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chirurgia orale (lezione 13-11)

PATOLOGIA PERIAPICALE:

Analizziamo la patologia periapicale sotto il profilo della chirurgia orale. I 2/3 coronali della radice sono di
competenza del parodontologo, mentre ora ci soffermeremo sul 1/3 apicale della radice. La patologia più
frequente del parodonto apicale è quella infiammatoria. Questa si presenta come complicanza di:
 carie dentale;
 traumi dentali;
 complicanza iatrogena.
I traumi occlusali possono portare a complicanze periapicali per il fatto che, essendo la corona più corta
della radice, se la corona si disloca di una certa misura, a livello dell'apice radicolare ci sarà un dislocamento
circa doppio: la radice essendo all'interno dell'osso può facilmente rompersi e/o il fascio vascolo-nervoso
dell'apice dentale può ledersi. Le parodontiti apicali possono essere classificate in ACUTE e CRONICHE.
Tutte però riconoscono il loro primum movens nella necrosi della polpa, provocata da carie, traumi o
complicanze iatrogene. Le sostanze residue di provenienza dal canale dentale (batteriche?) tramite il canale
radicolare raggiungono il tessuto parodontale periapicale e/o periradicolare che può reagire con una
parodontite apicale acuta o cronica.

Quando si parla di parodontite apicale acuta viene in mente subito l'ascesso. In caso di parodontite apicale
acuta bisogna iniziare immediatamente la terapia antibiotica e andare dal dentista. Anche se pensiamo che
il dente interessato dente debba essere aperto dal punto di vista endodontico è meglio non farlo quando il
paziente arriva in urgenza (a meno che non abbia un dolore tale che abbia bisogno di un dosaggio), ma è
necessario prima trattare il paziente con una terapia antibiotica a largo spettro, a dosaggio massimo
possibile, e antinfiammatorio per cercare di contenere il dolore (a volte il FANS non è sufficiente e ci vuole il
cortisone). Le possibili cause iatrogene di parodontite apicale acuta sono:
- errata strumentazione canalare;
- terapia canalare con As (una volta si utilizzava l'arsenico - es. Toxavit - per necrotizzare l'ultima
porzione di polpa dentale. I vapori arsenicali possono andare oltre apice e creare necrosi ossea);
- legata a sostanze introdotte nel canale (cloro-fenolo, ipoclorito di sodio, pasta iodofornica, etc. Queste
sostanze se in eccesso possono potare ad infiammazione chimica che simula l'ascesso). Meno sedute si
fanno al paziente e meglio è: ad ogni seduta si disinfetta, ma si porta dentro al canale anche i batteri; se
il canale non è infetto è possibile chiude il canale anche al primo appuntamento, se è infetto è meglio
fare una seduta con medicazione intermedia.
Clinicamente la parodontite apicale acuta viene percepita progressivamente come:
 Iniziale sensazione di tensione locale;
 Dolore localizzato (che aumenta durante la masticazione ed alla pressione verticale);
 Sensazione di dente allungato (il dente potrebbe davvero toccare un po' prima conseguente ad una
piccola estrusione dovuta ad edema gengivale, oppure la sensazione di dente allungato è dovuta alla
ipersensibilità dentale).
 Successivamente la sintomatologia dolorosa si fa più intensa e pulsante, con edema a volte imponente
e possibile vacillamento.
 Radiologicamente all’inizio non si vede nulla, ma si può poi vedere un allargamento dello spazio
parodontale (normalmente fra dente e osso c’è uno spazio virtuale,mentre qui si vede un'area più
scura).
La terapia farmacologica può temporaneamente arrestare la sintomatologia, ma contemporaneamente è
necessario eseguire una corretta cura canalare. La remissione spontanea è rara. Più facile è l’evoluzione in:
 Ascesso con o senza drenaggio (attraverso la camera pulpare, spazio periodontale, fistola);
 Cronicizzazione.
L'ascesso periapicale può poi evolversi in: in ascesso sottomucoso, invasione sottoperiostea, flemmone
perimascellare, ascesso sottocutaneo, flemmone perimandibolare, osteomielite. Il passaggio evolutivo dalla
fase di ascesso sottoperiosteo è avvertito dal paziente come senso di minor tensione con notevole
diminuzione del dolore (il periostio è un tessuto nobile, ricco di vasi e nervi, e quando viene teso si provoca
dolore) . Di fronte ad un grosso ascesso è possibile drenarlo effettuando un'incisione a livello cutaneo o
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mucoso; dopo l'incisione è consigliabile mettere un catetere con un bloccaggio per far drenare
completamente la lesione (il catetere viene lasciato per 3 gg. minimo e 5 gg max., e viene fatto venire il
primo e il terzo giorno; il primo giorno per verificare che il catetere funzioni e il terzo per valutare la
situazione).
La terapia farmacologica è di tipo antibiotica (a largo spettro, dosaggio max.), antiinfiammatoria (per
ridurre l’edema e sfruttare la componente analgesica), antidolorifica (prima di arrivare alla morfina si
aspetta se la terapia con antibiotico e antinfiammatorio fa effetto). La terapia farmacologica deve essere
affiancata da: disinfezione locale, terapia drenante, endodontica, e/o chiurigica periapicale (apicectomia o
aerazione apicale), o estrattiva.

La parodontite apicale cronica può essere tale fin dall’inizio (diciamo che questa frase è un po' una
forzatura: normalmente è sempre preceduta da una fase di acuzia, ma magari è molto molto breve e/o
passata inosservata). La parodontite apicale cronica è la risposta di un organismo più reattivo e/o una
ridotta virulenza batterica che si esprime come un granuloma apicale. Tale condizione deriva da sofferenza
e necrosi pulpare (su dente vivo non può esserci parodontite apicale cronica) spesso in seguito a lesioni
cariose. Meno frequentemente si può instaurare in seguito a:
- errori di tecnica endodontica;
- complicanza di terapia conservativa;
- parodontite ematogene (quasi impossibili), ossia dovute al torrente sanguigno che ha portato
l'infezione a questo livello;
- parodontiti da altri processi patologici per diffusione retrograda (se l’infezione che interessa una radice
di un dente è estesa, può coinvolgere anche la radice di un altro dente.
Il granuloma apicale è un processo infiammatorio cronico produttivo, circoscritto, erosivo, dell’osso
circostante all’apice del dente. Radiologicamente il granuloma si ritrova all'apice di un dente e il confine tra
osso e lesione è poco netto (la cisti invece ha un confine più netto). Per fare però una corretta diagnosi
differenziale tra cisti e granuloma può essere fatta solo con l’istologia. Il dente non vitale è un ulteriore
tassello che ci può portare a fare diagnosi. Si può trovare nel granuloma: tessuto fibroso vascolarizzato,
plasmacellule, granulociti, batteri, residui epiteliari del Malassez. Se vi sono presenti dei residui epiteliari
del Malassez all’interno del granuloma, essi condizioneranno l'eventuale viraggio da in cisti radicolare
attraverso la fase del granuloma cistico  Il granuloma le stimola a replicare in nidi epiteliari. In pratica la
cisti è l'evoluzione del granuloma quando nella sua crescita si inglobano le cellule epiteliari del Malassez.
Bisogna fare attenzione a fare una corretta diagnosi differenziale (es. con le cisti fissurali): bisogna fare il
test di vitalità dei denti e se quest'ultimi risultano essere vivi, significa che la cisti in esame non è di origine
endodontica. La cisti fissurale non è di origine endodontica, si trova tra un dente e l'altro e spesso tende ad
allontanare le radici dei denti vicini.
Clinicamente il granuloma apicale è generalmente silente; può esserci una rara dolorabilità alla pressione
digitale a livello della porzione ossea sovrastante al dente interessato (è possibile fare una palpazione
bilaterale per valutare per bene le differenze in entrambi i lati). La diagnosi è perciò radiologica.
L’evoluzione del granuloma consiste in:
 riacutizzazione del processo settico;
 evoluzione cistica;
 aumento dimensionale.
La terapia può essere: endodontica, endodontica-chirurgica, chirurgica. Non è vero che tutti i processi cistici
guariscono con l’endodonzia; il granuloma è un tessuto d'infiammazione e quindi togliendo la causa del
granuloma il fenomeno sparisce, mentre per la cisti non è cosi. Quest'ultima, infatti, ha acquisito una delle
caratteristiche tipiche delle neoplasie benigne, ossia l’autonomia, e l'unica terapia risolutiva è la rimozione
chirurgica.

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L’apicectomia è l’intervento di rimozione chirurgica dell’apice radicolare di un elemento dentale, di


curettage del periapice, di revisione retrograda del moncone radicolare residuo. Può essere necessaria sia
in presenza di cisti, sia nei casi di granuloma in cui la sola terapia endodontica non sarebbe risolutiva (es. in
una radice ricurva in cui l'endodontista non può arrivare bene all'apice).

Per una corretta esecuzione dell'intervento, bisogna essere tenere in considerazione: le


indicazioni/controindicazioni dell'intervento, il cosa bisogna eseguire prima/durante/dopo l'intervento
chirurgico. Le radiografie risultano essere molto utili per studiare il caso e per portarlo a conclusione.

Le indicazioni alla apicectomia:


 Dente con granuloma apicale;
 Dente con recidive di parodontite apicale acuta;
 Dente con osteite apicale acuta o cronica (l'infezione osteitica è sempre una grossa complicanza);
 Dente con strumento rotto nel canale inamovibile;
 Dente con perno cementato (nei casi in cui dobbiamo lavorare nel terzo apicale);
 Protesi fisse cementate definitivamente;
 Canali anatomicamente non strumentabili;
 Ipersecrezione canalare;
 Canali accessori non otturabili;
 Frattura del terzo apicale del dente (genericamente se il terzo medio è coinvolto il dente è perso);
 Apice esposto in interventi sul seno mascellare;
 Lesioni periradicolari in corso di nevralgia;
 Focolaio infettivo persistente anche dopo un trattamento endodontico corretto;
 Materiale di otturazione canalare od altro non riassorbibile oltre apice;
 Cisti radicolare.

Le controindicazioni possono essere di due tipi:


 Locali: osteiti in fase acuta, osteomieliti, ascesso apicale acuto, tasche parodontali troppo profonde,
vicine a strutture anatomiche a rischio, scarsa igiene orale. Quindi, in tutte quelle situazioni in cui
abbiamo il dubbio che ci possano essere batteri a livello dell'apice, non è indicato eseguire
un'apicectomia (bisogna intervenire quando la situazione è un po' sedata, es. con terapia antibiotica).
 Generali: cardiopatie non compensate, valvulopatie, diabete non compensato, ipertensione, discrasie
ematiche, nefropatie, malattie epatiche (epatiti, cirrosi, etc.), tireotossicosi. Se, invece, il diabete è
tenuto sotto controllo (diabete compensato) è quasi sempre possibile eseguire l'intervento. Sono tutte
cose che possono condizionarci se fare o non fare l’intervento. Può essere utile fare due parole con il
medico di base e con il medico specialista che tiene in cura il paziente interessato.

Cosa è necessario eseguire?


 Anamnesi completa;
 Igiene orale (se il pz. non ha una corretta igiene il rischio di insuccesso aumenta);

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 Copertura antibiotica (prima di fare un intervento di questo intervento è necessario fare una copertura
antibiotica  2gg. prima dell'intervento, il giorno stesso e 3gg. dopo: 6gg. di terapia antibiotica in
tutto);
 Controlli ematologici se necessari (es. controllare la glicemia prima dell’intervento);
 Disinfezione del campo operatorio;
 Eventuale premedicazione per il trattamento dell'ansia (se il pz. assume un ansiolitico non potrà poi
guidare la macchina per tornare a casa, ma dovrà farsi accompagnare da qualcuno).
 Preparazione dei canali dentali.

Per una buona riuscita dell'intervento:


 Pianificazione l’intervento;
 Non avere fretta;
 Irrigare con soluzione fisiologica;
 Usare aspirazione chirurgica;
 Fare l'emostasi intra-operatoria (se il sangue ci impedisce la visione, non vediamo cosa sta succedendo
e rischiamo di fare dei danni);
 Conoscere la lunghezza e la posizione delle radici per programmare la strumentazione endodontica;
 Conoscere la posizione del dente in rapporto a ciò che ci sta intorno (es. vasi e nervi).

L’otturazione del canale del dente da apicectomizzare si può fare:


 Prima dell’intervento: si fa la terapia endodontica del dente da apicectomizzare alcuni giorni prima
dell'intervento, quando la situazione è sedata dal punto di vista infettivo. È quello che viene fatto
normalmente.
 Durante l’intervento: si fa la terapia endodontica del dente da apicectomizzare nella stessa seduta
dell'intervento, quando la situazione non è sedata dal punto di vista infettivo e si ha continua
secrezione dall'apice (pur asciugando con i coni di carta). In quest'ultimo caso, quindi, si otturano i
canali con il lembo aperto ancora aperto, di modo che si veda, in modo diretto, se l'otturazione è stata
eseguita correttamente (anestesia, apertura del lembo, rimozione dell'apice, posizionamento della
garza sterile nella zona apicale, otturazione del canale, rimozione della garza, chiusura del lembo).
Sicuramente non ha senso chiudere il canale dopo l’apicectomia (come si fa avere l’esattezza della chiusura
canalare in un punto in cui il dente non ha più osso vicino; inoltre, oltre a non chiudere bene si rischia di
mandare del materiale oltre apice).

