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Nelle immagini endoscopiche: una massa che protrude in sede sottocardiale, una vasta ulcerazione antrale, e
infine una lesione ulcerata-infiltrante. Infine una lesione di tipo IV infiltrativa, che sicuramente è la modalità
di presentazione più difficile da valutare, perché spesso non c’è nessuna lesione visibile della mucosa, che è
rigida e infiltrata, e facendo la gastroscopia in modo troppo superficiale e poco attento ci si può non rendere
conto che un tratto di parete gastrica è rigida e non ha motilità (la progressione dell’onda peristaltica non
passerà da quella porzione di parete), tuttavia si tratta di lesioni meno frequenti.
La classificazione dell’early gastric cancer è analoga alla precedente. La lesione può essere:
• tipo I: protrudente (generalmente è poco rilevata)
• tipo II: piatta
• tipo III: depressa o ulcerata (poco depressa o poco ulcerata)
Le immagini mostrano: una lesione rilevata, una lesione lievemente depressa con un’ulcerazione
superficiale, che va distinta da una semplice ulcera in quanto il bottone rigido adiacente fa pensare che sia
una lesione sospetta. Nell’ultima immagine si può vedere la presentazione tipica dell’early gastric cancer,
con piccole lesioni superficiali piatte, molto poco rilevate.
Gastroenterologia #6 – Pier Alberto Testoni e Luca Albarello – Carcinoma gastrico V: 1 3/17
Solo con il pezzo intero il patologo può valutare l’infiltrazione alla base, l’infiltrazione linfatica, e stabilire se
l’intervento è stato radicale (R0). Se il margine resecato è completamente libero da tessuto neoplastico, e non
ci sono linfonodi coinvolti non c’è nessun rischio di metastasi (quindi la lesione è stata tolta in modo
radicale, l’intervento è stato risolutivo e il paziente è guarito). Se invece la lesione arriva ai margini della
sezione prelevata, non c’è garanzia che non siano rimaste cellule tumorali in sede, perciò in tal caso il rischio
di linfonodi metastatici non è completamente abolito.
Il grande vantaggio dell’endoscopia in questo tipo di patologia è che attraverso queste metodiche si possono
ottenere risultati radicali con un intervento endoscopico (il paziente il giorno successivo all’intervento torna
a casa, mentre una volta la lesione veniva trattata in modo chirurgico, con circa 10 giorni di ricovero più le
eventuali complicanze).
4 – PROGNOSI
La prognosi varia in base a:
• tipo istologico (quindi aggressività biologica): quello intestinale ha una prognosi migliore, mentre quello
diffuso ha una prognosi peggiore, in quanto ha alla sua base mutazioni genetiche.
• localizzazione: in sede antrale le lesioni sono più precoci, perciò hanno una minor propensione a
sviluppare metastasi linfonodali (di conseguenza hanno una prognosi più favorevole rispetto a quelle
prossimali, cioè a livello del fondo e del cardias).
• profondità dell’invasione e coinvolgimento di linfonodi metastatici: se la lesione interessa soltanto la
mucosa o la sottomucosa nella parte più alta possiamo essere sicuri di aver eradicato il tumore (se la
lesione non invade la sottomucosa, sicuramente non ci sono metastasi linfonodali); se invece la lesione si
approfondisce nella parte più bassa della sottomucosa o arriva a contatto con la muscolare propria,
aumenta progressivamente il rischio di sviluppare in seguito metastasi linfonodale, e quindi la prognosi
peggiora.
• presenza di metastasi a distanza.
1 “Endoscopic mucosal resection” ed “Endoscopic submucosal dissection” si impiegano anche per l’esofago di
Barrett
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5 – PRESENTAZIONE CLINICA
Clinicamente in fase di malattia iniziale il paziente:
• non ha nessun sintomo
• può avere dispepsia
• può avere un’anemia da carenza di ferro o da carenza di acido folico
• può avere sangue occulto nelle feci positivo (anche se le lesioni superficiali molto regolari non
sanguinano, perciò il sangue occulto potrebbe anche non esserci)
• in fasi più avanzate può avere livelli aumentati di alcuni marcatori (CA19-9/CEA)
Quindi non c’è nessuna sintomatologia indicativa di carcinoma in fase precoce, cioè in quella fase in cui
l’operatività diventa radicale perché permette di guarire il paziente. Inoltre è molto importante identificare,
nell’adenocarcinoma di tipo intestinale, le condizioni precancerose che lo precedono.
