizio toracico superiore del diaframma toracico superiore
(OTS): clavicola, K1, K2, le fasce del collo, i mm. scaleni…. perché se (fasce, k1, k2, …).
ci sono restrizioni su queste strutture anche l’apice del polmone può Una mancanza di mobilità indica
avere problemi di espansione costrizione dei due diaframmi.
2a. se è la parte inf del polmone che non si espande > pensate a problematiche del diaframma toraco
addominale (TA), inserzione del diaframma, le ultime coste ed eventualmente tutto ciò che può dare una
restrizione al diaframma scendendo verso il basso (se si tratta per es dell’emitorace sin: stomaco, milza, colon
discendente, ovaio…. nella clinica dovete mettere insieme i pezzi)
2b. nel caso in cui sia l’apice sia la parte inf del polmone non si espandano > pensate a problematiche a
carico sia dell’OTS che del diaframma TA.
K9
246
Mano craniale, è sull’apice
polmonare opposto.
1. La pressione tra
due mani deve
arrivare esatta-
mente al centro
del torace.
A quel punto iniziate ad indurre un movimento a lemnisca. Sentirete magari che in un mezzo giro il movi-
mento può avere una certa difficoltà e andare meglio nell’altro, però voi continuate ad indurre il movimento
fino a quando sentirete che il tessuto è libero. Lo fate sia in un senso che in quello opposto.
2. Poi cambiate, passate dall’altro lato del Pz, fate la stessa presa, vi
mettete nell’altra diagonale e inducete lo stesso movimento.
247
Quarto tempo della Slide 14
tecnica Quarto tempo
Infine vi potete sedere di Seduti a capo del Pz.
fianco o alla testa del Pz. Mano post a livello dorsale alto, mano ant sullo sterno.
La mano post è con Riequilibrio delle tensioni a livello del mediastino.
l’incavo a livello di D1 D2.
La mano ant è sullo ster- La tecnica regolarizza il tracciato ECG
no. Indicata in caso di aritmie, insufficienza cardiaca, ip-
Compressione verso il ertensione arteriosa, sequele di affezioni polmonari,
centro e induzione di mo- pleuriche e del pericardio, sistema immunitario.
vimenti a otto.
Motore
Questa tecnica si può fare sia in modo
meccanico oppure seguendo il
ritmo respiratorio. In questo secon-
do caso chiedete al Pz di fare un re-
spiro profondo e nella fase INsp fate
un mezzo giro mentre nella fase Esp
un altro mezzo giro, tipo una mano-
vella, seguite il movimento del dia-
framma. E poi cambiate direzione.
In questo caso non usiamo la cinetica spontanea perché non vogliamo andare in altre zone, ma vogliamo
indurre un movimento a livello del tessuto del polmone.
248
sem 3
Mediastino
In questa lezione faremo degli accenni alla zona anatomica della mediastino, mentre per andare nello speci-
fico dovete andare a vedere sui libri di anatomia. Poi faremo dei test pratici sulle pareti e le varie aree del
mediastino.
Il mediastino è la regione interposta tra le pleure mediastiniche, lo sterno e la colonna dorsale. Delimitato in
alto dallo stretto toracico superiore ed in basso dal diaframma. È una sorta di cavità con una struttura a paral-
lelepipedo. Viene suddiviso in vari modi ma la suddivisione più frequente è la seguente:
mediastino superiore
mediastino inferiore anteriore
mediastino inferiore medio
mediastino inferiore posteriore
Faremo dei test sulle varie porzioni del mediastino.
Il mediastino sup è delimitato post tra D1 e D4 e ant dal manubrio dello sterno, fino a congiunzione tra
manubrio e corpo dello sterno (angolo di Louis). C’è una linea immaginaria che collega D4 all’angolo di Louis,
la quale divide il mediastino superiore da quell’inferiore.
Nei testi di fisiologia si dice che di solito il timo si atrofizza. Sembra che non sia vero del tutto e che durante
1
249
tutta la vita abbia una certa attività, tanto è vero che nell’anziano sono frequenti i tumori del timo. Spesso il
timo viene asportato in alcune patologie come per es la miastenia gravis, che è una malattia autoimmune
in cui si pensa che ci sia un collegamento con una certa attività del timo. Quindi ricordate che ogni volta che
vi trovate in presenza di patologie che vi portano a pensare all’attività immunitaria potete lavorare la parte
superiore del mediastino e del timo.
2
Pensate al drenaggio della parte sup del corpo. In presenza per es di brachialgie di tipo venoso*
3
Sono le grosse arterie che vanno alla testa e agli arti superiori, perciò dovete pensare alle brachialgie, alle
cefalee di tipo vascolare….. e quindi al drenaggio del cranio, all’apporto di sangue al cranio.
