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La spalla è l’articolazione prossimale dell’arto superiore con il torace. Presenta un’altissima mobilità, infatti
consente alla mano e al braccio di muoversi nei tre piani dello spazio. Quindi, la sua funzionalità è
importante perché ci consente di articolare la mano nello spazio, quindi di fare qualsiasi cosa attraverso
l’articolazione della spalla.
Movimenti principali
• Abduzione: allontanamento della mano dal piano del corpo. Si può fare fino a 90°, poi, se si vuole
andare oltre, senza rotazione esterna non si riesce ad abdurre. Quindi, per alcuni movimenti è
necessario un movimento combinato della spalla.
• Adduzione: movimento opposto rispetto all’abduzione, ovvero avvicinamento della mano al piano
del corpo.
• Anteposizione e retroposizione della spalla
• Movimenti di rotazione: rotazione esterna e rotazione interna (che continua posteriormente)
L’insieme di questi movimenti ci consente di compiere tutti i movimenti del braccio, quindi se uno di questi
movimenti è limitato o non funziona, non si riescono a fare alcuni movimenti nel piano dello spazio.
Se un paziente non ha l’abduzione, non riesce a pettinarsi i capelli.
Se un paziente non ha intrarotazione, soprattutto se donna, non arriva ad allacciarsi e slacciarsi il reggiseno.
Quindi, sono dei movimenti che servono ad articolare la mano nei piani dello spazio.
Quando i pazienti si presentano a visita hanno o dolore o limitazione funzionale o entrambi --> sono questi i
due aspetti che si devono valutare.
La spalla è costituita da cinque articolazioni che insieme formano il complesso articolare della spalla1:
• Scapolo-toracica (3): tra faccia anteriore della scapola e gabbia toracica; consente i
movimenti di scivolamento della scapola durante il movimento dell’arto superiore.
• Sotto-acromiale (2): tra testa dell’omero, cuffia dei rotatori, borsa e volta acromiale.
Ora queste cinque articolazioni verranno descritte in dettaglio perché alcune di queste sono responsabili di
alcune patologie della spalla.
1
Il numero tra parentesi si riferisce all’immagine sopra.
1. ARTICOLAZIONE GLENO-OMERALE
L’articolazione gleno-omerale è composta dalla testa omerale che ha la forma di 1/3 di sfera di 30 mm e un
angolo di inclinazione e declinazione (come l’anca). È orientata in dentro e leggermente posteriormente, e
ha un’inclinazione rispetto alla diafisi di circa 135°.
Oltre alla testa omerale, l’articolazione è composta dalla glenoide o cavità glenoidea, che ha la forma di
una pera con la parte più larga in basso. Situata sull’angolo supero-esterno del corpo della scapola, è
orientata in fuori, in avanti e leggermente in alto. Per consentire l’articolarità del braccio nei tre piani dello
spazio è meno contenitiva rispetto all’acetabolo: mentre l’acetabolo è molto più scavato/concavo, la
glenoide è quasi piatta. Infatti, non copre tutta l’estensione della testa omerale e in questo modo consente
una grossa mobilità. Intorno alla glenoide c’è il cercine glenoideo, una specie di bordo/menisco che serve
ad aumentarne la congruenza. Mentre la testa dell’omero è orientata leggermente indietro, la cavità
glenoidea è orientata leggermente in avanti. La cavità glenoidea è, quindi, leggermente antiversa, mentre la
testa dell’omero è leggermente retroversa: in questo modo riescono ad avere un rapporto reciproco. Questo
è importante perché, come nell’anca, la versione relativa tra pallina e coppa le fa stare insieme: se una
guardasse da una parte e una dall’altra, non potrebbero articolarsi tra loro.
Da ricordare l’immagine sotto perché la spalla è davvero così: “è come una foca che tiene sul naso una
palla”, cioè ha sicuramente tanta mobilità, ma altrettanta instabilità. La spalla non è un’articolazione tutta
congruente. Il gomito, invece, è un’articolazione estremamente congruente. Infatti, per lussare un gomito
serve un trauma ad alta energia, in quanto c’è un incastro che lo mantiene fisso. Anche la caviglia è
un’articolazione ad alta congruenza e lo stesso l’anca. A differenza di queste articolazioni, dunque, la spalla
non ha una grande congruenza: i capi articolari ci sono, ma non offrono grande stabilità.
Quindi, la spalla è un compromesso tra stabilità e articolarità
(movimento): se manca la stabilità, la spalla arriva a lussarsi, mentre se
la spalla diventa troppo stabile o rigida per la presenza di fenomeni
cicatriziali, alla fine non si muove più.
