Sei sulla pagina 1di 75

ANATOMIA FERRI:

RACHIDE CERVICALE
E' formato da 7 vertebre, la parte cervicale è una lordosi e si hanno 2 lordosi e 2 cifosi. Si parte con
l'atlante, l'epistrofeo dove si evidenzia il dente. A livello dell'atlante non è presente il processo spinoso.
Tra ogni vertebra c'è il disco intervertebrale. A livello cervicale ci sono gli UNCOS VERTEBRALI.
 
I processi articolari sono orientati orizzontalmente sul piano frontale, nonostante il rachide cervicale sia più
il più mobile, la sua stabilità , in particolare la cerniera OAE, è essenziale per supportare il capo e
proteggere il midollo spinale.
 
L'atlante ha come funzione cullare l'occipite e trasmettere le forze dall'occipite alla cervicale inferiore, la
forma dell'atlante garantisce maggiore spazio libero al midollo spinale; tale spazio assicura che il midollo
non subisca alcun conflitto durante gli ampi movimenti. 
L'epistrofeo ha una struttura tipica che è il dente, poi c'è il peduncolo e il corpo, inferiormente c'è la
faccetta articolare per c3, la sua funzione è quella di trasmettere il carico dalla testa dell'atlante al resto
della cervicale e provvedere al movimento di rotazione assiale della testa. Viene anche denominato ASSE.
Possiede un corpo vertebrale, dalla cui faccia superiore origina l’APOFISI.
Il dente dell'epistrofeo serve da perno per l'articolazione atlo-epistrofea, ha una faccetta articolare
anteriore per l'articolazione con la superficie posteriore dell'arco anteriore dell'atlante. Possiede
posteriormente un solco per l'articolazione con il legamento trasverso.
 
Il peso della testa è sbilanciato anteriormente, per questo motivo i muscoli posteriori sono più potenti e
maggiormente di tipo tonico, per sostenere il capo senza eccessivo consumo energetico.
 
ARTICOLAZIONE ATLO-OCCIPITALE:
-CONDILOARTROSI (C0-C1), i condili dell'osso occipitale scorrono in uno shift nella cavità glenoidea
dell'atlante.
 
ARTICOLAZIONE ATLO-ASSIALE MEDIANA:
-TROCOIDE (ginglimo laterale), costituita dalla faccetta articolare anteriore del dente dell'epistrofeo, la
faccetta articolare dell'arco anteriore dell’atlante e dal legamento traverso dell’atlante. Movimento
principale di rotazione
 
BIOMECCANICA VERTEBRALE:---> DISTRIBUZIONE DEL MOVIMENTO:
-FLESSIONE; mov. Totale della colonna di 140 gradi, sul piano sagittale e asse di rotazione trasverso, si ha
una. Distribuzione a livello cervicale di 40 gradi, dorsale 40 gradi e lombare 60 gradi.
-ESTENSIONE; movimento totale della colonna circa 90 gradi sul piano sagittale e asse di rotazione
trasverso, si ha una distribuzione cervicale di 45 grandi, lombare 30 gradi, dorsale 15 gradi
-INCLINAZIONE LATERALE; dove si ha un mov. Totale di 75-85 gradi, è sul piano frontale, si ha una
distribuzione cervicale di circa 35-45 gradi, dorsale 20 gradi e lombare 20 gradi.
 
MIOLOGIA(PARTE MUSCOLARE) RACHIDE CERVICALE:
FUNZIONE dei muscoli CRANIOCERVICALI:
-Sostenere la testa contro la gravità
-posizionare la testa nello spazio per ottimizzare la posizione degli organi sensoriali
 
FUNZIONE DEI muscoli CERVICOTORACICI:
-Posizionare testa e collo nello spazio
-stabilizzare testa e collo per permettere movimenti della scapola
 
MUSCOLATURA CERVICALE ANTERIORE:
Si hanno 3 muscoli che sono--> lo scaleno anteriore, medio e posteriore. Per lo scaleno anteriore origina
nei processi trasversi da c3 a c7 e si inserisce nella prima costa, Per lo scaleno medio origina nei processi
trasversi da c3 a c7 e si inserisce nella prima costa, per lo scaleno posteriore si origina dalle trasverse c5-c6-
c6 e si origina sulla seconda costa.
L'azione degli scaleni , sulle coste si ha una funzione respiratoria di sollevamento, a livello cervicale se
vengono contratti bilateralmente si ha una flessione, se si ha una contrazione unilaterale si ha una
inclinazione omelaterale.
 
Si ha un altro muscolo, lo SCOM, dove origina dallo sterno e dalla clavicola e si ha una inserzione
nell'occipite e nel mastoideo. L'azione delle SCOM rispetto al capo, se viene contratto bilateralamente si ha
una flessione ed estensione, se si contrae unilateralmente si ha una inclinazione omolaterale e una
rotazione controlaterale.
 
 
Si ha il trapezio, che ha 3 fasci (discendente, media, ascendente), origina per la porzione superiore con
l'osso occipitale fino a c7 e l'inserzione sulla parte clavicolare, per il fascio medio si inserisce sull'acromion e
si origina da d1, per l'ascendente si origina da d4 a d7.
La funzione del trapezio nella porzione superiore solleva e adduce la scapola, ruota la cavità glenoidea
inferiormente, inclina il capo dallo stesso lato e lo ruta nel senso opposto. La porzione media adduce la
scapola e la porzione inferiore abbassa e adduce la scapola
 
Si ha l'elevatore della scapola, ha un origine cervicale da c1 a c4 e si inserisce sull'angolo superiore della
scapola.
Ha un'azione sulla scapola di sollevamento e di adduzione e sulla colonna cervicale di inclinazione
omerolaterale ed estensione.
 
MUSCOLATURA CERVICALE SUPERIORE:
Esistono 4 muscoli suboccipitali--> obliquo superiore, inferiore, retto maggiore e minore; che si definiscono
muscoli regolatori in quanto aggiustano in modo preciso le varie componenti compensatorie.
La contrazione unilaterale dei 4 muscoli sub-occipitali posteriori è l'inclinazione omolaterale del capo.
Se si ha una contrazione bilaterale si ha un estensione della testa sul rachide cervicale superiore. Ha un
importante ruolo propriocettivo e mantenimento dello sguardo.
 
Ci sono degli ESERCIZI CERVICALI:
-rinforzo globale senza sovraccarico del rachide cervicale
-esercizi posturali (lavorando anche in altri distretti)
-rinforzo muscolare superficiale e profonda
-esercizi di mobilità
-esercizi neurodinamici (movimento del nervo)
-Ricerca della posizione neutra
 
-rinforzi in flessione (es. iperestensione)
RACHIDE DORSALE E LOMBARE
PARTE DORSALE:
La dorsale è una cifosi formata da 12 vertebre, si articolano con le coste, lo sterno si trova tra d3 e d9.
La loro funzione è di protezione degli organi interni, si hanno 3 cifosi--> occipite-dorsale-sacro.
 
I processi articolari sono orientati verticalmente sul piano frontale, tutte le vertebre dorsali si articolano con
le coste formando la gabbia toracica.
Le prime 7 coste si articolano con lo sterno tramite la propria cartilagine.
 
Per il disco intervertebrale a livello dorsale si ha una misura di 5mm, è importante la proporzione del disco
in rapporto con l'altezza del corpo vertebrale, fattore che determina la mobilità. La dorsale infatti è il
segmento meno mobile: rapporto 1/5.
La sua funzione è quella di ammortizzare le forze gravitari, il nucleo polposo resiste alle forze di
compressione dei piatti vertebrali e trasformare le forze di compressione verticale in forze di trazione
circumferenziale sull'anulus fibroso.
 
L'anulus fibroso resiste alle forze di trazione, torsione e di taglio.
 
MUSCOLI DORSALI:
Nello strato superficiale è composto dal trapezio, gran dorsale e romboidei, la loro funzione permette il
movimento degli arti superiori.
Il gran dorsale ha tanti strati muscolari, ha un azione sull'articolazione scapolo-omerale di adduzione,
rotazione interna ed estensione, invece sulle coste ha una funzione di abbassamento.
I romboidei ha un'azione sulla scapola di sollevamento, adduzione e stabilizzazione
 
Nello strato medio si ha il dentato postero superiore che ha funzione inspiratoria e il dentato postero
inferiore ha funzione espiratoria.
 
Nello strato profondo superficiale è formato da l'ileocostale, lunghissimo e spinale e hanno la funzione di
stabilizzare la colonna.
 
Nello strato profondo si ha il semispinale, rotatori, intertrasversari e interspinosi, la loro funzione è che
sono legamenti attivi e danno informazioni propriocettive sui movimenti monosegmentari.
 
Il dentato anteriore ha un azione sulla scapola di abduzione, antepulsione, rotazione superiore della glena e
sul braccio invece di elevazione coste: elevazione (inspirazione).
 
Il gran pettorale origina con una porzione della clavicola, una sternale ed addominale e si inserisce sulla
cresta della tuberosità dell'omero. Ha un azione sulla scapola-omerale di adduzione e rotazione interna e
sulla clavicola di rotazione interna. Il piccolo pettorale origina dai corpi di k3 e k4 e si inserisce nel processo
coracoideo della scapola, ha un azione sulla scapola-omerale di abbassamento e rotazione inferiore della
glena e sulle coste di sollevamento (inspirazione)
 
CINEMATICA DORSALE:
Il movimento principale della dorsale è la rotazione, grazie all'orientamento delle faccette articolari. Il limite
del movimento di rotazione è dato dalla presenza delle coste. Non esiste un movimento puro di rotazione,
ma si accompagna sempre ad un movimento di side-bending.
I gradi di movimento sono:
-Flessione di circa 40gradi
-estensione 15 gradi
-inclinazione laterale di 20 gradi
-rotazione di 35 gradi.
 
MOVIMENTO DI FLESSIONE:
Si ha una disabitazione delle art. zigapofisarie, si ha uno spostamento posteriore del nucleo polposo e il
movimento viene limitato dai legamenti.
Il movimento è favorito dalla gravità in stazione eretta, si ha una contrazione della catena cinetica
anteriore, una deattivazione della catena cinetica posteriore, il movimento di flessione è limitato dalla
presenza della gabbia toracica
 
MOVIMENTO DI ESTENSIONE:
Si ha l'inverso, ovvero una abitazione delle art. zigapofisarie con spostamento anteriore del nucleo polposo,
il movimento viene limitato dalla messa in tensione della gabbia toracica.
 
MOVIMENTO DI INCLINAZIONE LATERALE:
Si ha un'abitazione della faccetta del latto concavità e si ha una disabitazione della faccetta del lato della
convessità.
 
MOVIMENTO DI ROTAZIONE:
Il fulcro della rotazione è situato al centro del corpo.
 
 
PARTE LOMBARE:
I processi articolari sono orientati VERTICALMENTE SUL PIANO SAGITTALE, si ha flessione di 60 gradi, una
estensione di 35 gradi, una inclinazione laterale di 20 gradi e una rotazione di 8 gradi di cui 5 a carico di L5-
S1.
La struttura è formata da corpo, lamine, processo spinoso e costiforme, peduncoli.
Il pilastro anteriore dove il corpo ha una funzione statica, invece il pilastro posteriore si ha l'arco con
funzione
 
MUSCOLI LOMBARI:
Si ha il retto dell'addome che ha un'azione sull'rachide lombare di flessione, a livello di k6-k12 di
abbassamento (espirazione), sull'addome di aumento e mantenimento della pressione.
Si ha l'obliquo esterno con azione di inclinazione omolaterale e torsione controlaterale, a livello della k5-
k12 di abbassamento (espirazione), sull'addome di aumento e mantenimento della pressione.
L'obliquo interno si ha una inclinazione omolaterale e torsione omolaterale, a livello di k10-k12 di
abbassamento (espirazione), sull'addome di aumento e mantenimento della pressione.
Il trasverso dell'addome ha una zione di torsione omolaterale e flessione, a livello di k2-k7 di abbassamento
(espirazione), sull'addome di aumento e mantenimento della pressione.
L'ileo-psoas ha un azione su Colonna vertebrale di flessione e su Coxo femorale di flessione ed extra
rotazione.
Quadrato di lombi ha un'azione sulla colonna vertebrale con contrazione bilaterale di estensione e con
contrazione unilaterale di flessione laterale, a livello di k12 si ha abbassamento ed espirazione.
Multifudo…
CASI TIPO CLINICI---> PATOLOGIE/DOLORI
LOMBALGIA:
E' una manifestazione dolorosa localizzata in regione lombare e generalmente diffusa ai glutei (uni e
bilaterlamente) e colpisce sia uomo e donna. E la più frequente causa di invalidità temporanea e quindi di
assenze dal lavoro nei popoli civili.
 
ACUTA SPECIFICA:
Rappresenta circa il 90% delle lombalgie prettamente di causa meccanica, il restante 10% è indicativo di
'red flags', ovvero di una problematica di tipo ortopedico o addirittura chirurgico (ernia discale, neoplasie,
aneurisma dell'aorta addominale, malattie reumatiche, stenosi del canale).
 
I tessuti algogeni, ovvero che danno dolore sono --> le faccette articolari, disco, legamenti, fascia, muscoli e
radice nervoso
Il disco intervertebrale va spesso in sofferenza, sono strutture comprimibili in grado di distribuire carichi
compressivi tramite pressurizzazione osmotica. L'anulus fibroso rappresenta la porzione periferica,
struttura ad anello concentrico di fibre collagene di tipo 1 lamellari organizzate. La matrice o il nucleo
polposo è una struttura gelatinosa sferoidale, posta al centro del disco con funzione di assorbire e di
ridistribuire uniformemente alla periferia delle sollecitazioni statico dinamiche che riceve.
 
Il dolore discale viene definito come fenomeno complesso e multifattoriale:
È un dolore che persiste per 6 mesi dopo un infortunio e/o oltre, è una lombalgia acuta o dolore
intermittente per mesi o anni, che può persistere per oltre 6 mesi.
I patomeccanismi di lombalgia discogenica ---> biomedici, innervazione, infiammazione, biopsicosociali,
psicosociali.
 
EPIDEMIOLOGIA---> Il 90% discopatie interessano il tratto L4-L5, L5-S1, va per un età maggiore di 30-50
anni, c'è una maggiore prevalenza negli uomini, dopo la menopausa è uguale l'incidenza tra generi. Il suo
esame strumentale è la discografia e RM presente degenerazione discali. Ci sono dei cofattori che sono
fumo che altera il microcircolo e obesità.

COME SONO CLASSIFICATE?


-Protursione discale- non vi è discontinuità ma solo uno sfiancamento dell'anulus fibroso
-Bulding - quadro più importante di protusione con sfiancamento dell'anulus, con iniziale rottura delle
lamelle di fibrocartilagine dell'anulus , con deformazione a Botte del disco.
-Ernia contenuta - quando si trova al di sotto di LLP (legamento longitudinale posteriore)
-Ernia espulsa - ovvero quando si supera il LLP ma non si allontana dal punto di origine
-Ernia migrata - quando il materiale nucleare si porta in una sede più craniale o caudale
 
FATTORE DI RISCHIO:
Sono l'obesità, il fumo, la sedentarietà, le posizioni scorrette e i sovraccarichi
 
CAUSE:
Artrosi lombare, iper/ipo lordosi, problematiche viscerali, traumi, sindrome del piriforme ed ernie e
protrusioni discali.
 
QUALI SONO I SINTOMI?
Un dolore diffuso, una rigidità lombare, una contrattura muscolare, dei disturbi della sensibilità,
un'alterazione dei riflessi periferici e della forza alcuni gruppi muscolari.
 
La lombalgia acuta dura circa 4 settimane, è connessa ad un processo chimico-infiammatorio e il dolore
acuto può essere una possibile red flegs. Circa il 40% dei pz può avere una recidiva entro 4 settimane fino ai
6 mesi successivi dall'evento lombalgico, la probabilità aumenta del 60% entro un anno e con una buona
gestione la recidiva è meno del 25%. Il pz si presenta con una posizione antalgica.
La lombalgia cronica è un dolore lombare presente da più di 3 mesi, sub acuto tra le 4 e le 12 settimane, è
un dolore sensibilizzato, meno definito e scarsamente localizzato e psicosomatizzato.
 
Una diagnosi differenziale nell'acuta, può essere traumatica, dolore pungente acuta, una reazione
vascolare, un edema, un aumento del tono e una restrizione del rom (riduzione di mobilità)
Nello stato cronico si ha una anamnesi di lunga durata, con un trauma passato, un dolore sordo, una
vasocostrizione, ipotonofrismo, tessuto fibroso e restrizione del rom e strutturato.
Nel dolore cronico il processo degenerativo è multifattoriale, in struttura anatomica si ha una riduzione del
trofismo muscolare (infiltrato lipidico), nella funzione biomeccanica si ha una perdita di funzionalità e infine
una risposta psicosociale.
La clinica lombosciatalgia/ cruralgia --> al dolore lombare si associa il dolore irradiato all'arto inferiore nei
territori di innervazione del NERVO SCIATICO e/o del NERVO CRURALE.

 
Una risposta muscolare può essere uno spasmo, un sovraccarico, una distrazione, uno strappo, una
contrattura, uno strain (sforzo) e un trigger point.
Ci sono dei muscolo che sono coinvolti in queste patologie, ovvero --> il quadrato dei lombi, ileo-psoas, il g.
gluteo, piriforme e il multifido.
 
Il trattamento nel dolore acuto, nel preventivo primario, bisogna controllare il peso, evitare overuse e
sovraccarichi, evitare posture scorrette e protratte; nel caso farmacologico si utilizzano antidolorifici, fans,
cortisonici e miorilassanti.
Un trattamento fisico neo caso fisioterapico può essere elettromedicali o terapia manuale; nel caso della
rieducazione motoria si può fare ginnastica antalgica, attività aerobica bilanciata e igiene posturale.
 
Nel trattamento del dolore cronico è rivolto alla riduzione dei sintomi, un trattamento rivolto alla
funzionalità e non sul dolore, follow up e un lavoro multidisciplinare.
 
MUSCOLI PER LIMITI DI ESTENSIBILITA' DELLA COLONNA:
· GRAN DORSALE · Q.LOMBI
· ERETTORI SPINALI
QUESTI SE RETRATTI LIMITANO IL MOVIMENTO
· NON ESCLUDERE LA VALUTAZIONE DI ALTRI DISTRETTI A DISTANZA CHE POSSONO AUMENTARE IL DOLORE
LOMBARE
 
PRINCIPI DEGLI ESERCIZI RELATIVI AL DOLORE LOMBARE:
· AUTOTRATTAMENTO (insegnare al pz il controllo e la prevenzione del dolore durante le ADL)
· STABILIZZAZIONE (attivazione addominale e fascia glutea per controllare i movimenti e assorbire il carico
rispetto ad un movimento)
· ALLENAMENTO CINESTETICO (per rieducare la colonna ai movimenti funzionali, propriocettivi e volto a
ridurre le recidive).
· RESISTENZA DEL TRONCO E A.I (poichè essi favoriscono la stabilità della CV)
 
ESERCIZI DURANTE LA FASE ACUTA:
Si richiede uno sforzo muscolare minimo con l'utilizzo eventuale di strumenti che possono aiutare il pz a
mantenere una posizione sicura in assenza di dolore (lombarini, tappetini rigidi/morbidi, posizioni neutre
supinate e/o in quadrupedia), oppure il mantenimento di posizioni antalgiche.
 
. ABBINAMENTO CON ESERCIZI DI RESPIRAZIONE DIAFRAMMATICA.
· INSERIMENTO DI ESERCIZI DI ATTIVAZIONE ADDOMINALE
· ABBINAMENTO DI ESERCIZI VOLTI ALLA MOBILITA’ DEL BACINO CON CONTRAZIONE GLUTEA E/O
ADDOMINALE
· ESERCIZI DI STABILIZZAZIONE ISOMETRICA (perché spesso il dolore limita il ROM)
 
Nella fase acuta si richiede di camminare 2/4 volte al giorno, di utilizzare un cuscino lombare, di alzarsi e
muoversi regolarmente e favorire tutti i comportamenti volti a rendere il pz consapevole in modo che
impari la gestione della colonna e favorisca i meccanismi di guarigione. Un pz con LBP acuta che restano
attivi hanno meno dolore rispetto a quelli allettati.
 
Nella fase SUB-ACUTA con gli esercizi, bisogna aumentare l'intesità del programma di esercizi solo dopo
aver valutato una diminuzione del dolore durante la mobilità lombo-pelvica. Nella progressione del
trattamento gli esercizi sono liberi agli scopi funzionali specifici del cliente.
 
ESERCIZI DURANTE LA FASE CRONICA:
-educazione del pz sulle strategie di gestione del dolore
-esercizi aerobi prolungati a bassa intensità
-esercizi propriocettivi per aumentare la coordinazione nei movimenti delle attività quotidiane
-multidisciplinarietà
 
 
 
CERVILCALGIA:
E' una manifestazione dolorosa localizzata in regione cervicale e generalmente diffusa a livello cranico in
zona nucale (muscolatura. Sub-occipitale) oppure a livello caudale colpendo la muscolatura superficiale e/o
profonda (trapezio, splenio del collo e della testa, elevatore della scapola)
SPLENIO DEL CAPO ---> Ha un'azione sul rachide cervicale,
un'estensione quando si ha una contrazione bilaterale, e
una flessione laterale omolaterale e rot omolaterale
quando si ha una contrazione unilaterale.
SPLENIO DEL COLLO ---> Ha un'azione sul rachide cervicale,
un'estensione quando si ha una contrazione bilaterale, e
una flessione laterale omolaterale e rot omolaterale
quando si ha una contrazione unilaterale.

 
 
I tessuti algogeni sono le faccette articolari, il disco, il
legamento longitudinale posteriore e giallo, la fascia, i
muscoli e le radici nervose.
 
I fattori di rischio possono essere le posizioni scorrette e
mantenute, i sovraccarichi, ipotonia muscolatura, i disturbi
atm, i disturbi della vista e la sedentarietà. I sintomi e i
segni sono il dolore diffuso, la rigidità cervicale, la contrattura muscolare, l'instabilità cervicale, i disturbi
della sensibilità anche a livello del braccio e l'alterazione dei riflessi periferici e della forza di alcuni gruppi
muscolari.
Le diagnosi mediche sono l'artrosi, discopatie, radicolopatie, le cefalee cervicogeniche, il colpo di frusta, sd.
Stretto toracico.
 
Un trattamento fisico di tipo fisioterapico può essere elettromedicali o terapia manuale; nel caso di
rieducazione motoria si può fare della ginnastica antalgica, rinforzo muscolatura sup. e profonda , igiene
posturale.
 
WHIPLASH: ( parte che non chiederà all'esame )

 
Il sedile spinge contro la schiena del passeggero. La colonna tende a raddrizzarsi (1)
Il torace spinto dal sedile si sposta in avanti e verso l’alto — compressione assiale sulla cervicale. La
cervicale assume una forma ad “S” a causa dell’iniziale estensione delle vertebre inferiori mentre quelle
superiori sono ancora in flessione (2)
Gradualmente tutta la colonna cervicale si porta in estensione fino a una piena estensione di tutto il rachide
cervicale (3 e 4)
Momenti di potenziale danno:
Fase 2: forma ad “S” della cervicale
Fase 3: impatto con il poggiatesta, se non ben posizionato
Fase 4: iperestensione del capo conseguente ad un forte impatto contro un poggiatesta malposizionato o in
assenza di poggiatesta
Fase 4: impatto contro la cintura durante la fase di recupero
QUALI POSSONO ESSERE I DISORDINI?
Cervicalgia, spondilodiscoartrosi cervicale e debolezza nelle spalle, lombalgia, dorsalgia Sintomi radicolari,
disturbi dei nervi cranici, visione confusa, dizziness, cefalea, fotofobia, defecit di memoria, di
concentrazione e del sonno, affaticamento, ansia e stress.
 
Avviene il dolore cervicale il 65% dei pazienti entro 6h, 93% entro 24h, 99% entro 72h dopo un trauma
cervicale. Molti fattori possono influenzare la localizzazione e l'entità del trauma come d'esempio uno stato
pregresso della colonna cervicale e le caratteristiche del trauma (velocità, direzione, equipaggiature di
sicurezza).
 
IMPINGEMENT FACCETTA: L’analisi del movimento di C5-C6 mostra come durante una normale estensione
vertebrale il centro di rotazione sia localizzato nel corpo vertebrale di C6. Quando la cervicale assume la
forma ad “S” durante il whiplash, il centro di rotazione trasla superiormente al corpo vertebrale di C5.
Come risultato di questo movimento si ipotizza la possibilità di un impingement meccanico della frangia
sinoviale o del menisco intracapsulare.
Con una rotazione sufficientemente ampia si ipotizza una possibile lesione a carico del leg. longitudinale
anteriore o del disco intervertebrale (rim lesion)
Studi post mortem hanno enfatizzato l’alta frequenza di traumi alle faccette articolari dopo incidenti
automobilistici letali
 
STRAIN MUSCOLARE causato da una contrazione eccentrica Nelle prime fasi i mm estensori si muovono in
direzione di accorciamento
Rebound vs cintura di sicurezza (capo per inerzia viene proiettato in avanti). Alto numero di passeggeri con
cintura di sicurezza non accusa sintomi a seguito di incidenti frontali
Giustifica una dolorabilità nel breve termine dopo l’impatto ma non la permanenza dei sintomi nei chronic
WAD
 
DORSALGIA: presente nel 66% degli individui dopo whiplash, 23% dei quali lamenta sintomi ancora dopo un
anno.
Sindrome dello stretto toracico e lesioni plesso brachiale
Attivazione muscolare alterata — verificata sui mm SCOM, dentato anteriore, trapezio medio e inferiore
TP confermati a livello dei mm trapezio medio e inferiore, scaleno medio e SCOM Modificazioni istologiche
del mm trapezio in pazienti con chronic WAD
 
I principi di valutazione sono ---> anamnesi recente/remoto, analisi posturale come la posizione del capo
nello spazio sul piano sagittale/posteriore/ anteriore.
I test funzionali possono essere un test attivo di mobilità cervicale ---> flex/est, inclinazione laterale e
rotazione; oppure un test di allungamento.
 
 
PRINCIPI DEGLI ESERCIZI RELATIVI AL DOLORE CERVICALE:
-AUTOTRATTAMENTO, insegnare al pz il controllo e la prevenzione del dolore durante le ADL: come ad
esempio stare seduti, guidare, leggere, parlare e l'ergonomia quotidiana.
 
I principi degli esercizi sono i feedback del clienti, l'ascolto e ricerca delle posizioni ideali, ricerca
dell'obbiettivo con adattamenti, NO DOLORE, incremento graduale, educare la persona a svolgere semplici
esercizi quotidiani
 
ESERCIZI CERVICALI:
· Rinforzo globale senza sovraccarico del rachide cervicale · Esercizi posturali (lavorando anche in altri
distretti)
· Rinforza muscolatura superficiale e profonda
· Esercizi di mobilità
· Esercizi neurodinamici (movimento del nervo all’interno delle fasce) Esempio: coordinazione testa-occhi
· Ricerca della posizione neutra (Corretto assetto occipite-cervicale-dorsale con abbinamento del respiro)
 
RINFORZI CERVICALI:
Rinforzi in flessione (Es: iperestensione cervicale)
· Rinforzi in estensione richiedendo sempre l’attivazione dei flessori profondi cervicali chiediamo di spingere
la lingua contro il palato per controllare il movimento in estensione
 
INTERAZIONI MUSCOLARI TRATTO CERVICO-DORSALE:
Rettilinizzazione attraverso l’azione degli scaleni e dei muscoli anteriori del collo (Retto anteriore della
testa, lungo della testa, lungo del collo).La colonna cervicale viene così proiettata in avanti diventando
rettilinea ed obliqua.
Oppure, la rettilinizzazione può essere provocata da una diminuzione della cifosi dorsale:
In questo caso la colonna avrà un andamento rettilineo e verticale
Iperlordosi azione diretta degli scaleni, elevatore della scapola e paravartebrali.
Indiretta, per flessione posteriore del capo su azione dei fasci superiori del trapezio.
 
CASO TIPO:
Il sig rossi ha 60 anni è una persona attiva va a correre, scia 10gg all'anno, ha un dolore acuto, ha il capo
anteposto e iperlordosi cervicale. Presenta un dolore soprattutto quando guida, soprattutto sul trapezio
alto a sinistra.
Riguardo l'azione muscolare ---> per la cifosi alta nella parte dorsale, il movimento di estensione sarà
limitato, perciò agirò sul respiro

BACINO
Forma la base del tronco e unisce gli arti inferiori e il rachide e forma un anello OSTEO-ARTICOLARE che è
chiuso e composto da 3 formazioni ossee: ovvero le 2 ossa iliache pari e simmetriche e il sacro che è impari
e mediano.
È composto da 4 articolazioni che sono ---> le 2 articolazioni SACRO-ILIACHE e la SINFISI PUBICA e la SACRO-
COCCIGEA
 
ANELLO PELVICO:
Il sacro si articola con le ossa iliache tramite l'articolazione SACRO-ILIACHE. Vi è stretta intercorrelazione ed
interdipendenza con la sinfisi pubica.
 
MOVIMENTI SACRO: NUTAZIONE---> retroversione iporlordosi
Qua il sacro si orizzontalizza, il suo asse di movimento è l'assa trasverso passante per S2. il promontorio
sacrale si sposta inferiormente e anteriormente, l'apice sacra e il coccige si spostanto superiormente e
inferiormente
 
CONTRONUTAZIONE: ---> antiversione, iperlordosi
Il sacro si verticalizza il suo asso di movimento è sempre l'asse trasverso passante per S2, il promontorio
sacrale si sposta superiormente e posteriormente e l'apice sacrale e il coccige si spostano anteriormente e
inferiormente.
 
ATTEGGIAMENTI DEL BACINO:
Nel bacino antiverso o detta rotazione anteriore, è un movimento simmetrico in cui gli iliaci ruotano
anteriormente insieme SIAS e SINFISI PUBICA si spostano inferiormente.
Iper programmazione delle coppie muscolari:
-quadrato dei lombi; retto femorale (quadricipite) ; ileo-psoas. L'anteriorità iliaca si colloca in un
movimento globale d'estensione.
Le conseguenze dell'antiversione possono essere un aumento lordosi lombare; un probabile strapiombo
anteriore; una iper estensione del ginocchio che diventa grave per il legamento crociato ; ipotonia torchio
addominale e fascia glutea e soggetti spesso iper-lassi.
 
Nel bacino retroverso o rotazione posteriore, è un movimento simmetrico in cui gli iliaci ruotano
posteriormente insieme SIAS e SINFISI PUBICA si spostano inferiormente. Le coppie muscolari coinvolte
sono: grandi retti dell'addome; ischio-crurali; piriforme; gluteo; e la posteriorità iliaca si colloca in un
movimento globale di flessione. Le conseguenze sono: rettilinizzazione lombare, flexum del ginocchio,
ipotonia q.femorale ed estensori del rachide, probabile strapiombo posteriore, probabile soggetto
lombalgico e probabile postura sway-back.
 
DECUBITO SUPINO:
Le art. sacro iliache sono sollecitate in modo diverso a seconda che si tengano le art. coxo-femorali in
posizione flessa o estesa
 
Nella posizione supina ad anche estese si ha una trazione dei muscoli flessori dell'anca, una antiversione del
bacino, una diminuzione della distanza tra apice sacrale e tuberosità ischiatica e una rotazione a livello
dell'art sacro-iliaca nel senso della CONTRONUTAZIONE.
Invece in posizione supina ad anche flesse si ha una trazione dei muscoli ischio-crurali, una retroversione
del bacino e una rotazione a livello dell'art. sacro-iliaca nel senso della nutazione.

RESPIRAZIONE
Il diaframma ha un origine costale, lombare e sternale. La parte costale prende origine dalle ultime 6 coste,
la parte lombare è delimitata dai suoi pilastri da l1 e il processo sternale dal processo xifoideo. La sua
funzione è estensoria rispetto al rachide, e di inspirazione/elevazione rispetto alle coste e a livello
addominale si ha un abbassamento dei visceri.
La funzione più importante della gabbia toracica è la ventilazione. Il processo di ventilazione dipende dalla
mobilità della componente ossea delle coste e dell'abilità dei muscoli respiratori di muovere il torace. La
funzione di ventilazione può essere compromessa in caso di patologie che interessano il torace, come ad
esempio la scoliosi.

MUSCOLI RESPIRATORI:
Tutti i muscoli che si inseriscono sul torace sono potenzialmente muscoli respiratori, il reclutamento dei
muscoli è in relazione al tipo di respirazione che si ha nel dato momento --> basale o sotto sforzo.
Si hanno due tipi ---> primari e accessori.
I primari intervengono nella respirazione basale come il diaframma, gli intercostali e gli scaleni.
Gli accessori assistono la respirazione in situazioni di stress e sono: lo scom, trapezio, grande e piccolo
pettorale, succlavio, elevatore delle coste e addominali.
 
I muscoli inspiratori sono il diaframma, scaleni, intercostali esterni, piccolo pettorale, trasverso
dell'addome, dentato postero superiore e postero inferiore, elevatore delle coste, ileocostale, dentato
anteriore.
I muscoli espiratori sono il trasverso dell'addome, intercostali interni, obliqui interni e esterni.
 
