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REUMATOLOGIA:

Indice:
Angioedema ereditario..........................................................................................................................2
Malattia di Sjogren ..............................................................................................................................4
Sindrome da anticorpi antifosfolipidi...................................................................................................8
Complemento......................................................................................................................................16
Miositi.................................................................................................................................................17
Vasculiti..............................................................................................................................................24
Sclerosi sistemica................................................................................................................................32
LES.....................................................................................................................................................39

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Data: 23/03/2017
Sbobinatore: Giulia Bernaccioni
Professore:
Materia: PS3 - Reumatologia
Argomento: Angioedema ereditario e
sindorme di Sjogren

Angioedema ereditario
Oggi parliamo dell’angioedema ereditario, un argomento che al professor primario Perricone sta
molto a cuore, e in generale una domanda all’esame su questa patologia capita sempre. Perché?
Anche se è una malattia rara il PTV è l’unico centro di riferimento nel Lazio(ce ne sono 15 in tutta
Italia e il prof ha lavorato 20 anni su questa malattia, e l’Italia è il primo paese al mondo per casi).
L’altra volta avevamo parlato dell’orticaria, che è un infiammazione che colpisce l’epidermide,
l’angioedema (che può agire insieme all’orticaria in una sindrome definita come “sindrome da
orticaria angioedema”) colpisce il sottocutaneo. Colpisce prevalentemente le mucose,il volto, i
genitali ma anche gli arti. Allora gli angioedemi ricorrenti si classificano cosi: ci sono gli quelli
allergici(di cui fa parte anche la sindrome orticaria angioedema) e sono dovuti a tante cause,
principalmente farmaci, sostante tossiche e allergeni in generale. E ci sono gli angioedemi ereditari
che sono dovuti a una carenza del C1 inibitore; questo può essere ereditario o acquisito, l’ereditario
a sua volta può essere di tipo 1 o di tipo 2. Tipo 1 è un deficit quantitativo, ciò vuol dire che il
paziente per mutazioni genetiche non produce abbastanza C1 Inibitore, nel tipo 2 vi è un deficit
funzionale, il corpo lo produce ma l’enzima non funziona, infatti tipicamente avremo un rialzo dei
valori enzimatici perché l’organismo tenta di produrne di più ma comunque questo non funziona.
Anche quello acquisito può essere di tipo 1 o 2: tipo 1 associato a malattie linfoproliferative, tipo 2
causato da patologie autoimmuni. Ve ne è un altro tipo di angioedema ereditario, chiamato di tipo 3,
che ha un C1 inibitore normale, ma è correlato a mutazioni genetiche del fattore XII(ve ne sono poi
altri più rari legati ad ACE inibitori o idiopatici). Nella via alternativa del complemento il C1 è
proprio all’inizio e se non ho un’inibizione avrò costantemente un’infiammazione, che porterà
all’angioedema. Questo è quello che succede, il complemento va sia a degranulare i mastociti,
quindi mediatori primari e secondari, vasodilatazione eccecc, e sia ad attivare i linfociti e media
tutte le azioni di diapedesi e chemiotassi. L’Angioedema ereditario è una malattia autosomica
dominante, caratterizzata quindi da angioedemi ricorrenti dovuti a un deficit dell’inibitore della C1
esterasi. La diagnosi si può fare anche solo dalla storia e si dosa il C1 inibitore, in caso si ha una
storia negativa per la patologia si devono considerare mutazioni “de novo”( che non sono rarissime)
oppure una forma acquisita. I criteri clinici per poter diagnosticare la malattia sono: il paziente deve
presentare una storia conclamata della malattia e un angioedema sottocutaneo,pruriginoso non
edematoso che si ripresenta solitamente più volte; spesso l’angioedema si presenta interno, a livello
della mucosa intestinale e quando il paziente va in pronto soccorso per i sintomi i dottori lo
scambiano spesso per un episodio di addome acuto. Quindi c’è il rischio che vanno ad aprire e non
trovano nulla e non fanno altro che peggiorare l’infiammazione in atto. Da qui il motivo per cui
istruiamo queste persone a dire subito al medico di guardia la sua patologia in modo da evitare false
diagnosi e far chiamare subito il collega che si occupa di questo campo. Tornando alla diagnosi, i

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criteri clinici invece per diagnosticare la malattia sono: livelli di C1 inibitore inferiori al 50% del
range di normalità, livelli di funzionalità bassi e C4 anche basso. Per diagnosticare l’angioedema
ereditario avete bisogno di almeno 1 criterio clinico e almeno 1 criterio di laboratorio(se una
persona ha una storia per la patologia e livelli di C1 inibitore bassi ma senza sintomi, si dice che è
un portatore asintomatico). In realtà quand’è che noi sospettiamo l’angioedema ereditario? Quando
notiamo che i normali antistaminici, che curano l’angioedema allergico o associato ad orticaria, non
funzionano e qui ci viene il dubbio, insieme a dolori addominali inspiegabili da una causa
gastroenterologica. Il 30 % dei pazienti ha più di 12 episodi acuti all’anno,il 13% tra 6 e 12, il 23%
tra 1 e 5, 28% meno di 1 all’anno e gli asintomatici una piccolissima parte. Cosa fa l’angioedema a
livello intestinale? Possiamo avere un occlusione dovuta a un ispessimento della mucosa fino a un
infiammazione generalizzata che ispessisce tutta la parete intestinale fino a far perdere il normale
disegno anatomico di quel tratto.
Importante è la diagnosi differenziale, quindi distinguere da un episodio allergico che chiaramente
rispetto all’ereditario presenterà più frequentemente orticaria ed ha un insorgenza più rapida
correlata all’allergene che fa scatenare la patogenesi. E in quello ereditario cosa scatena la reazione?
Lo stress di ogni tipo, psichico e fisico. Il paziente deve tentare di condurre una vita il più tranquilla
possibile e per previsti episodi di stress(esami per esempio)si fa tutta una profilassi a lungo termine
per evitare episodi, ricordo che se l’episodio colpisce la laringe si è a rischio vita per ovvi motivi di
strozzamento e infiammazione. Dicevamo della diagnosi differenziale, abbiamo poi il
broncospasmo che è presente in quello allergico e manca nell’ereditario e una caratteristica
dell’ereditario è la maggiore frequenza del dolore intestinale( ci sono persone che hanno solo questi
sintomi e non si gonfiano in faccia o su gli arti). Ricapitolando la diagnosi e i sintomi: vi si presenta
una persona con episodi di angioedemi( faccia gonfia, dolore intestinale), dovete vedere se sono
legati ad orticaria o no(sindrome orticaria con angioedema), successivamente somministrate
antistamici e vedete se passa(per distinguere da angioedema allergico o ereditario), in caso negativo
dosate il C1 inibitore, se negativo pure questo vedete se è acquisito o legato ad ACE inibitori o
idiopatico. La malattia può essere mortale quindi questi pazienti devono avere sempre con se il C1
inibitore come farmaco.
Passiamo quindi alla terapia: vi è una terapia dell’attacco acuto e una profilassi a lungo termine.
L’attacco acuto attualmente si usa il Berinet, che è un concentrato plasmatico di C1 inibitore, e il
firazil(una fiala sottocute, comoda perché si può fare da soli mentre tutti gli altri farmaci sono in
infusione endovenosa, quindi o il paziente va in ospedale o ha un infermiere che ogni 2 giorni va a
somministrargli la dose oppure si insegna a somministrare per via endovenosa il farmaco), che è un
inibitore della bradichinina(la lega con un meccanismo competitivo al recettore impedendo il
legame). Noi nel PTV somministriamo il Cirese che è sempre un C1 inibitore in concentrazione
plasmatica, questo perché è più comodo visto che ha i dosaggi già prestabiliti. Per la profilassi a
lungo e breve termine si discute molto sugli androgeni attenuati; la somministrazione dipende da chi
si ha davanti: no bambini, no donne fertili, no uomini con comorbidità contrastanti come epatiti o
rialzo transaminasi. La profilassi a breve termine si fa quando i pazienti sanno di dover essere
sottoposti a interventi, anche i più banali e si fa col firazil somministrato poco prima. Quella a lungo
termine si fa quando si hanno più episodi durante l’anno e quindi si somministra Cirese 3 volte a
settimana(1500 ml a dose) per 1-2 anni.

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Malattia di Sjogren
Passiamo da patologie che coinvolgono la presenza di un allergene esogeno che scatena la reazione
immunitaria, a malattie associate con un’alterazione del sistema immunitario tale per cui questo
aggredisce le cellule somatiche self come se fossero cellule estranee. Senza dilungarsi troppo
sull’immunologia, vi ricordo che durante la vita fetale vengono presentati tutti gli antigeni self ai
nostri linfociti e quelli responder vengono silenziati in modo da non potersi attivare in un successivo
incontro. Questo se tutto va bene, se però accade un qualcosa dovuto o a mutazioni o altro che attiva
i linfociti si ha il classico danno tissutale dovuto a malattia reumatologica. Si tratta più che altro di
reazione mediate da linfociti T, il ruolo del sistema B è mal definito invece, sicuramente interviene
anche lui nel danno( tutti gli autoanticorpi che dosiamo nelle malattie autoimmunitarie sono
prodotte dai linfociti B), ma che abbiano un ruolo patogenetico è molto più dubbio visto che come
bersaglio abbiamo una cellula somatica( quindi azione legata ai cd4 e cd 8). Cominciano con la
malattia di Sjogren(in memoria di chi l’ha scoperta) , caratterizzata da sintomi oculari e secchezza
del cavo orale. Più raramente si ha coinvolgimento polmonare, neurologico e c’è un rischio di
aumento di sviluppo di linfomi. La malattia colpisce quasi esclusivamente le persone di sesso
femminile, quindi se avete dubbi cioè un soggetto di sesso maschile con sintomi simili valutate bene
perché ha probabilità bassissime. L’eta va dai 30 ai 50 come esordio, probabilmente per una
differenza di patogenesi( stimolazione dei linfociti) ma sappiamo pochissimo, tant’è vero che i
nostri metodi nella reumatologia non sono selettivi, ma colpiamo il sistema immunitario nella sua
interezza. Quello che sappiamo è che la causa di questa malattia è legata a un determinato
patrimonio genetico, 4 ne conosciamo, che sono associati ad uno stato patologico. Ma non sono gli
unici, infatti ci sono pazienti senza questi 4 geni che presentano lo stesso la malattia. Sicuramente vi
è anche un fattore ambientale che inneschi il sistema immunitario a reagire, prevalentemente
malattie virali( perché si attiva il sistema T versus la cellula somatica che contiene le particelle
virali, con l’aiuto degli anticorpi ANA anti-nucleo e anti-SSA specifici per questa sindrome).
Diagnosi, abbastanza semplice, secchezza oculare e orale e configurazione anticorpale. Il problema
è trovare la terapia giusta che funzioni e valutare una configurazione extra ghiandolare di quelle
elencate prima. Le caratteristiche cliniche sono l’ipertrofia delle ghiandole parotidi e lacrimali che
hanno entrambe una riduzione che provoca la secchezza(si fa il test di Schirmer, si mettono sotto la
palpebra inferiore internamente due foglietti millimetrati di carta assorbente e si valuta la
produzione di lacrime). La conseguenza è la continua abrasione fra congiuntiva e sclera che porta a
cheratocongiuntivite secca e a livello orale è l’aspetto mammellonato della lingua dovuto alla
cronica assenza di saliva.
Dal punto di vista del laboratorio, quindi, noi abbiamo un paziente che ci si presenta così e
sospettiamo immediatamente che si tratti di una sindrome di Sjogren, quindi andiamo a chiedere
due anticorpi: gli antinucleo, che si mettono in evidenza con l'immunofluorescenza. Si usano dei
sieri con anticorpi antinucleo (è un pool di anticorpi, non è uno solo monoclonale)poi si guarda
l'anticorpo con un vetrino legato ad un fotocromo, e si vede se l'anticorpo è diventato fluorescente.
Quindi si da una positività, che viene data a seconda delle diluizioni del siero. Le diluizioni sono le
più vaste: si parte da 1,80 e sono quelle dove abbiamo il massimo delle aspecificità, cioè valori così
li troviamo anche in soggetti sani soprattutto anziani. Man mano che saliamo, diluiamo di più il
siero del paziente ed aumentiamo la specificità. Gli anticorpi antinucleo sono presenti in moltissime
malattie, una tra tutti è il Lupus. Sono molto sensibili perchè si presentano spesso, ma sono molto
meno specifici. Più specifici invece sono gli anticorpi anti SSA ed SSB, che sono anticorpi che
fanno parte degli antigeni nucleari estraibili e sono una sottoclasse degli anticorpi anti nucleo. La

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secchezza orale può portare anche a problematiche che possono essere gravissime sullo stato dei
denti. Si sviluppano facilmente carie destruenti ed i pazienti vanno educati a bere sempre per diluire
le secrezioni densissime. La saliva oltre ad essere prodotta in quantità limitata è anche alterata nelle
sue caratteristiche e svolge malissimo il suo ruolo. Oltre a queste caratteristiche locali (oculari e
salivari), il paziente può avere tutta una costellazione di sintomi che possono essere molto evidenti
come una vasculite cutanea, o anche molto più subdoli come la stanchezza (la signora che non
riesce ad andare a lavoro, la ragazza che non riesce ad andare a scuola). La stanchezza è un sintomo
comune a molte malattie organiche o non, come tutte le malattie del sistema nervoso (depressione,
ansietà) o anche la fibromialgia che non ha un corrispettivo organico riconosciuto, e che noi
diagnostichiamo solo per la presenza di sintomi, non esiste un supporto di laboratorio.
Diagnosi differenziali: ci possono essere condizioni che non colpiscono le ghiandole salivari ma
danno la stessa sintomatologia. FARMACI, soprattutto antidepressivi, o anche quelli che hanno
azione anticolinergica e riducono la secrezione di saliva. ANSIA, DEPRESSIONE, RESPIRARE
CON LA BOCCA APERTA (capita spesso, soprattutto negli anziani), MALATTIE DEL SN
(sclerosi multipla, Alzheimer), MALATTIE DELLE GHIANDOLE SALIVARI che provocano
disfunzioni ma non sono la Sjogren (epatite c, sarcoidosi, infiltrati grassi, hiv, linfomi, tumori,
infezioni), RADIOTERAPIA DEL COLLO.
Quindi vedete, non tutti quelli che hanno stanchezza, secchezza orale, poi hanno la Sjogren. Prima
di buttarsi in questa diagnosi di comodo considerate le altre possibilità. La problematica più comune
è inquadrare dal punto di vista diagnostico e quindi anche del trattamento i pazienti che hanno
questi sintomi che possono essere presenti in tante malattie, ma anche in questa. La stanchezza può
essere dovuta alla Sjogren ma anche a tossicità di farmaci, disturbi del sonno, fibromialgia, ma
quando poi si associa bassi livelli di anticorpi anti nucleo comincia a metterci in crisi dal punto di
vista diagnostico.
Come fare la diagnosi: gli autori anglosassoni hanno la tendenza a creare delle griglie. Danno delle
indicazioni stringenti, basate sul fatto che li in America hanno la sanità basata sulle assicurazioni.
Le assicurazioni devono avere delle tabelle per decidere se poi rifondere o meno il paziente. Il
medico deve presentare delle proposte che abbiano attinenza con le linee guida. In realtà noi non
abbiamo una cognizione completa del quadro, i pazienti si presentano spesso con una
sintomatologia non completa, oppure abbiamo problematiche con l'interpretazione con le biopsie.
Bisogna avere elasticità, qui noi consideriamo il singolo paziente.
Ci sono però dei criteri internazionalmente condivisi (se è così la malattia è presente, se non è così
non è detto che non sia presente):
Biopsia ghiandolare di una ghiandola salivare minore (della mucosa orale) che abbia quelle
caratteristiche suggestive (non esiste l'istologia specifica, l'istologia aiuta molto ma difficilmente ci
fa fare una diagnosi differenziale se clinicamente abbiamo dei dubbi, alcuni aspetti istologici
possono accavallarsi). In questo caso è più semplice, abbiamo un infiltrato infiammatorio che non è
tipico di altre situazioni, per esempio una patologia neoplastica, che è indicativo per questa malattia
soprattutto per l'esclusione delle altre. Non c'è un'altra malattia autoimmunitaria con cui noi
possiamo avere difficoltà di diagnosi differenziale a livello istologico. Nel rene, nel polmone
invece, diverse malattie autoimmunitarie possono dare lo stesso quadro istologico e la biopsia non
può dare certezza.
Anticorpi anti SSA, con cui la diagnosi diventa certa. L'anticorpo anti SSB è meno specifico di
questo.

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Quindi un soggetto che ha sintomi, biopsia positiva, anticorpi, ha la sindrome di Sjogren.
Chiaramente dobbiamo sempre escludere che questa patologia delle ghiandole salivari possa
essere dovuta ad un'infiltrazione: la sarcoidosi da esattamente lo stesso quadro clinico, come
anche l'epatite c, epatite b, farmaci con effetto anticolinergico. Ovviamente il mezzo obiettivo
per valutare la funzionalità delle ghiandole salivari ed oculari è misurare il loro output di
saliva e lacrime. Come vi ho detto: biopsia delle ghiantole salivari, ANA, anti SSA, sono
considerati specifici ma non lo sono del tutto e vanno integrati insieme ad altri elementi. In
particolare gli ANA non sono specifici ne per la Sjogren ne per il Lupus. Solamente 1 su 100
persone che hanno gli ANA positivi hanno o la Sjogren o il Lupus. Gli anti SSA possono
essere più specifici però qui poi abbiamo delle differenze nel tipo di tip(?) che il laboratorio
usa, che possono darci dei risultati che non sono attendibili. Gli ANA possono essere utilizzati
come screening ma non sono utili per la diagnosi. In particolare non date peso a delle
diluizioni basse, soprattutto in mancanza di sintomatologia suggestiva: sono spesso aspecifici e
sono presenti nel paziente fibromialgico. C'è qualcuno che decide di trattare il paziente
fibromialgico con farmaci molto tossici come la ciclofosfamide creando poi dei gravi danni.
Anche la biopsia deve essere letta da chi la sa leggere. In una review recente 32 su 100 biopsie
compatibili per sindrome di Sjogren in realtà poi non lo erano. Vedete che ogni test ha la sua
sensibilità e specificità, nessuno da il 100% di sicurezza, bisogna integrarli tutti per avere la
maggior probabilità di diagnosticare correttamete la malattia. Spesso il medico si concentra
sugli anticorpi, arrivano pazienti che ti portano fogli con il fattore reumatoide alto, ANA alti, e
poi invece li visiti e non hanno niente. GLI ANTICORPI NON SIGNIFICANO MALATTIA
NELL'AMBITO DELLE MALATTIE AUTOIMMUNITARIE.
Il paziente vi racconterà che si sente un' abrasione nel chiudere gli occhi perchè la palpebra
che normalmente scorre sulla cornea grazie al film di acqua, proteine e mucina che compone
le ghiandole, manca. Stessa faccenda si verifica nel cavo orale, il paziente vi dice che ha
difficoltà a masticare gli alimenti più semplici (grissino, biscotti, pane), ha difficoltà a
parlare per tanto tempo perchè gli si secca il cavo orale, ha notato carie, ha candidiasi
orale( il mughetto). La tumefazione delle parotidi, soprattutto se monolaterale, vi deve far
sempre far sospettare una neoplasia, che sia una neoplasia tipica della ghiandola parotide, un
tumore misto o un linfoma che spesso va ad infilarsi li. Poi invece è una sarcoidosi, una
malattia più benigna, ma consideratelo sempre. Da un punto di vista clinico i bozzi possono
essere molto evidenti, il soggetto che si sveglia e si sente il bozzo sotto il collo chiaramente
si terrorizza perchè nell'immaginario collettivo il bozzo significa tumore.
Tenete inoltre presente che le complicanze infettive sono più presenti in questi soggetti,
magari continuate a dargli il cortisone quando gli serve l'antibiotico.
La risonanza magnetica vedete che ghiandole parotidi mette in evidenza, ci aiuta perchè
permette di distinguere una neoplasia da un'infezione. Le manifestazioni extraghiandolari
sono rare, possono essere cutanee, possono avere una polmonite interstiziale che è mortale,
problematiche renale, manifestazioni neurologiche, manifestazioni dell'apparato digerente
sempre correlate con difetti mucosi. A volte le Sjogren possono esordire con manifestazioni
extraghiandolari, solo dopo si giunge alla diagnosi.
Terapia della malattia. Finche è localizzata ad occhi e bocca il trattamento è locale: lacrime

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artificiali e pilocarpina per stimolare la salivazione, anche se comunque è un sistema che
poco serve perchè è inutile frustare il cavallo che ormai è esausto. Dunque si consiglia al
paziente di bere molto, anche se di notte il paziente non può bere e comunque svilupperà un
problema legato a secchezza. Ci sono anche una serie di immunosoppressori di cui il
capostipite è lo steroide. Lo steroide è un farmaco che ha un vantaggio rispetto a tutti gli
altri, ossia che è l'unico che funziona subito. Il cortisone ha anche una serie di effetti
collaterali, ma usandolo ad un dosaggio minore di 10 mg, intorno ai 7 o 5 mg, o magari
alternato un giorno 10 ed un giorno 0, questi effetti sono di entità tollerabile. Il cortisone
funziona sempre. Il problema del cortisone è che spesso per sopprimere le manifestazioni
cliniche della malattia dobbiamo utilizzarlo ad un dosaggio che non è tollerabile. Allora
dobbiamo associarlo a dei farmaci che abbiano anche loro un effetto immunosoppressivo
ma che non abbiano gli effetti collaterali del cortisone (clorochina). Considerate però che si
tende a curare l'aspetto clinico, quindi farmaci locali per manifestazioni oculari o del cavo
orale, gli immunosoppressivi soprattutto per manifestazioni extraghiandolari, in particolare
artralgie. Tra gli immunosoppressivi ci sono anche i farmaci biologici, hanno un
meccanismo diverso e possono a volte essere più incisivi, oltre ad avere un basso profilo di
tossicità. I farmaci immunosoppressivi sono gli stessi che vengono usati anche per altre
patologie autoimmunitarie, tra cui il lupus, artite reumatoide, artrite psoriasica.
Comunque il trattamento delle patologie autoimmunitarie è abbastanza vasto, va visto nella pratica
clinica. Sappiate solamente che il methotrexate è un farmaco che va molto bene nel trattamento di
artriti ed artralgie autoimmunitarie, in qualunque contesto esse si presentino, dal lupus alla sclerosi
sistemica. Se siamo di fronte invece ad una localizzazione che possa mettere a repentaglio la
funzione dell'organo, ad esempio una glomerulonefrite aggressiva o patologie polmonari, allora li il
trattamento comincia a diventare aggressivo con farmaci come la ciclofosfamide a dosaggi non
antineoplastici ma comunque alti e tossici. Esperienze recenti ci direbbero che l'anti CD20 possa
avere degli effetti positivi nelle localizzazioni polmonari di diverse malattie, tra cui questa, però è
un argomento estremamente complesso.

