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Emergenze neurologiche

patologie neurologiche che sono tra le cause più comuni di emergenza in età pediatrica:
● Convulsioni febbrili e spontanee
● Epilessia
● Alterazioni dello stato di coscienza
● Cefalee
● Trauma cranico
● Tumori cerebrali

Convulsioni febbrili
Le convulsioni febbrili sono diagnosticate nei bambini dai 6 mesi ai 5 anni di età (la maggior parte di questi
eventi si verificano tra i 12 mesi e i 18 mesi di età), che hanno una febbre > 38° C che non è causata da
un'infezione del sistema nervoso centrale e che non hanno avuto precedenti convulsioni afebbrili. Le
convulsioni febbrili possono essere semplici o complesse:
● Le semplici convulsioni febbrili durano < 15 minuti, non hanno caratteristiche focali, e non
recidivano entro un periodo di 24 h.
● Le convulsioni febbrili complesse, che persistono ≥ 15 minuti continuamente o con pause, hanno
caratteristiche focali o ricorrono entro 24 h.
Le convulsioni febbrili si manifestano durante infezioni batteriche o virali. A volte si verificano dopo certi
vaccini quali quelli contro morbillo, parotite e rosolia. Fattori genetici e familiari sembrano aumentare la
predisposizione alle convulsioni febbrili.
Frequentemente, le convulsioni febbrili avvengono durante l'iniziale rapido innalzamento della
temperatura corporea e la maggior parte di esse si sviluppa entro 24 h dall'insorgenza della febbre. Le
manifestazioni possono essere varie: scosse delle braccia e delle gambe (cloniche), irrigidimento (toniche),
rilassamento della muscolatura (ipotoniche), fissità dello sguardo o rotazione degli occhi, perdita di feci e
urine. Comune a tutte le convulsioni, anche la perdita di coscienza, seguita generalmente da una fase di
sonnolenza (periodo postcritico).
Le convulsioni sono diagnosticate come febbrili dopo l'esclusione di altre cause. Una febbre può innescare
convulsioni in bambini con precedenti convulsioni apiretiche; tali eventi non sono chiamati convulsioni
febbrili poiché questi bambini hanno già dimostrato una predisposizione a convulsioni. I test di routine per
escludere altre patologie non sono necessari, ma se i bambini hanno convulsioni complesse, deficit
neurologici o segni di una grave patologia sottostante (p. es., meningite, disturbi metabolici), vanno
eseguiti:
● L'analisi del liquido cerebrospinale si esegue per escludere la meningite e l'encefalite.
● Glicemia, sodio, calcio, magnesio, fosfato sierici e test di funzionalità epatica e renale vengono
effettuati per escludere disturbi metabolici soprattutto se l'anamnesi rivela recenti episodi di
vomito, diarrea oppure ridotta assunzione di liquidi
● RM dell'encefalo se l'esame neurologico rileva anomalie focali, se le caratteristiche focali si
verificano durante la convulsione
● Un'elettroencefalografia (EEG) viene praticata se le convulsioni febbrili hanno caratteristiche focali
o sono ricorrenti.
in alcuni bambini, una convulsione febbrile può essere la prima manifestazione di un'epilessia sottostante o
di un disturbo neurologico non riconosciuto. I segni della malattia si possono identificare
retrospettivamente o possono comparire solo in un secondo momento.
Durante una crisi è importante, appurata la convulsione, innanzitutto mantenere la calma. Inoltre i genitori
possono:
● Allentare l'abbigliamento in particolare intorno al collo;
● Porre il bambino su di un fianco per evitare che inali saliva o vomito;
● Non forzare l'apertura della bocca;
● Osservare il tipo e la durata della crisi;
● Non dare farmaci o liquidi per via orale.
Terminata la crisi, si consiglia di mettersi in contatto con il proprio pediatra curante o altro sanitario.
Trattamento farmacologico:
● Terapia antipiretica: l'abbassamento della temperatura può aiutare a prevenire un'altra
convulsione febbrile durante l'attuale malattia e aiuta ad interrompere lo stato febbrile epilettico.
