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Gastroenterologia #5 – Cavestro-Valtorta – Patologia ulcerosa V: 1 1/13

Gastroenterologia #5 – 05 ottobre 2015

Cavestro e Valtorta – Patologia ulcerosa, infezione da Helicobacter pylori e terapia


S: Nicoletta Belluardo R: Ludovica Nazzaro

La lezione è divisa in due parti: la prima è svolta dalla dottoressa Cavestro, la seconda dalla professoressa
Valtorta.

1 – L’ULCERA
L’ulcera è una lesione di continuo di qualsiasi mucosa che va oltre la muscularis mucosae; l’erosione, di
contro, può interessare la muscularis mucosae, ma non la supera.

L’ulcera, all’esame endoscopico, si presenta


come nell’immagine sulla destra.
L’esame endoscopico è il gold standard per
vedere un’ulcera gastrica.
In realtà, in passato si utilizzavano tecniche
radiologiche, ad esempio con mezzo di
contrasto: queste tecniche sono ormai quasi del
tutto abbandonate.
Nel sospetto di un’ulcera, sia gastrica che
duodenale, è fondamentale eseguire una
gastroscopia in quanto, oltre a dare la certezza
della diagnosi, permette anche di fare un
prelievo bioptico per definirne la natura.

1.1 – EZIOLOGIA

Lo stomaco è in un bilancio perfetto tra fattori aggressivi e fattori protettivi. In una situazione di normalità
questi fattori si equilibrano.
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I fattori aggressivi sono l’acidità gastrica e la pepsina.


L’acidità gastrica non danneggia la mucosa gastrica perché lo stomaco ha una serie di meccanismi che lo
proteggono, mentre può danneggiare la mucosa esofagea.

Tra i fattori protettivi ci sono:


▪ la secrezione di muco da parte dello stomaco, cosa che non succede nell’esofago;
▪ la produzione di bicarbonato che va a tamponare l’acidità dello stomaco, esattamente a ridosso
della cellula gastrica;
▪ un’importantissima capacità replicativa dell’epitelio gastrico: in meno di due giorni, infatti,
l’epitelio gastrico si può rigenerare del tutto;
▪ la produzione di prostaglandine che sono protettive per la mucosa.

Da questa situazione di equilibrio e, quindi, di benessere per lo stomaco, l’ulcera si sviluppa quando i fattori
aggressivi prevalgono su quelli protettivi.

I fattori che possono portare alla formazione dell’ulcera sono tanti, in questa lezione si parlerà
dell’infezione da Helicobacter pylori (Hp) e si farà un accenno ai farmaci antinfiammatori non steroidei
(FANS). La prof non si dilunga più di tanto sui fattori aggressivi e protettivi e sulla fisiologia, ma sono da
studiare.

2 – CAUSE DI ULCERA
Un’ulcera, che sia gastrica o duodenale, va innanzitutto classificata: bisogna capire se essa è causata da
problemi inerenti all’infezione da Hp o se è un’ulcera dovuta a cause non collegate ad un’infezione da
Hp.

Le ulcere non associate a Helicobacter pylori possono essere causate da:


▪ farmaci, soprattutto gli antinfiammatori non steroidei (FANS);
▪ grosse lesioni ischemiche, aterosclerosi importanti, per cui arriva meno flusso sanguigno allo
stomaco;
▪ Sindrome di Zollinger-Ellison;
▪ patologie immuno-mediate;
▪ infezioni (Herpes simplex, Cytomegalovirus1);
▪ cancro gastrico (diagnosi differenziale più importante), il cancro si presenta come un’ulcera, perciò è
essenziale fare un’endoscopia per poter fare dei prelievi bioptici così da essere certi che l’ulcera non
sia neoplastica.

L’Hp è la causa di quasi il 90% delle ulcere duodenali ed è responsabile anche delle ulcere gastriche, ma in
minor misura (60%).
I FANS (NSAIDs), che inibiscono la sintesi di prostaglandine, sono lesivi per lo stomaco in circa il 20% dei
casi, mentre per quanto riguarda il duodeno pare che questi farmaci siano lesivi soprattutto se associati ad
infezione da Helicobacter pylori; questa associazione esiste anche per lo stomaco, nel 12% dei casi di ulcera.

L’ulcera è una patologia multifattoriale quindi più fattori aggressivi sono presenti, più possibilità avrà il
paziente di sviluppare una patologia ulcerosa.

Esiste anche una quota di ulcere idiopatiche, pari al 10% nello stomaco, meno del duodeno (2%).

2.1 – CAUSE NON RELATE AD HELICOBACTER PYLORI

2.1.1 – FANS

Tra i farmaci che possono causare patologia ulcerosa, i più importanti sono i FANS, che vanno ad inibire la
produzione di prostaglandine; i farmaci steroidei, invece, possono essere gastrolesivi solo se associati ai
FANS.

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Fonte: slides
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Quella da Helicobacter pylori è un’infezione estremamente frequente, perciò il più delle volte si vedranno
pazienti che sono affetti da infezione da Helicobacter pylori e che assumono anche FANS. La cardioaspirina,
ad esempio, è un farmaco diffusamente utilizzato nella popolazione anziana che può essere anche affetta da
Helicobacter pylori. Questa unione frequentemente può portare a lesione della mucosa e quindi all’ ulcera.

