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Ferdinando Polimeni
Specialista in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva
Patologie dell’Intestino
Duodeno Infettive
Crasso
Digiuno
Tenue Infiammatorie
Ileo
Tumorali
Patologie Infettive
Agenti Responsabili Sintomi Principali
Virus: Rotavirus…… Diarrea
Batteri: Salmonellosi… Dolore
Protozoi: Giardiasi… Febbre
Elminti: Ascaridi.…
Terapia
Sintomatici
Reidratazione
Antibiotici…….
Patologie del Tenue: Malassorbimento
Il Tenue è la sede della Digestione e
dell’Assorbimento del cibo e le sue
patologie provocano principalmente
SINTOMI MALASSORBIMENTO
Ileite
Ileo-Colite
Colite
M. di Crohn: Sintomi
M. di Crohn: Diagnosi Endoscopica
Videocapsula Endoscopica
Computer
dedicato
Capsula
Registratore
Videocapsula Endoscopica
Mucosa dell’ileo
segnata da
ulcere di forma
irregolare
M. di Crohn: Diagnosi Radiologica
Ulcere
M. Di Crohn: Diagnosi Ecografica
Ansa intestinale
infiammata con
pareti ispessite e
lume irregolare.
Circoscritta al
Crasso
Diarrea
Sanguinamento
rettale
Dolore addominale
Febbre
Colon normale Colite Ulcerosa
IBD: Presidi Terapeutici
Lieve
Salicilati
Antibiotici
Cortisone
Immunosoppressori
Biologici
Chirurgia
Severa
Patologie Tumorali
Benigne
Polipi
Peduncolato Sessile
Maligne
Linfomi
Carcinomi
Linfoma Carcinoma
Cancro Colo-Rettale (CCR) In Italia
Incidenza: 52.400
Prevalenza: 427.562
Rischio: 7%
Il CCR si può prevenire!
Lesione Precancerosa Asportabile
Polipectomia
Endoscopica
di Polipo
ancora
Benigno
% di Sopravvivenza a 5 anni
Metastasi Locali 35 - 60
Metastasi a Distanza 5
Fase Precoce
La Malattia Diverticolare del Colon
La Diverticolosi è la conseguenza
dell’erniazione della mucosa e della
sottomucosa, attraverso lo strato
muscolare, al di sotto della sierosa.
Ipotesi Patogenetiche:
Alterazioni del collageno legate all’età
Dieta povera di fibre: Le fibre
distendendo il colon riducono la
pressione endoluminale (L. di Laplace)
La Malattia Diverticolare del Colon
Sintomi
D. Asintomatica: riscontro radiologico
o endoscopico casuale
D. Sintomatica: Dolore, meteorismo,
turbe dell’alvo
D. Complicata : Sigmoidite, Emorragia,
Perforazione, Peritonite, Occlusione
M. Diverticolare: Trattamento
Diverticolosi Asintomatica
Mantenere la regolarità dell’alvo, Eventuale uso di Fibre
Ferdinando Polimeni
Specialista in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva
Patologie Gastriche
Gastropatie
Gastriti
Ulcera Peptica
Tumori
Patologie Gastriche
GASTROPATIE
Stress
Alcol
Ipert. Portale
Ischemia
Cocaina
Fans
Ulcere da FANS
Gastropatia Ipertensiva Portale
Inversione del
flusso venoso Gastropatia
portale Ipertensiva
Gastriti: Concetti Chiave
Atrofia
La Gastrite è un’infiammazione della
mucosa gastrica, che ne provoca nel tempo
l’Atrofia
Normale La Diagnosi è essenzialmente istologica
Di per se è asintomatica.
Gastrite Diventa sintomatica solo se associata con
altre Patologie come Ulcera, Dispepsia…….
Helicobacter pylori
E’ un batterio Gram-negativo, microaerofilo,
spiraliforme, di circa 5 , dotato di flagelli e di
un tropismo elettivo per l’epitelio gastrico
FANS
Fisiopatologia dell’Ulcera Peptica
Ulcera Peptica: Sintomatologia
Ulcera Gastrica
Dolore epigastrico esacerbato dal pasto e
attenuato dall’assunzione di Antiacidi
Ulcera Duodenale
Dolore epigastrico a digiuno attenuato dal
cibo e dall’assunzione di Antiacidi
Sintomi aspecifici
Pirosi, Nausea, Vomito
Ulcera Peptica: Diagnosi
Gastroscopia
Ulcera Duodenale U.D. in via di
in fase attiva cicatrizzazione
Ulcera Peptica: Diagnosi
Inibitori del
Recettore
H2-Istaminico
Acetilcolina Gastrina Istamina
Precancerosi Gastriche
Condizioni Precancerose
Gastrite Cronica Atrofica
Metaplasia Intestinale Metaplasia
Ulcera Gastrica
Polipi Adenomatosi
Lesioni Precancerose
Displasie
Diplasia sui
margini di Ulcera
Gastrica
Tumori Benigni dello Stomaco
Spesso Asintomatici
Adenocarcinoma 90
Linfoma 5
Sarcoma 3
Carcinoide 1
Gist 1
Tumori Maligni dello Stomaco
Tumori dello Stomaco: Diagnosi
La diagnosi viene effettuata con
l’Endoscopia e la Biopsia
IIc III
Tumori dello Stomaco: Gastroscopia
Carcinomi Avanzati
Cardiale Antrale
IIc III
Tumori dello Stomaco: Gastroscopia
Leiomiosarcoma Leiomioma o
Leiomiosarcoma?
