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Gastroenterologia #2 – Passaretti e Albarello – Malattia da reflusso gastro-esofageo V: 1 1/14

Gastroenterologia #2 – 29 settembre 2015 e 5 ottobre 2015

Prof. Sandro Passaretti e Luca Albarello – Malattia da Reflusso Gastro-esofageo


S: Marco Toto Brocchi R: Sara Corradetti

PARTE I (S. PASSARETTI)

1 – CARATTERISTICHE
La malattia da reflusso gastro-esofageo (GERD/GORD o MRGE) è molto diffusa. È importante, come
medici, essere in grado di riconoscerla ed affrontarla poiché, pur non essendo una malattia particolarmente
complessa, può portare a conseguenze anche piuttosto serie.

La malattia da reflusso gastro-esofageo è definita come una condizione che si sviluppa quando un reflusso di
contenuto gastrico causa sintomi fastidiosi o complicanze. Tale definizione risale al 2006 ma è, ad oggi,
ancora valida. Quando si parla di contenuto gastrico ci si può riferire ad acido e cibo, ma anche a sali biliari,
lisolecitina ed enzimi pancreatici, perché ci potrebbe essere un reflusso duodeno-gastrico che precede quello
gastro-esofageo. Tra un reflusso di tipo acido e un reflusso misto di acido e bile è certamente più dannoso il
secondo, perché la bile con la sua azione tensioattiva (emulsiona i grassi) rimuove in qualche modo lo strato
superficiale protettivo, lasciando la mucosa direttamente esposta all’insulto dell’acido.

In realtà un certo numero di reflussi al giorno è fisiologico. La malattia da reflusso gastro-esofageo si


instaura quando l’azione lesiva del materiale che refluisce dallo stomaco, o eventualmente dal duodeno,
riesce a superare le capacità difensive della mucosa esofagea.
Le capacità difensive della mucosa esofagea sono:
• La clearance, ossia la capacità di autopulirsi;
• Un buon circolo ematico, in quanto gli idrogenioni che penetrano nella mucosa vengono rapidamente
portati via dal flusso sanguigno sottomucoso;
• La saliva che, avendo 7 < pH < 8, ha azione alcalinizzante sulla mucosa esofagea; masticando
chewing gum, per esempio, si aumenta la produzione di saliva andando a contrastare il reflusso acido
(anche quello fisiologico). È vero che la saliva non è prodotta direttamente dall’esofago, ma è
estremamente importante per la sua protezione. La notte, infatti, essendo l’attività deglutitiva ridotta,
è un momento particolarmente rischioso in un paziente con MRGE.

Dunque il reflusso è un fenomeno fisiologico; la malattia si instaura nel momento in cui l’azione lesiva
supera le capacità difensive.
I tre punti cardine di questa capacità lesiva, responsabili quindi dell’insorgenza della patologia, sono:
• La capacità lesiva del materiale refluito;
• Il tempo di contatto del materiale refluito con la mucosa esofagea;
• La resistenza della mucosa. Può essere che a parità di reflusso un soggetto sia perfettamente sano,
mentre un altro sviluppi un’erosione, perché le singole mucose hanno resistenze differenti;
nonostante ciò non siamo ancora in grado né di misurare questa resistenza né di correggerla
farmacologicamente.

2 - EPIDEMIOLOGIA
Si tratta di una malattia con altissima prevalenza.
La tabella mostra i dati americani, ma quelli italiani
non sono molto differenti: intorno al 10% della
popolazione riferisce episodi di pirosi con una certa
frequenza.
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Il grafico mostra l’andamento di MRGE, ulcera


gastrica e ulcera duodenale negli anni.
Si nota come, in seguito all’eradicazione sempre
maggiore di Helicobacter Pylori, l’incidenza di
ulcera gastrica e ulcera duodenale vada
progressivamente diminuendo, mentre l’incidenza
della malattia da reflusso tende ad aumentare.
La cosa più preoccupante è come l’incidenza di
adenocarcinoma nel corso degli anni segua un
andamento parallelo a quello della malattia da
reflusso, evidenziando una correlazione
importante tra le due condizioni.

In uno studio non recentissimo, effettuato nei paesi scandinavi, si è andati ad esaminare le cartelle di tutti i
pazienti morti di tumore all’esofago, prestando particolare attenzione alla presenza o meno di una storia di
reflusso. Si è visto che nei pazienti con MRGE sintomatica e, in particolare, quelli che presentavano anche
reflusso notturno, la frequenza di adenocarcinoma esofageo aumentava in maniera considerevole rispetto ai
pazienti che non presentavano sintomi da MRGE.
Questa considerazione è una dimostrazione del fatto che è estremamente importante gestire il problema in
modo corretto per evitare le sgradevoli complicanze. Gestire il problema in modo corretto implica sottoporre
il paziente alle indagini consone per scoprire l’eziologia del disturbo e trattarlo di conseguenza. Sembra
banale ma, ad oggi, spesso questo schema d’azione non viene seguito: si pensi che gli inibitori di pompa
protonica, spesso utilizzati per trattare la MRGE anche quando non servono, hanno un costo pari allo 0,07%
del PIL italiano.

3 - EZIOPATOGENESI
La malattia da reflusso è solitamente una malattia multifattoriale.
I principali fattori eziologici sono:
• La resistenza della mucosa, che come già detto purtroppo non è misurabile nè correggibile;
• L’incompetenza dello sfintere esofageo inferiore (LES);
• L’alterato clearing;
• Alcuni fattori gastrici.