Le funzioni del diaframma sono che aiuta il muscolo cardiaco a svolgere la sua funzione di pompa in quanto
permette maggior ritorno venoso, è il principiale muscolo della respirazione, divide la cavità toracica
dell'addominale garantendo una diversità pressoria tra le 2, ed è un muscolo essenziale per la meccanica
respiratoria, da solo riesce ad aumentare i 3 diametri del volume toracico ed esso è in antagonismo
sinergico con i muscoli addominali.
 
INSPIRAZIONE ED ESPIRAZIONE:
Aumenta il tono del diaframma ---> diminuisce il tono degli addominali
La respirazione è fondamentale perché agisce su 3 parametri ---> fisiologico, fisico e mentale
 
A livello fisiologico, una respirazione efficace riesce a migliorare la ventilazione e scambio gassoso, ottimizza
la respirazione cellulare e cardiopolmonare, ottimizza il metabolismo dell'ossigeno, sfrutta al meglio i
processi energetici, aumenta il rapporto ventilazione/perfusione polmonare e favorisce l'eliminazione di
lattato e CO2.
A livello sportivo, fornisce all'atleta le condizioni per gestire meglio la respirazione, ottimizza la capacità
ventilatoria, sfrutta al meglio i volumi polmonari, rende maggiormente elestiche le strutture polmonari, i
muscoli intercostali, la gabbia toracica ed il diaframma, aumenta la consapevolezza nell'intervento dei
muscoli accessori alla respirazione e diminuisce le contrattura e migliora la postura.
A livello mentale aiuta nella concentrazione, rilassamento, abilità mentali, gestione delle situazione
stressanti e delle emozioni.

GINOCCHIO
E' formato da strutture ossee, che sono il femore, tibia e la rotula. I legamenti presenti sono il crociato
anteriore e posteriore, collaterale mediale e laterale.
E' formato da 2 articolazioni che sono ---> femoro-tibiale e femoro-rotulea (patella)
L'asse è trasverso, il movimento di flesso-estensione è sul piano sagittale.
 
L'angolo di valgismo è dato dall’asse anatomico del femore, asse anatomico della tibia e misura circa 174°.
Nel ginocchio varo si ha un aumento dell'angolo di valgismo, porta ad un GENU VARUM= VARISMO, il suo
angolo è maggiore di 174°
Una diminuzione dell’angolo di valgismo porta ad un GENU VALGUM = VALGISMO detto anche ginocchio
valgo, il suo angolo è minore di 174°.
 
VARO-VALGO:
Entrambe le condizioni costringono l’articolazione a carichi anomali e non bilanciati. Questi nel tempo
possono causare degenerazioni a livello osseo e cartilagineo, oltre che tensione di capsula, legamenti e
muscoli.
 
L'articolazione femoro-tibiale è un ginglimo angolare o troclea, il suo movimento principale è la flesso-
estensione
 
IL CONDILO LATERALE ROTOLA MAGGIORMENTE RISPETTO AL MEDIALE
 
La posizione dell’anca influisce sul ROM del ginocchio per la tensione dei MM ISCHIO-CRURALI
LA FLESSIONE DELL’ANCA FAVORISCE LA FLESSIONE DEL GINOCCHIO.
 
I menischi seguono il movimento delle ossa, in particolare rimangono adesi al piatto tibiale e si deformano
per i movimenti dei condili femorali. Il menisco laterale arretra il doppio rispetto al menisco mediale (12mm
contro 6mm). Invece il menisco esterno si deforma e si sposta più del menisco interno perché le inserzioni
delle sue corna sono più ravvicinate.
 
MUSCOLI FLESSORI MENISCO:
• BICIPITE FEMORALE
• SEMIMEMBRANOSO
• SEMITENDINOSO
• SARTORIO
• GRACILE
• POPLITEO
• GASTROCNEMI
 
MUSCOLI FLESSORI + INTRAROTATORI:
 POPLITEO
 GRACILE
 SARTORIO
 SEMIMEMBRANOSO
 SEMITENDINOSO
 
MUSCOLO FLESSORE+ EXTRAROTATORE:
• BICIPITE FEMORALE
 
I muscoli in grado di produrre valgismo è il bicipite femorale, gastrocnemio laterale e il popliteo, invece
quello in grado di produrre varismo sono il semimembranoso, semitendinoso, gastrocnemio mediale,
sartorio, gracile.
 
SARTORIO:
E' un flessore, abduttore ed extra-rotatore dell'anca e flessore ed intra-rotatore del ginocchio. Anche se bi-
articolare sembra che la posizione del ginocchio non influisca troppo sull'anca, in quanto non ne varia di
troppo la lunghezza.
 
ESTENSIONE:
• ESTENSIONE ATTIVA supera di poco la posizione di riferimento
• ESTENSIONE PASSIVA 5°-10° oltre la posizione di riferimento
Il muscolo estensore del ginocchio è il quadricipite femorale con i suoi 4 capi che sono ---> il retto femorale,
vasto laterale, vasto intermedio e mediale.
 
Il retto-femorale è l'unica porzione bi-articolare del quadricipite, flette l'anca ma la sua efficeienza è
influenzata dalla poszione del ginocchio dando maggior contributo a ginocchio flesso.
 
GRANDE GLUTEO E SOLEO:
Questi 2 muscoli non sono direttamente implicati con l'articolazione del ginocchio, ma una loro
contemporanea contrazione in una persona in carico, coadiuva l'estensione del ginocchio.
 
MUSCOLI INTRAROTATORI:
• GRACILE
• SARTORIO
• SEMITENDINOSO
• SEMIMEMBRANOSO
• POPLITEO
Contraendosi tirano indietro la parte interna del piatto tibiale, facendolo ruotare in modo che la punta del
piede si diriga verso l’interno.
Hanno il ruolo di freni dell’extra- rotazione a ginocchio flesso. Proteggono le strutture capsulo-
legamentose in sollecitazioni brusche.
 
EXTRORATOZIONE:
Il capo breve del bicipite femorale è l’unico muscolo extra-rotatore mono-articolare, che quindi non risente
della posizione dell’anca.
 
ART. FEMORO-ROTULEA:
È una DIARTROSI di tipo ANARTROSI
Durante i movimenti del ginocchio vi sarà uno scivolamento della ROTULA sulla cartilagine presente nella
superficie intercondiloidea, sulla faccia patellare del femore.
 
GONARTROSI:
Può essere primaria o secondaria (traumi, sovrappeso, alteraz. biomeccaniche, meniscectomie,
sollecitazioni professionali);
Erosione cartilagini, perdita qualità̀ lubrificazione, osteofiti, rimaneggiamento osseo;
Dolore sordo e profondo, rigidità̀ mattutina, limitazione in flex, atteggiamento in semiflex, ipotrofia
quadricipite (base propriocettiva), dolore al carico, crepitii;
Quadro radiografico: spine intercondiloidee, riduzione rime, osteofiti, radiopacità̀ ossea.
 
I principali fattori di rischio sono l'obesità che è il più importante fattore di rischio modificabile per lo
sviluppo dell'artrosi del ginocchio in tutti e 2 i sessi.
Nelle donne in sovrappeso, la riduzione del peso di 5kg è associata ad una riduzione del 50% del rischio di
sviluppare una gonartrosi sintomatica.
 
Le lesioni meniscali possono essere:
ACUTE: tipicamente nel giovane, giovane-adulto in seguito a traumi distorsivi di una certa entità
DEGENERATIVE: nell’adulto e nell’anziano, anche per traumi di lieve entità
 
 Fattori predisponenti: lassità̀, atrofie muscolari, deviazioni assiali, professioni, sovrappeso;
 Cause: traumatica, degenerativa (comporta sintomatologia subdola, dolore dopo affaticamento e in
massima flessione);
 Classificazioni: trasversale, longitudinale, manico di secchio, flap, radiale e degenerativa;
 Clinica: dolore acuto immediato e localizzato (che può̀ regredire), idrartro, instabilità̀, blocchi
articolari.
 
Nel 70% la sede della lesione può essere il menisco mediale, 23% menisco laterale e il 7% mediale+laterale,
la sede più comune è il terzo medio-posteriore.
 
LESIONE CROCIATO ANTERIORE:
Il trattamento può essere CONSERVATIVO: potenziamento muscolare, eventuale uso di tutori nelle attività ̀
sportive (nuoto a stile libero e bici)
CHIRURGICO: ricostruzione artroscopica del LCA utilizzando trapianti autologhi (tendine rotuleo,
semitendinoso-gracile, quadricipitale) e trapianti da cadavere
 
ESEMPI PRATICI DI ESERCIZI:
-MOBILITA’ GINOCCHIO (FLEX-EXT): senza sovraccarico
-STREATCHING DINAMICO ISCHIO CRURALI (flessione anca)
-STREATCHING QUADRICIPITE FEMORALE E ADDUTTORI

CAVIGLIA
A livello mediale si ha una componente legamentosa mediale e laterale.
 
La principale art. è la tibio-tarsica, È l’articolazione distale dell’arto inferiore Condiziona i movimenti della
gamba in rapporto al piede, sul PIANO SAGITTALE.
È una TROCLEA Possiede un solo grado di libertà
FLESSIONE PLANTARE e DORSALE
 
FLESSO-ESTENSIONE:
Durante i movimenti di flesso-estensione della caviglia, la forma del corpo dell’ASTRAGALO facilità la
STABILITA’ ARTICOLARE perché́ è più̀ ampio anteriormente.
 
FLESSIONE DORSALE:
• Ampiezza dai 20° ai 30° con notevoli differenze tra individui.
 
MUSCOLO TRICIPITE SURALE:
• Una retrazione di tale muscolo può fortemente limitare il movimento di dorsiflessione della caviglia.
• Esso è composto dai due fasci del Gastrocnemio e dal Soleo.
 
FLESSIONE PLANTARE:
• O ESTENSIONE
• Ampiezza variabile ai 30° ai 50° a seconda degli individui
 
LIMITAZIONE IN ESTENSIONE:
Il primo fattore che interviene a limitare l’estensione è la resistenza offerta dal tono dei MUSCOLI FLESSORI:
• TIBIALE ANTERIORE
• ESTENSORE LUNGO DELLE DITA • ESTENSORE LUNGO DELL’ALLUCE
 
PIEDE PIATTO:
Cedimento archi plantari dati da fattori ossei, lassità̀ legamentose, deficit muscolari, compensi problemi
posturali; Gli archi plantari si formano entro il decimo anno, entro i 4/5 anni il piattismo è parafisiologico;
P. Piatto rigido: raro, malposizioni ossee + contrattura tessuti molli • P. Piatto ipermobile;
Nei diabetici le complicanze neurologiche alterano la propriocettività, portando al piede piatto;
Non è una condizione dolorosa , Impacci deambulatori, alterazioni biomeccaniche e posturali.
 
PIEDE CAVO:
E' un aumento della volta longitudinale dell'arco plantare, squilibri muscolari che controllano la formazione
e mantenimento degli archi ---> intrinseci ed estrinseci piede
Idiopatico: eziologia sconosciuta;
• Secondario: legato a patologie o disfunzioni neurologiche
 

ESEMPI PRATICI DI ESERCIZI CAVIGLIA:


 
 
-MOBILITA’ TIBIO-TARSICA (FLEX-EXT):
-RINFORZO FLESSORI DORSALI

SPALLA
E' un complesso articolare formato da 5 articolazioni, che 3 sono vere ---> gleno-omerale, acromion-
clavicolare e sterno-clavicolare. E 2 sono false ---> scapolo-toracica e sotto-acromiale
 
L'art gleno-omerale, è l'articolazione tra la testa omerale e la glena della scapola, più piccola ed
incongruente a favore di maggiore mobilità. E' una enartrosi con 3 gradi di libertà.
La capsula articolare è relativamente lassa e dotata di grande mobilità, tesa superiormente e allentata
antero-inferiormente.
E' rinforzata dai legamenti gleno-omerali superiore, medio, inferiore e legamento coraco-omerale, oltre che
dai tendini della cuffia dei rotatori.
 
L'art. acromion clavicolare è un'articolazione pari e simmetrica di tipo artrodia che è costituita da scapola e
clavicola, i suoi mezzi di fissità sono: capsula articolare, leg acromio-clavicola e leg coraco-clavicolare
composto dai 2 fasci.
 
L'art sterno-clavicolare è una articolazione pari e simmetrica a sella costituita da 3 ossa che sono la
clavicola, il manubrio sternale e k1. i suoi mezzi di fissità sono la capsula articolare, leg sterno clavicolare,
interclavicolare e costoclavicolare.
 
La scapola è un osso piatto situato nella regione postero superiore del torace, indicativamente tra k2-k3 e
k7-k8 e lateralmente a d2-d3 e d7-d8 di forma triangolare con base superiore ed apice inferiore.
I legamenti intrinseci della scapola sono il coracoacromiale, trasverso superiore e inferiore.
 
MOVIMENTI DELLA GLENO-OMERALE:
La flessione Avviene attorno ad un ASSE CORONALE passante per il centro della testa omerale.
︎Vari autori riportano differenti gradi di flessione: 120°, 97° o 180° come afferma Kapandji. Tutti
sottolineano l’importanza della diversità da individuo a individuo.
︎Kapanji divide la flessione in 3 tempi.
Il primo tempo della flessione è da 0 a 50-60°. I muscoli interessati sono il fascio anteriore claveare del
deltoide, il coraco-brachiale e il fascio superiore claveare del gran pettorale.
Il secondo tempo della flessione è da 60-120°, entra in gioco il cingolo scapolare, i muscoli interessati sono
il trapezio e il gran dentato.
Infine nel terzo tempo della flessione interviene il rachide e intervengono i muscoli lombari oltre a trapezio
e gran dentato già reclutati nei gradi precedenti
 
L'estensione Avviene attorno ad un ASSE CORONALE passante per il centro della testa omerale ︎Diversi
gradi di movimento: 50° . La muscolatura coinvolta è:
ESTENSIONE della GLENO-OMERALE: ︎GRANDE ROTONDO;PICCOLO ROTONDO; Fascio posteriore del
DELTOIDE ; GRAN DORSALE
 
L'intrarotazione avviene attorno ad un asse parallelo alla diafisi omerale, i muscoli intrarotatori sono il gran
dorsale, rotondo, sottoscapolare e il gran pettorale.
 
L'extrarotazione avviene attorno ad un asse parallelo alla diafisi omerale e i suoi muscoli sono il
sovraspinato, sottospinato e piccolo rotondo.
 
MUSCOLI DELLA CUFFIA:
Muscolo sovraspinato; Muscolo sottospinato; Muscolo piccolo rotondo; Muscolo sottoscapolare.

Ruolo fondamentale nella STABILIZZAZIONE dinamica dell’art. gleno- omerale


I loro tendini si inseriscono nella capsula ︎la loro contrazione tende capsula e legamenti annessi creando︎
maggior stabilità.
Nel movimento di adduzione i muscoli interessati sono il gran rotondo, dorsale, pettorale e romboidei. Nel
movimento di abduzione Avviene su un ASSE A/P passante per il centro della testa omerale
A seconda degli autori: 90° solo gleno- omerale e 120° con movimento della scapola.
ABD GLENO-OMERALE:
- DELTOIDE
- GRAN DENTATO e
TRAPEZIO
 
Le patologie della spalla sono:
MALFORMAZIONI SCAPOLARI, MALFORMAZIONI CLAVEARI, IMPINGEMENT, CAPSULITE ADESIVA
LUSSAZIONI, INSTABILITA’ FRATTURE TUMORI OSSEI SLAP LESION PROBLEMATICHE MECCANICHE
 
SCAPOLA ALATA:
Con il termine di “Scapola Alata” si definisce un assetto anomalo della scapola in cui il margine mediale,
quello più vicino alla colonna vertebrale, è sollevato rispetto al piano toracico
Le cause dipendono sia da lesioni sia da inefficienza dei muscoli ma anche patologie di alcuni nervi specifici
sono responsabili perché hanno come conseguenza un anomalo funzionamento dei muscoli;
 
CAPSULITE ADESIVA:
o spalla congelata, è una malattia infiammatoria senza causa patologica che colpisce la capsula articolare
della spalla portando a limitazione articolare e dolore.
La capsula articolare è un manicotto di tessuto connettivo denso che avvolge l'articolazione sostenendo e
stabilizzando i due capi ossei che la formano.
 
GOMITO
L'articolazione del gomito è costituita dai rapporti di 3 ossa che sono l'epifesi distale dell'omero, epifesi
prossimale del radio e epifesi prossimale dell'ulna
 
Nervo ulnare= quello delle bestemmie
 
OMERO:
EPICONDILO MEDIALE o epitroclea EPICONDILO LATERALE ---> si inseriscono molti muscoli
FOSSA OLECRANICA: nella porzione posteriore dell’omero, per accogliere l’olecrano dell’ulna in estensione
del gomito
 
L'art omero-ulnare è ginglimo angolare o troclea che è costituita da troclea omerale e incisura semilunare
 
L'art omero radiale è una condiloartrosi
 
L'art radio ulnare prossimale che è un ginglimo laterale o trocoide
 
Nella flessione il muscolo brachiale anteriore è esclusivamente flessore del gomito, il lungo supinatore è
flessore del gomito e blando supinatore in gradi estremi di pronazione. Invece il bicipite brachiale che è
flessore e supinatore.
 
Nell'estensione il muscolo coinvolto è il tricipite brachiale con i 3 ventri che sono ---> mediale, laterale e
capo lungo bi-articolare.
 
L'art radio ulnare distale è un trocoide, con un solo grado di libertà, ovvero la rotazione. E' composta da 2
superfici cilindriche che sono la testa dell'ulna e la cavità sigmoidea del radio
 
EPICONDILITE / EPITROCLEITE:
Patologia infiammatoria su base microtraumatica (overuse), che colpisce la parte inserzionale a livello
epicondilare dei tendini della loggia degli estensori del polso (in particolare l’estensore breve radiale), a
livello epitrocleare dei tendini della loggia dei muscoli flessori del polso.
SCOLIOSI
COS'E' UN PARAFORMISMO?
Atteggiamento posturale senza malformazioni scheletriche, riducibile con trattamenti passivi e rieducazione
postulare attiva, sono modificabili
es: atteggiamento cifotico, scoliotico.
 
COS’E’ UN DISMORFISMO?
Vizio posturale che si basa su una malformazione scheletrica associata ad un disequilibrio del tessuto
connettivo e muscolare, non CORREGGIBILE
es: Cifosi dorsale, scoliosi, dismetrie a.i
 

 
 
E' una deviazione della colonna vertebrale nei tre piani dello spazio, su di un piano frontale con movimento
di deflessione laterale, su di un piano sagittale con un alterazione delle curve e su un piano assiale con un
movimento di rotazione.
L'integrazione di questi tre movimenti provoca la cosiddetta 'torsione vertebrale'.
 
ANGOLO DI COBB:
L’Ortopedico traccia una linea passante per il piatto vertebrale superiore all’apice della curva, una linea
passante per il piatto vertebrale inferiore alla base della curva traccia le perpendicolari e misura l’ angolo .
 
• <5°indicativodiscoliosi
• <5°,30°<scoliosi
• >30°scoliosigrave
 
 
Test di ADAM:

 
L’ortopedico si posiziona dietro al paziente, dopo la palpazione in ortostasi chiede al paziente una flessione
del rachide che evidenzia il gibbo.
Questo test supportato da Rx conferma all’ortopedico la differenziazione tra:
Atteggiamento Scoliotico dove la curva si corregge con la flessione
Scoliosi Vera dove i corpi vertebrali ruotando evidenziano il gibbo dalla parte della convessità che può
essere dorsale, dorso-lombare o lombare.
 
EZIOLOGIA:
 
Eziologianota: dismetrie, rachitismo,nmalformazioni congenite delle vertebre, dell’anca, osteomalacia
 
-Eziologia idiopatica (70%): squilibri SNC genetici con disassamento osseo e crescita differente delle
vertebre con cedimento capsulo-legamentoso sui quali agiscono fattori biochimici e neuromuscolari
 
 
ATTEGGIAMENTO SCOLIOTICO da Dismetria A.I:
Spesso l’atteggiamento scoliotico deriva da una differente lunghezza degli arti inferiori (DISMETRIA) che
porta uno squilibrio ASCENDENTE.
Spesso questo è correggibile con plantare specifico sotto equipe ortopedico/podologo.
Frequente circa di -1cm.
 
ATTEGGIAMENTO SCOLIOTICO POSTURALE
Difetti posturali dovuti a retrazioni e contratture asimmetriche del sistema musco-scheletrico che con il
passare degli anni portano in sofferenza la struttura.
 
RISPOSTA MUSCOLARE:
Nella SCOLIOSI VERA:
I muscoli delle docce paravertebrali dal lato della convessità sono ALLUNGATI ma IPERTONICI perché
sempre in contrazione
Dal lato della concavità sono ACCORCIATI ma IPOTONICI.
 
TEST DI RISSER:

 
ado 0 = nessun nucleo di ossificazione
Grado 5 = ossificazione completa, 3 anni dopo la pubertà
Fino al grado 2 il rischio di peggioramenti è del 50%.
 
TIPOLOGIE DI SCOLIOSI: Regione Anatomica
Cervico-dorsali
Dorsali
Dorso-lombari
Lombari
A due curve
A tre o più curve
 
TIPOLOGIE DI SCOLIOSI: Relative all’età di comparsa
Scoliosi del neonato
Scoliosi infantili
Scoliosi giovanili
Scoliosi adolescenziali
Scoliosi dell’adulto

 
TRATTAMENTO IN BASE AI VARI GRADI:
Tra i 10 ed i 30 gradi Cobb trattamento rieducativo
Tra i 20 ed i 40 gradi Cobb trattamento ortopedico con corsetto e rieducativo
Oltre i 40 gradi Cobb trattamento chirurgico.
 
TRATTAMENTO RIEDUCATIVO:
Non c’è un protocollo standardizzato ma varie tipologie di diversi trattamenti che variano a seconda della
tipologia e della gravità della patologia
 
Tra questi i più diffusi sono:
Metodo Mezieres
Trattamento Bienfait
Ginnastica correttiva e rieducazione posturale
 

 
Si propone per le prime due tipologie di scoliosi e si basa su esercizi rivolti allo sviluppo ed al rafforzamento
di:
STABILITA’ DEL RACHIDE
CONTROLLO ADDOMINALE
PROPRIOCEZIONE
TROFISMO MUSCOLARE
FUNZIONALITA’ RESPIRATORIA

POSTURA
COS’E’ LA POSTURA?
Capacità dell’uomo di stare in equilibrio in tutte le posizioni
Predisposizione genetica
Comprende tutto quello che l’uomo compie e subisce nella sua vita, posizioni, movimenti, posture, gesti,
attività fisica, lavoro, traumi.
 
DEFINIZIONE FORZA DI GRAVITA’
E’ la forza che attrae un corpo verso il centro della Terra o verso qualunque corpo fisico avente massa.
Il nostro corpo lotta costantemente con la forza di gravità che ci circonda e ci schiaccia in ogni momento.
Per opporsi a questa forza il nostro corpo utilizza molteplici strategie:
Curve rachide: La presenza di queste aumenta la resistenza del rachide alle sollecitazioni di compressione
assiale date dalla gravità.
 
E’ stato dimostrato che la resistenza di una colonna che presenta delle curve è proporzionale al quadrato
del numero delle curve più uno, ovvero R = N2+ 1
Una colonna vertebrale che presenta le fisiologiche curve ha una resistenza di 10 volte superiore rispetto ad
una colonna RETTILINEA
 

Le curve fisiologiche si formano durante la crescita del bambino come risposta alla forza di gravità.
Nel Neonato sono presenti le due cifosi successivamente
- si forma la lordosi cervicale quando i bambini cominciano a guardarsi in torno.
- si forma la lordosi lombare quando cominciano a gattonare e successivamente si alzano in piedi.

 
 
Baricentro:
Il baricentro di una massa coincide (statisticamente) con il suo punto di equilibrio in un sistema sottoposto
a forza gravitazionale.
ESEMPIO: nel corpo umano il baricentro corrisponde (in teoria) alla parte anteriore del corpo vertebrale di
L3 e sulla pelle alla zona dell'ombelico.
N.B. l'ombelico è un riferimento generale e aspecifico.
L’ EQUILIBRIO invece è la capacità di mantenere il baricentro al suolo all’interno del poligono di appoggio in
tutte le posizioni.
La posizione del baricentro cambia in funzione alla posizione del corpo nello spazio.
Nel soggetto adulto in ortostasi il centro di gravità corporeo si situa a livello di S2 (Opla, KA,1988).
Linea centrale di gravità (piano sagittale)
Linea centrale gravitazionale(LCG): rappresenta la somma delle forze che la gravità esercita sul nostro corpo
e in posizione eretta dovrebbe passare per il baricentro e cadere nella base di appoggio.
PASSA IDEALMENTE:
Davanti al trago dell’orecchio, Davanti alla testa dell’omero, Davanti a L3,
Nel terzo anteriore del sacro, Davanti al g.trocantere, Davanti al malleolo laterale
 

 
Relazioni tra una buona postura e l’equilibrio:
Ci sono tre regole fondamentali a cui il nostro corpo tende sempre: • Equilibrio
• Economia
• Comfort
Queste concorrono per mantenere un’equilibrio statico.
 
Queste 3 regole sono strettamente intercorrelate tra loro.
Se sono in EQUILIBRIO consumo poca ENERGIA e non provo alcun DOLORE
Ma per evitare il dolore il nostro corpo preferisce rompere la regola dell’equilibrio DISCOMFORT.
 
Il nostro corpo sia coscientemente che involontariamente tende ad evitare il dolore effettuando dei
compensi e cercando sempre il risparmio energetico.
Risparmio energetico: raggiungere il massimo risultato con il minimo sforzo e il minor dispendio energetico
 
L’uomo è in grado di produrre e assumere un’ enorme quantità di movimenti e posture, che richiedono alle
strutture del corpo umano sia di generare che di rispondere alle forze che producono e controllano il
movimento a livello delle articolazioni.
Dolore = fallimento del tentativo di adattamento da parte del corpo in toto.
 
DEFINIZIONE FENOTIPO:
Per fenotipo si intende l’insieme di tutte le caratteristiche osservabili di un organismo vivente, quindi la sua
morfologia, il suo sviluppo e le sue proprietà biochimiche e fisiologiche comprensive del comportamento.
 
TIPOLOGIE DI FENOTIPI:
Esistono diverse classificazioni per descrivere il fenotipo ad esempio:
SOGGETTO LONGILINEO NORMOLINEO BREVILINEO
La Classificazione più usata è quella descritta da Sheldon negli anni ’40 che presenta i soggetti in questo
modo:
 

 
SOGGETTO MESOMORFO:
Ha un fisico caratterizzato da notevole massa muscolare ed una bassa percentuale di grasso. Questi soggetti
sono adatti a tutti gli sport e psicologicamente sono molto attivi.
Utilizzano molto la loro muscolatura per rispondere alla forza di gravità.
 
SOGGETTO ENDOMORFO:
Accumula grasso con estrema facilità, infatti, ha un'elevata percentuale di grasso corporeo.
Hanno spalle curve e strette, un fisico tondeggiante con un addome sporgente.
Metabolismo basale molto basso.
 
SOGGETTO ECTOMORFO:
Soggetti alti, esili, un ossatura minuta, con una muscolatura quasi inesistente e una percentuale di grasso
molto bassa. Generalmente essi sono molto nervosi, irritabili e introversi. Metabolismo basale molto alto.
 
ANALISI POSTURALE:
Esistono molteplici varianti anatomiche o dismorfismi perciò ci si basa sui cosiddetti punti di repere utilizzati
come linea guida per definire la posizione del corpo nello spazio.
 
PUNTI DI REPERE:
-Visione Posteriore -Visione Anteriore -Visione Laterale
 
Visione laterale (Piano Sagittale)
1.Capo
2.Trago dell’orecchio 3.Acromion
4.Gran trocantere
5.Testa della fibula/perone
6.Malleolo laterale/peronale
 
Visione Posteriore (piano coronale)
1.Inion (Occipite)
2.Acromion, angoli scapolari e spine scapolari
Linea scapolare per eventuali asimmetrie del cingolo 3.Triangoli della taglia TDT e pieghe gluteee per
asimmetria bacino
4.Bacino: creste iliache, sips, gran trocantere 5.Cavo popliteo
6.Malleoli
7.Appoggio plantare(posizione calcagno)
 
Visione Anteriore:
1.Capo: angoli mandibolari e mento 2.Acromion, clavicole
3.Triangoli della taglia TDT
4.Bacino: Creste e sias
5.Rotule
6.Volta plantare

ANATOMIA CRISAFULLI:
ASSI E PIANO di MOVIMENTO: (ripassarli una domandina all'esame)
Ogni movimento si svolge ATTORNO a un asse e su un piano (assi sagitale, verticale e trasversale) (piano
frontale che taglia il corpo a metà, sagittale e trasversale in 2 metà superiori e inferiori).
Esempi:
I movimenti di rotazione avvengono su un asse verticale e piano trasversale.
I movimenti di abduzione e adduzione avvengono sull'asso sagittale e sul piano frontale.
I movimenti di flesso/estensione avvengono sull'asse trasversale e sul piano sagittale
 
 
Cenni sulle Articolazioni:
E' il punto di unione tra 2 segmenti ossei, possono essere classificati per il range di movimento o la
posizione anatomica.
Ogni gruppo funzionale può essere ulteriormente diviso sulla base della struttura anatomica
dell'articolazione.
 
RANGE DI MOVIMENTO:
 
-Sinartrosi, sono fisse e possono essere fibrose e cartilaginee e possono fondersi con l'età, sono posizionate
dove devono essere impediti i movimenti tra le ossa, come le strutture di posizione. Esistono 4 tipi--> sutura
che si trova nel cranio, i margini ossei sono dentellati e interconnessi; gonfosi ovvero le articolazioni dei
denti, dove unisce i denti alle cavità alveolari mascellari e mandibolari mediante un legamento fibroso
(periodontale); sindocondrosi unisce i segmenti ossei mediante un ponte cartilagineo rigido, come la
connessione tra il primo paio di coste e lo sterno; sinostosi sono fisse e rigide come la sutura frontale del
cranio e con l'avanzare dell'età si fondono.
 
-Anfiortrosi, permette un movimento maggiore della sinartrosi, i capi articolari sono uniti da fibra collagene
o di cartilagine. Esistono le Sindesmosi, dove i capi ossei sono uniti da legamenti come l'articolazione tibio-
fibulare e poi ci sono le sinfisi che i capi ossei sono separati da un cuscinetto di cartilagine fibrosa, un
esempio sono le ossa pubiche.
 
-Diartrosi o sinoviale, permettono movimenti più ampi e sono caratterizzate da un capsula fibrosa e
localizzate sull'epifisi (ossa lunga). Si suddividono in artodie che sono quelle di scivolamento in cui le
faccette articolari risultano piatte o leggermente inclinate, un esempio è l'articolazione intervertebrale tra i
processi articolari ; ginglimo angolare permette movimenti angolari in un solo piano come l'articolazione
del gomito; ginglimo laterale sono anche esse monoassiali, ma permettono solo la rotazione, come
l'articolazione radio ulnare; enartrosi ovvero un capo articolare di forma sferica prevede contatto con uno
di forma concava, permette movimenti su tutti i piani dello spazio, come l'articolazione della spalla ;
sellatrosi a forma di sella e un esempio è la carpometacarpica del pollice.
COLONNA VERTEBRALE
RAPPRESENTA Il pilastro centrale del corpo, con funzione di sostegno e fornisce ampia superficie per
l'inserzione dei muscoli.
In visione dorsale la linea delle spalle e delle fosse sacrali sono parallele (diagonale minore della losanga di
michelin) e orizzontali. In visione frontale posteriore è possibile vedere una lieve curvatura trasversale non
patologica (perché si mantenga nei limiti). In visione sagittale si riscontrano 4 curve.
Formata da 24 vertebre, 7 cervicale, 5 lombari e 12 dorsali e il sacro e coccige, forma una colonna di
sostegno che sopporti il pesi di testa, collo e tronco e trasmette il peso allo scheletro appendicolare dagli
arti inferiori.
4 curve spinali --> cervicale, toracica, lombare e sacrale.
Le curve primarie sono la CIFOSI toracica e sacrale, compaiono verso la fine dello sviluppo fetale, sono
anche dette curve di accomodazione.
Le secondarie sono la lordosi cervicali e lombare, compaiono qualche mese dopo la nascita e sono dette
curve di compensazione.

Le curve spinali si compensano in modo che il piano masticatorio (caratterizzato quando si stringe un
cartone tra le arcate dentali) sia orizzontale e che lo sguardo si diriga naturalmente verso la linea
dell'orizzonte.
Durante la filogenesi ( corso dell'evoluzione dell'uomo) il passaggio dalla quadrupedia alla posizione eretta
ha causato prima il raddrizzamento e poi l'inversione della curva lombare. Gli arti superiori sono passati dal
lavori in compressione al lavoro in trazione.
Nel neonato, all'età di un giorno il rachide lombare è concava anteriormente, a 5 mesi è ancora lievemente
concavo, a 13 mesi si rettilineizza e a partire dai 3 anni compare una lieve lordosi che si accentua ad 8 e
diventa definitiva a 10.