6.1 – EZIOLOGIA
Per quanto riguarda l’eziologia, l’adenocarcinoma di tipo intestinale ha dei fattori ambientali che possono
favorirne lo sviluppo: quindi per la sua prevenzione possiamo intervenire a questo livello ed è importante
anche riconoscere le situazioni di rischio, cioè di precancerosi. Nel tipo intestinale i fattori ambientali e i
fattori di rischio riconoscibili sono più importanti dei fattori genetici, quindi possiamo essere efficaci in
senso di prevenzione: modificando i fattori ambientali si può ridurre il rischio di sviluppare questo tipo di
cancro.
Il tipo diffuso invece è basato su alterazioni genetiche, quindi non possiamo fare niente a riguardo, è
sporadico e compare in modo del tutto incontrollato; non è preceduto da una storia di precancerosi.
6.2 – PREVALENZA
La prevalenza del carcinoma di tipo intestinale è molto alta in alcune aree (come Giappone e Cina) e molto
bassa in altre (Nord America ed Europa occidentale): c’è una differenza molto marcata. Quello che
caratterizza dal punto di vista ambientale queste diverse aree è l’alimentazione, che gioca un ruolo molto
importante a livello epidemiologico. Nei paesi ad alta prevalenza si consumano prevalentemente cibi
conservati con salamoia, essiccazione, affumicatura ecc., mentre nei paesi a bassa prevalenza si mangiano
soprattutto cibi conservati con sistemi refrigeranti.
I soggetti giapponesi che si sono trasferiti negli Stati Uniti hanno la stessa incidenza degli americani: quindi
l’alimentazione è un fattore ambientale che sta alla base del carcinoma di tipo intestinale (l’alimentazione o
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l’ambiente nei paesi a bassa prevalenza sono migliori in termini di incidenza di tumore dello stomaco).
In Italia la prevalenza è molto disomogenea nelle varie regioni: San Marino ha una prevalenza addirittura
maggiore del Giappone; le regioni a maggior prevalenza sono la Toscana, l’Emilia-Romagna e la Lombardia
orientale, dove si consumano grossi quantitativi di carne e di insaccati. Nel nord e nel centro la prevalenza è
doppia rispetto al sud Italia, probabilmente perché nel sud la dieta mediterranea, ricca di pesce e verdure, è
meno predisponente al carcinoma gastrico rispetto a quella seguita al nord.
Possiamo intervenire su questi fattori per ridurre l’incidenza del cancro dello stomaco.
Mentre osserviamo che l’incidenza di cancro del colon e del pancreas stanno aumentando in modo
drammatico, per quanto riguarda il cancro dello stomaco esso si sta riducendo, anche se si sta spostando di
sede (verso il cardias).
Quindi da quando abbiamo migliorato la dieta e abbiamo eliminato l’infezione da H. pylori vi è una
riduzione della frequenza netta, ma quei pochi casi che ancora si verificano sono per lo più sfavorevoli
perché localizzati a livello del cardias.
6.4 – DIETA
Il rischio di sviluppare carcinoma di tipo intestinale aumenta:
• se si consumano alimenti (in particolare carne o pesce) conservati con affumicatura, con
l’essicazione e con la salamoia; questo tipo di preparazioni sono ricche di nitrocomposti
• se si consumano elevati quantitativi di sale
• se si beve acqua molto ricca di nitriti o nitrati
Esiste quindi un comportamento dietetico che permette di ridurre il rischio di sviluppo di questa lesione.
Inoltre conta molto il livello socio-economico con cui si vive e l’utilizzo del frigorifero.
I controlli sono quindi mirati ad identificare nei soggetti a rischio la displasia, che può essere di basso grado
o di alto grado. Le aree displasiche che vengono riconosciute possono essere rimosse con la mucosectomia (a
maggior ragione se la displasia è di alto grado). Questo è il metodo con cui si fa prevenzione: se troviamo e
riconosciamo i pazienti che hanno queste condizioni li seguiamo nel tempo con controlli periodici e
cerchiamo di identificare eventuali aree di displasia; in tal caso possiamo seguire diversamente il malato o
togliere la lesione, prevenendo quindi il cancro. La lesione precanceroso non è eradicabile attraverso terapia
medica, ma possiamo prelevarla chirurgicamente o anche endoscopicamente.