La stabilità della spalla dipende (a caratteri generali vale anche per le
altre articolazioni, ma in particolare per la spalla) da due fattori:
Stabilizzatori passivi
→ Cercine glenoideo: il cercine glenoideo è molto simile al menisco nel ginocchio, è una specie di
guarnizione che circonda la cavità glenoidea (applicata al bordo glenoideo), ne aumenta
leggermente la concavità incrementando la congruenza articolare e consentendo un effetto
ventosa.
→ Legamenti gleno-omerali (superiore, medio e inferiore):
rinforzano complessivamente l’articolazione gleno-omerale.
Si tratta di fasci fibrosi che vanno a rinforzare la capsula
davanti, dove è più debole. Sono dei tiranti, per cui se la
spalla tende ad extraruotare o ad abdursi troppo, creano un
limite
all’escursione
articolare non
permettendo all’articolazione di andare oltre quel
movimento in quanto, oltre quel movimento, si
verrebbe a creare una situazione di instabilità. I
legamenti gleno-omerali medio ed inferiore si tendono
all’abduzione e alla retroposizione della spalla perché sono davanti. Nella rotazione esterna
dell’omero, invece, tutti e tre i fasci sono messi in tensione. Quando si ha una lussazione
(articolazione che perde la congruenza in maniera stabile e permanente), si rompe tutto, compresi i
mezzi di contenzione, per cui, se non gli si dà il tempo di riparare, tenendo l’articolazione ferma per
un tempo sufficiente, loro non guariscono e l’articolazione lussata (in questo caso spalla) diventa
instabile.
→ Legamento coraco-omerale: rappresenta il legamento sospensore perché
connette la coracoide all’omero e quindi sospende l’omero. Ne limita la
sublussazione inferiore, dunque si oppone al peso dell’arto. Se non ci
fossero i legamenti, l’omero cadrebbe in basso, quindi sublusserebbe
inferiormente: sono i legamenti che lo tengono su!
→ Legamento coraco-acromiale: costituisce la volta che contribuisce
all’articolazione sotto-acromiale, quell’articolazione funzionale dove la testa
dell’omero scorre.
Stabilizzatori attivi
I muscoli periarticolari e in particolare i muscoli della
cuffia dei rotatori agiscono da stabilizzatori attivi perché,
mettendo in compressione le superfici articolari, ne
aumentano il contatto. Sovraspinoso, sottospinoso,
piccolo rotondo e, sulla faccia anteriore della scapola,
sottoscapolare hanno tutti la stessa azione sulla testa
dell’omero, ossia con la loro contrazione comprimono la
testa dell’omero contro la glena, conferendogli stabilità.
Tutti insieme (un muscolo anteriore, tutti gli altri posteriori) formano un cappuccio sulla testa
dell’omero, costituito dall’unione dei quattro tendini. Questo cappuccio costituisce la cuffia dei
rotatori. Non c’è una soluzione di continuo anatomica tra tutti i tendini: semplicemente agiscono
come una cuffia che riveste la testa dell’omero e lascia passare solo il capo lungo del bicipite.
Quindi, le funzioni della cuffia dei rotatori sono:
1. Partecipare attivamente nei movimenti della spalla su tutti i piani (abbiamo visto in che
modo riescono a muovere la testa dell’omero e di conseguenza il braccio).
2. Comprimere la testa omerale sulla cavità glenoidea, quindi aumentare la stabilità.
3. Costituire un meccanismo di bilanciamento articolare: siccome i muscoli della cuffia dei
rotatori hanno un bilancio a livello della spalla, se uno di questi si sbilancia nella sua azione,
ossia se uno si contrae troppo e un altro si indebolisce, automaticamente la spalla perde il
proprio bilancio. È importante, quindi, che tutti i muscoli periarticolari funzionino perché
sono un po’ come le briglie di un cavallo: uno tira da una parte e uno dall’altra, però si
bilanciano e mantengono la testa centrata. Senza questo bilanciamento, la testa
traslerebbe nelle diverse direzioni (in basso, in alto, anteriormente e posteriormente) e la
testa dell’omero normalmente non è dotata di un movimento di traslazione!
Da slides: il piano di scorrimento sottodeltoideo è costituito dall’estremità superiore della testa dell’omero
e dai muscoli della cuffia dei rotatori. Tra questa superficie e la volta coraco-acromiale è presente la borsa
sierosa sottodeltoidea che facilita lo scorrimento dei piani ossei e muscolari la cui compressione è alla
base di molte affezioni a carattere degenerativo.