ANATOMIA DELLE VERTEBRE:


il passaggio da una regione vertebrale ad un'altra è definita--> cerniera.
L'ultima vertebra di una regione possiede caratteristiche simili alla prima del tratto successivo.

Come è fatta una vertebra?


Il corpo è formato da una corticale di osso denso che circonda un tessuto spongioso, l'arco posteriore a
forma di U a cui si collegano i massicci della apofisi o processi articolari.
Anteriormente ai processi articolari si trovano i peduncoli.
Posteriormente ai processi articolari ci sono le lamine.
Sulla linea mediana posteriore si trova l'apofisi spinosa, lateralmente (5) si trovano i processi trasversi.
RIGUARDARE REGOLA DELLA CASETTA.

DISCO INTERVERTEBRALE:
Formato da strati di lamelle fibrocartilaginee disposte concentricamente (anulus fibroso), al centro
presenta una massa gelatinosa formata principalmente da acqua che prende il nome di nucleo polposo,
all'interno del nucleo polposo sono presenti cartilagine ialina e mucopolissacaridi. La distribuzione delle
fibre collagene che compongono l'anulus fibroso cambia di strato in strato, Ogni strato presenta una
distribuzione delle sue fibre in direzione opposta rispetto al precedente. Più ci si avvicina al nucleo polposo,
più le fibre si inclinano.
Questa particolare disposizione fa si che ad ogni movimento il nucleo sarà più protetto. Considerando le
sollecitazioni assiali, sul nucleo polposo grava il 75% del carico, il restante 25% grava sull'anulus fibroso.
La pressione nel nucleo polposo non è mai pari a 0, l'idrofilia dei mucopolisaccaridi provoca il rigonfiamento
del nucleo nel suo alloggio inestensibile e provoca una stato di precomprensione.
DA SEDUTI LA PRESSIONE AL DISCO È MAGGIORE CHE DA ALZATI (DA RICORDARE PER ESERCIZI DA
PROPORRE).
Nella sedentarietà, determina l’accorciamento dei muscoli flessori della coscia, chiamati ischio crurali, essi
originano tutti da un punto che è la tuberosità ischiatica, questo accorciamento ne determina una
retroversione del bacino, la quale a conseguenza porta ad un appiattimento della curva lombare e a cascata
una serie di effetti patologici in vari distretti corporei. (RICORDARE PER ESAME)

Il nucleo polposo ha grossolanamente la forma di una sfera e si comporta come una biglia posta tra 2 piani
(in meccanica nodo sferico) e permette tre tipi di movimento ---> inclinazione sia sul piano sagittale (flesso
estensione) e su quello frontale (inclinazione), movimenti di rotazione di uno dei piani vertebrali rispetto
all'altro, a questi movimenti si aggiungo i movimenti di taglio e di scivolamento, sono tutti movimenti di
modesta ampiezza. Grazie alla somma di numerose articolazioni si osservano movimenti di grande
ampiezza.

La precompressione del disco gli permette di resistere meglio agli sforzi, a una pressione assiale simmetrica
il piatto vertebrale si inflette verso il lato più caricato inclinandosi di un certo angolo. La fibra AB1 si ritrova
nella stessa posizione di AB
La pressione del nucleo polposo comprime la fibra AB e la riporta nella posizione AB1 ed è il meccanismo di
auto-stabilizzazione in cui l'anulus e il nucleo polposo creano una coppia funzionale sinergica.

Il nucleo polposo appoggia sulla parte centrale cartilaginea del piatto vertebrale, la superficie scavata da
pari che permettono la comunicazione tra l'alloggiamento del nucleo e il tessuto spongioso della vertebra e
una sollecitazione sul rachide comporta la fuoriuscita di acqua nel nucleo.
L'acqua fuoriesce dai pori e migra verso il centro del corpo vertebrale, un carico costante comporta una
pressione che riduce lo spessore del disco, in un soggetto normale, può causare una riduzione di 2cm di
altezza.
In decubito dorsale (durante il sonno) i corpi vertebrali non soggetti alla pressione gravitaria e le
glicoproteine del nucleo polposo richiama l'acqua dai corpi vertebrali e il disco recupera spessore. Stato di
precompressione e idrofilia diminuiscono con l'età, causando minore elasticità.
La riduzione dello spessore del disco è esponenziale, non lineare. Processo di disidratazione sembra essere
proporzionale al volume del nucleo, se i processi di alternanza carico-scarico sono troppo ravvicinati il disco
non riesce a recuperare il suo spessore iniziale andrà incontro ad una disidratazione precoce.

VARIAZIONI DEL DISCO A SECONDA DEL SEGMENTO RACHIDEO:


a livello del rachide lombare il disco è più spesso (9mm), in quello dorsale è di 5mm e quello cervicale è
3mm. Più importante del valore assoluto è la nozione di proporzione del disco rispetto al corpo vertebrale:
La rachide cervicale si ha un rapporto disco-somatico di 2/5 che conferisce grande mobilità, a livello
lombare si ha un rapporto disco-somatico di 1/3 perciò meno mobile e a livello toracico si ha un rapporto
disco-somatico 1/5 dove il rachide è meno mobile.

ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE:
Distinzione in pilastro anteriore ed un pilastro superiore. Il pilastro anteriore è formato da corpi vertebrali e
dischi intervertebrali, il pilastro posteriore è formato dall'insieme degli archi vertebrali che sono uniti da
articolazioni interapofisarie.
I legamenti del pilastro anteriore sono i legamenti verticali comuni, anteriore e posteriore
I legamenti del pilastro superiore sono i legamenti gialli (tra le lamine), legamento intraspinoso che
posteriormente diventa legemento sovraspinoso, legamento intertrasversario.
L'insieme di questi legamenti assicura una connessione solida tra le vertebre e fornisce resistenza
meccanica.

L'unione funzionale tra i pilastri è rappresentabile tramite una leva


Resistenza= pilastro anteriore
Fulcro= articolazione fra i peduncoli
Potenza= muscoli vertebrali
E' una leva di primo genere in cui l'articolazione interapofisaria funge da fulcro.
Questa leva permette l'ammortizzamento delle forze di compressione assiale sulla colonna.
Si ha l'ammortizzamento indiretto passivo a livello dei dischi intervertebrali.
Ammortizzamento indiretto attivo a livello dei muscoli delle docce vertebrali.

A tutti i livelli presenta dei tiranti legamentosi e muscolari che hanno il compito di ancorare l'albero alla sua
base d'impianto(bacino). Un secondo sistema di sartie presente a livello del cingolo scapolare forma una
losanga (rombo) ad asse maggiore verticale e asse minore trasversale, nella posizione simmetrica, le
tensioni sono equilibrate da una parte e dell'altra e l'albero risulta verticale e rettilineo.

Durante il cammino il peso del corpo si sposta verso un arto e il bacino ruota dal lato opposto deformando
la colonna. Prima il rachide è convesso nella parte lombare del lato dell'arto in fase di swing, poi diventa
concavo nella parte dorsale e infine diventa convesso nel rachide cervicale.
(STANS= FASE DI APPOGGIO)
i tiranti muscolare regolano automaticamente la loro tensione per ristabilire l'equilibrio tramite risposte
riflesse midollari e sotto il controllo del SNC.
L'elasticità dell'asse è data dalla sua formazione di numerosi segmenti sovrapposti.
E' una struttura che può deformarsi pur rimanendo rigida per effetto dell'azione dei suoi tiranti muscolari,
definito come esempio di tensegrità.

SISTEMI DI AMMORTIZZAMENTO:
la colonna vertebrale crea un sistema di ammortizzamento al fine di sostenere il peso del corpo, il disco
intervertebrale, non essendo rigido, assorbe parte del peso. La sollecitazione pressoria a cui è sottoposto il
disco si suddivide in assiale e radiale.
La possibilità di scaricare radialmente parte della pressione (circa il 25%) rende più facile sostenere il peso
corporeo, durante il mantenimento della stazione eretta, il peso è sostenuto al 75% dal nucleo polposo e il
restante è distribuito sulle faccette articolari e sull' anulus.

Si può avere una compressione simmetrica, una compressione simmetrica con deformazione, e infine si ha
una compressione asimmetrica in estensione.

La pressione che viene esercita sui dischi intervertebrali aumenta scendendo dal rachide cervicale verso
quello sacrale.
Esempio con un uomo di 80kg dove la testa ha un peso di 3kg le braccia 14 e il tronco 30, più del 50% del
peso corporeo grava sul disco L5-S1 ( è quello maggiormente sollecitato dalle pressioni assiali).
PUNTO MAGGIORMENTE SOLLECITATO DALE PRESSIONI ASSIALI (DOMANDA COMPITOOOOOOOOO)
La diminuzione dello spessore del disco varia a seconda che il disco sia sano e lesionato, un disco leso non
recupera completamente il suo spessore iniziale dopo essere stato scaricato.
Il disco intervertebrale più sottoposto al carico è questo tra L5 e S1, la posizione corporea influisce sulla
pressione esercitata sulla colonna vertebrale.is
La posizione seduta comporta una pressione maggiore rispetto al mantenimento della stazione eretta, il
mantenimento della posizione di massimo scarico, permette ai mucopolisaccaridi presenti nel nucleo
polposo di richiamare l'acqua dai corpi vertebrali. Questo fenomeno permette di riacquisire la capacità di
dispersione della pressione.

FUNZIONE DELLE CURVE:


Le curve della colonna vertebrale hanno funzione chiave nel determinare la resistenza, una schiena priva di
curve crea un abnorme schiacciamento dei dischi intervertebrali e può condurre a fenomeni degenerativi
quali protrusioni e/o ernie. Di contro, delle curve troppo accentuate possono gravare sulla colonna per un
eccessivo lavoro muscolare.
L'indice di Delmas indica il rapporto tra la lunghezza sviluppata dal rachide e la sua altezza, l'altezza viene
misurata tramite radiografia da C1 a S5, la lunghezza totale si ottiene sommando la lunghezza di ogni
singolo segmento vertebrale.
La formula è (H*100)/L e il valore ideale è 95. Con curve accentuate il valore si riduce (tipo funzionale
dinamico), mentre in caso di curva poco accentuate si parla di tipo funzionale statico. Indice che può essere
utile per valutare gli adattamenti delle curve a programmi specifici di allenamento.
valori sopra il 95 il rachide viene definito di tipo funzionale statico e indica delle curve poco accentuate.
(DOMANDA ESAMEEEE). Questo indice di Delmas è inoltre utile per adattare un determinato tipo di
programma di allenamento ad un paziente a seconda delle sue curve
La resistenza ® della colonna vertebrale è data dal numero delle sue curve e la sua formula è:
R= N2 + 1
La presenza delle curve permette di sostenere il peso anche mediante le strutture di ammortizzamento
(tendini, legamenti ecc), il valore ottimale è 10 e questo indice ci dice che l'appiattimento di una singola
curva della colonna vertebrale, dimezza la sua resistenza.

PARAFORMISMO ---> è un atteggiamento osseo --> atteggiamento scoliotico


DISFORMISMO ---> è un cambiamento osseo --> scogliosi

TUBEROSITA' ISCHIATICA  Elemento morfologico particolarmente importante dell'ischio. è la tuberosità


ischiatica (o corpo dell'i.), che costituisce l'angolo inferiore dell'osso iliaco ed è la massa ossea su cui poggia
il corpo nella posizione seduta.

ROTAZIONE AUTOMATICA IN INFLESSIONE LATERALE:


La rotazione avviene mediante 2 meccanismi--> compressione dei dischi e messa in tensione dei legamenti.
La flessione laterale aumenta la pressione del disco dal lato della concavità.
La sostanza che costituisce il disco, compressa, tenda a sfuggire dal lato più aperto, da cui la rotazione.
Inversamente i legamenti dal lato convesso messi in tensione si spostano verso la linea mediana.

AMPIEZZA TOTALI DELLA FLESSO-ESTENSIONE:


Il rachide è paragonabile, nel suo complesso, ad una articolazione con tre gradi di libertà, consente
movimenti di flesso-estensione; inclinazione laterale; rotazione assiale.
La flesso-estensione si realizza sul piano sagittale, il punto di riferimento a livello cranico è il piano
masticatorio, l'angolo formato dal piano masticatorio nelle posizione estreme in un soggetto normale è di
250 gradi.
E come vengono distribuiti?
-rachide lombare--> flex 60° est 120°
-insieme rachide toraco-lombre--> flex 105° est 60°
-rachide dorsale--> flex 45° est 40°
-rachide cervicale--> flex 40° est 60°
Sono tutti valori variabili per soggetti ed età

AMPIEZZE TOTALI DELLA INFLESSIONE LATERALE:


Movimento che si realizza sul piano frontaled, la linea di riferimento di base è il piatto sacrale, a livello del
cranio si può prendere come riferimento la linea bimastoidea.
Come vengono distribuiti?
-rachide lombare--> 20°
-rachide dorsale--> 20°
-rachide cervicale--> 35-45°
-tra sacro e cranio--> 75-85° da ogni lato

AMPIEZZE TOTALI DELLA ROTAZIONE:


Difficile da misurare clinicamente in quanto non è possibile eseguire radiografia nel piano trasversale,
bisogna ricorre alla tac.
Si più semplicemente misurare la rotazione totale del rachide mantenendo il bacino fisso e misurando il
grado di rotazione del cranio.
-rachide lombare--> 5°
-rachide dorsale--> 35°
-rachide cervicale-->50°
-tra bacino e cranio raggiunge o supera i 90°

VALUTAZIONE DELLE AMPIEZZE:


Possono essere valutate solo su radiografie dell'intero rachide per movimenti sul piano frontale e sagittale,
si necessita di TAC per la valutazione dei movimenti di rotazione, si possono comunque valutare le
ampiezze globali tramite dei test meno precisi.
Flessione del rachide lombo-dorsale si può valutare l'angolo tra il bordo antero-superiore del grande
trocantere e l'acromion e valutare il livello raggiunte dalla punta delle dita durante la flessione del tronco
rispetto al terreno o agli arti inferiore, ma i valori possono essere falsati dai gradi di flessione dell'anca.
L'estensione dorso-lombare si può valutare l'angolo tra la verticale e la linea che congiunge il bordo antero-
superiore del grande trocantere e l'acromion nella posizione di massima estensione, gradi di estensione
dell'anca possono falsare il risultato, valutare il grado di estensione totale del rachide per poi sottrarre
l'angolo di estensione del rachide cervicale.

TRATTO CERVICALE:
Le vertebre cervicali sostengono il cranio e stabilizzano la posizione dell'encefalo e del midollo spinale,
controlla i movimenti della testa. C1 e C2 e C7 sono dette vertebre apatiche.
Le vertebre da C3 a C6 sono dette tipiche.
C1 e C2 formano il rachide cervicale superiore, da C3 a C7 formano il rachide cervicale inferiore. La
disposizione delle faccette articolari cambia dal ad ogni curva della colonna. A livello cervicale la loro
disposizione è orizzontale, permettendo un ampio movimento di rotazione.

L'atlante si articola con i condili occipitali permettendo la flesso-estensione del corpo è riconoscibile per
assenza di corpo e processo spinoso e presenta un ampio forame vertebrale circondato dagli archi
anteriore e posteriore.
L'epistrofeo si articola con l'atlante con il dente e permette la rotazione del capo, esiste un legamento
trasverso che unisce il dente alla superficie interna dell'arco anteriore dell'atlante formando un perno che
permette la rotazione.
La prominente ha un lungo e sottile processo spinoso che termina con un ampio tubercolo ed è l'interfaccia
tra la lordosi cervicale e la cifosi toracica.

Il tratto cervicale ha delle caratteristiche comuni --> hanno un corpo vertebrale piccolo, ovale con le facce
curve. Ha una forma vertebrale ampia, il processo spinoso è bifido e il processo trasverso è munito di
forame trasversario ---> solo nelle vertebre cervicale

LEGAMENTI RACHIDE CERVICALE INFERIORE:


Anteriormente ai corpi vertebrali si ha il legamento longitudinale anteriore e posteriormente il legamento
longitudinale posteriore (solo nel rachide cervicale), sui lati le articolazioni unco-vertebrali (solo nel rachide
cervicale) sono completate da una capsula e le articolazioni zigopofisaria mettono in contatto le faccette
articolari.
Tra le lamine vertebrali troviamo i legamenti gialli. Le apofisi spinose sono unite dai legamenti interspinosi,
prolungati posteriormente in un legamento sovraspinoso ben individualizzabile in un legamento nucale
sulle cui 2 facce si inseriscono il muscolo trapezio e i muscoli spleni.
Le apofisi trasverse sono uniti da legamenti intrastrasversari, a questo livello si vedono il forame
intratrasversario e intervertebrali.

FLESSO ESTENSIONE NEL RACHIDE CERVICALE INFERIORE:


In estensione il corpo vertebrale superiore scivola e si inclina all'indietro, il nucleo polposo viene spinto in
avanti e le fibre anteriore dell'anulus entrano in tensione e poi avviene un apertura dell'articolazione inter-
apofisaria.
L'estensione è limitata dalla tensione del legamento longitudinale anteriore e soprattutto dai condotti ossei,
l'apofisi articolare superiore della vertebra inferiore col processo trasverso della vertebra superiore.

Nel movimento di flessione il corpo della vertebra superiore si inclina e scivola in avanti, il nucleo polposo
viene spinto indietro e le fibre posteriori dell'anulus entrano in tensione.
Si tende il legamento longitudinale posteriore, della capsula dell'articolazione inter-apofisaria, dei
legamenti gialli, del legamento sovra-spinoso o nucale.
Il colpo di frusta sarebbe il rachide sollecitato violentemente prima in estensione e poi in flessione. Può
determinare stiramento o lacerazioni dei legamenti o anche lussazione anteriore delle apofisi articolari.
La faccetta inferiore della vertebra sovrastante si sposta in avanti e in alto contemporaneamente si crea un
apertura dietro e in basso con la formazione di un angolo uguale all'angolo di flessione e all'angolo formato
dagli assi delle faccette articolari. Il movimento non è limitato da contatti ossei ma unicamente da tensioni
legamentose.

ARTICOLAZIONE UNCO-VERTEBRALI:
Sono piccole articolazioni visibili in sezione frontale, tra i 2 piatti vertebrali si riconosce il disco con il nucleo
polposo, ma tale disco non arriva fino al bordo della vertebra. Il piatto vertebrale presenta apofisi unciformi
la cui faccia interna è ricoperta di cartilagine. Questa piccola articolazione è racchiusa in una capsula
articolare che si fonde verso l'interno con il disco intervertebrale, è un artrodia di tipo sinoviale.

MOVIMENTI ARTICOLAZIONE UNCO-VERTEBRALI:


Durante la flesso estensione si produce uno scivolamento simultaneo tra le faccette nelle articolazione
unco-vertebrali, invece durante l'inclinazione si verificano movimento di apertura con chiusura dell'angolo
nel senso opposto.

ASSE MISTO DI INCLINAZIONE E ROTAZIONE:


La disposizione delle faccette articolari cervicali non permettono movimenti di rotazione pura o inclinazione
pura, le faccette articolari superiori sono piane econtenute in un piano obliquo indietro e in basso
Un qualsiasi movimento della vertebra situata al di sopra di essa può essere solo di 2 tipi: scivolamento
globale verso l'alto(flessione) o verso il basso(estensione). Oppure uno scivolamento differenziale per cui
una delle faccette di c4 si porta in alto e avanti
La rotazione di C4 attorno all'asse A determina un movimento misto di inclinazione.

AMPIEZZE ARTICOLARI DEL RACHIDE CERVICALE:


Ampiezza totale della flesso-estensione del rachide cervicale inferiore <> 100-110°
Ampiezza totale della
Ampiezza totale di inclinazione - circa 45°
Inclinazione laterale rachide sub-occipitale - circa 8°
Rotazione totale della testa <> 80-90°

EQUILIBRIO DELLA TESTA SUL RACHIDE CERVICALE:


La linea dello sguardo si trova in posizione orizzontale cosi come il piano masticatorio (pM) e il piano
articolo-nasale (AN). La testa è una leva di primo genere e la resistenza è costituita dal peso della testa
applicato nel suo centro di gravità, in prossimità della sella turcica.
La potenza è rappresentata dalla forza dei muscoli della nuca che devono controbilanciare il peso della
testa che tende a farla cadere in avanti, la posizione anteriore del centro di gravità G spiega la potenza
relativa dei muscoli posteriore della nuca rispetto ai flessori del collo, gli estensori lottano contro la gravità.
Questo spiega l'esistenza di un tono permanente dei muscoli nucali per opporsi alla caduta della testa in
avanti. La sua corda © si tende dai condili occipitali agli angoli postero-inferiori di c7. la sua freccia
abbassata dall'angolo postero-inferiore di C4, va fino alla corda.
La freccia è tanto più marcata quanto più è accentuata la lordosi cervicale. La corda C invece è minore della
lunghezza del rachide cervicale. E' uguale ad essa solo quando il rachide è rettilineo. ---> indici simile a
quella di Delmas
COSTITUZIONE E AZIONE DELLO SCOM:
Presenta 4 capi: cledomastoideo (Cn) posto in profondità, va dal terzo interno (ovvero la divisione rispetto
al mediano) della clavicola all'apofisi mastoidea. Cleidoccipitale (Co) ricopre gran parte del cleidomastoideo
e le cui inserzioni si spingono sulla linea curva superiore dell'occipite. Lo sternoccipitale (So) associato allo
sternomastoideo. Sternomastoideo (Sm) si inserisce con un tendine comune allo sternoccipitale sul
manubrio sternale. Lo sternoccipitale va a raggiungere le inserzioni del cleidoccipitale sulla linea curva
superiore e lo sternomastoideo si fissa sull'apofisi mastoidea.
Questi muscoli formano un ventre carnoso fusiforme e ben visibile, i 2 tendini (destro e sinistro) delimitano
la fossetta soprasternale. La contrazione unilaterale del muscolo determina un movimento complesso che
associa tre componenti ---> inclinazione omolaterale del capo, estensione, rotazione controlaterale del
capo e movimento che indirizza lo sguardo in alto e verso il lato opposto.

MUSCOLA SCALENO ANTERIORE, MEDIO E POSTERIORE:


I tre muscoli si trovano sulla faccia anterolaterale del rachide cervicale, uniscono le apofisi trasverse delle
vertebre cervicali alla prima e alla seconda costa. Il muscolo scaleno anteriore si fissa mediante quattro
tendini nei processi trasversi delle vertebre cervicali dalla terza alla sesta. Le fibre muscolare convergono in
un unico tendine inserito sulla faccia superiore dell'estremità anteriore della prima costa.
Il muscolo scaleno medio, è situato posteriormente e a contatto con lo scaleno anteriore, si fissa in alto
mediante la linguetta tendinee sulle apofisi trasverse delle ultimi sei vertebre cervicali.
Si fissa in alto mediante sei linguette tendinee sulle apofisi trasverse delle ultime 6 vertebre cervicali.
A livello dei tubercoli anteriori e del bordo esterno della doccia trasversaria delle coste dalla seconda alla
sesta vertebra cervicale e sull'apofisi trasversa della settima.
Il ventre muscolare termina sulla faccia superiore dalla prima costa, dietro la doccia scavata dal passaggio
dell'arteria succlavia.
Il muscolo scaleno posteriore è situato posteriormente ai due precedenti, si inserisce in alto mediante tre
linguette tendinee su tubercoli posteriori delle apofisi trasverse della 4, 5 e 6 vertebra cervicale. Si inserisce
mediante un tendine appiattito sul bordo superiore e sulla faccia esterna della seconda costa.
Tra lo scaleno anteriore e quello medio passano i rami di origine del plesos brachiale e l'arteria succlavia. La
contrazione simmetrica degli scaleni determina la flessione del rachide cervicale sul rachide toracico. Se il
rachide non è reso rigido dalla contrazione del muscolo lungo del collo, determina iperlordosi.
La contrazione unilaterale degli scaleni determina l'inclinazione e la rotazione del rachide dal lato della
contrazione. Gli scaleni sono anche muscoli inspiratori accessori quando, prendendo appoggio sulle loro
inserzioni cervicali, sollevano le prime 2 coste.
Per la contrazione bilaterale, se il rachide cervicale resta flessibile, determina iperlordosi con estensione del
capo e flessione del rachide cervicale su quello dorsale. Se il rachide cervicale è rigido e rettilineo dalla
contrazione dei paravertebrali, determina la flessione del rachide cervicale su quello toracico e la flessione
del capo.

MUSCOLI PARAVERTEBRALI NEL LORO INSIEME:


-muscolo lungo del collo, è un muscolo profondo
-muscolo lungo della testa
-muscoli intertrasversari
-muscolo retto laterale

FLESSIONE TESTA E COLLO:


Avviene mediante l'attivazione dei muscoli anteriori, a livello del rachide cervicale superiore i muscoli retto
anteriore e lungo della testa, determinano la flessione nelle articolazioni sottostanti e il muscolo lungo del
collo determinano il raddrizzamento e l'irrigidimento del rachide cervicale, che cancella la sua lordosi.
I muscoli anteriori del collo situati a distanza del rachide cervicale sono dotati di un notevole braccio di leva.
Esistono i muscoli sopraoidei e sottoiodei che sono ---> il muscolo miloiodeo che unisce la mandibola
all'osso ioide.
I 3 muscoli sottoiodei sono ---> tiro-iodeo, sterno-iodeo e sterno-tiroideo
La contrazione simultanea di questi muscoli determina l'abbassamento della mandibola, quando la
mandibola è bloccata contro la mascella dall'attivazione dei muscoli masticatori come temporale (T) e
massettere (M) la contrazione dei muscoli sopraioidei e sottoiodei determina la flessione della testa sul
rachide cervicale e la flessione del rachide cervicale su quello toracico. Ricordare la differenziazione
nell’azione quando i muscoli masticatori sono attivati/non sono attivi(DOMANDE D’ESAME RIGUARDO)

AMPIEZZE GLOBALI DEI MOVIMENTI DEL RACHIDE CERVICALE:

L’ampiezza della rotazione deve tener conto dell’immobilizzazione del cingolo scapolare altrimenti la
valutazione è falsata, e si fa riferimento alla linea della spalla
Per misurare l’inclinazione invece si tiene conto di due linee, una che passa tra le clavicola e quella che
passa per gli occhi, due piani paralleli. Misurare l’angolo che ne deriva all’inclinazione del capo.

TRATTO TORACICO:
Vertebre toraciche sostengono il peso della testa, del collo, degli arti superiori e degli organi della cavità
toracica. Articolazione con le coste permettono modificazioni del volume della gabbia toracica e il processo
trasverso presenta faccette articolari per le coste (tranne t11 e t12)
Il corpo vertebrale di medie dimensioni, presenta faccette articolari per le coste, il forame vertebrale ha
media ampiezza, il processo spinoso è lungo e orientato verso il basso
I processi spinosi di T10, T11 e T12 sono più grossi, le vertebre da T1 e T8 hanno faccette articolari superiori
e inferiori per articolarsi con 2 paia di coste e le vertebre da T9 a T12 hanno una singola faccetta su ciascun
lato.
I processi trasversi delle vertebre da T1 a T10 presentano faccette costali trasverse per l'articolazione con i
tubercoli costali. La disposizione delle faccette articolari è frontale, la rotazione è ridotta (circa 8-10°)

FLESSO-ESTENSIONE E L'INFLESSIONE LATERLAE:


 L’estensione tra due vertebre toraciche si associa all’inclinazione all’indietro della vertebra che sta
sotto, dove la limitazione del movimento è dato dai processi (spinosi e articolari), i quali sono rivolti
verso il basso e appunto portano a una limitazione dei movimenti per via del contatto precoce.
Sempre con l’estensione, il legamento longitudinale anteriore, in tutti i tratti della colonna
(anteriormente ai corpi vertebrali) si tende mentre i legamenti del tratto posteriore si detengono.
 Il movimento di flessione è caratterizzato da un’apertura posteriore dello spazio intervertebrale
delle vertebre adiacenti. Il movimento è limitato dalla messa in tensione dei legamenti dell’arco
posteriore (interspinoso, gialli e longitudinale posteriore).
 Il movimento di inclinazione si accompagna ad uno scivolamento differenziale delle articolazioni
zigapofisaria, dal lato della convessità le faccette scivolano come nella flessione, mentre dal lato
della concavità scivolano come nella estensione. La limitazione del movimento è data nel lato della
concavità dal contatto dei processi articolari, mentre dal lato della convessità dalla tensione dei
legamenti gialli (che scorrono tra le lamine).
Essendo articolato con la gabbia toracica avviene che durante i movimenti di inclinazione dal lato della
convessità, gli spazi intercostali si allargano, il torace si dilata e l’angolo della decima costa tende ad aprirsi,
dal lato della concavità avvien l’opposto il torace si abbassa, lo spazio intercostale diminuisce e l’angolo
condrocostale tende alla chiusura.
Nella flessione del rachide toracico si osserva l’apertura di tutti gli angoli formati dai vari segmenti del
torace nell’articolazione tra loro e con il torace, mentre con l’estensione questi angoli tendono alla
diminuzione.
La rotazione elementare delle vertebre toraciche è 3 volte maggiore rispetto le vertebre lombari, ciò
dovuto alla diversa disposizione delle faccette articolari. Durante la rotazione di una vertebra toracica
determina la deformazione di un paio di coste ad esse associate.
La presenza del torace, nella sua resistenza rappresenta un limite ai movimenti del rachide toracico.

ROTAZIONE ASSIALE DEL TRATTO TORACICO


Lo scivolamento delle superfici a livello dell’apofisi articolari si accompagna alla rotazione di un corpo
vertebrale sull'altro…
La rotazione-torsione può avere un'ampiezza maggiori di una deformazione di taglio. La rotazione
elementare delle vertebre toraciche è almeno tre volte maggiore rispetto alle vertebre lombari. Ogni
segmento…
La rotazione di una vertebra determina quindi sempre la deformazione di un paio di coste…
Lo sterno risulta sottoposto a sforzi di taglio e tende a disporsi obliquo dall'alto verso il basso…
Nei soggetti giovani i movimenti del rachide toracico sono molto ampi…

ARTICOLAZIONI COSTO-VERTERBALI:
La costa si articola con il rachide tramite due Artrodie. Ogni segmento costovertebrale si articola con un
paio di coste grazie a queste due articolazioni per ogni costa, la costovertebrale: tra la testa costale e il
disco intervertebrale e i corpi vertebrali. E l’altra è l’articolazione costotrasversaria, tra il tubercolo costale
e il processo trasverso della vertebra sottostante
 Costovertebrale: è una doppia artrodia. Sono rinforzate da un legamento che presenta 3 fasci
 Costotrasversaria, anch’essa un’artrodia, costituita 3 legamenti costotrasversari

Il movimento di elevazione delle coste determina principalmente un aumento del diametro trasversale del
torace inferiore associato ad un aumento del diametro anteroposteriore del torace superiore. Nella
porzione media del torace l’aumento del diametro avviene in senso uguale
Quando l’estremità anteriore della costa si solleva di una certa altezza descrive un angolo che la porta in
avanti di una certa lunghezza.

I MOVIMENTI DELLE COSTE ATTORNO ALLE COSTO-VERTEBRALI:


Costo-verterbale e costo-trasversaria formano una coppia di artrodie meccanicamente vincolate, il loro
movimento congiunto non può che essere una rotazione attorno a un asse comune che passa per il centro
delle 2 artrodie.
Il movimento di elevazione delle coste determina soprattutto un aumento del diametro trasversale del
torace. La sua obliquità diminuisce e diventando più trasversale il suo bordo esterno viene proiettato
all'esterno di una lunghezza I che rappresenta l'aumento del semidiametro della base del torace.
Al contrario le coste superiori, sono situate su un piano quasi frontale, perciò il movimento di elevazione
della costa determina soprattutto un aumento del diametro antero-posteriore del torace. Quando
l'estremità anteriore della costa si solleva di una certa altezza h descrive un arco che la porta in avanti di
una certa lunghezza.
La conclusione è che l'elevazione delle coste determina un aumento del diametro trasversale del torace
inferiore, associato ad un aumento del diametro antero-posteriore del torace posteriore. Nella parte media
del torace, in cui l'asse delle coste vertebrali presenta una direzione obliqua occupa di circa 45° , l'aumento
del diametro avviene in modo uguale in senso trasversale e in senso antero-posteriore.

MECCANISMO D'AZIONE DEI MUSCOLI INTERCOSTALI:


esistono 3 tipe di fibre muscolari:
-i piccoli muscoli elevatori delle coste, che partono dall'apice dell'apofisi trasverso e termina sul bordo della
costa sottostante, e la loro contrazione determina l'elevazione della costa.
-muscoli intercostali esterni, le fibre sono oblique in alto e in dentro e hanno una direzione
Parallela a quella del muscolo elevatore delle coste. Questi muscoli, cosi come i precedenti sono elevatori
delle coste e quindi inspiratori.
-muscoli intercostali interni e le fibre sono oblique in avanti e in fuori e determinano l'abbassamento delle
coste, quindi l'espirazione

MECCANISMO D'AZIONE DEL MUSCOLO TRASVERSO DEL TORACE:


E' situato in posizione retrosternale e le sue fibre si inseriscono sulle cartilagini costali della seconda alla
sesta costa e sono oblique in basso e all'indietro.
La contrazione dei suoi 5 fasci determina l'abbassamento rispetto allo sterno delle cartilagini costali
corrispondenti, la cartilagine costale si solleva con l'inspirazione e si abbassa con l'espirazione. Il muscolo
trasverso del torace è quindi un muscolo espiratore.