La strada dell’inibizione della produzione di


prostaglandine è chiave per il danno relato ai
FANS. (La Prof consiglia di riguardarla se non
chiara)

Per gli anziani,


l’ospedalizzazione correlata
a complicazioni dovute
all’uso di FANS è
un’evenienza frequente.
Nel grafico a destra si può
osservare la curva che
descrive quanto
frequentemente i pazienti,
soprattutto anziani, vengono
ricoverati per complicanze
da FANS.

La complicanza più
frequente è, appunto,
l’ulcerazione, la quale può interessare l’apparato digerente dalla bocca all’ano (lo stomaco è l’organo più
frequentemente colpito).

Cosa fa l’acido acetilsalicilico e, nello specifico, la Cardioaspirina2? L’effetto è dose indipendente; nelle foto
si possono vedere la mucosa di uno stomaco normale (immagine a sinistra) e la mucosa di uno stomaco 16
minuti dopo l’assunzione di acido acetilsalicilico (immagine a destra). Le cripte vengono appiattite e spesso
si trovano erosioni o ulcere; questo quadro si ritrova spesso in pazienti anziani che assumono Cardioaspirina.

Circa il 20% dei pazienti che assumono acido acetilsalicilico ha erosioni gastriche.

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Acido acetilsalicilico a basse dosi (100mg); viene usata più frequentemente nel paziente cardiopatico o vasculopatico.
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2.1.2 – SINDROME DI ZOLLINGER -ELLISON

E’ una sindrome rara, causata dalla presenza di tumore neuroendocrino, un gastrinoma, che può essere
localizzato nel pancreas, per esempio. Questo piccolo tumore secerne gastrina che entra in circolo, va nello
stomaco che comincia a secernere acido. Si ha quindi una severa malattia ulcerosa, infatti si formano
numerose piccolissime ulcere secondarie all’ipergastrinemia. E’ rara, l’incidenza varia dallo 0,1% all’1% di
tutte le patologie ulcerose.
Questa sindrome può presentarsi anche associata ad altri tumori neuroendocrini del tratto gastrointestinale,
configurando così una patologia sindromica.

2.2 – HELICOBACTER PYLORI


L’Helicobacter pylori è la causa della maggior parte delle ulcere riscontrate. E’ stato identificato nel 1983; è
stata una scoperta importante che ha cambiato l’approccio al paziente. Infatti, prima di questo rilevamento si
pensava che lo stomaco fosse sterile a causa dell’acidità, invece, nel 1983, con una lettera scritta a Lancet,
Barry Marshall e Robin Warren, che per questa scoperta hanno vinto il Premio Nobel, affermarono di aver
trovato nello stomaco batteri spiraliformi con dei flagelli.

L’Helicobacter pylori è diffuso in tutte le popolazioni, ma soprattutto nei Paesi in via di sviluppo; nel 1994 è
stato classificato come carcinogeno di prima classe (esattamente come il fumo di sigaretta per i polmoni):
oltre a causare ulcera duodenale e gastrica, causa anche il cancro dello stomaco.
E’ stata riscontrata la presenza di Helicobacter pylori anche negli stomaci dell’uomo di Neanderthal, quindi
in qualche modo deve avere un rapporto di simbiosi con l’uomo, altrimenti uno dei due avrebbe “vinto” in
tutto questo tempo: il vantaggio di Helicobacter pylori, probabilmente, è che al di fuori dello stomaco non
sopravvive, il vantaggio che ha ricevuto l’uomo da questa infezione è che, verosimilmente, protegge da
infezioni più gravi.

Per quanto riguarda la modalità d’infezione, l’Helicobacter pylori vive nell’intestino della mosca, viene
evacuato con le feci della mosca, i bimbi mettono in bocca le feci di mosca di cui sono sporchi i loro
giocattoli e si infettano. Non esiste quindi una via interpersonale d’infezione da Helicobacter pylori,
nonostante i pazienti siano spesso preoccupati di questo.

Hp è un batterio gram-, è microaerofilo, ha una forma a S, ha dei flagelli, si localizza negli strati più profondi
del muco o sotto il muco, tra il muco e la cellula epiteliale. Riesce ad infilarsi lì grazie a dei fattori di
virulenza, che rendono l’infezione da Helicobacter pylori in taluni soggetti meno grave, in altri più grave.
I fattori di virulenza non sono tutti contemporaneamente presenti nello stesso ceppo.
Lo stesso paziente può essere contemporaneamente infettato da diversi ceppi che possono cambiare nei vari
momenti dell’infezione e si caratterizzano per la presenza di diversi fattori di virulenza:
▪ produzione di ureasi;
▪ produzione di enzimi proteolitici;
▪ produzione di citotossine;
▪ capacità di attivare nell’ospite meccanismi immunomediati di infiammazione. L’infezione da
Helicobacter pylori è sempre associata a gastrite. Probabilmente la gastrite dovuta all’attivazione dei
fattori dell’infiammazione è l’unica cosa sempre presente nell’infezione da Helicobacter pylori. La
gastrite è asintomatica, la diagnosi è meramente istologica e non clinica: il fastidio che ha il paziente
il più delle volte è una malattia da reflusso gastroesofageo o un’ulcera. Non c’è da stupirsi quindi se
nelle biopsie di un paziente affetto da Helicobacter pylori troviamo anche gastrite.
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CagA è una proteina


dell’Helicobacter
pylori, è uno dei più
importanti fattori di
virulenza che è in
grado alterare il
signaling della cellula
gastrica e di causare
un riarrangiamento
del citoscheletro. I
ceppi di Hp si
dividono in CagA+ e
CagA-.