● Il trattamento delle crisi che durano < 5 minuti è di supporto.
● Crisi che durano ≥ 5 minuti sono trattate con lorazepam EV, diazepam rettale
o midazolam intranasale e, se persistono, con fosfenitoina EV, fenobarbitale, valproato
o levetiracetam. Di solito non è indicata una terapia farmacologica di mantenimento.

Epilessia neonatale
Le crisi si verificano in fino a 1,4% dei neonati a termine e nel 20% dei neonati prematuri. Le convulsioni
possono essere correlate a un serio problema neonatale e richiedere una valutazione immediata. La scarica
elettrica anomala nel sistema nervoso centrale può essere causata da un:
● Primario processo endocranico (p. es., meningite, ictus ischemico, encefalite, emorragia
endocranica, tumore, malformazione)
● Problema sistemico (p. es., ipossia-ischemia, ipoglicemia, ipocalcemia, iponatriemia, altri disturbi
del metabolismo)
La maggior parte delle crisi neonatali è focale, probabilmente perché la generalizzazione dell'attività
elettrica è impedita nei neonati da un'immaturità di mielinizzazione e dall'incompleta formazione dei
dendriti e delle sinapsi nel cervello. Possono manifestarsi come movimenti masticatori o in bicicletta. Le
comuni manifestazioni comprendono scatti clonici migranti degli arti, emiconvulsioni alternate o
convulsioni primitive sottocorticali (che causano arresto respiratorio, movimenti di masticazione, nistagmo,
cambiamenti episodici del tono muscolare). Le crisi tonico-cloniche generalizzate sono rare.
Per diagnosticare l’epilessia neonatale bisogna eseguire:
● Elettroencefalografia: deve catturare i periodi di sonno attivo e calmo e quindi può richiedere ≥ 2 h
di registrazione.
● Prove di laboratorio (p. es., glicemia, elettroliti, esame del liquido cerebrospinale, colture delle
urine e emocolture; talvolta test genetici)
● Esami di imaging del cranio: TC cerebrale può rilevare un'emorragia endocranica ed alcune
malformazioni cerebrali. La RM mostra malformazioni in maniera più chiara e può rilevare tessuto
ischemico entro poche ore dalla comparsa.
Il trattamento dipende dalla causa ad esempio: per la bassa glicemia sierica, è indicato glucosio al 10%;per
l'ipocalcemia, si può somministrare calcio gluconato al 10%; le infezioni batteriche sono trattate con
antibiotici. Gli anticonvulsivanti sono utilizzati quando le convulsioni non si interrompono rapidamente
dopo la correzione di condizioni reversibili (fenobarbitale e levetiracetam se le convulsioni non si fermano
quando la causa è corretta; fosfenitoina e lorazepam possono essere aggiunti per le crisi epilettiche
persistenti).
Epilessia
L'epilessia viene definita come una malattia caratterizzata dal ripetersi di crisi epilettiche. Le crisi epilettiche
si manifestano in forme differenti, legate a due principali fattori: all'età, in quanto il bambino, che ha un
cervello ancora immaturo, presenta crisi diverse dall'adulto, alla zona del cervello che dà origine alla crisi.