3.1 – INCOMPETENZA DEL LES


L’incompetenza del LES potrebbe essere dovuta a:
1. Sfintere ipoteso;
2. Sfintere troppo corto (lunghezza normale ≈ 4 cm);
3. Presenza di rilasciamenti transitori del LES (o transient relaxation of the lower esophageal sphincter
– TRLES), che non sono associati a deglutizione.

Si è già detto che il LES ha, in condizioni di riposo,


una pressione basale data dalla muscolatura liscia,
costituita da cellule specializzate che anche a riposo
presentano un tono basale. Se lo sfintere è ipoteso,
ossia questo tono basale è più basso del suo valore
fisiologico, avrà una resistenza ridotta e, di
conseguenza, sarà meno efficace nell’impedire il
reflusso. Allo stesso modo uno sfintere troppo corto
avrà una capacità di contenimento ridotta. Possono
avere un certo peso anche tutte quelle sostanze che
vanno ad agire sul tono del LES e che sono elencate
nella figura a destra.
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Molto importanti sono, inoltre, i rilasciamenti transitori. Si è detto che all’atto della deglutizione, si genera
un’onda peristaltica che si propaga oro-aboralmente e contemporaneamente il LES si rilassa; quando il LES
si apre espone l’esofago al reflusso. In questa condizione è possibile che del materiale acido refluisca
nell’esofago; tuttavia, essendoci un’onda motoria proveniente dall’alto, l’eventuale acido viene subito
clearato. Se invece si avesse un rilasciamento non associato a deglutizione, come accade nel caso del
TRLES, potrebbe succedere che il LES si rilascia, ma l’onda motoria parte alcuni secondi dopo (circa 20-30
secondi), durante i quali il reflusso acido è libero di risalire l’esofago. Il refluito acido rimane a contatto con
le pareti dell’esofago fino a quando non viene clearato con le successive deglutizioni.
I rilasciamenti transitori sono responsabili dei reflussi fisiologicamente presenti in ogni soggetto e possono
essere scatenati da due fattori:
• Micro-deglutizioni, più frequenti nel post-prandio;
• Distensione del fondo gastrico: il motivo per cui si sconsiglia ai pazienti affetti da reflusso di bere
bevande gasate è che queste distendono il fondo dello stomaco.
Quindi, i rilasciamenti transitori saranno certamente più frequenti nel periodo post prandiale.
I rilasciamenti transitori vanno dunque a causare i reflussi fisiologici ma, quando a questi si associa uno
sfintere ipoteso o troppo corto, la condizione può aggravarsi e generare la malattia da reflusso.

Esiste anche un quarto fattore che è corretto definire


come concausa più che come una causa vera e
propria di incompetenza del LES: l’ernia iatale.
L’ernia iatale è quella condizione in cui una parte di
stomaco è risalita attraverso lo iato esofageo del
diaframma; in questa condizione il LES non si trova
più a cavallo del diaframma, ma all’interno del
torace. Normalmente (immagine in alto), il fatto che
il LES sia a cavallo del diaframma fa in modo che i
pilastri del diaframma stesso durante la respirazione
rinforzino lo sfintere, fungendo quasi da “sfintere
esterno”. Quando si ha, invece, una dissociazione di
queste due strutture anatomiche, come nel caso
dell’ernia iatale (immagine in basso), si avranno due
pressioni, ma molto più basse: la capacità contenitiva
potrebbe quindi essere ridotta. Dunque, l’ernia iatale
può peggiorare la malattia da reflusso; ciononostante
esistono pazienti con ernia iatale che non hanno
MRGE, così come esistono pazienti con MRGE che
non hanno ernia iatale.

NB: Spesso nei referti endoscopici si legge “piccola ernia iatale da scivolamento”; bisogna però tenere in
considerazione il fatto che la procedura endoscopica richiede che si vada a gonfiare lo stomaco in modo da
farlo distendere (normalmente il sacco gastrico è un sacco virtuale, collabisce); come conseguenza di ciò
può succedere che la mucosa gastrica risalga leggermente. In questi casi è discutibile se sia lecito o meno
parlare di ernia iatale, in quanto si tratta di una situazione assolutamente non fisiologica. Il vero sistema per
fare diagnosi di ernia iatale è l’esame radiologico, con il quale si riesce a valutare la presenza di ernia ed
eventualmente le dimensioni di quest’ultima.

3.2 – ALTERATO CLEARING


L’alterato clearing esofageo può essere ricondotto a difetti della peristalsi o della salivazione.
Si è detto quanto sia fondamentale la corretta propagazione dell’onda motoria perché si abbia un corretto
clearing dell’esofago. Ci sono delle patologie che possono andare a colpire a questo livello: la sclerodermia
(o sclerosi sistemica progressiva), ad esempio, portando ad un’alterazione delle funzioni motorie della
muscolatura liscia, potrebbe alterare il clearing; anche la motilità esofagea inefficace (o Ineffective
Esophageal Motility o IEM) potrebbe andare a compromettere la fisiologica attività di pulizia dell’esofago.
Un ruolo importante è ricoperto, inoltre, dalla saliva: esistono patologie che vanno a colpire le ghiandole
salivari (la stessa sclerodermia ad esempio) determinando una riduzione della produzione di saliva e
compromettendone, così, l’attività tamponante.
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3.3 – FATTORI GASTRICI


Vi sono poi i cosiddetti fattori gastrici, come bile, svuotamento e distensione dello stomaco, ma anche
farmaci, abitudini comportamentali e dieta, che non possono essere considerati come causativi la MRGE,
ma sono sicuramente elementi di cui bisogna tenere conto nella gestione del paziente. La MRGE, infatti, è
una delle poche patologie gastroenteriche in cui ha senso fornire dei consigli su abitudini comportamentali
e dietetiche ed esortare il paziente a seguirli. L’importanza delle abitudini alimentari è legata al fatto che
regolando la dieta si può andare ad influire sul reflusso.
Per esempio, si chiederà al paziente di evitare pasti ricchi di grassi, perché possono dare più reflusso a causa
di una più lenta digestione: il cibo rimane nello stomaco più a lungo e questo determina da una parte
l’aumento del rilascio di gastrina1 e dall’altra la distensione del fondo gastrico, che a sua volta può scatenare
i rilasciamenti transitori. Inoltre, si consiglierà di eliminare alcune sostanze come la menta, che è molto
reflussogena, ed alimenti che contengono xantine (come cioccolato, caffè e the), che diminuiscono la
pressione del LES. Questo non significa che tali sostanze causano direttamente la malattia da reflusso gastro-
esofageo, ma possono peggiorarlo.

