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Dott.

Billeci – Lezione Neurochirurgia


RACHIALGIA (MAL DI SCHIENA)
Durante la vita più dell’80% degli uomini e delle donne soffrono almeno una volta di mal di schiena,
con una conseguente disabilità correlata a questo disturbo, disabilità che intendiamo come
assenza dalle attività della vita quotidiana.
In Italia 1 italiano su 4 soffre di mal di schiena in modo cronico.
Per comprendere quali sono i disturbi associati dobbiamo conoscere la colonna vertebrale nella
sua funzione. L’unità funzionale, quello attorno a cui ruota la funzione e la sintomatologia a carico
della colonna vertebrale viene detto segmento di Junghans.

Al di là della definizione, abbiamo nella parte anteriore i due corpi vertebrali e il disco
intervertebrale, mentre nella parte posteriore le faccette articolari con le articolazioni e tutti i
legamenti che permettono a questa struttura di rimanere compatta; per cui avremo una parte
anteriore che è importante per la funzione statica, mentre la parte posteriore più flessibile permette
un ruolo più di movimento, di guida nel movimento e questa parte posteriore di fatto è una leva del
primo tipo. Per cui abbiamo una struttura resistente, una struttura ammortizzante che ne permette i
movimenti.

A livello delle faccette articolari, esistono due tipi di recettori:

 Recettori di movimento che permettono di dare comunicazione al cervello su quali sono i


movimenti della nostra colonna

 Recettori per il dolore, cosiddetti nocicettori che vanno ad analizzare le possibili alterazioni
a carico delle faccette articolari.
Abbiamo detto che un elemento importante che sta fra un corpo vertebrale e l’altro è il disco
intervertebrale. È una struttura estremamente sofisticata e complessa nel suo modo d’agire.
C’è una parte centrale che detto nucleo polposo che è una piccola massa che appare gelatinosa
ed è costituita da una grande quantità di acqua e rispondendo alle sollecitazioni meccaniche e le
trasmette a tutto il resto del disco, cioè all’anello fibroso che è una struttura più solida.
E le fibre sono disposte in modo tale da proteggere il nucleo centrale, dando resistenza a tutta la
struttura, perché a questa zona viene trasmesso il carico che in quel momento ha la colonna
vertebrale.
Carico che considerando una compressione assiale si distribuisce dal nucleo centrale polposo al
resto del disco. All’interno di questa struttura, nel nucleo centrale, la pressione non è zero ma c’è
una pre-compressione che permette meglio di resistere ai carichi, perché sennò il carico diretto, se
non ci fosse questa pressione all’interno del disco sarebbe estremamente traumatico.
Nel momento in cui c’è un carico sulla colonna vertebrale, il disco riesce a resistere fino a 550 kg
di peso di compressione mentre, la vertebra, dopo 450 chilogrammi di carico si frattura.
Per esempio, un soggetto di 70 chilogrammi, se consideriamo il terzo disco lombare, dunque il
disco che c’è fra e L3 e L4, fra la terza vertebra lombare e la quarta, vedremo che il suo stesso
carico sul disco è di 70 kg. Questo valore aumenta in maniera importante se la persona comincia a
flettersi, aumenta ulteriormente se sostiene 10 kg, o un carico di 20 kg ecc.
Inoltre la nostra forma fisica è importante perché ad esempio addominali che funzionano
adeguatamente, riducono di circa il 30% la pressione intradiscale.
Perché questo è importante? perché negli anni il disco perde le sue caratteristiche. Il nucleo
polposo, il nucleo centrale, ricco di elementi che trattengono acqua, perde questa sua
caratteristica, perde acqua all’interno e diventa più fibroso. Il Disco si riduce di altezza e
progressivamente, quando si arriva a 75 anni ed oltre tutto il disco diventa fibroso, tende un po’ a
spanciarsi e comincia a stimolare i nervi che sono attorno al disco che sono i nervi sino-vertebrali
che creano il dolore che chiamiamo dolore disco genico, perché nel momento in cui abbiamo una
lesione della parte più esterna del disco, per cui un passaggio di sostanza dal nucleo polposo
anche senza avere una vera e propria erniazione, vediamo che questo può andare a stimolare il
nervo spinale.
Dunque abbiamo visto già due cause di dolore a livello lombare:
1) L’irritazione dei nocicettori a livello delle faccette articolari, nella parte posteriore del
segmento di junghans, per cui alterazioni artrosiche vanno ad irritare i nocicettori e
causano il dolore lombare.