Data: 27/03/2017
Sbobinatore: Chiara Pizzuto
Professore: Perricone
Materia: PS3 - Reumatologia
Argomento: Sindrome da anticorpi
antifosfolipidi (APS)

L’altra volta abbiamo parlato del Lupus e adesso di conseguenza faremo altri due argomenti: uno è
correlato al LES e ad altre malattie autoimmuni sistemiche, il secondo riguarda il comportamento
del complemento nella malattia. La prossima lezione ve la farà Bergamini e nelle ultime tre lezioni
vorrei fare con voi la sclerodermia e le vasculiti.
Verranno trattati:
• Gli anticorpi antifosfolipidi (APL), i metodi di rilevazione, diagnosi di laboratorio della APS
• Le manifestazioni cliniche

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• Cenni di terapia

Sindrome da anticorpi antifosfolipidi


Vi dico in anticipo che questa sindrome è fatta da elementi clinici classificativi e da elementi di
laboratorio e può essere primitiva (senza un’altra patologia autoimmune a monte) o secondaria ( ad
un’altra patologia, per esempio il Lupus, ma anche tutte le altre patologie autoimmuni che abbiamo
incontrato).
Cosa sono gli anticorpi antifosfolipidi?
Gli aPL riconoscono diversi fosfolipidi di membrana. Ma i fosfolipidi di membrana non sono di per
sé immunogeni, quindi gli aPL devono riconoscere o delle proteine che legano i fosfolipidi o dei
complessi proteina-fosfolipidi. Se vedete i target, infatti, sono tutti proteine, perché le proteine sono
immunogene, non i fosfolipidi di membrana.
Target:
-Beta2 glicoproteina-I
-Protrombina
-Proteina C della coagulazione attivata
-Attivatore tissutale del plasminogeno
-Plasmina
-Annessina A2 (importante nell’aborto spontaneo ricorrente)
- Proteine dei processi coagulativi e fibrinolitici

La Beta2 glicoproteina è la più importante perché è quella verso la quale si lega con maggior
frequenza e si formano anticorpi verso la Beta2glicoproteina, che a loro volta sono in grado di
legare i fosfolipidi di membrana e quindi poi questo legame dà luogo a tutti quei meccanismi della
sindrome da anticorpi antifosfolipidi.
Anche la Protrombina però può essere un target, che crea non pochi problemi nel management dei
pazienti, perché i soggetti con anticorpi antiprotrombina non hanno solo la tendenza ad avere eventi
trombotici, ma per la natura stessa degli anticorpi hanno anche la tendenza ad eventi emorragici.
Sicuramente un ruolo patogenetico è rivestito dagli anticorpi verso la Beta 2 glicoproteina I e in
misura minore verso la protrombina.
Questi anticorpi che vi ho esposto sono quelli conosciuti, però oggi si vedono delle forme simili alla
APS in cui non troviamo anticorpi verso questi substrati. In alcune di queste forme sono stati
riconosciuti altri tipi di aPL. Quindi questi sono quelli più importanti però non è detto che se un
soggetto è negativo per la ricerca di aPL non debba avere una APS. Infatti ci sono dei laboratori che
stanno lavorando molto in ricerca per andare a trovare un’area delle specificità anticorpali che sono
molto alte: possono essere infatti un centinaio le specificità anticorpali. Ma gli anticorpi con cui
abbiamo a che fare nella pratica clinica sono quelli elencati.

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Test usati per l’identificazione degli anticorpi antifosfolipidi
Io vi ho già accennato un po’ di storia di questi aPL e di sicuro ci sono varie possibilità per
identificarli. Dal punto di vista storico già con la reazione di Wassermann (1905) in qualche modo
questa era legata ad aPL. Io vi dissi anche dei falsi postivi della VTRL di cui già negli anni ‘50/’60
si parlava: vedevamo tanti pazienti con malattie autoimmuni che magari avevano problemi
trombotici e la VTRL positiva, ma poi quando si andavano a fare su di loro le nascenti metodiche di
deviazione del complemento, o la fluorescenza per il Treponema questi risultavano negativi, quindi
non avevano Sifilide ma avevano aPL.
Nel 1955 quando ancora la sindrome non era stata capita in un soggetto affetto da Lupus fu
riscontrato per la prima volta il LAC (Lupus anticoagulante). Noi oggi sappiamo che il LAC è
presente anche nella APS primitiva, ma la prima volta fu scoperto in un soggetto con il LES per cui
è rimasto questo nome. Sono anticorpi antifosfolipidi che sono valutati con una metodica di
laboratorio funzionale perché le altre metodiche che vedremo sono immunoenzimatiche
principalmente. Questa è infatti una metodica funzionale che consiste nel fatto di vedere che in un
soggetto con aPL in vitro vengono inibite le reazioni diagnostiche coagulative che hanno bisogno di
un substrato fosfolipidico. È un fatto tecnico: ci sono delle reazioni diagnostiche della coagulazione
come il tempo di veleno di vipera Russel diluito, che sono tempi di coagulazione in vitro. È chiaro
che siccome hanno bisogno di fosfolipidi se io li faccio in pazienti con aPL i tempi si allungano
fortemente, il che ragionando vi potrà sembrare in contraddizione con la malattia perché nella
malattia ho una tendenza a coagulare ma è un artificio di studio. Sono delle metodiche per studiare
la reattività del siero alla coagulazione con fosfolipidi. Quindi se nel siero del paziente sono presenti
questi anticorpi si allungano questi tempi. Si ha in vitro ed è apparentemente contradditoria perché
in pazienti con diatesi trombotica si ha un allungamento dei tempi in questi test.
Quando si fa il LAC è giusto fare almeno 4 test diversi per avere un quadro chiaro, forse tre
potrebbero bastare e di questi devono essere positivi almeno 2 per avere la validità del LAC. Quindi
se un laboratorio non fa tutti questi test ci potrebbero essere dei falsi negativi.
Però gli aPL possono essere trovati anche con metodiche immunoenzimatiche. La prima è stata
messa a punto nel 1983 ed è lo studio degli anticorpi anicardiolipina. Proprio nel 1983 Hughes
identificò in una lettura prestigiosa che fece in Inghilterra la APS che per lungo periodo fu chiamata
(ed è ancora chiamata da alcuni) sindrome di Hughes, che è stato colui che ha unito in un quadro
clinico complessivo un pattern eterogeneo.
Nel 1990 sono stati messi a punto degli ELISA ancora più specifici che sono gli ELISA verso gli
anticorpi anti Beta 2 glicoproteina I che abbiamo detto essere la proteina di maggiore spicco per gli
aPL. Già con questa diapositiva storica identifichiamo la diagnostica che abbiamo a disposizione
che è fatta dal LAC, dagli anticorpi anticardiolipina e dagli anticorpi anti beta2 glicoproteina-I.
Esistono anche altri autoanticorpi, di questi sono importanti gli antiprotrombina che dobbiamo
aggiungere a pattern nel momento in cui sospettiamo che ci possa essere una diatesi emorragica. Poi
ci sono delle metodiche ELISA contro aPL generali, ma non sono molto validate o contro annessina
V che possono avere un senso nello studio dei soggetti con aborto.
Vediamo quali sono i criteri per fare diagnosi della sindrome da aPL
Questa sindrome si compone di una controparte clinica e di una parte di laboratorio.
Criteri di laboratorio

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1. Presenza nel plasma di LAC in due o più occasioni a distanza di 12 settimane, ricercato
secondo linee guida, cioè attraverso le metodiche con cui si può eseguire il LAC.
2. Presenza di anticorpi anticardiolipina IgG e/o IgM, rilevati nel siero o nel plasma a titolo
medio o alto (superiore al 90esimo percentile) in due occasioni a distanza di 12 settimane
3. Anticorpi anti Beta2 glicoproteina-I IgG e o IgM nel siero e nel plasma a titolo superiore al
novantesimo percentile in due o più occasioni a distanza di 12 settimane

Semplificando: presenza di LAC e/o anticardiolipina e/o anti Beta2 glicoproteina-I a titolo
significativo (cioè superiore al 90esimo percentile).

I primi criteri che erano stati fatti, quelli di Santoro, alla fine degli anni ‘80 erano un po’ meno
severi, cioè bastavano dei titoli più bassi e il controllo era a 6 settimane.
Perché oggi questo controllo a 1 settimana? Perché io posso avere una noxa infettiva che dà luogo a
aPL, situazione che però può regredire.

Domanda sul LAC


Risposta: il LAC è semplicemente un test funzionale per valutare la coagulazione di un individuo.
Si usa un trigger (in altri test il veleno di Vipera Russel, caolino) che accende la coagulazione se
c’è la presenza di fosfolipidi nella provetta. Questa metodica già esisteva. È chiaro che se quella
provetta che ho in studio ha presenza di aPL questi vanno a interagire con quei fosfolipidi che io
ho messo nel mio sistema analitico e allora mi inibiscono il test. È un metodo indiretto e funzionale.
È stato il primo ad essere usato perché nel 1995 non c’erano ancora i test ELISA. Allora videro
questa inibizione e andarono a studiare da cosa potesse dipendere: aggiungevano molti fattori
della coagulazione e non succedeva niente, aggiungevano fosfolipidi e si ripristinava la situazione
e allora capirono che potevano esserci degli anticorpi contro i fosfolipidi. Il test è standardizzato e
ancora in uso. È un test onnicomprensivo perché non è diretto verso un antigene specifico come la
Beta2 glicoproteina-I. L’ELISA è molto specifica ma questa è sia un vantaggio che uno svantaggio.
Quindi il test funzionale prende in considerazione vari anticorpi.

Si consiglia di classificare i pazienti con APS in una delle seguenti categorie di positività:
I: Più di una positività di criterio di laboratorio presente (in ogni combinazione)
IIa: Solo LAC
IIb: Solo anti Beta2 glicoproteina-I

La condizione minima per essere positivi a APS è avere un titolo significativo di almeno un aPL
però è chiaro che se un paziente ha altissimi titoli di LAC, di anticardiolipina e di anti Beta2
glicoproteina-I questo ha una combinazione di anticorpi esplosiva e quindi più i test sono positivi e
più ci dobbiamo mettere protetti perché quel paziente è a rischio. Avevamo un paziente con titoli

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altissimi di LAC, di antiBeta2 glicoproteina-I, di anticardiolipina e di anti protrombina, aveva anche
il LES e ha sviluppato grossi problemi emorragici oltre che trombotici nonostante la terapia, un
paziente molto difficile da curare che comunque non presenta una prognosi così infausta come i
pazienti con la Sindrome da anticorpi antifosfolipidi catastrofica (CAPS) che vedremo alla fine.

(Parla di un convegno che si terrà a ottobre con i maggiori esperti di varie malattie reumatologiche).

Gli anticorpi antifosfolipidi sono patogeni


Se vado a provocare la formazione di questi aPL in animali da esperimento o li trasferisco in
animali da esperimento provoco trombosi arteriose o trombosi venose profonde quindi riproducono
la malattia. Questa è la dimostrazione che gli aPL sono patogeni.

I due grandi capitoli che possono sommarsi nella APS sono la patologia gravidica e la malattia
trombotica. C’è chi può avere entrambe o chi una delle due.

Gli immunocomplessi fatti dagli aPL con i fosfolipidi di membrana hanno una serie di azioni sulla
coagulazione tra cui:
- l’inibizione dell’attivatore tissutale del plasminogeno
- inibizione l’azione della proteina C attivata, che ha un’attività anticoagulante fisiologica
- dislocano l’annessina V, che ha un’azione protettiva rispetto alle reazioni enzimatiche della
coagulazione

Queste attività fanno sì che in questi pazienti vi sia una più facile attivazione della coagulazione o
perché manca una protezione o perché manca un’inibizione.
Anche la APS è una malattia infiammatoria a patogenesi autoimmune.

Gli aPL posso attivare le piastrine e soprattutto posso dare luogo ad attivazione endoteliale. Sin dai
miei teempi si dice che quando c’è un evento coagulativo è fondamentale che vi sia un danno
endoteliale. Ma è vero anche che quando ci sono gli aPS c’è danno endoteliale che può dar luogo
all’evento trombotico.

Patogenesi della Sindrome ostetrica


Il rapporto tra madre e concepito è un particolare esempio di come un distretto circolatorio di un
individuo sia a stretto contatto con cellule di un altro individuo che sostanzialmente è un

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emiallotrapianto, cioè parzialmente compatibile. Quindi si devono creare dei meccanismi di
reciproca convivenza. In questi la madre non ha una gerarchia assoluta perché anche il concepito
può rendere a lui favorevole il sistema immune materno. Questo lo abbiamo visto quando abbiamo
detto che nel lupus, che è una malattia Th2, c’è una direzionalità verso una risposta Th2 durante la
gravidanza e un peggioramento delle cose.
Qui intervengono altri aspetti. Uno è l’attivazione del complemento da parte di aPL. (noi questo
fatto lo scoprimmo nel 1996 e lo pubblicammo su una rivista italiana non recensita
internazionalmente e poi uno l’ha pubblicata su una rivista internazionale e si è impossessato di una
nostra scoperta).
C’è un’infiammazione quindi perché c’è attivazione del complemento e vengono reclutati neutrofili,
c’è vasodilatazione, c’è la produzione di citochine proinfiammatorie. Questo può dare luogo ad una
perdita fetale, vi possono essere delle forme trombotiche placentari e quindi si può avere una
patologia gravidica complessa che vuol dire anche aborto spontaneo ricorrente ( si diceva
interruzione di 3 o più gravidanze entro i primi tre mesi, oggi diciamo 2 o più gravidanze).
A questo concorrono fattori immunologici complessi, ma anche fattori anatomici (ci può essere un
problema di pervietà delle tube, fibroma e così via), ci possono essere dei problemi infettivi,
endocrinologici e genetici.
La presenza di una malattia immunologica e la presenza di aPL possono dare aborto nei primi tre
mesi di gravidanza o possono dare patologia nel termine della gravidanza come morte intrafetale
uterina o nati pretermine.
Non è detto che una donna che ha avuto queste esperienze abbia avuto anche trombosi.
Riassumiamo:
• Gli aPL sono associati alle trombosi e agli insuccessi negli studi clinici nei modelli animali
• La presenza di aPL può aumentare la dimensione del trombo e cause interruzione della
gravidanza
• Negli studi prospettici gli aPL predicono eventi trombotici e gli insuccessi ostetrici sia in
soggetti sani (APS primitiva) sia in soggetti con LES (APS secondaria).

Prime pubblicazioni alla base della descrizione della sindrome:


• Una è del 1980 e parla di aborti a ripetizione, trombosi, LAC circolante e anticorpi
antitromboplastina
• L’altra è la famosa pubblicazione di Hughes: Trombosi, aborto, malattia cerebrale e LAC.

CLINICA

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Ci sono delle manifestazioni tra cui quelle che vi ho detto fanno parte del core delle manifestazioni
cliniche che ci servono per la diagnosi. (Trombosi venosa profonda accertata strumentalmente,
trombosi arteriosa e/o patologia gravidica). Però al di là del core ci sono degli altri sintomi della
malattia che non sono esclusivi dell’APS ma sono importanti nel quadro clinico complessivo di
questa malattia.
Sono:
• Trombocitopenia. Molto spesso questi pazienti sviluppano anticorpi anti piastrine e
questo è un altro problema, perché noi andiamo a fare su pazienti con APS
trattamenti antiaggreganti e anticoagulanti e magari questi hanno una
trombocitopenia e sanguinano piuttosto che dare trombi, quindi sono pazienti con cui
si deve sempre equilibrare. Un’altra cosa che ce li fa riconoscere è la
• Livedo reticularis, che è un’infiammazione di tipo vasculitico che si verifica
essenzialmente sulle cosce. La pelle delle donne è una pelle più sottile quindi si può
vedere un reticolo circolatorio ben visibile. (la livedo reticularis la troviamo nelle
APS così come in altre patologie)
• Ictus, perché questi pazienti possono avere delle trombosi arteriose così gravi da
dare luogo a ictus. Spesso sono soggetti sotto ai 50 anni e recidivanti se non viene
riconosciuta la sindrome.
• Tromboflebiti superficiali
• Embolie polmonari
• Perdite fetali
• Attacchi ischemici transitori (va preso in considerazione quando ci troviamo di
fronte a persone non vecchissime)
• Anemie emolitiche
• Ulcere cutanee
• Disturbi di circolo cerebrale che danno epilessia
• Lesioni pseudovasculitiche
• Infarto del miocardio
• Amaurosi fugace
• Gangrena digitale

Criteri clinici diagnostici:


1. Uno o più episodi di trombosi arteriosa, venosa o del piccolo circolo a livello di qualsiasi
organo o tessuto. Le trombosi devono essere confermate da immagini, studi istopatologici
con l’eccezione delle trombosi superficiali che si vedono facilmente.
2. Patologia della gravidanza:
2.a Una o più morti di un feto morfologicamente sano, documentato con ecografia o

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esame diretto, in un periodo concezionale di 10° più settimane.
2.b Uno o più parti pretermine di neonati morfologicamente normali prima della
34esima settimana di gestazione con presenza di eclampsia anche severa
2.c Tre o più aborti spontanei consecutivi senza apparente causa prima della decima
settimana di gestazione con esclusione delle cause ormonali materne e paterne, cause
anatomiche, infettive…

Quindi ricapitolando poniamo diagnosi in un paziente che ha trombosi venosa o arteriosa


verificate e/o patologia gravidica insieme a LAC e/o anticardiolipina e/o anti beta2
glicoproteina-I (laboratorio confermato a 12 settimane).