Tumori dello Stomaco: Ecoendoscopia
Leiomioma
Tumori dello Stomaco: Ecoendoscopia
Eventuali Recidive
Tumori Maligni:Terapia Chirurgica
Secondo nucleo tematico
Le patologie del fegato, delle vie biliari e del pancreas
Percorso di potenziamento-orientamento
“BIOLOGIA CON CURVATURA BIOMEDICA”
Seconda annualità
Dott.ssa M.R.GIOFRÈ
Specialista in Medicina Interna
Dott.ssa M.G.PENSABENE
Specialista in Geriatria
• EPATITI
virali, autoimmuni, esotossiche, genetiche
• TUMORI
cisti, adenomi, HCC
• PANCREATITI
ostruttive, infettive, autoimmuni, esotossiche
• TUMORI
cistici, neuroendocrini, adenocarcinoma
• COLANGITI
litiasiche, flogistiche, infettive, autoimmuni
• TUMORI
polipi, miomi, adenomi, cisti, carcinoidi, carcinomi
SEGNI E SINTOMI
Margine AI bozzuto
di consistenza lignea
Dolorabilità
Epatomegalia
DOLORE ADDOMINALE
a) INIZIO E DURATA: quando è iniziato; improvviso o graduale; persistente
ricorrente, intermittente.
b) CARATTERI: sordo, pungente, urente, crampiforme, colico.
c) LOCALIZZAZIONE: all’esordio, modificazioni della localizzazione, nel tempo,
irradiazione in un’altra zona, superficiale o profondo.
d) SINTOMI ASSOCIATI: vomito, diarrea, stipsi, flatulenza addominale, eruttazione,
ittero, collasso, cambiamento della circonferenza addominale.
e) RELAZIONE CON: ciclo mestruale, mestruazioni anormali, defecazione,
inspirazione, cambiamenti di posizione, assunzione di alcool o di cibo, aspirina o
altri farmaci, stress, momento della giornata.
Diagnosi differenziale
caratteri del dolore
Accanto a queste categorie, la ricerca dei virus dell’epatite B e C deve essere effettuata nei soggetti con:
3-4 volte superiore rispetto a quello maschile e può esordire in tutte le età.
I sintomi, quando presenti, sono caratterizzati da marcata astenia, malessere, poliartralgie e dispepsia fino
a quadri di epatite acuta itterica del tutto indistinguibile dalle forme acute virali o tossiche.
L’AIH deve essere considerata in diagnosi differenziale ogni qualvolta ci si trovi in presenza
di un’ipertransaminasemia e/o cirrosi senza un’eziologia definita.
La diagnosi si fonda sul riscontro di più elementi clinici, laboratoristici ed istologici, nessuno dei quali
tuttavia è patognomonico di malattia. In assenza di un test diagnostico specifico si è reso necessario lo
sviluppo di score diagnostici.
Score diagnostico per AIH
EPATITI COLESTATICHE
La Colangite Sclerosante Primitiva La Colangite Biliare Primitiva
La diagnosi di CSP si basa sulla combinazione di La CBP è una malattia infiammatoria autoimmune
manifestazioni cliniche (sintomi e segni di colestatica del fegato che può evolvere fino alla cirrosi
colestasi o astenia profusa), alterazioni biliare.
laboratoristiche (in particolare aumento della
L’avanzamento delle tecniche diagnostiche permette oggi
fosfatasi alcalina e della γGT), aspetti di imaging
un riconoscimento precoce della patologia prima
(alterazioni e irregolarità dell’albero biliare
dell’evoluzione in cirrosi, complicanza che si presenta solo
caratterizzate da stenosi e dilatazioni) ed
in un sottogruppo di pazienti.
immagini istologiche.
La diagnosi si basa generalmente sulla presenza di test
epatici indicativi di epatite colestatica associati alla
presenza di anticorpi circolanti anti-mitocondrio (AMA) ed
anti-nucleo specifici per la malattia. La biopsia epatica non
è strettamente necessaria per la diagnosi.
EPATITE ALCOLICA
Nessun test di laboratorio è valido in assoluto ai fini di definire l’eziologia alcolica del danno epatico, anche se, valutando insieme i risultati di
più indagini (ad es. γGT, MCV, AST) si può raggiungere una adeguata sensibilità e specificità diagnostica.
• Incremento delle transaminasi: (soprattutto AST, con rapporto AST/ALT>1) bassa specificità, ma buona sensibilità (presente in oltre il
50% dei bevitori senza apparente danno epatico).
• Incremento della γGT: in assenza di colestasi, indica induzione enzimatica da etanolo o altri xenobiotici; buona sensibilità ma scarsa
specificità (presente spesso in altre epatopatie con/senza ipertransaminasemia).
• Incremento di MCV: presente nell’80-100% dei bevitori, ma anche nel 20% degli epatopatici cronici non etilisti.
• Incremento delle IgA sieriche, presente in circa il 30% dei bevitori non epatopatici, e fino al 60 % degli etilisti cirrotici, ha scarsa specificità.
Quali soggetti sono a rischio di cirrosi epatica e devono essere
sottoposti a valutazione clinicolaboratoristica-strumentale?
Categorie a rischio di cirrosi:
• Portatori di malattia epatica cronica da virus epatitico maggiore (HBV, HCV, HDV)
• Soggetti dediti cronicamente all’alcol
• Pazienti affetti da epatopatia cronica metabolica con transaminasi elevate e/o fibrosi (NASH)
• Portatori di alterazioni del metabolismo del ferro o del rame
• Pazienti affetti da malattia epatica di natura autoimmune
• Portatori cronici di elevazione degli indici epatici in assenza di una causa identificata
• Soggetti in cui l’indice APRI (AST/Piastrine) sia >1.5-2
• Pazienti con rapporto AST/ALT >1, laddove siano state escluse le forme autoimmuni e le alcoliche
FISTOLA COLECISTO-DIGIUNALE
COLECISTITE ENFISEMATOSA
EMPIEMA
COLECISTI A PORCELLANA
MALATTIE DELLE VIE BILIARI
PANCREATITI
ACUTE CRONICHE
«Processo infiammatorio acuto che si associa ad una «Infiammazione cronica dell’intera ghiandola o più
compromissione morfologica e funzionale del raramente di un suo segmento, che determina la progressiva
parenchima ghiandolare che si presenta con quadri e irreversibile atrofia parenchimale con sostituzione
anatomo-patologici differenti» fibrocalcifica del tessuto ghiandolare e graduale perdita
SEVERA (necrotico-emorragica) della funzione esocrina»
LIEVE (edematosa)
•CALCIFICANTE
• Incidenza in Italia: 5-80 su 100,000 dilatazione dei dotti intralobulari (dilatati e stenotici)
• Mortalità: 2,1-7,8% (metà delle morti nella prima e calcoli intraduttali
seconda settimana) calcificazioni parenchimali
• Fattori prognostici: necrosi pancreatica e MOF • OSTRUTTIVA
• Pancreatite necrotizzante: 10-20% dei pazienti con lesioni diffuse
mortalità fino al 25% ( il 30-40% sviluppa infezioni dotti pancreatici regolari
della necrosi).
