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Lezione 7 – parte 1 Neurologia 06/12/18

EPILESSIA

La difficoltà maggiore nell’affrontare l’argomento è dovuta alle problematiche di tipo


classificativo, infatti nel corso degli anni sono state proposte diverse classificazioni per le
sindromi epilettiche.
Innanzitutto è importante diagnosticare la crisi in quanto tale, come evento di tipo acuto e
transitorio (comiziale)

ILAE (Lega Internazionale Contro l’Epilessia)


1. Devono verificarsi almeno due crisi non provocate, a distanza di almeno 24h l’una
dall’altra.
Un’unica crisi non può essere considerata sintomo o equivalente di malattia
epilettica: può esserci una crisi occasionale, ma non per questo il paziente deve
essere etichettato come epilettico, infatti possono verificarsi condizioni particolari
che determinano la crisi comiziale (es. intervento chirurgico, trauma cranico, ecc…)
ma una volta risolto il trauma il soggetto non avrà più crisi e non sarà necessario
sottoporlo alla terapia antiepilettica.
2. La probabilità che si verifichi una crisi simile alle precedenti, dopo il riscontro di
due crisi non provocate, è pari al 60%.

Classificazione semeiologica
Nel 1979 è stata redatta la prima classificazione dell’epilessia basata sulla semeiotica,
cioè sui sintomi.
Si guardava soprattutto se i movimento anormali fossero settoriali o generalizzati.
Inoltre si faceva un’ulteriore distinzione in base alla perdita dello stato di coscienza,
ovvero alla perdita di contatto con l’ambiente circostante durante la crisi (a volte il paziente
epilettico appare sveglio ma in realtà è privo di coscienza e ha solo gli occhi sbarrati;
una caratteristica frequente è quella di avere lo sguardo fissato nella direzione del
focolaio epilettico: si tratta di un movimento tonico dato dall’attivazione dei campi frontali
ipsilaterali della corteccia motoria che controlla i movimenti oculari).

1. Epilessia parziale
La forma parziale si può presentare con una crisi mioclonica, in cui per esempio un arto
si contrae in maniera spontanea ed improvvisa; con una marcia jacksoniana, in cui avviene
l’attivazione di tutto l’omuncolo motorio; oppure con una sintomatologia sensitiva, in cui
il paziente presenta parestesie che si manifestano in modo differente in base al lobo colpito
(es. se viene interessato il lobo occipitale potrebbero presentarsi allucinazioni visive, mentre
se viene interessato il lobo parietale potrebbero presentarsi sensazioni tattili dolorose
in diverse parti del corpo).

Sbobinatore: Claudia Sapuppo


Controllore: Lidia Nicolosi
Lezione 7 – parte 1 Neurologia 06/12/18

2. Epilessia generalizzata
La forma generalizzata si può presentare più comunemente sottoforma di grande male
(crisi tonico-clonica) o di piccolo male (assenza). In entrambe le forme è da considerare la
completa perdita di contatto con la realtà, generalmente della durata di 3 - 4 minuti.
Inoltre durante la crisi vengono consumate grosse quantità di glucosio e di ossigeno, quindi
il parenchima cerebrale va in sofferenza ed è necessario un periodo di tempo successivo
alla crisi per il rifornimento dei substrati energetici; tale periodo è il coma post-critico,
che può avere una durata variabile da 30 min a 1 h, in base alla violenza della crisi.

Per la diagnosi differenziale con le altre cause di perdita di coscienza è molto importante
considerare la durata della crisi e del coma post-critico, e soprattutto non confondere il
coma post-critico con la crisi stessa. Es. la perdita di coscienza ad eziologia cardiogena
dura molto di più rispetto a quella da crisi epilettica.

Classificazione eziologica
Si distingue l’epilessia in base alla causa, che può essere nota o sconosciuta: quindi abbiamo
forme idiopatiche o criptogenetiche, e forme sintomatiche.

1. Epilessia idiopatica
La forma idiopatica è quasi sempre riscontrata in soggetti di età pediatrica, tuttavia
soprattutto negli ultimi anni, si stanno scoprendo sempre più mutazioni genetiche che
comportano alterazioni di proteine canale preposte agli scambi ionici: tali alterazioni
possono causare la depolarizzazione autonoma della cellula e lo scatenamento di una
crisi epilettica.