2) La degenerazione discale, con un conseguente protrusione o fissurazione del disco può


andare a sollecitare i nervi vertebrali causando quello che è il dolore lombare primario.

CAUSE DI RACHIALGIA
Non partiamo tutti alla stessa maniera nel percorso del mal di schiena:

 Una cosa estremamente importante, va da sé, è l’età: più andiamo avanti con gli anni più i
dischi intervertebrali perdono le loro caratteristiche di resistenza e di elasticità e più è facile,
di conseguenza, il mal di schiena.

 Ovviamente, l’obesità, che causa due problemi, da un lato il carico pressorio sul disco cioè
più chili abbiamo più è alta questa compressione sia a livello dei corpi vertebrali che dei
dischi intervertebrali. E poi l’obesità porta ad un incremento della Lordosi che porta a
ulteriore compressione dei dischi.

 Naturalmente, fattori predisponenti sono anche abitudini sbagliate di vita, come il fumo.

 L’abuso del carico di pesi.

 La scarsa attività fisica.

 Posizione sbagliata nei momenti di riposo

 L’uso di calzature particolari come può accadere, soprattutto nelle donne, scarpe molto
alte.

 Alcuni sport di carico sulla colonna vertebrale quando non si è particolarmente allenati

 Lavori usuranti

Quando abbiamo davanti il paziente, è importantissimo ascoltarlo. Quello che ci dice il paziente è
importante, ma è importante soprattutto come ce lo dice andando ad attenzionare tutto ciò che
deriva dalla comunicazione non verbale e cioè sia i movimenti del corpo, mentre ci dice queste
cose, sia il tono in cui ci dice alcune cose.
Dunque l’ascolto della storia clinica non è solo un ascolto passivo, ma un ascolto attivo, interattivo
col paziente stesso se si vuole già da subito avere un’idea di quello che il paziente ci vuole
comunicare.
Che cosa ci può comunicare? Ci vuole comunicare un dolore lombare, condizione che definiamo
come lombalgia. Se parliamo della lombalgia in generale la possiamo distinguere in:

 Una forma acuta (il classico colpo della schiena), in cui il paziente si piega e accusa un
dolore violento per cui si blocca.
 Una forma subacuta. Quei dolori continui che infastidiscono durante la giornata, a volte
recidivanti in maniera magari acuta, o crisi acute che si presentano nell’arco delle
settimane e dei mesi fino a diventare un disturbo cronico.

Quando parliamo invece di dolore lombare in generale dobbiamo distinguere un dolore che il
paziente ci riferisce “puntorio” in una zona precisa della colonna vertebrale, oppure un dolore “a
fascia” che inizia a diffondersi e che interessa a volte l’addome, fino al dolore radicolare che
dipende dal punto preciso del disturbo.
Possiamo distinguere una cruralgia quando viene interessata la parte femorale del plesso lombo-
sacrale quindi in questo caso il dolore si localizza nella faccia anteriore della coscia; mentre
parliamo sciatalgia, nel vero senso della parola, quello interessato il nervo sciatico. Il nervo sciatico
si forma dalle radici che vanno da L4 fino a S2. E proprio queste radici vanno a congiungersi a
livello di un muscolo che è il muscolo piriforme. Il nervo sciatico poi scende giù lungo tutta la parte
posteriore della gamba e il paziente ci descrive questa sciatalgia, nella maniera più varia, come un
coltello che si conficca nella coscia, oppure un cane che morde la gamba.