Quindi il presupposto per lo sviluppo del carcinoma di tipo intestinale è la presenza di una condizione
precancerosa, tipicamente la gastrite atrofica. Il meccanismo è duplice:
• In presenza di gastrite atrofica si ha ipocloridria, ossia una scarsa produzione di acido cloridrico,
che quindi non sterilizza lo stomaco; in queste condizioni è favorita la crescita batterica, perciò la
gastrite atrofica si associa ad un’ipersviluppo della flora batterica intragastrica che, grazie alle sue
proprietà nitroreduttasiche, è in grado di metabolizzare i nitrati ingeriti in nitriti e nitrosamine.
• Una dieta ricca di nitrocomposti, quindi, può fare da carburante ad una gastrite atrofica per la
metabolizzazione dei nitrati e la produzione di un’elevata quantità di nitriti e nitrosamine, che sono
cancerogeni.
Per questo motivo la gastrite cronica atrofica è un fattore di rischio, una condizione predisponente lo
sviluppo di carcinoma gastrico.
Un altro fattore di rischio noto, su cui possiamo agire a livello preventivo, è l’infezione da H. pylori, che
condiziona la progressione della gastrite cronica superficiale da non atrofica ad atrofica, e quindi la comparsa
di metaplasia intestinale. L’incidenza dell’infezione da H. pylori è geograficamente sovrapponibile a quella
del carcinoma di tipo intestinale: c’è un’alta prevalenza di infezione dove c’è un’alta prevalenza di cancro
gastrico. Inoltre l’infezione da H. pylori si ritrova quasi sempre nei soggetti con questo tipo di carcinoma; c’è
una connessione diretta: questo batterio è insomma un elemento carcinogeno.
Sicuramente nella gastrite cronica atrofica la localizzazione multifocale (antro e corpo) è un fattore di
rischio maggiore per lo sviluppo di carcinoma a causa della ridotta secrezione acida gastrica, e in condizioni
di ipoacidità il rischio di produrre nitrosamine e altri nitroderivati è più alto.
Questo problema riguarda anche i farmaci inibitori di pompa protonica che, per la loro efficacia sintomatica,
sono molto diffusi e ormai da 15 anni vengono usati in modo estensivo: questi farmaci alzano il pH gastrico,
e aumenta sempre di più il numero di pazienti che hanno una risposta iperplastica del fondo gastrico agli
inibitori di pompa, o che hanno batteri nello stomaco diversi dall’H. pylori che è stato eliminato. Con questa
categoria di farmaci stiamo quindi creando in modo iatrogeno delle condizioni predisponenti lo sviluppo del
il cancro dello stomaco, a causa dell’ipocloridria, della crescita batterica, e della produzione di nitroderivati
(anche se di questo non c’è stata ancora nessuna dimostrazione, perché in realtà il cancro è legato alla sola
causa ‘diretta’: la gastrite cronica atrofica).
Questo problema ha portato negli ultimi anni ad avere più di attenzione nell’usare degli inibitori di pompa in
modo continuativo per tempi molto lunghi ad alti dosaggi: teoricamente basta calare lievemente la dose in
modo che non copra tutto l’arco della giornata, in modo che ci sia sempre una congrua caduta di pH.
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Quindi la bile, che esce dalla papilla, va nell’ansa afferente, e da qui passa nello stomaco prima di
procedere verso l’ansa efferente. Perciò nello stomaco si ha sempre un continuo passaggio di bile (che
normalmente non è presente nello stomaco). Col tempo, questa continua presenza di bile nello stomaco
crea una gastropatia da reflusso biliare: non si tratta di una gastrite, bensì di un danno della mucosa
(analogo a quello indotto dai FANS) dovuto ai sali biliari e al fatto che la bile è alcalina. Di solito
l’acidità è abbastanza conservata perché in questo tipo di intervento il fondo gastrico è mantenuto, ma
visto che la bile è alcalinizzante può creare un danno cellulare persistente (insomma il reflusso biliare in
questa condizione è un fattore di rischio per lo sviluppo di displasia e successivamente di cancro).
Questi pazienti, infatti, come nelle gastriti croniche atrofiche, hanno un rischio più elevato di sviluppare
adenocarcinoma 10-15 anni dopo la chirurgia.
ai soggetti a rischio di effettuare controlli, ed eventualmente di passare ad una dieta più favorevole in modo
da contenere il rischio di carcinoma, soprattutto nel caso di rischio per carcinoma di tipo intestinale.