Materiali di otturazione canalare:


Sola guttaperca (il prof. dice che è il migliore materiale da otturazione soprattutto se trattata a caldo);
Solo cemento canalare, riassorbibile o non riassorbibile (non è molto consigliata come tecnica; se si usa
il cemento è sempre meglio usare anche il cono di guttaperca per sigillare meglio);
Cemento Zn-eu + coni (è un cemento riassorbibile; c'è il rischio che si formino delle aree di
riassorbimento nelle quali si annidano i batteri);
Cemento ossifosfato Zn + coni (è un cemento non riassorbibile); impastando il cemento ossifosfato di Zn
al 10% con la polvere iodoformica si ottiene una diminuzione del tempo di essiccazione e una maggiore
potenzialità asettica. Inoltre, non essendo riassorbibile
Coni di Ag (non si usa più come tecnica per il fatto che il cono di Ag è troppo rigido e sigilla male).

Le tecniche di condensazione sono:


- condensazione verticale;
- condensazione laterale
- condensazione termo-meccanica (probabilmente la migliore perché si porta la guttaperca già liquida).

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Chirurgia Orale 11/12


CHIRURGIA PREPROTESICA [immagini nelle slides del prof]
Esiste una chirurgia preprotesica maggiore per le grosse ricostruzioni ossee con ospedalizzazione in
anestesia generale e una chirurgia preprotesica minore in anestesia loco-regionale.
Le problematiche generali di queste operazioni riguardano:
- tessuti molli  incisioni nette, minimi traumi dei lembi, attenzione alla vascolarizzazione, suture
sottili e non in tensione
- tessuti duri  attenzione al riassorbimento delle creste, non alterare la vascolarizzazione, essere
poco demolitivi, evitare fresature ad alta velocità, bordi regolari al tatto

Si tratta di interventi di:


 Alveoloplastica
 Estrazioni multiple
 Protesi immediata postestrattiva
 Osteoplastica delle esostosi
 Osteoplastica del toro palatino e di toro mandibolare

1) Alveoloplastica
Le alveoloplastiche sono tutte quelle procedure e tecniche chirurgiche che consentono di poter ottenere un
bordo osseo in grado di poter supportare la base ed il carico masticatorio di una protesi. Ci si avvale di tali
interventi sia per la protesi mobile che per quella fissa e per preparare la congrua base per un impianto.
- Alveoloplastica marginale si effettua quando uno o più elementi dentali rimangono nel cavo orale molto
più a lungo rispetto agli altri precedentemente estratti. Si può determinare che l’osso attorno al dente o ai
denti rimasti mantenga il suo trofismo e la sua altezza, mentre l’osso vicino sede di vecchie estrazioni va
incontro al riassorbimento parafisiologico. Lo scopo dell’intervento è di adeguare l’osso residuo allo stesso
livello del resto dell’arcata.
La tecnica prevede:
-estrazione degli elementi rimasti
-incisione della mucosa
-scolpimento di un lembo a tutto spessore
-scollamento sottoperiostale
-rimodellamento osseo per difetto
-palpazione della cresta ottenuta
-lavaggio
-sutura

- Alveoloplastica con osteoctomia intracorticale è indicata quando nella zona della premaxilla esiste una
troppo accentuata inclinazione vestibolare dei denti del settore incisivo superiore e non è ormai più
possibile intervenire ortodonticamente. La terapia consente un risultato estetico e funzionale.
La tecnica prevede:
-estrazione dei denti
-piccole incisioni di scarico distali
-scollamento non ampio del solo margine alveolare
-asportazione con ossivora dei setti intralveolari ossei
-tunnellizzazione ossea distale dx e sn con asportazione di un piccolo triangolo osseo
-tunnellizzazione ossea superiore per guidare la successiva frattura
-frattura digitale del frammento osseo
-regolarizzazione dei bordi ossei e mucosi

- Alveoloplastica vestibolare è indicata nei casi di iperdivergenza dei settori laterali a livello del mascellare
superiore che presentano una eccessiva inclinazione vestibolare; si crea quindi un eccessivo sottosquadro
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chirurgia orale (lezione 13-11)

che può impedire sia la presa dell’impronta che la ritenzione della protesi. Lo scopo dell’intervento è la
verticalizzazione della cresta.
Tecnica:
-estrazioni dentali
-lembo muco-periosteo vestibokare
-scollamento
-rimodellamento osseo
-rimodellamento mucoso
-sutura

- Alveoloplastica riduttiva verticale è indicata quando c’è un eccessivo sviluppo verticale di un settore
latero-posteriore (più frequente quando non c’è l’antagonista) o del settore incisivo (costituzionale,
iperalveolismo). Tecnica:
- estrazioni dentali
-rimozione delle papille
-scollamento del lembo vestbolo-linguale
-rimodellamento osseo con fresa e/o pinza
-rimodellamento del lembo muco-periosteo
-toilette chirurgica
-sutura

2) Osteoplastica delle esostosi: le esostosi sono delle deformazioni ossee benigne di volume variabile, a
crescita lenta, spesso asintomatiche. Interferiscono con l’applicazione di una protesi, creano sottosquadri,
spesso decubitano.
Tecnica:
- delimitazione del campo operatorio
- scolpimento del lembo trapezoidale
- scollamento muco-periosteo
- rimozione della esostosi con fresa, pinza ossivora, scalpello
- toilette chirurgica
- sutura

3) Osteoplastica per cresta alveolare tagliente: è una situazione patologica che si realizza per eccessivo
riassorbimento dell’osso alveolare a livello vestibolare e/o linguale, ne consegue una cresta mobile
tagliente.
Tecnica:
-incisione in cresta
-tagli di scarico
-scollamento
-regolarizzazione ossea
-regolarizzazione mucosa
-sutura

4) Osteoplastica di toro palatino: è una neoformazione ossea mediana del palato di natura benigna, di
volume variabile, tondeggiante, nodulare o lobata. E’ una situazione sfavorevole nella vita quotidiana e
all’applicazione di una protesi.
Tecnica:
-incisione longitudinale mediana bifida
-scollamento
-riposizionamento dei bordi di lembo alla cresta
-asportazione della neoformazione
-emostasi

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-rifilaggio dei bordi mucosi


-compressione emostatica
-sutura

5) Osteoplastica di toro mandibolare: è una neoformazione assimilabile al toro palatino, bilaterale, che si
trova all’altezza del canino e dei premolari inferiori in posizione linguale, generalmente asintomatica.
L’indicazione all’intervento è solo nel caso di eventuale applicazione di protesi totale o di eccessiva crescita
che può ostacolare le normali funzioni.
Tecnica:
-incisione in cresta da dietro l’esostosi
-ampio scollamento muco-periosteo
-rimozione dell’esostosi
-regolarizzazione ossea
-toilette chirurgica
-sutura

6)Frenulectomia nel caso in cui il frenulo è breve o ipertrofico. Nell’adulto può produrre in genere
interferenze negative con la ritenzione di una protesi totale o parziale. Nel bambino nel caso in cui il frenulo
sia corto è bene correggerlo per un corretto sviluppo delle arcate e del linguaggio. Vari tipi di tecnica:
-escissione diretta
-escissione con tecnica a Z
-vaporizzazione con laser CO2
-con elettrobisturi

7) Plastica per creste mobili dovute a una protesi incongrua o protesi vecchia con un carico masticatorio
mal distribuito sulla protesi che provoca un eccessivo riassorbimento osseo.
Tecnica:
- incisione vestibolare e linguale a cuneo
- lasciare integro il periostio
- asportazione del cuneo muco-fibroso
- leggero scollamento
- sutura

8) Ipertrofia fibrosa dovuta a decubito cronico o granuloma fissurato o fibropapilloma metaprotesico. A fini
chirurgici si distingue un’ipertrofia fibrosa di impianto piccola e un’ipertrofia fibrosa di impianto larga con
base di impianto in cresta. La tecnica può essere tradizionale con bisturi, con elettrobisturi o con laser CO2

-Ipertrofia fibromatosa del tuber è dovuta a un eccesso di tessuto fibroso nella regione del tuber che può
originare zone di sottosquadri, obliterazione parziale dello spazio tra le arcate e ipermobilità della base di
impianto. Tecnica:
-incisione vestibolare e palatina
-scollamento del lembo mucoso
-asportazione del tessuto in eccesso
-rimodellamento mucoso
-emostasi
-sutura

9) Disinserzioni muscolari: sono interventi legati alla stabilità delle protesi soprattutto inferiore.

-Disinserzione dei muscoli mentali: vanno dalla fibromucosa e dal periostio della sinfisi mentale nella sua
porzione vestibolare a disperdersi nel tessuto della parte interna del labbro inferiore. Si contraggono

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chirurgia orale (lezione 13-11)

durante i movimenti di apertura e chiusura, durante la fonazione, la deglutizione, la masticazione e nei


movimenti parafunzionali.
Tecnica:
-ampia incisione
-sezione in genere con elettrobisturi dei fasci muscolari
-punti ad “U” di ancoraggio per mantenere una buona profondità del fornice
-sutura

-Disinserzione dei muscoli genioglossi: dai processi genoiodei dei versante linguale del corpo della
mandibola si dirigono all’indietro a disperdersi nel corpo linguale. Contraendosi innalzano il pavimento
buccale e portano in avanti la lingua.
Tecnica:
-incisione mucoperiostea
-esposizione dei fasci muscolari
-sezione degli stessi con elettrobisturi
-sutura a punti staccati ancorati al periostio
-sutura ad “U” circumandibolare ancorati a legno dolce o altro materiale

-Disinserzione del muscolo miloioideo: va dalla cresta miloioidea della superficie linguo-distale della faccia
interna della mandibola al ventre laterale del corpo della lingua. Contraendosi innalza la parte più distale
del pavimento orale e sposta di lato la lingua.
Tecnica:
-incisione in cresta fino al trigono retromolare
-scollamento
-evidenziazione dei fasci muscolari
-dissezione degli stessi con elettrobisturi (facendo attenzione alla ghiandola sottomandibolare e all’arteria
facciale)
- regolarizzazione con fresa della cresta ossea
-punti ad “U” e/o con cerchiaggio circumandibolare

10) Approfondimento di fornice: l’aumento del fornice è un intervento chirurgico molto importante per
favorire l’adeguata stabilità della protesi mobile, limitato alla mucosa gengivale, indicato in caso di cresta
edentula poco presente.
L’intervento consiste nell’approfondimento del fornice (rientranza della mucosa tra labbro e denti) con
taglio, scollamento, spostamento della gengiva e sutura della stessa in una zona più profonda. Questa
procedura ha lo scopo di favorire l’aumento della cresta ossea e l’aderenza della totalità della protesi
quanto più profondamente possibile così da determinare una maggiore ritenzione e stabilità della protesi
stessa sulla cresta.
Approfondimento di fornice superiore con poca atrofia plastica sottomucosa:
-incisione mediana
-scollamento per via smussa
-disinserzioni muscolari
-tunnellizzazione
-spremitura
-ribasatura della placca
-inserimento della stessa con o senza cerchiaggio
Approfondimento di fornice superiore con grossa atrofia  plastica con trapianto cutaneo:
- incisione della fibromucosa da tuber a tuber
- ribaltamento del lembo
- sezione delle fibre muscolari
- calcolo per eccesso della nuova profondità
- rimozione se necessario della spina nasale e del setto cartilagineo

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chirurgia orale (lezione 13-11)

- sutura ad “U” del margine libero del lembo


- rilevazione del nuovo fornice con la placca ribasata
- prelievo dermo-epidermico con dermotomo
- inserimento dello stesso sulla placca ribasata
- cerchiaggio delicato e rimodellamento dell’innesto in eccesso
Approfondimento di fornice inferiore con vestibolo-plastica:
- incisioni da trigono a trigono con “T” finali
- disinserzione muscolare (attenzione al mentoniero)
-fissaggio con punti di sutura sottomandibolari per il fissaggio del lembo vestibolare e linguale (a questo
punto può o no esserci prelievo dermoepidermico per ribasamento biologico con innesto di cute)
-eventuale cerchiaggio circumandibolare

Biomateriali in terapia implantare

I biomateriali nascono come strumenti per coadiuvare l'implantologia. 3 domande cui alla fine del
corso bisogna saper rispondere: 1- a che servono? 2-quali sono ipiù comuni? 3-in quali interventi si
utilizzano?.
(Differenza impianto conico e cilindrico? L'impianto conico ha una superficie di contatto minore
con l'osso e si utilizza nei casi di diametro apicale inferiore, come nelle situazioni di impianti post
estrattivi.)
Generalmente li utilizziamo quando le condizioni anatomiche del paziente non pemettono
l'inserimento di una fixtue implantare per mancanza ossea, distinguendo però le condizioni di
atrofia/deficit della cresta edentula riguardanti tutta l'arcata da quelle del singolo sito. Nei casi di
arcata edentula possiamo difatti avere degli spessori ossei (si considerano sia lo spessore verticale/
apico-coronale che orizzontale/vestibolo-linguale) soddisfacenti, mente sul sito singolo questo è più
raro se non interveniamo per ridurre il riassorbimento osseo. Dagli studi di Cawood e Howell ("A
classification of the edentulous jaws") sappiamo che l'osso alveolare subirà un processo di
riassorbimento conseguente alla perdita dell'elemento dentario, con perdita quindi degli spessori
adeguati al posizionamento implantare: da qui nasce il significato degli impianti post-estrattivi, che
cercano di evitare l'eccessivo riassobimento. Ad esempio, in una IV classe di C. e H., detta a lama di
coltello, con uno spessore post-estrattivo iniziale di 1-2mm sappiamo che per certo non avremo più
osso a causa dell'eccessivo riassorbimento.
Un'altra classificazione utilizzata è quella di Misch che si basa sulla densità ossea, la quale, seppur
non sempre valutabile radiogaficamente, può essere valutata clinicamente durante la preparazione
del sito.
La funzione quindi dei biomateriali è quella di essere utilizzati come "semplice riempitivo" del sito
per creare la struttura adeguata al sostegno implantare, evitando il riassorbimento. Non stiamo
parlando di rigenerazione ossea. In seguito ad estrazione c'è compasa di coagulo nel sito con
formazione di tessuto osteoide che, successivamente, diventerà in parte nuovo tessuto osseo; il
poblema è che non sempe abbiamo una corretta evoluzione a causa di possibili perdite di coagulo, il
quale, quindi, non sarà in grado di dare inizio al processo rigenerativo. Lo scopo dei biomateriali
sarà quello di mantenere stabile il coagulo e favorire così la preservazione ossea.