4
Dato il passaggio di questi nervi la zona del mediastino sup può essere messa in collegamento anche con
strutture a distanza, pensate per es ai problemi digestivi
5
Pensate al ristagno linfatico che avviene nella parte inferiore del corpo. Vi avevo ricordato che esistono due
territori di drenaggio linfatico:
1. braccio sin, testa sin, emitorace sin, parte inf del corpo dal diaframma in giù vengono drenati nella succlavia sin
2. braccio dx, emitorace dx con una parte del fegato e una parte della testa vengono drenati nella succlavia dx
Se trovate dei problemi relativi al drenaggio linfatico (possono essere 2000, peccato che il sistema linfatico
venga preso poco in considerazione, anche se è una delle grandi circolazioni del corpo e può portare a diversi
disturbi funzionali soprattutto per quanto riguarda la salute del connettivo (ossia della fascia) e di tutti quei
processi che abbiamo visto quando abbiamo trattato la matrice extracellulare (MEC). Da qui possono nascere
tutte le patologie (e sono tantissime) collegate ad un cattivo drenaggio della linfa.
Il mediastino inf-ant è uno spazio estremamente piccolo compreso tra lo sterno ed il pericardio.
Contiene:
timo (la parte inf )
vasi toracici interni
legamenti sternopericardici
linfonodi
Quando faremo un test sulla porzione inf-ant del mediastino pensate a queste strutture, perché potrebbe es-
serci per es una disfunzione dei legamenti sterno pericardici.
Il mediastino inf-medio contiene:
pericardio, cuore e aorta ascendente
metà inferiore della cava superiore1
arco della vena azygos2
biforcazione tracheale, bronchi principali,
arterie e vene polmonari3
nervi frenici4
plesso cardiaco
linfonodi tracheobronchiali
1
Arriva tutta la circolazione di ritorno del corpo
2
Il sistema azygos e emiazygos è in continuazione con le vene lombari (che drenano i dischi e tutta la zona
dove spesso ci sono problemi di ernie e protrusioni). Se c’è un problema mediastinico di drenaggio venoso a
livello del sistema azygos e di conseguenza un ristagno a monte, ci possono essere delle lombalgie vascolari
a valle. Sono i casi in cui per es il Pz riferisce che non riesce a stare sdraiato perché sente aumentare la pe-
250
santezza sulla schiena, mentre se si alza va via subito. Quindi se alla clinica vi capita un Pz con lombalgia, che vi
riferisce questo sintomo e ai test risulta positivo il mediastino inf-medio potete fare il collegamento pensando
appunto ad un ristagno vascolare in questa zona.
3
Pensate a tutto ciò che ha a che fare con il polmone, alla fisiologia polmonare
4
Pensate a tutto ciò che ha a che fare con il n. frenico sa da un punto d vista motorio che sensitivo
Il mediastino inf-post è delimitato:
post > dalla colonna vertebrale da D4 a D12 ed
ant > dai bronchi, dal pericardio, dalla parte posteriore del diaframma.
Contiene:
aorta discendente
vene azygos ed emiazygos
catena del simpatico, nervi splancnici, nn. vaghi1
esofago, dotto toracico, linfonodi mediastinici
1
Contiene gran parte della componente neurovegetativa che va sia al torace che all’addome. Quando avete
problemi viscerali che riguardano l’addome (colon, tenue e via dicendo pensate certamente alle vertebre e
ai plessi, ma non dimenticate che anche una disfunzione del mediastino può essere la causa di un problema
neurovegetativo). Dovete fare delle relazioni tra la fisiologia dell’addome e quella del torace.
Test delle pareti - recoil
Test delle zone (su cinetica spontanea) – discriminazione delle diverse consistenze.
1° modalità
I margini sup sono le cartilagini costali di K1 dx e K1 sin (K1 si reperisce subito sotto la clavicola).
Il margine inf sin è l’itto della punta del cuore (repere sul 5° spazio itercostale sin). L’itto della punta dà l’idea
di dove si trova il cuore. Quindi K1 e itto di punta a sin danno l’idea dell’inclinazione della parete lat sin del me-
diastino. A livello di K6, vale a dire immediatamente sotto l’itto di punta, si può in teoria far finire il pericardio,
ossia la parete lat sin del mediastino.
itto di punta
K6
K1
K1
251
La parete lat dx del mediastino va da K1
sino a dove finisce il centro frenico.
Repere del centro frenico > a partire dall’apofisi xifoidea dello sterno o dall’arco sottocostale con lo sfiora-
mento superficiale di indice e medio si scivola in alto sino a sentire che le dita sbattono contro un promonto-
rio che si trova sullo sterno: quello è il punto di trazione che corrisponde alla proiezione del centro frenico.
centro
xifoide frenico
2° modalità
Se volete sentire la diversa consistenza che c’è tra l’addome, il diaframma e to-
race potete fare un movimento simile a quello di un gattino. Partite dall’addome
per es a sin e sentite che a quel livello l’elasticità del tessuto è uguale tra la mano
caudale e quella craniale. Mano a mano che salite verso il torace sentirete a un
certo punto una resistenza: il tessuto è più duro. Continuando a salire sentirete
che il tessuto diventa di nuovo più morbido. Il livello in cui ho sentito più duro
corrisponde alla proiezione della cupola diaframmatica, perché li c’è più tes-
suto, c’è più consistenza.
resistenza
252
La stessa cosa la po-
tete fare a dx, così da
individuare anche a
dx la proiezione del
centro frenico.
Mano caudale, posizionarla su K6 e K6 trovando un posizionamento che possa prendere bene i due punti.
K6
K1
Le mani saranno
sfalsate tra di loro e mani sfalsate errore_mani parallele
non perfettamente
parallele, perché la
mano caudale sarà
leggermente più a
sin di quella crani-
ale.