Se la crisi interessa solo un'area ristretta di un emisfero cerebrale parliamo di crisi parziale o focale, se
invece interessa contemporaneamente ambedue gli emisferi parliamo di crisi generalizzata. La causa può
essere qualsiasi lesione cerebrale congenita, come le malformazioni e le patologie prenatali, o acquisita,
come gli esiti dei traumi cranici o degli accidenti vascolari, può causare una irritazione che provoca poi le
crisi epilettiche. Un terzo delle epilessie è invece dovuto a predisposizione genetica, in assenza perciò di
una chiara lesione cerebrale. L'Epilessia si manifesta a tutte le età, anche se in oltre il 60% dei casi l'esordio
avviene in età pediatrica. Cardine della diagnosi e di una corretta terapia è l'Elettroencefalogramma, esame
del tutto innocuo con cui registriamo l'attività elettrica cerebrale. Grazie a questa tecnica è
possibile evidenziare l'anomalia nella funzione dell'attività elettrica cerebrale e capire di che tipo di crisi
soffre il nostro paziente. Con il supporto di sistemi Video-EEG, possiamo anche registrare le crisi e,
correlando la scarica elettrica patologica con il comportamento del paziente al momento della crisi. Gli
esami radiologici come la TAC e soprattutto la RMN ci permettono in molti casi di capire quale sia la causa
dell'Epilessia. In caso di crisi convulsiva, la cosa migliore da fare è mantenere la calma e evitare interventi
inappropriati.
Alcune indicazioni:
● Nel caso in cui il bambino sia caduto per la convulsione, evitare che la nuova postura diventi
pericolosa per via della crisi (posizionare un cuscino sotto la testa o comunque evitare che la testa
batta ripetutamente sul pavimento o contro ostacoli);
● Ruotare il bambino su un fianco per permettere alla saliva che si può eventualmente accumulare
nella bocca di defluire spontaneamente;
● Non cercare di aprire la bocca (la lingua non viene inghiottita!) poiché la contrazione dei muscoli
mascellari in genere è tale da non permettere l'apertura della bocca, e ogni tentativo in questo
senso potrebbe comportare un morso al dito introdotto o la rottura dei denti del bambino;
● Non cercare di rianimare il bambino con inappropriate respirazioni assistite o inappropriati
massaggi cardiaci. La crisi, così come è venuta, recede spontaneamente entro pochi minuti. 
In caso di crisi epilettica senza manifestazioni motorie di tipo convulsivo:
● Evitare interventi inopportuni;
● Non spaventare ulteriormente il bambino con il proprio stato di agitazione (se il bambino non
perde coscienza durante la crisi).
● Tranquillizzarlo, confortarlo e rassicurare anche gli astanti.
Nel caso in cui si è avuta dai medici l'istruzione della somministrazione di una benzodiazepina (Diazepam
per via rettale o Midazolam per via oromucosale) aspettare comunque qualche minuto, poiché nel 90% dei
casi le crisi durano 1 o 2 minuti e recedono spontaneamente senza bisogno di terapie.
È importante osservare la crisi epilettica nel suo svolgimento prestando particolare attenzione ad esempio
ad eventuali segni focali come la deviazione degli occhi da un lato o la presenza di scosse più su un lato del
corpo che sull'altro.
Riferire questi elementi al medico curante può aiutare il medico a classificare la crisi e impostare una giusta
terapia.

Alterazioni dello stato di coscienza


Gli episodi sincopali hanno un impatto clinico importante, con rischio di traumi gravi che può dipendere sia
dall'attività del bambino sia dalle caratteristiche della sincope stessa. Nei casi di sincope è importante
raccogliere la storia dettagliata di ogni evento. Nei bambini in età prescolare, è spesso la mamma la
persona più attendibile per la raccolta di informazioni sull'evento. Una volta raccolta la storia e visitato il
bambino, di solito è necessaria l'esecuzione di un elettrocardiogramma, un approfondimento
cardiologico, neuropsichiatrico e metabolico. L'obiettivo principale è quello di escludere o diagnosticare le
cause cardiache che possono anche determinare morte improvvisa.
In conclusione, la gestione della sincope in età pediatrica, pur non differendo da quella che si attua nell'età
adulta, deve tenere conto di fattori legati all'età, come la difficoltà del bambino nello spiegare i sintomi e la
forte componente ansiosa dei genitori, che rendono molto più difficile l'inquadramento diagnostico e il
trattamento.