MECCANISMO D'AZIONE DEL MUSCOLO DIAFRAMMA:


Forma una cupola muscolo-aponeurotica che separa il torace dall'addome. Vista di profilo, questa cupola si
dirige in basso più posteriormente che anteriormente, il punto più alto corrisponde al centro frenico.
Partendo dal centro alcuni fasci muscolari si irradiano verso il contorno dell'apertura inferiore del torace e
si inseriscono nelle cartilagini costali, sull'estremità del 11 e 12 costa, sulle arcate che uniscono le estremità
delle ultime 3 coste e sul rachide a livello dei corpi vertebrali mediante dei pilastri.
Quali strutture attraversano il muscolo diaframma? ---> vena cava, l'esofago, l'aorta
Quando si contrae, le fibre abbassano il centro frenico, il diametro verticale del torace aumenta e
l'abbassamento del centro frenico è limitato dalla messa in tensione degli elementi del mediastino e dalla
presenza dei visceri addominali.
Quando il centro frenico si abbassa, diventa il punto fisso e le fibre muscolari agiscono a partire dalla sua
periferia diventando elevatrici delle coste inferiori.
Sollevando le coste inferiori, il diaframma aumenta il diametro trasversale della parte inferiore del torace
ma al contempo, mediante lo sterno, innalza anche le coste superiori e quindi aumenta anche il diametro
antero-posteriore. Ne risulta dunque che questo muscolo è fondamentale per la respirazione in quanto da
solo aumenta i tre diametri del volume toracico.
RICAPITOLANDO:
Aumento del volume verticale x l'abbassamento del centro frenico, aumento del diametro trasversale per
elevazione delle coste inferiori e aumento del diametro antero-posteirore per elevazione delle coste
superiori mediante lo sterno.

MUSCOLI DELLA RESPIRAZIONE:


Come detto i muscoli respiratori possono dividersi in espiratori e inspiratori a seconda del movimento che
producono sulle coste e sullo sterno, in queste categorie compaiono anche i muscoli principali e i muscoli
accessori, difatti i muscoli respiratori possono essere quindi suddivisi in 4 categorie.
Il primo gruppo è INSPIRATORI PRINCIPALI che comprende gli intercostali esterni, gli elevatori delle coste e
il diaframma
Il secondo è INSPIRATORI ACCESSORI che comprende lo SCOM, il grande e il piccolo pettorale, fasci inferiori
e del gran dentato e del gran dorsale, dentato postero superiore e fibre superiori del sacrolombare.
 Intercostali esterni: determinano l’inspirazione (innalzamento delle coste)
 Intercostali interni: determinano l’espirazione (abbassamento delle coste)
 Trasverso del torace: è situato è situato in posizione retrosternale, le sue fibre si inseriscono dalla
seconda alla sesta costa nelle cartilagine intercostali, esso trascina le coste verso il basso motivo
per cui la contrazione dei suoi 5 fasci determina l’espirazione (DOMANDA D’ESAME: MUSCOLO
ESPIRATORE)
 DIAFRAMMA: Esso forma una cupola che separa il torace dall’addome, il suo punto più alto è dato
dal nervo frenico. Alcuni suoi fasci si inseriscono sulle cartilagini costali, altri vanno più in basso e
vanno sulle arcate del muscolo opsoas e del quadrato dei lombi.
Le strutture che attraversano il diaframma sono: aorta, esofago e la vena cava.
Alla contrazione del diaframma il diametro toracico aumenta e determina un abbassamento del nervo
frenico, dove arrivando il più in basso possibile, arriva al punto in cui non può più scendere e diventa un
punto fisso, dove ad un ulteriore contrazione del diaframma provoca l’elevazione delle coste inferiori e il
diaframma oltre ad aumentare il diametro trasversale della parte inferiore del torace, allo stesso tempo
attraverso lo sterno innalza anche lo coste superiori e quindi aumenta anche il diametro anteroposteriore.
Esso da solo aumenta 3 diametri del rachide toracico.
Il singhiozzo è una contrazione spasmodica del diaframma le cui cause si pensa sia dovuta ad un’irritazione
del nervo frenico ma anche della cupola diaframmatica.
Oltre alla classificazione in espiratori ed inspiratori i muscoli respiratori li possiamo classificare in principali
ed accessori (dunque 4 classificazioni).
 Inspiratori principali: intercostali esterni, gli elevatori delle coste e il diaframma (RICORDARE
QUESTI PER L’ESAME)
 Inspiratori accessori: scom, grande e piccolo pettorale, fasci inferiori del gran dentato e del gran
dorsale, dentato postero superiore e le fibre superiore del muscolo sacrolombare. (Questi non
servono a un cazzo)
 Espiratori principali: intercostali interni
 Espiratori accessori: (utili nella espirazione forzata e nello sforzo addominale) retto dell’addome,
obliquo interno ed esterno, sacrolombare, muscolo lunghissimo, dentato posteroinferiore e il
quadrato dei lombi.

Rapporto sinergico tra muscolatura addominale e diaframma: hanno un’azione antagonista sinergica. In
espirazione il diaframma si rilascia mentre i muscoli addominali si contraggono. Aumentando la pressione
intraddominali spingono i visceri verso l’alto portando la risalita del nervo frenico e quindi la diminuzione
del diametro trasversale del torace.
Se il diaframma aumenta tutti e 3 i volumi toracici, i muscoli addominali li diminuiscono tutti e 3.
Bloccaggio addominale: determinato dalla contrazione dei muscoli espiratori sia principali che accessori,
con la glottide bloccata, questo è utile nei casi di sforzi di carichi eccessivi.

TRATTO LOMBARE
Le vertebre lombari sostengono il peso di tutte le strutture che hanno al di sopra: testa, collo, arti superiori
e organi delle cavità toraciche e addominali. Questo tratto è frequente a danni di compressione, il cui più
frequente è l’ernia al disco.
Peculiarità delle vertebre: presentano un corpo vertebrale grande e di forma ovale, il forame vertebrale
piccolo, processo spinoso (fungono da punto di inserzione dei muscoli della parte inferiore del dorso) largo
e diretto posteriormente e presenta un processo trasverso breve. Le faccette articolari si dispongono in
visione sagittale e le rotazioni non sono possibili.
In vista frontale il tratto lombare risulta rettilineo e simmetrico, sul piano sagittale invece si riconoscono le
caratteristiche della lordosi lombare.
Sistema legamentoso: in visione sagittale si notano i legamenti longitudinali anteriore e posteriore. Il
longitudinale si estende lungo la faccia anteriore del rachide. In altre visioni possiamo osservare i legamenti
interspinoso, sovraspinoso, intertrasversari e legamenti gialli.
L'angolo sacrale è formato dall'inclinazione del piatto superiore della prima vertebra sacrale rispetto
all'orizzontale ed è circa 30°
L'angolo lombo sacrale formato tra l'asse di L5 e l'asse del sacro, ha un valore medio di 140°
La freccia della lordosi lombare può essere tracciata congiungendo il bordo postero superiore di L1 con il
bordo postero inferiore di L5. la freccia della curvatura è massima al livello di L3, risulta nulla se il rachide è
rettilinezzato.
MOVIMENTI RACHIDE LOMBARE
Durante la flessione il corpo vertebrale della vertebra superiore si inclina, scivolando leggermente in avanti,
dove il nucleo polposo viene spinto posteriormente e aumenta la pressione sulle fibre posteriori dell’anulus
fibroso. I processi articolari inferiori della vertebra sovrastante scivolano verso l’alto e la tensione generata
dai legamenti rappresentano un limite alla flessione.
All’estensione il corpo vertebrale della vertebra sovrastante si inclina indietro e arretra e il disco vertebrale
si assottiglia posteriormente e il nucleo polposo si spinge in avanti mettendo in tensione le fibre anteriori
dell’anulus. Il legamento che viene messo in tensione è quello longitudinale anteriore, mentre quello che si
detensiona è quello longitudinale posteriore. Il limite all’estensione è dato dai contatti ossei sull’arco
posteriore e dalla messa in tensione appunto del legamento longitudinale anteriore.
Nel movimento di inclinazione laterale il corpo vertebrale della vertebra sovrastante si inclina dal lato della
concavità, il lato intertrasversario si tende dal lato della convessità e si detende dal lato della concavità. A
livello delle apofisi articolari, dal lato della convessità, l’apofisi della vertebra superiore si solleva mentre dal
lato della concavità si abbassa.

CERNIERA LOMBO-SACRALE:
La cerniera è un punto debole dell'impalcatura rachidea. Il peso P può essere scomposto in 2 forze
elementari che sono: N che è perpendicolare al piatto superiore del sacro e G parallela al piatto superiore
del sacro.
Lo scivolamento è impedito dall''ancoraggio posteriore di L5. in vista superiore le apofisi articolari inferiori
di L5 si incastrano tra le apofisi articolari superiori di SI.
La forza di slittamento G spinge con la forza le apofisi di L5 su quelle superiori di S1 che resistono da
entrambi i lati con una forza R. La trasmissione di questi sforzi avviene attraverso un punto di passaggio
obbligato a livello dell'istmo vertebrale che è la parte dell'arco posteriore compresa tra le apofisi articolari.
In caso di interruzione o rottura dell'istmo si parla di SPONDILOLISI.
Poiché l'arco posteriore non è più trattenuto indietro sulle apofisi del sacro, L5 scivola in basso e in avanti,
dando luogo ad una SPONDILOLISTESI. Gli elementi che trattengono L5 e impediscono ulteriori scivolamenti
sono il disco lombo-sacrale.
I muscoli delle docce vertebrali, la cui contrattura permanente e all'origine dei dolori associati alla
spondilolistesi. L'entità dello scivolamento può essere determinata anteriormente misurando la sporgenza
del piatto inferiore di L5 rispetto a S1.

LEGAMENTI ILEO-LOMBARI E CERNIERA LOMBO SACRALE:


In una vista anteriore della cerniera lombo-sacrale le ultime 2 vertebre lombari sono unite direttamente
all'osso iliaco dai legamenti ileo-lombari.
Si possono distinguere ---> il fascio superiore che si dirama dall'apice dell'apofisi trasversa di L4 fino alla
cresta iliaca.
Il fascio inferiore che si dirama dall'apice e dal bordo inferiore dell'apofisi trasversa di L5 per inserirsi sulla
cresta iliaca anteriormente e internamente rispetto al fascio superiore.
I legamenti ileo-lombari si tendono e detengono a seconda dei movimenti della cerniera lombo-sacrala. In
inclinazione laterale questi legamenti si tendono dal lato della convessità, naturalmente si detengono dal
lato concavo.
Nella flesso-estensione si osserva che a partire della posizione neutra l'orientamento dei legamenti fa
capire che durante la flessione F il fascio superiore si estende e durante l'estensione si detende. Nel
frattempo, il fascio inferiore si detende in flessione e si tende durante l'estensione. La mobilità della
cerniera lombo-sacrale è molto limitata a causa della potenza di questi legamenti.

MUSCOL POSTERIORI DEL TRONCO:


Il piano profondo è costituito dai muscoli spinosi che sono direttamente in contatto col rachide da cui il loro
nome ---> muscoli delle docce vertebrali, poi c'è il muscolo trasverso spinale, interspinosi e spinale disteso
da una parte all'altra dei muscoli interspinosi e dietro ai trasversi spinali.
Il muscolo lunghissimo del torace, lunga banda situata al di fuori del muscolo spinale.
Il muscolo ileocostale del torace sale sulla faccia posteriore del torace lasciando dei fasci di terminazione
sulle ultime 10 coste.
Queste fibre sono poi sostituite da fibre che risalgono fino alle apofisi trasverse.
Il piano medio è costituito dal muscolo dentato posteriore e superiore situato dietro ai muscoli delle docce
vertebrali e ricoperto dal piano del muscolo gran dorsale. Si inserisce sulle apofisi spinose delle prime tre
vertebre lombari e delle ultime due toraciche. Forma dei fasci obliqui che vanno a terminare sul bordo
inferiore e sulla faccia esterna delle ultime 3 o 4 coste.
Il piano superficiale è formato dal muscolo gran dorsale (muscolo intrarotatore), le sue fibre ricoprono tutti
i muscoli delle docce vertebrali. Le sue fibre formano uno strano molto esteso che avvolge la parte postero-
esterna della base toracica e va a inserirsi sull'omero.

MUSCOLI LATERALI DEL TRONCO:


Sono il quadrato dei lombi e lo psoas.
Il quadrato dei lombi è un fascio muscolare quadrilatero disteso tra l'ultima costa, la cresta iliaca e il
rachide, presentando esternamente un bordo libero.
E' formato da tre tipi di fibre che unisco direttamente l'ultima costa alla cresta iliaca, fibre che uniscono le
apofisi trasverse delle prime 4 vertebre lombari alla cresta iliaca che sono in continuità con quelle che
provengono dal muscolo trasverso spinoso e fibre che uniscono l'ultima costa alle apofisi trasverse delle
vertebre lombari.
Quando si contrae unilaterlmente, determina inflessione laterale del tronco dal lato della contrazione, in
questa azione e coadiuvato dai muscoli obliquo interno ed esterno dell'addome. Il muscolo psoas è situato
anteriormente al quadrato dei lombi. Le inserzioni del suo ventre muscolare sono costituite da 2 fasci, un
fascio posteriore che si fissa sulle apofisi trasverse delle vertebre lombare e un fascio anteriore inserito sui
corpi vertebrali T12 e delle vertebre lombari.
Il ventre muscolare termina sull'apice del piccolo trocantere. Esso determina sul rachide lombare
l'inclinazione dal lato della contrazione e la sua rotazione verso il latto opposto, determina inoltre la
flessione del rachide lombare rispetto al bacino e un'iperlordosi lombare.

MUSCOLO RETTO DELL'ADDOME E TRASVERSO ADDOME:


I muscoli retti dell'addome formano due bande muscolari distese lungo la faccia anteriore dell'addome, le
loro inserzioni superiori il 5, 6e 7 arco anteriore con relative cartilagini costali e sul processo xifoideo. La
banda muscolare, intervallata da intersezioni tendinee, si restringe gradualmente, da origine a un potente
tendine che si fissa sul bordo superiore del pube.
I 2 muscoli sono separati da uno spazio più largo al di sopra dell'ombelico denominato linea alba. Sono
contenuti in una guaina aponeurotica detta guaina dei retti. Il muscolo trasverso dell'addome forma lo
strato più profondo dei muscoli larghi della parete addominale, essi si inseriscono sull'apice delle apofisi
trasverse lombari.
La sua porzione maggiore passa dietro al muscolo retto prendendo cosi parte alla formazione del foglietto
posteriore della guaina dei retti. Al di sotto dell'ombelico, l'aponeurosi del trasverso passa davanti al
muscolo retto.
Il muscolo obliquo interno forma lo strato intermedio dei muscoli larghi della parete addominale e la
direzione delle sue fibre, che si fissano sulla cresta iliaca è obliqua dal basso verso l'alto.
Alcune fibre terminano sull'11 e 12 costa, altre terminano mediante aponeurosi, sulla decima cartilagine
costale e sul processo xifoideo.
Il muscolo obliquo esterno forma lo strato più superficiale dei muscoli larghi della parete addominale, le
sue digitazioni carnose si inseriscono sulle ultime 7 coste e sono intrecciate con quelle del muscolo dentato
anteriore. I fasci muscolari danno origine a un'aponeurosi che partecipa alla formazione del foglietto
anteriore della guaina dei rette e alla linea alba.
Le fibre proveniente dalla digitazione della 9 costa si inseriscono sul pube e inviano espansioni
aponeurotiche verso gli adduttori omolaterali e controlaterali, le fibre proveniente dalla 10 costa vanno a
terminare sul legamento inguinale. I muscoli retti a livello della parte più anteriore dell'addome formano
due fasci che agiscono a grande distanza dal rachide, tra l'apertura inferiore del torace e il cingolo pelvico.
Per questo motivo sono molto efficaci nella flessione del tronco.
I muscoli addominali oltre ad essere coinvolti nella flessione e nella rotazione sono coinvolti nel
contenimento dei visceri.

MUSCOLI ADDOMINALI E LE ROTAZIONE DEL TRONCO:


La rotazione attorno all'asse rachideo si realizza per mezzo dei muscoli delle docce vertebrali e dei muscoli
larghi dell'addome. La contrazione unilaterale dei muscoli delle docce produce un leggero effetto di
rotazione e il muscolo trasverso spinale ha un effetto rotatorio più marcato. I muscoli obliqui dell'addome
svolgono un ruolo essenziale nella rotazione del tronco, le loro fibre aponeurotiche sono in continuità nella
stessa direzione. Per ottenere una rotazione verso sinistra è necessario contrarre il muscolo obliquo
esterno dal lato destro e il muscolo obliquo interno dal lato sinistro. Sono muscoli sinergici nella rotazione.

MUSCOLI ADDOMINALI E FLESSIONE TRONCO


I muscoli della parete addominale sono potenti flessori del tronco. Essendo situati molto anteriormente
rispetto all'asse rachideo, mobilizzano l'insieme del rachide a livello delle cerniere lombo-sacrale e toraco-
lombare. La loro azione si realizza tramite due bracci di leva:
Braccio di leva inferiore formato dalla distanza promontorio-pube, braccio di leva superiore, la cui
lunghezza è denominata distanza dorso-xifoidea.
Il muscolo retto dell'addome unisce l'apofisi xifoidea alla sinfisi pubica e la sua azione flessoria è coadiuvata
dai due muscoli obliqui.
Il retto è un tensore diretto, l'obliquo interno è un tensore obliquo in basso e indietro, l'obliquo esterno è
un tensore obliquo in basso e avanti. Questi muscoli, oltre a flettere il tronco, raddrizzano potentemente la
lordosi lombare.
Il grado di curvatura del rachide lombare non dipende solo dai muscoli rachidei e addominali ma anche dai
muscoli degli arti inferiori collegati al cingolo pelvico. In posizione astenica il rilasciamento addominale
determina l'accentuazione di tutte le curve rachidee, inoltre, si verifica il basculamento avanti del bacino e
la linea che congiunge la SIAS e la SIPS diventa obliqua in basso avanti.
Il muscolo psoas che accentua la lordosi lombare aggrava ulteriormente questa situazione con la sua
ipertonia. Un atteggiamento astenico è spesso assunto da soggetti privi di energia e volontà.
La correzione inizia a livello del bacino. La contrazione degli ischio-crurali e soprattutto del grande gluteo
determina il basculamento del bacino all'indietro e ristabilisce l'orizzontalità della linea bispinosa. Il ruolo
più importante in questa correzione è a opera dei muscoli addominali.
In particolare, risulta importante l'azione del retto dell'addome che agiscono per mezzo di due grandi bracci
di leva, lo sterno a livello dell'apofisi xifoidea e il bacino a livello del pube. Contrarre i muscoli glutei e i
muscoli retti dell'addome risulta sufficiente per ottenere un raddrizzamento della lordosi lombare. La
contrazione dei muscoli delle docce lombari può indurre la trazione all'indietro delle prime vertebre
lombari.
La contrazione dei muscoli del piano dorsale determina una riduzione della cifosi toracica e allo stesso
modo, la messa in azione dei muscoli del rachide cervicale ne determina la riduzione della lordosi.
Con l'appianamento delle curvature il rachide risulta più alto.
I muscoli addominali non partecipano alla statica rachidea incosciente, ma ciò non significa che non entrino
in azione di raddrizzamento cosciente.

AMPIEZZA DEI MOVIMENTI DEL RACHIDE LOMBARE:


-estensione che si associa a iperlordosi lombare, circa 30°
-flessione che si associa a un raddrizzamento della lordosi lombare, circa 40°
L'ampiezza massima di flesso-estensione si osserva tra L4-L5 ed è circa 24°, i valori possono variare molto in
base all'età.
-inclinazione circa 20-30° per lato
-rotazione, il valore totale è di 10° tra destra e sinistra

FORAME INTERVERTEBRALE E COLLETTO RADICOLARE:


Ciascun nervo spinale fuoriesce dal canale vertebrale attraverso il forame intervertebrale. Tale forame è
delimitato anteriormente dal disco intervertebrale, dal peduncolo della vertebra sovrastante e dal
peduncolo della vertebra sottostante e posteriormente dalle articolazioni interapofisarie.
Nell'area del forame intervertebrale la radice spinale deve perforare il sacco durale, la radice spinale si
avvicina alla parete interna del sacco durale per perforarlo a livello del colletto radicolare, punto di
passaggio obbligato del nervo spinale. Nell'area del forame intervertebrale, formato da elementi solidi ed
inestensibili che il nervo spinale può essere minacciato e compresso dall'ernia discale
Meningi= 3 strati che circondano il SNC

MECCANISMO DI COMPRESSIONE RADICOLARE:


La sua comparsa tuttavia è possibile solo se il disco è usurato da microtraumi ripetuti e se ha avuto inizio
una degenerazione delle fibre dell'anello fibroso, la flessione del tronco spinge il nucleo polposo attraverso
lacerazioni presistenti dell'anulus.
Nella seconda fase all'inizio dello sforzo di sollevamento, la pressione assiale spinge violentemente indietro
il nucleo polposo che raggiunge la faccia interna del LLP, nella terza fase, essendosi praticamente
raddrizzato completamente il tronco, il tragitto attraverso il quale è passata la sostanza nucleare si richiude
per effetto della pressione dei piatti vertebrali.
Quando l'ernia sporge a livello di L4 e L5 comprime la quinta radice lombare e la radicolalgia interessa la
faccia postero-esterna della coscia e del ginocchi, faccia esterna del polpaccio, faccia dorsale esterna del
collo del piede e faccia dorsale del piede fino all'alluce.
Quando l'ernia sporge a livello di L5-S1 comprime la prima radice sacrale e la radicolalgia interessa la faccia
posteriore della coscia, del ginocchio e del polpaccio, tallone, bordo esterno del piede fino al 5 dito.
In sezione sagittale si vede come il midollo termini all'altezza diL2 a livello del cono terminale, al di sotto del
CT, nel sacco durale sono contenute solo le radici che formano la cauda equina e fuoriescono a due a due
attraverso i forami intervertebrali presenti a ciascun livello.

SEGNO DI LASEGUE:
Consiste nel dolore provocato dalla messa in tensione del nervo sciatico o di una delle sue radici. Viene
messo in evidenza sollevando lentamente e progressivamente un arto inferiore mantenuto in estensione
con il soggetto in decubito dorsale. Il dolore riproduce la sciatalgia che il soggetto avverte spontaneamente.
Quando il soggetto è sdraiato il nervo sciatico e le sue radici sono detesi, quando si solleva l'arto inferiore a
ginocchio flesso, lo sciatico e le sue radici rimangono detesi. Quando da questa posizione si estende il
ginocchio il nervo sciatico viene sottoposto ad una tensione crescente.
Se positivo il dolore compare generalmente sotto i 60°, al di sopra non si può più parlare di un segno di
lasegue in quanto la tensione del nervo sciatico raggiunge il livello massimo a 60°. Se la manovra è eseguita
bruscamente può provocare una rottura degli assoni all'interno della radice con conseguente rischio di
paralisi

BACINO
IL CINGOLO PELVICO:
Composto da 3 formazioni ossee, 2 ossa iliache pari e simmetriche e il sacro impari e simmetrico. Le
articolazioni sacro-iliache uniscono il sacro a ciascun osso iliaco
 
TRATTO SACRALE:
Il sacro si forma dalla fusione delle 5 vertebre sacrali, tramite le articolazioni sacroiliache unisce scheletro
assile e cintura pelvica dello scheletro appendicolari. I processi articolari superiori della prima vertebra
sacrale si articolano con l'ultima lombare (articolazione sinoviale), da li inizia il canale sacrale.
Il sacro ha una base che rappresenta la parte superiore, una convessità dorsale e un apice in cui un'aerea
appiattita costituisce la superficie articolare per il coccige
I nervi sacrali e membrane che rivestono il midollo spinale nel canale vertebrale si continuano all'interno
del canale sacrale(mentre il midollo termina a livello di L2). Dalla fusione dei processi spinosi nasce la cresta
sacrale media.
Le lamine della quinta vertebra non si uniscono alla linea mediana e formano le corna sacrali.
 
TRATTO COCCIGEO:
Il coccige è formato da 3 a 5 vertebre fuse insieme, fornisce una superficie di inserzione di legamenti e per il
muscolo sfintere esterno dell'ano. Le lamine della prima vertebra sono ben sviluppate e sono note come
corna del coccige
Le corna coccige si articolano con le corna del sacro. La fusione delle vertebre del coccige inizia verso 26
anni.
 
Il cingolo pelvico forma la base del tronco, congiunge il rachide con gli arti inferiore, accoglie gli organi
addominali e nella donna l'utero. il suo diaframma inferiore(perineo) ha una conformazione atta a
permettere il passaggio del neonato. La sinfisi pubica unisce anteriormente le ossa iliache. Tra i sessi ci sono
differenze, il bacino femminile è più largo, meno alto e lo stretto superiore è più largo e aperto rispetto
all'uomo. Le differenze sono legate a gestazione e parto
L'anello pelvico trasmette gli sforzi tra il rachide e gli arti inferiori. Il peso sostenuto da L5 si suddivide in 2
parti uguali verso le ali del sacro e poi, tramite gli sperono ischaitici, verso l'acetabolo. La resistenza del
suolo al peso del corpo viene trasmessa dal collo del femore o dalla testa femorale.
Parte delle resistenze va ad annullarsi con la resistenza opposta a livello della sinfisi pubica dopo aver
attraversato la branca orizzontale. L'insieme di tali linee di forza forma un anello completo rappresentato
dallo stretto superiore.
La faccetta articolare del sacro può presentare variazioni morfologiche interindividuali. Delmas ha
dimostrato una corrispondenza tra tipo di rachide e morfologica del sacro. In caso di sacro molto
orizzontale con faccia articolare concava e incurvata, la sacro-iliaca è molto mobile e si associa ad un
rachide di tipo dinamico.
 
Invece sacro verticale e faccetta auricolare allungata verticalmente con superficie quasi piana, si associa
una conformazione di tipo statico.
 
LEGAMENTI ART SACRO-ILIACA:
Vista posteriormente del bacino: legamento ileo-lombari
Fasci superiore e inferiore del legamento ileo-lombare
Legamento ileotrasversale sacrale
Legamento ileotrasversale coniugati
Piano legamentoso superficiale
 
Quelli da ricordare sono il sacrospinoso che si estende dalla spina ischiatica al bordo laterale del sacro e del
coccige e il sacrotuberoso che si incrocia con la faccia posteriore del sacro-spinoso.
Uno si inserisce superiormente seguendo una linea dal bordo posteriore dell'ileo alle prime due vertebre
coccigee, l'altro si inserisce in basso sulla tuberosità ischiatica e sul labbro interno della branca ascendente
dell'ischio. I 2 legamenti suddividono la grande incisura ischiatica in 2 orifizi: superiore ed inferiore.
 
L'orifizio superiore funge da punto di uscita dal bacino per il muscolo Piriforme, che origina dalla faccia
pelvica del sacro e si inserisce sul grande trocantere ---> sindrome piriforme (finta sciatalgia). L'orifizio
inferiore funge da punto di uscita per il muscolo otturatore interno
 
MOVIMENTI BACINO ---> NUTAZIONE e CONTRONUTAZIONE:
Nella nutazione il promontorio sacrale si sposta inferiormente e anteriormente, l'apice del sacro e
l'estremità del coccige si spostano posteriormente, le ale iliache si avvicinano, le tuberosità ischiatiche si
allontanano. Questo movimento è limitato dalla tensione dei legamenti sacro-spinoso, sacro-tuberoso e dai
fasci del legamento sacro-iliaco anteriore.
Nella contronutazione, c'è il raddrizzamento del sacro, spostamento in alto e indietro del promontorio e
spostamento basso-avanti dell'estremità in basso del sacro e del coccige. Le ali iliache si allontanano e le
tuberosità ischiatiche si avvicinano. Questo movimento è limitato dai legamenti iliosacrali.
 
SINFISI PUBICA E ARTICOLAZIONE SACRO-COCCIGEA
La sinfisi pubica è una anfiartrosi, con deboli movimenti di scivolamento durante il parto. Le superfici assiali
ricoperte da cartilagine e unita da fibrocartilagine (legamento interosseo).
Il bordo superiore è rinforzato da legamento superiore, quello inferiore è rinforzato dal legamento inferiore
(arcuato del pube). Queste strutture rendono l'articolazione stabile, difficile da lussare.
L'articolazione sacro-coccigea è un'afiartrosi, con superficie sacrale convessa e superficie coccigea concava.
La giunzione è costituita da legamento interosseo e legamenti periferici classificabili in anteriori, posteriori
e laterali.
L'articolazione è dotata di movimenti di flesso-estensione essenzialmente passivi e che intervengono nella
defecazione e durante il parto.
 
POSIZIONE E ARTICOLAZIONE DEL CINGOLO PELVICO:
Durante posizione eretta le articolazioni del cingolo pelvico sono sollecitate dal peso del corpo, il peso del
tronco tende ad abbassare il promontorio sacrale lo sollecita verso la nutazione. Movimento subito limitato
dai legamenti sacro-iliaci anteriori e soprattutto dai 2 sacro-ischiatici.
Simultaneamente la reazione al suolo trasmessa dai femori a livello delle articolazioni coxo-femorali forma
con P una coppia di rotazione che tende al basculamento all'indietro dell'osso iliaco.
Data la grande resistenza del sistema legamentoso, è più corretto parlare di sollecitazioni che di movimenti.
Durante la marcia, trasmessa dall'arto portante, solleva la coxo-femorale mentre il peso dell'arto
controlaterale (in fase di swing) tende ad abbassare la coxofemorale controlaterale.
Si forma una sollecitazione di taglio che tende a innalzare il pube dal lato portante, la solidità della sinfisi
pubica impedisce qualsiasi movimento di questa articolazione.
Le articolazione sacro-iliache sono sollecitate sostanzialmente in senso opposto. La solidità dell'anello
pelvico condiziona quindi sia la marcia he la stazione eretta quieta. In posizione coricata invece le sacro-
iliache sono sollecitate in modo diverso a seconda dell'atteggiamento delle anche.
Con le anche in estensione la trazione dei muscoli flessori determina l'antiversione, mentre l'apice del sacro
si trova spostato in avanti, invece con le anche in flessione la trazione dei muscoli ischio-crurali tende a
indurre la retroversione del bacino.
 
REPERI ESTERNI DEL BACINO:
Posteriormente si ha la lasanga (rombo) di michealis delimitata dai suoi 4 apici: le due fossette sacrali da
ciascun lato della linea mediana. In alto c'è l'estremità inferiore del solco rachideo e in basso l'apice del
solco intergluteo.
Cosi disegnata la losanga presenta un asse maggiore verticale e un asse minore orizzontale, la lunghezza
dell'asse minore è costante, mentre quella dell'asse maggiore è variabile.
La variabilità dell'asse maggiore gli fornisce un aspetto più o meno allungato.
Anteriormente si ha il triangolo di lewinneck, formato da 3 sporgenze ossee che sono le 2 spine iliache
antero superiori (SIAS) e il pube.
 