2. Epilessia sintomatica
Le forma sintomatica è di frequente riscontro nei soggetti di età adulta e viene chiamata
in questo modo perché in questo caso è sintomo di un’altra patologia, per cui non bisogna
mai sottovalutare l’insorgenza di un attacco comiziale nell’adulto.
Es. un evento ischemico del sistema nervoso centrale comporta la formazione di una
cicatrice riparativa con gliosi reattiva, cioè di un’area di cortocircuito che può sfociare
in una crisi epilettica; allo stesso modo un evento emorragico comporta lo stravaso di
cataboliti ematici e costituisce una spina irritativa. Un’altra spina irritativa di tipo vascolare
può essere rappresentata dalla presenza di un aneurisma cerebrale. Oppure ancora può
essere presenta una neoplasia endocrina, il cui primo sintomo è spesso una crisi epilettica.
Sia nel caso dell’aneurisma sia della neoformazione, le crisi si possono risolvere
rimuovendo la causa con un intervento chirurgico, per cui è fondamentale una corretta
diagnosi differenziale attraverso la diagnostica per immagini (RMN con MDC).

Sbobinatore: Claudia Sapuppo


Controllore: Lidia Nicolosi
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Classificazione aggiornata del 2012


La classificazione semeiologica aggiornata
del 2012 (penultima classificazione redatta)
è basata su un criterio di tipo sintomatologico
e distingue innanzitutto le forme parziali dalle
forme generalizzate.

1. Epilessia parziale
L’epilessia parziale è a sua volta distinta in:
- Semplice
- Complessa
- Secondariamente generalizzata

Le forme semplici non comportano la compromissione dello stato di coscienza (es. il pz


vede un arto che si contrae in modo spasmodico e sarà egli stesso a riferirlo al medico),
coinvolgono solo una parte del corpo e possono presentare segni neurologici diversi in base
all’area interessata: somatosensoriali (corteccia sensitiva), motori (corteccia motoria),
autonomici (corteccia limbica) o psichici (corteccia pre-frontale).

Le forme complesse comportano la compromissione dello stato di coscienza (es. il pz


presenta un’alterazione della percezione di sé e dell’ambiente, e saranno i parenti a riferire
le crisi al medico) e sono caratterizzate dalla comparsa di fenomeni premonitori quali l’aura
(il pz può avere una percezione alterata dell’ambiente circostante, distorsioni visive,
sensazioni abnormi di tipo olfattivo come la cacosmia, o sintomi neurovegetativi come la
sensazione di costrizione cardiaca). I segni neurologici variano in base all’area interessata e
possono essere presenti automatismi motori (es. il paziente può continuare a camminare,
svolgere movimenti di masticazione, di suzione o movimenti dei muscoli mimici del volto).
L’elemento fondamentale per diagnosticare una crisi parziale complessa è la sua durata,
sempre < 2 min; questo elemento può essere d’aiuto per la diagnosi differenziale con
le forme psicogene, che generalmente durano più tempo (es. un paziente con una crisi
di 30 min verosimilmente sta simulando inconsapevolmente). La confusione post-critica
può avere una durata variabile, da pochi secondi a pochi minuti.

Es. un corridore professionista, durante una competizione, mentre era in testa alla gara
con un giro di vantaggio, ha avuto una crisi parziale complessa e nonostante questo
ha continuato a correre più lentamente e ha portato a termine la gara (arrivando ultimo).

Sbobinatore: Claudia Sapuppo


Controllore: Lidia Nicolosi
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Le forme secondariamente generalizzate esordiscono sempre come forme parziali che


colpiscono solo una porzione di un lobo e poi proseguono estendendosi ad entrambi
gli emisferi cerebrali. Comportano la perdita dello stato di coscienza e sono caratterizzate
da variabilità nei segni neurologici, nell’intensità e nella durata delle fasi tonica e clonica.
La crisi ha tipicamente una durata < 3 min; il coma post-critico può durare da pochi minuti
a qualche ora.

È importante distinguere le forme secondariamente generalizzate (che nascono appunto


come forme parziali) dalle forme generalizzate fin dall’inizio per indirizzare correttamente
l’approccio farmacologico: alcune forme parziali rispondo bene alla carbamazepina,
mentre le forme generalizzate sono trattate efficacemente con il fenobarbital o con
l’acido varproico (quest’ultimo in realtà è utilizzato per entrambe le forme).

