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nella demenza
Manuale per il Caregiver
a cura di Pietro Gallina e Maria Chiara Corti
giunta regionale
Si ringraziano tutti gli autori, che si sono prestati gratuitamente per la realizzazione di questa pubblicazione.
Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale o ad uso interno o didattico, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa
la copia fotostatica, non autorizzata. L’elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche
responsabilità per involontari errori o inesattezze.
Appendice - Interventi e servizi per le persone affette da malattia di Alzheimer o altre demenze 58
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Capitolo 1
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di rischio, tendono ad avere una maggior prevalenza nelle
fasce di età più avanzate.
Se consideriamo la popolazione generale in Europa, ed in
Italia, possiamo stimare che circa il 6% della popolazione
di età superiore ai 65 anni è affetta da una qualche forma
di demenza. Per comprendere meglio il significato di tale
prevalenza, basti pensare che nella provincia di Padova, in
cui abitano circa 170.000 soggetti ultrasessantacinquenni,
le persone affette da Alzheimer o da un’altra forma più o
meno grave di demenza siano più di 10.000.
L’impatto che questa patologia sta avendo sulla nostra ci-
viltà va tuttavia oltre al semplice incremento numerico dei
casi. Se cinquant’anni fa una persona affetta da demenza,
viveva, quasi sempre,all’interno di una famiglia numerosa
in un contesto rurale, e in questo ambiente, poteva trovare
un equilibrio tale da garantire una qualità di vita accettabi-
le nonostante la malattia, oggi questo non accade, perché
spesso le famiglie sono monocellulari e vivono in contesti
urbani, dove le reti familiari e amicali sono frammentate.
Per tal motivo assume un particolare valore lo sviluppo
sempre crescente di una rete di servizi socio-sanitari terri-
toriali, strettamente connessi tra loro, capaci di fornire un
appoggio concreto ai malati ed alle loro famiglie, per poter
accompagnare loro ed il loro caro nel lungo percorso della
malattia, che è progressivo e può durare anche anni.
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Capitolo 2
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2. Sintomi psicotici
Deliri, allucinazioni
3. Disturbi della condotta
Sonno, alimentazione, sessualità
4. Comportamenti specifici
Vagabondaggio, agitazione/aggressività
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BPSD: Scelta del Trattamento
I disturbi comportamentali accompagnano tutti i tipi di de-
Sintomi prevalenti
menza, anche se con caratteristiche tipiche per ciascuna
Apatia Antidepressivi
forma di demenza. Nella malattia di Alzheimer all’esordio Inibitori colinesterasi
sono frequenti le alterazioni del tono dell’umore e nelle fasi Turbe dell’umore Antidepressivi
Stabilizzatori umore
intermedie sono maggiormente frequenti i deliri, in parti- Inibitori colinesterasi
colare di nocumento e latrocinio; nelle demenze fronto- Psicosi Nuovi antipsicotici
temporali precocemente si evidenziano le alterazioni della Inibitori colinesterasi
Stabilizzatori umore
condotta sociale e del carattere; nella malattia a corpi di Aggressività Nuovi antipsicotici
Lewy sono frequenti le allucinazioni visive all’esordio della Ansiolitici
malattia. Inibitori colinesterasi
Di fronte ad ogni disturbo comportamentale l’approccio Masand 2000, 153th APA Meeting
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CAPITOLO 3
12
membro è malato di Alzheimer si trova a dover affrontare un
momento critico, che implica una ristrutturazione interna
faticosa e complessa, affinché si possa nel minor tempo pos-
sibile ripristinare una certa funzionalità familiare.
L’inizio della malattia non rende sempre facile il riconosci-
mento diagnostico della patologia e questa è la prima diffi-
coltà che la famiglia si trova ad affrontare.
Con il progredire della malattia, il caregiver attraversa di-
verse fasi di coinvolgimento personale passando dalla sem-
plice supervisione di funzioni, quali la gestione delle finanze
dell’ammalato o l’aiuto nella guida, a un successivo aumen-
to di responsabilità determinato dalla gestione di problemi
comportamentali sino ad affrontare l’ultimo stadio della
malattia, quello della totale dipendenza.
Il familiare di un malato di demenza elabora le diverse fasi
del dolore grazie alle proprie capacità di adattamento alla
situazione e alla propria capacità di affrontare il percorso
emotivo che porta all’accettazione della malattia. Spesso
tuttavia non ha gli strumenti per essere veramente d’aiuto,
per curare e curarsi amorevolmente, per accompagnare e
per vivere con il malato. In questo caso può essere di no-
tevole aiuto il confronto con altri familiari, con caregiver
esperti o un sostegno psicologico, per superare meglio le
tappe di questo percorso e trovare il giusto adattamento ad
una situazione che è di per sé in evoluzione e costringe ad
aggiustamenti continui.
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Le diverse fasi di questo percorso emotivo possono essere
così riassunte:
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neggiare il malato al quale chiediamo più o meno consape-
volmente di continuare a comportarsi come prima quando
invece la natura della malattia non può permetterlo.
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della malattia diventano le sue sconfitte, i suoi obiettivi non
raggiunti, i suoi sensi di colpa.
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I disturbi comportamentali sono i più faticosi da gestire, per-
ché innescano situazioni di tensione e rendono irriconoscibi-
le sul piano affettivo la persona, la quale, da mite e dolce,
può diventare in alcuni momenti intemperante e aggressiva;
le esternazioni più intense sono spesso espresse per ragioni
di contiguità proprio contro il caregiver. È una lotta senza
quartiere, perché il malato ha la sua verità della quale è
fermamente convinto. Il caregiver deve dunque apprendere
alcune strategie di comportamento utili per una migliore
relazione con il paziente e una migliore gestione delle con-
seguenze dalla malattia.
L’assistenza è molto complessa e articolata e richiede oltre INTERVENTO INTEGRATO
alla dedizione, strumenti e competenza nella capacità di (Rovner et al, 1996, Lyketsos, 2001)
comprendere e gestire le situazioni.
Consiste nell’integrazione di interventi
Negli ultimi anni un crescente interesse è stato rivolto alla
ricerca e allo sviluppo di approcci di tipo comportamentale
ambientali, comportamentali, educativi
e ambientale che siano complementari o alternativi a quello sul caregiver e farmacologici secondariamente
farmacologico, spesso insufficiente, e questa integrazione di ad un analisi completa del caso.
tecniche ha permesso di sperare in un possibile migliora- È spesso la chiave per un trattamento efficace
mento. dell’aggressività e dei disturbi comportamentali.
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ogni fase della malattia, infatti, l’ambiente può compensare
o al contrario accentuare i deficit cognitivi e condizionare lo
stato funzionale ed il comportamento.