DIAGNOSI
Per fare diagnosi ci serviamo di:

 esame obiettivo
 testi funzionali

All’esame obiettivo la cosa più importante è veder camminare il paziente; vedendo la marcia già
abbiamo molte informazioni sulla localizzazione del dolore e sulla entità del dolore stesso. L’esame
obiettivo poi prosegue con la palpazione che è il primo contatto fisico con il paziente, anch’esso
importante; poi si va a valutare la forza muscolare in una scala da 0 a 5, dove 0 indica paralisi del
muscolo in questione e 5 invece un muscolo integro e perfetto.
Per quanto riguarda i test funzionali, abbiamo due test fondamentali:
1) Il test di LASEGUE che non è altro che sollevare la gamba del paziente ad intervalli da 0 a
70°, e se il paziente ci dice di avere male vuol dire che c’è un’irritazione del nervo sciatico.
Per cui la sofferenza dello sciatico vuol dire una irritazione fra la quarta vertebra lombare e
la prima sacrale.
2) Il test di WASSERMANN in cui il paziente è in posizione prona e solleviamo verso l’alto
verso l’alto e può essere positivo quando il paziente ha dolore nel sollevamento dell’arto e
questo indica un’irritazione di vario genere tra le radici di L1 e L4
Oltre a queste cose possiamo far fare al paziente un esame radiologico della zona lombo-
sacrale, essa permette di visualizzare le strutture ossee, permette di scorgere dei crolli vertebrali
su base osteoporotica o su base traumatica, può individuare dei processi degenerativi.

Ben più specifica e importante è la TAC (tomografia assiale computerizzata) che ci evidenzia in
maniera perfetta tutte le strutture della colonna, se ci sono ernie del disco, se ci sono elementi
tumorali, anche se non è il gold standard diagnostico.

Infatti l’indagine di prima scelta è la RMN (risonanza magnetica nucleare); risonanza magnetica
che ci permette di vedere tutto quello che c’è all’interno della colonna vertebrale: sia i tessuti molli,
i nervi, legamenti e le ossa; Il disco, i corpi vertebrali. I dischi si vedono molto bene, dunque
erniazione del disco la si vede benissimo. Sicuramente la risonanza magnetica è l’esame più
completo per la colonna vertebrale.

Oltre agli esami sopracitati esistono gli esami funzionali: esame funzionale importante è
l’elettromiografia che fornisce informazioni adeguate non solo sulla funzionalità delle strutture
nervose, ma anche di quelle muscolari per cui analizza l’attività muscolare e può farci vedere la
conduzione nervosa sia sensitiva che motoria. L’elettromiografia in caso di compressioni sulla
colonna vertebrale ci permette anche di valutare qual è la radice che è interessata quando
abbiamo un dubbio specifico.

Altri elementi che permettono di fare una diagnosi molto più moderni sono l’endoscopia spinale, la
periduroscopia. È un esame invasivo indicato quando, nonostante tutta la diagnostica, i sospetti
non sono stati completamente risolti e il paziente presenta ancora tutta una serie di sintomi che
non riusciamo bene a capire. Questa tecnica prevede attraverso lo iatus sacrale (che è un accesso
naturale nella parte bassa della colonna vertebrale) si inserisce un adeguato Agocannula, in cui
possiamo introdurre una telecamera e possiamo vedere all’interno del canale vertebrale se ci sono
delle aderenze, vediamo la radice nervosa, vediamo il grasso peridurale (che se ben presente ci
indica una condizione di normalità, al contrario, se è iperemico o schiacciato da un lato o se è
addirittura assente ci fa pensare che c’è qualche problema di carattere compressivo a carico della
struttura nervosa). La periduroscopia ci permette a volte anche di fare terapia con un sistema di
metodi ablativi che ci permette ad esempio di creare una lisi di queste aderenze per cui si parla di
periduroscopia e peridurolisi.