Rimane il punto fermo che ciascun paziente deve seguire una terapia personalizzata: ad esempio non ha
senso far dormire in posizione anti-Trendelemburg2 un paziente che non ha reflusso notturno.

4 – CLASSIFICAZIONE
In una classificazione della MRGE fatta a
Montreal nel 2006 sono state distinte le sindromi
esofagee da quelle extraesofagee.
Le sindromi esofagee sintomatiche comprendono
quelle che presentano i sintomi tipici della
malattia da reflusso, ossia pirosi e rigurgito, e
quelle con dolore toracico. Vi sono poi le
sindromi esofagee che, oltre ai sintomi,
presentano anche danno alla mucosa, come
l’esofago di Barrett.
Anche le sindromi extraesofagee associate al
reflusso sono divise in due gruppi: il primo
comprende quelle che hanno un’associazione
accertata (tosse, laringite, asma ed erosioni
dentarie), il secondo quelle in cui l’associazione è solo
ipotizzata (sinusite, fibrosi polmonare e otite media).

Dunque, lo spettro della malattia da reflusso gastro-


esofageo può essere molto ampio.
Esistono pazienti che hanno laringite o tosse come
uniche manifestazioni della MRGE: il fatto che non
abbiano i sintomi tipici non implica che non abbiano la
malattia da reflusso.

Analizzando per via endoscopica le lesioni dell’esofago,


si può fare un’ulteriore classificazione, chiamata

1
Più a lungo il cibo rimane nello stomaco e più aumenta il rilascio di gastrina.
2
La posizione di Trendelenburg, o posizione anti-shock, è la posizione in cui è posto il paziente in caso di shock o
durante l'esecuzione di particolari indagini radiologiche, nonché durante operazioni di chirurgia ginecologica e
addominale. Il soggetto è supino, sdraiato in modo che il capo sia situato inferiormente a ginocchia e bacino. La
posizione di Trendelenburg inversa, anche definita anti Trendelenburg, è opposta alla posizione di Trendelenburg.
Viene praticata nei letti ospedalieri articolati e prevede l'inclinazione a 25-30° del letto in modo tale che la testa e il
torace risultino su un piano superiore rispetto a quello dei piedi (paziente supino).
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classificazione di Los Angeles, basata sulla presenza di


erosioni e sulle dimensioni di queste ultime (vedi immagine a
destra):
• Grado A: erosioni < 5mm su una plica;
• Grado B: erosioni > 5mm;
• Grado C: erosioni confluenti tra più pliche;
• Grado D: erosioni su tutta la circonferenza.

Questa è la classificazione attualmente più utilizzata.


Tuttavia non tutte le malattie da reflusso gastro-esofageo sono erosive (Erosive Reflux Disease o ERD): la
maggior parte (circa il 60% o più) vengono definite NERD (Non-Erosive Reflux Disease). La differenza è
che un paziente affetto da NERD ha una sintomatologia da reflusso, ma non ha un’esofagite; ne consegue
che la discriminazione tra ERD e NERD può essere fatta solo su base endoscopica.

Ipotizzando di avere un paziente con sintomatologia


da reflusso, lo si può sottoporre ad un’endoscopia:
se l’endoscopia è positiva si può fare diagnosi di
ERD, se l’endoscopia è negativa si può concludere
che quel paziente ha una NERD. Non avendo
trovato nulla di rilevante con l’endoscopia, però,
non si può affermare per certo che quel paziente
abbia una MRGE.
Per avere una conferma, si potrebbe sottoporre il
paziente a una terapia anti-reflusso: se risponde alla
terapia è probabile che abbia una malattia da
reflusso gastro-esofageo. In alternativa, si può
effettuare una pH-impedenziometria: se questa è
patologica si può fare diagnosi di NERD, se invece
è nella norma è opportuno proseguire con le
indagini. Se nell’arco delle 24 ore in cui è stato
sottoposto alla pH-impedenziometria il paziente ha lamentato sintomi, si può valutare se c’è correlazione tra
sintomatologia ed eventi reflussori attraverso degli indici come SI (symptom index) e SAP (symptom
association probability). Se c’è una correlazione con i sintomi statisticamente significativa si conclude che il
paziente non ha lesioni, ha una pH-impedenza normale e ha sintomi da MRGE che sono associati
positivamente al reflusso: a questa tipologia di pazienti viene attribuita l’etichetta di esofago ipersensibile
(esophageal hypersensitivity), come a dire che non hanno una vera e propria MRGE, ma il loro esofago
risente particolarmente di ogni episodio di reflusso.
I pazienti che invece non presentano un’associazione significativa tra sintomi da MRGE e reflussi, non
hanno lesioni e hanno una pH-impedenza normale vengono definiti come pazienti con pirosi funzionale
(functional heartburn). Diversi studi hanno dimostrato che i pazienti con pirosi funzionale non sono affetti da
MRGE, ma per qualche motivo (ad oggi ancora sconosciuto) presentano sintomi simili a quelli caratteristici
della malattia da reflusso non associati ad episodi di reflusso. È importante tenere presente che in questi
pazienti la chirurgia antireflusso è inutile, poiché non è il reflusso a causare i sintomi. Dunque, prima di
sottoporre un paziente a un restringimento della giunzione gastro-esofagea è assolutamente necessario
seguire tutto l’iter diagnostico e sottoporlo, dunque, a esami di secondo livello come la pH-impedenziometria
e la manometria3.