Esiste una dimensione affettiva di legame con l’ambiente,
una capacità di riconoscimento non razionale, ma ugual-
mente significativa per il demente. Ciò è dimostrato dal
comportamento dell’individuo in risposta a situazioni am-
bientali diverse. Il disagio, la confusione, l’agitazione che
conseguono all’inserimento in un ambiente nuovo, o alla
frequentazione di persone sconosciute e viceversa la tran-
quillità che si manifesta quando è circondato da cose e volti
noti sono la dimostrazione della capacità della persona de-
mente di percepire lo spazio e l’ambiente circostante al di là
delle compromissioni cognitive. L’ambiente sia esso la casa,
l’ospedale, un centro diurno o una residenza deve aiutare il
paziente, attraverso la progettazione degli spazi, gli arredi,
l’organizzazione ed i programmi delle attività, a “sapere chi
è” e “sapere dove è”.
Ciò significa ottenere ambienti ben illuminati, colori alle
pareti tenui, mobili e oggetti di colore contrastante, orga-
nizzare gli spazi in modo semplice, anche utilizzando cartelli
ed effetti personali che facilitino l’orientamento, togliere
gli specchi, evitare televisore e radio. Significa anche usare
un tono di voce basso, un eloquio lento e calmo, ripetere
messaggi semplici, programmare attività quotidiane, essere
empatici e gratificare.
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Approccio comportamentale: La terapia comportamentale
si prefigge l’obiettivo di rafforzare comportamenti positivi e
contrastare o limitare le reazioni ed i comportamenti nega-
tivi e maladattivi. Tale approccio prevede l’identificazione
degli antecedenti di un comportamento o di un disturbo
comportamentale e cerca di modificarli, al fine di ottene-
re una reazione positiva o un comportamento corretto. Di I problemi del comportamento
fronte ad un determinato comportamento del malato, è si verificano sempre in tre parti
importante sforzarsi di comprendere quali possono essere
stati i fattori scatenanti. Di fronte ad un problema si deve A → B → C
osservare attentamente che cosa succede attorno, qual sia
il comportamento attuale, dove succeda più di frequente
Evento Scatenante Comportamento Conseguenza
e quanto spesso si verifichi. Tutto questo per cercare di
identificare l’antecedente, cioè qualcosa o qualcuno che ha (Teri et al., 1992)
scatenato il disturbo del comportamento.
I malati di demenza possono reagire infatti eccessivamente e
addirittura diventare aggressivi in situazioni che noi conside-
riamo di poco conto a causa di sentimenti di frustrazione, di
perdita del proprio ruolo o semplicemente di paura. Talvolta
il comportamento aggressivo può anche essere il segnale di
un problema fisico che il malato non riesce ad esprimere
correttamente a causa delle difficoltà di linguaggio. Infine,
altre volte ancora può derivare dal tentativo stesso di farlo
ragionare al fine di abbandonare una idea delirante.
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CAPITOLO 4
Aggressività ed irritabilità
(Agostino Girardi)
20
è più frequente nei soggetti maschi. Spesso sono associati
disturbi psicotici (deliri, allucinazioni) o aspetti depressivi,
che è necessario ricercare e trattare.
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malato incontra nella interazione con l’ambiente e le perso-
ne sono spesso accentuate da richieste ambientali che risul-
tano eccessive per i suoi disturbi neurosensoriali, cognitivi,
e per le abilità funzionali residue (es. le identificazioni sba-
gliate di ambienti e persone). Quindi, il trattamento di cui
un anziano demente necessita dovrebbe basarsi soprattutto
sul buonsenso, controllando i sintomi per mezzo di maggiori
attenzioni, rassicurazioni e comprensione. Le evidenti rispo-
ste al placebo negli studi clinici controllati con farmaci, nel
trattamento di aggressività e agitazione, confermano queste
affermazioni.
Nel caso in cui gli interventi non farmacologici siano risultati
inefficaci, il passo successivo è rappresentato dalla terapia
farmacologica, ma solo dopo aver verificato l’effettiva gra-
vità dei sintomi, che spesso vengono amplificati dall’appren-
sione o dallo stress del caregiver.
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1-2 settimane di terapia), a meno che non si verifichi un
incremento dei disturbi o qualche effetto collaterale signifi-
cativo. È necessario instaurare con la famiglia una vera “al-
leanza terapeutica”, spiegando chiaramente gli obiettivi del
trattamento, la possibilità di effetti collaterali e la necessità
di una frequente comunicazione con lo specialista per moni-
torare efficacia e tollerabilità del farmaco.
In considerazione della possibile comparsa di turbe del ritmo
cardiaco, con rischio di aumento della mortalità con questa
classe di farmaci, si raccomanda l’effettuazione periodica
di un ECG.
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CAPITOLO 5
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poiché i cambiamenti anche se hanno valenza terapeutica
sono vissuti in modo frustrante dal malato.
Il malato di demenza per il suo disorientamento crescen-
te non distingue le cose pericolose da quelle sicure. Utile
quindi rimuovere tappeti, evitare la cera sui pavimenti, pro-
teggere angoli e spigoli con protezioni adeguate per evitare
contusioni. È necessario rimuovere soprammobili fragili,
sgabelli poco visibili e instabili, e dotare le porte esterne di
sistemi di sicurezza per evitare le fughe; togliere le chiavi
dalle porte affinché non si chiuda in una stanza senza più
essere in grado di uscire. Installare un corrimano bilaterale
ed un cancelletto di accesso alle scale con chiusura.
Le zone della casa devono essere ben illuminate e per le ore
notturne è utile dotare il percorso camera-bagno e corridoi
di luci notturne. Utile anche contrassegnare le stanze con
segnali scritti e/o fotografie ed evitare cavi elettrici e fili
volanti.
In cucina è utile rimuovere oggetti di vetro, taglienti, ren-
dere inaccessibili alcolici e superalcolici controllare che i
cibi non siano scaduti e riporre i detergenti in posto sicu-
ro. Particolare attenzione va rivolta ai fornelli ove è utile
mascherare la manopola di sicurezza del gas in modo che
non sia riconoscibile e assicurarsi che sia chiusa, utilizzare
accendini elettrici piuttosto che fiammiferi.
In bagno è utile di dotare vasca da bagno e doccia di tap-
petino antiscivolo, predisporre un seggiolino nella vasca e
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uno sgabello con fori nella doccia per facilitare la seduta
di pulizia del malato fornire tutti i sanitari di maniglioni di
sostegno e applicare premiscelatore dell’acqua attorno a 37
gradi per evitare le ustioni.
L’Abbigliamento deve essere facile da togliere; quindi è
consigliato scegliere abiti con apertura al collo ampia, al-
lacciatura anteriore o senza allacciatura o con chiusura a
zip invece dei bottoni. È possibile aggiungere del velcro agli
abiti del malato per rendere più semplice la chiusura (anche
le scarpe con il velcro sono più facili da indossare rispetto a
quelle con i lacci).