Cefalee
Se per un adulto un episodio di cefalea è percepito come un fatto normale, diversa è la situazione nel
bambino che lamenta un dolore al capo. Il genitore il cui figlio ha un simile disturbo fa domande e chiede
risposte per comprendere se sia giusto prendere provvedimenti in caso di un singolo episodio di cefalea o
cosa fare se gli episodi di mal di testa si ripetono. È importante, a questo proposito, riconoscere i differenti
mal di testa e rivolgersi al medico giusto che indagherà sulle possibili cause del malessere. Esistono diversi
tipi di mal di testa con evoluzione e cure completamente diverse. La prima importante distinzione da fare è
quella fra cefalee primarie e cefalee secondarie. Le prime sono legate a una predisposizione genetica,
mentre nelle seconde il mal di testa è il sintomo di una malattia che deve essere identificata e curata
(sinusiti, infezione vie aeree, patologie infiammatorie meningo-encefalitiche, tumori cerebrali. 
Sono cefalee primarie dell'età pediatrica:
➢ L'emicrania (con e senza aura): rappresenta la più frequente cefalea primaria del bambino. Il
bambino piccolo avverte sintomi definiti come equivalenti emicranici e comprendono:
● Il vomito ciclico, che si ripete;
● I dolori addominali ricorrenti, che si presentano spesso;
● Le vertigini parossistiche, con improvviso peggioramento temporaneo e brusco inizio e fine dei
sintomi, benigne;
● Il torcicollo parossistico;
● I dolori ricorrenti agli arti inferiori (comunemente noti come dolori di crescita);
● Il mal d'auto.
Il bambino più grande, invece, avverte in maniera dominante il mal di testa, generalmente di intensità
medio-forte e di breve durata (anche 5-10 minuti). In alcuni casi il dolore interessa metà del capo ed è
pulsante (spesso i bambini dicono di sentire il cuore in testa). Vi può essere poi la presenza di sintomi di
accompagnamento, come:
● Il fastidio per la luce (fotofobia);
● Il fastidio per i rumori (fonofobia);
● Il fastidio per gli odori (osmofobia):
E, ancora, nausea, vomito, dolori addominali e pallore. Inoltre, durante l'attacco emicranico il bambino
appare particolarmente abbattuto, a volte sonnolento, e può accadere che egli interrompa le sue
attività.
Nella forma di emicrania con aura - molto più rara rispetto alla comune emicrania senza aura - il mal di
testa è preceduto, o accompagnato, da veri e propri sintomi neurologici:
● Disturbo della vista (visione di luci, offuscamento della vista, perdita transitoria di parte del campo
visivo);
● Formicolii e riduzione della sensibilità di un arto o di metà del corpo;
● Difficoltà a muovere un arto o metà del corpo;
● Disturbo del linguaggio.
➢ La cefalea tensiva: colpisce per lo più nel periodo adolescenziale. In questo caso il dolore è
generalmente medio-lieve, bilaterale e costrittivo - come una morsa - ed è solo eccezionalmente
associato a fonofobia, fotofobia e nausea.
➢ La cefalea a grappolo (molto rara nei bambini):si tratta di un mal di testa che si manifesta con
episodi di dolore estremamente intenso, della durata di circa 30 minuti, che colpisce una delle zone
intorno agli occhi.
Spesso si presenta insieme a nausea, vomito, fonofobia e fotofobia, lacrimazione intensa,
arrossamento congiuntivale, abbassamento della palpebra (ptosi) e ostruzione nasale. In questi
bambini il dolore si ripete con regolarità tutti i giorni, alla stessa ora (specie di notte), per un
periodo generalmente variabile fra i 15 e i 30 giorni.

Trauma cranico
Generalmente si osserva una prevalenza di traumi cranici nei bambini di sesso maschile e di età compresa
tra 0 e 2 anni.
