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Insufficienza respiratoria acuta

In linea generale troveremo nei referti del PS insufficienza respiratoria di tipo I o II la differenza
essenzialmente è basata sull’emogasanalisi (si fa su arteria radiale o in caso in cui il pz necessita di EGA
seriati è indicato posizionare un accesso costante che ci permette di fare più prelievi nel corso della
giornata). I 2 parametri fondamentali sono la PaO2 e la PaCO2 (sono quelli degli scambi gassosi, che ci
indicano la capacità dell’individuo di assorbire O2 ed eliminare CO2), questi parametri determineranno il PH
del sangue ovvero il livello di acidità o basicità del sangue, che è correlato con la possibilità che ha avuto il
pz di compensare allo squilibrio respiratorio. Il compenso viene ovviamente dall’assetto metabolico,
ovvero, la capacità del rene di trattenere bicarbonati e compensare l’accumulo di ioni idrogeno che
determinano l’acidità del sangue.

Gli scambi avvengono tramite una membrana, dunque ci aspettiamo che se il problema è nella membrana
ci possa essere difficoltà in entrambe le attività (tipo I e II), ma le insufficienze respiratorie non sono dovute
sempre ad un’alterazione della membrana di scambio.

Insufficienza di tipo I

Insufficienza primariamente ipossiemica, dove la maggior difficoltà del pz all’inizio è quella di ossigenare il
sangue. In linea generale diciamo che è legata ad un’alterazione dell’attività del polmone. È chiamata LUNG
FAILUR, vi è un deficit che riguarda il polmone stesso e quindi la sua capacità di scambio. La polmonite,
vasculite, embolia o edema polmonare sono tutte condizioni che alterano la membrana alveolo-capillare e
danno insufficienze respiratorie di tipo ipossiemica. Essendo ipossiemiche sono caratterizzate dal deficit di
ossigenazione. Tipicamente i pz con il Covid arrivano al PS con una lung failur perché il danno è
primariamente a livello polmonare. Il pz che arriverà al PS presenterà ossigenazione molto bassa rispetto
all’02 respirato e all’inizio una CO2 abbastanza conservata, questo perché quando si altera la membrana di
scambio alveolo-capillare dato che la CO2 è molto più diffusibile rispetto a O2, il pz che è in insufficienza
respiratoria tende a iperventilare, quindi a respirare con una frequenza respiratoria maggiore riuscendo ad
eliminare la CO2, ma non riesce ad ossigenarsi in maniera adeguata. Questa situazione deve essere valutata
in base a quanto ossigeno il pz respira perché se ci troviamo in aria ambiente vi è una percentuale di O2 che
è di circa 21% per cui avere 80 di PaO2 in aria ambiente significa avere un rapporta tra la frazione di
ossigeno inspirata e la frazione di ossigeno presente all’interno del sangue che è 80 su 21% quindi circa 400,
che è sufficiente. Facendo un calcolo semplice, gli stessi 80 di PaO2 su un paziente che ha una Ventimask al
40%, (80:40=2x100=200) quindi un rapporto P/F (pressione parziale di 02/ frazione inspirata di 02) = 200,
significa che il pz è già in insufficienza respiratoria. Dunque quando ci troviamo a valutare un pz e a valutare
se la sua ossigenazione è sufficiente non basta usare il saturimetro, perché quando leggiamo 98% sul
saturimetro significa che il 98% dell’emoglobina del pz satura O2, ma se siamo di fronte ad un pz anemico
con 7 di emoglobina e 98% di emoglobina satura di O2 non significa che ha un ossigenazione ottimale nel
sangue, è verosimile che il contenuto arterioso di questo pz sarà nettamente differente a uno che ha 98 di
saturazione e 15 di emoglobina, quindi ci sono circostanze, in particolare l’anemia, dove la saturazione non
è un indice attendibile. L’EGA è l’esame di scelta, ma è un esame invasivo per cui si può fare solo all’interno
dell’ospedale e serve per avere un’idea molto più precisa dell’ossigenazione reale nel sangue.