Per i malati con problemi di stabilità sono da preferire scar-
pe con suola di gomma. Per favorire al massimo l’autono-
mia della persona, ed evitare frustrazioni che possono poi
scatenare l’aggressività si possono contrassegnare i cassetti
con etichette adesive che ne indichino il contenuto. Gli abiti
vanno preparati nell’ordine in cui devono essere indossati o
vanno passati uno per volta al malato. Anche la programma-
zione di minzioni periodiche ogni 3-4 ore di giorno e 5-6 ore
di notte.
Nei casi di agitazione ed aggressività da parte del malato, è
fondamentale evitare gli eventi che precipitano il compor-
tamento, ad esempio non ribattendo alle false accuse, e ri-
muovere gli stimoli precipitanti. Può risultare utile distrarre
il paziente dall’idea dominante spostando la sua attenzione
su altri oggetti attività e luoghi, e quindi è importante forni-
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re supporti di tipo affettivo ed emotivo, creare un ambiente
tranquillo e rassicurante, correggere eventuali difetti senso-
riali, confortare e rassicurare il paziente con un tono della
voce e con il contatto fisico.
Oltre all’approccio ambientale, risulta spesso necessario ri-
correre anche all’uso di farmaci. Nell’ambito della scelta di
un farmaco vanno attentamente valutate le caratteristiche
del paziente, sia riguardo la sintomatologia prevalente, sia
sul versante della sicurezza del trattamento.
Alcuni tipi di comportamento sono modulati dalla serotonina
(impulsività, aggressività, appetito) altri dalla noradrenalina
(attenzione, vigilanza); questi due sistemi spesso interagi-
scono e si sovrappongono. Pertanto, un’azione su uno dei
due sistemi può avere un effetto anche sull’altro (ansia,
dolore, funzione cognitiva,umore emozioni).
Caratteristica fondamentale della maggior parte dei farmaci
utilizzati nella demenza, è la necessità di rispettare attenta-
mente le dosi e gli orari di somministrazione stabiliti dal me-
dico e di seguire la terapia con rigore e continuità. Molti di
questi farmaci hanno bisogno di alcune settimane di terapia
per poter dare degli effetti ed interrompere la somministra-
zione, senza concordarlo con il medico, può compromettere
l’efficacia delle cure.
27
CAPITOLO 6
Vagabondaggio ed affaccendamento
(Alessandra Codemo)
28
dei meno responsivi ai trattamenti farmacologici.
Pertanto il primo approccio al vagabondaggio dovrà essere
non-farmacologico.
Al paziente deve essere permesso, nei limiti del possibile,
di deambulare liberamente entro percorsi possibilmente
circolari (circuiti) nel proprio domicilio o nella struttura
di residenza. Se ciò non è possibile sarà necessario favori-
re l’attività fisica quotidiana del paziente. Vanno evitate
le contenzioni fisiche e va messo in sicurezza l’ambiente
entro il quale si muove il malato, chiudendo e camuffando
porte, impedendo l’accesso diretto a scale e portoni d’usci-
ta. L’ambiente deve essere sempre ben illuminato. Si deve
inoltre cercare di impegnare il paziente in semplici attività
durante la giornata.
Dal punto di vista farmacologico, un primo passo terapeuti-
co è costituito dagli anticolinoesterasici associati a terapia
antidepressiva. Numerosi studi controllati hanno dimostrato
l’efficacia degli anticolinoesterasici (donepezil, rivastigmi-
na e galantamina) nel ritardare e ridurre l’insorgenza delle
alterazioni comportamentali. Inoltre essi si sono dimostrati
efficaci nel rallentare il declino cognitivo e la perdita del-
l’autonomia.
A questa terapia potrà essere associata una terapia con anti-
depressivi serotoninergici in grado di ridurre la quota d’ansia
del malato riducendo così la tendenza al vagabondaggio. Nel
caso il paziente presenti vagabondaggio notturno che spes-
29
so si associa a affaccendamento afinalistico, potrà essere
utilizzato un farmaco ipnoinducente non benzodiazepinico.
I farmaci neurolettici non andrebbero impiegati per questo
tipo di alterazione poiché è provato che il vagabondaggio
non risponde a questa classe di farmaci, inoltre favoriscono
le cadute a terra poiché rallentano e rendono meno sicuri i
movimenti e quindi la deambulazione.
30
CAPITOLO 7
Disturbi dell’alimentazione
(Michela Rigon e Chiara Cavazzini)
31
personale, la concentrazione, la memoria, la coordinazione
motoria, il controllo della postura del capo e del tronco, la
disposizione ad alimentarsi ed il riconoscimento del cibo.
L’invecchiamento è normalmente associato ad una riduzione
dell’appetito e degli apporti nutrizionali, condizione defini-
ta con il termine di “anoressia fisiologica”. Tale fenomeno
predispone alla malnutrizione, che è una condizione morbo-
sa conseguente allo squilibrio tra bisogni, introiti e utilizza-
zione di nutrienti. Il parametro più utilizzato per valutare
la malnutrizione è la perdita di peso corporeo, che diventa
significativa quando supera il 10% del peso negli ultimi 6
mesi.
La malnutrizione riconosce una serie di fattori di rischio il
cui riconoscimento è importante ai fini della prevenzione.
L’edentulia o perdita completa dei denti, è ad esempio una
condizione molto frequente nell’anziano. La strategia assun-
ta per compensare la difficoltosa masticazione può includere
una lunga masticazione del cibo, la scelta di alimenti più
morbidi, la preferenza per piccoli bocconi; le difficoltà nella
selezione del cibo comportano inoltre un rischio molto ele-
vato di introito nutrizionale inadeguato.
Tra le cause di deficit nutrizionale nell’anziano un ruolo
importante è svolto da quei farmaci che possono interferire
nella fase digestiva in vario modo, modificando, ad esempio,
il senso dell’appetito, influendo sull’assorbimento dei prin-
cipi nutritivi, mutando il pH gastrointestinale e alterando
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il tempo di transito. Ci sono poi farmaci, come ad esempio
quelli con azione sedativa, che possono interferire diretta-
mente con il bisogno di mangiare e di bere.
Nelle persone anziane vi è inoltre una riduzione del numero
delle papille gustative della lingua con riduzione del piacere
del mangiare. Le sostanze chimiche contenute negli alimen-
ti stimolano le papille gustative durante la masticazione e
quindi gli anziani con protesi dentaria possono perdere la
sensibilità al cibo introdotto, riducendo la motivazione a
mangiare. L’olfatto ed il gusto incidono positivamente sul-
l’appetito, in quanto la percezione olfattiva permette di
identificare cosa si sta mangiando, mentre il gusto permette
di scoprirne il sapore. Nell’anziano con demenza entrambi
possono essere compromessi.
Nell’anziano è spesso presente anche una ridotta acuità visi-
va che limita la capacità di preparare i pasti, e rende diffici-
le il riconoscimento della presenza di cibo nel piatto.