La causa più comune è rappresentata - in circa il 75% dei casi - da una caduta accidentale (generalmente da
letti, divani, fasciatoi, durante il gioco, la corsa), seguita dagli infortuni stradali (investimenti pedonali,
incidenti come passeggero di automobile, in bicicletta, etc.) e dagli incidenti sportivi. Non esistono regole
generali applicabili a tutti i pazienti, soprattutto per la mancanza di una correlazione costante tra la
dinamica del trauma, le variabili che entrano in gioco: 
● L'età del paziente;
● Il grado di collaborazione del piccolo;
● L'incostante comparsa di sintomi;
● L'eventuale coesistenza di forme morbose in grado di condizionare l'evoluzione clinica (ad esempio
la presenza di un'alterazione della coagulazione, malattie preesistenti o interventi neurochirurgici).
Verrà così deciso, sulla base dell'evidenza clinica e dell'esperienza del medico, l'atteggiamento più adeguato
(osservazione domiciliare, breve osservazione clinica in pronto soccorso, eventuale ricovero ed esecuzione
di procedure diagnostiche o strumentali, intervento chirurgico). Porta il bambino al pronto soccorso più
vicino o chiama il numero unico 112 se il bambino mostra segni di una lesione cerebrale grave.
I sintomi di una grave lesione cerebrale nei bambini sono:
● Scarsa alimentazione;
● Vomito ripetuto dopo una ferita alla testa;
● Pianto inconsolabile;
● Sonnolenza e difficoltà nel risvegliarlo;
● Convulsioni;
● Rigonfiamento teso della fontanella (punto debole sulla sommità della testa) nei bambini dei primi
mesi di vita;
● Mal di testa che non va via o peggiora;
● Confusione, agitazione o comportamento insolito;
● Problemi nel vedere, nel parlare o nel camminare;
● Debolezza, intorpidimento o riduzione della coordinazione di un braccio o di una gamba.

Tumori cerebrali
Le neoplasie cerebrali sono la forma più frequente di tumore solido in età pediatrica. Un tumore del
tessuto nervoso insorge a causa di un'alterazione genetica capace di determinare la moltiplicazione
incontrollata di cellule all'interno del sistema nervoso centrale. Nella maggior parte dei casi non esiste una
causa scatenante precisa. In alcune condizioni genetiche però, i piccoli pazienti mostrano una maggiore
predisposizione a sviluppare tumori, compresi quelli del sistema nervoso centrale. La crescita della massa
tumorale può provocare sintomi legati all'aumento della pressione all'interno del cranio (mal di testa,
vomito, sonnolenza, irritabilità, aumento delle dimensioni del cranio nei bambini più piccoli, fino a un vero
e proprio idrocefalo) oppure alla specifica localizzazione del tumore (crisi epilettiche, debolezza di una parte
del corpo, perdita di equilibrio, alterazioni della sensibilità, alterazioni del linguaggio, perdita di memoria,
modificazioni della personalità). 
I sintomi variano anche in base all'età di comparsa:
● Al di sotto dei 3 anni: vomito ricorrente, alterazioni dei movimenti oculari, alterazioni
dell'equilibrio, della coordinazione dei movimenti e della deambulazione, modifiche del
comportamento, crisi epilettiche in assenza di febbre, deviazioni del capo, aumento della
circonferenza cranica;
● Dai 3 ai 13 anni: cefalea e vomito ricorrenti, alterazioni dei movimenti oculari, alterazioni della
vista, alterazioni dell'equilibrio, della coordinazione dei movimenti, della deambulazione, modifiche
del comportamento, crisi epilettiche, deviazioni del capo;
● Al di sopra dei 13 anni: cefalea e vomito ricorrenti, alterazioni dei movimenti oculari, alterazioni
della vista, alterazioni dell'equilibrio, della coordinazione dei movimenti, della deambulazione,
modifiche del comportamento, crisi epilettiche, ritardo della pubertà.