ARTICOLAZIONE DELL'ANCA:
Articolazione prossimale dell'arto inferiore, possiede tre assi e tre gradi di libertà. I movimenti dell'anca si
realizzano per mezzo dell'articolazione coxo-femorale. E' un enartrosi a solido incastro.
Dotata di minor ampiezza di movimento rispetto alla spalla ma maggiore stabilità, lavora in compressione
perché supporta il peso del corpo. La scapolo-omerale, altra enartrosi, lavora in trazione.
Nel movimento di flessione La sua ampiezza è condizionata da diversi fattori, la flessione attiva è meno
ampia della flessione passiva.
La posizione del ginocchio influisce sull'ampiezza della flessione. A ginocchio esteso si ha una flessione di
90°, invece flesso si ha una flessione di 120°.
L'ampiezza della flessione passiva supera i 120° ma è influenzata dalla posizione del ginocchio. A ginocchio
esteso la flessione è meno ampie mentre se è flesso supera i 140° e la coscia tocca il torace.
Se le anche sono flesse passivamente e simultaneamente con le ginocchia in flessione le cosce toccano il
torace e alla flessione dell'anca si aggiunge il basculamento posteriore del bacino.
L'ampiezza dell'estensione è inferiore a quella della flessione per la messa in tensione del legamento ileo
femorale. L'estensione attiva è meno ampia di quella passiva, a ginocchio esteso l'estensione è più ampia
che a ginocchio flesso.
Il movimento di estensione è aumentato dall'antiversione del bacino, la posizione di riferimetno si individua
grazie all'angolo invariabile tra la linea del centro dell'anca e lo SIAS.
angolo che varia per il basculamento del bacino, l'elasticità del legamento ileo-femorale permette
movimenti più ampi. La relativa insufficienza di estensione è compensata da marcata antiversione di
bacino.
Nel movimento di abduzione, una sola anca comporta automaticamente un'uguale abduzione anche
dell'anca controlaterale, questo fenomeno è evidente a partire dai 30° e si può notare un'inclinazione del
bacino.
In abduzione massima l'angolo formata dagli arti inferiori è di 90°, 45 per anca. Il rachide compensa questa
inclinazione con una curvatura convessa verso il lato portante. L'abduzione è limitata dal contatto del collo
del femore contro il ciglio cotiloideo.
Prima di questo contatto, intervengono i muscoli adduttori e i legamenti ileo e pubo-femorali. Il range di
abduzione è aumentabile tramite allenamento.
Nel movimento di adduzione, nella posizione di riferimento gli arti inferiori entrano in contatto l'uno con
l'altro, non è dunque possibile un'adduzione pura. Esistono movimenti di adduzione relativa in cui l'arto
parte da posizione abdotta.
Sono movimenti che si accompagnano a inclinazione del bacino e incurvamento del rachide, l'adduzione si
associa a flessione ed extra-rotazione.
Posizione del sarto= (sartorio)---> posizione seduta a gambe crociate, e si tratta della posizione di massima
instabilità dell'anca, ed espone alla lussazione per trauma.
Nei movimenti di rotazione longitudinali dell'anca, si effettuano attorno all'asse meccanico
dell'articolazione, la rotazione esterna porta la punta del piede verso l'esterno, la rotazione interna porta la
punta del piede verso l'interno.
A soggetto prono la posizione di riferimento si ottiene con soggetto a ginocchio flesso ad angolo retto, da
questa posizione quando la gamba viene inclinata verso l'interno si misura la rotazione esterna la cui
ampiezza massima è circa 60°. Quando la gamba viene inclinata verso l'esterno si misura la rotazione
interna la cui ampiezza totale è circa 30-40°.
Stesso principio è applicabile alla misurazione con il soggetto seduto sul bordo di un tavolo con anca e
ginocchio flessi a 90°. La flessione dell'anca detende i legamenti ileo e pubo-femorali perciò da questa
posizione l'ampiezza totale della rotazione può essere maggiore.
L'ampiezza della rotazione dipende dall'angolo di antiversione del collo del femore. Questa, comporta una
rotazione interna dello scheletro della gamba e il bambino può camminare con piede piatto valgo
bilaterale. Con la crescita angolo di antiversione torna a valori normali e le alterazioni scompaiono.
Nei movimenti di circonduzione dell'anca, è un movimento estremo e descrive un cono di circonduzione.
Tale cono non è regolare dato che le sue ampiezze estreme non sono mai uguali in tutte le direzioni dello
spazio, non è dunque un cerchio ma una curva sinuosa.
 
ORIENTAMENTO DELLA TESTA FEMORALE E DELL'ACETABOLO:
La testa femorale è sostenuta dal collo femorale che la unisce alla diafisi. L'asse del collo del femore è
obliquo in alto e forma con l'asse diafisario un angolo di inclinazione di 125°. Domanda d'esame
Col piano frontale forma un angolo di declinazione di 10-30° detto angolo di antiversione.
La forma della testa e del collo è molto variabile. Si distinguono due tipi estremi:
-tipo longilineo nel quale la testa rappresenta più di 2 terzi di una sfera e gli angoli cervico-diafisari sono
massimi (inclinazione 125° e declinazione 25°). In questo caso la diafisi è sottile e il bacino è piccolo e alto,
grande ampiezza articolare.
-tipo brevilineo, la testa supera appena la semisfera e gli angoli cervico-diafisari sono ridotti (inclinazione
115° e declinazione 10°). La diafisi è più larga e il bacino massiccio, l'ampiezza articolare è inferiore ma
acquista in robustezza ciò che perde in velocità (morfologia di forza)
L'acetabolo (cotile) è situato sulla faccia esterna dell'osso iliaco nel punti di giunzione delle tre parti che lo
costituiscono. Ha una forma semi-sferica, bordo delimitato dal ciglio cotiloideo, solo la parte periferica
dell'acetabolo è rivestita di cartilagine.
La parte centrale dell'acetabolo non entra in contatto con il femore ---> fossa acetabolare. Non è orientato
direttamente verso l'esterno ma guarda anche inferiormente e anteriormente. L'asse dell'acetabolo forma
un angolo di 30-40° con l'asse orizzontale.
 
RAPPORTI DELLE SUPERFICI ARTICOLARI:
Quando l'anca è in posizione di riferimento , la testa femorale non è completamente coperta
dall'acetabolo. Ciò è dovuto al fatto che l'asse del collo del femore , non è il prolungamento dell'asse del
cotile.
Grazie ai piano di riferimento, si vede come per ottenere la coincidenza delle superfici articolari sono
necessari 3 movimenti elementati:
-flessione di circa 90°
-leggere abduzione
-leggera rotazione esterna.
Questa posizione dell'anca corrisponde alla quadrupedia che è quindi la vera posizione fisiologica dell'anca.
 
LABBRO ACETABOLARE E LEGAMENTO DELLA TESTA:
Il labbro acetabolare (cercine cotiloideo) è un anello fibro-cartilagineo inserito sul ciglio coitoideo che
aumenta la profondità della cavità dell'acetabolo.
Il cercine ha sezione triangolare e presenta quindi 3 facce:
-interna, inserita totalmente sul ciglio e sul legamento trasverso
-centrale, ricoperta di cartilagine e in continuità con quella della superficie semi-lunare
-periferica, sulla quale si fissa la capsula articolare
 
Il legamento della testa del femore (legamento rotondo) si estende dall'incisura ischio-pubica alla testa
femorale ed è situato a livello della fossa acetabolare. Si inserisce sulla testa femorale nella parte superiore
della fossetta del legamento della testa femorale.
Si suddivide in 3 fasci:
-fascio posteriore
-fascio anteriore-pubico
-fascio medio
Il legamento rotondo non ha un ruolo meccanico di rilevo ma contribuisce alla vascolarizzazione della testa
del femore. Dal ramo posteriore dell'arteria otturatoria origina l'arteriola del legamento della testa del
femore che si inserisce sullo spessore del legamento rotondo.
 
CAPSULA ATICOLARE DELL'ANCA:
Ha l'aspetto di un manicotto fibroso cilindrico che si estende tra l'osso iliaco e l'estremità superiore del
femore.
Costituito da fibre longitudinali, oblique, arciformi e circolari. Con le sue estremità interna si fissa sul ciglio
del cotile sul legamento trasverso e sulla faccia periferica del labbro.
L'estremità esterna si inserisce alla base del collo, le fibre più profonde risalgono sulla parte inferiore del
collo per andarsi a fissare sul limite della cartilagine della testa. Cosi sollevano alcune pliche sinoviali dette
FRENULA CAPSULAE.
La più sporgente forma la piega pettineo-foveale di amantini. Durante l'abduzione il margine inferiore della
capsula si tende e la sua lunghezza risulterebbe insufficiente limitando il movimento.
I frena capsulae svolgendosi, permettono un'escursione supplementare.
Durante la flessione estrema la parte antero-superiore del collo poggia contro il ciglio, ciò crea in alcuni una
impronta iliaca.
 
LEGAMENTI DELL'ANCA:
Sulla faccia anteriore sono situati due legamenti: -ileo-femorale è a ventaglio e si inserisce sul bordo
anteriore dell'osso iliaco, sotto la SIAS. La sua base si inserisce sul femore lungo la linea inter-trocanterica,
ed è sottile nella parte mediana.
bordi del fascio superiore sono ispessiti dal legamento ileo-tendineo-trocanterico e da una lamina fibrosa
che origina dal cotile.
-pubo femorale si inserisce in alto sulla parte anteriore dell'eminenza ileo-pettinea sul labbro anteriore
della doccia sotto-pubica. Le sue fibre si intrecciano con l'inserzione del muscolo pettineo. In basso si
inserisce sulla parte anteriore della fossetta pre-trocantinica (piccolo spazio tra piccole e grande trocantere)
Nell'insieme questi legamenti formano una sorta di N sdraiata o di Z in cui la gamba superiore è quasi
orizzontale, la gamba intermedia (ileo femorale inferiore) è quasi verticale e la gamba inferiore (pubo-
femorale) è quasi Orizzontale e completa la Z.
Posteriormente esiste un solo legamento ---> ischio-femorale. La sua inserzione occupa la parte posteriore
del ciglio e del labbro cotiloideo, si fissa sulla faccia interna del grande trocantere.
A segiuto dell'estensione del bacino sul femore, avvenuta nel passaggio alla stazione eretta, i legamenti si
sono trovati avvolti nello stesso senso attorno al collo femorale.
L'estensione li avvolge attorno al collo femorale, la flessione li svolge e li detende.
 
RUOLO DEI LEGAMENTI NELLA FLESSO-ESTENSIONE:
In pozione di riferimento, i legamenti sono moderatamente tesi. Durante l'estensione dell'anca, l'osso iliaco
ruota posteriormente e tutti i legamenti si tendono, avvolgendosi attorno al collo del femore. Il fascio
superiore dell'ileo-femorale è quello che si tende di più essendo quasi verticale (principale limitatore del
basculamento indietro del bacino)
In flessione avviene l'opposto, tutti i legamenti anteriori, l'ischio, il pubo e l'ileo femorale sono detesi. Ciò
determina l'instabilità dell'anca in questa posizione.
Durante la rotazione esterna la linea intertrocanterica si allontana dal ciglio del cotile, tutti i legamenti
anteriori si trovano tesi con massima tensione sui legamenti a decorso orizzontale. Il legamento ischio-
femorale invece è deteso.
Durante la rotazione interna si verifica l'opposto. I legamenti anteriori, in particolare quelli a decorso
orizzontale, si detendono mentre l'ischio-femorale si tende.
 
Nei movimenti ti di adduzione e adduzione, è facile constatare che in abduzione il fascio ileo-femorale
superiore si tende, l'ileo-femorale inferiore si tende lievemente e il pubo femorale si detende, in abduzione
si verifica l'opposto.
L'ischio-femorale si detende in adduzione e si tende in abduzione.
 
FATTORI DI COATTAZIONE:
Al contrario della scapolo-omerale la coxo-femorale è favorita dalla gravità, almeno nella posizione di
riferimento. La cavità del cotile è una semi-sfera, la sfera della testa del femore non può essere trattenuta
meccanicamente dall'emisfero dell'acetabolo osseo. Il labbro acetabolare prolunga e rende più profonda la
superficie del cotile.
La cavità acetabolare totale risulta più grande di una semisfera e crea una coppia a incastro fibrosa
ritentiva. La pressione atmosferica è un ulteriore fattore di coattazione.
Selezionando le parti molli che legano femore e osso iliaco , la testa femorale non esce da sola
dall'acetabolo, ma bisogna imprimere molta forza. Praticando un piccolo foro nel fondo dell'acetabolo la
testa del femore e l'arto cadono per il solo effetto del loro peso. I legamenti e muscoli hanno un ruolo
essenziale nella coattazione. Anteriormente i muscoli sono poco numerosi ma i legamenti sono robusti,
posteriormente invece i muscoli sono predominanti.
L'azione dei legamenti varia a seconda della posizione dell'anca, la posizione di flessione, per effetto del
rilascio dei legamenti, risulta instabile. Aggiungendo extra-rotazione e adduzione è sufficiente un lieve urto
diretto verso l'asse del femore per provocare la lussazione.
 
FATTORI OSSEI E MUSCOLARI DI STABILITA':
I muscoli a decorso trasversale hanno un ruolo importante nella stabilità dell'anca. Muscoli con decorso
pressochè parallelo a quello del collo spingono la testa nel cotile (muscoli pelvico-trocanterici). Il piriforme,
otturatore esterno e piccolo e medio gluteo vengono chiamatati sospensori dell'anca e hanno azione
coattante.
Esistono muscoli a decorso longitudinale come gli adduttori, tendono invece a abbassare la testa del
femore superiormente all'acetabolo.
Quando c'è una malformazione dell'acetabolo l'azione lussante degli adduttori è tanto più forte quando la
coscia è in adduzione. Tale azione diminuisce man mano che viene abdotta, tanto che diventa coattante in
abduzione completa.
L'orientamento del collo femorale influisce sulla stabilità. Il collo del femore forma nel piano frontale un
angolo di circa 120° con l'asse diafisario. Nella lussazione congenita dell'anca esiste un'apertura dell'angolo
di inclinazione (coxa valga).
Un abduzione l'asse del collo presenta un incremento di 20° dell'angolo rispetto alla posizione normale.
Un'adduzione di 30° in un'anca patologica, corrisponderà quindi ad una abduzione di 50° in un'anca
normale.
Sul piano orizzontale il valore medio dell'angolo di declinazione di 20°.
Se il collo è ancor più orientato anteriormente, ad esempio per l'aumento dell'angolo di declinazione, si
parla di antiversione del collo del femore e la testa risulta ancora più esposta alla lussazione anteriore. Al
contrario, la retroversione del collo del femore è un fattore di stabilità.
 
MUSCOLI FLESSORI DELL'ANCA:
Sono situati anteriormente rispetto al piano frontale, che passa per il centro dell'articolazione.
Esiste il muscolo psoas e il muscolo iliaco il cui tendine comune si fissa sul piccolo trocantere --> ileo psoas.
Oltre ad essere uno dei principali flessore è un rotatore esterno.
Il muscolo sartorio è principalmente un flessore, secondariarmente è adduttore rotatore esterno.
Il muscolo retto femorale è un potente flessore, la sua azione sull'anca dipende dal grado di flessione sul
ginocchio.
Interviene soprattutto nei movimenti che associano l'estensione del ginocchio e la flessione dell'anca (es.
arto in swing nel cammino).
Il muscolo tensore della fascia lata oltre a stabilizzare il bacino e la potente azione di abduzione agisce
anche come flessore. Altri muscoli hanno un'azione di flessione marginale ma la loro azione coadiuvante
non è trascurabile.
Il muscolo pettineo è soprattutto addutore.
Il muscolo adduttore lungo che partecipa alla flessione.
Si hanno poi i fasci anteriore dei muscoli glutei (piccolo-medio). Questi flessori hanno azioni secondarie e
possono essere suddivisi in 2 gruppi:
Nel primo gruppo si trova: i fasci del piccolo e medio gluteo e tensore della fascia lata (flessori - abduttori -
rotatori interni)
Nel secondo gruppo troviamo: ileopsoas, pettineo e adduttore lungo (flessori-adduttori-rotatori esterni).
 
MUSCOLI ESTENSORI DELL'ANCA:
Sono situati posteriormente alla coscia. Si distinguono in 2 gruppi a seconda che si inseriscano distalmente
sull'estremità superiore del femore o in prossimità del ginocchio.
Nel primo gruppo troviamo il grande gluteo che è il muscolo più potente del corpo e anche il più
voluminose e il più forte. E' coadiuvato dai fasci più posteriore dei muscoli medio e piccolo gluteo, questi
muscoli sono anche rotatori esterni.
Nel secondo gruppo troviamo gli ischio-crurali: capo lungo del bicipite femorale, semitendinoso e
semimembranoso.
Sono muscoli biarticolari la cui efficacia sull'anca dipende dalla posizione del ginocchio (il ginocchio in
estensione favorisce la loro azione di estensori dell'anca). Esiste un rapporto di antagonismo-sinergia tra
ischio-crurali e quadricipite.
Fra i muscoli estensori del secondo gruppo bisogna annoverare una parte degli adduttori, in particolare il
grande adduttore che è accessorio all'estensione.
I muscoli estensori sono dotati di azioni secondarie a seconda della loro posizione all'asse antero-
posteriore.
I muscoli passanti inferiormente all'asse YY, sono conteporaneamente estensori e adduttori. Si tratta dei
muscoli ischio-crurali, degli adduttori (quelli posti posteriormente al piano frontale) e la maggior parte del
grande gluteo) i muscoli estensori stabilizzano il bacino sul piano antero-posteriore.
Quando il bacino viene basculato all'indietro è stabilizzato unicamente dal legamento ileo-femorale.
Quando il bacino bascula anteriormente il centro di gravità si sposta anteriormente rispetto alla linea delle
anche e i muscoli ischio-crurali entrano in azione per primi per raddrizzarlo. Per raddrizzare un bacino
molto basculato interviene anche il grande gluteo.
Durante la marcia l'estensione è realizzata dai muscoli ischio-crurali mentre il grande gluteo non interviene.
Nella corsa, nel salto e nella marcia in salita invece ricopre un ruolo primario.
 
MUSCOLI ABDUTTORI DELL'ANCA:
Sono situati generalmente al di fuori del piano sagittale passante per il centro dell'articolazione. Il principale
muscolo abduttore è il medio gluteo (DOMANDA D'ESAME). Possiede grande efficacia grazie alla direzione
quasi perpendicolare al suo braccio di leva. Il piccolo gluteo è meno potente del medio.
Il muscolo tensore della fascia lata ha un'azione di abduzione quando l'anca è in posizione di riferimento e
funge da stabilizzatore del bacino. Il muscolo grande gluteo abduce solo con i suoi fasci superiori, la
maggior parte del muscolo svolge azione di adduttore. Tramite la sua parte superficiale, che contribuisce a
formare il deltoide gluteo, è un abduttore.
Il muscolo piriforme ha indubbia azione abduttori che risulta di difficile apprezzamento in condizioni
sperimentali data la sua profondità.
In base alle loro azioni secondarie nella flesso-estensione e abduzione-adduzione possono essere catalogati
in 2 gruppi:
-primo gruppo: muscoli abduttori situati anteriormente rispetto al piano frontale (TFL, e quasi tutti i fasci di
piccolo e medio gluteo).
Questi muscoli determinano movimento di abduzione -flessione-rotazione interna.
-secondo gruppo; sono i fasci posteriore del piccolo e medio gluteo (situati posteriormente sul piano
frontale) e i fasci abduttori del grande gluteo. Questi muscoli determinano abduzione-estensione- rotazione
esterna.
 
MUSCOLI ADDUTTORI DELL'ANCA:
Generalmente situati internamente rispetto a un piano sagittale passante per il centro dell'articolazione.
Il muscolo grande adduttore è il più potente ed è diviso in 3 fasci --> superiore, medio e inferiore che forma
un ventre muscolare distinto.
Altri muscoli adduttori:
-muscolo gracile, semimembranoso, semitendinoso e capo lungo del bicipite femorale
-grande gluteo
-quadrato del femore
-pettineo
-otturatore interno/esterno
I muscoli adduttori possiedono anche componenti di flesso-estensione e di rotazione
 
MUSCOLI ROTATORI ESTERNI DELL'ANCA:
Il loro decorso incrocia posteriormente l'asse verticale dell'anca, caratteristica ben visibile in un sezione
orizzontale del bacino che mostra l'insieme dei rotatori esterni. Sono i muscoli pervico-trocanterici, dei
quali la rotazione è l'azione principale.
Il muscolo piriforme(Da sapere) che origina dalla faccia pelvica del sacro e si inserisce sul grande trocantere,
passando per la grande incisura ischiatica
Il muscolo otturatore interno che prima decorre parallelamente al piriforme ma si riflette ad angolo retto
sul bordo posteriore dell'osso iliaco, inferiormente alla spina ischiatica. Nella prima parte del suo percorso è
accompagnato dai gemelli dell'anca che si inseriscono rispettivamente in prossimità della spina ischiatica e
della tuberosita ischiatica.
Questi muscoli terminano sulla faccia interna del grande trocantere con un tendine comune con
l'otturatore interno.
Il muscolo otturatore esterno: si inserisce sulla faccia interna del grande trocantere, è soprattuto un
rotatore esterno ad anca flessa.
In una sezione orizzontale mostra la componente di rotazione esterna dei muscoli ischiocrurali e degli
adduttori.
Il capo lungo del bicipite femorale, semitendinoso e semimembranoso, grande adduttore e anche
adduttore lungo e breve: questi muscoli sono rotatori esterni quando l'arto ruota a ginocchio esteso con
anca e piede che fungono da perno.
 
Si noti che durante la rotazione interna il decorso di una parte degli adduttori passa anteriormente all'asse
verticale per cui essi diventano rotatori interni. I rotatori interni sono meno numerosi di quelli esterni, il
loro decorso è anteriore rispetto all'asse verticale dell'anca.
Il muscolo medio gluteo solo mediante fasci superiore, piccolo gluteo con quasi tutte le sue fibre e il
muscolo tensore della fascia lata che si dirige verso la SIAS.
Per una rotazione interna moderata (30.40°) il decorso dei muscoli otturatore esterno e pettineo si proietta
inferiormente al centro dell'articolazione pertanto, non sono più rotatori esterni.
In una rotazione totale l'otturatore esterno e il pettineo diventano rotatori interni poiché il loro decorso
passa anteriormente all'asse verticale mentre TFL e piccolo-medio gluteo diventano extra rotatori. Ciò vale
solo se la rotazione interna è spinta al massimo grado possibile.
Questo è un esempio di inversione delle azioni muscolari in funzioni della posizione dell'articolazione.
Un fenomeno dovuto ad un cambiamento di disposizione delle fibre.
Quando l'anca è in rotazione interna forzata otturatore esterno e pettineo passano anteriormente all'asse
verticale.

GINOCCHIO
E' l'articolazione intermedia dell'arto inferiore, ha principalmente un grado di libertà che permette la flesso-
estensione. Lavora essenzialmente in compressione sotto l'azione della gravità. Accessoriamente, presenta
anche un secondo grado di libertà: la rotazione attorno all'asse longitudinale della gamba e la rotazione
avviene solo a ginocchio flesso.
 
E' un articolazione che deve conciliare due esigenze contradditorie:
-possedere grande stabilità in estensione completa, posizione nella quale il ginocchio è sottoposto a sforzi
importanti dovuti al peso del corpo e alla lunghezza dei bracci di leva
-acquisire mobilità in flessione (mobilità necessaria nella corsa e per l'orientamento ottimale del piede
rispetto a irregolarità del terreno).
Il debole incastro tra le superficie articolari (condizione necessaria ai fini della mobilità) lo espone a
distorsioni e lussazioni.
In flessione(posizione di instabilità) è esposto a lesioni legamentose e meniscali, in estensione è più oggetto
a fratture articolari e legamentose.
 
ASSI DELL'ARTICOLAZIONE DEL GINOCCHIO:
Il primo grado di libertà è condizionato dall'asse trasversale XX' attorno al quale avvengono i movimenti di
flesso-estensione. Questo asse attraversa orizzontalmente i condilli femorali. Il secondo gradi di libertà
consiste nella rotazione attorno all'asse longitudinale della gamba YY'.
Quando il ginocchio è flesso, per la detensione dei legamenti collaterali, permette piccoli movimenti di
lateralità di 1-2cm a livello della caviglia.
A causa dell'architettura del collo del femore, l'asse longitudinale della diafisi femorale non è situato
esattamente nel prolungamento dell'asse dello scheletro della gamba.
Esso forma con quest'ultimo un angolo ottuso aperto verso l'esterno di 170-175° detto valgismo fisiologico
del ginocchio.
I tre centri articolari dell'anca (H), del ginocchio (O) e della caviglia (C) sono allineati nella retta HOC.
La retta HOC rappresenta l'asse meccanico della arto inferiore (domanda d'esame). A livello della gamba
questo asse si sovrappone a quello dello scheletro, mentre nella coscia l'asse meccanico HO forma un
angolo di circa 6° con l'asse del femore.
 
DEVIAZIONE LATERALI DEL GINOCCHIO:
Quando l'angolo di valgismo si inverte per una deviazione verso l'esterno si ha il ginocchio varo e il centro
del ginocchio risulta spostato verso l'esterno.
Quando l'angolo di valgismo tende a chiudersi per una deviazione verso l'interno si ha il ginocchio valgo.
Il ginocchio varo può essere determinato misurando l'angolo formato dagli assi diafisari del femore e della
tibia che diventa maggiore del valore fisiologico (per esempio 180-185°). Il che rappresenta un'inversione
dell'angolo ottuso.
Il ginocchio valgo può essere determinato misurando l'angolo formato dagli assi diafisari del femore e della
tibia che diventa inferiore al valore fisiologico (per esempio 165°).
 
MOVIMENTI DI FLESSO-ESTENSIONE:
Estensione: movimento che allontana la faccia posteriore della gamba dalla faccia posteriore della coscia.
Non esiste un'estensione assoluta in quando nella posizione di riferimento l'arto inferiore è più allungato al
massimo. Tuttavia è possibile effettuare, soprattutto passivamente dei movimenti di estensione di circa 5-
10° --> iper-estensione.
In alcuni soggetti, questo movimento può essere patologicamente accentuato, in tal caso si parla di
ginocchio recurvato.
L'estensione attiva supera raramente e di poco la posizione di riferimento e questa possibilità dipende dalla
posizione dell'anca.
L'efficacia del retto femorale come estensore del ginocchio è tanto maggiore quanto più l'anca è in
estensione, una pre-estensione dell'anca facilità l'estensione del ginocchio.
L'estensione relativa è il movimento che completa l'estensione del ginocchio a partire da qualsiasi posizione
di flessione. Movimento che si effettua normalmente durante la marcia quando l'arto oscillante si proietta
anteriormente per prendere contatto col suolo.
 
La flessione è il movimento che avvicina la faccia posteriore della gamba alla faccia posteriore della gamba.
Esistono movimenti di flessione assoluta a partire dalla posizione di riferimento e movimenti di flessione
relativa a partire da qualsiasi movimento di flessione.
L'ampiezza della flessione del ginocchio varia in funzione della posizione dell'anca.
La flessione attiva arriva a 140° se l'anca è estata precedentemente flessa, ma a soli 120° se l'anca è in
estensione. Questa differenza dipende dalla diminuzione di efficacia degli ischio-crurali quando l'anca è
estesa.
E' possibile superare i 120° ad anca estesa mediante contrazione balistica degli ischio-crurali.
La flessione passiva raggiunge un'ampiezza di 160° e permette al tallone di toccare la natica.
In condizioni normali, la flessione è limitata solamente dal contatto elastico delle masse muscolari del
polpaccio e della coscia.
In una situazione patologica, la flessione passiva è limitata dalla retrazione dell'apparato estensore o delle
retrazioni capsulari.
 
ROTAZIONI ASSIALE DEL GINOCCHIO:
Il movimento di rotazione della gamba attorno al suo asse non può essere effettuato se non a ginocchio
flesso. Quando il ginocchio è esteso il bloccaggio articolare rende la tibia totalmente solidale col femore.
La rotazione interna porta la punta del piede verso l'interno (30°) e interviene in misura importante nel
movimento di adduzione del piede (10-15°)
La rotazione esterna porta la punta del piede verso l'esterno (40°) e interviene in misura analoga nel
movimento di abduzione del piede.
La misura della rotazione assiale passiva si effettua sul soggetto in decubito prono con il ginocchio flesso ad
angolo retto. L'esaminatore afferra 1 piede e lo fa ruotare portando la punta verso l'esterno o verso
l'interno.
La rotazione passiva risulta un po' più ampia di quella attiva. Esiste anche una rotazione automatica legata
ai movimenti di flesso-estensione. Si verifica principalmente al termine dell'estensione o all'inizio della
flessione. Quando il ginocchio va in estensione, il piedi si trova in rotazione esterna.
 
TORSIONE A LIVELLO DEL FEMORE:
Ricordiamo che il femore ha 2 estremità: la parte cervico-cefalica comprende la testa femorale e il collo
femorale.
L'epifesi distali coi 2 condili femorali. L'asse del collo del femore, forma un angolo di 30° col piano frontale.
(ANGOLO DECLINAZIONE)
Affinché l'asse dei condili resti frontale occorre effettuare una torsione della diafisi femorale di 30° in
rotazione interna, che corrisponde all'angolo di antiversione del collo femorale
 
TORSIONE A LIVELLO DEL GINOCCHIO:
Il ginocchio mette in contatto i condili femorali e i piatti tibiali.
Sembra che, i due assi, contenuti nel piano frontale, debbano essere paralleli ma in realtà la rotazione
assiale automatica comporta una rotazione esterna di 5° della tibia rispetto al femore durante l'estensione
completa.
 
TORSIONE A LIVELLO DELLA TIBIA:
Lo scheletro tibiale è formata dai piatti tibiali e dal mortaio tibio-perenoale che contiene la troclea
astrogalica. Gli assi di queste 2 superfici non sono paralleli ma a causa della torsione della tibia formano un
angolo di 25° in rotazione esterna.
 
RISULTATO DELLE TORSIONI:
Queste torsioni, distribuite in tutta la lunghezza dell'arto si annullano tra loro.
-30°+25°+5°=0
In questo modo l'asse di flesso estensione tibio-tarsico si trova pressappoco nella stessa direzione dell'asse
del collo, cioè in rotazione esterna di 30°.
Da ciò deriva l'apertura verso l'esterno di 30° dell'asse del piede nella stazione eretta a piedi uniti e bacino
simmetrico. Durante la marcia, l'avanzamento dell'arto oscillante porta l'anca omologa in avanti. Così il
bacino ruota di 30° e l'asse del piede viene orientato direttamente in avanti, nella direzione della marcia. Il
che permette uno svolgimento del passo ottimale.
 
SUPERFICI DELLA FLESSO-ESTENSIONI:
Il principale grado di libertà del ginocchio è quello di flesso-estensione che corrisponde all'asse trasversale.
Le superfici dell'estremità inferiore del femore costituiscono un segmento di puleggia. I condili, convessi nei
2 sensi, ricordano le ruote di un carrello da atterraggio e si prolungano poi anteriormente nella troclea
femorale.
Quando alla gola della puleggia, è rappresentata anteriormente dalla gola della troclea femorale e
posteriormente dalla fossa intercondolidea. Dal lato della gambo, le superfici tibiali sono conformate
inversamente e si organizzano in 2 docce parallele, incurvate e concave. Sono separate da una cresta
smussa anteroposteriore.
La glene esterna e la glena interna sono disposte all'interno di una doccia della superficie S e separate dalla
cresta smussa anterposteriore.
In questa cresta è situato il massiccio delle spine tibiali --> IMPORTANTE
Le glene corrispondono ai condili, mentre il massiccio delle spine tibiali va ad alloggiarsi nell'incisura
intercondiloidea.
Questo assemblaggio costituisce l'articolazione femoro-tibiale
Anteriormente i 2 versanti della superficie articolare della rotula corrispondono alle 2 facce della troclea
femorale. La cresta smussa invece si incastra nella gola della troclea. Cosi si crea un secondo insieme
funzionale: l'articolazione femoro-rotulea.
 
SUPERFICI TIBIALI NELLA ROTAZIONE ASSIALE:
Come da descrizione, la cresta smussa dalla superficie inferiore si incastra nella gola della puleggia
impedendo movimenti rotazionali. Affinché avvenga la rotazione assiale, occorre modificare la superficie
inferiore rispetto alla superiore. La cresta smussa deve diminuire in lunghezza e trasformarsi in un perno
incastrato nella gola intercondiloidea.
Questo perno è il massiccio delle spine tibiali che forma il versante esterno della glena interna e il versante
interno della glena esterna.
Per il perno passa l'asse verticale R attorno al quale avvengono i movimenti di rotazione longitudinale. I
legamenti crociati fungono da giunzione centrale.
 
MOVIMENTO DEI CONDILI SULLE GLENE IN FLESSO-ESTENSIONE:
Se il movimento del condilo fosse un semplice rotolamento a partire da un certo angolo di flessione il
condilo basculerebbe posteriormente alla glena (lussazione). La possibilità di un rotolamento pure è
impedita dal fatto che lo sviluppo del condilo è 2 volte più grande della lunghezza della glena. Se il
movimento del condilo fosse un semplice scivolamento la flessione sarebbe limitata dal contatto col bordo
posteriore della glena.
I fratelli Weber hanno dimostrato che il condilo ruota e scivola contemporaneamente sulla glena. Unico
modo per evitare la lussazione posteriore del condilo pur permettendo ampia flessione. Gli esperimenti di
Strasser hanno dimostrato che la proporzione di rotolamento e scivolamento non è la stessa per tutto il
movimento di flesso-estensione.
 
MOVIMENTI DEI CONDILI SULLE GLENE IN ROTAZIONE:
A partire dall'estensione estrema, il condilo comincia a rotolare senza scivolare. Poi lo scivolamento diventa
progressivamente predominante tanto che alla fine della flessione il condilo scivola senza rotolare. La
lunghezza del rotolamento puro all'inizio della flessione è diversa per i 2 condili.
La lunghezza del rotolamento puro all'inizio della flessione è diversa per i 2 condili:
-condilo interno il rotolamento ha luogo soltanto durante i primi 10-15° di flessione
-condilo esterno il rotolamento prosegue fino ai 20° di flessione
Da notare che questi 15-20° di rotolamento iniziale corrispondo all'ampiezza abituale dei movimenti di
flesso-estensione durante la marcia normale.
Nella posizione di rotazione indifferente quando il ginocchio è semiflesso, la parte posteriore dei condili
entra in contatto con la parte intermedia delle glene.
La flessione del ginocchio ha liberato il massiccio delle spine tibiali dal fondo dell'incisura intercondiloidea.
(QUESTO E' CIO' CHE PERMETTE IL MOVIMENTO DI ROTAZIONE).
Durante la rotazione esterna della tibia rispetto al femore, il condilo esterno avanza sulla glena esterna
mentre quello interno arretra sulle glena interna.
Durante la rotazione interna della tibia rispetto al femore, si verifica il fenomeno opposto: il condilo esterno
arretra sulla glena esterna mentre quello interno avanza sulla glena interna.
Il percorso dei condili sule rispettive glene non sono tuttavia del tutto simili. Il condilo interno si sposta
relativamente poco nella cavità della glena interna. Il condilo esterno percorre un tragitto due volte
maggiore sulla convessità della glena esterna.
 