Oggi entrambe le tipologie di displasia epiteliale gastrica (sia quello di alto grado che quella di basso grado)
si eliminano endoscopicamente perché l’intervento è molto semplice ed è più facile seguire poi il paziente
(oltre al fatto che se una biopsia evidenzia una displasia di basso grado comunque non è possibile escludere
che non vi sia una displasia di alto grado in altre aree della lesione stessa).
È molto importante ricordare ai pazienti a rischio di effettuare controlli periodici, ed è consigliabile che
anche i familiari di primo grado di soggetti affetti da carcinoma gastrico programmino una visita di controllo.
9 – LINFOMA MALT
Il linfoma MALT (“Mucosa-Associated Lymphoid Tissue”, tessuto linfatico normalmente assente nella
mucosa gastrica) è una patologia connessa all’infezione da H. pylori. È un linfoma non-Hodgkin con un
basso grado di malignità e una prevalenza equivalente nei due sessi.
Non è facile da riconoscere endoscopicamente: è importante fare biopsie in presenza di una parete gastrica
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2 – GASTRITE CRONICA
La gastrite, infiammazione della mucosa gastrica, è stata classificata secondo criteri:
• clinico/endoscopici
• morfologici, di tipo anatomo-patologico e isto-patologico
• eziologici, che fanno riferimento, laddove possibile, all’eziologia del quadro flogistico: non tutte le
gastriti sono da ricondurre all’H. pylori
• topografici (a seconda delle sedi di prelievo bioptico)
Il sistema di Sydney (1994), o meglio l’upgrade del sistema di Sydney (Houston update: 1996), è un sistema
universalmente accettato di classificazione delle gastriti croniche, che prevede di valutare le caratteristiche
morfologiche e topografiche della gastrite, e permette di stabilirne l’eziologia ed il grado dell’attività
infiammatoria. La classificazione si basa sulla valutazione di materiale bioptico, cioè prese bioptiche che il
gastroenterologo effettua durante la procedura endoscopica.
Per la gradazione dei parametri si utilizza una scala semiquantitativa/occhiometrica che va da 0 a 3+, dove
un parametro di normalità è 0, un’anomalia marcata è 3+, e i vari gradi intermedi 1+ e 2+. Si valutano le
seguenti caratteristiche istologiche:
• la presenza di H. pylori (negativa corrisponde a 0, marcata corrisponde a 3+)
• gli infiltrati di neutrofili, che danno ragione del grado di flogosi attiva e della gravità della gastrite
• gli infiltrati di cellule mononucleate (linfociti e plasmacellule), che depongono a favore di una
condizione di flogosi cronica nella parete gastrica (laddove ci siano pochissime cellule si assegnerà
un parametro di normalità, laddove ci siano tantissime cellule si darà un parametro di marcata
flogosi cronica)
• l’atrofia, cioè la perdita della normale componente ghiandolare, che può essere sostituita da
metaplasia, oppure può essere sostituita da fibrosi (se è assente corrisponde a 0, mentre nel caso di
scomparsa quasi totale della componente ghiandolare verrà assegnato un parametro pari a 3+, sia
nell’antro che nel corpo)
• la metaplasia intestinale dell’epitelio (se è assente, sia nell’antro che nel corpo-fondo, è 0, mentre
sarà 3+ in caso di atrofia gastrica severa con metaplasia intestinale diffusa)
Nonostante le condizioni di pH estremamente acido, l’interno dello stomaco non è sterile, contrariamente a
quanto si pensava fino a pochi anni fa: negli ultimi anni si è scoperto che nello stomaco, come nel resto del
tratto gastroenterico, esiste una popolazione residente che costituisce il microbioma gastrico, nel quale la
presenza di H. pylori si inserisce come elemento perturbatore3.
L’H. pylori è visibile nelle biopsie con colorazioni speciali, come il Giemsa modificato, ma anche con
colorazioni routinarie come l’EE; appare come un microrganismo bacillare adeso alla superficie delle cellule.
3 L’H. pylori è un bacillo Gram-negativo capace di colonizzare la mucosa gastrica; il 50% della popolazione
mondiale è infettato da questo batterio. La scoperta, nel 1983, dell’H. pylori come “bacillo ricurvo sull’epitelio
gastrico nella gastrite cronica attiva”, di cui è agente eziologico, è valsa il Nobel ai suoi scopritori; il carcinoma
gastrico è una delle complicanze più temibili di un’infezione persistente e non trattata.