Altre manifestazioni possono essere la nefropatia associata a aPL e la microangiopatia associata ad


aPL.

Le trombosi possono svilupparsi ovunque: occhi, polmone, surrene, arterie iliache… Quindi
possono dare un ampio corteo sintomatologico.

Il legame tra aPL e gli eventi trombotici è limpido e inattaccabile se si escludono altri cofattori,
negli altri casi la presenza di aPL può essere uno dei fattori.

Sindrome da anticorpi antifosfolipidi “catastrofica” (CAPS)


È definita quel tipo di APS in cui si ha l’interessamento di almeno 3 organi/apparati nel giro di
giorni/poche settimane, con occlusione di piccoli vasi.
È relativamente rara ma la mortalità è del 50%. Gli organi prevalentemente colpiti sono cute, cuore,
SNC , polmone, rene (in ordine di frequenza decrescente). In oltre può essere presente una CID.
Le manovre chirurgiche, la pillola anticoncezionale, la sospensione della terapia anticoagulante, le
infezioni sono gli elementi che slatentizzano questa CAPS.
Vi possono essere delle manifestazioni microvascolari.

È importante la teoria del “Two-hits”: la condizione di possedere aPL è necessaria ma non


sufficiente perché affinché si possano avere eventi trombotici e patologia gravidica, vi devono
essere degli hits scatenanti. Questi possono essere: infarto, immobilizzazione (quando non si sapeva
ancora niente della APS, vi parlo degli anni ‘40, a un paziente dopo un intervento chirurgico non
veniva somministrata eparina e venivano tenuti molto tempo in immobilità. Oggi i chirurghi
tendono a far muovere subito il paziente per evitare eventi trombotici in generale), stress dopo un
intervento chirurgico, gravidanza, infezioni, assunzione di ormoni…

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Come fare la profilassi?
Non diamo immunosoppressori perché per ridurre gli aPL servirebbero dosi molto elevate e non ne
vale la pena. Allora si fa come nella tiroidite autoimmune in cui si dà un trattamento ormonale
sostitutivo. Si fa in modo di prevenire una trombosi o le recidive di una trombosi, in pratica ci si
avvale di terapie antiaggreganti e anticoagulanti.
In gravidanza poi vedremo che è un po’ più complicato farlo e si fanno degli interventi ancora più
ampi, quindi si fanno delle terapiche che posso avere dell’armamentario terapeutico, in cronico o
come profilassi; nei casi di minore gravità si fa una terapia antiaggregante come può essere
l’aspirina (100mg/die) o nei casi più gravi si deve passare all’impiego di un anticoagulante orale o
addirittura anticoagulante insieme ad aspirina.

In gravidanza allora cosa si fa?


Normalmente si dà aspirina e eparina a basso peso molecolare (EBPM). Un tempo era un problema
perché non c’era l’EBPM ma c’era l’eparina tout court che era tanto nefrotossica e teratogena. Con
le eparine che usiamo oggi tutto è cambiato e quindi si può dare una protezione alla donna in
gravidanza con aspirina. Ricordate: Aspirina, cortisone, idrossiclorochina, eparina sono tutti
compatibili con la gravidanza.
È chiaro che il paziente va visto nell’insieme: abortisce perché ha AP, ma non ha solo quella, può
avere una tiroidite autoimmune o altre condizioni. Molti ginecologi si rivolgono ad un reumatologo
per stabilire la terapia ottimale della gravidanza in queste donne, ma siccome gli aPL non solo
influiscono sulla fertilità (=capacità di portare avanti una gravidanza una volta che questa è
avvenuta) ma anche sulla sterilità, bisogna impostare anche un trattamento preventivo. Oggi
purtroppo c’è una maggiore difficoltà ad entrare in gravidanza e molte coppie si rivolgono a centri
di fecondazione assistita e in questi casi la donna va preparata bene, se ha APS va trattata non solo
quando inizia la gravidanza ma anche prima. La preparazione quindi va fatta a tutto tondo.

Terapia
In un paziente che ha aPL ma non ha mai avuto manifestazioni cliniche bisogna abolire i fattori di
rischio cardiovascolare, se c’è elevato rischio trombotico si deve dare una terapia preventiva
(cardioaspirina) o in alcuni casi se il paziente ha aPL, ma anche Lupus e anticorpi antiprotrombina e
quindi ha tendenza a sanguinare, useremo anche idrossiclorochina perché ha un effetto particolare
proprio sugli anticorpi antiprotrombina, quindi si aggiungono alla terapia antiaggregante.
In un paziente con alto rischio di recidiva trombotica devo eliminare fattori di rischio aggiuntivi,
devo vedere se c’è una triplice positività anticorpale perché questi sono i casi che danno luogo a
maggiori complicanze, quindi devo fare una terapia anticoagulante a intensità importante tenendo
un INR alto tra 3 e 4, ovviamente stando attenti ai fattori di rischio emorragici.
In un paziente che non ha raggiunto fattori di rischio, che ha avuto una trombosi non arteriosa ma
venosa, quindi più leggera, ha una singola positività anticorpale (a titolo medio-basso) devo fare una
terapia anticoagulante (perché la sola terapia antiaggregante comunque non basta visto che ha già
avuto un episodio trombotico), ma mi accontenterò di mantenere un INR tra 2 e 3.

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Nella CAPS devo impiegare anticoagulanti a dosi pienissime, posso dare idrossiclorochina o
glucocorticoidi ma poi posso impiegare due condizioni rescue che sono molto importanti:
Immunoglobuline umane per via endovenosa (IG ev), perché possono ridurre il titolo di aPL, e la
plasmaferesi, nella quale prendo il plasma, tolgo gli anticorpi e lo restituisco. Voglio aggiungere
che il trattamento con IG ev, usato anche per il LES, è un trattamento rescue molto importante
anche se è poco spinta dalle case farmaceutiche. (Abbiamo pubblicato uno studio su Reumatology
di donne con LES in gravidanza trattate con IG ev che nel 100% dei casi hanno avuto un successo
della gravidanza). Quindi questa può essere un’arma in più quando altre terapie non funzionano.
Vi dico anche un’altra cosa fuori verbale perché non deve far parte del bagaglio culturale di uno
studente del quarto anno e perché è una cosa che non è stata ancora pubblicata: quelle donne che noi
abbiamo tratto con IG ev e le ricontattiamo oggi( stiamo facendo un lavoro in questo senso) e
vediamo in che fase è il LES, noi vediamo un cambiamento in quella che è la storia naturale della
malattia, cioè queste donne hanno convissuto con il LES senza avere gravi problemi da questo e
senza che la malattia sia avanzata.

Complemento
Il complemento è importante come la coagulazione ed è coinvolto in tutte le malattie sistemiche
autoimmuni e in buona parte delle malattie allergiche, quindi non possiamo non conoscerlo. Già nel
Lupus abbiamo visto che il complemento ci serve per misurare la malattia, ma vi dirò anche quanto
è importante nel danno della malattia.
Il complemento si conosce dalla fine del XIX secolo quando si cominciò a studiare la batteriologia e
quando si vede che se io usavo un siero immunizzato e lo scaldavo (oggi diremo scomplementato)
questo non era più in grado di uccidere un batterio, ma esso riacquisiva questa capacità se
aggiungevo un siero fresco non immune, quindi aggiungevo un qualcosa che non erano anticorpi.
Gli antichi chiamarono questa cosa “complemento” perché ha un’azione complementare
all’anticorpo nell’incidere sull’antigene.
Nel 1900 il complemento era ancora considerato una sostanza in termine lato, nel 1919 vennero
identificati i primi animali che difettavano del complemento, nel 1960 si consideravano quattro
componenti del complemento e si parlava solo di via classica, solo negli anni ‘70 c’è la scoperta di
una via alternativa, dal 2016 il complimento è una cosa molto complicata di studio biochimico. Noi
ora lo semplifichiamo. Ci sono tre vie principlai di attivazione:
• Via classica, fatta da 9 componenti principlai nominati da C1 a C9 che non intervengono in
ordine numerico perché il C4 interviene prima del C2 e poi c’è il C3, questo perché il C4 è
stato scoperto dopo ma si è visto che interveniva prima. Questa via interviene lì dove si è
formato un anticorpo, quindi è un sistema di immunità adattiva, molto specifico e che vuole
i suoi tempi per essere attivatp perché c’è bisogno prima che si formino IgG e IgM per
attivare la via classica. Le igM sono molto più efficienti nell’attivare il complemento, basta
una molecola, invece servono due molecole di IgG adiacenti perché sono più piccole
• Via lectinica, attivata da zuccheri complessi
• Via alternativa. Vi racconto un aneddoto: fu scoperta da Pillemer nel 1953. Prese un siero e
invece di scomplementarlo lo incubò con uno zucchero complesso, tolse il polisaccaride e
vide che questo siero aveva perduto la capacità emolitica, quindi al di là di elementi
termolabili ci dovevano stare degli elementi che venivano compromessi da questi

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polisaccaridi complessi che erano importanti nella funzione del complemento. Quindi ci
doveva essere un’altra via di attivazione che venne chiamata propertidica (?), oggi la
chiamiamo alternativa. Pubblicò su Science questa ricerca. Negli anni successivi però negli
ambienti universitari contestarono questo lavoro dicendo che magari nel siero c’erano
anticorpi naturali e che quindi Pillemer non aveva scoperto una nuova via e fecero delle
pubblicazioni in cui smentirono la teoria della via alternativa. Pillemer era anche instabile
mentalmente e nel 1957 si suicidò. Lepow, che era un suo allievo del quarto anno come voi,
riprese tutte le sue ricerche e dimostrò mano a mano che la biochimica progrediva la reale
esistenza della via alternativa, cioè la capacità del complemento di attivarsi senza uno
stimolo immunologico. È una via di immunità naturale, non più acquisita. È una via
archeonaturale che si forma prima nella filogenesi e nell’ontogenesi: nella Lampreda che è il
primo organismo in cui c’è complemento, c’è via alternativa solamente. La via classica è più
evolutiva, aspettiamo i mammiferi per vederla. La via alternativa è in grado di darci un
primo soccorso complementare prima che intervengano gli anticorpi, è molto importante
perché insieme con la classica poi partecipa ad una serie di reazioni di difesa e di
infiammazione e svolge un ruolo nelle malattie autoimmuni sistemiche che vedremo la
prossima volta.

Data: 30/03/2017
Sbobinatore: Virginia Napoli
Professore: Perricone
Materia: PS3 - Reumatologia
Argomento: Miositi

Miositi

Le miositi sono delle malattie infiammatorie croniche autoimmuni del tessuto muscolare sono
malattie rare, quindi è importante una diagnosi differenziale. I sintomi sono abbastanza aspecifici e
quindi, prima di pensare a una biopsia, è necessario considerare tutte le cause più frequenti che
possono dare gli stessi sintomi. Come si può vedere, queste patologie sono caratterizzate da una
progressiva e simmetrica debolezza muscolare e astenia. I pazienti che hanno una qualsiasi malattia
il più frequentemente possibile, riporteranno di essere stanchi, di avere malessere ovunque ma non
per questo dobbiamo pensare a una miosite. La diagnosi di certezza si ha con la biopsia muscolare
ma non sempre la biopsia dà una diagnosi positiva. In caso di diagnosi positiva vedremmo la
presenza di infiltrati infiammatori a livello del tessuto muscolare. La classificazione è la seguente:

Polimiosite

Dermatomiosite

Miosite da corpi inclusi

La polimiosite, come suggerisce il nome stesso, è una malattia che colpisce più distretti muscolari,

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la dermatomiosite, invece, è associata a un’infiammazione cutanea, mentre la miosite da corpi
inclusi è una patologia infiammatoria muscolare caratterizzata dalla presenza di corpi inclusi, spesso
in diagnosi differenziale con malattie granulomatose. La prevalenza è, nelle miositi 1/100.000 ma la
polimiosite idiopatica è una malattia rara dell’adulto, mentre la dermatomiosite colpisce sia gli
adulti che i bambini e , per lo più, come tutte le malattie immunologiche, il sesso femminile; la
miosite da corpi inclusi colpisce prevalentemente gli adulti di età superiore ai 50 anni, più frequente
nell’uomo rispetto alla donna. Comunque, in generale ci sono due picchi di età di insorgenza: uno
intorno ai 20 anni e uno intorno ai 50 anni. E’ una malattia rara ma al pronto soccorso è venuta una
paziente polidermatomiosite caratterizzata da rash, papule di Gotron ed è stata mandata in
neurologia.

L’eziologia come tutte le malattie auto-immunitarie è un’eziologia multifattoriale; ci sono forme


idiopatiche, quindi HLA- associate o non associate all’HLA. L’HLA è un’analisi genetica che si fa
in molti dei nostri pazienti, nella maggior parte dei quali con miositi idiopatiche si è visto che hanno
questo tipo di mutazione dell’HLA DRB10301, nei soggetti caucasici mentre negli asiatici HLAB7.
Non associate all’HLA invece si ritrovano mutazioni codificanti il TNF . Le forme secondarie sono
quelle che più frequentemente noi vediamo, sono associate a infezioni per lo più e questo rende
difficile la diagnosi perché tutte le infezioni danno astenia, malessere generale e infiammazione
muscolare per cui fare la diagnosi differenziale è difficilissimo. Malattie del connettivo, cioè
associate a connettivopatie come la sindrome di Sjogren, la sclerosi sistemica oppure
endocrinopatie. Possono essere anche associate all’assunzione di farmaci e per lo più farmaci di tipo
colesterolemizzanti, cioè che riducono il colesterolo nel sangue, per lo più statine e fibrati. In
pazienti che assumono questo tipo di farmaci si può riscontrare una miopatia, chiaramente la
diagnosi differenziale la facciamo perché chiediamo al paziente se assume questo tipo di farmaci e
possiamo pensare a questo tipo di malattia. Qui vediamo la miopatia indotta da statine, quindi il
dolore muscolare e crampi, sintomi che può presentare chiunque. La biopsia muscolare in questo
caso sarà normale e, se sospettiamo questo, chiediamo al paziente di sospendere la terapia e il
paziente avrà una risoluzione della malattia. La diagnosi differenziale si fa perché all’anamnesi non
ci sono segni dell’infiammazione muscolare in quanto se sospendiamo il farmaco il paziente sta
meglio. Può essere indotta da sostanze tossiche, ad esempio alcol, in particolare nei pazienti
alcolizzati da lunga data vediamo questo tipo di infiammazione, con un accumulo di grasso a livello
delle fibre muscolari ma senza segni di infiammazione oppure può essere associata a neoplasia, in
particolare la dermatomiosite. La neoplasia a cui è più frequentemente associata questa malattia
sono i carcinomi dell’ovaio, della mammella, i linfomi non-Hodgkin, il melanoma e la neoplasia del
colon. Tipicamente il paziente presenterà una progressiva, spesso simmetrica ma non sempre, della
debolezza muscolare degli arti prossimali, a livello del cingolo scapolare, del cingolo pelvico,
muscoli del collo, più raramente e in casi più gravi di muscolatura faringea e quindi la gente ci dirà
che non riesce a salire le scale, non riesce ad accavallare le gambe, non riesce a sedersi, non riesce
ad alzare la testa dal cuscino la mattina quando si sveglia e, nei casi più gravi addirittura disfagia
perché è interessata anche la muscolatura esofagea. I muscoli distali sono interessati solo
tardivamente, per quanto riguarda la polimiosite e la dermatomiosite, mentre la miosite da corpi
inclusi la possiamo trovare in una fase più precoce. I muscoli dell’occhio non sono mai interessati e
questo è importante perché dato che basandosi sulla diagnosi differenziale con la mioastenia gravis
se non sono mai interessati i muscoli oculari il paziente presenta sintomi associati alla muscolatura
oculare già accantoniamo l’ipotesi di una miosite. La muscolatura respiratoria può essere anche qui

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interessata ma sempre nelle fasi più tardive. La sensibilità rimane normale, così come i riflessi
tendinei, eccetto in casi terminali per cui il paziente ha un’atrofia muscolare talmente importante
da non rispondere nemmeno ai riflessi. Frequenti sono, invece, la dolorabilità, quindi la mialgia,
tranne per la dermatomiosite associata alle connettivopatie, per cui avremo anche dei sintomi che
corrispondono alla connettivopatia alla quale è associata. Se c’è la Sjogren avremo magari
secchezza, se c’è la sclerosi avremo ipercheratosi e così via. Dal punto di vista extra-muscolare la
miosite così come la dermatomiosite, così come la miosite da corpi inclusi, può avere un impegno
extra-muscolare, nonstante il nome, con, a livello cutaneo un rash cutaneo e in alcuni pazienti si
possono presentare solo manifestazioni cutanee: in questo caso si parla di dermatomiosite sine
miosite. I segni caratteristici che presenta la paziente sono i siegni di Gotron: papule e macule. Le
papule sono placche edematose e possono essere anche violacee e si presentano per lo più sulla
superficie estensoria delle articolazioni metacarpo-falangee, interfalangee prossimali e distali, così
come le papule localizzate per lo più sulla superficie estensoria delle articolazioni, come gomiti e
ginocchia, per cui il paziente presenterà queste caratteristiche lesioni. L’immagine mostrata presenta
quello che può sembrare psoriasi ma non è. Il rash di una paziente al pronto soccorso è un rash
eliotropo (attorno agli occhi) associato sia alla palpebra superiore che alla palpebra inferiore,
associato a edema dei tessuti periorbitali. Il rash così detto a scialle è così chiamato perché come
uno scialle va a interessare la parte anteriore del torace e le spalle con la parte superiore della
schiena. La paziente può anche presentare il cosiddetto “V sign” o eritema a V. Spesso, durante il
decorso della malattia si possono sviluppare delle aree di depigmentazione, soprattutto a livello del
torace. Altro segno clinico che possiamo trovare sono le cosiddette “mani da meccanico” perché il
paziente presenta un’ipercheratosi importante, una fessurazione per lo più in sede laterale e palmare
a livello delle dita e, a volte, proprio delle strisce scure come se le mani fossero sporche, ma sporche
non sono.

IMMAGINE qui vediamo un caso più avanzato, con mani che, a un occhio ben abituato, possono
far pensare a una sclerosi, mentre nella sclerodermia, le mani delle donne sclerodermiche sono
caratteristicamente piene di ipercheratosi che poi alla fine portano a ulcere e tutto ciò che comporta
la sclerosi. La sclerodermia è una delle malattie più gravi che trattiamo, in particolare la sclerosi
sistemica dove le pazienti muoiono, purtroppo, presto perché interessano tutti gli organi ed è
invalidante e debilitante.

Possiamo avere un eritema periungueale con una crescita eccessiva delle cuticole, tutti segni che se
presi singolarmente sono aspecifici. Non è che se una paziente ha un’ipercheratosi non vuole dire
che ha una miosite, non è che se una paziente ha le papule di Gottron allora ha una miosite.
L’immunologo è un medico che deve fare diagnosi differenziale, quindi è importante conoscere
soprattutto le malattie infettive perché sono quelle che più frequentemente incontrerete, poi diagnosi
differenziale per tutto ciò che è la medicina interna. Quindi è un medico che deve valutare l’insieme
della paziente, la deve controllare dalla testa ai piedi. A volte i pazienti hanno ipercheratosi dentro
l’orecchio e se non lo valutiamo nella sua interezza rischiamo di sbagliare la diagnosi. La
capillaroscopia è un esame che si fa con un piccolo emografo e si fa sul vallo ungueale dei pazienti
e si va a vedere la struttura capillare e il circolo capillare che riflette esattamente il circolo arterioso
periferico del paziente. Se abbiamo una struttura alterata a livello dei capillari arteriosi l’avremo a
livello di tutte le arterie del paziente. Generalmente si fa con l’esame diagnostico della sclerodermia
e della sclerosi perché ha un ‘pattern’ proprio caratteristico, per lo più quando c’è il sospetto del

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fenomeno di Raynaud. Il fenomeno di Raynaud è un fenomeno clinico per cui la diagnosi non si fa
con la capillaroscopia. La capillaroscopia può confermare o meno che ci sia un’alterazione
strutturale ma è un fenomeno clinico. Se le dita diventano a bandiera francese, quindi rosse, bianche
e blu allora c’è il fenomeno di Raynaud e la diagnosi è fatta, ognuno di noi può fare diagnosi del
fenomeno di Raynaud, poi può essere idiopatico, primario, come nella maggior parte delle persone,
oppure in alcuni casi può essere associato a una malattia auto-immune ed è per questo che si fa
l’esame capillaroscopico. Ma non è detto che se il paziente ha il fenomeno di Raynaud ha per forza
una malattia.