I batteri che hanno il


CagA, hanno anche
un pilo, un sistema
attraverso cui riescono
ad infettare le cellule
gastriche con la
proteina CagA.

Nell’immagine si può vedere il pilo attraverso cui l’Helicobacter pylori inietta dentro la cellula CagA con
tutta la sequela di danni.

Helicobacter pylori, per vivere nello stomaco, ha bisogno di produrre l’ureasi che è necessaria per scindere
la barriera di muco. Grazie alla produzione di ureasi, che serve a scindere l’urea presente nel muco in ioni
ammonio e bicarbonato, l’Hp crea intorno a sé un microambiente neutro ove può trovare la sua nicchia
biologica e vivere.
Quindi, formazione di flogosi e ureasi sono quasi sempre presenti nell’infezione da Helicobacter pylori.

La seconda proteina è VacA che provoca la formazione di vacuoli nella cellula che portano a distruzione sia
delle giunzioni epiteliali che della cellula stessa, in più sembra sia anche in grado di bloccare la risposta T-
mediata.

La presenza di queste proteine (CagA e VacA) è rara, ma sono loro che rendono l’Helicobacter pylori più
aggressivo e quindi la patologia più aggressiva: si può arrivare anche al cancro se l’Helicobacter pylori ha
queste proteine. Si è cercato di fare un vaccino contro di esse, perché in realtà ciò che si vuole eliminare sono
soprattutto i batteri che hanno queste proteine, ma ancora non ci si è riusciti.

L’Helicobacter pylori può produrre infiammazione con tutte le proteine relate all’infiammazione; cosi come
può esprimere delle proteine che si chiamano adesine che permettono al batterio di aderire ancora più
tenacemente all’epitelio gastrico.

Nella storia di un paziente, non sempre la popolazione di Helicobacter pylori resta la stessa. Nella fase
asintomatica, il più delle volte c’è una predominanza d’infezione di batteri senza CagA, che è una delle
proteine peggiori. Ad un certo punto dell’infezione, e stiamo parlando di infezioni che durano da tempo3, può
succedere che il paziente abbia una fase acuta, magari con presenza di ulcera, in cui è predominante la
popolazione di Hp CagA+, per poi tornare in una fase di remissione con la predominanza di batteri che
presentano meno fattori di virulenza e sono meno aggressivi.

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Se il paziente si è infettato in età infantile può arrivare anche ad 80 anni di “convivenza” con il batterio.
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2.2.1 – PROGRESSIONE DELL ’INFEZIONE

La slide 19 serve a schematizzare ciò che può succedere nel paziente infetto da Hp.

L’infezione da Helicobacter pylori porta sempre a gastrite istologicamente evidente perché l’Helicobacter
pylori è in grado di stimolare la secrezione acida gastrica, diminuire la somatostatina e aumentare la
secrezione di gastrina (che va a stimolare l’acido gastrico).
Tutto questo, insieme ad un difetto nella secrezione di bicarbonati (ricordiamo che l’Helicobacter pylori
scinde il bicarbonato), può portare ad una metaplasia gastrica in duodeno. C’è molto più acido nello
stomaco secondariamente ad un’infezione da Helicobacter pylori e spesso in questi pazienti si vedono nel
duodeno dei gettoni di mucosa simili a quelli dello stomaco: ciò è normale nell’infezione da Helicobacter
pylori. Il più delle volte la metaplasia si associa ad un’infezione da ceppi di Helicobacter pylori che
presentano più numerosi e più aggressivi fattori di virulenza.
Dalla metaplasia gastrica in duodeno si può passare alla duodenite (erosioni), fino ad arrivare all’ulcera.
Se il paziente beve, se fuma, se prende FANS, questa cascata peggiora.

D: Le gastriti sono asintomatiche, perché?


R: La gastrite è una lesione istologica della cellula di rivestimento gastrica, che non dà segni e sintomi; ciò
che può dare sintomi è l’ulcera. L’ulcera, infatti, può ledere le terminazioni nervose. La gastrite non può
ledere le terminazioni nervose, né causare dispepsia.

D: Per la diagnosi di gastrite acuta mi serve un prelievo bioptico?


R: La gastrite acuta presenta ulcere ed erosioni (ed è quindi sintomatica), noi stiamo parlando di gastrite
cronica, quella causata da Helicobacter pylori. E’ proprio un quadro endoscopico diverso: nella gastrite
acuta si vedono erosioni ed ulcere, nella gastrite cronica si vede al massimo un aspetto un po’ più pallido
della mucosa: per questo quando si fa la gastroscopia è fondamentale fare delle biopsie.

D: L’eterogeneità della popolazione batterica è associata allo scambio orizzontale di materiale genico?
R: Non si sa. Gli Helicobacter pylori sono tanti. Magari dentro le feci dell’intestino della mosca ce ne sono
tanti e ci può anche essere infezione con diversi batteri, ma ci può essere anche scambio orizzontale di
materiale genico.