• Cronicizzazione dopo episodio acuto: 3-13%
EZIOLOGIA IN ITALIA
• Biliare 60%
• Alcolica 8,5%
• Altra 10,5% (uso di farmaci, malattie infettive, HIV,
iperlipidemia, ipercalcemia, malnutrizione ERCP,
ostruzione del dotto di Wirsung, recente intervento
chirurgico, ischemia traumi, Autoimmune)
• Non identificata 21% METODI DI STUDIO
*La placca batterica è un aggregato di batteri normalmente presenti nella bocca in modo da
formare una struttura organizzata (biofilm) capace di rendere i batteri altamente resistenti alle
difese immunitarie ed ai farmaci (es. antibiotici). Dopo qualche giorno dalla sua formazione, la
deposizione di sali di calcio e di fosfati la trasforma in tartaro.
La patologia cariosa
Fattori Locali:
1. Insufficiente Igiene orale;
2. Anatomia e posizione;
3. Assunzione di fluoro;
4. Scarso potere tampone salivare.
Per l’esecuzione dei restauri diretti, vengono utilizzati dei sistemi adesivi, che insieme alle
resine composite s’integrano perfettamente con i tessuti circostanti. Immagini tratte dal libro AIC
Odontoiatria restaurativa
La Patologia PULPARE s
Corona
Il dente è un organo composto da : d
• Corona (smalto) porzione che emerge dalla gengiva; p
• Radice: (cemento) porzione contenuta all’interno dell’alveolo osseo;
Il trattamento endodontico per via retrograda o endodonzia chirurgica, (in senso apico-coronale) è
eseguito quando non è possibile accedere al canale per via ortograda (per la presenza di una corona o
perni preesistenti).
L’accesso alla radice ed all’apice radicolare, avviene tramite l’allestimento di un lembo chirurgico.
Le infezioni odontogene
Le infezioni odontogene comprendono l’insieme dei processi flogistici a partire dalle strutture
dentali e parodontali ed il possibile coinvolgimento delle formazioni circostanti quali, basi ossee,
tessuti moli e cute del distretto oro-facciale.
All’interno della categoria, rientrano i quadri clinici della parodontite apicale, gli ascessi, flemmoni
e della cellulite odontogeni.
La necrosi pulpare rappresenta la modalità di contaminazione batterica più diffusa.
Evoluzione clinica:
A seguito della necrosi pulpare, si verifica la
diffusione batterica nei tessuti periapicali.
La successiva evoluzione del quadro infettivo
dipende dal numero di microrganismi patogeni
presenti, dalla loro virulenza e dalle difese
Carica
dell’organismo. Se la bilancia va a favore della batterica
carica batterica e della virulenza, l’infezione virulenza
evolve verso un quadro clinico acuto di Ascesso
o Flemmone. Quando le difese immunitarie Difese
riescono ad arginare l’infezione, essa ha un ospite
andamento cronico (granuloma periapicale).
Le infezioni odontogene
Evoluzione clinica:
L’infezione periapicale si diffonde nel tessuto osseo spongioso, determinando l’infezione endostale.
Nelle fasi successive, essa supera la corticale ossea e mettendo in tensione il periostio, causa al
paziente dolore acuto. L’infezione si diffonde nel tessuto connettivo sottomucoso intraorale o
sottocutaneo.
Il quadro clinico è rappresentato da una tumefazione duro-elastica, con arrossamento mucoso o
cutaneo. Schema evoluzione dell’infezione
Definizione
ASCESSO: Raccolta di materiale purulento in una cavità neoformata dove l’organismo tende a
circoscrivere la lesione.
Nell’ascesso il dolore è circoscritto, si presenta come una massa fluttuante alla palpazione con
margini ben definiti, con cute arrossata e dolente.
Fistolizzazione: drenaggio spontaneo della raccolta ascessuale verso l’esterno dei tessuti;
il dolore si attenua, dovuto alla riduzione della tensione dei tessuti sottomucosi e/o sottocutanei.
Evoluzione: (rara) diffusione dell’infezione nel distretto cervico-facciale;
(rara) Osteomielite (per pazienti con sistema immunitario compromesso). Ascesso palatino
Tumefazione mandibolare
dx e loggia sottomentoniera
Ascesso a
Fistolizazione
partire al
cutanea di
Immagini tratte dal molaretto
ascesso
libro di chirurgia orale superiore
odontogeno
Chiapasco dx
Le infezioni odontogene
Diagnosi:
• Anamnesi: x valutazione dell’andamento dell’infezione.
Tempo d’insorgenza della sintomatologia;
Intensità sintomi;
Presenza\assenza rialzo termico (Febbre).
• Esame obiettivo
ExtraOs: valutazione del volto, tumefazioni, palpazione;
IntraOS: palpazione, test vitalità, localizzazione.
• Indagini Radiologiche: RX endorale, OPT, CBCT
Terapia e trattamento:
• Eliminazione dell’agente causale e drenaggio del materiale
purulento.
• Assunzione di antibioticoterapia di supporto. Immagine tratta dal libro di
chirurgia orale Chiapasco
La Malattia Parodontale
La parodontite è una patologia infiammatoria cronica a carattere distruttivo, a carico dei tessuti di sostegno del dente.