Il quadro capillaroscopico mostra manifestazioni extramuscolari e i sintomi sistemici sono sempre


aspecifici: febbre, malessere, perdita di peso, altre patologie e il cosiddetto fenomeno di Raynaud.
In alcuni pazienti come manifestazione extramuscolare possiamo riscontrare un impegno polmonare
con una malattia interstiziale che può essere sia asintomatica, quindi riscontrata tramite TC ad alta
risoluzione e spirometria, quindi prove di funzionalità respiratoria ed è generalmente di grado lieve.

IMMAGINE TC in stato avanzato: vediamo un tessuto avariato importante del polmone e quindi
una degenerazione importante; per quanto riguarda l’impegno articolare i pazienti con miosite
possono presentare un’artrite che generalmente non è erosiva e colpisce per lo più le piccole
articolazioni delle mani e dei piedi. L’impegno cardiologico è molto più raro e nei pazienti che lo
presentano possiamo più frequentemente riscontrare insufficienza cardiaca, alterazioni della
conduzione e malattie coronariche.

IMMAGINE : queste sono calcificazioni sottocutanee, più comuni nella forma giovanile e sono
carcinosi che si sviluppano per lo più nelle aree soggette ad attrito, quindi gomiti e ginocchia, si
localizzano sia nel tessuto sottocutaneo che nella fascia muscolare e sono delle condizioni difficili
da trattare.

Casi clinici di carcinosi molto importanti: dermomiosite giovanile in una donna di 46 anni. La
diagnosi è tramite biopsia muscolare. Vediamo alla biopsia muscolare un infiltrato infiammatorio a
carico delle fibre muscolari, con linfociti T, macrofagi e a volte fibre necrotiche, quindi uno stato di
degenerazione e poi rigenerazione del tessuto stesso. A volte, nelle fasi terminali, si può trovare una
vera e propria atrofia del tessuto muscolare, mentre nella miosite da corpi inclusi si trovano dei
vacuoli o depositi intracellulari di amiloide con la presenza di linfociti TCD8. Nelle fasi iniziali
possiamo identificare solo uno stato infiammatorio del tessuto e quindi questo ci rende difficile la
diagnosi. Da un punto di vista seriologico abbiamo gli enzimi muscolari, cioè enzimi specifici del
tessuto muscolare, sia scheletrico che cardiaco, e sono enzimi specifici di malattia muscolare, però
non è detto che se abbiamo dei livelli alti di chinasi abbiamo per forza una miosite. Possiamo
trovare un 10-20% di pazienti con miosite e avere livelli di chinasi normali. Così come con le
transaminasi, ALT, AST, LDH, non sono muscolo specifici, spesso sono correlati a livelli elevati di
creatinchinasi ma è importante guardare all’interezza del paziente. Non è detto che se il paziente ha
questi valori elevati ha la miosite. Così la mioglobina, una proteina che si usa come marker di
malattie muscolari, ha una sensibilità pari a quella della CK nei pazienti con la miosite ma anche qui
non è detto che livelli elevati di mioglobina allora il paziente ha la miosite. La miosite non è una
malattia direttamente collegata a livelli elevati. Dal punto di vista autoimmunitario ci sono gli
autoanticorpi e solo in un 20% dei pazienti con miosite i troviamo elevati e sono per lo più gli anti-
Jo1 che sono antisintetasi, gli antiSRP, gli antiMi2 e anticav140. Chiaramente trovare gli

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anticorpi positivi associati a CK elevata, fenomeno di Raynaud, segni di Gottron, tutto lo spettro ci
può far pensare a una miosite. Infatti vedete che lo troviamo solo in un 10-38% dei pazienti, quindi
non è poi così elevata la percentuale che riscontriamo. Nelle miositi associate a connettivopatie
possiamo trovare positivi gli autoanticorpi della connettivopatia associata, quindi gli SSA per
quanto rigurda la sindrome di Sjogren oppure per la sclerosi l’RNP o SCL-70. La sindrome
antisintetasi è una sindrome clinicamente distinta dalla miosite caratterizzata proprio dalla presenza
di questi anticorpi antisintetasi che sono gli anticorpi anti-Jo1. Clinicamente il paziente sarà
sovrapponibile, quindi presenterà miosite, fibrosi polmonare, fenomeno di Raynaud, una poliartrite
simmetrica e le ‘mani da meccanico’. Per fare la diagnosi quindi abbiamo bisogno di biopsia,
l’elettromiografia può darci dei quadri compatibili con una miopatia, ma anche qui non è detto che
un’elettromiografia negativa escluda la diagnosi di miosite. Quindi è importante valutare ogni
singolo elemento nell’aspetto di un quadro generale, così come la biopsia muscolare. Le metodiche
di imaging di cui ci possiamo avvalere, è l’ RM muscolare che può farci vedere un edema
all’interno dei muscoli oppure un’atrofia muscolare. Importante è la diagnosi differenziale: le
patologie con cui si fa la diagnosi differenziale sono disordini genetici e quindi la distrofia
muscolare, le neuropatie, quindi la SLA, la sclerosi laterale amiotrofica, la sindrome di Guillain
Barrè, la miastenia gravis, sono le miopatie metaboliche e le endocrinopatie, importanti le infezioni
perché sono comuni e perché i sintomi si sovrappongono e sono totalmente aspecifici; agenti tossici
come l’alcol o farmaci (statine) oppure le malattie granulomatose. Il paziente con miosite o con un
dermatomiosite viene trattato con glucocorticoidi con farmaci immunosoppressori, quindi
metotrexato da solo o anche in associazione con la aziatoprina, possiamo utilizzare la ciclosporina,
il ciclofosfamide; in casi più gravi immunoglobuline intravenose e plasmaferesi, chiaramente questo
combinato con l’esercizio fisico assistito con il fisioterapista passivo perché il paziente presenta
dolori muscolari, quindi l’attività attiva non giova al paziente, mentre l’attività passiva mantiene la
muscolatura in azione e non portare il paziente all’atrofia muscolare è importante.

PROFESSORE: PRESENTAZIONE DI UN CASO CLINICO, un signore di 68 anni con una


storia fino a quel momento poco significativa con un po’ di ipertensione ipertrofia prostatica
benigna, però ci riferisce che da circa un mese ha cominciato a sentirsi stanco, ha perso peso
progressivamente, circa 5 kg, perso in maniera non volontaria, ha una febbre, ha dolori fisici e
problemi con la muscolatura prossimale, quindi salire le scale e reclinarsi. Ha sviluppato, man
mano in questo mese anche disfagia per i cibi solidi e alla fine gli è comparso un rash al collo.
Questa è un’anamnesi quindi tutto quello che ci racconta il paziente. E’ necessario continuare a fare
domande allo scopo di verificare che sussistano dei fattori di rischio e patologie varie, tipo malattie
sessualmente trasmesse, fumo di sigaretta, uso di droghe a scopo ricreazionale. Ovviamente il
paziente non riferisce nulla di tutto questo. L’esame obiettivo mette in evidenza quello che il
paziente lamenta, cioè una incapacità a tirar su la forza della muscolatura prossimale poi
obbiettivata in una debolezza che, valutata in maniera un po’ grossolana come avviene in questi
casi, 2 su 5 come forza del circolo scapolare e 3 su 5 del circolo pelvico. Effettivamente viene
documentato un rash di tipo edematoso che coinvolge le palpebre superiori, il collo e le articolazioni
metacarpofalangee. Il resto è tutto a posto perché il tipo cardiopolmonare è normale, niente segni di
edema polmonare, niente soffi, riflessi tendinei nella norma e tutto il resto è a posto. A questo
punto, la prima cosa che il medico deve fare è farsi un’idea di cosa il paziente possa avere, quindi
chiediamo ogni tipo di indagine cardiologica e tutte le consulenze perché dobbiamo farci un’idea.
Qual è la nostra ipotesi diagnostica? Quello che ci colpisce maggiormente è il rash associato alla

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mialgia, quindi pensiamo che, forse, ha una miosite, considerando la debolezza muscolare. Allora
facciamo degli esami per capire che tipo di miosite ha. Effettivamente dagli esami di laboratorio
risulta che il cpk è molto alto, gli altri enzimi che abbiamo visto essere di fatto inutili, in questo caso
nello studio delle miopatie. In questo caso vengono, comunque richiesti e sono più o meno mossi,
l’emoglobina è più o meno normale, il TSH è normale quindi escludiamo un collegamento con le
tiroidopatie, l’esame delle urine mette in evidenza troppi globuli rossi, qualche cilindro granulare,
qualcosa che tutto sommato è abbastanza aspecifico. Poi abbiamo analisi più specifiche come gli
ANA nel caso delle miositi non hanno un grande rilievo, in questo caso vengono positivi, con una
diminuzione anche abbastanza significativa, 1:320 in parte omogenea poi sono negativi tutti quelli
specifici, gli antisrp, antimi2 anti-jo1 tutto sommato per la diagnosi aiutano poco, forse aiutano a
identificare la forma anti-jo1(l’antisintetasi).La biopsia rimane l’unico strumento per fare una
diagnosi di miosite, dermatomiosite o malattia a corpi inclusi. Altri esami fatti in più, come
complemento, crioglobuline, l’epatite B e C risultano comunque tutti negativi, così come la
radiografia del torace e la TAC. A questo punto i colleghi decidono che il paziente ha una miopatia,
ha il rash e ha gli enzimi quindi ha la dermatomiosite, ha le papule sulle dita, l’edema sulle
palpebre, ecc quindi lo trattano di conseguenza, con 60mg di URBASON metilprednisolone, un
dosaggio pesante, due mg pro kg. Lo trattano così perché non hanno dubbi e dopo due giorni
vedono che effettivamente il paziente ha ripreso la forza muscolare, nei muscoli prossimali e in
quelli distali, quindi lo mandano a casa. A casa deve prendere 30 mg di prednisolone due volte al
giorno riducono il dosaggio a 1 mg pro kilo, decidono che avrà anche ritenzione urinaria quindi gli
danno un po’ di ciprofloxacina, inoltre ha 11.000 globuli bianchi e pck ancora alto ma ci può stare.
Si farà elettromiografia e biopsia muscolare perché alla palpazione ha anche un dolore
all’attaccatura della coscia destra, i riflessi cominciano a essere diminuiti e l’esame delle urine
mette ancora in evidenza globuli rossi, batteri e globuli bianchi. Quindi decidono che in base alla
loro diagnosi precedente il trattamento era inadeguato. Può essere perché non tutte le dermomiositi
rispondono al cortisone, anzi ci sono dei casi recalcitranti difficile da tenere sotto controllo con
castelletti di farmaci piuttosto creativi. Il fatto che ci siano batteri nell’urina non è indicativo perché
il paziente la lascia in giro o la mette in un posto caldo e quindi i batteri proliferano. Per valutare i
batteri va fatta l’urinocoltura e va fatta in maniera corretta, bisogna raccogliere il mitto intermedio,
bisogna portare in laboratorio a 4° ecc. quindi non va mai presa in considerazione la presenza di
batteri nelle urine normali. Ma qui evidentemente la pensano diversamente, quindi riaumentano il
dosaggio di cortisone e lo riportano a 2mg pro kilo come all’inizio, visto che ha funzionato bene lo
riprovano e aggiungono anche delle immunoglobuline, tutto nell’ambito corretto del trattamento
della dermatomiosite. Ma il paziente non collabora, ritorna in ospedale perché sta male, gli
peggiorata la disfagia e gli è comparso un dolore e gonfiore nella mano destra e la parte, dove aveva
dolore, nella coscia destra, si gonfia, i globuli bianchi aumentano da 11.000 a 21.000 e il cpk
diminuisce da 13.000 a 1.800. A questo punto è chiaro che c’è stato un errore di metodo nel
considerare la debolezza come l’elemento cardine. Se si fosse fatta la biopsia allora sarebbe venuta
fuori una miosite aspecifica ma la diagnosi non è quella perché se si sbaglia il metodo non ci si
arriva con tutti gli esami che puoi fare, se ne possono fare 18.000 e non ci arrivi. Questo è un caso
eccezionale però il metodo è identico pure per i casi più semplici. Tutto quello che il paziente ha è
molto probabile che sia dovuto a una sola malattia, quindi tutti questi segni devono essere causati
dalla stessa malattia, per cui nella diagnosi differenziale di ognuno di questi segni c’è questa
malattia. Andiamo a cercare tra questi segni quello che ha il minor numero di diagnosi differenziale:
la debolezza muscolare e la miopatia sono aspecifici, qui c’è un elemento diverso che richiede un

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minimo di pratica clinica che è molto specifica. Questo paziente ha la febbre ma

è una febbre che dura da un mese, quindi una febbre cronica

è una febbre che in un mese non ha ammazzato il paziente

è una febbre che in un mese non ha dato segno da dove viene

è una febbre che si associa a una manifestazione di tipo immunologico

Quali sono le uniche due malattie che danno questo? Endocardite batterica. Ricordatevi che la
diagnosi si fa per esclusione non per positivo, escludendo tutto ciò che è impossibile. Il fatto che
non ci siano soffi non ti permette di escludere la diagnosi perché ci sono un sacco di endocarditi
che sono senza soffi. A questo punto, miracolosamente, nonostante la ciprofloxacina gli viene
positiva l’emocoltura, uno stafilococco meticillina-resistente, la TC del torace mette in evidenza
noduli bilaterali polmonari perché l’ecocardiogramma trans-esofageo ci dice che c’è un’endocardite
della valvola polmonare, quindi il soffio non si sente, nelle valvole a destra non senti nulla. Se
avessero fatto l’ecocardio prima l’avrebbero già vista la malattia. Comunque il sospetto gli deve
essere venuto perché per partire subito con un trans-esofageo vuol dire che si sospetta una valvola
polmonare, altrimenti l’aortica e la mitrale si vedono bene pure con il trans-toracico. La
problematica della coscia era un ascesso settico metastatico, il muscolo biopsizzato questa volta fa
vedere un’infiltrazione di granulociti neutrofili polimorfonucleati quindi compatibile con l’infezione
e il paziente poi, chiaramente guarisce con il trattamento antibiotico.

Data: 03/04/2017
Sbobinatore: Giulia Gasperini
Professore: Perricone
Materia: PS3 - Reumatologia
Argomento: Vasculiti

Vasculiti

Le vasculiti sono un insieme di condizioni morbose che nascono da un interessamento dei vasi
dovuto a fenomeni di base immunologica. I vasi sono di vari tipi e grandezza e danno l'irrorazione a
diversi organi e apparati, quindi le conseguenze cliniche delle vasculiti sono conseguenze varie e

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vaste.
C'è un'attivazione vasale del sistema immunitario, provocata spesso da agenti infettivi che invadono
l'endotelio, formazione di immunocomplessi, precipitati per condizioni predisponenti, che attivano
il sistema del complemento, che non riesce a eliminarli. Tra l'altro il complemento, attivandosi esso
stesso, da danno tissutale. Questi depositi creano danno a livello endoteliale. É l'esempio di
un'immunoreazione patogena di terzo tipo (esempio di primo tipo orticaria, secondo tipo il lupus,
anemie emolitiche autoimmuni).
Non sempre la noxa è riconosciuta, a volte viene ipotizzata. Nella vasculite leucocitoplastica, che
provoca l'orticaria vasculite, l'HCV è molto importante. Nella poliarterite nodosa è evidente il ruolo
dell'HBV.
La patologia può essere innescata anche da antigeni inalati, come nella malattia di Wegener o
antigeni derivati dal sangue come nella malattia di Takayasu. In questi casi l'inalazione o la
presenza di antigeni che in qualche modo non vengono più riconosciuti come tali, porta alla
sequenza di eventi che poi può portare a quelle particolari forme di vasculite.
Nella vasculite c'è dapprima una risposta di tipo umorale (anticorpi, complemento..una reazione
flogistica che porta alla formazione di essudato finale, con danno vascolare).
Spesso sono coinvolti polmoni e reni perchè hanno una fitta rete vascolare.
Citochine, TNF, INF, istamina, serotonina...anche queste vengono coinvolte nel processo
infiammatorio, assieme a tutta la cascata del complemento che porta alla formazione delle
aflatossine.
Le vasculiti posso essere classificate raggruppandole per omogeneità clinica, metto insieme quelle
più simili clinicamente, oppure raggruppandole andando a selezionare quali vasi vanno a
interessare, perché un conto avere una vasculite dei grandi vasi, un conto dei medi, un conto dei
piccoli. Le conseguenze, la patogenesi...saranno profondamente diverse. Ci possono anche essere
vasculiti che interessano contemporaneamente medi e piccoli vasi, per esempio. Bisogna tener conto
anche dei markers di laboratorio, alcune vasculiti ce li hanno, ci sono delle vasculiti che si chiamano
ANCA associate, anche gli anticorpi verso il citoplasma dei neutrofili sono presenti solo in alcune
vasculiti e sono un marker di queste, non all 100% di queste vasculiti ma al 70%. Se vengono
trovati aiutano nella diagnosi.
Altra classificazione è in base all'eziologia: in base ai sintomi, alla clinica, in base alla grandezza
dei vasi che sono interessati, posso farla perché c'è un particolare marker di laboratorio in alcune,
posso farla sulla base della eziopatogenesi di queste manifestazioni.
É bene vedere prima la classificazione clinica, poi , ancora più importante, la classificazione per
grandezza di vaso. Questa classificazione clinica ha il criterio di riunire per quanto possibile
vasculiti che hanno delle caratteristiche cliniche comuni. C'è un primo gruppo che si chiama gruppo
della panarterite nodosa, perché la capostipite di questo gruppo è proprio questa malattia, nel quale
gruppo sono presenti la panarterite nodosa classica, la sindrome di Churg Strauss, la
micropoliarterite e delle forme che tra queste overlappano, cioè hanno dei caratteri un po' di una
forma, un po' dell'altra.
Sempre della classificazione clinicopatogenetica, le vasculiti da ipersensibilità, la porpora di
Schonlein, la malattia da siero,vasculiti in corso di malattie infettive, di neoplasie, di connettiviti, di
difetti complementari...queste sono vasculiti da ipersensibilità, vuol dire che sono delle vasculiti per
le quali la risposta immunologica è evocata da una sbagliata risposta a elementi che di per se non

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sarebbero patogeni. Poi c'è la granulomatosi di Wegener, che qui è messa a parte, nell'altra
classificazione non è messa a parte, poi ci sono due malattie che sono arteriti a cellule giganti, che
sono esattamente l'arterite temporale, o malattia di Horton, e la malattia di Takayasu, queste due
arteriti a cellule giganti sono giganti pure per quanto riguarda la grandezza dei vasi che vanno a
interessare, quindi qui si trova una corrispondenza tra la classificazione per grandezza di vasi e la
classificazione clinica, poi altre che non trovano un posto meglio identificato in questo tipo di
classificazione, tra le quali l'eritema nodoso, che è frequente andarlo a trovare nei pazienti,
vasculiti del sistema nervoso centrale, malattia di Kawasaki e la malattia di Behcet. Kawasaki era
un ricercatore giapponese, ci sono almeno due forme che sono riservate ai ricercatori giapponesi, la
Takayasu e e la malattia di Kawasaki, per un motivo di maggiore diffusione di queste forme nei
paesi d'origine, lo stesso per la malattia di Behcet, che è un dermatologo turco, questa malattia è
molto diffusa in Turchia, quindi nel 1937 questo dermatologo la descrisse, e i turchi hanno una
grossa casistica. Nel 1994 però si è cercato di mettere un ulteriore ordine, e si è fatta una riunione
per fare quella classificazione delle vasculiti secondo le vasculiti dei grandi vasi, dei medi vasi e dei
piccoli vasi. Si deve fare per dovere di completezza la classificazione clinica perché conoscerla può
far comodo , per sapere e ricordarsi a che cosa possono andare incontro i pazienti.