3 – DIAGNOSI
La diagnosi di ulcera è distinta dalla diagnosi di infezione da Hp perché l’infezione di Helicobacter pylori, e
la gastrite che ne deriva, resta asintomatica per tantissimo tempo se non ci sono ulcere ed erosioni: la
maggior parte dei pazienti con un’infezione da Helicobacter pylori, e perciò una gastrite, è asintomatica.

3.1 – DIAGNOSI DI ULCERA


La diagnosi di ulcera gastrica è fatta, oggi, solo con la gastroscopia.
La gastroscopia si fa con un tubo flessibile che viene inserito dalla bocca, si arriva a valutare tutto lo stomaco
(il corpo, il fondo, l’antro, la regione pilorica) sino al duodeno nella sua seconda porzione. Oltre ad
esplorare, si ha la possibilità di fare biopsia della mucosa tramite una pinza inserita tramite il canale
operatore.

Nelle immagini endoscopiche è possibile


osservare una lesione di continuo che
interessa la muscularis mucosae; può
essere ricoperta di ematina (la parte nera
che si vede nell’immagine a sinistra), e
la sua presenza ci suggerisce che l’ulcera
è recente, oppure di fibrina (la parte
bianca che si osserva nell’immagine a
destra), quando l’ulcera è un po’ meno
recente (si parla dell’ordine di giorni).
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E’ importante fare le biopsie non nelle zone di fibrina o di ematina perché si otterrebbe materiale non
diagnostico, ma sui margini dell’ulcera. Le biopsie sono fondamentali per essere certi che non sia un’ulcera
neoplastica.

3.2 – DIAGNOSI DI INFEZIONE DA HELICOBACTER PYLORI


I test di laboratorio non servono, neppure il dosaggio degli anticorpi anti-Helicobacter pylori in quanto
informano solo di un’eventuale memoria immunologica. Bisogna tener presente che l’Helicobacter pylori
può essere eradicato con una terapia antibiotica fatta, ad esempio, per una faringite; eradicato l’Helicobacter
pylori, se si vanno a testare gli anticorpi, si trovano positivi perché c’è una memoria immunologica. E’ per
questo che non bisogna mai usare gli anticorpi per fare una diagnosi di Helicobacter pylori.
Non vi sono altri esami del sangue alterati in presenza di gastrite o infezione da Helicobacter pylori.

La diagnosi d’infezione da Hp può essere invasiva o non invasiva:


▪ invasiva, tramite esame istologico. Quando si fa una gastroscopia, bisognerebbe fare sempre delle
biopsie per vedere se c’è infezione da Helicobacter. Questo è sicuramente è il metodo più sensibile e
più specifico;
▪ non invasiva:
➢ immunoglobuline (vedi sopra);
➢ urea breath test4, sfrutta l'elevata attività ureasica di Hp per diagnosticare l'infezione.
Concettualmente piuttosto semplice, l'esame si basa sulla somministrazione di urea marcata con
un isotopo del carbonio (13C o 14C); una volta ingerita, l'ureasi prodotta dal batterio idrolizza
l'urea in ammoniaca ed anidride carbonica, che viene assorbita dalle pareti gastriche, quindi
veicolata dal sangue e rapidamente escreta nell'aria espirata. Ritroveremo una certa quantità di
anidride carbonica radiomarcata nell'aria espirata dal paziente. Nel soggetto sano non si registra
attività ureasica a livello gastrico per l'assenza del batterio; pertanto l'urea somministrata dal test
viene assorbita ed eliminata nelle urine. In genere viene utilizzato per verificare l’avvenuta
eradicazione di Hp dopo la terapia.
➢ antigene fecale dell’Helicobacter pylori: si valuta la presenza dell’antigene dell’Hp nelle feci.

Questi ultimi due sono metodi con buona sensibilità e ottima specificità.

L’istologia è la più sensibile e la più specifica perché si vanno a prendere dei prelievi di mucosa gastrica del
paziente e si va a valutare se c’è Helicobacter.
Buono è anche l’urea breath test, mentre la ricerca delle IgG per l’Helicobacter non è un buon test; si ha una
buona sensibilità per l’antigene fecale di Helicobacter.

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Quanto detto dalla prof a lezione non corrisponde a quanto abbiamo trovato su internet. Quindi, riportiamo la
spiegazione di my-personaltrainer.it.
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4 – TRATTAMENTO DELL’ULCERA
Nel 1984 la scoperta dell‘Helicobacter pylori ha cambiato il trattamento dell’ulcera perché prima l’ulcera
veniva trattata chirurgicamente: i pazienti subivano o raffie dell’ulcera o gastroresezioni. Verosimilmente si
ammalavano di ulcera perché l’Helicobacter pylori rimaneva.
La scoperta di Helicobacter pylori e la successiva terapia antibiotica, ha cambiato la storia dell’ulcera perché
la cura dell’ulcera è diventata una terapia antibiotica, non più un intervento chirurgico.

Di terapie antibiotiche ce ne sono tantissime e non è detto che funzionino. Ci sono pazienti che hanno fatto
anche 3-4 terapie antibiotiche senza l’eradicazione, in quanto la buona riuscita della terapia dipende da
diversi fattori sia legati al paziente, che al batterio, che alla terapia stessa.