A questo punto cominciate a dare una pressione lenta e progressiva verso dietro, arrivate al duro dell’osso, lo
253
superate e quando
avete la percezi-
one che la mano
sprofonda e il duro
dell’osso cambia,
fate un test di
trazione, di sem-
plice allungamen-
to. Questo serve
per sentire se c’è
elasticità in quel
punto, ossia se
quella zona si allunga e non quanto si allunga, se c’è un mattone dietro oppure se c’è elasticità
Test della parete post
Lascio le mani allo stesso posto e aumento soltanto la pressione. Dopo essere entrato dietro lo sterno, contin-
uo a comprimere, sento che la consistenza dei tessuti è grosso modo sempre la stessa, fino a quando sentirò
che le mie mani sbattono su un muro, tutto diventa più duro, più consistente: vuol dire che ho compresso tutti
i tessuti e sono arrivato sulla parete post.
A quel punto faccio il test di allungamento. Su Mirko la parete post è dura. Qualcuno potrebbe obiettare che è
ovvio che è meno elastico dato che ho compresso tutti i tessuti. Bonetti dice che non è vero perché se si prova
il test su più persone si sente che per alcuni è più rigido davanti e più elastico dietro e viceversa per altri.
Test delle pareti lat
1° modalità > lascio le mani allo stesso modo, comincio a
comprimere fino a quando sento di essere arrivato più o
meno a metà del torace. Quindi devo sentire che supero il
piano osseo, entro in profondità, sento che il tessuto è più o
meno elastico, ha la stessa consistenza, mi fermo più o meno
a metà del torace e faccio un test di allungamento della pa-
rete sin > a sin le mani sono attive con i pisiformi. Quando
farò il test a dx sono più attivo con le metacarpo-falangee.
2° modalità > usare i pisiformi per testare la parete dx
metacarpo-
pisiformi attivi falangee attive pisiformi attivi
Domanda > come faccio a sentire bene che sono arrivato a metà del mediastino?
Risposta > perché prima ho già testato la parete ant e post e quindi ho già sentito di quanta ampiezza si tratta
e così dovrei saper fermarmi tra questi due.
Trattamento
Recoil > devo impilare tutti i parametri: allungamento, torsione dx-sin, inclinazione dx-sin, Insp-Esp. Si può
fare anche 2-3 volte se la tecnica non passa la prima volta, con l’accortezza che ogni volta l’intensità sia minore
della precedente (per non stressare troppo il tessuto). L’importante è fare i recoil al giusto livello anatomico.
Tecnica di allungamento meccanico diretto
Tecnica di aggravamento > è difficile farla perché è difficile mantenere la compressione e aggravare
254
Tecnica sulla cinetica spontanea > entrate, mettete leggermente in allungamento, quindi un legegro stress
dei tessuti e aspettate e partire con la cinetica, still point, vari still point…
Test specifici sulle aree del pericardio_
2° parte del test
Ora faremo dei test sul contenuto di ciò che è
delimitato dalle pareti che abbiamo visto.
Il mediastino sup è compreso:
anteriormente > tra la faccia post del manu-
brio sternale
posteriormente > tra D1 e D4
Dobbiamo im-
maginare una
linea virtuale che
divide il medias-
tino sup da quello
inf
La mano sul manubrio dello sterno esercita una pressione, supera lo sterno, entra
perpendicolarmente diretta verso dietro, con l’obiettivo di raggiungere la porzione
mediale e centrale del mediastino sup, su cui fare il test di elasticità (è come un
piccolo rimbalzo per testare una molla).
Il test è positivo quando sentite un “mattone”, sembra di toccare un pezzo di legno,
non si muove niente. Se si sente qualcosa di elastico il test è negativo.
255
Qui dovete dividere 3 zone in base alla pressione:
anteriore, media e posteriore
Parte ant > comprimete con la mano ant, sentite il
duro dello sterno, appena sentite che diventa meno
duro e percepite che la mano è entrata nello sterno
fate il test di elasticità.
Parte media> comprimete ancora, quando sentite Parte post> comprimete ancora più in profondità,
di essere arrivati al centro dello sterno fate il test di quando sentite che la mano sbatte contro un muro e
elasticità. che la spinta è arrivata in modo energico anche sulla
mano post fate il test di elasticità.
Se a uno di questi livelli percepite un “mattone” il test è positivo.
Vi accorgerete facendo il test su più persone che non è un’ovvietà sentire più duro nella parte post (durezza
che sarebbe causata dalla pressione della mano ant sui tessuti). Su alcuni soggetti sentirete per es duro nella
parte ant e molto morbido in quella post.
Trattamento
Tecnica sulla cinetica spontanea > trattamento globale su un’area. Le mani rimangono nella stessa posiz-
ione del test. All’interno di un’area dovete poi trovare la/le strutture che possono essere lavorate da un lavoro
256
più specifico. Per es siccome nel mediastino inf-ant ci sono i leg sterno-pericardici, potreste fare un test su
questi legamenti e, se risulta positivo, trattarli, così sarete più specifici. Oppure se fate i test sui grossi vasi (arco
dell’aorta..) e risultano positivi, potete trattare il vascolare. In base alle esigenze dovete mettere insieme tutti
questi strumenti.