Quali sono i grandi vasi? L'aorta, i suoi rami, che sono diretti verso le maggiori regioni del corpo,
per esempio verso la testa, verso le estremità, quindi i rami più grossi, mentre le arterie di medio
calibro sono quelle che asserviscono per i visceri, per esempio l'arteria renale, l'arteria epatica,
l'arteria coronarica, l'arteria mesenterica. Di piccolo calibro sono tutte quelle arterie che si
connettono con arteriole, poi vanno verso i capillari, però la classificazione non può essere netta,
nel senso che delle volte noi possiamo avere delle arteriti che vanno a cogliere arterie di piccolo
calibro insieme ad arterie di medio calibro. Quando poco fa abbiamo parlato della classificazione
clinica, abbiamo visto due entità nosologiche che abbiamo detto essere clinicamente omogenee,
sono arteriti a cellule giganti, saranno omogenee anche quando andremo a parlare di classificazione
in base alla grandezza dei vasi, in particolare sono due arteriti dei grandi vasi, è a cellule giganti,
quindi giganti, per ricordarlo in tutti i sensi, sia per la cellularità che per la topografia. Una è
l'arterite temporale.
Bisogna fare un passo indietro, perché esiste una malattia reumatologica che conviene conoscere,

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perchémolto diffusa, ed è la polimialgia reumatica, la più benigna delle malattie reumatiche, che
vengono a individui sopra ai 50 anni, ed è caratterizzata da una infiammazione non devastante, che
non fa danno, muscolare a livello del cingolo superiore e del cingolo inferiore, quindi questi
pazienti hanno dei dolori mostruosi per un periodo a livello di questi cingoli, quindi diventano
inabili a pettinarsi, a mettersi un cappotto, ad alzarsi dalla sedia, viene nelle persone sopra ai 60
anni, qualche volta sopra ai 50, è caratterizzata da aumento straordinario di VES e PCR, non avendo
altri markers, ma è benigna, è riconoscibile dalla polidermatomiosite, perché in questa c'è
distruzione muscolare e quindi ci sono enzimi muscolari, c'è mioglobina, CDK, LDH elevati, ci
sono anticorpi anti JO-1 e da luogo a dei danni che sono visibili per esempio attraverso l'esame
elettromiografico. Della polimialgia reumatica tutto questo non c'è,anche se i sintomi sono violenti
la distruzione muscolare non avviene, la malattia è reversibile in un tempo variabile e risponde
starordinariamente alla terapia corticosteroidea, che qui è vitale. Quando va via questa polimialgia
reumatica non lascia danno. CASO CLINICO: a me capitò anni fa un vecchio generale dei
carabinieri, aveva 96 anni, mi raccontava la moglie che lui fino a 2 mesi prima ancora saliva a
raccogliere la frutta dagli alberi, ma era molto provato, perché raggiungi un'età e sviluppi una
malattia così debilitante. Ora il discorso è questo, feci la diagnosi di polimalgia reumatica, gli
assicurai che avrebbe avuto una restitutio ad integrum, che è un po' un azzardo ad un uomo di
quell'età, anche con altre comorbidità, lui è stato bene un primo periodo poi non l'ho più sentito.
Dopo 3-4 anni mi scrive una mail chiedendomi un appuntamento, viene a studio, guarito
completamente, per portare la moglie con l'artrosi, quindi anche in un soggetto così anziano si può
avere una restitutio ad integrum.
C'è un problema nella polimialgia reumatica, che in una parte delle forme di polimialgia reumatica
si può inserire l'arterite a cellule giganti, cioè la malattia di Horton. Questa arterite temporale è
un'arterite granulomatosa a cellule giganti dell'aorta e dei suoi rami maggiori, con una predilezione
per i rami extracranici dell'arteria carotidea, e poi i rami che vanno agli occhi, quindi viene spesso in
pazienti sopra ai 50 anni perchè si accompagna spesso o è preceduta dalla polimialgia reumatica, è
una malattia grave, perché è una malattia che può dare cecità e che merita poi una terapia molto
importante, quindi, poi la malattia di Takayasu, che è un'arterite granulomatosa dell'aorta e dei suoi
rami maggiori, usualmente avviene in pazienti più giovani di 50 anni, questa è una bella differenza.
CASO CLINICO: una volta venne una signora, che peraltro aveva avuto due figli, su questa
signora non c'era la possibilità di prendere il polso radiale, di misurare la pressione, perché aveva
sofferto lentamente di una malattia di Takayasu, che poi si era cronicizzata, aveva perso la sua
aggressività, ma le aveva creato un sacco di difficoltà circolatorie, che talvolta sono meritevoli di
intervento, e le aveva compensate con tanti danni collaterali. La cosa buffa è che andate a prendere
la cartella clinica dei suoi parti, c'era scritto che non riuscivano a prendere né la pressione né in
polso, però la cosa non li ha preoccupati molto, e la signora ha continuato a vivere abbastanza
discretamente e poi è venuta da me verso i 60 anni e ho potuto fare la diagnosi. Chiaro che se una
signora ha avuto dei problemi già di polsi non prendibili ecc..prima dei parti era giovane, quindi
questa è una malattia che può cominciare a interessare da giovani.
Malattia di Kawasaki: questa pure è un'arterite di medio calibro, ma anche di arterie un po' più
grosse o più piccole, però tipicamente va a interessare l'arteria coronaria, questo è importante perché
questa malattia avviene normalmente nei bambini, quindi avere una flogosi dell'arteria coronaria,
avere un problema coronarico da adulti/anziani ci può stare, certamente in un bambino no, e questa
vasculite interessa le coronarie in modo molto importante. Poi ci sono vasculiti dei piccoli vasi,
sono 3, la malattia di Wegener, che è un'infiammazione granulomatosa, che coinvolge il tratto
respiratorio, interessa piccolo e medio calibro, e questa ha frequentemente intanto un interessamento
delle vie aeree superiori, nella classificazione clinica si metteva tra quelle vasculiti da esposizione a

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allergeni,e al tempo stesso interessa una glomerulonefrite necrotizzante che è comune. La malattia
di Churg Strauss, che è una malattia nella quale l'eosinofilo gioca un ruolo fondamentale, con
un'infiammazione che evolve e coinvolge il tratto respiratorio e una vasculite necrotizzante che
coinvolge i vasi di piccolo e medio calibro e che è associata con asma e ipereosinoflilia. Ancora la
poliangioite microscopica, che è una malattia necrotizzante, che interessa i piccoli vasi e con una
glomerulonefrite ma anche con interessamento ormonale.
La classificazione delle vasculiti può essere anche su un marcatore tissutale o un marcatore di
laboratorio: es. nelle ANCA associate, questi anticorpi sono presenti nel 70 % di loro. Altre
vasculiti nei piccoli vasi, ricordiamo la porpora di Schonlein Henoch , che è una porpora con
dominanti depositi di IgA, che interessa i glomeruli, interessa l'intestino , la cute, ed è associata con
artrite ed altralgia. La crioglobulinemia essenziale, che è una vasculite con depositi di crioglobuline
nei piccoli vasi, che spesso può dar luogo a delle nefriti importanti o ad interessamenti a livello
della cute, e poi la leucocitoplasticagite che si ricollega indirettamente all'orticaria vasculite, nella
quale il fenomeno principale è la leucocitoplasi. Fatta questa lunga premessa, andiamo a vedere
quali sono le manifestazioni comuni. Come spesso accade nelle malattie infiammatorie, c'è sempre,
con o senza brivido, remittente o meno, la febbre, associata ad astenia e dimagrimento, nelle
vasculiti può avere maggiore impatto rispetto a altre malattie. La VES e la PCR sono molto spesso
elemento di misura dell'attività di malattia, possono dare luogo a sintomi cerebrali o cefalee, se
interessano l'apparato digerente danno luogo a dolore addominale, se interessano articolazioni e
muscoli danno luogo ad artralgie e mialgie, reni nefropatie ed ipertensione arteriosa dovuta alla
nefropatia, il SN daranno luogo a mononeuriti, vasculite dei vasa nervorum, i polmoni infiltrati
polmonari, come nella Churg Strauss, e possono dare luogo a fenomeni cutanei, come l'eritema
nodoso, la livedo reticularis, noduli sottocutanei, ulcere. Parlando di sintomi generali, se noi
pensiamo alla funzione dei diversi vasi, non è molto difficile immaginare quella che può essere la
conseguenza di un'infiammazione dei vasi rispetto ai distretti che hanno il dovere di irrorare e di
perfondere.

Porpora palpabile (foto), può avvenire in varie condizioni, in una vasculite di lupus, in una forma
infettiva...
Anticorpi ANCA: sono molto importanti, soprattutto nelle forme necrotizzanti, i cANCA hanno
una fluorescenza soprattutto citoplasmatica e pericitoplasmatica, caratterizzano la malattia di

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Wegener, e riconoscono come antigene la proteina C3. I pANCA, che danno fluorescenza
perinucleare, sono meno specifici e frequenti e sono diretti verso la mieloperossidasi. Non è che
basta la positività degli ANCA per fare una diagnosi di vasculite, al solito la diagnosi è
un'operazione complessa nella quale si assemblano più positività. Vediamo le generalità di terapia,
prima di affrontare malattia per malattia. La terapia può essere immunosoppressiva e normalmente
il ciclo che ha ancora maggiore successo è il ciclo secondo Fauci, ciclo nel quale si fanno boli di
prednisone, o alternati prednisone e ciclofosfatide, quindi terapia coi controfiocchi, con tanti effetti
collaterali, perché si avvale di alte dosi di cortisone e si avvale del meno manegevole degli
immunosoppressori. Anche qui le Ig ad alte dosi possono entrare come sostituti, ad alte dosi.
Talvolta si usano dapsone, colchicina...non in tutte le forme esiste una condizione così drammatica
da richiedere un trattamento così forte, in alcune si può temporeggiare e vedere cosa succede,
quindi intervenire magari solo quando c'è un'acutizzazione della malattia.
Abbiamo parlato per prima della poliarterite nodosa, è una malattia da immunocomplessi delle
arterie muscolari e delle arteriole, molto simile alla sua parente di gruppo, la malattia di Churg
Strauss, ma raramente ha interessamento del polmone. Età 50-60 anni, questa volta i maschi sono un
po' più colpiti delle femmine, e in questo caso c'è associazione netta con HBV. C'è infiltrato
polimorfonucleare alla biopsia, con necrosi fino all'obliterazione del vaso, tutte queste vasculiti
vanno da una condizione florida iniziale che è quella infiammatoria, a cui segue poi uno spegnersi
dell'infiammazione con residuo danno, poi si organizza tutto ciò che avviene quando il vaso è
danneggiato. In alcune è più lento, per esempio nella Takayasu, quindi posso non accorgermene, in
altre la fase infiammatoria è molto forte, quindi mi da un segnale precoce, in alcune mi accorgo
troppo tardi, in altre posso intervenire subito, prendiamo di nuovo il caso della poliarterite nodosa,
manifestazioni cutanee, orticarioidi e purpuree, lesioni nodulari e livedo reticularis, artralgie e
mialgie, coinvolgimento del sistema periferico, coinvolgimento d'organo, renale, intestinale,
pancreas, ulcere, infiammazione testicolare, coinvolgimento cardiaco ecc... Per i sintomi galoppanti
bisogna essere molto precoci nella diagnosi. Gli angiogrammi fanno vedere un quadro
aneurismatico molto importante di questi vasi, si osserva facilmente. Al livello della gamba si
formano grossi aneurismi.
Micropoliangioite: panarterite nodosa interessa piccole e medie arterie, nella micropoliangioite vasi
ancora più piccoli, c'è una nefropatia vascolare, una glomerulonefrite, ma gli elementi distintivi
sono che nella micropoliangioite gli ANCA sono positivi e non lo sono nella panarterite, mentre i
polmoni non sono coinvolti nella panarterite ma lo sono nella micropoliangioite.
Malattia di Churg Strauss: sempre malattia di piccoli e medi vasi, questa è una malattia rara, ad
eziologia sconosciuta, che ha predilezione per il sesso maschile, ed è una vasculite delle arterie di
piccolo e medio calibro e delle vene, nelle quali sono prevalenti ipereosinofilia ed asma. Questa
definizione è molto importante perché ci da il quadro della malattia. Churg e Strauss sono due
ricercatori che pubblicarono il quadro della sindrome nel 1950, ma la cosa singolare di questa
pubblicazione, è che loro le caratteristiche di questa malattia non le evinsero dall'osservazione di
pazienti in trattamento, ma dall'osservazione autoptica di pazienti che erano affetti, perché è una
malattia relativamente rara.
Ci colpisce la partecipazione degli eosinofili, la storia di asma,è una malattia che fa da ponte tra la
patologia e immunologia clinica e l'allergologia. Ci colpisce anche la predilezione del sesso
maschile, ma tra le vasculiti è più frequente. É una vasculite granulomatosa con infiltrato eosinofilo,
associata ad una storia allergica. Cute: porpora, in laboratorio grande aumento della VES e una
spaventosa ipereosinofilia (anche 40-50 % della formula leucocitaria), aumento delle IgE totali,
nella biopsia arterite necrotizzante. É una malattia grave, se non trattata c'è sopravvivenza del 5 %,

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se trattata con steroidi e ciclofosfatide a 7 anni si rileva una sopravvivenza dell'80 %. Per l'asma
bronchiale ci sono tante terapie, usata per tanto tempo anche la terapia steroidea per via generale,
via locale, come broncodilatatrici ecc...relativamente recentemente impiego di antileucotrieni.
Quando questi furono messi in commercio, dei pazienti con asma che da tanti anni erano in
trattamento con corticosteroidi, slatentizzarono una malattia di Churg Strauss, per cui si pensò a
primo acchitto che fossero gli antileucotrieni stessi a provocare la malattia di Churg Strauss,
attraverso lo studio di casistiche, succedeva che questi pazienti avevano un'asma bronchiale ed
erano in cura da anni con steroidi cronici,siccome l'asma migliorava con gli antileucotrieni il
medico curante ritirava la terapia steroidea, questo ritiro faceva venir fuori la malattia sottostante.
Questo legame è stato sciolto in modo netto attualmente.
Criteri diagnostici di un paziente con Churg Strauss: storia di asma bronchiale, ipereosinofilia
almeno superiore al 10%, poi può avere mono o polineuropatia, infiltrati polmonari non fissi, può
avere eosinofili anche extravascolari, la positività di quattro di questi segni ci permette la diagnosi
con una specificità del 97 %, una sensibilità dell'85 %, permette di diagnosticare una sindrome di
Churg Strauss.
CASO CLINICO: una volta fui chiamato come consulente dal tribunale, c'era un radiologo che si
trovava di fonte ad una signora che era in cura in un grande ospedale romano, di 40 anni, la quale
aveva avuto un'asma bronchiale, andava in day hospital per curare quest'asma, aveva avuto almeno
3-4 episodi che erano stati diagnosticati come broncopolmonite, c'erano infiltrati granulomatosi che
ora stavano da una parte, ora dall'altra..aveva una storia di sinusopatia, aveva una ipereosinofilia
elevata. Questi dottori non fecero la diagnosi di malattia di Churg Strauss, questa donna ebbe una
coronarite ed ebbe un infarto miocardico grave a 40 anni. Diedi ragione alla donna data l'evidenza
dei segni e sintomi relativi alla patologia.
Malattia di Wegener: è una vasculopatia granulomatosa, necrotizzante delle vie aeree con
gromerulonefrite e vasculite dei piccoli vasi. Predilige anche questa i maschi, attorno ai 40-50 anni.
C'è una correlazione con il CMV, c'è infiammazione delle arterie e delle vene, esordio con sintomi
respiratori, rinorrea massiva e mucopurulenta, con febbre settica, per sovrainfezione, con emottisi,
tosse, con compromissione renale molto importante in questi pazienti, rapidamente evolutiva.
C'è un aumento molto forte della VES, ci sono ulcere del palato, ci sono multipli noduli escavati a
livello toracico, anche qua terapia con ciclofosfamide come la più importante. Il naso
anatomicamente viene devastato, tutto il tratto respratorio superiore viene preso da questa
infiammazione granulomatosa. Ci può essere anche coinvolgimento oculare. Noduli spesso escavati,
regressione importante con terapia con ciclofosfatide.
Forme dei grandi vasi (messe insieme anche clinicamente): malattia di Takayasu. Prevalenza di
interessamento femminile, comincia da giovani, siccome è meno aggressiva può andare avanti
molto tempo, spesso può essere un semplice riscontro strumentale. Tipo 1: aorta e suoi rami
principali, tipo 2 aorta toracica discendente o addominale, tipo 3 sia arco aortico che parte toracica e
addominale, tipo 4 interessamento anche a livello polmonare. In questa malattia sono molto evidenti
le due fasi, una prima fase è quella infiammatoria, con sintomi clinici e di laboratorio aspecifici,
senza vasculite evidente, quindi infiammazione vera e propria, poi c'è la fase vasculitica nella quale
il danno prodotto dalla fase infiammatoria viene a manifestarsi a livello circolatorio e si hanno dei
disturbi di irrorazione. Infine c'è una fase cronica occlusiva che è la terza fase, qui non trovo più i
segni di flogosi ma i reliquati dei danni fatti, con quadro polimorfo di occlusione arteriosa, che
siccome è avvenuta molto lentamente molto spesso può essere stata sostituita da vie collaterali. Qui
la diagnosi di laboratorio è del tutto impossibile perché l'infiammazione è spenta, la diagnosi si basa

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sulla geografia, e il paziente va seguito per la sua eventuale evoluzione aneuritica. Terapia:
soprattutto nella fase infiammatoria, generose dosi di corticosteroidi, con o senza ciclofosfamide,
fino al bolo, o a 1 mg/kg peso. Nella terza fase mi devo rivolgere al chirurgo vascolare, perché se
c'è un danno sensibile rimuove gli elementi che portano all'ostruzione. La seconda entità di queste
vasculiti dei grandi vasi è l'arterite di Horton, o arterite a cellule giganti o arterite temporale, questa
è l'arteria maggiormente presa, ed è una vasculite panarteritica, quindi di molte arterie, ad eziologia
sconosciuta, caratterizzata da infiltrato mononucleare a cellule giganti, con formazione di
granulomi, interessate anche altre arterie oltre alla temporale, come quelle che originano dall'arco
aortico, e molto importante delle arterie riferite all'occhio, perché questa condizione può dare spesso
luogo a disturbi del visus o cecità. Quadro con cefalea temporale, mal di testa sulla tempia, si vede
l'arteria temporale irregolare, nodosa, dura, pulsante, sopra può esserci un eritema cutaneo. Possono
avere claudicatio mandibolare, hanno difficoltà a masticare, possono essere interesste l'irrorazione
dell'articolazione temporomandibolare, possono avere diplopia con cecità, viene presa l'arteria
retinica, sarà utile fare fluorangiografia per andare a vedere la situazione, ci saranno sintomi
generali di infiammazione, dosare gli indici di flogosi, fare biopsia temporale, è facile, non invasiva,
l'arteria è superficiale e mi da una diagnosi incontrovertibile. La terapia in queste forme è una
terapia a base di steroidi, boli eventualmente nei casi refrattari.
Foto: arteria temporale, necrosi del cuoio capelluto, può essere eritematosa, ma può andare incontro
a necrosi, per la spaventosa infiammazione, questi pazienti possono avere un'ischemia retinica,
perché viene interessata l'arteria retinica e possono perdere la vista, ecco perché anche qui la
diagnosi deve essere tempestiva e veloce. Ci può essere interessamento di aorta, succlavia.
Differenze tra Takayasu e arterite temporale: tutte e due dei grandi vasi, le femmine sono molto
predilette nella Takayasu. La Takayasu è più del giovane, la temporale dell'anziano, tutte e due
istopatologia granulosa, la Takayasu prende dei rami ancora più grandi, oltre ai rami dell'aorta,
mentre i rami esterni della carotide sono propri dell'arterite temporale, l'HLA B52 è importante per
la Takayasu, HLA DR4 per la temporale. Il decorso è cronico nella Takayasu, cioè è più sopportata,
mentre è autolimitante nell'arterite a cellule giganti. In tutte e due la risposta terapeutica è
eccellente. Nell'arterite di Horton non c'è bisogno dell'intervento del chirurgo.
Polimialgia reumatica: può associarsi a arterite temporale o precederla, molte volte è un quadro
isolato a se. L'altro aspetto è che va fatta una diagnosi differenziale rispetto alla polimiosite, ma ha
dei sintomi anche abbastanza forti, rispetto al fatto che non lasci danni, di sicuro i sintomi sono
consistenti. In questo quadro gli enzimi muscolari sono normali, nella polimiosite no,
l'elettromiografia è normale nella polimiosite, la biopsia muscolare è diagnostica nella polimiosite,
qui non lo è, c'è un'alterazione della LES e della PCR che possono essere molto alte, va fatta una
terapia steroidea (primo farmaco da usare). Forme sfuse: malattia di Kawasaki, è una patologia
febbrile acuta del giovane, spesso bambino di 8-9 anni, con febbre persistente, insensibile agli
antibiotici, con aridità delle labbra e del cavo orale, edemi distali, esantema, congiuntivite,
stomatite, mucosite, eritema del palmo della mano, e della pianta dei piedi, grave, per arterite
coronarica cronica aneurismatica.
La malattia di Kawasaki vede un ruolo importante nei fattori infettivi, sono stati dimostrati
l'importanza dello Streptococco e dello Stafilococco, ha una certa mortalità, soprattutto per le
coronariti. In questa malattia, che tende facilmente a dare luogo a aneurismi coronarici, i
corticosteroidi sono controindicati, mentre è indicata l'aspirina ad alte dosi e le Ig endovena ad alte
dosi.
Panniculiti: eritema nodoso, molto frequente, con aree della cute calde al termotatto, rosse, estese,