Gastroenterologia #6 – Pier Alberto Testoni e Luca Albarello – Carcinoma gastrico V: 1 11/17
La prima immagine mostra, ad alto ingrandimento, la popolazione di H. pylori che riveste la superficie delle
ghiandole antrali. La seconda immagine mostra una situazione di flogosi indotta da H. pylori: si osservano
ghiandole spaziate le une dalle altre da una quota notevole di linfociti (cellule piccole di cui si distingue
solamente il nucleo, colorato con ematossilina) e plasmacellule (elementi con un nucleo eccentrico e un
citoplasma relativamente abbondante). Nella terza immagine la flogosi indotta dalla presenza di H. pylori è
molto più intensa, e va a costituire addirittura degli aggregati follicolari all’interno della lamina propria della
mucosa, il cui spessore è notevolmente aumentato, motivo per cui la gastrite cronica non-atrofica veniva
chiamata anche gastrite interstiziale-follicolare. Nel follicolo si può vedere il centro germinativo, circondato
da una colonia di linfociti più piccoli.
L’infiltrato di linfociti e plasmacellule si localizza nella lamina propria, spaziando le ghiandole tra di loro, e
permette di valutare l’entità della flogosi cronica.
Laddove l’H. pylori sia in grado di elicitare una risposta infiammatoria
importante, si ha una flogosi attiva, sostenuta soprattutto da
polimorfonucleati neutrofili, che aggrediscono le ghiandole e tendono
ad entrare all’interno delle dell’epitelio ghiandolare stesso (osservando
questo elemento possiamo valutare la quota attiva della flogosi nella
gastrite).
Nell’immagine seguente la flogosi è chiaramente attiva perché all’interno
della ghiandola vi sono numerosi polimorfonucleati neutrofili, che vanno
addirittura a distruggere la parete della ghiandola.
• Multifocale, localizzata in corrispondenza dell’antro e del corpo; l’eziologia è relata all’H. pylori e a
fattori ambientali. Una volta veniva chiamata gastrite di tipo AB, o pangastrite atrofica. Il rischio cui
vanno incontro i pazienti con questo tipo di gastrite è quello di sviluppare l’ulcera peptica gastrica e il
carcinoma gastrico. L’immagine a sinistra mostra la presenza di cellule caliciformi mucipare (o goblet
cells) secernenti muco: la metaplasia intestinale dà qui ragione dell’atrofia della mucosa; in questo
frammento/campione l’atrofia è moderata perché quasi metà del frammento è occupato da metaplasia
intestinale.
• Autoimmune, localizzata nel corpo-fondo. L’eziologia non è relata all’H. pylori (non ci sono evidenze
sufficienti per poter affermare che lo sia) ma a fenomeni di autoimmunità: in particolare anticorpi contro
le cellule parietali gastriche, che ne determinano la distruzione. Era chiamata gastrite di tipo A, o
gastrite associata ad anemia perniciosa, che è la condizione clinica associata a questo tipo di gastrite;
inoltre vi è anche il rischio di sviluppare carcinoma gastrico. L’immagine a destra mostra una mucosa
gastrica del corpo-fondo con gastrite cronica atrofica autoimmune.
Gastroenterologia #6 – Pier Alberto Testoni e Luca Albarello – Carcinoma gastrico V: 1 12/17
Esistono alcune popolazioni cellulari endocrine che hanno una funzione specifica.
Nella parte distale dello stomaco, quindi nell’antro, si trovano:
• le cellule che secernono gastrina (G)
• le cellule D secernenti somatostatina
• le cellule enterocromaffini (EC)
Nella parte prossimale dello stomaco, quindi nel corpo-fondo, si trovano:
• le cellule enterochromaffin-like (ECL), che secernono istamina
• le cellule che secernono somatostatina (D)
• la componente esocrina delle cellule parietali, che producono acido
Come si può vedere nella figura seguente, l’acido prodotto dalle cellule parietali stimola le cellule D (a
somatostatina) che inibiscono le cellule G (a gastrina), le quali stimolano sia le cellule ECL a produrre
istamina che le cellule parietali a produrre acido; inoltre anche le cellule ad istamina stimolano le cellule
parietali a secernere acido; vi è poi un’azione inibitoria reciproca tra cellule ad istamina e cellule a
somatostatina; infine le cellule a somatostatina inibiscono le cellule parietali.