2. Epilessia generalizzata
L’epilessia generalizzata è a sua volta distinta in:
- Tonico-clonica (grande male)
- Assenza (piccolo male) tipica o atipica
- Mioclonica
- Tonica
- Atonica

Le assenze tipiche sono caratterizzate da incantamenti (staring spells) e compromissione


dello stato di coscienza con una durata brevissima da 3 a 20 sec. Hanno un’insorgenza e
una risoluzione improvvise, cioè senza fenomeni premonitori e senza fase post-critica;
sono spesso provocate dall’iperventilazione e dalla conseguente condizione di acidosi;
insorgono tipicamente in età pediatrica tra 4 e 14 anni, sono autolimitanti e spesso
si risolvono spontaneamente al termine dell’adolescenza.
Il bambino con una crisi simile può semplicemente bloccarsi per pochi secondi e appare
ai genitori come imbambolato, ma se si ha la prontezza di chiamarlo in quell’istante
non risponderà perché ha perso il contatto con l’ambiente esterno.
Una prognosi peggiore si ha quando le scariche, rappresentate da deflessioni positive /
negative veloci (punte) cominciano a comparire in tutte le derivazioni dell’EEG
con una periodicità caratteristica di 3 Hz (3 volte al secondo).

È importante somministrare la terapia farmacologica non tanto per le crisi in sé, quanto per
i problemi che le crisi possono causare nell’apprendimento; la terapia migliora la capacità
di attenzione e favorisce il normale sviluppo psico-fisico.

Sbobinatore: Claudia Sapuppo


Controllore: Lidia Nicolosi
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Le assenze atipiche sono caratterizzate da brevi incantamenti, con una variabile riduzione
della coscienza e con una durata da 5 a 30 sec. L’atipicità consiste nel fatto che i sintomi
sono graduali, insorgono e si risolvono lentamente, ma sempre nell’arco di secondi.
Non sono provocate dall’iperventilazione, insorgono tipicamente dopo i 6 anni di età
e colpiscono spesso bambini con deficit cognitivi globali.
All’EEG sono presenti complessi punta-onda generalizzati, abbiamo una deflessione
positiva / negativa veloce seguita da una deflessione positiva / negativa lenta, quindi
viene descritta una sorta di spike seguito da un’onda più lenta, e i compressi hanno una
periodicità di 2 Hz.

Le forme miocloniche sono caratterizzate da brevi, improvvisi e involontari movimenti


di un muscolo o di gruppi muscolari (shock-like-jerk) senza compromissione dello stato
di coscienza. Si manifestano con le cosiddette marce jacksoniane, dal nome dello studioso
Jackson che ha scoperto l’organizzazione topografica della corteccia motoria grazie
all’osservazione dei pazienti con tali crisi, infatti la diffusione delle contrazioni aveva un
ordine ben preciso dal basso verso l’alto o viceversa, in base alla localizzazione del
focolaio epilettico iniziale. L’ordine di manifestazioni tipico di tali crisi viene desunto dalla
disposizione dell’homunculus motorio o sensitivo, infatti la marcia jacksoniana può essere
motoria o sensitiva in base al fatto che l’onda di depolarizzazione proceda spazialmente
verso regioni contigue della corteccia motoria o sensitiva (le manifestazioni sensitive
comprendono parestesie, sensazione di formicolio, di pelle cartonata, di trazione,
di bruciore, ecc..).
All’EEG la mioclonia appare come scariche di polipunte generalizzate con una frequenza
di 4 - 6 Hz.

Le forme toniche sono caratterizzate da contrazioni muscolari permanenti e simmetriche


delle estremità (non sono contrazioni ripetute come nelle forme cliniche) con una durata
da 2 a 20 sec. Comportano la compromissione della coscienza. Alla fase di contrazione
segue la fase di perdita del tono muscolare, per cui i muscoli che erano contratti si rilassano.
All’EEG appaiono come una depressione improvvisa del tracciato, con attività veloce
a basso voltaggio (più comunemente) o con polipunte generalizzate.

Le forme atoniche sono caratterizzate da perdita improvvisa del tono posturale, e quando
sono particolarmente severe si possono manifestare con caduta del corpo, tentennamenti
del capo e caduta della mandibola. In tali crisi possiamo isolare i sintomi dell’ultima fase
delle crisi tonico-cloniche, cioè in questo caso abbiamo solo il rilassamento muscolare.
Generalmente hanno una durata < 1 min. Comportano la compromissione della coscienza.

Le forme cloniche, toniche e atoniche racchiudono singolarmente i fenomeni tipici del


grande male.