Insufficienza respiratoria di tipo II

Insufficienza di tipo ipercapnico, che si può associare anche ad ipossiemia, dove la difficoltà è di eliminare
CO2, non è legata al polmone in sé quanto alla macchina respiratoria. La nostra respirazione fisiologica è
legata a tutta una serie di fattori: un drive centrale (uno stimolo che viene dal SNC che può essere alterato
in alcuni pz), una capacità dei muscoli respiratori di attivarsi e quindi di ingrandire la gabbia toracica e
generare quella pressione negativa che serve per far entrare l’aria dall’esterno verso l’interno. È chiamata
PUMP FAILUR (guasto della pompa), che fisiologicamente viene utilizzata per respirare, per cui il lavoro
respiratorio diventa un lavoro in eccesso, il pz va in fatica respiratoria, riduce gli atti respiratori e va in
insufficienza. Dunque, questo deficit di ventilazione è legato ad un’alterazione di tutto quel meccanismo
che consente all’aria di entrare nei nostri polmoni, ciò può avvenire per miopatie (alterazioni muscolari),
alterazioni nervose, scoliosi marcate (determinano una compressione e una modificazione strutturale della
gabbia toracica), asma, BPCO o per patologie del SNC che determinano una soppressione dello stimolo alla
ventilazione. l’evento più frequente al PS è o quello del pz asmatico che ha una riacutizzazione di asma da
allergia o pz con BPCO quindi bronchitico cronico grosso fumatore.

Quando ci troviamo un pz con insufficienza respiratoria dobbiamo sempre chiederci se è:

 Tipo I = il pz ha un difetto nello scambio dei gas, la PaCO2 inizialmente è normale o ridotta se il pz
iperventila e la PaO2 è molto ridotta;
 Tipo II = il pz ha un deficit nell’attività ventilatoria, quindi a causa di un ipoventilazione alveolare
avrà primariamente un accumulo di CO2 e una Pa02 ridotta.

la Pa02 si può alterare per varie situazioni: ipoventilazione, inadeguata diffusione, lo shunt. Lo shunt è
quando esistono zone del polmone che non hanno un adeguato accoppiamento tra ventilazione e
perfusione, ad esempio: un alveolo è chiuso in corso di polmonite a causa della presenza di secrezioni, il
sangue passa accanto all’alveolo ma non viene ossigenato; oppure in caso di embolia l’alveolo è libero ma
vi è un’alterazione del flusso. L’ottimum è quando si ha un ottimo rapporto tra ventilazione- perfusione,
quando questo rapporto è uguale a 0 si tratta di uno Shunt, diverso è quando il flusso non c’è ma la
ventilazione si, in questo caso il rapporto è uguale a infinito quindi parleremo di uno spazio morto. Lo
spazio morto fisiologicamente esiste perché quando noi inspiriamo l’aria riempie tutto il tratto respiratorio
dalla bocca fino agli alveoli senza contribuire agli scambi, quindi quando noi respiriamo 500 ml di aria in
realtà 150 si perdono in una zona dell’albero tracheo-bronchiale che non partecipa agli scambi; se un pz
inizia a respirare con una frequenza elevata e muove su e giù l’aria solo nello spazio morto respiratorio è
equivalente a un pz che non respira. Perché quando si fa il BLS si dice che un pz in Gasping deve essere
considerato un pz in arresto respiratorio? Perché il Gasping (respiro corto affaticato, pre-morte) è un tipo di
respiro che non ha significato dal punto di vista degli scambi respiratori. Lo spazio morto è fisiologicamente
circa il 33% di quello che noi respiriamo.

ARDS = SINDROME DA DISTRESS RESPIRATORIO ACUTO (TIPO I)

La situazione più grave che porta il pz in terapia intensiva è quella che noi chiamiamo ARDS (sindrome da
distress respiratorio acuto) che rappresenta una grave insufficienza respiratoria acuta, che si manifesta in
diverse situazioni sia mediche che chirurgiche. Solitamente in una radiografia il pz si vede con polmone
completamente bianco quindi con infiltrati polmonari bilaterali e un’ipossiemia severa (misurata nel
rapporto tra la Pa02 che troviamo nell’EGA e la Frazione inspirata). È importante distinguere questa
situazione da un pz che si trova con un polmone bianco per tutt’altra ragione, come ad esempio un pz in
edema polmonare, causato da insufficienza ventricolare sx. Come facciamo a distinguerlo? quando
abbiamo parlato di cateteri venosi di Swan Ganz abbiamo detto che la pressione di occlusione dell’arteria
polmonare era un indice di disfunzione ventricolare sx, se abbiamo un pz che ha una pressione di
occlusione 18, quindi normale, andremo ad escludere che sia correlato ad edema polmonare e ci
orientiamo verso un ARDS. Esiste un quadro più sfumato che viene definito Acute Lung Injury in cui i criteri
sono gli stessi ma l’ipossiemia è di grado inferiore ad esempio pz con una ventimask al 40% e 120 di Pa02.