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fluttuanti, e normalmente viene a livello delle cosce o delle gambe. Questo eritema nodoso può
avere cause infettive, può essere l'epifenomeno di una malattia sistemica, una malattia
infiammatoria intestinale, può dare l'eritema nodoso, una malattia di Becet, una neoplasia, la
sarcoidosi...altre volte possono essere forme in relazione all'assunzione di farmaci, come composti
bromati e iodati, sulfamidici, penicillina ed estroprogestinici. La gran parte delle forme sono
idiopatiche. Crioglobulinemie, perché in circolo ci possono essere queste crioglobuline che possono
precipitare a temperature basse e ridisciogliersi ad un successivo riscaldamento. Per verificarle va
fatto un prelievo di sangue a caldo,mantenendo la temperatura alta anche in provetta. Molte volte
può essere secondaria a malattie linfoproliferative come il lupus, la sindrome di Schogren, l'artrite
reumatoide, la panarterite nodosa, la polimiosite, la cirrosi biliare primitiva e la malattia di Becet.
Oppure può essere secondaria a malattie infettive, virali, batteriche, parassitarie. Ci sono vari tipi di
crioglobulinemie, quelle monoclonali, o di tipo secondo, in genere IgM, reumatoidi, che precipitano
a freddo, oppure policlonali. Il quadro clinico è caratterizzato dalla malattia di base. Ci sono necrosi
acroasfittiche in diversi distretti, nelle zone fredde, perché queste crioglobuline è'recipitano a
freddo. Pure interessamento renale.
Malattia di Becet: è una vasculite sistemica grave, ad interessamento venulare, caratterizzata dalla
presenza di stomatite aftosa, ulcere genitali ed uveite. La diagnosi si fa se io ho davanti un soggetto
con ulcere orali ricorrenti, almeno 2 che si scavano e che danno fastidio, insieme con ulcere genitali
grandi, lesioni oculari, lesioni cutanee. Se pungo la cute di questi soggetti, può formarsi una lesione
papulopustolosa. La diagnosi differenziale va fatta con la stomatite aftosa, nella Becet ulcerano
profondamente, ma si accompagnano alle ulcere genitali e a quelle cutanee ecc..possibile
interessamento a livello scrotale. Trattamento: con corticosteroidi e ciclosporina,
immunosoppressori...scelti a seconda della gravità. Se seguito bene la malattia non sfugge di mano.

Data: 06/04/2017
Sbobinatore: Alessandro Bocci
Professore: Perricone
Materia: PS3 - Reumatologia
Argomento: Sclerosi sistemica

Sclerosi sistemica

Per molto tempo è stata chiamata sclerosi sistemica progressiva ma a me non piace come
definizione perché dà l’idea di una malattia inguaribile e certamente non ha un buon effetto sul
paziente che si sente fare una diagnosi del genere. Purtroppo nei nuovi LEA (Livelli essenziali di
assistenza, fissati dal ministero della salute) è stata reintrodotta questa definizione obsoleta, per cui
oggi siamo comunque costretti ad usarla negli atti burocratici. Al di là di questo però, il
provvedimento è stato molto importante per far rientrare la sclerosi sistemica fra le malattie rare,
con tutte le facilitazioni che comporta nella gestione di questa malattia. Le malattie con
interessamento della cute sono state fra le prime ad essere descritte e nelle pubblicazioni antiche, già
nel 1753, Curzio segnalò una donna di 17 anni con tensione ed indurimento della pelle e difficoltà
nell’aprire la bocca. Circa un secolo dopo fu coniato il termine da Gintrac di “sclerodermia”, ossia
“pelle dura”. Fino agli anni ’20 del secolo scorso si è parlato dei sintomi cutanei, analogamente al
LES, e solo molto dopo si è visto che è una malattia ad interessamento multiorgano.

La definiamo quindi come una malattia autoimmune sistemica reumatica caratterizzata da tre ordini
di alterazioni morfologiche:

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Vasculopatia obliterativa dilatativa degli elementi del microcircolo.
Deposizione di collagene nell’interstizio
Infiltrati perivascolari ad espansione oligoclonale

I vasi cosi attaccati dal fenomeno immunologico reagiscono in un primo momento cercando di
proliferare, di vicariare questa difficoltà; nel mentre, e successivamente anche dopo, di questa
sofferenza vasale vi è la deposizione nell’interstizio di collagene e di altri elementi della matrice,
con il processo che da infiammatorio determina un indurimento del tessuto interessato, non solo
della cute ma anche a livello di altri organi. L’infiammazione continua e si creano degli infiltrati
perivascolari con pochi cloni cellulari che sono però evidenti ancora nelle fasi precoci perché poi
nelle fasi tardive è tutto “inzeppato” di tessuto connettivo e che sono indicativi di una risposta
autoimmune che è guidata dall’antigene. Ci sono quindi degli antigeni che guidano una risposta
autoimmune in quella sede dando luogo al problema endovascolare, perivascolare e alla deposizione
di collagene nello spazio interstiziale. In uno stesso paziente questi tre elementi sono espressi a
livello diverso e anche secondo modalità diverse nei diversi organi, alcuni possono essere ancora
riempiti solo dall’alterazione vascolare e altri nei quali la deposizione del connettivo è già molto
avanzata. C’è una estrema variabilità all’interno dello stesso paziente e dei suoi organi e un’estrema
variabilità di presentazione fra i diversi pazienti, mettendo il clinico in grande difficoltà perché le
casistiche non sono ampie, la gravità è alta, gli studi clinici sono difficoltosi e la variabilità di
presentazione è molto alta in modo che un approccio con delle linee guida che comprendano in
modo inequivocabile tutte le sfaccettature di questa malattia sono difficili.

EPIDEMIOLOGIA
Per quanto riguarda l’incidenza siamo attorno ai 10/20 casi per milione l’anno, la prevalenza è
invece circa di 300/400 casi per milione. Solo a Roma ci sono circa 2000/3000 (?) casi che
comunque sono molti. Il rapporto fra femmine e maschi è fra i 3:1 e 15:1 nelle diverse casistiche e
comunque una presenza di femmine più massiccia in età fertile, fra i 15 e i 45 anni. Quindi
l’elemento ormonale è molto importante e l’età d’esordio non è quindi avanzata. Non è stato
riscontrato un ruolo genetico preminente, differentemente da altre malattie sistemiche autoimmuni,
ma c’è concordanza fra i gemelli omozigoti ed è stata registrato un aumento di incidenza all’interno
della stessa famiglia.

PATOGENESI
Quindi nella patogenesi ci sono tre elementi: il danno vascolare, l’attivazione immunologica e la
fibrosi. Sono presenti in fasi diverse, successive, ma possono convivere nello stesso paziente a
livello dei diversi organi con espressività diversa e ciò vuol dire che in un paziente il danno su un
organo può essere maggiore rispetto ad un altro organo. Quindi nella patogenesi, su un substrato di
sesso e condizione ormonale e un po’ anche genetico, si inseriscono sostanze chimiche o agenti
infettivi similmente alle altre malattie autoimmuni. A questo corrisponde un’attivazione di
autoimmunità umorale e cellulare; sono stati rilevati infatti degli anticorpi che hanno il vantaggio di
essere specifici (nel LES gli ANA e antiDNA non sono specifici ad es.) e un’attivazione cellulo-
mediata che portano ad un danno all’endotelio e quindi ad una ulteriore esposizione di autoantigeni,
con ulteriore danno dei capillari che tendono a desertificarsi. Conseguentemente abbiamo
un’ischemia tissutale cronica, a lenta insorgenza, che può portare ad una insufficienza d’organo. Nel
frattempo abbiamo anche la deposizione di connettivo e l’indurimento dell’organo interessato ed
questo meccanismo l’organo reagisce con una produzione di nuovi capillari da vasi preesistenti e di
nuovi vasi e riparazione dei vasi danneggiati. Questo porta ad una compensazione molto parziale
del danno subito. Quindi infiammazione, danno vascolare, desertificazione, parziale
neoangiogenesi, infiammazione perivascolare, deposizione di collagene.

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CRITERI CLASSIFICATIVI

Criteri maggiori: Il criterio maggiore è quando ci ritroviamo di fronte ad una sclerosi cutanea
bilaterale e simmetrica prossimale alle articolazioni
metacarpofalangee e metatarsofalangee.

Criteri minori: sclerodattilia perché la prima parte interessata dal processo di


desertificazione è il microcircolo, cicatrici digitali o ulcere, fibrosi
polmonare bibasale che c’è anche in altre malattie autoimmuni ma
qui è un caposaldo molto importante.

I criteri sono soddisfatti quando si presenta il criterio maggiore o 2 criteri minori. Anche in questa
malattia si cerca di dare un indirizzo che permetta una diagnosi precoce perché ora, rispetto al
passato, le terapie per le insufficienze d’organo sono molto avanzate ma ci sono anche trattamenti
che vanno incontro alla malattia vera e propria. Quindi si impongono queste linee di riferimento per
fare diagnosi precoce.

(Nella foto sono ordinati non per frequenza ma in ordine di appropriatezza, quindi dai più vicini ed esclusivi
alla malattia e in fondo i più comuni anche ad altre malattie)

Ci sono poi altri indici sierologici e strumentali da considerare. Il primo è la sclerosi cutanea che è
l’elemento più appariscente e tutta una serie di elementi di laboratorio: ci sono gli anticorpi che
possiamo dividere in anti-centromero e in anticorpi anti-Scl-70 che sono i caposaldi diagnostici
di questa malattia. Poi abbiamo cicatrici ai polpastrelli, crisi renale sclerodermica, fenomeno di
Raynaud (normalmente insorge in prossimità dell’inizio della malattia), sfregamenti tendinei,
disfagia da alterata motilità dell’esofago per dilatazione, calcinosi sottocutanea, angectasie,
ipertensione arteriosa polmonare, riduzione indici di funzionalità polmonare, riduzione dello
scambio di ossigeno nei polmoni DLco, reflusso gastroesofageo.

Le maggiori società che si occupano di queste malattie sono l’EULAR (European League Against
Rheumatism) e negli USA la ACR, American College of Rheumatology, che hanno dato un
contributo con dei criteri ancora più moderni rispetto a quelli che abbiamo visto, con l’idea di

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includere sempre più pazienti per non omettere nessuno. La CLASSIFICAZIONE ACR (2012) si
fa sulla base di uno score che prende in considerazione diversi parametri ed a cui attribuisce un
punteggio:
Inspessimento della cute delle dita (dita tumefatte, sclerosi cutanea distale alle metacarpofalangee)
Lesioni dei polpastrelli (ulcere, cicatrici)
Teleangectasie
Pattern capillaroscopico sclerodermico (valutato mediante illuminazione ad ingrandimento a livello
del letto ungueale tramite capillaroscopio e vediamo un pattern con rallentamento del flusso,
ectasie, trombosi dei microvasi)
Ipertensione arteriosa polmonare o interstiziopatia polmonare
Fenomeno di Raynaud
Anticorpi marcatori anti-centromero o anti-Scl 70 o anti-RNA polimerasi III

La condizione è classificabile come Sclerosi Sistemica se la somma dei punteggi è >9.

La classificazione distingue due forme principali, due sottogruppi clinico-sierologici che hanno
probabilmente una patogenesi diversa e quindi sono separate:

La SSc a sclerosi cutanea diffusa (dcSSc) che è una forma più grave in cui l’intervallo fra
l’emergenza del fenomeno di Raynaud e la sclerosi cutanea è meno di un anno. La sclerosi cutanea
è molto estesa ed a carico degli arti e del tronco, c’è interessamento tendineo, una grave
interstiziopatia polmonare a sviluppo precoce, crisi renale, miocardiopatia e sofferenza
dell’apparato gastroenterico, NON ci sono anticorpi anti-centromero (ma positivi gli anti-Scl70) e ci
sono aree avascolari alla capillaroscopia.

Nella forma SSc a sclerosi cutanea limitata (lcSSc) il fenomeno di Raynaud può durare per anni
prima dell’insorgere della malattia, la sclerosi cutanea è confinata alle mani ed al volto e non essere
ben chiara, sviluppo tardivo dell’ipertensione polmonare, c’è alta prevalenza di anticorpi anti-
centromero (che distingue le due forme ed è quindi un importante criterio prognostico), alla
capillaroscopia i capillari sono dilatati ma difficilmente ci sono aree avascolari con capillari
distrutti.

Nei libri troverete una terza forma che però non fa parte della vera e propria Malattia Sclerodermica
che è la Sclerodermia localizzata, che è un fenomeno non sistemico con forme molto limitate che
non hanno legame con la malattia sistemica di nessun tipo, quindi è un’altra cosa. Non confondete
quindi il termine limitata con localizzata.

L’importane è che vi ricordate che gli anticorpi anti-centromero sono tipici della forma limitata,
mentre gli anti-Scl70 sono presenti nella forma diffusa, e a livello laboratoristico ci danno
un’informazione importante per quella che sarà l’evoluzione della malattia.

MANIFESTAZIONI DI ESORDIO

Fenomeno di Raynaud che può essere isolato o associato ad altre manifestazioni


Dita tumefatte
Sclerosi cutanea
Artrite
Disfagia
Melanodermia
Sierositi
Manifestazioni generali presenti soprattutto nella dcSSc (astenia, facile affaticabilità, calo di peso,

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febbre)
Rari casi di esordio con manifestazioni diverse: fibrosi polmonare, miocardiopatia, crisi renale
sclerodermica

Abbiamo parlato più volte del Fenomeno di Raynaud che è un evento vasospastico parossistico,
scatenato dal freddo o da stati emozionali e caratterizzato, nella sua espressione classica in tre fasi:
da pallore (fase ischemica), cui segue cianosi (fase asfittica) e rossore (fase iperemica reattiva). Ci
possono essere torpore e parestesie, le mani rappresentano la sede più colpita ma possono essere
interessati anche i piedi, i padiglioni auricolari, il naso, la lingua cioè tutto ciò che ha un
microcircolo distale. In una piccolissima percentuale di pazienti di SSc non vi è Fenomeno di
Raynaud, in questi casi sono più frequenti la nefropatia e la miocardiopatia e la prognosi è più
severa. Per quanto riguarda la fisiopatologia del fenomeno di Raynaud possiamo distinguere tre
forme: nelle malattie del tessuto connettivo e nelle vasculiti abbiamo delle alterazioni strutturali
della parete vasale, nelle malattie da iperreattività del simpatico (sindrome dello sbocco toracico,
uso di strumenti vibranti) o nelle malattie endocrine (feocromocitoma, ipotiroidismo) o in seguito a
cause iatrogene (beta-bloccanti) abbiamo un’alterazione del tono vascolare ma non un’alterazione
della parete, infine abbiamo delle forme da iperviscosità della parete come nel caso di trombocitosi
o paraproteinemie. Nel caso della Malattia Sclerodermica il Fenomeno di Raynaud è correlato ad
una alterazione della struttura della parete vasale.
Per quanto riguarda l’algoritmo diagnostico del Fenomeno di Raynaud faccio da una parte la
capillaroscopia e dall’altra gli ANA con la tecnica dell’immunofluorescenza e se sono presenti vado
a vedere se ci sono marcatori di sclerosi sistemica, se invece non sono presenti faccio diagnosi di
una connettivite indifferenziata. Se faccio la capillaroscopia e il quadro è normale, e sono assenti gli
ANA, posso dire che è un fenomeno di Raynaud non legato ad una connettivite. Posso avere anche
una capillaroscopia con un quadro aspecifico e rientriamo in una situazione di connettivite
indifferenziata, cioè quelle forme che non hanno preso ancora una strada ma costituiscono un’entità
gnoseologica ben precisa. Posso avere dei capillari o delle aree avascolari e allora posso avere in
quel caso una Sclerosi Sistemica. Nel caso di uno sclerodermico, a differenza di altre cause di
Fenomeno di Raynaud, possiamo riscontrare anche all’ispezione delle ulcere.

Ora parliamo della cute in cui abbiamo diverse fasi:


Edematosa che interessa dita di mani/piedi, dell’infiammazione quindi puffy finger
Sclerotica con indurimento del connettivo
Atrofica dovuta al diradamento capillare

(descrivendo le immagini) La sclerosi delle mani può portare le mani ad un atteggiamento in


flessione obbligata e quindi il paziente ha difficoltà ad estenderle. Il volto della sclerodermica in
fase avanzata è un volto inespressivo per l’indurimento della pelle che impedisce la mimica
facciale. L’indurimento può interessare anche articolazioni, con flessione obbligata del gomito ad
esempio. Ci possono essere poi delle forme di pseudo vitiligine in cui non c’è colorito della pelle,
associate magari anche a melanodermia quindi pelle più scura con delle chiazze chiare di pseudo
vitiligine.

Per quanto riguarda l’apparato gastrointestinale abbiamo nel cavo orale una microglossia e le
mucose possono avere tutte le alterazioni della cute (teleangectasie, indurimento, retrazione
gengivale). A livello esofageo abbiamo dilatazione con difficoltà alla peristalsi, questo interessa
anche lo stomaco con un senso di pienezza, di dilatazione, atonia gastrica. L’intestino è ipomobile,
questi sono soggetti stitici perché l’intestino non fa più la funzione peristaltica che può dar luogo
anche a delle infezioni e di assorbimento. Ipomotilità anche del colon e quindi maggiormente stipsi
visibile con fenomeni pseudo ostruttivi ma anche la presenza di diverticoli perché le pareti vanno in
atrofia e cedono, ma vedremo che questi diverticoli hanno delle caratteristiche diverse; nella

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diverticolosi comune i diverticoli hanno una bocca stretta, nella sclerodermia hanno una bocca
grande perché grande è lo sfiancamento. Può essere interessato anche il pancreas con una riduzione
delle secrezioni pancreatiche. Il fegato per lo più è risparmiato, ma bisogna stare attenti alle forme
di overlap con le formi di cirrosi biliare primitiva che possono interessare il fegato.

Nel polmone abbiamo interstiziopatia, la deposizione di collagene a livello tissutale che alla TC
vediamo come un’immagine di fibrosi ground glass. Questa fibrosi polmonare porta chiaramente a
una limitazione della funzione respiratoria e poi ad ipertensione polmonare che è l’altro elemento
molto importante. L’ipertensione polmonare dipende soprattutto da una vasculopatia delle arterie
polmonari di piccolo e medio calibro, dando luogo ad una dispnea severa e progressiva che può
evolvere in un quadro clinico di scompenso cardiaco congestizio. Quindi a questi pazienti oltre alla
capillaroscopia, ecografia articolare, studio dell’esofago (manometria o transito con pasto baritato),
studio della funzionalità respiratoria si vede come scambia l’ossigeno, TC del torace ed
ecocardiogramma con studio non invasivo della pressione polmonare, prove spirometriche con
studio degli scambi gassosi, oltre naturalmente ad uno studio complessivo della funzionalità renale.