E’ causata da specifici agenti patogeni contenuti nella placca dentale che porta ad una disbiosi ospite/batteri con la
conseguente distruzione del tessuto connettivo, riassorbimento osseo e perdita dei denti (Sanz & Quirinen 2005).
Essa rappresenta la sesta malattia cronica non trasmissibile più̀ diffusa al mondo (Tonetti et al 2017) e la causa principale di perdita
dei denti.
Per comprendere l’argomento, è necessario spiegare l’anatomia del parodonto.
Il parodonto comprende:
1. Gengiva: parte di mucosa che ricopre il processo alveolare e circonda la porzione cervicale dei denti. (g.libera, g.aderente;
mucosa alveolare);
G.L si suddivide in : epitelio sulculare, epitelio giunzionale, tessuto connettivo)
2. Legamento parodontale: fibre collagene che mantengono sospeso il dente all’interno dell’alveolo.
• F. della cresta: fibre che circondano la gengiva libera e la mantengono ben adesa alla porzione cervicale del dente: f.
circolari, f. dento-gengivali, f. dentoperiostali, f.transettali;
• F. orizzontali,
• F. oblique;
• F. apicali.
3. Cemento radicolare: tessuto connettivo mineralizzato che ricopre la superficie radicolare. Esso cosente il
legame del LPD tra la superficie radicolare e l’alveolo.
4. Osso alveolare: tessuto connettivo mineralizzato che sostiene i denti all’interno del processo alveolare
mascellare o mandibolare.
La Malattia Parodontale
• La salute gengivale in un parodonto intatto ed in uno ridotto (stabile) è caratterizzata clinicamente dall’assenza di :
• Sanguinamento;
• Edema;
• Sintomi riferiti dal paziente.
• La gengivite è una condizione infiammatoria sito-specifica che scaturisce dall’accumulo di biofilm* dentale (insieme di
microrganismi organizzati in una matrice extracellulare) e caratterizzata da edema ed arrossamento gengivale in assenza
di perdita d’attacco parodontale. (Trombelli et al. 2018, JCP) . Inoltre essa generalmente non è accompagnata da dolore,
raramente vi è sanguinamento spontaneo e generalmente è associata a modifiche cliniche inapparenti, tali per cui molti
pazienti ne sono ignari. Con la rimozione del biofilm dentale (placca batterica), si ottine la completa restitutio ad integrum.
La gengivite viene definita localizzata (BOP 10-30% dei siti) o generalizzata (BOP >30% dei siti).
Lo STADIO si basa sulla gravità e sulla distribuzione della Il GRADO della malattia parodontale suddiviso in 3 gradi: A,B,C
perdita d’attacco parodontale ed include i denti persi per • Incorpora quattro aspetti biologici:
cause parodontali. (severità, complessità di trattamento, 1. Progressione della parodontite basata sulla storia della malattia;
estensione). Viene suddivisa in 4 stadi. 2. Rischio di ulteriore progressione della malattia;
1. Parodontite Stadio I- Grado B: parodontite incipiente. 3. Anticipa risultati di trattamento inferiori in alcuni sottogruppi
Una diagnosi precoce offre efficaci opportunità di cura e di pazienti;
mantenimento nel tempo; 4. Valuta il rischio che può comportare la malattia parodontale
2. Parodontite Stadio II- Grado B: parodontite moderata o il suo trattamento sulla salute generale del paziente.
(CAL 3-4mm), perdita ossea orizzontale (15-33%), BOP+; Tasso di progressione: Include i fattori di rischio: Fumo, diabete. (Inter-relazione con salute
3. Parodontite Stadio III- Grado B: parodontite severa con generale del paziente). (Tonetti et al 2018 JCP)
rischio potenziale di perdita dentale. (CAL≥5mm), denti
persi per paodontite ≤4mm; coinvolgimento forcazioni I-II
grado;
4. Parodontite Stadio IV-Grado B: parodontite complicata
dalla perdita di funzione masticatoria. CAL≥5mm, denti
persi ≥5; difetti cresta ossea severo. BOP+, PPD≥6mm
RBL≥50%orizzontale, ≥3 verticale, forcazioni II-III grado.
Fumatore ≤10 sigarette, Hbac≤7%;
• Grado C: il riassorbimento osseo è maggiore
Sequenza della
rispetto alla quantità di placca presente. progressione della
Fumatore ≥10 sigarette. HbA1c≥7% in pz malattia parodontale,
segni d’infiammazione e
diabetici. perdita ossea crestale
La Malattia Parodontale
La malattia parodontale non è più possibile considerarla come una semplice malattica batterica ma dev’essere interpretata
come una malattia complessa ad eziologia multifattoriale. Comprendere quali siano i fattori modificabili e non modificabili
che predispongono in maniera individuale alla malattia e ne modificano il decorso, è importante per poter ottenere e
mantenere nel tempo la Salute Parodontale. (Lang et al. 2018, JCP)
Fattori di rischio :
• Microbiologici: composizione della placca sopra- sotto gengivale;
La terapia parodontale di supporto ha lo scopo di mantenere la stabilità parodontale in tutti i pazienti con parodontite
trattata, combinando interventi preventivi e terapeutici definiti nella prima e nella seconda fase della terapia, a seconda
dello stato gengivale e parodontale della dentatura del paziente.
Le inclusioni dentarie
Un elemento dentario è definito incluso se permane all’interno della compagine ossea oltre i tempi fisiologici di eruzione.
L'inclusione dentaria è una condizione in cui è possibile apprezzare l'assenza di uno o più elementi dentari nella cavità
orale.
Gli elementi che vanno
incontro più frequentemente
ad inclusione:
• 3° molare inferiore;
• 3°molare superiore;
• Canino superiore;
• Incisivo superiore.