3
La manometria è utile per capire se l’esofago ha dei deficit funzionali perché, in questo caso, il restringimento della
giunzione gastro-esofagea (chirurgia anti-reflusso) sarebbe inutile se non dannoso: potrebbe peggiorare la
situazione provocando disfagia.
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5 – COMPLICANZE
Una malattia da reflusso cronica, ossia prolungata nel tempo, può dare una serie di complicanze che possono
essere distinte in esofagee ed extraesofagee.

Le complicanze esofagee principali sono:


• Ulcera;
• Stenosi, causata dai processi fibrotici di riparazione che si instaurano in seguito all’ulcerazione della
mucosa;
• Esofago di Barrett (verrà trattato in una lezione successiva);
• Displasia;
• Carcinoma.

Invece, le complicanze extraesofagee comprendono:


• Erosioni dentali;
• Otite;
• Faringite;
• Laringite;
• Granuloma delle corde vocali;
• Carcinoma della laringe;
• Polmonite;
• Fibrosi interstiziale.
Conoscere tali complicanze extraesofagee è molto importante perché, ad esempio, un paziente con un’otite
nata come complicanza extraesofagea della MRGE non si risolve se trattata come una semplice otite, mentre
si risolve spontaneamente se si tratta la malattia da reflusso.

6 – MANIFESTAZIONI CLINICHE
I sintomi della MRGE sono distinti in tipici e atipici: i sintomi tipici comprendono pirosi e rigurgito; i
sintomi atipici si dividono in esofagei ed extraesofagei.

I sintomi atipici esofagei sono:


• Dolore toracico;
• Disfagia;
• Odinofagia (rara).

I sintomi atipici extraesofagei comprendono:


• Tosse;
• Raucedine;
• Asma;
• Otalgia;
• Globo.

7 – GESTIONE DEL PAZIENTE


Nella gestione di un paziente con MRGE è importante considerare la frequenza degli episodi di reflusso e da
quanto tempo il paziente lamenta il disturbo per decidere se è opportuno procedere con indagini che
permettano di inquadrare meglio il problema o se impostare subito una terapia. Ad esempio, se un paziente si
presenta con sintomi anche lievi, ma che riferisce essere presenti da 4-5 anni, è sempre meglio sottoporlo ad
una gastroscopia, poiché esiste il rischio che siano insorte delle complicanze.
Per decidere come procedere, si devono considerare anche il tipo di paziente e le sue caratteristiche e
abitudini. Per aiutare il medico nella scelta esistono delle linee guida.
Di solito, si procede direttamente con l’impostare una terapia con antiacidi (ad esempio MAALOX) o
antisecretivi (PPI o Protonic Pump Inhibitors) quando ci si trova davanti a pazienti giovani che hanno
sintomi da MRGE di recente insorgenza.
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Al contrario, è indicato sottoporre ad una gastroscopia pazienti di età maggiore di 45-55 anni, poiché
aumenta la probabilità che vi siano delle alterazioni organiche (non necessariamente neoplastiche),
soprattutto nei maschi.
Altre indicazioni alla gastroscopia sono:
• Pregresse malattie gastroenteriche;
• Familiarità;
• Consumo regolare di farmaci gastro-lesivi (come i FANS);
• Mancata risposta al trattamento;
• Rapida recidiva alla sospensione della terapia;
• Forte preoccupazione del paziente.

E’ importante tenere a mente questi fattori in quanto la gastroscopia è un esame invasivo che, quindi, va
limitato ai casi in cui è strettamente indicato.
Inoltre è bene ricordare che diversi studi (anche italiani) hanno dimostrato che sia l’aumento di peso sia
l’aumento della circonferenza addominale hanno una correlazione quasi lineare con il numero di reflussi e
con l’incidenza dell’esofago di Barrett.

Infine, per inquadrare meglio il paziente, si può indagare la presenza dei cosiddetti “red flags”, ossia quei
segni e sintomi che devono far scattare nel medico un campanello d’allarme. I “red flags” della patologia
gastro-enterica sono:
• Masse addominali;
• Sanguinamento gastro-enterico;
• Anemizzazione;
• Calo ponderale non spiegato;
• Disfagia;
• Vomito ricorrente.
Tra questi, il più importante per la patologia inerente all’esofago è senza dubbio la disfagia. In presenza di
disfagia è legittimo effettuare una radiografia con mezzo di contrasto, che è in grado di evidenziare la
presenza di eventuali masse e spesso anche di acalasia, poiché la gastroscopia è un esame che di solito
presenta lunghe liste d’attesa. In generale, ha senso fare una radiografia con mdc quando si sospetta che la
causa del reflusso sia di tipo organico. Al contrario, non è accettabile una diagnosi radiologica di MRGE: la
radiografia, infatti, può evidenziare solo la presenza di reflusso durante l’esecuzione dell’esame, ma questo
non significa che il paziente sia affetto da MRGE.

PARTE II (L. ALBARELLO)


Il professore anticipa che non riuscirà a trattare in classe tutta la patologia dell’esofago (la lezione infatti
sarà incentrata solo sull’esofago di Barrett) e ci esorta a integrare le parti non trattate a lezione con il
Robbins. Nel corso della lezione saranno presentate oltre a nozioni anatomopatologiche, anche nozioni
cliniche che si sovrappongono alle trattazioni degli altri professori, ma quello che è importante trarre da
questa spiegazione è soprattutto l’aspetto anatomopatologico.