Possiamo utilizzare i biomateriali per: rialzo di seno mascellare, GBR (guided bone regeneration),
espansione di cresta, innesto di osso in blocco.

Rialzo del seno mascellare


Nei casi in cui il volume del mascellare posteriore è insufficiente, andiamo ad effettuare tale
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chirurgia orale (lezione 13-11)

manovra tramite l'apetura di una botola e l'inserimento del materiale (in genere osso bovino
deproteinizzato). Le controindicazioni per questa tipologia d'intervento sono tutte quelle condizioni
in cui è presente una patologia del seno (es sinusite), che va diagnosticata con TC dell'osso
mascellare. Il radiografico necessario per la pianificazione implantare ad oggi è la TC Dental Scan.
Oltre alla valutazione sulla salute dei seni prima di procedere con l'intevento è importante anche
valutae la condizione parodontale del paziente, che deve avere un'ottima igiene orale per evitare
infezioni del seno stesso; all'interno delle controindicazioni rientrano anche le compromissioni di
salute a livello generale (malattie sistemiche) e il fumo, non è una chirurgia per tutti e può portare a
complicanze: 1- meccaniche durante il rialzo del seno 2- infettive post rialzo del seno 3- a lungo
temine post rialzo per presenza all'interno del seno di corpi estranei. Quando si utilizza osso di
bovino deproteinizzato l'inserimento implantare si farà a 6/8 mesi.

GBR
Prevede il trattamento di atrofie ossee tramite l'utilizzo di biomateiale e membrana sovrastante per
ridurre la contrazione che normalmente avremmo. La membrana serve per isolare il coagulo
all'interno del sito così da favorirne la funzione senza che vi siano interferenze.

Espansione di cresta (Split Crest)


Intervento nelle classi IV di C. e H. che prevede un'osteotomia della corticale a livello crestale e
un'espansione della stessa con varie tecniche (es osteotomi) in base alla quale decidiamo se inseire
biomateriale oppure più impianti (o entrambi, scusate ma non è stato chiarissimo qui). Si utilizza un
filo da sutura riassorbibile a 14gg. Generalmente l'intervento è monofasico, si fa cioè inserimento
implantare nella stessa seduta della split crest.

Innesti di osso in blocco


Prelievo di tassello osseo da un'altra parte dell'organismo e inserimento dove necessario. Le zone di
prelievo sono diverse, pesino la teca cranica.

L'elemento chiave in tutti questi interventi è il mantenimento del coagulo, così che possa avere
inizio il processo di rigenerazione dell'organismo e non vi sia eccessiva perdita ossea.

-Classificazione dei Biomateriali

Possono essere:
– Autologhi: presi dal paziente (trigono retromolare, teca cranica, sinfisi mentoniera, cresta
iliaca), il cui fissaggio viene effettuato con viti in titanio e successiva rimozione delle stesse.
Svantaggi: scarsa disponibilità, maggiore contrazione.
– Eterologhi
– Sintetici: bovino o porcino deproteinizzato, fosfato di calcio bi-trifasico (che non ha capacità
osteoinduttiva e osteoconduttiva a differenza dei precedenti)

Il processo ideale sarebbe una completa integrazione del materiale, cioè una sua digestione totale da
parte degli osteoclasti e la conseguente neoformazione ossea ad opera degli osteoblasti; ovviamente
così non è perché questo processo guidato da osteocl. e osteobl. si interrompe e, a distanza di anni,
troviamo grossi residui di materiale che non è stato riassorbito e poco osso vero intorno. Avremo
per cui una chiurgia implantare più difficoltosa e sicuramente meno stabile che in osso normale.
Le principali differenze fra l'osso deproteinizzato e il fosfato di calcio sono che il secondo viene
riassorbito quasi completamente (quindi contrazione maggiore) mentre il primo si ritrova a distanza
di anni.
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chirurgia orale (lezione 13-11)

Cellule staminali.
Pubblicazione in cui notiamo come a 3 mesi la presenza di osso neofomato è maggiore nel gruppo
di controllo con staminali rispetto al gruppo di studio. Ad oggi l'utilizzo per questo intervento è
limitato, ancora non ci sono studi e letteratura sufficienti.

-Membrane

Possiamo suddividerle in:


– Collagene riassorbibili: utilizzate nella preservazione alveolare
– Collagene con anima in titanio: nei casi di preservazione alveolare in cui è stata persa la
corticale vestibolare
– Griglie in titanio: usate nei casi di emiarcate con importanti atrofie; fondamentale far
sanguinare la coticale così che possa contribuire alla formazione del coagulo, che è la chiave
dell'intervento. Anche tale procedura chirurgica è bifasica, cioè l'impianto si metterà a
distanza di 8/9 mesi e non nella stessa seduta in cui utilizziamo la griglia.
– Mezzi di fissazione (?)

Fondamentale a seguito degli interventi è la valutazione protesica del paziente, solamente così
possiamo ottenere un successo implantare completo.

Finora abbiamo parlato di casi con creste edentule, ma per le edentulie singole gli interventi sono
diversi così come i materiali utilizzati. Infatti qui sono disponibili due strade:
– Impianto post estrattivo
– Preservazione alveolare

Questo perchè se non si va ad occupare lo spazio lasciato libero dall'elemento estratto, il nosto
organismo porterà il sito a riassorbimento con un'eccessiva riduzione delle dimensioni dello stesso e
conseguente difficoltà operatoria. Per tale motivo, quando non si effettua un impianto post
estrattivo, si andrà ad effettuare la preservazione del sito tramite biomateriale. I problemi principali
sono dovuti al fatto che tale materiale si trova a diretto contatto con la cavità orale, per cui possiamo
avere infezione del sito, perdita di biomateriale e, di conseguenza, un risultato chirurgico non
sempre ottimale. (Chissà cosa ne pensa il Discepoli, #teamludo). Per questo motivo generalmente si
utilizza una membrana che andrà poi ricoperta da un lembo gengivale e si va a suturare per prima
intenzione in seguito a trazione del lembo (è anche tollerabile lasciare la membrana di collagene
riassorbibile a diretto contatto col cavo orale).
La preservazione di sito non si può fare per: - infezione parodonto -infezione endo -un'estrazione
ecessivamente traumatica o difficoltosa (ad es se c'è stata anche rimozione di un granuloma
importante) -asportazione di cisti particolarmente estese in cui il grande sanguinamento porta
diettamente alla rigenerazione spontanea, se l'intervento viene fatto bene in 3 mesi c'è osso nuovo
(quindi il biomateriale rallenterebbe tale processo di guarigione e peggiorerebbe la qualità del
tessuto neoformato).

Glauco in un suo studio ha proposto la preservazione alveolare in due gruppi, in uno con osso
bovino e membrana, nell'altro con osso autologo e membrana. Le differenze di riassorbimeto osseo
non sono state statisticamente significative, anche se quello bovino si è riassorbito meno.

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chirurgia orale (lezione 13-11)

Lezione 2: 23/10/17
Piccolo inciso sulla lezione dell’altra volta: allargare sempre il campo operatorio fino a mettere in evidenza
le strutture anatomiche rilevanti come i tronchi nervosi. Scoprendo queste strutture eviteremo di andarci
vicino con gli strumenti rotanti.
REVISIONE DEL CAMPO OPERATORIO
Lo scopo della revisione è quello di rimuovere frammenti ossei dentali, residui di lesioni patologiche e
ridurre la contaminazione. Viene effettuato col cucchiaio chirurgico. Si fa ad esempio dopo un’estrazione: si
inserisce il cucchiaio nell’alveolo post estrattivo per controllare che il tessuto di granulazione sia venuto via
e eventualmente rimuoverlo. È una tecnica che non va a incidere sull’osso.
Oltre al cucchiaio si possono usare delle soluzioni fisiologiche sterili per ripulire la zona associate o meno a
soluzioni antibiotiche locali o sistemiche. Si dà l’antibiotico anche per via sistemica perché la zona operata
è infiammata, quindi riccamente vascolarizzata e l’uso della strumentazione può aver favorito un passaggio
di sostanze tossiche, batteriche o virus nel drenaggio venoso. Quindi, quando c’è il dubbio (es interventi
molto complessi) si preferisce somministrare l’antibiotico, mentre è fondamentale avere una copertura
antibiotica in pazienti che hanno subito interventi chirurgici, cardiaci o neurochirurgici: questo perché si è
visto che un’eventuale penetrazione batterica andrebbe a localizzarsi nel sito dell’intervento chirurgico
dando complicazioni anche gravi.
EMOSTASI
È la parte più importante di un intervento chirurgico perché, se riusciamo a controllarla, riusciamo ad avere
il controllo sul campo operatorio. Può essere preventiva, contemporanea o definitiva.
Tecniche:
 Compressione: è la più semplice. Si può effettuare tenendo premuto un dito o una garza nella zona
del sanguinamento per almeno 5 Min;
 Forcipressione: si effettua con uno strumento che può essere una pinza emostatica o altro, basta
che effettui una compressione
 Legatura: se siamo in un tessuto molle si può legare direttamente il piccolo vaso che sanguina
 Diatermocoagulazione: si effettua con l’elettrobisturi posizionato in posizione “coagulazione” (c’è
un tasto apposito)
 Materiali: possiamo usare materiali come collagene equino, bovino o suino. Quello derivante
dall’uomo è troppo costoso. Per abbassare i costi possiamo utilizzare dei patch di collagene 5x5 che
solitamente vengono usati per le piaghe da decubito: vengono tagliati con delle forbici alla
grandezza necessaria e poi vengono riposti in una scatola sterile con il cloramfenicolo, un
antibiotico in polvere. Questi patch si riassorbono nella fase di guarigione della ferita (entro 15
giorni).

SUTURA
Il kit di sutura è composto da: pinzetta porta aghi, pinzette, forbici, ago, filo.
Con la sutura dobbiamo cercare di dare il corretto posizionamento al lembo di modo che sia stabile + in
assenza di tensione affinché i punti non si strappino con i vari movimenti di apertura/chiusura. Per farlo
usiamo le pinzette: le migliori sono quelle chirurgiche perché tengono ben fermo il lembo, basta stare
attenti a non applicare troppa forza per non perforarlo o strapparlo. Le pinzette anatomiche invece
tendono ancor più a far scivolare e comprimere il lembo. Esistono poi delle pinzette chirurgiche che
presentano solo un dentino e sono le migliori.
Ago chirurgico: è formato da una punta, una zona curva denominata corda, attacco (la parte finale dove c’è
il filo); ha una lunghezza, un corpo e uno spessore. Possono essere:
 Tradizionali: hanno una cruna in cui si fa passare il filo; quando si passa nel lembo, il diametro della
cruna lo fa sfrangiare e questo diventa un punto di infiltrazione batterica e quindi di infezione;
 Atraumatici: sono aghi monouso sterili in cui il filo si inserisce e si blocca all’interno del corpo
dell’ago; quindi il corpo dell’ago ha un diametro maggiore rispetto al diametro del filo: quando il
filo passa nel lembo non lo traumatizza.