La ARDS è una patologia con elevata mortalità che si distingue in 3 fasi:

1. Fase Acuta Essudativa tipica dell’infiammazione della polmonite, l’alveolo si riempie di una serie
di fattori infiammatori e vengono distrutte sia le cellule di tipo 1 (90 % dell’epitelio alveolare) sia
quelle di tipo 2 (producono il surfactante sostanza per non far collassare gli alveoli quando
respiriamo). L’alterazione di questa membrana può trasformare quella che è una polmonite in
un’asepsi perché tutto ciò che c’è all’interno dell’alveolo, a causa della distruzione, passa nel
sangue determinando appunto un’asepsi. In tutto questo i primi ad intervenire sono i macrofagi
che sono cellule che se da una parte proteggono perché vanno ad inglobare queste sostanze
batteriche dall’altra producono citochine che sono proinfiammatorie e tendono a richiamare
ulteriori cellule neutrofile e quindi a peggiorare il quadro di ingombro all’interno dell’alveolo.
2. Fase Fibrotica  la più difficile, dove il polmone diventa rigido fibrotico, difficile da ventilare quindi
risulta difficile garantire scambi gassosi, aumenta lo spazio morto perché aumentano gli alveoli
bloccati che sono perfusi ma non ventilabili e lo spazio alveolare si riempie di cellule mesenchimali
che tenderanno ad indurre la fase successiva.
3. Fase Risolutiva in casi fortunati l’alveolo viene ripristinato nelle sue condizioni di partenza.
Avremo:
 una risoluzione dal punto di vista degli scambi gassosi, quindi un miglioramento della
compliance polmonare (la distensibilità del polmone quando lo andiamo a ventilare) e un
miglioramento dell’ipossiemia;
 una fase di riepitelizzazione delle cellule dell’epitelio distrutte, grazie alla proliferazione di
cellule di tipo 2 che poi si differenziano in cellule di tipo 1 si ritorna alla formazione di un
alveolo più o meno normale.

ARDS può essere causato da:

 cause primarie coinvolgono direttamente il polmone. Polmoniti, polmonite ab-ingestis,


annegamento, embolia polmonare, danno da inalazione. Sono scarsamente reclutabili perché la
causa risiede all’interno del polmone

 cause secondarie il polmone ha un danno che viene da effetti su altri organi. Polmonite a
vetrosmerigliato, asepsi, traumi, pancreatite, danno da trasfusione, overdose da farmaci. Hanno
una buona reclutabilità per cui rispondono bene alla somministrazione della pressione di fine
espirazione.

Quando il pz è ventilato con una macchina, questa manda aria a pressione positiva quindi ci troviamo nella
difficolta di dover garantire l’ossigenazione ma di non dover andare a stressare il polmone per evitare i
traumatismi che causano la rottura dell’alveolo e quindi il pneumotorace.