1. Borsa olecranica, a livello del gomito: se batto il gomito forte, si forma un palloncino a questo
livello, per via di un versamento all’interno della borsa. Quando un palloncino si gonfia tanto e poi
si sgonfia, non tornerà mai liscio com’era all’inizio, rimane ondulato. Lo stesso fa la borsa: se si
gonfia e poi si sgonfia, resterà sempre un po’ pastosa, non tornerà mai come prima.
2. Borsa rotulea: serve per far scorrere la rotula. È interessata tipicamente nel pavimentista o in
coloro che stanno inginocchiati a lungo: presentano un ispessimento sul ginocchio (borsite cronica).
3. Borsa sottodeltoidea: non è sottopelle, ma sotto il deltoide, tra deltoide, omero e cuffia dei
rotatori. Permette lo scorrimento, ma si può infiammare (borsite) e può essere una delle cause di
dolore alla spalla.
4. ARTICOLAZIONE CLAVI-STERNO-CLAVEARE
5. ARTICOLAZIONE SCAPOLO-TORACICA
Perché la spalla diventa instabile?
Se è tutto a posto e la spalla funziona perfettamente, non ci saranno mai patologie. Tuttavia, per vari motivi
la spalla può andare incontro ad una instabilità acuta e macroscopica (come una lussazione), ma può
andare incontro anche ad una micro-instabilità, che poi porta ad una degenerazione progressiva
dell’articolazione. Nella maggior parte dei casi la patologia della spalla è riconducibile ad una progressiva
instabilità. Esistono due tipi di spalle instabili:
• Microtraumi ripetuti
• Lesioni ligamentose occulte: nel caso di un trauma distorsivo di spalla, senza che vi sia
lussazione, i capi articolari restano in sede, ma si può lesionare un legamento. L’esempio
più comune è quello del ginocchio: un trauma distorsivo di ginocchio può rompere i crociati
senza lussare l’articolazione, che resta in sede. Lo stesso discorso vale per la spalla.
• Particolari attività lavorative: lavorando con il braccio in alto, la grande tuberosità
dell’omero va a chiudere lo spazio tra questa e l’acromion creando una situazione di
possibile conflitto, che non si genererà una/due/tre volte, ma, lavorando il soggetto con il
braccio sempre verso l’alto, continuamente, quindi si crea una situazione in cui i tendini
vengono costantemente compressi tra la tuberosità dell’omero e l’acromion. Questo porta
ad instabilità. I pazienti che hanno problemi alla cuffia generalmente non vanno su.
• Lussazioni: le lussazioni2 scapolo-omerali3 rappresentano quasi il 50% delle lussazioni che
arrivano in pronto soccorso, quindi sono molto frequenti. Nella stragrande maggioranza dei
casi sono anteriori, cioè la testa dell’omero esce davanti. Esiste anche la lussazione scapolo-
omerale posteriore, che rappresenta il 2% dei casi, ma spesso è misconosciuta, perché,
essendo rara, in genere non ci si pensa; inoltre, è difficile da osservare all’imaging. Se si
guarda superficialmente la lastra di sinistra, questa sembra normale. In realtà, la testa
dell’omero guarda dietro e lo si capisce perché è sovrapposta con la glena. In latero-laterale
si vede meglio, ma la
spalla si studia
peggio perché c’è
tutta la gabbia
toracica nel mezzo.
Quando si fa
l’anteroposteriore,
spesso può essere
2
A seconda che la perdita di articolarità sia stabile e permanente o meno, si parla di lussazione o sublussazione.
3
Le lussazioni scapolo-omerali verranno trattate in dettaglio nella seconda parte della lezione.
dato erroneamente un esito negativo “rapporti articolari gleno-omerali in sede”. Nel
dubbio si chiede o la latero-laterale o una TC.
Esiste anche l’instabilità volontaria di spalla, ossia pazienti che possono lussarsi e ridursi la spalla in modo
volontario. In questo caso non c’è indicazione chirurgica perché sono soggetti psichiatrici: non si può
operare un paziente matto perché tanto si lusserà di nuovo l’articolazione. Il “desiderio” di lussare
volontariamente la spalla non può essere trattato chirurgicamente.