Nelle persone affette da demenza tutto ciò è complicato
dalla presenza di agnosia (incapacità di riconoscere stimoli
che giungono al cervello attraverso i canali sensoriali, ad
esempio non sa più riconoscere le posate) e di aprassia (in-
capacità di programmare nella giusta sequenza i gesti com-
plessi finalizzandoli al raggiungimento dello scopo, ad esem-
pio non sa più come utilizzare le posate), che comprometto-
no l’atto del mangiare. Con la progressione di malattia, vi è
l’interessamento anche del lobo occipitale e della corteccia
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visiva, cioè delle zone responsabili dei processi visivi e del
significato visivo: i pazienti perdono la visione periferica e
possono vedere solamente davanti a sé, non si accorgono di
oggetti o persone che stanno a lato perciò non vedranno un
piatto o un bicchiere posto su un lato del tavolo.
Mano a mano che progredisce la malattia, le persone affette
da demenza perdono anche la funzione del centro ipotalami-
co del cervello che controlla l’appetito. La persona affetta
da demenza può presentare due opposti atteggiamenti nei
confronti del cibo: mangiare molto più del necessario o ali-
mentarsi in maniera insufficiente. Nel primo caso può essere
utile ricorrere a spuntini non troppo calorici, come verdure
crude, yogurt, frutta, o limitare le porzioni nel piatto, o non
tenere il cibo in vista. Nel caso invece di insufficiente ali-
mentazione, può essere utile controllare la quantità di cibo
che viene effettivamente consumato ed introdurre cibi iper-
calorici come formaggio grana, miele, ecc.. Nella malnutri-
zione del soggetto affetto da demenza entrano poi in gioco
anche altri gli altri disturbi comportamentali. Tra questi
vanno ricordati i deliri e le allucinazioni, che determinano
una percezione distorta degli alimenti e degli orari; l’affac-
cendamento motorio, che si configura come incapacità di
stare seduto a tavola, con persistente lavorio con tovaglia
e posate; l’apatia, che comporta una mancata richiesta di
cibo e liquidi; disturbi del sonno, per cui il paziente può es-
sere assopito al momento del pasto; l’ansia, in cui la preoc-
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cupazione induce il rifiuto del cibo; ed infine l’aggressività e
a facile irritabilità, in cui il paziente getta lontano il cibo e
le stoviglie senza alimentarsi.
Alla luce delle diverse problematiche che minacciano forte-
mente una adeguata alimentazione nel paziente affetto da
demenza, è raccomandabile che:
• alla persona ammalata sia reso piacevole il momento
del pasto e che siano rispettati i suoi gusti alimentari e
le sue abitudini di orario;
• si presenti un cibo per volta, in un piatto diverso con
posate adeguate, evitando di presentare una tavola
troppo imbandita. Se la persona ricorda ancora il cor-
retto uso delle posate, invogliarla ad utilizzarle, altri-
menti permettere l’uso delle mani per mangiare;
• incoraggiarla a mangiare da sola, senza aiuto, per
quanto più è possibile, suggerendo con tranquillità le
indicazioni di che cosa deve fare: masticare e bere;
• si favorisca una corretta posizione della persona duran-
te il pasto per evitare che il cibo passi nelle vie aeree;
• concedere alla persona tutto il tempo necessario per
mangiare.
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Più le capacità di agire autonomamente permangono, più
si limitano gli interventi sostitutivi da parte di chi assiste.
Interventi che spesso generano reazioni catastrofiche.
36
laterale comune a numerosi psicofarmaci);
• vi sono problemi legati alla masticazione, magari per
problemi di dentizione e di dentiere;
• il malato ha problemi nell’usare le posate, i piatti, i
bicchieri;
• il malato è in grado di sequenziare e finalizzare i ge-
sti in maniera corretta. Può verificarsi che o tengono
il cibo in bocca senza deglutirlo (in questo caso il
malato continua a “ruminare” il cibo come se non ri-
cordasse che alla masticazione segue la deglutizione) o
masticano a lungo e poi deglutiscono su stimolazione
o deglutiscono mentre respirano ( elevato rischio di
soffocamento).
37
abbagliante). Ridurre i rumori (no TV, no musica ad alto
volume, no chiacchiericcio). Semplificare l’arredamen-
to, essenziale e funzionale. Sospendere le attività assi-
stenziali (es.: visite mediche – distribuzione farmaci);
• il pasto principale, è preferibile, venga servito all’ora
di pranzo, in modo da limitare problemi digestivi serali
o irrequietezza durante la notte. Ma se serve, dare fles-
sibilità d’orario;
• mantenere le abitudini del malato per quanto possibi-
le, relative ad orari, modalità, tipologia dei cibi;
• dare al malato tutto il tempo di cui ha bisogno e la
possibilità di mangiare liberamente;
• rispettare i tempi di deglutizione senza mostrare
fretta;
• evitare situazioni distraesti, in alcuni casi è opportu-
no che il malato mangi da solo oppure sia sistemato in
modo da non vedere gli “altri”, oppure che sia in com-
pagnia. Può essere utile raggruppare i malati secondo i
livelli di deterioramento cognitivo;
• fargli lavare le mani (alcuni lo riconoscono come
prodromico al pasto ed è utile per chi mangerà con le
mani);
• disporre solo gli oggetti utili al pasto nei pressi del
malato;
• prestare aiuto solo se necessario. Ottimale: mangiare
assieme o dare questa impressione;
38
• non spazientirsi o irritarsi per eventuali incidenti (ad
esempio la fuoriuscita di cibo dalla bocca) riduce il di-
sagio psicologico;
• non sgridare l’anziano se si sporca o se cade cibo a
terra;
• usare un tono di voce pacato con termini chiari e
semplici.
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• posate: ce ne sono di vario tipo da scegliere a seconda
della problematica presente. Con impugnatura grande
o grossa dotate di tubi di spugna (poliuretano) per au-
mentare lo spessore dei manici; impugnatura allungata,
per aumentare la forza di presa; doppie, indicate per
soggetti con autonomia in una sola mano; ergonomiche
che consistono nella presenza di incavi per l’alloggia-
mento del dito pollice, per aumentare la capacità di
controllo dei movimenti durante il consumo del cibo.
Posate da bambini rivestite in gomma per le persone
che mordono gli utensili di materiale plastico e infran-
gibile e colorato;
• bicchieri con imboccatura modificata tipo a becco o,
con cannuccia incorporata, per facilitare l’assunzione
di liquidi in posizione sdraiata. Bicchieri con impu-
gnatura modificata o con manici, bicchieri che non si
rovesciano. Cannucce o il biberon se la suzione è ben
conservata.