Per quanto riguarda il cuore possiamo avere pericardite talvolta essudativa con poco versamento
talvolta con un versamento maggiore. Ci può essere un interessamento miocardico e la prima cosa
che può succedere è che ci sia fibrosi miocardica con perdita di contrattilità e della frazione di
eiezione, ci possono essere disturbi di conduzione con blocchi di branca, blocchi atrioventricolari,
aritmie sopraventricolari o ventricolari, valvulopatie. Come vedete è un po’ come il LES che va ad
interessare vari organi ed apparati.

Veniamo al rene che costituisce il problema principale per il LES, ma è anche un grosso problema
per la Sclerosi Sistemica in cui ha un esordio brusco, drammatico, con ipertensione maligna,
interessamento ingravescente, disturbi visivi, cui si possono associare disturbi secondari
all’ipertensione come cefalee, ictus. Importante è l’esame delle urine in cui abbiamo una discreta
proteinuria con aumento della attività reninica plasmatica ma alcune volte la malattia può anche
avvenire senza un aumento della pressione così consistente. Queste sono complicanze che
interessano principalmente i pazienti con dcSSc , talvolta all’esordio della malattia, ma in genere
dopo i primi 4 anni c’è l’interessamento renale.

L’apparato osteoarticolare non ci dà più indicazioni rispetto ad altre malattie autoimmuni


sistemiche ma sicuramente ci può essere artrite, tenosinovite e vi sono altre cose che ostacolano il
funzionamento articolare che abbiamo detto la sclerosi cutanea e anche il deposito di calcio che può
avvenire nel sottocute. I tendini sono molto interessati, si può avere sfregamento fino a rottura
tendinea e facilmente vi può essere polimiosite con interessamento muscolare. Vi può essere
un’artrite erosiva, io vi dissi che l’artrite del LES non è radiologicamente erosiva ma è erosiva la
condizione ecografica, qui l’artrite è erosiva anche con la diagnostica classica.

Naturalmente la cute non diventa sclerotica solo perché io ho una sclerosi sistemica, abbiamo detto
ad esempio della forma localizzata; ma ci sono anche altre patologie, come la fascite eosinofila,
malattie da chimici, il mixedema, la sindrome eosinofilia-mialgia, la fibrosi nefrogenica ma
certamente non con il quadro complessivo della sclerodermia.

Fatta la diagnosi dobbiamo analizzare la malattia, la dobbiamo possibilmente misurare. Qui ancora
non abbiamo degli indici di attività della malattia molto efficienti come per il LES o Artrite
Reumatoide ma ci si sta lavorando. Per esempio nella cute un aspetto è l’aumento di consistenza,
quindi quantificare anche quanto si è indurita, avremo lo Score di Rodnan che vedremo dopo molto
utile in questo senso. Per i vasi la severità del fenomeno di Raynaud e la presenza di ulcere digitali.

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Per le articolazioni i sintomi articolari. Per i muscoli il dolore e l’astenia muscolare. Per l’apparato
gastroenterico le difficoltà digestive, stipsi, disfagia. Per il polmone crepitii basali se c’è la pleurite,
se vi è un grosso interessamento fibrotico. Per il cuore sfregamenti pericardici, toni ovattati. Per il
rene l’ipertensione.

Non dovete imparare lo Score di Rodnan che si basa sulla misurazione, in determinati punti della
pelle tramite un plicometro, della rigidità della pelle e ad essa attribuire un punteggio nelle varie
localizzazioni per avere un punteggio complessivo.

DECORSO DELLA MALATTIA


È variabile da caso a caso e soprattutto è variabile tra gruppi diversi della malattia. La
sopravvivenza a 5 anni oggi è del 90%, a 10 anni è intorno al 80% e sono dati drasticamente
migliori rispetto a venti anni fa quando la sopravvivenza a 5 anni era del 30-40%. Nella forma
diffusa in genere miocardiopatia e pneumopatia sono ancora mortali, la nefropatia ancora ma meno
che in passato. Nella forma limitata il tallone d’Achille è l’ipertensione arteriosa polmonare. I fattori
prognostici sfavorevoli sono anemia, proteinuria, aumento della VES e diminuzione della DLCO
e/o dell’impegno clinicamente evidente alla presentazione di rene, cuore, polmone e apparato
digerente.

Al di là di questo l’impatto della malattia è molto forte, altera la qualità della vita e la capacità
lavorativa dei pazienti che ne sono affetti.

Altro aspetto che volevo sottolineare è come fino a poco tempo fa c’era la difficoltà di fare dei trials
clinici perché un singolo centro non può avere più mi 200 pazienti, quindi sono necessari degli studi
policentrici. Le nuove possibilità di studio, anche a livello europeo, hanno permesso di fare quindi
sperimentazione, di trovare nuovi farmaci utili per il microcircolo, per l’ipertensione polmonare, per
il danno endoteliale, che permettono di avere dei trattamenti sempre più appropriati oltre che il
trattamento generico delle singole patologie d’organo.

TRATTAMENTO
Il trattamento avviene innanzitutto per le singole patologie d’organo, quindi è una malattia
multidisciplinare in questo senso. Poi vi è il trattamento dell’insulto immunologico che prima si
tendeva a fare piano piano, dolcemente, ad oggi se il paziente ha una diagnosi chiara, magari una
forma diffusa, va incontro ad un trattamento aggressivo quindi con cortisone in bolo, con
Rituximab, con farmaci biologici immunosoppressori importanti soprattutto nelle prime fasi perché
l’esperienza ci dice che le complicanze, specie nelle forme diffuse, avvengono nelle prime fasi. Poi
c’è il trattamento del danno endoteliale e ci sono farmaci inibitori dell’endotelina, come il Bosentan,
e sono farmaci relativamente nuovi anche molto costosi che possono avere un ruolo importante nel
trattamento del danno endoteliale e quindi anche dell’aspetto polmonare e dell’aspetto acroasfittico,
circolatorio, più distale. Un altro farmaco molto importante per quanto riguarda la cute può essere
l’impiego di immunoglobuline e.v. ad alte dosi. Anche farmaci che si usano per l’impotenza come il
Sildenafil (Viagra), si usano in cronico nel trattamento delle condizioni acroasfittiche, in quanto
vasodilatatori, e migliorano anche la performance polmonare con dosaggi appositi più bassi da usare
quotidianamente.

Data: 10/04/2017
Sbobinatore: Anna Maselli

37
Professore:
Materia: PS3 - Reumatologia
Argomento: LES

LES

Vorrei farvi un esempio dei quiz, un prototipo di compito, così vediamo come vengono fatti e ci
serve anche da ripetizione.
Il primo quiz è: il lupus eritematoso sistemico (allora i quiz sono fatti da cinque domande di cui una
sola corretta)colpisce:

la risposta corretta è in rapporto di uno a nove per il sesso femminile, ecco questo ci serve anche per
ripassare.

Domanda 2

Facciamo una riflessione, noi abbiamo detto che colpisce di più le donne per gli ormoni, in età
fertile quindi preferibilmente 25-40 anni che è ancora età fertile, insomma basta ragionare.

Domanda3

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sono determinanti, a lezione abbiamo detto che provocano disturbi della clearance dei corpi
apoptotici residui dei cheratinociti che quindi vanno a fare da iperstimolo, abbiamo detto anche che
alla base di questa clearance è molto importante il c1q che però è fortemente consumato nel lupus.
Comunque abbiamo detto quanto ci sia questa fotosensibilità, un elemento che può far riattivare la
malattia; al pz vi ricordate che ho detto “signora è solo per la pelle”.

Domanda 4

Allora qui ne dice vari: gli antidsDNA, ci sono nel Les? Si! E vogliamo aggiungere che ci aiutano
nel diagnosticare la malattia col complemento come elemento di misura della attività di malattia.
gli antiRNP quando io ve ne ho parlato vi ho detto che sono più presenti nella connettivite mista
anche se presenti nel les.
antiNSM sono caratteristici del LES
quindi gli antifosfolipidi sono presenti, quanta gente ha una sindorme da antifosfolipidi secondaria
al les? Tanta.
Un’astuzia: per lo più se tre su Quattro ci sono allora sono tutte giuste, ultima risposta
Vi paiono difficili fin qui?

Domanda 5

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Andiamo all’inverso, noi abbiamo fatto una malattia l’altra lezione, nella quale è presente una di
queste, la calcinosi cutanea, quindi se la calcinosi cutanea è caratteristica di un’altra malattia (ma
non è detto che non ci sia nel lupus) e noi non l’abbiamo nominata con il lupus mentre tutte le altre
sono tipiche del lupus (l’eritema a farfalla, il lupus discoide, le lesioni papulo squamose
psoriasiformi, abbiamo detto il ventaglio di manifestazioni nel lupus è molto ampio, tra cui anche la
panniculite cutanea) allora la risposta è la calcinosi.

Domanda 6

quale di queste manifestazione può essere presente nel lupus?


Allora la meningite asettica si, ci può essere, infatti c’è il neuroles e c’è dentro quasi tutta la
neurologia.
stato confusionale (per malattia, farmaci, condizione renale e metabolica)
epilessia pure ci può essere, le psicosi anche possono esserci quindi la risposta è tutte.

Domanda 7

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Quale di queste manifestazioni ematologiche può essere presente?
L’ ipereosinofilia voi l’avete vista in due condizioni importanti di cui una ve ne ho parlato io e
l’altra è generica e fa parte di quel grande capitolo delle allergie; poi se vi ricordate l’abbiamo visto
insieme in particolare in una vasculite, la vasculite di chaug-strauss dove gli eosinofili fanno questo
lavoro patogenetico. E si trovano questi infiltrati eosinofili, anche nei polmoni, quindi gli eosinofili
hanno un ruolo molto importante.
Di Leucemia linfatica cronica non ne abbiamo mai parlato con il lupus.
Invece abbiamo visto che può essere associato ad un’altra malattia, la sindrome di sjrogen, nella
sindrome di sjogren c’è una percentuale di pazienti dal 10 al 20 per cento che possono sviluppare un
linfoma allora la malattia di per se ben controllabile va controllata, il pz va controllato almeno una
volta l’anno dal punto di vista ematologico.
Ma nel lupus di questo non abbiamo parlato, né tantomeno si è parlato di mieloma multiplo,
nessuno di noi vi ha detto che può esserci un picco monoclonale in zona gamma e così via, nè di
linfocitosi; al massimo si è parlato di leucopenia.
Qualche volta ci può essere una neutrofilia magari relativa con una percentuale di neutrofili alta in
un contesto di leucopenia assoluta ma è più iatrogeno a causa della terapia cortisonica che può
aumentare il numero di neutrofili o infezioni ricorrenti ma sicuramente no leucocitosi.
Anemia emolitica si perchè ci possono essere reazioni immunopatogene di secondo tipo da ab verso
cellule e complemento con emolisi delle emazie, abbiamo detto infatti che nel lupus possono esserci
anticorpi anti emazie di diverso genere, ci possono essere anche delle crioagglutinine che poi in
alcuni casi possono addirittura portare ad emolisi; insomma questi anticorpi antieritrocitari possono
essere presenti nel lupus e costituiscono uno degli elementi di disturbo che portano ad anemia
emolitica quindi io rilevo emolisi, aumento del pH, aptoglobina, Un’anemia normocitica e
normocromica non ferrocarenziale, proprio dovuta alle crisi emolitiche.

Domanda 8

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Allora aumento delle frazioni complementari, facciamo che noi non ci ricordiamo di questi criteri
classificativi ma ragionando, nel lupus aumentano le frazioni complementari? No! nel lupus il
complemento viene consumato quindi la uno viene scartata.
Il fattore reumatoide non è tanto caratteristico del lupus. Ci sta ma sta molto di piu nell’artrite
reumatoide.
gli antiSsa sono più caratteristici nella sjogren, ci possono stare ma non sono diagnostici. Invece
abbiamo detto che quando noi andiamo a misurare in laboratorio l’attività di malattia vediamo un
aumento se c’è una flare della malattia, un aumento degli anticorpi antidna e una riduzione del
complemento e dunque è più verosimile che questo sia uno dei criteri anche se io non li ho studiati a
memoria ci posso arrivare.
Anche I criteri vengono stabiliti in un contesto razionale.

Domanda 9

Questo ve l’ho detto nella prima lezione, alcuni elementi sono veri ma una è più vera delle altre.
È spesso fatale in effetti è abbastanza vero e può essere confondente lo riconosco. é caratterizzato
da ematuria, non è detto magari è proteinuria. Ce l’hanno tutti i pz l’impegno renale? No, abbiamo
detto che l’impegno renale può arrivare al 50 per cento dei pz che comunque è alta.
Non è molto raro, 50 per cento. Quindi abbiamo escluso anche questa opzione. E sappiamo anche
che influenza la prognosi oltre ad essere severo.
Quindi Ha entrambe le caratteristiche, è severo ma ha anche frequenza elevata tant’è che abbiamo
detto che davanti ad un lupus dobbiamo stare molto attenti per la frequenza elevate a cui si possono
avere queste situazioni.

Domanda 10

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Allora idrossiclorochina e clorochina sono due antimalarici; il problema del lupus in gravidanza è
complesso e molti farmaci non si possono fare ma molti si possono continuare, tra cui gli
antimalarici e vi ho anche detto che spesso questo fatto non è conosciuto dai ginecologi. La
salazopirina viene impiegata raramente nel les, più frequentemente nelle artriti sieronegative ma è
un altro farmaco del tutto tranquillo, così come la ciclosporina che può essere impiegata nel les.
Qual è quello devastante dal punto di vista della riproduzione: la ciclofosfamide che abbiamo
trovato raramente nell’impiego del les ma frequentemente ritrovato nelle vasculiti negli schemi
insieme al prendnisone che vanno ad alternarsi.

Domanda 11

la livedo reticuralis no, noi l’abbiamo nominata; ci può essere in tante malattie, nella sindrome
antifosfolipidi ad esempio o in una vasculite ma non è che se abbiamo livedo andiamo a dire al pz
che il suo lupus si sta riacutizzando, sarà una sindorme antifosfolipidi in corso di les, non è un
elemento di riacutizzazione.
Anche l’acrocianosi con rayanud positivo non può essere indice di riacutizzazione.
La positività degli ana, ci siamo tornati poco fa perché abbiamo detto che gli antiDNA misurano
l’acutizzazione, il consumo del complemento misura anche l’acutizzazione, abbiamo detto che gli
Ana non sono misura della malattia ma sono di presenza di malattia.
L’aumento del complemento? Eh no perché abbiamo detto che quando si acutizza il complemento si
consuma, l’abbiamo di nuovo visto stamattina e dunque non ci resta che la nefrite e il consumo delle
proteine del complemento tra queste cose.

Domanda 12

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Ne abbiamo accennato. Il rituximab può essere in campo e l’altro è il bilimumab contro Blys.
Quando ne abbiamo parlato abbiamo detto che, qui non dice che non è valido per il trattamento MA
che ha indicazione, vuol dire che ci sono stati degli studi controllati verso placebo e il farmaco è
licenziato per quella indicazione. Poi abbiamo anche detto che c’è rituximab che si usa per quella
indicazione, rituximab nasce in ematologia, non è stato sperimentato nel les, l’azienda ha perso il
brevetto però si usa seppure formalmente off label ma non ha l’indicazione.
Il belimumab è l’unico farmaco costituito e indicato per il les.
Il belimumab si lega al Blys baf ecc che modulano risposta linfocita b

Domanda 13

rituximab si lega a Blys? la risposta è no perché è belimumab che lega blys.


Lega il cd22? No.
È una proteina di fusione rituximab? No di sicuro è un anticorpo monoclonale per la cura dei tumori
(linfomi). Allora già sapendo questo riconoscete la risposta. Anticorpo monoclonale chimerico che
lega cd20

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Allora di tutti questi farmaci che vedete ce n’è uno in particolare molto impiegato nella terapia delle
glomerulonefriti in corso di les che è il micofenolato e l’abbiamo nominato a lezione.

Domanda 16

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Sono rare e limitate? Ma quando mai, abbiamo detto che sono gravi 50, 80 per cento.
Si osservano solo nel sesso maschile? No, la malattia è femminile.
Sono solamente iatrogene? no perchè tante volte il pz ha come esordio le manifestazione renali.
Sono frequenti e invalidanti? vero

Domanda 17

Pericardite? Ci sono le sierositi quindi va bene la pericardite.


Endocardite di libman sacks? ricordate la foto delle corde tendinee rotte dell’endocardite che va a
colpire poi molto le valvole quindi endocardite si.
Miocardite pure l’abbiamo detta.
cardiopatia ischemica sì, perché ci sta sempre una cardiomiopatia, ci può stare una cardiomiopatia
ischemica che è la più frequente e allora quando Ie dice tutte già che sono positive due tre allora è
così.

Domanda 18

una di queste cose deve essere marker di un’altra malattia, poi mi direte quale.
Anti-sm ci sono? Si! Gli ana pure, pure anti-dsna, consumo del complemento c’è e dunque

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rimangono gli anti-jo1 che sono la risposta esatta e infatti gli anti-jo sono stati trattati da bergamini
nella polidermatomiosite dove per jo sta il nome della prima paziente morta nella quale sono stati
riscontrati questi anticorpi che fanno parte della famiglia degli anticorpi verso antigeni nucleari
estraibili.

Domanda 19

Allora gli SM sono caratteristici di un lupus, abbiamo detto anche poco fa.

Domanda 20.

AntissDNA perché tutti gli altri anti-ro e anti-la sono ssa ssb e gli anti-fosfolipidi li troviamo nel
lupus corrente come anche gli anti-dsDNA.
Questo era un esempio di compito nella parte del lupus.

Fatta questa parte mi vorrei ricollegare alla lezione sulla sclerosi sistemica e in modo semplificato
andare a rivedere la terapia della sclerosi sistemica, sono farmaci sintomatici rivolti al trattamento
delle singole manifestazioni e abbiamo detto anche che per lungo tempo questa modalità di
trattamento è una modalità di trattamento che era l’unica possibile, fino a pochi anni fa si trattavano
solo le singole condizioni d’organo o si cercavano di mascherare gli effetti della terapia, mentre da
un po’ di tempo si sono potuti mettere grazie a studi combinati di casistiche riunite di più centri per
arrivare a numeri statisticamente significativi dei farmaci di fondo, cioè in grado di interferire con la
malattia nel suo complesso. Una cosa che ci serve anche per altre patologie è il trattamento del
fenomeno di Raynaud; questa malattia è il prototipo della malattia in cui è presente il fenomeno, vi
ricordate anche che vi ho detto che questo si manifesta a ridosso nella malattia nella forma diffusa e
molti anni prima nella forma limitata, lasciando sempre fuori la forma localizzata che abbiamo detto
non appartiene alla forma sistemica di sclerosi. Ma anche una ragazza con un raynaud positivo ha
bisogno di trattamento quando questo è particolarmente presente. Quindi un certo approccio
terapeutico lo dobbiamo avere in tutti i casi.

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Per prima cosa uno dei gruppi di farmaci più importanti sono i calcio antagonisti che vengono
utilizzati nel trattamento da ipertensione, si dà per effetto di vasodilatazione, nel trattamento da
ipertensione non tanto come un tempo, si usa a dosi circa di 30 mg a dismissione lenta (cronosi), c’è
la …ina (?) ed è un elemento di trattamento del fenomeno di raynaud anche indipendentemente
dalla sclerosi sistemica.
Poi si possono usare degli Antiaggreganti piastrinici perché noi abbiamo visto che questi capillari
spesso hanno delle trombosi e quindi gli antiaggreganti piastrinici possono essere utili.
Poi abbiamo detto che sono nati dei farmaci come il tracleer bosentan che sono antagonisti
dell’endotelina, questi si usano nel trattamento dell’ipertensione polmonare perché anche quello è
un danno endoteliale ma si usano anche nel raynaud tant’è vero che ne hanno avuto indicazione.