Posizione mani dell’Osteopata_variante
Osteopata in piedi sia per il test che per la tecnica.
Questo trattamento si può fare anche nelle sternotomie
con le dovute accortezza, nei portatori di pace-maker. Il
lavoro sulle fasce all’interno del torace, anche nei casi in
cui ci siano stati interventi chirurgici importanti (lobec-
tomie, sternotomie…) hanno risultati molto evidenti
quasi da subito, migliorano i parametri funzionali come
per es l’Esp, il Pz se ne accorge immediatamente, tutto
quello che fate ha un risultato positivo sul Pz.
257
Se fate la stessa cosa a dx sentirete che la mano scivo-
la via verso l’alto senza fermarsi.
Mettete le mani in modo tale che comprendano non solo il pericardio ma anche il cuore.
Mano craniale > ha le eminenze tenar e ipotenar su K1 dx e sin ed un orientamento verso sin (asse cardiaco)
Mano caudale> la zona tra eminenze tenar e ipotenar accoglie l’itto di punta.
itto di
punta
K1
A questo punto aprendo bene le mani in base alla grandezza delle mani e al torace del Pz, cercate di avere la
maggior superficie possibile e cominciate ad andare in profondità, dovete superare lo sterno, il mediastino
ant….
La mano craniale sta sul mediastino sup dove il pericardio avvolge i grossi vasi, per cui con questa tecnica
lavoreremo non solo la massa cardiaca ma anche la parte vasale, i grossi vasi (ecco perché la presa è così am-
pia). Qui se uno è molto fine nella palpazione può superare il mediastino ant e sentire quando la consistenza
aumenta un poco: quello è il livello del pericardio parietale. Qui potrebbe iniziare la tecnica della cinetica spon-
tanea, la quale sarebbe guidata dal pericardio fibroso parietale. Se c’è una trazione sul leg sterno-pericardico,
la cinetica spontanea seguirà questo punto di trazione. Se con la mia pressione vado più in profondità entrerò
in contatto con la parte sierosa del cuore e con il tessuto miocardico propriamente detto. Questo per dire che
se mi fermo a metà la cinetica spontanea seguirà altri tessuti, ossia il connettivo che fa parte dell’impalcatura
cardiaca. Se un Pz ha un problema a livello di una valvola cardiaca, probabilmente la mia cinetica sarà con-
dizionata dal tessuto di quella valvola. Quindi posso differenziare tra la parte fibrosa e quella sierosa. Però vi
consiglio di non complicarvi la vita e di arrivare con la pressione al livello tra il mediastino inf medio e quello
post. Se arrivate lì e provate a mobilizzare le mani dovreste avere la sensazione di avere qualcosa tra le mani
che riuscite a gestire, che non vi scappa, la sensazione che le vostre mani avvolgono qualcosa.
qualcosa che
non vi scappa
sensazione che le vostre mani avvolgono qualcosa
A quel punto fate partire la cinetica spontanea, provate a percepirla, a sentire se c’è una direzione prefer-
enziale, arrivate allo still point, aspettate, fate ripartire e di fate 3-4 still point. Questa tecnica lavora sul rilas-
ciamento globale di tutto l’insieme fasciale del cuore, sia delle fasce esterne che del tessuto fibroso che crea
258
l’impalcatura fibrosa del cuore stesso. Non è una tecnica specifica mentre con la mobilità lavorate su qualcosa
di più specifico: i legamenti, l’asse di mobilità, le camere
Chiarimento
La cinetica spontanea non è il ritmo cranio sacrale. Un certo Tricot assimila in un suo libro la cinetica sponta-
nea al ritmo cranio sacrale, ma è completamente sbagliato perché la cinetica può avere un tratto breve, quindi
finire subito (che ritmo cranio-sacrale è?) oppure avere un tratto lungo, durare anche 5-6-7 sec. La cinetica è
piuttosto la risultante di tutti i movimenti intrinseci, che però vengono richiamati da delle restrizioni (perché
la fascia tira dove ci sono le restrizioni). Siccome siamo pieni di restrizioni, avere un movimento di andata e
ritorno, ossia un ritmo armonico di cinetica spontanea è difficile. Ci deve essere proprio una persona che in
una zona non ha niente, non ha restrizioni…però di solito siamo pieni di restrizioni, è normale.
Cinetica spontanea_Polmoni
Non vi do dei punti di repere precisi perché li fate nel viscerale e
da lì potete poi utilizzarli per lavorare in altri termini.
Sapete che la parte sup dei polmoni fa delle rotazioni su de-
gli assi verticali, mentre le parti inf seguono gli assi che sono
le proiezioni dell’albero tracheo-bronchiale, con una obliquità
diversa perché a sin c’è ovviamente il cuore.
Mano craniale > presa sotto la clavicola, ma il più vicino possibile ad essa per prendere la parte sup del pol-
mone.
scissura
Mano caudale > a livello di K3 K4, dove ci dovrebbe essere una scissura che delimita il confine tra la parte inf
e sup del polmone.
259
fegato Metto le mani e vado a per-
cepire la parte inf e sup del
polmone avendo cura di
non mettere la mano cau-
dale troppo in basso (perché
sarebbe sul fegato).