La terapia è costituita da antibiotici e inibitori della pompa protonica (il trattamento è, in seguito,
approfondito dalla professoressa Valtorta).

Qui termina la prima parte della dottoressa Cavestro e inizia la parte della Valtorta.

5 – ERADICAZIONE DELL’HELICOBACTER PYLORI


L’infezione da Helicobacter pylori è piuttosto diffusa; in realtà, essa varia anche di Paese in Paese e di epoca
in epoca. Vi sono alcuni Paesi (ad esempio in Asia) in cui l’infezione è endemica e quasi tutte le persone
adulte hanno un’infezione da Helicobacter pylori e, di conseguenza, anche una volta eradicato il batterio, il
rischio della reinfezione ovviamente è più alto; in realtà può essere considerata endemica anche da noi, anche
se la prevalenza è piuttosto bassa e non è la maggioranza delle persone che ha quest’infezione.
Questa diversa diffusione dell’infezione rende conto del fatto che le linee guida per decidere chi deve essere
sottoposto a trattamento sono diverse di luogo in luogo e cambiano anche nel tempo.

Ovviamente chiunque abbia un’infezione da Helicobacter pylori starebbe molto meglio se non l’avesse e
quindi, intuitivamente, sembrerebbe indicato trattare tutti; questo non è necessario perché il rischio di
reinfezione è abbastanza alto per cui, se non c‘è una patologia vera e propria per cui al momento il paziente
trarrebbe beneficio dall’eradicazione del batterio, non ha senso trattarlo. Inoltre, è vero che basta una
combinazione di farmaci antisecretori, che inibiscono l’attività acida dello stomaco, e di antibiotici per
eradicare il batterio, ma non sempre la terapia ha successo al primo colpo, è una terapia abbastanza
impegnativa in quanto è necessaria almeno una combinazione di due antibiotici per avere una certa sicurezza
di successo e, inoltre, gli effetti collaterali sono abbastanza frequenti, per cui spesso i pazienti stessi non
portano a termine la terapia. La terapia quindi per motivi farmaco-economici è riservata a casi in cui c’è una
vera e propria indicazione.

5.1 – INDICAZIONI CERTE ALL ’ERADICAZIONE DI HP


▪ Ulcera peptica attiva, l’eradicazione dell’Hp può essere anche l’unico trattamento per un’ulcera
peptica attiva e quindi chiaramente è un trattamento da fare.
▪ Ulcera pregressa, perché queste patologie hanno un’alta percentuale di recidive, per cui se c’è
un’infezione da Helicobacter pylori non trattata precedentemente è opportuno effettuare
l’eradicazione.
▪ Linfomi, maltomi.
▪ Dispepsia non ben spiegata, in alcune situazioni si ritiene che possa essere un’indicazione al
trattamento. Naturalmente, deve essere una dispepsia piuttosto disturbante per il paziente, per cui
valga la pena fare il trattamento con antibiotici.
▪ Post-resezione endoscopica di early gastric cancer.

5.2 – INDICAZIONI DUBBIE ALL ’ERADICAZIONE DI HP


Ci sono altre indicazioni, invece, in cui il beneficio non è ben accertato, per esempio una terapia cronica
con FANS: in questo caso, taluni preferiscono trattare comunque con farmaci antisecretivi e, nel caso in cui
ci fossero problemi, eventualmente eradicare l’Helicobacter. Un’anemia ferro-priva non spiegata che
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potrebbe essere dovuta ad una gastrite atrofica (secondo la prof, però, o si dimostra la presenza di gastrite
atrofica o non ha senso) e poi si trattano le persone ad alto rischio per carcinoma gastrico.

Ci sono anche delle malattie extra-gastriche nelle quali,


recentemente, è stato riconosciuto un possibile ruolo di
tossine lasciate da Helicobacter pylori per cui c’è la
possibilità che queste malattie migliorino con l’eradicazione
dell’Helicobacter pylori.
Sono malattie di diverso tipo, per esempio oculari come
glaucoma, blefarite, oppure tonsilliti croniche, tiroiditi
autoimmuni… Naturalmente, questa non è la prima terapia
per tutte queste patologie perché Hp è un fattore aggravante,
ma non la causa principale di queste malattie. Quindi, prima
bisogna risalire alla causa di queste patologie, poi se non si
riesce e la persona è positiva per l’Helicobacter pylori,
l’eradicazione può essere tentata.

5.3 - TRATTAMENTO
Dopo aver scelto la popolazione da trattare, bisogna scegliere il tipo di approccio.
Innanzitutto, bisogna considerare che, essendo l’ambiente dello stomaco altamente acido, non tutti gli
antibiotici potranno essere attivi: bisogna usare antibiotici che non vengono inattivati dal pH acido.
In secondo luogo, sarebbe opportuno fare un antibiogramma per valutare la resistenza, che a volte si
sviluppa in corso di terapia.
Anche se gli antibiotici non vengono inattivati a pH acido, molti raggiungono una concentrazione bassa nei
compartimenti tissutali dello stomaco, per cui bisogna utilizzare antibiotici con volume di distribuzione
abbastanza elevato e che si ritrovino in buone concentrazioni a questo livello.