Otiti
L’otite è una patologia infiammatoria acuta che può colpire l’orecchio medio o esterno. Chiamata
comunemente con un termine semplice come “mal d’orecchio”, l’otite è una delle più comuni malattie
dell’età pediatrica specialmente nella fascia tra i 6 mesi e i 6 anni. Questo accade sia perché i bambini
vivono spesso in ambienti che favoriscono la trasmissione di virus e batteri come la scuola dell’infanzia, sia
perché la tuba di Eustachio è più corta nei bimbi e favorisce quindi il passaggio di agenti infettivi nel cavo
del timpano. L’otite può colpire l’orecchio esterno o l’orecchio medio. L’otite può essere causata
principalmente da due fattori:
● eccesso di catarro causato da un forte raffreddore o da un’influenza non curate adeguatamente:
durante il decorso di queste malattie, la tromba di Eustachio si può riempire di muco che gonfia e
infiamma la zona retrostante la membrana del timpano. In questo caso si parla di otite
dell’orecchio medio.
● ristagno di acqua nel condotto uditivo, in associazione a microtraumi del timpano. Per esempio,
l’entrata di microrganismi infettivi presenti nell’acqua può dare luogo a infezioni. In questo caso, si
parla di otite dell’orecchio esterno.
I sintomi dell’otite sono essenzialmente legati al dolore e al fastidio percepito soprattutto durante la
masticazione. Nei casi di otite esterna è possibile siano presenti anche disturbi quali percezione ovattata dei
suoni (ovattamento), autofonia (il rimbombo percepito quando si parla). Ai sintomi di mal d’orecchio, è
necessario portare il bimbo dal pediatra per una prima valutazione, a cui può seguire la visita
specialistica otorinolaringoiatrica per stabilire con precisione entità e tipologia dell’infezione, e quindi la
terapia. I trattamenti sono essenzialmente farmacologici a base di antibiotici e cortisone, per via orale o
topici a seconda della tipologia di otite. Al bisogno si possono aggiungere antidolorifici come il
paracetamolo in dose pediatrica o antinfiammatori, ma solo se prescritti dal medico. 

Diabete
Più frequente nei bambini è la forma di diabete mellito di tipo I, in cui vi è una carenza totale di insulina. La
causa del diabete di tipo I nei bambini non è ancora nota. È invece noto il meccanismo che porta alla
carenza di insulina: si tratta di un processo di autodistruzione delle cellule del pancreas che producono
insulina. In particolare, alcune cellule del sistema immunitario (i linfociti) iniziano ad aggredire le cellule del
pancreas che producono insulina, fino a distruggerle completamente. I sintomi principali di allarme che
necessitano di una consultazione medica sono:
● Poliuria: aumento della quantità di urine e della frequenza delle minzioni;
● Polidipsia: sete eccessiva con aumento dell'assunzione di liquidi;
● Polifagia: fame eccessiva con aumento dell'assunzione di cibo;
● Dimagrimento;
● Dolori addominali non riconducibili ad altre malattie.
Nei casi più gravi, possono essere presenti:
● Stato confusionale;
● Alterazione di alcune funzioni mentali;
● Coma (coma chetoacidosico).
Un genitore che individui nel proprio bambino questi sintomi, deve rivolgersi al pediatra di famiglia oppure
direttamente a un Dipartimento di Emergenza e Accettazione (DEA) o Pronto Soccorso pediatrico. La
diagnosi è semplice, essendo inizialmente sufficiente la valutazione della glicemia. Il farmaco indispensabile
per curare il diabete di tipo I nei bambini (e in tutti i pazienti con diabete) è l'insulina, che deve essere
somministrata più volte al giorno (4 o più volte) al bambino mediante un'iniezione sottocutanea.
Attualmente i più utilizzati sono i dispositivi iniettori a penna, molto pratici e semplici da usare. Esiste anche
un'altra modalità di somministrazione dell'insulina, mediante una pompa di infusione continua,
microinfusore, che infonde nel tessuto sottocutaneo insulina 24 ore su 24. La quantità di insulina da
somministrare varia in base all'età e alle attività del bambino.