A tavola:
• sedie non troppo basse o tavoli non troppo alti. Il tron-
co ben appoggiato allo schienale della sedia o della
poltrona e con i piedi saldamente appoggiati a terra
40
o ai predellini della carrozzina. Gli avambracci vanno
poggiati sul una tavola specie se il soggetto non riesce a
mantenere il controllo del busto;
• tavoletta della carrozzina, se possibile evitare di utiliz-
zarla, infantilizza e fa assumere una posizione scomoda
al malato e a chi assiste;
• contenzione dovrebbe essere rimossa per permettere
una buona respirazione;
• collari ortopedici nel caso vi sia debolezza della mu-
scolatura del collo non è consigliabile siano utilizzati,
perché possono aumentare le difficoltà di masticazione
e di deglutizione;
• Testa non iperestesia, ma in posizione neutra o legger-
mente flessa in avanti.
A letto:
• La posizione seduta o semisdraiata sul fianco è da
preferire. Sollevare la spalliera del letto a 80°-90° per
portare l’anca il più possibile ad angolo retto. Se il letto
è privo di spalliera mobile posizionare dei cuscini dietro
la schiena fino a mantenerla eretta con il capo dritto
leggermente flesso;
• no alla posizione sdraiata, che potrebbe favorire il
reflusso gastro-esofageo e vomito.
41
leggermente angolati a 45° affinché:
• Possa vederci;
• possa vedere il movimento delle labbra (spesso vi sono
problemi di udito e vista);
• possa imitare i nostri gesti;
• noi possiamo controllare la corretta deglutizione.
42
• scegliere alimenti che richiedano meno abilità nell’es-
sere mangiati (piccoli bocconi – no liquidi);
• scegliere alimenti che richiedono poca masticazione,
morbidi e sottili;
• qualora il malato tenda ad usare le mani è opportuno
fare in modo che i cibi vengano serviti in forma solida
ed in bocconi che possano essere facilmente deglutiti
come ad es: Panini – Tramezzini - Merende commerciali
- Frutta.
43
• tagliare il cibo se non ci riesce da solo o meglio, portar-
lo già tagliato;
• controllare la temperatura del cibo in quanto alla per-
sona ammalata viene a mancare la capacità di distin-
guere se un alimento è caldo o freddo;
• attenzione ai contrasti del colore, piatto bianco su tova-
glia bianca con stracchino e purè. Ricordare che il mala-
to non distingue i colori chiari e non vede così il cibo.
7. Come Imboccare
• utilizzare un cucchiaino da caffè piuttosto che un cuc-
chiaio medio-grande;
• non riempire completamente il cucchiaino, per evitare
di somministrare una quantità di cibo o liquido eccessi-
va, che potrebbe fuoriuscire dalla bocca;
• la persona che imbocca deve far seguire alla propria
mano una corretta traiettoria;
• utilizzare un bicchiere a becco di flauto, per evitare
l’iperestensione della testa;
• evitate siringhe;
• non usare il bordo del cucchiaio per pulire labbra o
mento (pelle fragile!);
• chiedere di aprire la bocca: o toccando le labbra con
cucchiaino colmo o mimando l’apertura della bocca o
facendo bere un sorso d’acqua o con una leggera pres-
sione sul mento.
44
8. Disfagia
La disfagia (difficoltà nella deglutizione) è un sintomo che
colpisce i soggetti con demenza nelle fasi più avanzate e
rappresenta un fattore di gravità anche per i rischi associati,
come quello di inalazione con i relativi problemi respiratori
ab ingestis. Diventa pertanto necessario modificare la con-
sistenza dei cibi e dei liquidi. Il cibo (specie quello asciutto
e friabile) e i liquidi (quelli leggeri) possono infatti risultare
difficili da deglutire, finendo nelle vie aeree e generando
tosse e/o soffocamento.
45
• se compaiono segni di stanchezza, è meglio sospendere
il pasto e riprenderlo più tardi;
• se vi è tosse agevolarle e favorire la posizione della
testa verso il piatto.
46
CAPITOLO 8
47
I sintomi psicotici nelle demenze: allucinazioni e deliri I sintomi psicotici tipici della demenza sono i deliri (o fal-
Dott.ssa Alessandra Codemo si convincimenti) di tipo persecutorio; essi possono essere
Centro Regionale Invecchiamento Cerebrale (CRIC) deliri di furto, di gelosia, convincimento che qualcuno di
estraneo viva in casa; sono inoltre frequenti le false identifi-
Tipi di delirio Esempi Prevalenza cazioni del coniuge o dei familiari, il mancato riconoscimen-
(%)
to della propria abitazione o della propria immagine riflessa
Furto Convincimento che estranei entrino in casa per 22
rubare o nascondere oggetti nello specchio. Le allucinazioni (alterata percezione) sono
Persone fantasma Convincimento che altre persone vivano nella 20 più frequentemente visive ed uditive, mentre rare sono le
propria casa. Il paziente prepara il posto a tavola o
le vivande in eccesso
allucinazioni olfattive e tattili; il contenuto tipico delle al-
Persecuzione Convincimento che ci sia qualcuno che avvelena i 17 lucinazioni visive sono la visione di persone del passato (ad
cibi o cerca di eliminare il paziente esempio propri parenti deceduti), di intrusi, di animali, di
Infedeltà Convincimento di vedere il coniuge con estranei 5
scene complesse o di oggetti inanimati. Le alterazioni della
Mancato riconoscimento Il paziente chiede “Quando andiamo a casa?” o 5
della propria casa cerca insistentemente la via per raggiungere il capacità visiva possono favorire l’insorgenza di allucinazioni
proprio domicilio visive.
Delirio di infestazione Il paziente crede che lui steso o la propria 5 Esistono alcune differenze peculiari nella presentazione dei
abitazione si infestato da parassiti, piccoli insetti
(formiche, ragni), ecc. sintomi psicotici nei tre più frequenti tipi di demenza.
Misidentificazioni Mancato riconoscimento della propria immagine 5 Nella demenza di Alzheimer sono precoci i deliri di furto,
nello specchio o nelle foto
poiché i maggiori deficit delle finzioni mnesiche del pazien-
Misinterpretazioni Il paziente non riesce a distinguere tra la viat reale 5
e ciò che avviene alla televisione, es,. parla col te lo conducono ad attribuire agli altri componenti della
presentatore famiglia la responsabilità della perdita degli oggetti che
Abbandono “Mi volete abbandonare in una casa di riposo” 4
il paziente stesso ripone in posti inusuali. Spesso queste
Misidentificazoine “Non sei mia moglie, che fine le hai fatto fare” 3
delirante dei caregiver convincimento che un impostore abbia sostituito ideazioni deliranti conducono il paziente a mettere in posti
(sindrome di Capgras) il coniuge “sicuri” gli oggetti più importanti, dimenticando poi la loro
Delirio d’amore Il convincimento che un personaggio famoso sia 1
(sindrome di De segretamente innamorato del paziente
collocazione e costringendo i familiari a una “caccia al teso-
Clerambault) ro” quotidiana di oggetti personali del malato. L’inserimento
tabella 1 di assistenti professionali nella cura del malato può essere
48
spesso la causa scatenate dei deliri di latrocinio. In periodi
successivi possono comparire ideazioni deliranti di nocu-
mento o veneficio (tentativo di avvelenamento) che induco-
no il malato a chiudersi in casa all’imbrunire e a rifiutare la
terapia somministrata da estranei o assistenze private. Con
minor frequenza può essere presente il delirio di gelosia nei
confronti del coniuge o dei familiari stretti. Questi sintomi
psicotici possono avere remissione spontanea, durando alcu-
ni giorni o mesi.