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chirurgia orale (lezione 13-11)

Gli aghi si dividono in base alla lunghezza in: ¼ cerchio, ½ cerchio, 3/8 cerchio, 5/8 cerchio. Quelli più
usati sono gli 1/ 2, ma talvolta si possono usare gli ¼ soprattutto in parodontologia.
Sulle buste della sutura ci sono delle raffigurazioni che rappresentano la punta e il corpo dell’ago:
possono essere tondi, triangolari o ellittici. I più usati sono quelli con corpo e punta triangolari perché
risultano meno traumatici, mentre i tondi vanno a sfrangiare il lembo.
Il FILO può essere :
 Naturale o sintetico: il naturale è ad es la seta e si usa solitamente per la grossa chirurgia orale;
il sintetico invece essendo più robusto e resistente si usa nella zona estetica
 Monofilamento o plurifilamento: i primi sono formati da una fibra e solitamente sono i
sintetici, i secondi solitamente sono i naturali
 Riassorbibile o non riassorbibile: il non riassorbibile è quello di seta, mentre il riassorbibile può
essere sia sintetico che organico (di budello di agnellino). I tempi di degradazione dei punti
riassorbibili possono variare, solitamente sono di circa 2 settimane

La sutura deve essere:


 A punti staccati: ogni punto viene staccato e a sé stante
 Continua: si fa un nodo all’inizio e uno alla fine e basta

PERIODO POSTOPERATORIO
È immediato o tardivo.
IMMEDIATO:
È il periodo subito dopo l’operazione. Sì basa su:
 Controllo dell’EDEMA: è fondamentale che la lesione gonfi il meno possibile di modo da evitare
dolore al paziente e un’eccessiva trazione con distacco dei punti. C’è da considerare inoltre che
l’edema causa una compressione sulla ferita che porta a minor flusso di sangue, ritardi nella
guarigione e rischio di necrosi. Per impedire la formazione di un edema si fa un controllo “fisico”
con la tecnica del caldo e del freddo  il freddo vasocostringe e blocca il sanguinamento:
dovrebbe essere tenuto per 5 min ogni 30 o per 15 min ogni ora. Un apporto eccessivo di ghiaccio
può causare un ritardo nella guarigione per blocco del microcircolo, mentre è proprio l’alternanza
ghiaccio – temperatura corporea che risulta essere la migliore per il controllo dell’Edema. Ancora
meglio sarebbe l’alternanza caldo/freddo, ma dato che è più difficile da effettuare si preferisce non
proporla al paziente. Il caldo massimo deve essere non superiore ai 40 gradi (37/38°) per 5
massimo 10 min ogni ora. Si può fare nel paziente ospedalizzato.
 Controllo del SANGUINAMENTO: descritto sopra nel paragrafo “emostasi”
 Controllo della INFEZIONE: Lo scopo è quello di diminuire la quantità di batteri prima/durante/dopo
l’intervento con: antibiotico + collutorio disinfettante + antinfiammatorio anche cortisonico se
fosse necessario, altrimenti bastano i non stereoidei che riducono sia infiammazione che dolore
(vanno bene nel 90% dei casi). In caso di interventi più macchinosi si può dare una dose di
antinfiammatorio 1 ora prima dell’intervento.
L’antibiotico di elezione sono le penicilline o i macrolidi nel caso in cui il paziente fosse allergico alle
penicilline  attenzione alle allergie crociate tra queste due categorie farmacologiche perché
spesso chi soffre di una ha sensibilità anche all’altra.
Tra i macrolidi ricordiamo come ottimo in campo odontoiatrico la spiramicina perché una volta
penetrato nel circolo sanguigno va a diffondersi anche alle ghiandole salivari e successivamente
secreto con la saliva: agisce quindi come doppia copertura.
TARDIVO O DIFFERITO
 Controllo del DOLORE: con analgesici periferici (controindicazioni: disturbi alle vie digestive) o
centrali (bloccano, con la chiusura del Gate a vari livelli, l’ingresso dello stimolo doloroso al snc: lo
stimolo non arriva al snc e non viene percepito dal paziente )

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chirurgia orale (lezione 13-11)

 Controllo DELL’EMORRAGIA TARDIVA: il paziente dopo 2/3 ore dall’intervento comincia a


sanguinare copiosamente  si mette in atto compressione con garza + terapia del caldo/freddo: se
non funziona si deve riaprire la ferita e usare altre metodiche.
Se va in ospedale al massimo gli somministrano una fiala di coagulate intramuscolo: non sempre
funziona.
 Controllo DELL’EDEMA: come sopra
 Controllo DELL’INFEZIONE: come sopra

ANESTESIA
CENNI STORICI
I primi che capirono l’importanza dell’anestesia furono proprio i dentisti tra cui:
 Mareno e Mais 1862, America latina: videro che masticando le foglie della coca si induceva
insensibilità;
 Koeller 1884 Germania: estrasse per la prima volta la cocaina
 Einhorn Germania: enunciò la composizione chimica della coca
 Wohler fine ‘800, Germania: Isolò il principio attivo, lo analizzò e iniziò la “produzione sintetica”
(estrazione) delle foglie di coca

Agli inizi del 1900 furono studiati altri principi attivi che avessero un effetto cocaino-simile, ma con minore
neurotossicità:
 Einhorn 1905: procaina (novocaina, oggi non più usata)
 Loofgreen e Wudquist 1946: xilocaina
 Ekenstane e Petterson 1957: mepivacaina

MATERIALI: uso medicazione e controindicazioni


Gli anestetici possono essere formati da alcooli, molecole guanidiniche o composti azotati. Mentre i primi
due non sono più in uso, i composti azotati, che possiamo definire la seconda generazione di anestetici,
sono ancora in uso e si dividono a loro volta in:
 Prima generazione: Esteri
es: procaina e benzocaina: effetto anestetico dopo un periodo lungo, tanti effetti collaterali, molto
tossici;
 seconda generazione: Amidi
es: lidocaina e mepivacaina: la lidocaina inizialmente nacque come antiaritmico cardiaco. Rispetto
alla prima generazione si è ridotta la tossicità.
Esteri  formati da un gruppo aromatico lipofilo + un amminogruppo idrofilo, tenuti insieme da una
catena intermedia con legame ESTERICO
Amidi presenta sempre le due catene lipofila/ idrofila, tenute insieme però da un legame AMIDICO nella
catena intermedia.
NB: gruppo idrofilo: è necessario per trasportare la molecola di anestetico per via ematica e nel liquido
interstiziale. Gruppo lipofilo: ha affinità con le cellule e permette all’anestetico di penetrarne all’interno per
esplicare la sua funzione. Quindi se predomina il gruppo idrofilo si avrà più anestetico in circolo e meno ne
penetrerà e viceversa.
Il grado di anestetico è influenzato anche da:
 Ph tissutale: più è acido, meno avrà effetto perché non si scinde. Un ambiente infiammato è acido
e per questo l’anestetico non funziona --> in questo caso meglio decidere di fare l’anestesia a
monte dell’infiammazione, così avrà più effetto e il paziente non sentirà male durante l’iniezione;
 Eccessiva diluizione: più è diluito, meno ha effetto; in un tessuto edematoso quindi avrà poco
effetto;
 Rapido assorbimento: un’eccessiva vasodilatazione porta a un eccessivo assorbimento
dell’anestetico; per questo si usano gli anestetici con vasocostrittore (adrenalina).
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chirurgia orale (lezione 13-11)

METABOLIZZAZIONE: (Solo degli amidi che sono quelli più usati oggi)
Gli amidi Vengono metabolizzato in 3 vie:
1. Idrolizzazione epatica da parte di enzimi microsomiali
2. Idrossilazione e glucoronazione dell’anello aromatico
3. Eliminazione per via renale

se un paziente ha problemi a livello epatico o renale dovremo diminuire la dose oppure


preferire anestetici che non utilizzino prevalentemente queste vie.
Nella tubofiala oltre all’anestetico troviamo:
 Vasocostrittore: ritarda l’assorbimento e riduce la tossicità + ne aumenta la durata stimolando i
recettori alfa che sono nella parete delle arterie. Solitamente sono adrenalina e noradrenalina che
appartengono alla famiglia delle amine simpaticomimetiche.
 Metabisolfito di sodio: è un antiossidante che aumenta la stabilità chimica delle amine
simpaticomimetiche
 Ialuronidasi: facilita il trasporto dell’anestetico (non sempre)
 Conservanti, acqua distillata, cloruro di sodio (per l’isotonicità), idrossido di sodio (per il pH)

Solitamente un paziente che riferisce un’allergia all’anestetico, presenta in realtà un’allergia a uno di questi
componenti secondari.
TUBOFIALA:
È formata da: diaframma perforabile con anello in alluminio, vetro cilindrico (vol tot 2 cc), tappo di gomma
(occupa 0,2 cc dei 2 totali). Il vetro è disinfettabile coi comuni disinfettanti.
Alcuni elementi che ci indicano di non usare la tubofiala sono: frattura del vetro, bolle gassose, corrosione
dell’anello di alluminio o del gommino finale, intrusione/estrusione del gommino di gomma, fuoriuscita
dell’anestetico.
AGO: È monouso, presenta un’astra metallica, un raccordo di plastica metallo e un’ultima parte che è
bisellata. La bisellatura può avere varie forme e grandezze. L’ago può essere corto, medio o lungo:
solitamente si usa il medio, tranne nella tronculare dove si usa il lungo.
NB: a maggior calibro e a maggior rigidità dell’ago corrisponde un minor grado di flessione e ciò trova un
suo corrispettivo in un incremento della precisione di infissione. Ciò che devia l’ago sono le strutture
anatomiche come i muscoli, i legamenti...
SIRINGA: è monouso, ha una punta lanceolata o degli anellini avvitati a coda di maiale che vanno a
penetrare e a spingere il gommino della tubofiala e nel frattempo ci permettono di aspirare per verificare
che non si sia entrati in un vaso. Hanno molta potenza ed è importante saper dosare la forza per non fare
danni.
ANAMNESI ANESTESIOLOGICA
Dobbiamo valutare lo stato di salute, le allergie, farmaci assunti, malattie, reazioni a antibiotici/farmaci,
gravidanza, malattia cardiaca/cardiocircolatoria, ipertensione, emorragie, diabete, epatiti, HIV, epilessia,
malattie renali, epatiche o endocrine.
In base alle risposte che il paziente ci dà andremo a valutare:
 il tipo e quantità di anestetico
 tipo e qualità di anestetico
 eventuali controindicazioni

PAZIENTE A RISCHIO:
INFARTUATO: Non intervenire se non sono passati almeno 6 mesi dall’infarto. Se dobbiamo intervenire:
chiedere la terapia coagulante che sta assumendo, collaborare sempre col cardiologo, pianificare
l’intervento di mattina con eventuale premedicazione ansiolitica a base di EN o Valium, chiedere che venga
accompagnato da qualcuno, non dare il vasocostrittore. Durante l’intervento sollecitare iI paziente per
valutare che sia presente e cosciente + controllare la pressione e il polso. Se prevediamo che l’intervento
sarà lungo e complicato, mandare il paziente in ospedale.

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chirurgia orale (lezione 13-11)

ANGINA PECTORIS: anche qua pianificare l’intervento di mattina e di breve durata, non dare
vasocostrittore, valutare la possibilità di premedicazione ansiolitica. Durante l’intervento sollecitare il
paziente e controllare polso e pressione. Somministrare prima dell’intervento la Trinitrina sublinguale
(vasodilata le coronarie) per l’irrorazione sanguigna. Per interventi lunghi e complessi, andare in ospedale.
IPERTESO PA> 140/90: Fare sedute brevi breve mattutine. Attenzione ai farmaci antiipertensivi perché
spesso il paziente smette di assumerli prima di una prestazione odontoiatrica, evitare spostamenti bruschi
della poltrona, lavorare in un ambiente rilassante, evitare stimoli faringei (vomito) per stimolazione del
globo carotideo che innalza la pressione.
DIABETICO: Se è Scompensato evitare il trattamento. Se è Compensato prendere appuntamento 4h dopo i
pasti, consultare il medico curante, non usare il vasocostrittore, per gli interventi dare sempre l’antibiotico.
Se va in ipoglicemia, dare zuccheri.
INSUFFICIENZA RENALE: controllare l’Azotemia (<60 mg/100 ml) e la Creatininemia (<1,5 mg/100 ml). Se i
valori non sono nel range, consultare il nefrologo e mandare in ospedale. Se fossero nel range, dare sempre
l’antibiotico (macrolidi) e preferire la lidocaina perché è a ridotta eliminazione renale + tenere sotto
controllo la pressione.
AIDS/EPATITE: intervenire solo nelle emergenze, usare Kit appositi solo per loro, usare precauzioni per noi.
Dare appuntamento a fine giornata così poi si può disinfettare e sterilizzare bene tutto.
GRAVIDANZA: il trattamento cambia al proseguire della gravidanza.
- Primo Trimestre: a rischio di aborto spontaneo; fare igiene e piccola conservativa.
Tamponare un’eventuale emergenza. Anestetico: lidocaina o mepivacaina, no
vasocostrittore.
- Secondo trimestre: l’organogenesi è completata. È il periodo migliore per intervenire.
- Terzo trimestre: a rischio di parto precoce e sindrome ipotensiva da posizione. Fare
solo le emergenze e igiene.

Durante la gravidanza prescrivere fluoro e incentivare l’igiene orale con sedute periodiche di controllo e
igiene.
(Complicanze: leggersi da soli le diapositive)
ANESTESIA LOCALE:
Temporanea abolizione della sensibilità dolorifica di una determinata regione del corpo senza abolizione
contemporanea della coscienza. Si realizza sulla via sensitiva extramidollare: non c’è coinvolgimento delle
fibre del Snc, nel caso ci fosse vuol dire che c’è stato un effetto collaterale indesiderato (possono essere:
movimenti coreici, gesti inconsueti, occhi all’indietro, parole senza senso...). Importante perciò conoscere e
parlare col paziente per accorgersi di eventuali complicanze.
Definizioni generali:
- Plessica: si attua attraverso l’ infiltrazione dei tessuti adiacenti e a contatto con la zona
dell’intervento
- Tronculare: si attua attraverso infiltrazione di un tronco nervoso a monte della zona
interessata dall’intervento.