Vaccinazione di legge
Le vaccinazioni sono tra gli interventi di maggiore efficacia per la prevenzione primaria delle malattie
infettive. Lo scopo primario delle vaccinazioni è quello di difendere il bambino da alcune malattie infettive
gravi soprattutto nei primi anni di vita; per questo motivo è importante iniziare il ciclo vaccinale il più presto
possibile, tra il secondo e il terzo mese di vita, in modo da realizzare una valida protezione al primo anno di
età. Il Parlamento italiano ha approvato una nuova Legge 119/2017 che estende gli obblighi vaccinali da 4 a
10.
I nuovi obblighi vaccinali, per i minori di età compresa tra zero e sedici anni, comprendono:
● anti-poliomielitica (già obbligatoria)
● anti-difterica (già obbligatoria)
● anti-tetanica (già obbligatoria)
● anti-epatite B (già obbligatoria)
● anti-pertosse
● anti-Haemophilus influenzae tipo b
● anti-morbillo
● anti-rosolia
● anti-parotite
● anti-varicella (obbligatoria per i nati dal 2017)
Tutte le vaccinazioni comprese nel calendario vaccinale sono gratuite per le fasce di età previste, vengono
direttamente programmate dalla Pediatria di Comunità e NON è necessaria la prescrizione del pediatra
curante.

Celiachia
La celiachia o intolleranza al glutine è una malattia cronica in cui il sistema immunitario reagisce contro il
glutine, una proteina contenuta nel grano, nell'orzo, nella segale e in altri cereali. Quando una persona con
celiachia assume glutine con la dieta, il suo sistema immunitario innesca un'infiammazione della mucosa
dell'intestino. La causa è genetica le persone predisposte sono tutte portatrici di particolari geni HLA. I
sintomi della celiachia sono estremamente variabili, tanto che si possono distinguere forme tipiche, forme
atipiche e forme così poco sintomatiche da essere chiamate silenti.
La sintomatologia tipica è quella a carico dell'apparato gastro-intestinale, che generalmente insorge nei
primi 2 anni di vita: scarso appetito, diarrea cronica con feci schiumose giallastre o stipsi (o alternanza
dell'alvo), vomito, dolore addominale, importante meteorismo intestinale, pallore cutaneo, apatia, calo
ponderale e arresto della crescita. I sintomi atipici, più frequenti nell'età successive, sono estremamente
variabili e legati sia al malassorbimento di qualche nutriente sia all'iperattività del sistema immunitario:
bassa statura, magrezza (o meno frequentemente obesità), anemia da carenza di ferro o di vitamina B12 e
folati, trombocitosi o trombocitopenia (alto o basso numero di piastrine nel sangue), leucopenia (basso
numero di globuli bianchi nel sangue), senso di debolezza, cefalea, irritabilità, dolori articolari e muscolari,
rachitismo, alterazioni dello smalto dentario, afte al cavo orale, infiammazioni ricorrenti di una ghiandola
congiuntivale che produce sebo (calazio), alopecia, steatosi epatica, (può anche manifestarsi  con un
aumento isolato delle transaminasi), pancreatite ricorrente, dermatite erpetiforme, orticaria, disturbi del
linguaggio e disturbi aspecifici dell'apprendimento, con conseguenti difficoltà scolastiche, ritardo puberale,
amenorree primarie e secondarie. A volte la celiachia si manifesta insieme ad altre malattie
autoimmuni: epatite autoimmune, tiroidite autoimmune, psoriasi, diabete mellito, malattie renali e
neurologiche su base autoimmune. La diagnosi in età pediatrica viene generalmente fatta su base clinica e
confermata dagli esami di laboratorio con il riscontro di valori elevati di anticorpi antitransglutaminasi di
classe IgA, se i livelli di antitransglutaminasi sono elevati, occorrerà un secondo prelievo per valutare anche
la positività degli anticorpi antiendomisio e confermare l'aumento degli anticorpi antitransglutaminasi. il
bambino deve essersi nutrito normalmente nel periodo che precede il prelievo diagnostico. Se alimentato
con una dieta priva di glutine, sia gli esami di laboratorio che la biopsia potrebbero dare risultati falsamente
normali. Attualmente l'unica cura consiste nell'eliminare completamente e per tutta la vita, il glutine dalla
dieta.