È importante distinguere la lassità dall’instabilità. Ci sono persone che sono lasse, cioè più snodate:
arrivano molto più indietro con le dita della mano o hanno una iperestensione del gomito. Questi soggetti
non sono instabili, sono lassi. L’instabilità è un movimento anomalo/patologico che l’articolazione non
dovrebbe fare.
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Il trochite omerale è una regione ossea anatomicamente importante, perché sulle faccette superiore, mediana e
inferiore trovano inserzione, rispettivamente, il tendine del muscolo sopraspinato, il tendine del muscolo sottospinato
e il tendine del muscolo piccolo rotondo.
coinvolgendo progressivamente gli altri tendini
della cuffia. Quindi, la lesione parziale di un
tendine progressivamente diventa a tutto
spessore, fino a coinvolgere gli altri tendini
della cuffia, quindi fino ad arrivare a lesioni
massive in cui si scopre la testa omerale.
È sempre il sopraspinato il primo tendine ad
essere leso ed è quello che si va a ritensionare
per reinserirlo, in quanto è il primo motore
dell’abduzione: l’abduzione fino a 90° la fa il
deltoide, sopra la fa il sopraspinato. Quando
non si ha più cuffia, questo non è più riparabile
perché la rottura avviene su una lesione
cronica, non è acuta (faccio un movimento -->
rompo la cuffia dei rotatori), in quanto quel
tendine non è sano, ma degenerato, motivo per cui si è rotto.
Quindi, se il tendine rimane a lungo retratto verso la scapola,
quando andiamo a procedere chirurgicamente, non si riesce a tirarlo
(a portarlo all’origine, ndr) perché è degenerato appunto, ha perso
elasticità. Quindi, quando non si ha più cuffia, un modo per fa
muovere la spalla è usare il deltoide: chi lo usa sono soprattutto i
pazienti anziani con una lesione massiva di cuffia. Per usare il
deltoide bisogna invertire l’articolazione della spalla, quindi la testa
si mette sulla glena e la coppettina sull’omero, perché in questo
modo si aumenta il braccio di leva. Siccome si deve vicariare la
funzione della cuffia con il deltoide e andare sopra i 90°, oltre i quali
il deltoide non riesce ad andare, bisogna cambiare il braccio di leva
del deltoide e per farlo si usa la protesi inversa di spalla (utilizzata appunto in caso di lesione massiva).
→ Età: è un dato importante con cui ci si può già orientare verso il tipo di patologia.
• Un paziente di 18 anni è difficile che abbia una patologia degenerativa, infatti avrà una
patologia legata prevalentemente all’instabilità acuta o subacuta. Il trattamento consisterà
nel trattare l’instabilità.
• Un paziente di 70 anni l’instabilità ce l’avrà anche avuta all’inizio, ma ora ha una
degenerazione della cuffia dei rotatori con una rottura parziale o totale. Il trattamento
riguarda la degenerazione.
→ Anamnesi riguardo al dolore: tipizza cosa ha il paziente, quindi, facendo le domande giuste,
bisogna ascoltare il soggetto e sarà lui stesso a riferirci direttamente qual è il problema.
→ Interazione con l’ambiente che circonda il paziente: quanto il paziente usa e muove la spalla. Al
paziente interessa non avere più il dolore e avere una spalla che funzioni. Per questo motivo è
importante indagare sulle varie attività della vita quotidiana (attività sportiva o lavorativa) e su
pregressi traumi. Dopotutto, perché il paziente si rivolge al medico? Per il dolore e la limitazione
funzionale.
→ Patologie associate: se il paziente ha l’artrite reumatoide, può avere un’artrite di spalla.
→ Se continuo (presente anche di notte) e localizzato a livello della regione sotto-acromiale, il dolore
può essere dovuto ad una borsite.
→ Il dolore può essere irradiato dalla parte anteriore del braccio e poi portarsi distale:
interessamento del capo lungo del bicipite.
→ Il dolore sulla faccia anterolaterale della spalla è il dolore di spalla propriamente detto, dovuto ad
una infiammazione o patologia di cuffia, riferito dai pazienti nel terzo prossimale del braccio.
→ Dolore intenso con contrattura muscolare al margine mediale della scapola: in genere si tratta di
una contrattura muscolare in seguito ad attività sportiva.
Quindi, a partire dalla localizzazione e dall’intensità del dolore si può iniziare a sviluppare un’idea sulla
causa del problema. Inoltre, la spalla fa male di notte: la maggior parte dei soggetti di mezza età riferiscono,
in presenza di una lesione di cuffia vera, di non dormire di notte. Generalmente in ortopedia le patologie
che fanno male di notte sono patologie cattive, come tumori, infezioni e infiammazioni. Ci sono, però,
anche patologie benigne in cui il dolore notturno è presente, come appunto nel caso delle patologie di
spalla e della sindrome del tunnel carpale.