Quindi in condizioni normali c’è un circuito di auto-inibizione: le cellule parietali producono acido,
stimolando le cellule a somatostatina; queste inibiscono la produzione stessa di acido da parte delle cellule
parietali, sia indirettamente (inibendo le cellule a gastrina) sia direttamente (inibendo le cellule parietali
stesse).
Normal
ECL cell
AIG ECL cell ECL cell
(Histamine) (Histamine) (Histamine)
ECL cell
(Histamine)
ECL cell
ECL cell (Histamine)
H2 H2 (Histamine)
H3 H3
EE cell Parietal D cell EE cell Parietal D cell
(MT) cell (MT) cell
(SST) (SST)
Gr cell Gr cell
(Ghrelin) (Ghrelin)
H+ H+
G cell D cell G cell D cell
(Gastrin) (SST) (Gastrin) (SST)
dy
G cell
bo
-
(Gastrin)G cell
us
nd
(Gastrin)
EC cell
fu
EC cell
(ANP) (ANP)
antrum
= inhibition = inhibition
= stimulation = stimulation
In caso di gastrite autoimmune, laddove vi sia una massiva distruzione delle cellule parietali ad opera di
meccanismi di autoimmunità (e questo accade con il progredire della condizione patologica), viene meno
tutta la catena che ne deriva, quindi l’acido non stimola più le cellule a somatostatina, e non si ha più
l’azione inibitoria delle cellule a somatostatina sulle cellule a gastrina; si ha quindi un incremento non
controllato dell’attività delle cellule a gastrina e perciò si verifica un innalzamento della gastrinemia e
un’iperplasia delle cellule endocrine di tipo enterochromaffin-like del corpo-fondo, che sono esageratamente
stimolate: è come se le cellule a gastrina percepissero che manca acido (e di fatto è così), perciò è come se
comunicassero alle cellule prossimali di produrre acido per sopperirne la carenza.
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Corpus
CROM (normal corpus)
Se tutte le ghiandole sono normali, sia nell’antro che nel corpo, si tratta di uno stadio 0: il paziente non ha
nessuna metaplasia, nessuna atrofia; lo stadio I indica, invece, un’atrofia non avanzata; lo stadio IV è quello
a maggior rischio di sviluppare le complicanze legate alla gastrite atrofica: è lo stadio che porta più
frequentemente all’adenocarcinoma, meno al linfoma MALT, e ancora meno frequentemente allo sviluppo di
tumori neuroendocrini.
Sebbene già da tempo fosse stata osservata l’associazione da un punto di vista epidemiologico, solo
recentemente si sta dimostrando la correlazione attraverso nessi di causa-effetto (agente eziologico –
malattia) tra la presenza di infezione da H. pylori e la gastrite cronica atrofica, la metaplasia intestinale, la
displasia, e infine l’adenocarcinoma come conseguenza estrema della presenza del batterio.
Intestinal-type gastric carcinoma-
a multistep process
Normal Chronic (active)
gastritis
Chronic atrophic
gastritis
Intestinal metaplasia
Dysplasia
Si è osservato che, per motivi che non conosciamo, la convivenza con l’H. pylori nella maggior parte dei
soggetti non dà problemi e l’infezione procede in maniera del tutto asintomatica, mentre un set del 5-10%
dei soggetti infetti è sintomatico, e in meno del 2% dei casi (ma in una percentuale relativamente variabile)
l’infezione da H. pylori porta allo sviluppo di patologia, come:
• la malattia peptica ulcerativa (ulcera duodenale e ulcera gastrica)
• il linfoma gastrico di tipo MALT
• l’adenocarcinoma gastrico
Il carcinoma gastrico si sviluppa in una percentuale relativamente esigua di pazienti: gli Stati Uniti hanno
una bassa incidenza; la Cina, il Giappone e la Corea hanno un’alta incidenza; in Italia siamo in una fascia di
rischio intermedia.
4 – DISPLASIA GASTRICA
All’adenocarcinoma gastrico si arriva attraverso una cascata precancerosa. Non bisogna confondere la
condizione precancerosa con la lesione precancerosa:
• la condizione precancerosa può essere ad esempio la gastrite cronica atrofica (multifocale o
autoimmune): quindi una condizione sostanzialmente clinica, che riguarda lo stato di salute dello
stomaco;
• la lesione precancerosa, invece, è un’entità morfologica e istopatologica che ha significato
neoplastico, ma che non è ancora identificabile come neoplasia infiltrativa, e che nel caso dello
stomaco si chiama displasia gastrica.