L’anestesia può essere:


 Di Superficie: applicazione topica di sostanze con effetto anestetico come il cloruro d’etile  è
contenuto in una fiala, va scaldato col tepore delle mani di modo che una piccola parte diventi
gassosa, si spruzza sulla zona interessata e effettua una leggera anestesia congelando la zona; ha
un effetto molto breve e può essere usato per estrazioni di denti da latte, problemi parodontali o
drenaggio di ascessi.
Un’altra tecnica è quella con la Xilestesina spray che può essere usata per effettuare l’igiene o
come pre-anestesia prima dell’ infissione dell’ago.
Ultima tecnica è quella della compressione: con il dito si preme per 10 sec sulla zona, poi si toglie e
velocemente si punge con l’ago. Si fa soprattutto per la sovraperiostale.
 Per infiltrazione: può essere plessica o tronculare.

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chirurgia orale (lezione 13-11)

PLESSICA: si può fare per tutta l’arcata superiore e per l’inferiore nella zona 33-43 (da canino a
canino). In queste zone infatti la corticale è molto sottile e ci permette facilmente di penetrare,
mentre nella mandibola posteriore la corticale è circa 2-3 mm.
Per l’implantologia si può fare la plessica Sottoperiostea perché se addormento il nervo a monte
non mi rendo conto se con le frese vado troppo vicino al nervo e lo ledo, mentre se non
l’addormento il paziente ci dice se sente dolore e a quel punto cambieremo direzione.
TRONCULARE: si possono far in varie zone prendendo vari nervi tra cui: nervo alveolare inferiore (la
più comune, per i molari e premolari inferiori), linguale, buccale, mentoniero, alveolare superiore
posteriore (zona vestibolare superiore), palatino anteriore/medio/posteriore, naso palatino (o
naso incisivo), infraorbitario.
Tecniche di anestesia per regioni:
INCISIVI SUPERIORI: inserire l’ago a livello della proiezione delle radici vestibolari di modo da prendere il
nervo appena fuoriesce dalla radice. Se siamo troppo in basso non prende, se siamo troppo in alto
anestetizziamo il naso.
INCISIVI INFERIORI: Inserire l’ago nella proiezione delle radici vestibolari leggermente sopra la loro fine, ma
orientandoci verso il basso, facendo una sottoperiostea. Si sta leggermente più alti per permettere alla
forza di gravità di far scendere l’anestetico nel punto giusto.
Nb:
AN. SOVRAPERIOSTEA: si sta sopra il periostio  si buca la mucosa, la sottomucosa e poi ci si parallelizza.
Serve per addormentare la zona dal punto di vista mucosa. Se la zona è abbastanza spongiosa serve un
minimo di penetrazione nell’osso spongioso sottostante. Non si usa in chirurgia e parodontologia. In
conservativa e endodonzia si può fare.
AN. ENDOPERIOSTEA: sotto il periostio  si punge con l’ago, ci si parallelizza con l’osso per non rompere
l’ago, poi sempre mantenendone il contatto si sale e si inietta pochissimo perché risulta doloroso ->
preanestesia. Quando l’anestetico inizia a fare effetto si dà la seconda dose. Questa operazione va a
scollare il periostio, quindi meglio farla se siamo sicuri che poi il periostio andrebbe comunque scollato con
lo scollaperiostio per motivi chirurgici altrimenti darebbe molto fastidio al paziente nei giorni successivi.
CANINI E PREMOLARI: va cercata la fossa canina -> si cerca la metà del canino distale, si sale 4-5 cm e lì
iniettiamo.
POSTERIORI:
NERVO ALVEOLARE POST SUP: cerchiamo la porzione distale del 7°, incliniamo di 45° e saliamo di 5 cm. Non
si deve andare sottoperiostei. Va a anestetizzare dall’ottavo al sesto, poco il quinto, ma tutti nella sola
componente vestibolare. Per la componente palatina facciamo delle plessiche relative ai denti interessati.
Si usa in endodonzia e chirurgia. Non ha una lunga durata.
NERVO ALVEOLARE INFERIORE: anestetizza dall’ottavo al quinto, poco il quarto. Dobbiamo cercare con un
dito la branca ascendente della mandibola, immaginarne i confini e tracciare nella mente due linee
diagonali che la attraversano  l’ago va inserito nel punto in cui le due linee si incontrano o, meglio ancora,
poco più in alto, così la forza di gravità permetterà al liquido di scendere e coprire i nervi interessati.
Ricordarsi che il nervo alveolare inferiore è protetto nella sua zona anteriore dalla spina dello Spix e che per
l’anestesia si entra con l’ago controlaterali alla zona da anestetizzare (entrare da dx per pungere a sx ). Dato
che la zona è ricca di muscoli, scegliere un ago rigido di modo che non venga deviato. Se iniettiamo più
indietro prendiamo anche il nervo buccale.
CANINO INCLUSO: NERVO NASO PALATINO: Circa a 0,5 cm dalla papilla interincisiva iniettare massimo 0,5
cc di anestetico (sennò si rischia la necrosi). Si fa per l’aggancio chirurgico- ortodontico di canini inclusi.
GUANCIA: nervo buccale -> si sfiocca al livello del sesto, quindi pungere sotto il sesto, andare indietro verso
l’ottavo e iniettare. Per interventi di tipo mucoso sulla guancia.
Nervo MENTONIERO: siamo a livello dei premolari inferiori, si scende di circa 2 cm
Nervo PALATINO MAGGIORE: entrare subito dopo la fuoriuscita del nervo dall’omonimo foro che si trova
circa 1 cm davanti al margine posteriore del palato in corrispondenza del secondo molare. La direzione
dell’ago deve essere il più possibile verticale e verso l’esterno. Iniettare massimo 0,5 cc. Addormenta tutto
l’emi-palato.

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chirurgia orale (lezione 13-11)

Nervo LINGUALE: decorre vestibolarmente al pavimento dal quarto all’ottavo. Entrare distalmente tra il
settimo e l’ottavo stando entro 1 cm di distanza.

Lezione 27/11/2017
OTTURAZIONE RETROGRADA
L’otturazione retrograda, viene fatta dalla parte apicale, e si fa quando il canale
dentale che dobbiamo apicectomizzare è stato otturato con materiali che sono
andati a contatto con l’osso che si formerà dopo l’apicectomia. Quindi non ci deve
essere un contatto, ma ci deve essere quindi tra la dentina che circonda la radice e
la polpa canalare, un materiale che può essere soggetto a totale o parziale
riassorbimento. Il materiale più soggetto a riassorbimento che viene utilizzato è a
base di OSSIDO DI ZINCO EUGENOLO (Cementi canalari). Il materiale più indicato per
fare questo trattamento, è la guttaperca condensata a caldo. È un ottimo materiale
sia per quanto riguarda il sigillo, sia perché è un materiale che non dà luogo a
processi a reazioni infiammatorie. I cementi canalari non danno risultati migliori
rispetto all’otturazione con guttaperca.
Quindi perché si fa l’otturazione retrograda? Si fa perché non vogliamo che ci sia un
contatto tra la dentina pericanalare e l’osso neoformato, altrimenti si potrebbe
avere una reazione infiammatoria cronica, ovvero L’OSTEITE. L’osteite non torna
indietro con nessun tipo di trattamento farmacologico, regredisce solo con
l’intervento chirurgico. Generalmente l’otturazione retrograda con guttaperca
condensata a caldo, non dà nessun tipo di reazione. Potrebbe dare una reazione
quando si è lasciato a contatto con la zona che è in guarigione ossea del tessuto
peritubulare infetto.
Quando non si fa l’otturazione retrograda? Non si fa quando:
• Abbiamo sigillato con guttaperca e ossifosfato (che non è riassorbile). In questo
caso andiamo a fare la “Specilazzione del moncone”: una volta rifinito il margine
dell’apicectomia, prendiamo la punta dello specillo e se non troviamo soluzioni di
continuo ed il taglio dell’apicectomia è un taglio integro, possiamo anche non fare
l’otturazione retrograda. Quindi meno materiale mettiamo nel nostro corpo, meglio
è. Quindi da questo si deduce che bisogna fare l’otturazione retrograda solo se
strettamente necessario.
N.B.  per fare una corretta otturazione retrograda, bisogna assolutamente fare un
ottima terapia canalare.

TECNICA CHIRURGICA DELL’APICECTOMIA


Per prima cosa dobbiamo fare un incisione del lembo e successivamente procedere
allo scollamento del lembo. In questo caso bisogna fare uno scollamento
mucoperiosteo (Si scolla in un colpo solo periostio, mucosa e sottomucosa). Si fa
questo scollamento, perché bisogna arrivare il prima possibile e nella maniera meno
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chirurgia orale (lezione 13-11)

traumatica possibile fino all’osso. La fase successiva allo scollamento è la


Scheletrizzazione (Abbiamo messo in evidenza la porzione di osso che ci interessa).
Successivamente si farà l’osteotomia, reperimento dell’apice, isolamento della
lesione, resezione apicale, curettage (si utilizzano frese da turbina multilama),
specilazzione del moncone, eventuale preparazione della cavità, otturazione
retrograda, toilette chirurgica (acqua, soluzione fisiologica e soluzione antibiotica) e
sutura.
Una volta reperita la lesione granulomatosa, tolgo via prima l’apice. Una fase
importante è quella del CLIVAGGIO, che consiste nello scollare dalla parete il
tessuto, entrando da sotto tramite un apposito strumento. Se la lesione non viene
via, continuo a scollare da sotto. Fondamentale nella rimozione della lesione (cisti o
granuloma) togliere solo la lesione e lasciare le cellule, quindi l’osso sano, in quanto
questo ci aiuterà nella formazione di nuovo osso con le giuste caratteristiche che ci
potrebbero servire in caso di trattamento implantologici.
Per fare tutto ciò è utile usare occhiali ingranditori perché stiamo lavorando in spazi
molto piccoli e ristetti di circa 3-4 mm.
TERAPIA POST-OPERATORIA:
 Dieta liquida e fredda per 24h
 Riposo fisico e funzionale
 Dieta semisolida per 7giorni circa.
 Freddo locale per ½ h alterne
 Primo controllo dopo 3 giorni.
 Secondo controllo dopo 7 giorni.

TERAPIA FARMACOLOGICA:
 Antiinfiammatori non steroidei.
 Antibiotici a largo spettro.
 Antiedemigeni .
 Analgesici al bisogno.
 Antiemorragici al bisogno.
 Disinfettanti del cavo orale.
COMPLICANZE:
 Lesioni nervose
 Lesioni vascolari

19
chirurgia orale (lezione 13-11)

 Lesioni ossee, vengono fatte soprattutto quando si usano male gli strumenti.
 Lesioni Mucose, può farla anche l’assistente, andando a comprimere il lembo.
COMPLICANZE POST-OPERATORIE:
 Dolore.
 Emorragia.
 Edema grave (Ananase, farmaco che va dato a stomaco vuoto. È un farmaco
antiedemigeno).
 Enfisema sottomucoso causato dall’operatore.
 Enfisema sottomucoso dovuto a batteri.
 Infezioni.
 Neuriti.

CISTI
La cisti dentaria è una cavità patologica ben circoscritta, normalmente provvista di
un epitelio di rivestimento ed infarcita di fluido sieroso, mucoso o gassoso.
Le cisti dentarie non rivestite (prive di capsula) sono denominate pseudocisti,
mentre quelle ripiene di pus sono considerate ascessi dentali.
Molto simile al granuloma, la cisti dentale è una complicanza tipica della necrosi
pulpare, a sua volta indotta da traumi, carie profonde o pulpiti. Esistono
numerosissime varianti di cisti dentarie, distinte sia in base alla natura del contenuto
sia alla sede precisa da cui originano.
Secondo una macroclassificazione le cisti si distinguono in:
1) CISTI ODONTOGENE
2) CISTI NON ODONTOGENE.
Le cisti odontogene a loro volta possono essere distinte in:
1) RADICOLARI, a loro volta distinte in:
 Apicali
 Laterali
 Residue
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chirurgia orale (lezione 13-11)

2) FOLLICOLARI.

Le cisti non odontogene invece si distinguono in:


1) EMORRAGICHE
2) EPIDERMOIDI
3) FISSURALI, a sua volta distinte in:
 Globulo-mascellari
 Mediane
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chirurgia orale (lezione 13-11)

 Naso-palatine
 Naso-alveolari.

Le CISTI ODONTOGENE, sono delle neoformazioni benigne delle ossa mascellari,


quindi non metastatizzano. Caratteristiche “specifiche” delle cisti odontogene:
 Sono a lento accrescimento.
 Tendono alla cavitazione centrale.
 Sono generalmente tondeggianti od ovali.
 Il contenuto interno è liquido generalmente si tratta di cristalli di colesterina
contenuti in un liquido amorfo iperproteico, ricco di cellule di sfaldamento.
Altre volte più raramente, il contenuto interno assume caratteristiche diverse per
colore, consistenza, odore e caratteristiche morfologiche. Questo cambiamento può
essere dovuto a diverse patologie concomitanti.
Le cisti sono fornite di:
 Parete fibro-connettivale esterna.
 Parete epiteliale interna (epitelio pluristratificato secernente).
La crescita è CONTINUA. Tende ad invadere e comprimere le strutture circostanti
come i seni mascellari, il pavimento delle fosse nasali (perché sono strutture vuote
internamente), il palato duro ed il ramo della mandibola (perché sono formati da
osso esterno duro ed un osso intermedio di tipo spongioso, che viene invaso).
Il contenuto liquido può assumere caratteristiche fisico-chimiche diverse in rapporto
alla tipologia istologica della lesione e alle complicanze cui la medesima lesione può
andare incontro. Il liquido di una cisti generalmente è SIEROSO, ma a volte può
essere:
 Siero-ematico
 Mucoide
 Muco-purulento
 Francamente purulento (batteri piogeni)
 Caseoso (batteri tipici della TBC). In questo caso spesso facendo l’esame
colturale esce fuori il Bacillo di Koch.