Poi vi parlai del viagra cioè del sildenafil del taldanafil che sono inibitori della fosfodiesterasi e ci
dilungammo nel dire che ci sono confezioni che coprono un mese intero con dosaggi bassi
quotidiani di farmaco perché questi farmaci hanno forte effetto di vasodilatazione e possono essere
utilizzati nel fenomeno di raynaud in forma ovviamente grave come può essere importante
nell’ambito della sclerosi sistemica.
Effetti collaterali dei calcio antagonisti che provocano vasodilatazione ma possono dare vampate di
calore, cefalea, ipotensione perché qui non lo vado necessariamente a dare ad un pz iperteso, può
essere normoteso quindi posso provocare ipotensione e molte volte danno edemi periferici, gli si
gonfiano le gambe.
In gravidanza non è detto che non si possa dare ma non lo do perché non è stato sperimentato, in
altri casi usiamo farmaci non sperimentati ma c’è sicuramente una letteratura molto più sviluppata.
Quindi nella terapia del fenomeno di Raynaud i calcio antagonisti sono in prima linea.

Lo stesso nella terapia delle ulcere digitali che è molto importante.


Quello che non vi ho nominato quando c’era l’elenco dei farmaci, sono le prostacicline, l’Iloprost e
i prostanoidi sono importanti per il loro effetto vasodilatatore, sono scarsamente maneggevoli
perché comprendono la necessità di diffonderli in infusioni di 8-10 ore quindi molto laborioso sia
per il pz che per il medico; possono dare molti problemi però sicuramente possono funzionare
meglio di altri farmaci, sono farmaci di scelta, e udite udite è stato fatto un prostanoide che non
viene più dato per infusione ma per bocca che costituirà una rivoluzione enorme nel trattamento di
questi pz. Anche l’iloprost viene utilizzato nel trattamento delle ulcere digitali.

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Molto interessante anche il tracleer bosentan che abbiamo in commercio da una decina d’anni,
adesso tra l’altro l’azienda che produce il tracleer è stata comprata da un’ altra azienda più grande
perché poi queste multinazionali funzionano così: ci sono multinazionali che magari di per se fanno
poca ricerca ma qualcosa di più finanziario e magari sviluppano meno farmaci ma poi quando
un’azienda più piccola sviluppa un farmaco e gli scade il brevetto se lo comprano. Questo farmaco è
un Antagonista non selettivo per i recettori dell’endotelina ha effetto molto importante sia per le
ulcere digitali sia sul fenomeno di raynaud sia sull’ipertensione polmonare.
Del Sildenafil e del taldanafil abbiamo ampiamente parlato. E poi ci mancano gli antiaggreganti
piastrinici, l’Aspirina per esempio, che sono utili nella fase ischemica del fenomeno quando è
prevalente una condizione trombotica; d’altra parte in questi capillari così danneggiati migliorare la
situazione reologica è sicuramente molto importante.

Il tracleer che abbiamo visto è un farmaco che si impiega anche nell’altro problema derivato dal
danno endoteliale derivato dalla sclerosi sistemica ovvero l’ipertensione arteriosa polmonare, quindi
un farmaco che ci permette di trattare con successo l’ipertensione polmonare. Al bosentan si sta
presentando un concorrente ma è molto simile, è un inibitore del recettore dell’endotelina selettivo
sul recettore A e non sul B e permette di rispettare l’armonia funzionale, assolutamente
controindicato in gravidanza e teratogeno, passo in Avanti per la terapia della ipertensione
polmonare insieme al sildenafil, I prostanoidi o gli ace inibitori. Abbiamo visto quindi che ci sono
dei farmaci importanti sia per il fenomeno di raynaud, sia per le ulcere digitali, sia per l’ipertensione
polmonare, tutte condizioni nelle quali il danno endoteliale e la vasocostrizione sono estremamente
importanti.
C’è un problema di trattamento dell’ipertensione, quindi l’impiego degli ace inibitori soprattutto
della crisi renale sclerodermica cioè il momento di massima acutizzazione del problema renale;
abbiamo detto che nella sclerodermia può esserci un reflusso gastrico importante quindi impiego gli
inibitori di pompa protonica ma anche c’è una riduzione della peristalsi da cui la necessità di usare
procinetici. Per le manifestazioni osteoarticolari l’impiego di idrossiclorochina (antimalarici) e
metrotexate è molto importante, l’impiego di corticosteroidi può essere utile nel controllo della
sintomatologia osteoarticolare.

Nella terapia di fondo si possono avere immunosoppressori non selettivi o farmaci diretti verso
specifici bersagli molecolari o cellulari. Questo come terapia di fondo ovvero che non solo vada a
curare l’organo ma moduli anche la storia naturale della malattia e sicuramente anche i vari
immunosoppressori sono importanti.

La ciclofosfamide anche a dosaggi molto alti data la gravità della malattia e può essere usata anche
come terapia mieloablativa perché tante volte a questi pz conviene fare un’ablazione midollare e poi
trapianto di cellule staminali come terapia estrema.

Mtx, micofenolato e azatioprina sono importanti come terapia di fondo, certamente non deve
esserci interessamento polmonare nella malattia per utilizzarli come prima linea.

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E ancora la ciclosporina che può avere effetto benefico ma limitato al problema cutaneo.
Una volta usavamo anche la penicillamina, nei libri più vecchi la trovate nominata perché aveva la
funzione di inibire quest’impregnazione di collageno nel tessuto perivascolare e connettivo in
generale, questo farmaco attualmente è piuttosto desueto.

Ora ci sono terapie in studio anti B anti T, uso di biologici che sono nati per l’artrite reumatoide e
che vengono sperimentati nel trattamento però vi devo dire con risultati abbastanza contraddittori.
Ci sono risultati incoraggianti ma i singoli studi hanno coinvolto un numero piccolo di pz, anche per
lo stesso rituximab, Quindi diciamo che questi biologici possono essere usati come terapie rescue,
terapie di pronto soccorso.
Abbiamo ritrovato in quasi tutte le malattie sistemiche di cui abbiamo parlato l’impiego delle
immunoglobuline endovena ad alte dosi come impiego rescue molto importante che ci permette di
dare una terapia quando le altre sono inefficaci e ci sono dati che fanno vedere il miglioramento ad
esempio nel tratto cutaneo ci sono risultati incoraggianti ma anche qui si è tutto un po’ fermato,
l’utilizzo è un po’ refluo, non ci sono grandi interessi sulla sperimentazione e quindi ci sono
Pubblicazioni solo su piccole casistiche.

A tutto questo si è aggiunto il trapianto di cellule staminali in cui si prepara un terreno fertile privo
di cellule, si trattano le cellule del soggetto e poi si reimmettono una volta trattate e una volta
eliminati determinati stipiti cellulari attraverso la diffusione.
è un quadro estremo di patologia quando tutto il resto non riesce a dare risultati soddisfacenti quindi
nonostante i recenti progressi della terapia, la sclerosi sistemica resta una malattia cronica,
invalidante e in alcuni casi caratterizzata ancora da progressione.
Prima infatti si chiamava sclerosi sistemica progressiva, ora è ricicciata nei lea (livelli essenziali di
assistenza) con il nome progressivo, pensate quanto fa piacere ad un pz sentire che la sua malattia è
inesorabilmente progressiva.
La ciclofosfamide è il farmaco di fondo che ha dato risultati migliori ma anche con il rituximab con
il micofenolato sono sicuramente un aspetto importante; è necessario continuare la ricerca
concentrandosi bene solo su questo, chi fa sclerodermia solitamente si dedica a quello al 90 per
cento per una vita. In questo modo si accumulano casistiche significative che hanno una validità
messe insieme nel costituire dei trials terapeutici.
È chiaro che la malattia la devo conoscere perché se mi trovo davanti ad una sclerodermia ordinaria

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ma le sbrigo da solo, devo essere in grado di fare diagnosi e dare una terapia.
Se mi trovo di fronte ad una situazione estrema mi consulto con quei quattro cinque italiani che
hanno esperienza ancora maggiore. Comunque un pz può capitare quindi è importante riconoscere
anche quei primi segni, l’affanno, le dita a salsicciotto, l’indurimento della cute, la presenza di
questo fenomeno di Raynaud importante, la difficoltà di deglutizione, quanto meno farsi venire un
sospetto per uno studio più approfondito per non portare il pz alla diagnosi quando la malattia è già
avanzata e c’è una crisi renale sclerodermica

Volevo concludere parlandovi del Sistema complementare in generale nelle malattie autoimmuni
perché ne abbiamo accennato molte volte ma non abbiamo fatto una lezione organica quindi ci
dedicheremo ora a questo e che ce lo ritroviamo nelle varie malattie e anche perché molta parte
della mia vita l’ho passata applicandomi al Sistema complementare ma anche se non ve ne frega
niente di me perché tutto poi va visto nel raziocinio di una preparazione complessiva, se il
professore vi porta le ultime novità del congresso ma non vi dà le basi non mi piace tantissimo.
Quindi vorrei darvi l’impulso esatto di come funziona il complemento nelle malattie sistemiche e
anche perché ho rilevato che venite dai primi anni con delle conoscenze molto confuse su questo
sistema che invece è molto importante. Ve l’ho accennata quello che è l’attivazione classica, le
reazioni multienzimatiche a catena, nella via classica c’è bisogno di un anticorpo nei confronti di un
siero. C’è la via alternativa e anche di questo un pochino vi ho parlato e sia la
via alternativa che la via lectinica che sono sistemi archeocomplementari mentre la via classica ha
bisogno della formazione anticorpo specifica più di tipo igG o igM che di altre sottoclassi di
immunoglobuline che non sono peraltro in grado di attivare il complemento. Le igM sono più
efficienti nell’attivazione della via classica, per le igG servono due molecole adiacenti quindi una
quantità probabilistica 800 volte superiore per attivare il sistema complementare ma andiamo verso
le attività principali e poi verso la clinica, fatte queste premesse.

Il Sistema complementare è un meccanismo di difesa ed è bellissimo come funziona se noi


pensiamo che ci stanno tanti microrganismi che si dotano di inibitori del sistema complementare
umano per difendersi dall’azione litica del complemento.
è un’interfaccia tra immunità innata e attiva, un Sistema nel quale due su tre vie si attivano senza
anticorpo e un Sistema che ha una parte innata importante, la parte di pronto soccorso che non deve
aspettare l’anticorpo per intervenire ed è il sistema poi archeocomplementare perché io lo trovo in
organismi molto semplici a partire dalla lampreda mentre per la via classica devo arrivare ai
mammiferi.
È un’interfaccia tra immunità innata e quella adattativa ma è molto importante in altre due funzioni
ovvero la clearence dei corpi apoptotici come abbiamo detto nel lupus e in generale la clearance
degli immunocomplessi. ciascuno di noi forma una certa quantità di immunocomplessi e
autoanticorpi, nonostante abbia fatto tutto il necessario nel grembo materno per raggiungere la
tolleranza immunologica ma residuano delle funzioni ad un’auto risposta e uno degli elementi che
combatte quest’aspetto è sicuramente costituito dal sistema complementare.

Primo modo in cui il complemento si manifesta è quello in cui può esserci un difetto di proteine
complementari congenito. Quando io vi ho parlato di Les vi ho detto che uno dei legami con la
genetica del les è il les che insorge in soggetti difettosi di fattori complementari precoci della via
classica, nell’ ordine di importanza c4 c2 c1
Perché questi fattori sono fondamentali nella clearance degli immunocomplessi, quindi quei soggetti
che hanno un difetto congenito dei seguenti fattori vanno incontro a delle forme di malattie di
immunocomplessi perché hanno un difetto della clearance.

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Vi faccio vedere delle foto di angioedema ereditario. Vedete come si riduce un pz con difetto di c1
inibitore e questo è lo stesso pz quando si è sgonfiato. Questa parentesi però non c’entra nulla con
quello che stavamo dicendo.
il complemento può intervenire in varie autoimmuni sistemiche, tra queste alcune di cui abbiamo
già visto l’interessamento complementare come il les, la sindrome da anticorpi anti fosfolipidi, la
sclerosi sistemica, la sindrome di sjogren, la dermatomiosite e anche alcune cheratiti. Quindi il
complemento interviene tanti di questi fatti, ad esempio nella polidermatomiosite ci sono depositi di
complemento nelle lesioni cutanee di malattia, depositi che non si vanno a riscontrare quando non ci
sono forme di coinvolgimento della cute. Nella sclerosi sistemica che abbiamo appena fatto c’è pure
un consumo complementare, che talvolta può avere un significato patogenetico ma può essere utile
a monitorizzare la terapia.
In quasi tutte le autoimmuni sistemiche c’è consumo complementare perché si formano gli
immunocomplessi con gli anticorpi.
Nella stessa sindrome di sjogren il complemento è considerato importante nel monitoraggio della
terapia, nelle artriti è dimostrato il consumo di complemento ( sia sperimentale che nell’artrite
reumatoide, questi sono dati nostri).
Ma la cosa più interessante è il complemento del lupus, si comporta come dottor Jekyill e mr Hyde,
si comporta in senso positive perché fa la clearance degli immunocomplessi Ma in senso negativo
perché una volta attivato crea il danno d’organo a livello renale e cutaneo. Quindi se funziona poco
servirà per la clearance, se funziona tanto non ce la farà a fare la clearance ma farà danno d’organo.
Vedete il complemento è sempre un po’ trascurato ma mi hanno mandato un lavoro di review, un
lavoro non sperimentale fatto da ricercatori americani dove si fa il punto sul ruolo del complemento
nelle malattie autoimmuni sistemiche. Mi hanno mandato questo lavoro in revisione, voi sapete che
i lavori scientifici vengono mandati in peer reviewed, cioè il loro corpo editoriale sceglie un
reviewed che non ha mai collaborato con gli autori (ne sceglie tre in giro per il mondo, che siano
esperti nel settore), per fare critiche al lavoro e decidere se il lavoro è accettabile.
Adesso io sto rivedendo un lavoro di review sul ruolo del complemento per la rivista di Arthritis &
Rheumatology, una rivista molto specializzata, questo vi dice quanto l’argomento sia effettivamente
importante.

In questa diapositiva vi faccio vedere in rosso gli elementi negativi del complemento e in verde gli
elementi positivi. Negativo è il danno tissutale e una sua deficienza può causare sindromi
autoimmuni.
è importante nel monitoraggio, potrebbe essere bersaglio dei trials.
Il danno tissutale deriva dall’attivazione della via terminale del complemento, le proteine da c3 a c5
che è in grado di dare luogo al danno della cellula, perché si è creato un buco.
Altro aspetto molto importante è che durante l’attivazione complementare si liberano un sacco di
prodotti di clivaggio a basso peso molecolare che fanno moltissime attività coma vasodilatazione,
aumento della permeabilità capillare, adesione, interazione con i recettori, provocano la diapedesi

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con i polimorfonucleati, sono elementi proflogistici importanti.
Quindi il complemento fa clearance, contribuisce alla flogosi e contribuisce con la sequenza
terminale al danno tissutale.
L’aspetto buono è che il complemento partecipa in modo attivo alla clearance degli
immunocomplessi.
Gli attori sono i globuli rossi perché posseggono un recettore per il complemento attivato,
immunocomplessi opsonizzati dal complemento e le cellule del sistema reticoloendoteliale.

A sx il globulo rosso che ha un recettore chiamato CR1 (complement receptor 1) che interagisce con
una componente di attivazione del complemento, sopra al globulo rosso c’è un immuncomplesso
che ha attivato il complemento e si è opsonizzato cioè si è ricoperto di proteine attivate nel sistema
complementare tra le quali in c3b.
Il c3b interagisce al recettore cr1 e quindi l’immunocomplesso si lega al globulo rosso insieme al
recettore.
Il globulo rosso acchiappa l’immunocomplesso opsonizzato e se lo porta nel Sistema reticolo
endoteliale, qui ci sono dei macrofagi che hanno un recettore sia per il c3b sia per le igG, quindi lo
staccano dal globulo rosso, se lo prendono ed essendo opsonizzato lo fagocitano e lo eliminano. Il
globulo rosso che ha perso l’immunocomplesso torna in circolo. Quindi se c’è un difetto del sistema
immunocomplementare questi immunocomplessi tenderanno a precipitare e a creare un danno
d’organo, quindi è importante sapere che tra i difetti del sistema complementare ci può essere una
condizione di promozione della malattia anche nella situazione in cui io formo immunocomplessi in
modo normale.
Nel lupus classico io ho una noxa che mi fa produrre una gran quantità di immunocomplessi e di
autoanticorpi, il complemento di base è normale ma non ce la fa più a smaltirli. In un difettoso del
complemento anche una minima produzione fisiologica di immunocomplessi non trova una capacità
di clearance e quindi ammala di una forma particolare di lupus che viene da difetti del sistema che è
praticamente congenito, dovuto a un difetto congenito in particolare di c4.
È chiaro che se è congenita questa malattia, questa variante di lupus colpisce ad un’età più giovane
perché c’è un difetto subito quindi non devo aspettare che avvenga una catena di eventi per avere un
problema.
Più spesso è discoide c’è bassa quantità di anticorpi perché questi non sono pz che producono una
grande quantità di ab, raramente c’è malattia renale ed eè una forma lieve di lupus perché il
complemento è difettoso quindi non è buono a fare una clearance di immunocomplessi ma
nemmeno il danno d’organo.
È chiaro che essendoci il difetto dell’immunocomplemento (il complemento serve non solo per la
clearance degli immunocomplessi ma anche serve per la difesa dalle infezioni) ci saranno più

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infezioni.
Elemento di misurazione: i due fattori che usualmente ci servono per misurare il lupus sono il c3 e il
c4 che sono quelle più sensibili che si consumano di più quando il complemento si attiva e sono
componenti abbastanza centrali. Vediamo come mano mano la loro discesa corrisponde a una flare
della malattia.
Anche lo studio dell’attività emolitica totale del complemento è importante. Ma sono importanti
anche gli Ab anti-DNA perché quelli scendono quando c’è un flare di malattia e quindi sono
importanti nella patogenesi ma sono anche loro uno strumento diagnostico e prognostici e correlati
con un’attività renale della malattia.
Quindi avremo nel momento di flare un aumento degli Ab anti-DNA e un aumento del consumo del
complemento quindi avremo delle notizie molto importanti anche dal laboratorio.
Un discorso specifico va fatto per gli anticorpi verso un fattore complementare, gli ab antic1q che
troviamo nella vasculite orticarioide e il lupus quando c’è interessamento renale (marker). Quindi è
importante avere il dosaggio di questi anticorpi per poter osservare con maggiore intensità
l’interessamento renale.
Vedete noi abbiamo parlato del c3 e c4, c’è un livello di correlazione altissimo per tutti con il danno
renale ma addirittura con c1q la correlazione è ancora più significativa dal punto di vista statistico.
Il complemento è interessato anche nella sindrome da anticorpi antifosfolipidi quindi può essere un
elemento patogenetico, diagnostico e prognostico, cosa che noi abbiamo pubblicato per primi su una
rivista italiana.
Si stanno studiando delle terapie che possono andare a colpire il c5, per esempio nell’emoglobinuria
parossistica notturna, c’è un anticorpo che è il vedolizumab che viene impiegato come anti c5 nella
terapia da e.p.n. nella quale l’attivazione della sequenza terminale del complemento è fondamentale
quando nella notte cambia il pH del sangue.

Questo costosissimo anticorpo è licenziato e indicato per l’emoglobinuria ma il costo non ne


permette l’indicazione per il les nonostante risultati preliminari molto incoraggianti.
Finisco con l’amore mio che sono le immunoglobuline endovena ad alte dosi dove noi per primi
abbiamo dimostrato la capacità immunomodulante rispetto al complemento.

Non è che siccome l’abbiamo fatto noi dovete ricordarlo come migliore notizia però sappiatelo. Le
immunoglobuline hanno tante capacità di immunomodulazione ma anche la capacità di inibire e
regolare l’attività complementare e quindi dare una minore aggressività del sistema. Tant’è vero che

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le abbiamo impiegate ampiamente nel trattamento del lupus in particolare donne in gravidanza che
erano inguaiate perché avevano lupus, sindrome antifosfolipidi e aborti spontanei. Nel 2008
abbiamo pubblicato questo studio su Reumatology con l’uso delle immunoglobuline dove le
gravidanze sono andate tutte a termine.
Mentre casistiche analoghe non hanno lo stesso grado di successo.

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