Nella demenza a corpi di Lewy invece i sintomi psicotico-
allucinatori sono evidenti già nelle fasi precoci. Le allucina-
zioni sono prevalentemente visive, molto dettagliate, sono
frequenti nelle ore notturne e ricorrenti. Possono essere
interpretate dal paziente come sogni vividi e spesso lo in-
ducono a controllare la reale esistenza di tali percezioni. Il
malato ha un atteggiamento piuttosto critico nei confronti
di queste “visioni” e se interrogato lui stesso le riferisce
come stravaganti o poco verosimili. La frequenza delle al-
lucinazioni visive è circa dell’80% nel corso della malattia.
Anche le allucinazioni uditive sono più frequenti che nella
malattia di Alzheimer. La malattia a corpi di Lewy si associa
più frequentemente anche ai deliri paranoidi e alle misiden-
tificazioni che hanno una frequenza variabile dal 20 al 70%. Il
malato presenta misidentificazioni di immagini visive (il pa-
ziente crede che ciò che avviene nel programma televisivo
sia parte del contesto familiare). Oltre ad avere una maggior
49
Algoritmo per la gestione delle alterazioni frequenza nella demenza a Corpi di Lewy rispetto alla de-
comportamentali in soggetti dementi menza di Alzheimer, i sintomi psicotici sono anche presenti
più a lungo nel corso di questa malattia, ma sono anche mol-
BPSD to responsivi alla terapia con anticolinoesterasici.
Nella demenza vascolare le alterazioni psicotiche posso-
no essere scatenate da malattie intercorrenti, spesso sono
Assicurarsi che il paziente non possa mettersi in immediato pericolo, rappresentati da deliri di gelosia e nocumento e si accom-
e provvedere alla sua messa in sicurezza
pagnano ad irritabilità e aggressività. Sono frequenti negli
stadi lievi-moderati della malattia e tendono a persistere
Ricercare e trattare le possibili cause di BPSD: delirium, dolore, nel tempo.
malattie e/o terapie concomitanti, condizioni ambientali sfavorevoli La capacità del caregiver o degli operatori sanitari nel rico-
noscere e riferire la comparsa di alterazioni comportamen-
tali a carattere psicotico nel malato è fondamentale per
Alterazioni comportamentali Alterazioni comportamentali
moderate-severe severe poter tempestivamente valutare e trattare il sintomo prima
che si inneschi una crisi di agitazione psico-motoria catastro-
fica assai difficile da dominare, anche in ambiente protetto.
Approccio Può essere necessaria Sono proprio questi sintomi infatti che, se sottostimati e sot-
non farmacologico una terapia antipsicotica
totrattati, possono mettere in pericolo la vita del paziente e
l’equilibrio familiare.
Esiste una gradualità di interventi farmacologici e comporta-
Sintomi psicotici Sintomi depressivi Sintomi maniacali mentali da utilizzare nella gestione del malato. La strategia
Aggressività grave Ansia Aggressività
iniziale per le psicosi lievi-moderate dovrebbe utilizzare la
terapia comportamentale e le modificazioni ambientali (ta-
Antipsicotici Antidepressivi Stabilizzatori
atipici ansiolitici dell’umore o bella 2). Solo in caso di sintomatologia psicotica grave e non
antipsicotici atipici controllabile con strategie non farmacologiche potrà essere
tabella 2 utilizzato un intervento farmacologico.
50
In prima istanza potrà essere utilizzata la terapia antide-
pressiva con farmaci serotoninergici (citalopram, sertralina,
paroxetina) associata a inibitori della acetilcolinoesterasi.
Numerosi studi infatti, dimostrato che i soggetti dementi
con sintomi psicotici presentato, oltre al noto deficit co-
linergico, anche un deficit di serotonina; pertanto questi
farmaci che incrementano i livelli di serotonina cerebrale
possono contribuire a ridurre la sintomatologia psicotica.
Per quanto riguarda gli anticolinoesterasici, le tre molecole
attualmente in commercio (donepezil, rivastigmina e galan-
tamina) si sono dimostrate efficaci nel ridurre le alterazioni
comportamentali in soggetti dementi rispetto a gruppi di
controllo non trattati, il donepezil ha dimostrato avere mag-
gior efficacia nel miglioramento del deliri.
Una recente meta-analisi eseguita su 1826 soggetti affetti da
AD medio-moderato inclusi in 6 studi randomizzati e control-
lati, ha evidenziato l’efficacia della memantina (un antago-
nista non competitivo per il recettore NMDA che blocca gli
effetti patologici causati dagli elevati livelli di glutammato
a carico del neurone, indicato nella terapia delle demenze
medio-gravi) nel migliorare il punteggio ad una scala di valu-
tazione dei disturbi comportamentali (NPI), e la valutazione
dei singoli domini distinti ha evidenziato una maggior effica-
cia nel miglioramento della agitazione ed aggressività.
In caso di alterazioni psicotiche severe e persistenti dovrà
essere presa in considerazione l’utilizzo di farmaci antipsi-
51
cotici o neurolettici. Questa farmaci hanno effetti positivi e
negativi. Sono quasi sempre in grado di controllare e ridurre
deliri e allucinazioni, ma possono avere delle ripercussioni
negative (effetti collaterali) sul ritmo cardiaco, possono au-
mentare il rischio cardiovascolare e causare un rallentamen-
to motorio simile a quello presente nella malattia di Parkin-
son. Le linee guida consigliano il loro utilizzo nella minima
dose efficace e quando possibile la loro sospensione su diret-
ta valutazione dello specialista. Le indicazione del Ministero
della Salute inoltre richiedono un monitoraggio bimestrale
da parte dello specialista del paziente in trattamento.
La terapia dei sintomi psicotici nei pazienti dementi è un
procedimento complesso che coinvolge lo specialista, il ma-
lato e i familiari. I farmaci impiegati non hanno un effetto
immediato e richiedono frequenti controlli e modifiche di
dosaggio in modo di ottenere una terapia personalizzata per
il paziente, utilizzando dosi minime efficaci al fine di limita-
re gli effetti collaterali (in particolare dei neurolettici), van-
no ridotti o sospesi sempre dopo consiglio medico, poiché
sospensioni improvvise possono scatenare crisi di agitazione
severa.