Cause:
Locali Sistemiche
•Permanenza del dente deciduo; •Sindromi malformate genetiche
•Denti sovrannumerari; •Displasia cleido-cranica
•Malposizioni del germe dentale; •Osteopetrosi
•Anchilosi; •Alterazioni endocrine
•Mancanza di spazio in arcata;
•Cisti;
Le inclusioni dentarie
Diagnosi • Sintomatologia
• Anamnesi • Trisma (difficoltà ad aprire la bocca)
• Esame clinico • Dolore in regione mandibolare
• Esami RX • molare irradiato all’orecchio
• Gonfiore gengivale
• Sanguinano gengivale
Diagnosi • Pericoronarite
La diagnosi di inclusione viene formulata dopo aver
eseguito un’accurata anamnesi, un esame clinico e degli
esami radiografici.
Classificazione: in base al rapporto dei piani occlusali del secondo e del terzo molare. ( Pell&Gregory 1933)
• Classe I: i piani occlusali del 7° ed 8° si trovano sullo stesso livello; Immagine tratta dal libro di
• Classe II: il p. Ocllusale del 8° si trova più apicali, a livello della CEJ del 7°; chirurgia orale Chiapasco
• Classe III: : il p. Ocllusale del 8° si trova più apicali, al di sotto della CEJ del 7°.
L’ inclusione del terzo molare
Terapia: chirurgica di tipo estrattivo:
Prevede, post anestesia tronculare, esecuzione di
un lembo a spessore totale che, esponga l’osso e
l’elemento dentario; si susseguono osteotomia ed
odontotomia per consentire una rimozione della
porzione coronale e successivamente, quelle
radiocolari dell’elemento dentario.
Decorso del NAI (freccia) Parte dello strumentario chirurgico Immagine proveniente dal libro di
chirurgia orale Chiapasco
3)
Le Anomalie dentarie
Classificazione: Forma e volume:
• Numero; 1. Macrodonzia: elementi dentari anormalmente grandi;
• Posizione; 2. Microdonzia: elementi dentari eccessivamente piccoli;
• Forma e volume; 3. Taurodontismo: dente con corona grande, ampia e biforcazione 2)
• Struttura; apicale;
• Sviluppo. 4. Dilacerazione: netta curvatura della radice di un elemento dentario
rispetto alla corona.;
Struttura:
5. Dens in dente: sviluppo di parte di un elemento dentario all’interno di
• Amelogenesi imperfecta;
un altro dente;
• Dentinogenesi imperfecta;
6. Fusione: due germi permanenti contigui che determinano la
• Ipoplasia dello smalto;
formazione di elementi dentari con camere pulpari separate e uniti a
livello della corona;
Posizione: 7. Geminazione: due germi permanenti contigui che determinano la
• Versione: inclinazione del dente: mesio; formazione di elementi dentari con camera pulpare unica;
linguo; disto; vestiboloversione; 8. Concrescenza: ’unione di due elementi dentari contigui solo a livello
• Inversione: rotazione del dente di 180° sul radicolare.
proprio asse;
• Rotazione sul proprio asse; 4) 6)
• Estrusione: spostamento del dente verso il
piano occlusale; 7)
• Intrusione: spostamento del dente in
direzione apicale.
Le Anomalie dentarie Caso di agenesia: persistenza
del deciduo in arcata
Sede:
• Ectopia: il dente non si trova nella sua sede abituale;
• Trasposizione: due denti contigui invertono la loro posizione;
• Eterotropia: denti localizzati in sede lontana da quella abituale.
Numero:
• Ipodonzia: assenza congenita di massimo 6 elementi dentari ;
• Oligodonzia: assenza congenita di più di 6 elementi dentari;
• Anodozia: completa assenza di elementi dentari;
• Agenesia: assenza del germe del permanente; in cavità persiste il dente
deciduo, senza che venga esfoliato;
• Iperdozia: Elementi sovrannumerari.
a)
Le Malocclusioni
Sul Piano trasversale si possono avere deficit di crescita del mascellare, bilaterale o
monolaterale, che possono determinare quadri clinici di Cross bite (morso incrociato)
1, foto intraorale, con crossbite monolaterale)
Diagnosi:
1. Foto IntraOs, ExtraOs ;
2. Impronte delle arcate dentarie;
3. Esami RX I° livello: Ortopantomografia (OPT), RX laterolaterale (LLT)
4. Esame Cefalometrico.
3)
3,4)
2)
Le Malocclusioni
Terapia: individualizzata sulla base dei valori ottenuti; 2)
• Ortodozia:
a. Mobile;
b. Fissa,
c. Invisibile.
Il carcinoma orale, manuale di riferimento . Lorenzo Lo Munzio, Sandro Pelo, SIPMO, SidOeCM-F
Carcinoma Orale
Procedure diagnostiche:
• Anamnesi: indagare sui fattori di rischio, storia familiare o presenza di neoplasie in altre sedi;
• Esame obiettivo: Extra OS: valutazione di asimmetrie facciali e gonfiori; IntraOS: valutazione delle caratteristiche
macroscopiche della lesione mucosa orale tramite l’ispezione e la palpazione; valutazione del colore, aspetto di superficie,
omogeneità dei margini, consistenza , sintomatologia; far attenzione alla presenza di precedenti lesioni (macchie colorate, afte
che non regrediscono oltre 2 settimane, ulcere persistenti, mobilità dentali sospette, ipoestesie o parestesie); palpazione dei
linfonodi della regione testa-collo;
• Chemiluminescenza: sfrutta le proprietà di riflessione della luce da parte della mucosa in presenza di acido acetivo all’1%. ( la
mucosa sana appare bluastra, le lesioni appaiono biancastre);
• Fluorescenza tissutale: illuminazione con luce monocromatica (VELscope) . Il tessuto sano appare verde mela, le alterazioni
appaiono marrone scuro.
• Citologia: analisi microscopica delle cellule prelevate dalla superficie mucosa; è poco sensibile ;
• Colorazione al blu di toluidina: colorante acidofilo . Consente di evidenziare le aree di maggior rischio. Essa precede la biopsia.