Vi ricordo che il parenchima polmonare è composto da una trama fibrosa che continua la pleura viscerale, per
cui la vostra pressione deve arrivare al centro del parenchima polmonare e che da lì comincerete a sentire la
cinetica spontanea. A questo punto potreste sentire 1 delle seguenti cose:
a) il polmone si muove tutto insieme e sulla cinetica va in una certa direzione di possibile restrizione. Per
es se il Pz ha una restrizione sui legamenti dell’apice polmonare, posso sentire tutta la massa polmonare
trazionata verso quel punto. Oppure se il Pz ha avuto una pleurite e ha una fibrotizzazione nella parte post del
polmone, sentirò il polmone che va in quella direzione
b) la parte sup del polmone si comporta in un modo e quella inf in un altro, per cui le mie mani in alcune
circostanze (per es se c’è un problema su una scissura) si comportano come se fossero autonome: in questo
caso bisogna chiedersi se il problema è all’interno del polmone oppure su una scissura.
Pratica
Mettete le mani nel modo adatto a sec-
onda che lavorate con un uomo o con
una donna, entrate nella struttura e.....
Pz donna Pz uomo
1. per prima cosa,
a contatto con la
gabbia toracica,
chiedete al Pz di
fare un respiro un
po’ più profondo e
sentite il movimen-
to delle mani movimento del torace percepito dalle mani
260
2. poi superate la gabbia toracica (ora siete a contatto
con il parenchima polmonare) e sulla mobilità (quindi
sulla respirazione) sentite il movimento del polmone
(vi ricordo che il polmone fa dei movimenti di RE e RI su
assi differenti a seconda che si tratti della parte sup della
parte inf di esso). Dovreste sentire che è un movimento
del tutto diverso da quello che avete sentito sulla gab-
bia toracica. Questo vi dice che la vostra palpazione sta
sul polmone
3. poi lasciate la mobilità, vi
concentrate sulla cinetica
spontanea e sentite in quale
direzione si muove e dove vi
porta.
Le tecniche sulla cinetica spontanea potete utilizzarle sia come test che come trattamento. Se con i vostri test
di pressione o con l’anamnesi venite a sapere che il vostro Pz ha un problema toracico o polmonare a dx o sin
potete utilizzare direttamente la cinetica spontanea sia come test che a scopo di trattamento. Ciò non toglie
però che poi dovete andare anche a controllare la mobilità, perché sono 2 cose diverse e tuttavia comple-
mentari nella funzionalità del polmone, per cui se fate una cosa e non fate l’altra il vostro lavoro rimane a
metà.
sem 4
Pavimento pelvico
Possiamo distinguere 2 triangoli (Netter_pelvi 371) delimitati dal pube, dalle due tuberosità ischiatiche e dal
coccige. Al centro di quest’area il rafe mediano (linea nera mediana nell’immagine sotto) suddivide la zona
in una porzione dx e sin. Mentre il m. trasverso superficiale del perineo divide l’area del triangolo ant (blu
nell’immagine) da quella del triangolo post (verde nell’immagine).
Test palpatorio
Dopo aver individuato il coccige si posizionano i 2 pollici sulle tuberosità ischiatiche e con un movimento
diretto alto-dietro si cerca di raggiungere la profondità della muscolatura e del pavimento pelvico.
A questo punto fate un test di pressione per sentire se c’è un lato più resistente dell’altro. Sul lato più resist-
ente fate un test di mobilità per sentire se è risalito oppure disceso (come si fa per il diaframma per trovare
una disfunzione di INspiro alto oppure basso).
262
coccige
tuberosità ischiatica
tuberosità ischiatica
test di pressione
sul triangolo post
263
Test di mobilità sul
triangolo post
L’Osteopata è dallo stesso lato
della disfunzione.
Mano caudale, le dita invece dei
pollici sono sull’emitriangolo in
disfunzione. Quante dita posiz-
ionare dipende dall’ampiezza
del pavimento pelvico del Pz.
Mano craniale, è sulla superficie
superiore del gluteo e la deprime. test di mobilità sull’emitriangolo selezionato
Si chiede al Pz di fare dei respiri un po’ più profondi, si valuta l’ampiezza dell’escursione e se il pavimento pel
vico ha la tendenza a rimanere basso (= disfunzione di INspiro) oppure alto (= disfunzione di Esp). A seconda
del risultato si fa la tecnica opportuna. Se il pavimento pelvico ha la tendenza a scendere bene (INsp) e a risa-
lire (Esp) con difficoltà si farà una tecnica con l’obiettivo di farlo risalire.
L’idea è quella di chiudere la cresta iliaca, ossia lo stretto superiore e di aprire la tuberosità ischiatica (=lo stret-
to inf ). Anche in questa tecnica si utilizza la respirazione. Durante l’INsp, quando il pavimento pelvico tende a
264
scendere, apro il piccolo bacino mentre in Esp mantengo. Per 3-4 volte e poi rifaccio il test.
In questo tipo di disfunzione non c’è la variante con la tecnica per la cinetica spontanea, per cui posso usare
solo la tecnica con la respirazione.