Una breve precisazione riguarda l’uso degli ansiolitici ben-
zodiazepinici. Questa classe di farmaci andrebbe evitati nel
paziente affetto da demenza e nell’anziano poiché possono
infatti peggiorare le alterazioni comportamentali, inoltre
aumentano il rischio di caduta, di frattura e di peggiora-
52
mento dello stato cognitivo favorendo lo stato confusionale.
Qualora sia indispensabile il loro utilizzo andranno scelti
quelli a breve emivita ed usati solo per brevissimi periodi di
tempo (alcuni giorni).
53
CAPITOLO 9
54
cognitivo sembra ancor più grave di quanto determinato dal-
la compromissione degenerativa della corteccia cerebrale.
Sotto questo aspetto è importante tenere presente che la
“mente” del paziente, per quanto compromessa, anche nel-
le fasi avanzate esprime sempre e comunque una personalità
e conseguentemente sarà sempre in grado di manifestare la
sua affettività depressa in maniera “individuale”. Da questo
si può comprendere come in molti casi il sintomo depressivo
possa apparire, in ogni paziente, come un vago cambiamen-
to di carattere, nella specifica irripetibile individualità della
persona con demenza.
55
varie sostanze disponibili non devono essere considerati i
tradizionali antidepressivi “triciclici”. Questi,infatti, pur
notoriamente efficaci, presentano frequentemente effet-
ti collaterali di tipo anticolinergico. Con questo effetto
andrebbero ad aggravare proprio l’aspetto neurochimico
tipico dell’encefalo con Alzheimer, ovvero iquanto si cerca
di curare con dli anticolinesterasici ( i farmaci del progetto
Cronos). Per questo effetto collaterale si avrebbe così un
aggravamento del deficit cognitivo, oltre alle note possibili
aritmie cardiache, associate a ritenzione urinaria e disturbi
visivi. Considerando quindi lo specifico deficit neurochimico
del paziente con M. di Alzheimer, per la depressione saranno
invece indicati i nuovi farmaci detti SSRI (Inibitori Selet-
tivi della Ricaptazione della Serotonina), in quanto privi
di effetti anticolinergici: queste sostanze, essendo anche
ben tollerate e molto efficaci sul sintomo depressivo, sono
considerate di prima scelta per la persona con M. di Alzhei-
mer. Vanno comunque tenuti presenti alcuni possibili effetti
collaterali quali nausea e inappetenza (e possibile calo
ponderale), insonnia, irrequietezza. Vanno inoltre ricorda-
ti, tra i farmaci antidepressivi utili nelle demenze, anche i
farmaci che agiscono sul sistema noradrenergico (inibitori
selettivi della ricaptazione della noradrenalina) e quelli che
agiscono in modo combinato sia sul sistema serotoninergico
che su quello noradrenergico. Va infine segnalato anche il
Trazodone, antidepressivo ad attività serotoninergica mista,
56
che, pur avendo un effetto antidepressivo più blando rispet-
to ai farmaci precedentemente descritti, è ben tollerato e
presenta un chiaro effetto ansiolitico e sedativo, con conse-
guente miglioramento del sonno e del comportamento.
In tema di Depressione e Demenza, va infine segnalato che
un disturbo depressivo può far apparire deficitario sul pia-
no cognitivo anche un soggetto normale (si parla allora di
“Pseudodemenza”): ecco perché, nell’ ipotesi diagnostica di
“Iniziale Demenza”, il neurologo prescrive frequentemente
un ciclo di terapia antidepressiva.
Nel complesso, da parte di chi si prende cura della persona
con demenza, va sempre tenuto presente che il disturbo
depressivo è frequente e che può peggiorare la cognitività
già compromessa. Questo disturbo può essere migliorato non
solo dai farmaci appropriati, ma anche da come i familiari si
prendono cura del paziente.
57
Appendice 1
INTRODUZIONE
58
vorire al massimo la loro permanenza nel proprio contesto
familiare e affettivo (ricoveri sollievo, centri diurni…). Le
diverse ULSS sono coinvolte nel potenziamento della rispo-
sta a più livelli (ospedaliero, domiciliare e residenziale) con
istituzione dei Focus Group aziendali(che mettono insieme
operativamente tutte le professionalità socio-sanitarie, i
soggetti sociali e le associazioni dei familiari, i responsabili
delle istituzioni locali), con le UVA (Unità Valutative Alzhei-
mer), o con le SAPA (sezioni ad alta protezione Alzheimer)
per ricoveri temporanei non superiori ai 60 giorni. Oltre a
ciò sempre maggiore sensibilità e competenza assumono
anche le strutture residenziali che ospitano una percen-
tuale di almeno il 30% di questi malati. Anche i Medici di
Medicina Generale negli ultimi anni hanno acquisito sempre
di più il ruolo di “attori principali” della diagnosi precoce
delle malattie degenerative cerebrali. Il medico di medi-
cina generale è infatti un osservatore privilegiato della
popolazione anziana, in grado di cogliere sintomi precoci,
utili per distinguere il possibile malato di Alzheimer da altre
forme di demenza. Egli ha quindi il compito di individuare
queste persone, collaborare con gli specialisti e prendersi
cura di queste persone in tutte le fasi della malattia, e, se
necessario, anche all’interno di un progetto di assistenza
domiciliare. Il medico di famiglia è, nella rete dei servizi,
quello più vicino al malato e alla sua famiglia, ed è quindi in
grado di coordinare il percorso diagnostico ed assistenziale
59
avvalendosi di tutte le strutture a disposizione nella rete
locale dei servizi.
A conclusione di questo manuale, abbiamo ritenuto utile
inserire un breve elenco delle strutture presenti nella pro-
vincia di Padova (ULSS 15 – ULSS 16 – ULSS 17).
ULSS 15
A Cittadella l’ambulatorio UVA (Ambulatorio per i disturbi
cognitivi) è localizzato presso il D. H. internistico ed è se-
guito da una èquipe costituita da un geriatra, un neurologo,
uno psicologo. I Ricoveri per acuti effettuati nel reparto di
Geriatria.
A Camposampiero l’ambulatorio UVA, denominato Ambula-
torio per i disturbi cognitivi, è localizzato presso le Unità
Operative di Geriatria, Neurologia e Lungodegenza.
ULSS 16
Le strutture deputate a diagnosi e terapie delle demenze sono:
• Clinica Neurologica 1 c/o Azienda Ospedaliera – Unità
Valutativa Alzheimer (U.V.A.): effettua valutazioni am-
bulatoriali e ricoveri per acuti.
60
• Clinica Neurologica 2 c/o il Complesso Socio-Sanitario
ai Colli, Unità Valutativa Alzheimer (U.V.A.): effettua
valutazioni ambulatoriali e ricoveri per acuti.
• Clinica Geriatrica - Ambulatorio per i disturbi cognitivi
dell’anziano - Unità Valutativa Alzheimer (U.V.A.): è
situata in via G. Modena ed effettua valutazioni ambu-
latoriali.