Gli obiettivi della ventilazione sono dunque: non danneggiare, evitando di fare più danno di quello che ha
fatto la polmonite e reclutare alveoli, quindi migliorare la compliance e ridurre il lavoro respiratorio
evitando l’over stretching (iperdistensibilità del polmone da una parte e dall’altra l’apertura e chiusura
cinica degli alveoli). Se mandiamo eccessiva inflazione nella ventilazione meccanica andremo a distendere
solo gli alveoli liberi, funzionanti, quindi rischiamo di danneggiare anche gli alveoli sani, per evitare ciò fu
ideata la Baby Lung Ventilation, che è diventata lo standard di cure in tutto il mondo. Il concetto di Baby
Lung è quello di ipotizzare che in questo polmone verrà ventilata solo la quota di polmone che è
effettivamente funzionante evitando di sovradistenderla e danneggiarla, essendo un tipo di polmone a
bassa compliace, rigido con un basso volume di alveoli si farà una ventilazione con volumi compatibili a
quelli di un bambino (per questo Baby Lung Ventilation). Un pz con ARDS dobbiamo pensare che ha un
polmone con piccoli volumi ventilabili quindi sceglieremo una ventilazione con volumi piccoli ma con
pressioni sufficientemente alte per tenere distesi questi alveoli che ancora funzionano, questo tipo di
ventilazione determina un danno minore sul polmone, ma andando a ventilare solo alcuni di questi alveoli
porterà progressivamente ad una crescita di CO2. Questo accumulo viene chiamato ipercapnia permissiva
fino a 80mmhg (anche se il livello normale è 40) purchè garantiamo un PH> 7,25 (non dobbiamo mai
scendere sotto un livello di acidità per evitare che i farmaci non funzionino più).
Un’altra tecnica è quella della prono-supinazione. Nel passaggio da supino a prono il pz, a parità di
ventilazione e di condizione, ha un miglioramento dell’ossigenazione, quindi si fanno dei cicli di prono-
supinazione di circa 12 ore alternando la posizione del pz, il pz viene messo nella cosiddetta posizione “del
nuotatore” (un braccio verso l’alto e uno verso il basso) e ogni 2 ore ruotato nella posizione opposta, dopo
12h viene supinato.

Un’altra alternativa è quella dell’ossido nitrico che ha un ruolo importante sul distretto vascolare, dà un
rilasciamento della muscolatura dei vasi sanguigni dando dunque vasodilatazione, quest’ultima è
importante perché una delle complicanze dell’ipossiemia prolungata è la vasocostrizione ipossica che porta
a ipertensione polmonare e poi all’insufficienza cardiaca. L’organismo dato che gli alveoli non sono ventilati
adeguatamente e c’è un grado di ipossia inizia a vasocostringere, questo è un meccanismo fisiologico di
compensazione per cercare di mantenere costante il rapporto di ventilazione-perfusione, chiaramente a
lungo andare può dare un effetto deleterio perché vasocostringendo troppo il distretto polmonare, che è a
bassa pressione, bastano piccoli cambiamenti per incorrere ad un’insufficienza ventricolare dx. Se usiamo
dei vasodilatatori sistemici, vasodilatiamo tutto il distretto vascolare, in particolare a livello polmonare sia i
capillari che sono vicini ad alveoli funzionanti sia i capillari attorno agli alveoli completamente chiusi. Il
vantaggio dell’ossido nitrico è che viene somministrato per inalazione e quindi determina la vasodilatazione
solamente degli alveoli ben ventilati, dunque rispetto ai vasodilatatori per infusione aumenta la PaO2,
riduce la quota di Shunt e la pressione media in arteria polmonare che poi è quella che potrebbe
determinare ipertensione polmonare e quindi insufficienza cardiaca.

PZ CON BPCO (tipo II)

Le patologie costruttive sono aumentate da resistenze periferiche che per quanto riguarda il pz con asma o
BPCP sono date da secrezioni, invece per le patologie restrittive sono caratterizzate da una diminuzione
della compliance, ovvero la difficoltà del pz di espandere la gabbia toracica. Il pz asmatico o con BPCO è un
pz che svolte tutti i giorni un lavoro importante di tipo respiratorio e non può essere sottoposto ad ulteriori
stress perché non è in grado di tollerarli. I pz con broncocostrizione, secrezioni (resistenze vie aeree
aumentata) e paradossalmente hanno una compliance aumentata (perché le proprietà elastiche del
polmone sono mantenute) sono pz che buttano aria in maniera adeguata ma hanno una resistenza allo
svuotamento del polmone, hanno un cosiddetto “air trapping” (accumulano aria) che genera una pressione
di fine espirazione (peep=positive end-expiratory pression) intrinseca che mantiene questo polmone
sempre iperesteso, per cui questa peep intrinseca rappresenta un carico inspiratorio a cui il pz deve far
fronte con tutti i muscoli inspiratori ( diaframma, muscoli intercostali e accessori). In una radiografia di un
polmone normale vedremo un diaframma a cupola, andremo a vedere lo spazio posto-frenico che sia
libero, le coste arcuate verso il basso e l’alveolo libero. I pz bronchitici cronici, enfisematosi classici sono
descritti con muscoli del collo ipertrofici, diaframma molto abbassato e le coste appiattite al posto di essere
arcuate, perchè quando l’aria tende ad uscire le vie aeree (già ipertrofiche o piene di muco) collassano
prima che l’aria esca e poiché l’espirazione è in fenomeno passivo dove non contribuisce la muscolatura del
pz, l’aria tende a rimanere intrappolata nel polmone del pz, quindi per esercitare un ampliamento della
gabbia toracica all’atto successivo il pz si sforza, usando i muscoli accessori del collo che si gonfiano. Il pz
fisiologicamente riduce progressivamente il volume di aria che respira ad ogni atto respiratorio andando
incontro ad un ipoventilazione che porta a ipercapnia volontaria.