CONDIZIONI NEUROCHIRURGICHE
Le patologie più frequenti che portano ad operazioni chirurgiche per problemi alla schiena e alla
colonna sono (anche se non è detto che patologie di questo genere debbano sempre esitare su
letto operatorio):

 stenosi del canale spinale


 ernia del disco
 spondilolistesi
 sindrome del piriforme
La stenosi del canale spinale è una sindrome molto frequente soprattutto nell’età avanzata,
Perché è caratterizzata fondamentalmente da un’artrosi delle strutture ossee, per cui dal corpo
vertebrale, si va praticamente a ridurre il canale spinale, spesso già congenitamente un po’ più
ristretto, e questa condizione spesso è associata ad una ipertrofia dei legamenti.
Tutti questi elementi insieme possono determinare una riduzione del calibro del canale spinale e si
ha una condizione di claudicatio neurogena, cioè il paziente riferisce che riusciva a fare 2/3 km di
passeggiata senza problemi e ora progressivamente non riesce più a camminare.
Questa è una condizione particolarmente importante, patologica, che va riconosciuta perché in
questi casi, il paziente giunge in sala operatoria per creare spazio nella parte posteriore della
colonna con un intervento di laminectomia.
Di solito il recupero è molto buono, e il paziente spesso non soltanto recupera la sua funzionalità
motoria, ma migliora anche il dolore, proprio perché vi è una minore compressione sulle strutture
nervose sia da un punto di vista sensoriale che motorio.

La Spondilolistesi è la situazione per cui un corpo vertebrale scivola in avanti rispetto a quello
sottostante; quindi ci sono due vertebre non più allineate e una scivola rispetto all’altra.
La spondilolistesi più comune è quella su base degenerativa. Degenerativa perché comincia a
mancare il freno più importante che è dato dal disco molto degenerato che comporta una minore
tenuta di carico. In questi casi uno degli esami che viene fatto per capire se si ha stabilità è una
radiografia standard, in massima flessione e in massima estensione, cioè, si dice una radiografia in
dinamica.
Un altro tipo di spondilolistesi è quella congenita, quella con spondilo lisi, cioè in questo caso c’è
una parte della colonna vertebrale che non si è saldata e quindi manca il freno osseo tra i due
corpi vertebrali; la spondilo lisi può essere mono o bi laterale. È frequente negli adolescenti che
fanno sport che prevedono carichi importanti sulla colonna vertebrale.
La spondilolistesi ha vari gradi a seconda della gravità; Quando vediamo quadri di spondilolistesi
particolarmente gravi, solitamente sono di carattere traumatico per un trauma avvenuto a carico
della colonna vertebrale. La stabilizzazione della spondilolistesi viene adoperata per via chirurgica,
mettendo delle viti e delle placche fra i corpi vertebrali interessati per far sì che il movimento
anomalo non si verifichi più.

L’ernia del disco è la più frequente tra tutte queste patologie a carico della colonna.
Bisogna fare una netta distinzione fra ernia del disco, il che comporta la rottura dell’annulus fibroso
attorno al nucleo polposo e il nucleo polposo fuoriesce; e la protrusione discale che è una
condizione in cui non c’è una vera erniazione ma c’è il dolore perché il disco va a comprimere i
nervi sinusali. Se vediamo la classificazione del disco sul piano assiale, vediamo che un’ernia può
essere: mediana, paramediana cioè un po’ più laterale, e in questo caso va a comprimere la radice
passante; mentre se abbiamo un’ernia del disco che va verso il forame o addirittura extra
foraminale, essa va a comprimere la radice che uscente che prende il nome dalla vertebra
superiore.
Questo è estremamente importante da un punto di vista clinico e da un punto di vista terapeutico.
Per completare il discorso sulla classificazione delle ernie abbiamo ernie espulse, ernie migrate in
direzione craniale o in direzione caudale (sopra o sotto).
Per quanto riguarda la chirurgia dell’ernia discale, la chirurgia più classica, quella aperta, in cui si
fa un’incisione, si va a prendere in considerazione lo spazio discale che è interessato dall’ernia del
disco, si fa una modesta apertura e si apre il legamento giallo, a questo punto si solleva la radice
nervosa e abbiamo il disco erniato che lo si esporta in progressione.
La sindrome del piriforme: il muscolo piriforme è un muscolo che crea la abduzione e la
rotazione esterna dell’anca, questo passaggio al di sotto di questo muscolo del nervo sciatico o
addirittura attraverso il muscolo può creare una sofferenza se questo muscolo è ipertrofico o se ha
subito un trauma oppure per un eccesso di posture scorrette o attività sportive particolarmente
intense come il ciclismo, l’equitazione.

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