1 – STRUTTURA DELL’ESOFAGO
La struttura normale dell’esofago aperto (porzione sinistra
dell’immagine) è rappresentata da un tubo ricoperto da una mucosa
di colore bianco-avorio, immediatamente adiacente alla mucosa
dello stomaco (porzione destra dell’immagine), la quale dopo
fissazione in formalina appare di colore marrone-rosato. In vivo,
invece, la mucosa esofagea si presenta rosea, mentre quella dello
stomaco appare rossastra.
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1.1 – STRUTTURA ISTOLOGICA4


La struttura istologica dell’esofago, analogamente a quella degli
altri visceri cavi del tratto gastro-enterico, è caratterizzata da più
strati o tonache che, dall’interno verso l’esterno, sono:
− La mucosa, costituita da tre componenti, ossia
epitelio squamoso (la parte più interna), lamina
propria (il connettivo su cui poggia l’epitelio) e la
muscularis mucosae. L’epitelio che riveste l’esofago
è uno spesso epitelio pavimentoso pluristratificato o
di tipo malpighiano. Nello studio della patologia del
tratto digerente è fondamentale conoscere questa
tonaca per classificare le lesioni in infiltranti e non
infiltranti;
− La sotto-mucosa, strato di tessuto connettivo lasso
che fa da supporto alla mucosa e contiene i vasi
ematici di calibro maggiore, i vasi linfatici e i nervi.
Questa tonaca, specialmente nella porzione più
distale dell’esofago, contiene delle piccole
ghiandole sieromucose5 (vedi immagine a destra)
che contribuiscono alla lubrificazione.
− La tonaca muscolare propria, formata da uno
strato di tessuto muscolare liscio, organizzato in
uno strato circolare interno e uno longitudinale
esterno, costituisce la struttura portante del tubo
gastroenterico;
− La sottosierosa, strato di connettivo lasso che
separa la muscolare propria dalla sierosa;
− La sierosa di rivestimento.

2 – GIUNZIONE SQUAMO-COLONNARE E GIUNZIONE ESOFAGO-GASTRICA


Endoscopicamente, l’aspetto dell’esofago risulta come nella figura a
sinistra. In particolare, l’immagine rappresenta il punto di giunzione tra la
parte esofagea e quella gastrica propriamente detta (giunzione esofago-
gastrica).

L’immagine istologica a destra, invece, rappresenta


una zona di particolare interesse di cui si parlerà nel
corso della lezione, la giunzione squamo-
colonnare, che differisce concettualmente dalla
giunzione esofago-gastrica anche se spesso si tende
a confonderle. La giunzione squamo-colonnare si
riferisce a un aspetto squisitamente istologico ed è
definita come il punto in cui l’epitelio squamoso
esofageo (a sinistra nell’immagine) trapassa in
quello colonnare gastrico (a destra nell’immagine).

4
Integrazioni da “istologia e anatomia microscopica” – Wheater.
5
Il professore le chiama peri-esofagee, ma non ho trovato riscontro di questo nome né cercando sui libri né su internet.
(ndr)
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NB: seguendo le slide andrebbero trattate le esofagiti ma, per mancanza di tempo, il professore ci esorta a
studiarle autonomamente dal testo.

3 – MALATTIA DA REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO (GORD)6


Il reflusso gastroesofageo è definito come flusso retrogrado di materiale gastrico o duodenale nell’esofago.
Per malattia da reflusso gastro-esofageo (GORD) s’intende una condizione cronica recidivante dovuta a
sintomi fisici, lesioni endoscopiche, complicanze e alterazioni istopatologiche attribuibili al reflusso
gastroesofageo.7 L’esofagite da reflusso, invece, è la forma morfologica caratterizzata da un aspetto
istopatologico preciso che consegue all’esposizione della mucosa esofagea al materiale gastrico o duodenale
refluito.

3.1 – CRITERI ISTOLOGICI


I criteri istologici che definiscono la GORD sono:
• Iperplasia dell’epitelio squamoso: l’epitelio reagisce all’insulto chimico con un incremento
dell’altezza delle papille sub epiteliali, un aumento di spessore dello strato basale delle cellule
dell’epitelio malpighiano e con un’acantosi;
• Infiltrato infiammatorio: costituito soprattutto da neutrofili, ma anche eosinofili8, disposti
all’interno dell’epitelio malpighiano in maniera variabile, casuale, senza quadri di accumulo.

La presenza di questi criteri indica che l’esofago ha subito un insulto, ma non chiarisce l’eziologia della
malattia: può essere reflusso gastrico, reflusso di sali biliari oppure entrambi.

Nell’immagine a sinistra si vede bene come le papille subepiteliali9 salgano superando i 2/3 dello spessore
dello strato malpighiano; mentre nell’immagine a destra è indicato dalle frecce lo spessore dello strato
basale, che risulta essere maggiore del 15% dello spessore della mucosa. Infine si nota, soprattutto in quella a
sinistra, un infiltrato infiammatorio costituito da cellule piccole con citoplasma rossastro: si tratta soprattutto
di PMN neutrofili, ma anche eosinofili.

3.2 – DIAGNOSI DIFFERENZIALE


La diagnosi differenziale di malattie del reflusso è principalmente con:
• Esofagite eosinofila;
• Alcune forme di esofagiti di tipo infettivo (come da CMV, HSV e Candida);
• Pill Induced Esofagitis, dovuta all’ingestione di farmaci (specialmente a base di ferro);
• Forme di esofagite assai meno frequenti.

