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Il sistema fasciale del ginocchio

II ANNO I seminario A. BERGNA

Facciamo un refresh!!
La fascia è un tipo di tessuto
connettivo con funzioni
differenti, essa può essere
superficiale e profonda la
prima è formata da fibre di
collagene ed elastiche quindi
da connettivo lasso e dal
retinacolo, la profonda
comprende i muscoli e le fasce
viscerali. Il connettivo assume
diversi nomi e svolge diverse
funzioni, esso rappresenta
l'impalcatura del nostro corpo
la sua sostanza acquosa
fondamentale: intorno alle
ossa è il periostio, al cervello è
costituito dalle meningi, al
cuore è detto pericardio,
intorno ai muscoli vi sono le fasce muscolari. L'orientamento delle fibre di tessuto connettivo del
derma segue delle linee chiamate linee di Langer ( vedi img. 1.1) che vengono seguite dai chirurghi
quando incidono.

L’aspetto che ci deve interessare dal punto di vista osteopatico è la connessione tra la fascia
profonda e il periostio che è una membrana connettivale densa che aderisce tenacemente alle
ossa tranne che nelle zone articolari e inserzionali di tendini e legamenti, ricoprendo
soprattutto le superfici delle ossa lunghe.
L’OSSO è la parte dura del sistema fasciale, per cui è connesso al resto; osservandolo con
l’operatore afferente o muovendolo tramite l’uso di forze indotte dall’operatore si valuta il
sistema fasciale.
Quindi nella pratica quando si manipola ad es. un ginocchio non siamo sulla rima articolare
nel pacchetto fasciale perché in questa zona la fascia superficiale e profonda connessa
all’osso sono pressocchè attaccate, costituiscono un unicum.
La fascia lata che avvolge la coscia continua nel legamento alare o collaterale che continua
nella fascia crurale e quella della caviglia con i suoi retinacoli importanti dal punto di vista
propriocettivo e neurologico e fascia plantare che origina dal calcagno e continua nel tendine
d’achille; valutando quest’ultima si ricevono informazioni sulla tensione di questo sistema
che arriva al ginocchio, anca, tronco.
Ad esempio problematiche a livello della fascia plantare causano fasciti, spine calcaneari,
metatarsalgie, borsiti del calcagno.
Questo accade perché la fascia è costantemente attiva, quando poggiamo il piede quando
deambuliamo l’arco si abbassa e la fascia viene messa in tensione.

Atteggiamento dell’arto inferiore, perone e membrana interossea

L’A.I. si presenta con un movimento a cardano cioè se il piede è supinato avremo una
rotazione esterna di piede e anca viceversa se con piede pronato avremo una rotazione interna
di piede e anca. L’accrescimento di tibia e perone determinano la pinza malleolare, lo
sviluppo dello scafoide, del cuboide e del piede in generale.
Possiamo prendere in esame l’articolazione del perone con annessa la membrana interossea
che svolge un ruolo di sostegno tra tibia e perone.
In supporto tra queste due ossa entra in gioco il muscolo tibiale posteriore profondo e il
tricipite surale ( soleo e gastrocnemio ) più superficiale.
PRATICA!! IL METODO DI TRATTAMENTO PER LA CAVIGLIA E’
INDIRETTO VERSO L’EASE ( FUNCTIONAL METHODS ) DI EQUILIBRIO E
MANTENIMENTO NELLA ZONA NEUTRALE
Valutiamo l’ampiezza del movimento nella flesso-estensione e la qualità come ad esempio
i movimenti fini di prono-supinazione; potremmo avere la stessa ampiezza ma con un
diverso fine corsa. Si può far eseguire il test dell’accosciata per valutare in generale la
flessione di anca, ginocchio e caviglia.
o eminenza tenar sullo scafoide valutiamo la supinazione con le articolazioni
della parte interna del piede che si comprimono e quelle della parte esterna
che si rilasciano
o eminenza tenar sul cuboide valutiamo la pronazione con le articolazioni della
parte esterna che si comprimono e quelle interne che si rilasciano.
Usiamo range piccoli trattandosi di movimenti fini.
Se mancano questi movimenti fini con una certa elasticità avremo rigidità con conseguente
deficit di adattamento del piede su varie superfici durante la deambulazione con
l’insorgere di lesioni legamentose perché avremo un fine corsa ridotto ma anche un minor
prontezza del piede a cambiare posizione in base alla superficie. Si possono avere lesioni
tra PERONE E TIBIA, PERONE E ASTRAGALO, e PERONE E CALCAGNO, e
successivamente cicatrizzazioni e rigidità.