• Biopsia incisionale: prelievo di parte del tessuto patologico utile nell’intercettazione della displasia durante l’esame istologico ;
• Biospia escissionale: asportazione della lesione in toto.
Sedi: Ca labbro, pavimento cavo orale, lingua, palato ;
Nella sua fase iniziale, il tumore del cavo orale si presenta frequentemente attraverso lesioni pre-
cancerose come macchie o placche bianche e/o rosse, piccole erosioni o ulcere, che non
regrediscono oltre i 15 gg, all’interno della bocca. (leucoplachie, eritroplachie, combinazioni o lesioni
da HPV).
Inoltre, esso può presentarsi come una lesione infiltrante o esofitica con sintomatologia inziale
aspecifica. Il carcinoma orale, manuale di riferimento .
Lorenzo Lo Munzio, Sandro Pelo, SIPMO,
SidOeCM-F
Carcinoma Orale
Classificazione e stadiazione secondo il sistema TNM
Il sistema è basato sulla valutazione di tre componenti :
• Dimensione del tumore primitivo (T); valori da 1 a 4 ; da carcinoma in situ a Ca che invade i tessuti circostanti;
• Coinvolgimento linfonoidale (N);
• Presenza, assenza di Metastasi (M). Valori Mx,M0,M1
Terapia : individuale, in base all’estensione della lesione e del coinvolgimento delle altre strutture anatomiche e linfonoidali.
• Chemioterapia adiuvante ;
• Radioterapia del distretto interessato, testa-collo;
• Chirurgia del tumore primario;
• Chirurgia resettiva;
• Chirurgia ricostruttiva;
Prevenzione:
• Controllo dei fattori di rischio: riduzione dell’uso del tabacco e dell’alcool;
• Istituzione di campagne di sensibilizzazione e di screening orale.
• Adottare corretti stili di vita e sottoporsi a visite periodiche e regolari;
(migliorare l’igiene orale, fare sesso orale protetto, dieta sana ricca in verdura ,frutta
e povera di grassi);
Campagna di prevenzione: Oral Cancer Day
Campagna di sensibilizzazione rivolta al cittadino, con l’obiettivo di promuovere la salute orale attraverso la figura dell’odontoiatra.
Il dentista è il primo specialista in grado di rilevare i sintomi del carcinoma orale e la diagnosi precoce aumenta la probabilità curare il
paziente tempestivamente.
Se rilevato in fase iniziale, l’aspettativa di vita per il tumore del cavo orale è dell’80%.
Ha un’azione disintossicante
Il calore è una forma di energia misurabile come temperatura ed espressa come unità
chiamate calorie
Una caloria (cal) è definita come la quantità di calore richiesta per aumentare di 1 °C la
temperatura di 1 g di acqua
• I fattori che influenzano la velocità metabolica sono
l’attività fisica: se aumenta, la velocità metabolica
aumenta
gli ormoni tiroidei (il testosterone, l’insulina, l’ormone
della crescita): se aumentano i loro livelli nel sangue, la
velocità metabolica aumenta
il sistema nervoso: durante l’attività fisica o in condizioni
di stress la velocità metabolica aumenta
la temperatura corporea: se aumenta, la velocità
metabolica aumenta
l’ingestione di cibo: se aumenta, la velocità metabolica
aumenta
l’età, se aumenta, la velocità metabolica diminuisce
altri fattori fra cui il sesso, il clima, il sonno, la
malnutrizione
• Il calore corporeo viene prodotto
continuamente e quindi è necessario
disperderlo per evitare che la
temperatura corporea continui ad
aumentare
• Sono quattro i principali meccanismi
di dispersione:
irraggiamento
conduzione
convenzione
evaporazione
• Se la quantità di calore prodotto
bilancia la quantità di calore disperso,
la temperatura corporea si mantiene
costante intorno ai 37° C
• I neuroni ipotalamici controllano il bilancio tra
produzione e perdita di calore
• Il centro termoregolatore stimolato da una diminuzione
della temperatura, fa aumentare la temperatura
corporea
• In caso di eccessiva dispersione di calore intervengono dei
meccanismi a feedback negativo che partono dai
termocettori e coinvolgono l’ipotalamo e l’ipofisi con
produzione di ormoni che attivano diversi effettori con
conseguente:
vasocostrizione
produzione di adrenalina e noradrenalina
incremento del metabolismo cellulare
aumento del tono muscolare
Secondo nucleo tematico
Anatomia e fisiologia intestino tenue e crasso
Pancreas e fegato
Percorso di potenziamento-orientamento
“BIOLOGIA CON CURVATURA BIOMEDICA”
Prof.ssa Maria Luisa Smorto
Intestino
• continua la digestione e svolge l’assorbimento dei principi nutritivi
• suddiviso in:
intestino tenue a sua volta diviso in: duodeno, digiuno, ileo
intestino crasso a sua volta diviso in: cieco, colon, retto
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Intestino tenue
• in esso avvengono i principali processi della
digestione e dell’assorbimento
• ha un diametro medio di 2,5 cm
• ha una lunghezza di circa 3 m in una persona
viva e più del doppio in un cadavere, a causa
della perdita del tono della muscolatura liscia
dopo la morte
• distinto in tre porzioni:
duodeno, che è collegato al piloro
digiuno, lungo 1 m
ileo, che si collega all’intestino crasso
attraverso lo sfintere ileocecale
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• caratterizzato da tre tipi di strutture : pieghe circolari ,villi e microvilli
Pieghe circolari
• creste permanenti della mucosa e della sottomucosa
• aumentano l’assorbimento ampliando l’area superficiale e facendo in
modo che il chimo proceda seguendo un percorso a spirale
Piega circolare
Villi
• proiezioni digitiformi della mucosa, aumentano la superficie di assorbimento
dell’epitelio intestinale
• ogni villo è costituito da uno strato di epitelio che circonda un asse di lamina