6
Il professor Albarello utilizza la dizione anglosassone di esofago con il dittongo iniziale. Quindi, invece di GERD si
troverà GORD e invece di “esophagus” si troverà “oesophagus”.
7
Integrazione da slide.
8
Sta diventando frequente l’esofagite eosinofila, in cui si nota appunto un infiltrato ricco soprattutto di polimorfo
nucleati eosinofili.
9
Le papille subepiteliali sono invaginazioni della lamina propria che si approfondano nell’epitelio. (ndr)
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3.3 – COMPLICANZE
Le complicanze della GORD sono:
• Esofagite;
• Stenosi;
• Ulcerazioni;
• Esofago di Barrett;
• Adenocarcinoma.

4 – ESOFAGO DI BARRETT
Norman Barrett era un chirurgo inglese il quale, nel 1950, osservando degli esofagi autoptici di pazienti con
delle ulcere esofagee che erano morti per la rottura o il sanguinamento delle stesse, notò che tali esofagi
presentavano, oltre al consueto epitelio di colore biancastro, anche una parte più rosea. Egli li definì come
“esofagi corti congeniti a cui è stato attaccato un pezzo di stomaco: questa parte di stomaco si è ulcerata e ha
portato alla morte del paziente per emorragia”.
Nel 1957 però, in seguito a una serie di vicissitudini, riuscì a capire che non si trattava di un esofago corto
congenito a cui erano attaccati pezzi di stomaco, bensì di una parte di esofago rivestita da epitelio colonnare
(tipico della mucosa gastrica). Da questo errore deriva il nome “esofago di Barrett”.

Per capire bene l’esofago di Barrett bisogna definire in maniera corretta la giunzione esofago-gastrica. La
giunzione esofago-gastrica può essere definita da un punto di vista anatomico, fisiologico, endoscopico,
istologico e anche chirurgico.
Gli americani hanno definito la giunzione esofago-gastrica come l’unione dello stomaco e l’esofago
prossimale al margine delle pieghe gastriche: dunque, secondo tale definizione, parte dell’esofago distale è
rivestito fisiologicamente da epitelio colonnare10. Le popolazioni occidentali concordano sul fatto che la
giunzione esofago-gastrica coincida con il punto in cui lo stomaco confluisce nel tubo esofageo utilizzando
come margine le pieghe gastriche e, quindi, sul fatto che la porzione distale dell’esofago sia rivestita da
epitelio colonnare.
Si può vedere nell’immagine a sinistra come prima della fissazione la
giunzione squamo-colonnare, che si trova già in esofago, sia una
giunzione dentellata, a forma di zigzag, chiamata linea Z.
In un esofago di Barrett (vedi immagine a destra), invece, si vedono
delle lingue di mucosa rosea che salgono dallo stomaco fino a
raggiungere la porzione intermedia dell’esofago, isolando dei “gettoni”
di mucosa biancastra residua, cioè di mucosa di tipo malpighiano.

4.1 – CARATTERISTICHE BIOLOGICHE, PATOGENETICHE E ISTOPATOLOGICHE


In un paper del 2010 l’esofago di Barrett viene
definito come una condizione in cui si ha una
differenziazione anomala delle cellule epiteliali
(nel paper si trova scritto “stem cells” ma in
realtà non si sa se siano davvero cellule
staminali) esposte all’insulto di succhi gastrici
(che possono contenere o meno anche sali
biliari), attraverso un processo cronico di tipo
erosivo/ulcerativo in un contesto di GORD.

10
Questo concetto è sicuramente vero per le popolazioni occidentali, ma gli asiatici sembrano non condividerlo.
Gastroenterologia #2 – Passaretti e Albarello – Malattia da reflusso gastro-esofageo V: 1 11/14

Nell’immagine a destra sono rappresentate, in


maniera semplificata, la mucosa gastrica sulla
sinistra e la mucosa esofagea sulla destra (A).
L’ulcerazione dell’epitelio squamoso esofageo
(B) comporta un fenomeno di riparazione (C)
come per qualunque ferita: è a questo punto che
l’epitelio ridifferenzia in mucosa colonnare (D).
Dopo ripetuti cicli di insulto e riparazione simili
a quello appena illustrato, si crea una zona con
epitelio di tipo intestinale (E) al passaggio tra
l’epitelio squamoso e quello colonnare.

Sono state fatte numerose ipotesi su quali siano


le cellule di origine della mucosa metaplastica:
- Alcuni sostengono che origini dal pool di
stem cells del midollo osseo. A favore di
questa ipotesi esiste uno studio del 2005
incentrato su un uomo che aveva ricevuto un trapianto di midollo dalla sorella; a distanza di tempo
l’uomo ha sviluppato un carcinoma gastrico a cellule ad anello con castone11: esaminando il corredo
genico delle cellule tumorali si scoprì che avevano un corredo femminile.
- Altri parlano di stem cells residenti sia a livello delle ghiandole esofagee, sia a livello delle ghiandole
gastriche sia a livello di quell’epitelio di riparazione che si forma subito dopo un’ulcerazione.

Dunque, anche se l’origine delle cellule dell’esofago di Barrett è ancora dibattuta, rimane il fatto che il
risultato finale è la metaplasia intestinale.