A causa di tutti questi problemi, non ha senso usare un antibiotico solo ma occorre sempre usare almeno un
paio di antibiotici. Oltre agli antibiotici, si usa anche un farmaco antiulcera e nella maggioranza dei casi si
tratta di inibitori di pompa protonica, i farmaci più efficaci per ridurre la secrezione acida gastrica, e
talvolta si usano anche altri farmaci con attività antibatterica aspecifica.

Quando si usa una combinazione di due antibiotici, è abbastanza comune avere degli effetti collaterali come
nausea, alterazioni del gusto (spesso si ha gusto metallico) o effetti collaterali relativamente più gravi come
diarrea, vomito, eruzioni cutanee.
Per quanto riguarda nausea ed alterazioni del gusto, bisogna avvisare il paziente che potrebbero verificarsi e,
semmai, prescrivere un antinausea, ma questi effetti collaterali non sono un’indicazione per sospendere la
terapia. Il vomito e la diarrea, invece, possono essere un’indicazione per cambiare il tipo di terapia.

I protocolli cambiano da libro a libro, da Paese in Paese, anche a seconda della prevalenza della resistenza ad
un determinato antibiotico: non bisogna conoscerli tutti ma almeno 2 o 3.

Alcuni dei protocolli di terapia triplice attualmente utilizzati sono OAC, BMT e LAC.
▪ OAC: omeprazolo (inibitore della pompa protonica), amoxicillina e claritromicina. La durata del
trattamento è circa di 10 giorni (non è mai inferiore ai 10 giorni, solitamente 10/14 giorni).
▪ BMT: metronidazolo, tetraciclina e bismuto subsalicilato5, che si utilizza per le sue proprietà
antibatteriche aspecifiche.
▪ LAC: amoxicillina, claritromicina, lansoprazolo; questa combinazione non ha una grande differenza
con la prima, perché omeprazolo e lansoprazolo sono quasi equivalenti.

Nelle tabelle delle slide 7, 8 e 9 si parla di terapia di prima, seconda e terza linea. Avere tre differenti linee
vuol dire che non sempre la terapia di prima linea è efficace: talvolta bisogna fare un secondo ciclo e talvolta
anche un terzo.

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Il bismuto subsalicilato è un farmaco che da noi non era molto diffuso ma adesso con il suo utilizzo nella terapia per
l’eradicazione dell’Helicobacter si è diffuso maggiormente; è un farmaco molto usato negli USA in cui vendono dei
bottiglioni di Peptobismol, un liquido denso rosa intenso che viene usato come farmaco da banco, è anche un
antidiarroico.
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Nella prima linea, oltre alle terapie viste prima, ci sono terapie con altri tipi di antibiotici o anche terapie con
tre antibiotici (claritromicina, amoxicillina e metronidazolo) presi assieme, più un inibitore della pompa
protonica.
Nelle terapie di seconda e terza linea si passa ad antibiotici sempre più recenti contro i quali c’è una
resistenza meno frequente, come i fluorochinoloni, che sono antibiotici che danno, però, effetti collaterali più
frequenti e decisamente più importanti. Un esempio è: levofloxacina, amoxicillina e inibitore di pompa
protonica.

I problemi principali del trattamento sono: resistenza antibiotica e compliance.

Stabilire un’indicazione precisa alla terapia è abbastanza importante poiché non si può trattare gran parte
della popolazione italiana con questi antibiotici perché c’è sia un problema farmaco-economico sia di effetti
collaterali.

6 – DISORDINI DELLA MOTILITÀ GASTRICA


La dispepsia è il disordine più comune, può avere varie cause tra cui gastrite acuta o cronica, talvolta essa è
legata ad un insufficiente svuotamento gastrico o ad uno svuotamento ritardato, può essere causata anche da
situazioni occasionali come un pasto molto lauto e ricco di grassi: può essere utile, in questo caso, prendere
un farmaco che acceleri la motilità gastrica, ma non deve diventare un’abitudine quella di mangiare molto e
prendere un farmaco per non avere dispepsia. Un’altra causa di dispepsia può essere la malattia da reflusso
gastroesofageo (GERD): anche nei casi in cui il reflusso non è legato a dispepsia, è comunque migliorato
dall’utilizzo di un farmaco che accelera lo svuotamento gastrico.
Questi farmaci, inoltre, per i loro meccanismi intrinseci, mentre accelerano lo svuotamento gastrico,
aumentano anche la pressione a livello del LES e di conseguenza riducono il reflusso.

Altre patologie più serie sono: dismotilità neuropatiche o miopatiche (nel diabete mellito, ad esempio),
gastroparesi, acalasia.

6.1 – MECCANISMI D ’AZIONE DEI FARMACI PROCINETICI


I farmaci che, per aumentare la motilità gastrica, agiscono sull’effettore finale che è il neurone periferico che
rilascia acetilcolina (la quale determina poi la contrazione della muscolatura liscia), non sono in realtà dei
buoni procinetici. Infatti, non basta determinare la contrazione della muscolatura, ma è necessario che questa
contrazione sia coordinata: contraendo tutta la muscolatura contemporaneamente si avrebbe solo un
irrigidimento, che non facilita la progressione e lo svuotamento gastrico.