• Clinica Medica 1 c/o Azienda Ospedaliera - Unità Va-
lutativa Alzheimer (U.V.A.) + Centro Regionale per lo
studio e la cura dell’Invecchiamento Cerebrale (CRIC,
situato ad Arcugnano, VI): effettua valutazioni ambula-
toriali, consulenze nei reparti ospedalieri, day hospital,
ricoveri per diagnosi e riabilitazione, gruppi di supporto
ai familiari, servizio di diagnostica genetica.
• Servizi Psichiatrici del territorio, svolgono consulenze
specialistiche su richiesta dei medici di medicina ge-
nerale e predispongono piani terapeutici necessari per
la fornitura dei nuovi farmaci antipsicotici. Nell’ambi-
to di tali servizi opera in particolare un ambulatorio di
psicogeriatria (afferente al 3° Centro di Salute Men-
tale), collocato presso il Complesso Sociosanitario ai
Colli.
• Per i Distretti nr. 1 e 2 è inoltre attivo un intervento
di natura specialistica, anche domiciliare, rivolto alle
persone con deterioramento cognitivo.
61
ULSS 17
L’ambulatorio U.V.A è gestito dalla Unità Operativa Com-
plessa di Neurologia e vi partecipano i medici della mede-
sima Unità operativa con la collaborazione di due medici
geriatri ed una neuropsicologa.
Ambulatori dedicati sono presenti presso il Presidio Ospe-
daliero di Monselice e di Este.
Il paziente affetto da demenza con problemi acuti o in casi
selezionati viene in genere accettato come degenza ordi-
naria presso l’Unità Operativa Complessa di Neurologia.
Sono inoltre attivi: ambulatorio protetto a Este e il Day
Hospital geriatrico a Monselice.
ULSS 15
• N. 1 Sud – Est
(Comuni di: Borgoricco, Campodarsego, Camposampie-
ro, Loreggia, Massanzago, Piombino Dese, San Giorgio
62
delle Pertiche, Santa Giustina in Colle, Trebaseleghe,
Vigodarzere, Vigonza, Villa del Conte, Villanova di
Camposampiero).
35010 Vigonza (Pd) Via Paradisi, 2 (tel. 049.8090711
- fax 049.8090704).
• N. 2 Nord – Ovest
(Comuni di: Campo San Martino, Campodoro, Car-
mignano di Brenta, Cittadella, Curtarolo, Fontaniva,
Galliera Veneta, Gazzo, Grantorto, Piazzola sul Brenta,
San Giorgio in Bosco, San Martino di Lupari, San Pietro
in Gù, Tombolo, Villafranca Padovana).
35016 Piazzola sul Brenta (Pd) Via dei Contarini, 38
(tel. 049.9697111 - fax 049.9697104).
ULSS 16
Dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 14.00
• Distretto 1 - Via Scrovegni, 12 (secondo piano) Padova
tel 049.8214093 oppure 049.8214524 - fax 049.8214525
• Distretto 2 - Via J.D’Avanzo, 57 (secondo piano) Padova
tel 049.8648288 oppure 049.8648388 - fax 049.8214938
• Distretto 3 - Via Piovese, 74 (primo piano) Padova
tel. 049.751304 oppure 049.751687 - fax 049.751168
• Distretto 4 - Via Spinelli, 1 - Rubano
tel. 049.623132 oppure 049.8216169 – fax 049.635662
• Distretto 5 - Via Martiri d’Ungheria, 3 - Abano Terme
tel. 049.8601015 - fax 049.8601627
63
ULSS 17
• Distretto Este - Montagnana
Via San Fermo, 2 - 35042 Este (PD)
tel. 0429.618560 - fax 0429.618560
Via Ospedale, 3 - 35044 Montagnana (PD)
tel. 0429.808655 - fax 0429.81260
• Distretto Monselice - Conselve
Via Papa Giovanni XXIII, 1 - 35043 Monselice (PD)
tel. 0429.788832 - fax 0429.788833
Via V. Emanuele II , 22 - 35026 Conselve (PD)
tel. 049.9598209 - fax 049.9598107
Centri Diurni
64
diurno attivabili in un territorio ULSS sono determinati dal-
la programmazione regionali e fissati in relazione al nume-
ro di posti di residenzialità: attualmente nella misura del
10% dei posti residenziali.
ULSS 15
• Centro Servizi “A. M. Bonora” di Camposampiero
• Casa di Riposo “Don Orione” di Trebaseleghe
• O. I. C. di Borgoricco
• Centro Residenziale Anziani di Cittadella, sede Borgo
Bassano
ULSS 16
• Casetta Michelino
Via Pontevigodarzere, 14/16 Padova - tel. 049.8876879
• Casa Madre Teresa di Calcutta
Via Mazzini, 93 Sarmeola di Rubano - tel. 049.8972611
• Istituto di riposo per anziani
Piazzale Mazzini, 14 Padova - tel. 049.8241711
• Anziani a casa propria
Via San Tomaso, 3 Padova - tel. 049.8753547
65
ULSS 17
“Villa in Villa”
(Centro diurno socio sanitario per persone anziane non au-
tosufficienti)
Sede: Via Roma, 21 - 35040 Villa Estense (PD)
Strutture residenziali
66
residenziali presuppone che la situazione di difficoltà della
persona affetta da demenza e della sua famiglia sia stata va-
lutata dall’Unità Valutativa Multi-dimensionale Distrettuale
cioè da un’equipe di operatori sanitari (medico di famiglia,
infermiere, medico di distretto…) e sociali (assistente socia-
le comunale) attraverso la scheda SVaMA, ossia una scheda
di valutazione che riassume tutte le informazioni utili a de-
scrivere sotto il profilo sanitario, sociale e assistenziale la
sua situazione ed i suoi bisogni.
Qualora l’equipe valuti l’inserimento in residenza per an-
ziani come “migliore” progetto di assistenza per la persona,
questa, sulla base di un punteggio di gravità determinato
dalla condizione sanitaria, sociale e dall’assenza di alterna-
tive all’istituzionalizzazione, viene inserita in una “gradua-
toria” (“Registro Unico della Residenzialità) unica per tutta
l’ULSS, che viene consultata e utilizzata dalle Case di Riposo
ogni qual volta si rende disponibile un posto.
La lista di priorità considera inoltre le eventuali prefe-
renze espresse dal cittadino nella individuazione della/e
struttura/e di accoglienza.
La quota corrispondente alle spese sanitarie è a carico della
regione, mentre quella per le spese di tipo alberghiero è a
carico del cittadino, fatta eccezione per casi particolari di
indigenza, in cui interviene il comune di residenza.
Per l’elenco delle strutture residenziali del proprio territorio
ci si può rivolgere al proprio distretto.
67
L’associazione AMAP (Assoc. Malattia Alzheimer Padova)
ONLUS
68