CISTI RADICOLARI
Con il termine di cisti radicolare, si definisce una lesione infiammatoria di aspetto
cistico a carattere cronico dei tessuti periapicali del dente (osso alveolare e
legamento parodontale) che si origina come conseguenza di patologie infettive o
degenerative dei tessuti interni del dente da cui si sviluppa. Si tratta della forma più
comune di patologia cistica delle ossa mascellari, e colpisce più frequentemente tra i

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chirurgia orale (lezione 13-11)

trenta ed i cinquant'anni di età. La patologia usualmente rimane per lungo tempo


asintomatica ed è quindi tipicamente diagnosticabile solo tramite un esame
radiografico. La terapia di scelta in caso di lesione di dimensione limitata è il
trattamento endodontico del dente responsabile, mentre nei casi in cui la cisti abbia
raggiunto dimensioni notevoli, si ricorre abitualmente alla chirurgia

Le cisti radicolari si distinguono in (Secondo la classificazione del Thoma):


 CISTI RADICOLARI APICALI, quando la lesione si trova in rapporto con gli apici
radicolari del dente origine dell'infezione. Si tratta della tipologia di gran lunga
più frequente.
 CISTI LATERO-RADICOLARI (Paradentali), la lesione è posta sul lato di una
radice di un dente affetto da patologia.
 CISTI RADICOLARI RESIDUE, la lesione si è sviluppata in rapporto alla radice di
un dente affetto da patologia, che poi è stato estratto o perso, e quindi non è
più presente come causa. Questo può comportare in alcuni casi la
permanenza e lo sviluppo della cisti anche in assenza dello stimolo
infiammatorio.
Le cisti radicolari sono espressione di un processo infiammatorio cronico, periapicale,
con caratteristiche produttive in un dente a polpa necrotica.
Eziologia: La causa di gran lunga più comune per la formazione di una cisti radicolare
è infettiva. I responsabili sono quindi batteri, loro tossine e prodotti del
metabolismo batterico, che possono raggiungere i tessuti periapicali (legamento
parodontale ed osso alveolare) attraverso i canali interni del dente,
precedentemente interessati da patologia infettiva cronica (pulpite), o da necrosi
totale.
Patogenesi: l processo di formazione della lesione non è ancora stato
completamente chiarito, ma viene usualmente diviso in tre fasi:
 una prima fase proliferativa, che riguarda lo sviluppo delle cellule epiteliali,
 una seconda fase di organizzazione della lesione in forma cistica,
 una fase di crescita.
Tra le cellule tipiche del sistema immunitario e le fibre connettivali che compongono
la struttura del tessuto di granulazione delle lesioni periapicali croniche si possono
rinvenire piccole isole di cellule epiteliali, presenti anche nel normale legamento
parodontale dei denti sani, detti "residui del Malassez", considerati rimanenze dei
tessuti implicati nel processo embriogenetico di formazione del dente. Questi
residui epiteliali, sotto lo stimolo di particolari mediatori liberati dai processi
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chirurgia orale (lezione 13-11)

infiammatori sostenuti dalla patologia dentale, si possono sviluppare in piccole


cavità rivestite da epitelio pluristratificato ripiene di liquido sieroso misto a cristalli
di colesterolo. Queste col tempo si potranno ampliare e riunire nel quadro cistico,
espandendosi progressivamente.

Quindi ricapitolando: stimoli di varia natura (meccanico-traumatici, chimici, fisici,


batterici), inducono la necrosi pulpare e da questa può o no aversi il granuloma
apicale. In presenza dei residui epiteliali del malassez, si può avere una cavitazione
centrale per confluenza di nidi cellulari epiteliali, che comincia a proliferare
all’interno del granuloma cistico, che evolverà in Cisti radicolare.
I residui epiteliali del Malassez restano quiescenti in condizioni fisiologiche, senza
alcun significato clinico. Qualora si verifichi una lesione endodontica, il processo
infiammatorio che ne deriva può indurre le cellule epiteliali alla Proliferazione. Si
forma cosi il cosiddetto “Nucleo di partenza” di una formazione cistica nel contesto
del granuloma.
N.B.  la cavitazione inizia nella parte interna, perché la necrosi inizia proprio in
quella zona, quindi non avremo più vasi che portano sostanze nutritizie in quella
zona.
Non è da trascurare una TENDENZA GENETICA (Rossi) ed un CONDIZIONAMENTO
IMMUNOLOGICO.
Complicanze: Una delle complicanze più comuni è l'empiema o infezione della cavità
cistica. In questo caso si avranno le tipiche manifestazione legate ad un'infezione
acuta, difficilmente distinguibili da quelle di un semplice ascesso alveolare, con
dolore, tumefazione e rialzo della temperatura corporea. Si può avere fistolizzazione
nel cavo orale o, più raramente, a livello della cute facciale.
Meccanismo di accrescimento:
 COALESCENZA, tra microcisti contigue
 AUMENTO DELLA PRESSIONE OSMOTICA ed ONCOTICA all’interno della
cavità. Questo aumento delle pressioni è ritenuto il fattore più probabile
dell’aumento di volume della neoformazione.
Il progressivo riassorbimento dell’osso circostante è imputabile al FATTORE DI
ATTIVAZIONE OSTEOCLASTICO, rilasciato da prostaglandine (perché intorno c’è
infiammazione) e da una interazione infiammatoria tra macrofagi e linfociti presenti
nella parete cistica.
Le cisti radicolari sono spesso silenti e il reperto è occasionale, magari in corso di
esami clinici/radiologici eseguiti per altri motivi.

La cisti radicolare spesso provoca (quando diventa abbastanza grande):


 Deformazione ossea
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chirurgia orale (lezione 13-11)

 Fistolizzazione
 Lieve dolore o dolorabilità (soprattutto quando va a comprimere un nervo, ma
questo avviene molto lentamente. Può essere messo in diagnosi differenziale
con una neoplasia maligna, che invece comprime il nervo, quindi si accresce,
in maniera molto veloce).
 Infezione. Se c’è infezione può esserci:
 Dolore
 Spostamenti dentali.
 Compromissione nervose con ipoestesia, parestesia, iperestesia e
nevralgia.
Processo di deformazione ossea: Inizialmente la parete ossea è dura, poi diventa
pergamenacea, poi fluttuante e infine, ma non sempre, infetta.

CISTI FOLLICOLARI
Le cisti follicolari sono neoformazioni derivate dalla degenerazione cistica della
porzione pericoronarica del follicolo o sacco embrionale nell’epoca embriologica in
cui il dente si trova nello stadio del follicolo.
La cisti follicolare si sviluppa intorno alla corona di un dente che rimane incluso per
l’accumulo di fluido tra l’epitelio ridotto dello smalto e la superficie coronale del
dente.
Clinica delle cisti Follicolari:
 in genere sono asintomatiche.
 Vi è una persistenza di un dente deciduo dell’arcata.
 Mancata eruzione di un dente permanente
 Deformazione ossea.
 Necessari esami RX.

Altre cisti odontogene del mascellari (secondo classificazione di Thoma) sono:


1) CISTI PRIMORDIALI, manca il terzo molare in arcata, non contengono denti. al
posto del terzo molare inferiore.
2) CISTI DENTIGERE, si sviluppano in qualsiasi regione dei mascellari. C’è un
dente o abbozzo all’interno. Manca il dente in arcata.
3) CISTI MULTILOCULARI, rarissime. Coinvolge la regione del terzo molare
inferiore. La cavità è policistica, che la pone in diagnosi differenziale con

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chirurgia orale (lezione 13-11)

l’Amelobastoma (tumore maligno a malignità locale, non dà metastasi, ma si


accresce parecchio).
Dal punto di vista anatomo-patologico, non differiscono dalle cisti radicolari,
tranne per l’eventuale presenza di un dente o parte di esse all’interno.
CHERATOCISTI ODONTOGENA
Il tumore cheratocistico odontogeno o tumore odontogeno cheratosico (2%) è
una neoplasia benigna ad aspetto cistico delle ossa mascellari caratterizzata da
aggressività locale e tendenza a frequente recidiva. Origina dai residui del tessuto
epiteliale che partecipa alla formazione del dente (lamina dentale). Si presenta
come una lesione cistica uni- o multiloculare, a crescita invasiva, che tende ad
espandersi all'interno del tessuto osseo, inducendone il riassorbimento, fino ad
affiorare in superficie, deformandone i contorni. Inizialmente asintomatica, se
non individuata e trattata tende a manifestarsi con una sintomatologia legata al
processo di espansione, che comprende deformazione dell'osso interessato e dei
tessuti molli, dolore, spostamenti dentali, parestesie ed anestesia per
compressione di nervi. Può presentarsi con aspetto multiplo, e quando associata
a neoplasie cutanee ed anomalie scheletriche compone il quadro della sindrome
di Gorlin-Goltz. Il trattamento è principalmente chirurgico, e prevede
l'asportazione della lesione, seguita da un attento follow up a distanza.
Si sviluppa da residui epiteliali che derivano dalla Vestigia della lamina dentale.
È localizzata per lo più nella mandibola, più precisamente nella porzione
posteriore del corpo e nella branca ascendente, dove ha grande potenzialità di
accrescimento. Si può localizzare anche nel mascellare superiore.
Le recidive sono frequenti soprattutto nella forma paracheratinizzata che viene
considerata da alcuni autori come una neoplasia benigna a malignità locale.

CISTI RESIDUA
Si intende una cisti che è residuata nella sede in una pregressa avulsione dentaria
o sviluppatasi da un granuloma lasciato in situ dopo avulsione. Il quadro
istologico è perfettamente sovrapponibile a quello della cisti radicolare.

Chirurgia Orale 30/10/17 - BIOPSIA E LESIONI DEL CAVO ORALE

Caso Clinico 1: estrazione del 36


36 con una frattura e una comunicazione endodontico-paradontale, mobile. Il paziente viene per estrarre il
dente.
Quali sono le valutazioni cliniche e strumentali da fare?
Dobbiamo fare un'anamnesi sistemica e poi odontoiatrica. Capire quali problemi di salute odontoiatrici ha,
quali terapie sono in corso e infine capire qual'è il problema e la soluzione dal punto di vista odontoiatrico.
In questo caso potrebbe essere valutabile una conservazione dell'elemento ma sulla radiografia è visibile
una frattura sulla radice distale e quindi questo è un dente perso.
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chirurgia orale (lezione 13-11)

Come si toglie un dente?


In primis è necessaria un'indagine radiografica: serve a valutare l'anatomia del dente (ad es il numero di
radici) I rapporti di questi elementi dentari con altre strutture, se vi sono associate a questo dente altre
condizioni (granulomi, ascessi, neoformazioni..)

Tecniche di estrazione
Le tecniche di estrazione si dividono in due grandi tipi: semplici o complesse. Le estrazioni semplici
prevedono, dopo l'anestesia, la desmotomia ossia la separazione mediante sindesmotomo tra dente e
tessuto osseo, non di tutto il dente ma di una parte necessaria per ottenere un punto di clivaggio mediante
il quale la leva da mobilità al dente. Questa procedura è semplice in denti con una radice e meno semplice
in denti con più radici perchè il profilo di uscita del dente varia a seconda dell'anatomia radicolare. Nelle
estrazioni complesse, mediante varie tecniche semplifichiamo l'anatomia del dente per poter eseguire
l'estrazione: mediante la separazione delle radici dal dente o mediante l'elevazione di un lembo a spessore
totale*

*I lembi si distinguono tra:


 a spessore totale (vi è sia tessuto gengivale sia periostio sollevati e lo scollamento è sottoi
periosteo)
 a spessore parziale (vi è una separazione tra I due fogli che consente uno scorrimento del lembo ed
un accesso ad uno spazio virtuale tra I due)

In questo caso è stato realizzata una separazione delle due radici perchè un dente con una grossa carie
molto spesso quando si va ad estrarlo può causare una frattura indesiderata (ad esempio sotto il livello
osseo) e trasformare un'estrazione banale in un caso molto complesso.
Gli strumenti utilizzati sono stati I seguenti:
 siringa peripless per fare anestesia
 specchietto
 pinza da premolare inferiori*

*In questo caso per l'estrazione è stata scelta la pinza da premolari perchè andando a separare con una
turbina utilizzando una zekria chirurgica o una fresa diamantata o una fresa a carburo tungsteno, otteniamo
una parte distale e una mesiale.
Le pinze si distinguono tra superiori e inferiori. Quelle inferiori hanno angolatura a 90° e quelle superiori
sono solitamente dritte.

 sindesmotomo
 leva dritta (dimensioni medio-grandi)
 porta aghi
 cucchiaio alveolare
 forbici
 sutura**

**in questo caso è stata scelta la sutura a 3 zeri in seta che è uno dei materiali per suturare meno costoso,
più semplice da controllare nel decorso post operatorio, più predicibile perchè da più tempo utilizzato. Per
un'estrazione semplice va bene la seta avendo una tenuta importante e vantaggi rispetto agli altri materiali.
Un'altro materiale da sutura è Il vicryl che viene definito riassorbibile perchè ad un certo punto inizia a
sfaldarsi e per tanto alcune componenti all'interno dei tessuti vengono digerite (non avviene con la seta).
Vantaggi del vaycril: può essere tenuto in bocca per più tempo (15-20 giorni) rispetto alla seta perchè ha
una capacità di tenuta della placca inferiore (è un pò più pulito nel tempo rispetto alla seta che sebbene sia
cerata, dopo 5-7 giorni inizia a ricoprirsi di placca e può generare infezioni in una ferita in via di guarigione).