Bisogna, quindi, agire sul complesso motorio migrante, dato dalle afferenze sul neurone colinergico, che
determina in maniera ritmica la contrazione e il rilassamento di aree muscolari che hanno un andamento
progressivo cranio-caudale. Per cui, si contrae una zona mentre la successiva è rilasciata, poi si contrae la
successiva e un’altra è rilassata e così via, ottenendo un’onda di contrazione.

I farmaci procinetici hanno, quindi, lo scopo di aumentare la contrazione e, di conseguenza, la propulsione


del contenuto luminale, senza interferire con il ritmo e il pattern della motilità, quindi mantenendo il
coordinamento del movimento.
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Afferenze principali al neurone colinergico (al centro nella figura sopra):


➢ un neurone dopaminergico, che rilascia dopamina la quale agisce su recettori D2 espressi dal
neurone colinergico. E’ un neurone inibitorio: attivare i recettori D2 vuol dire inibire la
contrazione muscolare.
➢ un neurone colinergico modulato dalla serotonina, in particolare i recettori per la serotonina che
esso esprime sono del tipo 5-HT4. Quindi, dando un farmaco che attiva il recettore 5-HT4, si
attiverà questo neurone colinergico che rilascerà ACh la quale, a sua volta, attiverà il neurone
finale che rilascia ACh e fa contrarre la muscolatura.
➢ un neurone NANC (non adrenergico, non colinergico) che dà un’afferenza anch’esso inibitoria.
E’ importante per il rilascio di peptidi a questo livello ed è attivato grazie all’azione della
serotonina su recettori di tipo 5-HT3: quindi, inibendo i recettori 5-HT3 per la serotonina, viene
inibito il neurone inibitorio e quindi attivata la contrazione.

Riassumendo: si può attivare la contrazione della muscolatura liscia andando ad aumentare il firing del
neurone colinergico (ciò determina una contrazione più frequente, ma non permanente) e, per fare ciò, si
agisce sui neuroni che fanno sinapsi con esso.
Si può inibire il neurone dopaminergico inibitorio, usando farmaci antagonisti D2.
Si può inibire il neurone inibitorio NANC, inibendo i recettori per la serotonina di tipo 5-HT3, quindi
utilizzando degli antagonisti serotoninergici 5-HT3.
Infine, si può attivare il neurone colinergico stimolatorio pre-gangliare con una stimolazione di recettori per
la serotonina 5-HT4, quindi con agonisti 5-HT4.

In conclusione, ci sono tre possibilità: antagonisti dopaminergici, possibilmente selettivi per D2,
antagonisti serotoninergici selettivi per 5-HT3 e agonisti serotoninergici selettivi per 5-HT4.

Gli antagonisti 5-HT3 puri vengono usati prevalentemente come antinausea e antivomito (sono i più efficaci
nel vomito da chemioterapici) perché danno un effetto non solo periferico ma anche centrale.

Grazie ai farmaci procinetici si ottiene un tono gastrico aumentato, un’aumentata peristalsi, un aumento della
pressione del LES e, quindi, una riduzione del reflusso, una riduzione del tono pilorico (che facilita lo
svuotamento). Questi effetti si ripercuotono anche nella prima parte intestino e viene, quindi, aumentata
anche la peristalsi dell’intestino tenue.

6.2 – FARMACI PROCINETICI

6.2.1 – PROCINETICI DI PRIMA GENERAZIONE

1. Domperidone: è uno dei farmaci più utilizzati, antagonista dei recettori D2. Gli antagonisti dei
recettori D2 sono farmaci che si usano frequentemente (in endocrinologia abbiamo visto delle
patologie legate all’uso di questi farmaci, come l’iperprolattinemia); questi farmaci hanno diversi
usi, tra cui in psichiatria come antipsicotici. Tuttavia danno alcuni effetti collaterali al livello del
SNC, come parkinsonismo e alterazioni della motilità extrapiramidale. Per questo motivo è stato
sviluppato il domperidone che, pur essendo antagonista D2, non passa la barriera ematoencefalica (o
per lo meno la passa molto poco); è stato, quindi, sviluppato specificamente come procinetico, non
avrà effetti antipsicotici però non ha nemmeno effetti collaterali al livello del SNC. Tra gli effetti
collaterali c’è comunque l’iperprolattinemia che è legata ad un’attività a livello dell’ipofisi, che sta
fuori dalla BEE. Gli effetti extrapiramidali sono veramente molto rari, bisognerebbe avere un
sovradosaggio prolungato di questo farmaco. Oltre ad avere un effetto procinetico ha anche effetto
antinausea e antivomito, in parte a causa dell’aumentata velocità di svuotamento gastrico, in parte a
causa dell’effetto al livello del CTZ (Chemoreceptor Trigger Zone), che è al di fuori della BEE.
E’ un farmaco da banco, ma in realtà il suo uso dovrebbe essere più ristretto in quanto, in una
percentuale molto bassa di pazienti, aumenta il rischio di tachiaritmie, in particolare di aritmie
ventricolari, perché va ad interagire con i canali HERG del potassio (quando questi portano un certo
SNP) e prolunga il QT, il che è un fattore di rischio per sviluppo di tachiaritmie.