LA CAPSULA ARTICOLARE:
E' un manicotto fibroso che avvolge l'estremità inferiore del femore e l'estremità superiore della tibia.
Costituisce le pareti non ossea della cavità articolare e la sua faccia profonda è rivestita dalla membrana
sinoviale.
La sua forma è simile a quella di un cilindro con la faccia posteriore infossata. Questo infossamento forma
un setto sagittale che ha stretti rapporti coi legamenti crociati e che divide la cavità articolare pressochè in 2
metà. Sulla faccia anteriore di questo cilindro è ritagliata una finestra in cui va a incastonarsi la rotula.
L'inserzione sul piatto tibiale è relativamente semplice. La linea d'inserzione (tratteggio) passa
anteriormente e sui lati esterni e interni delle superfici articolari. L'inserzione retroglenoidea interna
coincide con l'inserzione tibiale del legamento crociato posteriore e anteriore.
Per l'inserzione femorale della capsula è più complessa:
Anteriormente l'inserzione circonda superiormente la fossetta sopratrocleare, lateralmente l'inserzione
costeggia le facce della troclea e sul condilo esterno possa superiormente alla fossetta in cui si inserisce il
tendine del popliteo. L'inserzione di questo muscolo è dunque intracapsulare.
Posteriormente e superiormente la linea di inserzione capsulare segue il bordo posterosuperiore della
cartilagine condiloidea (al di sotto dell'inserzione dei muscoli gemelli). La capsula riveste la faccia profonda
di questi muscoli e li separa dai condili. Nella fossa intercondiloidea la capsula si fissa sulla faccia assiale dei
condili a contatto con la cartilagine e sul fondo della fossa.
Sulla faccia assiale del condilo interno l'inserzione capsulare passa per l'inserzione femorale del legamento
crociato posteriore. Sulla faccia assiale del condilo esterno la capsula si fissa congiuntamente con
l'inserzione femorale del legamento crociato anteriore. Anche a questo livello l'inserzione dei crociati
coincide praticamente con quella della capsula, di cui essi costituiscono un rinforzo.
 
I MENISCI INTERARTICOLARI:
La non concordanza delle superfici articolari è compensata dall'interposizione dei menischi o fibrocartilagini
semilunari. In una vista esplosa dell'apparato menisco legamentoso, i menischi sono sollevati
superiormente alle glene. Il menisco interno e il menisco esterno sono contenuti nello stesso piano
orizzontale (hanno forme e distanze diverse), superiormente alla glena interna e della glena esterna.
La faccia superiore, concava, si articola coi condili femorali. Mediante la faccia periferica, cilindrica, si
fissano alla faccia profonda della capsula. La faccia inferiore, quasi piatta, giace sulla zona periferica delle
glene separate dal massiccio e dai tubercoli intercondiloidei.
La forma ad anello dei menischi è interrotta a livello dei tubercoli intercondiloidei, perciò presentano una
forma semilunare con un corno anteriore e un corno posteriore. I corni del menisco esterno sono molto più
ravvicinati di quelli del menisco interno, per cui presenta la forma a O di un anello quasi completo. Il
menisco interno invece assomiglia più ad una semiluna o alla lettera C.
Sul piatto tibiale a livello della superficie pre spinale si fissano le corna anteriori dei menischi e nella parte
retrospinali le corna posteriori. Le corna anteriore sono congiunte dal legamento iugale, attaccato a sua
volta alla rotula dai tratti di corpo adiposo. (DOMANDA D'ESAME)
Da ciascun bordo della rotula(osso sesamoide) partono delle fibre verso le facce laterali dei menischi che
formano i retinacoli rotulei. Il legamento collaterale interno fissa le sue fibre più posteriori sul bordo
interno del menisco interno. Il legamento collaterale esterno è separato dal suo menisco dal tendine del
muscolo popliteo che invia un'espansione fibrosa al bordo posteriore del menisco esterno.
Anche il tendine del muscolo semimembranoso invia un'espansione fibrosa al bordo posteriore del menisco
interno. Le fibre distinte del legamento crociato posteriore vanno a fissarsi sul corpo posteriore del menisco
esterno, dando origine al legamento meniscofemorale. Esistono fibre del legamento crociato anteriore che
vanno a fissarsi sul corno anteriore del menisco interno.
La sezione frontale, sagittale interna e sagittale esterna evidenziano come i menischi vadano a interporsi fra
i condili e le glene, tranne che al centro di ciascuna glena e a livello dei tubercoli intercondiloidei. Si vede
inoltre come sono collegati alla capsula e come delimitino due piani nell'articolazione: il piano
soprameniscale e piano intrameniscale.
 
SPOSTAMENTI DEI MENISCHI NELLA FLESSO-ESTENSIONE:
I fattori responsabili dei movimenti dei menischi possono essere classificati in 2 gruppi: passivi e attivi.
Esiste un solo fattore passivo del movimento di traslazione dei menischi: i condili spingono anteriormente i
menischi ( come un nocciolo di ciliega tra le dita ).
I fattori attivi: durante l'estensione i menischi vengono tirati anteriormente dai reticoli rotulei, messi in
tensione dallo spostamento anteriore della rotula.
Inoltre il corno posteriore esterno del menisco esterno viene richiamato anteriormente dalla tensione del
legamento menisco-femorale simultanea alla tensione del crociato posteriore.
I fattori attivi: durante la flessione il menisco interno viene tirato posteriormente dall'espansione del
muscolo semimembranoso, mentre il corno anteriore viene richiamato dalle fibre del crociato anteriore. Il
menisco esterno viene tirato posteriormente dall'espensione dal muscolo popliteo.
 
SPOSTAMENTI DEI MENISCHI IN ROTAZIONE E LESIONI MENISCALI:
In rotazione, i menischi seguono gli spostamenti dei condili sulle glene. Nella posizione di rotazione
indifferente i menischi interno ed esterno sono ben centrati nelle rispettive glene. In rotazione esterna della
tibia sul femore, il menisco esterno viene trascinato anteriormente alla glena esterna.
Il menisco interno invece viene trascinato posteriormente. Durante la rotazione interna il menisco interno
avanza mentre il menisco esterno arretra. I menischi si spostano, deformandosi, attorno ai loro punti fissi:
le inserzione dei corni. L'ampiezza dello spostamento del menisco esterno è doppia rispetto al menisco
interno.
Questi spostamenti sono sostanzialmente passivi, esiste un solo fattore attivo: la tensione del retinacolo
rotuleo, dovuta allo spostamento laterale della rotula rispetto alla tibia. Questa trazione trascina uno dei
menischi anteriormente.
Durante i movimenti del ginocchio, i menischi possono subire lesioni quando non seguono gli spostamenti
dei condili sulle glene. Ne è un esempio l'estensione violenta del ginocchio. Uno dei menischi non ha il
tempo di essere richiamato anteriormente e viene stretto tra condilo e glena.
Questo meccanismo provoca delle rotture traversali o della disinserzioni del corno anteriore. Altro
meccanismo di lesione meniscale è la distorsione del ginocchio che associa un movimento di lateralità
esterna e una rotazione esterna. Il menisco interno si ritrova riportato verso il centro dell'articolazione
sotto la convessità del condilo interno.
Nello sforzo di raddrizzamento viene schiacciato tra il condilo e la glena. Si produce allora sia una
fessurazione longitudinale del menisco, sia una disinserzione capsulare totale e anche una fessurazione
complessa. In tutte queste lesioni longitudinali la parte centrale libera dal menisco può ripiegarsi nella fossa
intercondiloidea (lesione a manico di secchio).
Lesione frequenti tra i calciatori in caso di caduta o tra i minatori. Altro meccanismo di lesione è
conseguente alla rottura di un legamento crociato, il condilo interno non essendo più trattenuto
posteriormente schiaccia e fessura il corno posteriore del menisco interno. Questo causa sia una
disinserzione capsulare posteriore sia una fessurazione orizzontale. La parte lesionata di un menisco non
segue più i movimenti normali e può incastrarsi tra il condilo e la glena causando un blocco del ginocchio in
posizione di flessione.
L'estensione completa del ginocchio, anche se passiva, diventa impossibile. Importante sapere che a causa
dell'insufficiente vascolarizzazione, un menisco lesionato non è in grado di cicatrizzare e quindi di ripararsi.
 
SPOSTAMENTI ROTULA RISPETTO AL FEMORE:
L'apparato estensore del ginocchio scivola sull'estremità inferiore del femore come una corda in una
puleggia. La troclea femorale e la fossa intercondiloidea formano una scanalatura verticale sul fondo della
quale scivola la rotula. La forza del quadricipite diretta in obliquo superiormente e lievemente verso
l'esterno viene trasformata in una forza perfettamente verticale.
Il movimento normale della rotula sul femore in flessione è dunque la traslazione verticale lungo la gola
della troclea fino alla fossa intercondiloidea. Si sposta di un tratto uguale circa al doppio della sua lunghezza
ruotando attorno ad un asse trasversale. Questo spostamento è possibile perché la rotula è unita al femore
per mezzo di connessioni flessibili sufficientemente lunghe.
Normalmente la rotula si sposta solamente dall'alto in basso e non trasversalmente. Rimane adesa alla sua
doccia per l'azione del quadricipite che è tanto più rilevante quanto più è accentuata la flessione. In
estensione la forza di coattazione diminuisce e in iperestensione tende addirittura a invertirsi, cioè a
scollare la rotula dalla troclea.
A questo punto la rotula ha la tendenza ad essere lussata esternamente in quanto il tendine quadricipitale
e il legamento rotuleo formano un angolo ottuso aperto verso l'esterno. Ciò che impedisce una lussazione
esterna è la faccia esterna della troclea nettamente più sporgente di quella interna. In caso di
malformazione congenita con la faccia esterna poco sviluppata, la rotula tende alla lussazione in estensione
completa (lussazione recidivante della rotula).
La torsione esterna della tibia rispetto al femore, cosi come il ginocchio valgo, chiudendo l'angolo tra il
tendine quadricipitale e il legamento rotuleo, aumentano la componente diretta verso l'esterno e
favoriscono l'instabilità esterna della rotula. Questi fattori contribuiscono alla lussazione o sublussazione
esterna, alla condromalacia patellare (rammollimento della cartilagine) e all'artrosi femore-rotulea
esterna.
 
 
RAPPORTI FEMORO-ROTULEI:
La faccia posteriore della rotula è ricoperta da una cartilagine molto spessa. E' la cartilagine con il maggiore
spessore di tutto l'organismo. Ciò si spiega per le pressioni considerevoli che si esercitano a questo livello
durante la contrazione del quadricipite a ginocchio flesso.
La cresta mediana separa due faccette concave nei due sensi: la faccetta esterna in rapporto con la faccia
esterna della troclea e la faccetta interna in rapporto con la faccia interna della troclea.
Nel corso dello spostamento longitudinale della rotula lungo la troclea durante la flessione, la rotula entra
in contatto con la troclea attraverso la sua parte inferiore in estensione completa.
Attraverso la sua parte intermedia in flessione a 30°, e attraverso la sua parte superiore e la faccetta
superoesterna in flessione completa.
 
LEGAMENTI COLLATERALI DEL GINOCCHIO:
La stabilità dell'articolazione a debole incastro del ginocchio dipende da potenti legamenti --> crociati e
collaterali.
I collaterali rinforzano la capsula articolare dal lato interno e dal lato esterno. Assicurano la stabilità laterale
del ginocchio in estensione.
Il collaterale mediale si estende dal condilo mediale all'estremità superiore della tibia. Superiormente si
inserisce nella parte posterosuperiore della faccia interna, inferiormente si inserisce posteriormente alla
zampa d'oca, sulla faccia interna della tibia.
E' obliquo inferiormente e anteriormente, quindi la sua direzione incrocia nello spazio quella del collaterale
esterno.
La zampa d'oca è un complesso di tendini--> sartorio, gracile, semitendinoso.
Zampa d'oca profondo --> semimembranoso
Il collaterale laterale si estende dalla faccia laterale del condilo esterno alla testa del perone.
Superiormente si inserisce sul condilo esterno, inferiormente si inserisce sulla parte anteriore della testa
del perone, nella zona di inserzione del bicipite femorale, è obliquo inferiormente e posteriormente, quindi
la sua direzione incrocia nello spazio quella del legamento collaterale interno.
 
STABILITA' TRASVERSALE DEL GINOCCHIO:
Nella marcia il ginocchio è costantemente sollecitato da forze laterali. Lo sbilanciamento interno sul
ginocchio portante tende a esagerare il valgismo fisiologico determinando l'apertura dell'interlinea
mediale. Se lo sforzo trasversale è eccessivo, il legamento collaterale si lacera. In caso di rottura del
legamento si parla di distorsione grave, è distorsione semplice se il legamento è solo stirato.
Una distorsione grave, di norma non è provocata da una semplice posizione, richiede un trauma violento.
Viceversa uno sbilanciamento esterno sul ginocchio portante tende a raddrizzare il valgismo fisiologico. Se
un trauma violento interessa la faccia interna del ginocchio, può causare la distorsione grave del collaterale
esterno.
La distorsione grave compromette la stabilità dell'articolazione in quanto non permette al ginocchio di
opporsi alle sollecitazioni laterali. L'azione stabilizzante dei collaterali è coadiuvata dai muscoli che svolgono
un ruolo da 'legamenti attivi' dell'articolazione. Il collaterale esterno è aiutato dal tratto ileotibiale
(benderella di Maissiat) messa in tensione dal TFL. (TENSORE FASCIA ALATA).
Il collaterale interno è aiutato allo stesso modo dalla contrazione dei muscoli che compongono la zampa
d'oca. Sono aiutati anche dal muscolo quadricipite che, con le sue espansioni dirette e crociate, forma un
ispessimento fibroso sulla faccia anteriore dell'articolazione.
 
LEGAMENTI CROCIATI DEL GINOCCHIO:
Sono posti al centro dell'articolazione. Il crociato anteriore ha la sua inserzione tibiale sulla superficie
prespinale, lungo la glena interna, tra l'inserzione del corno anteriore del menisco interno e l'inserzione del
corno anteriore del menisco esterno.
Il suo tragitto è obliquo superiormente, posteriormente verso l'esterno. La sua inserzione femorale si
realizza sulla parte più posteriore della faccia assiale del condilo esterno. E' formato da tre fasci -
anterointerno --> è il più lungo ed il più esposto agli infortuni
-posteroesterno --> nascosto dal precedente, resiste a rotture parziali
-intermedio
Il crociato posteriore è situato sul fondo della fosso intercondiloidea, posteriormente al crociato anteriore.
A livello tibiale si inserisce sulla parte più arretrata della superficie retrospinale e sul contorno posteriore
del piatto tibiale posteriormente all'inserzione del corno posteriore del menisco esterno. A livello femorale,
occupa il fondo della fossa intercondiloidea e si spinge al limite inferiore del condilo interno.
E' formato da una fascio posteroesterno: il più posteriore sulla tibia e il più esterno sul femore
-fascio anterointerno: il più anteriore sulla tibia e più interno sul femore
-legamento meniscofemorale: che si attacca al corno posteriore del menisco esterno.
Questi legamenti contraggono stretti rapporti con la capsula articolare, ne rappresentano degli ispessimenti
e ne sono parte integrante.
 
RUOLO MECCANICO CROCIATI:
Per comprendere il ruolo meccanico dei crociati è necessario considerare tre fattori:
-Lo spessore e il volume del legamento --> sono direttamente proporzionali alla sua resistenza e
inversamente proporzionali alla sua possibilità di allungamento
-La struttura del legamento --> le fibre hanno lunghezza varia, quindi le fibre non sono sollecitate tutte
contemporaneamente. Si tratta di un reclutamento di fibre in corso di movimento
-Estensione e direzione inserzioni --> le fibre non sono sempre parallele tra loro, spesso si organizzano su
piani attorcigliati su se stessi.
Per la loro posizione e direzione, i legamenti crociati rendono impossibile lo scorrimento antero-posteriore.
 
STABILITA' ROTATORIA DEL GINOCCHIO IN ESTENSIONE:
I movimenti di rotazione longitudinale del ginocchio sono possibili solamente quando è flesso. In estensione
completa è impedito dalla tensione dei legamenti collaterali e crociati.
Sul ginocchio in rotazione nulla i legamenti appaiano ben incrociati l'uno rispetto all'altro.
Durante la rotazione interna della tibia rispetto al femore la direzione dei legamenti è evidentemente più
incrociata sul piano frontale.
Sul piano orizzontale entrano in contatto mediante il loro bordo assiale. Si arrotolano l'uno addosso all'altro
e si tendono a vicenda. Durante la rotazione esterna della tibia rispetto al femore, i legamenti tendono a
diventare paralleli sul piano frontale. Sul piano orizzontale i loro bordi assiali tendono a perdere contatto.
La rotazione esterna NON è impedita dalla messa in estensione
Il ruolo dei legamenti collaterali nella stabilità rotatoria del ginocchio può essere spiegato con con
considerazioni simmetriche:
In rotazione nulla l'obliquità del collaterale interno e del collaterale esterno fa si che inneschino un
movimento di avviamento attorno all'estremità superiore della tibia.
In rotazione interna si oppone a questo avvitamento , l'obliquità dei collaterali diminuisce e tendono a
diventare paralleli, le superfici articolari sono meno sollecitate a venire a contatto da parte dei legamenti
laterali, lo sono di più a parte dei legamenti crociati.
La rotazione esterna accentua l'avvitamento e limita il movimento, mentre i crociati sono detesi.
Nel complesso, la stabilità rotatoria del ginocchio in estensione è assicurata dai legamenti collaterali nella
rotazione esterna e dai legamenti crociati nella rotazione interna.
 
MUSCOLI ESTENSORI DEL GINOCCHIO:
Il quadricipite femorale è il muscolo estensore del ginocchio. E' formato da quattro ventri muscolari che si
inseriscono mediante un apparato estensore comune sulla tuberosità tibiale.
Tre muscoli monoarticolari: vasto intermedio, laterale e mediale.
Muscolo biarticolare: il retto femorale.
I muscoli monoarticolari sono solo estensori del ginocchio. Il vasto mediale, più potente del laterale, scende
più inferiormente e la sua predominanza relativa si oppone alla tendenza alla lussazione esterna della
rotula. La contrazione equilibrata dei due vasti genera una forza risultante diretta superiormente all'interno
dell'asse della coscia.
Se uno dei vasti prevale sull'altro, la rotula tende a sfuggire all'esterno. Questo è uno dei meccanismi della
lussazione recidivante della rotula. Ne consegue che è possibile opporsi alla sublussazione esterna della
rotula attraverso il rinforzo selettivo del vasto mediale.
 
FISIOLOGIA DEL MUSCOLO RETTO FEMORALE:
Decorre anteriormente all'asse della flesso-estensione dell'anca e del ginocchio, perciò è sia flessore
dell'anca che estensore del ginocchio.
La sua efficacia in qualità di estensore del ginocchio dipende dalla posizione dell'anca e viceversa.
La distanza compresa tra la SIAS e il bordo superiore della troclea è più corta in flessione che in posizione
eretta.
Questa differenza porta ad un allungamento relativo del muscolo, quando l'anca è flessae il ginocchio si
flette passivamente per effetto del peso della gamba. In questo condizioni, per ottenere l'estensione del
ginocchio, gli altri tre capi del quadricipite risultano molto più efficaci del retto femorale, già deteso per la
flessione dell'anca.
Al contrario se l'anca passa dalla posizione eretta all'estensione, la distanza fra le 2 inserzioni del retto
aumenta e il muscolo si tende.
Questo accorciamento relativo aumenta proporzionalmente la sua efficacia. Ciò avviene durante la corsa o
la marcia nel momento di spinta dell'arto posteriore. Per effetto dell'azione dei glutei l'anca è portata in
estensione, mentre il ginocchio e la caviglia si estendono. Il quadricipite ora dispone della sua massima
potenza grazie all'aumentata efficacia del retto femorale.
Il grande gluteo risulta sinergico-antagonista del retto femorale, antagonista a livello dell'anca e sinergico a
livello del ginocchio. Durante la marcia, nell'avanzamento dell'arto oscillante, il retto femorale agisce
contemporaneamente sulla flessione dell'anca e sull'estensione del ginocchio. Viceversa la flessione del
ginocchio per effetto degli ischiocrurali favorisce la flessione dell'anca per mezzo del retto femorale.
 
MUSCOLI FLESSORI DEL GINOCCHIO:
Situati nella loggia posteriore della coscia. (domanda d'esame)
-ischiocrurali: bicipite femorale, semitendinoso e semimembranoso
-muscoli della zampa d'oca: gracile, sartorio e semitendinoso
-popliteo
-muscoli gastrocemi o gemelli laterale e mediale, non sono propiamente dei flessori ma svolgono una
importante azione di stabilizzazione.
Tutti questi muscoli sono biarticolari tranne il capo breve del bicipite femorale e il popliteo.
I flessori biarticolari hanno un'azione simultanea di estensione dell'anca e la loro azione su ginocchio
dipende dalla posizione dell'anca.
-muscolo sartorio: flette, extra-ruota e abduce l'anca e flette e intra ruota il ginocchio
-muscolo gracile: principalmente adduttore, flette l'anca come muscolo accessorio e flette e intra-ruota il
ginocchio
 
MUSCOLI ROTATORI DEL GINOCCHIO:
I flessori fungono anche da rotatori. Sono suddivisi in 2 gruppi a seconda del loro punto di inserzione sullo
scheletro della gamba. Quelli che si fissano esternamente all'asse verticale di rotazione del ginocchio sono
rotatori esterni, bicipite femorale e TFL.
Il TFL diventa flessore-rotatore esterno solo a ginocchio flesso.
A ginocchio esteso perde la sua funzione di rotatore e diventa estensore del ginocchio determinando il
bloccaggio dell'estensione.
Il capo breve del bicipite femorale è il solo muscolo monoarticolare rotatore esterno.
I muscoli che si fissano all'interno dell'asse verticale di rotazione della gambe sono rotatori interni.
I muscoli rotatori interni sono il sartorio, semitendinoso, semimembranoso, gracile e popliteo. Essi svolgono
il ruolo di freni della rotazione esterna quando il ginocchio è flesso. Proteggono gli elementi capsulo-
legamentosi quando vengono sollecitati durante una brusca rotazione verso il lato opposto alla gamba in
appoggio.
Il popliteo è l'unico a fare eccezione a questa disposizione generale. Si inserisce sulla faccia posteriore
dell'estremità tibiale, invia un'espansione che si fissa sul bordo posteriore del menisco esterno e poi
penetra nella capsula del ginocchio. Si inserisce sul condilo laterale.
Risulta l'unico rotatore interno monoarticolare. Pur essendo situato posteriormente all'articolazione è un
estensore del ginocchio. Il gruppo dei rotatori interni è complessivamente più potente del gruppo dei
rotatori esterni ma la loro differenza è modesta.
CAVIGLIA
E' l'articolazione distale dell'arto inferiore, detta anche tibio-tarsica o talo-crurale. Essendo un articolazione
trocleare possiede un solo grado di libertà. Condiziona i movimenti del piede rispetto alla gamba sul piano
sagittale. E' un articolazione serrata a solido incastro.
 
COMPLESSO ARTICOLARE DEL PIEDE:
L'articolazione tibio-tarsica è la più importante del complesso articolare del retropiede (calcacagno e
astralago). Questo insieme di articolazioni, coadiuvato della rotazione assiale del ginocchio, forma
l'equivalente di una articolazione con tre gradi di libertà. I tre assi principali di questo complesso articolare
sono:
-asse trasversale che passa per i malleoli e corrisponde all'asse dell'articolazione tibio-tarsica. E' compreso
grossomodo sul piano frontale e consente i movimenti di flesso-estensione
-asse longitudinale verticale, condiziona i movimenti di adduzione e abduzione. Questi movimenti sono
possibile grazie alla rotazione assiale del ginocchio flesso.
-asse longitudinale è orizzontale ed è contenuto sul piano sagittale e consente i movimenti di pronazione e
supinazione.
 
LA FLESSO-ESTENSIONE:
La posizione di riferimento è quella in cui il piano della pianta del piede è perpendicolare all'asse della
gamba. Partendo da questra posizione, si definisce flessione il movimento che avvicina il dorso del piede
alla faccia anteriore della gamba. I termini 'flessione dorsale' o 'dorsoflessione' sono erronei.
L'estensione è invece il movimento che allontana il dorso del piede dalla faccia anteriore della gamba.
'Flessione plantare' è un'antinomia.
L'ampiezza dell'estensione è maggiore rispetto a quello della flessione. Per valutare questi angoli è comodo
misurare 'angolo formato dalla pianta del piede con l'asse della gamba.
Quando l'angolo è acuto abbiamo una flessione --> 20-30°.
Quando l'angolo è ottuso si ha un'estensione --> 30-50°
Nei movimenti estremi la tibio-tarsica non è l'unica a intervenire: si aggiunge anche l'ampiezza propria della
articolazioni del tarso.
Nella flessione estrema le articolazione del tarso aggiungono qualche grado in più mentre la volta si
appiattisce. Invece nell'estensione estrema l'ampiezza supplementare deriva da un'accentuazione della
volta.
 
LE SUPERIFICI DELLA TIBIO-TARSICA:
Articolazione paragonabile ad un modello meccanico. Inferiormente abbiamo l'astragalo che sostiene una
superficie cilindrica caratterizzata da un grande asse trasversale. Superiormente abbiamo l'estremità
inferiore della tibia e del perone.
La troclea astragalica è formata da 3 parti:
-la faccia superiore convessa in senso anteroposteriore, solcata longitudinalmente da una depressione
assiale chiamata 'gola della troclea'. Da ciascun lato della gola si trovano le guance della troclea.
La guancia interna è piana eccetto anteriormente dove è incurvata verso l'interno, ed entra in contatto con
la faccia articolare della faccia esterna del malleolo mediale.
La guancia esterna è incurvata verso l'esterno e il suo pian e leggermente obliquo anteriormente e verso
l'esterno. Entra in contatto con la faccetta articolare della faccia interna del malleolo laterale.
Alla superficie della troclea astragalica corrisponde una superficie conformata in maniere complementare
sulla faccia inferiore del pilone tibiale, concava in senso anteroposteriore. Presenta una cresta smussa che
si incastra nella gola della troclea. Da ciascun lato presenta:
Una doccia interna e esterna che accolgono il versante corrispondente della troclea.
I legamenti esterni dell'articolazione sono:
-peroneo-astragalico anteriore; -peroneo astragalico posteriore; -peronecolcaneare (domanda d'esame)
I legamenti interni sono:
Tibio -astragalico posteriore; -tibio-astragalico anteriore; -fascio superficiale del legamento deltoideo
L'incastro della troclea tra i 2 malleoli si chiama PINZA BINALLEOLARE
Le due facce laterali della troclea sono strette tra i malleoli. L'insieme del pilone tibiale e dei due malleoli è
indicato col nome MORTAIO TIBIOPERONEALE. Il malleolo laterale è più voluminoso di quello mediale, si
porta più inferiormente ed è più posteriore.
 
I LEGAMENTI DELLA TIBIO-TARSICA:
Presentano 2 legamenti principali, i collaterali laterale e mediale e due sistemi accessori, i legamenti
anteriore e posteriore. I collaterali formano dei ventagli fibrosi il cui apice si fissa sul malleolo
corrispondente e la cui parte periferica si suddivide sulle due ossa del tarso posteriore.
Il legamento collaterale laterale è costituito da 3 fasci:
-fascio anteriore fissato al margine anteriore del malleolo mediale, si dirige in obliquo inferiormente e
anteriormente per inserirsi sull'astragalo
-fascio mediale parte in prossimità dell'apice del malleolo e si dirige inferiormente e posteriormente per poi
fissarsi sulla faccia esterna del calcagno
-fascio posteriore origina dalla faccia interna del malleolo posteriormente alla faccetta articolare, si dirige
orizzontalmente verso l'interno e si fissa sul tubercolo del processo posteriore dell'astragalo.
E' prolungato dal legamento astragalo-calcaneare posteriore. Dal malleolo laterale partono anche i
legamenti tibio-peroneali inferiori.
Il legamento collaterale mediale si divide in un piano superficiale ed un piano profondo. Il piano profondo
che è costituito da 2 fasci tibio-astragalici: fascio anteriore che si fissa sulla branca interna del giogo
dell'astragalo e il faccio posteriore che si fissa inferiormente alla guancia interna.
Il piano superficiale forma il legamento deltoideo. Origina dal malleolo tibiale e si irradia su una linea di
inserzione inferiore sullo scafoide, sul bordo interno del legamento glenoideo e sulla piccola apofisi del
calcagno.
I legamenti anteriore e posteriore sono degli ispessimenti capsulari. Il legamento anteriore congiunge il
margine anteriore della tibia e la faccia superiore del collo dell'astragalo. Il legamento posteriore è formato
da fibre che parte dalla tibia e dal perone convergono verso il processo posteriore dell'astragalo.
 
STABILITA' ANTEROPOSTERIORE DELLA CAVIGLIA:
L'ampiezza della flesso-estensione è determinata dallo sviluppo delle superfici articolari.
La superficie tibiale ha una sviluppo di un arco di 70°, la troclea astragalica si estende da 140-150°. Se ne
deduce, per sottrazione, che la flesso-estensione è di circa 70 80°.
La troclea dell'astragalo è più sviluppata posteriormente, ciò spiega la predominanza dell'estensione sulla
flessione. La limitazione della flessione dipende da fattori ossei, capsulo-legamentosi e muscolari.
Fattore osseo: in flessione estrema, la faccia superiore del collo dell'astragalo urta contro il margine della
superficie tibiale.
Fattore capsulo-legamentosi: la parte posteriore della capsula si tende, cosi come i fasci posteriori dei
legamenti collaterali.
Fattore muscolare: la resistenza tonica del tricipite surale interviene prima dei fattori precedenti.
Una retrazione muscolare può limitare precocemente la flessione e la caviglia può rimanere in estensione,
nella posizione detta di 'piede equino'.
La limitazione dell'estensione dipende dagli stessi fattori:
Fattore osseo: i tubercoli dell'astragalo, soprattutto quello esterno, entrano in contatto con il margine della
superficie tibiale posteriore. Sebbene raramente si possono verificare fratture al tubercolo laterale da
iperestensione.
Fattore capsulo-legamentosi: la parte anteriore della capsula si tende insieme ai fasci anteriori dei
legamenti collaterali
Fattore muscolare: la resistenza tonica dei muscoli flessori l'imita l'estensione.
Un ipertono dei flessori determina una condizione nota come 'piede talo'.
La stabilità AP della tibio-tarsica è assicurata dalla gravità che mantiene l''astragalo inferiormente alla
superficie tibiale. I margini dell'epifisi tibiale distale, anteriore e posteriore, formano delle salienze che
impediscono lo scivolamento anteriore o posteriore della troclea atragalica. I legamenti collaterali
assicurano la coattazione passiva e i muscoli sono fattori coattanti attivi.
Quando i movimenti di flesso-estensione superano l'ampiezza meccanicamente consentita, uno degli
elementi deve necessariamente cedere.
L'iperestensione può causare una lussazione posteriore, che può essere accompagnata da una rottura
capsulo-legamentoso piò o meno completa o dalla frattura del margine posteriore con sublussazione
posteriore.
Analogamente, l'iperflessione può determinare lussazione anteriore o frattura del margine anteriore. Nelle
distorsioni del legamento collaterale laterale il fascio anteriore viene sollecitato per primo. Semplicemente
stirato nelle distorsioni benigne, si rompe nelle distorsioni gravi.
 
STABILITA' TRASVERSALE DELLA CAVIGLIA:
La tibio.tarsica presenta un solo grado di libertà a causa della sua conformazione. Il tenone della troclea
stragalica è mantenuto del mortaio tibioperoneale. Ciascuna branca della pinza bimalleolare trattiene
lateralmente l'astragalo.
Quando un movimento forzato in abduzione porta il piede verso l'esterno, la guancia esterna dell'astragalo
esercita una pressione sul malleolo peroneale. Le possibili conseguenze sono:
-lussazione della pinza bimalleolare per la orttura dei legamenti tibioperinoeali inferiori. Questo evento
causa una diastasi intertibio-peroneale. L'astragalo può effettuare dei movimenti laterali denominati -->
ballottamento astragalico.
Se il movimento è ancora più accentuato il legamento collaterale mediale si rompe. Si parla quindi di
distorsione grave del legamento collaterale mediale che può associarsi alla diastasi intertibio-peroneale.
Altra possibilità è che ceda il malleolo mediale contemporaneamente al malleolo laterale, superiormente ai
legamenti tibioperoneali inferiori.
Questa frattura è denominata 'frattura di Dupytren' (DOMANDA D'ESAME, QUALI SONO I LEGAMENTI
COINVOLTI IN QUESTA FRATTURA?)
Talvolta la frattura del perone avviene molto più superiormente a livello del collo, in tal caso si parla di
'frattura Maimoueve'. Spesso i legamenti tibioperoneali inferiori resistono.
La punta del piede, portata verso l'interno, fa ruotare l'astragalo attorno al suo asse verticale, la guancia
interna fa saltare il malleolo mediale e il basculamento dell'astragalo rompe il malleolo laterale. Si noti che
il più delle volte il movimento di adduzione non comporta la frattura ma la distorsione del legamento
collaterale.
 