Sbobinatore: Claudia Sapuppo


Controllore: Lidia Nicolosi
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Le forme tonico-cloniche rappresentano gli eventi epilettici più drammatici e sono


caratterizzate da tre fasi sequenziali: fase tonica, fase clonica e fase post-critica (o atonica).
La fase tonica dura 10 - 20 sec, comporta la perdita di coscienza e spesso esordisce con
un grido, dovuto alla forte contrazione dei muscoli respiratori che comporta la brusca
emissione di aria attraverso la glottide (es. il bambino con la crisi di grande male emette
un grido durante la donne che sveglia i genitori); il persistere della contrazione determina
apnea e cianosi. La contrazione dei muscoli masticatori comporta la spremitura della
ghiandola parotide e l’emissione di saliva, ma anche il serramento della mandibola e la
masticatura della lingua con conseguente emissione di bava sanguinolenta. La contrazione
muscolare diffusa e intensa comporta anche l’assunzione di una postura in iperestensione
del capo, del tronco e degli arti inferiori.
La fase clonica dura < 1 min, comporta il rilassamento intermittente della muscolatura con
conseguenti mioclonie massive e si conclude con il rilassamento generale (il rilassamento
degli sfinteri della vescica determina l’emissione delle urine).
La fase post-critica dura da pochi minuti a qualche ora, prevede inizialmente coma e
ipotonia generalizzata e successivamente miglioramento graduale dello stato di coscienza;
molto spesso è presente una cefalea post-critica.
All’EEG sono difficilmente documentabili perché sono molto rare rispetto alla possibilità
di registrare l’attività corticale del paziente; possiamo effettuare una valutazione attraverso
un EEG dinamico di 24 h per capire se il sonno, che rappresenta uno dei fattori
maggiormente predisponenti, abbia indotto crisi di cui il paziente non è consapevole.

Stato di male epilettico


La durata di tutte le crisi epilettiche è sempre breve, può essere al massimo di 4 min
nelle crisi di grande male. L’unica eccezione è rappresentata dalle crisi subentranti, in cui
abbiamo una crisi, seguita da uno stato di come, seguito a sua volta da successive crisi
senza ripresa della normale funzione nervosa durante i periodi intercritici. La durata che
definisce lo stato di male epilettico è più di 10 min di attività convulsiva continua
oppure 2 o più crisi convulsive sequenziali.
Lo stato di male epilettico rappresenta un’emergenza medica perché può provocare un
danno organico del focus epilettico fino alla necrosi. In questo caso deve essere chiamato
l’anestesista per bloccare le crisi.

Sbobinatore: Claudia Sapuppo


Controllore: Lidia Nicolosi
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Nuova concezione dell’epilessia focale del 2001


La forma che in passato veniva definita come epilessia parziale, oggi è stata rinominata
epilessia focale.
L’epilessia focale non viene più considerata limitata alla sola zona di insorgenza, ma può
coinvolgere altre aree corticali con una riverberazione costante sul focus iniziale: quindi
l’attività epilettica può estendersi rispetto alla zona di insorgenza, ma non diffondendosi
all’intera corteccia.
La caratteristica più importante che distingue la forma focale dalle forme generalizzate
è la compromissione dello stato di coscienza (questo è vero per le forme focali senza
compromissione dello stato di coscienza, precedentemente definite forme parziali semplici),
infatti alcune forme di epilessia focale prevedono compromissione variabile della coscienza
Classificazione aggiornata del 2016
La classificazione aggiornata del 2016 è
l’ultima versione redatta, nonché quella
attualmente utilizzata. Distingue tra
epilessia focale, epilessia generalizzata
e forme idiopatiche / criptogenetiche.
In questo schema sono presenti anche
le forme sconosciute, in quanto ci si
riserva sempre la possibilità che ci
possano essere forme non contemplate
dalla classificazione attuale.

Diagnosi
I criteri classificativi mirano a raggruppare i pazienti soprattutto in base ai sintomi simili e
sono fondamentali per impostare un’adeguata terapia (infatti le diverse forme di epilessia
rispondono diversamente ai vari farmaci anti-epilettici). I fattori da tenere in considerazione
per la diagnosi sono:
 Tipologia di crisi
 Età di insorgenza, importante per distinguere tra crisi idiopatiche e crisi secondarie:
le crisi che insorgono nel bambino sono generalmente primitive e non viene
riconosciuta una causa organica; le crisi che insorgono nell’adulto sono secondarie
ad altre patologie organiche (ictus, emorragia, neoplasia) e spesso hanno un inizio
pauci-sintomatico.
In realtà oggi sempre di più le forme idiopatiche si riconoscono come generate da
canalopatie, cioè da alterazioni proteiche di membrana che compromettono la
permeabilità agli ioni, che si distribuiscono in modo anomalo negli ambienti
intracellulare ed extracellulare determinando depolarizzazioni spontanee.