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chirurgia orale (lezione 13-11)

Le suture vengono classificate in monofilamento (vycril o seta) e multifilamento. Il monofilamento è più


fine e mantiene meno placca ma il grande svantaggio è che se si sutura con spessori molto sottili si rischia
di tagliare la gengiva; nel multifilamento, sebbene in genere si consiglia di fare suture non in tensione, un
pò di tensione è accettabile.
Caso 2: 48 incluso
il 48 appartiene alla classe dei denti del giudizio mandibolari che hanno una serie di problemi tra cui il
possibile rapporto con il nervo mandibolare visibile in trasparenza sulla radiografia.

Qual'è l'indicazioni all'estrazione dei 3 terzi molari? Sono denti che non sempre erompono nel cavo orale, a
seconda dello spazio disponibile, e che rimangono inclusi per un periodo variabile di tempo. L'eruzione di
questi elementi è attesa tra I 16 e I 24 anni ma possono anche rimanere inclusi per tutta la vita. Vi sono
diverse linee di pensiero riguardo I terzi molari, in america si preferisce all'età di 18 anni toglierli tutti e 4 in
anestesia generale indipendente dalle patologie che possono avere (disodontiasi, pericoronarite
infiammazione dei tessuti che genere una raccolta di tessuto infiammatorio ascessule ed è associata a
dolore, tumefazione, febbre...)

In questo caso l'indicazione all'estrazione era la pericoronarite anche se la paziente ha oltre 70 anni, ed
inoltre una difficoltà alla riabilitazione protesica della paziente alla quale mancavano premolari e molari. La
riabilitazione protesica prevedeva uno scheletrato inferiore data la ridotta disponibilità della paziente ed
essendo già portatrice di scheletrato nell'arcata superiore.

Un altro importante concetto sui terzi molari è che per toglierli quando sono in rapporto con il nervo è
necessario un ulteriore esame radiografico, ovvero la TC DentalScan o la TC ConeBeam. Nelle sezioni
sagittali è possibile vedere una pallina nera circondata dal dente: rappresenta il nervo alveolare inferiore o
nervo mandibolare (nervo sensitivo che da la sensibilità alla mandibola e al labbro inferiore, un ramo dopo
il nervo mentoniero da la sensibilità anche agli incisivi omolaterali e un pò anche a quelli controlaterali).
Il problema nell'estrazione del dente in questo caso è che con una manovra di lussazione o estrazione
sbagliata possiamo lesionare il nervo e poi dobbiamo gestire un paziente a cui non è mai scomparsa
l'anestesia. Esistono varie tecniche per l'estrazione dei terzi molari (non nominare la coronectomia
all'esame).
Per togliere è stato fatto un lembo a spessore totale, scollato, separate le radici ed estratto il dente (3
radici). La paziente non ha perso la sensibilità ed è guarita abbastanza bene. In seguito si prenderanno le
impronte e verrà realizzato lo scheletrato (È sconsigliato prendere impronte subito dopo l'estrazione per la
riabilitazione protesica).

Caso 3 - Ascesso mascellare


L'ascesso si distingue da flemmone ed empiema perchè è una cavità neoformata (possibile domanda di
esame: le differenze tra ascesso, flemmone, empiema).
L'ascesso è caratterizzato da una raccolta in uno spazio che normalmente non è presente, infatti un
sintomo classico è il gonfiore e all'esame obbiettivo è possibile vedere tumefazione.
In questo caso si ha ascesso per una radice residua. Sulla radiografia endorale l'ascesso non è visibile
all'interno dell'osso perchè lo spazio è neoformato e quindi non si vede, essendo presente solo nei tessuti
molli.
La terapia di un ascesso è la terapia antibiotica (l'antibiotico di prima scelta in un paziente non allergico è
l'amoxicillina + acido clavulanico a un dosaggio più alto del solito e una compressa ogni 8 ore cosicche
dopo 2 giorni fa effetto) associata a terapia infiammatoria. Dato che risolveremo il problema al paziente tra
2-3 giorni, il drenaggio può essere una soluzione utile.
Per drenare un ascesso del genere vi sono due tecniche:
 utilizzo della siringa per aspirare il contenuto
 incisione e si aspira (preferibile perchè si ha la certezza di svuotare l'ascesso. Inoltre per drenare un
ascesso non si fa l'anestesia dato che non possiamo farla all'interno - perchè peggioreremo la
situazione ascessuale - e farla intorno ha poco significato)

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chirurgia orale (lezione 13-11)

Nel controllo a 10 giorni di distanza si inizia a intravedere il residuo della radice. Questa estrazione
potrebbe sembrare semplice ma si rivela complessa perchè il residuo è anchilosato. I denti che hanno avuto
raccolte ascessuali sono di solito molto mobili quando è presente l'ascesso perchè il parodonto è sparito,
ma nel tempo in cui guarisce vi è un'anchilosi con il tessuto osso e per tanto richiede un lembo maggiore.
In questo caso sono state utilizzate le pinze da radici, sono pinze superiori a baionetta, dritte con una
protuberanza e una punta all'estremità; sono più per I denti posteriori.

Antibiotici
Vi è una grossa diatriba sul fatto se vadano utilizzati gli antibiotici in seguito ad estrazione di denti: la
società italiana di cardiologia consiglia di utilizzare antibiotici solo se è un paziente con valvole cardiache
artificiali o con storie di endocardite. L'antibiotico è consigliabile prescriverlo sempre quando si ha dubbio di
infezione, come ad esempio nel caso dell'estrazione di dente con una grossa carie dato che è possibile che I
batteri permangono nell'alveolo, per quanto sia prevista la revisione dell'alveolo dopo l'estrazione,
irrigazione con soluzione fisiologica e con antibiotico locale.
Caso - Abbiamo fatto 4 gruppi per cui in seguito all'estrazione di terzi molari:
1. non veniva prescritto antibiotico
2. veniva prescritto antibiotico
3. irrigata la zona con antibiotico locale
4. utilizzati entrambi antibiotici
La differenza è stata che I pazienti che sono stati peggio sono stati quelli a cui non è stato somministrato
alcun antibiotico.

Un'altro articolo americano con una casistica con più di 2,000 pazienti con osteite alveololare (complicanza
più temuta dopo l'estrazione di un dente) faceva notare che sia in pazienti che avevano avuto l'antibiotico
sia in pazienti a cui non era stato somministrato, l'osteite era presente in entrambi I casi. Il problema è che
non era stata presa in considerazione se I denti estratti fossero infetti o meno, quindi venivano estratti
denti con pericoronarite, o cariati o con ascesso e la somministrazione dell'antibiotico era casuale per
questo I risultati di questo articolo non possono essere considerati attendibili.

In seguito all'estrazione di terzi molari è utile la sutura essendovi lembi ampi per estrarli; il non utilizzo della
sutura può avere il suo significato per ridurre I costi di gestione dell'ambulatorio ma in realtà è fortemente
consigliato dare punti per I terzi molari.

Lesioni del cavo orale


Le lesioni del cavo orale per odontoiatri vengono distinte in lesioni benigne e maligne. Le linee guida più
affidabili sono quelle dei grandi centri dei tumori maligni che inseriscono I tumori del cavo orale tra quelli
Head and neck. I tumori vengono classificati in TMN in base all'infiltrazione del tessuto locale,
un'infiltrazione o meno dei linfonodi e la presenza o meno di metastasi; in base a questo vi sono diversi
stadi ed età di sopravvivenza.
 Per quando riguarda il tumore del labbro si ha - in base alla T - varie terapie che prevedono una
terapia chirurgica, una terapia adiuvante e una terapia neoadiuvante (queste all'esame non
vengono chieste). Maggiore è il grado di complessità e maggiore è il grado di terapia, e inferiore è
la prognosi.
 Cancro del cavo orale propriamente detto: vi sono vari stadi e in basi ai vari stadi vi sono diverse
terapie e complessità di trattamento.

In realtà il ruolo dell'odontoiatra in questi casi non è l'asportazione del tumore ma è prendersi cura degli
altri aspetti come carie, gengiviti, riabilitazione protesica, che in pazienti oncologici vengono sottovalutati. I
soggetti che guariscono peggio sono I pazienti immunocompromessi, I pazienti oncologici e I pazienti che
assumono bifosfonati.
 Caso 4. Sulla TC dentalscan - che era stata fatta per motivi implantari -è visibile un tumore del seno
mascellare e il paziente non metterà impianti.

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chirurgia orale (lezione 13-11)

 Caso 5. il paziente dopo l'estrazione del terzo molare ha avuto un'alveolite secca+, sulla TC frontale
del cranio è visibile una raccolta ascessuale. La terapia è stata chirurgica.

+ L'osteite alveolare o alveolite secca potrebbe essere classificata come una lesione infettiva del cavo orale
ed è sicuramente la complicanza peggiore che può capitare dopo l'estrazione del dente. È caratterizzata
dalla scomparsa del coagulo all'interno della ferita e la colonizzazione all'interno della ferita da parte di
batteri: I batteri si trovano a diretto contatto con il tessuto osseo, inducono una necrosi del tessuto osseo e
per tanto si raccoglie un tessuto maleodorante che è autoalimentate. Il dolore è persistente e resiste alla
terapia antiinfiammatoria. La terapia è chirurgica (e antibiotica): deve essere fatto un lembo, scollare,
pulire, rimuovere il tessuto osseo morto, assicurarsi che il coagulo si sia formato all'interno e che guarisca
per prima intenzione.
La causa dell'alveolite secca si pensa che sia o la scomparsa del coagulo e per tanto la colonizzazione
batterica o la colonizzazione batterica che determina la lisi del coagulo.

Caso 6. Osteite alveolare a causa micotica (non batterica). Il fungo più comune che colonizza il cavo orale è
la candida e dato che gli apici del dente erano in comunicazione con il seno mascellare, il paziente ha avuto
anche una sinusite micotica (rara).

Caso 7. Paziente di 60 anni che si presenta con lesioni ulcerative. Per le lesioni che non riscontrano una
causa grossa, la strategia è rimuovere I fattori che possono determinarle, aspettare 15 giorni e poi fare
biopsia: la paziente però muore dopo 7 giorni per leucemia mieloide acuta.
Molte patologie sistemiche si manifestano a volte come primo sintomo nel cavo orale.

Caso 8. Paziente giovane che si presenta con un grande ascesso di origine odontoiatrica. L'esame obbiettivo
prevede un'ispezione, palpazione e in alcuni casi percussione. In caso di ascesso di grandi dimensioni si può
manifestare un trisma, ovvero una riduzione della capacità di apertura della bocca da parte del paziente
dovuta al fatto che la raccolta ascessuale diventa sottoperiostea, inizia a infiltrare I tessuti muscolari e I
muscoli si contraggono. La terapia è la stessa di prima ma non potendo il paziente aprire la bocca per
drenare l'ascesso, viene fatto esternamente. In questo caso l'antibiotico intramuscolo è consigliato.

Lesioni rosse e bianche


Un'altra classificazione delle lesioni orali è in lesioni bianche e lesioni rosse. Quelle bianche si formano per
una modifica dei tessuti epiteliali (ipercheratosi ortocheratosi) che possono identificare o meno una causa.
La diagnosi viene fatta dopo aver rimosso la causa, aver atteso la regressione della lesione e la sua
scomparsa; la persistenza della lesione comporta la necessità di fare la biopsia.
 Il Lichen è una delle leucoplachie (senza una causa locale specifica) più comuni nel cavo orale, si
manifesta anche in altri distretti e la diagnosi è istologica. La terapia medica è differenziata e
variabile in base allo stadio del lichen, e prevede vari gradi di cortisonici FANS associati ad una
terapia anche fisica per evitare una sovrainfezione delle lesioni da lichen.
 La candidosi è un'altra grande causa di lesioni del cavo orale bianche, solitamente coinvolge
soggetti con difese immunitarie ridotte. La terapia è sintomatica e varia in base al paziente. Di
solito la biopsia non viene fatta.
Le lesioni rosse sono raggruppate all'interno dell'eritroplachia (e vale lo stesso per le lesioni bianche). Una
grossa componente ha un'eziologia alimentare, ovvero vi sono alimenti che in alcune persone possono
generare questo tipo di lesioni. I morsi sono un'altra grande componente. L'approccio prevede il
riconoscimento, la rimozione della causa eziologica e dopo 15 giorni la biopsia.