ARTICOLAZIONI TIBIO-PERONEALI:
Tibia e perone si articolano alle loro estremità a livello delle articolazioni tibio-peroneali prossimale. Sono
articolazioni legate tra loro e alla tibio-tarsica.
La tibia-peroneale prossimale è un artrodia che mette in contatto la faccetta tibiale e la faccetta peroneale.
La faccetta peroneale è sormontata dal processo stiloideo della testa del perone.
In vista posteriore mostra i rapporti che il muscolo popliteo contrae con l'articolazione mentre scorre sul
suo legamento posteriore.
L'articolazione distale è caratterizzata dalla mancanza di superfici cartilaginee, è quindi una sindesmosi.
Una superficie tibiale concava si oppone ad una superficie peroneale convessa al di sotto della quale si
trova la faccetta peroneale della tibio-tarsica.
Il legamento anteriore della tibio-peroneale distale si dirige in obliquo inferiormente e verso l'esterno. Il
legamento posteriore più spesso e largo, si estende lontano verso il malleolo mediale. Oltre ai legamenti
tibio-peroneali, le due ossa della gamba sono unite dal legamento interosseo, che è fissato sul bordo
laterale della tibia e sulla faccia mediale del perone.
Si noti che nell'articolazione tibio-peroneale distali, i capi articolari non vengono a contatto diretto perché
separati dall'interposizione di tessuto cellulo-adiposo.
 
ANATOMIA PIEDE:
1-ASTRAGALO
2-CALCAGNO
3-SCAFOIDE
4-5-6-CUNEIFORME
7-CUBOIDE
 
IL PIEDE:
Le articolazione del piede sono numeroso, mettono in rapporto le ossa del tarso tra di loro e con quelle del
metatarso.
Queste articolazioni sono:
-sottolaterale (sotto-astragalica)
-mediotarsica
-tarso-metatarsale
-scafo-cuboidea e scafo-cuneiforme
Queste articolazione hanno un doppio ruolo --> orientare il piede rispetto agli altri due assi (l'orientamento
nel piano sagittale è deputato alla tibio-tarsica) a seconda della posizione della gamba e dell'inclinazione del
terrone. Modifica la forma e la curvatura della volta plantare per adottare il piede alle asperità del terreno e
creare un sistema di ammortizzazione che conferisca elasticità al passo.
 
MOVIMENTI DI ROTAZIONE E LATERALITA' DEL PIEDE:
Oltre ai movimenti di flesso estensione ( a carico dell'articolazione tibio-tarsica ) il piede può effettuare
anche movimenti attorno all'asse verticale e attorno al proprio asse.
Attorno all'asse Y si effettuano i movimenti di adduzione e abduzione e si ottengono rispettivamente
quando la punta del piede si avvicina e si allontana dal piano di simmetria del corpo.
L'ampiezza totale dei movimenti eseguiti unicamente a livello del piede è compresa tra 35 e 45°. Per
analogia con l'arto superiore il movimento di orientamento verso l'interno della pianta è definito
supinazione, verso l'esterno pronazione.
L'ampiezza della supinazione è di 52° e ha un valore maggiore rispetto ai 25-30° d'ampiezza della
pronazione.
Data la conformazione delle articolazioni che sottendo i movimenti, l'adduzione si accompagna
necessariamente alla supinazione e un lieve estensione. Queste tre componenti caratterizzano la cosiddetta
inversione.
Nell'altra direzione, l'abduzione si accompagna necessariamente a pronazione e flessione, e si ottiene la
cosiddetta posizione di eversione. Esistono dunque combinazioni di movimenti impedite dall'archittettura
stessa delle articolazioni del piede.
 
SUPERFICI ARTICOLARI DELLA SOTTOASTRGALICA:
L'astragalo, con la sua faccia inferiore, si articola con la faccia superiore del calcagno. Queste due ossa
entrano in contatto per mezzo di due superfici articolari che costituiscono l'articolazione sottoastragalica.
La superficie astragalica posteriore si applica sulla faccia superiore destra del calcagno che forma il
cosiddetto TALANO DI DESTOT.
Queste 2 superfici sono uniti per mezzo di legamenti e racchiuse in una capsula, cosi da formare
un'articolazione autonoma. La piccola superficie poggia sulla superficie anteriore del calcagno. Queste
superfici fanno parte di un'articolazione più vasta che comprende anche la faccia posteriore delle scafoide e
la testa dell'astragalo e che prende il nome di articolazione medio-tarsica.
Le articolazione sottoastragalica e mediotarsica sono artroide. Il talamo è una superficie ovolare ad asse
maggiore obliquo anteriormente e verso l'esterno. La superficie astragalica che gli si oppone ha una forma
cilindrica cava, mentre quella calcaneare è piena.
La superficie anteriore del calcagno è concava nei 2 sensi mentre la superficie astragalica che le si oppone è
convessa nei due sensi coi medesimi raggi di curvatura. La faccia anteriore del calcagno è occupata dalla
superficie articolare che si articola con il cuboide. La superficie calcaneare fa parte di una superficie più
ampia che comprende la superficie posteriore dello scafoide e la parte superiore del legamento glenoideo.
Con il legamento deltoideo e la capsula queste superfici formano una cavità sferica che accoglie la testa
dell'astragalo. Sulla testa dell'astragalo si trovano le superfici articolari corrispondenti: la maggior parte
delle superfici viene accolta dallo scafoide, tra questa superficie e la faccetta del calcagno si interpone uno
spazio triangolare che corrisponde al legamento glenoideo.
Questa associazione in una stessa articolazione di una superficie sferica ed una cilindrica funge da esempio
della sua peculiare biomeccanica.
Questo tipo di articolazione presenta un'unica posizione di congruenza delle superfici articolari: la posizione
d'appoggio
Nelle posizione non in appoggio, esiste un notevole gioco meccanico dovuto alla non coincidenza delle
superfici articolari.
 
LEGAMENTI DELLA SOTTOASTRAGALICA:
Astragalo e calcagno sono uniti per mezzo di legamenti corti e potenti poiché devono sopportare sforzi
considerevoli durante la marcia, la corsa e il salto.
Il sistema principale è costituito dal legamento interosseo astragalocalcaneare a sua volta costituito da fasci
fibrosi tozzi che occupano il seno del tarso. Seno del tarso è il nome dello spazio interosseo tra la faccia
inferoesterna del collo dell'astragalo e la faccia superiore della metà anteriore del calcagno.
Il fascio anteriore si inserisce nel solco del calcagno (pavimento seno del tarso). Le sue fibre si dirigono in
obliquo superiormente, anteriormente e verso l'esterno. Si fissano sul solco dell'astragalo, in
corrispondenza alla faccia inferiore del collo astragalico (soffitto del seno del tarso).
Il fascio posteriore si inserisce posteriormente al precedente sul pavimento del seno, anteriormente al
talamo. Le sue fibre si dirigono superiormente, posteriormente e verso l'esterno e si ancorano al soffitto del
seno, anteriormente alla superficie posteriore dell'astragalo.
L'astragalo è fissata al calcagno per mezzo di altri 2 legamenti meno importanti: legamento
astragalocalcaneare laterale che origina dal processo laterale dell'astragalo e termina sulla faccia esterna
del calcagno; legamento astragalocalcaneare posteriore che origina dal tubercolo posteroesterno
dell'astragalo e si inserisce sulla faccia esterna del calcagno.
Il legamento interosseo ha un ruolo essenziale nella statica e nella dinamica della sottoastragalica. Il peso
del corpo, trasmesso dalla gamba sulla troclea astragalica, viene ripartito sul talamo e sulle superfici
anteriori del calcagno --> la superficie anterointerna e anteroesterna.
 
LEGAMENTI MEDIOTARSICA:
La mediotarsica (interlinea di Chopart) è composta da 2 parti --> l'interlinea astrogaloscafoidea che forma la
parte interna e l'interlinea calcaneocuboidea che forma la parte esterna. Vista dall'alto, l'articolazione
assume l'aspetto di una S in corsivo distesa trasversalmente.
La superficie anteriore del calcagno ha una forme che dall'alto al basso, è prima concava e poi convessa. La
superficie posteriore del cuboide che le si oppone ha una conformazione inversa ma spesso si prolunga con
una faccetta sullo scafoide che poggia sul cuboide con la sua estremità esterna.
Il contatto tra scafoide e cuboide avviene per mezzo di due faccette piane e le due ossa sono solidamente
unite da 3 legamenti --> dorsale esterno, plantare interno e interosseo.
I legamenti sono 5 --> il glenoideo che unisce il calcagno e lo scafoide, astragaloscafoideo superiore che
unisce la faccia dorsale del collo dell'astragalo e la faccia dorsale dello scafoide, biforcato che è costituito da
2 fasci ovvero il fascio interno si inserisce sull'estremità esterna dello scafoide e il fascio esterno che si fissa
sulla faccia dorsale del cuboide.
 
FUNZIONAMENTO GLOBALE DEL TARSO POSTERIORE:
Le articolazioni sottoastragalica e mediotarsica realizzano insieme l'equivalente di un'unica articolazione
con un solo grado di libertà. Questo grado di libertà si sostanzia attorno all'asse di Henke.
Nel movimento di inversione, il tibiale posteriore tira lo scafoide che scopre la parte superoesterna della
testa dell'astragalo, lo scafoide trascina il cuboide per mezzo dei legamenti scafocuboidei. Il cuboide
trascina a sua volta il calcagno che si porta anteriormente e inferiormente rispetto all'astragalo. Il seno del
tarso si apre al massimo mentre il legamento interosseo, coi suoi fasci, si tende. Il talamo rimane scoperto
nella parte anteroinferiore mentre l'interlinea astragalacalcaneare si apre superiormente e posteriormente.
In sintesi la coppia scafoide-cuboide viene attirata verso l'interno, il che orienta l'avampiede anteriormente
e verso l'interno. Contemporaneamente, ruota a causa dell'abbassamento del cuboide e la pianta del piede
si orienta verso l'interno a causa dell'abbassamento dell'arco esterno, con la faccetta del cuboide
corrispondente al 5° metatarso che guarda inferiormente e anteriormente e con la faccetta del 1°
cuneiforme sullo scafoide che si orienta anteriormente.
Nel movimento di eversione il peroneo breve tira il cuboide verso l'esterno e posteriormente. Il cuboide
trascina lo scafoide che scopre la parte superointerna della testa dell'astragalo. Il calcagno si porta
posteriormente e inferiormente all'astragalo. Il seno del tarso si chiude e il movimento viene limitato dal
contatto dell'astragalo con il pavimento del seno del tarso. La parte posterosuperiore del talamo è
scoperta.
In sintesi la coppia scafoide-cuboide viene attirata verso l'esterno, il che orienta l'avampiede anteriormente
e verso l'esterno. Contemporaneamente ruota su se stessa a causa dell'abbassamento dello scafoide e
dell'adduzione del cuboide, la cui faccetta si orienta anteriormente e verso l'esterno.
 
FATTORI LIMITANTI IVERSIONE ED EVERSIONE:
Questi movimenti sono limitanti da 2 resistenze: le salienze ossee e le catene legamentose del retropiede.
In inversione, il movimento del calcagno inferiormente e verso l'interno fa risalire l'astragalo verso la parte
superiore della superficie talamica dove non incontra nessuna salienza ossea. Contemporaneamente la
teste dell'astragalo viene scoperta dallo scofeide che scivola inferiormente e verso l'interno senza essere
bloccato da alcuna salienza
Nessuna salienza ossea limita il movimento di inversione ad eccezione del malleolo interno che mantiene
all'interno la troclea astragalica. La catena legamentosa di inversione è solo il fattore di limitazione di
questo movimento, i legamenti si tendono seguendo 2 linee di tensione:
La linea di tensione principale che coinvolge il malleolo laterale e i legamenti del comparto laterale e la
linea di tensione accessoria che parte dal malleolo mediale, segue il fascio posteriore del collaterale
mediale e poi l'astragalocalcaneare posteriore.
In eversione la superficie posteriore principale della faccia inferiore dell'astragalo scende sulla pendenza del
talamo e poggia sulla faccia superiore del calcagno, a livello del pavimento del seno del tarso. La guancia
esterna dell'astragalo, sollecitata verso l'esterno entra in contatto con il malleolo laterale e lo fratturerebbe
se la dislocazione dovesse continuare.
Si può riassumere dicendo che in inversione si possono rompere i legamenti, provocando distorsioni gravi,
in particolare del fascio anteriore del legamento collaterale della tibio-tarsica. In eversione si possono
verificare fratture ossee, in primo luogo quella del malleolo laterale.
 
ARTICOLAZIONI SCAFO E INTER-CUNEIFORMI E TARSO METARSALI:
Tutte queste articolazioni sono dell'artrodie che effettuano movimenti di scivolamento e di apertura di
piccola ampiezza. Guardano la coppia scafoide-cuboide è possibile vedere le tre faccette dello scafoide che
lo mettono in contatto con 1,2 e 3 cuneiforme. Inoltre si vedono le faccette che mettono in contatto il
cuboide con il 4° e 5° metatarso ed il 3° cuneiforme. Il cuboide sostiene l'estremità esterna dello scafoide
tramite l'articolazione scafo-cuboidea. Le articolazioni intercuneiformi presentano della faccette e dei
legamenti interossei. L'articolazione tarso-metatarsale mette in rapporto da una parte i cuneiformi e l
cuboide e dall'altra la base dei cinque metatarsi. Costituita da una serie di artrodie strettamente embricate.
 
MUSCOLI PIANTA PIEDE:
i muscoli della pianta del piede si dispongono dalla profondità alla superficie, su tre piani:
-piano profondo --> muscoli interossei dorsali e plantari e dai muscoli annessi all'alluce.
-piano medio --> muscoli flessori lunghi
-piano superficiale --> rappresentato da un solo muscolo, il flessore plantare breve delle dita
 
MUSCOLI FLESSORE ED ESTENSORI DELLA CAVIGLIA:
La mobilizzazione del piede e del retropiede avviene grazie ai muscoli flessori ed estensori della caviglia che
agiscono rispetto agli assi del complesso articolare del tarso posteriore. I 2 assi determinano 4 quadranti nei
quali sono distribuiti 10 muscoli e 13 tendini.
Tutti i muscoli situati davanti all'asse XX' sono flessori della caviglia ma rispetto all'asse di Henke possono
essere suddivisi in 2 gruppi: quelli situati internamente (estensore lungo dell'alluce e tibiale anteriore) sono
adduttori e supinatori. Quelli situati esternamente ( estensore comune delle dita e peroneo anteriore) sono
abduttori e pronatori.
Fra i 4 muscoli flessori, 2 si inseriscono direttamente sul tarso o sul metatarso. Il tibiale anteriore si fissa sul
primo metatarso e sul primo cuneiforme. Il peroneo anteriore si inserisce sulla base del quinto metatarso.
Dunque la loro azione è diretta.
L'estensore comune delle dita e l'estensore lungo dell'alluce agiscono con la partecipazione delle dita. Se le
dita vengono stabilizzate in posizione flessa o dritta dagli interossei, l'estensore comune delle dita agisce
come flessore di caviglia. Se gli interossei diventano insufficienti, la flessione di caviglia si effettuerà con una
'griffe' delle dita.
Analogamente, la stabilizzazione dell'alluce da parte dei muscoli sesamoidi permette all'estensore proprio
di flettere la caviglia. In caso di insufficienza dei sesamoide, l'azione dell'estensore proprio della caviglia
sarà accompagnata dalla griffe dell'alluce.
Quando i muscoli della loggia anteriore della gamba sono paralizzati o insufficienti, la punta del piede non
può essere sollevata --> piede equino. Durante la marcia il soggetto è costretto ad alzare la gamba verso
l'alto per non urtare il suolo con la punta del piede. Questa andatura è detta 'steppante'.
I muscoli estensori della caviglia sono tutti posteriore dell'asse XX'. In teoria quindi esisterebbero sei
muscoli estensori ma nella pratica l'unico muscolo efficacia è il tricipite surale. Muscolo più potente del
corpo umano dopo grande gluteo e quadricipite.
Si compone di tre ventri muscolari che possiedono un'unica terminazione tendinea (calcaneare o di achille)
che si fissa sulla faccia posteriore del calcagno. Un capo (soleo) è monoarticolare, si inserisce sia sulla tibia e
sul perone che sull'arco tendineo del soleo. E' un muscolo profondo che compare solo nella parte inferiore
della gamba, ai lati del tendine d'achille.
Gli altri due capi sono i muscoli gastrocnemi, biarticolari. Il gemello esterno si fissa superiormente al condilo
esterno del femore, il gemello interno si fissa a livello del condilo interno. I 2 ventri carnosi convergono
sulla linea mediana formando la V inferiore della losanga poplitea. Lateralmente sono in rapporto coi
tendini dei muscoli ischiocrurali che divergono fra loro formando la V rovesciata della losanga poplitea.
Lo scorrimento tra i gemelli e i tendini degli ischiocrurali è facilitato dall'interposizione di una borsa sierosa
nel loro punto d'incontro. La borsa sierosa del semitendinoso e del gemello mediale è costante, la borsa del
bicipite e del gemello laterale invece no. Da queste borse hanno origini le cisti poplitee. Essendo i gemelli
muscoli biarticolari, la loro efficienza come estensori della caviglia dipende dal grado di flessione del
ginocchio. Quando il ginocchio è esteso i gemelli tesi passivamente, possono offrire la loro massima
potenza. Quando il ginocchio è flesso i gemelli sono detesi e perdono la loro efficacia e interviene soltanto il
soleo. I movimenti che comportano estensione di ginocchio e caviglia favoriscono l'azione dei gemelli.
Gli altri cinque muscoli estensori sono: -peroneo breve e lungo; tibiale posteriore; flessore lungo delle dita;
flessore lungo dell'alluce.
Peroneo breve e lungo sono situati esternamente all'asse di Henke e sono contemporaneamente abduttori
e pronatori. Gli altri 3 muscoli, essendo situati internamente rispetto all'asse di Henke sono adduttori e
supinatori.
I muscoli peronei passano posteriormente all'asse traversale ed esternamente all'asse di henke. Sono
simultaneamente estensori, abduttori e pronatori. Il peroneo breve che si fissa sul processo stiloideo dal 5°
metatarso è essenzialmente abduttore del piede.
Il peroneo lungo è abduttore ed è pronatore abbassando la testa del 1° metatarso quando l'avampiede non
è in appoggio sul suolo. La pronazione è il risultato dell'elevazione dell'arco esterno del piede associata
all'abbassamento di quello interno.
 
TIBIALI COME ADDUTTORI E SUPINATORI
I 3 muscoli retromalleolari situati posteriomente all'asse XX' e internamente rispetto all'ase di Henke sono
simultaneamente estensori, adduttori e supinatori. Il tibiale posteriore si fissa sul tubercolo dello scafoide e
tirandolo verso l'interno è un forte adduttore, determina la rotazione di tutto il tarso. E' supinatore grazie
alle sue espansioni plantari sulle ossa del tarso e del metatarso e svolge un ruolo essenziale
nell'orientamento della volta plantare. E' estensore non solo della tibio-tarsica ma anche della medio-
tarsica per abbassamento dello scafoide.
Il tibiale anteriore è più supinatore che adduttore, agisce sollevando tutti gli elementi dell'arco interno. E'
un flessore della caviglia. La sua contrattura provoca un piede talo varo con flessione delle dita, soprattutto
dell'alluce.
L'estensore lungo dell'alluce è un adduttore supinatore più debole del tibiale anteriore. Può sostituirlo nella
flessione della caviglia ma in tal caso si verifica spesso l'ipertensione dell'alluce.
 
LA VOLTA PLANTARE
Insieme architettonico che associa armoniosamente gli elementi osteoarticolari, legamentosi e muscolari
del piede. Assicura la migliore trasmissione possibile del peso del corpo verso il suolo nonostante le sue
asperità sia durante il mantenimento della stazione eretta che durante la marcia. Le sue disfunzioni hanno
gravi ripercursioni sulla marcia e corsa e anche a livello posturale.
Considerata nel suo insieme, l'archietettura della pianta del piede può essere definita come una volta
sostenuta da tre archi. Tale volta è appoggiata al suolo su tre punti ai vertici di un triangolo equilatero. Tra i
2 appoggi consecutivi (AB, BC, CA) è teso un arco che costeggia lateralmente la volta. Il peso della volta si
applica sulla chiave di volta e si suddivide attraverso gli archi verso i punti di appoggio.
La volta plantare non forma un triangolo equilatero non possedendo 3 archi e tre punti di appoggio
presenta una struttura simile, seppure asimmetrica. I suoi punti di appoggio sono compresi nella zona di
contatto al suolo o impronta plantare. Essi corrispondono alla testa prima metatarso, alla testa del quinto
metatarso e alle apofisi del calcagno. Ogni punto di appoggio è comuno a due archi contigui.
Tra i punti di appoggio anteriore è teso l'arco anteriore, il più corto e il più basso. Tra i punti di appoggio
esterni è situato l'arco esterno, di lunghezza e altezza intermedie. Tra i punti di appoggio interni si estende
l'arco interno, il più lungo e più alto. Quest'ultimo è il più importante dei 3, sia sul piano statico che su
quello dinamico.
 
L'ARCO INTERNO
L'arco interno comprende 5 segmenti ossei, dal piano anteriore a quello posteriore --> 1° metatarso che
poggia al suolo mediante la sua testa, il 1° cuneiforme che è interamente sospeso, lo scafoide, l'astragalo e
il calcagno. La trasmissione degli sforzi meccanici è visibile nella disposizione delle trabecole ossee, le
trabecole provenienti dalla corticale anteriore della tibia percorrono, oblique inferiormente e
posteriormente, l'arco rampante posteriore. Attraversano il corpo dell'astragalo per espandersi verso la
spalla posteriore dell'arco, il punto di contatto col suolo del calcagno. Le trabecole proveniente dalla
corticale posteriore della tibia si orienta inferiormente e anteriormente ne collo e nella testa astragalica per
proseguire nello scafoide e nell'arco rampante anteriore ( cuneiforme e metatarso )
L'arco interno conserva la sua concavità grazie a muscoli e legamenti. I legamenti plantari che tengono uniti
i segmenti ossei sono cuneometatarsale e scafocuneiforme ma soprattutto il calcaneoscafoideo inferiore e
l'astragalocalcaneare. Essi resistono a sforzi violenti ma di breve durata. I muscoli invece si oppongono alle
deformazioni prolungate.
I muscoli che congiungono due o più punti, formano delle corde e agiscono come veri e propri tensori.
Sono:
Tibiale posteriore; peroneo lungo; flessore lungo dell'alluce; abduttore dell'alluce.
Al contrario, i muscoli inseriti sulla convessità dell'arco, ovvero l'estensore lungo dell'alluce e il tibiale
anteriore, diminuiscono la sua curvatura e lo appiattiscono.
 
L'arco esterno comprende 3 segmenti ossei:
Il quinto metatarso, la cui testa costituisce il punto di appoggio anteriore; il cuboide completamente
sospeso; il calcagno le cui apofisi costituiscono il punto d'appoggio inferiore.
La trasmissione degli sforzi meccanici avviene attraverso l'astragalo per mezzo di due sistemi trabecolari.
Le trabecole posteriori provengono dalla corticale anteriore della tibia e si aprono nel ventaglio
subtalamico. Le trabecole anteriori partono dalla corticale posteriore della tibia e attraversano prima
l'astragalo, poi il cuboide e il 5° metatarso.
Oltre al ventaglio subtalamico, il calcagno presenta due sistemi trabecolari principali. Un sistema arciforme
superiore, concavo inferiormente e le cui fibre lavorano in competizione. Un sistema arciforme inferiore,
concavo superiormente le cui fibre lavorano in trazione. L'arco esterno è il più rigido di quello interno
perché coinvolto nella trasmissione dell'impulso motore del tricipite.
La chiave di volta dell'arco è costituita dalla grande apofisi del calcagno su cui vanno a opporsi gli sforzi
dell'arco rampante posteriore e anteriore.
Quando sull'arco viene applicata una sollecitazione troppo violenta si possono verificare 2 conseguenze -->
il legamento calcaneocuboideo resiste ma l'arco si rompe a livello della chiave di volta. Il talamo affonda nel
corpo del calcagno e l'angolo di Bohler, normalmente ottuso inferiormente si annulla o può anche invertirsi.
Tre muscoli costituiscono i tensori attivi dell'arco --> peroneo breve; peroneo lungo e abduttore del 5° dito.
 
L'ARCO ANTERIORE E LA CURVATURA TRASVERSALE:
L'arco anteriore è teso tra la testa del primo metatarso e la testa del 5° metatarso. L'arco pasa per la testa
degli altri metatarsi: la seconda testa forma la chiave di volta. Presenta una concavità poco accentuata e
poggia al suolo per mezzo delle parti molli (o tallone anteriore).
L'arco è sottoteso al legamento intermetatarsale e da un solo muscolo: il fascio trasverso dell'adduttore
dell'alluce, muscolo piccolo e che si sforza facilmente. La curvatura trasversale prosegue dal piano anteriore
a quello posteriore. A livello dei cuneiformi l'arco trasversale comprende quattro ossa ed il II cuneiforme
forma la chiave di volta.
Il II cuneiforme costituisce, col II metatarso che lo prolunga anteriormente, il 'colmo della volta'. Questo
arco è sotteso dal tendine del peroneo lungo che ha un'azione potente sulla curvatura trasversale. A livello
della coppia scafoide-cuboide l'arco è mantenuto dalle espansioni plantari del tibiale posteriore.
La curvatura longitudinale dell'insieme della volta è controllata da 5 muscoli:
L'adduttore dell'alluce, coadiuvato dal flessore lungo dell'alluce; l'abduttore del quinto dito, verso l'esterno.
Tra questi 2 estremi, il flessore lungo delle dita ed il plantare breve, mantengono la curvatura longitudinale
dei 3 mediani e del raggio esterno.
 
EQUILIBRIO ARCHITTETONICO DEL PIEDE:
Il piede è una struttura triangolare che presenta un lato inferiore, la base, sottesa ai muscoli e ai legamenti
plantari. Un lato anterosuperiore, occupato dai flessori della caviglia e dagli estensori delle dita. Un lato
posteriore, che comprende gli estensori della caviglia e i flessori delle dita. La forma della pianta condiziona
l'adattamento al suolo.
Un'accentuazione della curvatura plantare comporta un piede cavo e può derivare da una retrazione dei
legamenti plantari, come anche da un'insufficienza dei flessori della caviglia. Un appiattimento della
curvatura plantare (piede piatto) può essere dovuto a un'insufficienza delle formazioni legamentose o
muscolari plantari, come anche a un tono esagerato dei muscoli anteriori o posteriori.
 
DEFORMAZIONI DINAMICHE DURANTE LA MARCIA:
Lo svolgimento del passo impone alla volta plantare sforzi e deformazioni e si può suddividere in quattro
fasi:
-fase presa di contatto col suolo, quando l'arto oscillante è in fase di atterraggio la caviglia è dritta o in lieve
flessione. Il piede entra in contatto col suolo mediante il tallone, punto di appoggio posteriore della volta.
Sotto la spinta della gamba il resto del piede appoggia al suolo e la caviglia è passivamente estesa.
-fase contatto massimo, la pianta è appoggiata con tutta la superficie che costituisce l'impronta plantare. Il
corpo, spinto dall'altro piede, passa superiormente e anteriormente rispetto a quello portante, realizzando
la fase d'appoggio unilaterale. La caviglia è portata passivamente dall'estensione alla flessione e il peso del
corpo, applicato totalmente sulla volta plantare, lo appiattisce.
-fase primo impulso motore, il peso del corpo è posto anteriormente rispetto al piede e la contrazione degli
estensori della caviglia comincia a sollevare il tallone. Mentre la tibio-tarsica va in estensione, la volta
effettua una rotazione attorno al suo punto d'appoggio anteriore. Il corpo viene sollevato e portato in
avanti. Nel frattempo, la volta tenderebbe a schiacciarsi se non fosse per l'ulteriore intervento dei tensori
plantari: è il secondo effetto di ammortizzamento. In questa fase l'arco anteriore si schiaccia a sua volta e
l'avampiede si stende al suolo.
-fase secondo impulso motore, l'impulso dato dal tricipite viene prolungato dalla contrazione dei muscoli
flessori delle dita del piede. Il piede, portato ancora una volta anteriormente e superiormente, lascia il suo
appoggio anteriore sul tallone e poggi solo sulle prime tre dita. Durante il secondo impulso motore la volta
plantare resiste allo schiacciamento ancora una volta grazie ai tensori plantari.
Il piede lascia il suolo mentre l'altro inizia a svolgere l'altro passo. Per un istante, quindi, i 2 piedi sono
rimasti simultaneamente a contatto col suolo: periodo di doppio appoggio. Durante la fase successiva di
appoggio unilaterale, la volta del piede oscillante viene ripristinata, riacquistando la sua concavità grazie
alla sua elasticità.

ARTO SUPERIORE
ARTICOLAZIONE SPALLA:
Articolazione prossimale dell'arto superiore e la più mobile di tutto il corpo, possiede 3 gradi di libertà e la
sua posizione di riferimento è lungo il corpo con l'asse longitudinale dell'omero che coincide con l'asse
verticale.
Flesso-estensione sul piano sagittale attorno all'asse trasversale, l'estensione è di 45-50° e la flessione è di
180°. Nell'adduzione a partire dalla posizione di riferimento è resa impossibile dalla presenza del tronco.
Possibile se associata all'estensione, anche con la flessione con 35-45°. Partendo da una posizione di
abduzione si parla di adduzione relativa.
L'abduzione avviene sul piano frontale, asso antero-posteriore (sagittale). A partire dai 90° di fatto avvicina
l'arto al piano di simmetria del corpo e diventa in senso stretto un'adduzione.
Movimento che passa attraverso 3 stadi:
-da 0 a 60° può essere effettuata solo dalla scapolo-omerale
-da 60 a 120° richiede la partecipazione della scapolo-toracica
-da 120 A 180° richiede anche una lieve inclinazione del tronco dal lato opposto.
Rotazione del braccio attorno suo asse longitudinale, può essere effettuata in qualsiasi posizione, la
posizione di riferimento è detta rotazione esterna-interna di 0°. Deve essere misurata a gomito flesso per
evitare che alla rotazione si sommino i gradi della prono-supinazione.
La posizione di riferimento più utilizzata è quella in rotazione interna di 30° rispetto alla posizione di
riferimento in quanto corrisponde all'equilibrio dei rotatori. Rotazione esterna --> ampiezza di circa 80°.
Rotazione più importante (perchè più utilizzata) è quella compresa tra la posizione di riferimento fisiologica
e la posizione di riferimento classica.
Ampiezza compresa tra 100° e 110°, per raggiungere questo limite bisogna far passare l'avambraccio
posteriormente al tronco.
Movimenti del moncone della spalla nel piano orizzontale mettono in azione la scapolo toracica. Gradi
anteposizione (muscoli pettorali, dentato) sono maggiori rispetto a retroposizione (romboide, fascio
trasversale trapezio, gran dorsale).
-flesso-estensione orizzontale: piano orizzontale, asse verticale
La flessione orizzontale combina flessione e adduzione (140°) --> Deltoide (primi 3 fasci), sottoscapolare,
pettorali, dentato.
-estensione orizzontale combina estensione ed adduzione e intervengono i fasci 4,5,6,7 del deltoide,
sovraspinato, sottospinato, grande e piccolo rotondo, romboide, trapezio (fascio spinoso), gran dorsale.
-circonduzione combina movimenti elementari attorno ai tre assi. Delimita nello spazio un settore sferico di
accessibilità nel quale la mani può raggiungere gli oggetti. Simile ad un cono in cui il vertice è la spalla e la
base la traiettoria delle dita. Base deformata per la presenza del tronco.
 
La spalla è complesso di 5 articolazione divisibili in 2 gruppi, primo gruppo formato da:
-articolazione scapolo omerale --> articolazione vera (contatto di 2 superfici di scorrimento cartilaginee);
articolazione sottodeltoidea --> articolazione falsa, presenta 2 superfici che scivolano una rispetto all'altra.
Meccanicamente collegata alla scapolo omerale. Qualsiasi movimento della scapolo omerale provoca un
movimento della sottodeltoidea.
-articolazione scapolo toracica --> articolazione falsa, le altre 2 articolazioni sono meccanicamente collegate
ad essa.
Articolazione acromio-claveare --> articolazione vera, situata all'estremità laterale della clavicola.
Articolazione sterno-costo-claveare --> articolazione vera, situata all'estremità mediale della clavicola.
I 2 gruppi articolari lavorano in sinergia, secondo proporzioni che variano durante il corso dei movimenti.
 
SUPERFICI ARTICOALRI DELLA SCAPOLO-OMERALE:
Testa omerale --> sferica, il suo asse forma co l'asse diafisario un angolo di inclinazione di 135° e col piano
frontale un asse di declinazione di 30° anteriormente. Separata dal resto dell'epifisi del collo anatomico, il
cui piano è inclinato di 45° sull'orizzontale. Presenta 2 sporgenze su cui si inseriscono muscoli periarticolari
--> trochite (grande tuberosità) esternamente e trochine (piccola tuberosità) anteriormente.
Cavità glenoidea --> angolo superoesterno del corpo scapolare. Orientata verso l'esterno, presenta una
concavità meno marcata della convessità della testa. Circondata da labbro glenoideo, sporgente, interrotto
dall'incisura glenoidea nella arte anterosuperiore.
Cercine glenoideo --> formazione fibrocartilaginea anulare applicata sul bordo glenoideo, colma l'incisura
glenoidea e aumenta la sua concavità. Possiede una sezione triangolare a tre facce: interna (inserita sul
bordo glenoideo); periferica (su cui si inseriscono le fibre della capsula); centrale (in continuità con la testa
omerale).
 