Ci possiamo trovare di fronte un pz a cui facciamo un EGA e ha una CO2 a 55 molto più alta di quella che ci
aspettiamo e un PH normale, ma normalmente se aumenta la CO2 diminuisce il PH. Perché questo pz pur
avendo una CO2 elevata ha un PH normale? perchè questo aumento è stato progressivo nel tempo, nei
mesi ha accumulato attraverso il rene bicarbonati per compensare la CO2 e mantenere il PH normale,
quindi sta bene ma ovviamente è un pz a cui basta che intervenga un qualcosa su questa situazione molto
precaria affinchè vada in insufficienza respiratoria.

Se arriva in PS un pz con insufficienza respiratoria è agitato, disorientato gli facciamo un’EGA e ha 70 di


CO2, se gli mettiamo una maschera con 02 lo uccidiamo, perché deprimiamo lo stimolo alla respirazione
che il cervello gli manda perché nonostante abbia 70 di CO2 ha un’ossigenazione adeguata. Quindi quando
arrivano pz con insufficienza respiratoria di tipo II si va cauti con l’ossigeno, questo è un tipo di pz che si
mette al 28% max 31% e se degenera va intubato. Nel caso in cui il pz venga intubato non sarà più il pz a
controllare gli atti respiratori ma noi impostando gli atti respiratori tramite ventilatore, ma se il pz rimane in
ventimask va trattato con poco O2, broncodilatatori, corticosteroidi, mucolitico, antibiotici e se serve
supporto respiratorio.

Dato che il problema principale di questo pz è il lavoro respiratorio perché fa fatica l’obiettivo è quello di
ridurre il lavoro tramite varie modalità di respirazione:

 respirazione spontaneaIn caso di pz a respirazione spontanea in fase inspiratoria è a pressione


negativa e poi man mano che espira torna a 0, possiamo mantenere la stessa respirazione
spontanea spostandola più in alto attraverso un incremento in quelle che sono le pressioni.
 La ventilazione meccanica invece quella tramite ventilatore è una respirazione imposta dal
ventilatore IPPV (Intermittent Positive Preassure Ventilation) a volume controllato (imposto sul
ventilatore che il pz deve fare 500 ml ad atto respiratorio, scelto gli atti respiratori, la PaO2 e
controllo che il volume non generi pressioni elevate) o a pressione controllata ( imposto pressione
max quando il ventilatore la raggiunge si arresta dunque bisogna controllare che la pressione
consente di fare volumi adeguati perché se sono a 200 ml non sono adeguati) a questo possiamo
aggiungere una pressione di fine espirazione ovvero al posto di tornare a 0 rimarrà a 5 o a 8 che
facilita a mantenere leggermente aperte le vie aeree facilitando l’atto respiratorio successivo.
L’impostazione del ventilatore è fatta attraverso volume corrente, frequenza respiratoria, rapporto
inspirazione-espirazione, PaO2 e la pressione che vogliamo nelle vie aeree. Nel ventilatore
troveremo da una parte i parametri impostati dall’altra quelli misurati (se ho impostato il volume
andrò a vedere nei misurati la pressione e viceversa). Altra cosa importante i ventilatori di anestesia
non sono quelli in rianimazione perché mentre nelle sale operatorie il pz è addormentato e il
ventilatore comanda il pz, in rianimazione non è così si tende a voler garantire che il pz inizi il suo
atto respiratorio spontaneamente e il ventilatore funge da supporto dunque i ventilatori devono
essere sensibili nel riconoscere lo stimolo respiratorio quindi deve essere riconoscere il cosiddetto
“trigger respiratorio” per poi supportare in pressione quello che è l’atto respiratorio del pz . Una
ventilazione tipica da rianimazione è la SIMV (Synchronized Intermittent Mandatory Ventilation)
ovvero la ventilazione controllata sincronizzata sull’atto respiratorio del pz, vedremo le
impostazione impostate: 02 al 35%, un tempo espiratorio di 2 una FC di 10 e PEEP di 5 e andremo a
vedere che se troviamo gli stessi parametri significa che il pz non fa nulla da solo, poi vi sono delle
tracce una delle pressioni delle vie aeree e una del flusso, e poi ci sono le curve flusso-volume che
sono quelle che ci danno la compliace del nostro polmone ( quando vediamo la curva di pressione
in un pz ventilato a volume costante questa genera una pressione fino ad un picco poi una
riduzione poi una fase di plateau, finito il tempo inspiratorio si aprono le valvole e il pz espira), di
fronte all’andamento della curva possiamo misurare se siamo di fronte ad un pz con una buona o
bassa compliance polmonare.Un altro aspetto importnte è quello della capnografia che serve per
misurare la quantità di CO2 espirata dal pz che deve essere max 40 e ha andamento ciclico in fase
inspiratoria poi arriva al max e quando inizia a espirare deve tornare a 0. La CO2 può avere un
plateauche tende a salire ovvero quando un pz ha difficoltà a buttare la CO2 tipico in pz con
insufficienza respiratoria di tipo 2.