Tumori benigni del cavo orale


Il più importante tra I tumori benigni per rilevanza è l'ameloblastoma: è un tumore epiteliale benigno
estremamente invasivo a livello locale formato da ameloblasti che proliferano nello stroma fibroso.
Durante la sua rimozione è visibile un tessuto fibroso duro associato sempre a un dente e comunemente
l'ameloblastoma è associato a denti inclusi. La mandibola è più interessata rispetto al mascellare e la

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chirurgia orale (lezione 13-11)

mandibola posteriore anche di più. Questo tumore ha una capacità di recidiva anche a distanza di anni, o
anche più recidive. La terapia è chirurgica. Un'altra caratteristica dell'ameloblastoma rispetto alla cisti è che
non avendo una cavità contenente liquido ma solido, quando cresce sposta I denti.
Una cisti radicolare cresce prendendo l'impronta della zona in cui si trova, solitamente senza spostare I
denti, rispetto all'ameloblastoma che li sposta sempre. Un'altra caratteristica dell'ameloblastoma è che
determina il riassorbimento degli apici dei denti.
La terapia è chirurgica e prevede la rimozione di osso al cui interno si trova l'ameloblastoma.

Caso 9. è visibile la gemma del terzo molare completamente spostata. La diagnosi di solito sta tra I 30 e I 60
anni di età.

Caso 10. è presente l'ameloblastoma con erosione della corticale


vestibolare della mandibola.

Caso 11. Viene rilevata una macchia sulla radiografia sotto il nervo mandibolare, non legata a denti,
asintomatica e viene ignorata. Dopo 6 anni la macchia è sempre presente, alla palpazione vestibolare non si
rileva niente di particolare, viene fatta una TC ed è ben visibile una lesione nella corticale della mandibola
ed è diagnosticata come cisti di Stafne – ovvero una pseudocisti. La cisti di Stafne si forma da una
compressione della ghiandola sottomandibolare a livello neonatale nel corso della quale la mandibola non
essendo completamente mineralizzata, la ghiandola vi si appoggia e rimane un'impronta. Non è prevista
alcuna terapia. In letteratura sono descritti due casi di crescita della cisti di Stafne, quindi è consigliabile
ogni 5 anni rifare un esame radiografico.

Altre lesioni benigne odontoiatriche sono il tumore adenomatoide e il tumore epiteliale di pinborg.

Un'altra lesione più comune è l'odontoma: lesione caratterizzata da un sacco o sacchi follicolari al cui
interno sono presenti tanti piccoli denticoli di varie dimensioni. La diagnosi degli odontomi è giovanile, nei
pazienti pediatrici o fino ai 20 anni. La terapia è sempre chirurgica perchè essendo dei denti raccolti
all'interno di un follicolo possono crescere e infettarsi, e la loro rimozione può determinare danni. È difficile
distinguerli dall'osso, possono essere anchilosati e in alcuni casi impediscono l'eruzione del dente definitivo.

Altri tumori abbastanza rari sono il fibroma mesoplastico, fibrodentinoma e fibroodontoma.

Molto comune è il fibroma, ossia una lesione sui tessuti molli, mucosi o gengivali, che può essere
odontogena (dovuta a protesi mobili incongrue o morsi ripetuti del paziente) o non odontogena. La terapia
è l'escissione.

Il cementoma (definito anche cementoblastoma in base alle sue dimensioni) è associato a denti vitali ed è
asintomatico. Se dopo l'estrazione del dente permane, la rilevanza che ha è associata alla possibilità di
infezioni essendo un corpo estraneo nel tessuto osseo.

La cheratocisti è una cisti odontogena più frequente dell'ameloblastoma, comune nei ragazzi giovani (10-16
anni) o anche in età più avanzata di dimensioni maggiori, si trova associata a denti inclusi e ha una crescita
veloce ed aggressiva. La terapia è l'asportazione della cisti e in alcuni casi del dente incluso. Ha un grande
capacità di recidiva.

Gli osteomi e gli emangiomi sono degli altri tipi di lesioni associate a una causa comune: il trauma. Il trauma
determina una raccolta di sangue che può avvenire a livello sottoperiosteo, per cui si ha formazione di una
coagulo e la trasformazione di questo spazio virtuale in uno spazio nuovo mineralizzato. Un'altra genesi
dell'osteoma può essere associata alla sindrome di Gardner (il paziente presenta inoltre molteplici polipi
nel colon-retto e denti sovrannumerari). Un'altra genesi dell'osteoma è associata a denti: solitamente terzi

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chirurgia orale (lezione 13-11)

molari mandibolari e raggiunge dimensioni importanti. È consigliata in questi casi l'estrazione anche dei
settimi per evitare recidive.

L'emangioma o angioma semplice ha la stessa storia clinica, ossia un trauma, per cui a livello extraosseo o
della midollare ossea, si crea una formazione cavernosa molto vascolarizzata e associata a sanguinamento
frequente (in alcuni casi il paziente percepisce pulsazioni). La rimozione di queste lesioni dalla mandibola
comporta la trasformazione in un locus minoris resistentiae e quindi dopo l'intervento il paziente rimane a
riposo anche se sta bene. La terapia è chirurgica. La biopsia con ago aspirato rivela che il contenuto è
sangue e conferma l'ipotesi iniziale. Viene fatta una cavità per rimuoverlo. La rimozione di queste masse è
associata a un trattamento - quando sono extraossee - con il radiologo interventistico vascolare per
determinare una coagulazione del sangue all'interno della lesione e rimuoverla senza grandi
sanguinamenti. Quando sono a livello intraosseo si può effettuare una rimozione più ridotta ma è più
difficile portare un farmaco coagulante all'interno.

Un altro caso dell'angioma extraosseo sul labbro dato da morsi ripetuti viene fatto senza trattamento
coagulante, l'incisione si fa a losanga, l'escissione associata a strumenti monopolari per coagulare I vasi, è
realizzato un lembo parziale per chiudere la ferita e infine sutura in seta.

Biopsia
La biopsia prevede la rimozione di un tessuto e la sua analisi a carico di un anatomo patologo dedicato al
cavo orale. In chirurgia orale si trovano 3 tipi di biopsie:
 escissionali
 incisionali
 con ago aspirato
Procedura della biopsia escissionale: si effettua un'incisione che prevede la rimozione di tutta la lesione
all'interno di tessuto sano quando è sui tessuti molli; ciò che dobbiamo fornire all'anatomo patologo è del
tessuto sano oltre al tessuto della lesione in modo da poter paragonare I due tessuti.
La biopsia incisionale si fa nei casi in cui non possiamo asportare tutta la lesione o non conosciamo la
natura della lesione. Possiamo rimuovere un frammento di tessuto lesionato e un frammento di tessuto
sano.

Immagine: strie di Wickham di un lichen , si fa la biopsia dopo 15 giorni dalla rimozione dei fattori che
possono favorire la lesione (alcol e fumo)
Immagine: Glossite romboide mediana, no biopsia
Immagine: Lesioni da morso di un ottavo superiore mesioinclinato (durante la chiusura delle arcate la
guancia si porta tra l'ottavo e l'antagonista), la terapia prevede o l'estrazione del dente o un molaggio
selettivo delle cuspidi.

Biopsia con ago aspirato: è simile a una biopsia incisionale, ovvero si fa quando non siamo sicuri sulla
natura lesione e vogliamo conoscere il contenuto della lesione. Il contenuto può essere:
 cellule: cheratocisti
 essudato infiammatorio o purulento: ascesso
 sangue: angioma
 saliva: ranula (raccolta salivare all'interno della ghiandola sublinguale e pertanto un suo
rigonfiamento)

Caso: paziente di 75 anni in terapia con anticoagulanti, è programmata l'estrazione di 47 e 48 per motivi
protesici. Si decide di estrarre prima il 48 per evitare sanguinamenti eccessivi, torna dopo 7 giorni e viene
fatta una panoramica: nella sede dove è stato estratto 48 è presente una erosione ossea. Viene fatta subito
la biospia e la risposta è carcinoma a cellule renali chiare: la paziente ha un tumore al III stadio renale che
come prima manifestazione ha dato una metastasi su una sede di un alveolo di un dente estratto.

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chirurgia orale (lezione 13-11)

Possono essere utilizzati dei composti (blu di toluidina) per fare la biopsia perchè evidenziano la sede di
maggior mitosi cellulare.

Il problema più comune nelle biopsie è la non-corrispondenza: l'anatomo patologo non evidenzia nessuna
lesione in seguito a biopsia e invece si tratta di una lesione, oppure il contrario . Il problema sta nella
formazione non specifica dell'anatomo patologo ma anche perchè spesso la sede del prelievo è sbagliata o
limitata alla lesione.

Cisti radicolare di origine endodontica


Caso: Paziente di 80 anni con riferito trauma all'età di 30 anni e terapia canalare del 41 e capsula (gli altri 3
denti permangono necrotici: si forma un granuloma apicale). In 50 anni avviene la trasformazione del
granuloma in cisti. La terapia prevede la terapia canalare degli elementi necrotici, opzionale la terapia del
41, l'asportazione della lesione e apicectomia* dei 4 elementi dentali.

* La strumentazione per fare l'apicetomia è quella classica della chirurgia orale con grande giovamento
negli ultimi anni con l'introduzione di metodiche ultrasoniche piezochirurgiche per fare la cavità retrograda
nelle radici.
Alla domanda all'esame “procedure cliniche dell'apicetomia” non dire che l'osteotomia si fa con gli
ultrasuoni.

Lembi
 a spessore totale
 a spessore paziale
Un altro aspetto da considerare sui lembi riguarda l'incisione che può essere:
 marginale
 paramarginale
I vantaggi dell'incisione marginale sono che la cicatrice rimane all'interno della gengiva cheratinizzata ed è
consentito un accesso facile alla radice dei denti; il grosso problema è la sutura che se non è perfetta
determina recessione. Nel caso dell'incisione marginale la sutura si rimuove quando la ferita è guarita dato
che la guarigione delle ferite dipende dalla mobilità del lembo, dalla presenza del coagulo e dal paziente
(età). (in questo caso si può utilizzare il vicryl per la sutura)
I vantaggi dell'incisione paramarginale derivano dal fatto che l'incisione viene fatta in gengiva
cheratinizzata, a distanza dalla profondità di sondaggio del dente e almeno 1 mm dalla linea
mucogengivale. L'incisione paramarginale è consigliabile farla quando è presente molta gengiva.

Una incisione vecchia scuola era quella semilunare che prevedeva di farla solo nella mucosa alveolare:
procedura poco invasiva ma permane la cicatrice.
Nelle incisioni in mucosa alveolare le cicatrici sono visibili invece un'incisione in gengiva cheratinizzata
guarisce molto favorevolmente, soprattutto se viene fatta un'incisione microchirurgica o un'incisione con
un bisello esterno.

Caso: paziente con cisti radicolare di origine endodontica abbastanza significativa a carico di 11 12 13 e una
più piccola a carico del 23. La terapia prevede trattamento canalare e ritrattamento di questi denti, lembo a
incisione marginale, asportazione della cisti, apicectomia retrograda.

Terapia Anticoagulante
Le terapie dei pazienti che assumono anticoagulanti e antiaggreganti, possono essere divise in primarie e
secondarie. La terapia primaria è rappresentata dal paziente ultrasessantenne che non ha nessun problema
cardiaco o vascolare, che fuma, è in sovrappeso e quindi ha tutti I fattori di rischio per l'infarto, e quindi
assume per prevenzione l'aspirina. Questi pazienti in seguito a estrazioni sanguinano in maniera normale. Il

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chirurgia orale (lezione 13-11)

paziente In terapia secondaria è il paziente che ha già avuto problemi di salute (infarti, ictus, placche) e
quindi è in terapia antiaggregante e anticoagulante.
Il farmaco di elezione per la terapia antiaggregante è l'aspirina o la cardioaspirina. Il secondo farmaco è
copidogrel.
Altri farmaci che prevedono la terapia anticoagulante sono I “vecchi” anticoagulanti: walfarin, cumadin;
hanno la capacità di ridurre la densità del sangue e quindi ridurre la formazione di trombi.
Esistono dei nuovi anticoagulanti orali che hanno effetto anticoagulante ma l'emivita di un giorno: se un
paziente lo sospende per un giorno, il giorno successivo non ha l'effetto anticoagulante. Il warfarin e il
cumadin hanno un effetto anticoagulante legato alla vita delle piastrine, 8-12 giorni, pertanto se si
decidesse di sospendere questi farmaci dovrebbero trascorrere almeno 12 giorni. Il vantaggio che deriva
dalla sospensione della terapia è un ridotto sanguinamento: in realtà in odontoiatria il sanguinamento non
è di vasi terminali ma è solitamente tessutale quindi per fare la chirurgia orale di solito non si sospendono
questi farmaci.
Consigli:
 Per estrarre un dente → Non sospendere
 Per l'estrazione di un dente complesso → Non sospendere
 Per l'estrazione di un terzo molare → Non sospendere
 Per innesti di osso a blocco o rialzi di seno → possibile sospensione
 Pazienti che fanno terapia primaria → possibile sospensione
 Pazienti che fanno terapia secondaria → non sospendere
Con I nuovi anticoagulanti orali il problema è minore perchè sospendendolo il giorno prima, già la sera
dell'intervento si potrebbe anche riniziare a prenderlo.
All'esame NON dire che si sospendono gli anticoagulanti e gli antiaggreganti.

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