In una giunzione squamo-colonnare normale (vedi


immagine a pagina 2) si vede il passaggio da un
epitelio squamoso a un epitelio colonnare; in un
esofago di Barrett, invece, tra l’epitelio squamoso
esofageo (nell’immagine a destra non è ben visibile,
ma dovrebbe trovarsi all’estrema sinistra) e l’epitelio
colonnare gastrico (rappresentato nell’immagine dalle
cellule ordinate parallelamente e con i nuclei i
posizione basale) si trova una porzione di epitelio che
presenta delle cellule anomale, con delle “palline”
bianche all’interno del citoplasma: sono le cosiddette
caliciformi mucipare (o goblet cells), tipiche
dell’epitelio intestinale. La presenza di tale tipo
cellulare a livello della giunzione squamo-colonnare
permette di fare diagnosi di metaplasia intestinale: si
tratta, dunque, di esofago di Barrett.

11
Caratteristica di questo tipo di tumore è la presenza di cellule che al microscopio assomigliano a un anello con una
gemma incastonata.
Gastroenterologia #2 – Passaretti e Albarello – Malattia da reflusso gastro-esofageo V: 1 12/14

Nella patogenesi dell’esofago di Barrett vengono chiamati in causa diversi agenti eziologici, che alcuni
hanno raggruppato sotto il nome “ABC dell’esofago di Barrett”:
• Acido, perché nella GORD si ha un reflusso di acido dalla cavità gastrica che crea uno stato
infiammatorio;
• Bile, perché, sempre nella GORD, si può avere un reflusso misto di acido e bile che, allo stesso
modo, causa infiammazione;
• CDX2, un fattore di trascrizione che sembra essere espresso in maniera costante dalla mucosa
metaplastica di tipo intestinale tipica dell’esofago di Barrett. Alcuni studi sperimentali hanno
dimostrato che l’esposizione continua ad acidi gastrici e sali biliari induce l’espressione di
CDX2 nelle cellule che non hanno ancora assunto un fenotipo intestinale. Pare che sia proprio
l’espressione di CDX2 a determinare la trasformazione, dal punto di vista istologico, delle
cellule dell’epitelio di riparazione in cellule intestinali.

Utilizzando tecniche di immunoistochimica12, si è visto che CDX-2


CDX2 è espresso dall’embrione in quello che diventerà poi il
suo tubo digerente ed è regolarmente espresso nella mucosa
intestinale di un adulto.
L’immagine a destra mostra, tramite un’immunoistochimica,
come CDX2 sia espresso nel nucleo delle cellule intestinali di
un adulto (l’anticorpo che lega CDX2 è associato a un
marcatore marrone): nel tenue, nel crasso ma anche nelle
cellule di un adenocarcinoma.

Osservando un preparato di una giunzione


squamo colonnare con metaplasia intestinale
(immagine a sinistra), si vede che CDX2 è
presente nei nuclei delle cellule metaplastiche
intestinali, ma anche nelle cellule che non hanno
una morfologia propriamente di tipo
metaplastico-intestinale.

Si è inoltre effettuato uno studio (vedi immagine a destra)


in cui si è indagata la presenza di CDX2 in cellule che
non avevano nulla a che fare morfologicamente con
l’epitelio intestinale e si è visto che queste cellule con il
passare del tempo assumevano caratteristiche tipiche della
metaplasia intestinale.

Dunque, l’ipotesi che CDX2 sia un fattore coinvolto nella patogenesi dell’esofago di Barrett sembrerebbe
piuttosto valida.

Un’altra proteina importante è BMP4 (Bone Morphogenic Protein 4), che sembra essere coinvolta nella
patogenesi della MRGE. Si è visto che la continua esposizione dell’esofago all’insulto causato da acidi e sali
biliari refluiti induca l’attivazione di BMP4, la quale induce a sua volta l’espressione di CDX2.
Uno studio del 2011 ha dimostrato che, nel contesto dell’esofago di Barrett, si riscontra non solo l’aumento
di espressione dei fattori trascrizionali che inducono la differenziazione in senso intestinale (come CDX2),
ma anche la repressione dell’espressione dei fattori di trascrizione che, al contrario, indurrebbero la
differenziazione in senso squamoso.

Dunque, la presenza di fattori pro-infiammatori aumenta i livelli di BMP4; ciò causa l’attivazione di cellule
staminali che, attraverso l’attivazione della trascrizione di specifici geni, differenzieranno in un fenotipo
colonnare. Si è osservato che, a questo punto, solo se avviene l’attivazione di CDX2 si avrà il

12
L’immunoistochimica è una tecnica che prevede l’utilizzo di anticorpi monoclonali rivolti verso una proteina di
interesse ed associati con un marcatore colorato.
Gastroenterologia #2 – Passaretti e Albarello – Malattia da reflusso gastro-esofageo V: 1 13/14

differenziamento in epitelio di tipo intestinale e, quindi, metaplasia intestinale; se invece CDX2 non è attiva
si otterrà un epitelio colonnare non specializzato, a cui viene attribuito il nome di metaplasia non
intestinale. In conclusione, nella definizione di esofago di Barrett potrebbe non rientrare solo la metaplasia
di tipo intestinale.

Nell’immagine istologica a pagina 5, accanto alla metaplasia intestinale, si può osservare un epitelio
colonnare privo di cellule caliciformi mucipare: si tratta di epitelio metaplastico di tipo non intestinale.
Anche nell’immagine a pagina 4, che rappresenta l’evoluzione da un esofago normale a un esofago di
Barrett, si può vedere che, prima di arrivare a un epitelio con fenotipo intestinale (E), si ha un epitelio
colonnare non specializzato (D).

Alcuni studiosi hanno cercato di mettere insieme tutte queste informazioni in un interessante lavoro del
2015. La loro conclusione è che, a seguito dell’insulto e del continuo ciclo di ulcerazione e riparazione che si
perpetua nel tempo, può essere che la differenziazione vada in più direzioni: in senso intestinale o verso una
serie di istotipi gastrici, come quello ossintico, o ancora verso un fenotipo pancreatico, ecc…
Ciò che determina che il processo differenziativo vada in una direzione piuttosto che un’altra sono i fattori
trascrizionali espressi. L’esofago di Barrett, quindi, è il risultato di un processo molto più complesso di
quanto non si pensasse in passato.