Ventilazione Non Invasiva (NIV)

Ventilazione non invasiva si fa tramite maschere e casco. Può essere fatta banalmente attaccando il casco
ad un flussimetro presente a parete mettendo una valvola per la PEEP o attraverso ventilatore.

La CPAP (Continuos Positive Airway Preassure) è un tipo di ventilatore che eroga un flusso d’aria a
pressione costante per poter limitare o eliminare eventuali ostruzioni delle vie aeree superiori. È utilizzato
nella sindrome delle apnee del sonno. Serve ad alzare questa curva di pressione alveolare al di sopra di un
tot di livelli di cm di acqua e quindi consentire di fare al pz il suo atto inspiratorio che teoricamente sarebbe
a pressione negativa ma questa volta richiamando l’aria da solo ma all’interno di pressioni positive.

I vantaggi della NIV è che il pz può parlare, mangiare, tossire e può essere interrotta e ricominciata senza
problemi, può essere utilizzata solo in alcuni pz perché alcuni hanno difficoltà a portarla o può provocare
distensione gastrica. Nella BPCO la NIV è importante perché dato che è un pz che fatica con dei cicli di
ventilazione non invasiva gli diamo un po' di riposo, cosa che non si può fare con un pz con insufficienza
respiratoria di tipo 1 perché quando la interrompiamo crolla e perde tutta la fase di ossigenazione. I pz
devono essere vigili e collaboranti, la maschera deve essere di dimensioni adeguate, non devono avere
eccessive secrezioni e devono avere livelli di CO2 accettabili, quindi in riacutizzazione di BPCO un pz
dispnoico che ha PaO2< 45 in area ambiente, FC> 30 perché iperventila, PH< 7,35, PaCO2> 45 dobbiamo
ridurre il suo lavoro respiratorio. Nell’insufficienza di tipo 1 noi vogliamo migliorare l’ossigenazione non lo
possiamo fare a cicli ma in un periodo prolungato.

Device

 Maschera nasale: quasi mai utilizzata in rianimazione perché viene usata nei pz per apnee
notturne, ovviamente quando si usa la maschera si deve tenere chiusa la bocca quindi questo
ragnetto ovvero la fascetta dovrebbe avere una parte sotto il mento che gli consenta di chiudere la
bocca.
 Maschera facciale: che può essere naso-bocca o completa (poggia sulla fronte, full face) il
vantaggio è quello di ridurre la pressione, più è grande più è facile da tollerare.