Lo stesso tipo di test e tecniche si possono fare sul triangolo ant. Prendo contatto con le tuberosità ischi-
atiche e poi ruoto il pollici verso l’anteriorità. Attenzione ad essere precisi con le misure e delicati, perché in
questa zona ci sono i genitali. Alcuni Osteopati fanno questi test e il trattamento con il Pz supino a gambe
piegate ma Bonetti trova che questa soluzione sia più antipatica per il Pz.
test di pressione
sul triangolo ant
indice >
sacro-iliaca
265
Le lamine SRGVP
sono orientate
da davanti
verso dietro,
quindi quando
l’Osteopata fa
una pressione
con indice e
medio verso di-
etro ingaggia le
lamine.
Il test di pressione si fa prima su una lamina, per es la dx, e poi sull’altra.
L’Osteopata valuta la resistenza alla
pressione delle sue dita, deve sentire se
quando preme per es con l’indice, sente
una reazione sul dito che ha posizionato
sulla sacro-iliaca corrispondente. In tal
caso significa che ha compresso la lam-
ina in senso antero-posteriore e la pres-
sione è arrivata fino a dietro sul sacro.
Se l’Osteopata sente resistenza è prob-
abile che la lamina da quel lato sia
tesa. Per avere una conferma a questo
l’Osteopata può sentire se sulla mano
posizionata sul sacro avverte una re-
sistenza in corrispondenza della lamina
che sta testando, dovrebbe cioè av-
vertire che una sacro-iliaca è più dura
dell’altra. Attenzione a discriminare tra
disfunzione di lamina e disfunzione di
articol. sacro-iliaca.
A volte si può sentire che comprimendo dal davanti verso dietro per es a sin, si sente duro davanti ma la pres-
sione non arriva fino a dietro, cioè fino al sacro, dallo stesso lato (a sin) bensì dalla parte controlaterale, cioè a dx.
Questo succede perché a volte una lamina può andare in disfunzione nella porzione ant da un lato e nella por-
zione post dall’altro, soprattutto nella donna. Infatti la parte post è quella che costituisce i leg utero-sacrali.
Questi legamenti hanno all’interno delle fibrocellule che possono aumentare lo stato di tensione. Posso avere
una lamina in tensione a dx nella porzione ant, poi un incrocio e la tensione che continua nella porzione
post sin. Questo perché le lamine non sono due setti messi così e basta ma sono unite tra di loro da strutture
fibrose e fasciali, organiche, vascolari, per cui una tensione ant a dx non è detto che venga trasmessa omolat-
eralmente e post a dx, perché invece può tranquillamente incrociare dall’altra parte. Naturalmente in caso di
disfunzione crociata delle lamine possono avere anche una disfunzione di sacro in torsione.
266
Riduzione di una disfunzione di lamina
Dopo aver trovato la lamina in disfunzione, la mano
craniale si sposta in proiezione della lamina stessa,
va in profondità fino a sentire la risposta dei tessuti
sulle dita e a quel punto o si fanno delle vibrazioni
o si fa la tecnica della cinetica spontanea, per cui
quando parte un movimento lo seguo, entro sempre
più in profondità mantenendo sempre una direzione
perpendicolare al lettino e verso dietro. Se c’è una
grossa tensione della parete addominale si possono
far piegare le gambe al Pz.
267
Legamenti pubo-vescicali
Questi legamenti si trovano
immediatamente dietro la
sinfisi pubica, tra la sinfisi
pubica e la vescica. Il Pz è
supino con le gambe flesse.
L’Osteopata entra con la
mano craniale nella 1ª fos-
setta che trova sopra la sin-
fisi pubica, in direzione bas-
so a 45°-dietro, con l’idea di
andare verso l’ano.
Seguite l’orientamento della sinfisi e quando trovate la barriera tissutale potete
lavorare con la vibrazione oppure con la cinetica spontanea. Se lavorate con la
cinetica spontanea sentirete che a un certo punto parte un movimento, lo seguite,
entrate più in profondità nei tessuti, still point, vi fermate, riparte il movimento, piano
piano entrate in profondità…. l’obiettivo è quello di entrare e di sentire che dopo 3-4
still point il tessuto alla fine cede.
Legamenti pubo-prostatici
Questi legamenti sono meno accessibili perché stanno in profondità, tra la prostata e la parte inf della sinfisi
pubica. Qui dovete essere precisi nel contatto. Chiedete al Pz di prendere i testicoli e con le dita della mano
caudale entrate subito dietro lo scroto sul centro tendineo.
centro tendineo
Se siete un po’ più sgamati potete arrivare sub-
ito sul centro tendineo, è questione di pratica,
senza stare a chiedere al Pz di tenere i testicoli.
In quel momento dovete togliere la corteccia
cerebrale e far lavorare la mano, diretta, precisa.
Se la mano è precisa il Pz capisce che è un ap-
proccio medico. Si può preparare il Pz dicendo-
gli “Senta, devo metter la mano sul pavimento
pelvico per vedere i legamenti con la prostata”.
Se invece siete esitanti create dell’imbarazzo.
268
Bisogna andare leg-
germente sotto il
punto di biforcazione
dell’osso, dove ci sono
le due branche ischio-
pubiche. Attenzione
a non sconfinare con
le dita verso l’ano (le
dita potrebbero scom-
parire!).