La displasia gastrica è definibile come una crescita disordinata di cellule epiteliali, caratterizzata da
alterazioni che interessano il volume, la forma ed i rapporti fra le cellule5. Le caratteristiche della displasia
sono l’atipia cellulare, le anomalie della differenziazione e l’alterazione di tipo architetturale delle ghiandole.
Una volta si gradava in lieve, moderata e severa, ma poi si è visto che i patologi classificavano come
moderate tutte quelle displasie che non riuscivano a definire con precisione, quindi non vi era una grande
utilità nell’usare una classificazione a tre step; perciò adesso si utilizza una classificazione molto più
efficace, che suddivide la displasia in due categorie: a basso grado e ad alto grado. La displasia ad alto
grado è quella a maggior rischio di sviluppo di carcinoma gastrico, e può essere associata ad un carcinoma
gastrico già presente.
5 Diversa è invece l’iperplasia foveolare, in cui le ghiandole hanno un’architettura alterata, ma le cellule sono tutto
sommato ordinate, con nuclei blandi, tutti uguali gli uni agli altri.
Gastroenterologia #6 – Pier Alberto Testoni e Luca Albarello – Carcinoma gastrico V: 1 15/17
Le immagini precedenti mostrano una condizione di displasia a basso grado, in cui è possibile confrontare
ghiandole displastiche con ghiandole non displastiche.
Nella prima immagine, a basso ingrandimento, si vedono nella parte centrale del preparato ghiandole che
“visibilmente hanno qualcosa che non va”: architetturalmente hanno una forma anomala (a differenza delle
altre, che sono ancora regolari), e presentano affollamento cellulare.
Nella seconda e terza immagine si vede, ad un maggiore ingrandimento, una ghiandola non displastica a
fianco di una displastica, la quale presenta affollamento cellulare, stratificazione nucleare, prominenza
nucleolare, mitosi atipiche nella parte apicale dell’epitelio, anisocariosi (i nuclei delle cellule epiteliali
displastiche sono di differenti dimensioni); nessuna delle cellule che costituiscono la ghiandola displastica,
però, ha aggredito la lamina propria, che appare indenne.
Laddove le alterazioni siano più marcate e più diffuse, dove quasi vi sia un iniziale sgocciolamento delle
ghiandole nella lamina propria, si parla di displasia ad alto grado, visibile nelle immagini seguenti.
Le diverse forme di displasia gastrica sono associate ad una progressione tumorale a diversa probabilità.
In caso di displasia a basso grado6 si può proporre al paziente l’ipotesi di un follow-up con gastroscopie
ravvicinate: se poi nel tempo si vede che c’è lo sviluppo di una piccola lesione displastica trovata all’inizio,
si può passare ad una resezione per via endoscopica.
La displasia ad alto grado progredisce nel 69% dei casi: probabilmente laddove si osserva displasia ad alto
grado ci si trova già dinnanzi ad una lesione che in altri punti si presenta come carcinoma gastrico; quindi la
displasia ad alto grado costituisce un’importante indicazione ad un intervento rapido da parte del
gastroenterologo o del chirurgo. Se l’endoscopista non riesce a percepire visivamente il punto in cui è
presente displasia (non sempre le lesioni displastiche si vedono all’endoscopia), si può ritentare una nuova
biopsia, e poi fare un follow-up molto ristretto; se invece c’è una massa evidente, in quel caso bisogna
considerare l’ipotesi di una resezione, endoscopica o chirurgica.
La classificazione di Padova per la displasia gastrica è molto complessa, con una serie di definizioni che
prendono come punto di riferimento la lesione displastica:
• l’entità 1 è il negativo per displasia, che comprende la condizione di normalità, ma anche le lesioni
con metaplasia intestinale
• l’entità 2, indefinito per neoplasia, è stata introdotta per tutte quelle lesioni di tipo iperproliferativo
sulla cui natura il patologo non riesce a stabilirne il significato neoplastico, in particolare displastico
• l’entità 3 è la neoplasia non invasiva a basso grado o ad alto grado (nell’alto grado è incluso il
carcinoma senza invasione7, detto carcinoma intraghiandolare)
• l’entità 4 è il sospetto per carcinoma invasivo, che viene attribuita alle lesioni di significato non
sicuramente riconducibile o a displasia o a carcinoma gastrico
• l’entità 5 è il carcinoma invasivo.