 Il Casco: vi è quello non legato al ventilatore che ha un tubo dove arriva aria e un altro con una
valvola che determina la PEEP, il pz fa tutto da solo ad eccezione di avere una pressione di
respirazione, quindi ha questa valvola che dà una pressione di fine espirazione. Poi vi è il casco che
si collega al ventilatore che ha due corrugati (2 lineari che si collegano da una parte e l’altra del
casco e del ventilatore) uno dove entra aria l’altro dove esce e una valvola per accedere dentro il pz
perché se si apre tende a collassare quindi serve per farlo mangiare ad esempio, il pallone sotto il
collo serve per mantenere il casco al pz aderente. Ultimamente vengono fatti sempre più piccoli
perchè se ventiliamo un pz e il casco è troppo grande la pressione generata dal ventilatore va più
nel casco che nel pz. I caschi sono stati inventati per cercare di usare la non invasiva anche nei pz
con insufficienza respiratoria acuta. ; i caschi vengono scelti nel lunghi periodi però non è facile
pronare un pz con casco. È fastidioso perché sembra di stare dentro una busta di plastica ma
permette la libertà di movimento il passaggio di sondini, l’alimentazione… viene usato in edema
polmonare acuto perché aumentando le pressioni si riduce il flusso di ritorno di sangue al cuore e
dunque migliora l’edema polmonare. Un’alternativa semplice per il Covid è stata l’uso di cannule
nasali ad alto flusso, il flusso di 02 è 70-80L che viene riscaldato e umidificato (altrimenti
seccherebbe le mucose) attaccando una flebo di acqua distillata (non fisiologica altrimenti si
depositerebbe tutto il sale nella campana di riscaldamento) e con quelle cannule il flusso alto di 02
fa si che si generino delle pressioni all’interno delle vie aeree del pz, il miglioramento ad alti flussi si
nota già dopo 15 min i pz tollerano molto di più gli alti flussi alle NIV e hanno un costo più basso,
quindi hanno determinato un’alternativa prima di procedere a manovre invasive fino
all’intubazione.
 Intubazione: Intubare il pz utilizzando tubo corrugato a Y che si collega al pz, quel tubo corrugato
del ventilatore è uguale a quello che useremo se dovessimo collegarci alla maschera che ha un solo
attacco come il tubo endotracheale, ovviamente se il pz sta seduto o prono è meglio per la sua
ventilazione

Dunque per ridurre il lavoro respiratorio del pz si passa dalla CPAP alla NIV che aumenta sempre più il
lavoro del device e diminuisce il lavoro del pz e ci consente ad esempio nel Covid di ventilare il pz che non
erano in grado di tollerare la Ventimask. La maschera nasale ha un maggior confort permette di comunicare
ma determina perdite di aria se usata a bocca aperta quindi viene usata con pz con sleep apnea. La
maschera facciale preferita nell’insufficienza respiratoria severa permette di respirare con naso e bocca ma
il pz tende ad avere aerofagia, infatti spesso viene messo un SNG per eliminare l’aria in eccesso che va a
finire nello stomaco. La NIV non ha nulla a che vedere con la Ventimask. Come si inizia la NIV? Il ruolo
dell’infermiere è importante perchè deve convincere il pz ad utilizzare la maschera o il casco che non sono
molto piacevoli quindi bisogna supportare il pz, informarlo, scegliere la misura della maschera, inizialmente
bisogna avvicinargliela e tenergliela con la mano non subito bloccarla con le fasce, impostare il ventilatore e
salire progressivamente con le pressioni, quindi all’inizio PEEP bassa pressione di supporto circa 10 e una
percentuale tra 30-50% dopo di che si aumentano sempre di più le pressioni per ridurre la FiO2.

I criteri di interruzione NIV sono: se c’è un’eccessiva perdita di aria, se non vi sono miglioramenti e il pz è in
condizioni critiche e bisogna procedere all’intubazione, se il pz diventa incosciente e non può proteggere le
vie aeree autonomamente quindi si deve intubare, se c’è un eccesso di secrezioni che non riesce ad
espettorare, se aumenta troppo la CO2 quindi non vi sono i risultati sperati o se vi è instabilità
emodinamica.

Per riassumere…

insufficienza di tipo I LUNG FAILUR, quando il danno è a livello polmonare nella membrana alveolo
capillare quindi l’obiettivo è quello di ventilare cercando di reclutare più alveoli possibili e fare meno danni
possibili, è un pz che necessita un supporto continuo quindi se ho la possibilità dovrò usare il casco.

Insufficienza di tipo 2 PUMP FAILUR, lavoro respiratorio, sovraccarico come pz con BPCO l’obiettivo
principale è quello di ridurre il lavoro respiratorio e quindi può andare bene anche una NIV fatta con la
maschera perché possono essere validi dei cicli di trattamento ripetuti nella giornata intervallati a cicli di
Ventimask o respiro spontaneo in area ambiente.

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