Vista superiore sin e inferiore dx, i 3 punti neri sono i punti di contatto al pavimento;
tagliando sagittalmente il piede abbiamo la parte grigio chiara dorsale e mediale mentre
la parte grigio scura è plantare e laterale.
POSIZIONE SUPINA ARTO
ELEVATO: Piede poggiato sul
petto dell’operatore con l’arto
elevato,
causando uno scivolamento
anteriore dell’astragalo rispetto
alla tibia; se questo provoca un
rilasciamento della struttura del
piede e tessuto connettivo
adiacente potrebbe essere un buon inizio su cui impostare il trattamento. Poi si aggiunge
la componente rotatoria di pronazione o supinazione con eminenza tenar di una mano
sulla testa dell’astragalo e l’altra mano che afferra il calcagno
Le altre componenti di flesso-estensione del piede, trazione-compressione, adduzione-
abduzione del tubo fasciale della gamba, parametri torsivi e rapporto tra retropiede e
avampiede si inducono con il corpo dell’operatore sempre nella direzione dell’ease.
UNA VOLTA OTTENUTO IL MASSIMO RILASCIAMENTO DALLA TECNICA SI
MANTIENE LA POSIZIONE PER 1 MINUTO E MEZZO. N.b. questo lasso di tempo
di tempo non è passivo ma attivo in quanto il pz. partecipa dando feedbach se ha dolore
o se cambia, oppure potrebbe anche addormentarsi per il rilassamento; l’approccio end-
zone non verbale diventa verbale

POSIZIONE SUPINA ARTO


FLESSO: Se sollevando l’arto
mi accorgo che la struttura
diventa più rigida e non si
rilascia si posiziona l’arto in
flessione leggermente abdotto
con il piede fuori dal lettino. Si
inducono gli stessi parametri
della prima posizione.
Presa cuboide
POSIZIONE PRONA ARTO
FLESSO: Questa posizione si
predilege rispetto alle altre se si
presenta un bind a livello del
cuboide o dello scafoide.
Il cuboide si afferra con una presa a
pollici incrociati sulla superficie
plantare del cuboide e le altre dita
avvolgono il mesopiede;

Presa scafoide
Lo scafoide si afferra con la stessa
presa a pollici incrociati
spostandomi da laterale a mediale.
Si possono usare rotazioni interne-
esterne, prono-supinazione, flesso-
estensione, posizione del tubo e
traslazioni cranio-caudali.
Tutto eseguito in modalità EASE
WAY, mai forzare soprattutto sul
piede in quanto ha delle forti strutture di sostegno peggiorando la condizione. Per cui
useremo movimenti piccoli in modo tale da far muovere la pallina sempre di più e
trattamento dopo trattamento è possibile recuperare la FUNZIONE senza dolore.
TECNICA PER IL PERONE: Si esegue
con i pollici dell’operatore anteriormente
al perone a livello prossimale e distale, le
altre dita posteriormente al perone che
non riescono ad agganciarlo ma si
infilano tra perone e tibia; con le mani che
sostengono la gamba si fa un rolling
portando l’arto in flessione e leggera
abduzione d’anca.
L’osso si muove a ruota panoramica con
la parte prossimale che sale e quella
distale che scende e viceversa, il movimento accessorio è quello della cranio-caudalità.
A questo punto scegliamo l’EASE! I parametri che migliorano con questa tecnica oltre
alla mobilità e qualità del movimento del perone sono l’elevazione e la rotazione interna
dell’arto.

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