6 La displasia a basso grado progredisce a carcinoma gastrico solo nel 9% dei casi (fonte: slides)
7 Generalmente per carcinoma si intende una lesione in cui è già presente un’infiltrazione della lamina propria
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EPITHELIUM
LAMINA PRPORIA
MUSCULARIS MUCOSAE
SUBMUCOSA
MUSCULARIS
PROPRIA
Cat Diagnosis
1 Nega ve
2 Indefinite
3 Non invasive Low Grade Neoplasia
4.1 HG Adenoma / Dysplasia
4 Non invasive High Grade Neoplasia 4.2 Non Invasive Ca (Ca Is)
Nelle prime due entità (negativa e indefinita) si tende a prendere, come scelta terapeutica, quella di
sorveglianza; nel caso di neoplasia non invasiva a basso grado può essere importante fare un follow-up
oppure un trattamento locale con resezione per via endoscopica; per le ultime due entità, invece, l’approccio
diventa più aggressivo, e in particolare il carcinoma che invade la sottomucosa (o oltre) ha come unica
indicazione il trattamento chirurgico.
5 – CARCINOMA GASTRICO
Per la nomenclatura del carcinoma gastrico (tipizzazione istologica) si fa riferimento alla classificazione
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (l’ultima edizione è datata 2010). Per la stadiazione patologica
della neoplasia si fa riferimento al sistema TNM. Per la classificazione macroscopica dei tumori Borrmann
negli anni ’20 aveva elaborato una classificazione occhiometrica: Borrmann di tipo I (polipoide), di tipo II
(ulcerato a bordi elevati e distinti), di tipo III (ulcerato a bordi indistinti) e IV (diffuso, a bordi indistinti);
tuttavia questa classificazione è molto descrittiva, e ha poco a che fare con la prognosi dei diversi tipi.
L’adenocarcinoma gastrico è un tumore epiteliale maligno della mucosa dello stomaco, con differenziazione
ghiandolare, che generalmente si sviluppa dopo un lungo periodo di gastrite atrofica.
Il concetto di differenziazione traduce quanto la neoplasia rassomiglia all’epitelio putativo di origine: il
carcinoma gastrico ben differenziato rassomiglia molto alla mucosa gastrica normale, quello scarsamente
differenziato perde quasi tutti i tratti che lo accomunano ad essa.
La classificazione secondo Laurén prevedeva due tipi, l’adenocarcinoma gastrico di tipo intestinale e quello
di tipo diffuso: gli adenocarcinomi papillari, tubulari e mucinosi corrispondono nella classificazione di
Laurén al tipo intestinale, mentre gli scarsamente coesivi corrispondono al tipo diffuso. I due istotipi,
intestinale e diffuso, hanno caratteristiche di tipo epidemiologico, morfologico e anche prognostico
completamente diverse.
8 Nella classificazione dell’OMS, o WHO, i tumori del sistema digerente vengono divisi in epiteliali, mesenchimali,
linfomi e tumori secondari; i tumori epiteliali vengono poi divisi in lesioni premaligne, carcinomi e neoplasie
neuroendocrine (meno frequenti).
Gastroenterologia #6 – Pier Alberto Testoni e Luca Albarello – Carcinoma gastrico V: 1 17/17
L’adenocarcinoma gastrico ha alta incidenza Cina, Giappone e Corea, bassa incidenza in Stati Uniti e
Svizzera; in Italia siamo in una fascia intermedia. L’epidemiologia è legata all’infezione da H. pylori nella
patogenesi del tipo intestinale, ma non del tipo diffuso.
L’adenocarcinoma di tipo diffuso, detto anche ‘carcinoma a cellule ad anello con castone’, colpisce
prevalentemente individui giovani e ha una prognosi pessima; il grado di differenziazione è minore in quanto
si perde tutta l’architettura ghiandolare; si osservano addirittura elementi singoli che migrano all’interno
dello stroma peritumorale. La componente cellulare che ha sostituito le ghiandole si dispone ad infiltrare
liberamente la parete gastrica: è una distesa di piccole cellule con citoplasma ricolmo di materiale mucoide,
con nucleo dislocato in periferia (il cosiddetto castone, che rassomiglia ad una pietra incastonata in un anello,
la cui forma può essere vagamente assimilata a quella di queste cellule); la sottomucosa è ispessita e
fibrotica.