2. Levosulpiride: altro antagonista D2 che passa la BEE e, di conseguenza, può dare anche effetti
extrapiramidali, che si possono avere con un utilizzo prolungato. Tra tutti gli antidopaminergici
centrali, la levosulpiride è il più utilizzato come farmaco procinetico perché contemporaneamente è
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anche un agonista 5-HT4, quindi ha due punti d’azione. Anche qui abbiamo iperprolattinemia,
possibilità di effetti extrapiramidali. Anche questo farmaco migliora la nausea e il vomito.

3. Metoclopramide (Plasil): antagonista D2, anche agonista 5-HT4 e antagonista 5-HT3. Ha breve
emivita, è piuttosto efficace per l’aumentata velocità di propulsione, è antinausea e antivomito
soprattutto quando questi sono dovuti a dismotilità (viene anche utilizzato come antivomito nelle
chemioterapie, ma secondo la prof non migliora tanto la situazione perché la chemioterapia dà
nausea e vomito per un’azione al livello prevalentemente del CTZ, dove la metoclopramide non è
praticamente efficace). Gli effetti collaterali sono, più o meno, sempre gli stessi; si può avere diarrea,
che, però, è data anche dal domperidone in alcuni soggetti particolarmente sensibili.

6.2.2 – PROCINETICI DI SECONDA GENERAZIONE

Sono per lo più agonisti 5-HT4, non bloccano il recettore D2 e alcuni sono anche antagonisti 5-HT3. C’è
stato bisogno di questi farmaci perché il domperidone usato occasionalmente va bene ma, a parte il minimo
rischio di sviluppo di aritmia, se usato cronicamente provoca iperprolattinemia. I pazienti che prendono
questo farmaco quotidianamente alla dose piena (una dose piena è una compressa da 10 mg prima di ogni
pasto, quindi 30 mg al giorno), nel giro di 15 giorni si ritrovano con iperprolattinemia.

1. Cisapride: è il primo di questi farmaci ad essere stato sviluppato, molto efficace. Prima tolto dal
commercio e ora rimesso in commercio ma solo per trials clinici perché è un farmaco che può
allungare il QT in pazienti che hanno SNPs nel gene che codifica per i canali HERG del potassio:
non avendo il profilo genetico si tutti i pazienti, si è ritenuto un rischio eccessivo l’utilizzo di
cisapride, dal momento che esistono farmaci alternativi.

2. Renzapride e Zacopride: sono farmaci più recenti. Però è ancora da dimostrare che questi farmaci
non abbiano lo stesso problema dell’allungamento del QT.

6.2.3 – PROCINETICI DI TERZA GENERAZIONE 6

Prucalopride: agonista selettivo 5-HT4, ma in realtà è più efficace nell’aumentare la motilità a livello del
colon piuttosto che nel tratto gastroenterico superiore, per cui si utilizza per lo più nella stipsi cronica. E’
efficace particolarmente nelle donne, ma non si sa bene perché. Nella stipsi cronica non è la prima scelta, che
è solitamente un cambio nella dieta, un’adeguata assunzione di fibre e idratazione. Si può riservare l’utilizzo
di questi farmaci a situazioni di stipsi legata ad alterazioni neurologiche, neuropatia periferica, come nel
diabete mellito avanzato.

6.2.4 – PROCINETICI MOTILIDI6

Eritromicina: antibiotico della classe dei macrolidi, ma anche agonista dei recettori per la motilina,
neuropeptide che accelera la peristalsi. Gli effetti sono buoni, ma non si può usare cronicamente perché gli
effetti vanno incontro a tolerance e inoltre, dal momento che si usa ad un dosaggio più basso rispetto alla
terapia antimicrobica, facilita l’insorgenza di resistenze. Quindi si è cercato di avere delle molecole analoghe
che fossero agonisti per il recettore della motilina, ma che non avessero attività antibatterica, per esempio
Alemcinal e Mitemcinal.

6.3 – TRATTAMENTO DELL ’ACALASIA


L’acalasia è differente perché c’è un problema di sfintere troppo contratto e non dilatato.
Si possono usare dei farmaci come calcio-antagonisti, che inibiscono la contrazione della muscolatura liscia
inibendo l’ingresso di calcio, hanno una certa efficacia ma hanno effetti come riduzione della pressione
arteriosa ed edema.

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In realtà, la prof non ha fatto questa sottoclassificazione, che io ho trovato su internet.
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Altri farmaci possibili sono i nitroderivati, perché l’NO è un rilassante per la muscolatura liscia; anche
questi sono efficaci, però la loro azione va incontro a tolerance e non si possono usare cronicamente.

Un altro farmaco che ha guadagnato abbastanza popolarità è la tossina botulinica che è un avvelenatore
delle sinapsi e agisce soprattutto sulle sinapsi neuromuscolari, ma a dosaggi un po’ più alti è in grado anche
di inibire il rilascio di ACh dalle sinapsi che governano la contrazione della muscolatura liscia.
Naturalmente non si fa un trattamento sistemico, ma infiltrazioni locali a livello esofageo, che non sono
molto comode per il paziente ma, essendo l’effetto abbastanza duraturo, vanno fatte circa una volta al mese.

Al di là di questi farmaci, la terapia dell’acalasia è una terapia chirurgica o una dilatazione con un pallone
esofageo o con dei cateteri endoesofagei.

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