Mano craniale, è nella stessa posizione dei leg pubo-vescicali. Le due mani hanno l’obiettivo di incontrarsi a
metà strada.
Entrate nei tessuti molli con entrambe le mani fino ad arrivare ad un
punto in cui sentirete che comprimendo davanti con la mano craniale
avrete una corrispondenza sull’altra mano e viceversa comprimendo
con la mano caudale sentirete una corrispondenza sulla mano craniale.
A quel punto lavorate sulla cinetica spontanea, sentirete che le mani
hanno ingaggiato un tessuto, e piano piano dovete sentire che il tes-
suto si detende e che le mani cercano di incontrarsi. Più in profondità
andate e meglio è.
Filippo dice che nelle prostatiti batteriche questa tecnica, parallelamente al trattamento farmacologico,
dà ottimi risultati, perché migliora la circolazione. Bonetti sottolinea poi che l’osteopatia è nata per curare
questo tipo di patologie (difterite, infezioni batteriche..), non è nata per il mal di schiena. Quindi l’Osteopatia
cura delle malattie che in primo luogo sono per es dismetaboliche e che in secondo luogo si manifestano
sulla struttura ossia sull’apparato muscolo-scheletrico. L’Osteopatia attraverso la struttura riequilibra un pro-
cesso interno (che può essere batterico, immunitario, infiammatorio etc) …… tutti discorsi che avevamo fatto
sulla tensegrità, sulla matrice extracellulare…. se non capite questo continuerete a fare i fisioterapisti e non
gli osteopati.
Sacca retto-vescicale
Penso ad un problema della sacca retto-vescicale quando il Pz riferisce di andare spesso al bagno, oppure di
soffrire ogni tanto di cistite, o di avere problemi di vescica.
Test di pressione
Pz supino con le gambe piegate. L’Osteopata entra con le dita della mano craniale nel 2º solco/fossetta, con
direzione verso dietro a 45°. Se siete precisi sentite che una volta entrati nel solco le dita vanno automatica-
mente nello scavo, sono accolte in una cavità, c’è una sorta di scivolo naturale. Il test è positivo se si sente che
nella zona non c’è per niente elasticità, la consistenza è duro-plastica, come se ci fosse un pezzo di legno, di
269
legno verde. Non è normale che in quella zona ci sia una struttura dura, per cui significa che ci sono degli ac-
collamenti, probabilmente delle fibrotizzazione e il nostro obiettivo è quello di ridare elasticità.
270
Test di lateralità di vescica e retto
Reperite il 1º solco e vi trovate sul tetto della vescica, spostate le dita lateralmente e sentite che entrano ai
lati di una struttura che è la vescica. A questo punto fate un test di lateralità: spostate la vescica verso dx e sin
e sentite dove ha tendenza ad andare con facilità.
Reperite il 2º solco (nel maschio) e vi trovate sul retto, fate piegare molto le gambe al Pz oppure le sostenete
voi, andate in profondità lateralmente alla struttura, dovete quasi arrivare sulla parete post e a quel punto fate
un test di lateralità.
271
sem 5
Scavo vescico-uterino
Gli scavi vescico-uterino e utero-
rettale hanno un orientamento
leggermente diverso e quindi
anche la mano dell’Osteopata è
inclinata in modo diverso.
Repere dello scavo vescico-
uterino: 1ª fossetta, la mano va
verso la profondità in direzione
ant-post, passando sul tetto
della vescica (si può chiedere
alla Pz di piegare le gambe per
rilasciare le tensioni addominali), ad un
certo punto le dita incontrano una zona
di maggior resistenza, che corrisponde
alla parete dell’utero. Qui devo cercare
grosso modo un incavo (dipende se la
vescica è piena o vuota) e con le dita mi
infilo in questo scavo. È un lavoro con
scavo vescico-uterino una direzione abbastanza ant-post.
metodo Bonetti Se sentite subito duro significa che lo scavo è in dis-
funzione. Come tecniche di riduzione potete fare:
1. cinetica spontanea
2. vibrazioni
3. metodo Bonetti (con due mani)
272
Scavo vescico-rettale
È lo scavo del Douglas ed è uguale al maschio.
Repere: 2° fossetta partendo dal pube
Leg utero-sacrale
utero Vanno dalla parte post dell’utero fino
al sacro, sarebbero la parte post delle
lamine SRGVP.
Test
Mano caudale (in ascolto), sul sacro
mano craniale (mano attiva), 2° fos-
sacro setta > con le dita vado lateralmente
per prendere lateralmente
l’utero e poi faccio un mo-
vimento di lateralità e tor-
sione. Quando muovete
l’utero in questo modo se
c’è una tensione su un leg
utero-sacrale (quindi il test
è posit) sentite che il sacro
immediatamente segue
(ossia viene in avanti).
lateralità
+ torsione
sull’utero
risposta altro
immediata lato
sul sacro
vibrazione
273
tecnica diretta 2. tecnica diretta sul utero:
metto in tensione contro la
barriera tissutale, aspetto,
sento il rilasciamento dei
tessuti, metto in tensione
contro una nuova barriera
tissutale…
aggravamento 3. tecnica di aggra-
vamento: comprimo
verso l’aggravamento,
aspetto, sento il rilas-
ciamento dei tessuti,
comprimo di nuovo,
aspetto….