propria al cui interno vi sono un’arteriola, una venula,una rete di capillari
sanguigni e un capillare chilifero
• i nutrienti assorbiti dalle cellule epiteliali passano attraverso la parete di un
capillare o di un vaso linfatico per entrare nel sangue o nella linfa
Microvilli
• proiezioni della membrana plasmatica presenti sulla superficie degli
enterociti che aumentano la capacità di assorbimento dei nutrienti
Due tipi di movimenti contribuiscono alla motilità
dell’intestino tenue:
Segmentazioni contrazioni localizzate che
rimescolano il chimo con il succo enterico ma non lo
fanno avanzare
Peristalsi propulsione in avanti del chimo per un
breve tratto dell’intestino tenue. L’onda peristaltica
avanza lentamente raggiungendo l’estremità
dell’ileo nel giro di 90-120 min. A questo punto si
origina un’altra onda
Il Digiuno deve il nome al fatto che a causa del rapido passaggio del cibo al suo
interno, dopo la morte, risulta spesso vuoto da ingesti: la peristalsi è infatti
molto più veloce che nell'ileo
Cellule dell’intestino
• Enterociti cellule caratterizzate dalla presenza dei microvilli
• Cellule caliciformi mucipare che secernono muco nella mucosa
• Cellule delle ghiandole intestinali, nello spessore della mucosa, che
secernono il succo enterico liquido acquoso, limpido e giallognolo,
leggermente alcalino
• Esistono tre tipi di cellule ghiandolari:
cellule S che secernono secretina
cellule CCK che secernono colecistochinina
cellule K che secernono il peptide inibitore gastrico
• Cellule delle ghiandole duodenali nella sottomucosa del duodeno
secernono muco alcalino per neutralizzare l’acidità del chimo
• Cellule del tessuto linfoide nella lamina propria della mucosa
dell’intestino sono attive nella difesa contro eventuali patogeni presenti
nel cibo. L'ileo presenta abbondanti placche di Peyer
Intestino crasso
• ultimo tratto del tubo digerente, largo circa
6,5 cm e lungo circa 1,5 m
• dallo sfintere ileo-cecale che regola il
passaggio del contenuto, si estende dall’ileo
e presenta quattro regioni principali:
cieco
colon
retto
canale anale o ano
• le sue funzioni sono:
completare l’assorbimento dei nutrienti
dell’acqua e dei sali minerali
produrre alcune vitamine
aggregare le feci per poi espellerle
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• a valle dello sfintere inizia il primo
segmento dell’intestino crasso detto
cieco
• l’altra estremità del cieco è fusa con la
porzione più lunga del crasso, il colon
• a una estremità di questo tratto si
osserva una corta struttura tubulare
detta appendice vermiforme o cecale
lunga circa 5-9cm e larga 1cm, costituita
da tessuto linfatico con funzione di filtro
23
Digestione nell’intestino tenue
• Il chimo che entra nel tenue contiene carboidrati e proteine parzialmente
digeriti. Il completamento della digestione avviene per l’azione sinergica del
succo pancreatico, della bile e del succo enterico
• La digestione dei carboidrati avviene da parte dell’amilasi pancreatica su
amidi e destrine mentre maltasi, saccarasi e lattasi degradano
rispettivamente maltosio, saccarosio e lattosio
• La digestione delle proteine è effettuata ad opera degli enzimi
contenuti nel succo pancreatico (tripsina, chimotripsina, elastasi e
carbossipeptidasi), ognuno dei quali scinde uno specifico legame
peptidico fra amminoacidi diversi. La digestione proteica è
completata dalle peptidasi prodotte dagli enterociti che ricoprono i
villi. I prodotti finali sono: aminoacidi, dipeptidi e tripeptidi
• La digestione dei lipidi è svolta dai sali biliari che emulsionano i trigliceridi,
attaccati poi dalla lipasi pancreatica per ottenere due molecole di acidi
grassi e una di glicerolo
Micelle
Chilomicroni
Digestione e assorbimento nell’intestino crasso
•Dopo il pasto, si intensificano i movimenti peristaltici portandone il contenuto
verso il retto
•La tonaca mucosa presenta solo i microvilli degli enterociti finalizzati ad
aumentare la superficie assorbente. Sono presenti oltre alle ghiandole intestinali
che secernono muco, i noduli linfatici
•Per assorbimento dell’acqua il chimo acquisisce una consistenza solida o
semisolida e prende il nome di feci formate da: acqua, sali inorganici, cellule
epiteliali sfaldate dalla mucosa del tratto gastrointestinale, batteri, materiali
digeriti non assorbiti, parti indigeribili di cibo
•Il chimo viene completamente digerito a opera della Flora microbica o
microbiota intestinale, batteri simbionti presenti nel lume del colon che
fermentano tutti i residui di carboidrati, rilasciando idrogeno, anidride
carbonica e metano, scindono le proteine in amminoacidi e
decompongono la bilirubina in stercobilina
•La flora batterica buona svolge varie funzioni utili
Fasi della digestione
• Le attività digestive avvengono in tre fasi:
1.fase encefalica: prepara bocca e stomaco all’arrivo del cibo. L’odore,
la vista, il suono o il pensiero del cibo attivano i centri nervosi nel
cervello che tramite i nervi stimolano le ghiandole salivari a secernere la
saliva e le ghiandole gastriche a secernere succhi gastrici
2.fase gastrica: comincia con l’arrivo del cibo nello stomaco. Ha lo
scopo di continuare la secrezione gastrica e stimolare la motilità
intestinale
3.fase intestinale: inizia quando il cibo raggiunge l’intestino tenue. I
processi sono di tipo inibitorio, per rallentare l’uscita del chimo dallo
stomaco e impedire così l’eccessivo riempimento del duodeno
e
• Tali attività sono mediate dai due principali ormoni secreti