Esantemi
Il termine esantema deriva dalla parola greca che vuol dire "scoppio", ma anche "sfogo. Le malattie
esantematiche sono quelle condizioni morbose, di origine infettiva, solitamente virale, che causano una
tipica eruzione cutanea (detta esantema o rash); questo "sfogo cutaneo" si accompagna a una serie di altre
manifestazioni, quali per esempio: febbre, stato di malessere e perdita di appetito.
Le malattie esantematiche per eccellenza sono:
● Il morbillo = origine virale, altamente contagiosa e caratterizzata dalla comparsa di piccole macchie
cutanee di color rosso-brunastro
● La rosolia (virale) = origine virale, che provoca la comparsa di tipiche macchie rosse su tutto il
corpo.
● La varicella = virus Varicella zoster e caratterizzata dalla comparsa di un esantema cutaneo o rash,
che si sviluppa in 3 stadi successivi:
1. Macule rosacee;
2. Vescicole/pustole;
3. Croste
Oltre a questi segni cutanei, la varicella comporta febbre non elevata e da lievi sintomi generali come senso
di malessere, inappetenza e mal di testa.
● La scarlattina = origine batterica, responsabile di un caratteristico esantema di colore rosso
scarlatto e leggermente in rilievo.
● La quarta malattia= nota anche come “scarlattinetta”, perché il quadro sintomatologico è molto
affine a quello della scarlattina (nonostante i sintomi appaiano assai più lievi) o “Morbo di Dukes”
(dal medico).  primi sintomi della quarta malattia esordiscono all'incirca una settimana o 10 giorni
dopo il contagio, tempo necessario per l'incubazione del battere: in genere, il paziente lamenta mal
di testa, sonnolenza, febbricola, apatia ed inappetenza. Questi primi sintomi vengono
successivamente sostituiti da febbre, mal di gola ed infiammazione/ingrossamento
dei linfonodi latero-cervicali. In genere, l'esantema si manifesta in seguito a queste manifestazioni:
le sedi anatomiche più soggette sono i glutei, l'inguine ed il volto. L'esantema si manifesta con
puntini rossastri molto ravvicinati, tanto da formare chiazze più o meno estese.
● La quinta malattia= origine virale, dal decorso acuto e alquanto contagiosa, che colpisce
tipicamente i bambini in età da scuola elementare.
Nota per provocare un caratteristico eritema in braccia, gambe e guance
● La sesta malattia = origine virale a decorso benigno, genera un rash esantemico caratterizzato dalla
comparsa di chiazze e papule rosse sulla pelle.
Queste condizioni morbose sono particolarmente comuni nella popolazione di giovane e giovanissima età.
Per diagnosticare le malattie esantematiche sono spesso sufficienti l'esame obiettivo e l'anamnesi (o storia
clinica). L'eruzione cutanea che accompagna le malattie esantematiche può presentarsi in vari modi: con
chiazze di diversa grandezza, con piccole macchioline, con arrossamento cutaneo (eritema), con prurito,
con vescicole e/o con papule, può interessare qualsiasi parte del corpo umano, ma vi sono aree anatomiche
più colpite di altre, come per esempio: il volto, il tronco (cioè torace, pancia e schiena) e le estremità (ossia
mani e piedi).
Le caratteristiche del rash dipendono dall'agente infettivo scatenante, quindi dal tipo di malattia

esantematica. Tra le manifestazioni associate all'eruzione cutanea, rientrano: febbre, malessere, mal di
testa, perdita di appetito, dolore addominale, irritabilità, indolenzimento o vero e proprio
dolore muscolare.
Il trattamento dipende dal tipo di malattia esantematica in corso: le malattie esantematiche virali più
comuni prevedono, per lo più, una terapia sintomatica; le malattie esantematiche di origine batterica,
invece, prevedono una terapia a base di antibiotici, per combattere i batteri infettanti l'organismo.

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