→ Trattamento analgesico: esiste una legge in Italia (legge 34) che impone di trattare il dolore su tutti
i pazienti. Quindi, la prima cosa da fare è trattare il dolore, e lo si fa generalmente con un
antiinfiammatorio. Bisogna chiedere al paziente cosa gli fa male, se ha e quali sono eventualmente
le patologie associate, che farmaci assume, a cosa è allergico e sulla base di queste informazioni si
sceglie l’antiinfiammatorio più adatto, da somministrare per 3-5 giorni.
Se il paziente necessita di una terapia prolungata, bisogna capire cosa ha e probabilmente
l’antiinfiammatorio usato non è il farmaco di scelta in quanto è un farmaco che può avere anche
effetti collaterali. Dunque, il trattamento analgesico è prevalentemente FANS nella prima fase. Le
linee guida americane e inglesi considerano come primo farmaco di scelta il paracetamolo: ha pochi
effetti collaterali, però non ha azione antiinfiammatoria. Quindi, se si somministra questo farmaco,
il paziente sta meglio inizialmente, però quando poi smette l’effetto, ritorna come prima. Per
questo motivo non è il farmaco di scelta per tutte le patologie ortopediche; se serve un effetto
antiinfiammatorio vero, si sceglie un FANS (COX1, COX2-selettivi, ecc), da confrontare con la terapia
che al momento il paziente sta seguendo e con le patologie associate.
→ Trattamento fisioterapico: si possono fare anche trattamenti fisioterapici per migliorare la risposta
del dolore.
È importante capire il grado di interferenza del dolore con il lavoro, lo sport e le attività quotidiane perchè
questo ci guiderà sulla causa e quindi sul tipo di trattamento.
Se un soggetto ha dolore alla spalla sinistra, ma la spalla attivamente e passivamente si muove benissimo,
probabilmente non è un dolore di spalla, ma riferito: può essere un infarto (se interessata la spalla di
sinistra) o una cervicobrachialgia con irradiazione su C5 e C6. Quindi, bisogna sempre considerare due
elementi per individuare un problema primitivo di spalla: dolore e limitazione funzionale.
II. ISPEZIONE
Cosa cercare quando si osserva il paziente?
Anche solo osservando come il paziente entra in ambulatorio (movimento pendolare alla deambulazione) e
come si spoglia, si capisce quanto muove la spalla (es. ci si può fare un’idea anche vedendo come il paziente
si sfila la maglia tra i due lati).
II. PALPAZIONE
In alcuni pazienti alla palpazione si può sentire un crepitio a livello della spalla, tipo la neve schiacciata. La
neve fresca crepita perché c’è aria nel mezzo, e ugualmente una borsite molto gonfia crepita (ipertrofia
borsale). Il crepitio può essere dovuto anche ad una irregolarità del piano di scorrimento della cuffia, a un
conflitto osseo, all’irregolarità della superficie dell’acromion.
Il crepitio deve essere sempre correlato con gli altri sintomi del paziente: se il paziente ha una spalla
dolente, che fa male di notte e non lo fa dormire, e alla palpazione della stessa si sente un crepitio, molto
probabilmente ha una borsite ipertrofica. Chiaramente bisognerà poi confermare il sospetto diagnostico
con un’ecografia, ma è importante intanto avere un’idea.
→ Paziente con dolore acuto (il dolore è comparso oggi, una settimana fa non ce l’aveva --> dolore
insorto recentemente)
→ Paziente con dolore cronico (venuto progressivamente con delle fasi di alto e basso, però continuo)
• Lift-off test: facciamo mettere al paziente la mano dietro la schiena e gli facciamo spingere.
Il muscolo che si attiva è quello che fa intrarotazione, quindi il sottoscapolare. Con la mano
della spalla da valutare posta dietro la schiena, il soggetto deve effettuare una spinta
all'indietro contro resistenza. In caso di lesione del muscolo sottoscapolare, che questo test
indaga, la mano non riesce ad imprimere nessuna spinta.
• Napoleon test: si fa premere la mano contro la pancia e si guarda se, per arrivare alla
pancia, il paziente deve flettere tanto il polso, oltre i 90°. Se flette il polso oltre i 90°, c’è un
deficit del sottoscapolare (non intraruota).