APPARATO CAPSULO LEGAMENTOSO:
L'apparato capsulo legamentoso della spalla è sufficientemente lasso da permette elevatà mobilità. Fascio
superiore del legamento gleno-omerale ispessisce la capsula nella parte superiore.
Si trova il tendine del capo lungo del bicipite, del sottoscapolare e la cavità glenoidea è circondata dal
cercine.
Tendine del capo lungo del bicipite --> intracapsulare in quanto con 2 fasci di fibre partecipa alla
formazione del cercine glenoideo. Capsula articolare rinforzata da alcuni legamenti: coracomerale e
glenomerale con i suoi 3 fasci --> superiore, medio, inferiore.
Apofisi coracoide, tubercolo sottoglenoideo extracapsulare, legamento coracomerale va dalla coracoide al
trochite, insieme al sovraspinato. Legamento glenomerale con i suoi 3 fasci.
 
TENDINE INTRAARTICOLARE DEL CAPO LUNGO DEL BICIPITE:
Il tendine del capo lungo del bicipite si inserisce sul tubercolo sovraglenoideo e sul polo superiore del
cercine. Esce dall'articolazione attraverso l'incisura inter-tubercolare e scorre inferiormente alla capsula.
Questo tendine svolge un ruolo importante nella fisiopatologia della spalla. Quando il muscolo si contrae i
suoi capi assicurano la coattazione della spalla. Il capo breve solleva l'omero rispetto alla scapola e
impedisce la lussazione verso il basso della testa dell'omero (insieme a capo lungo del tricipite,
coracobranchiale e deltoide). Simultaneamente il capo lungo spinge la testa omerale nella glena. Ciò si
verifica soprattutto durante l'abduzione ( il capo lungo del bicipite figura anche tra gli abduttori) la rottura
del tendine comporta una riduzione della forza in abduzione di circa il 20%. Il suo grado di tensione iniziale
dipende dalla lunghezza del cammino percorso nella sua porzione orizzontale intrarticolare. Questa
lunghezza è massima in posizione intermedia e in rotazione esterna. In rotazione interna il tragitto
articolare è più corto e l'efficacia del capo lungo del bicipite è minima.
A livello dell'incisura inter-tubercolare è sottoposto ad una grande fatica meccanica alla quale può resistere
solo se il suo trofismo è eccellente. Se con l'età si verifica una degenerazione delle fibre collagene, il
tendine può rompersi all'entrata del solco (anche per sforzi minimi) realizzando un quadro clinico molto
caratteristico nelle periartriti scapolo-omerali.
 
LEGAMENTO GLENOMERALE:
Subisce variazioni a seconda della posizione in cui si trova l'articolazione. In posizione di riferimento sono
visibili il fascio medio e il fascio inferiore. In abduzione questi fasci si tendono mentre il fascio superiore e il
coracomerale si detendono.
Altro fattore di limitazione è dato dal fatto che il trochite appoggia contro la parte superiore della glena e
del cercine.
Questo contatto è ritardato dalla rotazione esterna che sposta il trochite posteriormente alla fine
dell'abduzione, porta l'incisura intertubercolare sotto la volta acromin-coracoidea e detende leggermente il
fascio inferiore. Quando l'abduzione è eseguita in flessione di 30° nel piano del corpo della scapola, la
messa in tensione è ritardata il movimento raggiunge i 110° nella scapolo-omerale. La rotazione interna
detende i 3 fasci, esterna tende i 3 fasci.
 
LEGAMENTO CORACOMERALE NELLA FLESSO-ESTENSIONE:
Tra i 2 legamenti si vede l'incisura intertubercolare --> punto d'ingresso del tendine del capo lungo del
bicipite. In estensione la tensione è maggiore sul fascio del trochine, in flessione la tensione è maggiore sul
fascio del trochite.
Nella rotazione interna dell'omero che avviene alla fine della flessione, detende i legamenti coracomerali e
glenomerali permettendo maggiore ampiezza di movimento.
 
COATTAZIONE MUSCOLARE DELLA SPALLA:
Data l'elevata mobilità la stabilità della spalla non può essere garantita solo dai legamenti. I muscoli
coattanti si suddividono in 2 gruppi, sulla base della loro direzione e conseguente azione.
-Muscoli coattanti trasversali spingono la testa omerale sulla glena.
-muscoli coattanti longitudinali sorreggono l'arto e si oppongono alla lussazione verso il basso.
Quando questi muscoli sono paralizzati si ha la sindrome della spalla ciondolante. Quando sono
predominanti, la lussazione superiore della testa omerale è ostacolata dall'azione di ricentraggio dei
trasversali.
I muscoli sono il --> sovraspinato, sottospinato, piccolo rotondo, sottoscapolare, tendine del capo e lungo
del bicipite, capo lungo del tricipite.
La predominanza dei coattanti longitudinali a lungo termine può consumare i muscoli della cuffia, veri
proprio cuscini tra la testa omerale e l'acromion, fino alla rottura.
 
ARTICOLAZIONE SOTTODELTOIDEA:
Articolazione falsa costituita da un piano di scorrimento tra superficie profonda del deltoide e cuffia dei
rotatori, facilitato da una borsa sierosa. La cuffia dei rotatori è un complesso muscolo-tendineo composto
da sovraspinato, sottospinato, sottoscapolare e piccolo rotondo. (DOMANDA D'ESAME).
 
ARTICOLAZIONE SCAPO-TORACICA:
Articolazione falsa, composta da due piani di scorrimento:
-piano omoseratico, compreso tra la scapola e il gran dentato
-piano toracoseratico, compreso tra la parete toracica e il gran dentato.
La scapola è compresa su un piano che forma un angolo di 30° con il piano d'appoggio dorsale (piano
fisiologico di abduzione della spalla). La clavicola, obliqua posteriormente forma anch'essa un angolo di 30°
col piano frontale. Tra clavicola e scapola esiste un angolo di 60° che può variare in base ai movimenti.
Rappresenta per convenzione sul piano frontale, in realtà la scapola è compresa in un piano obliquo. Si
estende dalla II alla VII costa, il suo angolo superointerno corrisponde alla prima apofisi spinosa dorsale e
l'estremità interna della spina corrisponde alla terza apofisi spinosa dorsale. Il margine mediale dista 5-6cm
dalla linea apofisaria.
 
MOVIMENTI CINGOLO SCAPOLARE:
Di lateralità, verticale e di rotazione. I movimenti laterali sono asserviti alla rotazione della clavicola.
Retropulsione ( spostamento posteriore della spalla) la clavicola diventa più obliqua esternamente e
l'angolo scapolare-claveare aumenta fino a 70°.
Antepulsione la clavicola diventa più frontale e l'angolo scapolo-claveare tende a scendere sotto i 60° e la
glena si orienta anteriormente. Spostamenti verticali sono compresi tra 10 e 12 cm e si accompagnano
necessariamente a basculamento, elevazione o abbassamento dell'estremità distale della clavicola.
Rotazione verso l'alto, l'angolo inferiore si sposta verso l'esterno e la glena tende a guardare
superiormente. L'ampiezza di questa rotazione è di circa 45-60°. Il cambio di orientamento della glena
svolge un ruolo essenziale nei movimenti globali della spalla.
Rotazione verso il basso, l'angolo inferiore si sposta verso l'interno, la glena tende a guardare
inferiormente.
 
ARTICOLAZIONE STERNO-COSTO-CLAVEARE:
A sella, la superficie piccola è claveare mentre quella grande è sterno-costale. La concavità della prima
appoggia sulla convessità dell'altra. Le articolazioni su questo piano possiedono due assi perpendicolari e si
dicono articolazioni ortogonali. L'asse 1 corrisponde alla curvatura concava della superficie sterno-costale e
a quella convessa della superficie claveare. Permette dei movimenti sul piano verticale. L'asse 2 corrisponde
alla curvatura convessa della superficie sterno-costale e a quella concava della superficie claveare.
Permette movimenti sul piano orizzontale.
Mediante la combinazione dei suoi movimenti può anche effettuare movimenti sull'asse longitudinale detti
di rotazione congiunta. Nel caso della clavicola esistono anche movimenti passivi di rotazione longitudinale.
In visione vertico-frontale si riconoscono:
-legamento costo-claveare (inserito sulla faccia della prima costa)
-legamento sterno-claveare, ricoperto dal legamento inter-claveare
-muscolo succlavio
Il legamento costo-claveare limita l'anteposizione, insieme al legamento anteriore e la retroposizione
insieme al legamento posteriore.
Nell'innalzamento della clavicola la sua estremità mediale scivola inferiormente e verso l'esterno.
Movimento limitato dalla tensione del legamento costo-claveare e dal tono del muscolo succlavio.
Quando la clavicola si abbassa, la sua estremità mediale si solleva. Movimento limitato dalla tensione del
legamento superiore e dal contatto della clavicola con la I costa.
 
ARTICOLAZIONE ACROMIO-CLAVEARE:
Artrodia e non possiede alcun incastro. In figura si riconoscono - spina scapolare; acromion con la sua
faccetta articolare; estremità laterale della clavicola con la sua faccetta articolare. La stabilità
dell'articolazione dipende da due legamenti extra-articolari --> il legamento conoide che origina dal
processo coracoideo e si inserisce sul tubercolo conoide, sulla faccia inferiore della clavicola. Il legamento
trapezoide che origina dal processo coracoideo e si fissa su una superficie che prolunga il tubercolo
conoide.
Questa articolazione è molto sollecitata nei movimenti di flesso-estensione a causa del basculamento della
scapola.
 
MUSCOLI DEL CINGOLO SCAPOLARE:
Trapezio suddiviso in 3 fasci con azioni diverse (antagonista di se stesso) -fascio superiore solleva il
moncone della spalla e determina iper-lordosi cervicale con rotazione della testa del lato opposto. -fascio
medio adduce di pochi cm il margine interno delle scapole, spinge la scapola contro il torace e retropone il
moncone della spalla. -fascio inferiore attira la scapola inferiormente e medialmente. La contrazione
simultanea dei 3 spinge la scapola medialmente e posteriormente e fa ruotare la scapola superiormente di
20°. Importante nel trasporto di carichi pesanti in quanto impedisce la caduta del braccio e lo scollamento
della scapola.
Muscolo romboide attira l'angolo inferiore della scapola superiormente e medialmente quindi ne
determina l'elevazione e una rotazione che orienta la glena nella stessa direzione. Fissa l'angolo della
scapola contro le coste. Muscolo angolare solleva le spalle e contrasta la caduta della spalla e si contrae
durante il trasporto di un carico. Muscolo piccolo pettorale abbassa il moncone della spalla e fa scivolare la
scapola esternamente e anteriormente con scollamento del bordo posteriore. Succlavio abbassa la clavicola
e la spinge contro il manubrio. Gran dentato situato sulla faccia profonda della scapola, si estende sulla
parete postero-laterale del torace --> porzione superiore attira la scapola anteriormente e verso l'esterno,
le impedisce di arretrare quando si spinge un oggetto pesante; porzione inferiore determina il
basculamento della scapola superiormente tirando verso l'esterno il suo angolo inferiore. Gran dentato e
piccolo pettorale attirano la scapola verso l'esterno e allontanano il margine spinale della linea delle
spinose. Il fascio medio del trapezio e il romboide avvicinano il margine spinale della scapola alla linea delle
spinose. Il romboide è anch'esso elevatore della scapola.
 
MUSCOLO SOVRASPINATO E ABDUZIONE:
Il deltoide e il sovraspinato formano la coppia funzionale dei motori dell'abduzione scapolo-omerale. Gran
dentato e trapezio formano la coppia funzionale dei motori della scapolo-toracica.
 
LE TRE FASI DELL'ABDUZIONE:
Prima --> da 0 a 60° intervengono deltoide e sovraspinato. Coppia responsabile dell'abduzione
dell'articolazione scapolo-omerale. Verso i 90° la scapolo omerale si arresta per il contatto tra trochite e
margine superiore della glena.
La rotazione esterna sposta il trochite posteriormente ritardano questo blocco meccanico.
Seconda --> da 60 a 120° intervengono trapezio e gran dentato. Formano la coppia responsabile
dell'abduzione scapolo-toracica. Avendo la scapolo-omerale raggiungono il suo limite, l'abduzione può
proseguire solo grazie a un movimento a campana della scapola che porti la glena verso l'alto (movimento
ampiezza 60°). Movimento di rotazione longitudinale della articolazione sterno-costo-claveare e acromio-
claveare (ciascuna concorre x 30°). Movimento limitato verso i 150° della resistenza dei muscoli gran
dorsale e gran pettorale.
Terza --> 120 a 180° il rachide deve partecipare al movimento. Se è abdotto un solo braccio, avviene
un'inclinazione laterale dei muscoli spinali controlaterali. Se sono abdotte entrambe le braccia possono
essere rese parallele solo in flessione massima. Affinchè entrambe raggiungono la verticale è necessaria
anche un'iper-lordosi lombare.
 
TRE FASI FLESSIONE:
Prima --> da 0 a 50° intervengono il fascio claveare del deltoide, il coracobrachiale e il fascio superiore del
gran pettorale. Flessione limitata da tensione del legamento coracomerale e la resistenza dei muscoli
rotondi e del sottospinato.
Seconda --> 60 a 120° il cingolo scapolare entra in azione con una rotazione di 60° della scapola che orienta
la glena superiormente e anteriormente. Una rotazione assiale nella articolazioni sterno-costo-claveare e
acromio-claveare, ciascuna concorre per 30°. Muscoli interessati sono il trapezio e il gran dentato. Limitata
dal gran dorsale e del fascio inferiore del gran pettorale.
Terza --> da 120 a 189° l'elevazione continua ad opera del deltoide, del sovraspinato, del fascio inferiore del
trapezio e del gran dentato. Il movimento di flessione è bloccato nella scapolo-omerale e scapolo-toracica,
deve intervenire il rachide. Se la flessione è unilaterale è possibile terminare il movimento passano in
abduzione e inclinando il rachide. Se flessione è bilaterale la fine del movimento è identica a quella
dell'abduzione (iper-lordosi-lombare).
 
MUSCOLI ROTATORI:
Interni --> gran dorsale, rotondo, sottoscapolare e gran pettorale
Esterni --> sottospinato e piccolo rotondo
Rotatori esterni sono inferiore per numero e potenza. Sono gli unici in grado di staccare la mano dalle
superficie anteriore del tronco e di portarla anteriormente e verso l'esterno. Movimento indispensabile per
la scrittura.
La rotazione della scapolo-omerale completa necessita anche di movimenti di traslazione della scapola. In
tal senso, sono coinvolti nella rotazione interna gran dentato e piccolo pettorale(abduzione scapolare),
nella rotazione esterna romboide e trapezio(adduzione scapolare).
 
ADDUZIONE ED ESTENSIONE:
Muscoli adduttori: gran rotondo, gran dorsale, gran pettorale e romboide. Romboide e grande rotondo
hanno azione sinergica. Il romboide si oppone alla rotazione superiore intorno al suo asse che si
verificherebbe con la sola contrazione del gran dentato. Contrazione del gran dorsale tende a lussare la
testa dell'omero inferiormente. Il capo lungo del tricipite, contraendosi simultaneamente, si oppone
facendo risalire la testa omerale. Muscoli estensori nella scapolo omerale: grande rotondo, piccolo
rotondo, fascio posteriore del deltoide e gran dorsale.
Muscoli estensori nella scapolo toracica (per adduzione scapolare): romboide, gran dorsale e trapezio col
fascio trasversale.
 
ARTICOLAZIONE GOMITO:
Il gomito rappresenta un'unica articolazione, dal momento che esso presenta solamente una cavità
articolare. Fisiologicamente, però, si possono distinguere due funzioni separate --> il movimento di flesso
estensione, che richiede l'intervento delle articolazioni omero-ulnare e omero radiale; il movimento di
prono-supinazione, che coinvolge l'articolazione radio-ulnare superiore.
 
FUNZIONE DI ALLONTANAMENTO E AVVICINAMENTO DELLA MANO:
Realizza l'unione meccanica tra il primo segmento ed il secondo (braccio e avambraccio). Permette di
orientarsi nei tre piani dello spazio grazie alla spalla e di portare più o meno lontano dal corpo la sua
estremità attiva: la mano
Un alimento afferrato in estensione-pronazione viene portato alla bocca con un movimento di flesso-
supinazione.
 
SUPERFICI ARTICOLARI:
A livello dell'estremità inferiore dell'omero esistono due superfici articolari --> la troclea omerale a forma di
puleggia con una gola situata in un piano sagittale, fiancheggiata da due guance convesse; il condillo
omerale superficie sferica posta esteriormente alla troclea e orientata anteriormente.
L'insieme condilo-troclea può essere considerato l'asse di flesso-estensione del gomito. Tra condilo e
troclea è presente una zona di transizione, il solco condilo-trocleare, la cui base poggia sulla guancia
esterna della troclea. La parte interna dell'articolazione presenta un solo grado di libertà, mentre la parte
esterna è dotata di due gradi di libertà (flesso-estensione e rotazione longitudinale).
La grande cavità sigmoidea dell'ulna si articola con la troclea ed è quindi conformata in maniera
completamente ad essa. Presenta una cresta smussa longitudinale che termina superiormente con il becco
dell'olecrano e inferiormente e anteriormente con il becco dell'apofisi coronoide. Su ciascun lato
dell'apofisi, che corrisponde alla gola della troclea, si trovano i versanti corrispondenti delle guance
trocleari.
La cupola radiale è la faccia superiore della testa del radio, presenta la stessa curvatura del condilo sul
quale si adatta, il legamento anulare tiene le superfici adese. Nella vista anteriore, si notano la fossetta
coronoidea sopra la troclea e la fossetta sopracondiloidea, l'epitroclea e l'epicondilo.
Nella vista posteriore si riconoscono la fossetta oleocranica che accoglie il becco dell'olecrano. Nella
sezione verticofrontale si vede che la capsula forma una sola cavità articolare per le due articolazione
funzionali --> articolazione della flesso estensione con l'interlinea trocleoulnare e condiloradiale;
l'articolazione radio-ulnare superiore completata dal legamento anulare.
 
LA PALETTA DELL'OMERO:
La paletta omerale fa riferimento all'epifisi distale dell'omero. Nella sua parte mediana, la paletta presenta
due incavi: -anteriormente la fossetta sopratrocleare, che accoglie il becco dell'apofisi coronoide durante la
flessione. Posteriormente, la fossetta oleocranica, che accoglie il becco dell'olecrano durante l'estensione.
Queste fossette sono indispensabili affinchè il gomito presenti un'ampiezza normale. Esse ritardano il
memento del contatto tra la paletta e i becchi della coronoide e dell'olecrano. Talvolta le due fossette sono
talmente profonde che la sottile lamina ossea che le separa è perforata e quindi esse comunicano tra loro.
La struttura sui due lati delle fossette è solida e forma due pilastri divergenti. Essi terminano internamente
sull'epitroclea ed esternamente sull'epicondilo e sostengono nello spazio compreso tra loro l'articolazione
condilo trocleare. La paletta omerale è incurvatura in avanti e il suo piano forma un angolo di 45° con l'asse
della diafisi.
Da questa conformazione deriva una conseguenza meccanica: l'intera troclea è situata anteriormente
rispetto all'asse diafisario. La grande cavità sigmoidea dell' ulna, che è orientata in avanti e in alto secondo
un asse di 45° sull'orizzontale, è situata anteriormente all'asse diafisario dell'ulna. Queste deformazioni in
avanti favoriscono la flessione per due motivi. Il contatto con il becco coronoide ha luogo soltanto quando
le due ossa sono praticamente parallele (flessione teorica di 180°). Anche in flessione completa, permane
una distanza tra le due ossa che permette di accogliere le masse muscolari.
 
LEGAMENTI GOMITO:
I legamenti del gomito hanno la funzione di mantenere a contatto con le superfici articolari e di guidare il
movimento. Fungono da vere e proprie sartie disposte su ciascun lato dell'articolazione. Il legamento
collaterale mediale e il legamento collaterale laterale.
Nell'insieme hanno la forma di un ventaglio fibroso che si estende da una delle due salienze pararticolari,
epicondilo esternamente ed epitroclea internamente, su cui il vertice si fissa in un punto che corrisponde
orientativamente all'asse della flesso estensione. Il modello meccanico del gomito può essere immaginato
come segue --> in alto, la forcella della paletta omerale, sostiene la puleggia articolare, in basso, un
semianello che è solidale con il braccio di leva che si incastra nella puleggia. Il sistema legamentoso è
costituito da due sartie che sono solidali con il gambo che rappresenta l'avambraccio e si articolano con
l'asse XX' della puleggia. Questi legamenti hanno una duplice funzione --> mantenere il semianello
incastrato nella puleggia (coattazione articolare); impedire qualsiasi movimento di lateralità. Se una delle
sartie si rompe può prodursi un movimento di lateralità verso il lato opposto.
Il collaterale mediale interno è costituito da 3 fasci --< fascio anteriore le cui fibre rinforzano il legamento
anulare; fascio medio il più potente; fascio posteriore (legamento di bardinet) rinforzato dalle fibre laterali
del legamento di Cooper.( NO PRIMO APPELLO).
Il collaterale laterale o esterno è formato da 3 fasci --> anteriore che rinforza anteriormente il legamento
anulare; medio che rinforza posteriormente il legamento anulare, posteriore. La capsula è rinforzata
anteriormente dal legamento anteriore e dall'obliquo anteriore e posteriormente da fibre omero-omerali e
omero-olecraniche.
 
LIMITAZIONI FLESSO-ESTENSIONE:
La limitazione dell'estensione è dovuta da 3 fattori --> il contato del becco dell'olecrano sul fondo della
fossetta olecranica; la messa in tensione della parte anteriore della capsula articolare; la resistenza dovuta
ai muscoli flessori (bicipite, brachiale e brachioradiale).
Se l'estensione prosegue, uno di questi freni si romperà --> Frattura dell'olecrano con conseguente lesione
capsulare. L'olecrano resiste ma la capsula e i legamenti si rompono e si verifica una lussazione posteriore
del gomito.
La limitazione della flessione è dovuta a fattori diversi a seconda del fatto che la flessione sia attiva o
passiva. In casi di flessione attiva --> il primo fattore limitante è il contatto delle masse muscolari della
loggia anteriore del braccio e dell'avambraccio. Questo meccanismo limita la flessione a massimo 145°,
soprattutto nei soggetti muscoli. Gli altri fattori, contatto osseo e tensione capsulare, in pratica non
intervengono.
Se la flessione è passiva, per effetto dell'azione di forza, che tende a chiudere l'articolazione --> le masse
muscolari non contratte possono schiacciarsi e la flessione può superare i 145°. A questo punto si
manifestano gli altri fattori di limitazione --> il contatto della testa radiale contro la fossetta
sopracondiloidea e della coronoide contro la fossetta sopratrocleare, la tensione della parte posteriore
della capsula, la tensione passiva del tricipite brachiale.
 
MUSCOLI FLESSORI:
Sono 3 --> il brachiale anteriore che si estende dal tubercolo dell'apofisi coronoide dell'ulna alla faccia
anteriore dell'omero. Si tratta di un muscolo monoarticolare, esclusivamente flessore del gomito. E' uno dei
pochi muscoli del corpo con una sola funzione.
Il brachioradiale che si estende dall'apofisi stiloidea del radio al margine esterno dell'omero. Il suo ruolo
fondamentale è quello di flessore del gomito. In modo del tutto accessorio, diventa supinatore in
pronazione estrema e pronatore in supinazione estrema.
Il bicipite brachiale, principale muscolo flessore. La sua inserzione inferiore è concentrata sulla tuberosità
bicipite del radio, le sue inserzioni superiori non sono sull'omero ma sulla scapola. Il capo lungo si inserisce
sul tubercolo sovraglenoideo, il capo breve si inserisce sull'apofisi coracoide.
In virtu delle sue inserzioni superiori, il bicipite svolge azione coattante sulla spalla, è abduttore mediante il
capo lungo. La sua azione principale è la flessione del gomito mentre la sua azione secondaria, seppur
importante, è la supinazione. L'efficacia dei muscoli flessori è massima quando il gomito è flesso a 90°.
L'azione dei muscoli flessori si sviluppa secondo il modello delle leve di terzo tipo, esso favorisce l'ampiezza
e la rapidità dei movimenti a scapito della loro potenza. Altri muscoli accessori alla flessione sono:
l'estensore radiale lungo del carpo, l'anconeo e il pronatore rotondo.
 
MUSCOLI ESTENSORI:
E' sostanzialmente dovuta all'azione di un solo muscolo, il tricipite brachiale. L'azione dell'anconeo è
trascurabile sul piano fisiologico data la debolezza del suo momento d'azione. Esso svolge un ruolo di
stabilizzatore attivo del gomito.
Il tricipite brachiale è costituito da tre ventri carnosi che terminano in un solo tendine che si fissa
sull'olecrano. I tre ventri muscolari hanno inserzioni superiori diverse. Il vasto mediale si fissa sulla faccia
posteriore dell'omero sotto il soldo del nervo radiale. Il vasto laterale si fissa sul margine esterno della
diafisi omerale, al di sopra della doccia del nervo radiale.
Questi due capi sono monoarticolari, a differenza del capo lungo che è biarticolare inserendosi a livello del
tubercolo sottoglenoideo della scapola. La forza del tricipite è maggiore quando la spalla è in flessione, in
quanto il capo lungo del tricipite riversa sull'estensione del gomito parte della potenza dei muscoli flessori
della spalla (fasci claveari del GP e del deltoide).La forza è maggiore anche quando si associa l'estensione
del gomito e l'estensione della spalla (taglialegna). Inoltre la forza del tricipite aumenta quando la flessione
della spalla mette in tensione il capo lungo del tricipite. Il gesto del dare un pungo in avanti è più efficace
grazie al trasferimento di parte della potenza dei flessori della spalla sul gomito. Il CLT forma il gran dorsale
una coppia di adduzione della spalla.
 
FATTORI COATTAZIONE ARTICOLARE:
La coattazione longitudinale impedisce la lussazione del gomito in estensione sia in caso di applicazione di
una forza verso l'alto. La resistenza alla trazione longitudinale è dovuta alle parti molli (legamento
collaterale mediale e legamento collaterale laterale) e ai muscoli (TB, BB, coracobrachiale, brachioradiale,
muscoli epicondiloidei e muscoli epitrocleari).
In estensione completa il becco dell'olecrano si inserisce nella fossa olecranica il che conferisce alla omero-
ulnare resistenza alla trazione.
Non vi sono invece impedimenti alla lussazione della testa del radio verso il basso rispetto al legamento
anulare. L'unico elemento anatomico che si oppone alla dislocazione inferiore del radio rispetto all'aulna è
la membrana interossea. La resistenza alla compressione longitudinale è data dalla resistenza ossea. Dal
lato del radio, è la testa radiale trasmette le forze pressorie e che si frattura.
 
AMPIEZZA MOVIMENTI GOMITO:
L'estensione è il movimento che porta indietro l'avambraccio. La posizione di riferimento corrisponde
all'estensione completa. Non esiste un'ampiezza assoluta di estensione del gomito se non in caso di grande
lassità legamentosa. In tal caso i soggetti riescono a compiere movimento di iperestensione ( 5-10° )
 
PRONO-SUPINAZIONE
Movimento di rotazione dell'avambraccio. Richiede l'intervento di 2 articolazioni --> radio-ulnare superiore
(che appartiene al gomito) e radio-ulnare inferiore (anatomicamente distinta dalla radio-carpica). Questa
rotazione introduce un terzo grado di libertà nel complesso articolare del polso. La prono-supinazione può
essere studiata soltanto quando il gomito è flesso a 90° e a contatto col corpo. La posizione di supinazione
si realizza quando il palmo della mano viene portato verso l'alto e il pollice si trova verso l'esterno. La
posizione di pronazione si realizza quando il palmo della mano viene portato verso il basso e il pollice si
trova verso l'interno. L'ampiezza del movimento di supinazione è di 90°, mentre di pronazione è di 85°.
L'ampiezza totale della prono supinazione è quindi prossima ai 180°. Quando si aggiungono movimenti
rotatori della spalla, a gomito totalmente esteso, l'ampiezza totale può variare. Arriva a 360° quando l'arto
superiore pende verticalmente lungo il tronco e a 270° quando l'arto superiore è in abduzione a 90°. Supera
appena i 180° quando l'arto superiore è verticale, eretto in abduzione completa.
 
ANATOMIA FISIOLOGICA DELLA RADIO-ULNARE SUPERIORE E INFERIORE:
La radio ulnare superiore è un articolazione trocoide, le sue superfici sono cilindriche e possiede un solo
grado di libertà, la rotazione attorno all'asse longitudinale dei due cilindri impegnati l'uno nell'altro.
Esso presenta due superfici: testa radiale e un anello osteofibroso formato dalla piccola cavità sigmoidea
dell'ulna.
I fattori di coattazione sono il legamento anulare ed il legamento quadrato di Denunce. Il legamento
quadrato funge da rinforza della parete della capsula. La parte rimanente della capsula riunisce, in un solo
complesso anatomico le articolazioni omero-ulnare e omero-radiale.
Come la sua omologa superiore, l'articolazione radio-ulnare inferiore è una trocoide. Le sue superfici sono
approssimativamente cilindriche e possiede un solo grado di libertà, la rotazione attorno all'asse
longitudinale. L'estremità inferiore dell'ulna si può considerare formata dalla penetrazione di un cilindro
diafisario in un cono epifisario.
 
MUSCOLI PRONO-SUPINAZIONE
Muscoli supinatori --> supinatore breve e bicipite brachiale. Il supinatore breve è avvolto attorno al collo
del radio, si inserisce sulla fossa supinatrice e agisce mediante 'srotolamento'. Il bicipite brachiale è il più
potente dei muscoli e la sua efficacia è massima con il gomito flesso a 90°.
Muscoli pronatori --> pronatore quadrato, avvolto attorno all'estremità inferiore dell'ulna, agisce per
srotolamento dell'ulna rispetto al radio; pronatore rotondo il suo momento d'azione è debole, soprattutto
quando il gomito è esteso. Esiste solo un nervo destinato alla pronazione, il mediano. Per la pronazione
sono necessari due nervi, il radiale (per il supinatore breve) ed il muscolo cutaneo (per il bicipite brachiale).
 
IL POLSO:
Ossa polso --> trapezio, trapezoide, capitato, uncinato, (filiera distale) pisiforme, piramidale, semilunare,
scafoide (filiera prossimale).
 
MOVIMENTO POLSO:
I movimento del polso si effettuano attorno a due assi, con la mano in posizione anatomica, cioè in
supinazione completa, posizione retta e asse situato sul prolungamento di quello dell'avambraccio. Asse
trasversale AA' attorno al quale avvengono i movimenti di flesso-estensione. In flessione la faccia anteriore
della mano si avvicina alla faccia anteriore dell'avambraccio. In estensione la faccia posteriore della mano si
avvicina alla faccia posteriore dell'avambraccio.
Asse BB' antero posteriore, compreso nel piano sagittale. Attorno a questo asse avvengono i movimenti di
adduzione e abduzione. In adduzione la mano si avvicina all'asse del corpo e il bordo ulnare forma col
bordo interno dell'avambraccio un angolo ottuso aperto in dentro.
In abduzione la mano si allontana dall'asse del corpo e il bordo radiale forma col bordo esterno
dell'avambraccio un angolo ottuso aperto in fuori. Nella maggior parte dei casi, i movimenti naturali del
polso sono combinati su assi obliqui con l'associazione di flessione/adduzione e estensione/abduzione.
 
AMPIEZZA:
Abduzione 15°; adduzione 45°, flessione attiva 85°, estensione attiva 85°, flessione passiva >90° in
pronazione, estensione passiva >90° sia in pronazione che in supinazione
 
MOVIMENTI DI CIRCONDUZIONE:
E' definito come la combinazione dei movimenti di flesso-estensione con i movimenti di abduzione e
adduzione. Si tratta quindi di un movimento che si effettua simultaneamente rispetto ai due assi
dell'articolazione del polso. Poiché l'ampiezza dei movimenti del polso è meno marcata in pronazione che in
supinazione, il cono di circonduzione è meno aperto che in pronazione.
Quando il movimento viene spinto al massimo della sua ampiezza, l'asse della mano descrive una superficie
conica. Questo cono però non è regolare poiché la sua base non è circolare. Ciò è dovuto al fatto che
l'ampiezza dei movimenti elementari non è simmetrica rispetto al prolungamento dell'asse
dell'avambraccio OO'.
 
MUSCOLI POLSO:
In visione anteriore --> flessore radiale del carpo, palmare lungo e flessore ulnare del carpo.
In visione posteriore --> estensore ulnare del capo, estensori radiali del carpo breve e lungo.
In vista del bordo interno --> flessore ulnare del carpo e estensore ulnare del carpo, abduttore lungo del
pollice, estensore breve del pollice e estensore lungo del pollice.

Potrebbero piacerti anche