dall’intestino tenue: la secretina e la colecistochinina
Secretina
Fegato
• ormone peptidico prodotto dalle cellule S del duodeno
al contatto con il chimo acido
Cistifellea
stimola la secrezione (da qui il nome ) nel pancreas di
Stomaco
liquidi alcalini (ioni bicarbonato) per tamponare l'acidità
del chimo proveniente dallo stomaco
diminuisce lo svuotamento gastrico inibendo la motilità
elimina lo stimolo che ne causa la produzione (feedback
negativo)
Stimolo
Inibizione
Colecistochinina (cck)
• ormone secreto dal duodeno (ed in minor quantità dal digiuno), dopo un pasto
ricco soprattutto in proteine e grassi, determina:
la secrezione di succo pancreatico ricco di enzimi digestivi
la contrazione della parete della cistifellea e il rilascio di bile
la contrazione dello sfintere pilorico per rallentare lo svuotamento gastrico
il senso di sazietà, agendo sull’ipotalamo
Secondo nucleo tematico
L’anatomia e la fisiologia della faringe
dell’esofago e dello stomaco
Percorso di potenziamento-orientamento
“BIOLOGIA CON CURVATURA BIOMEDICA”
Seconda annualità
18
una lipasi acidica secreta dalle cellule principali delle ghiandole del fondo,
che funziona a un pH ottimale compreso tra 3 e 6. Rimuove solo un acido
grasso da ciascuna molecola di trigliceride che può attraversare la mucosa
intestinale
chimosina o rennina prodotta assieme al pepsinogeno. E’ necessario alla
digestione della caseina presente nel latte. La sua produzione è maggiore
nel periodo neonatale
• Una volta che il cibo ha raggiunto lo stomaco, le pareti si stendono, il pH aumenta e
si avvia la peristalsi gastrica che consiste in onde di mescolamento gastrica. Esse
macerano il cibo che, mescolato con il succo gastrico, diventa chimo
• Gli alimenti ricchi di carboidrati restano nello stomaco poco tempo
• I cibi proteici permangono più a lungo
• I grassi permangono più a lungo delle proteine
• le cellule epiteliali gastriche sono impermeabili alla maggior parte dei nutrienti, per
cui non c’è un elevato assorbimento
• vengono assorbiti:
acqua
ioni
acidi grassi a catena corta
principi attivi di alcuni farmaci
alcol
Il vomito (detto anche emesi, dal greco èmesis) è l'espulsione rapida
attraverso la bocca di materiale gastrointestinale, provocata dalla
rapida contrazione involontaria dei muscoli dell'addome, associata ad
un'apertura del cardias in seguito ad un'onda antiperistaltica che parte
dal digiuno.
Solitamente il vomito è preceduto da nausea e conati; il conato è un
atto involontario senza espulsione del contenuto gastrico.
Il vomito si differenzia dal rigurgito perché quest'ultimo è una risalita
del contenuto gastrico nella bocca che avviene senza la contrattura dei
muscoli dell'addome e non è preceduta da nausea.
La mucosa gastrica contribuisce in modo significativo insieme al fegato, che svolge la gran parte
del lavoro, alla metabolizzazione dell'alcool introdotto. Le cellule della mucosa gastrica
dispongono di diversi tipi di enzimi che sono in grado di metabolizzare l'alcool detti alcool
deidrogenasi. L'introduzione di elevate quantità di alcool provoca un danno alla mucosa come
conseguenza della incapacità dei fisiologici meccanismi di difesa di proteggere il rivestimento
interno dello stomaco. Le bevande alcoliche a bassa gradazione di alcool, come birra e vino, sono
forti stimolanti della secrezione acida dello stomaco .
Il consumo di alcolici
Secondo nucleo tematico
La struttura del tubo digerente
Anatomia e fisiologia della bocca
Percorso di potenziamento-orientamento
“BIOLOGIA CON CURVATURA BIOMEDICA”
Seconda annualità
1. Mucosa
2. Sottomucosa
Mucosa
3. Muscolare
Sottomucosa
4. Sierosa
Muscolare
Sierosa
•La tonaca mucosa è la membrana più
interna costituita da:
tessuto epiteliale o lamina epiteliale
in contatto con il contenuto del tratto
gastrointestinale
tessuto connettivo o lamina propria
formata da tessuto connettivo
mucosa muscolare o muscolaris
mucosae formata da muscoli lisci
Dentizione permanente
• I denti si differenziano in seguito alla loro
funzione in:
Incisivi: i più centrali, a forma di cappello,
servono per tagliare, sono in numero di 8
Canini: vicini agli incisivi, appuntiti, servono
per lacerare e trattenere il cibo, sono in
numero di 4
Premolari: hanno due cuspidi per frantumare
e tritare il cibo, sono in numero di 8
Molari: hanno due o più cuspidi smussate ed
hanno la stessa funzione dei premolari, sono
in numero di 12
La carie dentaria (dal latino caries, «corrosione, putrefazione») è una malattia
degenerativa dei tessuti duri del dente, smalto e dentina, causata dai comuni
microrganismi presenti nel cavo orale, principalmente quelli adesi al dente nella forma
di placca batterica, che origina dalla superficie e procede in profondità, fino alla polpa
dentale.
Digestione nella bocca
• La digestione meccanica nella bocca è
dovuta alla masticazione
• Il cibo viene triturato dai denti, mescolato
con la saliva in seguito ai movimenti della
lingua e ridotto ad una massa morbida
facilmente deglutibile chiamata bolo
• La digestione chimica avviene grazie
all’enzima amilasi salivare o ptialina
prodotto dalle ghiandole salivari nella
bocca che catalizza l’idrolisi dei
carboidrati, in particolare degli amidi
cotti (zuccheri complessi), formati da
catene di glucosio
Si originano: il maltosio (2 subunità di glucosio), il maltotriosio ( 3 subunità
di glucosio) e le destrine (oligosaccaridi a 5 -10 subunità di glucosio)
L’enzima agisce per circa un’ora finché viene inattivata dai succhi gastrici