• Test di Patte: test per valutare l’extrarotazione, ovvero il muscolo sottospinoso. Facciamo
porre al paziente il gomito a 90°, dopodiché facciamo ruotare esternamente contro
resistenza.
→ Segno dell’impingement di Neer: quando la testa dell’omero risale, se il
paziente va in abduzione (elevazione passiva del braccio mantenuto in
rotazione interna da parte dell’esaminatore), la grande tuberosità
picchia contro l’acromion, quindi si ha un impingement. Il segno di Neer
è positivo se all’abduzione ed extrarotazione, il paziente ha dolore.
Come controprova si può iniettare anestetico locale nello spazio sotto-
acromiale (test di Neer): si aspetta qualche minuto e se, alla nuova
esecuzione del test, il dolore scompare --> positività all’impingement, che deriva dalla
compressione della cuffia a livello dello spazio sotto-acromiale.
→ Test di valutazione del capo lungo del bicipite
• Test di Speed: spalla a 90° di flessione, gomito esteso,
avambraccio supinato, si chiede di resistere all’esaminatore che
spinge in basso il braccio.
• Test di Yergason: a gomito flesso supinazione contro resistenza,
perché il capo lungo del bicipite è il principale supinatore
dell’avambraccio. Alla supinazione contro resistenza, il muscolo si
attiva e se il paziente ha dolore, il test è positivo.
DIAGNOSTICA STRUMENTALE
Tutto questo deve indirizzare verso la scelta degli esami di diagnostica più idonei al tipo di paziente.
Se il paziente presenta dolore da ieri per aver imbiancato, bisogna attendere, prima si fanno fare gli
antiinfiammatori e si mette a riposo, valutando come va. In alternativa, si può procedere con la radiografia
e l’ecografia per vedere se è presente una borsite o una lesione di cuffia. Ecografia e radiografia sono gli
esami di primo livello. RMN e TAC, invece, sono esami di secondo livello, da usarsi, ad esempio, per
studiare un’artrosi di spalla (TAC).
PRINCIPI DI TRATTAMENTO
→ Fasi iniziali: si procede con trattamento antiinfiammatorio, riposo e un po’ di fisioterapia, tutto
volto a sfiammare la spalla e recuperarne la muscolatura per avere un corretto funzionamento.
Generalmente la fisioterapia si fa sempre, perché la spalla ha gli stabilizzatori attivi, e se il paziente
ha un problema di spalla, li vado a rinforzare cercando di riequilibrarli per ottenere una spalla che
funziona bene.
→ Sindrome da conflitto/attrito sub-acromiale senza significative rotture (manovra di Neer positiva, il
paziente ha dolore in abduzione, conferma con RX o ecografia): oltre a quanto detto
precedentemente (fisioterapia + terapia fisica), si può fare un acromion-plastica, ossia si può
portare via una porzione anteriore laterale di acromion per dare più spazio. Dando più spazio, si
limita il conflitto tra testa dell’omero in abduzione e volta acromiale. Si può fare per via
artroscopica o chirurgia a cielo aperto.
→ Artrosi: in pazienti artrosici fortemente limitati si può valutare la possibilità di fare una protesica.
Non si tratta di una protesica come quella di anca e ginocchio, quindi si deve parlare bene con il
paziente e valutare quanto muove la spalla: se non ha richieste funzionali ulteriori, non c’è bisogno
di fare questo intervento, per cui tiene la spalla esattamente come ce l’ha (senza andare a mettere
una protesi di spalla).
Nei pazienti anziani a scopo antalgico si possono fare anche le infiltrazioni: attraverso l’iniezione di
cortisone e anestetico nella struttura anatomica dolorante si prova a modulare il dolore e a limitare
l’infiammazione. Più il paziente è giovane, più è opportuno cercare di evitare le infiltrazioni che potrebbero
portare a degenerazioni dei tendini che lasciano dei depositi a livello dell’articolazione. La terapia
infiltrativa si fa prevalentemente nello spazio sotto-acromiale e a livello del capo lungo del bicipite: queste
sono le due strutture che si infiammano nella patologia degenerativa di spalla.
Qualsiasi cosa si faccia, la fisioterapia è importante nella spalla (!!!) per rinforzare/riequilibrare gli
stabilizzatori attivi, altrimenti tutto quello che è stato fatto fallirà.
Ci vuole sempre un po’ di tempo affinché la spalla recuperi, quindi non bisogna avere fretta nella
valutazione (valutazione dei risultati a distanza di 6 mesi-2 anni).