Inoltre, nel punto di passaggio squamo-colonnare non si hanno necessariamente due tipi di epitelio separati
l’uno dall’altro; può esserci, infatti, una parte di passaggio chiamata epitelio multistratificato, che non è né
squamoso né colonnare: è colonnare nella parte più superficiale e squamoso nella parte più profonda, come
una sorta di “entità di passaggio”. La presenza di tale epitelio depone a favore di un fenomeno di transizione
dalla parte squamosa a quella colonnare.

Già nel 1989 uno studio aveva evidenziato che esistevano almeno sette tipi di cellule colonnari con
caratteristiche differenti a livello della giunzione squamo-colonnare in un esofago di Barrett: alcune più
simili alle cellule gastriche, altre più simili a quelle dell’intestino tenue.

4.2 – DEFINIZIONE
L’American College of Gastroenterology (ACG) nel 1998 affermava che per poter parlare di esofago di
Barrett doveva essere presente metaplasia intestinale; tale definizione venne riconfermata nel 2008. Dunque,
secondo gli americani, le modifiche dell’esofago devono essere riconoscibili all’endoscopia e la metaplasia
intestinale visibile all’esame istologico.

Secondo la definizione della British Society of Gastroenterology (BSG), invece, non è necessaria la presenza
di metaplasia intestinale, ma è sufficiente la presenza di aree al di sopra della giunzione esofago-gastrica
suggestive di esofago di Barrett (visibili all’endoscopia), supportata dal riscontro di epitelio colonnare
all’esame istologico dell’esofago, indipendentemente dal fatto che tale epitelio sia di tipo gastrico o
intestinale.
Dunque, a differenza di quella americana, la definizione inglese comprende tutti i fenotipi metaplastici in cui
può differenziare l’epitelio esofageo in risposta ai cicli di erosione e riparazione e non solo quello di tipo
intestinale.

È importante tenere ben presente, quando si pensa alle definizioni, che, come già detto, le vie differenziative
nel Barrett possono essere due: non solo intestinale ma anche gastrica, più o meno matura.
Gastroenterologia #2 – Passaretti e Albarello – Malattia da reflusso gastro-esofageo V: 1 14/14

Due americani, Riddell and Odze, nel 2009 hanno proposto di rivedere la definizione americana, proprio alla
luce dei vari studi che hanno dimostrato che in un contesto di esofago di Barrett si può trovare anche una
metaplasia non intestinale.

Il grande interesse per questa definizione è legato alla grande incidenza della patologia: in America vivono
circa 300.000.000 di persone, di queste 100.000.000 soffrono di GORD con epitelio colonnare nei 2-3 cm
distali di esofago, di queste solo a 4.000.000 è stato diagnosticato un esofago di Barrett secondo la
definizione americana (con presenza di metaplasia intestinale); approssimativamente 16.000 di questi
pazienti, andranno incontro ad un adenocarcinoma esofageo.
Ampliando la definizione di esofago di Barrett americana e facendola coincidere con quella inglese ci
sarebbero delle ricadute enormi in termini di costi, perché bisognerebbe estendere i test di screening per
l’adenocarcinoma esofageo a 100.000.000 persone. Oltretutto lo screening per l’adenocarcinoma esofageo è
assai inefficace: la maggior parte si diagnostica in uno stadio avanzato. In più spesso le assicurazioni tendono
ad aumentare esponenzialmente il premio o, addirittura, a non coprire il cliente se affetto da esofago di
Barrett per gli elevati costi associati.

4.3 – DIAGNOSI
La diagnosi dell’esofago di Barrett prevede la collaborazione
di gastroenterologi ed anatomopatologi.

Si tratta di una diagnosi innanzitutto endoscopica: vengono


valutati, durante la procedura, l’estensione massima delle
lingue metaplastiche (M) e l’estensione massima dell’area
metaplastica circonferenziale (C), partendo con la misurazione
dalla posizione reale della giunzione esofago-gastrica.

Nell’immagine a destra è stata tracciata una circonferenza a 2 cm dalla


giunzione esofago-gastrica per il parametro C; per il parametro M, invece,
la lingua più lunga si estende a 5 cm dalla giunzione stessa.

L’altra componente essenziale è la diagnosi istologica: l’anatomopatologo


2
può osservare la comparsa di epitelio intestinale, non intestinale, oppure cm

epitelio di tipo ossintico (caratteristico della porzione prossimale dello 5


c

stomaco). m

Le possibili diagnosi sono quindi:


- Assenza di metaplasia, cioè assenza di esofago di Barrett;
- Metaplasia gastrica, cioè esofago di Barrett con metaplasia gastrica;
- Metaplasia intestinale, cioè esofago di Barrett con metaplasia intestinale (Barrett “tradizionale”).
NB: chi segue la definizione dell’ACG farà diagnosi di esofago di Barrett solo nell’ultimo caso.

4.4 – IMPLICAZIONI CLINICHE


L’esofago di Barrett è associato in una certa percentuale di casi, fortunatamente non tanti, a:
• Displasia epiteliale (a basso o ad alto grado)
• Adenocarcinoma.
Sono noti una serie di marcatori (come p53, p 16, HER2, ecc..) che sono associati all’evoluzione di una
lesione di tipo metaplastico ad una di tipo displastico, ma ad oggi, purtroppo, non è possibile capire quando
un esofago di Barrett sia più predisposto ad evolvere verso queste condizioni.

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