Sbobinatore: Claudia Sapuppo


Controllore: Lidia Nicolosi
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 Storia naturale e Prognosi, per ogni episodio critico bisogna raccogliere tutte le
informazioni possibili, tra cui: predisposizione familiare, trauma cranico con
emorragia parenchimale (in questo caso è possibile trattare l’epilessia solo come
manifestazione secondaria del trauma e quindi dare una prognosi migliore), ecc…
Generalmente le forme dell’età infantile hanno una prognosi più favorevole rispetto
alle forme dell’età adulta, senza condizionamento dell’aspettativa di vita.
 Caratteristiche EEG

Diagnosi differenziale
Gli attacchi comiziali vanno in diagnosi differenziale con tutte le forme di perdita di
coscienza improvvisa:
 Forme cardiogene (sincope, aritmie, Sindrome del QT lungo)
 Forme psicogene non convulsive (attacchi di panico, Sindrome di Williams)
 Emicranie basilari (fenomeni vasomotori del circolo posteriore con conseguente
disattivazione della sostanza reticolare)
 Alcune forme di autismo

Forme cardiogene
In alcuni casi la diagnosi differenziale con la sincope è abbastanza intuitiva in quanto
il paziente riferisce una perdita di coscienza improvvisa, non seguita o preceduta da
altri sintomi (ad eccezione del pallore, che tuttavia può non essere oggettivato dal pz stesso),
accompagnata da un recupero relativamente lento.
Il problema sorge quando la sincope è di origine cardiogena: in questi casi il paziente
riferisce la presenza di sintomi prodromici tra cui l’alterazione dello stato di coscienza,
che può simulare la presentazione iniziale di una crisi epilettica; altri sintomi prodromici
possono essere la sensazione di freddo, la debolezza generalizzata, ecc…. Subito dopo
la fase prodromica il paziente viene colpito da una crisi di grande male con irrigidimento
posturale della durata di pochi secondi, cioè manifesta una sincope cardiogena e
un’epilessia cardiogena perché presenta una riduzione sistemica del flusso ematico che
causa un’ipossigenazione acuta di alcune aree encefaliche.
È importante trattare entrambe le patologie, da un lato l’epilessia mediante anti-epilettici e
dall’altro lato la problematica cardiogena alla base delle crisi comiziali, infatti risolta la
patologia cardiaca sottostante non si avranno altre crisi epilettiche.

Sbobinatore: Claudia Sapuppo


Controllore: Lidia Nicolosi
Lezione 7 – parte 1 Neurologia 06/12/18

Es. un ragazzo di 16 anni, che abitualmente pratica surf nel weekend, riferisce 3 episodi di
perdita di coscienza nell’arco di un anno. L’EEG eseguito nel periodo inter-ictale mostra
punte localizzate nelle regioni centro-parietali, indicative di una forma di epilessia focale,
per cui viene messo in trattamento con carbamazepina, farmaco in grado di ridurre
l’eccitabilità loco-regionale.
La madre del ragazzo riferisce una storia di svenimenti durante la propria adolescenza,
in particolare sveniva quando le facevano i prelievi di sangue o quando stava in piedi per
molto tempo (fattori indicativi di crisi vaso-vagali).
Il primo svenimento del ragazzo avvenne mentre era in piedi alla fermata del bus; il secondo
episodio quando si chiuse le dita nella porta. Il sospetto di sincopi cardiogene è stato
confermato dall’esecuzione di un tilt-test, che stimolando gli adattamenti posturali del
sistema cardio-circolatorio ha provocato uno svenimento nel ragazzo, a causa delle sue lente
risposte neurovegetative. La carbamazepina è stata sostituita con la nitriptidina, un
antidepressivo di prima generazione con proprietà vasomotorie, che ha risolto il problema.
Successivamente il ragazzo è stato valutato dal punto di vista genetico, gli è stata
diagnosticata una patologia simile alla Sindrome del QT lungo e si è visto che tutta la sua
famiglia era predisposta a sviluppare sincopi cardiogene.