Siccome questo è un legamento fibro-muscolare dovrò indagare anche il sistema ortoS, perché avevamo
detto che nelle fasce i miofibroblasti, ossia le cellule muscolari lisce disperse nel connettivo e in alcuni lega-
menti (come gli utero-sacrali o i pubo-vescicali), sono innervati dall’ortoS. Dovrò quindi controllare se ci sono
disfunzioni del sacro, delle vertebre lombari… che possono mantenere una stimolazione dei gangli. Levo
le disfunzioni e posso poi procedere con una inibizione del sacro (quindi sui gangli sacrali) o delle vertebre
lombari (dell’ultimo tratto o, ancora meglio, di tutte).
membrana Leg cardinale
collo dell’utero otturatoria Va dal collo dell’utero come
un ventaglio alla membrana
otturatoria
Test
Mano caudale (in ascolto), rep-
ere della membrana otturato-
ria con il metodo classico.
Mano craniale, 2° fossetta >
prendo lateralmente l’utero, lo
sposto lateralm. Il test è posi-
membrana tivo quando, appena sposto
otturatoria 2° fossetta l’utero, sento che il dito pol-
> utero lice della mano caudale spro-
fonda dentro la membrana ot-
turatoria (sento la membrana
che tira verso l’interno). Invece
la risposta fisiologica è che
dopo un po’ il dito sprofondi
dentro.
274
Ricorda: questo legamento è
in disfunzione quando la sen-
sazione è immediata, quando
è un tutt’uno tra mano cra-
niale e mano caudale (manca
l’elasticità).
Il leg cardinale in realtà non
prende solo la membrana ot-
turatoria. Questo leg va dal’in-
terno della membrana ottura-
leg cardinale toria poi si dirige a ventaglio
verso dietro e si disperde nelle
lamine. Però il leg cardinale è
accessibile in un punto sulla membrana otturatoria, punto la cui tensione si può testare. Si sfrutta la mem-
brana otturatoria per sentire questo punto: se nel momento in cui si sposta l’utero, il dito va subito dentro,
significa che c’è una tensione e il test è positivo.
mano
caudale_ascolta
275
Loggia ovarica
C’è una fossetta dove la mano va quasi tranquil-
lamente: questa è la loggia, ma non è detto che
dentro ci sia l’ovaio, perché quello può stare dap-
pertutto. Comunque si lavora la zona sperando
che dentro ci sia l’ovaio.
loggia ovarica
276
Leg sospensore dell’ovaio (o appendico/cieco-ovarico a dx e sigma-ovarico a sin)
Potete fare repere e trattamento come avete fatto nelle lezioni di viscerale. In alternativa:
mano craniale, sulla loggia ovarica (punto fisso)
mano caudale, trovate e inglobate il cieco e il colon ascendente, andate in profondità e spostate il colon in
alto-fuori, per sentire se c’è elasticità o tensione.
leg sospensore dell’ovaio
loggia cieco e colon ascend
loggia ovarica
ovarica
1° possibilità 2° possibilità
A sinistra fate la stessa cosa prendendo il sigma (l’Osteopata è a sin del Pz):
mano craniale, sulla loggia ovarica (punto fisso)
mano caudale, inglobate il sigma e lo spostate, per sentire se c’è elasticità
Oppure usate la presa che avete fatto in viscerale
loggia ovarica sin
sigma
altra possibilità
Leg ovarico
È un legamento teso tra utero e ovaio. Repere:
mano caudale, sulla loggia ovarica (punto fisso)
mano craniale, 2ª fossetta, utero. Spostate l’utero lateralmente e sentite subito se c’è tensione oppure no in
quella zona.
leg ovarico
utero
loggia
ovarica
leg rotondo
Leg rotondo
È un legamento che lascia
il canale inguinale, esce
nella porzione più medi-
ale del leg inguinale e si utero
inserisce sui tubercoli pu-
bici. Repere:
mano caudale, dal tuber-
colo pubico prendete la leg rotondo
porzione più interna del
leg inguinale, dove c’è an-
che leg rotondo
mano craniale, sull’utero in profondità, fate un movimento di lateralità e rotazione verso il legamento.
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Se con le dita della mano
caudale siete sul punto gius-
mano caudale (in ascolto) to, sentite scorrere/“tirare”
qualcosa sotto le dita (sia
nella fisiologia che in disfun-
zione).
leg rotondo
Il legamento si sente.
tira Il test è posi-
sub tivo quando, appena
ito spostate l’utero, si
sente una trazione.
leg
roto
ndo
Mano caudale
retto
utero
vescica
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Domanda: inserzioni dell’asse aponeurotico centrale e anatomia
Risposta
In alto: tubercolo faringeo dell’occipite (e porzioni laterali), fascia iterpterigoidea, tutta la parte che sta da-
vanti ai condili occipitali, quindi quando tira (dato che sta davanti alla linea di gravità), porta l’asse posturale
in anteriorità
il peritoneo sopra
leg gastro-frenico, l’utero e la vescica
freno-colico dx e sin
lamine SRGVP
L’unica cosa fatta bene del libro di Paoletti è la descrizione dell’asse aponeurotico centrale.
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