Forme psicogene
Es. un uomo di 34 anni, disoccupato, con una storia psichica importante, manifesta crisi di
tipo generalizzato, che tuttavia si verificano sempre quando qualcuno lo osserva e durano
più di 20 min (per una durata simile o ipotizziamo uno stato di male epilettico oppure
dobbiamo escludere completamene l’epilessia e cercare altre cause); inoltre non sono
presenti sintomi post-critici.
Il soggetto era in terapia con anti-epilettici, che vengo sostituiti dall’antidepressivo
fluoxetina, che risolve il problema.
Molti medici di base, che non sanno esattamente come trattare tali soggetti, utilizzano una
combinazione dei due trattamenti, cioè un antiepilettico + un antidepressivo. Tale approccio
non è inusuale, infatti molti antiepilettici hanno un’attività aspecifica, stabilizzano la
membrana neuronale ed eliminano i picchi di attività elettrica cerebrale; lo stabilizzante
può avere effetti positivi anche sul comportamento aggressivo di alcuni pazienti psichiatrici,
tuttavia bisogna sempre individuare la patologia di base perché i neurolettici (soprattutto di
prima generazione) precipitano le crisi epilettiche.

Breath holding spells


Sindrome tipica dei bambini che per problematiche emotive di vario genere presentano
episodi di pianto prolungato e irrefrenabile, durante i quali manifestano alterazioni
metaboliche con cianosi, ipossia cerebrale e perdita di coscienza, a seguito della quale
manifestano le clonie. Generalmente tali forme di epilessia sono benigne, e quando il
bambino supera la fase di sconforto emotivo supera anche le crisi, che quindi non hanno
bisogno di alcun tipo di trattamento farmacologico.
Sbobinatore: Claudia Sapuppo
Controllore: Lidia Nicolosi
Lezione 7 – parte 1 Neurologia 06/12/18

Sindrome da iperventilazione
L’iperventilazione si può manifestare in concomitanza agli attacchi di panico oppure
in modo non immediatamente percepibile, e se prolungata può causare acidosi ipercapnica e
ipoperfusione cerebrale. Una concomitante ipocalcemia acuta può indurre l’assunzione di
posture distoniche, che possono essere interpretate come convulsioni.

Emicrania basilare
Le emicranie, per via della loro patogenesi di tipo vascolare, possono causare danni nel
lungo periodo; questo è vero soprattutto per i pazienti che soffrono di emicranie frequenti,
infatti quando vengono sottoposti a RMN mostrano spesso segni di ischemia cerebrale,
allo stesso modo gli EEG mostrano alterazioni caratteristiche dell’epilessia.
Altro punto di contatto tra emicranie ed epilessia è la presenza dell’aura, infatti esiste
sia un’aura epilettica sia un’aura emicranica; inoltre i pazient emicranici trattati con
antiepilettici (tra cui topiramato, levetiracetam e lamotrigina) guariscono dalla patologia.
In particolare l’emicrania basilare, causata dal coinvolgimento dell’arteria basilare, presenta
fenomeni che possono essere confusi con una crisi epilessia, tra cui la sensazione di
testa leggera, la vertigini, la perdita di coscienza, la cefalea pulsante e l’irrigidimento
delle estremità che si può presentare nello stato di incoscienza.

Tracciato elettroencefalografico
Nel montaggio di tipo bipolare, per convenzione, gli elettrodi pari esplorano l’emisfero dx
e gli elettrodi dispari esplorano l’emisfero sx.
Es. crisi focale
Nella prima parte del tracciato viene registrata l’attività dell’emisfero dx, che nel periodo
pre-ictale mostra una deflessione (onda lenta aguzza) che insorge con una latenza precoce
rispetto al resto dell’attività corticale e che poi si traduce in alterazioni elettriche successive.
Tale morfologia definisce una forma di epilessia parziale poiché le alterazioni sono presenti
in un solo elettrodo (possiamo pensare che si tratti di un’alterazione motoria, per cui
il paziente potrebbe avere es. una crisi mioclonica nel lato sinistro del corpo)

Es. crisi secondariamente generalizzata


Il tracciato mostra una linea di registrazione disomogenea con onde di ampiezza maggiore
rispetto alle altre linee di registrazione (l’EEG registra la somma dei potenziali di azione
di più neuroni, per cui i neuroni sovraeccitati hanno onde di ampiezza maggiore).
Una caratteristica importante delle forme che tendono a generalizzarsi è la presenza,
nelle altre derivazioni, di una sincronizzazione di onde critiche (buffet) indicativa del
fatto che l’attività elettrica critica si sta diffondendo ad entrambi gli emisferi; inoltre il
numero di oscillazioni al secondo (Hz) si riduce.

Sbobinatore: Claudia Sapuppo


Controllore: Lidia Nicolosi

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